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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb) ]

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La comparsa del MoVimento 5 Stelle, sulla scena politica regionale della Sardegna, mi ha spinto ascrivere questi appunti. L’ho fatto per promuovere un dibattito e, soprattutto, un confronto approfondito suitemi e sulle modalità politiche e organizzative che vanno definendosi.

Emerge in Sardegna, e nelle iniziative del MoVimento, una novità qualificata, che cresce giorno pergiorno. Temi e situazioni interne ai meet up, alle associazioni, ai singoli, fino all’Assemblea Regionale ecc.,improvvisamente hanno preso a correre. Un mutamento ha avviato i processi innovativi della politica e oraquesti si alimentano di un differente modo di percepire e di valutare molti aspetti della partecipazione.

Non si tratta soltanto della ciclica ripresa di vigore su questo tema, né tanto meno di recuperare o dirianimare la rappresentanza della politica; indica invece - se ci fossero ancora dei dubbi - la fine di unasudditanza nei confronti di una fase, cui è giunta la condizione della rappresentanza.

Quel che il risultato elettorale ha consegnato, con tutte le mutazioni che ha rivelato, è divenuto, nellostesso tempo, fonte di fiducia e di grande preoccupazione. Avvertiamo la percezione diffusa di vivere tutti un

momento di rilevante responsabilità. C’è, cioè, un’autostrada, tracciata dall’affievolirsi della delega dellepassioni e delle visioni degli insediamenti partitici. Così com’è, c’è anche una grande mobilitazione dovutaalla potenza della volontà, per cui sia il risultato del voto che l’influenza delle varie iniziative del M5S hannoriaperto una stagione capace di “accreditare una speranza collettiva”.

Queste sono divenute condizioni non più vaghe, bensì capaci di qualificare la presenza dei 5 Stellenella nostra Isola. Ciò consolida quegli andamenti che nella società contemporanea erano già in atto e cheuna radicale trasformazione ha reso decisivi: i processi di globalizzazione, di innovazione tecnologica, diinnovazione politica.

La crisi ha drammaticamente moltiplicato le implosioni. Ha fatto entrare molte questioni nell’agendapolitica, incrementando davvero un vorticoso giro di cambiamenti. Una più generale e convulsaaccelerazione ha portato a maturazione diverse trasformazioni culturali. La rapida evoluzione della scienza,della tecnica e dei sistemi di comunicazione legati ad internet han fatto il resto. Preparati alchemicicontengono un sorprendente complesso di mutamenti, non semplicemente riassumibili. E certamente nonsi è vista solo nel risultato elettorale, l’azione di quella che è stata definita una “macchina politica costruitamixando reti di prossimità, territorio e simultaneità della rete”. C’è, ed è un fatto ben rilevante, una nuovacornice di imprevedibilità.

Tuttavia, malgrado tutta questa consapevolezza, non si va oltre lo stupore e si procede solo a piccolipassi. Una lunga discussione ha impegnato il MoVimento relativamente al Regolamento dell’assemblea

regionale, il quale non sembra abbia chiarito con estrema precisione quanto sia ampio il mare in cuidobbiamo nuotare.

Mentre un modello sociale, caratterizzato dall’unità, dalla generalità degli scambi, dalla uniformitàdelle merci e da un mercato dell’informazione ormai planetario, ha reso espliciti e comuni i fenomeni che inquesti ultimi anni hanno avuto come protagonisti le transazioni finanziarie, fatte di disparità abissali, e,ancora, di distorsioni economiche locali e poi globali. Concatenazioni europee, non solo nei sistemifinanziari, anche in quelli di produzione e di scambio, ma soprattutto nelle dinamiche produttive, hannoagito in modo incontrastato nella vita più generale delle persone.

Figlia di rivolgimenti diffusi, si è evidenziata, finalmente, la reazione a questo stato di cose, mentre si

presentava una grande forza di discontinuità, che anche da noi ha mosso i primi passi, vale a dire ilMoVimento 5 Stelle.

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Le tecnologie che, fin qui, hanno avuto una loro storia pluralistica e disseminativa, nonché dispersiva,delle condivisioni, improvvisamente si sono messe a moltiplicare le relazioni, ricompattando singolaritàsparse e unificando fenomeni non riconducibili a modelli di modernizzazione del passato. Esse hannointavolato processi politici prima incredibili e hanno innescato sommovimenti, denunciando letrasformazioni economiche latrici di disparità e promuovendo evoluzioni degli stili di vita, mobilitazioni delleculture locali, fino a quel momento vigenti solo in “atomizzate” solitudini. Hanno ricevuto ed impresso allecose un incitamento, che ormai tocca le dimensioni quotidiane. Preannuncio di evoluzioni sconosciute, nelbreve quanto nel lungo periodo, si tratta di novità che impongono soprattutto, una frettolosa ridefinizione dimolte categorie della politica. Capaci di mettere in relazione saperi, vicinanze, competenze, amicizie,territori per agire da moltiplicatore di unità.

Protagonista e soggetto di questa accelerazione politica, il MoVimento 5S, quale frutto di innovazioniincrementali, in Sardegna si aggira da solo intorno alla rottura del paradigma precedente. Sebbene abbiaalimentato, sul territorio, la rivoluzione sistemica del consenso politico e abbia svolto diverse assemblee

regionali, mostrando con un abbrivio, su di un terreno già fertile, la consapevolezza del l’irruzione di internetnel modo di creare comunanze politiche e digitali. Per la Sardegna, dobbiamo dirlo, tutto ciò non haprecedenti. Altri, in questi giorni molto agitati, si dimenano nel tentativo di scansare il tempo delleresponsabilità amministrative, politiche e morali.

Proprio nel tentativo di dare coerenza ad alcune riflessioni, ho espresso il desiderio di dar corpo aduno scritto, spero per rappresentare quello che appare necessario, per rimarcare quello che ancora non sirende possibile e per individuare, quindi, alcuni elementi di chiarezza sulla domanda e le forme di unademocrazia partecipativa che nei prossimi mesi e prossimi anni deciderà molte cose.

Cogliere, nel dibattito interno al MoVimento, una attenzione rivolta più alla generale condizione di

superamento epocale che stiamo vivendo, propone paradossalmente un ruolo irrinunciabile che tuttavia lapolitica sembra impersonare nuovamente. In questo momento, nel mettersi in comune, non semplicementeconnettersi, c ’è un terreno nuovo e praticabile, il terreno dei protocolli condivisi, che vuol dire convergere sudi un forte impegno diffuso e capillare di una progettazione, nella costruzione politica di nuovi valori, eutilizzare piattaforme comuni e farne strumenti - come sono sempre state - per accelerare la nostra visibilità,i nostri ragionamenti. Tutto ciò riflette le tante culture moderne, rende evidenti le istanze di convivenzasociale, spinge per l’affermazione di archetipi qualitativi, includendo - spero tracciando - definitivamente unincontro progettuale per una Sardegna Nuova.

Un processo, quindi, che ci propone di vagliare fonti, dati e letterature, verificando luoghi comunidesueti e convinzioni implicite. Soprattutto guadagnando una prospettiva per l’Isola.

La certezza della fuoriuscita da una crisi economica, sociale e politica. E’ questa la priorità, non ci puòsovrastare solo il bisogno di vedersi attraverso una nuova rappresentanza. Mi pare sia questa l’urgenza conla quale confrontarsi, assemblando una babele di linguaggi e di esperienze politiche e culturali.

L’apprezzamento democratico, per forme ed esigenze partecipate personali e collettive, si è fattodavvero significativo, e il MoVimento potrebbe accrescere la sinergia tra i singoli ed i gruppi, e irradiare ilsuo agire politico su temi ampi, culture, vicende e singoli argomenti.

Nell’interpretare una decisiva risposta ad una così ampia varietà di domande, pressanti ed affattoanomale, è utile accrescere le iniziative lanciate, ora non più all’esordio ma verso le azioni vitali, per unsoggetto politico. Bisogna uscire dalle “biopolitiche” (dalle pratiche con le quali la rete di poteri gestisce le

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discipline del corpo e le regolazioni più diverse per le popolazioni), ricondurle verso una comunità nuova eciò non può avvenire se ci si rifà alla collocazione frammentaria, del pre-elezioni.

Una maturazione è avvenuta: il protagonismo, che si vedeva – negli hackers, nei media - attivisti,

sostenitori dei diritti in rete (cyberights), nelle reti civiche comunitarie – si è moltiplicato e reso consapevole.Hanno assunto davvero una preponderanza. In un battibaleno il lavoro di anni è passato dalla realtà virtualealla realtà fisica. Ora gruppi di persone hanno posto in essere, rappresentato e stanno rappresentando ilgrandissimo valore straordinariamente paradigmatico che è il MoVimento rispetto al panorama deiprotagonisti della trasformazione sociale del preelezioni.

Quelle realtà, quelle virtuali. Sul web si potevano vedere e costruire in comode identità alternative,comunità di interesse, slegate tra loro e unite dall’ancoraggio dello spazio di azione locale. Ora, con lareazione di un voto incredibile, hanno preso a orientare la individuazione dei nuovi e diversificati bisogni,mettendo in scena nuove persone, competenze, spazi.

Nel far cadere l’idea non più risibile, ma nutrita da molti come insospettabile. Quale quelle che ilMoVimento ha invertito e irrobustito con la sua protesta. Si è evidenziato come sia finito il modo in cui sivedeva la piazza, un luogo desueto, sterile per la politica. Ha invertito l’opinione che n elle strade invece nonc’è più il «capitale morto», e non più isolate, sono divenute le manifestazioni di attacchi al sistema compiutoda anonimi hacker, ed altre vicende frustranti.

In Sardegna, invece, come pure in Italia, un movimento vasto di persone, n ell’accentuarsi della crisi, non vuole essere il terminale avvilito della grande depressione. Sempre più organizzato, esso si fa avantinella ridefinizione di molte formulazioni e iniziative potenziali. “Dentro la forgia della crisi”, è vero, c’è peròun profondo processo di modernizzazione, che parte dalla base collettiva. Favorito da un impoverimentodiffuso e da una determinazione decisiva, esso ha finito per rendere esplicito il rifiuto. Tuttavia, oltre lalacerante configurazione, c’è una fase successiva, più impegnativa, frenetica, ma anche provvista dellalucidità necessaria ad assicurare ai cittadini la creazione di un convincente riferimento di competenzedell’agire politico.

L’etica dell’agire per incidere, ora ha una gamma di alternative, sebbene poggi su una società ormaidestrutturata. Oltre alla determinazione, richiede competenza e chiarezza, ma soprattutto intensità. Lacapacità del MoVimento ora diviene decisiva nel combinare i sistemi partecipativi, nel rifarsi a praticabilipiattaforme tecnologiche e a processualità analitiche nuove. Indirizzi e collocazioni, rese attuali nelMediterraneo, anche qua dove si ritenevano impossibili. Possono avere come obbiettivo la intercettazionedei bisogni di conoscenza, di multiculturalità e di innovazione. Progressivamente, possiamo passare dallabanda del desiderio di apprendere e soprattutto di dare un inquadramento necessario ad una nuovauguaglianza, a quella di prospettare la configurazione urgente di una nuova giustizia sociale.

Finiti dentro l’iter di una conoscenza permanentemente rinnovata, al nanosecondo, repentinamenteinnestata di preoccupazioni, ci si trova in questa costante ed avvolgente immersione conoscitiva. Questafrenetica capillarità cognitiva sta facilitando la costruzione di un nuovo processo culturale, che è tumultuosoe convulso, e non risponde a logiche immediate di razionalità o di una qualche prevista modernità e, nellasocietà sarda, incita tutti a trovare un senso, un ordine, ed una nuova razionalità. Non molto persuasivo nelcreare una dimensione analitica, tuttavia il MoVimento esprime da solo tutte le possibilità, le uniche, di unprogetto attraente. Un accumulo di sedimenti magmatici e comunicativi provvisti di seduzione, ora

traducono via dal lungo baliatico del MoVimento in fasce, in poco tempo deve conquistare una rapidamaturità.

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Il suo senso di appartenenza però è una forza straordinaria. Travolgere e ridefinire completamente lecategorie politiche del presente non è il suo solo traguardo.

Al MoVimento si addice il proposito di allargare la consapevolezza di queste dinamiche, che stanno

proprio tra noi, dentro cioè le vicende della nostra terra, e offre davvero molte possibilità per individuarecategorie decisive per l’identità del nuovo soggetto. Tardiamo, però, a capirne le vie di fuga, osservare le suemete, estrarre i suoi caratteri fondanti e i numerosi contributi dalla presenza di tanti Sardi.

Nel suo percorso, allora, tutti abbiamo bisogno che si faccia un debito passo successivo. Il nostroorizzonte non è limitato, e non può essere soltanto quello del presente, ma è quello in cui si sono sentitecoinvolte le tante persone attivatesi. Sta tutto nel l’immensità di quel voto, che ci ha impressionato e ora,davvero, non lo possiamo deludere.

Quanto abbiamo visto, in questi mesi, rimbalzare dentro una vasta combinazione, spinge i tantielementi della miscela di quel che oggi è il MoVimento, a mescolarsi proficuamente. Un microcosmo ed un

macrocosmo divenuto sistema comunicativo, animato da un desiderio multiforme, con cui deveargomentare una richiesta divenuta urgente.

Bisogna mettere in vista sulla scena politica, non solo sarda, una nuova comunità aperta. L’essereSardi, oggi, ha declinazioni davvero vaste e comuni, noi dobbiamo procedere mediante un nuovo progetto dicomunità economica, sociale e culturale.

Lo scenario, in cui si vanno costituendo e delineando molti elementi di chiarezza, finora ha avutotroppe esitazioni, e sebbene sia abilitato da una comunicazione fitta di tanti sviluppi semplificativi, è anchecostituito sempre più di una maggiore complessificazione formale.

Se esso rappresenti lo stato delle cose in cui la politica ha lasciato la realtà sociale della nostra Isola ese mostri quel che dietro la crisi anche in Sardegna, sta venendo fuori, noi dobbiamo subito capirlo. Non sitratta, banalmente, né semplicemente, di assistere all’opera delle co mponenti interclassiste, né, tantomeno, della versione sarda della triade costituita da precariato, partite iva e protesta popolare.

Quel che improvvisamente col MoVimento si è messo in cammino, non sono solo le tecniche con cuiintimare la composizione o l’omogeneità da offrire a una varietà di linguaggi formali, lessicali e sintattici, maanche quelli della emersione di una semantica condivisa. Né ci si può limitare ad intercettare provenienzebarocche, celebrate in identità e linguaggi nostalgici, mentre si deve oltrepassare figurativamente la forma ei temi fondamentali che portano ad una nuova comunità.

C’è una pressante esigenza di trovare nel MoVimento, finora riassunto, le linee di fondo, l’unità disviluppi, la coesione delle conseguenti compagini organizzate e capillari. La personificazione delle tanteistanze sulle questioni del lavoro, della scuola, del welfare, della nuova politica, illustra il bisogno di un nuovoparadigma economico e politico regionale. C’è, quindi, la necessità di porre in evidenza la stesura di unaconvincente proposta programmatica culturale.

Il nostro è un MoVimento in cui tutti dobbiamo mobilitarci per vedere meglio noi stessi. Se non è lamoltitudine a farlo, esso deve provare a rappresentare una sua proposta diffusa, dispiegare finalmente lesue scelte su tutti gli aspetti della crisi. Soprattutto, a noi chiede espliciti obbiettivi e metodi qualificati,adeguati ed opportuni per una realtà drammatica.

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Uno In tutte le istanze, ascoltate in varie occas ioni degli incontri regionali, c’è un’enorme domanda di

vicinanza. La sua maturazione soprattutto proviene dalla fuga dall’estraneità e questo è il dato straordinariocon cui tutti vogliamo veder accrescere le nostre implicazioni nei suoi sviluppi.

Parten do, ad esempio, dalle nuove relazioni di cittadinanza, quelle in cui l’individuo è incluso einclude, esprimendosi in tutte le sue forme, e proseguendo, poi, verso le tante iniziative in cui si propone diessere la casa di un sentire condiviso e associato, espresso da una volontà partecipata e democratica, cheguarda alla dignità, alla responsabilità di legami territoriali, di un destino comune.

Nella socialità di gruppo e dei singoli, si vive una tensione affettiva, fatta di relazioni sociali eproduttive , oltre che amicali. Esse hanno, nel rispetto dei luoghi, dei diritti delle persone, dell’ambiente,degli animali, dei beni comuni, una nuova e decisiva ma impaziente attesa.

Essendo molteplice la sua azione, deve assumere ora i compiti di comunità fondativa di una nuovasensibilità culturale. Spetta a noi, affrescare in una cornice spero qualificata, soprattutto rappresentativa deidifficilissimi problemi sociali della nostra Isola, le incrementali (Virtuali+reali) questioni, nel temposedimentatisi, riguardanti l’industria, l’agricoltura e i servizi. Per chi si accinge a impegnarsi nei prossimiprocessi istituzionali, economici e culturali, dei territori, sono tutti da cogliere nella loro gravità, specie nelladistanza enorme tra i bisogni diffusi e le scelte improrogabili.

Occorre far presto, poiché non si può prescindere dal sistema valido di decisioni e deliberazioni. Maquesto non può avvenire a discapito dell’unità e della determinazione a fare. Allo stesso modo, io ritengo,più di tutto, e disperatamente, che non si debba evadere la scelta dei contenuti. Le sole ragioni capaci di unadarci una presenza visibile e matura sullo scenario del cambiamento.

È necessario dare sponda ad un così articolato contesto, in cui tutti abbiano e prendano la parola,sebbene avvertiti dell’estrema rapidità di obsolescenza delle conoscenze e delle sollecitazion i tecnologiche,a causa della accelerazione subita da molte vicende politiche.

Se non colti a dovere, questi imperativi rischiamo di avvitarci in dibattiti su sistemi formali, a se stanti,complessi, non più riconducibili a riferimenti predefiniti o assembleari. Sebbene determinati inevitabilmentedai parametri collaterali e frontali dei regolamenti. Si rischia, perciò, prima ancora di discutere dei contenuti,di essere vittime e preda dei modi con cui contarsi.

Tutto ciò, dunque, sollecita il MoVimento a una verifica degli stessi limiti della nostra pur aggiornata

razionalità organizzativa. Se le piattaforme e non i regolamenti ci fanno scoprire funzionalità nuove dellapartecipazione, allora è facile capire come dobbiamo muoverci in questa complessità.

Dobbiamo sviluppare un metodo e delle competenze specifiche, fiducie chiare, e queste, primaancora che sui temi formali, occorre averle su quelle più qualificanti del lavoro, dell’ambiente ecc. Dobbiamodipanare precise influenze tra gli elementi caotici che costringono l ’iniziativa politica e individuare presto leforze e, soprattutto, le rotte di navigazione, per una direzione decisiva da dare alle scelte del MoVimento.

DueMesso in luce quanto sia cumulativo l’intreccio elencabile degli aspetti e delle culture prescrittive,

che avvolgono le persone e gli orientamenti che attualmente dominano la scena del MoVimento politico inSardegna, dobbiamo vedere come ha mosso i suoi primi vagiti un dibattito soprattutto durante lacostituzione dei tavoli tematici (alla fine molto numerosi).

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In esso, la specializzazione e soprattutto l’argomentazione qualificata , necessaria e improrogabile,sono un primo dato che ci rincorre tutti, a cui fa seguito il dato enorme dello sviluppo della conoscenza e delrepentino progresso delle competenze: Ambiti nei quali la passione delle coscienze rischia però la delegaverso il più esperto o a favore del sistema tecnico più soddisfacente, ai quali talvolta si affidano, con enfasi,capacità organizzative versatili e qualificanti, che, non dimentichiamoci, non stanno nei social network, manelle persone e soprattutto nella loro vita.

L’altro dato è invece la frammentazione dannosa, che in Sardegna assale puntualmente ogni forzapolitica, che cerca di mettere insieme i territori. U n’ancora radicata geografia di campanili e di primazie, inquanto produttrice di una molteplicità di dati, di conoscenze, situazioni, incespica, staziona, barcolla, senzariuscire a definire ed elaborare una visione unitaria, vivendo al suo interno ciò c he l’Isola sta attraversando.Ciò accentua una caotica difesa del particolare, timorosa del pericoloso abbrivio della delega, poi ritarda lacondivisione e, soprattutto, debilita il potere enorme dello stare uniti, della ricchezza del confronto.

Un altro aspetto che ancora blocca è il livello che deve correre nelle questioni tematiche, tra “unovale uno” e “nessuno deve essere lasciato indietro ”. È il presunto scontro tra universalismi e particolarismidi indirizzo, che non ci possono offuscare, né confondere, facendo risaltare il momento che viviamo, latransizione sulla quale insiste il limite dei contenuti indefiniti e non dei contenuti delimitati.

Più che di interne coerenze forzose, allora è tempo di elaborazioni. Sottesi a questi tre punti, c’è unradicale processo di modernizzazione, da compiersi per individuare le tendenze decisive di una nuovarazionalità.

Acerba, insiste un’aspirazione che vaga in solitudini, senza vedere una nuova Governance per laSardegna. Non c’è in tutto questo l a tensione giusta che va crescendo, nella quale il vecchio modo diaffidarsi o affidare la rappresentanza, oggi mette in luce il mare di problemi. C’è ilbisogno, invece, che sicostituisca non un vantaggio qualsiasi, ma il vantaggio di una nuova discontinuità o dell’operatività di unMoVimento che decida il meglio per tutti.

La difficoltà c’è e si vede,e sta nel rifondare un rapporto con la conoscenza. C’è la necessità di farcrescere un patrimonio di speranza smarrito e di mettere in luce una nuova visione politica, in linea con lacomplessità costitutiva non solo contro la crisi, ma coerentemente con la nostra ricerca, individuando ciò chedentro il MoVimento non riesce ad articolarsi.

Ci dobbiamo chiedere cosa sia il vorticoso movimento delle stelle, cosa porti nella chimica e nellaelettricità della politica a incamminarsi su un sentiero che ha permesso di fronteggiare con successo una

campagna elettorale spaventosa! Convinti della correttezza delle scelte, sicuri che in quest’epoca dicambiamenti abbiano luogo improvvise discontinuità, vogliamo contare, tornando a pensare che non èfondamentale l’esserci, ma lo scegliere dove essere e dove stare.

Il MoVimento 5S sardo appena affacciatosi, io credo che non possa rischiare di restare sospeso,dentro la diatriba dei numeri validi o formali delle sue decisioni, del titolo consultivo o deliberativo. Ma deveevolversi, sottrarsi da presenze locali, che tra le molte congiunture attuali, si percepiscono solo in parte,lucide. Se si saprà individuare l’esistenza del MoVimento, dentro i flutti in cui si trova. Allora esso - io nesono convinto - potrà elevare la sua iniziativa politica oltre l’identità e oltre gli interessi.

ll tempo delle nostre persuasive certezze ed anche quelle degli elettori non cadono sotto la data delle

elezioni, non nel 2014. Bensì nei mesi che precedono la data delle elezioni. Non sono solo le drammatichelimitazioni dei nostri territori, al centro del Mediterraneo, figlie di vecchi e recenti naufragi politici, che

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rendono il dibattito avulso, ma anche le tante azioni e le scelte necessarie che oggi non si nutrono, dico oggi,di quella visibilità necessaria, soprattutto quando si agisce dentro un panorama sociale disarticolato da taglie crisi economica.

Lo dobbiamo fare e presto. Con la presenza del MoVimento, sarà comunque difficile dare una luce euna speranza allo scoramento economico che brucia sulla carne viva dei singoli e delle famiglie, in un mondoin cui l’industria è scomparsa, il terziario precipita e il turismo è davvero naufragato sonoramente, e non perincapacità imprenditoriale, ma per quelle politiche, in una realtà che vede la piccola e media impresa e ilpiccolo commercio ormai travolti da dinamiche strutturali, (effetti di una scarsa modernizzazione, il fisco, laburocrazia etc.), che non possiamo stare a guardare inabissarsi definitivamente.

Elementi contingenti e strutturali che, come si può vedere, presentano uno scenario in cui la crisi haportato al pettine i nodi su cui non è in atto alcuna sintesi. I dati drammatici dei rapporti socio economicisulla crisi stanno riportando indietro il tempo del lavoro e del reddito di tutta la società sarda.

Non c’è ancora una ritrovata condivisione , e non possiamo pensare di intercettare la ricercatacooperazione guardando solo al nostro bacino sociale di riferimento. Isolando le istanze fondanti, si deverivolgere lo sguardo con coraggio ai diversi percorsi e ambiti conoscitivi tematici, cosicché le indicazionigenerali programmatiche provengano da una compiuta valutazione dello stato delle cose, su cui collocare ilpercorso politico del MoVimento. Dunque, è il contesto, non l’arbitrio, che ci deve vedere vitali protagonistidi un riscatto drammatico.

Tre

Nel risultato elettorale del MoVimento , c’è la sorpresa di non avere gli stessi connotati di OccupyWall Street, degli Indignados spagnoli o di Syriza, (la coalizione della sinistra radicale greca), forse neanchedei Brasiliani (i manifestanti che hanno tentato di interrompere la Confederation cup). Intorno alMoVimento c’è un vorticoso roteare di interpretazioni. Sono rimbalzati e attribuiti agli stati della suacondizione, l’appropriarsi delle potenzialità del precariato cognitivo e del suo reindirizzamento in chiavemessianica, rancorosa e reattiva; il tema dell’insolvenza verso lo Stato; dell’antieuropeismo o delle politichebucoliche della de-crescita; il populismo mediatico web based ecc. Tante le definizioni, ad indicare, durantee soprattutto dopo, le elezioni politiche di febbraio, i dispregiativi mutamenti radicali avvenuti, nell’ambitodella condotta politica. Soprattutto, rivelatori delle concezioni che stanno alla base dell’elaborazioneculturale del MoVimento. Si è resa visibile una ricerca, e quindi si è fatta strada una interpretazioneconoscitiva delle sue culture politiche, quelle che hanno sostenuto il risultato elettorale.

La formula, rivoluzione Francese , la straordinaria voglia di Cambiamento , o una discontinuità

profonda . La prima, impiegata dallo stesso B. Grillo, allo scopo di sottolineare i fattori dirompenti di unanuova concezione, rispetto al pensiero precedente, rinvia a una sostituzione, senza l’uso della violenza delpassato paradigma. Oltre che alla puntuale comprensione di questo vocabolo e dell’allergia di questo Paesea cambiamenti epocali e soprattutto dei Mass media, nei fatti però anche gli altri due termini hannodelineato i diversi appellativi dati alla comparsa del MoVimento. L’uso e la presenza costante del computer,la non banale e formidabile diffusione di Face-book, l’adozione di piattaforme partecipative come i Meet upe i molti altri strumenti per la gestione e la valorizzazione delle diversità, nel MoVimento costituiscono unpatrimonio enorme. Sta a noi permettere che non siano solo scarne bacheche su cui riversare ognifrustrazione, e permettere alle nuove tecnologie, e ai nuovi media, tutte quelle forme di comunicazioneinterna, che gli strumenti web hanno accresciuto. Quelle che Grillo e il MoVimento hanno unificato, nella

loro versatilità nelle piazze. E tutto ciò può essere ancor più foriero di nuove eccezionalità. Non si puòirretire un dibattito, occorre invece procedere e sta a noi leggere le capacità intrinseche delle vecchie come

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malgrado tanti problemi, essere cancellato, poiché è il settore forse più organico e rappresenta il nostro verovantaggio competitivo con le altre economie regionali, finito dobbiamo dirlo come ostaggio del monopoliodei trasporti.

Tutte queste intense questioni compongono il dolore di una comunità, anche se certo non si trattadella Grande Guerra con cui ci siamo affacciati al mondo, non è la Rinascita o il ’68. Ha tuttavia lecaratteristiche fondamentali per far dire ch e c’è, ed è forte, il bisogno di un richiamo comunitario. Ha usatotoni simili Beppe Grillo, quando ha parlato di una comunità di gente che si conosce, che cresce nellacollaborazione e nella solidarietà. Noi possiamo voltare lo sguardo ora che c’è la richiesta di un nuovolegame sociale, con cui si esprime una rivoluzione non solo politica e culturale, ma che ha con risvolti e radiciremote di una realtà resa crudele a cui è stata sottrata la speranza, soprattutto, della ricerca scientifica e inquella maturità culturale dovuta precarizzazione. Condizione di quelle persone che si credevano inglobati daitradizionali conflitti. Convinti terminassero la loro esistenza nella innovazione ciclica, fisiologica di unricambio generazionale.

Non è stato considerato cosa, e quanto, abbia generato lo smacco delle politiche di austerity, quantola fine di un’accettazione passiva e progressiva della rappresentanza, sia andata frantumandosi nellapochezza dell’intangibilità di una classe politica di casta.

Per questo oltre che sulla funzione maieutica di Beppe Grillo (pastore o non pastore populista, noninteressa), metto l’accento su queste categorie. A fronte di questi processi, il MoVimento ha in sé le idinamismi e le potenzialità per indicare le direzioni dei mutamenti in atto ed ha chiaro quale sia ilcambiamento radicale nel modo di concepire la realtà stessa, e quindi anche la politica, che incombesoprattutto in Sardegna.

In quegli ambiti vi sono le novità che ora devono proporsi e, attraverso essi, bisogna vedere meglio lecose e le metamorfosi, di cui non pochi sono consapevoli, e bisogna valutare come le dobbiamo indicare.

Un metodo politico fortemente intriso, di informatica o, almeno, caratterizzato da molti aspettifondamentali, strettamente connessi agli usi ed alle pratiche degli strumenti digitali – quale il MoVimentoinnesca – ancora non coglie abbastanza ciò che è racchiuso nel dispiegamento capillare, di una presenzamilitante.

Quanto esso qualifichi con la duttilità degli elementi operanti nel presente della vita di tante personedell’Isola.Soprattutto alla luce cioè del risultato elettorale, siamo sicuri che la politica, con la paura che hagettato, sui tanti accadimenti finora disattesi nei suoi linguaggi, possa restare avulsa, lontana dal un presente

inedito?C’èinfatti una domanda , s e si stesse delineando una nuova teoria culturale della conoscenza? Può il

movimento nei suoi dibattiti continuare ad essere estraneo alle novità che stanno investendo numerosediscipline scientifiche. La prassi di tante altre scienze, può informare la sua azione a comportamenti istintivi?Possiamo chiederci, quanto, queste pratiche possono evidenziare l’annuncio di un nuovo spazio e di unnuovo tempo comunicativo ?

Oggi quanto sono presenti queste novità, e in che misura, nell’azione e nelle voci del MoVimento, sipossono raccogliere questi riferimenti? Portati da persone qualificate, esse più spesso lasciano intendere chesi parla, con un linguaggio meno tecnico, della sfera di problemi che sono legati alla complessità dei sistemi

studiati e alla caoticità della loro gestione. Alla impredicibilità, alla mancata previsione di certi

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comportamenti, diffusi non solo in natura, c’è però tutta la n ostra misura, e il grado che dobbiamo coglieredei fenomeni e delle scelte che il movimento deve compiere.

In questo desiderio di vedersi uniti, è apparso nel dibattito un’eco preoccupato, abbastanza

sostenuto da più punti di vista. Quanto e dove le diversità culturali, ricchezze di impostazione, oggi mappanoil MoVimento? Spesso le si è viste aleggiare, incerte, e non le si è sostenute, e tutti ci chiediamo quando e inche modo devono ritrovarsi dentro un disegno unitario. Può bastare questo insistito dibattito sulregolamento? Io penso di no!

Per questo, durante i giorni successivi alle elezioni, mi sono chiesto, in modo spero franco, se non stiaavvenendo uno spostamento della visione politica e culturale. Potremo riassumerla schematicamente comeun cammino dal platonismo verso l’aristotelismo? O, ancora, ci si discosta dall’illusione, dalle retoriche delmito della caverna, i cui riflessi umbratili del passato non hanno ancora maturato consapevolezza, mentrediventa, però, sempre più latitante il passare a una ridefinizione della forma e della materia concreta di unanuova società, che pure va annunciandosi? Che ci sia in atto un cambiamento nel rapporto traorganizzazione scientifica e organizzazione sociale, tra soggetto conoscente e società? Io credo di sì .

C’è una osmosi tra ricerca scientifica ed esperienze politiche, ormai impersonate dalla comparsa delMoVimento. Se si crede a tutto ciò, non si può esitare a chiamare questa rivoluzione una “rivoluzioneepistemologica”, in quanto è coinvolto un cambiamento nel modo stesso di intendere il metodo dellapolitica, la sua natura sostanziale.

Con la frammentazione della precarietà è finita una stagione della estraneità, ed è divenuta oggicostituente l’aggregazione. Consegna a noi un fenomeno origina le, che non deve diventare oggetto di vantonel contesto globale, ma deve avere davanti a noi sempre come una meta, una destinazione. Se si pensa allaversione semplificata di questi processi, se si può emulare il passato di molti movimenti, scomponendo infrantumi segmenti l’insieme. Così, almeno, in passato faceva la politica, contando sul combinarsi escombinarsi a piacere solo delle dirigenze di gruppi e alleanze.

Al contrario, nel MoVimento il dibattito deve assumere una forma nuova, e la chiarezza delcontributo dei singoli al MoVimento può dare un risultato maggiore della somma delle tante sue parti, esono convinto che si possa, dunque, procedere da una logica quantitativa e definitoria, per passare a unaqualitativa e moltiplicativa di chiarezze, complicità e condivisione.

Tutto questo è presente in ogni forma di rappresentanza nel MoVimento, cioè in tutti i momenti e intutti i passaggi dati dal l’incedere dell’analogia. Questa non una sola figura retorica, in altri termini, si ripete

nei livelli diversificati e irriducibili nelle strutture che si apprestano, la continua comparazione con il passato.Fattezze e somiglianze non riconducibili ad un’identità, figure analoghe ad altre rappresentazioni , comequelle partitiche. Non si considerano differenti rispetto a quelle a cui abbiamo assistito, sebbene non sianodelle complete negazioni. Non riusciamo a sottrarci dalla comparazione.

Invece il concetto stesso previsivo dei meet up, quali strumenti di tessitura di relazioni, intesi comepura e non contraddittoria forma delle adesioni. Non sembrano idonei a essere ritenuti una cellula base o lasommatoria generale dell’assemblea regionale e non impediscono, soprattutto, l’affacciarsi pericoloso diquanto affascinante possa essere la smentita. Per la no zione di ente analogo (il partito), provvisto com’è diuna direzione regionale. Dunque non si può procedere a una equivalente sommatoria delle tante aspettativeinsorte, semmai si deve dare a tutto ciò una luce diversa.

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Per questo, e per molte altre cose, il MoVimento 5 Stelle sardo dovrebbe narrare alla politica quantosia utile la non univocità e quale ricchezza e gerarchia dei livelli della realtà e quale rappresentazione formalesia presente nella diversità delle opinioni, e dovrebbe mostrare verso quale palingenetica novità della nostrapolitica, si debba concentrare l’interesse ovvero per i processi di integrazione e di inclusione. Ora è ilmomento di fare largo e proficuo uso della volontà di procedere, per quanto inusuale sia, verso il rispetto delpatto che ci siamo dati.

Accordo non privo di concretezza, attenzione! Al MoVimento spetta non semplicemente delineare isuoi temi fondanti, ma soprattutto, ma acquisire una nuova abilità, nel tentativo di predire, sapercomprendere, valutare gli sviluppi, in modo che non si debba, temere lo scenario di una società sarda chenon cammina più.

Se invece il MoVimentocontinua a ritenere incombente l’analogia, a vedere in ogni gruppo solitariouna sua analoga rappresentazione, si corrono dei rischi, soprattutto continuando a ignorare ciò che invece sidovrebbe compiere. Non basta il formale o spontaneo incontro delle persone in uno stesso luogo politico diincontro, in territori in cui le istituzioni esistenti hanno cessato di fornire la risposta adeguata ai problemicreati da una situazione difficilissima. Nella comprensione della realtà, il MoVimento deve coronare una suapresenza, fatta di contenuti.

Chiedo a tutti: «Quando il MoVimento saprà comprendere quale materiale politico e culturale essostia mane ggiando? Quando avrà ben chiaro quale sia l’originalità della sua modalità di rappresentanza? Inche modo saprà evitare che “il tumulto” possa ritenersi riassumibile nella cosiddetta fase ciclica innovativa odi ringiovanimento?». Qui, per rispondere, dobbiamo capire in che modo laicità e chiarezza debbonomarciare assieme.

In sintesi, a me pare che dal dibattito delle assemblee regionali e dai conseguenti ragionamenti sipossa uscire più forti, con una riflessione adeguata. Il tracollo e la crisi del politicismo, a volte si presentatocome un dato a sé stante, oppure legato alla volgarizzazione politica della biologia e alla sociologia ed allescienze dei complessi sistemi viventi. Se siano questi individui singoli o popolazioni, danno conto, solo inparte, di quel che aleggiava dentro le voci udite. Qualsiasi forma organizzativa e questa è la grandezza delmovimento deve guardare alla condivisione e alla diversità. Oltre il sistema organizzativo che sostituisca lagerarchia con il principio dell’“uno vale uno”,cioè con la rilassatezza della conta o della cooptazione, mi pareche scelga una scorciatoia tiepida.

Quattro

Le radici ultime di questa crisi economica e politica non offrono, semplicemente, l’occasione per ildiffondersi di un senso nuovo del presente, una riallocazione generale e sociale di molte categorie politiche.Io penso siano soprattutto le categorie analitiche, quelle maggiormente coinvolte, e vorrei che rifletteste suprecisi fatti di cronaca fatti quotidiani, quelle legati alla crisi e, in particolare, come gli ultimi i suicidi.

Ci siamo chiesti quanto incida, lo sconvolgimento traumatico nella vita diretta e indiretta dellepersone, cosa alberghi nella chiusura delle loro piccole e medie imprese e nella fine delle tantissimeesperienze produttive familiari o comunitarie. Questi fatti non possono più essere visti come un datocontenibile di trasformazioni congiunturali o di restyling degli effetti della crisi. Ancor più non possiamobeatamente celebrarli , solo con i post su facebook.

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Cosa può voler dire oggi, la restituzione dei soldi pubblici sottratti alla scuola e alla università, se nonche devono offrirsi come i contenuti di un progetto di ripresa della vitalità della formazione, dell’innovazionee della ricerca? Non si deve avere esitazioni, a investire sul sapere, che è il nostro futuro.

Non bastano le parole d’ordine, non c’è solo un problema di sottovalutazione delle categorieanalitiche, talvolta sono fortemente c oinvolte. E’ l’assenza di temi che qualificano l’iniziativa politica,quelloche scredita. C’è un problema invece più generale dell’apprendimento, in ordine all’intelligenza oggiformalizzata e non formalizzata delle esperienze politiche. Esse non sono sovrapponibili, come in passato, alproblema della conoscenza. Oggi sono tantissimi i linguaggi che si accavallano, i saperi disciplinari chetrasmigrano ecc. Non credo che basterebbero altre scorciatoie o, peggio, un populismo camaleontico, percapire che è fondamentale contagiarci, studiare, diffondere idee e opinioni, consolidare progetti.

Non vi propongo uno sforzo neopositivistico, per farci risalire alle leggi scientifiche del cambiamentopolitico e tanto meno alle sue sintetiche vulgate, perché è la realtà che ha bisogno di uno sguardo bifocale oplurifocale. Nel ricostruire il significato complesso della visione, occorre indagare ogni particella di quel cheha precipitato le domande nuove, stratificato i piani estetici e formali.

Per voi, per me, cosa significa abitare un’esperienza politica?

Come dare risposta agli atteggiamenti di iniziativa e di apprendimento non strettamenteorganizzative che si dà il MoVimento? In quale forma cognitiva ed epistemologica hanno lo spazio ed i luoghipolitici istituzionali e come ospitare il discorso politico e legittimarlo?

Cosa significa essere interni ed esterni alle pratiche politiche che critichiamo, quelle relative ailinguaggi e quelle relative alle stesse strutture espressive, con cui organizziamo il nostro orientamento?

Nell’iniziativa politica, dobbiamo incentrare il nostro cammino sulla discontinuità e non possiamodichiararci “evoluzioni del passato”. Non è una domanda inutile interrogarsi su quali e quanti codici nuovidella politica abitino e siano contenuti nel MoVimento.

Se proviamo a rispondere, ognuno nel suo piccolo, troveremo risposta all’oggi e ne verranno fuorinovità, da non affogare, però, dentro gli articoli di regolamenti organizzativi ed emergenziali.

Da questo e da altre domande dipendono i nuovi sviluppi che riguardano tutti noi, e così pure dalmodo in cui le nostre risposte potranno influenzare la decisione della gente di votarci.

Questo è uno dei temi che la politica e l’iniziativa politica del MoVimento deve contemplare,

finalmente, come un impegno doveroso che deve mettere in scena la scelta dei Sardi della ricerca di nuoveforme e, soprattutto, nuovi contenuti politici, per dare una soluzione duratura ai dati drammatici di unosfascio.

Tutto ciò sta nella presenza di una nuova epistemologia, che ci deve sostenere, in una nuova visionecomplessiva della Sardegna di domani. Vanno riconsiderate le politiche dell’acqua, del welfare e, dunque,della cittadinanza, della sostenibilità ambientale, dell’agricoltura, dei saperi tradizionali, dei diritti civili, dellaburocrazia ecc., tutti gli ambiti di intervento che sono sotto gli occhi di tutti.

Non sottovalutiamoli né confiniamoli nell’ambito del diritto amministrativo, o di reingegnerizzazoniistituzionali, dato che essi richiedono sintesi davvero nuove, approfondimenti che dimostrano tutti i giorni

cosa voglia una Sardegna del cambiamento. E i vecchi partiti? Non sono forse loro che hanno sottovalutatole problematiche della interculturalità e della migrazione della conoscenza, del mutamento e della

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complessità? Il MoVimento può trovare migliori e nuove sintesi dei rapporti disciplinari tra le varieesperienze politiche. Dobbiamo sbrigarci nel rendere evidente una iniziativa politica “incredibile”.

E poi, concorrere a creare su ogni singolo tema, parole schematiche ma chiare, guardare proprio ai

mutamenti culturali e scientifici e giungere a sintesi che meglio permettono di leggere costruttivamente lavoglia di cambiamento in atto, dando così, alla visione nuova, un metodo e un iniziativa, per saldare tutte lenostre ispirazioni politiche, quelle, per intenderci, adatte alla gestione del patrimonio pubblico, delle risorseumane, della piccola e media impresa, insomma idonee alle novità politiche.

Se è la globalizzazione a proporre, di per sé, approcci tematici che consentono di ampliare i criteri divalutazione della politica, con particolare riferimento alla interdisciplinarità, allora essa implicitamente cirimanda anche alle numerose discontinuità attive e presenti in tante esperienze che il MoVimento evidenzia.

Ora che i tavoli tematici decolleranno, vedremo tutte queste abilità sforzarsi di vedere le questionidell’attraversamento dei terreni aridi. Non pretendo che questi siano resi coltivabili. Perlomeno che si possa

attraversarli servendoci non solo dalla gestione politica in sé, ma da quelli provenienti dal consolidarsi di unapropria consapevolezza etica (del sé e del pubblico), interdisciplinare per definizione.

Vorrei un MoVimento che rifletta sui saperi attuali della conoscenza del mondo, operando fuori daicompartimenti stagni, scelte decisive.

CinqueNel cogliere i diversi contributi ed esperienze, di pratica politica e del lavoro, si debbono trovare le

sintesi, le reti cooperative della cross culture, l’attraversamento dei saperi. C’è quel filone che alcuni hannodefinito il Reinventing government, che non è solo un approccio minoritario o semplicemente approccioestemporaneo e hobbistico alle nuove politiche pubbliche.

Un soggetto politico si occupa della società, trasformando e trasformandosi, ma esso non è soloun’autorità legittimata sul piano della iniziativa politica. È una presenza fisica e il materializzarsi dellainiziativa; è il partner con cui convieni, l’interlocutore con cui dialoghi e, con lui gli obiettivi che condividi, chequalificano la cultura delle scelte, che divengono forza aggregante del pubblico e del privato. Un soggettopolitico non è più o non è soltanto l’osservatore e il vigile assertore delle regole formali, quanto invecel’incoraggiante riformatore dei processi deliberativi di più autorità, di più livelli istituzionali, quali quelli – peresempio - della restituzione dei costi della politica.

C’è un mandato e una rappresentanza che torna tra i cittadini - noi potremmo dire - attivando tutte leconcertazioni, i parternariati, le consultazioni, le negoziazioni, gli accordi, le intese, le convenzioni, i patti, lasolidarietà, i contratti di rete ecc., in cui concorrere a ridefinire lo spazio del pubblico e della politica.

Il soggetto politico, ma soprattutto il perseguimento dell’interesse pubblico, non si limita più asvolgere una funzione catalitica. Non fa e basta, più che altro, crea l’onda, spinge e favorisce che venga fattociò che va fatto, curandosi poco del teatrino. La politica, come pratica collettiva e di ricerca culturale, cometecnica condivisa, imprime ed esercita la funzione di determinazione degli obiettivi, e di controllosull’esecuzione.

Pratiche di democrazia deliberativa richiedono il salto del paradigma. Si giunge a capisaldi, solo in

dibattiti che vedono davvero il futuro. Proprio perché sono ancora azioni implicite, mente al momento nonvediamo la fine del darwinismo sociale, la fine dell’individualismo possessivo che si incardina nella metaforabellica della selezione attravers o la competizione. Si deve far cessare l’egoismo accaparrativo come unico

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motore del progresso. Il nuovo non sta più in quell’assioma della competizione che distrugge il bene piùprezioso, ma in quello insito nel collettivo, quale oggi è la fiducia, la cooperazione, la solidarietà, quelcapitale sociale immenso che sono LE RELAZIONI.

Ad esse occorre dare luce diversa. Tanti interventi, negli incontri a cui ho partecipato, sottolineanoimplicitamente questo, come cioè non si possa più evitare la messa in relazione della politica, prima di tutto,con gli altri e con gli altri saperi.

Prima che sia troppo tardi, mi rivolgo alle parti più avanzate (che saremo tutti), del MoVimento, datoche esse dovrebbero tradurre e semplificare la presentazione di una nuova topologia dell’interdisciplinarietàdella politica, e dovrebbero dedicare energie alle declinazioni di una politica che, nella produzione del saperediffuso, può delineare davvero una sua nuova pratica cooperativa, ricorrendo alle piattaforme non soloorizzontali del Networking, ma anche a quelle verticali, che non permettono che nessuno rimanga indietro,chiedo di inserire tutti dentro i processi partecipativi.

Il concetto di partecipazione, il concetto di elaborazione, si pongono adesso come attraversamentoculturale, individuando la verticalità del coinvolgimento.

Affidano alla politica una duplice funzione: l’accordo degli strumenti di automazione e dei softwareche facilitano la comprensione “linguistica” e dunque relazionali delle culture diverse dal la propria, e ilrispetto di tutti quegli accorgimenti di gestione di layout e, soprattutto, la forma dei contenuti utili.Presentano e offrono a tutti noi occasioni per soluzioni affatto automatizzate, che non vanno prese soltantocome soluzioni ideali per il superamento delle barriere tecniche, ma anche come quelle che hanno luogoquando, tutti noi procediamo verso la qualità delle condivisioni, migliorando l’intesa e, soprattutto, la qualitàdella partecipazione.

Si tratta, in sostanza, di cogliere, le diverse soluzioni euristiche, che voci diverse hanno evidenziato,vedere, poi, in positivo e, soprattutto, pensare alle differenze di percezione e, ancora, privilegiare le abilità dichi pratica il mapping, cioè quella procedura di creazione e organizzazione di un quadro analitico e formalesu ogni singolo tema. Cosa dire poi delle sintesi, dei colori, dei volumi, come procedere dai volti, daitemperamenti, dai localismi?

Sei

Mettersi in gioco, per una politica del MoVimento, non significa più che la comunicazione politicadigitale, che pure si è contribuito ad innovare, possa dominare una scena inanimata. Non si tratta diidolatrarla freddamente, ma di vestire i panni culturali e linguistici altrui. Magari cercare di intuirne leesigenze, favorirne gli approcci, moltiplicare gli indirizzi. Contemplare e dare un governo a metafore esimboli fisici, ai tanti significati gergali, che magari possono essere utilizzati in modo diverso anche dapersone che parlano la medesima lingua. Chi e che cosa decide dove comincia e dove finisce la politica, devesapere che forma hanno i luoghi istituzionali che ospitano il nostro discorso e lo legittimano e quale rapportosi instaura fra queste forme di legittimazione e il nostro gesto partecipativo.

Dobbiamo essere consapevoli di come si diffonda, quanto cresca ed educhi, nelle stesse strutturediscorsive nelle stesse strutture di comunicazione il MoVimento. Del modo in cui noi e non altriorganizziamo la nostra presa di posizione epistemologica. Dobbiamo essere consapevoli che l’abitarel’interdisciplinarietà nei movimenti implica l’ethos, la progettualità, i valori, le differenze.

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La politica, nel suo pregnante significato di esperienza relativa alla territorialità, come la conosciamoin Sardegna, attiene anche ai modi e alle forme con cui pensiamo i tempi, al modo in cui noi seguiamo,partecipiamo, rappresentiamo e compiamo scelte per le nostre città e paesi.

Si tratta allora di fare una puntualizzazione più efficace, per dire come il MoVimento 5 stelle, che sivuole plurale, amministri e costituisca un insieme complesso e reticolare di persone che ancora non hannoespresso saperi, oggetti e metodologie identificabili. Assumendo e indicando la politica come sapereparadigmatico, il MoVimento fornisce conoscenze nuove, fa divenire, cioè, un significato più ampio deltermine finora coniugato, come è stato in questi anni.

Vogliamo dire che essa è di più di una conoscenza che organizza la vita sociale e l’immaginario, oltreche la comunicazione. In questo non si colga la sua banalità, dato che, in senso figurato, potremmo dire chesia questo il momento di passare dal forum alla community. La mancanza di un’adeguata ricognizione dellavalenza epistemologica della politica, in quanto disciplina con un proprio campo di preoccupazioni, oggetti,metodologie e storia, segnala piuttosto l’urgenza di veder riconosciuta la sua rilevanza rappresentativa, neicomportamenti, negli ambiti del sapere e dei saperi, ma soprattutto del percorso politico.

Credo che chiunque intenda renderla attuale questa nostra esperienza, coltivandola, andando oltread un intervento urgente sulla realtà, non debba farsi soggiogare, né vestire panni funerei, né ossequiare ipeana lusinghieri. La babele di voci udite rimanda alla percezione della fatica primaria della politica di oggi,che consiste nel ricondurre a forme nuove di visibilità, nell’impedire al mondo di sfuggire maldestramentealla sua presa, come il presidenzialismo alla nostra Costituzione.

Cioè porsi oltre quelli che Calamandrei definiva gli atteggiamenti di reazione e restaurazione delpassato, (…) il procedere dello smantellamento e il sottrarsi alla macerazione con cui gli atteggiamenti erosivie lenti dello svuotamento della Costituzione, già allora in atto, si presentano ancora oggi. Fatti di intentidilatori, capaci di una estenuazione progressiva, della carta fondamentale e non solo, rilanciano lamaturazione di una situazione in cui una politica, immersa in quel clima, non crede più al confronto suicontenuti delle riforme economico sociali, preferendo di gran lunga, al rinnovamento, il differimento dellarichiesta di cambiamento.

A noi serve una politica, invece, che da un lato medi e storicizzi i rapporti sociali, econtemporaneamente alimenti e condizioni in avanti la soggettività con i suoi simbolismi, le sueantropologie; dall’altro lato, che debba continuare a svolgere un ruolo insostituibile della ricerca dellaconoscenza del mondo. C’è il bisogno di una nuova concezione antropologica della politica, di riti dipassaggio e maturazioni consapevoli, di una cultura politica diversa. Che abbia il coraggio di sé.

Senza un allargamento dell’analisi, rivolgendosi ad una piena comprensione interdisciplinare dellanuova ed urgente rappresentazione, la politica deve promuovere anche una comprensione, non parziale oviziata da una troppo rigida limitazione del proprio campo di intervento. Rivolgendosi alla pura dinamicatestuale (o verbale), ignorando sottostanti strutture, presupposti conoscitivi, pragmatiche decisionalitàretoriche della contestualizzazione, particolarmente importanti e soprattutto concrete, essa devesoprattutto liberarsi delle rendite e fare passi avanti.

Bisogna immergersi nelle abilità amministrative durature, nella costruzione delle reti fra persone e fraoperatori economici e affidare all’interdisciplinarietà, il nuovo approccio politico culturale , per farne unarealtà consolidata.

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Deve evidenziare, quindi, quanto sia stata rilevante, per la ricerca comune, la collaborazione tratecnologia e discipline diverse, come la nuova euristica della politica si sia cibata proprio del contributomultidisciplinare. Condizione sempre più necessaria, perché non solo la politica possa affrontare le sfide delpresente e del futuro, ma possa raggiungere ed alla fine, definire la necessità di nuove metodologiedell’agire politico. Compete alla politica, affrontare il problema dell’unità e della diversità del pensiero. Inquesto quadro dei rapporti plurali, non semplicemente istituzionali, ad essa le si impone di cercare didelineare una mappa. Tentare di cogliere alcuni nodi fondamentali delle relazioni tra alcune isoledell’insidioso arcipelago interno al MoVimento.

Davanti a tutto ciò, io credo che dobbiamo avere l’ambizione di provarci. Si deve p art ire dall’idea dipolitica, contempli i rapporti tra le differenti voci e professionalità udite, mettendo in scena l’unità, non solocome questione di fatto, ma soprattutto come potenziale progetto che assume valore, nella sua pluralità.Oltre a rivelare l’esistenza delle differenze cognitive, bisogna favorire una distanza critica da parte diciascuno. Nei modi finora consolidati della rappresentazione del reale, costringere tutti a mettersi in

cammino.E così, trovare un equilibrio necessario che respinga le divisioni, che definisca modalità e scelte

politiche dell’iniziativa regionale, affidando ai contenuti e alle culture la selezione dei propri rappresentanti.

Si dovrebbe partire piuttosto dai meet up tematici, che debbono essere convocati rapidamente pertavolo territoriale e poi regionale, mettendo i rete i frutti e trovando forme di coordinamento e soprattuttocontenuti significativi. Per tutto questo servono competenze e partecipazioni qualificate. Dunque, occorresuperare la questione della assemblea regionale, con una formula che faccia tutti rappresentati e organizzatientro incontri improduttivi.

Ancora, occorre porre una parola ultimativa sulla rappresentanza, stabilendo una equivalenza orappresentanza paritaria dei meet up, delle associazioni, delle liste, per chiudere con una varietà diconflittualità, eclatanti e polarizzanti; mentre si deve perseguire l’unità e la determinazione su questionipolitiche, quali le vertenze industriali, il problemi del comparto trasporti ecc.

Un progetto di cambiamento non può arenarsi per una bega o una diatriba, per quanto tecnica, didue o tre persone. Dobbiamo essere consapevoli che se non parliamo e costruiamo assieme una adeguatarappresentanza del MoVimento, si pregiudica un processo importante, e perciò l ’augurio è che si abbial’accortezza di trovare sempre un modo ed una via d’uscita ai conflitti.

SetteIl ruolo strategico nella comunicazione diversificata della politica, è valido solo se contribuisce amoltiplicare gli sguardi sul mondo, a porre domande sulle categorie mentali ricevute, sulle tradizionistoriche, a spalancare alcune prigioni etiche e culturali di lungo corso, tutte azioni che possono far maturarecredibilità.

Sono questi aspetti che ostacolano i meccanismi e le possibilità di innovazione, non solo nellaproduzione di sapere, negli orientamenti sociali, ma anche nella dimensione stessa della comunicazionepolitica, ben oltre le pratiche di cooptazione politica, conservativa e antidiluviana, di ere geologiche delpassato.

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L’arcipelago comunitario del MoVimento 5 stelle dovrebbe riconoscersi, a sua volta, in isole chepotrebbero fondare la sua autonomia. Ciò accadrà se scopriamo, nella nostra condizione di arcipelago,qualcosa di comune che unisce “le isole” e insieme le differenzia dalle altre.

Se non si colgono, in termini intuitivi, quanto siano utili i nostri reciproci rapporti di accezionipolitiche diverse, rischiamo di apparire come delle figure la cui forma non può variare topologicamente,poiché composte non semplicemente nel contrasto, ma fatte di percezioni, ipotesi, oggetti, metodi,interpretazioni. Insomma, fatte di materiali organizzativi euristici, trasformati e cresciuti nel corso di questianni, frutto della elaborazione culturale dei partecipanti, anche se ancora non contengono in sé la soluzioneorganizzativa che il MoVimento si sta dando.

Il desiderio di vedersi fisicamente moltitudine non solo virtuale, impone cambiamenti teorici, dirisultanze empiriche impreviste, per fondare mutamenti culturali profondi. Essi non debbono avere solo unanatura combinatoria, ma fatti e contenuti devono mantenersi assolutamente innovativi. Sta qui ladiscontinuità che io chiedo, e nella rappresentanza si debbono trovare azioni pratiche condivise, checontinuino direttamente l’eliminazione della distanza dalle soluzioni, componendo equilibri nuovi trarappresentanti e rappresentati.

Si deve dare evidenza al piano della interpretazione dei fenomeni e alla formulazione di politicheeconomiche per il superamento della crisi, con modellazioni inedite e soprattutto mediante una nuovaprogettualità.

La politica, i recitativi istituzionali, per quanto stentino ad abbandonare l’idea che non gli spetti ilcompito di istituire una nuova gerarchia interdisciplinare dei contenuti, non deve ridursi, nel naufragio a cuiè stata a sua volta ridotta, ad una disciplina come le altre.

Non contaminata pratica, essa è divenuta accademia non neutrale. Per questo non può piùlegittimare freddamente poteri che fanno riferimento esclusivamente a sé stessa o ai propri bisogni, noncurandosi d'altri o d'altri strumenti di potere.

Non si può ipotizzare oggi una politica qualsiasi, rispettosa delle competenze giurisdizionali di ognialtra disciplina, poiché vederla come una sentinella, per sorvegliare supposti sconfinamenti di campo, èillusorio. Ciò contrasta almeno col movimento reale dei rapporti di forza, tra sfere disciplinari, intese comeluoghi nuovi, alti per la sistemazioni della ricerca culturale, e per la declinazione di istituzioni politiche nuove.

Insomma, pur essendo reale la questione dei confini istituzionali della politica, il problema non èquello di renderli più labili, più morbidi e osmotici, né, tanto meno, accostarvi il banale ringiovanimento diLetta o di Renzi.

Ma quello di avviarsi verso una differenziata articolazione tra democrazia diretta e rappresentativa,che può ridefinire la ricerca politica del MoVimento, non è un vecchio bivio, sta qui una nuova politica che siassume ogni responsabilità.

Nell’ individuare alcuni lineamenti di una possibile interdisciplinarità topologica. Sta ciò che serve,come pure il consentire il passaggio da una concezione normativa del disciplinamento, che stabilisca unordine attraverso delimitazioni, perimetrazioni. Un ordine precettistico, non può ridursi alle fluttuazioni ealle sostituzioni anagrafiche, questo davvero conta poco.

Noi crediamo che la concezione che disegna irriflessivamente i confini, invece attribuendo oggetti emetodi alle differenti esperienze, produce in ciascuna di esse forme di autoriconoscimento. Si fonda su una

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norma e non un precetto, la stipulazione di un accordo comunitario (come l’assemblea regionale) comesequenza di stati da tenere in equilibrio. È una sintonia che dobbiamo trovare. Sui temi, sui tanti temifondamentali per il MoVimento.

Non possiamo evitare la nostra proposta per l’Isola, su : lavoro, turismo, ambiente, cultura, servizi.La capacità di riferirsi circolarmente a se stessi, si rafforza perseverando su un’identità nominale, il

cui fondamento sta dentro una prassi, quella che ci ha portato sin qui, ossia al dato frustrante di una visibilitàmancata. Cosi rischiano di diventare ininfluenti, rispetto alla realtà, e assolutamente non armonici, il modellod’ordine e, dunque, i rispettivi animatori, impegnati a difendersi dalle perturbazioni esterne provenientidagli altri disciplinamenti, non resisteranno a lungo in piedi.

All’interno del MoVimento, compartimenti stagni irriformabili, che respingono le sollecitazioniesterne, non possono che essere di tipo politico e dotati di una consapevolezza di tipo scientifico o culturale,come sarebbe auspicabile. Invece, per fare solo un esempio, dovrebbero aiutare e far concepire il

MoVimento non solo come scompiglio. Non ci porta da nessuna parte. Tanto meno, quando noi facciamoconvivere disciplinamenti forti e disciplinamenti deboli, ci si dimentica di come si possano riformare dalbasso le questioni di fondo.

L’asservire i tavoli tematici del MoVimento all’ordine divisionale delle commissioni parlamentari oagli assessorati regionali, mi prendo la responsabilità di dire che è un errore. Sul piano degli statuti dellapratica politica, soprattutto sul piano della ricerca culturale. Questo obiettivo parlamentare, annulla letopologie provenienti dalla interdisciplinarietà e dagli apporti transdisciplinari, come stanno mostrando lesensibilità sull’innovazione tecnologica, sulla materia energia o sull’acqua, in agricoltura, nelle implicazionidurature delle trivellaz ioni. E’ la realtà a rendere obsoleti queste antiche visioni organizzative, semmaiintegrando, diversificando, scomponendo.

Oggi, la dimensione geriatrica dell’attuale politica, come si sa, prevede stati di equilibrio, interni alleanalisi dei tavoli tematici, equilibri datati che debbono considerarsi nella loro equiparabilità. Essi sisuccedono l’uno all’altro, all’interno dei quali sta una multistabilità strutturale, in cui tutto si tiene, con unasinergia dei gruppi di potere, nella politica, come nei mass media, cinema, musica, teatro, ecc. Tutte, omeglio molte realtà, si raggruppano le une con le altre tramite pletore di vegliardi.

I confini tra disciplinamenti diversi si spostano, e le trasversalità diverse, secondo la capacità diognuno di questi tavoli di occuparsi di cose che viceversa, grazie alle stipule normative interne, invece nondovrebbero spettare a questo o quel disciplinamento particolare.

Un’impostazione simile ravvisa, allora, proprio la relativa debolezza degli statuti epistemologicidisciplinari della politica come scienza umana e sociale, che hanno permesso di configurare tematizzazionidiverse basate su obiettivi di scambiabilità dei risultati raggiunti, e c’è, in questo modello proposto dellaripartizione amministrativa e fordista, la trappola della vecchia politica.

Riconosciuta la plausibilità euristica di questo orizzonte interpretativo limitato, credo che anzituttodovremmo avere enorme riguardo per l’incerta fase attraversata dalla politica negli ultimi decenni. Oggiappare nondimeno fondata una preoccupazione espressa da più parti e manifestata anche recentemente inuno degli appuntamenti istituzionali più importanti per la politica.

Nelle elezioni dei presidenti di Camera e Senato e soprattutto del Presidente della Repubblica, a cui sifa riferimenti, non è la persona, ma i contenuti e le modalità che segnano il passo alla prospettiva (i

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candidati del MoVimento erano soprattutto rappresentazione di contenuti costituzionali e simbolici delnuovo).

Per questo, occorre, invece, favorire indirizzi di ricerca non piegati a soluzioni asfittiche, alle quali si

conferisce una dignità di progetto spesso non programmato, il cui prodotto politico sia immediatamentespendibile nel circuito della comunicazione interdisciplinare. A ben vedere, se non sono tenuteadeguatamente a bada, le suggestioni del risultato ad ogni costo, quelle basate sulla prassi, possono nellungo periodo condurre all’indifferenziazione e all’omologazione. Bisogna esaltare la molteplicità dei punti divista e l’originalità delle interpretazioni e procedere sul versante interdisciplinare dell’osservazione critica,anche attraverso percorsi diversi da quelli che la politica in questi anni ha suggerito.

Diciamolo: la politica, ma anche certo modo di intendere la ricerca politica e culturale in questi anni,è stata trasmessa secondo improvvisazioni, fatta di percorsi formativi miranti a favorire certe prassi e certerepliche specifiche. Circolarmente, nel tempo hanno riprodotto le condizioni oggettive o, secondo il principiogenerativo, liberato un apprendimento per cooptazione e ripetizione, con cui la vecchia politica si è semprealimentata.

Ciò che allora il MoVimento dovrebbe fare è spostare il centro dell’attenzione sui programmi diricerca dal basso, che riflette preoccupazioni relative ai temi e ai metodi che praticano concretamente sulcampo l’iniziativa culturale.

Infatti, in un tempo contrassegnato dalla crisi della ragione, né l’oggettività, né la razionalità, né iparadigmi metateorici bastano a spiegare perché la politica italiana sia quella che è, o perché i politiciitaliani facciano quello che fanno, quando sono invece rimossi gli interrogativi di fondo, ai quali si deveancora in qualche modo rispondere. È opportuno, quindi, riflettere sui criteri che sono serviti a identificarela politica e a distinguerla dalle altre attività.

Vorrei richiamare l’attenzione di tutti, perché si tratta piuttosto di analizzare, approfondire e capire,nella specificità dei differenti ambiti, quale peso abbiano e in che modo intervengano su di essi, i soggettidell’attività politica, riservando, diversamente dal passato, importanza ai contenuti reali, individuali ecollettivi, che nella pratica della politica sono impegnativi. I quali nella loro eterogena commistione possonomettere ordine alle proposte, specie in Sardegna.

Faccio solo l’esempio delle royalties che vengono riscosse a prescindere da tutto (sui giacimentigeologici), o al perenne ricatto salute o lavoro, con il quale tante chiusure sono state ottemperate in questianni.

Il problema del soggetto politico, allora, non è la politica in sé, ma è quello di acquisire, - mentre lapratica - un suo sapere disciplinato, una propria etica, prima ancora che un’etica della politica, ed un’eticaepistemologica, che è anche una didattica permanente.

Tutti dobbiamo essere consapevoli che ciò compete al coordinatore del MoVimento, al deputato, allacoscienza assembleare, ai singoli iscritti, ai simpatizzanti che a tutti, insomma, spetta la costruzione di nuovidisegni di sintesi, la verifica delle teorie interpretative, l’utilità dei modelli euristici.

Nel quadro di questa epistemologia dell’applicazione, l’apprendista non può continuare in quel chefinora aveva appreso per tentativi empirici.

Questo non può più accadere, perché il risultato deve giungere alla confutazione di galileiana opopperiana memoria, cioè deve vivere la dimostrazione convincente delle proprie idee e riflessioni.

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Dobbiamo, come MoVimento, allontanarci dal pieno esercizio di conformazione. Nella migliore delleipotesi, in questi anni, è questo che ha condotto il singolo a coltivare un qualche precostituito modello dipolitica ideale, mentre, in quella peggiore, spinge la giovane intelligenza verso un universo di certezze cheappaiono legittime soltanto perché condivise da tutti i membri della fazione o della componente.

Così, la formazione sfocia in quel particolare tipo di deformazione comune a tanti. È seria solo secolloca il cittadino militante all’interno di una specifica forma mentis, e fa coincidere la politica con la fine,pura e semplice di una plasticità intellettuale, ovvero un supino modellarsi su un calco fin troppo abusato.

In questo processo, se la si vuole cercare e trovare, la replica davvero politica consiste proprio nellatransizione del soggetto che si sta formando, nel riuscire a condurlo al metodo. Non deve passare da regimicaotici a variabilità selvagge e imprevedibili, magari ai regimi stocastici a variabilità domestica soprattuttodella vecchia politica, ma a quelli in cui si riproduce il quadro e i percorsi presenti, diciamolo pure, sotto gliocchi di tutti.

Condensare opinioni politiche che appaiono figlie di un’appartenenza, non ci serve a innovare laricerca politica né il modello conoscitivo, e nemmeno a consolidare l’una o a corroborare l’al tro, e mostrareche una riflessione politica esiste, in quanto appartiene. Non può essere una citazione che fa scuola, nésignifica mettere involontariamente, sul proscenio, la parodia di sé.

OttoAl MoVimento compete riflettere sul disagio che non è il nucleo delle ricorrenti crisi dei

disciplinamenti organizzati, ma è la condizione drammatica costante, ad esso occorre rifarsi con la suainiziativa, al fine di poterlo contrastare.

Se il luogo del nostro chiedere è a sua volta un luogo disciplinato, di cui si deve dare conto, all’internodella politica come nel sapere culturale, di ciò che sta all’esterno dei rapporti, come anche delle relazionitout court. Ci deve essere una sintesi e una realizzazione delle misure socialmente opportune, e ciòdovrebbe essere la priorità e il dovere della Politica, più che mai un‘arte che non può prescindere da unasolida base etica ed antropologica, proprio nel regolare le procedure.

Lasciamo il campo ai metodi e alle retoriche imposte dalla logica della disciplina partitica, discioltasiin imitazioni ormai abuliche, nella quale si lavora a priori sulla gamma non delle opzioni teoriche, ma per lomeno sulla gamma dei modi del fare teoria o del fare ricerca empirica della politica. Al più presto, invece, noidobbiamo prendere atto quanto, per chiunque intenda operare criticamente, collocarsi all’interno di un

nuovo modello culturale, sia necessario e cruciale disporsi al contagio, alle ibridazioni, non c’è altra via.La lentissima guarigione dalla malattia dell’appartenenza a paradigmi, a scuole o a apparati anche

inconsci, che è ancora in corso, dentro il MoVimento, produce in sé un perdurante rischio, e può ostacolareanche l’innovazione, non fidandosi di quei processi innovativi, che tutto ciò invece nega.

Al MoVimento serve conseguire una vicenda politica come apprendimento, e il dare corso ad unprocesso di appropriazione del mondo, in modo esperienziale, costituisce la sua bussola. Nel MoVimento,oggi, chi si affaccia repentinamente e in modo dirompente alla politica, deve farlo compiendo un saltoqualitativo sul piano organizzativo e, ribadisco, soprattutto sul piano dei contenuti.

Distaccandosi in modo definitivo da fenomeni quali emulazioni fredde che media e banalizzazionipropongono, suggestioni varie, di commenti, post, popolo dei fax ecc., oltre che dalla famosa Doxaplatonica. Il MoVimento dovrebbe entrare nel campo del simbolico, dall’intuizione significante, di una nuova

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narrazione. Praticare esperienze politiche nell’oggi, dopo il crollo del muro di Berlino, e soprattutto dopo ifenomeni di globalizzazione culturali e delle comunicazioni, e dopo la crisi della finanza e dei costumi, avanzala indispensabilità di nuovi scenari.

Dare corpo e sostenere l’esercizio di ogni essere uman o, coinvolto nel ristrutturare le proprierappresentazioni, e sceneggiare una nuova esperienza individuale, vuol dire dare un’anima collettiva alMoVimento. Oltrepassando il già dato, bisogna introdursi nel possibile. Oggi questo non può che essere unatto di ri-creazione del mondo, il ricordo ai sistemi neuronali in grado di rielaborare l’informazione dimicroprocessori specializzati, di unità computanti, ma adottando politiche fatte di pratiche inclusive, cheaspettano solo di essere accese, stimolate, e dando vita ad elaborazioni altamente qualificate e creative.

Soluzione e ricerche che non si alimentano purtroppo solo con l’adozione di piattaforme e socialNetwork, e, sebbene straordinarie nell’incedere, oggi non ci possono bastare le app (non tutte a pagamento)che possono, comunque, ridare vita e vitalità alla partecipazione politica. È importante l’ascolto deinumerosi interventi, che da punti di vista diversi, in questi incontri, hanno indirizzato il dibattito e delineanonon solo le diverse inclinazioni professionali (ingegneri, sociologi, formatori, economisti, comunicatori,medici) di pur belle assemblee regionali, ma illustrano quali strutture animino i sottostanti processi mentali eculturali, che oggi veleggiano insieme verso la partecipazione politica in Sardegna.

NoveIl concetto apprendimento associativo o meccanico, basato sulle pratiche pedagogiche che ogni

azioni politica sottintende, a cui sono seguiti i contributi diversi che enucleano la varietà degliapprendimento cognitivi nel MoVimento, deve davvero liberare nuovi e forti incidenze.

Aldilà delle bibliografie, dobbiamo essere costitutivamente consapevoli delle nuove biografietematiche che tutti dobbiamo costruire, di quanta riflessione si sia compiuta sul pensiero strategico e le suecategorie, di cosa abbia oggi lasciato lo strutturalismo e il decostruttivismo, che ci hanno portato sin qui.Dobbiamo aver chiaro quale contributo portino le intelligenze multiple, non in senso cumulativo, si intende,e quanto e di cosa sia capace l’intelligenza emotiva, l’apprendimento cooperativo, e quale sia l’intelligenzacapace di fornire un contributo significativo ai percorsi di miglioramento complessivo dell’esistenza. Insostanza, tutte le implicanze della realtà aumentata nel disegnare nuovi equilibri individuali e collettivi.

Insomma, da questo retroterra tematico, diversificato, assolutamente non scontato, si deve cogliereuna varietà di approcci, che devono lasciare costitutivamente percorsi certi ai singoli e alla collettività delMoVimento. Di fronte ai quali, la scelta ripartizionale dei tavoli tematici della vecchia organizzazioneindustriale divisionale, avrebbe dovuto lasciar libera di consolidarsi una tipologia organizzativa differentedalla vetusta line , che la stessa Total quality aveva detronizzato.

Line scarsamente performativa proprio sul piano organizzativo, rispetto alla rivoluzione e alla voglia dicambiamento in corso. Le tante esperienze vissute nel MoVimento rilanciano, invece, quanto internet e isuoi figli lasciano non solo nei social network tanto apprezzati e vituperati, ma anche nel disporre modalitàtestate repentinamente anche da migliaia di persone. Quelle esperienze cioè che ripropongono quel cheInternet ha ricevuto da tante discipline, e chiariscono come le sue pagine siano il frutto del contributo dilogica, marketing, psicologia, sociologia, matematica, fisica elettronica, antropologia ecc. Un quadro nuovoe, davvero multidisciplinare pone nella velocità e nella intensità dei nuovi racconti, una letteratura

sconosciuta e senza precedenti. Ritenere l’ordine del mondo identico alla ripartizione degli assessoratiregionali, ci mette out.

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DieciIl MoVimento, promuovendo il disegno delle intelligenze future, non può trascurare, relativamente a

queste novità, la crisi del modo di trasmettere i contenuti, ma anche la discussione sulla forma di direzionedell’azione collettiva. Con queste morfologie, il MoVimento deve incontrarsi e non può ritrarsi semplificandol’enorme laboratorio della complessità sociale. Sperimentare quotidianamente i grandi flussi migratori deilinguaggi, i cambiamenti degli stili cognitivi, le incertezze del futuro, le trasformazioni etiche e motivazionali,queste azioni dovrebbero essere il motore, non le sue paure.

E poi, disegnare una visione della Sardegna migliore, ignorare che ogni esperienza politica sia unaesperienza di apprendimento culturale, significa rinserrare il dibattito entro categorie che si attardano. Ogniapprendimento sottopone gli esseri umani a realizzare un rapporto che non deve dimenticare l’umanità. Inquella sede riflessiva è avvenuto, in maniera tutto sommato davvero dignitosa e matura, l’incontrodell’assemblea regionale. Mettere insieme qualche centinaio di persone, che non si sono mai incontrate, èun evento democratico. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che nessun sapere si consolida senza

motivazione. E ogni apprendimento, consapevole o no, si manifesta come una grande rappresentazionesoggettiva, che implica legami e rotture con la propria comunicazione, impostando condivisioni edesperienze pregresse, ma soprattutto focalizzando progetti futuri, speranze, scenari credibili per tutti.

Il MoVimento, quale moltitudine con cui io l’ho visto affermarsi, è un luogo inf ormale, assemblearema istituzionale, e rilancia la verità di una teoria antropologica di riferimento, in cui gli slogan illustrano edanno corpo. Si struttura in culture, che si aggregano e scoprono il modellarsi di un dibattito, non piùcantonale e neanche monocratico, nel quale Internet ci può aiutare a consolidare sempre più il mezzo ditessitura delle nostre interazioni quotidiane.

Esso ha pure qualche pausa nel procedere, però vive intensamente la fase in cui l’apprendimento

latente codifica comportamenti, ed esegue operazioni, tutela la rottura, ma elabora forme anche complessedi direzione e rappresentanza politica.

Deve, però, scoprire come difendersi dalla distruttività della politica e dalla capacità annichilente delpotere e come tutelarsi dai suoi vischiosi e narcisistici appagamenti. Può considerarsi un sistema dipotenzialità nuove tra il mondo virtuale e il mondo reale. Nella realtà aumentata, soltanto se salva l’idea diun MoVimento come un apprendimento, allora consegna a noi e alle generazioni future il cambiamento inatto, tra esperienza di località e di partecipazione.

Si genera una vaccinazione, una tecné indispensabile, oggi, facendo dell’on line un luogo nuovo perraggiungere le persone, per declinare una nuova sovranità, per la sopravvivenza delle imperiose istanze dicambiamento, per la strutturazione di forme nuove del fare politica. La ricerca del minimo garantito pertutti, non è una categorie distruttiva della politica, né il ribasso del controllo democratico. E’ soprattutto ilconcreto appellarsi alla Costituzione, per difendere la dignità collettiva, riflessa nei singoli.

Andiamo avantiSe in questo momento, le raffigurazioni evidenziano i pregiudizi, che non sono altro che meccanismi

difensivi, correttivi e appunto regolamentari, allora l’appellarsi, continuo e radicale, alla regola, non è in sépregiudizievole. Se questo diviene l’affermarsi unico del contingente rispetto al progettuale, o del formalecontro ogni organizzazione, in cui formule ritualistiche e esoteriche tendono alla riproduzione e alla

ripetitività di schemi noti e conosciuti, storicamente, dai gruppi dirigenti in Sardegna, dovremmo allorapreoccuparci.

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Il MoVimento, considerando invece proprio un punto di vista epistemologico nuovo, può intenderemeglio ciò da cui si può partire: far nascere la capacità di progredire il contesto, contemplare un diversoapprendimento, gettare i presupposti di nuove acquisizioni politiche e culturali. Le questioni segnalate,perciò, per i tavoli tematici, pur raggruppate in disciplinati schemi formali, devono esplicitare al contrariointerne coerenze logiche non lineari, ma soprattutto un forte carattere multidisciplinare, con cui scardinarele retoriche del passato, come il populismo di chi vuole mischiare le carte della responsabilità.

Con questi criteri, si trovano equilibri originali da non sottovalutare, elementi nuovi presenti cioènella flessibilità del pensiero, all’interno di una consapevolezza dell’ambiguità della politica che riflette le suestesse acquisizioni, più di quanto non mostri la sua una enorme capacità di falsificarle. Lo dobbiamo faresenza volgere lo sguardo a ciò che essa si reinventa di continuo per sottrarsi alla realtà.

Dobbiamo avere in mano la partecipazione di quel procedere. Il suo nucleo costitutivo non puòessere solo una nozione, ma una aspirazione critica allertata.

Non il concretizzarsi di un programma minoritario, bensì una decisiva acquisizione di strutturecognitive, di stili particolari di riflessione e di dibattito, che impediscano e rimandino la palla nel campoavversario della staticità e del dogmatismo, lontano dalla ricerca della felicità e da un programma per ilparadiso.

Non si deve rendere, cioè, immanente o ossessivo il senso della autodisciplina e delle forme dellademocrazia diretta, ma affiancarle a temi ed elaborazioni puntuali, costruendo così la sintesi di un percorsoculturale storico e cognitivo, in cui votare l’espressione della libertà di pensiero.

Il MoVimento può trovare questo modo di produrre rappresentanze e decisioni collegiali. Se ci sonovolontà espresse da legittimare, esse devono vedersi come ogni nuovo apprendimento collettivo. Sonomolto più convincenti quando si nutrono di curiosità, di interrogativi spontanei, conseguimenti assembleari.Dovremo segnare un cammino, quale luogo di esercitazioni, di ordine mentale, di tempi ravvicinati, perl’appropriarci della consapevolezza del soggetto in Sardegna, e superare ogni percezione e osservazioneimpulsiva, per pervenire oltre “le sensate esperienze”, come dice Galileo, approssimandoci alle certezzenecessarie con credibili dimostrazioni, a cui ci portano studio e applicazione e non le velleità.

Se non si coltivano le aggiuntive analisi, rivolte ai sensi e all’intelletto, ovvero se non si coglie lanecessità di una dimensione interiore di armonia da perseguire, allora bisogna affermare che ogniapprendimento non può essere valido, se non è decisivo. Ai tavoli tematici, riemergeranno i limiti. Gliargomenti e le elaborazioni debbono tener conto che l’oggetto deve essere rivisitato per intero, non

frammentato. L’estensibilità dell’oggetto significa farlo cadere dentro una mappa cognitiva e unaconsapevolezza che ognuno deve scoprire, con l’aiuto di tutti.

Aggredito da più parti, ogni apprendimento trova punti di vista diversi e fuochi di osservazioneinusuali, se compresi nella loro totalità e nella loro funzionalità (interdisciplinare). Faremo - ne sono sicuro -di questa esperienza politica, un percorso che non lascia lacune né si perde nelle vastità altrettanto plagaledell’onnicomprensività. Tutti i processi di apprendimento, con esso la de finizione della nostra identità,dobbiamo saperlo senza pregiudizi né luoghi comuni, troverà le nostre “narrazioni” biografiche.

Verso la nuova politica

In questo senso, qualcuno ha evocato l'Europa e il mondo, globali e contemporanei laboratori dicostruzione e di trasformazione delle identità. Credo sia importante guardare alle modalità nostre, per la

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costruzione di una cittadinanza europea e planetaria. Quando noi trattiamo della pludisciplinarità inSardegna, facciamo l’esempio dei significati e dei valori che possono rientrare, per esempio, nella definizioned’uso dei cosiddetti progettati spazi urbani, aree metropolitan e, o aree rurali, spesso pensati per la loroestetica e per la loro funzionalità urbanistica, identitaria, mentre poco vengono considerate come luogo diinterazione, integrazione e rivelazione del conflitto.

Le culture e le identità umane sono autonome, si evolvono costantemente in una rete dicomunicazioni, di interazioni e di ibridazioni, in una tensione dinamica e costante di aperture e chiusure.Nella storia delle idee, le operazioni di traduzione e di reinterpretazione fra culture e identità differenti sonoalla radice di innovazioni scientifiche, tecnologiche, spirituali... I problemi posti dallo sguardo diverso degli“altri” hanno spesso stimolato la costruzione e l’evoluzione del “noi”, noi come movimento lo dobbiamogarantire in questo pluralismo, perché così avremo una cifra superiore nella socialità politica.

Ecco la novità antropologica della politica, con sguardi disciplinari visti principalmente per la loroepistemologia della complessità. Una epistemologia evolutiva, considerando, quanta influenza essa abbiaper le Tecnologie dell'informazione e per quel che esse stanno producendo sui cambiamenti, non potrà cheessere un’esperienza proficua.

Quelle tecnologie che oggi, non tanto vengono considerate per quel che compiono, quali pratichedella alterazione della località e della antropologia della visione, quanto per come producono cambiamentisulle cose e sulla socialità, e perciò noi dobbiamo ancora capire in che modo disegnino il presente inSardegna.

Ovvero, si tratta di molteplici modalità con cui le tecnologie informatiche ci coinvolgono, guardandoad esse per il modo in cui offrono una rappresentazione digitale dell’informazione storica e geografic a, edella comunicazione ipermediale.

Contribuire a rifondare un’antropologia del sacro delle istituzioni, come della politica, credo possaavvenire, se si ridà significato e senso al linguaggio, ai comportamenti complessivi.

La transdisciplinarietà, quale tensione culturale, che si approccia davvero ad una odierna leggerezzacon cui far diminuire al massimo i costi della struttura; se invece si mette a condividere una flessibilità perrispondere ai cambiamenti continui dei territori e delle forze economiche, insiti nel processo di sviluppo, nonresterà solo una scelta economica.

Molteplicità di competenze, allora, spiegano perché quello che si fa avrà successo solo se fatto conmetodi e conoscenze adeguate; la rapidità d’azione rivela come le cose si possano fare in fretta e bene , cosìcome possono nascondere le insidie. Fanno scorgere, però la possibilità che noi abbiamo nella capacità dicatalizzare energie, come nell’attivare valore nei territori. Si deve essere capaci di avvicinare a sé chi ha lecompetenze per rendere operativi i progetti e liberare l’Isola.

Svolgere modalità con cui varie scienze mettono in comune tutti i loro principi di base per ritrovarneil fondamento unificante, la transdisciplinarietà non sovrasta soltanto il limite stesso di una singola disciplina,ma diviene appunto valore. Diverse e distinte istanze si aggregano e si integrano in un nuovo sistema diquadri concettuali e di saperi, fino a perdere l’originaria identità del passato per crearne una nuova.

Occorre lucidità, idee, creatività, occorre aggressività giovanile, fuoco interiore, per ritrovare il

bandolo a t utte queste cose. Serve riflettere sull’impegno profuso nella seconda metà del secolo scorso,teso a tracciare linee di convergenza tra i vari saperi, cioè dalla multidisciplinarietà alla transdisciplinarietà.

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Vale la pena approfondire e riflettere sul concetto di meta-disciplinarietà, ovvero più sulla filosofia dellevarie discipline, piuttosto che sulle isolate discipline stesse, sulle tecniche contigue.

Guardare al piano dei dispositivi, metacognitivi e interpretativi, che orientano la ricerca, la

riorganizzano, la strutturano in modo univoco, mostrandone le simmetrie, le convergenze, gli annodamenti ele sinergie. Facendo emergere quali dispositivi chiave della complessità e della narratività si vadanoaffermando. Facendone un uso davvero nuovo, si dovrà fornire la consapevolezza che i grandi quadri diriferimento si sono ormai consumati, e la loro sostituzione, con costruzioni altrettanto forti e unitarie, è undovere a cui deve volgere lo sguardo il MoVimento.

Con la fine del pensiero totalizzante, si è aperto il problema di reperire criteri di giudizio e dilegittimazione di pratiche e saperi dal valore locale e universale. Tutto ciò emerge dalla pluralità, dalledifferenze. La sua caduta sul terreno ha moltiplicato le forme del sapere, ma anche questa difficoltà che oggistiamo vivendo.

Non dobbiamo avere paura della complessità: così com’è, cioè ancora disorganica, polimorfa e senzacentro, come quella disseminativa, essa ha i suoi oppositori. Sta al MoVimento trovare ciò che i saperivivono nella tensione continua, nel proliferare dei modelli della ricerca, come fuoriescono decisivi,consapevoli quelli capaci di trovare una condizione, dove essi sono direttamente lo specchio del presente incui si agita il MoVimento 5 Stelle sardo.

Nota bibliografica - Per scrivere questi appunti ho letto numerose riviste e libri, La Costituzione eLa repubblica di V. Onida, in cui sono contenuti i discorsi di Terracini e Calamandrei, gli articoli sulMoVimento su uninomade.org, il numero mensile di Alfa beta Dalle stalle alle stelle aprile 2013

(Dedicato a Maria Lai), Gerbaudo P. Social media e la coreografia del raduno alfabeta Alfa BioIpermedia 2.0 maggio 2013 l’articolo di P. Pellizzetti Il collettivo: spunti per l’altrapolitica dall’atlantedi economia di Micromega n. 3/2013 Il ritorno dell’eguaglianza, il Grillo canta sempre al tramontodi Fo, Casaleggio, Grillo, AA. VV. Ciclone Grillo genesi e ascesa di un MoVimento del Corriere dellasera. Oltre ai tanti post su BeppeGrillo.it,. Ho partecipato alle assemblee regionali di Cirras dimaggio, ho ascoltato l’incontro (assemblea regionale) con rappresentanti Meet Up Sulle

piattaforme digitali a Oristano, sono stato a Nuoro assemblea di giugno del MoVimento 5 stelleSardegna, ho partecipato a numerosi Meet up tematici di Polis Oristano. Ho letto anche numerosialtri testi di cui trovate riferimento tra le righe. Mi scuso per le citazioni di cui non ricordo i

riferimenti. Molto è dovuto alla riscrittura di concetti miei e di altri, espressi da tutti questi autori.Tutto quello che avete letto è dovuto alla mia responsabilità. Sebastiano Chighini (perosservazioni critiche sebastianochi @gmail.com)