Sentenze Consiglio di Stato 01/12/15 · ... giusta nota del 28 marzo 2006, con la quale ATEL aveva...

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N. 05421/2015REG.PROV.COLL. N. 01691/2012 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente SENTENZA SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1691 del 2012, proposto da: Green Network s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Dora, 1; contro contro Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas - AEEG, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di nei confronti di Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. - GSE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Pacciani e Paolo Marzano, con domicilio eletto presso Grimaldi e Associati, in Roma, via Pinciana, 25; per la riforma per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione III, n. 140/2012, resa tra le parti e concernente: irrogazione sanzione pecuniaria per violazione dell’obbligo d’acquisto di certificati verdi; Sentenze Consiglio di Stato 01/12/15 1 / 25

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N. 05421/2015REG.PROV.COLL.N. 01691/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to

in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )

ha pronunciato la presente

SENTENZASENTENZA

sul ricorso numero di reg istro generale 1691 del 2012, proposto da:

Green Network s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, con

domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Dora, 1;

c o n t roc o n t ro

Autorità per l’Energ ia Elettrica e il Gas - AEEG, in persona del

Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i

Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. - GSE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dag li avvocati

Filippo Pacciani e Paolo Marzano, con domicilio eletto presso Grimaldi e

Associati, in Roma, via Pinciana, 25;

p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma

della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Lombardia,

Sede di Milano, Sezione III, n. 140/2012, resa tra le parti e concernente:

irrogazione sanzione pecuniaria per violazione dell’obblig o d’acquisto di

certificati verdi;

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Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti g li atti di costituzione in g iudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti g li atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 7 lug lio 2015, il Consig liere

Bernhard Lageder e uditi, per le parti, g li avvocati Cerulli Irelli e Filippo

Pacciani, nonché l’avvocato dello Stato Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante Green Network s.p.a. svolge attività di

commercializzazione dell’energ ia elettrica, nel cui ambito la stessa

importa, per poi rivenderla sul mercato nazionale, energ ia elettrica

prodotta in Stati esteri, fra i quali la Svizzera.

1.1. In particolare, Green Network nell’anno 2005 ha importato energ ia

elettrica dalla Svizzera, sulla base di un contratto di fornitura di energ ia

elettrica stipulato il 2 g iugno 2005 con la società elvetica Aar e Ticino SA

di Elettricità (d’ora in poi: ATEL).

1.2. Sull’assunto, che tale energ ia sarebbe stata prodotta da fonti

rinnovabili – g iusta nota del 28 marzo 2006, con la quale ATEL aveva

comunicato a Green Network di averle ceduto, in esecuzione del

contratto del 2 g iugno 2005, energ ia elettrica da fonti rinnovabili per

una quantità pari a 873.855 MWh –,Green Network ha chiesto al Gestore

dei Servizi Energetici (d’ora in poi: GSE), ai sensi dell’art. 20, comma 3,

d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE

relativa alla promozione dell’energ ia elettrica prodotta da fonti

energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), l’esenzione

dall’obblig o dell’acquisto dei certificati verdi di cui all’art. 11 d.lgs. 16

marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme

comuni per il mercato interno dell’energ ia elettrica), per una quota

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corrispondente alla quantità di energ ia importata.

1.3. Il GSE, con nota del 7 lug lio 2006, ha respinto l’istanza, in quanto

nell’anno 2005 la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera non

avevano ancora stipulato apposita convenzione, intervenuta solo

nell’anno 2007, necessaria per il riconoscimento a tal fine delle garanzie

d’orig ine, e contestualmente ha imposto a Green Network l’acquisto di

378 certificati verdi.

1.4. Con successiva nota del 20 aprile 2007, il GSE ha contestato a Green

Network il mancato adempimento dell’obblig o di acquisto dei certificati

verdi, invitandola a provvedervi e disponendo che in mancanza avrebbe

comunicato l’inadempimento all’Autorità per l’Energ ia Elettrica e il Gas

(d’ora in poi: AEEG).

1.5. A fronte del protratto inadempimento di Green Network, il GSE

con nota del 28 settembre 2007 ha comunicato all’AEEG il mancato

acquisto dei certificati verdi per l’anno 2006.

1.6. In seguito a tale segnalazione, l’AEEG ha avviato nei confronti di

Green Network un procedimento sanzionatorio, sfociato nella

deliberazione del 21 gennaio 2011, VIS 1/11, con la quale è stata irrogata

la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 2.466.450,00 (tenuto conto

del valore complessivo dei 378 certificati verdi non acquistati, pari ad

euro 2.367.792,00, e sulla base del testuale rilievo che «l’efficacia

deterrente della sanzione sarebbe vanificata ove si irrogasse una sanzione

pari o inferiore al valore dei certificati verdi non acquistati»).

2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso Green Network

dinanzi al Tribunale amministrativo reg ionale per la Lombardia, affidato

ai seguenti motivi:

a) la nullità del provvedimento sanzionatorio, adottato dall’organo

colleg iale dell’AEEG, sebbene i relativi membri fossero scaduti dalla

carica il 15 dicembre 2010 per decorso del termine settennale di

mandato, con conseguente preclusione all’adozione di atti eccedenti

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l’ordinaria amministrazione, a pena di nullità deg li atti adottati,

comminata dall’art. 3, comma 3, d.-l. 16 mag g io 1994, n. 293 del 1994,

convertito dalla l. 15 lug lio 1994, n. 444;

b) la violazione deg li artt. 3, parag rafo 2, e 216 del Trattato sul

funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), per incompatibilità con

l’ordinamento comunitario dell’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003,

nella parte in cui subordina il riconoscimento delle garanzie di orig ine

rilasciate da paesi terzi, ai fini dell’esenzione dall’obblig o dei certificati

verdi, alla conclusione di un apposito accordo tra lo Stato italiano e lo

Stato terzo, in quanto la materia delle garanzie di orig ine dell’energ ia da

fonti rinnovabili rientrerebbe nella competenza esclusiva comunitaria e

non g ià dei sing oli Stati membri, sicché solo l’Unione Europea potrebbe

stipulare accordi internazionali in tale ambito, valevoli per tutto il

territorio comunitario, con conseguente necessità di disapplicazione

della normativa interna contrastante con la disciplina comunitaria;

c) l’erronea applicazione deg li artt. 4, comma 2, e 20, comma 3, d.lgs. n.

387 del 2003, in quanto l’accordo internazionale con la Confederazione

Svizzera, ai sensi del citato art. 20, comma 3, stipulato solo nell’anno

2007, non sarebbe stato applicabile al momento dell’importazione

dell’energ ia elettrica dalla Svizzera, nel 2005, sicché fino all’entrata in

vig ore di detta convenzione avrebbe dovuto trovare applicazione la

precedente disciplina di cui al d.m. 11 novembre 1999, di attuazione deg li

artt. 8, comma 20, e 11, comma 5, d.lgs. n. 79 del 1999, che prevedeva

non g ià un accordo tra g li Stati, bensì solo un accordo tra gestore

italiano e gestore del paese terzo, nella specie intervenuto in forma

tacita tra il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRNT) e

l’operatore svizzero ETRANS AG, in base al quale il primo avrebbe

riconosciuto la certificazione di orig ine rilasciata dal secondo, come

peraltro effettivamente avvenuto neg li anni precedenti il 2005;

d) l’omessa considerazione della circostanza, che la Svizzera g ià all’epoca

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sarebbe stata munita di una normativa interna estremamente rig orosa in

ordine alla certificazione dell’energ ia elettrica da fonti rinnovabili, del

tutto assimilabile a quello introdotto nell’ordinamento comunitario con

la direttiva 2001/77/CE;

e) la carenza dell’elemento sog gettivo dell’illecito e la violazione del

principio dell’affidamento, con riferimento alla condotta tenuta dalle

autorità italiane nell’anno 2004, allorquando, a disciplina normativa

identica, avrebbero riconosciuto le garanzie di orig ine rilasciate in

Svizzera ai fini dell’esenzione dall’obblig o di acquisto dei certificati verdi;

f) la violazione dell’art. 14, comma 2, l. 24 novembre 1981, n. 689, per il

superamento del termine di novanta g iorni fra momento di rilevazione

dell’infrazione e quello di contestazione dell’illecito;

g ) in via subordinata, l’erronea commisurazione, in un ammontare

eccessivo, della sanzione amministrativa pecuniaria.

L’adito Tribunale amministrativo reg ionale dichiarava inammissibile il

motivo sub 2.b), in quanto dall’eventuale disapplicazione della normativa

interna di cui all’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003 deriverebbe

l’impossibilità per l’importatore di energ ia da Paesi terzi di ottenere

l’esenzione dall’acquisto dei certificati verdi, con conseguente

inconfigurabilità, in capo a Green Network, dell’interesse a dedurre

detta censura, e respingeva nel merito g li altri motivi.

3. La ricorrente soccombente Green Network interponeva appello

avverso tale sentenza, sostanzialmente riproponendo i motivi di ricorso

di primo g rado, seppur adattati all’impianto motivazionale

dell’impugnata sentenza. L’appellante chiedeva dunque, in riforma

dell’appellata sentenza e previo rinvio preg iudiziale alla Corte di Giustizia

UE per risolvere la questione di compatibilità della disciplina interna con

quella comunitaria in materia d’importazione, da Paesi terzi, di energ ia da

fonti rinnovabili e delle correlative certificazioni d’orig ine, la declaratoria

di nullità e rispettivamente l’annullamento dell’impugnato

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provvedimento sanzionatorio e, in subordine, la riduzione dell’entità

della sanzione.

4. All’esito della prima udienza pubblica del 16 ottobre 2012, questa

Sezione, con ordinanza 1 febbraio 2013, ha disposto un rinvio

preg iudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sui seguenti

quesiti:

« (i) se osti alla corretta applicazione deg li artt. 3, parag rafo 2, e 216

T.F.U.E. – secondo cui l’Unione ha competenza esclusiva per la

conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista

in un atto leg islativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di

esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può

incidere su norme comuni o modificarne la portata, con la duplice

conseguenza che il potere di concludere accordi con Stati terzi, che

incidano su norme comuni o ne modifichino la portata, oppure che su

un settore compiutamente disciplinato dalla normativa comunitaria e di

competenza esclusiva dell’Unione, si accentra nell’Unione stessa, e che il

medesimo potere non appartiene più né individualmente né

collettivamente ag li Stati membri – e del sopra richiamato art. 5 della

direttiva 2001/77/CE, la disposizione nazionale (20, comma 3, d.lgs. n.

387 del 2003) che subordina il riconoscimento delle garanzie di orig ine

rilasciate da Stati terzi alla conclusione di un apposito accordo

internazionale tra lo Stato italiano e lo Stato terzo;

(ii) se la richiamata disciplina nazionale osti, segnatamente, alla corretta

applicazione dei citati parametri normativi comunitari, nel caso in cui lo

Stato terzo sia la Confederazione Elvetica, legata all’Unione Europea da

un accordo di libero scambio stipulato nel 22 lug lio 1972 ed entrato in

vigore il 1 gennaio 1973;

(iii) se osti alla corretta applicazione delle norme comunitarie richiamate

sub (i), la disposizione nazionale, dettata dall’art. 4, comma 6, d.m. 11

novembre 1999, secondo cui, nel caso d’importazione di energ ia elettrica

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da paesi non appartenenti all’Unione europea, l’accettazione della

domanda è subordinata alla stipula di una convenzione tra il gestore

della rete di trasmissione nazionale ed analoga autorità locale che

determini le modalità per le necessarie verifiche;

(iv) se, in particolare, la richiamata disciplina nazionale osti alla corretta

applicazione dei citati parametri normativi comunitari, nel caso in cui

l’accordo di cui all’art. 4, comma 6, d.m. 11 novembre 1999 sia costituito

da un accordo meramente tacito, mai esternato in atti ufficiali e og getto

di una mera affermazione della parte ricorrente, la quale non è stata in

grado di specificarne g li estremi».

La Corte di Giustizia, con sentenza 26 novembre 2014 sub C-66/13, si

pronunciava nel senso riportato infra sub § 6.4.1..

5. La causa, proseguita ai sensi dell’art. 80, comma 1, Cod. proc. amm.,

all’udienza pubblica del 7 lug lio 2015 è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello è in parte infondato e in parte fondato.

6.1. Giova premettere, al fine di delimitare l’ambito og gettivo del

presente g iudizio, che, sebbene l’impugnato provvedimento

sanzionatorio si riferisca all’inadempimento dell’acquisto dei certificati

verdi dell’anno 2006, per l’importazione dell’energ ia elettrica non solo

dalla Svizzera, ma anche dalla Francia (per omessa produzione di idonea

documentazione relativa alle garanzie di orig ine), Green Network ha

incentrato l’impugnazione esclusivamente sull’inadempimento relativo

all’energ ia elettrica importata dalla Svizzera, senza mai contestare la

sanzione per l’inadempimento relativo a quella importata dalla Francia,

con la conseguenza che ogni relativa questione esula dal thema

decidendum.

6.2. Destituito di fondamento è il primo motivo d’appello, con cui si

censura l’erronea reiezione del primo motivo di ricorso, di cui sopra sub

2.a), avendo la sentenza erroneamente escluso l’illeg ittimità dell’atto

impugnato, sebbene adottato da un Colleg io dell’Autorità per il quale

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era scaduto il periodo settennale di mandato. Infatti, secondo

l’appellante, tale atto, contrariamente a quanto affermato dal primo

giudice, non potrebbe ritenersi di ordinaria amministrazione, in quanto

l’attività di accertamento dell’illecito non potrebbe considerarsi di natura

vincolata, così come la fase di determinazione dell’entità della sanzione

sarebbe comunque espressione di discrezionalità amministrativa.

In reiezione del motivo in esame – la cui infondatezza è, peraltro, stata

acclarata in via delibativa g ià nell’ordinanza di rinvio preg iudiziale alla

Corte di Giustizia –, si osserva che:

- l’istituto della prorogatio deg li organi scaduti, derogando al principio

della durata certa e circoscritta deg li organi amministrativi, si g iustifica

nella misura in cui tende ad assicurare la continuità dell’azione

amministrativa (Corte cost., sentenza 4 magg io 1992, n. 208).

Il d.-l. 16 mag g io 1994, n. 293 (Disciplina della proroga deg li organi

amministrativi), convertito, con modificazioni, dalla leg ge 15 lug lio 1994,

n. 444, ha previsto, quale durata massima della prorogatio, il termine di

quarantacinque g iorni, stabilendo che, in questo periodo, possono

essere adottati esclusivamente atti di ordinaria amministrazione (art. 3);

- questa norma, pur non potendosi applicare in via diretta nel caso in

esame, venendo qui in rilievo organi «per i quali la nomina dei

componenti è di competenza parlamentare» (art. 1, ultimo comma, del

citato decreto), è, nella parte in cui pone chiari limiti allo svolg imento

dell’attività deg li organi prorogati, espressione di un principio generale

strettamente connesso alla natura e alla funzione dell’istituto;

- tale limite, in quanto espressione di un principio generale, è, pertanto,

applicabile anche alla fattispecie sub iudice;

- deve ritenersi che l’applicazione di sanzioni amministrative rientri

nell’ambito dell’ordinaria amministrazione dell’Autorità, trattandosi di

una funzione che si sostanzia nella reazione dell’ordinamento alla

violazione di un precetto, il cui esercizio, pertanto, rientra nell’ambito

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dei compiti fisiolog ici per il funzionamento dell’ente (infatti, una delle

rag ioni che g iustifica l’istituto della prorogatio è quella di evitare che vi

siano ‘vuoti’ amministrativi idonei ad incidere sulla complessiva

organizzazione pubblica ed a consentire la violazione impunita dei

precetti).

6.3. Procedendo in ordine log ico all’esame del profilo di censura, pure di

natura procedimentale, dedotto nell’ambito del quinto motivo d’appello

– la cui infondatezza pure è stata adombrata nell’ordinanza di rinvio

preg iudiziale alla Corte di Giustizia – avverso la statuizione sub 2.f),

reiettiva della dog lianza di violazione dell’art. 14, comma 2, l. l. 24

novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), per tardività della

contestazione, si osserva che anche tale profilo di censura deve essere

disatteso.

Il citato art. 14, comma 2, dispone che, «se non è avvenuta la

contestazione immediata (…), g li estremi della violazione debbono

essere notificati ag li interessati residenti nel territorio della Repubblica

entro il termine di novanta g iorni».

Questa Sezione ha g ià avuto modo di affermare che «l’arco di tempo

entro il quale l’Autorità deve provvedere alla notifica della

contestazione, ai sensi dell’art. 14 della leg ge n. 689 del 1981 (invero

richiamata di solito per la disciplina della sanzione pecuniaria e non g ià

per l’istruttoria del procedimento) è collegato non g ià alla data di

commissione della violazione, ma al tempo di accertamento

dell’infrazione, da intendersi in una prospettiva teleolog icamente

orientata e quindi non g ià alla notizia del fatto sanzionabile nella sua

materialità, ma all’acquisizione della piena conoscenza della condotta

illecita, implicante il riscontro della esistenza e della consistenza della

infrazione e dei suoi effetti». Pertanto, « i limiti temporali ai quali

l’Autorità era tenuta e doveva provvedere alla notifica della

contestazione erano collegati al presupposto della effettiva e completa

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conclusione delle attività di accertamento». Ne consegue che il fatto che

l’Autorità «deliberi l’avvio della istruttoria a distanza di vari mesi dalla

segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere

considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né

un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa

valutazione della esigenza di avviare o meno l’istruttoria può presentarsi

complessa». L’invocato termine di novanta g iorni, previsto dal comma 2

dell’art. 14 l. n.689 del 1981, «inizia a decorrere solo dal momento in cui è

compiuta – o si sarebbe dovuta rag ionevolmente compiere, anche in

relazione alla complessità della fattispecie – l’attività amministrativa intesa

a verificare la esistenza dell’infrazione, comprensiva delle indag ini intese

a riscontrare la sussistenza di tutti g li elementi sog gettivi ed og gettivi

dell’infrazione stessa» (in questi termini, da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI,

22 lug lio 2014, n. 3896).

Nella fattispecie in esame, risulta che:

- il GSE ha segnalato all’Autorità, con nota del 28 settembre 2007, il

mancato adempimento all’obblig o di acquisto di certificati verdi per

l’anno 2006, evidenziando numerosi profili di criticità relativi alle

importazioni dell’anno 2005;

- con note del 31 ottobre e 18 dicembre 2007, l’Autorità ha chiesto

chiarimenti al GSE e, rispettivamente, alla Green Network;

- in seguito ai chiarimenti di quest’ultima (con nota pervenuta il 27

dicembre 2007) e del GSE (con note dell’8 gennaio 2008 e del 7 febbraio

2008), la contestazione dell’illecito è stata effettuata con deliberazione

del 17 marzo 2008, n. 30, pubblicata sul sito dell’Autorità in data 23 aprile

2008.

La scansione temporale delle attività poste in essere dall’Autorità, letta

alla luce della sopra esposta elaborazione g iurisprudenziale, dimostra che

dalla piena conoscenza della condotta illecita, in esito ai chiarimenti

forniti da Green Network e dal GSE, fino al momento della

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contestazione dell’illecito, è trascorso un periodo di tempo inferiore al

limite massimo dei novanta g iorni previsto dal citato art. 14 della leg ge n.

689 del 1981, con conseguente corretta reiezione, nell’impugnata

sentenza, del profilo di censura in esame.

6.4. Scendendo all’esame dei motivi d’appello secondo, terzo, quarto e

quinto, tra di loro connessi e da esaminare cong iuntamente – con cui si

censura l’erronea reiezione dei motivi di ricorso sub §§ 2.b), 2.c.), 2.d) e

2.e) –, si osserva che sono fondati il secondo motivo [sotto il profilo

dell’erronea declaratoria d’inammissibilità del motivo di primo g rado sub

§ 2.)], nonché, parzialmente, il quinto motivo, mentre g li altri motivi

d’appello sono infondati.

Con i motivi in esame si deduce che:

- contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo

reg ionale, la richiesta di disapplicazione, per contrasto con la disciplina

comunitaria, dell’art. 20 d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della

direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energ ia elettrica

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno

dell’elettricità), sarebbe suffragata da un interesse concreto

dell’appellante, in quanto comporterebbe la reviviscenza della disciplina

anteriore di cui al decreto ministeriale 11 novembre 1999, con

conseguente erroneità della correlativa declaratoria d’inammissibilità;

- l’erronea ritenuta integ razione della violazione contestata con

l’impugnato provvedimento per la mancanza dell’accordo dello Stato

italiano con la Svizzera richiesto dal citato art. 20 d.lgs. n. 387 del 2003, in

quanto, nel caso di specie, l’importazione era avvenuta nel 2005, sicché

trovava applicazione l’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11

novembre 1999, il quale, ai fini dell’esenzione dall’obblig o di pagamento,

riteneva sufficiente la dichiarazione dell’operatore estero, dalla quale

risultassero la quantità di elettricità venduta e i dati identificativi deg li

impianti di produzione;

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- erroneamente era stata respinta la censura di violazione dell’accordo di

libero scambio stipulato tra la Confederazione Svizzera e la Comunità

Economica Europea il 22 lug lio 1972, potendo anche l’energ ia elettrica

circolare come merce, né sussistendo un’esigenza di carattere ambientale

ostativa all’applicabilità del principio del mutuo riconoscimento, poiché

g li obiettivi prefissati dall’Unione Europea in materia energetica erano

adeguatamente tutelati alla luce della disciplina vigente in Svizzera,

sostanzialmente assimilabile a quella introdotta nell’ordinamento

comunitario con la direttiva 2001/77/CE, e dell’accordo tra gestore

italiano e svizzero;

- l’erronea omessa rilevazione della violazione del principio di legalità che

presiede all’applicazione delle sanzioni amministrative e che ne impedisce

l’applicazione retroattiva, oltre che del principio del leg ittimo

affidamento dell’operatore economico, tenuto conto della disciplina

vigente al momento dell’importazione dell’energ ia dalla Svizzera,

nonché l’erronea reiezione delle censura di inconfigurabilità del

requisito sog gettivo e della sussistenza deg li estremi dell’esimente della

buona fede.

Orbene, l’esame dei dedotti motivi d’appello impone di: (i) ricostruire il

quadro normativo, nazionale e comunitario, rilevante alla luce anche

della g iurisprudenza europea; (ii) stabilire la natura del potere esercitato

dall’Autorità; (iii) valutare le conseguenze che l’applicazione corretta di

detta normativa, in conformità alla disciplina comunitaria, comporta in

ordine al g iudizio di validità del provvedimento impugnato.

6.4.1. Sul piano normativo, l’art. 11 d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79

(Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il

mercato interno dell’energ ia elettrica), ha disposto quanto segue:

«1.Al fine di incentivare l’uso delle energ ie rinnovabili, il risparmio

energetico, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’utilizzo

delle risorse energetiche nazionali, a decorrere dall’anno 2001 g li

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importatori e i sog getti responsabili deg li impianti che, in ciascun anno,

importano o producono energ ia elettrica da fonti non rinnovabili hanno

l’obblig o di immettere nel sistema elettrico nazionale, nell’anno

successivo, una quota prodotta da impianti da fonti rinnovabili entrati in

esercizio o ripotenziati, limitatamente alla producibilità ag g iuntiva, in

data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto.

(…) 3. Gli stessi sog getti possono adempiere al suddetto obblig o anche

acquistando, in tutto o in parte, l’equivalente quota o i relativi diritti da

altri produttori, purché immettano l’energ ia da fonti rinnovabili nel

sistema elettrico nazionale, o dal gestore della rete di trasmissione

nazionale.

(…) 5. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e

dell’artig ianato, di concerto con il Ministro dell’ambiente, sono adottate

le direttive per l’attuazione di quanto disposto dal comma 1 (…)».

I diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 d.lgs. n. 79 del 1999, acquistati

nell’ambito dell’applicazione delle direttive di cui al comma 5 del

medesimo decreto leg islativo, sono incorporati nei c.d. certificati verdi

[v., in tal senso, la definizione di « certificati verdi» ai sensi dell’art. 2, lett.

o), d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387], che, ai fini della commercializzazione

delle quote, sono rilasciati dal GSE ai produttori di energ ia elettrica che

si avvalgono di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

L’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11 novembre 1999, nel

dettare le direttive di cui al suddetto comma 5 dell’art. 11 d.lgs. n. 79 del

1999, ha stabilito che la richiesta di esenzione dall’obblig o di acquisto di

energ ia rinnovabile è «inoltrata al gestore della rete entro i medesimi

tempi di cui al comma 1, ed è corredata dai seguenti documenti: a)

dichiarazione dell’operatore estero dalla quale risultino la quantità di

elettricità venduta e i dati identificativi deg li impianti di produzione; b)

dichiarazione, rilasciata dal gestore della rete del Paese ove è ubicato

l’impianto di produzione, che attesti la provenienza da fonte rinnovabile

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dell’energ ia elettrica prodotta e che riporti i dati identificativi deg li

impianti di produzione».

L’art. 4, comma 6, dello stesso decreto ha previsto, quale rimedio

alternativo a quello previsto dall’articolo precedente in g rado di

consentire l’esenzione dall’obblig o di acquisto di certificati verdi,

l’importazione, in tutto o in parte, di «elettricità prodotta da impianti

entrati in esercizio successivamente al 1° aprile 1999, alimentati da fonti

rinnovabili, purché tali impianti siano ubicati in Paesi esteri che adottino

analoghi strumenti di promozione ed incentivazione delle fonti

rinnovabili, basati su meccanismi di mercato che riconoscano la stessa

possibilità ad impianti ubicati in Italia». In tale caso, specifica la norma, la

relativa domanda «è presentata dal sog getto obbligato, unitamente al

contratto di acquisto dell’energ ia prodotta dall’impianto ed a titolo

valido per l’immissione della stessa nel sistema elettrico nazionale» e deve

essere certificata «dall’autorità designata ai sensi dell’ art. 20, comma 3,

della direttiva 96/92/CE nel paese in cui è ubicato l’impianto».

La direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento

europeo e del Consig lio sulla promozione dell'energ ia elettrica prodotta

da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità),

pubblicata nella G.U.C.E. 27 ottobre 2001, n. L 283, ed entrata in vig ore

il 27 ottobre 2001 – og g i, abrogata dalla direttiva 23 aprile 2009 n.

2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consig lio sulla promozione

dell’uso dell’energ ia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva

abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE –, al fine di

promuovere un mag g ior contributo delle fonti energetiche rinnovabili

alla produzione dell’elettricità nel mercato comune, ha introdotto la

garanzia di orig ine quale mezzo di certificazione della provenienza da

fonte rinnovabile dell’energ ia elettrica prodotta dag li Stati membri.

Ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2001/77/CE, ciascun Stato membro,

entro il 27 ottobre 2003, doveva dare attuazione alla normativa,

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prevedendo il rilascio di garanzie di orig ine idonee a provare l’orig ine

dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, secondo criteri og gettivi,

trasparenti e non discriminatori.

Lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva 2001/77/CE con il

d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE

relativa alla promozione dell’energ ia elettrica prodotta da fonti

energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il cui articolo

20, nei testi vigenti ratione temporis e per quanto qui interessa, statuisce

come segue:

«3. I sog getti che importano energ ia elettrica da Stati membri

dell’Unione europea, sottoposti all’obblig o di cui all’ articolo 11 del

decreto leg islativo 16 marzo 1999, n. 79, possono richiedere al Gestore

della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da

fonti rinnovabili, l’esenzione dal medesimo obblig o. La richiesta è

corredata almeno da copia conforme della garanzia di orig ine rilasciata, ai

sensi dell’ articolo 5 della direttiva 2001/77/CE, nel Paese ove è ubicato

l’impianto di produzione. In caso di importazione di elettricità da Paesi

terzi, l’esenzione dal medesimo obblig o, relativamente alla quota di

elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, è subordinata alla

stipula di un accordo tra il Ministero delle attività produttive e il

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e i competenti

Ministeri dello Stato estero da cui l’elettricità viene importata, che

prevede che l’elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili è

garantita come tale con le medesime modalità di cui all’articolo 5 della

direttiva 2001/77/CE [il citato comma 3 è stato abrogato, a decorrere dal

1° gennaio 2012, dalla lettera a) del comma 11 dell’ art. 25, d.lgs. 3 marzo

2011, n. 28; n.d.e.].

(…) 8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vig ore del presente

provvedimento, con decreto del Ministro delle attività produttive di

concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sono

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ag g iornate le direttive di cui all’ articolo 11, comma 5, del decreto

leg islativo 16 marzo 1999, n. 79».

La Corte di g iustizia, Quarta Sezione, con sentenza 26 novembre 2014

sub C-66/13, in relazione alla questione preg iudiziale sollevata da questa

Sezione con l’ordinanza n. 632/2013 (v. sopra sub § 4.), nella parte

dispositiva ha statuito come segue:

«1) Il Trattato CE dev’essere interpretato nel senso che, tenuto conto

delle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e

del Consig lio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energ ia

elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno

dell’elettricità, la Comunità europea dispone di una competenza esterna

esclusiva che osta ad una disposizione nazionale, come quella

controversa nel procedimento principale, che prevede la concessione di

un’esenzione dall’obblig o di acquistare certificati verdi a motivo

dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energ ia elettrica

importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra lo

Stato membro e lo Stato terzo interessati, di un accordo in forza del

quale si garantisce che l’energ ia elettrica così importata è prodotta da

fonti energetiche rinnovabili, secondo modalità identiche a quelle

previste dall’articolo 5 di tale direttiva.

2) Il diritto dell’Unione osta a che, dopo che una disposizione nazionale

come quella di cui al punto 1 del dispositivo della presente sentenza sia

stata disapplicata da un g iudice nazionale in quanto non conforme a tale

diritto, lo stesso g iudice applichi in sostituzione una precedente

disposizione nazionale sostanzialmente analoga alla disposizione

suddetta, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obblig o di

acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato

nazionale del consumo, di energ ia elettrica importata da uno Stato

terzo, mediante la previa conclusione, tra il gestore di rete nazionale ed

un’analoga autorità locale dello Stato terzo interessato, di una

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convenzione che determina le modalità di verifica necessarie per

certificare che l’energ ia elettrica così importata è prodotta da fonti

energetiche rinnovabili».

A queste conclusioni la Corte è pervenuta, rilevando come il sistema

europeo si fondi sulle cosiddette ‘garanzie di orig ine’ che hanno lo

scopo di consentire ai produttori di elettricità di dimostrare che

l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

In questa prospettiva, si afferma nella sentenza, consentire ad accordi tra

Stati di prevedere diversi sistemi di certificazione, ampliando «il campo di

applicazione del meccanismo armonizzato di certificazione proprio delle

garanzie di orig ine», interferirebbe, tra l’altro, con l’obblig o che

incombe ag li Stati membri di aumentare la loro produzione di energ ia

elettrica da fonti rinnovabili e, pertanto, preg iudicherebbe il buon

funzionamento del sistema delineato dalla direttiva 2001/77.

6.4.2. Passando all’esame della natura del potere esercitato dall’Autorità e

delle relative fonti normative, si osserva che:

- l’art. 4 del d.lgs. n. 387 del 2003 dispone che il Gestore delle rete

comunica all’Autorità i nominativi dei soggetti inadempienti ag li obblighi

di settore (tra cui quello che viene in rilievo in questa sede), e che

l’Autorità applica le sanzioni ai sensi della leg ge 14 novembre 1995, n.

481 (Norme per la concorrenza e la reg olazione dei servizi di pubblica

utilità. Istituzione delle Autorità di reg olazione dei servizi di pubblica

utilità);

- le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di

funzioni amministrative, rappresentano la reazione dell’ordinamento alla

violazione di un precetto, distinguendosi in sanzioni in senso lato e

sanzioni in senso stretto: le prime hanno una finalità ripristinatoria, in

forma specifica o per equivalente, dell’interesse pubblico leso dal

comportamento antig iuridico, mentre le seconde hanno una finalità

afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell’illecito allo

Sentenze Consiglio di Stato 01/12/15

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scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale;

- le principali tipolog ie di sanzioni in senso stretto sono pecuniarie,

quando consistono nel pagamento di una somma di denaro, ovvero

interdittive, quando impediscono l’esercizio di diritti o facoltà da parte

del sog getto inadempiente, con la precisazione che la disciplina generale

delle sanzioni pecuniarie, modellata alla luce dei principi di matrice

penalistica, è contenuta nella leg ge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche

al sistema penale);

- se la sanzione ha natura afflittiva, la stessa deve essere sostanzialmente

equiparata, ai fini della disciplina applicabile, ad una vera e propria

sanzione penale;

- la Corte di Strasburg o ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di

stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione,

individuando, in particolare, i tre criteri, costituiti: (i) dalla qualificazione

g iuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la

stessa non è vincolante qualora si accerti la valenza ‘intrinsecamente

penale’ della misura; (ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di

applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; (iii)

dal g rado di severità della sanzione (sentenze 4 marzo 2014, r. n.

18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio

2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhin c. Russia; si v. anche

Corte di g iustizia UE, Grande Sezione, 5 g iugno 2012, n. 489, nella causa

C-489/10; si veda, da ultimo, su questi tre criteri, Cons. Stato, Sez. VI,

sentenza 26 marzo 2015, n. 1596, in particolare sub § 14.).

Nel caso specifico, ai fini dell’esatta qualificazione del potere esercitato

dall’Autorità, si rileva che:

- quanto al primo criterio sub (i), la normativa di disciplina del potere

non fornisce indicazioni chiare;

- in relazione al secondo criterio sub (ii), dall’analisi complessiva

dell’assetto normativo si desume come lo scopo principale perseguito,

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imposto anche dal diritto europeo, sia quello di ripristinare la legalità

violata dall’inadempimento dell’obbligo di acquisto dei certificati verdi, al

fine di tutelare l’interesse pubblico alla promozione dell’energ ia

prodotta da fonti rinnovabili;

- in relazione al terzo criterio sub (iii), l’Autorità, nel determinare l’entità

della sanzione, ha utilizzato, quale indice di riferimento, il «valore di

mercato dei certificati verdi (…) al tempo dell’insorgenza dell’obblig o

inadempiuto», con la conseguenza che «in base a tale quotazione, il

valore complessivo dei 378 certificati verdi non acquistati da Green

Network è pari a 2.367.792 euro» (v. § 47 del provvedimento impugnato),

e con l’ag g iunta che «l’efficacia deterrente della sanzione sarebbe

vanificata ove si irrogasse una sanzione pari o inferiore al valore dei

certificati verdi non acquistati», sicché l’Autorità ha determinato la

sanzione nell’ammontare finale di euro 2.466.450.

Ebbene, da quanto esposto risulta come lo scopo principale perseguito

nell’immediato dall’Autorità sia stato quello di ripristinare l’interesse

pubblico leso, sicché la sanzione ha una finalità ripristinatoria, nella parte

in cui viene determinata prendendo quale indice di riferimento il valore

dei certificati verdi non acquistati (dunque, per l’ammontare di euro

2.367.792), mentre presenta una valenza afflittiva soltanto nella parte

residua (per l’ammontare di euro 98.658) che supera il valore dei

certificati.

6.4.3. Quanto alle conseguenze che comporta l’applicazione della

normativa di settore, così come interpretata dalla Corte di g iustizia, al

potere sanzionatorio esercitato dall’Autorità, si premette che l’analisi

deve muovere dalla doppia qualificazione del provvedimento adottato

come avente finalità ripristinatoria ed afflittiva.

6.4.3.1. In relazione alla parte più consistente, avente finalità

ripristinatoria, s’impongono le seguenti considerazioni.

La Corte ha ritenuto contrarie al diritto europeo le norme nazionali che

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consentono un sistema di certificazione delle garanzie di orig ine diverso

da quello contemplato dal diritto europeo stesso. La competenza a

delineare tale sistema, in presenza di rapporti con Paesi terzi, è di

esclusiva competenza della Unione europea, al fine di assicurare

omogeneità di trattamento ed effettività nel perseguimento deg li

obiettivi posti.

La contrarietà al diritto europeo delle norme nazionali impone la loro

disapplicazione ai fini della definizione del presente g iudizio.

La loro disapplicazione non può comportare, come assunto

dall’appellante nella memoria del 19 g iugno 2015, l’illeg ittimità del

provvedimento dell’Autorità perché adottato sulla base di un

presupposto normativo caducato per effetto della pronuncia della

Corte di Giustizia.

Infatti, l’obblig o primario di acquisito dei certificati verdi è contenuto

nell’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999.

L’art. 20 d.lgs. n. 387 del 2003, così come il previgente art. 4, comma 6,

del d.m. 11 novembre 1999, prevedeva esclusivamente un sistema di

esenzione dall’obblig o nel caso di sussistenza dei presupposti previsti

dalle norme stesse. L’accertata illeg ittimità europea di tale sistema lascia

fermo l’obblig o di acquisito dei certificati verdi. In altri termini, è rimasto

caducato il presupposto normativo per l’esenzione dall’obblig o di

acquisto dei certificati verdi, non g ià il presupposto normativo

dell’obblig o primario di acquisto dei certificati medesimi, il cui

inadempimento è stato sanzionato dall’Autorità.

Né varrebbe rilevare che l’art. 11 d.lgs. n. 79 del 1999 imponga il dovere

di acquisto soltanto in presenza di importazione di energ ia da fonte non

rinnovabile, mentre la società appellante avrebbe acquistato energ ia da

fonte rinnovabile. La mancata applicazione dell’esimente prevista dalla

normativa nazionale, sopra richiamata, comporta che la società non può

dimostrare che l’energ ia acquistata provenga da fonte rinnovabile con la

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conseguente applicabilità dell’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999. In altri

termini, una volta che sono espunte dall’ordinamento interno le norme

dichiarate dalla Corte di g iustizia contrarie al diritto europeo – in virtù

del principio, che la competenza a stipulare accordi con Paesi terzi per

stabilire i criteri di certificazione delle garanzie di orig ine spetta soltanto

alla Unione europea –, non sussistono sistemi idonei per accertare la

provenienza da fonti rinnovabili dell’energ ia importata.

Infondato è, altresì, l’assunto della società appellante (v. memoria del 19

g iugno 2015, p. 13), secondo cui dovrebbe applicarsi l’art. 3, comma

1-bis, del d.m. 11 novembre 1999 (che contempla un sistema di esenzione

dall’obblig o non espressamente dichiarato illeg ittimo dalla Corte di

g iustizia). Sul punto è sufficiente rilevare che anche tale norma deve

ritenersi contraria al diritto europeo. Le arg omentazioni impiegate dai

g iudici europei non possono non valere anche in relazione alla norma in

esame. Infatti, una volta che si è affermato il principio che la

competenza a stipulare accordi con Paesi terzi per stabilire i criteri di

certificazione delle garanzie di orig ine spetti soltanto alla Unione

europea, tutte le norme nazionali che contemplano criteri diversi sono

contrarie al diritto europeo. La circostanza che il citato art. 3, comma

1-bis, non sia stato og getto di espressa valutazione dalla Corte di

g iustizia non priva questo Colleg io del potere di g iudicare la conformità

della norma interna al diritto europeo, sicché, in definitiva, anche tale

norma deve essere disapplicata perché in contrasto con la disciplina

comunitaria del settore.

Occorre, infine, rilevare che, versandosi in fattispecie di g iurisdizione

esclusiva e di merito ai sensi deg li artt. 133, comma 1, lett. l), e 134,

comma 1, lett. c), Cod. proc. amm., la pretesa della società appellante di

vedersi riconosciuta in sede g iurisdizionale l’esenzione dall’obblig o di

acquisto dei certificati verdi in relazione alle importazioni di energ ia per

l’anno 2005 dalla Svizzera va dichiarata infondata indipendentemente

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dalla motivazione del provvedimento impugnato, trovando, per sopra

esposte rag ioni, un ostacolo insormontabile nel diritto comunitario.

6.4.3.2. In relazione alla parte afflittiva della sanzione irrogata, valg ono le

(diverse) considerazioni di cui appresso.

La natura ‘penale’ della sanzione determina l’applicazione dei principi di

matrice penalistica, tra i quali quello della necessaria esistenza di un

comportamento doloso o colposo del sog getto ai sensi dell’art. 27 Cost..

In particolare, per quanto rileva in questa sede, l’art. 5 Cod. pen., così

come integ rato dalla sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale,

dispone che l’errore di diritto esclude la colpevolezza nel caso in cui la

violazione del precetto sia stata inevitabile.

In questa prospettiva, l’esistenza di una norma interna contenente una

esimente dall’applicazione della sanzione può g iustificare, anche nel caso

in cui la stessa sia stata dichiarata contraria al diritto europeo,

l’applicazione dell’art. 5 Cod. pen., quando si tratti di un contrasto non

palese che è stato, ad esempio, riconosciuto per la prima volta dalla

stessa Corte di g iustizia. In altri termini, l’esistenza di un contrasto

interpretativo conseguente anche all’applicazione del diritto europeo in

ordine alla portata di una esimente, può indurre a ritenere applicabile

l’art. 5 cod. pen. e pertanto scusabile, in quanto inevitabile, la violazione

del precetto ‘penale’.

Nella fattispecie in esame, al momento della violazione della normativa

che pone l’obblig o, sussistevano dubbi, sul piano interno, in ordine

all’applicabilità dell’esimente costituita dall’acquisito di energ ia all’estero

nel rispetto delle condizioni previste dalla leg ge nazionale. In

particolare, l’art. 20, comma 8, del d.lgs. n. 387 del 2003 prevedeva che

«entro sei mesi dalla data di entrata in vig ore del presente

provvedimento, con decreto del Ministro delle attività produttive di

concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sono

ag g iornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto

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leg islativo 16 marzo 1999, n. 79». La formulazione ambigua della norma

poteva indurre g li operatori economici a ritenere che continuasse ad

applicarsi quanto stabilito dal decreto ministeriale del 1999, il quale,

all’art. 3, comma 1-bis, prevedeva un particolare sistema di esenzione

dall’obblig o di acquisto dei certificati verdi. Ne consegue che la società,

quando ha provveduto all’acquisito dell’energ ia dalla Svizzera, poteva

fare rag ionevole affidamento sul fatto che esisteva una disposizione

interna che autorizzava, nel rispetto dei presupposti da essa previsti,

l’importazione di energ ia da Paesi terzi con le garanzie di orig ine della

sua provenienza da fonte rinnovabile. Tale normativa, per le rag ioni g ià

esposte, è stata poi dichiarata in contrasto con il diritto europeo all’esito

di un rinvio preg iudiziale da parte di questa Sezione. In definitiva, al

momento della commissione dell’illecito, la condotta dell’operatore

economico era disciplinata da reg ole g iuridiche non chiare. Sul piano

interno, era dubbia l’applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 387 del 2003,

ovvero dell’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11 novembre

1999. Sul piano europeo, entrambe le norme erano comunque in

contrasto con la disciplina europea sopra riportata. Tale contrasto non

era però di facile individuazione, come dimostra la stessa necessità di

operare un rinvio preg iudiziale alla Corte di g iustizia.

Alla luce di quanto esposto, emerge come sussisteva una og gettiva

incertezza normativa in ordine alle reg ole di condotta da seguire – cui si

ag g iunge il comportamento tenuto dal Ministero dello sviluppo

economico e dal GSE che avevano concesso l’esenzione dall’obblig o di

acquisto dei certificati verdi relativamente alle importazioni di elettricità

nell’anno 2004 –, con la conseguenza che ricorrono i presupposti per

ritenere non colpevole la violazione commessa dalla società.

Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere dichiarato

illeg ittimo nella sola parte in cui applica una sanzione ‘penale’ per la sua

valenza afflittiva (limitatamente alla parte di tale sanzione correlata

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all’importazione di energ ia elettrica dalla Svizzera, e non anche dalla

Francia; v. sopra, § 6.1.).

6.4.3.3. Occorre, conclusivamente, precisare che, alla luce di quanto sin

qui affermato, la società, in relazione all’energ ia importata dalla Svizzera,

è tenuta soltanto a corrispondere il valore dei certificati verdi allo scopo

di ripristinare l’ordine violato e dunque assicurare la legalità interna ed

europea. Se si imponesse alla società di corrispondere, in ag g iunta ed a

mero titolo afflittivo, anche il valore dei certificati, si finirebbe per

applicare una doppia sanzione, in contrasto con i principi europei che

disciplinano le sanzioni amministrative aventi valenza ‘penale’.

6.4.4. Privo di preg io è, infine, il profilo di censura, con cui si assume la

violazione dell’accordo di libero scambio del 22 lug lio 1972, intervenuto

tra Svizzera e Comunità economica europea, che dovrebbe consentire

l’equiparazione sotto tutti g li aspetti dell’energ ia proveniente da Stati

membri a quella proveniente dal predetto Paese.

Invero, il predetto accordo, come risulta chiaramente dall’analisi del suo

contenuto, è finalizzato esclusivamente ad assicurare l’espansione deg li

scambi commerciali mediante, tra l’altro, l’eliminazione deg li ostacoli

esistenti (tasse, dazi, ecc.), mentre lo stesso non si occupa della

questione specifica og getto del provvedimento dell’Autorità, come, del

resto, confermato, implicitamente, dalla stessa sentenza della Corte di

Giustizia, sopra richiamata.

6.5. Resta assorbito il riproposto profilo di censura di erronea

commisurazione dell’entità della sanzione.

7. La complessità e novità delle questioni trattate g iustifica l’integ rale

compensazione delle spese di entrambi i g radi di g iudizio.

P.Q.M.

Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto

(ricorso n. 1691 del 2012), lo accog lie parzialmente e, per l’effetto,

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annulla in parte il provvedimento impugnato in primo g rado, nei sensi e

nei limiti di cui in motivazione; dichiara le spese del doppio g rado di

g iudizio interamente compensate tra le parti; dispone la comunicazione

della presente sentenza alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a

cura della Segreteria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 7 lug lio 2015,

con l’intervento dei mag istrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consig liere

Gabriella De Michele, Consig liere

Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore

Andrea Pannone, Consig liere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/12/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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