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Il Sole 24 Ore - DOSSIER N. 2 - 2008 - Codice Ambiente e Sicurezza Percorsi monografici a cura della Redazione della banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza Imprese appaltatrici e subappaltatrici: tessera di riconoscimento per il personale (D.Lgs. 81/2008) Aggiornamento: ottobre 2008 Selezione tratta dalla banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza www.codiceambientesicurezza.ilsole24ore.com

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Il Sole 24 Ore - DOSSIER N. 2 - 2008 - Codice Ambiente e Sicurezza

Percorsi monografici

a cura della Redazione della banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza

Imprese appaltatrici e subappaltatrici: tessera di riconoscimento per il personale (D.Lgs. 81/2008)

Aggiornamento: ottobre 2008 Selezione tratta dalla banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza

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Ottobre 2008

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Codice di Ambiente e Sicurezza

Dossier

IMPRESE APPALTATRICI E SUBAPPALTATRICI: TESSERA DI RICONOSCIMENTO PER IL PERSONALE (D.LGS. 81/2008) Sommario

Pagina

NOTA INTRODUTTIVA 5 LEGGE 6 Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 (Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2008, n. 101 - S.O. n. 108) Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. 6 Decreto Legge del 25 giugno 2008, n. 112 (Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 2008, n. 147 - S.O. n. 152) Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. 12 Legge del 3 agosto 2007, n. 123 Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia. 15 Decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale. (Decreto Bersani) 15

PRASSI 18 Nota Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 2 luglio 2008, prot. n. 25/I/0009009 Decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008 recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria". 18 Nota dell’Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, 12 settembre 2007, n. 7156, Prot. 60010 Legge 3 agosto 2007 n. 123 - Art. 5 "Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori" e art. 6 "Tessera di riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici" 21 Circolare Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale 28 settembre 2006, n. 29, prot. n. 25/I/4192 Art. 36 bis D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n. 248/2006). 22

AMBIENTE & SICUREZZA - GUIDA AGLI ADEMPIMENTI 32 Gestione della sicurezza e tutela della salute negli ambienti di lavoro - Sicurezza e igiene nelle costruzioni - 6.4 Contratto d'appalto o d'opera G.A. Scheda esplicativa 32

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COMMENTI TRATTI DALLE RIVISTE PROFESSIONALI DE “IL SOLE 24 ORE” 34 Giro di vite penale per chi sottovaluta i rischi Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, 30 agosto 2008, n. 34, p. 47 - a cura di Aldo Monea 34 Sommerso e violazioni della sicurezza comportano la sospensione dei lavori Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2008, n. 31, p. 32 - a cura di Luigi Caiazza 42 Più severità e razionalizzazione anche per le responsabilità in capo all'impresa esecutrice Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2008, n. 14, p. 42 - a cura di Walter Saresella 48 Datore e contratti: gli obblighi su appalti e somministrazione Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 1 luglio 2008, n. 13, p. 15 - a cura di Walter Saresella 52 Il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale Guida al Lavoro, Il Sole 24 Ore, 23 maggio 2008, n. 21, p. 12- a cura di Danilo Papa 57 La nuova disciplina per la sicurezza in materia di appalto e subappalto Guida al Lavoro, Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2008, n. 20, p. 19 - a cura di Josef Tschöll 80 Sicurezza nei luoghi di lavoro - Misure di prevenzione - Ampliata la platea dei soggetti obbligati includendo imprese familiari e autonomi Le Guide Operative, Il Sole 24 Ore, 1 maggio 2008, p. 33 - a cura di Paolo Pascucci 91

QUESITI 98

Il tesserino nei cantieri e nelle attività in appalto o subappalto 98

Sicurezza sul lavoro - Tesserino è richiesto anche negli appalti interni 100

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Codice di Ambiente e Sicurezza Dossier Imprese appaltatrici e subappaltatrici: tessera di riconoscimento per il personale (D.Lgs. 81/2008) a cura della Redazione della banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza

Nota Introduttiva L'obbligo della tessera di riconoscimento, introdotto dal decreto-Legge 223/2006 (convertito in legge con modifiche dalla Legge 248/2006) per i cantieri edili, e successivamente esteso ai lavoratori nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto dall’art. 6 della legge 123/2007 (Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia) è stato di recente “incorporato” nell'articolo 18, comma 1, lettera u), del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 recante “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Testo Unico Sicurezza).

Secondo un procedimento di "abrogazione e incorporazione” l’art. 6 della legge 123/2007, che aveva introdotto l'obbligo di munire il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice "nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto" di una apposita tessera di riconoscimento, viene riproposto al comma 8 dell’articolo 26 del Dlgs 81/2008 che recita: "nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro"; lo stesso obbligo è poi previsto in altre parti del Decreto Legislativo, laddove sono disciplinati gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente (art. 18), gli obblighi dei lavoratori (art. 20) e dei componenti dell'impresa familiare (art. 21).

La manovra finanziaria 2008, varata dal Governo il 25 giugno 2008, è intervenuta sul Testo Unico Sicurezza modificandone diverse disposizioni sanzionatorie alcune delle quali riguardanti il tesserino di riconoscimento. Il decreto-legge 112/2008, articolo 39 comma 12, infatti, sopprimendo la parte della lettera h), comma 4, articolo 55, del D.lgs 81/2008, che prevedeva una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro a carico del datore di lavoro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera u), del D.lgs 81/2008, ha privato, di fatto, della sanzione a carico del datore di lavoro e del dirigente, la violazione dell'obbligo di munire di tessera di riconoscimento i lavoratori nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto. Si ricorda, tuttavia che lo stesso adempimento era già sanzionato ai sensi della successiva lettera m) dell’articolo 55, comma 4 con cui si precisava che il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore in caso di violazione dell’articolo 26, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2008.

L’obbligo di munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento rimane, comunque, in vigore per i cantieri edili anche dopo l’emanazione del Testo Unico Sicurezza ai sensi dell’art. 36-bis, commi 3-4-5 della legge 4 agosto 2006, n. 248.

La Redazione

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Legge Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 (Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2008, n. 101 - S.O. n. 108)

ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 3 AGOSTO 2007, N. 123, IN MATERIA DI TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO.

TITOLO I Principi comuni - Capo III Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro - Sezione I Misure di tutela e obblighi

Articolo 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:

a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo.

b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;

g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;

h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;

m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r);

p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

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q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;

r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni; (1)

s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50;

t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;

u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;

v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;

z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.

2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:

a) la natura dei rischi;

b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;

c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;

e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

_____ (1) Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano a decorrere dal 01.01.2009 in virtù dell'art. 4, D.L. 03.06.2008, n. 97. Con decorrenza dal 03.06.2008

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Articolo 20 - Obblighi dei lavoratori

1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2. I lavoratori devono in particolare:

a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.

3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Articolo 21 - Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230 bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile e i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo devono:

a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;

b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;

c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:

a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;

b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

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Articolo 26 - Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima:

a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;

2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:

a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle

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differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.

8. Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

TITOLO I Principi comuni - Capo IV Disposizioni penali - Sezione I Sanzioni

Articolo 55 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:

a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte;

b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34;

2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione è commessa:

a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f);

b) in aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attività di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto;

c) per le attività disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno.

3. E' punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), secondo le modalità di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonché nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o più delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).

4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);

b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per la violazione degli articoli 18 , commi 1, lettere d), h), e v), e 2, 26, comma 1, lettera b), 43, comma 1, lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;

c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c). Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da quattro a otto mesi;

d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere a) e b), 34, commi 1 e 2;

e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 18 ,comma 1, lettera l), e 43, comma 4;

f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 10.000 euro per non aver provveduto alla nomina di cui all'articolo 18 , comma 1, lettera a);

g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 18 , comma 1, lettera bb);

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h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro per la violazione [degli articoli 18 , comma 1, lettera u)], 29, comma 4, e 35, comma 2; (1)

i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro per la violazione dell'articolo 18 , comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni;

l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione dell'articolo 18 , comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;

m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26, comma 8;

n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 3.000 in caso di violazione dall'articolo 18 , comma 1, lettera s);

o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso di violazione dall'articolo 18 , comma 1, lettera aa).

5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i), esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

_____ 1) Le parole tra parentesi quadre, contenute nel presente comma, sono state soppresse dall'art. 39, D.L. 25.06.2008, n. 112 (G.U. 25.06.2008, n. 147, S.O. n. 152), con decorrenza dal 25.06.2008.

TITOLO XIII Norme transitorie e finali

Articolo 304 - Abrogazioni

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogati:

a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187;

b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

c) gli articoli: 2 , 3 , 5 , 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;

d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.

2. Con uno o più decreti integrativi attuativi della delega prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si provvede all'armonizzazione delle disposizioni del presente decreto con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1.

3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2, laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo.

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Decreto Legge del 25 giugno 2008, n. 112 (Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 2008, n. 147 - S.O. n. 152)

DISPOSIZIONI URGENTI PER LO SVILUPPO ECONOMICO, LA SEMPLIFICAZIONE, LA COMPETITIVITÀ, LA STABILIZZAZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA E LA PEREQUAZIONE TRIBUTARIA.

Convertito in legge, con modifiche, dall'art. 1, L. 06.08.2008, n. 133

TITOLO II Sviluppo economico, semplificazione e competitività Capo VII Semplificazioni

Articolo 39 - Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro

1. Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l'anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.

2. Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro. (1)

3. Il libro unico del lavoro deve essere compilato coi dati di cui ai commi 1 e 2, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo.

4. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali stabilisce, con decreto da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le modalità e tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro e disciplina il relativo regime transitorio.

5. Con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di cui alla legge 5 gennaio 1953, n. 4.

6. La violazione dell'obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro di cui al comma 1 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro. L'omessa esibizione agli organi di vigilanza del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro. I soggetti di cui all'articolo 1, quarto comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, che, senza giustificato motivo, non ottemperino entro quindici giorni alla richiesta degli organi di vigilanza di esibire la documentazione in loro possesso sono puniti con la sanzione amministrativa da 250 a 2000 euro. In caso di recidiva della violazione la sanzione varia da 500 a 3000. (2)

7. Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1 e 2 che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1500 euro e se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 a 3000 euro. La violazione dell'obbligo di cui al comma 3 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 150 a 1500 euro. La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro. Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.

8. Il primo periodo dell'articolo 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 è sostituito dal seguente: "Se ai lavori sono addette le persone indicate dall'articolo 4, primo

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comma, numeri 6 e 7, il datore di lavoro, anche artigiano, qualora non siano oggetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, deve denunciarle, in via telematica o a mezzo fax, all'Istituto assicuratore nominativamente, prima dell'inizio dell'attività lavorativa, indicando altresì il trattamento retributivo ove previsto". (3)

9. Alla legge 18 dicembre 1973, n. 877 sono apportate le seguenti modifiche: a) nell'articolo 2, è abrogato il comma 3; b) nell'articolo 3, i commi da 1 a 4 e 6 sono abrogati, il comma 5 è sostituito dal seguente: "Il datore di lavoro che faccia eseguire lavoro al di fuori della propria azienda è obbligato a trascrivere il nominativo ed il relativo domicilio dei lavoratori esterni alla unità produttiva, nonché la misura della retribuzione nel libro unico del lavoro"; c) nell'articolo 10, i commi da 2 a 4 sono abrogati, il comma 1 è sostituito dal seguente: "Per ciascun lavoratore a domicilio, il libro unico del lavoro deve contenere anche le date e le ore di consegna e riconsegna del lavoro, la descrizione del lavoro eseguito, la specificazione della quantità e della qualità di esso"; d) nell'articolo 13, i commi 2 e 6 sono abrogati, al comma 3 sono abrogate le parole "e 10, primo comma", al comma 4 sono abrogate le parole "3, quinto e sesto comma, e 10, secondo e quarto comma".

10. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati, fermo restando quanto previsto dal decreto di cui al comma 4:

a) l'articolo 134 del regolamento di cui al 28 agosto 1924, n. 1422;

b) l'articolo 7 della legge 9 novembre 1955, n. 1122;

c) gli articoli 39 e 41 del testo unico di cui al decreto Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797;

d) il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1963, n. 2053;

e) gli articoli 20, 21, 25 e 26 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;

f) l'articolo 42 della legge 30 aprile 1969, n. 153;

g) la legge 8 gennaio 1979, n. 8;

h) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1981, n. 179;

i) l'articolo 9-quater del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito con modificazioni dalla legge 28 novembre 1996, n. 608;

j) il comma 1178 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

k) il decreto ministeriale 30 ottobre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 2002;

l) la legge 17 ottobre 2007, n. 188;

m) i commi 32, lettera d), 38, 45, 47, 48, 49, 50, dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247;

n) i commi 1173 e 1174 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. (4)

11. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto trovano applicazione gli articoli 14, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche e integrazioni.

12. Alla lettera h) dell'articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le parole "degli articoli 18, comma 1, lettera u)" sono soppresse.

_____ (1) Il presente comma è stato così modificato dall'allegato alla L. 06.08.2008, n. 133, con decorrenza dal 22.08.2008. Si riporta, di seguito il testo previgente: "2. Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, comprese le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro."

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(2) Il presente comma è stato così modificato dall'allegato alla L. 06.08.2008, n. 133, con decorrenza dal 22.08.2008. Si riporta, di seguito il testo previgente: "6. La violazione dell'obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro di cui al comma 1 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro. L'omessa esibizione agli organi di vigilanza del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, che, senza giustificato motivo, non ottemperino entro quindici giorni alla richiesta degli organi di vigilanza di esibire la documentazione in loro possesso sono puniti con la sanzione amministrativa da 250 a 2000 euro. In caso di recidiva della violazione la sanzione varia da 500 a 3000." (3) Il presente comma è stato così modificato dall'allegato alla L. 06.08.2008, n. 133, con decorrenza dal 22.08.2008. Si riporta, di seguito il testo previgente: "8. Il primo periodo dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 è sostituito dal seguente: "Se ai lavori sono addette le persone indicate dall'articolo 4, numeri 6 e 7, il datore di lavoro, anche artigiano, qualora non siano oggetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, deve denunciarle, in via telematica o a mezzo fax, all'Istituto assicuratore nominativamente, prima dell'inizio dell'attività lavorativa, indicando altresì il trattamento retributivo ove previsto". " (4) Il presente comma è stato così modificato dall'allegato alla L. 06.08.2008, n. 133, con decorrenza dal 22.08.2008. Si riporta, di seguito il testo previgente: "10. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi, e fermo restando quanto previsto dal decreto di cui al comma 4: a) l'articolo 134 del regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422; b) l'articolo 7 della legge 9 novembre 1955, n. 1122; c) gli articoli 39 e 41 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797; d) il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1963, n. 2053; e) gli articoli 20, 21, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; f) l'articolo 42 della legge 30 aprile 1969, n. 153; g) la legge 8 gennaio 1979, n. 8; h) il decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1981, n. 179; i) l'articolo 9-quater del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito con modificazioni nella legge 28 novembre 1996, n. 608; j) il comma 1178 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; k) il decreto ministeriale 30 ottobre 2002; l) la legge 17 ottobre 2007, n. 188; m) i commi 32, lettera d), 38, 45, 47, 48, 49, 50, dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247; n) i commi 1173 e 1174 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296."

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Legge del 3 agosto 2007, n. 123

(Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2007, n. 185)

MISURE IN TEMA DI TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA SUL LAVORO E DELEGA AL GOVERNO PER IL RIASSETTO E LA RIFORMA DELLA NORMATIVA IN MATERIA.

Articolo 6 - Tessera di riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici

1. Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, a decorrere dal 1° settembre 2007, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

2. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all'obbligo di cui al comma 1 mediante annotazione, su apposito registro vidimato dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1.

3. La violazione delle previsioni di cui ai commi 1 e 2 comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 1 che non provvede ad esporla è punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

Decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223 (Gazzetta Ufficiale del 4 luglio 2006, n. 153)

DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE, PER IL CONTENIMENTO E LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA, NONCHÉ INTERVENTI IN MATERIA DI ENTRATE E DI CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE. (DECRETO BERSANI)

Convertito in legge, con modifiche, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 con decorrenza dal 12 agosto 2006

TITOLO III Misure in materia di contrasto all'evasione ed elusione fiscale, di recupero della base imponibile, di potenziamento dei poteri di controllo dell'amministrazione finanziaria, di semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi

Articolo 36 Bis - Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro

1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell'adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 5 comma 1, lettera e), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonché le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per

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l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia. (4)

2. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e successive modificazioni. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti.

b bis) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate. (2) (4)

3. Nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. Nei casi in cui siano presenti contemporaneamente nel cantiere più datori di lavoro o lavoratori autonomi, dell'obbligo risponde in solido il committente dell'opera.

4. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all'obbligo di cui al comma 3 mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 3.

5. La violazione delle previsioni di cui ai commi 3 e 4 comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 3 che non provvede ad esporla e' punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non e' ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

6. L'articolo 86, comma 10 bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e' sostituito dal seguente:

"10 bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo 9 bis, comma 2, del decreto legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608 e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa".

7. All'articolo 3 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 e' sostituito dal seguente:

"3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e' altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e

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premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non puo' essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.";

b) il comma 5 e' sostituito dal seguente:

"5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non e' ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124".

7 bis. L'adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all'articolo 3 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 relativi alle violazioni constatate prima della data di entrata in vigore del presente decreto, resta di competenza dell'Agenzia delle entrate ed è soggetta alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell'articolo 16. (3)

8. Le agevolazioni di cui all'articolo 29 del decreto legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341 trovano applicazione esclusivamente nei confronti dei datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili. Le predette agevolazioni non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per la durata di cinque anni dalla pronuncia della sentenza.

9. Al comma 213 bis dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le predette disposizioni non si applicano, inoltre, al personale ispettivo del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ".

10. All'articolo 10 comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo le parole: "Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione" sono inserite le seguenti: ", previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ".

11. Il termine di prescrizione di cui all'articolo 3 comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo ai periodi di contribuzione per l'anno 1996, di pertinenza della gestione di cui all'articolo 2, comma 26, della predetta legge n. 335 del 1995 e' prorogato fino al 31 dicembre 2007.

12. Nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1 comma 7, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 le risorse destinate alla finalità' di cui all'articolo 1, comma 410, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono ridotte da 480 milioni di euro a 456 milioni di euro e sono corrispondentemente aumentate da 63 milioni di euro a 87 milioni di euro le risorse destinate alla finalità di cui all'articolo 1 comma 1, del decreto legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291 e successive modificazioni. (1)

_____ (1) Il presente articolo è stato inserito dall'allegato alla legge di conversione, L. 04.08.2006, n. 248 con decorrenza 12.08.2006. (2) La presente lettera è stata aggiunta dal comma 5, articolo 5 della L. 03.08.2007, n. 123. (3) Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 54, L. 24.12.2007, n. 247, con decorrenza dal 01.01.2008. (4) Il presente comma è stato abrogato dall'art. 304, D.Lgs. 09.04.2008, n. 81 (G.U. 30.04.2008, n. 101, S.O. n. 108), con decorrenza dal 15.05.2008, fermo restando quanto previsto dall'art 3, comma 3 e dall'art. 306, comma 2 del decreto abrogante. Ai sensi del medesimo articolo 304, comma 3, fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2 dello stesso art. 304, laddove le disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del presente decreto e successive modificazioni tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del decreto abrogante.

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Nota Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 2 luglio 2008, prot. n. 25/I/0009009

DECRETO LEGGE N. 112 DEL 25 GIUGNO 2008 RECANTE "DISPOSIZIONI URGENTI PER LO SVILUPPO ECONOMICO, LA SEMPLIFICAZIONE, LA COMPETITIVITÀ, LA STABILIZZAZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA E LA PEREQUAZIONE TRIBUTARIA".

Documenti di lavoro - Libri obbligatori - DL n. 112/2008 - Libro unico del lavoro - Aspetti sanzionatori - Comunicazione di assunzione - Lavoratori mobili - Orario di lavoro - Lavoro notturno - Riposo giornaliero e settimanale - Apprendistato professionalizzante - Limite minimo di durata - Profili formativi - Lavoro intermittente - Reintroduzione - Abrogazioni

Oggetto: Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008 recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria".

A seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legge in oggetto, si ritiene opportuno segnalare al personale ispettivo le innovazioni e le modifiche introdotte dallo stesso alla disciplina in materia di lavoro, rilevanti ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza.

Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro (art. 39)

Libro unico del lavoro

L'art. 39 del D.L. n. 112/2008 ha introdotto, in sostituzione dei libri matricola e paga, il libro unico del lavoro, nel quale i datori di lavoro privati, con la sola esclusione di quelli domestici, devono iscrivere i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione, nonché devono annotare per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo, tutti i dati relativi agli stessi, già oggetto di registrazione nei previgenti libri obbligatori.

Nel libro unico del lavoro vanno, altresì, trascritti i dati relativi ai lavoratori a domicilio di cui alla legge n. 877/1973.

Diversamente il coniuge, i figli, i parenti, gli affini del datore di lavoro, i soci di cooperative e di ogni altro tipo di società, di cui all'art. 4 punti 6 e 7 del D.P.R. n. 1124/65, non sembra vadano annotali nel suddetto libro.

Tuttavia, qualora detti soggetti non siano oggetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, il datore, anche artigiano, è obbligato ad effettuare la denuncia all'Istituto assicuratore prima dell'inizio dell'attività lavorativa.

Si precisa che l'art. 40 del decreto in oggetto, modificando l'art. 5 della legge n. 12/1979, dispone che la documentazione dei datori di lavoro possa essere tenuta presso lo studio dei consulenti del lavoro o di altri professionisti di cui all'art. 1 comma 1, L. n. 12/1979, previa comunicazione delle generalità dell'incaricato e del luogo ove si trovano detti documenti, alla Direzione Provinciale competente per territorio.

Si ritiene opportuno precisare che fino alla data di entrata in vigore del libro unico, prevista nel decreto ministeriale da adottarsi entro trenta giorni, continua a trovare applicazione la attuale disciplina in materia di libri paga e matricola.

Aspetti sanzionatori

L'art. 39, comma 6, del D.L. n. 112/2008 preveda nel caso di violazione dell'obbligo di istituzione e tenuta sul luogo di lavoro ovvero presso lo studio dei consulenti del lavoro o di altri professionisti, del libro unico di lavoro, la sanzione pecuniaria amministrativa da 250 a 2.500 euro.

L'omessa esibizione agli Organi di vigilanza del suddetto libro da parte del datore di lavoro, è punita con la sanzione amministrativa da 200 a 2.000 euro.

La predetta violazione viene sanzionata anche nell'ipotesi in cui sia commessa dai consulenti del lavoro e dagli altri professionisti incaricati che, senza giustificato motivo, non ottemperino entro quindici giorni alla richiesta degli Organi di vigilanza di esibire la documentazione in loro possesso.

Prassi

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La sanzione amministrativa varia da 250 a 2.000 euro se si tratta di servizio o centri di assistenza fiscale istituiti da parte delle associazioni di categoria delle imprese artigiane e delle piccole imprese; in caso di recidiva della violazione la sanzione varia da euro 500 a euro 3.000.

Qualora, invece, si tratti di professionisti iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro, nonché di coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, la sanzione amministrativa, prevista dall'art. 40, comma 1, varia da euro 100 a euro 1.000; in caso di recidiva della violazione deve essere data informazione al Consiglio Provinciale dell'Ordine professionale di appartenenza per l'adozione di eventuali provvedimenti disciplinari.

Il comma 7 dell'articolo 39 prevede che nel caso di omessa o infedele registrazione dei dati da riportare nel libro unico, qualora comporti differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali, la sanzione amministrativa contemplata varia da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la somma è aumentata da 500 a 3.000 euro.

La mancata compilazione del libro unico con i dai richiesti, entro il giorno 16 del mese successivo, è punita invece con la sanzione amministrativa da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la somma è aumentata da 150 a 1.500 euro.

La mancata conservazione del libro nel termine che sarà fissato con successivo D.M. è punita con la sanzione amministrativa da 100 a 600 euro.

Il Decreto Legge in oggetto precisa inoltre che, per le violazioni previste nel comma 7 dell'art. 39, la contestazione delle relative sanzioni amministrative è effettuata dagli organi di vigilanza preposti alle verifiche in materia di lavoro e previdenza e che l'autorità deputata a ricevere il rapporto ai sensi dell'art. 17 L. 689/81 rimane la Direzione Provinciale del lavoro competente per territorio.

Comunicazione di assunzione

Il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore all'atto dell'assunzione e prima dell'inizio dell'attività lavorativa copia della comunicazione preventiva effettuata al Centro per l'Impiego, oppure copia del contratto individuale contenente le informazioni già previste nel decreto legislativo n. 152/1997.

La consegna di uno dei suddetti documenti assolve all'obbligo di cui al citato decreto legislativo (consegna della dichiarazione di assunzione).

Lavoratori mobili

Gli obblighi di registrazione dei dati relativi ai lavoratori mobili, sia in proprio sia per conto terzi, si assolvono mediante le relative scritturazioni nel libro unico del lavoro.

Viene meno, inoltre, l'obbligo di istituire il registro di cui all'art. 8 del D.Lgs. n. 234/07.

Modifiche alla disciplina in materia di orario di lavoro (art. 41)

Lavoratore notturno

Il Decreto in esame modifica la definizione di lavoratore notturno di cui all'art. 1 comma 2 lett. e), n. 2 del D.Lgs. n. 66/2003: si considera tale, in assenza di disciplina collettiva, colui che svolge per almeno tre ore e per un minimo di 80 giorni nell'anno attività lavorativa notturna (tra la mezzanotte e le cinque).

Lavoratore mobile

Viene puntualizzata la nozione di lavoratore mobile, specificandosi che i servizi di trasporto passeggeri o merci su strada si riferiscono sia a quelli svolti per "conto proprio" che per "conto terzi".

Personale dei servizi di vigilanza privata

Il D.Lgs. n. 66/2003 non trova più applicazione nei confronti del personale dei servizi di vigilanza privata.

Riposo giornaliero

Premesso che il lavoratore ha diritto ad 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e che detto riposo deve essere fruito in modo consecutivo, vengono fatte salve non solo le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata ma anche da regimi di reperibilità.

Riposo settimanale

Considerato che la prima parte dell'art. 9 comma 1 del D.Lgs. n. 66/2003 è rimasta invariata, il lavoratore matura il diritto a fruire di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni, di regola in coincidenza con la domenica da cumulare con le 11 ore di riposo giornaliero.

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La modifica normativa consiste nella circostanza che il periodo di riposo consecutivo "è calcolalo come "media" in un periodo non superiore a 14 giorni". La violazione della norma sul riposo settimanale coincidente con la domenica non è più sanzionata dall'art. 18 bis del D.Lgs. n. 66/03.

Risulta, invece, punita l'ipotesi della violazione della mancata fruizione del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica con la sanzione amministrativa da 130 a 780 euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo di riferimento a cui si riferisce la violazione.

Sospensione dell'attività imprenditoriale

Con l'art. 41 comma 12 del decreto in questione viene eliminata l'ipotesi della sospensione dell'attività imprenditoriale nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale e pertanto le causali del provvedimene di sospensione sono rappresentate esclusivamente dall'ipotesi del lavoro nero in misura pari o superiore al 20% della manodopera trovata sul posto di lavoro e da quella delle gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Modifiche alla disciplina sul contratto di apprendistato professionalizzante (art. 23)

L'art. 23 del decreto interviene sulla disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante eliminando il limite minimo di durata prima fissato in due anni.

Rimane quale limite legale quello di durata massima pari a sei anni.

Altro settore di intervento concerne i profili formativi.

Nel caso di formazione interamente aziendale i profili formativi sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale determinando, per ciascun profilo formativo, durata, modalità di erogazione della formazione, nonché riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.

Lavoro intermittente (art. 39)

Dalla data di entrata in vigore del decreto viene reintrodotto il contratto di lavoro intermittente di cui agli artt. 33 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003.

Abrogazioni

L'art. 39 al comma 10 dispone l'abrogazione delle seguenti disposizioni normative:

- art. 134 del R.D. 28 agosto 1924, n. 1422 che imponeva alle aziende il possesso di un libro di paga e matricola;

- art. 7 della L. 9 novembre 1955, n. 1122 che prevedeva l'obbligatorietà dell'iscrizione nei libri di paga e matricola per le imprese aventi come dipendenti giornalisti professionisti iscritti all'ordine;

- artt. 39 e 41 del D.P.R. 30 maggio 1955, n 797 in ordine alla registratone di dati ed elementi sul libro di paga e matricola;

- il D.P.R. n. 2053/1963 in materia di riordino del servizio di collocamento per i lavoratori dello spettacolo;

- artt. 20, 21, 25 e 26 del D.P.R. 1124/1965 riguardanti le modalità di tenuta dei libri obbligatori;

- art. 42 della L. 30 aprile 1969, n. 153 concernente tempi di conservazione dei libri di paga e matricola;

- la legge 8 gennaio 1979 n. 8 in materia di impiego del personale artistico e tecnico nel settore dello spettacolo;

- D.P.R. n. 179/1981 contenente regolamento di attuazione alla legge 8 gennaio 1979, n. 8;

- art. 9 quater del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, convertito con modificazioni nella L. 28 novembre 1996, n. 608 in materia di registro di impresa agricola;

- art. 1 comma 1178 della L. n. 296/2006 sulla tenuta dei libri di matricola e paga;

- D.M. 30 ottobre 2002 in materia di modalità applicative della tenuta del libro di matricola e paga;

- L. n. 188/2007 concernente la procedura telematica per le dimissioni volontarie;

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- i commi 32, lett. d), 38, 45, 47, 48, 49, 50 dell'art. 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 247 in materia, rispettivamente, di contribuzione per i contratti a tempo parziale fino a 10 ore settimanali, di inserimento al lavoro dei soggetti svantaggiati attraverso convenzioni con le cooperative sociali, di lavoro intermittente;

- i commi 1173 e 1174 dell'art. 1 della L. 296/2006 riguardanti l'adozione di indici di congruità in relazione ai lavori svolti ed alla manodopera impiegata;

- art. 55 comma 4 lett. h) del D.Lgs. n. 81/2008 in materia di sanzione per l'omessa fornitura ai lavoratori occupati negli appalti della tessera di riconoscimento.

Nota del Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro del 12 settembre 2007, n. 7156, Prot. 60010

LEGGE DEL 3 AGOSTO 2007 N. 123 - ART. 5 "DISPOSIZIONI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE E PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI" E ART. 6 "TESSERA DI RICONOSCIMENTO PER IL PERSONALE DELLE IMPRESE APPALTATRICI E SUBAPPALTATRICI"

Oggetto: Legge 3 agosto 2007 n. 123 - Art. 5 "Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori" e art. 6 "Tessera di riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici".

La Legge n. 123/2007 (1) contiene una serie di norme riguardanti specificatamente l'attività di vigilanza, alcune delle quali immediatamente operative.

Vengono in rilievo, in particolare, le disposizioni dirette a rafforzare gli strumenti per il contrasto al lavoro irregolare, in parte già previsti dall'art. 36 bis della Legge n. 248/2006 nell'ambito dei cantieri edili (2).

L'art. 5 dispone, infatti, che il personale ispettivo del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale può adottare provvedimenti di sospensione di un'attività imprenditoriale, qualora:

- riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati;

- ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale di cui agli artt. 4, 7 e 9 del D.Lgs. n. 66/2003;

- ovvero di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Il potere discrezionale di adottare la sospensione dell'attività imprenditoriale in tale ultima ipotesi è stato esteso al personale ispettivo delle Aziende Sanitarie Locali, nell'ambito dei compiti istituzionali svolti dalle stesse e limitatamente all'accertamento di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (3).

Sulla materia, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Direzione generale per l'Attività Ispettiva ha già fornito con Lettera Circolare del 22 agosto 2007, prot. n. 10797, allegata alla presente, prime istruzioni operative al proprio personale ispettivo, tenuto conto che la nuova disciplina è entrata in vigore il 25 agosto u.s.

Nel rinviare alla citata Lettera Circolare per gli approfondimenti relativi alla nozione di attività imprenditoriale nonché ai presupposti per l'adozione e per la revoca del provvedimento di sospensione, per quanto riguarda gli aspetti più direttamente connessi all'ordinaria operatività dell'attività di vigilanza dell'Istituto, si segnala che, analogamente a quanto già previsto per i cantieri edili, tale provvedimento può essere adottato dagli ispettori del lavoro anche su segnalazione degli ispettori di vigilanza dell'INAIL.

Si confermano, pertanto, le disposizioni già impartite con Circolare 45/2006 (4) in ordine all'immediata comunicazione alla competente Direzione Provinciale del Lavoro di tutte le situazioni nelle quali sia accertata la sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione del provvedimento di sospensione.

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L'art. 6 della Legge n. 123/2007 ha inoltre previsto a decorrere dal 1° settembre 2007 l'obbligo della tessera di riconoscimento per il personale occupato dall'impresa appaltatrice e subappaltatrice nonché per i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, nell'ambito di tutti gli appalti o subappalti.

La norma ripete quanto già previsto per i lavoratori occupati nei cantieri edili a decorrere dal 1° ottobre 2006 dall'art. 36 bis citato, prevedendo per i datori di lavoro che occupano meno di dieci dipendenti la possibilità di assolvere all'obbligo mediante annotazione su apposito registro vidimato dalla competente D.P.L., da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori.

In merito, si rammenta che la violazione degli obblighi inerenti la tessera di riconoscimento, comporta (5):

- per il datore di lavoro, l'applicazione della sanzione amministrativa da Euro 100 a Euro 500 per ciascun lavoratore;

- per il lavoratore, l'applicazione di una sanzione amministrativa da Euro 50 a Euro 300.

Si ricorda infine che nei confronti delle suddette sanzioni non è ammessa la diffida obbligatoria ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

_____ (1) Legge 3 agosto 2007, n. 123 recante "Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia", pubblicata sulla G.U. 10 agosto 2007, n. 185. (2) Legge 4 agosto 2006, n. 248 "Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 4 luglio 2006 n. 223 recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", pubblicata sulla G.U. n. 186 del 11 agosto 2006. (3) Art. 5 comma 6, Legge n. 123/2007. (4) Circolare 23 ottobre 2006 n. 45 "Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Legge n. 248 del 4 agosto 2006, art. 36 bis". (5) Art. 6 comma 3, Legge n. 123/2007. Circolare Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale 28 settembre 2006, n. 29, prot. n. 25/I/4192

ART. 36 BIS D.L. N. 223/2006 (CONV. CON L. N. 248/2006)

Rapporti speciali di lavoro - Edilizia - Contrasto del lavoro nero - Sicurezza nei luoghi di lavoro - Provvedimento di sospensione dei lavori - Tessera di riconoscimento - Registro - Instaurazione del rapporto di lavoro - Comunicazione preventiva - Maxisanzione - Chiarimenti

Oggetto: art. 36 bis D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n. 248/2006).

Come noto, il D.L. n. 223/2006 convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2006 (in G.U. n. 186 dell'11 agosto 2006), ha introdotto all'art. 36 bis "Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro".

La normativa, al fine di assicurare una più efficace azione di prevenzione oltre che di repressione del lavoro sommerso nonché di riduzione del fenomeno infortunistico dei luoghi di lavoro, da un lato interviene a potenziare i poteri e le prerogative del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e, dall'altro, introduce nuovi adempimenti volti a rendere più "trasparenti" le modalità di assunzione e di impiego del personale dipendente, riformulando, altresì, in senso conforme alle indicazioni della Corte Costituzionale, la c.d. maxisanzione per il lavoro "nero" già prevista dall'art. 3 comma 3, D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002).

Si ritiene utile fornire alcuni chiarimenti operativi sulle predette novità, al fine di una corretta interpretazione delle previsioni normative in fase di prima applicazione.

Provvedimento di sospensione dei lavori nel cantiere

L' art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 si caratterizza, anzitutto, per aver concentrato l'attenzione sulle ricadute che l'utilizzo di manodopera irregolare può avere sulle problematiche di sicurezza nei luoghi di lavoro. Già in passato, infatti, si era avuto modo di constatare che le imprese che ricorrono a manodopera irregolare sono

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anche quelle che presentano maggiori tassi infortunistici; invero, prima d'oggi nessuna disposizione normativa aveva espressamente e direttamente collegato i due fenomeni, operando la presunzione secondo cui il lavoro irregolare determina automaticamente anche una condizione di criticità sul fronte della sicurezza sul lavoro.

Tale collegamento emerge in particolare dalla previsione di cui al comma 1 del predetto articolo il quale prevede che "(...) il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni".

La ratio della disposizione, come accennato in premessa, individua una "presunzione" da parte dell'ordinamento circa la situazione di pericolosità che si verifica in cantiere in conseguenza del ricorso a manodopera "non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" giacché la stessa, oltre a non essere regolare sotto il profilo strettamente lavoristico, non ha verosimilmente ricevuto alcuna "formazione ed informazione" sui pericoli che caratterizzano l'attività svolta nel settore edile.

In primo luogo va chiarito l'ambito di applicazione della disposizione che - stante il riferimento a "l'ambito dei cantieri edili" - sembra coincidere con le imprese che svolgono le attività descritte dall'allegato I del D.Lgs. n. 494/1996 nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell'ambito delle realtà di cantiere.

Si tratta in particolare di imprese che svolgono:

1) lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro;

2) scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per i lavori edili o di ingegneria civile.

Per quanto concerne l'"oggetto" del provvedimento di sospensione dei lavori si ritiene che lo stesso vada riferito ad ogni singola azienda che, nell'ambito del cantiere, presenti i presupposti di irregolarità individuati dalla disposizione in esame e non riguardi invece il cantiere considerato nella sua interezza, tranne evidentemente le ipotesi in cui nel cantiere operi una sola azienda. Tale orientamento risponde alla logica di non penalizzare, con un provvedimento che sospenda la complessiva attività del cantiere, anche le imprese che in detto ambito operano in condizioni di regolarità e alle quali sarebbe peraltro inibita la prosecuzione dei lavori senza poter nemmeno incidere in alcun modo sulla regolarizzazione delle violazioni riscontrate; regolarizzazione che viene posta dal legislatore quale condizione per la ripresa dei lavori stessi.

Venendo invece alle condizioni individuate dalla norma per l'adozione del provvedimento di sospensione si ritiene opportuno chiarire quanto segue.

Con riferimento al personale "non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" si precisa che lo stesso va individuato nel personale totalmente sconosciuto alla P.A. in quanto non iscritto nella documentazione obbligatoria né oggetto di alcuna comunicazione prescritta dalla normativa lavoristica e previdenziale. Ne consegue che, da tale formulazione, restano esclusi ad esempio gli eventuali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (o altre forme di lavoro autonomo) che, seppur ritenuti fittizi, risultano comunque iscritti sul libro matricola, così come previsto dal D.Lgs. n. 38/2000. Viceversa, eventuali forme di collaborazione occasionale ritenute non genuine, in assenza di qualunque formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno, invece, contribuire alla determinazione della percentuale di personale irregolare.

Relativamente al calcolo della percentuale del personale "in nero" va in secondo luogo chiarito che detta percentuale va rapportata alla totalità dei lavoratori della singola impresa operanti nel cantiere al momento dell'accesso ispettivo (e non già complessivamente in forza all'azienda) risultanti dalle "scritture o da altra documentazione obbligatoria" come sopra chiarito. A titolo esemplificativo si consideri l'ipotesi di un'impresa con 30 dipendenti in forza che occupa in un cantiere, al momento dell'accesso ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non iscritti sul libro matricola.

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Detta impresa potrà essere destinataria del provvedimento di sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari - rapportati ai 7 lavoratori regolarmente occupati (i 3 lavoratori irregolari vanno dunque esclusi dalla base di calcolo) - rappresentano oltre il 40% della totalità della manodopera.

Ancora con riferimento ai presupposti di adozione del provvedimento di sospensione, un ulteriore chiarimento attiene alla ipotesi "di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale". In tal caso, in particolare, il termine "reiterate" va interpretato come ripetizione di una o più delle diverse condotte illecite contemplate nella norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un determinato arco temporale (l' art. 8 bis della L. n. 689/1981, ad esempio, prende in considerazione gli ultimi 5 anni), tale da non poter considerare la condotta stessa meramente occasionale.

Altre osservazioni attengono al carattere "discrezionale" del provvedimento cautelare in esame. In proposito va ricordato che la ratio della disposizione è quella di garantire l'integrità psicofisica dei lavoratori operanti nel settore edile e tale finalità deve opportunamente guidare il personale ispettivo nell'esercizio del potere discrezionale riconosciuto dalla disposizione. Proprio sulla base di tale premessa, quindi, considerata l'oggettività e la determinatezza dei presupposti normativi, si ritiene che il provvedimento di sospensione dei lavori nel cantiere debba essere "di norma adottato" ogniqualvolta si riscontri la sussistenza di uno o ambedue i presupposti sopra indicati, salvo valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell'opportunità, di non adottare il provvedimento in questione.

In particolare, un utile criterio volto ad orientare la valutazione dell'organo di vigilanza va legato alla natura del rischio dell'attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo conto che il provvedimento può non essere adottato:

1) quando il rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori risulta di lieve entità in relazione alla specifica attività svolta nel cantiere (es. tinteggiatura interna, posa in opera di rivestimenti ecc.);

2) quando l'interruzione dell'attività svolta dall'impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l'incolumità dei lavoratori delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d'acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiale nocivo quale l'amianto).

Tenendo conto di quanto sopra evidenziato e rilevata la necessità che l'obbligo di motivazione comporta sempre una adeguata valutazione dei presupposti del provvedimento di sospensione, si richiama l'attenzione del personale ispettivo sull'esigenza di specificare, oltre che nel provvedimento stesso, anche nel verbale di accertamento, le specifiche fasi di lavorazione effettuate dall'azienda al momento della verifica ispettiva.

La necessaria valutazione di tali circostanze comporta, quale conseguente corollario, che nelle ipotesi in cui gli ispettori di vigilanza degli istituti previdenziali e assicurativi accertino la sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione del provvedimento di sospensione, gli stessi ne diano immediata comunicazione, mediante trasmissione del verbale anche in via telematica, alla Direzione provinciale del lavoro, affinché quest'ultima mediante proprio personale attivi le dovute valutazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dei lavori.

Si sottolinea, inoltre, che l'informativa ai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture relativa all'adozione del provvedimento di sospensione va fatta a cura della Direzione provinciale del lavoro e non già da parte del personale ispettivo che adotta il provvedimento medesimo.

L'art. 36 bis, al comma 2, stabilisce inoltre che "è condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo (...) :

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e successive modificazioni. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti".

In proposito occorre chiarire che per la regolarizzazione dei lavoratori "in nero", oltre alla registrazione degli stessi sui libri obbligatori, al pagamento delle sanzioni amministrative e civili ed al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assicurativi, è necessaria anche l'ottemperanza agli obblighi più immediati di natura prevenzionistica di cui al D.Lgs. n. 626/1994 con specifico riferimento almeno alla sorveglianza sanitaria (visite mediche preventive) e alla formazione ed informazione sui pericoli legati all'attività svolta

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nel cantiere nonché alla fornitura dei dispositivi di protezione individuale.

A tal proposito, si coglie l'occasione per ricordare al personale ispettivo che, ogniqualvolta venga accertata la presenza di manodopera "in nero" nelle attività edili, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione degli obblighi, puniti penalmente, legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria e alla mancata formazione ed informazione), il predetto personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l'ottemperanza alla prescrizione impartita.

Per quanto invece concerne il "ripristino delle regolari condizioni di lavoro" nelle ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi, detto ripristino non può che aversi con il solo pagamento delle relative sanzioni amministrative, stante l'impossibilità sostanziale di una reintegrazione dell'ordine giuridico violato, trattandosi di condotte di natura commissiva, come peraltro già chiarito con circolare n. 8/2005 di questo Ministero.

L'inosservanza del provvedimento di sospensione dei lavori configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 650 c.p. il quale punisce "chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene" con l'arresto sino a tre mesi e l'ammenda sino ad euro 206. In tal caso, infatti, si è in presenza di un provvedimento emanato per ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra nell'ambito della nozione di sicurezza pubblica (in tal senso Cass. sez. III 17 novembre 1960 e Cass. sez. III 14 febbraio 1995 n. 3375).

Ultime osservazioni attengono alla possibilità di impugnare il provvedimento cautelare in sede amministrativa. Al riguardo, pur in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso - contrariamente a quanto avviene con riferimento ad altri poteri ispettivi (ad es. diffida accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, impugnabile presso il Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui all'art. 17 dello stesso decreto) - sembra potersi ammettere un ricorso di natura gerarchica alle Direzioni regionali del lavoro territorialmente competenti, secondo quanto stabilito in via generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971. Resta comunque inalterata la possibilità, da parte della Direzione provinciale del lavoro, di revocare il provvedimento di sospensione dei lavori in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241/1990.

Si allega, in calce alla presente circolare, il modello da utilizzare per l'adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, già diramato con nota prot. n. 25/I/0002975 del 24 agosto 2006.

Lavoro nei cantieri: tessera di riconoscimento o registro

Il comma 3 dell'art. 36 bis introduce l'obbligo per i datori di lavoro, nell'ambito dei cantieri edili, di munire il personale occupato, a decorrere dal 1º ottobre 2006, di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

Anche in tal caso il campo di applicazione della previsione va individuato con riferimento a tutte le imprese che svolgono le attività di cui all'Allegato I del D.Lgs. 494/1996.

Tenuto conto delle finalità della disposizione volta alla immediata identificazione e riconoscibilità del personale operante in cantiere, i lavoratori sono tenuti a portare indosso in chiara evidenza detta tessera di riconoscimento; medesimo obbligo fa capo ai lavoratori autonomi che operano nel cantiere stesso, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ad es. artigiani).

I dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono consentire l'inequivoco ed immediato riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita. La tessera inoltre deve indicare il nome o la ragione sociale dell'impresa datrice di lavoro.

La previsione normativa stabilisce ancora che, in via alternativa, i soli datori di lavoro che occupano meno di dieci dipendenti (cioè massimo nove) possono assolvere all'obbligo di esporre la tessera "mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori".

Con riferimento all'ambito applicativo della previsione si precisa che il suddetto limite numerico va riferito al personale stabilmente in forza all'azienda, tenendo presente che per il computo dello stesso "si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi". Il riferimento ai lavoratori autonomi, evidentemente, è da interpretarsi nel senso di comprendere

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nel calcolo i lavoratori non subordinati che intrattengono comunque un rapporto continuativo con l'impresa (ad es. collaboratori coordinati e continuativi a progetto e associati in partecipazione).

Dalla formulazione della norma, inoltre, si evince che l'obbligo di tenere il registro in argomento è riferito a ciascun cantiere, cosicché l'impresa interessata è tenuta ad istituire più registri qualora impegnata contemporaneamente in lavori da effettuare in luoghi diversi.

Viceversa, in caso di lavori da realizzarsi in tempi diversi, sarà possibile utilizzare il medesimo registro evidenziando tuttavia separatamente il giorno ed il luogo cui le annotazioni si riferiscono.

Tale registro non può mai essere rimosso dal luogo di lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità per la quale lo stesso è stato istituito; va altresì precisato che le annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente prima dell'inizio dell'attività lavorativa giornaliera in quanto trattasi di un registro "di presenza" in cantiere.

Per quanto concerne le modalità di vidimazione del registro da parte delle Direzioni provinciali del lavoro è possibile rinviare in via analogica a quanto previsto dal T.U. n. 1124/1965 con riferimento ai libri di paga e matricola.

Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta sul luogo di lavoro del registro ovvero l'irregolare tenuta dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la medesima sanzione prevista con riferimento alle tessere di riconoscimento (da euro100 ad euro 500 per ciascun lavoratore), essendo il registro uno strumento alternativo ed equipollente alle stesse.

Nei confronti di tali sanzioni si ricorda da ultimo che non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004 per espressa previsione normativa.

Edilizia: comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro

Il comma 6 dell'art. 36 bis ha previsto l'immediata operatività della previsione di cui all'art. 86, comma 10 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilendo che "nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo 9 bis, comma 2, del decreto legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608 e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa".

Come noto, tale previsione era precedentemente subordinata all'emanazione del decreto interministeriale, non ancora adottato, di cui al comma 7 dell'art. 4 bis, del D.Lgs. n. 181/2000 cui viene demandata la definizione dei moduli unificati per le comunicazioni obbligatorie.

In proposito va specificato che le imprese tenute a tale adempimento sono le imprese edili in senso stretto, non potendo trovare applicazione lo stesso criterio interpretativo adottato con riferimento al comma 1 dell'art. 36 bis che, come già detto, fa riferimento alle imprese rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996. Ciò significa, in sostanza, che va tenuto presente l'inquadramento - ovvero l'inquadrabilità - previdenziale delle imprese in questione ai fini della applicazione della norma.

Quanto alla modalità di comunicazione dell'assunzione, che deve risultare da documentazione "avente data certa", si deve ritenere che tale circostanza sia desumibile, oltre che dalla tradizionale raccomandata a/r, anche da comunicazioni telematiche (fax ovvero posta elettronica certificata). Occorre precisare che, in caso di instaurazione di rapporti di lavoro in un giorno immediatamente successivo a una giornata festiva, l'adempimento in questione potrà essere effettuato anche nella stessa giornata festiva, stante il tenore letterale della previsione normativa e considerata la possibilità di avvalersi di strumenti telematici (fax e posta elettronica certificata).

Si ricorda, da ultimo, che la violazione dell'obbligo di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro è punita con la sanzione amministrativa di cui all'art. 19 comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, pari ad una somma da euro 100 ad euro 500.

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Maxisanzione per il lavoro "nero"

L'art. 36 bis, comma 7, modifica la c.d. maxisanzione per il lavoro nero, introdotta nel 2002 dal D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002). La legge di conversione del D.L. n. 223/2006 stabilisce che "ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata".

Senza modificare il comma 4 dell'art. 3 del D.L. 12/2002 - secondo il quale "alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro" - l'art. 36 bis sostituisce invece il comma 5 del predetto articolo, stabilendo che alla contestazione della sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 14 della L. n. 689/1981 provvede il personale ispettivo della Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, Direzione che provvederà successivamente ad emettere l'eventuale ordinanza di ingiunzione o di archiviazione. È infine stabilito che nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

In proposito va anzitutto sottolineato che la sanzione si aggiunge ("ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore") ad ogni ulteriore provvedimento di carattere sanzionatorio legato all'utilizzo di manodopera irregolare (omessa comunicazione di assunzione, omessa consegna della relativa dichiarazione, omessa denuncia all'INAIL del codice fiscale ecc.).

Va inoltre sottolineato che la fattispecie in argomento si realizza attraverso "l'impiego" di qualunque tipologia di lavoratore a qualunque titolo e per qualsiasi ragione non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, restando invece fuori dall'applicazione della sanzione tutte le forme di prestazione lavorativa che occultano rapporti di lavoro subordinato dietro altre tipologie contrattuali (ad es. contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto) sempre che risultino dalla documentazione aziendale o da comunicazioni effettuate ad amministrazioni pubbliche.

Per quanto concerne l'importo sanzionatorio, è prevista una sanzione amministrativa da "euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo" e una sanzione di natura civile connessa all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non inferiore a euro 3.000, "indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata".

Al riguardo si sottolinea che trattasi di una sanzione proporzionale che prevede un importo minimo e massimo (euro 1.500 - euro 12.000) ed un importo in misura fissa di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Tale ultimo importo (euro 150 giornaliere) costituisce una mera maggiorazione della sanzione edittale e perciò per esso non trova applicazione l' art. 16 della L. n. 689/1981.

Per quanto attiene ai profili contributivi, la sanzione civile prevista dalla norma trova applicazione evidentemente con esclusivo riferimento ai contributi evasi, trattandosi di rapporti di lavoro totalmente in nero. La quantificazione della stessa in misura comunque non inferiore ad euro 3.000 per ciascun lavoratore, e distintamente riferita alla contribuzione previdenziale e alla assicurazione INAIL, costituisce una scelta del legislatore che interviene a stabilire una soglia minima di tale misura afflittiva nelle ipotesi in cui la quantificazione della stessa risulti inferiore a tale importo. Va peraltro precisato che la sanzione trova evidentemente applicazione nelle ipotesi in cui sia scaduto il termine per il versamento dei contributivi relativi al periodo di paga in corso al momento dell'accertamento.

Occorre infine precisare il regime sanzionatorio applicabile alle fattispecie di "impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria", nelle ipotesi in cui la condotta sia iniziata anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 248/2006 (12 agosto 2006) e proseguita oltre tale data. Trattasi, in altre parole, di un problema di successione di leggi nel tempo che sanzionano condotte di natura permanente quale, per l'appunto, quella in esame.

Va premesso, anzitutto, che nel campo degli illeciti amministrativi trova applicazione il principio del tempus regit actum, secondo il quale la disciplina applicabile è quella in vigore al momento della commissione della violazione, senza che - come avviene invece in campo penale - debba valutarsi il principio del favor rei alla luce delle previsioni sanzionatorie sopravvenute (v. circ. n. 37/2003). Per quanto attiene alla consumazione dell'illecito di natura permanente tuttavia - come sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7769) - bisogna tenere presente che lo stesso si realizza, non con l'inizio ma con la cessazione del comportamento lesivo che, di norma, coincide con la data dell'accertamento da parte del personale ispettivo. Nel caso in esame, pertanto, il rapporto di lavoro "in nero" iniziato prima del 12 agosto 2006 e proseguito oltre tale data rientra nel campo di

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applicazione della nuova disciplina introdotta dall'art. 36 bis, comma 7 che prevede, quale organo competente alla irrogazione della sanzione, la Direzione provinciale del lavoro e non già l'Agenzia delle Entrate.

Facendo riserva di fornire ulteriori e più approfonditi chiarimenti in ordine alle problematiche sopra evidenziate, si invita il personale ispettivo di attenersi alle indicazioni fornite con la presente circolare.

Allegato

Rapporti speciali di lavoro - Edilizia - Contrasto del lavoro nero - Sicurezza nei luoghi di lavoro - tessera di riconoscimento - Registro - Instaurazione del rapporto di lavoro - Comunicazione preventiva - maxisanzione - Provvedimento di sospensione dei lavori - Modello

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Direzione Provinciale del Lavoro di

Servizio Ispezione del lavoro

Via Tel. Fax Indirizzo e-mail DPL- @lavoro.gov.it

PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DEI LAVORI NELL'AMBITO DEL CANTIERE

(art. 36 bis, comma 1, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248)

L'anno il giorno del mese di alle ore, i/il sottoscritti/o ufficiale/i di polizia giudiziaria Ispettori del Lavoro/Addetti alla vigilanza, addetti/o al Servizio Ispezione Lavoro/Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro della intestata Direzione Provinciale del Lavoro, in occasione delle indagini compiute a seguito della visita ispettiva effettuata presso il cantiere sito in alla via, hanno/ha riscontrato a carico della ditta avente sede legale in via/p.zza:

[_] l'impiego di personale in calce indicato non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari al per cento (n. .......) del totale dei lavoratori regolarmente occupati dalla ditta medesima nel cantiere all'atto dell'ispezione (n. .......)

reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, in quanto,

Per quanto precede, a norma dell'art. 36 bis, comma 1, del D.L. n. 223/2006 come convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2006 i/il sottoscritti/o adottano/adotta col presente atto, con decorrenza ed efficacia immediata, dalla data di notifica dello stesso,

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PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DEI LAVORI NELL'AMBITO DEL CANTIERE EDILE SOPRA IDENTIFICATO.

In proposito si avverte che il presente provvedimento sarà revocato esclusivamente a condizione che si accerti:

[] la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

[] il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al D.Lgs. n. 66/2003 e successive modificazioni.

Si avverte, inoltre, che:

- è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti;

- in caso di prosecuzione dei lavori in violazione del presente provvedimento si provvederà ad informare l'Autorità Giudiziaria per violazione dell'art. 650 del codice penale.

Si informa, altresì, che si provvederà a dare notizia tempestivamente ai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del presente provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione, nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni.

Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso gerarchico al Direttore della Direzione Regionale del Lavoro (art. 1, D.P.R. n. 1199/1971), entro 30 giorni dalla notifica dello stesso, ovvero ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (legge n. 1034/1971, come modificata dalla legge n. 205/2000) entro 60 giorni dalla notifica, oppure ricorso straordinario al Capo dello Stato (art. 8, D.P.R. n. 1199/1971), entro 120 giorni dalla notifica.

Il presente provvedimento di sospensione è altresì inviato in copia al committente Sig./Ditta residente/avente sede legale in alla via, per l'opportuna conoscenza e per le eventuali determinazioni di competenza.

I/IL VERBALIZZANTI/E

...........................................

ELENCO LAVORATORI IRREGOLARI (generalità e mansioni):

1)

2)

3)

4)

5)

6)

7)

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RELATA DI NOTIFICA

sottoscritto/i quale in servizio presso l'intestata Direzione Provinciale del Lavoro ha/hanno notificato il presente verbale a

Ditta

sede legale a via n.

- mediante consegna in busta chiusa al Sig.

identificato a mezzo di

nella sua qualità di

- mediante invio di raccomandata A.R. dall'Ufficio Postale di

Data e luogo Firma del/dei verbalizzante/i

RELATA DI NOTIFICA

sottoscritto/i quale in servizio presso l'intestata Direzione Provinciale del Lavoro ha/hanno notificato il presente verbale a

Ditta

sede legale a via n.

- mediante consegna in busta chiusa al Sig.

identificato a mezzo di

nella sua qualità di

- mediante invio di raccomandata A.R. dall'Ufficio Postale di

Data e luogo Firma del/dei verbalizzante/i

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RELATA DI NOTIFICA

sottoscritto/i quale in servizio presso l'intestata Direzione Provinciale del Lavoro ha/hanno notificato il presente verbale a

Ditta

sede legale a via n.

- mediante consegna in busta chiusa al Sig.

identificato a mezzo di

nella sua qualità di

- mediante invio di raccomandata A.R. dall'Ufficio Postale di

Data e luogo Firma del/dei verbalizzante/i

RELATA DI NOTIFICA

sottoscritto/i quale in servizio presso l'intestata Direzione Provinciale del Lavoro ha/hanno notificato il presente verbale a

Ditta

sede legale a via n.

- mediante consegna in busta chiusa al Sig.

identificato a mezzo di

nella sua qualità di

- mediante invio di raccomandata A.R. dall'Ufficio Postale di

Data e luogo Firma del/dei verbalizzante/i

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Ambiente & Sicurezza - Guida agli adempimenti

G.A. Scheda esplicativa

Gestione della sicurezza e tutela della salute negli ambienti di lavoro - Sicurezza e igiene nelle costruzioni - 6.4 Contratto d'appalto o d'opera

6.4 CONTRATTO D'APPALTO O D'OPERA

Adempimenti previsti (D.Lgs. 81/2008)

Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima:

a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;

2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:

a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i

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costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.

8. Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

Frequenza di aggiornamento

Per tutti i lavori di affidamento all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.

Figure aziendali coinvolte

Datore di lavoro, dirigente, preposto, R.L.S., lavoratori.

Figure professionali ed istituzionali coinvolte

Consulenti esterni, Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavoro (sezione dell'AUSL territorialmente competente, Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente

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(Scheda tratta dalla Guida agli Adempimenti della banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza)

Selezione tratta dalla banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza 34

Commenti tratti dalle riviste professionali de “Il Sole 24 Ore”

GIRO DI VITE PENALE PER CHI SOTTOVALUTA I RISCHI

Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, 30 agosto 2008, n. 34, p. 47 a cura di Aldo Monea La legge di delega 123/2007 che ha portato al Dlgs 81/2008 conteneva una serie di precise indicazioni in merito al futuro regime sanzionatorio da realizzare con la riforma della sicurezza nei luoghi di lavoro. L'articolo 1 alla lettera f) individuava, infatti, una serie di indicazioni in merito alle modifiche da introdurre nell'ambito del testo legislativo.

I profili salienti da rispettare riguardavano, in particolar modo, le esigenze di:

• riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto della responsabilità e delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato.

In tale direzione il profilo che veniva maggiormente rimarcato nell'ambito della delega era quello nella responsabilità del preposto, che, indubbiamente, si presentava nell'ambito del decreto legislativo del 1994 uno dei soggetti più avanti sia a monte, sul piano delle proprie infrazioni, sia a valle, al livello delle sanzioni, poco chiaro.

Rispetto a tale figura vi erano state peraltro parecchie decisioni giurisprudenziali che avevano, almeno in termini di chiarezza, migliorato la situazione;

• un intervento diretto sostanzialmente a valorizzare gli strumenti giuridici diretti alla regolarizzazione ed eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi. A tale scopo vi era nella delega un indirizzo specifico a favore del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;

• un'ulteriore indicazione in merito all'utilizzo delle sanzioni in penali da riservare, esclusivamente, a infrazioni di un certo peso. il legislatore a questo proposito rimandava, tuttavia, a un criterio (la lesione di interessi generali dell'ordinamento), peraltro, ritenuto estremamente vago dalla Corte costituzionale, e quindi ai fini sostanziali di non grande utilità.

SANZIONI DISTRIBUITE

Il testo legislativo che ne è derivato (il Dlgs 81/2008) nell'applicare, sostanzialmente, tali indirizzi ha prodotto, altresì, ulteriori elementi di differenziazione rispetto al Dlgs del 1994.

Una prima novità è di carattere strutturale. Le sanzioni sono, infatti, poste nello stesso titolo di riferimento. In tal modo, ad esempio, gli obblighi generali del datore di lavoro sono individuati all'articolo 18, nel Titolo primo, e le sanzioni relative a tali adempimenti sono anch'essi precisati nello stesso Titolo primo all'articolo 55. Allo stesso modo, per fare un altro esempio, i compiti specifici in materia di uso delle attrezzature di lavoro sono indicati all'articolo 71 del Titolo III e così anche le specifiche sanzioni in materia sono precisate nello stesso Titolo terzo, all'articolo 87.

Indubbiamente la posizione vicino ai compiti e la disaggregazione delle sanzioni contribuisce, quindi, a fare un po' di chiarezza rispetto al Dlgs 626/1994 in cui le sanzioni penali erano poste alla fine del testo, creando negli operatori (e negli interpreti giuridici), una qualche difficoltà aggiuntiva nell'esame delle disposizioni.

I SOGGETTI

Passando a profili più sostanziali possiamo dire che il quadro sanzionatorio, almeno per quanto riguarda i destinatari delle sanzioni, risulta sostanzialmente conforme a quanto già presente nel Dlgs n. 626. I soggetti sanzionati sono, infatti, gli stessi del 1994:

• datore di lavoro,

• dirigente

• preposto

• medico competente

• lavoratori

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• progettisti

• fabbricanti

• fornitori

• installatori.

Talune sanzioni sono anche previste per i lavoratori autonomi in quanto svolgano lavori (e per quanto riguarda specificatamente la propria attività) presso altri soggetti, ivi compreso un Ente locale.

Del regime sanzionatorio relativo a tali figure si è in parte accennato in varie parti di questo numero della Rivista, a cui quindi si rimanda per i profili già esaminati. Rispetto a quanto già detto, si segnaleranno ora, di seguito, dei profili integrativi.

PER IL DATORE

Il Datore di lavoro, per quanto riguarda i suoi obblighi generali (previsti nel Titolo primo), trova una nuova sanzione penale per il caso in cui ometta la valutazione dei rischi e non adotti il documento relativo a essa.

La sanzione è piuttosto elevata potendo consistere nell'arresto (da quattro a otto mesi) o nell'ammenda (da 5 000 a 15 000 euro).

Nei casi di particolari imprese (quali centrali termoelettriche, imprese in cui si entra a contatto con l'amianto o altri materiali cancerogeni, fabbriche di esplosivi), l'omessa relazione sulla valutazione dei rischi può portare all'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi.

Si aggrava nel nuovo testo la punizione per il Datore che non proceda alla designazione del responsabile del Spp: tale violazione può determinare una sanzione dell'arresto da quattro a otto mesi o dell'ammenda (da 5 000 a 15 000 euro), che è superiore a quanto previsto dal Dlgs n. 626.

PER IL DIRIGENTE

Discorso diverso va fatto, invece, per quanto riguarda la figura del dirigente. A questo proposito va chiarito che i compiti da svolgere da parte di tale soggetto vanno ricavati, in via indiretta, tenendo presente il ruolo adottato dallo stesso datore di lavoro per la sicurezza.

L'organo gestionale per eccellenza può, di fatto, scegliere, in linea di massima, come conformare il proprio ruolo: deve mantenere a sé solo i compiti non delegabili assolutamente, previsti all'articolo 17, mentre può affidare al dirigente della sicurezza la parte restante delle proprie attività doverose.

In tal modo il ruolo del dirigente è, potenzialmente, variabile da un Ente locale a un altro e possono, di conseguenza, variare le sanzioni di cui egli sia diretto destinatario.

POTERI DIRETTIVI

Fatta questa precisazione, ogni compito del datore di lavoro che sia stato validamente delegato al dirigente della sicurezza può determinare, in presenza specifiche condotte dello stesso dirigente, delle sanzioni a suo carico. Un quadro di sintesi delle infrazioni (quelle principali del Titolo primo) e delle sanzioni a carico del datore sono sintetizzate in una tabella a margine di questo articolo.

Come già precisato in parte in altri articoli in questo numero di Guida agli Enti Locali, è da tenere presente che, di regola, il regime sanzionatorio scatta a carico dei tre soggetti gestionali (datore di lavoro per la sicurezza, dirigente della sicurezza e preposto) in conseguenza di una violazione dei compiti previsti della legge e in quanto le figure stesse siano state investite del ruolo da svolgere.

Di regola, quindi:

• il datore di lavoro pubblico per la sicurezza deve essere investito nel ruolo da parte dell'organo di vertice dell'amministrazio ne locale,

• il dirigente pubblico per la sicurezza deve essere designato dal datore di lavoro per la sicurezza,

• il preposto deve essere investito nel proprio ruolo o dal datore o, in base specifica delega, dal dirigente.

Questo quadro, tuttavia, può essere alterato dalla regola di cui all'articolo 299, secondo la quale le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), (nda: datore), d) (nda: dirigente) ed e) (nda: preposto), gravano anche su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

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Questo significa che il carico di sanzioni previsto dalla legge in materia di sicurezza sul lavoro può, altresì, avere come destinatario, il soggetto, che nella nell'Ente locale, si comporti di fatto come il datore di lavoro, come il dirigente della sicurezza o come il preposto, intervenendo, in termini effettivi, ad esempio, dando direttive o impartendo istruzioni in materia di sicurezza sul lavoro a cui i lavoratori mostrano di dare applicazione Ad una condotta di fatto, che sia seguita dei lavoratori, segue una responsabilità derivante, proprio, dall'esercizio di fatto di uno dei ruoli gestionali della sicurezza.

PER IL LAVORATORE

Non è mai sufficientemente noto negli Enti locali la circostanza che anche il lavoratore è largamente destinatario di sanzioni di natura penale.Il lavoratore deve, infatti, svolgere un particolare ruolo in materia di sicurezza sul lavoro

Ogni lavoratore, infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 20 del Dlgs 81/2008, deve:

• prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro;

• contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Rispetto a tale ruolo il legislatore del Dlgs 81/2008 (così come anche quello del decreto 626/1994) non ha previsto una qualche sanzione di natura penale almeno per quanto riguarda tali generici profili della sua missione in materia di sicurezza sul lavoro.

Il Legislatore è, tuttavia, intervenuto dettando precise e dure sanzioni rispetto a specifici compiti del lavoratore, con la conseguenza che la non ottemperanza a tali suoi doveri determina, in quasi tutti i casi, un eventuale procedimento penale e una possibile in conseguenza sanzionatorio.

L'eccezione è riferita alla sanzione di tipo amministrativo per i lavoratori che non utilizzino il tesserino di riconoscimento.

Il dettaglio delle infrazioni e delle sanzioni è descritto in una specifica tabella a margine di quest'articolo.

RINVIO AL CODICE PENALE

Il quadro sanzionatorio, in precedenza riferito solamente alle infrazioni e sanzioni previste nel Titolo del Dlgs 81/2008, andrebbe, ovviamente, completato con la miriade di infrazioni e sanzioni individuate nei Titoli successivi dello stesso decreto.Tale esame, per motivi di economia del presente lavoro, non può, evidentemente, essere qui svolto, rinviando, in tal senso, alla lettura delle specifiche parti del testo legislativo.

Un profilo sanzionatorio su cui è assolutamente necessario fare un accenno è, invece, quello relativo ad un ulteriore campo di sanzioni rilevanti in materia di violazioni sulla sicurezza.Si intende qui, infatti, ricordare che ulteriori e pesanti sanzioni sono previste nell'ambito del vigente Codice penale. Due di tali ulteriori condotte e sanzioni sono espresse, principalmente, nell'ambito dell'articolo 589 delle Codice penale (omicidio colposo) e dell'articolo 590 dello stesso Codice (lesioni personali colpose) in quanto tali reati siano commessi con l'aggravante della violazione di norme prevenzionali. Il compimento di tali reati può riguardare i soggetti della sicurezza e, quindi, non solo il datore di lavoro o il dirigente, ma altresì il preposto e, persino, il lavoratore e, addirittura (nei casi di colpa professionale rilevante), il responsabile del servizi prevenzione e protezione.

Le sanzioni sono state peraltro, recentemente, appesantite per effetto delle recentissimo Decreto legge 23 maggio 2008, n. 92 (in Gazzetta Ufficiale n. 122 del 26 maggio 2008), che prevede, per l'omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, come pena una reclusione da due a sei anni, mentre stabilisce, per le lesioni personali colpose gravi, nei casi di violazione delle norme sulla prevenzione, la reclusione da tre mesi a un anno o la multa da 500 a 2.000 euro e per quelle gravissime la pena della reclusione da uno a tre anni.

BENEFICI

Si è detto in precedenza che la Legge delega n. 123 del 2007 imponeva che il futuro Decreto realizzasse anche una valorizzazione delle condotte messe in atto dai soggetti per regolarizzare.

Ciò è effettivamente avvenuto in quanto il recente Decreto legislativo ha, sostanzialmente, previsto tre ipotesi in cui il ravvedimento porta significativi benefici a colui che ha commesso un'infrazione alle norme in materia di sicurezza:

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a) l'estinzione della pena per effetto del Decreto legislativo 758/1994;

b) l'applicazione, in luogo dell'arresto, della pena dell'ammenda in virtù dell'articolo 302 del Dlgs 81/2008;

c) la riduzione della pena di un terzo nei casi di cui all'articolo 303.

Il primo caso di effetti positivi di una potenziale regolarizzazione è quello precisato all'articolo 301, in relazione al Dlgs 758/1994. Tale procedura si può, in realtà, applicare solo a seguito di una serie di determinati reati precisati nello stesso Decreto e si innesca dopo una verifica della vigilanza che abbia diffidato il contravventore.

Per effetto della diffida ed in attesa dell'eventuale regolarizzazione, il procedimento penale è sospeso. Una volta che il contravventore abbia eventualmente provveduto a mettere a posto quanto oggetto della violazione ed abbia pagato un determinato importo a titolo di sanzione amministrativa, il reato viene estinto.

La seconda forma di regolarizzazione (articolo 302) prevede, invece, per le contravvenzioni previste dal Dlgs 81/2008 e punite con la sola pena dell'arresto, che il giudice applichi, in luogo dell'arresto, un'ammenda (in misura non inferiore a 8.000 euro e non superiore a 24.000 euro) se, entro la conclusione del giudizio di primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarità, le fonti di rischio e le eventuali conseguenze dannose del reato.

Il reato commesso, inoltre, si estingue decorsi tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che l'imputato abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quelli di agli articoli 589 e 590 del Codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Tale beneficio non è, però, possibile nei seguenti casi:

• la violazione abbia determinato il verificarsi di un infortunio sul lavoro;

• il fatto sia stato commesso da soggetto che abbia già riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli articoli 589 e 590 del Codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

La terza ipotesi (articolo 303 Dlgs 81/1994) prevede una circostanza attenuante per i reati previsti dal provvedimento qui in esame, purché le infrazioni relative siano punite con la pena dell'arresto, anche in via alternativa.

In tali casi il contravventore che, prima dell'inizio del dibattimento, si sia adoperato concretamente per la rimozione delle irregolarità riscontrate dagli organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del reato, riceve come premio, per il suo comportamento di regolarizzazione, una riduzione fino a un terzo della pena.

Datore di lavoro e dirigente: violazioni e sanzioni

Principali infrazioni generali (Titolo I) Destina- tario

Sanzioni

• Omessa valutazione dei rischi

• Mancata adozione del documento di sintesi a essa relativa

• Redazione di un documento privo di una serie di contenuti considerati essenziali dal legislatore (cioè quelli di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28) o mancato aggiornamento delle misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi.

• Mancata nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, salvo nei casi di svolgimento diretto del ruolo da parte del datore di lavoro

Infrazioni esclusive del datore di lavoro

Arresto da quattro a otto mesi o ammenda da 5.000 a 15.000 euro

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Mancata nomina del medico competente

Infrazione del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 10.000 euro

Violazione degli articoli 18, commi 1, lett. d), h), e v), e 2, 26, comma 1, lett. b), 43, comma 1, lett. d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2.

Principali infrazioni ricomprese:

• mancata fornitura ai lavoratori dei necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

• mancata adozione delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e mancata comunicazione di istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

• mancata convocazione della riunione periodica di cui all'articolo 35 nelle unità produttive con più di 15 lavoratori;

• mancato aggiornamento delle misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

• mancata comunicazione annuale all'Inail dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

• mancata vigilanza affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.

• mancata fornitura di informazioni al SPP ed al medico competente

Violazione degli articoli 18, comma 1, lettera c) : affidamento dei compiti non tenendo conto delle capacità delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute alla sicurezza.

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro

Violazione di una serie di disposizioni (articoli 18, comma 1, lett. b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1, lett. a), b) e c)

Principali infrazioni ricomprese:

• mancata designazione preventiva dei lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

• non aver richiesto al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Arresto da due a quattro mesi o ammenda da 800 a 3.000 euro

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• non essersi astenuto, salvo eccezione debitamente motivata, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

• non aver consentito ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

• mancata frequenza per svolgere direttamente i compiti di prevenzione protezione dei rischi

• non adeguata informazione e lavoratori sui contenuti previsti dall'art. 36 mancata organizzazione dei rapporti con i servizi pubblici in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza.

Violazione degli articoli 18, comma 1, lettera l) e 43, comma 4. Principali infrazioni ricomprese:

• mancata informazione il più presto possibile ai lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese da prendere in materia di protezione

• astensione dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave immediato

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro

Violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere a) e b), 34, commi 1 e 2

Principali infrazioni ricomprese:

• mancata verifica secondo le modalità di legge dell'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi svolgimento diretto di compiti propri del Spp, di primo soccorso o di prevenzione incendi, senza aver dato preventiva informazione al rappresentante del lavoratori

• svolgimento diretto di compiti propri del Spp, di primo soccorso o di prevenzione incendi, senza aver frequentato un corso di formazione di durata minima di 16 h massime di 48 h, adeguate alla natura dei rischi e relativi all'attività lavorative

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro

• Redazione del documento di valutazione dei rischi non rispettando le modalità di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3 (non acquisita collaborazione del Resp. Spp e del medico competente),

• nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino il programma delle misure ritenute opportune o l'indicazione del nominativo del Resp. Spp, del Rappresentate dei lavoratori per la sicurezza

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Ammenda da 3.000 a 9.000 euro per il datore di lavoro

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Violazione degli articoli 18, comma 1, lett. u), 29, comma 4, e 35, comma 2

Esempi di violazione:

• non aver munito del lavoratori (svolgimento di attività in regime di appalto di subappalto) di apposita tessera di riconoscimento

• mancata custodia del documento di valutazione rischi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione rischi

• sottoposizione di documenti, informazioni sugli infortuni, determinati criteri di scelta e programmi di informazione formazione

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro

Violazione dell'articolo 18, comma 1, lett. r), con riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni: mancata informazione di dati all'INAIL e all'Ipsema

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria da 2.500 a 7.500

Violazione dell'articolo 18, comma 1, lett. bb) : mancata vigilanza affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio idoneità

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria da 1.500 a 4.500 euro

• Mancata informazione di dati all'INAIL e all'IPSEMA

• Mancata consultazione del rappresentante del lavoratori per la sicurezza nell'ambito delle retribuzioni di cui all'articolo 50

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro

Violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa) : mancata comunicazione annuale all'INAIL dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria di euro 500

Per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26, comma 8: mancata al personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrici di apposita tessera di riconoscimento corredate di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro

Infrazioni del datore di lavoro o del dirigente a ciò delegato

Sanzione amministra- tiva pecuniaria da 100 a 500 euro

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Infrazioni e sanzioni per il lavoratore

Infrazioni Sanzioni

• Mancata osservanza delle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale

• Non utilizzo corretto delle attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;

• Utilizzo in modo non appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

• Mancata segnalazione immediata al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

• Rimozione o modifica senza autorizzazione di dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

• Il compimento di propria iniziativa di operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

• Mancata partecipazione ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

• La non sottoposizione ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente

Arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 600 euro

La mancata esposizione di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale sanzione si applica solo rispetto a:

• I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto;

• in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la violazione dell'art. 20 c. 3; la stessa sanzione si applica ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione

Opportunità di regolarizzazione

Articolo 301 Dlgs 81/2008: la reiterazione del Dlgs 758/1994

L'applicazione, in luogo dell'arresto, della pena dell'ammenda (Articolo 302 Dlgs 81/2008)

La riduzione della pena

(Articolo 302 Dlgs 81/2008)

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SOMMERSO E VIOLAZIONI DELLA SICUREZZA COMPORTANO LA SOSPENSIONE DEI LAVORI

Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2008, n. 31 p. 32 a cura di Luigi Caiazza

L'articolo 14 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, che approva il Testo unico sulla tutela della salute contro gli infortuni sul lavoro, recepisce, modificandolo, l'articolo 5 della legge 3 agosto 2007 n. 123, il quale, a sua volta, aveva introdotto delle notevoli integrazioni all'articolo 36-bis del Dl 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modifiche, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248.

Con la nuova disposizione il provvedimento di sospensione dei lavori previsto dal citato articolo 36-bis, in caso di accertato lavoro sommerso e reiterate violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi, ampliando la platea dei soggetti, viene esteso a tutti i settori ed è applicabile anche nel caso di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro.

In tutte le ipotesi sopra indicate è prevista l'applicazione di una sanzione amministrativa aggiuntiva, rispetto a quelle previste per singole leggi violate.

Il potere di sospensione dei lavori è esteso anche al personale ispettivo delle Asl per le violazioni in materia di sicurezza.

Una più recente modifica è stata introdotta dall'articolo 41, comma 11, del Dl 25 giugno 2008 n. 112 che, entrato in vigore lo stesso 25 giugno, ha eliminato l'ipotesi, per la sospensione dei lavori, delle reiterate violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposo.

L'articolo 26, invece, conferma l'obbligo della tessera di riconoscimento. Essa già con il citato articolo 36-bis, nel settore dell'edilizia, era stata resa obbligatoria e dal 1' settembre 2007, ai sensi dell'articolo 5 della legge 123/2007, era stata estesa a tutte le attività in regime di appalto e subappalto.

ISPETTORI

Competenze. L'intervento degli ispettori del lavoro, ferma restando la prima ipotesi (lavoro nero), è previsto in caso di accertate, gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza solo nel settore dell'edilizia per la quale già operano ai sensi del Dpcm 14 ottobre 1997 n. 412, così come a suo tempo chiarito dallo stesso ministero del Lavoro, con la circolare 14 novembre 2007 n. 24, e nel quale maggiormente si è avvertita l'esigenza di elevare gli standard di sicurezza. Per settore edile devono intendersi le lavorazioni elencate nell'allegato I al Dlgs 14 agosto 1996 n. 494, e cioè: lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, trasformazione, rinnovamento o smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria gli scavi, il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

Ne consegue che, in tutti gli altri settori, i provvedimenti di sospensione, per le violazioni in materia di sicurezza, potranno essere adottati esclusivamente dai funzionari delle Asl; ciò, per espressa previsione del comma 2 dell'articolo 14 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81.

INCENDI

Certificato di prevenzione. Il comma 2 dell'articolo 14 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81 prevede che in materia di prevenzione incendi trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139.

In relazione a quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, del Dlgs 139/2006, il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti e industrie pericolose, individuati. L'articolo 19, comma 1, stabilisce che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco esercita, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti a essa assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attività di vigilanza, il

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Corpo nazionale può avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e organismi aventi specifica competenza. Il comma 3 stabilisce altresì che, qualora nell'esercizio dell'attività di vigilanza siano rilevate condizioni di rischio, l'inosservanza della normativa di prevenzione incendi ovvero l'inadempimento di prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività, il Corpo nazionale adotta, attraverso i propri organi, i provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza delle opere e dà comunicazione dell'esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da assumere nei rispettivi ambiti di competenza. L'articolo 20 stabilisce che chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo è punito con l'arresto sino a un anno o con l'ammenda da 258 a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni e che chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese ai fini del rilascio o del rinnovo del certificato di prevenzione incendi, attesti fatti non rispondenti al vero è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da 103 euro a 516 euro. La stessa pena si applica a chi falsifica o altera le certificazioni e dichiarazioni medesime. Il comma 3, dell'articolo 20, stabilisce, infine, che, ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni vigenti, il prefetto può disporre la sospensione dell'attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di richiedere: il rilascio ovvero il rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo e intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi medesimi sono obbligatori. La sospensione è disposta fino all'adempimento dell'obbligo.

INTERRUZIONE DELLE ATTIVITÀ

Condotte illecite. Le disposizioni richiamate dall'articolo 14 non precisano, però, quale sia la relazione tra il provvedimento di sospensione, di natura amministrativa[1], e il sequestro preventivo, ex articolo 321 del Cpp[2], che certamente sarà adottato dall'ispettore per le stesse cause che hanno determinato quello della sospensione - gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza - e soprattutto la soluzione da darsi in caso di contestazioni e divergenti decisioni a seguito dei rispettivi gravami[3].

In ordine al requisito della "reiterazione", esso, secondo la circolare, è da intendersi come ripetizione di condotte illecite gravi nell'arco temporale dell'ultimo quinquennio e lo stesso va individuato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 123/2007[4], con esclusione quindi dei fatti antecedenti a tale data. Ciò impone evidentemente una ricerca rigorosa all'interno dell'amministrazione e presso gli altri organi di vigilanza, ovvero l'effettuazione di accertamenti sull'esistenza di sentenze passate in giudicato (casellario giudiziale).

Per quanto attiene, infine, le "gravi" violazioni, occorre riferirsi a violazioni che mettono a repentaglio gli interessi dell'ordinamento. Nel rispetto, tuttavia, della tassatività, che non può non connaturare il presupposto per l'adozione di un provvedimento di rilevante gravità, quale quello della sospensione di un'"attività imprenditoriale", il comma 1 dell'articolo 14 stabilisce che tali circostanze saranno individuate con decreto del ministero del Lavoro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. In attesa, però, dell'adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, sono quelle individuate nell'allegato I al Tu. Esse riguardano:

a. violazioni che espongono a rischi di carattere generale:

mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;

mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione;

mancata formazione e addestramento;

mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;

mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (Psc);

mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (Pos);

mancata nomina del coordinatore per la progettazione;

mancata nomina del coordinatore per l'esecuzione;

b. violazioni che espongono al rischio di caduta dall'alto:

mancato utilizzo della cintura di sicurezza;

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mancanza di protezioni verso il vuoto;

c. violazioni che espongono al rischio di seppellimento:

mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno;

d. violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione:

lavori in prossimità di linee elettriche;

presenza di conduttori nudi in tensione;

mancanza di protezione contro i contatti diretti e indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale);

e. violazioni che espongono al rischio d'amianto:

Mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.

Sul punto è da precisare che il ministero del Lavoro, con la circolare 28 settembre 2006 n. 29, ha richiamato l'attenzione dell'organo ispettivo di valutare l'opportunità di adottare il provvedimento di sospensione in tutte quelle ipotesi in cui venga a compromettere il regolare funzionamento di un'attività di servizio pubblico compromettendo il godimento di diritti costituzionalmente garantiti.

Deve trattarsi, quindi, di un provvedimento non automatico od obbligatorio, da parte dell'ispettore, ma discrezionale.

È ovvio, come si sostiene, che la limitazione a tali diritti, dovrà trovare, invece, giustificazione qualora il provvedimento di sospensione per gravi e reiterate violazioni, sia da considerarsi funzionale ai fini della tutela del primario diritto costituzionale alla salute; cioè, sempre, atteso che le ragioni che legittimano il provvedimento di per sé compromettono il diritto alla salute.

Sanzione aggiuntiva. Il ministero del Lavoro ha fornito, con la circolare 14 novembre 2007 n. 14, un'interpretazione nuova sulla sanzione "aggiuntiva" introdotta dalla norma in esame.

Infatti, fermo restando che tale sanzione è il presupposto per la revoca del provvedimento di sospensione, essa viene definita come "onere accessorio". Ne consegue che in merito a tale sanzione non trova applicazione l'articolo 16 della legge 689/1981 (pagamento in misura ridotta), né all'eventuale mancato pagamento conseguirà ulteriore seguito (ordinanza ingiunzione); l'unica conseguenza, in tal caso, consiste nella mera permanenza degli effetti sospensivi dei lavori.

La somma aggiuntiva (pari a 2.500 euro) introdotta dal comma 4, lettera c), non trova, pertanto, alcun rimedio amministrativo essendo collegata direttamente al provvedimento di sospensione del quale ne segue la sorte, anche in tema di gravame.

Ciò a prescindere che per l'adozione delle singole sanzioni richiamate, l'ispettore adotterà la diffida obbligatoria ex articolo 13 del Dlgs 124/2004 (con importi in misura minima).

TESSERA DI RICONOSCIMENTO

Registro. L'ambito di applicazione del nuovo documento introdotto dall'articolo 6 della legge 123/2007 e ora confermato dal comma 8 dell'articolo 26 è da individuarsi nei soli appalti "interni" dell'azienda appaltante, in modo da consentire una più agevole identificazione del personale impegnato in contesti organizzativi complessi caratterizzati dalla compresenza, in uno stesso luogo, di lavoratori non appartenenti allo stesso datore di lavoro.

Sul punto, da una interpretazione letterale della norma emerge che da tale obbligo sarebbero esclusi gli appalti concessi da soggetti non imprenditori (ad esempio condominio).

Per personale occupato devono intendersi sia i lavoratori subordinati che coloro i quali, pur non sottoposti al potere gerarchico dell'imprenditore, "ricevano puntuali direttive dal medesimo in ordine alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dedotta in contratto".

In tale definizione vengono fatti rientrare i contratti a progetto.

Tale soluzione appare ora avvalorata dalla identificazione del campo di applicazione del Tu fatta dall'articolo 3, il quale al comma 7 sostanzialmente assimila il lavoratore a progetto e il lavoratore coordinato e

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continuativo al lavoratore dipendente, quando la prestazione lavorativa venga svolta nel luogo di lavoro del committente.

Da rilevare che il citato articolo 26, nel richiamare l'obbligo della tessera di riconoscimento, a differenza di quanto stabilito dall'articolo 6 della legge 123/2007 e, prima ancora, dall'articolo 36-bis del Dl 223/2006, per le aziende con meno di dieci dipendenti, non prevede più in luogo delle tessere l'adozione di un registro sostitutivo.

Pertanto, dal 15 maggio 2008, data di entrata in vigore del Dlgs 81/2008, per espressa abrogazione di tutto l'articolo 6 della legge 123/2007, tale deroga non è più applicabile.

ITER DEL PROCEDIMENTO

Casi di fermo

Riguardano tutte le imprese nelle ipotesi di:

a. impiego di personale non risultante dalle scritture (libri paga e matricola) o da altra documentazione obbligatoria (comunicazioni al centro per l'impiego, dichiarazione di assunzione al lavoratore) in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;

b. reiterate violazioni in materia di tempi di lavoro (durata massima settimanale), di riposo giornaliero e settimanale (*);

c. specifiche gravità di esposizioni al rischio di infortunio, nonché gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (ipotesi come da allegato I al Tu).

Organi competenti

a. Ispettori delle direzioni provinciali del lavoro per le violazioni in materia di lavoro "nero", violazioni in materia di orario di lavoro e riposi. Limitatamente al settore dell'edilizia anche per le violazioni in materia di sicurezza.

b. Funzionari di vigilanza delle aziende sanitarie locali, per le violazioni in materia di sicurezza in tutti i settori.

Revoca da parte degli ispettori del lavoro...

a. Regolarizzazione lavoratori non risultanti da documenti obbligatori, ovvero,

b. ripristino regolari condizioni di lavoro in materia di orario e di riposi, ovvero,

c. ripristino regolari condizioni di lavoro in materia di salute e sicurezza.

d. Pagamento della somma aggiuntiva unica pari a 2.500 euro (fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative per le singole, rispettive, violazioni accertate).

... e da parte delle Asl a. Accertamento ripristino regolari condizioni di lavoro in materia di salute e sicurezza.

b. Pagamento della somma aggiuntiva unica pari a 2.500 euro, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative per singole, rispettive, violazioni accertate.

Ricorsi

a. Avverso i provvedimenti di sospensione adottati dagli ispettori del lavoro, è ammesso ricorso entro 30 giorni alla direzione regionale del lavoro territorialmente competente.

b. Avverso i provvedimenti di sospensione adottati dalla Asl è ammesso ricorso, entro 30 giorni, al presidente della giunta regionale, territorialmente competente.

c. I ricorsi di cui sopra sono decisi dalla rispettive autorità, entro 15 giorni dalla notifica del ricorso.

d. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia (silenzio-assenso).

(*) Tale ipotesi non è più applicabile dal 25 giugno 2008, a seguito della modifica apportata dall'articolo 41, comma 11, del Dl 25 giugno 2008 n. 112, all'articolo 14 del Dlgs 81/2008.

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FAC SIMILE DEL PROVVEDIMENTO

SOSPENSIONE DELL'ESERCIZIO DELL' IMPRESA DA PARTE DEGLI ISPETTORI DEL LAVORO

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

Direzione Provinciale del Lavoro di ..................

Servizio Ispezione del lavoro

Via .......................................................... Tel. .............................. Fax .....................

Indirizzo e-mail [email protected]

(Articolo 14 comma 1, decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)

L'anno ............ il giorno ...................... del mese di ..................................... alle ore ............, i/il sottoscritti/o ufficiale/i di polizia giudiziaria .......................... Ispettori del Lavoro/Addetti alla vigilanza, addetti/o al Servizio Ispezione Lavoro/Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro della intestata Direzione Provinciale del Lavoro, in occasione delle indagini compiute a seguito della visita ispettiva effettuata presso la ditta con sede legale sita in ............................... alla via .................................................., hanno/ha riscontrato a carico della medesima ditta ........................... avente unità produttiva in ............................... via/p.zza ............................................:

[_] l'impiego di personale in calce indicato non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari al ...... per cento (n. ............) del totale dei lavoratori regolarmente occupati dalla ditta medesima nella citata unità produttiva all'atto dell'ispezione (n. ............)

[_] gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela e della sicurezza sul lavoro, in quanto .......,Per quanto precede, a norma dell'articolo 14, comma 1, del Dlgs n. 81/2008, i/il sottoscritti/o adottano/adotta col presente atto, con decorrenza ed efficacia immediata, dalla data di notifica dello stesso, il

PROVVEDIMENTO

RELATIVO ALLA CITATA UNITÀ PRODUTTIVA

In proposito si avverte che il presente provvedimento sarà revocato esclusivamente a condizione che si accerti:

[_] la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

[_] il pagamento della somma aggiuntiva unica, pari a 2.500 euro da versare al Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1 comma 7, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 (codice tributo 698T). Si avverte, inoltre, che:

• è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti;

• in caso di prosecuzione dei lavori in violazione del presente provvedimento sarà applicata la sanzione dell'arresto fino a sei mesi, ai sensi dell'articolo 14, comma 10, del T.U.

Si informa, altresì, che si provvederà a dare notizia tempestivamente alle competenti amministrazioni dell'adozione del presente provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di queste ultime di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione, nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni.Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso gerarchico alla Direzione Regionale del Lavoro (articolo 1, D.P.R. n. 1199/1971), entro 30 giorni dalla notifica dello stesso, ovvero ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (L. n. 1034/1971, come modificata dalla L. n. 205/2000) entro 60 giorni dalla notifica.

I/IL VERBALIZZANTI/E...........................................

ELENCO LAVORATORI IRREGOLARI (generalità e mansioni):

1)

2)

3)

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4)

5)

6)

7)

RELATA DI NOTIFICA

………............................. sottoscritto/i ......................................................... quale ....................................................... in servizio presso l'intestata Direzione Provinciale del Lavoro ha/hanno notificato il presente verbale a

Ditta

sede legale a

mediante consegna in busta chiusa al Sig.

identificato a mezzo di

nella sua qualità di

mediante invio di raccomandata A.R. dall'Ufficio Postale di .

Data e luogo

Firma del/dei verbalizzante/i

DOMANDA DI RITIRO DELLA SANZIONE

DITTA .....................................................

Alla Direzione provinciale del lavoro di ....................................

Servizio Ispezione Lavoro

ISTANZA DI REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DELL'ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE

(articolo 14, comma 14, commi 3 e 4, del Dlgs n. 81/2008)

Il sottoscritto ................................................................................, nato a ........................................................., il ...................., C.F. ...................................................., in qualità di ...................................................... della ditta ..........................................., C.F./P.I. ....................................... con sede legale in

PREMESSO CHE

con provvedimento notificato in data ................. è stata sospesa l'attività esercitata dalla citata ditta con riferimento alla unità produttiva sita in .......................... (con riferimento al cantiere sito in ..............) per i seguenti motivi: ;si è provveduto alla regolarizzazione delle violazioni accertate ed in particolare si è provveduto a: ;si è versato al Fondo per l'occupazione l'importo di euro 2.500, di cui all'articolo14, comma 4, lett. c) del Dlgs n. 81/2008.

CHIEDE

la revoca del citato provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ed a tal fine allega la seguente documentazione:

• copia del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale;

• ricevuta di versamento della somma di euro 2.500 al Fondo per l'occupazione;

Luogo e data .................................

firma..................................

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PIÙ SEVERITÀ E RAZIONALIZZAZIONE ANCHE PER LE RESPONSABILITÀ IN CAPO ALL'IMPRESA ESECUTRICE

Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2008, n. 14, p. 42 a cura di Walter Saresella La normativa in tema di cantieri temporanei e mobili trae origine dalla direttiva 92/57/CEE, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 494/1996 il quale aveva disciplinato questo specifico luogo di lavoro, il cantiere appunto, che non era soggetto alla normativa sui luoghi di lavoro come disciplinati dal Titolo II, D.Lgs. n. 626/1994 (art. 30).

In realtà, la normativa comunitaria, pur inserendo la direttiva 92/57/CEE fra le cosiddette direttive sociali, disciplinate dall'art. 118 A, Trattato di Roma del 1957, aveva preso in considerazione un ambito di lavoro particolare, individuando l'operatività della normativa in relazione al cosiddetto rischio interferenziale, quel rischio, quindi, che le singole imprese esecutrici dei lavori inducono, le une sulle altre, allorché i settori di intervento abbiano delle interferenze; in sostanza, si deve evidenziare che le procedure in sicurezza delle singole imprese esecutrici dei lavori, anche quando siano adeguate in sé, non offrono garanzie di sicurezza sufficienti quando vi sia sovrapposizione con quelle delle altre organizzazioni aziendali che operino nel luogo di lavoro.

Il rischio interferenziale era stato considerato dal legislatore già con la norma di cui all'art. 7 D.Lgs. n. 626/1994, che aveva disciplinato il contratto di appalto o il contratto d'opera.

La fisiologia di questa normativa si è manifestata proprio in relazione a questi tipi contrattuali, in relazione ai quali il legislatore, comunitario prima (direttive 89/391/CEE e 92/57/CEE) e nazionale poi, ha voluto valorizzare e responsabilizzare la figura del committente.

Lo stesso approccio era stato seguito con la normativa in tema di appalti pubblici, disciplinati dalla legge n. 109/1994 (modificata dalla Merloni- bis e ter ) e sostituita dal TU sugli appalti pubblici (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163); in sostanza, il committente non è considerato un soggetto debole ma è, invece, colui al quale sono richieste garanzie specifiche in relazione alla gestione dell'appalto.

In primo luogo, a questa figura sono riferite le norme in tema di costi degli appalti (art. 31, comma 2, D.Lgs. n. 109/1994, D.P.R. n. 222/2003 e, ora, art. 131 D.Lgs. n. 163/2006, art. 26, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008, e punto 4, Allegato XV al D.Lgs. n. 81/2008).

In secondo luogo, fanno riferimento al committente norme di carattere procedurale e organizzativo; in proposito, per quanto riguarda gli appalti in genere e i contratti a essi equiparati, l'art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, tra l'altro, ha posto in capo al datore di lavoro committente la promozione della cooperazione e del coordinamento, elaborando un documento unico di valutazione dei rischi (il DUVRI, che deve essere allegato al contratto di appalto o d'opera), il quale indichi le misure adottate per eliminare e, quando questo non sia possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze (art. 26, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008).

Nei cantieri temporanei e mobili, in relazione alla realizzazione delle opere edili o di ingegneria civile, il D.Lgs. n. 494/1996 modificato dal D.Lgs. n. 528/1999 aveva previsto incombenze aggiuntive in capo al committente; nello specifico, questo soggetto [definito dall'art. 2, lettera b) , D.Lgs. n. 494/1996] poteva incaricare il responsabile dei lavori ai fini della progettazione, della esecuzione o del controllo sulla esecuzione dei lavori (nel caso di opera pubblica, il responsabile dei lavori non poteva che essere il responsabile unico del procedimento, ai sensi della legge n. 109/1994).

I coordinatori

L' art. 3 comma 3, D.Lgs. n. 494/1996 (come modificato, specificamente sul punto, dal D.Lgs. n. 528/1999) aveva previsto che nei cantieri nei quali era prevista la presenza di più imprese (ma non di lavoratori autonomi), anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, doveva designare un coordinatore per la progettazione [art. 2, lettera e) ] nei cantieri la cui entità presunta era pari o superiore a 200 uomini giorno o nei cantieri in cui i lavori comportavano i rischi particolari di cui all'Allegato II.

Il committente o il responsabile dei lavori dovevano provvedere, inoltre, a nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, un soggetto, quindi, diverso dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice e incaricato dell'esecuzione dei compiti di cui all'art. 5. Fra i compiti previsti il CSE poteva sospendere, in caso di pericolo imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino all'avvenuta verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate [incombenza prevista, ora, all'art. 92, comma 1, lettera f) , D.Lgs. n. 81/2008].

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Lavoro irregolare

Questa normativa, però, non aveva provveduto a risolvere un'emergenza che era diventata assolutamente prioritaria e il modello organizzativo non ha contribuito a ridurre, se non in maniera assolutamente insufficiente, il fenomeno delle morti e degli infortuni nei cantieri.

Quello che aveva già preoccupato il legislatore era la presenza di lavoro non regolare, che contribuiva, con la disapplicazione sistematica del sistema di sicurezza, alla elusione delle norme di legge in tema di sicurezza e di igiene sui luoghi di lavoro; si pensi, per esempio, alla disapplicazione degli obblighi di formazione e di informazione che incombono in capo al datore di lavoro e a chi per lui.

In questa prospettiva, dunque, l'art. 36- bis , D.L. n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006 aveva introdotto misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dell'edilizia, prevedendo, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione di cui all'art. 5, comma 1, lettera e) , D.Lgs. n. 494/1996 in capo al personale ispettivo del Ministero del Lavoro, la possibilità di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri qualora fosse riscontrata, tra l'altro, la presenza di lavoro irregolare superiore al 20% della mano d'opera impiegata.

In seguito, questa normativa era stata trasposta e ampliata a tutti i settori produttivi nell'art. 5 legge n. 123/2007 e definitivamente recepita nell'art. 14, D.Lgs. n. 81/2008, con espansione dell'attività di intervento anche in capo all'organo di vigilanza previsto dall'art 13, D.Lgs. n. 81/2008 (soprattutto ASL).

Si evidenzia il fenomeno della cantierizzazione della sicurezza sul lavoro; infatti, la riforma degli istituti che erano sperimentati in via anticipata in tema di cantieri edili è stata ampliata, poi, a tutta la normativa di sicurezza e di igiene sui luoghi di lavoro. Oltre all'istituto della sospensione dei lavori ai sensi dell'art. 14, D.Lgs. n. 81/2008, infatti, la normativa (art. 26, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008) ha previsto, a carico del datore di lavoro committente, l'indicazione specifica dei costi relativi alla sicurezza, con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto, con obbligo di aggiornamento, per i contratti stipulati prima del 25 agosto 2007 (data di entrata in vigore della legge n. 123/2007) entro la data del 31 dicembre 2008. Inoltre, si fa carico al datore di lavoro committente di andare al momento dell'offerta contrattuale sulla base del DUVRI (art. 26, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008).

In proposito, è opportuno sottolineare che, qualora si prendano in considerazione gli appalti di opere edili o di ingegneria civile, l'art. 96, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, ha previsto che « l'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici dei lavori del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17, comma 1, lett. a), all'articolo 18, comma 1, lett. z), e all'articolo 26, comma 1, lett. b) e comma 3 »; in definitiva, il legislatore ha voluto risolvere il problema della sovrapponibilità dei diversi documenti valutativi del rischio (valutazione ex art. 28, D.Lgs. n. 81/2008, POS, DUVRI, piano di sicurezza e coordinamento).

Il ruolo del responsabile dei lavori

Con il nuovo TU, però, se il legislatore ha colto l'occasione per razionalizzare alcuni aspetti della materia, in alcuni casi ha anche provveduto a rendere più severa la normativa prima disciplinata con il D.Lgs. n. 494/1996. Infatti, ferma restando la definizione di committente [art. 89, lettera b) , D.Lgs. n. 81/2008], il responsabile dei lavori è definito come il « soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista nella fase di progettazione dell'opera e con il direttore dei lavori per la fase dell'esecuzione dell'opera. Nel campo di applicazione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile unico del procedimento » [art. 89, lettera c) , D.Lgs. n. 81/2008].

Si osserva, innanzitutto, che la norma ha limitato l'incarico del responsabile dei lavori alle fasi della progettazione e del controllo sull'esecuzione (non menzionando più la fase dell'esecuzione); così facendo, il legislatore è riuscito a compattare la figura del responsabile dei lavori su altri due professionisti, il progettista e il direttore dei lavori.

Si avrà, dunque, una sovrapposizione necessaria fra questi professionisti, come del resto avveniva, in tema di appalti pubblici, già in precedenza fra responsabile dei lavori e responsabile unico del procedimento.

Resta aperto il problema di cosa accada per quei contratti già stipulati e ancora vigenti al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa, in quanto il legislatore non ha previsto un regime transitorio come quello disciplinato dall'art. 26, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008, in tema di costi della sicurezza; nel silenzio normativo appare legittimo ritenere che la nuova normativa si applica a partire dai contratti stipulati con l'entrata in vigore delle nuove norme.

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L'art. 89, lettera c) , D.Lgs. n. 81/2008, ha indotto anche a una ulteriore riflessione; sembra di poter ritenere che ora la nomina del responsabile dei lavori sia un fatto obbligato a carico del committente. Infatti, la definizione di responsabile dei lavori come soggetto che « può essere incaricato dal committente » [art. 2, lettera c) , D.Lgs. n. 494/1996 come modificato dal D.Lgs. n. 528/1999] ora è stata modificata nel senso di ritenerlo come il soggetto incaricato dal committente. La modifica normativa, di per sé indice della volontà del legislatore, appare corroborata da un altro argomento sistematico; l'art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, in tema di responsabilità del responsabile dei lavori, ha previsto che la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione (i cui requisiti tecnico-professionali sono stati specificati in modo tassativo dall'art. 98), non ha esonerato il responsabile dei lavori (neanche il committente) dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a) , b) , c) e d) ; questo lascia intendere che la nomina del responsabile dei lavori sia necessitata nella struttura organizzativa e nel riparto delle responsabilità.

Inoltre, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è stato ridefinito nel TU come il soggetto incaricato, dal committente e dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'art. 92, il quale « non può essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione da lui designato »; questa definizione risolve in radice la vexata quaestio relativa al conflitto di interesse di un soggetto, il coordinatore per l'esecuzione, che rispondeva al committente e lo responsabilizzava in quanto professionista da lui incaricato, ma dipendeva ed era retribuito dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice dei lavori [art. 2, lettera f) , D.Lgs. n. 494/1996 come modificato dal D.Lgs. n. 528/1999].

Le imprese

Il legislatore non ha voluto lasciare spazi di irresponsabilità, però, in capo all'impresa esecutrice dei lavori, alla quale continua a essere accollato l'obbligo di sicurezza relativo ai suoi lavoratori per i rischi propri dell'attività di impresa, la quale deve predisporre il POS, redatto sulla base dello schema della valutazione del rischio aziendale [art. 17, comma 1, lettera a) , D.Lgs. n. 81/2008], facendo riferimento a quanto previsto dall'Allegato XV (che rievoca il vecchio D.P.R. n. 222/2003).

Anche l'impresa affidataria, definita dall'art. 89, lettera i) , D.Lgs. n. 81/2008 (che normalmente, nella prassi, era quella che forniva il coordinatore per l'esecuzione dei lavori), è stata lasciata esente da una responsabilità specifica; infatti, l'art. 97, D.Lgs. n. 81/2008, ha previsto che il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve vigilare sulla sicurezza dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento. Quindi, l'obbligo di sicurezza è immanente in ogni fase esecutiva del lavoro, per cui ogni impresa ha la responsabilità connessa al suo ruolo. Sembra che il legislatore, a fronte di una opzione, facoltativa ma non necessaria (la possibilità che il lavoro sia svolto in regime di subappalto), abbia riconosciuto all'impresa affidataria, che accetta di portare nel cantiere il rischio interferenziale, le incombenze relative alla scelta (alla quale, in realtà, deve prendere parte anche il committente privato - art. 1656 c.c.). Appare coerente, dunque, la norma di cui all'art. 97, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, la quale ha previsto che gli obblighi derivanti dall'art. 26 sono riferiti anche al datore di lavoro dell'impresa affidataria. Ovviamente, questo soggetto, in quanto impresa con una sua professionalità e organizzazione tecnico-professionale specifica, non ha la necessità di avvalersi del professionista qualificato (coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione) come il committente e, proprio in virtù di queste prerogative e capacità, vigilia in ogni caso, in aggiunta al professionista di parte committente, sulla sicurezza dei lavori a lui affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.

Questa vigilanza, dunque, in relazione all'organizzazione del cantiere, si estende anche all'attività svolta dai lavoratori autonomi (artigiani) i quali continuano, anche nella struttura del nuovo TU, a non poter essere considerati delle vere e proprie imprese esecutrici dei lavori se hanno le caratteristiche di cui all'art. 89, lettera d) , D.Lgs. n. 81/2008.

La riflessione, quindi, si sposta all'analisi dell'ambito di operatività della nuova normativa; l'art. 90, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, ha previsto che « nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione ». È opportuno segnalare quanto meno la farraginosità di un sistema che ha previsto l'obbligo, da parte del committente, di nominare il responsabile dei lavori per la fase della progettazione, il quale, a sua volta, coincidendo con il progettista [art. 89, lettera c) , D.Lgs. n. 81/2008], contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione designa immediatamente il coordinatore per la progettazione.

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La nomina del CSP per piccoli interventi

Comunque, non è più indicata, dall'art. 90, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, alcuna soglia che fa scattare l'incombenza della nomina del professionista (200 uomini giorno o lavori pericolosi di cui all'Allegato II); la nomina del coordinatore per la progettazione, dunque, è sempre obbligatoria, a eccezione del caso previsto dall'art. 90, comma 11, D.Lgs. n. 81/2008; si tratta dell'ipotesi di lavori privati, per i quali « la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti al permesso di costruire ». È evidente che il legislatore ha preso in considerazione le piccole attività di ristrutturazione immobiliare private.

In questo caso, però, si applica comunque quanto disposto dall'art. 92, comma 2 (art. 90, comma 11, D.Lgs. n. 81/2008), per il quale, « nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b) ».

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DATORE E CONTRATTI: GLI OBBLIGHI SU APPALTI E SOMMINISTRAZIONE

Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 1 luglio 2008, n. 13, p. 15 a cura di Walter Saresella

Con la legge 3 agosto 2007, n. 123, il legislatore, consapevole della criticità del sistema degli appalti e delle difficoltà connesse alla gestione del rischio interferenziale fra le più imprese che partecipano alla fase della cooperazione e del coordinamento, è intervenuto specificamente prevedendo, nella delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (art. 1), un riassetto complessivo della materia. Partendo dal D.Lgs. n. 626/1994 si analizzerà cosa è cambiato e cosa è stato riproposto in materia con l'emanazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, cosiddetto Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro.

La previsione della delega in materia di appalti

Alla lettera s), art. 1 legge n. 123/2007 era prevista la revisione della normativa in materia di appalti, attraverso misure dirette a:

1. « Migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante e appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso l'adozione di meccanismi che consentano di valutare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private, considerando il rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica;

2. modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

3. modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto ».

Si può immediatamente dedurre che ci si trova dinanzi a un legislatore consapevole dei reali problemi connessi alla gestione dell'appalto (e dei contratti a esso assimilabili) e della specificità dei momenti di criticità del contratto e, cioè, il momento della gestione del subappalto, quello della scelta del contraente, nonché il problema dei costi della sicurezza (sui quali, in realtà, era già intervenuto il legislatore, partendo dagli appalti pubblici, prima con l' art. 31 legge n. 109/1994 come modificato dalla Merloni- ter , e, poi, con il D.P.R. n. 222/2003).

Le modifiche al 626

Nella consapevolezza che, comunque, la materia meritava una rivisitazione complessiva nella prospettiva del TU, il legislatore del 2007 ha voluto comunque incidere immediatamente sull'art. 7 D.Lgs. n. 626/1994, imponendo, medio tempore , misure urgenti a disciplina e a razionalizzazione dell'istituto.

Infatti, l' art. 3 legge n. 123/2007 aveva previsto alcune modifiche al decreto legislativo n. 626/1994:

• la sostituzione del comma 3, art. 7, con un nuovo comma 3, per il quale il datore di lavoro deve promuovere la cooperazione e il coordinamento, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi, che dovrà essere allegato al contratto di appalto o d'opera, nel quale dovranno essere evidenziate le misure impiegate per l'eliminazione delle interferenze. Queste previsioni non devono essere applicate per i rischi specifici delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi;

• l'inserimento, sempre all'art. 7 D.Lgs. n. 626/1994, del comma 3- ter , il quale ha previsto che nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto devono essere sempre indicati i costi relativi alla sicurezza (ferme restando le disposizioni inerenti alla sicurezza e alla salute del lavoro previste dalla disciplina vigente degli appalti pubblici).

Sul punto è intervenuto il Ministero del Lavoro con circolare interpretativa 14 novembre 2007, il quale ha precisato che « premesso che nell'ambito della nozione di appalto, in considerazione delle finalità sopra evidenziate, non possono non rientrare anche le ipotesi di subappalto così come quelle di fornitura e posa in opera di materiali, tutte accomunate dalla caratteristica dell'impiego necessario di manodopera, si precisa che l'obbligo di pianificazione a carico del committente trova applicazione in tutti gli appalti c.d interni nei confronti di imprese o lavoratori autonomi ma, in virtù delle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 910, della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007), anche nel caso di affidamento di lavori o servizi rientranti

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nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima. Ciò comporta che l'obbligo di elaborazione del documento unico di valutazione del rischio sussiste anche nelle ipotesi di appalti extraziendali che tuttavia risultino necessari al fine della realizzazione del ciclo produttivo dell'opera o del servizio e non siano semplicemente preparatori o complementari dell'attività produttiva in senso stretto. È da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si svolgano in locali sottratti alla giuridica disponibilità del committente e quindi, alla possibilità per lo stesso di svolgere nel medesimo ambiente gli adempimenti stabiliti dalla legge. Il documento unico di valutazione del rischio inoltre non può considerarsi un documento statico ma necessariamente dinamico, per cui la valutazione effettuata prima dell'inizio dei lavori deve necessariamente essere aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in opera intervenuti successivamente, ovvero in caso di modifiche di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti sulle modalità realizzative dell'opera o del servizio che dovessero intervenire in corso d'opera ».

La sospensione dell'attività di impresa

A queste considerazioni si deve aggiungere che, con legge n. 123/2007 all'art. 5, è previsto che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36- bis , D.L. n. 223/2006 relativo al settore dell'edilizia, il personale ispettivo del Ministero del Lavoro può adottare provvedimenti di sospensione dell'impresa nel caso in cui abbia riscontrato:

• l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati;

• reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale;

• gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Inoltre, l'adozione del provvedimento di sospensione deve essere comunicata alle amministrazioni competenti, in modo che possano emanare un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le PA e alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla sospensione stessa nonché per un eventuale periodo non inferiore al doppio della durata della sospensione e, comunque, non superiore a due anni.

Le condizioni per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale sono:

• la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

• l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

• il pagamento di una sanzione amministrativa e aggiuntiva pari a un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate.

Queste disposizioni, riferite a tutte le attività d'impresa (in quanto, nella sostanza, il regime di cui all'art. 36- bis , D.L. n. 223/2006 previsto solo per il settore dell'edilizia, è esteso a tutte le attività lavorative), si applicano anche e soprattutto nella gestione dell'appalto e del subappalto, dove è più sensibile, di fatto, l'elusione della normativa in tema di sicurezza sul lavoro. Si deve aggiungere che l' art. 6 legge n. 123/2007 ha previsto l'utilizzo della tessera di riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici.

Il TU e gli appalti

Tenuto conto che le norme di cui agli artt. 3, 5 e 6, legge n. 123/2007 sono entrate in vigore già il 25 agosto 2007, a seguito del decorso di quindici giorni di vacatio legis , con il TU in materia di sicurezza e di igiene sui luoghi di lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) si è colta l'opportunità di riscrivere comunque tutta la materia, introducendo l'art. 26 esteso, non più solamente ai contratti di appalto o d'opera, ma anche a quelli di somministrazione; in sostanza, il nuovo legislatore ha voluto responsabilizzare il committente di tutte le incombenze relative a situazioni che stiano nella possibilità gestionale dello stesso, accollandogli compiti di coordinamento e di cooperazione all'interno della sua azienda, di una sua singola unità produttiva nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda stessa, ribadendo quanto già previsto dall'art. 1, comma 910, legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007).

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Gli obblighi del datore di lavoro committente

L'art. 26, TU, dunque, ha previsto che il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori a un'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda, deve:

- verificare, «con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione». Fino all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica, la verifica deve essere eseguita attraverso le seguenti modalità: - «acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, industria e artigianato; - acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445»;

• fornire informazioni dettagliate, agli stessi soggetti, sui rischi specifici presenti nell'ambiente in cui dovranno operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

In questa ipotesi, i datori di lavoro, compresi i subappaltatori, dovranno:

• cooperare « all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto »;

• coordinare « gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva ».

Il DUVRI e la responsabilità solidale

Il datore di lavoro committente deve anche promuovere la cooperazione e il coordinamento elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che contenga le misure adottate per eliminare o, quando questo non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze (DUVRI). Questo documento deve essere allegato al contratto di appalto o di opera. Per quanto riguarda i contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 (data di entrata in vigore della legge n. 123/2007) e ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento deve essere allegato entro questa'ultima data.

Queste disposizioni non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi (norma introdotta già all'art. 7, comma 3- bis , D.Lgs. n. 626/1994), l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Queste disposizioni non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche se già in essere al momento della entrata in vigore del TU, di cui agli artt. 1559 (contratto di somministrazione di prestazioni periodiche o continuative di cose), a esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655 (appalto), 1656 (subappalto) e 1677 (prestazioni continuative o periodiche di servizi), Codice civile, devono essere specificamente indicati, pena la nullità ai sensi dell'art. 1418, Codice civile, gli oneri relativi alla sicurezza del lavoro, con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Per gli stessi contratti stipulati, però, prima del 25 agosto 2007, i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso.

A questi dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Il costo del lavoro deve essere determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, sulla base dei valori

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economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale e assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di un contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è in funzione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (TU sugli appalti pubblici), come recentemente modificato dall'art. 8, comma 1, legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizione del TU.

Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o di subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di una apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia e contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

Contrasto al lavoro nero

È necessario evidenziare che il quadro normativo introdotto dal TU si compendia anche della norma di cui all'art. 14 che, se pure non specificamente prevista per gli appalti, trova un'ampia applicazione in questo settore.

Infatti, riportando « disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori », ha previsto che, al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori (sospensione delle singole lavorazioni in costanza di un pericolo imminente), gli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, gli organi di vigilanza delle ASL, anche su segnalazione delle pubbliche amministrazioni secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attività imprenditoriale nel caso in cui riscontrassero l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, considerando le specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

In attesa dell'emanazione di questo decreto ministeriale, le violazioni che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale sono quelle elencate nell'Allegato I.

L'adozione del provvedimento di sospensione deve essere comunicata all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (art. 6, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) e al Ministero delle Infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla stessa sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e, comunque, non superiore ai due anni. Queste disposizioni si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili.

Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato con le modalità di cui al comma 4, art. 14, TU.

La disciplina del cantiere

Questo quadro normativo, ricostruito nella sua evoluzione e nelle sue caratteristiche essenziali, deve essere coordinato, infine, con la normativa specifica in tema di cantieri temporanei o mobili (titolo IV, artt. 88 e seguenti), caratterizzata dalla specificità del tipo di appalto consistente nella realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato all'Allegato X al TU.

In proposito, si deve considerare che, in realtà, esiste una doppia specialità fra l'art. 26, TU, e gli artt. 88 e seguenti, TU, in tema di cantieri temporanei e mobili; infatti, la norma di cui all'art. 26 si applica a tutti i tipi di appalto o d'opera (o di somministrazione) a condizione, però, che gli stessi siano commissionati dal datore di lavoro committente nella propria azienda, in una sua unità produttiva nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda; l'appalto di opere edili o di ingegneria civile disciplinato dal titolo IV è relativo ai cantieri a prescindere dal fatto che le opere siano realizzate nella azienda o nell'unità produttiva del committente.

Il modello ha riproposto, dunque, il problema del rapporto intercorrente fra i due plessi normativi, in relazione ai quali era già intervenuta, in verità, la S.C. di Cassazione alla luce della normativa pregressa.

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Si rammenta, in proposito, che la S.C., già con sentenza 12 febbraio 2002, n. 215, analizzando il rapporto fra la norma di cui all'art. 7 D.Lgs. n. 626/1994, e il D.Lgs. n. 494/1996 testualmente aveva osservato che « piuttosto, il citato art. 7 D.Lgs. n. 626/1994 ha trovato appunto specifico sviluppo nella normativa particolare relativa ai cantieri sopra menzionata ».

Il principio di doppia specialità, in sostanza, consente di affermare che, quando si tratti di opere edili o di ingegneria civile realizzate in un cantiere temporaneo e mobile allestito all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva del committente, per adempiere gli obblighi generali di valutazione del rischio, di cooperazione e di coordinamento, si deve ricorrere al sistema organizzativo e alle procedure integrate previste già dall'art. 7 D.Lgs. n. 626/1994, ora art. 26, TU, e dal decreto legislativo n. 494/1996 ora titolo IV, TU.

Il sistema così delineato, a ogni buon conto, consente di rispondere in modo affermativo alla domanda se, nel caso sopra evidenziato, la redazione del piano di sicurezza e coordinamento, previsto in tema di cantieri temporanei e mobili, integri anche la valutazione del rischio interferenziale che deve essere valutato ai fini dell'art. 26, TU, con il documento unico di valutazione dei rischi.

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IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DELL'ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE

Guida al Lavoro, Il Sole 24 Ore, 23 maggio 2008, n. 21, p. 12 a cura di Danilo Papa

Il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale introdotto dal Tu non rappresenta sicuramente una novità. Tale strumento ha trovato per la prima volta applicazione "nell'ambito dei cantieri edili" con il Dl n. 223/2006 (conv. dalla legge n. 248/2006), per poi essere esteso in ogni altro ambito dall'art. 5 della legge n. 123/2007. Sulla base di alcune criticità evidenziatesi durante una prima fase di applicazione del provvedimento e di alcune "anomalie" scaturite dalla estensione -in senso oggettivo e soggettivo- dello stesso, il Legislatore delegato ha dunque riformulato la relativa disciplina, oggi contenuta nell'art. 14 del Dlgs 9 aprile 2008, n. 81.

Il problema della delega

Un primo aspetto sul quale è opportuno riflettere consiste nel carattere ambivalente della legge n. 123/2007 che, se da un lato delega il Governo al riassetto e alla riforma della normativa in materia di "tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" (art. 1), dall'altro ha introdotto alcune norme di immediata attuazione (artt. da 2 a 12), che sembrano sovrapporsi e talvolta scontrarsi con i principi direttivi della stessa delega.

Va ad esempio notato che, fra i criteri di revisione della normativa in materia di appalti, è prevista la modifica del "sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ", nonché la modifica della "disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (...) prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto" (1).

Ebbene, tali criteri sembrano riflettersi già nel contenuto dell'art. 8 della stessa legge n. 123/2007 laddove, nel modificare proprio il codice dei contratti pubblici di cui al Dlgs n. 163/2006 si prevede che "nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture (...) " e che "il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d'asta ".

Ma c'è di più. La legge n. 123/2007 chiede al Governo una "rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro" , per poi assegnare agli stessi organismi paritetici, all'art. 7, un ruolo ben diverso da quello di carattere "consulenziale" e certamente più vicino ad una attività di controllo vero e proprio.

L' art. 7 della legge n. 123/2007 stabilisce infatti che "gli organismi paritetici di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, possono effettuare nei luoghi di lavoro rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza sopralluoghi finalizzati a valutare l'applicazione delle vigenti norme in materia di sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro (...) ".

Il duplice ruolo svolto dalla legge n. 123/2007 sembra dunque tornare in evidenza proprio con riferimento al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale. Da un lato, infatti, il provvedimento ha trovato una sua disciplina proprio all'interno della legge n. 123/2007 e, dall'altro, il Governo abroga tale norma disciplinando nuovamente la materia. In altri termini, sebbene la legge delega riguardi il riassetto e la riforma della normativa in materia di "tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" -con ciò toccando inevitabilmente anche l'ambito di operatività di un provvedimento definito "cautelare" (2) - desta perplessità la scelta (apparente) del Legislatore che, nell'introdurre una determinata disciplina, allo stesso tempo chieda al Governo di abrogarla e sostituirla con altra.

D'altronde tale meccanismo non ha riguardato solo il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, giacché altre norme della legge n. 123/2007 sono state abrogate e riportate all'interno del Tu. Si pensi all'art. 6, che ha introdotto, "nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o

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subappalto" , l'obbligo di munire il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice di una apposita tessera di riconoscimento. Si legge ora, all'art. 26, comma 8, che "nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro" ; lo stesso obbligo è poi previsto in altre parti del Dlgs, laddove sono disciplinati gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente (art. 18), gli obblighi dei lavoratori (art. 20) e dei componenti dell'impresa familiare (art. 21). Il medesimo procedimento di "abrogazione e incorporazione" si è seguito, infine, con l' art. 2 della legge n. 123/2007 che disciplina l'obbligo da parte del Pm di dare notizia all'Inail "in caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale" : oggi la disposizione è contenuta nell'art. 61 del Tu.

Peraltro, con riferimento alle disposizioni richiamate, il procedimento di "abrogazione e incorporazione" di cui si è detto non ha inciso sul contenuto delle stesse, cosa che invece è avvenuta, come si vedrà, per quanto concerne il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale.

Non sembra inoltre così nitida l'individuazione di uno specifico criterio di delega sul quale basare l'intervento riformatore, sebbene sia probabilmente possibile far riferimento alla richiesta del Legislatore delegante di una "riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati in attuazione della presente legge" ed in particolare della "graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare gravità delle disposizioni violate" (3).

Il provvedimento di sospensione, infatti, oltre ad avere natura "cautelare" , perché per la prima volta introduce uno stretto legame fra salute e sicurezza sul lavoro e violazione di specifiche norme poste a presidio della regolarità dei rapporti di lavoro, rientra inequivocabilmente nella più ampia categoria dei provvedimenti di natura interdittiva.

Ma al di là di ogni possibile rilievo di carattere strettamente giuridico non può che condividersi la scelta del Legislatore delegato di intervenire sulla "doppia" (v. infra) disciplina del provvedimento di sospensione che, come detto in precedenza, ha generato non pochi problemi di carattere applicativo ed interpretativo. Ad oggi, infatti, l'individuazione di un unico testo normativo cui far riferimento, sia per chi è assegnatario del relativo potere che per chi è destinatario del provvedimento, rappresenta un importante elemento di certezza.

L'eliminazione del "doppio binario"

Come detto, l' art. 5 della legge n. 123/2007 non ha fatto altro che estendere l'operatività della disciplina sul provvedimento di sospensione "nell'ambito dei cantieri edili" con riferimento ad ogni altro ambito. In tale operazione, il Legislatore ha tuttavia previsto che il "vecchio" provvedimento di sospensione, disciplinato dall'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 rimanesse in vigore.

Ne risultava che la materia era, allo stesso tempo, disciplinata da una duplice fonte normativa: dall'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 per i provvedimenti adottati nei confronti di datori di lavoro operanti "nell'ambito dei cantieri edili" e dall'art. 5 della legge n. 123/2007 per i provvedimenti adottati nei confronti di ogni altra "attività imprenditoriale" .

La scelta del Legislatore appariva inequivocabile, considerando sia l' incipit dell'art. 5 ("fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 bis del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 ...") , che la scelta dello stesso di incidere esplicitamente sulla preesistente normativa ("al comma 2 dell'articolo 36 bis del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente ...") .

Tale circostanza era sottolineata dallo stesso Ministero del lavoro il quale, con lett. circ. 22 agosto 2007, nell'individuare la platea dei destinatari del "nuovo" provvedimento di sospensione, chiariva che "il provvedimento di sospensione trova applicazione per tutte le attività imprenditoriali che esulano dunque dal campo di applicazione del citato art. 36 bis e quindi al di fuori dell'ambito dell'edilizia" . Tuttavia i chiarimenti del Ministero, sebbene giuridicamente corretti, non potevano considerarsi immuni da critiche, stante l'esistenza di alcune sostanziali differenze fra le due discipline che rischiavano di compromettere le finalità della legge n. 123/2007. In particolare, saltava subito all'occhio come proprio "nell'ambito dei cantieri edili" , dove trovava applicazione l'art. 36- bis del Dl n. 223/2007 e dove maggiori sono i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, non fosse possibile adottare il provvedimento di sospensione sulla base di esigenze di natura prevenzionistica, ciò che invece era possibile in ogni altro ambito.

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Sulla questione occorreva dunque fare maggiore chiarezza atteso che, con un comunicato stampa del 23 agosto (4), i vertici politici del Ministero del lavoro evidenziavano -smentendo il contenuto della citata lett. circ. 22 agosto 2007- come "l'art. 5 si riferisce anche alla possibilità di sospensione delle attività delle imprese edili" (5).

Il Ministero interviene dunque con una nuova circolare chiarificatrice, la n. 24/2007. Quest'ultima ribaltava la precedente impostazione, sottolineando "il legame di forte continuità fra le due disposizioni, entrambe volte a coniugare i principi di sicurezza e di regolarità del rapporto di lavoro e caratterizzate dalla sussistenza dei medesimi presupposti operativi" . Da ciò conseguiva che la nozione di attività imprenditoriale, contenuta nell'art. 5 della legge n. 123/2007, "non può non ricomprendere, necessariamente, anche le aziende operanti nel settore edile" .

In altre parole la legge n. 123/2007 operava ovunque fosse svolta un'attività imprenditoriale cosicché la "vecchia" disciplina del 2006, pur rimanendo in vigore, era applicabile nelle sole parti in cui differiva dalla prima.

Ciò avveniva in particolare in due casi:

- quando l'art. 36 bis consentiva la sospensione dei "lavori" nell'ambito dei cantieri edili, senza far riferimento alla più restrittiva nozione di "attività imprenditoriale" ;

- quando lo stesso articolo richiedeva una informativa, da parte del Ministero del lavoro al Ministero delle infrastrutture, dell'adozione del provvedimento ai fini della emanazione di un ulteriore provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, laddove la previsione contenuta nell'art. 5 della legge n. 123/2007, più genericamente ma per le medesime finalità, richiedeva una comunicazione "alle competenti amministrazioni" .

Le difficili questioni interpretative -e non solo interpretative- legate alla sussistenza del "doppio binario" sono state comunque definitivamente superate dal Tu, il quale ha sostituito la duplice fonte normativa con un'unica disciplina, contenuta nel suo art. 14, applicabile sia dentro che fuori i cantieri edili. L'art. 304 del Tu ha infatti abrogato sia l' art. 5 della legge n. 123/2007, sia i commi 1 e 2 dell'art. 36 bis del Dl n. 223/2006.

I soggetti affidatari del potere

Come detto, il provvedimento di sospensione nasce come strumento di natura cautelare da adottarsi "nell'ambito dei cantieri edili" e cioè nei confronti delle imprese che svolgono le attività descritte dall'allegato I del Dlgs n. 494/1996 nelle quali sono comprese sia aziende inquadrate o inquadrabili dal punto di vista previdenziale come imprese edili, sia imprese non edili che operano comunque nella realtà di cantiere.

Si tratta in particolare di imprese che svolgono: lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, trasformazione, rinnovamento o smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; nonché di imprese impegnate in scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per i lavori edili o di ingegneria civile.

Il ricorso alla sospensione era inoltre possibile a fronte di un utilizzo, oltre una data percentuale, di lavoratori "in nero" ovvero a fronte di "reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale" . Insomma, il provvedimento di sospensione nasceva come strumento che, anche per quanto concerne i presupposti per la sua adozione, poteva essere adoperato dal solo personale ispettivo del Ministero del lavoro.

Già con l' art. 5 della legge n. 123/2007 tuttavia, il Legislatore integra le condizioni per l'adozione del provvedimento prevedendo, unitamente al ricorso al lavoro "nero" e alla reiterata violazione degli obblighi in materia di tempi di lavoro, anche l'accertamento di "gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" . L'integrazione delle condizioni per l'adozione del provvedimento e la scelta di trasferirlo anche al di fuori dei "cantieri edili" ha dunque richiesto un contestuale allargamento dei soggetti in possesso del relativo potere. E' così che il citato art. 5 ha inteso assegnare anche al personale ispettivo delle Aa.Ss.Ll. il potere di sospendere una attività imprenditoriale con

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esclusivo riferimento alla materia di stretta competenza. Stabiliva infatti il comma 6 della disposizione che "i poteri e gli obblighi assegnati dal comma 1 al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale sono estesi, nell'ambito dei compiti istituzionali delle aziende sanitarie locali e nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali complessivamente disponibili, al personale ispettivo delle medesime aziende sanitarie, limitatamente all'accertamento di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (...) " .

Anche sotto il profilo dei soggetti assegnatari del potere di sospensione la scelta del "doppio binario" (v. retro ) generava forti perplessità. Da una ricostruzione unitaria della disciplina risultava infatti che il personale ispettivo del Ministero del lavoro, oltre a poter sospendere per ragioni di "salute e sicurezza sul lavoro" nell'ambito dei cantieri edili (ex art. 36- bis del Dl n. 223/2006), poteva esercitare il medesimo potere in forza dei medesimi presupposti prevenzionistici anche nei confronti di qualsiasi attività imprenditoriale, oltrepassando i limiti delle proprie competenze istituzionali. In altre parole, sebbene gli ispettori del lavoro siano competenti in materia prevenzionistica solo nell'ambito delle attività già individuate dal Dpcm n. 412/1997, solo ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione agli stessi era data la possibilità di verificare la violazione di norme sulla salute e sicurezza su lavoro anche in ambiti diversi da quelli individuati dallo stesso Dpcm.

Le attività individuate dal Dpcm sono: "attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati. Lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi; lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei".

Viceversa, sulla base dell'esistenza di una disciplina di carattere speciale contenuta nell'art. 36 bis del Dl n. 223/2006 che non annoverava il personale ispettivo delle Aa.Ss.Ll., allo stesso personale sembrava interdetta la possibilità di adottare il provvedimento di sospensione nell'ambito dei cantieri edili, pur avendo istituzionalmente il potere di effettuare verifiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro a prescindere dal settore di attività.

Tali incongruenze, inizialmente alimentate da una interpretazione letterale del quadro normativo da parte della lett. circ. 22 agosto 2007 del Ministero del lavoro, furono poi superate dalla stessa Amministrazione con la circ. n. 24/2007. Quest'ultima, infatti, quanto alla competenza del personale ispettivo del Ministero del lavoro, sottolineava come il Legislatore "non sembra aver voluto modificare il preesistente quadro delle competenze che, come noto, prevede il conferimento in via generale delle funzioni di vigilanza nella materia in questione al personale ispettivo delle aziende sanitarie locali (legge n. 833/1978) e una competenza "concorrente" degli ispettori del lavoro limitatamente alle materie individuate con il Dpcm n. 412/1997" .

In definitiva, pertanto, se prima il personale ispettivo del Ministero sembrava poter sospendere l'attività imprenditoriale per ragioni di salute e sicurezza sul lavoro solo al di fuori dell' "ambito dei cantieri edili" , sulla base delle nuove indicazioni del Ministero poteva operare in tal senso solo in questo ambito e negli altri limitati casi previsti dal Dpcm n. 412/1997.

Oggi l'art. 14 del Tu chiarisce ogni problematica legata alla competenza sulla adozione del potere di sospensione.

Il potere di sospendere una attività imprenditoriale, sia dentro che fuori i cantieri edili, è anzitutto attribuito agli "organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale" qualora gli stessi riscontrino la presenza sul luogo di lavoro di lavoratori "in nero", la violazione reiterata della disciplina sui tempi di lavoro -con particolare riferimento agli artt. 4, 7 e 9 del Dlgs n. 66/2003- nonché in caso di "gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" . In forza del comma 11 dell'art. 14, inoltre, va notato che l'accertamento sulla violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro deve avvenire "nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia" . In sostanza, pertanto, per il personale ispettivo del Ministero del lavoro è oggi possibile sospendere a fronte di violazioni della normativa prevenzionistica in quegli ambiti in cui lo stesso personale ha competenza all'accertamento. Tali ambiti, già individuati dal citato Dpcm n. 412/1997 sulla scorta dell'art. 23 comma 2, del Dlgs n. 626/1994 (6), sono ora riportati all'art. 13, comma 2, del Tu secondo il quale "ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale può esercitare l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, informandone preventivamente il servizio di

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prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio: a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;

b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;

c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e della salute (...) in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio".

L'art. 14 del Tu stabilisce inoltre che "i poteri e gli obblighi di cui al comma 1 [potere di sospensione ed attività connesse] spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1 (...) " .

Per quanto riguarda gli organi di vigilanza delle Aa.Ss.Ll. il potere di sospensione spetta dunque solo in caso di violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, in forza del citato comma 11 dell'art. 14, sempre in osservanza delle rispettive competenze. Proprio con riferimento alle competenze occorre dunque riferirsi al citato art. 13 del Tu, il quale riprende il contenuto dell'art. 23, comma 1, del Dlgs n. 626/1997: "la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano. Le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti" .

Ancora l'art. 13 conferma poi le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorità marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanità aerea e marittima, alle autorità portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco. Con riferimento proprio alla materia della prevenzione incendi la previsione sottolinea da ultimo che trovano applicazione "le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139" . Si tratta della disciplina in materia di certificato di prevenzione incendi, di vigilanza effettuata dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco (7) e dei connessi poteri sanzionatori e di sospensione.

Quanto al potere di sospensione l' art. 20 del Dlgs n. 139/2006 prevede che "il prefetto può disporre la sospensione dell'attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di richiedere: il rilascio ovvero il rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi medesimi sono obbligatori. La sospensione è disposta fino all'adempimento dell'obbligo" . Si tratta chiaramente di un potere a carattere cautelare vicino a quello previsto dall'art. 14 del Tu.

I presupposti per l'adozione del provvedimento

L'impiego di lavoratori "in nero"

I presupposti per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale sono tre: l'impiego di lavoratori "in nero" oltre una determinata percentuale, la reiterata violazione della disciplina in materia di tempi di lavoro e le "gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" . Solo il personale ispettivo del Ministero del lavoro ha la possibilità di verificare tutte e tre i presupposti (per le violazioni in materia prevenzionistica, come detto, solo nell'ambito delle proprie competenze), mentre il personale ispettivo delle Aa.Ss.Ll. può sospendere un'attività imprenditoriale solo per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Anzitutto l'art. 14 del Tu prevede la possibilità, per il solo personale ispettivo del Ministero del lavoro, di adottare il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale qualora si riscontri "l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro" .

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La previsione, già contenuta nell'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 introduceva per la prima volta uno stretto legame tra lavoro "nero" e sicurezza sul lavoro. Il provvedimento di sospensione, infatti, nasce come un provvedimento di natura cautelare e, secondo una consolidata statistica, sono proprio i lavoratori in "nero" i soggetti più colpiti da eventi infortunistici. La stessa circ. n. 29/2006 del Ministero del lavoro, nel fornire per la prima volta chiarimenti sul nuovo strumento, chiariva che "l'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 si caratterizza, anzitutto, per aver concentrato l'attenzione sulle ricadute che l'utilizzo di manodopera irregolare può avere sulle problematiche di sicurezza nei luoghi di lavoro. Già in passato, infatti, si era avuto modo di constatare che le imprese che ricorrono a manodopera irregolare sono anche quelle che presentano maggiori tassi infortunistici; invero, prima d'oggi nessuna disposizione normativa aveva espressamente e direttamente collegato i due fenomeni, operando la presunzione secondo cui il lavoro irregolare determina automaticamente anche una condizione di criticità sul fronte della sicurezza sul lavoro (...) la ratio della disposizione, come accennato in premessa, individua una "presunzione" da parte dell'ordinamento circa la situazione di pericolosità che si verifica in cantiere in conseguenza del ricorso a manodopera "non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" giacché la stessa, oltre a non essere regolare sotto il profilo strettamente lavoristico, non ha verosimilmente ricevuto alcuna "formazione ed informazione" sui pericoli che caratterizzano l'attività svolta nel settore edile" .

Competenze e potere di sospensione

per occupazione di lavoratori "in nero"

per reiterata violazione della disciplina sui tempi di lavoro

per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute

e della sicurezza sul lavoro

ambiti di cui all'art. 13, comma 2, Tu

Personale ispettivo Ministero del lavoro

per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute

e della sicurezza sul lavoro

Personale ispettivo AsSsLl

in forza dell'art. 14, comma 11, del Tu l'accertamento sulla violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul

lavoro deve avvenire "nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia"

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Il collegamento tra lavoro "nero" e sicurezza sul lavoro era certamente evidente "nell'ambito dei cantieri edili" dove la natura cautelare del provvedimento era confermata, come detto, dalle statistiche sugli infortuni. Tuttavia, già con l' art. 5 della legge n. 123/2007 e, evidentemente, con l'art. 14 del Tu, tale collegamento sembra venir meno: la natura cautelare del provvedimento non appare più così nitida quando lo stesso è adottato in settori diversi da quello dell'edilizia e nei quali un lavoratore "in nero" sembra correre gli stessi rischi di lavoratori regolarmente assunti. Qui, invero, il provvedimento di sospensione sembra acquisire una connotazione sanzionatoria. Ma al di là di tale osservazione va ora approfondita la nozione stessa di lavoratore "in nero".

Il Legislatore, in questo come in altri casi, definisce il lavoratore "in nero" come il lavoratore "non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" (8) e al riguardo, con la nota del 16 febbraio 2007 relativa alla programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2007, il Ministero del lavoro ha fornito chiarimenti alle proprie strutture territoriali sulla sua corretta interpretazione. La parte più interessante della nota è sicuramente quella che individua - a contrario - quale sia l' "altra documentazione obbligatoria" , ulteriore rispetto alle scritture sul libro matricola e paga, in grado di comprovare la regolarità di un rapporto di lavoro. Il Ministero, nell'occasione, sottolinea che l'elemento che più di ogni altro garantisce la regolarità del rapporto di lavoro è la comunicazione anticipata di assunzione al Centro per l'impiego che -si ricorda- trova una nuova disciplina nella Finanziaria 2007 (9). Fra la documentazione idonea a dimostrare con certezza la regolarità del rapporto di lavoro, il Ministero inserisce anche la copia della lettera di assunzione da cui risultino gli estremi di iscrizione del lavoratore sul libro matricola. Non sembrano invece costituire documentazione attendibile "quei documenti -quali ad esempio la tessera di riconoscimento nel settore edile introdotta dall'art. 36- bis del citato Dl n. 223/2006- che non sono soggetti né all'obbligo di comunicazione alle amministrazioni pubbliche né a quello di conservazione per determinati periodi di tempo".

In sostanza, sulla base delle indicazioni dell'Amministrazione del lavoro e sulla base delle più recenti novità in materia di adempimenti connessi alla instaurazione di un rapporto di lavoro, un lavoratore può considerarsi "in nero" quando, oltre a non risultare dai libri obbligatori, relativamente allo stesso:

- non è stata comunicata l'assunzione al Centro per l'impiego;

- non è stato comunicato il codice fiscale all'Inail o, per gli assicurati del settore marittimo, all'Ipsema (10) (obbligo tuttavia venuto meno a seguito della cd. pluriefficacia delle comunicazioni al Centro per l'impiego);

- non è stata consegnata la lettera di assunzione contenente gli estremi di iscrizione sul libro di matricola.

In presenza di anche uno solo di tali adempimenti il lavoratore non è dunque un lavoratore "in nero" e lo stesso non rientrerà nel conteggio della percentuale del 20% (v. infra) ai fini della adozione del provvedimento di sospensione.

D'altro canto tali osservazioni inducono a sostenere che non rientrano nella nozione di lavoratore "non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" eventuali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto che, seppur non genuini, risultano comunque iscritti sul libro matricola, così come previsto dal Dlgs n. 38/2000; viceversa, stando alle indicazioni del Ministero contenute nella citata circ. n. 29/2006, "eventuali forme di collaborazione occasionale ritenute non genuine, in assenza di qualunque formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno, invece, contribuire alla determinazione della percentuale di personale irregolare" .

Da ultimo va ricordato che nel computo della percentuale di lavoratori "in nero" va ricompreso anche il personale extracomunitario "clandestino", rispetto al quale il Ministero ha peraltro recentemente chiarito che trova applicazione anche la cd. maxisanzione di cui all'art. 36 bis, comma 7, della legge n. 223/2006 (11).

Una volta chiarita la nozione di lavoratore "in nero" occorre approfondire il sistema di calcolo della percentuale del 20% sufficiente a consentire l'adozione del provvedimento di sospensione. In proposito la previsione dell'art. 14 sembra modificare il precedente sistema di calcolo, stabilendo che la percentuale va individuata sul "totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro" . Sia l'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 che l' art. 5 della legge n. 123/2007 stabilivano invece che il 20% dei lavoratori andava calcolato, rispettivamente, sul "totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere" e sul "totale dei lavoratori regolarmente occupati" . In sostanza, secondo una esemplificazione contenuta nella citata circ. n. 29/2006, occorreva rapportare il numero dei lavoratori "in nero" sul numero dei lavoratori regolari (12); inoltre, secondo la lett. circ. 22 agosto 2007, il presupposto andava verificato con riferimento alla singola unità produttiva, rispetto alla quale andavano "circoscritti gli effetti sospensivi del provvedimento" . Nonostante tali chiarimenti molti uffici territoriali del Ministero del lavoro chiedevano alla Direzione generale per l'Attività Ispettiva di specificare se i lavoratori regolari, da prendere quale base di calcolo per la percentuale necessaria ad adottare il provvedimento di sospensione, dovessero essere solamente quelli presenti al momento dell'accesso ispettivo ovvero tutti quelli impiegati effettivamente dall'azienda o dall'unità produttiva, seppur

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assenti in quel dato momento per una qualsiasi causa. La Direzione generale non ha fatto in tempo ad esprimersi sull'argomento, in quanto il Tu, recependo tali perplessità, chiarisce senza ombra di dubbio che il calcolo della percentuale va verificato sul totale (a quanto pare comprensivo sia di lavoratori "in nero" che di lavoratori regolarmente assunti) del personale presente "sul luogo di lavoro" . Pertanto, a titolo esemplificativo, nell'ipotesi in cui si rilevi in un'azienda la presenza di 10 lavoratori di cui 3 "in nero", la percentuale andrà calcolata su base 10 e non su base 7 (cioè i soli lavoratori regolari) come avveniva in passato; ne risulterebbe pertanto che il numero di 3 lavoratori "in nero", rappresentando il 30% del "totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro", sarà sufficiente a consentire l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale.

La violazione della disciplina in materia di "tempi di lavoro"

E' possibile adottare il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale anche in caso di "reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio" .

Il rispetto della durata media dell'orario di lavoro (art. 4 Dlgs n. 66/2003) - Quanto al rispetto della durata media dell'orario di lavoro, l' art. 4 comma 2, del Dlgs n. 66/2003 stabilisce che la stessa non può superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. I successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo stabiliscono invece che la durata media dell'orario di lavoro "deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi" e che i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare tale limite "fino a 6 mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi" .

Al riguardo occorre anzitutto ricordare le modalità di computo dell'orario medio settimanale e le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro con la circ. n. 8/2005.

L' articolo 6 del Dlgs n. 66/2003 stabilisce che "i periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media" .

Prima dell'intervento ministeriale, ciò che poteva destare perplessità era la tassatività o meno della previsione normativa; v'era cioè da chiedersi se potevano escludersi dal computo ulteriori ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro comunque legate alla salute del lavoratore. La circolare n. 8/2005, con un prudente apprezzamento della ratio normativa, stabilisce dunque che "sebbene la previsione normativa faccia esclusivo riferimento solo alle ferie e alla malattia, in considerazione della ratio della disposizione, sembra possibile equiparare a tali assenze quelle dovute ad infortunio e gravidanza, che comunque si ricollegano allo stato di salute del lavoratore. Tutti i restanti periodi di assenza con diritto alla conservazione del posto restano pertanto ricompresi nell'arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero" . Ai fini della individuazione del periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi), tale interpretazione normativa comporta pertanto uno "scorrimento" dello stesso a fronte di assenze per ferie, malattia, infortunio o gravidanza; a titolo di esempio, se il periodo da prendere in considerazione fosse di quattro mesi e scadesse il 30 aprile, lo stesso andrebbe quindi a scadere nel mese di maggio in presenza anche di un solo giorno di ferie del lavoratore.

Ancora l'articolo 6 stabilisce che "nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva (...) le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all'articolo 4" . In tali ipotesi sembra ragionevole ritenere che la esclusione dal computo possa effettuarsi solo se le ore di straordinario ed i corrispondenti riposi vengano entrambi a ricadere nell'ambito del medesimo periodo quadrimestrale.

Il limite delle 48 ore, come evidenzia il Ministero, deve poi essere rispettato sia nelle ipotesi di orario "rigido ed uniforme" , sia nel caso in cui l'orario di lavoro venga disciplinato in senso multiperiodale "mediante il rispetto del limite come media, per ogni periodo di sette giorni, in un determinato periodo" . Sebbene la terminologia adoperata non risulti del tutto chiara, il concetto di fondo rimane comunque quello per cui, qualunque sia l'articolazione oraria, la media da rispettare con riferimento a ciascun lavoratore è quella delle 48 ore settimanali.

La previsione concernente la durata media dell'orario di lavoro, come anche altre (orario normale, riposo giornaliero, pause ecc.) non trova applicazione, ai sensi dell'articolo 17 comma 5, del Dlgs n. 66/2003, nei confronti dei lavoratori "la cui durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi" . La norma individua successivamente, fra le categorie di lavoratori interessati, i dirigenti, il personale direttivo delle aziende o altre persone aventi potere di decisione autonomo e coloro che svolgono la propria prestazione con modalità di telelavoro. In proposito il Ministero chiarisce che tali categorie di lavoratori non costituiscono tuttavia un

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numero chiuso e pertanto la deroga alla durata media dell'orario di lavoro è possibile anche per quelle attività le cui peculiarità non consentono di predeterminarne la durata. Si tratta di attività nelle quali la professionalità dei lavoratori è condizione essenziale per il funzionamento del servizio, di modo che "l'attività del personale impegnato, talora anche a ragione della continuità del servizio offerto (...) si concreta in una serie di interventi che non consentono la pianificabilità, in termini di tempo, del lavoro necessario al funzionamento del servizio" .

Riposo giornaliero (art. 7 Dlgs n. 66/2003) - L' art. 7 del Dlgs n. 66/2003 stabilisce che "ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata".

La previsione normativa introduce dunque nell'ordinamento l'obbligatorietà del riposo minimo giornaliero, capovolgendo l'impostazione che, sulla base della precedente disciplina, poneva limiti in ordine alle ore di lavoro effettuate sia durante la giornata che durante la settimana (13).

Durata media dell'orario di lavoro settimanale

La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore , comprese le ore di lavoro straordinario. la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi (ovvero 6 o 12 mesi se stabilito dalla contrattazione collettiva). i periodi di ferie annue, i periodi di assenza per malattia, infortunio e gravidanza non sono presi in considerazione ai fini del computo della media.

Periodo di riferimento (ad esempio quadrimestre)

Dalla lettura della disposizione è dunque possibile evidenziare che:

- il riposo giornaliero è pari ad 11 ore per ogni periodo di 24 ore;

- il riposo deve essere fruito in maniera consecutiva;

- dalla consecutività del riposo sono escluse le "attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata" .

Sulla disciplina del riposo giornaliero la citata circ. n. 8/2003 del Ministero ha anzitutto evidenziato l'inderogabilità del riposo, se non con previsioni di maggior favore per il lavoratore e la possibilità per quest'ultimo di rinunciare al periodo di riposo compreso tra la misura convenzionale e quella minima di 11 ore.

Ai fini del calcolo del periodo minimo di riposo non si computano i riposi intermedi e le pause di lavoro che, peraltro, il Ministero ritiene non computabili neanche ai fini dell'orario di lavoro.

Quanto alle ipotesi derogatorie va anzitutto ricordato che la consecutività del riposo giornaliero può essere derogata dalle "attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata" cioè dalle attività -quale ad esempio quella del personale addetto alle pulizie, dei camerieri, del personale di cucina ecc.- che si svolgono ad intervalli in ragione, non già di una scelta organizzativa del datore di lavoro, ma perché lo richiede il tipo di attività svolta. In proposito va ricordato che l' art. 17 comma 3, del Dlgs n. 66/2003 stabilisce che "alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui all'articolo 7 (...) per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie" . Le condizioni del comma 2 richiamate si riferiscono alla possibilità da parte del Ministero del lavoro -in assenza di disciplina collettiva e su richiesta delle organizzazioni sindacali e

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datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale- di adottare un decreto che individui eventuali deroghe.

Ulteriori deroghe possono essere introdotte sia con riferimento alla consecutività che alla misura del riposo, ai sensi dell'art. 17 comma 1, del Dlgs n. 66/2003 ossia "mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione". Tuttavia in tali casi è necessario, ai sensi del successivo comma 4, del medesimo art. 17, accordare ai lavoratori periodi equivalenti di riposo compensativo o "in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata" (14).

Le previsioni concernenti la deroga al riposo giornaliero, quella contenuta nell'art. 7 e quella di cui all'art. 17 commi 1 e 4, del Dlgs n. 66/2003, vanno pertanto coordinate tra di loro, in modo tale che:

- quando ci si riferisce ad attività "caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata" la deroga sia ammessa anche su iniziativa del datore di lavoro e del lavoratore ma con esclusivo riferimento alla consecutività;

- in tutti gli altri casi la deroga sia ammessa solo su iniziativa delle parti sociali ma anche con riferimento alla misura del periodo di riposo, ferma restando la previsione di riposi compensativi o di una "protezione appropriata" .

Riposo settimanale (art. 9 Dlgs n. 66/2003) - In materia di poso settimanale l' art. 9 del Dlgs n. 66/2003 stabilisce che "il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero". Ciò comporta che, qualora il riposo giornaliero corrisponda a 11 ore, si abbia un totale di 35 ore di riposo.

A tale disposizione seguono alcune eccezioni individuate dallo stesso art. 9, comma 2, del Dlgs(15) e dalla contrattazione collettiva purché, analogamente a quanto già detto con riferimento al riposo giornaliero, ai lavoratori siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo o, in caso di eccezionale impossibilità oggettiva, purché sia predisposta una protezione appropriata a favore degli stessi.

Sotto il profilo delle deroghe vanno peraltro segnalati i chiarimenti intervenuti con risposta ad interpello prot. n. 2186 del 1° settembre 2005. In particolare la Direzione generale per l'Attività ispettiva del Ministero del lavoro precisa che l' art. 9 comma 1, del Dlgs n. 66/2003 richiama alcuni principi in materia di riposo settimanale, i quali attengono al diritto ad un giorno di riposo ogni sei giorni di lavoro, alla consecutività del riposo (24 ore), all'obbligo di cumulo con il riposo giornaliero, alla coincidenza "di regola" con la domenica. La derogabilità di tali principi va dunque verificata sulla scorta di quanto in proposito affermato in passato dalla Corte Costituzionale.

Riposo giornaliero

Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore

Deroghe

Attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata

è derogabile la consecutività del riposo

Altre attività

è derogabile la misura e la consecutività del riposo ma solo attraverso accordi sindacali

Relativamente al principio della coincidenza del riposo settimanale con la domenica non sembrano sussistere particolari ostacoli per la sua derogabilità. In proposito non vi è infatti alcuna norma costituzionale che sancisca tale coincidenza; va anzi ricordato che la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità delle previsioni contenute nella legge n. 370/1934 che imponevano ai lavoratori della stampa il riposo domenicale. Soltanto nella legge ordinaria è previsto che, in via tendenziale, il riposo settimanale debba cadere di domenica, ragion per cui possono ritenersi costituzionalmente legittime eventuali diverse

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previsioni, anche individuate dalla contrattazione collettiva sebbene, in tale caso, ciò debba avvenire "nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4" (16).

Con riferimento al principio secondo il quale il riposo settimanale di 24 ore debba essere goduto consecutivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 4 febbraio 1982, n. 23, ne ha invece dichiarato l'inderogabilità in quanto "la consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale" .

Circa il principio del cumulo del riposo settimanale con il riposo giornaliero di 11 ore , disciplinato dall'art. 7 del Dlgs n. 66/2003, non esistono pronunciamenti della Consulta, giacché lo stesso non era contemplato dall'ordinamento previgente. La sua derogabilità è tuttavia ammessa solo nei limiti in cui ciò non comporti la sovrapponibilità dei due riposi. Il principio del divieto di sovrapponibilità fra riposo settimanale e giornaliero è stato infatti evidenziato dalla Corte Costituzionale già con sentenza 28 aprile 1976, n. 102.

Sul principio della periodicità del riposo di 24 ore ogni 6 giorni di lavoro la Corte non ha escluso eventuali ipotesi derogatorie, stabilendo tuttavia che le stesse possano ammettersi solo al verificarsi di alcune condizioni ed in particolare: il mantenimento di 6 giorni di lavoro e di uno di riposo con riferimento ad un arco temporale complessivo, l'evidente necessità delle eccezioni a tutela di altri apprezzabili interessi identificabili in "situazioni idonee a giustificare un regime eccezionale" ed un ragionevole contemperamento tra le esigenze della salute dei lavoratori e quelle, particolari, di speciali attività produttive.

Riposo settimanale

Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero

Deroghe

Principio della coincidenza del riposo con la domenica

derogabile

Principio della consecutività del riposo

inderogabile

Principio del cumulo con il riposo giornaliero

derogabile nella misura in cui la deroga non comporti la violazione del principio di non sovrapponibilità

Principio della periodicità del riposo

derogabile solo al verificarsi di determinate condizioni

Violazioni in materia di tempi di lavoro e adozione del provvedimento di sospensione - Una volta individuate con maggior precisione quali siano le violazioni in materia di tempi di lavoro che possono dar luogo ad un provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, occorre soffermarsi sugli ulteriori presupposti richiesti dall'art. 14 del Tu. In primo luogo la norma, così come già previsto dall'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 e dall'art. 5 della legge n. 123/2007, richiede il requisito della reiterazione. In proposito, già con la circ. n. 29/2006 il Ministero aveva chiarito che il termine "reiterate" va interpretato come "ripetizione di una o più delle diverse condotte illecite contemplate nella norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un determinato arco temporale (l'art. 8 bis della legge n. 689/1981 ad esempio, prende in considerazione gli ultimi 5 anni), tale da non poter considerare la condotta stessa meramente occasionale".

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L'altro presupposto, che rappresenta una vera e propria novità rispetto alle precedenti disposizioni, è dato dal fatto che le violazioni in materia di tempi di lavoro, per poter rilevare ai fini della sospensione, devono essere accompagnate da una valutazione delle "specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio" .

La precisazione è stata introdotta per ovviare alla problematica secondo cui le violazioni de quo non erano legate a valori percentuali, come nell'ipotesi di impiego di lavoratori "in nero" ; in altre parole la norma consentiva l'adozione del provvedimento di sospensione dell'intera unità produttiva anche qualora fosse accertata una reiterata violazione dei tempi di lavoro nei confronti di un solo lavoratore.

L'ancoraggio ad una valutazione "dei rischi" cui il lavoratore può incorrere in conseguenza di periodi di lavoro eccessivi sembra dunque dettata dalla natura cautelare del provvedimento di sospensione. In effetti le violazioni al Dlgs n. 66/2003 se "nell'ambito dei cantieri edili" rappresentavano un fattore di maggior rischio per la salute e sicurezza sul lavoro, non così può dirsi per altre numerose attività imprenditoriali. Certamente sarà necessario che il Ministero del lavoro fornisca maggiori chiarimenti al riguardo, delineando i criteri in base ai quali rapportare dette violazioni alla attività svolta dai lavoratori interessati, fors'anche introducendo delle percentualizzazioni come peraltro è avvenuto in altre occasioni. Ci si riferisce in particolare alla scelta, operata con il Dm 24 ottobre 2007 attuativo del comma 1176 della Finanziaria 2007, di non consentire il rilascio del Documento unico di regolarità contributiva (Durc) a fronte della violazione agli artt. 7 e 9 del Dlgs n. 66/2003 con riferimento "ad un numero di lavoratori almeno pari al 20% del totale della manodopera regolarmente impiegata" (17).

Le gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro

Già l' art. 5 della legge n. 123/2007 aveva introdotto, quale ulteriore presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, l'accertamento di "gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" . Il Ministero al riguardo, con lettera circ. 22 agosto 2007, aveva precisato che:

- per gravi devono intendersi le violazioni riscontrate a carico dei soli datori di lavoro e dei dirigenti punite con le pene più gravi (sia di carattere detentivo che pecuniario);

- la reiterazione va intesa come "recidiva aggravata" e cioè relativa ad una violazione della stessa indole (violazione grave in materia di salute e sicurezza sul lavoro) e commessa nei cinque anni precedenti all'ultima condotta oggetto di prescrizione obbligatoria ovvero di giudicato penale.

Con la circ. n. 24/2007 il Ministero aveva aggiunto che "in tale ambito rientrano le violazioni che giustificano l'adozione del provvedimento interdittivo in quanto ledono i principi fondamentali del sistema prevenzionale e mettono a repentaglio gli interessi generali dell'ordinamento" , facendo riserva di definire un elenco esplicito delle stesse.

Proprio l'assenza di una analitica individuazione di tali violazioni che, si ricorda, possono essere accertate anche (e soprattutto) dal personale ispettivo Aassll, lasciava pensare ad una inapplicabilità della norma; viceversa la semplice precisazione sulla "gravità" e "reiterazione" delle violazioni non era sufficiente ad assicurare una uniformità di comportamento da parte di tutti gli organi di vigilanza.

Tali argomentazioni possono dunque spiegare la scelta del Legislatore delegato di modificare, sul punto, la disciplina secondo cui dette violazioni vanno "individuate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della emanazione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale sono quelle individuate nell'Allegato I" .

In primo luogo, pertanto, l'individuazione delle violazioni de quo , proprio perché legate alla attività svolta da diversi organi di vigilanza (Ministero del lavoro e Aassll) dovrà effettuarsi attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti competenti al loro accertamento; tuttavia, al fine di consentire una immediata applicazione della disposizione, l'art. 14 del Tu introduce un provvisorio elenco di violazioni, contenuto nell'Allegato I allo stesso Dlgs.

Al riguardo, occorre da ultimo ricordare quanto già precisato a suo tempo dal Ministero del lavoro con la citata circ. n. 24/2007, secondo cui le violazioni in argomento possono valere ai fini della reiterazione e della adozione del provvedimento di sospensione solo se riferibili a condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore del Tu.

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ALLEGATO 1

Gravi violazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale

Violazioni che espongono a rischi di carattere generale

- mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;

- mancata elaborazione del Piano di emergenza ed evacuazione;

- mancata formazione ed addestramento;

- mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;

- mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (Psc);

- mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (Pos);

- mancata nomina del coordinatore per la progettazione;

- mancata nomina del coordinatore per l'esecuzione.

Violazioni che espongono al rischio di caduta dall'alto

- mancato utilizzo della cintura di sicurezza;

- mancanza di protezioni verso il vuoto.

Violazioni che espongono al rischio di seppellimento

- mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.

Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione

- lavori in prossimità di linee elettriche;

- presenza di conduttori nudi in tensione;

- mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).

Violazioni che espongono al rischio d'amianto

- mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.

Discrezionalità del provvedimento

Sia l' art. 36 bis del Dl n. 223/2006 che l' art. 5 della legge n. 123/2007 disciplinavano il potere di sospensione come un potere di carattere discrezionale ( "il personale ispettivo... può adottare il provvedimenti di sospensione" ). La formulazione normativa non poteva dunque non richiedere l'individuazione di criteri volti ad evitare che tale discrezionalità si trasformasse in un vero e proprio arbitrio; pertanto, sia con la circ. n. 29/2006 che con la lett. circ. 22 agosto 2007 e la circ. n. 24/2007, il Ministero del lavoro è intervenuto sull'argomento, fornendo indicazioni che possono ritenersi tuttora valide.

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Provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

Direzione provinciale del lavoro di ........

Servizio ispezione del lavoro

Provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale

L'anno ............. il giorno ............. del mese di ............. alle ore ............., i/il sottoscritti/o ufficiale/i di polizia giudiziaria ............. ispettori del lavoro/addetti alla vigilanza, addetti/o al servizio ispezione lavoro/nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro della intestata Direzione provinciale del lavoro, in occasione delle indagini compiute a seguito della visita ispettiva effettuata presso la ditta con sede legale sita in .................................................................................................. alla via .............................................., hanno/ha riscontrato a carico della medesima ditta .............................................. avente unità produttiva in ................................................................ via/p.zza .................................................:

- l'impiego di personale in calce indicato non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari al ............. per cento (n. .............) del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro all'atto dell'ispezione (n. .............);

- reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del Dlgs n. 66/2003 e successive modificazioni, considerate le specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio e in particolare ......................;

- gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e in particolare ........................

Per quanto precede, a norma dell'art. 14 del Dlgs n. ............., i/il sottoscritti/o adottano/adotta col presente atto, con decorrenza ed efficacia immediata, dalla data di notifica dello stesso, il

Provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale relativa alla citata unità produttiva

In proposito si avverte che il presente provvedimento sarà revocato esclusivamente a condizione che si accerti:

- la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

- l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di cui al Dlgs n. 66/2003 e successive modificazioni o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

- il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2.500.

Si avverte, inoltre, che:

- è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti;

- in caso di prosecuzione dei lavori in violazione del presente provvedimento si provvederà ad informare l'Autorità Giudiziaria per violazione dell'art. 14, comma 10, del Dlgs n. .............

Si informa, altresì, che si provvederà a dare tempestivamente notizia all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'art. 6 del Dlgs n. 163/2006 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.

Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale (legge n. 1034/1971, come modificata dalla legge n. 205/2000) entro 60 giorni dalla notifica ovvero, entro 30 giorni, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente. Si rende noto, inoltre, che il mancato pronunciamento della Direzione regionale del lavoro entro il termine di 15 gg. dalla notifica del ricorso determina la perdita d'efficacia del provvedimento di sospensione.

Il presente provvedimento di sospensione è altresì inviato in copia al presidio territoriale dell'Arma dei Carabinieri, alla Questura, nonché al Comune di ..................................... per le eventuali verifiche in ordine all'ottemperanza al medesimo.

I/Il Verbalizzanti/e

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Anzitutto la circ. n. 29/2006, nel riferirsi al provvedimento da adottarsi "nell'ambito dei cantieri edili" spiega che lo stesso deve "di norma" essere adottato ogni qual volta ne siano accertati i presupposti, "salvo valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell'opportunità, di non adottare il provvedimento in questione". Le circostanze che possono indurre il personale ispettivo a non adottare il provvedimento sono anzitutto legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro; in altre parole, laddove la sospensione dell'attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l'incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento.

In particolare, secondo la circ. n. 29/2006 "un utile criterio volto ad orientare la valutazione dell'organo di vigilanza va legato alla natura del rischio dell'attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo conto che il provvedimento può non essere adottato:

1) quando il rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori risulta di lieve entità in relazione alla specifica attività svolta nel cantiere (ad esempio tinteggiatura interna, posa in opera di rivestimenti ecc.);

2) quando l'interruzione dell'attività svolta dall'impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l'incolumità dei lavoratori delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d'acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiale nocivo quale l'amianto) ".

Seguendo il medesimo ragionamento la lett. circ. 22 agosto 2007 afferma quindi che "un utile criterio volto ad orientare la valutazione dell'organo di vigilanza va legato alla natura del rischio dell'attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo conto che il provvedimento può non essere adottato nei casi in cui l'immediata interruzione dell'attività comporti a sua volta una imminente situazione di pericolo sia per i lavoratori che per i terzi" . In tale occasione, inoltre, il Ministero prende in considerazione anche la possibilità che il provvedimento di sospensione non sia adottato quando rechi un "irrimediabile degrado agli impianti o alle attrezzature" (si pensi alle attività a ciclo continuo).

Un ulteriore passo avanti si compie con la circ. n. 24/2007 nella quale, oltre a confermare i criteri già esposti, si evidenzia che "va attentamente valutata l'opportunità di adottare il provvedimento di sospensione in tutte quelle ipotesi in cui si venga a compromettere il regolare funzionamento di una attività di servizio pubblico, anche in concessione (ad esempio attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica, acqua, luce, gas ecc.), così pregiudicando il godimento di diritti costituzionalmente garantiti.

Una possibile limitazione all'esercizio di tali diritti trova invece giustificazione laddove il provvedimento di sospensione per gravi e reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza sia funzionale alla tutela del primario diritto costituzionale alla salute di cui all'art. 32 Cost." .

I criteri già indicati dall'Amministrazione del lavoro costituiscono un buon punto di partenza per poter limitare la discrezionalità propria del potere di sospensione assicurando, nei limiti del possibile, una uniformità di comportamento tra i diversi organi di vigilanza. Non può tuttavia negarsi che, quali che siano i criteri adottati, rimarranno sempre alcuni margini di valutazione al personale ispettivo -com'è giusto che sia- nell'adozione del provvedimento, in particolare quando lo stesso scaturisca dalla violazione della disciplina in materia di tempi di lavoro. A parere di chi scrive non sembra di particolare utilità fornire ulteriori metri di giudizio nell'esercizio del potere senza avere prima una "statistica" sulla quale poter operare; va ad esempio notato che, fra le ipotesi di sospensione dell'attività imprenditoriale più discusse, vi è quella nei confronti di attività alberghiere.

In tali casi, infatti, della sospensione risentirebbero inevitabilmente gli stessi utenti. Se dunque l'adozione del provvedimento volesse dire una improvvisa interruzione del soggiorno? Se a subirne i maggiori disagi fossero anche famiglie con figli? Se la sospensione fosse adottata durante una vigilanza notturna? Insomma, è innegabile che l'esercizio del potere di sospensione implica una valutazione a 360° di tutte le conseguenze cui possa dar luogo, rispetto alle quali -lo si ripete- non sembra possibile fornire a priori criteri diversi da quelli già indicati dal Ministero del lavoro con le citate circolari e lettere circolari.

Adozione del provvedimento su "segnalazione"

Legato al tema della discrezionalità del provvedimento di sospensione sembra essere la previsione secondo cui la sua adozione può aversi "anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze" . La precisazione del Legislatore delegato era già contenuta nell'art. 36 bis del Dl n. 223/2006 (dove era previsto il coinvolgimento specifico di Inps e Inail) e nell'art. 5 della legge n. 123/2007 e non rappresenta dunque una novità. La formulazione normativa, nonostante tutto, va interpretata correttamente al fine di non vanificare lo spirito del potere di sospensione che rimane un potere di natura cautelare. Va infatti evidenziato che l'eventuale segnalazione di altri soggetti pubblici deve costituire un semplice

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"campanello d'allarme" per il personale ispettivo del Ministero del lavoro il quale, una volta avuto notizia di un illecito che potrebbe consentire l'adozione del provvedimento di sospensione, dovrà comunque verificarne l'attualità prima di prendere eventuali iniziative. La stessa circ. n. 29/2006 chiarisce infatti che "nelle ipotesi in cui gli ispettori di vigilanza degli istituti previdenziali e assicurativi accertino la sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione del provvedimento di sospensione, gli stessi ne diano immediata comunicazione, mediante trasmissione del verbale anche in via telematica, alla Direzione provinciale del lavoro, affinché quest'ultima mediante proprio personale attivi le dovute valutazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dei lavori".

Come detto, tuttavia, le ipotesi di segnalazione sembrano in qualche modo legarsi al tema della discrezionalità, ogniqualvolta le stesse siano prese in esame nell'immediatezza. In altri termini, pur tenendo presente la natura cautelare del provvedimento di sospensione e la necessità di verificare l'attualità degli illeciti che ne costituiscono il presupposto, sembrerebbe comunque possibile intervenire senza alcun accesso ispettivo qualora fra segnalazione e sospensione non trascorra molto tempo. La scelta se operare in tal senso spetta comunque al personale che coordina, all'interno delle singole Direzioni provinciali del lavoro, le unità ispettive; tale personale, infatti, dovrà decidere se procedere ad un accertamento circa la permanenza delle violazioni che danno luogo al provvedimento di sospensione -in particolare quando si tratti di violazioni in materia di tempi di lavoro, considerata anche la necessità di un contestuale esame delle "specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio" (v. retro ) - ovvero procedere direttamente alla adozione del provvedimento interdittivo.

Quest'ultimo, si ricorda, se emanato in assenza dei presupposti di legge -fors'anche perché ancor prima della sua emanazione il datore di lavoro ha provveduto alla regolarizzazione delle violazioni accertate- potrà considerarsi viziato ab origine e quindi una eventuale inottemperanza al provvedimento stesso non potrà dar luogo ad alcuna conseguenza di carattere sanzionatorio.

Revoca del provvedimento

Quanto alla revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, va evidenziata una "evoluzione" della disciplina normativa e delle relative interpretazioni del Ministero del lavoro. Per comprendere quali siano state le necessità che hanno suggerito, di volta in volta, di modificare tale disciplina occorre ricordare anzitutto cosa era previsto con riferimento al provvedimento di cui all'art. 36 bis del Dl n. 223/2006.

Il provvedimento di sospensione "nell'ambito dei cantieri edili" poteva essere adottato solo in presenza di lavoratori "in nero" o di reiterate violazioni in materia di tempi di lavoro. Il Ministero del lavoro, per la revoca dello stesso, aveva chiarito con circ. n. 29/2006 che occorreva anzitutto una regolarizzazione delle violazioni accertate il che, nell'ipotesi di lavoro "nero", non destava particolari perplessità mentre qualche interrogativo si poneva nell'ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro. Va infatti ricordato che tali tipologia di violazioni non sono state considerate sanabili dallo stesso Ministero del lavoro che, al riguardo, ha infatti anche escluso l'applicazione della procedura di diffida di cui all'art. 13 del Dlgs n. 124/2004 (18). Ecco allora che l'unica soluzione percorribile era quella di richiedere, ai fini della revoca del provvedimento, il pagamento delle relative sanzioni. Il che fu fatto tanto con riferimento alle violazioni al Dlgs n. 66/2003 quanto alle violazioni in materia di lavoro "nero". In sostanza, quindi, per ottenere la revoca del provvedimento era necessario sia regolarizzare le violazioni accertate (qualora si fosse trattato di impiego di lavoratori "in nero"), sia pagare le relative sanzioni. Tale scelta si rivelò oltremodo rigida in tutti quei casi in cui i datori di lavoro sospesi non avevano le risorse per pagare immediatamente le sanzioni e poter riprendere la propria attività; sanzioni che, quando si tratta di lavoro "nero", sono piuttosto onerose (19). Per ovviare alle problematicità legate, in particolare, alle ipotesi di adozione del provvedimento interdittivo in caso di occupazione di lavoratori "in nero", il Ministero del lavoro intervenne con nota 11 aprile 2007 con la quale si ammettevano le imprese in difficoltà finanziarie ad una revoca del provvedimento anche in assenza di un immediato pagamento delle sanzioni amministrative connesse. In particolare la nota in questione chiariva quanto segue: "emergono rilievi di criticità in ordine alla revoca del provvedimento di sospensione in quanto la circolare n. 29/2006 stabilisce che "per la regolarizzazione dei lavoratori in nero", oltre alla registrazione degli stessi sui libri obbligatori, [è necessario] il pagamento delle sanzioni amministrative e civili ed il versamento dei relativi contributi previdenziali ed assicurativi".

Dal punto di vista operativo, infatti, si rileva che sono spesso adottati provvedimenti sanzionatori che prevedono il pagamento di rilevanti importi pecuniari, conseguenti alla comminazione della cd. maxisanzione per il lavoro "nero"; importi che le imprese in difficoltà finanziarie non sono in grado di versare con immediatezza e che precludono la revoca del provvedimento di sospensione, pur in presenza di una regolarizzazione -sotto ogni altro profilo lavoristico, previdenziale o di tutela prevenzionistico-sanitaria- dei lavoratori impiegati.

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Ciò determina una situazione di difficoltà operativa che pregiudica la gestione dell'appalto in quanto l'impresa oggetto del provvedimento di sospensione non può proseguire i lavori e, conseguentemente, riscuotere gli importi relativi agli stati di avanzamento necessari per pagare le sanzioni amministrative e penali comminate.

Pertanto, pur ritenendo che il "ripristino delle regolari condizioni di lavoro" richieda la reintegrazione dell'ordine giuridico violato anche attraverso il pagamento delle relative sanzioni amministrative, non si può non tenere conto delle diverse situazioni nonché delle specifiche condizioni aziendali ai fini della adozione del provvedimento di revoca.

Ciò premesso, una volta verificata la sussistenza degli elementi volti a configurare una reale ed autonoma realtà d'impresa (e non già meri fenomeni di natura interpositoria), si ritiene che, ai fini del "ripristino delle regolari condizioni di lavoro", sia sufficiente la regolarizzazione dei lavoratori "in nero", in tutti quei casi in cui l'immediato pagamento degli importi sanzionatori appaia eccessivamente gravoso.

In tal senso pertanto codesti Uffici, ai fini della revoca del provvedimento di sospensione, avranno cura di verificare che l'impresa abbia effettuato tutti gli adempimenti di natura lavoristica e previdenziale e di tutela prevenzionistico-sanitaria riferiti ai lavoratori irregolari.

Quanto invece alla valutazione circa l'opportunità di non condizionare necessariamente la revoca all'immediato pagamento delle sanzioni amministrative, detta valutazione deve fondarsi sull'incidenza dell'onere sanzionatorio in relazione alle possibilità economico-finanziarie dell'impresa, desunte dalle sue condizioni economiche complessive, dall'entità del valore dell'appalto, dalla situazione di liquidità e dal fatturato complessivo aziendale.

Tali elementi vanno debitamente documentati in sede di richiesta di revoca della sospensione e di essi va dato atto nella motivazione del provvedimento di accoglimento o diniego della stessa".

Successivamente l' art. 5 della legge n. 123/2007, al fine di eliminare in radice tale problematica, introdusse una importante novità. In base alla disciplina del 2007 la revoca del provvedimento di sospensione era infatti subordinata, oltre alla regolarizzazione delle violazioni accertate, ivi comprese le violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche al pagamento "di una sanzione amministrativa aggiuntiva (...) pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate" . La nuova formulazione normativa consentiva pertanto di non richiedere più l'immediato pagamento delle sanzioni ai fini della revoca del provvedimento interdittivo, sostituito dal versamento della citata "sanzione amministrativa aggiuntiva" . Tuttavia proprio l'aver definito tale onere come "sanzione amministrativa" dava luogo a problematiche concernenti l'individuazione della disciplina da applicarsi. In altre parole, secondo un interpretazione letterale del dettato normativo, sembrava doversi applicare a tale onere la disciplina sul procedimento sanzionatorio amministrativo contenuto nella legge n. 689/1981 con tutto quel che ne consegue relativamente ad una eventuale emissione di ordinanza ingiunzione per mancato pagamento entro sessanta giorni della sanzione in misura ridotta (20). Il Ministero del lavoro con la circ. n. 24/2007 forniva una interpretazione sicuramente poco aderente alla lettera della norma ma comunque più vicina allo spirito che contraddistingue l'introduzione di tale onere legato alla revoca del provvedimento di sospensione. Nella circolare si spiega infatti che "un altro dubbio interpretativo attiene al pagamento della "sanzione amministrativa aggiuntiva" quale presupposto per la revoca del provvedimento di sospensione. Al riguardo occorre preliminarmente precisare che, nonostante il tenore letterale della disposizione normativa, non si è in presenza di una sanzione amministrativa, quanto piuttosto di un "onere economico accessorio". A tale conclusione si giunge considerando, da un lato, che ad essa non trova applicazione il meccanismo di quantificazione di cui all'art. 16 della legge n. 689/1981, in quanto il criterio di computo è già definito dalla legge, dall'altro perché in caso di mancato pagamento da parte del trasgressore di detto onere, l'unica conseguenza consiste nella mera permanenza degli effetti sospensivi del provvedimento, senza alcun ulteriore seguito in termini di riscossione coattiva del relativo importo".

Con specifico riferimento alla sospensione per reiterate violazioni alla disciplina sui tempi di lavoro, la lett. circ. 22 agosto 2007 introduceva un elemento di novità che modificava radicalmente il precedente orientamento espresso con circ. n. 29/2006. Il Ministero, infatti, prevedeva la possibilità di una regolarizzazione di tali violazioni, ciò che in precedenza non si riteneva ammissibile anche perché -come detto- le stesse non erano ammesse alla procedura di diffida prevista dall'art. 13 del Dlgs n. 124/2004. Il Ministero infatti chiariva che "per quanto invece concerne il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi, considerate le finalità di tutela della integrità psicofisica dei lavoratori presidiata da tali istituti, si ritiene che detta regolarizzazione -anche in riferimento alla sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili- presupponga la fruizione di eventuali riposi compensativi o, almeno, nei casi in cui non sia immediatamente possibile tale fruizione, la programmazione degli stessi entro un arco temporale congruo".

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Rispetto alla disciplina anzidetta l'art. 14 del Tu introduce alcune novità. Rappresenta sicuramente una doverosa precisazione il fatto che il provvedimento di sospensione "può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato" ; ne consegue che il provvedimento adottato dal personale ispettivo del Ministero del lavoro possa essere revocato solo dallo stesso personale ispettivo ovvero dalla Direzione provinciale del lavoro di appartenenza. E' sicuramente da evidenziare poi la scelta di eliminare il pagamento della "sanzione amministrativa aggiuntiva" calcolata nel modo in cui s'è detto (1/5 delle "sanzioni amministrative complessivamente irrogate" ), per sostituirla con il pagamento di una "somma aggiuntiva unica" pari ad Euro 2.500. In sostanza, per ragioni di semplificazione, si è deciso di eliminare il criterio di proporzionalità che aveva ispirato le precedenti formulazioni normative e che si voleva legato al numero ed alla gravità degli illeciti. Ora, invece, qualsiasi sia il numero o la gravità degli illeciti che hanno dato luogo al provvedimento di sospensione, la somma per ottenere la sua revoca sarà uguale per tutti. Il pagamento di tale onere -aggiuntivo, ovviamente, rispetto al pagamento delle sanzioni irrogate- è previsto qualsiasi sia la "causa" del provvedimento di sospensione (lavoro "nero", violazioni in materia di tempi di lavoro o in materia di salute e sicurezza sul lavoro) e qualsiasi sia il soggetto che lo ha adottato (personale ispettivo del Ministero del lavoro o delle Aassll). L'unica differenza è data dal fatto che dette somme, se legate alla revoca di un provvedimento adottato dal personale del Ministero del lavoro, andranno ad incrementare il Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1 comma 7, del Dl n. 148/1993 (conv. da legge n. 236/1993) e saranno destinate "al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare" individuati con il Dm di cui all'art. 1, comma 1156, lett. g) , della legge n. 296/2006 (21); se invece il provvedimento è stato adottato da personale ispettivo delle Aassll, le somme versate per la revoca dello stesso integreranno "l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro".

Provvedimento interdittivo alla contrattazione con le Pp.Aa.

Già l' art. 36 bis del Dl n. 223/2006 collegava al provvedimento di sospensione "nell'ambito dei cantieri edili" l'emanazione di un ulteriore provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni. La norma stabiliva infatti che "i competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni" (22).

Al riguardo il Ministero delle infrastrutture aveva fornito le necessarie indicazioni con circ. n. 1733 del 3 novembre 2006. In essa era spiegato che i "competenti uffici" del Ministero delle infrastrutture erano da individuarsi nella Direzione generale per la regolazione e nei Provveditorati regionali e interregionali alle opere pubbliche, ai quali dunque spettava l'adozione del provvedimento interdittivo (23). Sotto il profilo procedurale la circolare stabiliva che il procedimento "deve essere normalmente concluso entro 45 giorni dalla data di ricezione del provvedimento di sospensione" mentre, sotto il profilo della durata del provvedimento interdittivo, si prevedeva che lo stesso non poteva avere una durata inferiore a quella del provvedimento di sospensione o ancor più lungo (pari al doppio della sospensione) "nei casi di recidiva e, comunque, in tutti i casi più gravi, intendendosi con questa locuzione ogni ipotesi in cui i lavoratori irregolari siano pari o superiori al 50% degli addetti al cantiere, ovvero le ipotesi di violazione delle norme di sicurezza di non lieve entità" .

Infine il Ministero delle infrastrutture chiariva che qualora non sia indicato alcun termine finale, la durata del provvedimento interdittivo non può che "essere pari al periodo intercorrente tra la data della sospensione stessa e quella della intervenuta revoca, prevista al comma 2 dell'art. 36 bis Dl n. 223/2006 (ipotesi di regolarizzazione del/i lavoratore/i). Qualora non sia intervenuta alcuna revoca, la durata dell'interdizione non può che essere pari, comunque, alla durata della sospensione, e, in ogni caso, non potrà mai essere superiore a due anni: da ciò consegue che il provvedimento interdittivo avrà quale dies a quo la data di notifica all'impresa il cui cantiere è sospeso e quale dies ad quem il termine massimo (due anni) ipoteticamente irrogabile quale durata del provvedimento interdittivo, salvi eventuali successivi provvedimenti da emanarsi a seguito della acquisizione di nuovi ulteriori elementi".

Alcuni problemi di carattere interpretativo potevano invece rinvenirsi nella previsione dell'art. 5 della legge n. 123/2007, secondo il quale l'adozione del provvedimento di sospensione, ai fini della emanazione dell'ulteriore provvedimento interdittivo, è comunicata "alle competenti amministrazioni" . Le perplessità nascono proprio dalla scelta di individuare, quali destinatari della comunicazione del provvedimento di sospensione ed ai fini dell'adozione dell'ulteriore provvedimento interdittivo, le "competenti amministrazioni" e non un soggetto determinato qual era il Ministero delle infrastrutture.

Sul punto il Ministero del lavoro non ha fornito chiarimenti e, da più parti, si riteneva che ad essere destinatari delle comunicazioni e a dover emanare il provvedimento interdittivo fossero i soggetti pubblici

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che intrattengono abitualmente rapporti con le imprese sospese; tali soggetti -da identificarsi anche in amministrazioni territoriali- potevano tuttavia emanare provvedimenti con efficacia limitata solo nei propri confronti e non anche nei confronti di ogni amministrazione sul territorio nazionale.

Anche rispetto a tali problematiche l'art. 14 del Tu interviene prevedendo che "l'adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni".

Secondo la nuova disciplina, dunque, il provvedimento è comunicato o al Ministero delle infrastrutture, così come già previsto dall'art. 36 bis del Dl n. 223/2006, ovvero alla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La scelta del soggetto destinatario della comunicazione dovrà evidentemente avvenire sulla base della attività svolta dall'azienda sospesa, in modo tale che il primo -così come avveniva in precedenza- possa emanare provvedimenti interdittivi nei confronti delle aziende che operano "nell'ambito dei cantieri edili" ed il secondo nei confronti di tutte le restanti attività imprenditoriali.

L'ambito di efficacia dei provvedimenti interdittivi sarà poi riferibile all'impresa e quindi ad ogni attività contrattuale posta in essere dalla stessa, nei confronti di qualsiasi amministrazione pubblica. Sul punto, peraltro, occorre osservare che la disposizione -oggi come ieri- si sovrappone inevitabilmente ad altre forme di interdizione alla contrattazione con la pubblica amministrazione introdotte dal Legislatore, fra le quali quella legata al rilascio del Documento unico di regolarità contributiva (Durc, in assenza del quale non è possibile, fra l'altro, la partecipazione ad appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Istanza di revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale

Alla Direzione provinciale del lavoro di ......................

Servizio ispezione lavoro

Istanza di revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale

Il sottoscritto ..................................., nato a ..................................., il ................., C.F. ............................................, in qualità di ................................... della ditta ............................................, Cf/Pi ............................................ con sede legale in ......................

Premesso che

- con provvedimento notificato in data ................. è stata sospesa l'attività esercitata dalla citata ditta con riferimento alla unità produttiva sita in .................................................................................................................................... (con riferimento al cantiere sito in ....................................................................................................................................) per i seguenti motivi: ............................................................................................................................................;

- si è provveduto alla regolarizzazione delle violazioni accertate ed in particolare si è provveduto a: ..............................; - si è versato al Fondo per l'occupazione l'importo di Euro 2.500, ai sensi dell'art. 14, comma 4, lett. c) del Dlgs n. ............;

Chiede

la revoca del citato provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ed a tal fine allega la seguente documentazione:

- copia del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale;

- ricevuta di versamento della somma di Euro 2.500 al Fondo per l'occupazione;

-...................................;

-...................................

Luogo e data ...................................

firma ..............................................

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Inottemperanza al provvedimento

Sia con riferimento al provvedimento di sospensione "nell'ambito dei cantieri edili" di cui all'art. 36 bis del Dl n. 223/2006, che al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 5 della legge n. 123/2007 era pacificamente ammessa, in caso di inosservanza dell'ordine impartito, una responsabilità penale. Lo stesso Ministero del lavoro, con le citate circ. n. 29/2006 e lett. circ. 22 agosto 2007, aveva chiarito che l'inosservanza del provvedimento di sospensione configurava l'ipotesi di reato di cui all'art. 650 c.p. il quale punisce "chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene" con l'arresto sino a tre mesi o l'ammenda sino ad Euro 206. A tal fine l'Amministrazione del lavoro, ricordando un orientamento della Suprema Corte (24), sottolineava che l'emanazione del provvedimento è legata a ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori "che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra nell'ambito della nozione di sicurezza pubblica" .

Il presidio penale, tuttavia, non era certamente sufficiente a scoraggiare i datori di lavoro che, proprio a seguito del provvedimento di sospensione, potevano andare incontro a più o meno importanti perdite economiche; considerato oltretutto che alla contravvenzione prevista dall'art. 650 c.p. sembrava potersi applicare il procedimento di oblazione previsto dall'art. 162- bis c.p. (cd. oblazione speciale). Tale norma prevede infatti che l'estinzione del reato può aver luogo con il pagamento di una somma di denaro pari alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa (nel nostro caso la metà di Euro 206), oltre le spese del procedimento; inoltre, se la domanda è rigettata, l'interessato può comunque riproporla sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.

Ebbene, considerata l'inefficacia del preesistente presidio penale, il Legislatore delegato ha introdotto, nello stesso art. 14 del Tu, una specifica sanzione in caso di inottemperanza al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale. E' ora dunque previsto che "il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione (...) è punito con l'arresto fino a sei mesi" . La previsione quindi non soltanto duplica i tempi dell'arresto ma, eliminando l'ammenda, esclude la possibilità di poter ricorrere alla procedura di oblazione.

Ricorsi avverso il provvedimento di sospensione

Come ogni provvedimento amministrativo, il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale può evidentemente essere oggetto di ricorso alla A.G. Rispetto alla precedente disciplina di cui all'art. 36 bis del Dl n. 223/2006 e all'art. 5 della legge n. 123/2007 il Ministero del lavoro si era inoltre espresso sulla possibilità di impugnare il provvedimento in sede amministrativa, chiarendo che "pur in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso - contrariamente a quanto avviene con riferimento ad altri poteri ispettivi (...) sembra potersi ammettere un ricorso di natura gerarchica alle Direzioni regionali del lavoro territorialmente competenti, secondo quanto stabilito in via generale dal Dpr n. 1199/1971. Resta comunque inalterata la possibilità, da parte della Direzione provinciale del lavoro, di revocare il provvedimento di sospensione dei lavori in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990" .

Il Ministero dunque, pur con alcune perplessità legate alla sussistenza di un rapporto gerarchico tra Direzioni regionali e provinciali del lavoro, affidava alle prime il compito di giudicare sulla legittimità dei provvedimenti adottati dal personale ispettivo e ricordava la possibilità per le Dpl di esercitare il potere di autotutela ai sensi degli artt. 21- quinquies e 21- nonies della legge n. 241/1990. Il primo articolo stabilisce che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole -quale il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale- può essere revocato "da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge" ; il secondo consente invece l'annullamento - "entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati" - del provvedimento adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. Senza voler approfondire ulteriormente l'argomento è opportuno solamente sottolineare alcune importanti differenze tra i poteri di autotutela citati. In particolare va notato che il potere di revoca consente alla Pa il ritiro, con efficacia non retroattiva ( ex nunc ), di un atto inficiato da vizi di merito in base ad una nuova valutazione degli interessi; con il potere di annullamento, viceversa, viene ritirato con efficacia retroattiva ( ex tunc ) un atto amministrativo illegittimo per vizi di legittimità originari dell'atto.

L'art. 14 del Tu disciplina dunque la possibilità di ricorrere, in via amministrativa, avverso provvedimenti di sospensione. In particolare la norma stabilisce che "avverso i provvedimenti di sospensione (...) è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al Presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia".

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Il Legislatore delegato non ha indicato espressamente i motivi che devono legittimare il ricorso, con ciò lasciando aperta la possibilità di impugnare il provvedimento sia per vizi di merito che di legittimità. E' sicuramente da evidenziare inoltre l'introduzione di una forma di silenzio accoglimento; il mancato pronunciamento sul ricorso da parte della Drl o del Presidente della Giunta regionale -rispettivamente avverso ricorsi per provvedimenti emanati da personale ispettivo del Ministero del lavoro e da personale ispettivo delle Aassll- entro il termine di 15 giorni comporta infatti la perdita di efficacia del provvedimento.

Provvedimento di sospensione e legge n. 241/1990

Il provvedimento di sospensione rientra certamente nella nozione di provvedimento amministrativo ed in quanto tale sembrerebbe sottostare, salvo una diversa scelta del Legislatore, alla disciplina della legge n. 241/1990. Il Legislatore del Tu ha tuttavia scelto di estromettere tale strumento dalla disciplina della legge n. 241 ( "ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241" ), probabilmente cercando di porre rimedio ad un singolare orientamento dei giudici amministrativi.

Ci si riferisce, in particolare, ad un pronunciamento del Tar Veneto, n. 3909 del 30 novembre 2007, secondo cui al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ex art. 5 legge n. 123/2007 va applicata la legge n. 241/1990 e di essa va applicato anche l'art. 7 sulla comunicazione di avvio del procedimento e sul conseguente obbligo per l'Amministrazione, sancito dall'art. 10 della stessa legge, di valutare le osservazioni prodotte dagli interessati.

Legge 7.8.1990, n. 241

Articolo 7

(Comunicazione di avvio del procedimento)

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi.

Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.

Articolo 10

(Diritti dei partecipanti al procedimento)

1. I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto:

a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo 24;

b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.

Il Tar, sulla base di violazioni formali e procedimentali, annullava dunque il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ma senza tener conto -così sembrerebbe- che lo stesso ha una valenza cautelare.

Proprio tale valenza, infatti, potrebbe limitare l'applicabilità dell'art. 7 della legge n. 241/1990, in quanto ogni provvedimento emanato per ragioni cautelari ha presupposti di celerità che non consentono un "dialogo" con i destinatari degli stessi; senza contare che l'art. 7 della legge sul procedimento fa esplicitamente salva l'emanazione di provvedimenti cautelari e senza tener conto del contenuto dell'art. 21-o cties , comma 2, della stessa L. n. 241/1990.

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Legge 7.8.1990, n. 241 Articolo 21- octies

(Annullabilità del provvedimento)

1. E' annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Al di là di ogni possibile criticità del pronunciamento del Tar Veneto, la questione sembra comunque risolta dal Tu che, come detto, prevede l'inapplicabilità dell'intera disciplina contenuta nella legge n. 241/1990. Anche in tal caso occorre tuttavia rilevare che la scelta appare troppo radicale, giacché potrebbero rivelarsi funzionali al potere di sospensione alcuni principi sul procedimento quali, ad esempio, quello che prevede la possibilità di sospendere l'efficacia del provvedimento amministrativo "per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge" , così come stabilisce l'art. 21- quater . L'esempio, già ricordato in precedenza, è dato dalla possibile sospensione di una attività alberghiera che, anziché avere una efficacia immediata con conseguente disagio per gli ospiti della struttura, possa operare a distanza di alcune ore, con ciò consentendo al destinatario dell'atto di poter continuare a svolgere la propria attività provvedendo immediatamente agli adempimenti necessari alla revoca del provvedimento stesso.

_____ (1) V. art. 1, comma 2, lett. s) n. 2 e 3, legge n. 123/2007. (2) Si veda al riguardo Ministero del lavoro, circ. n. 29/2006 e lett. circ. 22 agosto 2007. (3) Si veda l'art. 1, comma 2, lett. f) n. 4, legge n. 123/2007. (4) V. Il Sole 24 Ore , Edilizia, correzioni dal lavoro , p. 24. (5) Continua il comunicato: "d'altra parte sarebbe assurdo conferire al personale ispettivo del Ministero del lavoro poteri di sospensione in materia di sicurezza sul lavoro per attività imprenditoriali che esulano dalla loro competenza escludendo invece la possibilità di intervenire con provvedimenti sospensivi nell'ambito dell'edilizia che per quanto riguarda la sicurezza rientra nei propri specifici poteri" . (6) Secondo il quale "ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'unità sanitaria locale competente per territorio" . (7) Quanto alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l' art. 19 del Dlgs n. 139/2006 stabilisce che: "Il Corpo nazionale esercita, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attività di vigilanza, il Corpo nazionale può avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e organismi aventi specifica competenza. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle verifiche e dei controlli è consentito: l'accesso alle attività, costruzioni ed impianti interessati, anche durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione, immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti; l'acquisizione delle informazioni e dei documenti necessari; il prelievo di campioni per l'esecuzione di esami e prove e ogni altra attività necessaria all'esercizio della vigilanza. Qualora nell'esercizio dell'attività di vigilanza siano rilevate condizioni di rischio, l'inosservanza della normativa di prevenzione incendi ovvero l'inadempimento di prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività, il Corpo nazionale adotta, attraverso i propri organi, i provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza delle opere e dà comunicazione dell'esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da assumere nei rispettivi ambiti di competenza" . (8) La medesima definizione, infatti, è contenuta nelle norme che disciplinano la cd. maxisanzione per il lavoro nero (art. 3 comma 3, Dl n. 12/2002, conv. da legge n. 73/2002 e sostituito, da ultimo, dall'art. 36 bis, comma 7, del Dl n. 223/2007 conv. da legge n. 248/2007) o l'ultimo processo di emersione dal lavoro "nero" (art. 1, commi 1192 e ss., legge n. 296/2006).

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(9) Il fondamentale ruolo che, a fini documentali, svolge la comunicazione di assunzione anticipata al Centro per l'impiego è ribadito dal Ministero del lavoro con lett. circ. 29 marzo 2007, concernente la corretta applicazione delle fattispecie sanzionatorie di omessa istituzione ed omessa esibizione dei libri di matricola e paga, previste dall'art. 1, comma 1178, della legge n. 296/2006. (10) Si veda, al riguardo, la previsione di cui al comma 1182 della Finanziaria. (11) Con nota del 4 luglio 2007 il Ministero del lavoro, affrontando anche la problematica circa la compatibilità della maxisanzione con la sanzione penale prevista dall'art. 22 comma 12, del Dlgs n. 286/1998, ha infatti precisato che "il Legislatore (...) precisa che la sanzione amministrativa trova applicazione ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore. Ciò evidentemente implica che la condotta sanzionabile, nella sua materiale realizzazione, realizzi una pluralità di offese a diversi beni giuridici i quali, a loro volta, non godono tutti del medesimo tipo di tutela, ma possono essere differentemente garantiti in base alle valutazioni di opportunità fatte dal Legislatore. La tutela dei diversi interessi giuridici coinvolti in una determinata fattispecie, in altri termini, non sempre è assicurata dalla prevalenza della sanzione penale rispetto a quelle di altra natura. Alla luce di quanto sopra, si ritiene perciò compatibile l'applicazione della maxisanzione in concorrenza alla sanzione penale di cui al Dlgs n. 286/1998 atteso che le due disposizioni sono solo parzialmente coincidenti in quanto volte a tutelare diversi beni giuridici. Da un lato, infatti, la previsione penale ha la specifica finalità di disciplinare i flussi migratori di lavoratori extracomunitari ed è volta a contrastare la permanenza di soggetti clandestini sul territorio nazionale mentre, dall'altro, la sanzione amministrativa è volta a contrastare il fenomeno del lavoro sommerso tout court , indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati e dalla qualificazione del rapporto di lavoro (...) ". (12) La circ. n. 29/2006 riportava, a titolo esemplificativo, quanto segue: "si consideri l'ipotesi di un'impresa con 30 dipendenti in forza che occupa in un cantiere, al momento dell'accesso ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non iscritti sul libro matricola. Detta impresa potrà essere destinataria del provvedimento di sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari -rapportati ai 7 lavoratori regolarmente occupati (i 3 lavoratori irregolari vanno dunque esclusi dalla base di calcolo) - rappresentano oltre il 40% della totalità della manodopera" . (13) Si veda art. 1 Rdl n. 692/1923. (14) Il Ministero non chiarisce cosa si intenda per "protezione appropriata" , limitandosi a ripetere il contenuto della norma; forse un chiarimento in tal senso sarebbe stato opportuno giacché il mancato godimento del riposo non sembra fungibile con altre misure a tutela della salute del lavoratore. (15) Stabilisce infatti tale norma che "fanno eccezione ...: a) le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale; b) le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata; c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario; d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4". (16) Come già ricordato, tale previsione stabilisce che "le deroghe (...) possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata" . (17) Si veda l'art. 1, comma 1176, legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) e l'allegato al Dm 24 ottobre 2007 (in G.U. n. 279 del 30 novembre 2007), nonché la circ. n. 5/2008 del Ministero del lavoro. (18) Si veda la circ. n. 9/2006 del Ministero del lavoro. (19) In proposito si ricorda che l' art. 3 del Dl n. 12/2002 conv. da legge n. 73/2002 e modificato dall'art. 36 bis, comma 7, del Dl n. 223/2006 conv. da legge n. 248/2006 prevede, in caso di occupazione di lavoratori "in nero", l'applicazione di una sanzione amministrativa da Euro 1.500 ad Euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo; è inoltre previsto che l'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non può essere inferiore ad Euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata. (20) Si veda art. 16 legge n. 689/1981. (21) La norma dispone che "il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, dispone annualmente di una quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle risorse disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la capacità di azione istituzionale e l'informazione dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di lotta al lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed in ogni altro settore di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale" . (22) La norma proseguiva nello stabilire che "a tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia" . (23) Continuava la circolare spiegando che "tenuto conto, infatti, che la competenza in tema di monitoraggio, controllo e vigilanza in materia infrastrutturale è assegnata, a livello centrale, al Dipartimento II -Infrastrutture statali, edilizia e regolazione, e, con riferimento all'indirizzo e regolazione delle procedure di appalto, alla Direzione generale per la regolazione, nonché, a livello decentrato, ai Provveditorati regionali e interregionali alle opere pubbliche, ne consegue una allocazione funzionale della competenza all'emanazione del provvedimento finale in capo alla sede centrale, mentre la fase istruttoria può essere svolta presso i Provveditorati regionali e interregionali alle opere pubbliche" . (24) Fra tutte si veda Cass., sez. III, n. 3375/1995.

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LA NUOVA DISCIPLINA PER LA SICUREZZA IN MATERIA DI APPALTO E SUBAPPALTO

Guida al Lavoro, Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2008, n. 20, p. 19 a cura di Josef Tschöll

La legge n. 123/2007 stabiliva che i decreti legislativi per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute della sicurezza sul lavoro erano adottati, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto di una serie di principi e criteri direttivi generali. Per quanto riguarda specificamente la materia dell'appalto l'art. 1, comma 2, lettere m) e s) prevedeva una revisione della normativa in materia con l'adozione di misure dirette a:

- prevedere un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati;

- migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso l'adozione di meccanismi che consentano di valutare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private, considerando il rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica;

- modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

- modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto.

Il nuovo decreto legislativo

Il riferimento centrale per gli appalti è stato inserito nel capo III (gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro) - sezione I (misure di tutela e obblighi) del nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007). Il nuovo art. 26 (obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione) ripropone, pur con qualche modifica, sostanzialmente l' art. 7 del Dlgs n. 626/1994.

Affidamento dei lavori

Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima:

a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'art. 6, comma 8, lettera g) , l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione.

Fino alla emanazione del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

- acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;

- acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale, ai sensi dell'art. 47 del Dpr 28 dicembre, n. 445.

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

Rispetto alla vecchia formulazione dell'art. 7 Dlgs n. 626/1994 adesso vengono specificati i requisiti che dovranno avere le imprese appaltatrici oppure i lavoratori autonomi, attuando così il principio contenuto nella legge n. 123/2007. La lettera a) fa esplicito rinvio alle modalità previste dal decreto di cui all'art. 6, comma 8, lettera g) . La norma richiamata prevede che vengano definiti dei criteri finalizzati per un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi da parte della Commissione consultativa permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

E' sicuramente positivo che una norma specifichi espressamente i requisiti tecnico-professionali delle imprese lasciando così meno spazio a interpretazioni o incertezze.

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Il sistema di qualificazione delle imprese sarà disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito il parere della Conferenza Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro dodici mesi dall'entrata in vigore del nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007). In attesa del decreto questa verifica dovrà essere fatta dal datore di lavoro attraverso l'acquisizione di due documenti: il certificato di iscrizione alla camera di commercio e un'autocertificazione sul possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale.

Di rilievo anche la novità che include nella verifica dei requisiti tecnico-professionali anche i lavori da affidare in somministrazione.

Codice civile - Art. 1559

La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.

Cooperazione, coordinamento e valutazione del rischio

Rimane sostanzialmente invariato anche nel nuovo testo (con la sola aggiunta dei subappaltatori) il vecchio comma 2 dell'art. 7 Dlgs n. 626/1994, il quale prevedeva che i datori di lavoro e i subappaltatori:

a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

L'art. 26, comma 3, del nuovo testo normativo copre anche una mancanza della legge n. 123/1997, che aveva interamente sostituito l' art. 7 comma 3, del Dlgs n. 626/1994 e introdotto l'obbligo per il datore di lavoro committente non solo di promuovere la cooperazione ed il coordinamento con le attività svolte dall'appaltatore, ma anche di elaborare un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze.

La legge n. 123/2007 non aveva poi previsto un periodo transitorio e lasciava aperta la questione se il documento doveva essere redatto anche per i contratti di appalto già stipulati prima dell'entrata in vigore della norma.

Adesso la nuova formulazione dell'art. 26, comma 3, prevede che il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento descritti in precedenza elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

Si ritiene che quest'ultima previsione sui rischi specifici propri delle imprese potrebbe essere fonte di incertezza in quanto non è sempre facile individuare i confini tra le due attività.

La norma prevede che il documento di valutazione dei rischi da interferenze è allegato ai contratti di appalto e d'opera. Ma la norma non parla del contratto di somministrazione. Di conseguenza si ritiene che il citato documento di valutazione dei rischi non debba essere allegato ai contratti di somministrazione.

Inoltre, rimane invariata la disciplina contenuta negli artt. 88 e seguenti sui cantieri temporanei o mobili.

Prima di stipulare e firmare un contratto il committente dovrà redigere questo specifico documento di valutazione dei rischi e indicare le misure da adottare durante le varie fasi di esecuzione dei lavori per eliminare oppure ridurre al minimo i rischi da interferenze tra i vari soggetti coinvolti. Il documento si aggiunge al documento per la valutazione del rischio previsto dall'art. 28 del nuovo decreto legislativo (in precedenza disciplinato dall'art. 4 Dlgs n. 626/1994). Obbligo non delegabile dal datore di lavoro a norma dell'art. 17 del nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007).

Sul nuovo obbligo di redigere il documento di valutazione dei rischi da interferenze introdotto dalla legge n. 123 il Ministero del lavoro, in precedenza, ha fornito i primi chiarimenti con la circolare n. 24 del 14.11.2007.

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Nella circolare il Ministero include anche la "fornitura e posa in opera" di materiali. Il nuovo testo normativo però parla solamente di contratti d'appalto, d'opera e di somministrazione.

Ministero del lavoro - Circ. n. 24/2007

... omissis ...

Premesso che nell'ambito della nozione di "appalto", in considerazione delle finalità sopra evidenziate, non possono non rientrare anche le ipotesi di subappalto così come quelle di "fornitura e posa in opera" di materiali, tutte accomunate dalla caratteristica dell'impiego necessario di manodopera, si precisa che l'obbligo di pianificazione a carico del committente trova applicazione in tutti gli appalti cd. "interni" nei confronti di imprese o lavoratori autonomi ma, in virtù delle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 910, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), anche nel caso di affidamento di lavori o servizi rientranti "nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima". Ciò comporta che l'obbligo di elaborazione del documento unico di valutazione del rischio sussiste anche nelle ipotesi di appalti "extraziendali" che tuttavia risultino necessari al fine della realizzazione del ciclo produttivo dell'opera o del servizio e non siano semplicemente preparatori o complementari della attività produttiva in senso stretto.

E' da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si svolgano in locali sottratti alla giuridica disponibilità del committente e, quindi, alla possibilità per lo stesso di svolgere nel medesimo ambiente gli adempimenti stabiliti dalla legge. Il documento unico di valutazione del rischio, inoltre, non può considerarsi un documento "statico" ma necessariamente "dinamico", per cui la valutazione effettuata prima dell'inizio dei lavori deve necessariamente essere aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in opera intervenuti successivamente ovvero in caso di modifiche di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti sulle modalità realizzative dell'opera o del servizio che dovessero intervenire in corso d'opera.

... omissis...

Responsabilità solidale

Si tratta sicuramente di uno degli argomenti per il quale negli ultimi due anni sono intervenuti una serie di provvedimenti molto discussi e più volte modificati. Interventi che hanno riguardato soprattutto il contrasto al lavoro nero e sommerso.

Il comma 3- bis dell'art. 7 Dlgs n. 626/1994 che è stato aggiunto dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 910, legge n. 296/2006) aveva introdotto una nuova forma di responsabilità solidale tra l'imprenditore committente e l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail).

La nuova formulazione dell'art. 26, comma 4, del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) prevede che "fermo restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Inail o dell'Ipsema.

Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri delle attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici" .

Rispetto al testo normativo previgente risultano compresi adesso anche i danni non indennizzati dall'istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema). E' stato, inoltre, precisato che la disposizione non si applica ai danni subiti in conseguenza dei rischi specifici propri delle attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

In questo quadro può essere inserito anche il rafforzamento dei poteri processuali e dell'azione di regresso, a norma degli artt. 10 e 11, Dpr n. 1124/1965, da parte dell'Inail previsti dall'art. 2 legge n. 123/2007. Adesso la norma è stata inserita all'interno delle disposizioni in tema di processo penale (art. 61 del nuovo decreto legislativo) aggiungendo anche l'Ipsema tra i destinatari della comunicazione da parte del pubblico ministero.

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Legge n. 123/2007 - Art. 2

In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all'Inail ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.

Indicazione dei costi per la sicurezza

Sempre la legge n. 123/2007 aveva introdotto l'obbligo di indicare specificamente nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 c.c., i costi relativi alla sicurezza del lavoro. La norma consentiva inoltre l'accesso a tali dati, previa richiesta, al rappresentante dei lavoratori di cui all'articolo 18 del Dlgs n. 626/1994 e alle organizzazioni sindacali dei lavoratori. La disposizione era entrata in vigore senza prevedere un periodo transitorio già con decorrenza 25 agosto 2007, lasciando nuovamente il dubbio se anche i contratti stipulati in precedenza dovevano essere integrati.

Il nuovo comma 5, art. 26 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) adesso prevede che nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento dell'entrata in vigore del decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione dei beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 c.c., devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c. i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

La formulazione scelta adesso è sicuramente pensata meglio laddove specifica le organizzazioni sindacali che possono accedere ai dati, individuandole negli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In precedenza il riferimento era troppo generico (organizzazioni sindacali dei lavoratori).

Anche qui il Ministero del lavoro era già intervenuto con due circolari (nn. 24/2007 e 68/2000) per chiarire l'ambito di applicazione.

Ministero del lavoro - Circ. n. 24/2007

. .. omissis ...

Modificando l' art. 19 comma 5, del Dlgs n. 626/1994 la normativa in esame interviene a risolvere con chiarezza la problematica concernente la fruizione da parte del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del documento di valutazione dei rischi. Nonostante già con circ. n. 68/2000 di questo Ministero il diritto di accesso al documento in questione fosse stato interpretato come materiale consegna del documento salvo ipotesi eccezionali, continuavano a verificarsi comportamenti datoriali non in linea con la citata interpretazione ministeriale. La previsione normativa esplicita ora che il datore di lavoro è tenuto a consegnare materialmente copia del documento nonché del registro infortuni al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

A tal proposito è però opportuno ricordare che l' art. 9 comma 3, del Dlgs n. 626/1994 impone ai Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza il segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni. Si rimarca, altresì, che i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza possono utilizzare le informazioni contenute nei documenti in parola unicamente per esercitare le funzioni loro riservate, dovendo rispettare al riguardo le previsioni di legge in materia di tutela del segreto industriale e riservatezza.

... omissis ...

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La norma non individua poi con certezza chi è responsabile a dover indicare il costo della sicurezza (committente, appaltatore, subappaltatore, le parti contrattuali). La norma prevede però una pesantissima sanzione con tutti gli effetti negativi che ne derivano in caso di mancata specifica indicazione del costo per la sicurezza del lavoro. Chi si dimentica oppure omette questo dato rischia la nullità del contratto ex art. 1418 c.c. A fronte di conseguenze così pesanti sul piano formale non appaiono infondate le fortissime critiche mosse al decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) da più parti.

Codice civile - Art. 1418

Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346

Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.

Predisposizione delle gare di appalto e costo del lavoro

Anche per quanto riguarda questo aspetto sicuramente molto importante per il rispetto delle misure in materia di sicurezza del lavoro il comma 6, art. 26 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) riprende senza modifiche l'art. 86, comma 3- bis , del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Anche qui l' art. 8 della legge n. 123/2007 era già intervenuto e ha modificato i criteri di individuazione delle offerte anomale per evitare che le offerte con troppo ribasso non mettano in pericolo la regolarità dei rapporti di lavoro e le misure per la tutela e la sicurezza dei lavoratori. Viene poi rafforzato l'ambito di applicazione delle disposizioni, prevedendo che per quanto non diversamente disposto dal Dlgs n. 163/2006 trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni contenute nel nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007).

Dlgs n. 163/2006 - Art. 86, comma 3- bis

(modificato dall'art. 8 legge n. 123/2007)

Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

Per quanto riguarda la stima dei costi della sicurezza nei contratti pubblici dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 123/2007 segnaliamo le linee guida elaborate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (prime indicazioni operative - 20 marzo 2008).

Secondo questo primo atto di indirizzo, riferito soprattutto alle stazioni appaltanti, i costi della sicurezza di cui all'art. 86, comma 3- bis , del Dlgs n. 163/2006 si riferiscono ai costi relativi alle misure preventive e protettive necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi di interferenza.

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A titolo esemplificativo sono rischi interferenti per i quali occorre redigere il documento unico di valutazione dei rischi interferenti (Duvri):

- i rischi derivanti da sovrapposizioni di più attività svolte ad opera di appaltatori diversi;

- rischi immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni dell'appaltatore;

- rischi esistenti nel luogo di lavoro del committente, ove è previsto che debba operare l'appaltatore, ulteriori rispetto a quelli specifici dell'attività propria dell'appaltatore;

-rischi derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste esplicitamente dal committente.

Sono esclusi dalla predisposizione del Duvri ed alla relativa stima dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso d'asta:

- le mere forniture senza posa in opera, installazione o montaggio, salvo i casi in cui siano necessari attività o procedure che vanno ad interferire con la fornitura stessa;

- i servizi per i quali non è prevista l'esecuzione in luoghi nella giuridica disponibilità del datore di lavoro committente;

- i servizi di natura intellettuale, ad esempio direzione lavori, collaudi ecc.

Sono quantificabili come costi della sicurezza tutte quelle misure preventive e protettive necessarie per l'eliminazione o la riduzione dei rischi interferenti individuate nel Duvri:

- gli apprestamenti previsti nel Duvri (ponteggi ecc.);

- le misure preventive e protettive e dei dispositivi di protezione individuale eventualmente previsti nel Duvri per lavorazioni interferenti;

- gli eventuali impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche, degli impianti antincendio, degli impianti di evacuazione fumi previsti nel Duvri;

- i mezzi e servizi di protezione collettiva previsti nel Duvri (segnaletica, ecc.);

- le procedure contenute nel Duvri e previste per specifici motivi di sicurezza;

- gli eventuali interventi finalizzati alla sicurezza e richiesti per lo sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni interferenti previsti nel Duvri;

- le misure di coordinamento previste nel Duvri relative all'uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva.

La stima dei costi dovrà essere congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura (non a percentuale) e riferita a prezzi standard.

Il nuovo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

L'art. 27 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) prevede una novità molto interessante. In futuro il possesso, da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi, dei requisiti per ottenere la qualificazione costituirà elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti contributi a carico delle finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.

La definizione di questo nuovo sistema è demandata alla Commissione consultativa permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e sarà definita con decreto del Presidente della Repubblica. Nei lavori la Commissione dovrà tenere conto delle indicazioni provenienti dagli organismi paritetici e individuare i settori e criteri finalizzati alla definizione di questo nuovo sistema di qualificazione, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.

Non è ancora chiaro cosa sia inteso per sistema di qualificazione e come sarà costruito il decreto dopo i lavori della Commissione, ma la norma potrà sicuramente contribuire a implementare un sistema di cultura della sicurezza, unica vera fonte per garantire elevati standard di tutela per i lavoratori addetti. Un sistema di qualificazione presuppone un'organizzazione interna all'azienda che garantisca determinati livelli minimi e che sia anche condiviso dai vertici aziendali e dai lavoratori. L'esatto contrario dell'impresa dove l'organizzazione si ispira all'improvvisazione, troppo spesso fonte di tragedie sul lavoro.

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L'implementazione di un sistema di qualificazione sarà meno problematica per la media e grande impresa mentre, invece, lo sarà per le tante microimprese dove si concentra come già visto anche il maggior numero di infortuni sul lavoro. Oltre alla già auspicata riforma del mercato del lavoro, che dia la possibilità di crescere alle aziende senza i davvero tanti vincoli in materia, non sarebbe male se nell'ambito degli incentivi per migliorare la sicurezza sul lavoro venissero anche predisposte maggiori risorse per l'implementazione dei sistemi di qualificazione.

Contrasto al lavoro irregolare e misure per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori

Il settore degli appalti e subappalti è da sempre uno dei settori più sensibili e dove troppo spesso venivano riscontrate posizioni irregolari da parte degli organi di vigilanza. Negli ultimi anni c'è stata una forte spinta per contrastare questo fenomeno. Con la riforma Biagi (art. 86, comma 10) è stato fatto obbligo di richiedere alle imprese un certificato di regolarità contributiva (Durc) e di trasmette all'amministrazione concedente prima dell'inizio dei lavori, oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio di attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori (corredata anche da una dichiarazione dell'organico medio annuo e del Durc). In assenza della certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, era sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. Inoltre, la riforma Biagi aveva introdotto, per il solo settore edile, l'obbligo di comunicare all'ufficio collocamento l'assunzione dei lavoratori ancora il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti.

Come noto, successivamente l'obbligo di presentazione del modello Durc e la comunicazione antecedente all'instaurazione del rapporto di lavoro sono stati estesi.

Un ulteriore giro di vite è stato fatto con l'art. 36- bis del Dl n. 223/2006 (decreto "Visco-Bersani") convertito nella legge n. 248/2006 prevedendo la possibilità per gli ispettori del lavoro di sospendere i lavori in presenza di un determinato numero di lavoratori irregolari oppure in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro. L'ambito di applicazione era limitato, però, al solo settore edile.

L' art. 5 della legge n. 123/2007 continua in questa direzione e prevede che fermo restando quanto previsto dall'articolo 36- bis del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle Amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, può adottare provvedimenti di sospensione di un'attività imprenditoriale qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati, ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, ovvero di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

L'adozione del provvedimento di sospensione è comunicata alle competenti amministrazioni, al fine dell'emanazione da parte di queste ultime di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le Pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.

Il nuovo art. 14 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) procede a una rivisitazione di questo quadro sanzionatorio dando qualche certezza in più rispetto al sistema precedente. L'art. 304, lettere b) e c) del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) prevede poi l'abrogazione dell'art. 36- bis , legge n. 248/2006 e dell'art. 5 legge n. 123/2007.

Sintetizzando si può dire che non viene più fatta una distinzione tra attività edile e gli altri settori escludendo tuttavia coloro che non sono imprenditori (ad esempio, professionisti, enti non profit e lavoro domestico). Più vasta anche la definizione degli organi che possono adottare il provvedimento di sospensione.

La norma parla di organi di vigilanza del Ministero del lavoro, anche su segnalazione delle Amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze. Gli stessi poteri sono riconosciuti anche agli organi di vigilanza delle Aziende sanitarie locali (Asl), con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Ridotte sono le competenze del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (in materia di prevenzione incendi). Rimane invariata la natura discrezionale del provvedimento di sospensione in quanto l'art. 14 continua a parlare di "possibilità".

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Allegato I

- Violazioni che espongono a rischi di carattere generale

- mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;

- mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione;

- mancata formazione ed addestramento;

- mancata formazione del Servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;

- mancata elaborazione del Piano di sicurezza e coordinamento (Psc);

- mancata elaborazione del Piano operativo di sicurezza (Pos);

- mancata nomina del coordinatore per la progettazione;

- mancata nomina del coordinatore per l'esecuzione.

- Violazioni che espongono a rischio di caduta dall'alto

- mancato utilizzo della cintura di sicurezza;

- mancanza di protezioni verso il vuoto.

- Violazioni che espongono a rischio di seppellimento

- mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.

- Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione

- lavori in prossimità di linee elettriche;

- presenza di conduttori nudi in tensione;

- mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).

- Violazioni che espongono al rischio d'amianto - mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto

Gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro

Diventa più certa la definizione e la prevista sospensione dell'attività per queste violazioni. Saranno individuate con decreto del Ministero del lavoro sentita la Conferenza Stato-Regioni-Province autonome.

L'art. 14 non prevede un periodo entro il quale dovrà essere emanato questo provvedimento. In attesa di questo decreto la norma prevede che le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza, che comportano il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, sono quelle individuate nell'allegato I del decreto legislativo. Analizzando l'allegato, si nota che le violazioni riguardano soprattutto i lavori effettuati in appalto e in particolare i lavori edili.

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Reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro

Anche qui l'art. 14 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) ripropone sostanzialmente la formulazione adottata dall'art. 5 della legge n. 123/2007. Viene però fatta un'aggiunta di non poco conto. Nella valutazione, tra l'altro discrezionale da parte dell'organo di vigilanza, dovranno essere considerate le specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio.

Anche qui si ritiene che vadano meglio precisate dal legislatore questi casi di specifica gravità di esposizione al rischio.

Interdizione dalla contrattazione con la Pubblica amministrazione

L'adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'art. 6 del Dlgs n. 163/2006 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le Pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.

L'art. 14 del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) ripropone l'ulteriore sanzione, già prevista dall'art. 5 legge 123/2007 a carico delle imprese dell'interdizione di stipulare contratti con la Pubblica amministrazione.

Tessera di riconoscimento

Anche qui il nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) continua a riproporre l'obbligo introdotto prima per i cantieri edili (art. 36- bis della legge n. 248/2006) e poi esteso a tutti i settori (art. 6 della legge n. 123/2007). Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

Il nuovo comma 8 dell'art. 26 del decreto legislativo non ripropone però la seconda parte dell'art. 6 della legge n. 123/2007 riferito ai lavoratori autonomi laddove prevede che "Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto".

L'obbligo della tessera di riconoscimento per i lavoratori autonomi è stato inserito adesso all'interno dell'art. 21, comma 1, lettera c) e dell'art. 20, comma 3, del decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007). I componenti dell'impresa familiare di cui all'art. 230- bis c.c, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'art. 2222 c.c., i piccoli imprenditori di cui all'art. 2083 c.c. e i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo devono munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità qualora effettuino la loro prestazione in luogo di lavoro nel quale si svolgono attività in regime di appalto o subappalto.

Inoltre, la norma non ripropone la possibilità per le imprese con meno di 10 dipendenti di sostituire la tessera di riconoscimento con un apposito registro vidimato dalla Dpl indicando giornalmente gli estremi del personale impiegato. Si ritiene allora non più prevista questa possibilità e anche le imprese con meno di 10 dipendenti dovranno in ogni caso munire con la tessera di riconoscimento il proprio personale dipendente.

Sanzioni

Per quanto riguarda le sanzioni specifiche in materia di appalto e subappalto si propone di seguito un riassunto del nuovo quadro. Per quanto riguarda la materia delle sanzioni più in generale contenute nel decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) e della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche prevista dal nuovo art. 25- septies del Dlgs n. 231/2001 si rinvia all'apposito capitolo.

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Violazione Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

- art. 26, commi 1 e 2, lettere a) e b) in materia di verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici nonché di cooperazione e coordinamento degli interventi di prevenzione e protezione rischi

- art. 55, comma 4, lettera d) : arresto da quattro a otto mesi o ammenda da 1.500 a 6.000 euro

- art. 18, comma 1, lettera u) , in materia di obbligo da parte del datore di lavoro e del dirigente di munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento nello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto

- art. 55, comma 4, lettera h) : sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro

- art. 26, comma 8, in materia di tessera di riconoscimento

- art. 55, comma 4, lettera m) : sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro

Violazione Sanzioni per il medico competente

- art. 25, comma 1, lettera l) : obbligo di visita degli ambienti di lavoro almeno una volta l'anno

- art. 58, comma 1, lettera c) : arresto fino a tre mesi o ammenda da 1.000 a 5.000 euro

Violazione Sanzioni per i lavoratori

- art. 20, comma 3: in materia di tessera di riconoscimento da esporre da parte dei lavoratori e dei lavoratori autonomi

- art. 59, comma 1, lettera b) : sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro La stessa sanzione si applica ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione

Violazione Sanzioni per i lavoratori autonomi

- art. 21, comma 1, lettera c) : obbligo di munirsi di apposita tessera di riconoscimento da parte dei lavoratori autonomi

- art. 60, comma 1, lettera b) : sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro

Obblighi generali

La nuova disciplina disegnata dal decreto legislativo non copre, tuttavia, per intero la sicurezza del lavoro.

Rimangono escluse alcune attività come, per esempio, il lavoro notturno già disciplinato dal Dlgs n. 66/2003. Di conseguenza è dubbio se si possa già parlare di Testo unico in materia di sicurezza del lavoro.

Nonostante la specifica disciplina appena descritta per il settore degli appalti, i contratti d'opera e di somministrazione, le imprese, i professionisti, i lavoratori autonomi e gli altri soggetti rientranti nell'ambito di applicazione del nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007), e delle disposizioni ancora disciplinate a parte dovranno comunque adempiere, laddove previsto, anche agli altri obblighi generali e particolari in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. La disciplina degli appalti è solo un pezzo particolare del complesso mosaico di obblighi in materia di sicurezza del lavoro.

Per un'analisi dettagliata dei singoli argomenti si rinvia agli altri capitoli.

Obblighi specifici connessi in materia di contratti di appalto

Analizzando il nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007) possiamo collegare una serie di obblighi e particolarità alla specifica disciplina in materia di appalti, contratti d'opera o di somministrazione.

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- Obblighi dei progettisti. Dovranno rispettare i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scegliere attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

- Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza del lavoro. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi devono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

- Obblighi degli installatori. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

- Obblighi del medico competente. Dovrà visitare gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; l'indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi.

- Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo. Si tratta di una nuova figura nel sistema delle misure di tutela contro gli infortuni. Sono individuati in particolari specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri (cantieri con almeno 30.000 uomini/giorno).

- Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 26, comma 3, del nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007). Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni sulla tutela dei dati ( Dlgs n. 196/2003 in materia di privacy ) e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi in materia di appalti (art. 26, comma 3), nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui viene a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni.

- Organismi paritetici. Questi possono supportare le imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

- Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio (art. 67). La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché gli ampliamenti e le ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza competente per territorio. La notifica deve indicare gli aspetti considerati nella valutazione.

Obblighi particolari

Nell'ambito dei lavori in appalto possono presentarsi dei rischi molto particolari, singolarmente o anche insieme, che sono stati disciplinati in modo più organico dal nuovo decreto legislativo (attuativo della delega contenuta nella legge n. 123/2007).

Questi riguardano soprattutto la movimentazione manuale dei carichi, gli agenti fisici e chimici, i rischi di esposizione al rumore, i rischi derivanti da esposizione a vibrazioni, i rischi di esposizione a campi elettromagnetici, i rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali, gli agenti cancerogeni e mutageni, l'esposizione all'amianto, gli agenti biologici, la presenza di atmosfere esplosive.

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SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO - MISURE DI PREVENZIONE - AMPLIATA LA PLATEA DEI SOGGETTI OBBLIGATI INCLUDENDO IMPRESE FAMILIARI E AUTONOMI

Le Guide Operative, Il Sole 24 Ore, 1 maggio 2008, p. 33 a cura di Paolo Pascucci

Il datore di lavoro in nessun caso può delegare al dirigente la valutazione di tutti i rischi con l'elaborazione del relativo documento e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione

Il nuovo decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro rivede, con alcune precisazioni e innovazioni, le regole generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi dove questi sono chiamati a svolgere la loro attività. In particolare l'articolo 15, nel ricalcare l'articolo 3 del decreto 626/1994, pone l'accento soprattutto: sulla valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza; sul controllo sanitario dei lavoratori, esteso al di là dei rischi specifici; sulla destinazione del lavoratore, ove possibile, ad altra mansione nel caso di allontanamento dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti alla sua persona; nonché sulla programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi.

La delega di funzioni

La delega di funzioni per la prima volta trova le sue regole. Recependo i consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia, l'articolo 16 definisce infatti sul piano legislativo i requisiti di validità della delega di funzioni, nei casi in cui non sia espressamente esclusa. La delega di funzioni, alla quale deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità, non esclude peraltro l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite: vigilanza che si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.

La nuova disposizione introdotta dal decreto di riforma individua necessariamente i limiti e le condizioni per la delega di funzioni, secondo cui:

a) la delega deve risultare da atto scritto recante data certa;

b) il delegato deve possedere tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

c) la delega deve attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

d) la delega deve attribuire al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;

e) la delega deve essere accettata dal delegato per iscritto.

Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

Diversamente dall'articolo 4 del Dlgs 626/1994, l'articolo 17 prevede in un'apposita norma gli obblighi indelegabili del datore di lavoro, vale a dire: la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28 e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. A sua volta l'articolo 18 prevede solo gli obblighi per il datore ed il dirigente (sia quelli delegabili al dirigente sia quelli iure proprio del dirigente medesimo).

Rispetto alla norma previgente, in questa non figurano: la designazione degli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda; l'informazione al medico competente sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva; la tenuta del registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno; la custodia, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, della cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e la consegna di copia della medesima cartella al lavoratore al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne faccia richiesta (tali ultimi obblighi riguardano ora il medico competente).

Tra gli obblighi individuati ex novo , almeno in questa norma di carattere generale, vanno segnalati:

- l'adempimento degli obblighi di informazione, formazione e addestramento;

- la tempestiva consegna al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, di copia del documento di valutazione dei rischi (Dvr);

- il rilascio al Rls del permesso di accedere ai dati relativi alle misure tecniche adottate;

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- l'elaborazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (Duvri) e, su richiesta dei Rls e per l'espletamento della loro funzione, la tempestiva consegna agli stessi della copia del medesimo documento;

- la comunicazione all'Inail, o all'Ipsema, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, dei dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, delle informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;

- la consegna nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, ai lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;

- la convocazione, nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, della riunione periodica di cui all'articolo 35;

- la comunicazione annuale all'Inail dei nominativi dei Rls;

- la vigilanza affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.

DALLA A ALLA Z TUTTE LE MISURE GENERALI DELLA SICUREZZA

Vediamo in rapida sintesi le 21 regole che l'impresa deve rispettare o attivare per essere in regola con le nuove norme sulla sicurezza e la salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Occorre ricordare che le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. Ecco di seguito le 21 misure indispensabili:

a) valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di e dell'organizzazione del lavoro;

c) eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;

e) riduzione dei rischi alla fonte;

f) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

g) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

h) limitazione degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

i) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

l) controllo sanitario dei lavoratori;

m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti alla sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;

n) informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) informazione e formazione adeguate per i dirigenti e i preposti;

p) informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

q) istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

t) programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;

u) misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;

v) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

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Obblighi del preposto

Ancora una volta diversamente dall'articolo 4 del Dlgs 626/1994, l'articolo 19 prevede gli obblighi gravanti esclusivamente sul preposto. Si tratta, in particolare, di sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti.

Non solo. Il preposto sarà chiamato a verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico, così come a richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa. Lo stesso preposto, secondo il nuovo articolo 19 del nuovo decreto unico sulla sicurezza dovrà informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione. Inoltre, dovrà astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato, o ancora segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta. Infine, il preposto avrà l'obbligo della formazione dovendo necessariamente frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto già previsto dall'articolo 37.

COSA DEVONO FARE DATORE E DIRIGENTI

Il datore di lavoro e il dirigente sono obbligati:

a) a nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal decreto legislativo;

b) a designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, a tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

d) a fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

e) a prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) a richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;

g) a richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel decreto;

h) ad adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

i) a informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) ad adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento;

m) ad astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

n) a consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

o) a consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione dei rischi, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera q);

p) a elaborare il documento unico di valutazione dei rischi da interferenze e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei

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lavoratori per la sicurezza;

q) a prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;

r) a comunicare all'Inail, o all'Ipsema, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;

s) a consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi previste;

t) ad adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni previste. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;

u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, a munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;

v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, a convocare la riunione periodica;

z) ad aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

aa) a comunicare annualmente all'Inail i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

bb) a vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.

Il datore di lavoro, inoltre, fornisce al servizio di prevenzione e protezione e al medico competente informazioni in merito: alla natura dei rischi; all'organizzazione del lavoro, alla programmazione e all'attuazione delle misure preventive e protettive; alla descrizione degli impianti e dei processi produttivi; ai dati di cui alla precedente lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali; ai provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

Obblighi dei lavoratori

L'articolo 20 conferma tutti gli obblighi per i lavoratori già previsti nel decreto 626/1994 aggiungendo a essi:

- la partecipazione ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

- la sottoposizione non solo ai controlli sanitari previsti dal decreto legislativo, ma anche a quelli comunque disposti dal medico competente;

- nel caso di lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, l'esposizione dell'apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Questo obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Imprese familiari e lavoratori autonomi

L'articolo 21 rappresenta una novità destinata ai componenti dell'impresa familiare (articolo 230 bis del Cc), ai lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del Cc, ai piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del Cc e ai soci delle società semplici operanti nel settore agricolo. Costoro devono:

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a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III;

b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al Titolo III;

c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

Per i predetti soggetti la norma non configura soltanto obblighi, ma, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, riconosce loro la facoltà di:

a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;

b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

Progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori

Gli stessi obblighi già contenuti nell'articolo 6 del Dlgs 626/1994 sono ora suddivisi in tre diversi articoli: l'articolo 22 (obblighi dei progettisti), l'articolo 23 (obblighi dei fabbricanti e dei fornitori) e l'articolo 24 (obblighi degli installatori). Le nuove disposizioni, in particolare, prevedono che i progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettino i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgano attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

Sono vietati, inoltre, la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In caso, poi, di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono, infine, attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

Il medico competente

Rispetto a quelli già previsti dall'articolo 17 delle norme contenute nel decreto 626/1994, l'articolo 25 del provvedimento varato dal Governo introduce alcuni nuovi obblighi a carico del medico competente. Tra questi:

- la collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale;

- la programmazione ed effettuazione della sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;

- la custodia, sotto la propria responsabilità, di una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria: nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il medico competente concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;

- la consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, della documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al Dlgs 196/2003 e con salvaguardia del segreto professionale;

- la consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, della documentazione sanitaria in suo possesso, fornendogli le informazioni riguardo alla necessità di conservazione;

- l'invio all'Ispesl, esclusivamente per via telematica, delle cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al Dlgs 196/2003. Il lavoratore interessato può chiedere copia delle predette cartelle all'Ispesl anche attraverso il proprio medico di medicina generale;

- la comunicazione per iscritto, in occasione delle riunioni periodiche, non solo ai Rls, ma anche al datore di lavoro ed al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, dei risultati anonimi collettivi

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della sorveglianza sanitaria effettuata fornendo indicazioni sul significato di detti risultati ai fini dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;

- la visita degli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi: l'indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;

- la partecipazione alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;

- la comunicazione, mediante autocertificazione, del possesso dei titoli e requisiti di cui all'articolo 38 al ministero della Salute entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore del decreto.

LE REGOLE PER I LAVORATORI

Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

I lavoratori devono in particolare:

a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto nonché i dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità, e fatto salvo l'obbligo di cui alla successiva lettera f), per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.

I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Contratti d'appalto, d'opera o di somministrazione

Rispetto a quanto previsto dall'articolo 7 del Dlgs 626/1994, come modificato e integrato dall'articolo 3 della legge 123/2007, l'articolo 26 prevede che il datore di lavoro verifichi, con le modalità previste dal decreto (articolo 6, comma 8, lettera g ), l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino all'emanazione del predetto decreto, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;

2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico- professionale, ai sensi dell'articolo 47 del Dpr 445/2000.

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I datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e coordinano gli interventi di prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. Al datore di lavoro committente spetta promuovere la cooperazione ed il coordinamento elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze (Duvri) : tale documento - la cui elaborazione è assai discutibilmente configurata dall'articolo 18, comma 1, lettera p) , del decreto legislativo come obbligo datoriale delegabile (non dovrebbe infatti trascurarsi che si tratta pur sempre di un documento di valutazione dei rischi) - è allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui si sta parlando deve essere allegato entro tale ultima data: la previsione di tale dilazione desta non poche perplessità, non foss'altro perché i rischi da interferenze esistono in quanto tali e non sembrano giustificare una protezione attenuata in ragione della data di stipulazione del contratto di appalto. In ogni caso queste previsioni non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

Si prevede inoltre che, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponda in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Inail o dell'Ipsema. Anche queste disposizioni non si applicano ai danni conseguenti ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del Cc, devono essere specificamente indicati i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti stipulati prima del 25 agosto 2007, i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il Rls e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. A tal fine il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal ministro del Lavoro, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

Le disposizioni del decreto legislativo trovano applicazione in materia di appalti pubblici, salvo quanto diversamente disposto dal Dlgs 163/2006 modificato dall'articolo 8 comma 1, della legge 123/2007.

Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

Qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

Partendo dall'assunto secondo cui un'efficace prevenzione presuppone un'adeguata organizzazione qualitativamente apprezzabile, si comprende meglio perché l'articolo 27 preveda che, nell'ambito della Commissione consultiva permanente, anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, siano individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati. Il possesso dei requisiti per ottenere la predetta qualificazione costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.

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Quesiti IL TESSERINO NEI CANTIERI E NELLE ATTIVITÀ IN APPALTO O SUBAPPALTO

D. Si è in presenza di una ditta che ristruttura impianti termici, trasformando le centrali da gasolio a gas metano. La legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del D.L. Bersani, ha stabilito, all’art. 36bis, che, a decorrere dal 1° ottobre 2006, ai fini della promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro, nell’ambito dei cantieri edili i datori di lavoro devono munire il personale occupato di un’apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Ma cosa si intende per cantiere edile? Anche chi opera sugli impianti deve munire i propri operai del tesserino? I lavori di riqualificazione svolti dalla ditta danno luogo a un ”cantiere edile”?

R. In sede di conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (conosciuto come decreto “Bersani”, dal nome del Ministro proponente), il Governo, con la legge 4 agosto 2006, n. 248, ha inserito l’art. 36bis. Si tratta di una norma recante le misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, con specifico riguardo al settore dell’edilizia, il quale vanta sempre i primi posti nelle statistiche nazionali, quanto a gravità e a indice di mortalità infortunistica. La circolare esplicativa del Ministero del Lavoro 28 settembre 2006, n. 29 (si veda il riquadro 1), ha chiarito che l’ambito di applicazione dell’art. 36bis, comma 3, legge n. 248/2006, «stante il riferimento a ”l’ambito dei cantieri edili”, sembra coincidere con le imprese che svolgono le attività descritte dall’allegato I del D.Lgs. n. 494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell’ambito delle realtà di cantiere». Il campo di applicazione della previsione deve essere individuato, pertanto, con riferimento a tutte quelle imprese che svolgono le attività di cui all’Allegato I al D.Lgs. n. 494/1996 e che, perciò, danno vita a un “cantiere temporaneo o mobile”, come definito dall’art. 2, D.Lgs. n. 494/1996. Peraltro, in tema di individuazione del campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996, già la prima circolare 18 marzo 1997, n. 41, esplicativa del decreto, aveva opportunamente chiarito (punto 2) che «gli elenchi delle lavorazioni e dei lavori comportanti rischi particolari contenuti rispettivamente negli allegati I e II non sono l’unico elemento da considerare ai fini della individuazione del campo di applicazione, il quale discende invece da una lettura integrata fra i suddetti elenchi e i contenuti degli articoli 1, commi 1 e 2, e 2, comma 1, lettera a). Pertanto le lavorazioni individuate nell’allegato I e i lavori comportanti rischi particolari di cui all’allegato II rientrano nel campo di applicazione solo nella ipotesi in cui si svolgano all’interno di un cantiere edile o di genio civile ovvero comportino lavori di tal genere». Secondo l’opinione del Ministero del Lavoro, latipizzazione dei lavori elencati negli Allegati I e II deve essere letta, dunque, in uno con la definizione di cantiere temporaneo o mobile dell’art. 2, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 494/1996, e questo equivale a dire che rientrano nella categoria dei lavori edili o di ingegneria civile solo quei lavori che si svolgono all’interno di un ”cantiere” che sia definibile come tale. Anche il Ministero ha mostrato di ritenere, pertanto, imprescindibile il requisito dello svolgimento dei lavori edili o di ingegneria civile in un’”area cantierabile”, dovendosi intendere per tale quell’area suscettibile di ”ospitare” lo svolgimento di questi lavori. Cosicché, ogniqualvolta lavori che siano contenuti negli elenchi degli Allegati I e II si svolgano in un’area non ”localizzata” o ”localizzabile” quale cantiere, è per questo solo esclusa l’applicabilità del D.Lgs. n. 494/1996. A titolo esemplificativo, la circolare n. 41/1997 aveva fatto rientrare in questa ipotesi l’attività di manutenzione degli impianti, nonché «i lavori di bonifica e sistemazione forestale o di sterro e quelli svolti negli studi televisivi e nei teatri o in tutti i luoghi di ripresa cinematografica e televisiva». In poche parole, due sono gli elementi che concorrono a definire il campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996:

• la ”tipologia” dei lavori;

• la ”localizzazione” (dei lavori all’interno) del cantiere.

Inoltre, se, per alcuni dei lavori contenuti nell’Allegato I, questi due elementi sono di immediato apprezzamento (come è, per esempio, per le opere stradali o per le opere ferroviarie), per altri (per esempio per i lavori di manutenzione, i lavori di montaggio e di smontaggio di opere provvisionali ecc.) può essere necessario operare le distinzioni del caso.

Successivamente, la terza circolare esplicativa del decreto 5 marzo 1998, n. 30, ha ulteriormente e significativamente ribadito che anche la definizione e l’interpretazione del termine ”impianti” contenuta nell’Allegato I al D.Lgs. n. 494/1996 doveva essere necessariamente riferita «agli impianti tecnologici asserviti ad opere edili o di genio civile e non anche ad impianti connessi alla produzione industriale, agricola o di servizi», dal momento che una diversa interpretazione, che includesse in questo termine tutti gli

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impianti a prescindere dalla loro connessione con opere edili o di genio civile:

amplierebbe irragionevolmente il campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996 il quale, al contrario, ha trasposto nell’ordinamento giuridico italiano la sola direttiva particolare relativa ai ”cantieri temporanei o mobili”, ossia la direttiva n. 92/57/CEE 24 giugno 1992 [laddove per gli altri settori in cui può essere interessata l’impiantistica quali, per esempio, la produzione industriale o agricola o di servizi, l’Unione europea ha emanato altre direttive generali o particolari (di settore), alle quali dunque deve farsi specifico riferimento];

non terrebbe conto della circostanza alquanto significativa per la quale l’Allegato I alla direttiva n. 92/57/CEE (il quale fa da ”sfondo” all’Allegato I al D.Lgs. n. 494/1996), nell’elencare, sia pure a titolo esemplificativo, i lavori da considerarsi edili o di genio civile, contiene esempi tutti strettamente collegati a lavori rientranti nel settore delle costruzioni e il termine ”impianti” non è neanche presente.

Tenendo conto di questo, il decreto legislativo integrativo e correttivo del D.Lgs. n. 494/1996 ha eliminato, dal punto 2, Allegato I, il riferimento agli impianti, mantenendolo al punto 1, ma solo con riferimento agli interventi di tipo ”strutturale” sugli impianti elettrici. Dunque, gli interventi sugli impianti industriali non comportano, di per sé, la creazione di un cantiere edile,ma neppure la escludono a priori. Qualora l’intervento sull’impianto postuli l’effettuazione di lavori ricompresi nell’Allegato I al D.Lgs. n. 494/1996, si applicherà questa normativa; in caso contrario, la normativa di riferimento sarà quella dell’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994.

Peraltro, anche qualora si operi in regime di “appalti interni”, facendo esclusiva applicazione dell’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, l’obbligo di indossare la tessera di riconoscimento è stato introdotto di recente, con decorrenza 1° settembre 2007, dall’art. 6, legge 3 agosto 2007, n. 123, sia per il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice, sia per i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro delle imprese. L’estensione generalizzata dell’obbligo de quo rende irrilevante, dunque, l’eventualità che i lavori di riqualificazione effettuati sugli impianti industriali diano vita (o meno) a un ”cantiere edile”; in ogni caso i lavoratori in regime di appalto o di subappalto dovranno indossare il tesserino di identificazione.

Attesa la finalità della tessera di riconoscimento (individuazione dei lavoratori impegnati nella realizzazione dell’opera edile di ingegneria civile), non sono obbligati a fare uso di questa (se non a titolo facoltativo) né i coordinatori, né i datori di lavoro delle imprese esecutrici (ma quid iuris per i datori di lavoro che esercitano essi stessi la propria attività professionale, dei quali il legislatore si è totalmente dimenticato, nonostante essi siano da ricomprendere nella categoria degli «altri gruppi di persone» indicati all’art. 10, paragrafo 2, direttiva 92/57/CEE, e nonostante lo stesso legislatore comunitario, nell’undicesimo “considerando” di questa direttiva, abbia valutato che i datori di lavoro, che esercitano essi stessi un’attività professionale su un cantiere temporaneo o mobile «possono con le loro attività mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori»?). Sebbene i dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono consentire l’inequivoco e immediato riconoscimento del lavoratore interessato e, pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita, nonché l’indicazione del nome o della ragione sociale dell’impresa datrice di lavoro, è opportuno sottolineare che si tratta di un adempimento sicuramente funzionale alla logica del “cantiere sicuro” e, tuttavia, di sicurezza per così dire “superficiale”, attesa la cronica carenza dei controlli da parte degli organi di vigilanza. Inoltre, non è escluso che del tesserino facciano fittiziamente uso anche i lavoratori irregolari, frustrando, così, le ragioni che ne hanno legislativamente ispirato l’introduzione.

(Quesito tratto dalla rivista Ambiente & Sicurezza de “Il Sole 24 Ore” del 30 ottobre 2007, n. 40, a cura di Pierguido Soprani)

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SICUREZZA SUL LAVORO - TESSERINO È RICHIESTO ANCHE NEGLI APPALTI INTERNI

D. Lavoro in una ditta che ristruttura impianti di riscaldamento. Ci occupiamo principalmente di trasformazione di centrali termiche da gasolio a gas metano. La legge 4 agosto 2006, n. 248 (conversione del Dl Bersani) introduce, all'articolo 36 bis, misure per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. A decorrere dal 1º ottobre 2006, nell'ambito dei cantieri edili, i datori di lavoro devono munire il personale occupato di un'apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Ma cosa si intende per cantiere edile? Anche noi dobbiamo munire i nostri operai (idraulici) di tesserino? I lavori di riqualificazione impianti sono da intendersi "cantieri edili"? Noi ci avvaliamo di muratori (assolutamente indipendenti) i quali sono muniti dei propri tesserini. S. M. - MILANO

R. La circolare esplicativa n. 29, emanata dal ministero del Lavoro in data 28 settembre 2006 ha chiarito che l'ambito di applicazione dell'articolo 36 bis, comma 3 della legge n. 248/2006 «stante il riferimento a "l'ambito dei cantieri edili"... sembra coincidere con le imprese che svolgono le attività descritte dall'allegato I del Dlgs n. 494/1996 nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell'ambito delle realtà di cantiere».Il campo di applicazione della previsione va pertanto individuato con riferimento a tutte le imprese che svolgono le attività di cui all'allegato I del Dlgs 494/1996 e che, perciò, danno vita a un "cantiere temporaneo o mobile", come definito dall'articolo 2 del Dlgs n. 494/96. Qualora invece si operi in regime di "appalti interni", facendo esclusiva applicazione dell'articolo 7 del Dlgs n. 626/94, l'obbligo di indossare la tessera di riconoscimento è stato introdotto di recente, con decorrenza 1° settembre 2007, dall'articolo 6 della legge 3 agosto 2007, n. 123, sia per il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice, sia per i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro delle imprese. L'estensione generalizzata dell'obbligo de quo rende irrilevante l'eventualità che i lavori di riqualificazione effettuati sugli impianti industriali diano vita (o meno) a un "cantiere edile". In ogni caso, la definizione della nozione di "impianti", ai fini dell'applicazione del Dlgs 494/96 è contenuta nella circolare esplicativa del ministero del Lavoro n. 30 del 5 marzo 1998, la quale ha chiarito che tale termine «deve essere riferito agli impianti tecnologici asserviti a opere edili o di genio civile e non anche a impianti connessi alla produzione industriale, agricola o di servizi».

(Quesito tratto dalla rubrica L'Esperto Risponde de “Il Sole 24 Ore” del 8 ottobre 2007, n. 78, a cura di Pierguido Soprani)