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Teoria della relatività

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  • RELATIVISMO ED ETERE DI LORENTZ

    FRANCO SELLERI

    Universit di Bari

    1. La fisica del buon senso

    Le teorie della relativit speciale e generale hanno avuto grande successo nellaspiegazione dei fenomeni conosciuti e nella predizione di effetti nuovi e inattesi.Costituiscono dunque importanti avanzate nella nostra conoscenza del mondo erestano per sempre consegnate alla storia delle scienze della natura, come la mec-canica di Newton e lelettromagnetismo di Maxwell. Tuttavia difficile credere chesiano forme di conoscenza finale, non pi modificabile. Al contrario, se c unalezione da imparare dallepistemologia (Popper, Lakatos, Kuhn) riguarda propriola natura provvisoria e migliorabile delle basi delle teorie fisiche del Novecento.

    Nel 1949, rispondendo allamico M. Solovine che gli aveva inviato una affettuo-sa lettera di auguri per il settantesimo compleanno Einstein aveva scritto: Tu imma-gini che io guardi allindietro sul lavoro della mia vita con calma soddisfazione. Mada vicino la cosa appare ben diversa. Non c un solo concetto di cui io sia convintoche resister stabilmente. Einstein non nascondeva la probabile transitoriet dellesue creazioni. Il suo ultimo articolo (1955) raggiunse leditore dopo la notizia deldecesso. Era una breve prefazione a una raccolta di articoli di autori italiani scrittiper celebrare il 50 anniversario della relativit. Larticolo terminava affermandoche la fisica era ben lontana dal possedere una base concettuale in qualche modoaffidabile. Si pu parlare di solenne dichiarazione di fallimento, ma si resta ammi-rati dalle dimensioni non solo scientifiche, ma anche etiche del grande scienziato,che dopo gli sforzi sovrumani di una vita intera per raggiungere le verit pi pro-fonde della natura, giunto alla fine, dichiarava ai posteri: non ce lho fatta.

    I successi delle teorie relativistiche sono notissimi. La reciproca convertibilit dienergia e massa, gli effetti della velocit e della gravitazione sul passo degli orologi,il peso della luce e la precessione del moto dei pianeti danno solo un quadro par-ziale delle grandi conquiste della fisica einsteiniana. E tuttavia sarebbe sbagliatoconcludere che ogni confronto delle teorie relativistiche con gli esperimenti si siainvariabilmente concluso con un perfetto accordo fra le due parti. La fisica unat-tivit umana e da noi prende il difetto di sbandierare i successi e di nascondere ledifficolt e i fallimenti. Cos un grande silenzio ha circondato leffetto Sagnac (del1913) per il quale esiste una vera e propria incapacit esplicativa delle due teorierelativistiche, nonostante i tentativi di Langevin, Post, Landau e Lifshitz. Inoltre cisono le mezze spiegazioni dellaberrazione della luce stellare e del paradosso deigemelli, fenomeni per i quali il formalismo matematico della teoria riproduce leosservazioni, al prezzo per di distorcere i significati al di l del lecito.

  • Non bisognerebbe mai dimenticare che dietro alle equazioni di una teoria cuna enorme struttura qualitativa fatta di risultati empirici, generalizzazioni, ipotesi,scelte filosofiche, condizionamenti storici, gusti personali, convenienze. Quando siprende atto di questa realt confrontandola con il ritrattino della fisica tramandato-ci dallempirismo logico, che vale meno di una caricatura, si comprende facilmenteche la relativit, accanto ai suoi innegabili successi, non solo pu presentare puntideboli, ma pu anche sopravvivere ad alcuni suoi fallimenti. La correttezza del for-malismo matematico non sufficiente a omologare una struttura scientifica comecoerente e non contraddittoria. Aggiungo che neanche centinaia di fisici incondi-zionatamente favorevoli a una data teoria costituiscono una garanzia sufficiente del-lassenza di problemi irrisolti, perch quasi sempre i pensieri vengono orientati findagli studi universitari verso unaccettazione acritica della teoria dominante. Razio-nalit e consenso sono due cose diverse anche nel mondo della ricerca.

    In realt le due teorie relativistiche sono piene zeppe di paradossi. Proviamo afare un elenco, senza pretese di completezza: la velocit di un segnale luminoso chela teoria considera identica per gli osservatori immobili e per quelli che lo rincor-rono con velocit 0.99c; lidea che la simultaneit di eventi spazialmente separatinon esista in natura e vada perci stabilita da una convenzione umana; la relativitdella contemporaneit secondo cui due eventi simultanei per un osservatore iner-ziale in generale non sono pi tali per un altro; la contrazione degli oggetti in motoe il ritardo degli orologi in moto, fenomeni per i quali la teoria non sa fornire unadescrizione in termini di oggettivit; linvecchiamento asimmetrico di due gemelliin moto relativo in una teoria che fa del relativismo la sua bandiera; luniverso iper-deterministico della relativit che fissa nei minimi dettagli il futuro di ogni osserva-tore; il contrasto fra la trasformabilit reciproca di massa ed energia e lideologiadel relativismo che dichiara perfettamente equivalenti tutti gli osservatori inerzialicos privando lenergia della sua piena fisicit; la presenza di una discontinuit frai sistemi di riferimento inerziali e quelli dotati di bassissima accelerazione; le pro-pagazioni dal futuro verso il passato generate nella teoria dalla possibile esistenzadi segnali superluminali.

    Come possibile che autorevoli esperti neghino che questi siano veramente deiparadossi? La risposta non difficile e ruota tutta attorno al concetto di buon sen-so. Questa del buon senso unespressione traducibile senza difficolt in ogni lin-gua neolatina, ma assente in altre lingue. Gli inglesi usano common sense cheper una cosa completamente diversa perch il senso comune quello della mag-gioranza degli uomini e nelle cose della scienza la storia insegna che la maggioran-za ha raramente ragione. Da noi per fortuna il buon senso si collega alle sensa-te esperienze di galileiana memoria. Bene, se il buon senso ci dice che una certapredizione di una teoria irragionevole vi sono due possibilit. La prima che ilbuon senso ci inganni, la seconda che nella teoria si annidino ipotesi contro natu-ra che danno un significato fuorviante alle sue predizioni. noto che molti fisicidel Novecento hanno seguito la moda di dichiarare il buon senso obsoleto, ma laseconda strada facilmente percorribile e permette di eliminare i paradossi dellarelativit.

    Naturalmente non affatto ovvio a priori che si possano eliminare i paradossipreservando i successi della teoria; non ovvio a priori ma un fatto che la teoria

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  • descritta in questo articolo, basata sulle trasformazioni inerziali, non solo spiegatutto ci che spiega la relativit, ma registra successi anche l dove questultima nonarriva. Sa spiegare leffetto Sagnac, per esempio.

    2. La velocit della luce considerata convenzionale

    Einstein afferm in modo esplicito la natura convenzionale del postulato diinvarianza della velocit della luce. Nel suo fondamentale articolo del 1905 si leg-ge: Finora abbiamo definito solo un tempo A e un tempo B. Non abbiamodefinito un tempo comune per A e B, perch questultimo non pu affatto esse-re definito a meno che non stabiliamo per definizione che il tempo richiesto dallaluce per viaggiare da A a B eguagli il tempo richiesto per viaggiare da B ad A[AM, p. 136]. Questa frase notevole per due motivi che tradiscono le simpatiepositivistiche del fondatore della relativit. In primo luogo perch accetta lidea diPoincar che la velocit della luce non sia misurabile e possa dunque solo esseredefinita; in secondo luogo perch la parola tempo, che appare cinque volte, sem-pre fra virgolette quasi che fosse un concetto pericoloso da prendere con le mol-le. La convenzionalit della velocit della luce fu riaffermata nel 1916, a propositodel punto mediano M di un segmento AB gli estremi del quale sono colpiti simul-taneamente da due fulmini: Il fatto che la luce impieghi lo stesso tempo per per-correre AM e BM solo una convenzione arbitrariamente stabilita per ottenereuna definizione di simultaneit, e non unipotesi sulla natura della luce sottolaspetto fisico [RD, p. 31].

    La sincronizzazione relativistica viene realizzata al modo seguente. Siano datidue orologi identici nei punti A e B, distanti l luno dallaltro. Un impulso di luceparte da A verso B quando lorologio in A segna il tempo zero; lorologio in B vie-ne regolato sul tempo l/c allarrivo dellimpulso. Dal metodo di sincronizzazione alconcetto di simultaneit relativistica il passo breve. Due eventi istantanei e punti-formi che hanno luogo in A e B negli istanti tA e tB (segnati dai rispettivi orologi)sono definiti simultanei se tA = tB. Naturalmente un bravo positivista non si chiedese i due eventi siano davvero simultanei: per lui non ha senso pensare a unogget-tivit del tempo e ci che conta sono solo le manipolazioni umane.

    Pertanto la nozione di simultaneit relativistica dipende da decisioni umane enon da propriet della natura. Non funziona un altro concepibile metodo per ren-dere sincroni due orologi lontani: accordarli quando sono vicini e poi portarli neipunti desiderati. Il fatto stesso di dar loro una velocit altera il movimento delle lan-cette nel quadrante, cos come altera qualsiasi movimento periodico si pensi di usa-re per misurare il tempo. Cos Poincar e Einstein decisero che la sincronizzazio-ne poteva essere fatta seguendo criteri arbitrari purch capaci di portare aunidentificazione non ambigua degli eventi. Lautore della relativit scelse la viapi semplice assumendo che tutti gli orologi vadano sincronizzati in modo che lavelocit della luce abbia lo stesso valore in ogni direzione di ogni sistema inerziale.

    Qui ci interessa sottolineare che la convenzionalit della sincronizzazione rela-tivistica degli orologi e quindi della nozione di simultaneit relativistica di eventilontani apre prospettive molto interessanti. Vediamo perch. In generale il tem-

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  • po sar diverso in due diversi sistemi di riferimento inerziali S0(x0, y0, z0, t0) e S(x, y,z, t), e il ritardo t t0 (positivo, nullo o negativo) di S su S0 dipender non solodal tempo t0, ma anche dal punto geometrico in cui ci si mette. Ci accade in TRS,dato che la trasformazione di Lorentz del tempo contiene anche una coordinataspaziale. In altre parole (e pi in generale) il tempo t mostrato da un orologio di Spu dipendere anche dalle coordinate x, y, z del punto in cui lorologio piazzato,almeno finch non si trovino ragioni per il contrario (io le ho trovate, vedi oltre).

    Discutendo questo problema H. Reichenbach (1925) esamin la situazioneseguente: nel sistema S un lampo di luce parte dal punto A al tempo t1, viene rifles-so allindietro da uno specchio nel punto B al tempo t2 e infine torna in A al tem-po t3. Naturalmente i tempi t1 e t3 sono segnati da un orologio vicino ad A mentret2 segnato da un altro orologio vicino a B. Il problema come sincronizzare i dueorologi. Nella TRS si assume che la velocit della luce nel percorso di andata A Bsia la stessa che in quello di andata e ritorno B A B, per cui si ha

    t2 t1 = 12

    (t3 t1) (1)

    La (1) definisce il tempo t2 dellorologio B in funzione dei tempi t1 e t3 delloro-logio A. proprio la scelta (1) che determina la presenza di x nella trasformazio-ne di Lorentz del tempo. Reichenbach comment che la (1) essenziale per laTRS, ma non necessaria. Una regola diversa avente la forma

    t2 t1 = e (t3 t1) (2)

    con qualunque 0 < e < 1 sarebbe del tutto adeguata e non potrebbe essere conside-rata falsa. E aggiunse: Se la teoria ristretta della relativit preferisce la prima defi-nizione, ossia pone e eguale a 1/2, lo fa per la semplice ragione che questa defini-zione porta a relazioni pi semplici [HR, p. 150].

    Nel 1979 Max Jammer ridiscusse il coefficiente di Reichenbach ribadendo cheuna delle idee fondamentali su cui si basava ledificio della relativit era laspettoconvenzionale della simultaneit di eventi distanti. Poi aggiunse: La tesi della con-venzionalit della simultaneit di sistemi distanti [...] consiste dellaffermazione chenon necessario che il valore numerico di e sia 1/2, ma che pu essere un qualsia-si numero dellintervallo aperto fra 0 e 1, cio 0 < e < 1, senza mai portare ad alcunconflitto con lesperienza [TF, p. 205].

    Ho dedicato anni di lavoro alla conferma pratica di questa intuizione. La con-ferma c stata, larga ma non totale (vedi pi avanti). Comunque c un importan-te spazio logico per valori diversi di e, cio in ultima analisi per teorie alternativealla TRS! per questa ragione che dopo un secolo di relativismo si possono aprirele porte a una fisica diversa senza entrare in contrasto con lenorme mole di risul-tati sperimentali accumulati finora.

    Un tentativo di difendere una qualche oggettivit della simultaneit relativistica stato fatto dal filosofo M. Friedman, ma la sua posizione molto debole perchbasata soltanto sulla semplicit strutturale dello spazio di Minkowski, che nessunonega. La vera questione di vedere se con qualche leggera complicazione si possaottenere una descrizione migliore della realt. Si dimostra che proprio cos e che

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  • la natura convenzionale della simultaneit relativistica rende possibile unaltra teo-ria che si accorda con gli esperimenti anche meglio della TRS.

    3. Due importanti fatti empirici

    La Terra si muove nello spazio con una velocit di 2-300 km/sec (circa luno permille della velocit della luce) perch partecipa con il Sole alla rotazione della ViaLattea che una galassia a spirale (la rivoluzione attorno al Sole e la rotazione diur-na della Terra hanno velocit rispettivamente dieci e mille volte inferiori). Secon-do le formule di Galilei-Newton in un laboratorio terrestre la velocit della lucedovrebbe dipendere dalla direzione di propagazione. Infatti, sia c la velocit di unsegnale luminoso puntiforme rispetto al sistema privilegiato. Se c' la velocitrispetto al laboratorio terrestre, che in moto nello spazio con velocit v, si dovreb-be avere c' = c v. Si vede cos che se la fisica classica fosse corretta c' passerebbeda c v a c + v al cambiare della direzione di propagazione da parallela ad antipa-rallela a v.

    A prima vista pu sembrare che questi effetti dellordine di v/c siano facili daosservare. A questo punto bisogna per ripetere che fin da prima che apparisse lateoria della relativit Poincar aveva affermato che impossibile misurare la veloci-t di un sistema che si propaga fra due punti distinti. Per vedere meglio le motiva-zioni di questa spiacevole conclusione consideriamo un segnale luminoso che viag-gia fra A e B. Se in B c uno specchio che al tempo t2 riflette allindietro il segnaleverso A basta avere un orologio vicino ad A che misura gli istanti t1 e t3 di partenza edi ritorno. La velocit del segnale allora determinata dalla sua stessa definizione:

    car = 2dAB / (t3 t1)

    dove dAB la distanza fra A e B che pu essere misurata riportando il regolo di lun-ghezza unitaria tante volte quante bastano a coprirla. Tuttavia questa una velocit diandata e ritorno e non detto che coincida con le velocit del segnale da A a B e daB ad A. Per misurare queste ultime servirebbero due orologi sincronizzati, uno vici-no ad A e laltro vicino a B. Purtroppo, come abbiamo detto, nel Novecento nessu-no sapeva come sincronizzare due orologi lontani. Ogni metodo immaginato face-va nascere grosse difficolt.

    Discutendo lindipendenza della velocit della luce dalla direzione di propaga-zione Poincar scriveva: Questo un postulato senza il quale sarebbe impossibileiniziare una qualsiasi misura di questa velocit. Rester per sempre impossibile veri-ficare sperimentalmente la validit di questo postulato. Lultima frase potrebbeessere chiamata la maledizione di Poincar. Trovando impossibile risolvere il pro-blema per via empirica Einstein decise di risolverlo per decreto, assumendo linva-rianza della velocit della luce: questo il secondo postulato della TRS. Comeabbiamo visto egli considerava questa ipotesi solo una comoda convenzione.

    Ci detto resta pur sempre vero che car misurabile. La fisica classica prevedeuna variazione dovuta al movimento della Terra molto pi piccola di quella dellavelocit di sola andata. Pi precisamente, se nel laboratorio terrestre si cambia la

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  • direzione di propagazione, prevede che car abbia variazioni del secondo ordine,cio dellordine di v2/c2 106.

    Una delle misure pi precise di car stata fatta nel 1978 da un gruppo inglese eha dato il risultato:

    car = (299 792,4588 0,0002) km/sec

    valore confermato da altri esperimenti successivi (1987). Dunque car nota con unerrore percentuale di 10-9, mille volte pi piccolo di quanto necessario per rivela-re effetti del secondo ordine dovuti al movimento della Terra. Eppure prima edopo il 1978 non si mai vista una dipendenza della velocit della luce dalla dire-zione di propagazione, in accordo con una serie di misure pi indirette fatte perrivelare lesistenza del sistema delletere. Ecco dunque il primo fondamentale datoempirico:

    D1. Entro un piccolo errore la velocit della luce di andata e ritorno invariante perch noncambia n con la direzione di propagazione n con lepoca in cui viene misurata.

    Nel loro famoso esperimento del 1887 Michelson e Morley conclusero che nonesistevano spostamenti delle figure di interferenza dovuti al movimento della Terra.Per spiegare ci Fitzgerald e Lorentz supposero che il moto attraverso letere convelocit v generasse un accorciamento nella direzione della velocit per il fattore

    R = 1 v2/c2 (3)Lidea della contrazione dovuta al movimento non era campata in aria. Usando

    la fisica classica Lorentz aveva dimostrato che il moto di una carica elettrica punti-forme attraverso letere modifica il campo elettrico che la circonda, schiacciandoloverso il piano perpendicolare alla direzione del moto, e che il grado di schiaccia-mento aumenta con la velocit. Ne consegue che un elettrone legato a un protonenon forma pi un normale atomo di idrogeno, ma un atomo con movimento orbi-tale schiacciato e con periodo di rivoluzione modificato. Ci si deve quindi attende-re che ogni oggetto (costituito di atomi) si accorci nella direzione del movimento.

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    Fig. 1 Nellanello daccumulazione del CERN, delle particelle instabili (muoni) eranofatte circolare con velocit inferiore a quella della luce per sole sei parti su diecimila. Siosserv che i muoni si disintegravano dopo una vita media 29,33 volte maggiore di quelladei muoni a riposo.

  • Oggi il ritardo molto ben stabilito. Uno degli esperimenti pi convincenti eprecisi del 1977: le vite medie di muoni furono misurate nellanello di accumula-zione del CERN. Muoni con velocit pari a 0.9994c, corrispondente a un R =0.0346,circolavano in un anello di 14m di diametro con unaccelerazione centripeta di1018g. La misura della vita media t diede un risultato in ottimo accordo con la for-mula t = t0/R, dove t0 la vita media dei muoni a riposo.

    La lezione che impariamo da questo esperimento riguarda la trasformazionedel tempo: in fondo un muone un piccolo orologio che fa tic-tac, anche se unavolta sola. Fa tic quando nasce, tac quando si disintegra. Una naturale ipotesidi universalit porta subito a credere che un identico rallentamento si verifichereb-be per qualsiasi processo periodico in un sistema che effettuasse lo stesso movimen-to dei muoni. Del resto la cosa ha ricevuto importanti conferme.

    Un esperimento con orologi macroscopici stato compiuto nel 1972 da duericercatori americani, Hafele e Keating usando sei sensibilissimi orologi atomici alcesio. Gli orologi furono accuratamente sincronizzati, dopo di che:

    1) due furono caricati su aerei di linea ordinari e gli fu fatto compiere un giro com-pleto del pianeta verso est;2) altri due furono caricati su altri aerei di linea e gli fu fatto compiere un girocompleto del pianeta verso ovest;3) gli ultimi due rimasero a terra nel laboratorio in cui lesperimento era stato pre-parato.

    Dopo i voli gli orologi che avevano viaggiato furono confrontati con quelli rima-sti a terra. Si osserv che rispetto a questi ultimi il viaggio verso ovest aveva genera-to una perdita di 5910 nanosec., mentre quello verso est aveva generato un antici-po di 2737 nanosec. Questi risultati erano in eccellente accordo con la solita for-muletta t = t0 R1 purch:

    a) si calcolassero tre diversi R1 per le tre coppie di orologi. Il pi grande (piccolo)era quello degli orologi che avevano viaggiato verso est (ovest) per i quali la veloci-t dellaereo si sommava (si sottraeva) alla velocit di rotazione della Terra. Ciobisognava riferire i movimenti non alla superficie terrestre, ma a un sistema conlorigine nel centro della Terra e assi orientati verso direzioni fisse del cielo;b) si tenesse conto delleffetto del campo gravitazionale terrestre che diverso allediverse quote e altera quindi in modo diverso il ritmo degli orologi che viaggianorispetto a quelli rimasti al suolo.

    Lesperimento di Hafele-Keating stato molto criticato perch non tutto era sot-to controllo durante i voli attorno al globo. Tuttavia i suoi risultati sono stati confer-mati dal sistema di satelliti del GPS (Global Positioning System) [OQ, pp. 81-90]. Que-sto sistema consiste di una rete di 24 satelliti in orbita intorno alla terra, distribuitisu sei piani orbitali inclinati di 55 rispetto al piano equatoriale. Ogni satellite simuove con una velocit di 3.9 km/sec e ha a bordo quattro orologi atomici chesegnano il tempo con un errore di pochi nanosecondi al giorno (ns/giorno). Daogni punto della superficie terrestre almeno quattro satelliti sono sempre visibili.Concepito allinizio per obiettivi militari, il GPS stato successivamente utilizzatoper scopi di diversa natura: telecomunicazioni, navigazione satellitare, meteorologia.

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  • La teoria della relativit generale predice che gli orologi atomici del GPS vada-no pi rapidi per circa 45.900 ns/giorno rispetto agli orologi sulla superficie terre-stre perch si trovano in un campo gravitazionale pi debole. Il fattore dovuto allavelocit predice invece che gli stessi orologi vadano pi lenti per 7.200 ns/giornoper il movimento orbitale. Dunque la predizione complessiva un guadagno di cir-ca 38.700 ns/giorno. Per evitare confronti basati su differenze cos grandi si pre-ferito rallentare tutti gli orologi di 38.700 ns/giorno in modo tale che una volta inorbita segnassero sempre lo stesso tempo di quelli al suolo. I ricchissimi dati raccol-ti mostrano che, dopo aver applicato tale correzione, gli orologi in orbita segnanodavvero lo stesso tempo degli orologi al suolo. Dunque le predizioni teoriche sonoconfermate, in particolare quella relativa alleffetto della velocit orbitale: da que-sto punto di vista c pieno accordo fra i satelliti del GPS e i muoni del CERN!

    Possiamo quindi affermare che disponibile il seguente secondo fondamenta-le dato empirico:

    D2. Un orologio in moto con velocit v subisce un rallentamento del ritmo con cui scandisceil tempo per un fattore R [dato dalla (3)].

    Abbiamo lasciato nel vago la questione del sistema di riferimento rispetto alquale va calcolata v; comunque nel prossimo paragrafo prenderemo D1 e D2 comefatti empirici fondamentali e usciremo dal vago facendo unipotesi precisa che por-ter a pieno accordo con gli esperimenti di fisica relativistica.

    4. Trasformazioni equivalenti e trasformazioni inerziali

    Secondo Mansouri e Sexl [MS] le trasformazioni di Lorentz contengono un ter-mine puramente convenzionale, privo di base empirica, il coefficiente della x nellatrasformazione del tempo. Nel riconsiderare la faccenda ho riformulato le trasfor-mazioni dello spazio e del tempo fra sistemi inerziali [FS] a partire da ipotesi gene-rali. Cos ho ottenute le trasformazioni equivalenti che contengono come termi-ne indeterminato, e1, proprio il coefficiente di x nella trasformazione del tempo:vedi le (4) qui sotto.

    La struttura del ragionamento che porta alle trasformazioni equivalenti laseguente. Dati i sistemi inerziali S0 e S si possono sempre scegliere due sistemi dicoordinate cartesiane ortogonali (vedi Fig. 2) e assumere:

    (i) che lo spazio sia omogeneo e isotropo e che il tempo sia omogeneo, almeno segiudicati da osservatori a riposo in S0;

    (ii) che in S0 la velocit della luce sia c in ogni direzione; quindi gli orologi di S0possono essere sincronizzati e ogni velocit relativa a S0 misurabile;

    (iii) che gli assi di S e S0 coincidano per t = t0 = 0;

    (iv) che lorigine di S, osservata da S0, sia vista muovere con velocit v < c parallelaallasse + x0, cio secondo lequazione x0 = v t0;

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  • Le ipotesi (i) e (ii) non sono esposte a obiezioni sia da parte della TRS che daogni plausibile teoria basata su un sistema privilegiato; per la TRS sono vere in tut-ti i sistemi inerziali, nel secondo caso sono assunte per il sistema privilegiato stesso.

    Ora si aggiungono le due conclusioni D1 e D2 del paragrafo precedente che,come abbiamo visto, sono dotate di solide basi empiriche:

    (v) la velocit della luce di andata e ritorno la stessa in tutte le direzioni e in tut-ti i sistemi inerziali; (vi) il rallentamento degli orologi in moto ha luogo con il solito fattore R rispettoal sistema isotropo S0. Ora eliminiamo ogni ambiguit specificando che R in t =t0/R vada calcolato in S0.

    Si pu dimostrare [FS] che le (i)-(vi) riducono le trasformazioni da S0 a S allaforma

    x = x0 vt0

    R{y = y0 ; z = z0 (4)t = Rt0 + e1 (x0 vt0)

    dove R dato dalla (3). Il residuo parametro indeterminato e1 pu essere fissato sce-gliendo una procedura di sincronizzazione degli orologi nei sistemi inerziali diver-si da S0. Pertanto la denominazione appropriata per e1 parametro di sincronizza-zione. Dalle (4) facile vedere che il ritardo t t0 di un orologio in S rispettoallorologio di S0 che gli sta passando accanto dipende non solo da t0, ma anche dalpunto x di S in cui detto orologio collocato. Solo se e1 = 0 tale complicazione assente.

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    z0

    y0 y

    z

    v

    xx0

    Fig. 2 Un sistema inerziale S con coordinate (x, y, z) si muove con velocit v < c rispetto alsistema isotropo S0 con coordinate (x0, y0, z0). I due sistemi si sovrappongono a t0 = t = 0.

  • La TRS viene recuperata per e1 = v/Rc2, valore che introduce una ben notasimmetria fra variabili spaziali e tempo, costringendo questultimo a un ruolo geo-metrico in uno spazio a quattro dimensioni. Per dirla con Minkowski: Le concezio-ni dello spazio e del tempo [...] esprimono una tendenza radicale. Dora in poi lospazio da solo e il tempo da solo svaniranno del tutto come ombre e solo una spe-cie di unione fra i due manterr ancora una realt indipendente [EL, p. 75].

    Diversi valori di e1 corrispondono a diverse teorie dello spazio e del tempo, teo-rie che sono empiricamente equivalenti in larga misura. Ho verificato con calcoliespliciti [FS] che i dati empirici sono molto spesso insensibili al valore di e1 (Rmer,Bradley, Fizeau, Michelson-Morley, Doppler, ...). Pertanto in linea di principio esi-stono infinite teorie che possono spiegare egualmente bene i risultati di questi espe-rimenti. notevole che tutte le teorie si basano sullesistenza di un sistema di rife-rimento privilegiato. Solo la relativit fa eccezione.

    La conclusione sembra dunque in accordo con lidea che la sincronizzazionedegli orologi sia convenzionale. Si visto per [FS] che esistono situazioni empiri-che di altro genere (accelerazioni lineari, piattaforme ruotanti, segnali superlumi-nali) che permettono di determinare la sincronizzazione preferita dalla natura(che non quella della TRS ma definita da e1 = 0). Ovviamente questa conclusio-ne molto importante, ma per ragioni di spazio non posso qui articolarla nemme-no per sommi capi. Tutte le argomentazioni necessarie sono presentate in dettaglionellultimo capitolo del libro [FS].

    Ho proposto che le (4) con e1 = 0 siano chiamate trasformazioni inerziali. Permet-tono la piena liberazione del tempo dal ruolo meramente geometrico cui era statocostretto nello spazio di Minkowski della TRS. Implicano che la velocit della lucerelativa a un sistema diverso da quello privilegiato non sia isotropa. Lo stesso valeper il parametro e di Reichenbach.

    5. Il problema dellenergia

    Gli ultimi paragrafi, a partire da questo, sono dedicati ad altrettanti settori del-la fisica che la TRS non descrive in modo soddisfacente. Solo in un caso (effettoSagnac) si pu parlare di disaccordo della teoria con gli esperimenti, mentre neglialtri si ha a che fare con limpossibilit di dare ai simboli teorici un ragionevolesignificato fisico. Cominciamo dallequivalenza massa-energia.

    La teoria della relativit ha portato alla conclusione che un oggetto, la cui quan-tit di materia misurata dalla massa, e il movimento puro, misurato dallenergia,sono trasformabili luno nellaltro e debbono quindi essere considerati forme diver-se di una stessa realt. Questa conclusione, ottenuta nel 1905 da Einstein, ha rice-vuto un numero enorme di conferme, tanto che pu essere considerata una con-quista irreversibile della fisica. Lequivalenza massa-energia espressa dalla notaformula E = mc2. Lidea fu cos descritta: Secondo la teoria della relativit non cdifferenza essenziale fra massa ed energia. Lenergia possiede massa e la massa rappre-senta energia. In luogo di due leggi di conservazione ne abbiamo una sola: la leggedi conservazione della massa-energia [EI, p. 207].

    La nuova conquista era piena di conseguenze, per esempio implicava una pie-

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  • na continuit fra quella forma di energia diffusa nello spazio che viene chiamatacampo e le sorgenti materiali che le danno origine: La teoria della relativit inse-gna che la materia rappresenta un enorme serbatoio di energia, e che energia signi-fica materia. In questa situazione non c separazione qualitativa fra materia e cam-po, perch la distinzione fra massa ed energia non affatto qualitativa. [...] Lamateria c l dove esiste una grande concentrazione di energia, il campo esistedove la concentrazione di energia piccola. Ma se le cose stanno cos la distinzio-ne fra materia e campo quantitativa piuttosto che qualitativa [mia traduzionedelloriginale tedesco; vedi anche EI, p. 252].

    Dal punto di vista pratico lequivalenza massa-energia significa che un oggettomateriale pu essere trasformato in movimento (energia cinetica) di altri oggetti e,viceversa, che possibile creare della materia spendendo solo del movimento. Que-ste trasformazioni avvengono secondo le leggi rigorose della conservazione del-lenergia e della quantit di moto.

    Si tratta di processi assolutamente concreti: possibile far collidere due proto-ni di alta velocit per ritrovare nello stato finale gli stessi due protoni con le stesseidentiche propriet (massa, carica elettrica, ...) e, in aggiunta, uno o pi pezzetti dimateria, ad esempio dei mesoni p, che sono apparsi quasi dal nulla al momento del-lurto. Cio, sembrano apparsi dal nulla a chi pensa che la materia non possa esse-re n creata n distrutta. In realt, se si paragonano le energie cinetiche dello sta-to iniziale e di quello finale si trova che scomparsa esattamente la quantit di ener-gia cinetica necessaria a produrre la nuova massa dello stato finale. Un noto esem-pio la seguente reazione:

    P + P P + P + p0

    che si legge cos: due protoni che si urtano (P + P) generano () una nuova confi-gurazione fisica in cui sono presenti due protoni e un mesone p neutro (P + P + p0).Il mesone p ha una massa a riposo 264 volte quella dellelettrone.

    Esistono anche i processi inversi, quelli in cui energia viene creata a spese dimassa. Sono di questo tipo le reazioni nucleari di fissione delluranio. Si vede cosquanto falsa fosse la credenza del passato che la materia non possa essere n crea-ta n distrutta. In realt non esiste alcuna legge di conservazione della materia: ciche si conserva sempre lenergia assieme alla sua figlia vettoriale, la quantit dimoto. Sono perci queste le grandezze basilari della realt, mentre la stabilit del-la materia solo apparente e deriva dal fatto che viviamo in un mondo di basseenergie: si alzi lenergia e si vedr materia sparire! Infatti al centro del sole la tem-peratura di 15-20 milioni di gradi, lenergia dellagitazione termica notevole eogni secondo quattro milioni di tonnellate di materia si trasformano in energiaradiante.

    fuori di dubbio che le conquiste della relativit sul rapporto energia-massache abbiamo appena descritto appartengano di diritto al campo del realismo. E tut-tavia il positivismo non sparito, anzi cerca di imporre il suo dominio alla stessanozione di energia, come vedremo subito.

    Lenergia avrebbe tutte le carte in regola per essere considerata una specie disostanza fondamentale delluniverso: indistruttibile, entra in tutti i processi dina-

    26 Relazioni su invito

  • mici e la stessa materia deve essere considerata una sua forma localizzata. Natural-mente un materialismo energetico di questo tipo sarebbe ben diverso dallener-getismo antiatomistico proposto da Ostwald alla fine dellOttocento. Tuttavia lastessa TRS nega un ruolo fondamentale dellenergia con il suo relativismo. Ogniosservatore inerziale attribuisce una diversa velocit, e quindi una diversa energia,a una data particella. La formula relativistica dellenergia totale E (energia cineticapi energia di massa) di un corpuscolo avente massa a riposo m e dotato di veloci-t u rispetto a un sistema di riferimento S

    mc2E = 1 u2/c2

    dove c come al solito la velocit della luce. La formula precedente vale in tutti isistemi inerziali S, S', S'', ... purch si usi la velocit della particella u, u', u'', ... rela-tiva a ciascuno di essi. Se ci si chiede quale sia il vero valore dellenergia, la rispostadella teoria che tutti gli osservatori sono equivalenti e che le loro risposte sonotutte egualmente valide. E siccome ciascuno attribuisce allenergia un valore diver-so, nellimpossibilit di scegliere uno di questi come pi vero degli altri si conclu-de che non esiste un valore ben definito dellenergia. Cos lenergia viene spoglia-ta della propriet pi importante, quella di avere un ben definito valore.

    Un argomento molto simile fu usato nel 1943 da J. Jeans contro loggettivit del-le forze. Per lui lessenza di ogni spiegazione fisica che ogni particella sottopo-sta allazione di una forza definita. Questa forza dovrebbe essere oggettiva sia rispet-to alla quantit che alla qualit e perci la sua misura dovrebbe sempre dare lo stes-so risultato qualunque siano gli strumenti usati per misurarla proprio come unoggetto reale deve avere sempre lo stesso peso, qualunque sia il tipo di bilancia concui viene pesato. Ma la TRS dimostra che se si attribuiscono movimenti alle forze,queste forze saranno valutate diversamente, sia per la quantit che per la qualit, daosservatori che si muovano con velocit diverse: si pensi alla forza di Lorentz in elet-trodinamica. Inoltre tutte le valutazioni dei diversi osservatori debbono essere con-siderate egualmente valide. Pertanto conclude Jeans le forze non possono ave-re unesistenza oggettiva ma sono solo concetti che costruiamo nel tentare di com-prendere il funzionamento della natura. Naturalmente Jeans fu subito in grado digeneralizzare il suo argomento a ogni grandezza fisica: forza, energia, quantit dimoto eccetera. Ecco le sue parole:

    Ma la teoria fisica della relativit ha ora reso evidente [...] che le forze elettriche emagnetiche non sono affatto reali; sono mere costruzioni mentali che ci facciamo, e risul-tano dai nostri sforzi maldestri di comprendere i movimenti delle particelle. Lo stesso valeper la forza di gravitazione newtoniana, e per energia, momento e altri concetti che furonointrodotti per aiutarci a comprendere le attivit del mondo. Tutti mostrano di essere costru-zioni mentali che nemmeno superano lesame delloggettivit. Se si costringessero i mate-rialisti a dire quanta parte del mondo essi ora affermano essere materiale, la loro sola pos-sibile risposta sarebbe: la materia stessa. Cos la loro intera filosofia si riduce a una tautolo-gia perch ovviamente la materia deve essere materiale. Ma il fatto che tanta parte di quel-lo che si pensava possedesse unesistenza fisica oggettiva mostri ora di consistere solo di

    F. Selleri Relativismo ed etere di Lorentz 27

  • costruzioni mentali soggettive deve sicuramente essere considerato un passo importantenella direzione del mentalismo [JJ, p. 200].

    Con unimpostazione del genere non pu sorprendere che Jeans approdi nelpi schietto idealismo filosofico: Esiste oggi un largo accordo, che sul versante fisi-co della scienza quasi raggiunge lunanimit, che la corrente della conoscenza sidirige verso una realt non meccanica. Luniverso comincia ad apparire pi comeun grande pensiero che come una grande macchina. La mente non sembra piunintrusa accidentale nel regno della materia. Dovremmo piuttosto salutarla comecreatrice e regina del regno della materia [cit. in PF, p. 235].

    Per sfuggire a queste sgradevoli conclusioni c un solo modo, rinunciare alrelativismo che in TRS nasce dalla simmetria delle trasformazioni di Lorentz e cheindubbiamente costituisce linterpretazione pi naturale della teoria einsteiniana.Il recupero delloggettivit dellenergia e delle altre grandezze fisiche deve punta-re piuttosto sullinequivalenza dei diversi sistemi di riferimento. Ma questo pro-prio ci che fanno le trasformazioni inerziali che, basandosi sullesistenza di unsistema privilegiato, restituiscono allequivalenza massa-energia tutta la sua grandeimportanza concettuale [FS]. C un valore dellenergia che pi fondamentale ditutti gli altri, quello calcolato rispetto al sistema di riferimento privilegiato.

    6. Einstein e il problema delletere

    Vogliamo ora discutere la famosa abolizione delletere che accompagn lanascita delle due teorie relativistiche. Ad esempio nel lavoro del 1905 si affermavache lintroduzione di un etere luminifero poteva essere considerata superflua, per-ch alla nuova teoria non serviva uno spazio assolutamente stazionario corredato diparticolari propriet, n un mezzo nel quale fare avvenire i processi elettromagne-tici come la propagazione della luce. Negli anni del passaggio dal positivismo al rea-lismo Einstein cominci a riconsiderare tutta la questione delletere [LK] e ammi-se che in fondo era possibile continuare a pensarlo esistente, anche se solo per desi-gnare particolari propriet dello spazio. Afferm che nel corso dellevoluzione del-la scienza la parola etere aveva pi volte cambiato significato e che anche la relati-vit poteva limitarsi a questo.

    Una posizione autocritica era ormai matura, e infatti nel 1919 Einstein scrisse aLorentz : Sarebbe stato pi corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi fossi limi-tato a sottolineare lirrealt della velocit delletere, invece di sostenere soprattutto lasua non esistenza. Ora comprendo che con la parola etere non si intende niental-tro che la necessit di rappresentare lo spazio come portatore di propriet fisiche[cit. in LK, p. 12].

    Il cambiamento di opinione di Einstein cominci, come naturale, dal distaccodalla filosofia di Mach che tanta influenza aveva avuto su di lui nel periodo della for-mulazione della TRS e che lo aveva portato fino a credere che spazio e tempo fos-sero concetti metafisici e antiscientifici. Ecco come pi tardi Einstein descrisse leragioni del suo distacco:

    28 Relazioni su invito

  • Oggi riconosco la grandezza di Mach nel suo scetticismo incorruttibile e nella sua indi-pendenza; ma negli anni della mia giovinezza rimasi influenzato molto profondamenteanche dalla sua impostazione epistemologica, che oggi mi sembra sostanzialmente insoste-nibile. Infatti egli non mise nella giusta luce la natura essenzialmente costruttiva e specula-tiva del pensiero, e pi particolarmente del pensiero scientifico; condann quindi la teoriaproprio in quei punti in cui il suo carattere costruttivo-speculativo appare manifesto, comead esempio nella teoria cinetica dellatomo [AE, p. 18].

    a questo punto che Einstein riscopr tutta limportanza degli argomenti favo-revoli allesistenza di un mezzo etereo, per esempio la genesi delle forze inerzialinei sistemi accelerati. Per spiegare questo fondamentale fenomeno non si potevainvocare unazione a distanza delle stelle fisse (come aveva fatto Mach), ma bisogna-va ricorrere a ben definite propriet dello spazio, magari generate da tutta la mate-ria delluniverso, ma comunque attive qui e ora. Perci egli scrisse: Daltra parte afavore dellipotesi delletere gioca un argomento molto importante. Negare leteresignifica, in ultima istanza, supporre che lo spazio vuoto non possieda alcuna pro-priet fisica, il che in disaccordo con le esperienze fondamentali della meccani-ca [OS, pp. 512-513].

    Einstein pensava che letere non andasse concepito come qualcosa di diversodallo spazio quadridimensionale dotato di propriet fisiche reali. Non aveva moltosenso per lui supporre che preesistesse uno spazio geometrico assolutamente vuo-to e che ci fosse poi una sostanza, letere, in grado di riempirlo e di dotarlo di pro-priet fisiche. Perci: Lo spazio fisico e letere sono soltanto termini diversi perdire la stessa cosa; i campi sono stati fisici dello spazio. In realt se non si attribui-sce alletere alcuno stato particolare di moto non c nessuna ragione di farlo figu-rare accanto allo spazio come unentit di natura speciale [cit. in LK, p. 169]. Con-siderando la natura meccanica delletere di Lorentz, Einstein afferm, quasi scher-zando, che limmobilit era lunica propriet che Lorentz gli aveva lasciato, ma chela TRS (riletta nella sua nuova chiave basata sulletere) aveva generato un muta-mento radicale consistente proprio del privare letere anche di questa sua ultimapropriet meccanica, cio dellimmobilit: Una pi ponderata riflessione ci sugge-risce che la negazione delletere non necessariamente richiesta dal principio direlativit ristretta. Lesistenza delletere pu essere ammessa, purch si rinunzi adattribuirgli un determinato stato di moto; bisogna cio togliergli per astrazione lul-tima caratteristica meccanica lasciatagli da Lorentz [OS, p. 511]. Il concetto ven-ne ribadito con le seguenti parole: Quanto alla natura meccanica delletere diLorentz, si potrebbe dire, un po per celia, che limmobilit sia lunica proprietmeccanica che Lorentz gli abbia lasciato. Il mutamento radicale che la teoria dellarelativit ristretta apport nella concezione delletere consisteva nel privarlo anchedi questa sua ultima propriet meccanica, cio dellimmobilit [OS, p. 510].

    Anche nella relativit generale letere di Einstein era privo di ogni tipo di movi-mento, quindi anche della possibilit di essere immobile. Aveva insomma delle pro-priet radicalmente nuove che impedivano di immaginarlo composto di parti o dicorpuscoli che si trovassero in un qualsiasi stato di movimento. Questa nuova descri-zione era inevitabile se letere doveva apparire esattamente lo stesso in tutti i siste-mi di riferimento inerziali. Cos nacque lidea di un etere compatibile con la teoriadella relativit, di un etere relativistico. In fondo questa idea pu essere considera-

    F. Selleri Relativismo ed etere di Lorentz 29

  • ta un tentativo di compromesso fra il positivismo della TRS e il realismo delletere.Ma questa volta nessuno prese sul serio il grande fisico tedesco: a molti piaceva ildiavolo, a qualcuno lacqua santa, ma erano tutti daccordo che non andasseromescolati.

    Che dire, oggi, delletere relativistico di Einstein? Beh, in primo luogo che ilritorno alletere unoperazione dettata dal buon senso: lo spazio vuoto dotato dipropriet fisiche pu benissimo essere chiamato etere, una guerra sulle paroleessendo priva di significato scientifico. In secondo luogo bisogna per aggiungereche strano privare letere di ogni tipo di movimento. La cosa doveva sembrare ine-vitabile a Einstein per difendere il relativismo della TRS, ma oggi, grazie alle trasfor-mazioni inerziali che ammettono un sistema privilegiato, possibile un pieno ritor-no a un etere dotato di movimento, cio proprio alletere di Lorentz [FS].

    7. Il problema del paradosso dei gemelli

    Ripetiamo il famoso paradosso dei gemelli, formulato come tale da Langevinper illustrare le caratteristiche del tempo della relativit ristretta, sottolineando chesi tratta in realt di una propriet della natura ormai accertata con ragionevole cer-tezza. Di due fratelli gemelli, Ferruccio (F) e Geltrude (G), il primo decide didiventare astronauta e di affrontare un viaggio interstellare, mentre la secondaresta sulla Terra ad aspettarne il ritorno. La partenza avviene quando i due hannoventanni. Lastronave di F accelera molto rapidamente fino a raggiungere il 99%della velocit della luce, dopo di che spegne i motori e viaggia fino a Mira Ceti, unafamosa stella variabile distante 32 anni luce. Qui giunto F frena, si ferma, compierapidamente alcuni studi scientifici, poi riaccelera verso la Terra raggiungendo benpresto di nuovo la velocit costante di 0.99 c. Dopo quanto tempo sar di ritorno?Per G la risposta facile, si tratta di circa 64.6 anni (trascuriamo il tempo speso peraccelerare e frenare). Le cose sono diverse per F che sottoposto sia dal punto divista tecnologico che biologico al rallentamento dei processi fisici. Sullastronave inmoto tutto va pi piano, dagli orologi ai calcolatori e al ritmo cardiaco degli astro-nauti. Si pu quasi dire che il tempo rallenti per il solito fattore R, che per F valeR0.141. Quindi per F il viaggio dura in realt 64.60.1419 anni. Quando allafine del viaggio F rientra sulla Terra egli ha 29 anni, mentre G ultraottuagenaria.

    Questa conclusione sembra paradossale solo perch non vediamo nulla delgenere nella nostra esperienza quotidiana, cosa peraltro naturale dato che le velo-cit massime raggiunte dalluomo sono molto piccole rispetto a c e quindi dannoR1. Tuttavia un esperimento che simula la situazione del paradosso dei gemelli stato compiuto da Hafele e Keating, come abbiamo visto, e i loro risultati sono sta-ti confermati dai satelliti in orbita attorno alla Terra. Bisogna dire che tutti questirisultati sono in eccellente accordo con alcune formule relativistiche, ma ben pococon il relativismo della TRS. In fisica bisogna sempre fare attenzione che vi sonodue logiche presenti, quella matematica delle formule e quella qualitativa del signi-ficato dei simboli usati. Un accordo numerico pu non bastare se non risulta cor-retto il significato della predizione teorica. Ebbene, la differenza fra i tempi dei duevoli nellesperimento di Hafele e Keating era spiegabile dal fatto che nel volo verso

    30 Relazioni su invito

  • est la velocit dellaereo si sommava alla velocit della rotazione terrestre, mentrenel volo verso ovest le si sottraeva, di modo che rispetto allo spazio circostante un voloera molto pi veloce dellaltro. Il relativismo imporrebbe invece di considerare soloil moto relativo alla superficie terrestre, ma allora i voli verso est e verso ovest sareb-bero simmetrici e non dovrebbero esistere differenze tra le due corrispondenti cop-pie di orologi. Per affermare che questi risultati sono in accordo con la TRS, comefanno diversi autori, bisogna dimenticare il relativismo che fonda la teoria, e fare iconti spensieratamente rispetto al sistema inerziale in cui il baricentro terrestre istantaneamente a riposo. Il problema sparisce con le trasformazioni inerziali per lequali il relativismo inapplicabile, dato che ammettono un sistema privilegiato[FS]. Dei due gemelli in moto relativo alla fine risulta pi giovane sempre quelloche pi ha subito gli effetti del movimento assoluto.

    8. Il problema dellaberrazione

    Il fenomeno dellaberrazione della luce stellare, scoperto da Bradley nel 1725, molto importante in fisica relativistica, tanto che Einstein lo discusse nel suofamoso primo articolo sulla TRS. Dalla deviazione angolare della luce di una stella,osservata nel corso di un anno, possibile risalire alla velocit della luce. Poich laluce compie un percorso unidirezionale, dalla stella alla Terra, si potrebbe credereche laberrazione permetta di misurare la velocit di sola andata, ma in realt non cos perch tutte le trasformazioni equivalenti predicono lo stesso angolo di aber-razione.

    Consideriamo la propagazione di un impulso luminoso localizzato P dal puntodi vista del sistema di riferimento privilegiato S0 delle teorie equivalenti relativa-mente al quale la velocit della luce la stessa in tutte le direzioni.

    F. Selleri Relativismo ed etere di Lorentz 31

    Fig. 3 Un impulso luminoso localizzato P si propaga nel sistema di riferimento inerziale iso-tropo S0, relativamente al quale la velocit della luce la stessa in tutte le direzioni. Si cer-ca la descrizione del movimento di P nel sistema S.

    y0

    z0 z

    y

    pv

    xx0q0

  • Se q0 linclinazione rispetto allasse x0 della traiettoria di P e q linclinazionedella stessa traiettoria giudicata in S, si dimostra [FS] una formula dellaberrazioneche matematicamente identica a quella della relativit, cio:

    cR senq0tan q = (5)ccosq0v

    Tutte le grandezze che entrano nel secondo membro della (5) sono relative alsistema isotropo S0 per il quale tutte le teorie equivalenti ammettono lo stesso valo-re della velocit della luce, e dunque la stessa sincronizzazione degli orologi. Chia-ramente tutte le trasformazioni equivalenti (fra cui naturalmente c quella diLorentz) concordano sui valori numerici di q0 e v. Pertanto predicono esattamentelo stesso valore dellangolo di aberrazione q, e questo per un arbitrario sistema diriferimento S. Questo basta per concludere che esiste una spiegazione completadellaberrazione nellambito delle trasformazioni equivalenti.

    La spiegazione dellaberrazione in termini di movimento assoluto che abbiamoora dato risolve un annoso problema dellapproccio relativistico. Einstein dedussela formula dellaberrazione (5) dallidea che la velocit sia la velocit relativa delsistema stella/Terra. Questa idea fu ripetuta da molti autori, ad esempio da Mller,perch usare la velocit relativa la cosa assolutamente pi naturale quando siragiona nellambito della TRS. Tuttavia se immaginiamo le stelle come molecole diun gas in movimento disordinato dobbiamo ammettere che la velocit relativa allaTerra possa variare da stella a stella, mentre invece langolo di aberrazione misura-to sempre lo stesso. Nel 1950 Ives sottoline che lesistenza di stelle binarie gene-ra, in modo pi preciso, la stessa difficolt per la TRS, notando che esistono bina-rie spettroscopiche con parametri orbitali noti (ricostruiti) e velocit attorno al cen-tro di massa simili a quella della Terra sulla sua orbita. Dunque le componenti diun sistema binario in certi momenti possono avere velocit relative alla Terra mol-to diverse luna dallaltra; e tuttavia si osserva che queste componenti hanno sem-pre la stessa aberrazione, fra laltro non diversa da quella delle stelle singole. Il pun-to fu sviluppato da Eisner e da Hayden che si trovarono daccordo con Ives e ne raf-forzarono le conclusioni.

    La questione completamente risolta, in particolare, dalle trasformazioni iner-ziali per le quali la v che entra nella (5) non una velocit relativa, ma la velocitassoluta della Terra e il fenomeno dellaberrazione dovuto alle variazioni genera-te dal movimento orbitale del nostro pianeta.

    9. Il problema delleffetto Sagnac

    Lesperimento di Sagnac del 1913 fu realizzato con una piattaforma che ruota-va intorno a un asse perpendicolare al suo piano. Sulla piattaforma era montato unsistema ottico che permetteva a due fasci luminosi, prodotti da una stessa sorgente,di propagarsi in direzioni opposte lungo uno stesso percorso chiuso, alla fine delquale si sovrapponevano. La figura dinterferenza cos ottenuta, registrata su unalastra fotografica, strettamente legata al ritardo con cui un fascio luminoso giun-

    32 Relazioni su invito

  • ge sul rivelatore rispetto allaltro. Sagnac osserv uno spostamento delle frangedinterferenza che dipendeva solo dalla velocit di rotazione, una volta fissato il per-corso della luce, e annunci la sua scoperta alla comunit scientifica con due arti-coli (in francese) dai titoli Lesistenza delletere luminifero dimostrata per mezzo delleffettodi un vento detere relativo in un interferometro in rotazione uniforme e Sulla prova della real-t delletere luminifero con lesperimento dellinterferometro ruotante.

    Lesperimento fu ripetuto molte volte con la piena conferma del risultato diSagnac. Famosa la realizzazione di Michelson e Gale nel 1925 per le dimensionidavvero enormi del tubo a vuoto percorso dalla luce (un rettangolo di 650m x 360mcirca); in quel caso fu utilizzata come piattaforma la stessa Terra e lesperimentopermise di constatare gli effetti della rotazione diurna.

    Sorprendentemente i teorici si occuparono poco delleffetto Sagnac, quasi nonponesse grossi problemi concettuali. Einstein non ne parla mai, ad esempio. Unarticolo di Langevin del 1921 tanto categorico nelle affermazioni quanto pococonvincente nella sostanza. Una delle frasi di apertura questa: Mostrer come lateoria della relativit generale spieghi in modo quantitativo i risultati dellesperi-mento di Sagnac. Langevin argomenta che lesperimento di Sagnac del primoordine e che tutte le teorie (relativistiche o prerelativistiche) debbono concordaresia qualitativamente sia quantitativamente, dato che la precisione raggiunta nonpermette di rivelare effetti del secondo ordine. Perci, sempre secondo Langevin,questo esperimento non pu produrre evidenze n pro n contro alcuna teoria.Dopo di che passa a mostrare che unapplicazione della cinematica galileiana spie-ga le osservazioni di Sagnac! Lo fa con un approccio appena un po velato da sim-boli e parole della relativit, ma in sostanza al 100% classico. Limpressione cheLangevin, al di l delle parole di circostanza, non potesse essere molto soddisfatto

    F. Selleri Relativismo ed etere di Lorentz 33

    Fig. 4 Configurazione semplificata dellapparato di Sagnac. La luce della sorgente S vie-ne divisa un due parti dallo specchio semitrasparente A. La prima parte segue il percorsoABCDAO concorde con la rotazione del disco, la seconda parte segue ADCBAO discorde conla rotazione. Le due parti interferiscono in O.

    C B

    D O

    AS

  • della sua spiegazione rafforzata da un suo secondo articolo del 1937 in cui si pro-pongono al lettore due (!) trattazioni relativistiche. La prima ancora quella del1921, questa volta appoggiata alla strana idea che il tempo da adottare sulla piatta-forma sia quello del centro della rotazione, che immobile nel laboratorio. Laseconda definisce il tempo in modo tale da forzare la velocit della luce costante euguale a partire da un differenziale non totale, cadendo cos in pieno in un proble-ma di discontinuit per un giro attorno al disco [FS].

    Nel 1963 esce il notissimo articolo di rassegna di Post che aderisce allidea chedue dimostrazioni della deducibilit relativistica delleffetto Sagnac siano meglio diuna. La prima (nel testo) fa ricorso alla trasformazione del tempo t' = tR dove R lasolita radice quadrata qui scritta con la velocit di rotazione. La seconda (in appen-dice) si basa sulle trasformazioni di Lorentz t' = (t +v. r/c2)/R, ma fa sparire il secon-do termine con la scelta (arbitraria) di r perpendicolare a v. La grossolana tenden-za a cancellare le variabili spaziali nella trasformazione del tempo comune a Lan-gevin e a Post e dimostra limpossibilit di spiegare la fisica sulla piattaforma ruotan-te con la TRS. Il risultato finale non pu essere che una grande confusione, al pun-to che Hasselbach e Nicklaus, descrivendo un loro esperimento sulleffetto Sagnac,elencano una ventina di spiegazioni alternative delleffetto e commentano: Questagrande variet (se non disparit) nella derivazione dello sfasamento di Sagnac costi-tuisce una delle tante controversie [...] che hanno circondato leffetto Sagnac fin daiprimissimi giorni. La tendenza di Langevin e Post a eliminare la velocit nella tra-sformazione del tempo anticipa in qualche modo lapproccio basato sulle trasforma-zioni inerziali che sono le sole fra tutte le trasformazioni equivalenti a fornire unarigorosa spiegazione qualitativa e quantitativa delleffetto Sagnac [FS].

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