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1 N. R.G. 66905/2013 TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati: Dott. Elena Riva Crugnola Presidente Dott. Marianna Galioto Giudice Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N. 66905/2013 R.G. promossa da: ANDERSEN ADVISOR S.P.A. (C.F. 0664 9271 219), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusto mandato in calce all’atto di citazione, dall’avv. Savino Gambatesa ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, p.za Giulio Cesare n. 9 ATTORE CONTRO DI MARZIO GIUSEPPE (C.F. DMRGPP 67M04 F839S), rappresentato e difeso, giusto mandato a margine della comparsa di risposta, dall’avv. Carlo Duraturo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Giugliano (NA), via Santa Rita da Cascia, n. 35 CONVENUTO E CONTRO FRANCESCO SAVERIO SASSONE (C.F. SSSFNC 67R22 F205Z), rappresentato e difeso, giusta procura alle liti allegata alla comparsa di risposta, dall’avv. Arianna Rossetti ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, p.za Giulio Cesare n. 9 TERZO CHIAMATO Firmato Da: MAMBRIANI ANGELO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 62537af3268b44205b1e29d12a11862b Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 4587171487391d9993a832c03468781b Sentenza n. 10963/2017 pubbl. il 31/10/2017 RG n. 66905/2013 http://bit.ly/2pNxmpx

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1

N. R.G. 66905/2013

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B

Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:

Dott. Elena Riva Crugnola Presidente

Dott. Marianna Galioto Giudice

Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore

ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al N. 66905/2013 R.G. promossa da:

ANDERSEN ADVISOR S.P.A. (C.F. 0664 9271 219), in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusto mandato in calce all’atto di citazione, dall’avv. Savino

Gambatesa ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, p.za Giulio Cesare n. 9

ATTORE

CONTRO

DI MARZIO GIUSEPPE (C.F. DMRGPP 67M04 F839S), rappresentato e difeso, giusto mandato a

margine della comparsa di risposta, dall’avv. Carlo Duraturo ed elettivamente domiciliato presso il suo

studio in Giugliano (NA), via Santa Rita da Cascia, n. 35

CONVENUTO

E CONTRO

FRANCESCO SAVERIO SASSONE (C.F. SSSFNC 67R22 F205Z), rappresentato e difeso, giusta

procura alle liti allegata alla comparsa di risposta, dall’avv. Arianna Rossetti ed elettivamente

domiciliato presso il suo studio in Milano, p.za Giulio Cesare n. 9

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* * *

CONCLUSIONI

Le parti concludevano come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni e

già depositati per via telematica.

* * *

MOTIVI DELLA DECISIONE

I. Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, la società Andersen Advisor S.p.A., già DMG Consulting

S.r.l. (di seguito “Andersen”, “DMG” o la “Società”), conveniva in giudizio il sig. Giuseppe Di

Marzio (di seguito anche: “Di Marzio”) per sentirlo condannare al pagamento di € 5.200 quale perdita

causata alla Società, nonché al versamento in proprio favore di € 10.000 quali danni all’immagine ed

all’onorabilità della Società, oltre accessori, nonché per sentirlo condannare al ristoro delle spese

processuali.

A fondamento delle proprie domande, parte attrice rappresentava che:

amministratore unico di DMG a partire dalla sua costituzione in data 20.04.2010 sino all’8

febbraio 2012 era il socio di maggioranza dott. Di Marzio;

con raccomandata del 06.07.2012 la ditta Schino Antonio di Schino Donato (di seguito

“Schino” o la “Ditta Schino”) lamentava di aver conferito incarico per la prestazione di servizi

di consulenza alla DMG in data 27.12.2010 e di non aver ricevuto alcuna prestazione

nonostante il pagamento di sostanziosi acconti;

in data 23.01.2013, Schino conveniva in giudizio la DMG avanti al Tribunale di Bari,

chiedendone la condanna al pagamento di € 18.400, di cui € 8.400 dovuti a titolo di restituzione

degli acconti già versati alla DMG;

in data 14.05.2013, la Società e la Ditta Schino stipulavano una transazione della controversia,

ove pattuivano che la prima avrebbe versato alla seconda € 5.200,00;

l’importo transatto costituiva un pregiudizio per la Società, imputabile al suo ex amministratore

che vi aveva dato causa, perché, dopo avere stipulato il contratto di consulenza con la Ditta, non

aveva poi svolto la prestazione contrattualmente prevista (citazione, p. 3).

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Si costituiva in giudizio Giuseppe Di Marzio, contestando quanto ex adverso dedotto, chiedendo di

rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fatto e diritto e formulando domande pregiudiziali,

domanda riconvenzionale e domanda subordinata.

In particolare Di Marzio:

1. eccepiva la nullità della citazione avversaria, a suo dire manchevole degli elementi previsti ex

lege ed in particolare dall’art. 163 c.p.c.;

2. eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Napoli,

in quanto luogo di residenza del convenuto, o di Bari, in quanto luogo di svolgimento della

prestazione dovuta;

3. eccepiva l’incompetenza per materia delle Sezioni Specializzate per le Imprese, assumendo che

la loro competenza si riferisce a rapporti tra imprese e/o le stesse e gli amministratori e i soci in

carica e che il dichiarato oggetto del contendere è un risarcimento di danni legati ad una

responsabilità non di tipo societario bensì di tipo professionale;

4. rilevava che, applicando per analogia gli artt. 2290 e 2300 c.c., le doglianze della Ditta Schino

fossero successive alla cessione delle quote societarie del Di Marzio e alla trasformazione della

DMG;

5. nel merito, ammesso il rapporto con la Ditta Schino, allegava che la gestione del relativo

fascicolo e gli accessi necessari presso la sua sede, nonché i rapporti sia con la medesima Ditta

Schino sia con gli istituti bancari che avrebbero dovuto valutare le richieste di finanza ordinaria

ed agevolata erano affidati al dott. Russo e alla dott.ssa Di Lena, e precisava che la fase più

delicata delle trattative con gli istituti bancari eroganti non era avvenuta avveniva sotto la sua

amministrazione, bensì era proseguita dal suo successore, dott. Francesco Saverio Sassone (di

seguito anche: “Sassone”);

6. formulava domanda riconvenzionale, chiedendo il riconoscimento di danni morali e

professionali nella misura di € 15.000;

7. in subordine, chiedeva di essere manlevato dal pagamento di tutte le somme eventualmente

poste a suo carico, unitamente, disgiuntamente, integralmente e/o parzialmente, dal Sassone,

quale terzo chiamato in causa, a titolo di amministratore di fatto.

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Autorizzata la chiamata con decreto del 23 gennaio 2014, si costituiva in giudizio il Sassone,

eccependo l’incompetenza del Tribunale di Milano e la nullità della citazione, nonché contestando nel

merito la domanda avversaria.

Segnatamente Sassone:

1. riteneva competente, in ragione del luogo di residenza del terzo chiamato, il Tribunale di

Bergamo ovvero quello di Brescia, in caso di spettanza della causa di garanzia alla Sezione

Specializzata, rilevando altresì trattarsi di una domanda di garanzia impropria in quanto fondata

su titolo diverso rispetto alla domanda principale;

2. eccepiva la nullità della citazione del convenuto contro il terzo chiamato, poiché mancante

dell’esposizione dei fatti che costituiscono le ragioni della domanda di manleva;

3. nel merito, lamentava l’inesattezza della rappresentazione del Di Marzio, osservando che il

successore di quest’ultimo nell’amministrazione della DMG è il sig. Andrea Barbaro,

contestando di aver assunto la qualifica di amministratore di fatto e di aver proseguito la fase

delle trattative con gli istituti bancari eroganti, nonché negando di aver assunto alcuna decisione

in merito alla vicenda Schino, rimanendo solo un consulente della Società.

Concessi i termini per le memorie istruttorie ex art. 183 co. 6 c.p.c. e acquisite le prove per testi già

ammesse all’udienza del 17 marzo 2015, in data 29 novembre 2016, il Giudice istruttore rimetteva la

causa al Collegio per la decisione.

II. Le questioni processuali.

Anzitutto, reputa il Tribunale che tutte le eccezioni pregiudiziali avanzate dal convenuto Di Marzio e

dal terzo chiamato Sassone devono essere rigettate, sicché l’odierno giudizio – instaurato ritualmente e

avanti ad un organo competente – deve essere deciso nel merito.

* In primo luogo, deve essere disattesa l’eccezione di nullità della citazione, svolta tanto dal dott. Di

Marzio con riferimento alla citazione di parte attrice, quanto dal dott. Sassone con riferimento alla

citazione per la chiamata in causa del terzo.

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Ad avviso del Collegio, la prospettazione di parte attrice fornisce autoevidenza degli elementi richiesti

ex art. 163 c.p.c. e, in particolare, della cosa oggetto della domanda, nonché dei fatti e degli elementi di

diritto costituenti le ragioni della domanda.

Ed infatti, i fatti dedotti dalla Società sono esposti in modo chiaro e sufficientemente specifico,

comunque tale da consentite al convenuto l’esercizio del diritto di difesa, nella specie effettivamente,

puntualmente ed ampiamente esercitato.

Da altro punto di vista, atteso che le domande attoree sono rivolte verso l’amministratore di diritto e

sono fondate su un atto transattivo nato dall’inadempimento della Società ad obblighi derivanti da un

negozio concluso durante la durata della carica gestoria, appare manifesto che parte attrice ha inteso

promuovere azione sociale di responsabilità verso l’amministratore.

Né pare fuori luogo osservare che parte convenuta ha ammesso e riconosciuto di essere stata chiamata

in giudizio da controparte “per sentire affermare le proprie ragioni in ordine a presunti danni patiti per

responsabilità ex art. 2393 c.c.” (comp. risp. Di Marzio, pagg. 1-2). Ed è dunque provato che di tale

titolo giuridico parte convenuta Di Marzio ha avuto piena consapevolezza.

Ad identica conclusione si deve pervenire con riferimento all’atto di citazione per chiamata di terzo

indirizzato al Sassone, atteso che ne risultano con sufficiente chiarezza sia i fatti oggetto di domanda –

segnatamente l’asserito svolgimento di fatto, da parte del Sassone, di funzioni e poteri assimilabili a

quelli dell’amministratore e l’intervento nell’attività di consulenza prestata alla Ditta Schino – sia la

domanda di manleva e/o di accertamento della quota di responsabilità del medesimo.

Segue il rigetto di entrambe le eccezioni di nullità.

* In secondo luogo, non meritano accoglimento le eccezioni di incompetenza per territorio e per

materia come formulate da parte convenuta e da parte terza chiamata.

Quanto alla prima, reputa il Collegio, ai fini dell’individuazione del Giudice territorialmente

competente, di dover far riferimento alla regola del foro facoltativo di cui all’art. 20 c.p.c., trattandosi

di un caso in cui è fatta valere la responsabilità dell’amministratore nei confronti della società (v.

supra).

Invero, parte attrice ha fatto valere una responsabilità avente natura pacificamente contrattuale, di tal

natura essendo il rapporto che lega l’amministratore alla società (tra le tante: Cass., n. 17441 del 2016).

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Il che assume rilievo anche in punto di competenza ai fini del richiamo di principi costantemente

espressi dalla giurisprudenza di legittimità in applicazione degli artt. 1218 ss. c.c.

Secondo la Suprema Corte, infatti, l’art 20 c.p.c., in caso di inadempimento, quando parla di

"obbligazione dedotta in giudizio" fa riferimento propriamente all'obbligazione originaria rimasta

inadempiuta o inesattamente adempiuta. Ne discende che, nell'ipotesi di richiesta di risarcimento del

danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento

non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui avrebbe dovuto essere eseguita

la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è

sostitutivo, e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa (1).

E nella vicenda all'esame del Collegio è all'evidenza che la prestazione la cui omissione è stata

addebitata al Di Marzio – i.e. il mancato compimento di atti di gestione funzionali a porre la Società

nella condizione di adempiere ad obblighi negoziali assunti a mezzo del medesimo convenuto, nella

qualità di amministratore unico – avrebbe dovuto essere eseguita nel luogo dove la Società ha la

propria sede legale, cioè Milano (doc. 3 conv.).

In particolare, la sede della società è il luogo dove l’amministratore convenuto (Di Marzio), assumendo

le relative decisioni ed impartendo le direttive attuative, avrebbe dovuto porre la Società (DMG) nelle

condizioni di adempiere le obbligazioni assunte verso la Ditta Schino: Milano è il luogo di

adempimento in quanto il rapporto organico – sussistente tra amministratore e società – è svolto, e i

relativi doveri assolti, presso la sede della società DMG, che nella specie è appunto in Milano.

Ed è appena il caso di aggiungere che nulla è stato dedotto da parte convenuta in merito all’eventualità

di eseguire la suddetta prestazione presso l’ufficio di Bari o presso la sede amministrativa di Napoli,

che pure risultano come da visura prodotta da parte convenuta sub doc. 3.

Ciò posto, è da ritenere esattamente individuata la competenza territoriale dell'adito ufficio giudiziario,

ai sensi del citato art. 20 c.p.c., ove riferita al luogo in cui deve essere adempiuta l'obbligazione dedotta

in giudizio.

Parimenti, parte attrice ha correttamente radicato l’odierno giudizio avanti alla sezione competente per

materia – la Sezione Specializzata in materia d’Impresa – dell’ufficio giudiziario competente per

territorio – il Tribunale di Milano –.

1 Cass., 21 marzo 2014, n. 6762; Cass., 6 ottobre 2006, n. 21625.

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Anzitutto, la circostanza in virtù della quale, come già visto, parte attrice ha inteso promuovere

azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore di per sé esclude – come invece

erroneamente ritiene parte convenuta – che sia fatta valere una responsabilità professionale d’altro

genere nei confronti dell’amministratore.

Pacifico è, inoltre, che, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. a) del D. Lgs. 27 giugno 2003 n. 168, così

come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. d), del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito, con

modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012 n. 27), le Sezioni specializzate in materia di impresa sono

competenti per le cause e i procedimenti “relativi a rapporti societari ivi compresi quelli

concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto

societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi

amministrativi o di controllo, …”.

Infine, non assume rilievo la cessazione della qualità di amministratore e socio in capo al Di Marzio,

osservandosi per altro verso come gli invocati artt. 2290 e 2300 c.c. possano trovare applicazione

nelle società di persone, ma non anche nelle società di capitali, come la DMG.

Ed infatti, posto che le Sezioni specializzate sono competenti a conoscere delle cause in materia di

responsabilità degli amministratori, è per ciò stesso irrilevante che la persona fisica che ha ricoperto

la carica in relazione alla quale l’attore muove gli addebiti di responsabilità, non la ricopra più al

momento della notificazione dell’atto di citazione.

Quanto all’eccezione di incompetenza sollevata dalla parte chiamata, essa è infondata e deve essere

rigettata.

Invero, posto che la distinzione tra garanzia propria e impropria “ha un valore puramente descrittivo

ed è priva di effetti ai fini dell’applicazione degli artt. 32, 108 e 331 c.p.c.” (2), ne deriva la

competenza di questo Tribunale ex art. 32 c.p.c. a conoscere non solo delle domande di

accertamento di responsabilità e condanna proposte dalla società nei confronti dell’amministratore

convenuto, ma anche delle domande proposte da quest’ultimo nei confronti di un altro

amministratore, sulla base della responsabilità esclusiva di questi o in subordine solidale per i fatti

dedotti in causa dall’attore, con conseguente suo obbligo di indennizzare il convenuto, in tutto o

secondo la rispettiva percentuale di responsabilità, di quanto il convenuto stesso sia tenuto a pagare

in caso di soccombenza rispetto alla domanda principale.

2 Cass., Sez. Un., 4 dicembre 2015, n. 24707.

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8

In conclusione devono essere rigettate tanto l’eccezione di incompetenza sollevata da parte

convenuta Di Marzio, quanto l’eccezione di incompetenza svolta da parte terza chiamata Sassone.

In ragione di ciò, il Collegio è chiamato a decidere nel merito.

III. Il merito

Passando al merito di causa, ritiene il Tribunale fondata la domanda attorea volta ad ottenere il

risarcimento dei danni patiti dalla Società in conseguenza del comportamento negligente

dell’amministratore di diritto convenuto – cioè il Di Marzio - nei limiti e per le ragioni di cui si dirà

infra.

* Anzitutto, deve essere esaminata la responsabilità dell’amministratore nei confronti della società per

aver cagionato un danno pari alla perdita subita dalla medesima.

Secondo giurisprudenza pacifica, sussiste responsabilità dell’amministratore di società a responsabilità

limitata, disciplinata ex art. 2476, comma 1, c.c., quando dalla condotta negligente commissiva od

omissiva a lui imputata sia derivato, in via immediata e diretta, un concreto pregiudizio per il

patrimonio della società, causalmente riconducibile a quella condotta medesima.

Nel caso di specie, è pacifico tra le parti che il Di Marzio, in qualità di amministratore unico della

DMG, aveva sottoscritto un contratto di consulenza con la Ditta Schino e che quest’ultima ne aveva

contestato l’inadempimento in un diverso procedimento giudiziale, conclusosi con una transazione che

prevedeva il pagamento, da parte della Società in favore della Ditta Schino, di somma pari ad Euro

5.200,00 (doc. 8 att.).

In particolare, parte convenuta ha allegato che il contratto di consulenza stipulato tra la Società e la

Ditta Schino prevedeva che la DMG, dopo aver valutato i punti di forza e debolezza dell’azienda e

sviluppato un business plan triennale, doveva anche con nuovi istituti bancari verificare la possibilità di

accedere a nuovi finanziamenti e/o linee di credito, nonché valutare la possibilità di far partecipare la

Ditta a nuove forme di finanza agevolata (v. comparsa risposta Di Marzio).

Ciò posto, risulta in atti che la condotta addebitata da parte attrice al Di Marzio è consistita nel non

avere gestito la Società in modo tale da consentirle l’adempimento della prestazione dedotta nel

contratto di consulenza con la Ditta Schino, nonché nell’avere omesso di collaborare con la DMG ai

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9

fini della successiva ricostruzione dei fatti con riferimento alla causa intentata contro di lei dalla stessa

Ditta Schino.

Trattasi di circostanze che il Collegio, all’esito della fase istruttoria, ritiene sufficientemente dimostrate

da parte attrice.

In particolare, il doc. 5 di parte attrice consiste in una raccomandata inviata alla Società in data 6 luglio

2012 dall’avv. Sabino Nitti, legale della Ditta Schino, nella quale il procuratore, rammentato che la

Ditta aveva conferito, in data 17 dicembre 2010, alla DMG l’incarico di definire uno studio di fattibilità

per il raggiungimento di una serie di obiettivi aziendali, lamentava che la Società non aveva svolto

nessuna delle attività a lei commissionate, né aveva fornito qualsivoglia informativa in ordine alle

evoluzioni delle procedure attivate.

Orbene, la missiva in questione e la raccomandata di Di Marzio sub doc. 12 conv. – v. postea – ove

l’amministratore ha dedotto in maniera del tutto generica e non circostanziata di aver onorato il

contratto, già dimostrano che alla data del 6 luglio 2012, cioè più di un anno e mezzo dopo il

conferimento dell’incarico, la Società non aveva posto in essere alcuna delle attività cui si era obbligata

per tramite dell’amministratore unico Di Marzio in data 17 dicembre 2010.

Dalla suddetta missiva si evince inoltre che “infruttuosi si rivelavano i numerosi solleciti del mio

assistito”, talché anche prima del 6 luglio 2012 la Società non aveva ancora dato esecuzione agli

obblighi negoziali sopra richiamati.

D’altro canto, posto che il Di Marzio era stato amministratore unico della DMG dal 20.04.2010 al

08.02.2012 (doc. 3 conv.) e che la sua carica risulta venuta meno solo 5 mesi prima della testé citata

raccomandata, dante atto di “numerosi solleciti” – necessariamente precedenti –, e che il contratto

risulta stipulato nell’ottobre dell’anno 2010 e richiamava la necessità di prestazioni da svolgersi da quel

periodo in avanti con la necessaria sollecitudine, non è fuori luogo assumere che la Società non aveva

ancora adempiuto ai propri obblighi negoziali nei confronti della Ditta Schino allorché perdurava la

carica gestoria di parte convenuta.

La raccomandata del 18 luglio 2012, inviata dall’avv. Gambatesa, legale della Società, al Di Marzio e

prodotta sub doc. 11 da parte convenuta, addebita all’ex amministratore convenuto i comportamenti

oggetto delle lamentele della Schino, invitando e diffidando il Di Marzio “a confermare o meno tutte le

circostanze denunciate dal cliente Schino Donato ed a riferire le ragioni per cui siano state incassate

tutte le somme versate dallo stesso senza aver mai inteso svolgere alcuna attività in suo favore”.

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10

Per mezzo della raccomandata inviata in replica dal legale del Di Marzio all’indirizzo dell’avv.

Gambatesa, missiva invero priva della data, il primo deduceva avere il suo assistito “regolarmente e

professionalmente onorato” il mandato ricevuto dalla Ditta Schino e scriveva che “pur non conoscendo

il contenuto della predetta missiva – la raccomandata della Schino del 06.07.2012, invece riportata

pressoché integralmente nella raccomandata dell’avv. Gambatesa del 18.07.2012 – …, il mio assistito

fin d’ora ne disconosce integralmente il contenuto non ravvisandosi alcuna responsabilità né

professionale né personale dello stesso” (doc. 12 conv.).

Discende dunque da tale comunicazione, e del resto anche dalle deduzioni poi svolte in sede

processuale, che l’ex amministratore ha ammesso di avere assunto l’incarico conferito dalla Ditta

Schino ma non ha offerto le spiegazioni richieste dalla Società, ed ha invece solo apoditticamente

affermato di aver debitamente assolto agli obblighi negoziali verso la Ditta stessa.

Il che non risulta tuttavia provato alla luce delle prove dedotte da parte convenuta, sulla quale grava il

relativo onere di dimostrare le attività svolte durante il mandato gestorio in adempimento ai relativi

doveri.

Sul punto, decisivo ai fini del decidere, le risultanze probatorie sopra espresse devono essere integrate

con le prove orali rese dai due collaboratori della DMG, il sig. Giuseppe Russo e la sig.ra Camilla

Immacolata Di Lena, rispettivamente nelle udienze del 13.10.2015 e del 28.06.2016.

Segnatamente, il teste Russo ha dichiarato di essere stato collaboratore esterno di DMG poi Andersen

anche nel periodo dall’ aprile 2010 al febbraio 2012 – cioè quando il Di Marzio era in carica come

amministratore della Società – e, più in particolare, di avere “collaborato con l’allora DMG con

riferimento ai servizi da rendere alla ditta Schino” e che “Per DMG ho intrattenuto rapporti

professionali con Di Marzio”. Egli ha altresì affermato di aver “redatto la documentazione tecnica a

supporto delle operazioni finanziarie che avrebbero dovuto essere svolte”. Ha aggiunto: “Ovviamente

il prosieguo della pratica avrebbe dovuto essere curato dalla società e dal Di Marzio ”.

E’ stato altresì prodotto agli atti dal Di Marzio una “Relazione – Piano aziendale – Business Plan”

relativo alla Ditta Schino, datato 2 febbraio 2011 (doc. 6 conv.). Al riguardo si deve sottolineare che

manca, oltre che la certezza della data, qualsiasi prova della trasmissione di tale documento alla Ditta

Schino.

Ne risulta dunque provato che i servizi negoziati con la Ditta Schino sono stati eseguiti dal Russo, su

indicazione ed ordine del Di Marzio, solo in parte – cioè con riferimento ad una prodromica attività

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interna di redazione di documentazione -, mentre tutta l’altra parte dei servizi – negoziati ma non

eseguiti – avrebbero dovuto essere realizzati direttamente dal Di Marzio.

Se ne desume altresì che parte convenuta, assumendo l’incarico in qualità di amministratore della

Società, si impegnava a portarlo a termine anche personalmente, per conto della Società, sì da non

poter – semplicisticamente – invocare un automatico trasferimento dell’incarico al proprio successore

al termine della carica gestoria.

Interrogato in merito al capitolo di parte attrice se è vero che “la conferma del mancato adempimento

del contratto nei confronti della ditta Schino si ebbe dal Dott. Giuseppe Russo che seguì inizialmente il

cliente Schino insieme al Di Marzio”, il Russo ha poi deposto di aver comunicato ai responsabili della

DMG le attività da lui svolte e di aver “pensato che, visto che il cliente si era lamentato, il Di Marzio

non avesse curato la pratica”. Il che conferma, pur sulla base di un processo logico personale del teste,

la ricostruzione dei fatti già illustrata per tabulas (v. supra).

Attraverso la deposizione del teste, inoltre, si è avuta conferma che la Società – che gliene chiedeva

conto – non aveva rinvenuto alcuna documentazione relativa all’adempimento del mandato conferito

dalla Ditta Schino, da ciò risultando sia l’inadempimento della Società, sia comunque la sua

impossibilità di difendersi nel giudizio promosso nei suoi confronti dalla Ditta Schino. Entrambe

circostanze addebitabili al Di Marzio, posto che il Russo ha dichiarato: “Risposi che la documentazione

era stata consegnata al Di Marzio”.

Risulta invece evidentemente irrilevante che l’attività nei confronti della Ditta Schino sia stata svolta,

con riferimento alla parte iniziale e prodromica, dal Russo e dall’ex amministratore della DMG, a

fronte dell’inadempimento alle altre obbligazioni assunte, come sopra risultante.

Quanto alla testimonianza resa dalla sig.ra Di Lena – consulente in finanza agevolata che aveva

collaborato con la Società -, si può senz’altro ritenere che ella abbia svolto la sua attività, per conto

della Società stessa, su incarico del Di Marzio, poiché, pur avendo ella mostrato qualche incertezza in

ordine alla individuazione della ditta che si occupava di rifiuti e che ella aveva contattato su incarico

del Di Marzio per offrire consulenza in materia di finanziamenti agevolati, tuttavia ha riferito che lo

stesso Di Marzio le aveva telefonato preannunciandole che l’avrebbe citata come testimone in questo

processo. Ciò evidentemente conferma che il Di Marzio ben ricordava dell’incarico conferitole e del

suo svolgimento (anche) con riferimento alla Ditta Schino. A seguito di tale telefonata e di ulteriori

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indagini condotte su internet la teste confermava, infine, di avere contattato per conto di DMG, su

incarico del Di Marzio, la Ditta Schino.

La teste invece ha tuttavia negato di avere proceduto anche ad effettuare attività di progettazione di

finanziamenti, attività questa che, invece, aveva poi costituito l’oggetto del contratto di consulenza

stipulato da DMG, e per essa dal Di Marzio, con la Ditta Schino, con gli sviluppi che si sono descritti

sopra.

Infine, ben poco attendibile si dimostra la prova orale resa all’udienza del 12.01.2016 dalla sig.ra Laura

Sassone, non certo soltanto perché ella ha dichiarato di essere moglie del Di Marzio – circostanza che,

in ogni caso, impone particolare attenzione e vaglio critico in ordine alla sua deposizione -, quanto

invece perché le sue dichiarazioni si pongono in più punti in netto contrasto con quelle dei testi Russo e

Di Lena, certamente più attendibili perché provenienti da soggetti terzi e disinteressati e che hanno

direttamente svolto le attività in ordine alle quali hanno deposto, mentre di tali attività la Sassone non

poteva che avere una conoscenza soltanto indiretta. Vale inoltre considerare che la teste non ha riferito

da chi ed in che occasioni abbia appreso delle circostanze sulle quali ha deposto, essendo il suo ruolo in

società rimasto sostanzialmente indefinito, non contribuendo al suo chiarimento il fatto che ella abbia

affermato di essere socia della stessa.

In conclusione, ritiene il Collegio che le risultanze probatorie versate in atti e assunte in corso di causa

dimostrano che il Di Marzio – amministratore di DMG dall’aprile 2010 - aveva contattato la Ditta

Schino inizialmente per tramite della Di Lena – che nessun’altra attività aveva successivamente svolto

al riguardo -; aveva poi sottoscritto il contratto con la Ditta Schino per conto della Società nel dicembre

2010; aveva inizialmente conferito al Russo un prodromico incarico a valenza meramente interna

relativo alla redazione di documentazione tecnica a supporto delle operazioni finanziarie oggetto di

contratto; si era assunto il compito di proseguire nella esecuzione della pratica, ed invece, nel

successivo periodo della sua amministrazione e cioè fino al febbraio 2012, l’ aveva abbandonata, con

evidente negligenza, causando l’inadempimento della Società verso la Ditta Schino, senza nemmeno

curarsi di lasciare in società evidenze documentali in ordine alla costituzione ed allo svolgimento di

tale rapporto commerciale.

Ne discende che l’ inadempimento della Società agli obblighi negoziali assunti verso la Ditta Schino

per tramite dell’allora amministratore Di Marzio è imputabile a quest’ultimo, atteso che, si ribadisce,

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13

quegli obblighi egli, verso la Società, si era assunto il compito di adempiere anche mediante la

prestazione di propria personale attività, solo in parte delegando ad altri compiti esecutivi (Russo).

E’ appena il caso di aggiungere che, dato il notevole lasso di tempo trascorso tra la stipula del contratto

con la Ditta Schino e l’abbandono della carica gestoria da parte del Di Marzio – oltre un anno -,

l’inadempimento verso la Ditta Schino risulta essersi consumato per intero quando il medesimo era in

carica.

Reputa dunque il Tribunale che l’inadempimento della Società è imputabile a sua volta

all’inadempimento del Di Marzio ai suoi obblighi verso di lei e che l’atto transattivo sopra indicato è

stato successivamente posto in essere in ragione dell’ inadempimento della Società e della causa

promossa dalla Ditta Schino contro Andersen. A quest’ atto, che trova la sua genesi causale

nell’inadempimento della Società e quindi nell’inadempimento del Di Marzio verso la stessa, si deve

annettere soltanto l’effetto di riduzione del danno arrecato alla Società medesima che, se non lo avesse

posto in essere, sarebbe andata soggetta ad una condanna di pagamento di una somma ben maggiore di

quella oggetto di transazione.

Segue che il comportamento omissivo e negligente di parte convenuta, causativo dell’inadempimento

suddetto e del conseguente danno subito dalla Società, costituisce condotta di mala gestio integrante

presupposto della responsabilità dell’amministratore verso la Società stessa.

Quanto al danno lamentato da parte attrice, prospettato quale corrispondente alla perdita economica

subita dalla Società, esso è determinato nella somma liquida di € 5.200,00.

La quantificazione del danno non è stata oggetto di specifiche contestazioni tra le parti, vieppiù

risultando documentalmente dimostrata dal fatto che il suddetto importo è pari alla somma che la DMG

si è impegnata a versare in favore della Schino a titolo transattivo (doc. 8 att.).

Pacifico peraltro (anche ex art. 115 c.p.c.) è che la Società abbia effettivamente corrisposto alla Ditta

Schino la somma di € 5.200,00, come risulta anche dalla deposizione del teste Russo, il quale ha

dichiarato di essere “a conoscenza del fatto che la Andersen ha pagato alla ditta Schino la somma di €

5.200,00 perché ero in contatto con il cliente Schino che aveva il mio cellulare e lui mi ha confermato

la circostanza”.

Segue la condanna di parte convenuta al risarcimento di € 5.200,00 in favore di parte attrice, oltre

rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata tempo per tempo (cfr. Cass. n. 23674

del 2014).

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14

* Deve essere rigettata per le ragioni di cui appresso la domanda subordinata di parte convenuta,

consistente nella richiesta di manleva nei confronti della parte chiamata in causa Sassone e/o di

accertamento della sua quota di responsabilità.

La domanda subordinata ora in esame è fondata sull’assunto che le decisioni rilevanti in ordine alla

gestione della pratica relativa al rapporto con la Ditta Schino sarebbero state condivise da un

amministratore di diritto – il Di Marzio - e da un amministratore di fatto – il Sassone – e che, in ogni

caso, l’inadempimento di cui si discute sarebbe imputabile anche a quest’ultimo.

In particolare, secondo parte convenuta, parte terza chiamata Sassone sarebbe stato amministratore di

fatto, e cioè un soggetto che, pur privo di investitura formale, avrebbe esercitato, in DMG, funzioni in

concreto gestorie, in modo regolare e sistematico, e dunque non occasionalmente.

Ritiene il Tribunale che, nel caso di specie, parte convenuta non ha adeguatamente dimostrato

l’esistenza di comportamenti gestori di carattere sistematico idonei a individuare nel Sassone un

soggetto esercente di fatto le funzioni proprie dell’amministratore di diritto.

Occorre precisare che è stato provato che il Sassone aveva un interesse nella Società e che avrebbe

assunto le mansioni di “direttore di reparto” di Andersen (v. postea, teste Russo), ma, proprio per

questo, l’onere di parte convenuta chiamante concerne la dimostrazione che il Sassone abbia esorbitato

dai poteri e funzioni inerenti alle mansioni attribuitegli svolgendo invece attività gestoria direttamente

imputata alla società. Viepiù la prova deve essere rigorosa in un caso, come quello di cui si discute, in

cui la Società era effettivamente e nei fatti amministrata dall’amministratore di diritto, cioè da Di

Marzio.

Ciò posto, in primo luogo non provata è la circostanza, meramente dedotta da parte convenuta, secondo

cui Sassone avrebbe esercitato solo di fatto le funzioni di amministratore perché non poteva figurare

quale amministratore di diritto della Società, in quanto soggetto all’obbligo di non concorrenza in

ragione della contemporanea gestione della società MP Consulting & Partners S.r.l. In proposito parte

convenuta non ha introdotto in causa alcun elemento probatorio a fondamento dell’ipotesi dedotta.

In secondo luogo, la corrispondenza scambiata a mezzo posta elettronica e prodotta da parte convenuta

sub doc. 10 non prova che il Sassone abbia di fatto esercitato un potere concretamente amministrativo.

In particolare, le mail del 07.12.2011 e del 26.01.2012, inviate da dipendenti della DMG, costituiscono

comunicazioni ad uso interno mediante la quale si informa di attività da svolgere in seguito ovvero si

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15

trasmettono alcuni alcuni allegati, come anche la mail del 23 dicembre 2011, inviata dal sig. Castaldi,

esterno alla DMG, al Sassone e al Di Marzio.

La mail del 26.01.2012, invece, costituisce la risposta personale del Sassone ad un commercialista, il

quale aveva a sua volta replicato ad altra mail proveniente dall’indirizzo dell’amministrazione della

DMG, e attesta una direttiva di non provvedere al taglio di un rimborso e all’emissione delle

corrispondenti fatture. La missiva prova, dunque, l’esistenza di un potere del tutto compatibile con la

qualifica di responsabile di reparto (cfr. testimonianza del Russo, v. postea) ma non univocamente

proprio del titolare di un potere in senso stretto amministrativo.

La mail del 01.12.2011 dimostra unicamente l’invio da parte del Sassone all’amministratore di diritto, e

cioè al Di Marzio, di copia di un messaggio di posta elettronica indirizzato esclusivamente al Sassone

medesimo.

La mail del 27.11.2011, inviata dal sig. Castaldi al Sassone e al Di Marzio, attesta un giudizio

personale di un soggetto esterno alla Società, il quale identificava entrambi i destinatari come

imprenditori e suoi interlocutori, ma non attribuiva al Sassone il compimento di specifici atti gestori.

La mail del 3 dicembre 2011, inviata dal Sassone al Di Marzio, costituisce una bozza di lettera da

inviare a tale sig. Cassanelli ed è inconferente ai fini della dimostrazione dell’esercizio di fatto delle

funzioni gestorie da parte del Sassone e dimostra semmai la subordinazione di questi all’altro.

In terzo luogo, la documentazione prodotta da parte convenuta in sede di memoria n. 3 ex art. 183 co. 6

c.p.c. è inutilizzabile in quanto tardivamente prodotta, posto che essa non costituisce prova contraria e

che il Di Marzio si riservava di provare per tabulas il ruolo di amministratore di fatto del Sassone già

in sede di memoria n. 1 ex art. 183 co. 6 c.p.c. In ogni caso, si osserva che la scheda contabile dante

atto dei movimenti dal 01.01.2011 al 31.2.2011 registra in data 20.04.2011 un bonifico soci del valore

di € 30.000 e che, contrariamente a quanto dedotto da parte convenuta, non è provato che detto

finanziamento soci sia stato effettuato dal Sassone, che, dalla visura in atti, risulta socio della Aldersen

al 45% alla data del 26 luglio 2013 (conv., doc. 3). In ogni caso, appunto, di finanziamento soci si

tratterebbe, dunque di un atto non avente natura gestoria.

A ciò si aggiunge che neppure le prove testimoniali hanno dato prova che parte chiamata abbia svolto

attività riconducibili a quelle proprie dell’organo gestorio.

Infatti, allorquando il sig. Russo ha affermato di aver intrattenuto “per DMG … rapporti professionali

con Di Marzio” e “con riferimento ad Andersen rapporti con il responsabile di reparto che era Sassone

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16

e lo è tuttora”, il medesimo teste ha riconosciuto che parte chiamata ha assunto il ruolo di responsabile

di reparto e non di amministratore della Società.

Per altro verso, è rimasta sfornita di supporto probatorio la deduzione di parte convenuta secondo la

quale la fase più delicata dell’intera operazione, cioè un’ipotetica trattativa con gli istituti bancari

eroganti, non sarebbe stata interamente svolta sotto l’amministrazione Di Marzio, bensì sarebbe stata

proseguita dal suo successore Sassone.

Ora, posto che il Di Marzio era stato amministratore unico della DMG sino al 08.02.2012, che

amministratore unico della DMG dal 02.03.2012 al 06.03.2013 è stato il sig. Andrea Barbaro e che solo

dal 6 marzo 2013 (data della trasformazione) è divenuto Presidente del c.d.a. di Andersen il Sassone

(doc. 3 conv.), la suddetta ricostruzione di parte convenuta appare contraddittoria, considerando che il

Di Marzio non ha neppure allegato il trasferimento della carica al Barbaro e, solo successivamente, da

questi al Sassone. Da notare che la lettera di messa in mora della Ditta Schino (ultimo atto di precedenti

sollecitazioni) risale al luglio 2012 (v. supra), quando cioè il Sassone non aveva ancora assunto la

carica.

A ciò si aggiunge che parte convenuta non ha minimamente contestato che l’inadempimento nei

confronti della Ditta Schino era già stato ampiamente integrato al momento di assunzione della carica

da parte del Sassone, considerando che erano trascorsi oltre due anni e mezzo tra conferimento

dell’incarico e assunzione della carica e circa sette mesi tra contestazione da parte della Ditta Schino ed

assunzione della carica.

Dalle superiori considerazioni discende il rigetto della domanda subordinata di parte convenuta dal

momento che, da un lato, non è provato che parte chiamata Sassone sia stato amministratore di fatto

della Società nel periodo qui rilevante (dicembre 2010-luglio 2012) e che, dall’altro lato, la successione

nella carica gestoria è insufficiente a giustificare il già integrato e, in ogni caso, pacifico

inadempimento.

* Da ultimo, deve essere rigettata la domanda della Società concernente la condanna di parte

convenuta al risarcimento dei danni all’immagine e dei danni all’onorabilità, quantificati nella somma

di € 10.000,00.

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17

Ugualmente deve essere rigettata anche la domanda riconvenzionale di parte convenuta, ove il sig. Di

Marzio ha chiesto la condanna di parte attrice a riconoscergli somma pari a € 15.000,00 a titolo di

danni morali e professionali.

Al riguardo, deve essere chiarito che i danni a vario titolo lamentati (all’immagine, all’onorabilità,

morali o professionali) si iscrivono nella categoria unitaria del danno non patrimoniale.

Secondo la giurisprudenza, il danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale è

suscettibile di essere risarcito a condizione che sussista un pregiudizio concreto sofferto dal titolare

dell'interesse leso, sul quale grava l'onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso

presunzioni semplici.

Nel caso di specie, parte attrice – per la parte suddetta della domanda principale –, non ha provato il

danno che deduce di aver sofferto, essendosi limitata ad allegare in modo del tutto generico di avere

subito una lesione della propria reputazione agli occhi di potenziali clienti. Oltretutto, il rigetto delle

anzidette domande discende dalla mancanza di allegazione e prova del nesso eziologico tra evento e

presunto danno.

Quanto al Di Marzio, l’infondatezza della sua domanda – che si sostanzia nell’allegazione di avere

subito uno stress psicologico e morale per essere estraneo ai fatti di causa – discende dall’accoglimento

della domanda risarcitoria svolta nei suoi confronti da parte attrice con riferimento alla somma dovuta

alla Ditta Schino.

IV. Il regime delle spese.

Le spese di lite seguono il principio di soccombenza, talché parte convenuta deve essere condannata a

rifondere a parte attrice le spese di lite, che – considerato il valore della causa, superiore ad € 5.200,00

in ragione della condanna di parte convenuta anche al pagamento di interessi e rivalutazione, nonché

l’istruttoria espletata - si liquidano complessivamente in € 5.600,00 per compensi professionali, oltre €

412,00 per esborsi, spese forfettarie (15 %), IVA e CPA come per legge.

Parte convenuta deve essere altresì condannata a rifondere a parte terza chiamata le spese di lite, che si

liquidano complessivamente in € 5.600,00 per compensi professionali, oltre spese forfettarie (15 %),

IVA e CPA come per legge.

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P. Q. M.

Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa B, in composizione collegiale,

definitivamente pronunciando nella causa civile di cui in epigrafe, ogni altra domanda, eccezione o

deduzione rigettata o assorbita, così decide:

I) in parziale accoglimento delle domande di parte attrice, CONDANNA parte convenuta GIUSEPPE

DI MARZIO al pagamento in favore di parte attrice ANDERSEN ADVISOR S.P.A., per i titoli di cui

in motivazione, della somma di € 5.200,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla

somma rivalutata tempo per tempo, dalla data del dovuto al saldo effettivo;

II) RIGETTA le domande proposte da parte convenuta GIUSEPPE DI MARZIO nei confronti di parte

terza chiamata FRANCESCO SAVERIO SASSONE;

III) CONDANNA parte convenuta GIUSEPPE DI MARZIO al pagamento in favore di parte attrice

ANDERSEN ADVISOR S.P.A. delle spese di lite che si liquidano in € 5.600,00 per compensi

professionali, oltre esborsi per € 412,00, spese forfettarie (15 %), IVA e CPA come per legge.

IV) CONDANNA parte convenuta GIUSEPPE DI MARZIO al pagamento in favore di parte terza

chiamata FRANCESCO SAVERIO SASSONE delle spese di lite che si liquidano in € 5.600,00 per

compensi professionali, oltre esborsi per € 412,00, spese forfettarie (15 %), IVA e CPA come per

legge.

Milano, 9 marzo 2017

IL GIUDICE Est. IL PRESIDENTE

ANGELO MAMBRIANI ELENA RIVA CRUGNOLA

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