Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017 RG n. 46675/2014 ... · nella causa iscritta al n.46675...

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R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA TERZA SEZIONE CIVILE SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA così composto: Dott. Francesco Mannino Presidente rel. Dott. Stefano Cardinali Giudice Dott. Francesco Remo Scerrato Giudice riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa iscritta al n.46675 Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2014, avente come Oggetto: Responsabilità di amministratore promossa da: FALLIMENTO BENEDETTI DOMUS S.R.L., R.F. N. 36/2014 (C.F. e P.IVA 07105201003) con sede in Pomezia (RM), via del Mare Km 16.800, , in persona del Curatore Fallimentare, Rag. Pietro Marcantoni, autorizzato all’esercizio della presente azione con provvedimento del Giudice Delegato, rappresentato e difeso, Firmato Da: MANNINO FRANCESCO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 23cc5092be88919293c5ec83bdc6f5a2 Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017 RG n. 46675/2014 Repert. n. 617/2017 del 13/01/2017 http://bit.ly/2nZ7NOF

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R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

TERZA SEZIONE CIVILE

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

così composto:

Dott. Francesco Mannino Presidente rel.

Dott. Stefano Cardinali Giudice

Dott. Francesco Remo Scerrato Giudice

riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa iscritta al n.46675 Ruolo generale degli affari contenziosi civili

dell'anno 2014, avente come

Oggetto: Responsabilità di amministratore

promossa da:

FALLIMENTO BENEDETTI DOMUS S.R.L., R.F. N. 36/2014 (C.F. e P.IVA

07105201003) con sede in Pomezia (RM), via del Mare Km 16.800, , in persona

del Curatore Fallimentare, Rag. Pietro Marcantoni, autorizzato all’esercizio della

presente azione con provvedimento del Giudice Delegato, rappresentato e difeso,

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giusta procura apposta a margine dell’atto di citazione, dall’Avv. Francesco

Aratari e domiciliato presso il suo studio in Roma, via Po n. 28,

Attore

Contro

FRANCESCO VARLOTTA (C.F. VRLFNC54D14H501I), nato a Roma il

14.04.1954 ed ivi residente in Via di Torre S. Anastasia n. 65, cap. 00134,

elettivamente domiciliato in Roma, Via della Ferratella in Laterano n. 33 presso lo

studio dell’Avv. Aurora Spaccatrosi, che lo rappresenta e difende in virtù di

procura rilasciata a margine della comparsa di costituzione e risposta.

Convenuto

All’udienza del 12/7/16 le parti precisavano le conclusioni come da verbale in atti

e la causa veniva posta in decisione, con l’assegnazione dei termini di legge per il

deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, il Fallimento della Benedetti

Domus s.r.l. conveniva in giudizio innanzi a questo Tribunale Francesco Varlotta,

già amministratore unico della predetta società in bonis.

L’attore esponeva

che, in data 1 aprile 2014, il Tribunale Civile di Velletri aveva revocato

l’ammissione alla procedura di concordato preventivo della Benedetti

Domus s.r.l. e ne aveva dichiarato il fallimento;

che dall’esame della documentazione contabile della Società, in

particolare delle voci del libro giornale, risultava che, nel periodo tra il

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15 marzo 2013 e il 31 dicembre 2013, erano stati effettuati una serie di

giroconti da “cassa ad amministratore c/deposito - deposito cassa

presso l’amm.” e da “cassa” per “compenso Amm.re Soci soc.”, per

l’ammontare complessivo di Euro 175.000, con operazioni di

versamento dalla cassa sociale in favore dell’amministratore unico

della Società, Francesco Varlotta;

che dalla relazione aggiuntiva, depositata dal Commissario Giudiziale

in data 11 febbraio 2014 nel corso della procedura di concordato

preventivo alla quale era stata ammessa la Società, era stato

evidenziato che dall’esame del mastrino dei flussi di cassa emergevano

“prelievi dalla cassa, da parte dell’amministratore, a titolo di

“depositi c/c amministratore” per un totale complessivo, alla data del

31/12/2013, pari ad euro 165.000,00”;

che anche l’asseveratore del “Concordato preventivo di Benedetti

Domus srl” aveva evidenziato che “dall’analisi della scheda contabile

“Cassa” “risultavano dei prelievi a cura dell’Amministratore per un

saldo contabilizzato di € 135.000,00” al 31 agosto 2013 e che detti

importi erano stati “contabilmente riportati nella scheda contabile

presente nella sezione di bilancio “Crediti” alla voce “Depositi c/o

Amministratore” ed aveva precisato che “questo credito vantato dalla

società è stato confermato all’asseveratore dall’amministratore, il

quale dichiarava, anche alla presenza del consulente fiscale Rag.

Marcellini Pierina, che assisteva ai lavori di revisione, che tali importi

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erano a disposizione della procedura per il pagamento della gestione

corrente (si veda pag. 20 dell’asseverazione)” e che le somme erano

state prelevate per evitare “il blocco delle stesse a cura di creditori

sociali sui conti correnti bancari”;

che il Tribunale di Velletri, nel motivare l’apertura della “procedura di

revoca dell’ammissione al concordato preventivo della srl Benedetti

Domus”, aveva evidenziato che

o “somme che avrebbero dovuto essere presenti nella cassa della

società (in particolare, in custodia personale dell’AU)” “erano

in realtà assenti”;

o “alla richiesta di chiarimenti l’amministratore aveva

dichiarato che esse erano state utilizzate per effettuare alcuni

pagamenti di fatture e per alcuni pagamenti nei confronti del

suo compenso”;

o “nel corso dell’adunanza venivano richiesti chiarimenti su tali

punti e l’amministratore forniva risposte non satisfattive”;

o doveva ritenersi “che l’imprenditore avrebbe sottratto parte

dell’attivo (vedi in proposito la nota doc. 13 allegata

sostanzialmente ammissiva da parte del sig. Varlotta)

concordatario, distraendolo al fine di attribuire a se stesso e a

tali creditori il pagamento non giustificato”, “confermato dal

tentativo di giustificare ex post la mancanza della somma

suindicata con documenti e atti inammissibili e non veritieri”;

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lo stesso Varlotta aveva riconosciuto di aver prelevato nel corso del

2013 i sopra indicati importi, fornendo, tuttavia differenti

giustificazioni:

o dapprima, tentando di sostenere di aver effettuato i prelievi

dalla cassa sociale per evitare azioni esecutive da parte dei

creditori sociali;

o nel corso dell’adunanza dei creditori, su domanda del Giudice

delegato, aveva dichiarato che gli importi prelevati avevano

costituito il suo compenso quale amministratore “a seguito di

una deliberazione redatta con la moglie”, in base alla quale si

era stabilito “un compenso per l’amministratore di euro 5.000

mensile” e che gli stessi erano stati “incassati per fabbisogno

personale”;

o in seguito, per il tramite del suo avvocato, aveva riconosciuto

“l’esistenza di somme della Benedetti Domus presso

l’amministratore” e aveva chiesto “di restituire, con pagamento

rateizzato, la somma citata, salvo un importo che il Giudice

Delegato, vorrà determinare, in considerazione delle esigenze

familiari, a titolo di compenso per la carica di amministratore

ricoperta dal 19.2.13”;

o al Commissario Giudiziale aveva dichiarato che:

Euro 60.000 sarebbero stati dallo stesso percepiti a titolo di

compenso quale amministratore della Società;

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Euro 55.691,54 sarebbero stati utilizzati per il pagamento -

mediante n. 58 pagamenti da Euro 950,00, un pagamento da

Euro 500,00 e un pagamento di € 91,56 - delle fatture n. 4 e

n. 11 del 3 agosto 2013 emesse dalla Valerio e Simone

s.n.c., rispettivamente di Euro 29.950 e di Euro 25.741,54;

Euro 20.701,29 sarebbero stati utilizzati per il pagamento

della fattura n. 1/37 del 17 gennaio 2014 emessa dalla

Argento Argenti s.r.l.;

Euro 37.620,00 sarebbero stati versati sul conto corrente n.

16556 acceso presso Banca Unipol;

tutte le giustificazioni fornite apparivano infondate e non trovavano

riscontro nella documentazione acquisita dalla curatela;

pertanto, chiedeva che questo Tribunale volesse accertare la responsabilità del

Sig. Francesco Varlotta, quale amministratore unico della Società Benedetti

Domus S.r.l., ai sensi degli articoli 2043, 2393, 2394, 2394 bis e 2476 c.c. per i

fatti descritti in narrativa, ovvero il suo obbligo a restituire al Fallimento della

Benedetti Domus S.r.l. l’importo per cui è causa, e, conseguentemente,

condannare il medesimo Sig. Francesco Varlotta al risarcimento in favore del

Fallimento della Benedetti Domus S.r.l., e/o al pagamento e/o alla restituzione,

anche eventualmente ai sensi dell’art. 2033 c.c., dell’importo di Euro 175.000,00,

oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data di ogni singolo prelievo dalle

casse sociali, come specificato nel prospetto di cui al punto 2) della narrativa,

sino al soddisfo, o della diversa somma che, alla luce dell’espletanda istruttoria,

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dovesse risultare di giustizia.

Con vittoria di spese, competenze e onorari.

Ritualmente costituitosi, il Varlotta contestava in fatto ed in diritto quanto

dedotto dalla curatela attrice, evidenziando anche che quest’ultima non era stata

autorizzata dal Giudice delegato ad avanzare domande ex art. 2033 c.c.; pertanto,

chiedeva che questo Tribunale volesse:

rigettare tutte le domande attrice poiché infondate in fatto ed in diritto

e generiche;

dichiarare comunque inammissibile la parte della domanda attrice

relativa alla richiesta di cui all’art. 2033 c.c. per carenza di

legittimazione attiva, per quanto sopra esposto;

con richiesta di condanna della parte attrice al pagamento delle spese

di giudizio, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dell’Avv.

Aurora Spaccatrosi, procuratore antistatario.

Rigettate le richieste istruttorie avanzate con le memorie ex art.183 c.p.c.,

all’udienza del 12 luglio 2016 la causa era posta in decisione con la concessione

dei termini di cui all’art.190 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come si evince chiaramente dal contenuto e dalle conclusioni dell’atto di

citazione, il fallimento ha esercitato nei confronti di Francesco Varlotta, ex

amministratore della Benedetti Domus s.r.l. in bonis, tanto l’azione sociale di

responsabilità ex art.2476, terzo comma, c.c., quanto quella attribuita dalla legge

ai creditori sociali, conformemente al disposto degli artt. 146 l.f. e 2394 bis c.c..

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Si deve, poi, evidenziare che l’azione sociale di responsabilità ex art. 2476,

III co., c.c., ha natura contrattuale. Essa, infatti, origina dall’inadempimento dei

doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall'atto costitutivo, ovvero

dall’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza e di intervento preventivo e

successivo; obblighi tutti che vengono a gravare sugli amministratori in forza del

mandato loro conferito e del rapporto che, per effetto della preposizione gestoria e

del susseguente inserimento nell’organizzazione sociale, si instaura con la società.

Quindi, sulla società che agisce grava l'onere di dimostrare la sussistenza delle

violazioni agli obblighi (che costituiscono obbligazioni di mezzi e non di

risultato), i pregiudizi concretamente sofferti ed il nesso eziologico tra

l’inadempimento ed il danno prospettato, invece, sull’amministratore grava l'onere

di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, ovvero di fornire la prova

positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e

dell’adempimento degli obblighi posti a suo carico.

In altri termini, con riferimento all’inadempimento dell’amministratore ai

doveri ed obblighi posti a suo carico opera la presunzione di colpa inferibile dal

generale disposto dell’art. 1218 c.c. onde la società che agisce con il rimedio di

cui all’art. 2476 c.c. non è tenuta ad offrire la prova positiva del cennato elemento

soggettivo, spettando, piuttosto, all’amministratore chiamato in responsabilità

dimostrare di aver adempiuto il proprio compito con diligenza ed in assenza di

conflitto di interessi con la società, ovvero che l’inadempimento è stato

determinato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c., ovvero, ancora, che il

danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo (cfr., in questo senso,

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Cassazione civile, sez. I, 24 marzo 1999, n. 2772; Trib. Roma, 8 maggio 2003;

Cassazione civile, sez. I, 22 ottobre 1998, n. 10488).

Posto ciò, nel presente giudizio, sulla base della documentazione contabile

acquisita, la curatela fallimentare deduce che il Varlotta avrebbe distratto,

prelevandola dalla cassa sociale, la complessiva somma di €175.000, effettuando

una serie di giroconti più dettagliatamente indicati nella tabella sottoriportata.

DATA TIPO OPERAZIONE IMPORTO

15.3.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 20.000,00

15.3.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 15.000,00

31.3.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 15.000,00

15.4.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 15.000,00

30.4.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

15.5.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

31.5.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 15.000,00

30.6.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

31.7.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

31.8.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 15.000,00

17.9.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

30.9.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 10.000,00

19.10.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 5.000,00

28.10.2013 G/C Cassa ad amministratore – deposito cassa presso

amministratore 5.000,00

31.12.2013 Compenso amministratore soci soc. – cassa 10.000,00

Totale

175.000,00

Conseguentemente, ne ha chiesto la condanna al risarcimento, in favore

del Fallimento attore, del danno quantificato nell’importo di Euro 175.000,00,

oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data di ogni singolo prelievo dalle

casse sociali, e/o al pagamento e/o alla restituzione della predetta somma, in

subordine anche ai sensi dell’art. 2033 c.c..

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In relazione alle domande avanzate dall’attore, si deve ritenere la

competenza a statuire di questo Tribunale delle Imprese e non del Tribunale

fallimentare, in considerazione del consolidato orientamento del S.C. (cfr. da

ultimo ord. n.19340/16), secondo cui “l' azione di responsabilità esercitata dal

curatore ex art. 146, comma 2, l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli

artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori

sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione

autonoma - quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale

unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali

- implicandone una modifica della legittimazione attiva, ma non dei presupposti,

sicché, dipendendo da rapporti che si trovano già nel patrimonio dell'impresa al

momento dell'apertura della procedura concorsuale a suo carico, e che si

pongono con questa in relazione di mera occasionalità, non riguarda la

formazione dello stato passivo e non è attratta alla competenza funzionale del

tribunale fallimentare ex art. 24 l.fall., restando soggetta a quella del tribunale

delle imprese, ex art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 168 del 2003, propria di tutte le

azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, da chiunque

promosse.”

Appare, poi, infondata l’eccezione di inammissibilità della domanda attrice

relativa alla richiesta di cui all’art. 2033 c.c. per carenza di legittimazione attiva,

sul presupposto che detta domanda non sia stata autorizzata dal Giudice Delegato.

Infatti dalla documentazione in atti emerge che l’autorizzazione a proporre

domanda anche ai sensi del citato art.2033 c.c. era stata autorizzata dal Giudice

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Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017RG n. 46675/2014

Repert. n. 617/2017 del 13/01/2017

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delegato in data 8 aprile 2015. È irrilevante la circostanza che detta autorizzazione

sia sopraggiunta nel corso del giudizio in quanto, per costante giurisprudenza del

S.C. (cfr. sentt. nn.19087/07, 15939/07, 19528/04, 4310/97), la mancanza iniziale

di autorizzazione da parte del giudice delegato al curatore, perché svolga attività

processuale essendo attinente all'efficacia di attività processuale svolta

nell'esclusivo interesse del fallimento procedente, è suscettibile di sanatoria, con

effetto "ex tunc", anche mediante successiva autorizzazione in corso di giudizio,

sempre - però - che l'inefficacia degli atti non sia stata, nel frattempo, già accertata

e sanzionata dal giudice, il che nella fattispecie non è avvenuto

Ciò premesso, si deve rilevare che il convenuto ha negato di avere

compiuto atti di mala gestio ed alcuna distrazione e ha cercato di fornire

giustificazioni relativamente ai predetti prelievi.

In particolare, ha affermato:

1. quanto ad €60.000,00, che detta somma costituiva il compenso per la

sua attività di amministratore unico svolta da febbraio a dicembre

2013, dovendo egli, non avendo altre fonti di reddito, provvedere ai

bisogni suoi e della sua famiglia;

2. quanto ad euro 55.691,54, di avere pagato in contanti, con 58 rate di

euro 950,00 ciascuna, oltre che con un pagamento di euro 500,00 e di

euro 91,56, il saldo di nn. 2 fatture (fatture n. 04/13 e n. 11/13,

rispettivamente di euro 29.950,00 ed euro 25.741,54) emesse dalla

Valerio e Simone s.n.c. relative a forniture di merce rinvenuta ed

inventariata dal curatore nel negozio di via del Mare Km 16,800 c/c

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Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017RG n. 46675/2014

Repert. n. 617/2017 del 13/01/2017

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Sedici Pini – Pomezia, unico punto vendita della Benedetti Domus

S.r.l., specificando che non doveva stupire l’effettuazione dei

pagamenti in contanti, posto che, come evincibile anche dal libro

contabile della società Benedetti Domus S.r.l. e come appurato anche

dal Commissario Giudiziale nel corso della procedura di concordato

preventivo, il contante derivava dai corrispettivi delle vendite

effettuate dal negozio del Centro Commerciale Sedici Pini.

3. quanto ad euro 20.701,29, che si trattava di un pagamento in favore

della società Argento Argenti S.r.l., come da fattura n. 1/37 del

17.01.2014, nella quale sono indicate sia la descrizione che la quantità

della merce fornita, nonché i relativi importi, specificando che detto

importo era stato pagato per mezzo di bonifico bancario, come da

estratto conto della Banca Unipol, prodotto in giudizio;

4. quanto ad euro 37.620,00, che si trattava di una somma in contante

proveniente sempre dalle vendite del negozio, versata dalla Benedetti

Domus sul c/c n. 1656 accesso presso Banca Unipol, come da ricevuta

di versamento (All.8).

Il Tribunale ritiene irrilevanti dette giustificazioni.

In relazione alla somma di cui al punto 1, si osserva che non è stato

neppure dedotto e, comunque, non è stata fornita prova che lo statuto della società

prevedesse la corresponsione di un compenso all’amministratore ed in che misura

né che l’assemblea avesse mai deliberato la corresponsione all’amministratore di

detto compenso ed il suo importo.

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Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017RG n. 46675/2014

Repert. n. 617/2017 del 13/01/2017

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Quanto ai pagamenti di cui ai punti 2 e 4 che precedono, lo stesso Varlotta

ha affermato che essi sono stati effettuati con denaro contante proveniente dalle

vendite del negozio, così nella sostanza non fornendo alcuna giustificazione sulla

destinazione delle somme prelevate indicate dal fallimento in citazione e sopra

riportate nella tabella che precede.

Infine, in relazione alla somma di cui al punto 3 sopra indicato, sempre il

Varlotta ha specificato che l’importo in questione era stato pagato per mezzo di

bonifico bancario, producendo in giudizio l’estratto conto della Banca Unipol.

Anche in questo caso, tale giustificazione non attiene ai prelievi contestati in

citazione e non chiarisce quale destinazione essi abbiano avuto.

Per le considerazioni sopra esposte, si deve ritenere provata la distrazione

da parte di Francesco Varlotta, ex amministratore della Benedetti Domus s.r.l. in

bonis, della complessiva somma di €175.000 che egli ha prelevato dal conto

corrente della società e ha trattenuto nella sua disponibilità senza fornire alcuna

legittima giustificazione in ordine all’utilizzo per le attività della Benedetti Domus

s.r.l.; pertanto, il predetto convenuto, in accoglimento della domanda di

risarcimento del danno avanzato dalla parte attrice, deve essere condannato alla

restituzione della somma sopra citata in favore del fallimento attore.

Il risarcimento del danno, al quale il convenuto è tenuto, dà luogo ad un

debito di valore, avendo per contenuto la reintegrazione del patrimonio del

danneggiato nella situazione economica preesistente al verificarsi dell’evento

dannoso, con la conseguenza che nella liquidazione del risarcimento deve tenersi

conto della svalutazione monetaria verificatasi tra il momento in cui si è prodotto

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il danno e la data della liquidazione definitiva: ciò, peraltro, vale anche se, al

momento della sua produzione, il danno consista nella perdita di una determinata

somma di denaro, in quanto quest’ultima vale soltanto ad individuare il valore di

cui il patrimonio del danneggiato è stato diminuito e può essere assunta come

elemento di riferimento per la determinazione dell’entità del danno (cfr., in

particolare, Cassazione civile, 27 luglio 1978, n. 3768; Cass., 14 marzo 1985, n.

1981; Trib. Milano, 14 marzo 1991). Per tale motivo, sulla somma sopra indicata

spetta all’attore anche la rivalutazione monetaria, costituendo questa

l’imprescindibile presupposto dell’espressione, in termini di equivalenza

monetaria attuale, del valore che va appunto reintegrato dal debitore e facendo

parte del cd. danno emergente. La somma di €175.000 va maggiorata della

rivalutazione -secondo i noti indici ISTAT- dall’1 aprile 2014 (epoca del

fallimento, che costituisce il momento in cui viene a cristallizzarsi l’ammontare

del danno subito) alla data di pubblicazione della sentenza definitiva.

Nella fattispecie non possono essere riconosciuti gli interessi c.d.

compensativi in aggiunta alla rivalutazione monetaria.

Infatti, l’obbligazione risarcitoria è finalizzata a porre il creditore nella

stessa situazione nella quale si sarebbe trovato, se il pagamento dell’equivalente

monetario del bene perduto fosse stato tempestivo. Conformemente ai principi

generali in materia di risarcimento dei danni, va di sicuro esclusa l’ipotizzabilità

di un danno in re ipsa, che diversamente verrebbe a coincidere con l’evento;

l’evento è invece un elemento del fatto produttivo del danno ed ormai si può

ritenere pacifico (Cass. SU 26972/08) che il danno, ai sensi degli artt. 1223 e 2056

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Sentenza n. 475/2017 pubbl. il 13/01/2017RG n. 46675/2014

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c.c., deve configurasi pur sempre come un danno-conseguenza e non come danno-

evento; quindi anche il danno da lucro cessante deve essere provato, in base a

conferente allegazione, tanto con riferimento all’entità quanto con riferimento al

nesso causale.

Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta

in conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il

danno emergente, la giurisprudenza parla di interessi compensativi (cfr. Cass.

11718/02; Cass. 2654/05), che vengono così a rappresentare una modalità

liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass.

4242/03), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo.

Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di

liquidazione equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la

superiore premessa sul danno-conseguenza, è allora evidente che non è

configurabile alcun automatismo nel riconoscimento di tali interessi in funzione

risarcitoria, con conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso

presunzioni, a carico del danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass.

12452/03; Cass. 20591/04; Cass. 22347/07).

Questi principi, dettati in ordine all’eventuale risarcibilità di un danno da

ritardo, sono stati ribaditi anche da Cass. 3355/10, che in motivazione così

precisa: “ … va ricordato che nei debiti di valore il riconoscimento di interessi

costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante,

cui è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di

calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data

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dell'illecito. Non gli è invece inibito di riconoscere interessi anche al tasso legale

su somme progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente

rivalutata, ma da epoca intermedia; ovvero di determinare il tasso di interesse in

misura diversa da quella legale; ovvero, ancora, di non riconoscere affatto gli

interessi se, in relazione ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di

svalutazione monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo

considerato, un danno da lucro cessante debba essere positivamente escluso

(Cass., n. 748/2000, cfr. anche Cass., nn. 490/1999 e 10751/2002). ….”.

Dunque il riconoscimento degli interessi compensativi, dalla data del fatto

o dai singoli esborsi, è possibile solo nel caso di allegazione e prova, da parte del

creditore, su di un eventuale danno da ritardo, ulteriore e maggiore rispetto a

quello risarcito con la rivalutazione (cfr. Cass. 12452/03; Cass. 2654/05 in

motivazione: “ … Gli interessi che vengono qui in considerazione sono interessi

‘compensativi’ … possono …. non riconoscersi affatto se il giudice ritenga che la

rivalutazione abbia interamente coperto il danno da ritardato conseguimento

dell'equivalente monetario (in relazione ai parametri di valutazione costituiti dal

tasso medio di svalutazione monetaria e dalla redditività media del denaro nel

periodo considerato, come precisato da Cass., n. 4729/2001 e n. 12788/98),

essendo inibito solo il calcolo degli interessi al tasso legale sulle somme

integralmente rivalutate a far data dall'evento dannoso. ….”).

Del resto anche la sentenza Cass. SU 1712/95 richiede la prova e

l’allegazione di detto danno da mancato guadagno, in conseguenza del lamentato

ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno

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emergente (cfr. Cass. SU 1712/95 : “ …. Tale prova può essere offerta dalla parte

e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale

l'attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze

obiettive e soggettive del caso. ….”).

In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno

dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non

sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto

dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice

può liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale

danno sia ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come

detto- costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno.

Nel caso di specie nulla risulta allegato e provato da parte del danneggiato,

per cui non possono essere riconosciuti interessi compensativi in aggiunta alla

rivalutazione monetaria.

Dalla data di pubblicazione della sentenza definitiva, invece, saranno

dovuti gli interessi al tasso legale sino al soddisfo.

Avuto riguardo all’esito della controversia, per il principio della

soccombenza, le spese del presente giudizio, sostenute dall’attore, vanno poste a

carico del convenuto soccombente. Dette spese, tenuto conto della natura e del

valore della controversia per il rapporto processuale in questione, della qualità e

quantità delle questioni trattate e dell’attività complessivamente svolta dal

difensore, sulla base dei parametri indicati dal D.M. n.55/14, vanno liquidate in

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complessivi €12.000, oltre €1.550 per spese vive ed oltre accessori come per

legge.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa ed ulteriore domanda ed

eccezione:

condanna Francesco Varlotta al pagamento, in favore del Fallimento della

Benedetti Domus s.r.l., della somma di €175.000, oltre a rivalutazione ed

interessi come in motivazione;

condanna Francesco Varlotta alla rifusione, in favore del fallimento della

Benedetti Domus s.r.l., delle spese processuali, liquidate come in

motivazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile del

Tribunale – Tribunale delle Imprese, in data 7 dicembre 2016.

Il Presidente est.

(dott. Francesco Mannino)

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