Se#embre nel verde Casen/no tra foreste, borghi, abbazie e castelli · 2020. 12. 29. · da...

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Se#embre 2020 Se#embre nel verde Casen/no tra foreste, borghi, abbazie e castelli Siena – Vallombrosa km 90 Foresta di Vallombrosa Abbazia di Vallombrosa A settembre, quando ancora avevamo l’illusione che l’epidemia di Covid stesse finendo, decidiamo di far uscire il camper dal lungo letargo e concederci un piccolo viaggio a breve distanza da casa, nel verde Casentino, un angolo della nostra Toscana dal quale manchiamo da tempo. Sono di nuovo con noi i nostri amici e compagni di viaggio Gherarda e Maurizio e insieme, arriviamo dunque nell’area di sosta di Vallombrosa, prima tappa del nostro percorso. Si tratta di un parcheggio situato sotto l’Abbazia (N 43.734177 E 11.556097) con carico e scarico, barbecue e tavoli picnic, a pagamento solo sabato e domenica. Ingresso all’Abbazia di Vallombrosa L’Abbazia di Vallombrosa, adagiata sulle pendici del Pratomagno, si trova immersa nella famosa Foresta Casentinese, caratterizzata da altissimi abeti bianchi e faggi. La comunità monastica benedettina, qui fondata nell’anno mille da San Giovanni Gualberto, ha curato e coltivato nei secoli questa foresta, traendo il suo sostentamento proprio dal prezioso legname utilizzato tra l’altro sia per le impalcature dei palazzi fiorentini sia per gli alberi delle navi livornesi. Oggi è diventata una Riserva Naturale Biogenetica, affidata al Corpo Forestale, con lo scopo di conservare le caratteristiche genetiche delle sue specie arboree, perché in pericolo di estinzione e

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  • Se#embre 2020

    Se#embre nel verde Casen/no tra foreste, borghi, abbazie e castelli

    Siena – Vallombrosa km 90

    Foresta di Vallombrosa

    Abbazia di Vallombrosa

    A settembre, quando ancora avevamo l’illusione che l’epidemia di Covid stesse finendo, decidiamo di far uscire il camper dal lungo letargo e concederci un piccolo viaggio a breve distanza da casa, nel verde Casentino, un angolo della nostra Toscana dal quale manchiamo da tempo. Sono di nuovo con noi i nostri amici e compagni di viaggio Gherarda e Maurizio e insieme, arriviamo dunque nell ’area di sosta di Vallombrosa, prima tappa del nostro

    percorso. Si tratta di un parcheggio s i t u a t o s o t t o l ’ A b b a z i a ( N 43.734177 E 11.556097) con carico e scarico, barbecue e tavoli picnic, a pagamento solo sabato e domenica.

    Ingresso all’Abbazia di Vallombrosa

    L’Abbazia di Vallombrosa, adagiata sulle pendici del Pratomagno, si trova immersa nella famosa Foresta Casentinese, caratterizzata da altissimi abeti bianchi e faggi. La comunità monastica benedettina, qui fondata nell’anno mille da San Giovanni Gualberto, ha curato e coltivato nei secoli questa foresta, traendo il suo sostentamento proprio dal prezioso legname utilizzato tra l’altro sia per le impalcature dei palazzi fiorentini sia per gli alberi delle navi livornesi. Oggi è diventata una Riserva Naturale Biogenetica, affidata al Corpo Forestale, con lo scopo di conservare le caratter ist iche genetiche delle sue specie arboree, perché in pericolo di estinzione e

  • anche per riprodurle e riutilizzarle. La foresta ospita infatti alcuni esemplari storici di abeti che superano addirittura i sessanta metri ed un importate Arboreto Sperimentale. Percorrendo uno scenografico viale alberato, che costeggia la grande peschiera, dove un tempo i monaci allevavano le trote, si giunge all’ingresso dell’Abbazia alla quale il campanile e la torre danno l’aspetto di un vero castello. 
Oltrepassato l’arco ci troviamo di fronte la bianca, armoniosa e severa facciata seicentesca, ultima delle tante ricostruzioni avvenute n e i s e c o l i s u c c e s s i v i a l l a fondazione del monastero.

    Abbazia di Vallombrosa

    Chiesa di Vallombrosa: maiolica robbiana

    L ’ i n t e r n o d e l l a c h i e s a è caratterizzato dallo stile barocco, m e n t r e n e l l a s a c r e s t i a rinascimentale troviamo una bella maiolica robbiana. Notiamo anche l o s p l e n d i d o c o r o l i g n e o quattrocentesco ricco di intarsi e volute, opera di Francesco di Nanni da Poggibonsi, un artigiano-artista che testimonia l’antica vocazione per la lavorazione del legno della cittadina valdelsana.

    Chiesa di Vallonbrosa: par>colare del coro

    Passeggiando nei dintorni della abbazia si incontra un luogo veramente spettacolare, il “Pratone” una grandissima radura circondata d a l l e a b e t a i e . N e l l e c a l d e domeniche estive si riempie di gente in cerca di fresco e relax, ma ora ci appare nella sua solitaria bellezza, una verde distesa di soffice prato.

  • Pratone di Vallombrosa

    La nostra passeggiata prosegue verso la vicina località di Sal/no che raggiungiamo seguendo il sentiero pedonale che affianca la bella strada in mezzo alla foresta.

    Vallombrosa: verso Sal>no

    La piccola località turistica di Saltino, con i suoi mille metri di altitudine, offre un bellissimo affaccio panoramico sul Valdarno fiorentino, la piana di Firenze fino alle colline del Chianti.

    Sal>no: vista panoramica

    Ogg i i l p i cco lo cen t ro d i villeggiatura sembra un po’ in decadenza ma guardandosi intorno si vedono ancora le tracce di un antico splendore. Risalgono infatti al periodo tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento gli alberghi e ville liberty che ospitavano allora villeggianti arrivati qui grazie ad una f e r rov i a a c remag l i e ra appositamente costruita. Definita “ L a S v i z z e r a d ’ I t a l i a ” e r a frequentata da famiglie nobili fiorentine, romane e siciliane di cui la più nota fu senza dubbio Donna Franca Florio. Immancabile la presenza di D’Annunzio insieme a Eleonora Duse, che potremmo defini re oggi g l i “ influencer” dell’epoca. 
Ricca anche la comunità di ospiti stranieri soprattutto inglesi e francesi, ma anche americani, come lo scultore Andersen a cui fu conferita la cittadinanza onoraria. Mentre ripercorriamo la strada v e r s o l ’ a r e a d i s o s t a c i accompagnano i raggi di un bellissimo tramonto che filtrando tra

  • i lunghi e fitti tronchi degli alberi creano piacevoli giochi di luce. Concludiamo la serata con i nostri amici e più tardi trascorreremo una tranquilla notte immersi nella natura, in compagnia del vento tra le foglie e del gorgoglio del ruscello.

    Vallombrosa – Poppi km 30

    Al mattino lasciamo l’area per una escursione di circa 5 km detta “Circuito delle cappelle”, per le dieci p icco le cappe l le sparse su l percorso che segnano i luoghi di eremitaggio di San Gualberto e dei suoi confrate l l i . S i t ra t ta d i un’escursione facile, ben segnalata, con qualche salita. Il percorso inizia dalla vasca delle trote dove si fa subito una breve digressione per raggiungere il Masso del Diavolo, uno sperone di roccia dal quale un monaco si gettò perché tentato dal demonio.

    Vallombrosa: masso del Diavolo

    Tornati indietro, si costeggia il muro settentrionale dell’Abbazia lungo una antica strada lastricata fino alla c o s i d d e t t a “ S c a l a S a n t a ” . Continuando a salire si incontrano alcune delle cappelle più belle e interessanti come quella delle Colonne o quel la del Beato Migliore, costruita accanto alla grotta dell’Eremita. In quest’ultima c’è una piccola curiosità da cercare sulla parete esterna della grotta, una misteriosa immagine scolpita da uno sconosciuto pellegrino di un lontano passato.

  • Vallombrosa: Scala Santa

    Vallombrosa: Cappella delle Colonne

    Vallombrosa: Cappella del Beato Migliore

    Vallombrosa: volto misterioso

    Si arriva infine al “Paradisino”, il luogo dove un tempo esisteva L’Eremo dei monaci e oggi si trova un edificio ottocentesco sede didattica della facoltà di Scienze Forestali di Firenze. Qui è d’obbligo una sosta sulla terrazza retrostante per ammirare dall’alto l’Abbazia circondata dal verde dei boschi.

    Panorama da Paradisino

    Tornando sulla strada, troviamo la Fonte del Paradisino dalla quale sgorga un’acqua freschissima, ottima per riempire le nostre borracce. Seguiamo per un tratto la strada asfaltata fino all’indicazione del sentiero del “Faggio Santo”. Rientriamo nel bosco e arriviamo alla Cappella che la tradizione

  • identifica come il primo rifugio dove San Gualberto trovò riparo, sotto i rami di un vecchio faggio.

    Cappella del Faggio Santo

    Continuiamo ancora a camminare sul sentiero nel bosco fino all’incrocio dove viene segnalato l ’ i n i z io de l l a d i scesa ve rso l’Abbazia. Poco prima di concludere l’anello del percorso, troviamo la Fonte di Santa Caterina, ben fornita

    di sedili in pietra e acqua fresca per una sosta ristoratrice.

    Nel primo pomeriggio lasciamo Vallombrosa e, percorrendo una strada che attraversa la Riserva Naturale, dal fondo piuttosto malridotto, saliamo verso il passo della Consuma. Dopo la sosta sul piazzale del valico con affaccio panoramico, scendiamo verso Poppi, fermandoci nell’area di Viale Dei Pini ( N 43.72003 E 11. 76525) a circa 500 metri dal centro e dall’attrattiva principale del borgo, il Castello dei Conti Guidi.

    Poppi: Castello dei Con> Guidi

    Raggiungiamo subito quello che è considerato il monumento simbolo di Poppi e di tutto il Casentino. La sua esistenza è documentata sin dal XII secolo e il disegno ricorda Palazzo Vecchio a Firenze, con il quale si dice condivida l’architetto Arnolfo di Cambio. Fu ampliato e ristrutturato varie volte nei secoli

  • seguenti, con interventi di restauro che hanno permesso la sua ottima conservazione sino ad oggi. Percorrendo una breve strada in salita, ecco che appare l’elegante facciata del castello con due file di bifore, dominato da una torre alta e slanciata e circondato dalla cinta muraria merlata. Sulla piazza antistante c’è un busto di Dante Alighieri che ci ricorda il legame del poeta con questo luogo. I Conti Guidi presero molto a cuore la sorte di Dante esiliato da Firenze e gli concessero spesso ospitalità nei loro castelli del Casentino. A Poppi visse per una anno e si dice vi abbia composto il XXIII canto dell’Inferno. Superato il fossato difensivo e il piccolo cortile esterno caratterizzato da un bel pozzo in pietra, si entra nella corte interna. Sulle pareti spiccano moltissimi stemmi gentilizi e si susseguono scale e ballatoi che portano ai piani superiori.

    
Castello di Poppi: pozzo 


    Castello di Poppi: cor>le


    Al primo piano troviamo il Salone d e l l e F e s t e c o n l e p a r e t i completamente decorate da stemmi araldici e motivi geometrici, simbolo della potenza economica e politica dei Conti Guidi, oggi sede del Consiglio Comunale. Sullo stesso piano si trova il vero tesoro del castello, la Biblioteca Rilliana, che conserva un patrimonio di 25.000 antichi volumi tra i quali 800 manoscritti e 600 incunaboli.

    Castello di Poppi: interno

    Al piano nobile visitiamo la Cappel la Guid i , in teramente decorata da un ciclo di affreschi

  • trecenteschi attribuiti all’allievo di Giotto, Taddeo Gaddi.

    Castello di Poppi: cappella Guidi

    Castello di Poppi: biblioteca Rilliana

    Nell’ultima sala del secondo piano è esposto il grande plastico che ricostruisce gli schieramenti dei guelfi fiorentini e dei ghibellini aretini, che si affrontarono nella vicina piana di Campaldino, luogo dell’ omonima battaglia, nel giugno del 1289. Tra i personaggi famosi che parteciparono alla battaglia c’erano un giovane e ancora sconosciuto Dante Alighieri e un Conte Guidi, in quel momento su fronti opposti. La vittoria di Firenze segnò la s tor ia po l i t i ca de l Casentino e fu l’inizio della sua

    p rogress iva conqu is ta de l la egemonia sulla Toscana intera.

    Poppi: Piazza Amerighi

    Dopo aver visitato il castello entriamo nel centro storico di Poppi incontrando subito, in Piazza Amerighi, l’elegante Oratorio della Madonna del Morbo, costruito come ringraziamento a Maria per aver salvato Poppi dalla peste del 1630; un fatto storico che ci fa riflettere sulla attuale pandemia di Covid, che speriamo stia finendo.

    Poppi: por>ci di Via Cavour

    Camminiamo sotto i bei portici di Via Cavour, insoliti in Toscana, fino ad arrivare nella parte più a nord del centro dove sorge la Chiesa di San Fedele. Questo edificio faceva parte di un antico monastero

  • vallombrosano del XII secolo, soppresso nell’ottocento.

    Poppi: Chiesa di San Fedele

    Un piccolo ingresso laterale introduce nell’interno ad una sola navata a croce latina, dall’aspetto semplice e severo, con le pareti di nuda pietra e grandi archi bicolori che de l im i tano i l t ranse t to . Interessante e particolare la grande tavola duecentesca dipinta dal M a e s t r o d e l l a M a d d a l e n a raffigurante una Madonna che tiene sulle ginocchia, ben evidenziate sotto le vesti, un Bambino con l’inquietante volto di un monaco adulto.

    Chiesa di San Fedele: Madonna con bambino

    Poppi – Camaldoli - Pratovecchio km 30

    Al mattino lasciamo Poppi e raggiungiamo Camaldoli, la vasta z o n a a l l ’ i n t e r n o d e l P a r c o N a z i o n a l e d e l l e F o r e s t e Casentinesi dove si trovano due important i luoghi rel igiosi : i l Monastero e il Sacro Eremo, a m b e d u e i m m e r s i n e l l o straordinario contesto naturalistico, come quello di Vallombrosa, creato e curato per secoli dai monaci della comunità qui fondata nell’anno mille da Romualdo di Ravenna. Sappiamo però che qui l’ospitalità verso i camperisti non è come quella di Vallombrosa, infatti non esiste un’area dedicata ai nostri mezzi ed è vietata la sosta notturna. Quindi abbiamo cercato di arrivare la mattina presto per trovare posto nel parcheggio lungo la strada prima dell’Abbazia, per poi trasferirci a fine giornata nell’area di Pratovecchio.

    Monastero di Camaldoli

    Sistemati i camper nel parcheggio, sfruttando gli stalli un po’ più

  • grandi, decidiamo di fare subito l’escursione verso L’Eremo e rimandare al pomeriggio la visita al Monastero. Il percorso inizia da quota 813 m, sulla strada asfaltata che parte dal piazzale davanti al Centro Informazioni, dove si possono prendere mappe e depliant informativi. Si seguono i segnali bianco-rossi del sentiero N. 68 che all’inizio affianca il torrente e poi sale ripido verso l’Eremo, tagliando e intersecandosi per circa tre km con i tornanti della strada asfaltata. Si incontra subito la quattrocentesca Cappella della Madonna della Neve, poi si può lasciare la strada asfaltata e seguire il sentiero sulla destra.

    Camaldoli: Cappella della Madonna della Neve

    Camaldoli: verso l’Eremo

    Verso L’Eremo

    Camaldoli: torrente Tellito

    Superato il torrente inizia il tratto più impegnativo del sentiero N. 68, che comunque, per riprendere fiato, si può sempre sostituire con un

  • pezzo di strada asfaltata. Quando infine si arriva alla radura dove s o r g o n o l e Tr e C r o c i , c h e del imitavano lo spazio del la clausura, siamo ormai quasi in vista dell’Eremo che si trova a quota 1100 metri.

    Eremo di Camaldoli

    Chiesa dell’Eremo

    Varcato il portone che sembra separare il complesso dal resto del mondo, si entra nel cortile interno dal quale i visitatori possono raggiungere la foresteria, la chiesa e l’antica cella di San Romualdo. Le celle personali dei monaci attuali si

    trovano aldilà di una cancellata in una zona riservata non accessibile.

    Eremo di Camaldoli: le celle

    Qui vivono monaci che hanno scelto il silenzio, la preghiera e la solitudine, una dimensione radicale d i v i t a m o n a s t i c a v i s s u t a nell’austerità e nell’isolamento, con i pochi momenti di vita comune rappresentati dalla preghiera corale e dai pasti. L’interno della chiesa è veramente una sorpresa, un trionfo di barocco con statue e stucchi dorati che sembra un po’ estraneo alla semplice spiritualità del luogo. Prima di uscire però vale una sosta la bellissima terracotta di Andrea della Robbia che si trova nella cappella di S. Antonio Abate.

  • Eremo di Camaldoli: terraco#a robbiana

    Riposte nello zaino le caramelle al miele e propoli della farmacia dei frati, lasciamo quest’oasi di silenzio e pace cominciando la discesa, molto più spedita questa volta, verso il Monastero e i nostri camper. Pranziamo con una fragrante schiacciata di Camaldoli dell’antico forno Tassini, farcita con prosciutto, pecorino e funghi e ci concediamo un paio d’ore di mer i ta to r iposo v is to che i l Monastero riapre alle 15. Dopo la dimensione contemplativa della f e d e c h e a b b i a m o t r o v a t o nell’Eremo, scopriamo quella attiva e comunitaria dei monaci nel M o n a s t e r o , u n d u a l i s m o perfettamente simboleggiato dallo stemma del la congregazione camaldolese: due colombe che bevono nello stesso calice.

    Simbolo della congregazione camaldolese

    Il Monastero oggi è un grande centro di spiritualità e ogni anno ospita nella sua foresteria centinaia di persone, c’è anche un’ impor tan te b ib l i o teca mo l to frequentata da studiosi e ricercatori e un refettorio per gli ospiti. Percorriamo i suoi antichi e silenziosi chiostri e visitiamo la chiesa dove si possono ammirare molte opere

    Monastero di Camaldoli: Chiostro

    dell’artista rinascimentale Giorgio Vasari che lavorò vari anni per i monaci camaldolesi. Raggiungiamo p o i l ’ a n t i c a F a r m a c i a d e l Monastero, dai bellissimi arredi cinquecenteschi perfettamente

  • conservati e infine, concludiamo la nostra visita nel laboratorio galenico, con i suoi alambicchi, vasi e strumenti usati in passato dai monaci speziali per la preparazione di medicinali.

    Camaldoli: An>ca Farmacia Par>colare dell’arredo cinquecentesco

    L a s c i a m o C a m a l d o l i p e r raggiungere l’area sull’Arno di Pratovecchio in via Uffenheim, vicina al lo stadio, (N 43.786800 E 11.719320), gratuita con tutti i servizi, che troviamo piuttosto a f f o l l a t a e d o v e c o m u n q u e riusciamo a parcheggiare. 
Da qui in pochi minuti, a piedi, arriviamo nel piccolo centro del borgo, caratterizzato da due grandi piazze. La più recente delle due porta il nome di Paolo Uccello, importante pittore del 400 la cui famiglia era originaria di queste parti. Si tratta di una grande piazza circolare, un po’ in discesa, con fontana a l cent ro , g iard ino, panchine e parco giochi, molto “vissuta” da grandi e piccoli.

    Pratovecchio: Piazza Paolo Uccello

    Accanto c’è l’altra, detta Piazza Vecchia, raggiungibile passando sotto una torre del vecchio cassero, che raccoglie gli edifici stor ic i , c iv i l i e rel ig iosi , p iù importanti di Pratovecchio, tra i quali il Monastero delle Monache Camaldolesi, costruito per volere dei Conti Guidi.

    Pratovecchio: Monastero

    Ritornando verso l’area di sosta, percorriamo Via Garibaldi che ha una lunga fila di portici su entrambi i lati, e ripensando a quelli di Poppi, ora possiamo dire che in Toscana non ci manca proprio niente, neanche i portici!!

  • Pratovecchio - S/a km 2

    Al mattino decidiamo di lasciare i camper nell’area di Pratovecchio per raggiungere a piedi la romanica Pieve di Romena che si trova a circa 2 km da qui. Superato il ponte sull’Arno, qui ancora giovane torrente, il percorso si svolge sulla strada provinciale 73, in leggera salita, tranquilla e con scarso traffico. Dopo l’ultima curva la Pieve d i R o m e n a c i a p p a r e , perfettamente incastonata nel paesaggio casentinese, distesa sulla collina, in tutta la sua quieta bellezza.

    Pieve di Romena

    L‘attenzione viene subito catturata dalle eleganti linee architettoniche dell’abside, poi passeggiando intorno al complesso, tra i filari di lavanda e i mandorli, si incontrano un grande albero isolato, un sedile sotto una croce, che segnano luoghi di sosta e meditazione. Da ogni angolo di questo spazio, chiamato il “giardino della bellezza” lo sguardo si posa su altre

    incantevoli vedute della Pieve, circondata dal manto verde delle colline.

    Pieve di Romena: par>colare dell’abside

    All’interno la luce del sole entra dalle bifore ed illumina le tre navate percorse da possenti colonne con capitelli decorati con figure umane, animali, angeli e demoni. Su uno di questi la scritta “Tempore Famis MCLII” ci racconta che fu costruita nel 1152 in tempi di carestia. Dunque, in un momento di grave sofferenza si offriva al divino la propria opera come simbolo di rinascita per una nuova vita.

  • Pieve di Romena: interno

    Pieve di Romena Capitello

    Questo messaggio oggi ispira la Fraternità di Romena, una comunità fondata, circa trenta anni fa da Don Luigi Verdi che, dandoci il benvenuto, ci racconta con passione la sua missione: creare un luogo di pace e riflessione, senza obblighi o costrizioni, dove ogni persona possa sentirsi accolta e abbia la possibilità di entrare in contatto con se stesso, con gli altri e, se vuole, con Dio. Per i pellegrini del Medio Evo, in cammino verso Roma, la Pieve di Romena rappresentava una sosta

    ristoratrice e anche oggi la Fraternità di Don Luigi offre rifugio ai viandanti del nostro tempo. Visitiamo le cappelle, insoliti e accoglienti spazi per la preghiera e la meditazione, ricavati nei vecchi edifici. Don Luigi ci mostra anche la bellissima sala incontri affrescata con la riproduzione del mandorlo in fiore di Van Gogh. Sparse ovunque, sui muri e negli spazi verdi, ci sono originalissime opere frutto della creatività di questo sacerdote particolare. Molte ottenute riciclando materiali poveri del mondo contadino come zappe, vanghe, vecchie serrature.

    Fraternità di Romena Cappella della Preghiera

    Fraternità di Romena Sala del mandorlo

    Così Don Luigi vuole chiaramente indicare una metafora della vita, dando agli scarti, che diventano

  • simboli sacri di amore e amicizia, nuovo valore e dignità.

    Opere di Don Verdi Priore di Romena

    Opera ispirata a una frase di De Andrè

    Lasciamo le atmosfere dense di sp i r i tua l i tà de l la P ieve e c i incamminiamo verso il vicino Castello di Romena, arroccato sulla sommità del colle tra cipressi, mura e torri; sicuramente il più antico del Casentino, dato che si hanno

    notizie della sua esistenza già nel X secolo. Quello che oggi rimane è il nucleo di un grande complesso fortificato che aveva due cerchia di mura, un poderoso cassero e ben undici torri di guardia, di cui ne rimangono solo due.

    Immagini del Castello di Romena

    Castello di Romena

    Dopo molte vicissitudini e periodi di decadenza, dall’ottocento il castello è di proprietà privata della famiglia Goretti de’ Flamini e per la visita, che comprende un piccolo museo archeologico all’interno, occorre un modesto biglietto da € 3. Superata la Porta Bacia ci si trova davanti ad

  • un affascinante e scenografico palcoscenico sul verde Casentino che ci circonda: un immenso prato fiancheggiato da cipressi e dai resti di antichi edifici. 
Per l’amicizia con i Conti Guidi Dante Alighieri è legato anche a questo castello, dove pare abbia soggiornato. Infatti nel XXX canto ne parla per bocca di Mastro Adamo che qui, per ordine dei Conti Guidi, coniò fiorini falsi e fu l’unico ad esserne punito per ben due volte, dai giudici con il rogo e da Dante, che lo ha messo appunto all’Inferno.

    Riprendiamo la strada verso Pratovecchio e raggiungiamo i nostri mezzi parcheggiati nell’area di via Uffenheim. Dopo qualche ora di riposo e chiacchiere in poltrona, ci spostiamo nella vicinissima S/a, sistemandoci nell’area di via Londa lungo l’Arno (N 43.894070 E 11.702820), gratuita e con tutti i servizi. 
Da qui in pochi minuti, a piedi, arriviamo in piazza Tanucci, ormai conosciuta da tutti come location principale del film di Pieraccioni “Il Ciclone”.

    S>a: Piazza Tanucci

    Prima di entrare nella piazza, sulla sinistra troviamo la chiesa di Santa Maria Assunta che, nonostante la facciata tardo-barocca, rivela un interno dal tipico stile romanico casentinese, con le pareti in pietra, le tre navate e i capitelli riccamente scolpiti, come abbiamo visto a R o m e n a . Tr a l e o p e r e p i ù importanti una Madonna con Bambino attribuita alla scuola di C imabue e sop ra t t u t t o una splendida Madonna in terracotta invetriata di Andrea della Robbia dal dolce volto dai tratti “moderni”

    
S>a: Pieve di S. M. Assunta

  • S>a: Pieve S. M. Assunta Madonna robbiana

    Piazza Tanucci ha una forma allungata, in salita, delimitata da edifici con portici e nella parte più alta vi è un’ imponente fontana ottocentesca. Da, qui percorrendo sulla destra uno stretto vicolo, si arriva al torrente Staggia, lungo il q u a l e s o r g e u n ’ i m p o r t a n t e testimonianza dell’antica vocazione di Stia, la lavorazione della lana. Si tratta appunto del Museo della Lana, realizzato in un edificio che sin dai primi decenni dell’ottocento fu uno dei più grandi lanifici della Toscana.

    S>a: Museo della Lana

    Vi si produceva il famoso “Panno Casentino”, un tessuto particolare le cui origini risalgono al XIV seco lo , ca ldo e res i s ten te , dall’inconfondibile ricciolo, nei classici colori arancio e verde, da sempre uno dei simboli della Toscana. Oggi si produce anche in altri colori, come abbiamo visto nei negozi del centro, e si usa per confezionare, oltre a capi di abbigliamento tradizionale come cappotti e giacche, anche accessori come guanti, cappelli, borse e oggettistica varia.

    S>a: panno Casen>no

    Supe ra to i l mode rno pon te pedonale sullo Staggia si sale nel Parco del Palagio Fiorentino, una grande area verde dove si trova un moderno padiglione con decine di fontanelle da cui sgorga l’acqua della sorgente Calcedonia del Passo del la Cal la, che oggi purtroppo troviamo quasi tutte chiuse. Forse perche’ l’acqua viene in gran parte imbottigliata nello stabilimento a monte con il marchio Maxim’s di Pierre Cardin. Più avanti invece si incontra l’edificio che dà il nome al parco, un palazzetto

  • medioevale del XIII secolo anche questo costruito dai Conti Guidi. In realtà quello che abbiamo di fronte è una ricostruzione neogotica fatta nel novecento da un notabile di Stia sulle rovine dell’antico palazzo. Oggi è proprietà comunale e sede del Museo di Arte Contemporanea.

    S>a: Parco del Palagio Fioren>no

    S>a: Palagio Fioren>no

    Torna t i ne l l ’ a rea camper c i r ipos iamo e conc lud iamo la g iornata con i nost r i amic i , programmando per la mattina dopo la visita al Castello di Porciano, che si trova proprio sulla collina dietro l’area di sosta e la cui torre è visibile anche da qui.

    S/a - Pontassieve - Siena km 120

    Al mattino imbocchiamo a piedi la vicina via Dante Alighieri, tutta in salita, che dopo meno di 2 km arriva alle case del piccolo borgo di Porciano, che circondano Castello.

    Porciano: verso il Castello

    Superato l’arco, sulla destra si entra in un labirinto di vicoli, scale e piazzette che porta al piazzale dove sorge il castello, definito una residenza fortificata, in pratica si tratta di una poderosa torre.

    Porciano: Santuario di S. Maria

    In questo momento purtroppo, per le res t r iz ione causate da l la pandemia, non è visitabile, come la chiesa di S. Maria che si trova davanti. Come Poppi e Romena, faceva parte delle proprietà dei

  • famosi Conti Guidi e come gli altri due è legato al nome di Dante Alighieri. 
Qui è molto interessante però la bella storia della sua rinascita, dopo i secoli dell’abbandono e della distruzione. Nell’ottocento i ruderi de l caste l lo , come quel l i d i Romena, furono acquistati dai nobili Goretti de Flamini e in seguito ereditati dalla contessina Flaminia. Di lei si dice che sia stata una donna dalle scelte ardite e spesso controcorrente, come quando contro il volere della famiglia divenne ostetrica, dedicandosi alle donne e ai bambini poveri, o d u r a n t e l a s e c o n d a g u e r r a mondiale, quando lavorò come crocerossina sulle navi ospedale.

    Castello di Porciano

    Dopo il matrimonio, insieme al marito, il colonnello americano Specht, si dedicò con grande passione e determinazione al res tauro de l cas te l lo e per realizzare questo sogno la coppia vendette ogni altra sua proprietà e svolse attività lavorative in vari campi. Flaminia, appassionata conoscitrice di piante e fiori, divenne tra l’altro anche coltivatrice di i r is e fu la creatr ice del famosissimo Giardino dell’Iris di Piazzale Michelangelo a Firenze. Il marito morì senza vedere la fine dell’opera, ma lei andò avanti con ostinazione, con la collaborazione della Soprintendenza, pur tra mille difficoltà economiche. Alla fine degli anni set tanta del novecento finalmente il restauro fu compiuto e Flaminia vi andò ad abitare, mentre le stanze dei piani inferiori, con un piccolo museo, furono aperte al pubblico. Vi è vissuta fino a 99 anni e ora riposa accanto al marito George, nel piccolo cimitero sotto il loro castello. 
Tornati all’area di sosta, scendiamo nell’oasi naturalistica Il Canto della Rana: un piccolo parco lungo le rive dell’Arno vicino alla sua sorgente sul Monte Falterona. 
Qui troviamo molti angoli freschi e ombreggiati, tavoli da picnic, prati verdi, sentieri per passeggiare e un Parco Avventura per i bambini. 
Un luogo molto piacevole per trascorrere una giornata di fine

  • estate, con la possibilità per i più coraggiosi di una nuotata nelle limpide acque del fiume, sulla cui temperatura non mancano le battute, come si legge anche nel cartellone sulla riva.

    S>a: immagini del Parco Comunale “Canto della Rana”

    Parco Comunale di S>a: termometro acqua

    Salutiamo così il verde Casentino dove abbiamo trascorso qualche giorno piacevolmente immersi in una sintesi perfetta tra natura, storia, arte e spiritualità. 
Torniamo a casa contenti e non ancora del tutto consapevoli che stanno di nuovo per arrivare giorni difficili.