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Capitolo 19 SECONDA QUANTIZZAZIONE In questo capitolo proviamo ad estendere la teoria del precedente al caso di sistemi con infiniti gradi di libert`a: come vedremo la teoria non ` e pi` u canonica, ma potremo comunque stabilire delle notevoli generalizzazioni che ci consentiranno di costruire lo spazio di Fock, dando cos` ı un esempio di modello per la teoria dei campi (seppure in un caso semplicissimo: il campo libero). 19.1 Prodotti tensoriali e limiti induttivi. Introduciamo qui alcune nozioni necessarie per trattare la generalizzazione a sistemi con infiniti gradi di libert`a della teoria svolta in precedenza, ed in particolare il concetto di prodotto tensoriale di spazi di Hilbert, che consente di formalizzare la nozione di indipendenza fra sistemi quantistici. Consideriamo due spazi di Hilbert H e K e costruiamone il prodotto tensoriale algebrico H £ K nel modo usuale; possiamo rendere questo prodotto tensoriale uno spazio pre-hilbertiano definendo il prodotto ( X i x i £ x i , X i x 0 i £ y 0 i ) := X i,j (x i x 0 j ) H (y i ,y 0 j ) K Definiamo ora H⊗K semplicemente come il completamento di H £ K rispetto a questo prodotto 1 . Consideriamo ora z ∈H⊗K e due basi ortonormali {e α } di H e {f β } di K. Per definizione (precisamente per la propriet`a universale) {e α f β } ` e una base ortonormale di H⊗K e, per ogni x ∈H e y ∈K, f z (x, y) := (z,x y) 1 In genere si denota con V W il prodotto tensoriale algebrico e con V b W quello hilbertiano: per non confonderci, qui usiamo una notazione diversa. 698

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  • Capitolo 19

    SECONDA QUANTIZZAZIONE

    In questo capitolo proviamo ad estendere la teoria del precedente al caso disistemi con infiniti gradi di liberta: come vedremo la teoria non e piu canonica, mapotremo comunque stabilire delle notevoli generalizzazioni che ci consentirannodi costruire lo spazio di Fock, dando cos un esempio di modello per la teoria deicampi (seppure in un caso semplicissimo: il campo libero).

    19.1 Prodotti tensoriali e limiti induttivi.

    Introduciamo qui alcune nozioni necessarie per trattare la generalizzazionea sistemi con infiniti gradi di liberta della teoria svolta in precedenza, ed inparticolare il concetto di prodotto tensoriale di spazi di Hilbert, che consente diformalizzare la nozione di indipendenza fra sistemi quantistici.

    Consideriamo due spazi di Hilbert H e K e costruiamone il prodotto tensorialealgebrico H K nel modo usuale; possiamo rendere questo prodotto tensorialeuno spazio pre-hilbertiano definendo il prodotto

    (

    i

    xi xi,

    i

    xi yi) :=i,j

    (xixj)H(yi, y

    j)K

    Definiamo ora H K semplicemente come il completamento di H K rispettoa questo prodotto1.

    Consideriamo ora z H K e due basi ortonormali {e} di H e {f} di K.Per definizione (precisamente per la proprieta universale) {e f} e una baseortonormale di HK e, per ogni x H e y K,

    fz(x, y) := (z, x y)

    1In genere si denota con V W il prodotto tensoriale algebrico e con V W quellohilbertiano: per non confonderci, qui usiamo una notazione diversa.

    698

  • 19.1. Prodotti tensoriali e limiti induttivi. 699

    e una forma bilineare tale che,

    |f(e, f)|2 <

    La fz si dice forma di HilbertSchmidt e, come ci si puo aspettare:

    19.1.1 Proposizione HK = {fz | fz forma di HS}Possiamo dare anche unaltra realizzazione dello spazio HK considerando

    la forma sesquilineareg(x, y) := (z, x y)

    e loperatore T : K H (lineare e continuo) ad essa associato tale che

    (z, x y) = (x, Ty)

    e che

    tr T T =

    (f, TTf) =

    ||Tf||2 =,

    |(e, T e)|2 <

    (usando la norma degli operatori nucleari).Possiamo quindi identificare HK con lo spazio degli operatori di Hilbert

    Schmidt T : K H contr T z Tz = (z, z

    )

    Si riduce ad una semplice osservazione la seguente

    19.1.2 Proposizione Se H e K sono spazi di Hilbert e K = M N allora

    HK = (H M) (H N)Naturalmente possiamo generalizzare al caso in cui K sia somma di una

    famiglia di sottospazi di Hilbert: K =

    N; in questo caso otteniamo

    HK =

    H N

    Ad esempio, se {e} e una base ortonormale di K e N = C allora

    HK =A

    H

    (dato che i prodotti tensoriali sono presi sui complessi V C = V ), ove Card A =dimK.

  • 700 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    Ora rammentiamo che B(H) e unalgebra di von Neumann il cui predualeM = B(H) e lo spazio delle funzioni lineari ultra-debolmente continue su B(H)e tale che

    f M (f,A) =

    i

    (xi, Ayi)

    con

    i ||xi||2 < e

    i ||yi||2 < ; cioe x, y

    H e

    (f,A) = (x, (A)y)

    ove (A)(xi) = Axi. Possiamo quindi osservare che

    HH = HK

    ove K e uno spazio di Hilbert separabile (l2(N) ad esempio) e (A) si ottienecome prodotto tensoriale di operatori, che viene definito nel modo seguente: seH e K sono spazi di Hilbert con A B(H) e B B(K) allora possiamo definireloperatore A B B(HK) come

    A B(x y) = Ax By

    per ogni xCh e yK (questa definizione e ben posta per la proprieta universaledel prodotto tensoriale), in modo che

    ||A B|| = ||A|| ||B||

    Ovviamente esistono due immersioni isometriche

    B(H) B(HK) B(K) B(HK)A 7 A I B 7 I B

    Effettivamente sussiste il seguente teorema di von Neumann e Murray:

    (B(H) I) = I B(H) (I B(K)) = B(K) I

    Torniamo ora al caso precedente: avevamo dimK = 0, ed una base ortonormale(en) di K in modo che

    HK =nN

    H enC =nN

    H

    il che induce la decomposizione A I =

    n A e quindi

    (A) = A I

    sicche(f,A) = (z, A Iz)

    Si osservi che in generale, se 1 e 2 sono rappresentazioni di una C*-algebraallora 1 2 se e solo se 1 I = 2 I.

  • 19.1. Prodotti tensoriali e limiti induttivi. 701

    Richiamiamo ora brevemente la nozione di limite induttivo di spazi vettoriali(si tratta in realta di una nozione che si estende a categorie piu generali di oggetti:anelli, gruppi, &c.): consideriamo una successione {Xn} di spazi vettoriali ed unasuccessione

    fmn : Xm Xn

    di applicazioni lineari definite per m n in modo che

    fnn : Xn Xn sia lapplicazione identica;

    se m n e l m allora fln = fmn flm.

    Si dice che le successioni {Xn} e {fmn} formano un sistema induttivo (o sistemadiretto); partendo da un sistema induttivo, possiamo costruire un nuovo spaziovettoriale X nel modo seguente: consideriamo la somma diretta

    S =nN

    Xn

    Ovviamente ciascun Xn si identifica ad un sottospazio di S, e possiamo conside-rare il sottospazio T di S generato dagli elementi della forma

    xm fmn(xm)

    Allora si pone X := S/T ; in questo modo, X e una somma diretta degli spazi{Xn} nei quali pero gli elementi di indice abbastanza grande sono identificatifra loro. Evidentemente, le inclusioni Xn S e la proiezione S X = S/T sicompongono a fornire le applicazioni lineari

    fn : Xn X

    Per la (2) si ha ovviamente che, se m n:

    (3) fm = fn fmn

    Si scrive

    X = limnN

    Xn

    e si dice che X e il limite induttivo del sistema induttivo dato.

    Il tratto fondamentale dei limiti induttivi e la seguente proprieta universale,che li caratterizza:

  • 702 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    19.1.3 Lemma Ogni elemento xX si esprime nella forma fn(xn) per qualchen N e xn Xn.

    Dimostrazione: Supponiamo che xX; allora, per costruzione, x e della forma

    s = xi1 + + xik

    ove xij Xij tenendo conto che xij = fijn(xij) se ij n. Allora, per n =max(i1, ..., ik) otteniamo che

    xi1 + + xik = fi1n(xi1) + + fikn(xik

    che e un elemento di Xn, chiamiamolo yn; quindi, per la (3):

    fn(yn) = fn(fi1n(xi1) + + fikn(xik)) = fn fi1n(xi1) + + fn fikn(xik)= fi1(xi1) + + fi1(xik) = xi1 + + xik = x

    cioe x = fn(yn) con yn Xn, come volevamo.qed

    19.1.4 Teorema Se ({Xn}, {fmn}) e un sistema induttivo e se Y e uno spaziovettoriale tale che esista una successione di applicazioni lineari {gn : Xi Y }tali che

    m n gm = gn fmnallora esiste ununica applicazione lineare g : X Y tale che

    n N gn = g fn

    Viceversa un insieme X che soddisfa questa proprieta e isomorfo a limn

    Xn.

    Dimostrazione: Supponiamo che X = limn

    Xn: dimostriamo che vale la pro-

    prieta universale; per il lemma, possiamo immediatamente esibire la funzioneg:

    g(x) = gn(xn)

    ove x = fn(xn) per il lemma. Allora gn = g fn per definizione.Il viceversa e ovvio: se un insieme soddisfa alla proprieta universale del limite

    induttivo, per Y = limn

    Xn otteniamo una mappa h : X limnXn che inverte

    la g : limn

    Xn X, che viene quindi ad essere un isomorfismo.qed

  • 19.1. Prodotti tensoriali e limiti induttivi. 703

    19.1.5 Esempio Se consideriamo una successione di sottospazi {Xn} di unospazio vettoriale X fissato tali che se m n allora Xm Xn, il limite induttivodi questa successione (rispetto alle inclusioni fmn : Xm Xn) e la somma ditutti i sottospazi {Xn}, vale a dire lo spazio da essi generato.

    Una interessante proprieta dei limiti induttivi e il loro comportamento rispet-to ai prodotti tensoriali: consideriamo un sistema diretto ({Xn}, {fmn}) di spazivettoriali ed uno spazio vettoriale Y : e immediato che ({Xn Y }, {fmn I}) eun sistema diretto.

    19.1.6 Teorema Ha luogo lisomorfismo di spazi vettoriali

    limnN

    (Xn Y ) =

    limnN

    Xn

    YDimostrazione: Siano

    X = limnN

    Xn W = limnN

    (Xn Y )

    Per la proprieta universale otteniamo un unico operatore lineare

    g : W X Y

    ove le mappe gn sono le fn I; si tratta di dimostrare che g e un isomorfismo.Per farlo usiamo la proprieta universale dei prodotti tensoriali, dimostrando cioeW la soddisfa ed e quindi isomorfo a X Y : consideriamo quindi le funzionibilineari

    hn : Xn Y Xn Ydate dalla definizione di prodotto tensoriale (gn(xn, y) = xn y). Possiamo, permezzo di esse, definire la funzione lineare

    h : X Y W

    comeh(x y) = hn(xn y)

    ove x = fn(xn) per il lemma precedente. La funzione h e bilineare perche lo sonole hn e dato che le fn sono lineari; quindi la proprieta universale del prodottotensoriale implica lesistenza di una mappa lineare

    k : X Y W

    Di nuovo usando il lemma si ottiene che g e k sono luna linversa dellaltra.qed

    Vogliamo ora approfondire il significato fisico del prodotto tensoriale.

  • 704 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    Consideriamo una successione {Hn} di spazi di Hilbert ed una successione{n} di vettori in essi (n Xn) con ||n|| = 1; possiamo definire, per xH1 Hm

    fmn := x m+1 n

    Si verifica immediatamente che queste mappe e la successione {Hn} definisconoun sistema diretto del quale possiamo considerare il limite induttivo

    H = limnN

    H1 Hn

    che e uno spazio prehilbertiano rispetto al prodotto scalare

    (x, y) = (x n+1 , y m+1 )

    e del quale possiamo considerare il completamento

    {n}nN

    Hn

    19.1.7 Proposizione Se, per ogni n N, xn Hn e se la successione

    n := x1 xn n+1

    e di Cauchy allora il suo limite e lelemento x1 x2 {n}

    nN Hn.

    Dimostrazione: Sia il limite della n e poniamo

    := 1 2

    Allora

    limn

    (n, ) = (, )

    cioe il prodotto

    n(xn, n) tende a (, ). Ora usiamo il seguente lemma (chenon dimostreremo) di von Neumann: se z sono vettori non nulli negli spazi diHilbert H allora

    z = z 6= 0

    |1 z| <

  • 19.1. Prodotti tensoriali e limiti induttivi. 705

    Nel nostro caso troviamo che

    n |1 (xi, i)| < e, viceversa, che se valequesta condizione allora la successione {n} e di Cauchy. Infatti

    ||n m||2 = ||xm+1 xn m+1 n||2

    = n

    i=m+1

    m+1 m+i (xm+i+1 m+i+1) xm+i+2

    xn2

    n

    i=m+1

    ||xi i||2 +i

  • 706 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    allora, sempre nellipotesi dellindipendenza dei due sistemi, nel sistema congiun-to abbiamo

    U(t)( ) = U(t) U (t)

    cioe(t) = U(t) U (t)

    Il generatore di questo gruppo e

    H =1

    i

    (d

    dtU(t)

    )t=0

    = H I + I H

    (formula di Leibniz).Piu in generale, se esiste uninterazione fra i sistemi S e S , il sistema con-

    giunto e ancora descritto da H H ma levoluzione temporale subisce unaperturbazione

    K = H I + I H + VRicordiamo che nel nostro approccio ai fenomeni quantistici abbiamo modelliz-zato il sistema microscopico S scindendo il processo di misura (concretamente: lostrumento stesso di misura) in una parte microscopica A ed una macroscopica M :dobbiamo allora immaginare S e A come sistemi da comporre per tenere contodellinfluenza del processo di misura stesso sul fenomeno da misurare. Se primadella misura lo stato del sistema e , dopo la misura di una questione E = EElo stato e ancora se (E) = 1 o (I E) = 1; se lo stato , dopo il processodi misurazione, e tale che (E) 6= 1, 0 allora si ha un miscuglio statistico

    (E)1 + (I E)0

    Gli stati 0, 1 sono determinati come segue: diagonalizziamo per mezzo di unautoaggiunto A dellalgebra degli osservabili

    PE : A 7 ESE + (I E)A(I E)

    e consideriamo(A) = (EAE) + ((I E)A(I E))

    Allora

    1(A) =(EAE)

    (E)0(A) =

    ((I E)A(I E))(I E)

    Una evoluzione temporale 7 t

    manda stati puri in stati puri e la misura

    7 (E)1 + (I E)0

  • 19.2. Rappresentazione di Fock 707

    manda stati puri in miscugli statistici: si presentano in questo modo diversi fe-nomeni (riduzione del pacchetto donda, paradosso di PodolskijEinsteinRosen,gatto di Schrodinger...).

    Una spiegazione di questa situazione, seguendo von Neumann, procede comesegue: supponiamo che, prima della misura, S sia nello stato x0 e A in 0, siccheil sistema composto sia nello stato x0 0; dopo una interazione di lunghezza Tabbiamo

    U(T ) = U

    operatore unitario che trasforma x0 0 in un nuovo stato

    U(x0 0) = Ex0 1 + (I E)x0 2

    ove le i sono tali che(1, 2) = 0 ||i|| = 1

    Losservazione di von Neumann e che cio descrive il processo di misura, dato cheogni stato di B(H) si scrive

    (A) = tr(TA) = (z, A Iz)

    per un opportuno vettore z di norma 1. Dunque lo stato e restrizione a B(H) diuno stato puro di B(HK), e

    (Ux0 0, A I(Ux0 0)) = (Ex0, AEx0) + ((I E)A(I E)) + 0

    dove 0 sono i termini non diagonali: (1, 2) = 0), il che spiega perche 7 gporti stati puri in stati puri mentre 7 (E)1 + (I E)2 porti stati puriin miscugli statistici.

    19.2 Rappresentazione di Fock

    Consideriamo qui sistemi con infiniti gradi di liberta: vogliamo per prima cosascrivere in questo caso le relazioni di Weyl:

    W (z)W (z) = ei(z,z)W (z + z)

    ove (z, z) = 12Im(z, z). Nel caso di infiniti gradi di liberta, le variabili z non

    varieranno piu in uno spazio di dimensione finita Cn, ma in uno spazio vettorialetopologico X qualsiasi; possiamo in ogni caso considerare una forma simpletticafortemente non degenere su X ed il gruppo di Heisenberg

    HX = X o R

  • 708 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    degli elementi (z, ) X R col prodotto

    (z, )(z, ) = (z + z, + + (z, z))

    Naturalmente HX e localmente compatto se e solo se dim X < , nel qual casosi tratta del gruppo di Heisenberg Hdim X .

    Non possiamo quindi applicare a HX gran che della teoria dei gruppi topo-logici, che dipendeva in massima parte dallintegrale di Haar (che esiste solo nelcaso localmente compatto): ad esempio la teoria delle rappresentazioni non sipuo dare come nel caso dei gruppi localmente compatti, per i quali labbiamo inlarga misura desunta dalla teoria delle rappresentazioni delle C*-algebre associa-te; un ponte fra le due teorie e il teorema di Bochner, la cui validita e del tuttogenerale, e che ricordiamo qui di seguito:

    Definizione. Una funzione : G C si dice di tipo positivo se (e) = 1 e,per ogni f : G C a supporto finito:

    g,hG

    f(g)f(h)(g1h) 0

    Se G e un gruppo topologico qualsiasi e U una rappresentazione (fortementecontinua) di G che possieda un vettore ciclico , allora la funzione

    (g) = (, U(g))

    e una funzione (continua) di tipo positivo: sappiamo che vale anche il viceversa:

    Teorema. e una funzione di tipo positivo su G se e solo se esiste una rappre-sentazione unitaria U : G U(H) tale che

    (g) = (, U(g))

    ove H e un vettore ciclico per U con |||| = 1. Inoltre e continua se e solose U e fortemente continua.

    Ricordiamo come possiamo associare ad una funzione di tipo positivo una rap-presentazione: data consideriamo lo spazio vettoriale delle funzioni a supportofinito con la forma sesquilineare

    p, q :=

    g,hG

    p(g)q(h)(g1h)

    Ovviamente p, p 0 e, quozientando per il sottospazio delle funzioni p tali chep, p = 0 e completando si ottiene uno spazio di Hilbert H sul quale gli operatori

    U(g)[p] := [pg]

  • 19.2. Rappresentazione di Fock 709

    (con [p] si indica la classe in H della funzione a supporto finito p) definiscono larappresentazione unitaria richiesta.

    Se e continua allora U e fortemente continua:

    ||U(g)U(h) U(h)||2 ge 0

    Infatti, se 1 per g e:

    ||U(g)U(h) U(h)|| =2 2 Re(U(h), U(gh)) = 2 2 Re(, U(h1gh))=2 2 Re (h1gh) ge 0

    (dato che h1ghge e).

    qed

    Ispirati da questo risultato, proviamo a cercare delle funzioni di tipo positivonel caso del gruppo di Heisenberg HX .

    Supponiamo ad esempio che, come nel caso di un numero finito di gradidi liberta, X sia uno spazio pre-hilbertiano, con prodotto scalare (.) e quindidefiniamo

    (z, z) =1

    2Im(z, z)

    Evidentemente la funzione : HX R

    () (z, ) := eie14||z||2

    e di tipo positivo, oltre che continua nella topologia di HX prodotto della topo-logia di R con la topologia su X indotta dalla seminorma ||.||.

    19.2.1 Definizione La rappresentazione unitaria fortemente continua U asso-ciata alla funzione di tipo positivo () si dice rappresentazione di Fock.

    Notiamo che se X e uno spazio vettoriale e una forma simplettica su X e

    U(z, ) = eiU(z, 0) = eiW (z)

    vogliamo che questa rappresentazione unitaria possegga almeno la proprieta dicontinuita seguente: per ogni fissato z X, la funzione

    7 W (z)

    e fortemente continua. In questo caso infatti, possiamo usare il teorema di Stone14.3.6 per dedurre che W (z) = ei(z).

  • 710 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    19.2.2 Teorema La rappresentazione di Fock esiste, e fortemente continua edirriducibile.

    Dimostrazione: Dimostriamo che la definita in () e una funzione continuadi tipo positivo, il che ci dara la prima parte del teorema.

    Se g1, ..., gn HX sono elementi della forma gi = (zi, i) allora zk sta in unsottospazio Xk di dimensione finita di X e, dato che X e pre-hilbertiano, Xk eisomorfo ad uno spazio di Hilbert Cnk ; in questi spazi la

    j,h

    cjch(g1j gh) 0

    e soddisfatta, dato che la e di tipo positivo in Cnk .Dimostriamo ora che la rappresentazione di Fock associata alla funzione e

    irriducibile. Sia (WF , F ) la rappresentazione ciclica delle relazioni di Weyl asso-ciata a (z, z) = 1

    2Im(z, z) e determinata dalla ; possiamo allora considerare la

    C*-algebra A ottenuta chiudendo in norma la *-algebra generata dagli operatoridella rappresentazione WF , cioe la chiusura in norma del sottospazio vettorialegenerato da WF (z) per zX: vogliamo dimostrare che A e irriducibile, nel sensoche lo stato definito da F e uno stato puro.

    Possiamo approssimare A come la chiusura An dei sottospazi A(0)n generatida WF (z) (z Xn):

    A =n

    An =n

    A0)n ()

    ove la corrispondenza n 7 An conserva lordine (n < m implica An Am).Se S(A) e uno stato tale che |An e puro allora e puro in A, dato che,scrivendo = 1 + 2 si trova

    |An = 1|An + 2|An

    e quindi, per purezza si |An , 1 2 e nullo su An per ogni n, sicche e puro,per la (*). Quindi

    (j

    cjWF (zj)

    )=

    j

    cje 1

    4||zj ||2

    Se prendiamo zj Xn allora, se S e la rappresentazione di Schrodinger, e Xn eidentificato a Cn per mezzo dellisomorfismo unitario V , si ha (per la (*)):

    n := |An = (dim XnS ,WS(VZ)dim XnS ) = e

    14||V z||2 = e

    14||z||2

    Lirriducibilita della rappresentazione di Schrodinger implica allora la purezzadello stato .

    qed

  • 19.2. Rappresentazione di Fock 711

    Abbiamo quindi determinato, con la rappresentazione di Fock, una rappre-sentazione irriducibile fortemente continua delle relazioni di Weyl:

    WF (x)WF (x) = ei(x,x

    )WF (x + x)

    Osserviamo che se H = X e il completamento di X la forte continuita di WF cidice che per ogni x H, per ogni successione (xn) in X convergente a x si ha

    limnN

    WF (xn) = WF (x)

    Ma {WF (x)}xX F e un sottospazio la cui chiusura e una rappresentazioneciclica delle relazioni di Weyl: questa chiusura e

    {WF (x)}xX F = {Sottosp. vett. generato da WF (x)}xH F

    (per la forte continuita); in altri termini possiamo tranquillamente considerareH in luogo di X. Ci riferiremo quindi anche a (H) = (X) come allo spazio diFock.

    Vogliamo ora discutere la covarianza della rappresentazione di Fock , ovverola sua funtorialita.

    Consideriamo quindi un operatore unitario U U(H): allora2

    e14||x||2 = e

    14||Ux||2

    e definiamo

    () (U)WF (x)F = WF (Ux)F

    Intanto mostriamo che la posizione (*) ha senso: basta evidentemente ragionaresul sottospazio denso di H: loperatore

    (U)

    (i

    aiWF (xi)F

    )=

    i

    aiWF (xi)F

    esiste ed e isometrico. La funzione

    U 7 (U)2Si rammenti che se A e una C*-algebra e G Aut(A) e S(A) allora per ogni g G

    tale che g = , se e la GNS, la rappresentazione (, U) e covariante:

    A A U(g)(A) = (g(A))

  • 712 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    e una rappresentazione del gruppo unitario U(H):

    (U)(U ) = (UU )

    precisamente una rappresentazione unitaria fortemente continua da U(H) mu-nito della topologia forte a U((H)) pure topologizzato con la topologia forte.Nuovamente ragionando sul sottoinsieme denso troviamo che, se U

    fortemente Uallora

    (U)WF (x)Ffortemente (U)WF (x)F

    Questo, ed il fatto che

    WF (Ux)F WF (Ux)F

    ci permettono di concludere che

    19.2.3 Teorema e un funtore, la rappresentazione di Fock e irriducibile,fortemente continua e (C) = L2(R, ds).

    Vale inoltre la seguente proprieta esponenziale del funtore :

    (H1 H2) = (H1) (H2)

    Si tratta di chiedersi se esista un operatore unitario V tale che

    V WF (x y)F := W (1)F (x)(1)F W

    (2)F (y)

    (2)F

    Intanto osserviamo che, se un tale V esiste, allora

    () (WF (x y)F ,WF (x y)F ) = ei(xy,xy)e

    14||xyxy||2

    Infatti:

    (W(1)F (x

    )(1)F W

    (2)F (y

    )(2)F ,W

    (1)F (x)

    (1)F W

    (2)F (y)

    (2)F ) =

    =ei(x,x)e

    14||xx||2ei(y,y

    )e14||yy||2) (()

    (la forma simplettica e la parte immaginaria del prodotto hilbertiano, quindi isecondi membri della () e () sono uguali).

    Quindi loperatore V effettivamente esiste ed e tale che

    V : (H) (H1) (H2)

    conV WF (x y) = WF (x) WF (y)V

    il che dimostra la prima parte del seguente

  • 19.2. Rappresentazione di Fock 713

    19.2.4 Teorema(HK) = (H) (K)

    e, piu in generale:

    (

    H

    )=

    {(n)F }

    (H))

    Dimostrazione: Per definizione x H x =

    n=1 xn con

    ||x||2 =

    n

    ||xn||2

    La definizione di V si legge allora come

    V WF

    (

    n=1

    xn

    )F =

    n=1

    W(n)F (xn)

    (n)F

    Ora ricordiamo che(W

    (n)F (xn)

    (n)F ,

    (n)F ) = e

    14||xn||2

    e quindi che, se

    ()

    n

    1 e 14 ||xn||2 < (si tratta della condizione affinche il prodotto tensoriale di infiniti termini siadefinito) allora possiamo definire V come nel caso di n = 2: in effetti la (*) everificata, dato che

    0 1 e e quindi possiamo scrivere

    (WF (

    n

    xn)F ,WF (

    n

    xn)F ) = ei(

    P

    n xn,P

    n xn)e

    14||

    P

    n xnP

    n xn||2

    = eiP

    n (xn,xn)e

    14

    P

    n ||xnxn||2

    =n

    ei(xn,xn)e

    14||xnxn||2

    =n

    (W(n)F (xn)

    (n)F ,W

    (n)F (x

    n)

    (n)F )

    Possiamo cioe definire V come

    V WF (x) =

    n=1

    {(n)F }W(n)F (xn)V

    qed

  • 714 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    19.2.5 Esempio

    Nel caso H = C si ha (C) = L2(R, ds) e W (z) = ei(q+p), ove z = + ie q, p sono gli operatori della rappresentazione di Schrodinger.

    Se H e uno spazio di Hilbert separabile con base ortonormale {en} allora

    H =

    n=1

    enC

    e quindi

    (H) =

    n=1

    {F }L2(R, ds)

    ove F = 0 e lo stato fondamentale delloscillatore armonico e

    W (x) =

    n=1

    ei(nq+np)

    ove n + in = (en, x): in altri termini (H) descrive nel caso separabileassemblee di oscillatori armonici.

    19.3 Caratterizzazioni della rappresentazione di Fock

    Cominciamo con losservare che, se U U(H) allora (U) U((H)) e(U)WF (x)(U)

    1 = WF (Ux) e (U)F = F

    Quindi, se UHi = Hi allora U =

    i=1 Ui e

    V (U) =i=1

    (Ui)V

    Vogliamo ora considerare una versione infinitesimale del funtore : consideria-mo

    U(t) = eiAt

    U e fortemente continuo in t e quindi anche (U(t)) lo e (rispetto alla topologiaforte degli operatori), sicche

    (U(t)) = (eiAt) = eid(A)t

    ove, per il teorema di Stone 14.3.6, d(A) esiste ed e unico: si tratta di unarappresentazione di algebre di Lie.

    Se consideriamo U(t) = eitI allora d(I) e autoaggiunto ma non limitato, ede il numero delle particelle N ; si noti che

    eiNtWF (x)eiNt = WF (e

    itx)

    e che

  • 19.3. Caratterizzazioni della rappresentazione di Fock 715

    19.3.1 Lemma NF = 0Si noti in generale che, se H =

    i Hi allora

    (ei) =

    n=1

    (n)(ei)

    Ora, sia A =

    n An, quindi eiAt =

    n e

    iAnt sicche

    (eiAt) =

    {(n)F }n

    (n)(eiAnt)

    e

    d(A) =

    n=1

    Bn

    oveBn = I I I d(An) I

    ed il fattore che non e lidentita si trova al posto n-simo; osserviamo inoltre ched(I) = N =

    i Ni ove Ni e d(1) (lelemento 1 C) nel fattore n-simo e 1

    altrove e dove, tenendo conto che

    d(1)n = nn

    si ha

    d(1) = =1

    2(p2 + q2 I)

    Ricordiamo ora che, se z = + i, , Rn e

    ei(z) := ei((,q)+(,p)) = W (z)

    le relazioni di WeylW (z)W (z) = ei(z,z

    )W (z + z)

    implicano la regola di commutazione

    [(z), (z)] 2i(z, z)I

    (dato che z 7 (z) e R-lineare scriviamo z = + i e z = + i ed usiamola relazione di Heisenberg).

    Questo vale anche in infiniti gradi di liberta, considerando z X (spazioprehilbertiano) e, per ogni z X, la mappa

    7 W (z)

  • 716 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    fortemente continua. Per il teorema di Stone 14.3.6:

    W (z) = ei(z)

    ove (z) e autoaggiunto e quindi

    W (z) = ei(z)

    Se X e un sottospazio di X di dimensione finita, WX e fortemente continua equindi, pensando z, z X X abbiamo che

    [(z), (z)] 2i(z, z)I

    Rammentiamo che, nel caso di un grado di liberta:

    (z) = q + p

    e si avevano gli operatori di creazione e distruzione

    =12(p iq)

    Vogliamo imitare questa costruzione nel caso di infiniti gradi di liberta.Cominciamo con losservare che p = (i) e q = (1), sicche la relazione

    precedente diviene

    =12((i) (1))

    Scriviamo

    a(z) :=12((iz) i(z))

    ed osserviamo che (antilinearita di z 7 a(z)).

    a(iz) =12((z) i(iz)) = i

    2((iz) i(z)) = ia(z)

    Ma allora12((iz) + i(z)) a(z)

    sicche

    [a(z), a(z)] 0 e [a(z), a(z)] (z, z)I

    (ove (z, z) e il prodotto scalare in X) rammentando z, z X sottospazio finito-dimensionale di X e la relazione per .

  • 19.3. Caratterizzazioni della rappresentazione di Fock 717

    La rappresentazione di Fock possiede il vettore ciclico F , il livello fonda-mentale delloscillatore armonico: F = 0, e si ha in questo caso

    z H a(z)F = 0

    Si noti che F e nellintersezione dei domini di a e a, e che

    a(z1) a(zn)F

    e un vettore analitico intero per (z) (si ricordi che nF sono i vettori di statoper i livelli eccitati delloscillatore armonico). La dimostrazione di questo fattoprocede come nel caso di un grado di liberta.

    Sia A lalgebra generata dai polinomi negli operatori {(z)}zH che applicatia F diano vettori analitici; dato che

    {WF (z)F}zH

    e totale e che (teorema di Stone 14.3.6 ed analiticita di F )

    WF (z)F = ei(z)F =

    n=0

    in

    n!(z)nF

    gli elementi di A applicati a F sono uno spazio denso, cioe A possiede F comevettore ciclico, dato che la chiusura di tale algebra applicata a F contiene unsottoinsieme totale.

    Osserviamo inoltre che{i

    a#(zi)F

    }{zi}{Sottoinsiemi finiti di H}

    e totale, ove a# rappresenta a oppure a; infatti nella stringa

    a#a#

    possiamo eliminare gli a, dato che

    a#(z1) a#(zn2)a(zn1)a(zn)F =a#(z1) a#(zn2)[a(zn1), a(zn)]F ++a#(z1) a#(zn2)a(zn)a(zn1)F

    Ora consideriamo il vettore

    v(z)n := a(z1) a(zn)F

    Allora

  • 718 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    19.3.2 Lemma

    (vn(z), vm(z)) = nm

    pSn

    (z1 z2 zm, U(p)z1 zn)

    ove Sn e il gruppo simmetrico su n elementi e

    U(p)(z1 xn) := xp1(1) xp1(n)

    e la rappresentazione unitaria di Hn data dallazione di Sn.

    Dimostrazione:

    (vm(z), vn(z)) =(a(z2)

    a(zm)F , a(z1)a(z1)a(z2) a(zn)F )=(a(z2)

    a(zm)F , [a(z1), a(z1)]a(z2) a(zn)F )++ (a(z2)

    a(zm)F , a(z1)a(z1)a(z2) a(zn)F )=(z1, z

    1)(a(z2)

    a(zm)F , a(z2) a(zn)F )

    Iterando il procedimento otteniamo

    (vm(z), vn(z)) =(z1, z

    1)(a(z2)

    a(zm)F , a(z2) a(zn)F )++ (z1, z

    2)(a(z2)

    a(zm)F , a(z1)a(z3) a(zn)F ) + (z1, zn)(a(z2) a(zm)F , a(z1) a(zn1)F )

    che e zero se n 6= m, dato che

    (F , a(x) a(y)F ) = 0

    Altrimenti, se n = m, abbiamo che

    (vm(z), vn(z)) =

    i1i2in

    ((z1, zi1)(z2, zi2) ) =

    pSn

    ni=1

    (zi, zp1(i))

    ove i2 6= i1 e i3 6= i1, i2 e... e in 6= i1, ..., in1.qed

    In generale, se G e un gruppo finito e U : G U(H) una rappresentazioneunitaria allora vige il teorema ergodico elementare:

    E0 = E{x|gG U(g)x=x} =1

    Card G

    gG

    U(g)

    Nel caso del gruppo simmetrico Sn il secondo membro e il simmetrizzatore

    S :=1

    n!

    pSn

    U(p)

  • 19.3. Caratterizzazioni della rappresentazione di Fock 719

    Lo spazio di HilbertSnH := S(Hn)

    e la n-sima potenza simmetrica.Consideriamo (z1, ..., zn) Hn ed associamogli

    1

    n!a(z1)

    a(zn)F

    Possiamo inoltre associargli il simmetrizzatore S(z1 zn): per il lemmaesiste un operatore Vn tale che

    Vn

    (1n!

    a(z1) a(zn)F

    )= S(z1 zn)

    e1

    n!(vn(z), vm(z

    )) = nm(S(z1 zm), S(z1 zm))

    Loperatore Vn e unitario, sempre per il lemma, quindi

    (H) =

    n=0

    n(H)

    ove n(H) = SnH cioe lo spazio di Fock coincide con lalgebra dei tensorisimmetrici sullo spazio di Hilbert H.

    Partendo da V0(F ) := C possiamo combinare i V1, V2, ... per ottenerelisomorfismo V : n(H) SnH.

    Possiamo ora capire come agiscono gli operatori di creazione e distruzione:

    a(z)(

    1n!

    a(z1) a(zn)F

    )=

    n + 1

    (n + 1)!a(z)a(z1)

    a(zn)F

    Laggiunto (si rammenti: z 7 a(z) e antilineare) e

    a(z)( 1

    n!a(z1)

    a(zn)F)

    =1n!

    ni=1

    (z1, zi)a(z1) a(zi1)a(zi+1) a(zn)F

    =1n

    ni=1

    (z, zi)1

    (n 1)!a(z1)

    a(zi1)a(zi+1) a(zn)aF

    Questo suggerisce la seguente caratterizzazione dello spazio di Fock:

    (H) =

    n=0

    SnH

  • 720 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    con

    a(z)(S(x1 xn)) :=

    n + 1S(z x1 xn)

    a(z)(S(x1 xn)) :=1n

    i

    (z, xi)S(x1 xi1 xi+1 xn)

    F := 1 0 0

    Quindia(z)F = 0

    ed i campi di Segal si definiscono come

    (z) :=1

    i

    2(a(z) a(z))

    Abbiamo quindi tre presentazioni equivalenti dello spazio di Fock:

    Come rappresentazione del gruppo di Heisenberg generata dalla rappresen-tazione

    (z, ) 7 eie14||z||2

    Come prodotto tensoriale hilbertiano

    (H) =

    n=1

    {n}(C)

    Come spazio dei tensori simmetrici:

    (H) =

    n=0

    SnH

    Vogliamo dare una ulteriore caratterizzazione: consideriamo la terza interpreta-zione di (H) e le formule per gli operatori di creazione e distruzione:

    x1 = x2 = = xn

    Allora1

    n!a(x)nF =

    1n!

    xn

    Ma F e un vettore analitico, quindi possiamo definire

    ex :=

    n=0

    1

    n!a(x)nF = e

    a(z)F

  • 19.3. Caratterizzazioni della rappresentazione di Fock 721

    e constatare che

    (ex, ey) =

    n=0

    (x, y)n

    n!= e(x,y)

    Inoltre {ex}xH e un insieme totale in H, dato che, per

    x =n

    i=1

    izi

    abbiamo (nex

    1 n

    )1==n=0

    = a(z1) a(zn)F

    ed i vettori al secondo membro formano un insieme totale. Possiamo alloraconsiderare lo spazio E generato dagli elementi della forma ex con le relazioni(ex, ey) = e(x,y), considerare in esso il sottospazio N dei vettori di lunghezza zeroe definire

    (H) = E/H

    Notiamo che, avendosi

    (U)WF (x)(U)1 = WF (Ux)

    eW (x) = ei(x)

    ne segue(U)(x)(U)1 = (Ux)

    cioe(U)a(x1)

    a(xn)F = a(Ux1) a(xn)FQuindi, se

    n(U)S(x1 xn) := S(Ux1 Uxn)

    si ha pure

    (U) =

    n=0

    n(U)

    ed(A) =

    n

    dn(A)

    ove

    dn(A) =n

    i=1

    I I A I I

  • 722 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    (nel prodotto tensoriale i termini sono n e A figura alli-simo.) Ad esempiodn(I) = nI e d(I) = N , autoaggiunto non limitato.

    Si noti inoltre che se W (z) e ad esempio una rappresentazione irriducibiledelle relazioni di Weyl in un grado di liberta, allora

    z 7 z(A) := W (z)AW (z)1

    (con A B(H)) definisce un morfismo fortemente continuo di gruppi:

    R2 AutB(H)

    Non si tratta tuttavia di una rappresentazione unitaria, perche se lo fosse avrem-mo

    z(A) = VzAV1z

    e la C*-algebra (commutativa!) generata dai Vz sarebbe quella dei W (z), che eirriducibile: essendo commutativa cio e impossibile.

    In questo caso i teoremi di Wigner e Bargmann non sono soddisfatti, il cheda conto dei fenomeni non relativistici della teoria.

    19.4 Teorema di GardingWightman

    Consideriamo

    (H) =

    n=1

    {0}(C)

    ove {en} e una base ortonormale; abbiamo che

    N =i=1

    I I I

    W (

    i

    iei) =

    n=1

    W (n)

    (

    i

    iei) =

    n=1

    I (nq + np) I

    sicchea(en) = I I I

    (il fattore non I si trova al posto n-simo) e

    N =

    n=1

    a(en)a(en)

  • 19.4. Teorema di GardingWightman 723

    Cioe, nella rappresentazione di Fock:

    d(I) = N =

    n=1

    a(en)a(en) =

    n=1

    1

    2(p2n + q

    2n I)

    Ora sia X lo spazio vettoriale dei vettori della formai

    iei

    ove i hanno supporto finito; si tratta di uno spazio prehilbertiano denso in Hed ha senso porre, per ogni x X:

    W (x) = W (

    i

    iei) =i=1

    W (iei)

    Un risultato chiave e il

    19.4.1 Teorema (GardingWightman) La rappresentazione W e quasi equi-valente alla rappresentazione di Fock se e solo se loperatore

    n=1

    a(en)a(en)

    e densamente definito.Piuttosto che dimostrare questo teorema ci limitiamo a darne un esempio di

    applicazione.Si consideri una funzione

    n : N \ {0} Ni 7 ni

    (cioe un elemento di (N \ {0})N) e 12(p2i + q

    2i niI)

    Esiste una rappresentazione nella quale questo operatore e essenzialmente au-toaggiunto; ma il teorema di GardingWightman ci dice inoltre che per ognifunzione n (N\{0})N esiste una rappresentazione irriducibile Wn delle relazionidi Weyl tale che questo operatore sia essenzialmente autoaggiunto e

    Wn = Wn [n] = [n]

  • 724 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    (le parentesi quadre denotano le classi di equivalenza modulo N0, che e lo spaziodelle funzioni n(N\{0})N a supporto finito). Abbiamo cioe una infinita continuadi rappresentazioni irriducibili.

    Stabiliamo ora una notazione: 0 e lo stato fondamentale delloscillatorearmonico in (C), e n lo stato eccitato n-simo:

    n =1n!

    n0

    (0 = 0). Consideriamo

    Hn :=i=1

    {ni}(C)

    e

    Wn(

    iei) =i=1

    W (i)

    che possiede solo un numero finito di fattori diversi da 1 (dato che le i hannosupporto finito; la Wn e irriducibile, il che si vede come nel caso della rappresen-tazione di Fock.

    Definiamo ora un operatore N per Wn. Sia

    eibNWn(x)n = Wn(e

    ix)n

    Questa posizione determina un operatore unitario se i prodotti scalari sono con-servati, e se questo e vero la forte continuita implica che siamo in presenza di ungruppo di unitari fortemente continuo e quindi, per il teorema di Stone 14.3.6,N e autoaggiunto.

    Ma si ha

    (Wn(eix)n,Wm(e

    ix)m) =i=1

    (W (eii)ni ,W (ei, i)ni)

    =i=1

    (eiNW (i)einini ,W (e

    i, i)ni)

    =i=1

    (ei(Nni)IW (i)ni ,W (ei, i)ni)

    =i=1

    (W (i)ni ,W (ei, i)ni)

    ove abbiamo usato

  • 19.4. Teorema di GardingWightman 725

    al secondo passaggio il fatto che in un grado di liberta si ha N = eW (eiz) = eiNW (z)eiN (z C);

    nel terzo membro limplicazione n = nn ein = e

    inn;

    nellultimo passaggio lunitarieta di ei(Nni)I .

    Ne segue che

    Wn(eix)n =

    j=1

    W (eij)nj =

    j=1

    ei(NnjI)W (j)nj

    =

    j=1

    ei(NjnjI)

    j=1

    W (j)nj

    =eiP

    j=1(NjnjI)Wn(x)n

    oveNj = I I I = a(ej)a(ej)

    (il fattore non identico figura al posto j-simo), sicche

    N =

    j=1

    (Nj njI)

    Infine mostriamo cheWn = Wn n n N0

    Che la condizione sia sufficiente e ovvio: se n n N0 allora possiamo passareda n a n senza cambiare la rappresentazione Hn (a meno di isomorfismi).

    Per dimostrare che la condizione e necessaria, supponiamo n 6= n; se fosseWn = Wn allora esisterebbe U unitario tale che

    x X UWn(x)U1 = Wn(x)

    e, preso

    n =

    j=1

    nj Hn

    avremmo

    := U(n)

    j=1

    {nj}(C)

    Il vettore verificherebbe cioe la

    (,Wn(x)) = (Un, UWn(x)U1Un) = (n,Wn(x)n)

  • 726 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    Ma se x m

    j=1 ejC per un certo m, allora gli elementi

    W (x) =

    W (k)s (x)

    (somma di copie della rappresentazione di Schrodinger) generano unalgebra divon Neumann che e della forma B(Hl) I, e dove Hm = mj=1ekjC.

    Dunque, per ogni B B(Hl)

    (, B I) = (n, B In)

    Notiamo inoltre che, in questo caso, esisterebbe Tm (B(Hm) I) tale che

    Tmm =

    Infatti

    B(H) I =

    {i=1

    A |A B(H)

    }(dato che HK = iCardKH e quindi

    (B(H) I) = {A}

    che e unalgebra di matrici a blocchi negli elementi di C(H) (si confronti ladiscussione sui teoremi di densita). Gli operatori di questalgebra che hanno laforma (aijI) H hanno come immagini in HK gli elementi B I e quindi

    (B(H) I) = I B(K)

    OraHm Hm = Hn

    ed abbiamo un vettore tale che

    (, B I) = ((m) , B I(m) )

    cioe = Tm

    (m) = (m)

    Dunque

    = n1 n2

    j=1

    {nj}(C)

    il che e possibile solo se n = n, dato che la successione

    m := n1 nm nm+1

  • 19.5. Sul concetto di campo 727

    e di Cauchy: se m 0 e l > m:

    ||m l||2 <

    Ma abbiamo anche

    ||m l||2 =||nm+1 nl nl+1 nl||

    =2(1 Rel

    k=m+1

    (nk , nk)

    che e 2 se n 6= n.

    19.5 Sul concetto di campo

    In Meccanica Quantistica3 un campo e una distribuzione a valori in unalgebradi operatori, cioe una funzione lineare

    A : S A

    ove S e lo spazio delle funzioni di Schwartz su R4 e A unalgebra di operatoriautoaggiunti su uno spazio di Hilbert H. Il caso al quale questa definizione siispira e

    A(f) =

    f(x)A(x)dx

    Supponiamo che esista un D0 H denso tale che per ogni f S si abbia D0 DA(f) (contenuto nel dominio delloperatore A(f)) e tale che, per ogni , D0,la funzione

    f 7 (A(f), )

    sia una distribuzione (cioe un elemento di S ).Una teoria dei campi consiste in una serie di assiomi per i campi stessi che ri-

    spondano alle esigenze fisiche e siano matematicamente coerenti; ne introdurremoalcuni.

    Osserviamo intanto che se A e la C*-algebra degli osservabili di un sistemaquantistico (in R4 visto come spazio-tempo) abbiamo in A delle sottoalgebreA(O) associate ad aperti O di R4, che immaginiamo come regioni limitate dellospazio-tempo: tipicamente una tale regione sara intersezioni di coni di luce, chesono aperti stabili rispetto alle trasformazioni di Lorentz (la richiesta minima sesi vuole una compatibilita con la Relativita Ristretta).

    3Seguendo Wightman, Ph. Rev. 1956.

  • 728 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    Consideriamo dunque la famiglia Kdei coni doppi, cioe di coni la cuiintersezione sia un bordo spaziale: sitratta di una famiglia di insiemi stabi-le per lazione del gruppo di Poincare.Possiamo inoltre definire, per O K:

    O := {y R4 | x O ||y x||2M < 0}

    (ove ||.||M e la norma di Minkowski).Si noti che, in generale, O O ma

    che

    O K O = O

    (O K e causalmente completo). La funzione

    O 7 A(O)

    si dice corrispondenza di HaagKastler , e soddisfa alla seguente proprieta dimonotonia:

    O1 O2 A(O1) A(O2)

    Con cio ({A(O)} e un insieme parzialmente ordinato dallinclusione) lacorrispondenza di Haag-Kastler e un morfismo di insiemi ordinati.

    Inoltre linsieme OK

    A(O)

    e una sotto-*-algebra di A e vogliamo imporre la condizione

    A =OK

    A(O)||||

    Veniamo ora ad un assioma fondamentale di ogni teoria dei campi:

    19.5.1 Postulato di Localita Siano O1 e O2 tali che non possano esservi se-gnali temporali (timelike) fra essi: in altri termini che siano causalmente disgiun-ti, vale a dire

    O1 O2Allora

    A1 A(O1) A2 A(O2) [A1, A2] = 0

  • 19.5. Sul concetto di campo 729

    Il significato di questo assioma e che eventi osservati in regioni dello spazioche non possono comunicare fra loro debbono essere indipendenti.

    Perche una teoria assiomatica soddisfi il requisito base della coerenza bastafar vedere che possiede un modello, vale a dire che ne esistono esempi: nel casodelle teorie dei campi questo avviene costruendo i campi liberi.

    Consideriamo lo spazio di Fock (H) e la funzione (x): vogliamo costruireun campo libero, cioe una distribuzione a valori in (H). Consideriamo H =L2(+m, dm) (particella di massa m e spin 0) e ricordiamo che

    dm(p) =dp

    2p0

    e f(p)d+m =

    f

    (~p2 + m2, ~p

    ) dp2

    ~p2 + m2=:

    f(p)(p2 m2)(p0)dp

    e che esiste la rappresentazione indotta

    (U(a, )f)(p) = eipaf(1p)

    Per f reale definiamo la distribuzione

    Tf :=(f)

    +m

    e quindi

    (f) :=

    (f+m

    )( e lineare sulle funzioni reali) estendendola a funzioni complesse come

    (f) := (Re f) + i(Im f)

    Su S agisce il gruppo di Poincare come

    g f := fg

    essendo g = (a, ) efg(x) = f(g

    1x)

    AlloraTfg = U(g)Tf

    sicche, estendendo la rappresentazione allo spazio di Fock come

    (a, ) = (U(a, ))

  • 730 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    per funtorialita otteniamo

    (g)(x)(g)1 = (U(g)x)

    ovvero

    (fg) = (Tfg) = (U(g)Tf) = (g)(f)(g)1 = (g)Tf(g)1

    In altri termini il campo f 7 (f) possiede una rappresentazione unitariafortemente continua del gruppo di Poincare g 7 (g) in modo che

    (g)Tf(g)1 = (fg)

    Notiamo che (g) = .

    Estendiamo ora la funzione R-lineare f 7 (f) ai complessi nel modo ovvio:

    (f) := (f 1) + i(f2)

    e rammentiamo cheei(f) = ei(Tf) = W (Tf)

    da cui, per f, h S(R4)

    [(f), (h)] = i Im(Tf, Th)

    ovveroei(f)ei(h) = ei Im(Tf,Th)ei(h)ei(f)

    Si noti che T e un operatore di allacciamento:

    Tfg = (g)Tf

    e quindi(g)W (x)(g)1 = W (U(g)x)

    e(g)(f)(g)1 = (fg)

    Per cui, se (f) e una distribuzione regolare, della forma

    (f) =

    f(x)(x)dx

    allora(a, )(x)(a, )1 = (x + a)

  • 19.5. Sul concetto di campo 731

    Vogliamo ora presentare come soluzione di unequazione differenziale (nel sensodelle distribuzioni): precisamente consideriamo lequazione4

    (( + m2))(f) = (( + m2)f)

    Ma (usando le trasformate di Fourier)

    ( + m2)f(p) = (m2 p2)f(p)

    e quindi (p2 = m2)( + m2)f

    +m

    = 0

    Dunque otteniamo, per la distribuzione Tf = f |+m :

    (( + m2)f) = (T ( + m2)f) = 0

    (dato che T ( + m2)f = ( + m2)f , il che ci permette di caratterizzare le come soluzioni dellequazione differenziale

    ( + m2) = 0

    Ora consideriamo la questione dellirriducibilita della nostra rappresentazio-ne: intanto ricordiamo che la funzione

    x 7 W (x)

    (x H) e fortemente continua, quindi lo sono le

    f 7 ei(f) e f 7 (f)

    (fSR(R4) e la topologia su S e data da ||Tf ||2 = ||f ||2): per avere lirriducibilitabasta quindi dimostrare il

    19.5.2 Teorema Limmagine TSR(R4) e densa in H[m,0].

    Dimostrazione: Intanto osserviamo che

    ||f ||2 =

    +m

    |f(p)|2 dp~p 2 + m2

    =

    +m

    |f(p)|2(1 + ~p 2)2r(1 + ~p 2)2r dp~p 2 + m2

    c||(1 + ~p 2)rf ||2

    4Si rammenti come si derivano le distribuzioni: T (f) = T (f ), sicche (T )f = T (f) e(T )f = T (f)

  • 732 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    con r opportuno, in modo che (1 + ~p2)2r/

    ~p2 + m2 sia in L1 e quindi abbialuogo la maggiorazione, dove c e una costante. Ma

    q(f) := supp

    |(1 + ~p2)rf(p)|

    e una seminorma per la topologia di S ed ovviamente ||f || q(f), sicche lanorma ||.|| e continua per la topologia di S.

    Dunque T manda insiemi densi in insiemi densi, sicche basta dimostrare ilteorema su

    DR = {f SR | supp f compatto}(che e denso in S).

    Per farlo, consideriamo f : +m C appartenente a L2(R3, dm), vale a diretale che

    |f(~p)|2 dp2

    ~p 2 + m2<

    e definiamo

    g(p) := f(~p)h

    (p0

    ~p 2 + m2

    m

    )ove h D(R) e una funzione a supporto compatto tale che h(0) = 1 e supp h (1, 1); allora la g ha supporto compatto e, se

    g1(p) := g(p) + g(p)

    allora g1 S e(Tg1)(

    ~p 2 + m2, p) = f(~p)

  • 19.5. Sul concetto di campo 733

    (si rammenti che se f SR allora f(p) = f(p)).qed

    Le distribuzioni che qui ha interesse considerare sono, rispetto alle variabilispaziali, delle funzioni (infinitamente differenziabili) vere e proprie.

    Ricordiamo ora che per le distribuzioni puo definirsi un prodotto tensorialenel modo seguente: consideriamo F D(Rn) e G D(Rm); allora possiamodefinire una distribuzione F G in D(Rn+m) come

    F G, f g = F, fG, g

    ove abbiamo usato lisomorfismo

    D(Rn) D(Rm) = D(Rn+m)

    che da luogo al teorema del nucleo di L. Schwartz :

    D(Rn) D(Rm) = D(Rn+m)

    (i prodotti tensoriali sono definiti in modo unico perche questi spazi vettorialitopologici sono nucleari: cfr. [31], p.531).

    Il prodotto tensoriale di distribuzioni e una generalizzazione del prodotto dimisure, ed il teorema del nucleo puo vedersi come una versione piu generale delteorema di Fubini.

    19.5.3 Esempio Consideriamo una funzione g D(R3) e la misura di Dirac0D(R) concentrata in un punto x0: possiamo considerare i prodotti tensoriali

    f1 = 0 g e f2 = 0 g

    (che sono distribuzioni in R4, ove 0 e la derivata nel senso delle distribuzioni,cfr. capitolo ?? 4); allora

    f1(p) = g(~p) e f2(p) = ip0g(~p)

    Formalmente:

    f1, =

    (0, ~x)g(~x)d~x e f2, =

    (0, ~x)g(~x)d~x

    Data la distribuzione T , consideriamo ora la funzione IT : SR(R4)SR(R4) R definita come

    IT (f, g) = Im(Tf, Tg)

  • 734 Capitolo 19. Seconda quantizzazione

    Si tratta di una funzione bilineare e continua nelle due variabili rispetto allatopologia di SR(R4). Per (a, ) P si ha

    (Tf(a,), T g(a,)) = (U(a, )Tf,U(a, )Tg) = (Tf, Tg)

    e, formalmente, possiamo scrivere

    IT (f, g) =

    F (x, y)f(x)g(y)dxdy

    cioe esprimere la funzione bilineare IT come un operatore integrale con nu-cleo F tale che F (x, y) = F (x + a, y + a). Inoltre, per invarianza rispetto alletrasformazioni di Lorentz si ha

    F (x, y) = (x y)

    ove (z) = (z) e e una distribuzione in R4.Naturalmente la distribuzione si comporta solo formalmente come un nu-

    cleo, ma possiamo comunque scrivere delle regole di commutazione5 almeno alivello formale, usando il seguente ragionamento:

    IT (f, g) = Im

    Tf(p)Tg(p)dm = Im

    f(p)g(p)d+m

    =1

    2

    {p0=

    ~p2+m2}

    (f(p)g(p) f(p)g(p)

    )d3

    p

    2

    ~p2 + m2

    f e g sono a valori reali, quindi f(p) = f(p) e g(p) = g(p), sicche

    =1

    2

    {p0=

    ~p2+m2}

    f(p)g(p)d+m(p) dm(p)

    ~p2 + m2

    =(g, m(p)f) = (g, m f)

    (nellultima formula integrale abbiamo integrato rispetto alla differenza dellemisure). Abbiamo cioe, a meno di scambiare lordine di g e f , la formula per ilnucleo:

    m(x) =1

    (2)2

    eipx

    (d+m(p) dm(p)

    )5La principale motivazione che von Neumann fornisce, nel suo trattato Mathematical Foun-

    dations of Quantum Mechanics [24], allintroduzione della teoria degli operatori negli spazidi Hilbert come metodo matematico fondamentale per le questioni quantistiche, e proprio lamancanza di rigore che la formulazione di Dirac [6] aveva allepoca: il principale ostacolo eralimpossibilita di scrivere gli usuali operatori, come la funzione hamiltoniana, in forma di ope-ratori integrali: per questo Dirac faceva uso delle sue funzioni improprie la cui natura noncontraddittoria fu chiarita solo in seguito da Schwartz ed altri con lintroduzione del concettodi distribuzione; si confronti specialmente i I3 e III6 del libro di Von Neumann.

  • 19.5. Sul concetto di campo 735

    Intuitivamente, abbiamo la seguente formula, anche se priva di senso:

    [f(), g()] = IT (f, g) = i(f, g) = im(x y)I

    Si noti che, se m ha supporto nel doppio cono di luce futuro/passato V , vale adire se per ogni f, g S i cui supporti siano spazialmente separati, lintegrale dim sulle f e g da ovviamente zero, dato che

    [f(), g()] = [(x), (y)]

    e quindi (z) = (z); inoltre la (z) = (z) (che e come dire , f =, f) implica = 0 sui vettori spacelike, perche possiamo scrivere

    m(x) = (+)m (x) ()m (x)

    Quindi (x)f(x)dx = (x)

    e tale che, se Im(Tf, Tg) = 0, allora eif() = W (Tf) e eig() commutano insenso forte: questo e il caso, ad esempio, se i supporti di f e g sono spazialmenteseparati.

    Naturalmente questo si ricollega al postulato di localita: se

    A(O) := {W (Tf) | f SR(R4) , supp f O}

    e O1,O2 sono aperti spazialmente separati, i.e. O1 O2 allora W (Tf) e W (Tg)commutano (per ogni f A(O1) e g A(O2)):

    A(O1) A(O2)

    e viceversa.In realta si potrebbe dimostrare il seguente risultato

    19.5.4 Teorema Se O K e un cono doppio e se consideriamo la C*-algebraA(O) generata dalle sottoalgebre {A(O)}OO allora

    A(O) = A(O)

    (dualita di Araki).

    dove linclusione A(O) A(O) e ovvia.