Se il Signore non costruisce la casa - Libero.it · 2007. 5. 13. · Meditazioni sul Salmo 126...

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DON LUCIANO S. – “Se il Signore non costruisce la casa”. Meditazioni sul Salmo 126 «Se il Signore non costruisce la casa...» Meditazioni sul Salmo 126 INTRODUZIONE C'è un vecchio proverbio tedesco che dice: «An Gottes Segen ist alles gelegen» che, tradotto suona all'incirca : "Ogni cosa dipende dalla benedizione di Dio". E a tutti voi è familiare, almeno di nome, la città scozzese di Edimburgh. Lo stemma della città reca il motto latino «Nisi Dominus Frustra», ossia: "Senza il Signore tutto è invano, fallisce". Che bello sapere che questa frase appare in tutti i documenti ufficiali della città! Benjamin Franklin, uno dei padri dell'indipendenza americana, una volta in un discorso al Congresso, citando le parole d'apertura del salmo 126 disse: "Come possiamo pensare di non aver più bisogno dell'aiuto di Dio? Più vado avanti con gli anni, più vedo prove convincenti di questa verità: che Dio dirige il corso della vicenda umana.... senza il concorso del suo aiuto costruiremo questo nostro edificio politico alla stessa maniera dei costruttori di Babele". Il Salmo 126 è una preghiera-riflessione su due degli aspetti più importanti della nostra vita, quelli che prendono la maggior parte del nostro tempo e ci causano le maggiori preoccupazioni. E sono anche gli aspetti che determinano, in fondo, la nostra felicità: il lavoro e la famiglia. Senza le giuste priorità, vana è la nostra fatica. Se Dio non benedice i nostri sforzi, se Lui non è parte integrante di quello che facciamo, il nostro agire frenetico non porta ad alcun risultato. La vita, senza Dio a far parte della fotografia, perde i suoi colori. Siamo chiamati a scegliere tra fede e inutilità, fiducia in noi stessi o abbandono in Dio. La fiducia in noi stessi sfocia sempre nella delusione, l'abbandono fiducioso in Dio dà uno scopo e un senso alla vita. Il Salmo 126 è il salmo che insegna come disporre correttamente le priorità della nostra vita e ci fa insegna anche a pregare fiduciosamente per queste due importanti responsabilità. Queste semplici riflessioni sul Salmo 126 nascono dalla meditazione personale e dalla predicazione. Non hanno alcuna pretesa esegetica. Il linguaggio e i concetti sono volutamente semplici, perché non riesco a parlare a me stesso in maniera complicata e, spero, nemmeno ai poveri che accosto ogni giorno. Molte volte scrivendo queste pagine ho dovuto in primo luogo applicarle a me stesso e alla mia vita in comunità - che è la mia famiglia. Il Signore, inoltre, mi ha dato la grazia di vivere assieme agli street children, che sono un prezioso aiuto per capire e sperimentare l'abbandono e lo spirito di famiglia che don Calabria voleva presenti in ogni sua casa. Che Dio vi benedica! don Luciano S. 1

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Page 1: Se il Signore non costruisce la casa - Libero.it · 2007. 5. 13. · Meditazioni sul Salmo 126 SALMO 126 [1] Canto delle ascensioni. Di Salomone. Se il Signore non costruisce la casa,

DON LUCIANO S. – “Se il Signore non costruisce la casa”. Meditazioni sul Salmo 126

«Se il Signore non costruisce la casa...»

Meditazioni sul Salmo 126

INTRODUZIONE

C'è un vecchio proverbio tedesco che dice: «An Gottes Segen ist alles gelegen» che, tradotto suona all'incirca : "Ogni cosa dipende dalla benedizione di Dio". E a tutti voi è familiare, almeno di nome, la città scozzese di Edimburgh. Lo stemma della città reca il motto latino «Nisi Dominus Frustra», ossia: "Senza il Signore tutto è invano, fallisce". Che bello sapere che questa frase appare in tutti i documenti ufficiali della città! Benjamin Franklin, uno dei padri dell'indipendenza americana, una volta in un discorso al Congresso, citando le parole d'apertura del salmo 126 disse: "Come possiamo pensare di non aver più bisogno dell'aiuto di Dio? Più vado avanti con gli anni, più vedo prove convincenti di questa verità: che Dio dirige il corso della vicenda umana.... senza il concorso del suo aiuto costruiremo questo nostro edificio politico alla stessa maniera dei costruttori di Babele". Il Salmo 126 è una preghiera-riflessione su due degli aspetti più importanti della nostra vita, quelli che prendono la maggior parte del nostro tempo e ci causano le maggiori preoccupazioni. E sono anche gli aspetti che determinano, in fondo, la nostra felicità: il lavoro e la famiglia. Senza le giuste priorità, vana è la nostra fatica. Se Dio non benedice i nostri sforzi, se Lui non è parte integrante di quello che facciamo, il nostro agire frenetico non porta ad alcun risultato. La vita, senza Dio a far parte della fotografia, perde i suoi colori. Siamo chiamati a scegliere tra fede e inutilità, fiducia in noi stessi o abbandono in Dio. La fiducia in noi stessi sfocia sempre nella delusione, l'abbandono fiducioso in Dio dà uno scopo e un senso alla vita. Il Salmo 126 è il salmo che insegna come disporre correttamente le priorità della nostra vita e ci fa insegna anche a pregare fiduciosamente per queste due importanti responsabilità. Queste semplici riflessioni sul Salmo 126 nascono dalla meditazione personale e dalla predicazione. Non hanno alcuna pretesa esegetica. Il linguaggio e i concetti sono volutamente semplici, perché non riesco a parlare a me stesso in maniera complicata e, spero, nemmeno ai poveri che accosto ogni giorno. Molte volte scrivendo queste pagine ho dovuto in primo luogo applicarle a me stesso e alla mia vita in comunità - che è la mia famiglia. Il Signore, inoltre, mi ha dato la grazia di vivere assieme agli street children, che sono un prezioso aiuto per capire e sperimentare l'abbandono e lo spirito di famiglia che don Calabria voleva presenti in ogni sua casa. Che Dio vi benedica! don Luciano S.

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Page 2: Se il Signore non costruisce la casa - Libero.it · 2007. 5. 13. · Meditazioni sul Salmo 126 SALMO 126 [1] Canto delle ascensioni. Di Salomone. Se il Signore non costruisce la casa,

DON LUCIANO S. – “Se il Signore non costruisce la casa”. Meditazioni sul Salmo 126

SALMO 126

[1] Canto delle ascensioni. Di Salomone. Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. [2] Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. [3] Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. [4] Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. [5] Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici.

Versetto 1a - «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori»

1. Avete mai montato una tenda? La prima volta che ne ho montata una in vita mia è stato durante un campeggio con la parrocchia. Avevo forse 11 o 12 anni. In tenda si stava per fasce di età, e noi eravamo i "giovanissimi" - ossia i "bambini" del campo. Ci diedero 3 sacchi di varie dimensioni: uno con dentro una tenda canadese a 8 posti, uno con i tubi e dei paletti di sostegno, e uno con corde e picchetti. Nessuno di noi giovanissimi aveva la più pallida idea di come montare una tenda. Cercavamo di spiare i ragazzi più grandi, senza però farci troppo notare, per non vergognarci. Finalmente la "casa" che doveva ospitarci e proteggerci fu montata. Il responsabile del campo guardò il "mostro" traballante che avevamo creato, levò un paio di picchetti dal terreno, diede una spintarella alla tenda che si afflosciò impietosamente al suolo. Poveri ragazzi - avevamo lavorato duro - e crollò sotto i nostri occhi in un attimo. Quante volte, in seguito, mi è toccato sperimentare di nuovo gli stessi sentimenti di allora... La Parola di Dio che è scritta nel salmo 126 ci spiega come tu e io dovremmo fare le cose... e perché queste ci crollano addosso quando le facciamo sbagliate. O per essere più precisi, quando è la persona sbagliata a costruire. Il salmo dice: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno." Questo è il Salmo per le persone che lavorano duro, uomini e donne che sgobbano e che vogliono vedere il lavoro finito - il tipo di persone capaci di gestire un'attività, che sanno come far funzionare le cose, che hanno grinta di fronte ai problemi. E' un Salmo per tipi probabilmente come me e te. Vediamo che le cose non si muovono... che i problemi rimangono lì e nessuno che si dà una mossa per risolverli. Così la nostra risposta è molto spesso quella di iniziare a lavorare prima, di staccare dopo, o di lavorare più duro per fare in modo che le cose siano a posto. E abbiamo la tendenza di sbilanciare completamente la nostra vita perché se non ci diamo una mossa noi, nessuno ci dà una mano. Così finiamo per essere stressati, nervosi, e trascuriamo la nostra famiglia, il sonno, il nostro tempo con il Signore, la S. Messa. Lavoriamo, lavoriamo, lavoriamo - ma la nostra tenda continua

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lo stesso a crollare. Ma il Signore non ti dice: "Lavora di più!" - Lui ti dice: "Confida di più!" Forse ti comporti come se fossi tu il costruttore. La verità è invece che il Signore usa i tuoi sforzi, il tuo lavoro - ma il successo del tuo lavoro non dipende dai tuoi sforzi. Gesù ti dice che tu sei appena un tralcio: i frutti vengono attraverso di te, ma non da te. Lui è la Vite - è lui che produce i frutti, non i tuoi disperati sforzi. "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Giovanni 15, 5). E' Lui che costruisce la casa, non il tuo incessante lavorare giorno e notte. Spesso i nostri sforzi non sono altro che un'esibizione di orgoglio - "sono io che faccio andare avanti le cose". Ne sei proprio sicuro? Ricordo una frase di Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolarini: "Lavorare come facchini, pregare come angeli". Ossia: lavora come se tutto dipendesse da te, ma prega come se tutto dipendesse solo da Lui. Forse Dio vuole che tu legga oggi queste parole perché magari stai dipendendo troppo dai tuoi sforzi, ti stai basando solo sulle tue forze per costruire qualcosa o qualcuno - e non sta funzionando. Più lavori, meno ottieni. Perché non ti dai un attimo di pace e smetti di comportarti come se tu fossi l'unico che ha a cuore i tuoi problemi? Se il Signore costruisce, non cadrà. E tu non sarai lasciato là in piedi, sconsolato, a guardare la tua tenda che si affloscia vergognosamente al suolo. Quel problema su cui ti stai tanto sforzando lo stai toccando solo con mani umane - deve essere toccato con le mani di Dio. Forse non concludi niente perché chi sta lavorando è il costruttore sbagliato. 2. Come faccio a capire se la mia casa è costruita dal Signore? Un giovane studente, conosciuto da tutti come un fervente cattolico, stava discutendo la sua tesi in ingegneria. Uno dei membri esaminatori volendo metterlo in imbarazzo, chiese: "Così dunque lei vuole diventare un costruttore?" Il giovane immediatamente rispose: "No professore, io voglio essere un ingegnere." "Ma non sono forse la stessa cosa?" replicò il docente. "No professore. Per quanto mi riguarda, sono due cose ben distinte". Replicò allora il docente: "Oh, davvero? E che differenza ci sarebbe?" Lo studente rispose : "L'ingegnere ha un'idea di partenza, disegna il progetto, decide persino i dettagli del materiale da usare. In una parola, è la mente. I costruttori invece sono molti: dal muratore al falegname. I costruttori sono le macchine; l'ingegnere la forza che le mette insieme e le fa funzionare". "Oh, molto bene, signor Ingegnere. E ora, se è così sottile la differenza tra ingegnere e costruttore, mi saprebbe allora dire chi fu l'ingegnere della Torre di Babele?" Lo studente rispose prontamente: "Non ci fu alcun ingegnere professore. Solo costruttori. Per questo ne venne fuori solo confusione". Lo Spirito Santo, che ha ispirato questo Salmo 126, dice che ci sono case costruite da uomini e case costruite da Dio con l'aiuto degli uomini. Gente che ha scelto di avere Dio per ingegnere. Cosa vuol dire l'espressione "se il Signore non costruisce la casa" per una coppia cristiana? E' quella dove i genitori passano la maggior parte del loro tempo in preghiera? O leggono un capitolo della Bibbia al giorno? O è casa costruita dal Signore quella dove entrambi i coniugi sono impegnati in parrocchia - non solo la domenica ma anche nei giorni feriali? No. Non sono questi i segni che fanno capire che quella casa è costruita dal Signore. La casa costruita dal Signore è quella dove Dio abita, e si vede. E' una casa dove si respira l'aria ossigenata

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dallo Spirito Santo. La casa costruita dal Signore è quella riempita dai "frutti dello Spirito". Ma quali sono i frutti dello Spirito? San Paolo ce lo dice: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge" (Galati 5, 22-23). Amore La casa costruita dal Signore è quella dove il marito subordina la sua felicità a quella della moglie. E la moglie fa esattamente lo stesso verso il marito. Il marchio di un rapporto costruito dal Signore è quello che non guarda ai meriti della persona che si è sposata. Presto o tardi, il marito scopre che non ha come moglie un "dolce angelo innocente". A volte l'angelo si trasforma in un essere umano che mette a dura prova la pazienza del marito. D'altro canto, la moglie scopre che il marito non è proprio il tanto sognato principe azzurro. Molto presto, purtroppo, scopre che invece è una persona senza delicatezza ed egoista. Il rapporto di coppia costruito dal Signore non dipende dalla qualità del partner. Dipende invece del nostro grado di amore a Dio. Nella misura in cui siamo uniti a Dio, siamo in grado di amare il nostro coniuge. Il rapporto costruito dal Signore è un rapporto di amore incondizionato. Non dipende dalla perfezione della persona amata, per poter essere amata. E' l'incondizionata accettazione dell'altro, un amore che incoraggia l'altro e lo spinge a crescere nella fede in Cristo. Questo tipo di amore è il segno di una casa costruita dal Signore. Gioia Un altro dei segni per capire se la "casa è costruita dal Signore" è la gioia. Gioia non è da intendersi una cosa bella che ci capita, una circostanza. La gioia è piuttosto un atteggiamento interiore, uno stile di vita. Gioia è un profondo senso di soddisfazione interiore che viene dal sapere che Dio è mio Padre ed è onnipotente, che ha cura di me e delle persone che amo. E' la certezza che tutte le promesse di Dio si compiranno. Paradossalmente, la gioia viene impreziosita e innalzata al massimo grado dalla sofferenza, che rafforza la nostra speranza e purifica la nostra fede. Passata la luna di miele ben presto si scopre che la vita in famiglia è fatta di incomprensioni piccole e grandi, pasti frettolosi, lavori domestici e bambini che piangono alle tre di notte. Scriveva san Giuseppe Cottolengo: "Voglio che siate allegri, che siate contenti: siamo qui tutti nella casa di Dio, ed appunto perché siamo nella sua casa, non siavi mai il peccato tra noi; guardatevi solamente dalla colpa e poi siate pure allegri, ché l'allegria non ha mai guastato la sanità; ed i Santi sono i più contenti di tutti" (in: Fiori e Profumi, raccolti dai detti del Ven. P. Giuseppe Cottolengo, Torino, Tipografia Salesiana, 1892). La gioia nella vita familiare non può essere ancorata al fatto che le cose vadano secondo i nostri progetti (fino a quando?) ma deve essere ancora in Dio e in lui solo - su chi è e che importanza ha per marito e moglie - "Cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore" (Salmo 36, 4). Pace La Bibbia ci insegna che un'altra delle caratteristiche per capire se "la casa è costruita dal Signore" è la pace. Nella Bibbia pace e gioia sono praticamente sinonimi. Non ci può essere gioia se non c'è allo stesso tempo anche pace. La pace è il terreno che permette alla gioia di sbocciare e crescere. La pace è il riposo della mente e del cuore. Pace è quella serenità del cuore che deriva dalla profonda

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consapevolezza che la nostra famiglia, la nostra vita, il nostro futuro sono nelle mani di Dio. Attraverso quali vie ci viene la pace? In primo luogo dalla nostra riconciliazione con Dio - e qui non posso tacere l'importanza del Sacramento della confessione. Un papà di famiglia mi diceva: "Quando vedo che la mia famiglia cala di tono, vado a confessarmi. E poi vedo che qualcosa comincia sempre a cambiare in meglio, almeno in me stesso". Quando siamo nel giusto rapporto con Dio si spianano davanti a noi le strade della pace: "Quando il Signore si compiace della condotta di un uomo, riconcilia con lui anche i suoi nemici" (Proverbi 16, 7). E qui si apre l'altro percorso della pace: la riconciliazione con le persone. Ossia l'umiltà di chiedere perdono e di fare sempre il primo passo. Se i nostri rapporti con qualche persona sono falliti o sono un disastro è perché da una parte o da entrambe le parti non si è stati più capaci di perdonarsi. Ci sono errori che incrinano profondamente le nostre relazioni, che tolgono la fiducia. Ma ancora più grande è l'errore di non saper perdonare e offrire una nuova possibilità di riscatto. C'è un dipinto intitolato "Pace". Il quadro è dominato dalla presenza di onde impetuose che si infrangono contro scogli aguzzi. Il resto del quadro è occupato dal cielo in tempesta. Tutto si pensa, tranne che alla pace. Ma in un angolo del quadro, incastrato tra le rocce, un piccolo uccello riposa dentro al suo nido, completamente al riparo dalla furia del cielo e del mare. Questa è la pace. E' vero che purtroppo molte famiglie sembrano più un campo di battaglia. Gente arrabbiata, musi lunghi, silenzi pesanti. Perché manca il perdono, che copre tutto. La casa costruita dal Signore è quella dove marito, moglie e figli hanno il cuore sereno nonostante i problemi quotidiani. Al contrario, la casa costruita dall'uomo è piena di scontentezza mal repressa, aperti contrasti e frustrazioni croniche. Pazienza Un ulteriore segno per capire chi sta costruendo la casa (= famiglia) - se tu o Dio - è la pazienza. Pazienza, lo dice la radice della parola, è la capacità di "patire", "soffrire". La pazienza è l'opposto del nervosismo e dell'ira. La persona paziente non si offende facilmente, anche se seriamente provocata. Sa soffrire. Sa perdonare. In una casa costruita dalle mani del Signore la pazienza è palpabile. Nessun matrimonio sopravvive senza il dono spirituale della pazienza. Il marito paziente è quello che permette alla moglie di piangere senza che se ne senta imbarazzata. E' colui che non paragona sua moglie con quella degli amici o conoscenti. La accetta così com'è, cominciando da dov'è, e camminando insieme a lei da quel punto in poi. Non ci sono donne che nascono mogli. Ma tutte lo possono diventare se hanno a fianco un marito paziente. E' un esercizio che dura per tutta la vita. Anche la moglie deve essere estremamente paziente col marito. Spesso gli uomini sono insensibili. Tendono a dare più attenzione al lavoro che non ai bisogni della moglie. E non raramente gli uomini peccano di egoismo. Più di qualche volta i mariti pensano più al proprio "comfort" e trascurano i bisogni della moglie. O addirittura nemmeno se ne accorgono. A volte i mariti sembrano dei "ritardati": non hanno la più pallida idea che hanno ferito la moglie se essa non glielo dice esplicitamente. La pazienza è capacità di perdono. E' il non volersi arrendere o soccombere davanti alle difficoltà e alle prove. La pazienza è speranza. E' la capacità di vedere che Dio ha uno scopo in tutte le cose che ci capitano, anche se sono dure da vivere e capire. Se può essere di consolazione, guardate alla famiglia di Gesù. San Luca nel suo Vangelo ci presenta un momento di crisi a cui sono state sottoposte le tre persone che la componevano (Luca 2, 42-51)

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nell'episodio che viene comunemente definito come Gesù smarrito nel tempio di Gerusalemme. La Santa Famiglia attraversa un momento di dolorosa incomprensione nelle relazioni reciproche. Maria e Giuseppe sono sorpresi e feriti dal comportamento di Gesù adolescente: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo" (v. 48). E Gesù a sua volta è sorpreso e ferito dalla mancanza di comprensione dei suoi genitori a riguardo della sua identità di Figlio di Dio: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (v. 49). Una risposta che non aiuta certo i rapporti. E l'incomprensione continua: "Ma essi non compresero le sue parole" (v. 50). Quindi nemmeno nella Santa Famiglia le relazioni erano esenti da incomprensioni reciproche, e si era causa sofferenza nonostante la buona volontà presente in ognuno di loro. Tuttavia, la buona notizia è che i momenti di crisi sono occasioni per crescere. Ci aiutano a diventare pazienti, saggi, misurare le cose alla lunga distanza, come ha fatto Maria che "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (v. 51) e accettava di imparare da esse. I matrimoni dove manca la pazienza non durano a lungo. Marito, moglie e figli imparano ad essere pazienti giorno dopo giorno. E quando marito e moglie imparano ad essere pazienti l'uno con l'altro, scopriranno con felicità che i carichi che si portano insieme sono più leggeri. Fedeltà La Bibbia ci dice che la casa costruita dal Signore è abitata dalla fedeltà. La fedeltà è la reciproca fiducia. La fiducia che le persone della famiglia ripongono in noi non deve mai essere tradita, altrimenti l'amore muore. Dove si è perso l'amore regnano amarezza, risentimento e meschinità. Dove non c'è fiducia l'amore è insicuro. E dove l'amore è insicuro esso non cresce. E se l'amore non cresce, muore. La casa costruita dal Signore è caratterizzata dalla fedeltà. La moglie è fedele e ha piena fiducia nel marito, e il marito agisce con altrettanta lealtà verso la moglie. Non ci sono ripicche o piccole vendette. I membri della famiglia non parlano male l'uno dell'altro o li mettono in ridicolo davanti a terzi. La moglie cerca sempre di parlare bene del marito davanti ai familiari e ai parenti. In cambio, la più bella musica per le orecchie di una moglie è sentire che suo marito la loda anche in presenza di estranei. Per concludere: la casa costruita dal Signore è caratterizzata dai frutti dello Spirito. Ma come fare in modo che essi entrino nelle case costruite dagli uomini? Nella vita della nostra famiglia? Lo Spirito Santo viene ad abitare le nostre case quando noi ci abbandoniamo alla volontà di Dio. Allora il Signore entra nella nostra vita e prende lui il controllo della situazione. In una famiglia - o in una vita - che si abbandona alla volontà di Dio i frutti dello Spirito crescono con abbondanza. Il primo compito di una coppia è di obbedire al Signore, e allora Lui costruirà la casa. Se ci mettiamo con docilità ad ascoltare il Signore e la Sua Parola, lo Spirito Santo lentamente trasforma le nostre persone. "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?" (1 Corinzi 6,19). 3. Il contesto del Salmo 126 fa pensare a qualche studioso che sia da interpretarsi principalmente in senso messianico, ossia che sia riferito alla casa di David e al Discendente Promesso. Solo Dio costruirà quella casa e vigilerà sopra Gerusalemme. Il popolo di Dio non può anticipare la venuta del Messia. Esso può solo aspettare che sia Dio ad agire e che sia Lui a stabilire il suo Regno. E' inutile cercare di fare di testa propria. Ma possiamo leggere questo salmo anche in chiave personale. Pensa a te stesso come a una casa vivente. Una semplice dimora di quattro muri e qualche stanza. Dio viene dentro e ti dice: "Voglio

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ristrutturarti; voglio farti più grande, più spaziosa, più solida". Ti riempi immediatamente di gioia, pieno di aspettative. La promessa di Dio corre da un capo all'altro dei tuoi pensieri: "Ti farò più grande, più spaziosa, più solida..." Cominciano i lavori. La ristrutturazione ha il suo corso. All'inizio ogni cosa che Dio fa sembra aver senso. Tira via le foglie che intasavano le grondaie, con cura Egli ricambia le tegole rotte, controlla l'impianto elettrico. Tutto procede come deve essere. Ma ad un certo punto Dio comincia a fare dei cambiamenti che non t'aspetti. Comincia a buttar giù muri in una maniera che ti fa soffrire e star male! A questo punto domande del tipo: "Ma lo sai quello che stai facendo?" cominciano a riempire la tua mente. Tranquillizzati. Lascialo fare. Sì, Lui sa bene quello che sta facendo. Ti sta ricostruendo più grande, più spazioso, più solido - piccola stupida casa! Infatti ti sta trasformando in un palazzo! Scrive Sant'Agostino: "Come infatti se vuoi riempire qualche recipiente e conosci quanto grande sia ciò che ti sarà concesso, allarghi la cavità o del sacco o dell'otre o di qualunque altra cosa - tu sai quanto hai lasciato perdere, e ti accorgi che è perché la cavità è stretta; quindi allargando la rendi più spaziosa: così Dio prorogando allarga il desiderio, facendo desiderare allarga l'animo, allargando lo rende più spazioso. [...] Supponi che Dio ti voglia riempire di miele: se sei pieno di aceto dove metterai il miele? Occorre gettar via ciò che il vaso conteneva: bisogna ripulire il vaso stesso; lo si deve ripulire, anche se con fatica e con sofferenza, affinché diventi adatto a qualche cosa" (Trac. in ep. Ioann., 4). Così, anche se a volte Dio sembra fare esattamente il contrario delle tue attese e delle tue preghiere, non demoralizzarti: ti sta facendo nuova creatura: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Luca 1, 45).

Versetto 1b - «Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode»

4. Il bisogno di sicurezza è sempre stato uno delle necessità fondamentali dell'uomo. Dalla sicurezza personale (la casa) a quella sociale (la città). Ai tempi di Salomone, la città di Davide, ossia Gerusalemme, occupava una superficie di poco più di tre ettari, ed era circondata da una cinta di mura. In diversi punti delle mura c'erano delle torri, dove stazionavano guardie a ogni ora del giorno e della notte. Possiamo facilmente immaginare il viavai di ogni giorno - gente che entrava e usciva per pascolare le greggi, lavorare i campi, coltivare un pezzetto di terra - e alla sera tutta la gente rientrava dentro le mura e le porte venivano chiuse. Durante la notte le sentinelle si davano il turno per vigilare dall'alto delle mura, per dare l'allarme in caso dell'avvicinarsi di qualche pericolo. La gente si sentiva tranquilla e protetta; potevano dormire e riposare. Che cos'è una città? E' un gruppo di famiglie che vivono insieme. Mai come prima le nostre famiglie sono sotto attacco. La parola "attacco" significa colpire in maniera letale, usando una forza violenta. La famiglia, che Dio ha voluto come fondamento della società e della Chiesa sta soffrendo quest'attacco e deve combattere su parecchi fronti. Un fronte aperto è la cultura dell'Io. L'uomo ha tolto il trono a Dio e ci si è seduto sopra. Non vuole rendere conto a nessuno delle sue azioni, non vuole norme, non vuole valori. Che è come dire che non c'è giusto o sbagliato, se ti senti di farlo, fallo! Questo porta a situazioni tragiche, come l'accettazione dell'aborto, la convivenza senza impegni, l'omosessualità che reclama il diritto di formare una famiglia. Ma Dio ha creato Adamo ed Eva, non Adamo ed Ivo! Un altro campo di battaglia nel quale la famiglia sta perdendo vistosamente è il controllo dei media:

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televisione, internet, riviste, radio... Ormai non fa più problema che i figli abbiano il televisore o il computer in stanza. Il 50% di internet è pura pornografia: voi genitori sapete a che siti si connettono i vostri figli? Le famiglie permettono cose che cinque anni fa non avrebbero mai permesso. E dove sono i custodi, le sentinelle, con il nemico sotto le mura? Chi custodisce la tua città? Provate a immaginare. Un giorno un papà decide di fare un'escursione in montagna con il proprio piccolo figlio. E' estate, fa caldo; il papà si siede sotto l'ombra rilassante di un abete mentre il figlio gioca a pochi passi da lui. Tutto è calmo e sereno e il papà non si rende nemmeno conto di quanto e come si sia addormentato. Sa solo che quando si risveglia il figlio non è più lì. Lo cerca ovunque. Ore di affanno, fino a quando giunge ai bordi di una scarpata. Si sporge e vede tra i sassi e gli arbusti, il corpo senza vita del proprio figlio. Genitori: siete proprio convinti che i vostri figli siano al sicuro? Quanti di voi si affannano per non far mancare niente ai figli, e si dimenticano di pregare per loro? Un missionario nella Cina pre-comunista si sentì spinto ad annunciare il Vangelo in una regione molto povera dell'interno del paese. Era molto difficile penetrare in quella regione a causa della natura ostile della popolazione. L'unica strada che collegava quella regione dell'interno col resto della nazione era per gran parte infestata da gruppi di tagliagole senza scrupoli. Nonostante questo, il missionario sentiva una forte spinta interiore a portare il Vangelo anche alle genti di quella regione e così - nonostante il parere contrario dei suoi confratelli- si mise in viaggio. Dopo aver compiuto il viaggio, durante il quale aveva percorso quella strada pericolosa annunciando il Vangelo e senza alcun incidente di sorta, i suoi confratelli furono i primi a meravigliarsi nel vederlo ritornare e per di più incolume. Com'era naturale si chiedevano come fosse stato possibile che avesse attraversato quella regione senza mai essere incappato nei banditi. Perché era cosa certa che era impossibile che uno straniero viaggiasse in quella regione senza che quei gruppi di delinquenti lo vedessero. Ben presto delle voci cominciarono a circolare in tutta la provincia, e si poté verificare che erano stati gli stessi banditi a metterle in giro. Secondo quelle voci, quel particolare missionario era riuscito a sfuggire agli assalti perché era stato l'unico straniero a viaggiare in quella regione accompagnato da una scorta personale di soldati. Le voci dicevano con precisione persino il numero di soldati che lo scortavano: undici. Il missionario ne fu grandemente sorpreso, e anche i suoi confratelli, perché era evidente a tutti che invece aveva fatto quel viaggio da solo. Erano forse gli angeli venuti in suo soccorso durante quel viaggio? Il missionario adesso ne era sicuro. Ma perché mai undici? La risposta venne non molto tempo dopo in seguito ad una lettera nella quale il missionario aveva scritto dettagliatamente il "miracolo" e che aveva inviato al parroco del paese in cui era nato. Qualche settimana dopo che il missionario aveva inviato la sua lettera ricevette una risposta del suo parroco che gli chiedeva se ricordasse con precisione il giorno nel quale era entrato in quell'ostile regione. Il missionario la ricordava bene e rispose immediatamente. Dopo più di un mese, il missionario ricevette una sorprendente lettera dal parroco del suo paese natio. Il parroco scriveva che nei giorni precedenti la data nella quale il missionario aveva iniziato il suo viaggio, si era sentito spinto a promuovere uno speciale incontro di preghiera in favore del

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compaesano missionario in Cina. Tuttavia, quando arrivò il giorno dell'incontro, il parroco ebbe una grande delusione a causa della scarsissima partecipazione. Almeno il parroco la pensava così, fino a quando non aveva ricevuto la lettera del missionario che narrava l'inusuale viaggio miracoloso. La lettera del parroco concludeva con queste parole: "Sono felice di annunciarti che, me compreso, eravamo esattamente in undici che stavamo pregando per te in quel preciso giorno del tuo viaggio". La preghiera ha un potere immenso. Non dimenticate che "il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede" (1 Pietro 5, 8-9a). Il nemico gira intorno ai vostri figli e alle persone che amate, turbando la loro vita in molti modi. Per questo bisogna pregare! "Resistetegli saldi nella fede". 5. Cosa possiamo fare, allora, per essere sentinelle vigili? In primo luogo consegnate al Signore i vostri figli. Cosa significa affidare? Affidare vuol dire mettere una persona o una cosa nelle mani di o in potere di qualcun altro. Mettere nelle mani di qualcun altro vuol dire sottomettersi alla sua direzione, dichiarando che costui sa fare il suo lavoro meglio di noi. Quando il cardinale di Genova Dionigi Tettamanzi, milanese purosangue, ha sostituito a Milano il cardinale Carlo Maria Martini, hanno intervistato la signora Giuditta, 91 anni. Perché la signora Giuditta? Perché mamma del cardinale Tettamanzi. Domanda: "Un figlio che diventa il proprio arcivescovo deve essere motivo di grande commozione per una madre. E' contenta?" Ecco la risposta della mamma: "Sono sempre stata contenta, io. Bisogna essere forti. E' accaduto quello che vuole il Signore e questo è quello che conta, perché don Dionigi era suo ed è suo. Già da piccolo aveva espresso il desiderio di essere prete. Non posso che ripetere a Dio: è tuo, fanne quello che vuoi." (Avvenire, 12 giugno 2002). Mamma Giuditta, nella sua umiltà, ha capito il grande segreto di essere genitore. I figli non sono nostri, appartengono a Dio. E ogni giorno dovete darli a Colui che ve li ha dati. Il problema è che, spesso, i genitori cercano invece di trattenerli per se, magari inconsciamente. Non c'è un modello migliore di "riconsegna del proprio figlio" al Signore in tutta la Bibbia di quello di Anna, la donna che ha pregato incessantemente per anni che Dio benedicesse la sua sterilità donandole un figlio. Dio rispose alle sue preghiere donandole un figlio maschio, Samuele, che diventerà una delle più grandi guide spirituali di tutta la storia d'Israele. In obbedienza a Dio, Anna portò il proprio figlio al tempio affinché fosse istruito al servizio del Signore. Riconsegnando a Dio Samuele, per il quale essa aveva a lungo pregato e pianto, Anna dice: "Io lo dò al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore" (1 Samuele 1, 28). Sapete quante volte voi mamme e papà dovete dire questo al Signore? Ogni giorno, per tutto il resto della vostra vita - non importa quanto vecchi o giovani siano i vostri figli. Non importa nemmeno quanto essi siano vicini o lontani dal Signore. Ma state attenti - qui stiamo parlando di riconsegnare i vostri figli e le vostre figlie a Dio. Il che significa aiutar loro a diventare le persone che Dio vuole esse diventino, e non invece cercare di modellarli nelle persone che noi vogliamo essi siano. Ciò vuol dire che voi dovete parlare a Dio dei vostri figli molto più di quanto non parliate ad essi di Dio, anche se è importantissimo fare questo. Alcuni genitori, che hanno la tendenza ad essere dei "controllori", devono fare bene attenzione a non giocare il ruolo di Dio nella vita dei loro figlioli. I genitori che vogliono davvero riconsegnare il figlio o la figlia nelle mani di Dio devono mettere da parte i loro progetti - che suppongo bellissimi - per abbracciare quello che Dio vorrà. Quello che cerchiamo di tenere troppo stretto, finiamo per

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spezzarlo. La missione del genitore è dire ad ogni nuovo giorno: "Tu mi hai donato questo figlio, Signore. Ancora una volta, oggi, te lo restituisco, te la restituisco. Sono disponibile a fare qualsiasi cosa Tu voglia io faccia, per unirmi a Te in quello che Tu stai compiendo nella sua vita - sia che Tu voglia che io parli, sia che Tu voglia che io stia zitta, chiedere scusa, perdonare, sacrificarmi, o cambiare il mio modo di essere e vedere le cose". Un genitore che si abbandona a Dio è un genitore nella pace - è un genitore che sa che questo tesoro di figlio che Dio gli ha affidato è stato riconsegnato nelle mani amorose e onnipotenti di Dio. Un Dio che ha progetti per quel figlio, per quella figlia - piani di bene e non di sventura, per dar loro un futuro pieno di speranza (Geremia 29, 11). Non importa quanto grandi e grossi i tuoi figli siano: ricorda a Chi appartengono. In secondo luogo prega per le persone che frequentano coloro che ami. C'è un giustissimo proverbio che dice "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". Le amicizie hanno una grandissima influenza nella vita e nella condotta delle persone, soprattutto degli adolescenti. Le prime esperienze con la droga, col sesso, con i super alcolici, con i furti, con gli atti di vandalismo, ecc. vengono tutte fatte in compagnia degli amici. Il più delle volte il solo fatto di mandare a scuola ogni giorno i propri figli significa esporli a una mentalità ostile e anti-cristiana. A volte bisogna pregare come Giòsafat, quando si vide di fronte a una insormontabile difficoltà: "Dio nostro, non sappiamo che cosa fare; perciò i nostri occhi sono rivolti a te" (2 Cronache 20, 12). E questa è una grande verità: noi non possiamo controllare niente e se il Signore non ci viene in aiuto, invano ci sforziamo di vigilare sulla città. In terzo luogo sforzati di essere di esempio. Il famoso attore Charles Coburn racconta questa storia della sua infanzia: "Quando ero un ragazzo, ero profondamente innamorato del teatro e dal momento che in quell'epoca non c'erano ancora i cinema, andavo in giro a vedere tutte le recite che potevo. Mio padre mi ammonì: "Ricordati bene figliolo, che mai e poi mai devi fare una cosa. Per nessuna ragione al mondo devi mettere piede in uno di quegli spettacoli notturni dove ci sono ballerine svestite." Ovviamente chiesi perché. Papà rispose: "Perché vedresti cose che non dovresti vedere". Questo mise le cose in chiaro. Quando riuscii a mettere insieme abbastanza denaro, mi precipitai a vedere uno di quegli spettacoli notturni. Papà aveva ragione. Vidi qualcosa che non avrei dovuto vedere: mio padre!" Dio non ha affidato l'educazione dei figli al governo, all'asilo, alla baby sitter, alla scuola pubblica o privata, alla televisione. Dio ha dato questa responsabilità ai genitori! "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte" (Deuteronomio 6, 4-9). Papà, mamma, fatti seriamente questa domanda: se tu non stai seriamente insegnando valori e comportamenti ai tuoi figli - allora chiedi a te stesso - chi lo sta facendo? "Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode". La sicurezza e la tua protezione non ti vengono dal tuo conto in banca, dai Buoni del Tesoro, dal frigo sempre pieno o dai gioielli in cassaforte. La tua sicurezza viene solo dal permettere che il Signore custodisca la tua città, altrimenti ti affanni inutilmente. Ho letto questa testimonianza fatta da un pastore protestante americano: "Quando mio padre era giovane eravamo molto ricchi. Mio nonno aveva inventato la macchina ciclostile e aveva accumulato una fortuna durante la prima guerra mondiale e fino alla

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metà degli anni Trenta. Da bambino avevo la mia governante personale. Ci trasferimmo nei dintorni di Ardmore, Pennsylvania, in una mastodontica automobile Hudson che aveva il vetro tra noi e lo chauffeur. Ma mio padre non lasciava che il Signore custodisse la sua città. Invece confidava in Wall Street e perse tutto. Fummo obbligati a trasferirci da una villa a una tenda in una fattoria di amici. Quella notte ci fu una tempesta e trovammo riparo dentro una cantina adibita alla conservazione della frutta. Eravamo passati da una villa a vivere sottoterra, come gli animali, nel giro di un giorno appena. Non lasciare che qualcuno o qualcosa ti offra sicurezza. Solo Dio può darti quella sicurezza che sta scritta nel Salmo: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua." (Salmo 62, 2).

Versetto 2a - «Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore...»

6. Il Salmo 126 non è un inno alla pigrizia, perché la Bibbia detesta questo peccato. Nel Libro dei Proverbi, per esempio, ci sono parecchi detti contro il pigro. Il pigro è bollato come la persona inconcludente. Egli ritarda il più possibile l'inizio di ogni attività e raramente finisce quel poco che ha iniziato. Per giunta ha sempre una scusa pronta, non importa quanto ridicola essa possa essere: "C'è una belva per la strada, un leone si aggira per le piazze" (Proverbi 26, 13). Il versetto 1, per esempio, descrive due situazioni importanti della vita dove la persona invece di incontrare Dio può perderlo. Costruire case e cercare di assicurare la sicurezza della città non vengono considerate attività malvagie - tutt'altro! Quello che il salmista vuole sottolineare è quanto Gesù espliciterà nel Vangelo: "Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Matteo 6, 31-33). Dio è preoccupato con la costruzione della casa perché Egli si interessa delle tue priorità e delle tue motivazioni. Per costruire la casa - la sicurezza per te e coloro che ami - tu puoi arrivare a distruggere la tua famiglia, e assieme a questo anche il tuo rapporto con Dio e con gli altri: "Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona" (Matteo 6, 24). Oltre duemila anni fa uno scultore eresse una statua in un tempio della Grecia. Aveva speso molti anni della sua vita nel perfezionarla in ogni minimo dettaglio. Quando gli fu chiesto perché mai avesse speso tanto tempo e passione nello scolpire con ogni cura anche la parte posteriore della statua - che nessuno avrebbe mai visto perché addossata alla parete del tempio - così come aveva curato anche la parte anteriore, lo scultore rispose: "Questo è il modo in cui lavoro sempre. Gli uomini forse non vedranno mai il dorso della statua, ma io credo che gli dei invece lo vedano!". Quanti più motivi abbiamo noi cristiani per lavorare coscienziosamente! Non lavoriamo solo per lo stipendio, o perché ne ricaviamo una certa gratificazione, ma lavoriamo soprattutto perché cerchiamo di piacere a Colui che ci ha creati e redenti, e perché il nostro lavoro possa essere una benedizione per gli altri. Scrive san Paolo: "Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini" (Colossesi 3, 23). Dio ci ha creati facendoci dono di un'intelligenza e di una volontà, e queste danno il meglio di se stesse solo quando le usiamo per fare del bene, per qualcosa che porti frutto. Anche prima che il peccato entrasse nel mondo, Dio aveva dato ad Adamo il compito di portare a compimento il giardino dell'Eden, il Paradiso terrestre: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Genesi 2,15).

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A causa del peccato il lavoro è diventato sacrificio, ma appunto per questo è curabile. Sacrificio vuol dire "sacrum facere", far diventare una cosa da profana a sacra. Gesù ha speso trent'anni della sua vita facendo il falegname. Anche il lavoro più umile può essere fatto con il più grande spirito di servizio e diventare un gesto d'amore. La fatica fatta per amore del Signore trasforma le tediose occupazioni giornaliere in una meravigliosa occasione che porta gioia e soddisfazione a noi stessi e agli altri. Oggi fermati un attimo a considerare l'invito di San Paolo e decidi di compiere la tua fatica quotidiana con uno spirito e una fedeltà nuovi - non per essere visto o lodato dagli altri, ma con cuore sincero, pensando che attraverso il tuo lavoro ben fatto dai lode a Dio e lo testimoni. "Voi, servi, siate docili in tutto con i vostri padroni terreni; non servendo solo quando vi vedono, come si fa per piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l'eredità. Servite a Cristo Signore" (Colossesi 3, 22-24). Ricorda: il modo con cui lavori è il miglior commento del tuo carattere!

Versetto 2b - «... il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno»

7. Nel Salmo 126, versetto 2b c'è una promessa per tutti coloro che lavorano per dare gloria a Dio - saranno capaci di riposare, perché hanno lasciato il risultato della loro fatica nelle mani di Dio. Essi possono riposare con una coscienza tranquilla. Possiamo comprare pillole per dormire e costosi materassi, ma solo Dio ci fa riposare. Gesù Cristo può darti tutto quello di cui hai bisogno per fare felice il tuo matrimonio e la tua famiglia. Ti può dare amore, capacità di perdono, un cuore pronto al servizio, pazienza. Il Signore ti dice: "Non fare le cose da solo, di testa tua. Rimani unito a me e io le produrrò attraverso di te. Ecco perché nella Bibbia mi sono fatto chiamare "IO SONO". "IO SONO" tutto quello di cui hai bisogno quando hai un bisogno". «Poni in Dio tutta la tua fiducia, e sia lui solo il tuo timore e l'amor tuo. Risponderà lui per te, disporrà lui ogni cosa per il meglio» (De imit. Christi, lib. 2,6). 8. Satana cerca di toglierci il sonno, ossia di confonderci - almeno in tre modi: il primo nell'area delle priorità, il secondo nell'area del peccato e il terzo nell'area del materialismo. A rischio di essere riduttivo, cercherò ora di semplificare il problema. Il primo modo nel quale Satana tenta di confonderci è nella nostra attitudine verso il peccato, che è più centrata su noi stessi che su Dio. Noi siamo più preoccupati della nostra "vittoria" contro il peccato, contro certi nostri vizi e difetti - che del fatto che il nostro peccato ci separa da Dio. Dio vuole che noi camminiamo nell'obbedienza - non nella vittoria. L'obbedienza è orientata verso Dio; la vittoria è orientata verso noi stessi. L'obbedienza da gloria a Dio, la vittoria ci fa pensare invece: "Ma come sono bravo". Con questo non voglio dire affatto che Dio non vuole che noi siamo vittoriosi contro il peccato, ma sottolineare piuttosto che la vittoria contro di esso è il risultato dell'obbedienza. Se ci impegniamo a vivere nell'obbedienza e nell'abbandono fiducioso in Dio, sperimenteremo certamente la gioia della vittoria sulle nostre miserie. Il secondo strumento di cui Satana si serve per confonderci è il fatto che non non diamo importanza a certi peccati. Ci siamo fatti da soli uno schema mentale nel quale alcuni peccati sono inaccettabile

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e alcuni altri, invece, possono essere tollerati. Due peccatori decisero di andare a trovare un santo uomo e chiedere il suo consiglio. "Abbiamo commesso peccato", essi dissero, "e la nostra coscienza ci disturba. Cosa dobbiamo fare per essere perdonati?" "Ditemi i vostri peccati, figli carissimi" disse il sant'uomo. Il primo uomo disse: "Ho commesso un peccato grande e mostruoso." Il secondo uomo disse: "Io ho commesso solo dei piccoli peccati - niente di cui preoccuparsi veramente." "Va bene", disse il santo. "Andate e portatemi una pietra per ogni peccato." Il primo uomo tornò indietro affranto sotto il peso di un grosso macigno. Il secondo uomo tornò invece di buon umore con una valigia piena di sassolini. "Ora", disse il vecchio sant'uomo, "tornate a rimettere le pietre esattamente nel posto in cui le avete trovate." Il primo uomo alzò il suo macigno e barcollando lo riportò nel posto in cui lo aveva trovato. Il secondo uomo non poteva ricordare dove aveva preso almeno metà dei suoi sassolini, così lasciò perdere. Gli sembrava un gesto del tutto irrisorio. "I peccati sono come quelle pietre", disse il sant'uomo. "Se un uomo commette un grande peccato, è come un macigno sulla sua coscienza. Ma con un sincero pentimento viene completamente rimosso. Ma un uomo che commette costantemente piccoli peccati - pur sapendo che sono tali - si indurisce a poco a poco e non sente più rimorso. E così rimane un peccatore. Quindi vedete, figli miei", concluse il vecchio santo, "che è ugualmente importante evitare i piccoli peccati così come quelli grandi." La Bibbia ci ricorda che sono "le volpi piccoline che guastano le vigne" (Cantico dei Cantici 2, 15). E' il compromesso con i piccoli peccati che prepara la strada alle grandi cadute. San Gaspare Bertoni ha scritto: "Fuggire i peccati piccoli: essi sono come i ladroncelli che entrano dalla finestra onde aprir la porta ai ladri grandi" (22 febbraio 1809). Il terzo problema riguarda il materialismo. Quotidianamente siamo bombardati da più di cinquecento messaggi, diretti o subliminali, che ci dicono: "Compra questo, fa quello, vestiti così, abbi questo odore, guida questa, va lì, vieni qui". Continuamente, in maniera assillante, il mondo ci dice di spendere i soldi che non abbiamo per cose di cui non abbiamo bisogno, per impressionare persone che non conosciamo o di cui poco ci importa. "Papà, quanto guadagni all'ora?" con voce timida e gli occhi pieni di adorazione il piccolo bambino salutò il papà che rientrava tardi dal lavoro. Decisamente sorpreso, ma dando al figlio uno sguardo severo, il padre rispose: "Guarda ragazzo, che nemmeno tua madre mi ha mai chiesto una cosa del genere. Adesso stai zitto. Sono stanco". "Papà, ti prego! Dimmelo! Quanto guadagni all'ora?" il bambino insistette. Il padre, per farlo tacere e togliersi quel disturbo di torno, rispose: "Dieci euro all'ora". "Grazie papà! Quindi mi potresti prestare due euro?" chiese il bambino. Arrabbiato per la continua insistenza del figlio, il padre rispose: "Adesso smetti di disturbarmi e vai a dormire!". Terminata in fretta la cena, il padre si sentì in colpa per come aveva trattato il proprio figlio. Forse, pensava, ha davvero bisogno di comprarsi qualcosa. Alla fine, per mettersi il cuore in pace, entrò nella cameretta del figlio. "Stai dormendo?", sussurrò il padre. "No papà. Perché?" rispose il figlio mezzo addormentato. "Ecco i soldi che mi hai chiesto prima" disse il padre. "Grazie papà!" rispose esultando il figlio mentre infilava la sua manina sotto il cuscino e tirava fuori alcune monete. "Ora ho quanto basta! Adesso ho dieci euro!". Il padre guardò confuso il proprio figlio, non riuscendo a capire che cosa volessero dire quelle parole, mentre il bambino continuava: "Papà per favore, potresti vendermi un'ora del tuo tempo?"

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Il Signore ti chiede che tu non assuma la filosofia del lavoro di Satana. Non credere che alzandoti presto al mattino per andare a dormire tardi tu possa soddisfare i tuoi più profondi bisogni. Lascia che sia il Signore a provvedere ad essi. "Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno". Il Salmo non sta inneggiando alla pigrizia, piuttosto dice: "Lascia che Dio sia il Signore della tua casa e della tua città. Abbandonati fiduciosamente in lui. Lascia che sia il tuo Signore quando vai a lavorare, nelle decisioni che prendi, su quanto e come spendi il denaro. Quando le tue priorità sono concentrate nel piacere al Signore, ogni decisione trova il giusto ordine". A ogni cristiano è richiesto di entrare nel mistero dell'abbandono fiducioso in Dio Padre, di esprimerlo con atteggiamenti: a seconda dei doveri della propria concreta situazione. In ogni caso sempre e comunque in una vita sobria, in cui ci sia posto - e un ampio posto - per la fiducia nell'azione della Provvidenza del Padre. 9. Il Salmo chiama noi, Israele, la Chiesa: "amici". Propriamente, l'ebraico ha una parola che è molto più intensa: "beneamati", "prediletti". "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Matteo 6,33): non le tue voglie, i tuoi desideri, ma le tue necessità. E saranno soddisfatte persino nel sonno. Colui che non dorme mai per vegliare sempre su di te e sulla tua famiglia mentre tu dormi, muove i cuori delle persone che incontrerai domani. A volte fa bene ricordare le meraviglie che Dio compie quando l'uomo dorme: la creazione di Eva (Genesi 2, 18-25), il sonno di Abramo quando Dio entra in allenza con lui (Genesi 15, 12) e le rivelazioni a San Giuseppe (Matteo 1, 18-25; 2, 13-14) e ai Magi (Matteo 2, 12), solo per ricordare alcuni esempi.

Versetto 3 - «Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo»

10. Abbiamo ripetuto più volte che il Salmo 126 ci insegna il corretto abbandono fiducioso in Dio. Mentre scrivo sta arrivando in quest'isola del sud-est asiatico la stagione dei monsoni. Da tempo vedo i contadini che preparano le risaie per la pioggia. Il contadino ara il suo campo, sparge il seme, fertilizza la terra, la ripulisce dalle erbacce - sapendo bene che in ultima analisi egli dipende da forze al di fuori di lui. Egli sa che non può comandare al seme di germogliare, e nemmeno può produrre la pioggia e il sole per far crescere e mietere il raccolto. In tutte queste cose egli dipende da Dio. Tuttavia il contadino sa bene che se egli non adempie responsabilmente ai suoi compiti di arare, seminare, fertilizzare il terreno e mantenerlo pulito, non raccoglierà niente quando verrà la stagione della mietitura. Il contadino lavora in collaborazione con Dio, e raccoglierà solo se adempie responsabilmente ai suoi doveri. Coltivare la terra è un lavoro che richiede la collaborazione di Dio e del contadino. Il contadino non può fare quello che Dio deve fare, e Dio non farà la parte di lavoro che spetta al contadino. Educare i figli è un lavoro in collaborazione tra Dio e i genitori. Il Salmo definisce i figli come "dono" e "grazia". Alcuni studiosi della Bibbia arrivati a questo punto del Salmo 126 dicono che originariamente c'erano due salmi separati, poi incollati insieme. Propongono questa interpretazione perché secondo loro c'è una differenza di temi tra il contenuto dei versetti 1-2 e i rimanenti versetti 3-5. Io non me intendo di queste cose, ma non la penso come loro: ci vedo invece una chiara continuazione e progressione di pensiero tra le due parti del Salmo 126. L'argomento dei figli è la migliore esemplificazione possibile dei versetti 1 e 2. Quando una

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persona lavora ha come obiettivo la paga, non un regalo. Il salario è quello che tu puoi costruirti con le tue mani, aumentarlo o diminuirlo a seconda delle tua volontà e capacità. I figli no. Ti sono dati da Dio, e la loro riuscita non dipende esclusivamente da te. Il versetto 3 ti informa che i figli sono "dono" e "grazia"; il regalo di Dio. Tu con le tue mani ti costruisci la casa, Dio con i figli ti costruisce la famiglia. I figli sono dono e grazia del Signore perché, avendoli, impariamo a conoscere qualcosa di più del cuore di Dio. Impariamo a capire in che cosa consiste il mestiere di Dio. Impariamo a sentire il dolore che Egli prova quando vede i suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza e al quale ha dato il meglio di se, andarsene da casa o ignorarlo. I nostri figli ci insegnano a conoscere il nostro Abba (papà). I figli sono dono e grazia non solo perché ci insegnano qualcosa su Dio, ma anche perché attraverso di loro impariamo a conoscere meglio noi stessi. Scopriamo che questi nostri cucciolotti tirano fuori la parte migliore di noi stessi - e anche la peggiore. Il poeta inglese William Wordsworth ha scritto: "The child is father of the man" (il bambino è il padre dell'uomo), indicando che le esperienze educative che un bambino incontra nei suoi primi anni di vita, il fatto di sentirsi amato o rifiutato, formano il carattere di quello che sarà da adulto. I figli sono dono e grazia perché indicano il ruolo sacerdotale dei genitori. Di questo ne abbiamo già parlato quando commentavamo il versetto "se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode". Vorrei ora fare qualche ulteriore considerazione. Nel Primo libro di Samuele il sacerdote Eli ha cresciuto un figlio che non era suo (1 Samuele 1, 24-2, 21). Per diversi anni Eli ha agito come genitore nei confronti di un ragazzetto che si chiamava Samuele. Ma Samuele era stato dato solo in affidamento a Eli, consegnato alle sue cure. In un certo senso, ogni genitore ha una relazione di questo tipo con i propri figli. Dio li ha consegnati a loro perché li educhino. Ecco perché i figli sono "dono" e "grazia", come dice il Salmo. Sapere che i figli appartengono a Dio dovrebbe dare ai genitori un grande senso di fiducia e di abbandono. Significa che il legittimo proprietario dei figli farà in modo che voi abbiate tutti i mezzi e le risorse di cui avete bisogno per farli crescere come Lui vuole. 11. I genitori, inoltre, sono come Eli nel senso che sono anche sacerdoti. Nella lettera agli Ebrei 5, 1-3 ci viene detto che il sacerdote intercede per la sua gente, e che lo fà perché è conscio dei propri peccati e dei propri limiti. Siccome conosce i suoi problemi, il sacerdote è in sintonia con i problemi di coloro che gli sono stati affidati: "Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo". Pensate alle implicazioni per un genitore, chiamato a intercedere, a pregare, per i propri figli. 12. Questo vuol dire che facendo tutto il possibile avremmo degli ottimi figli?. I figli sono dono e grazia non perché essi sono i migliori figli possibili ma perché il Signore dà ai genitori la grazia, il privilegio e le condizioni di amarli nello stesso modo in cui Lui ci ha amati. Riporto una lettera apparsa su Famiglia Cristiana di una mamma che si interroga, delusa, sulla libertà e fiducia concesse ai figli: «Sono una mamma come tante. Una mamma che, quasi tutte le sere, vede i figli adolescenti uscire e non sa se li vedrà tornare. Regolarmente, dopo aver detto loro: "Ciao, non fate tardi, state attenti! ..." arriva il pensiero lancinante e sconvolgente: "Torneranno?" Sì, magari per tornare, tornano. Ma come? Quando? A che ora? Con chi sono stati? E quello che

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guidava l'auto in che condizioni era? Avrà bevuto o fumato qualcosa? Finora sono stata fortunata: sono sempre tornati, anche se alle 4, alle 5 o alle 6 del mattino. E noi genitori a casa ad aspettare! C'è chi dorme ugualmente, sfiancato dalla giornata di lavoro. E c'è chi non ce la fa e rimane lì, con gli occhi sbarrati, nel buio della stanza ad aspettare quel rumore benedetto, quella chiave che, finalmente, gira nella toppa della porta. E tornato! E' quasi mattina, la notte l'hai già persa, ma tuo figlio è a casa! Ma è vita, questa? Quanto dovrà durare? Fino a che punto noi genitori resisteremo, prima di dar fuori di matto? E poi liti a non finire, musi lunghi, prediche, pianti, ricatti... Dove abbiamo sbagliato? Perché i figli ricambiano così il nostro tentativo di dar loro quello che noi non abbiamo avuto? Noi dovevamo sudare e guadagnarci tutto. Il permesso per uscire la domenica pomeriggio era subordinato a una settimana di scuola o di lavoro ineccepibile. Altrimenti, saltava tutto. Bastava un brutto voto o anche non aver eseguito i lavori di casa come voleva la mamma, o un ritardo di dieci minuti sulla tabella di marcia.. e allora non c'erano santi che tenevano: da casa non si usciva! Per avere un po' di libertà, spesso l'unica via era quella di sposarsi. Quando è venuto il nostro turno, ci siamo presi la rivincita: ai nostri figli abbiamo dato molta fiducia, rispetto e libertà. Ma la fiducia ce l'hanno ricambiata con il più completo menefreghismo; il rispetto l'hanno tolto a noi, che siamo ridotti ormai al rango di servi di tutti i loro bisogni; la libertà si è trasformata in egoismo allo stato puro. Non c'è niente e nessuno che venga prima di loro. Non ci sono più doveri, ma solo diritti. La famiglia, il sentimento, il cuore ... per loro non hanno più importanza. Se gli fai osservare qualcosa, si chiudono nella loro stanza e alzano il volume dello stereo per non sentirti. Altrimenti, ti saltano agli occhi e la cosa più benevola che ti dicono è che "sei fuori". Altro tasto dolente, poi, sono le compagnie che frequentano, che sono il risultato dell'eccessiva libertà concessa. Mentre a noi era negata, obbligati com'eravamo a evitare, come la peste, chiunque non fosse più che gradito ai nostri genitori. Noi lasciamo loro la possibilità di scegliersi le persone da frequentare, ma qual è il risultato che otteniamo? Ragazzine di quindici o sedici anni, ben istruite e con una solida famiglia alle spalle, fanno comunella con dei ragazzotti ignoranti, tatuati, pieni di orecchini e chiome variopinte, col cervello impasticcato e con un gergo che non oso definire "da camionisti" per non offendere la categoria. E questa sarebbe la libertà di scelta che abbiamo sognato noi e che abbiamo trasferito ai nostri figli, convinti che ne avrebbero fatto buon uso? Che errore, che utopia! Abbiamo dato per scontato che ciò che ci era stato negato sarebbe stato apprezzato dai nostri figli. E che, anzi, ci avrebbero ringraziato. Come educatori, abbiamo fallito!» (Famiglia Cristiana, n. 6, 2003) Essere bravi genitori non significa necessariamente avere buoni figli. Provate a pensare a quanto scritto nella Bibbia. Dio è il genitore perfetto. Ma guardate ai Suoi figli. Adamo ed Eva sono stati educati nelle migliori circostanze possibili. Con il risultato che hanno preferito buttare via tutto, seguire i consigli di un "serpente", e dare alla luce un assassino, Caino. Nella Bibbia potete leggere continuamente esempi di questo tipo. Guardate a Israele, popolo che Dio si è creato "su misura" e amato teneramente sopra ogni altro: la Scrittura ce lo presenta ostinatamente e cronicamente come figlio incorreggibile e ribelle. Ma è anche altrettanto vero che da famiglie disastrate possono venir fuori i santi. Uno dei drammi dei genitori è la difficoltà, che talvolta e vera incapacità e impotenza, nel trasmettere la propria esperienza di fede. Per tanti genitori cristiani la propria fede è il regalo più

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bello che vogliono dare ai loro figli. Ma le nuove generazioni non sembrano apprezzarla un gran ché. Perché? ci si domanda. Accettare questa situazione, nella certezza che il Signore è in azione anche lì e nel contempo non arrendersi, ma cercare con tutti i mezzi possibili di aprire la strada al Signore nel cuore dei figli. Siamo nelle mani di Dio, noi e la nostra famiglia, nulla sfugge al controllo amorevole del Padre. Ma nel contempo dobbiamo impegnare tutti i nostri talenti perché non vengano rivolte anche a noi le stesse dure parole rivolte al servo inattivo e furbacchione che ha seppellito l'unico talento, l'unica sua possibilità di servizio. Quando un aeroplano decolla dalla portaerei succedono diverse cose. 1) La portaerei è posizionata nella stessa direzione del vento (sottovento). 2) L'aereo sta sotto coperta e viene innalzato sul ponte tramite un ascensore. 3) Gli aerei sono programmati per obbedire ai comandi del pilota e alle leggi fisiche. 4) Chi ha il controllo e la responsabilità ultima è il pilota nella carlinga. Il decollo avviene se tutte queste condizioni vengono rispettate. Quando un figlio viene educato in una famiglia cristiana succedono diverse cose. 1) I genitori puntano il figlio nella direzione verso la quale deve andare (attraverso il loro esempio e le loro parole). 2) I genitori presentano e offrono quotidianamente i loro figli a Dio e alla Sua volontà, nella preghiera. 3) Ciascuno di noi, figli compresi, è creato per obbedire alle leggi dello Spirito Santo, che è amore, obbedienza, perdono. 4) L'aereo può sempre schiantarsi se il pilota prende le decisioni sbagliate, non obbedisce agli ordini della torre di controllo, o non controlla la strumentazione di bordo. "Infatti le cose soggette alla nostra discrezionalità, non vanno ascritte alla provvidenza, ma al libero arbitrio dell'uomo" (San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 2,29). Se i genitori fanno la loro parte, educano i loro figli ad una fede profonda e sincera, essi saranno benedetti da fondamenta solide e sicure. Una volta i genitori godevano dell'autorità morale che nasceva dal ruolo di essere padri e madri. Ora non più: ora rimane solo l'autorevolezza che nasce dall'esempio. E' questa la via che oggi i genitori sono chiamati a percorrere. C'è quella storia dei quattro preti che discutevano tra loro i pregi delle varie traduzioni della Bibbia. A uno piaceva la traduzione della CEI perché la trovava adatta all'uso liturgico. A quell'altro piaceva la traduzione della Nuovissima Versione dai testi originali, delle Paoline perché la trovava vicina al testo originale ebraico e greco. A quell'altro ancora piaceva la traduzione interconfessionale in lingua corrente perché gli sembrava semplice e alla portata di tutti. Il quarto sacerdote rimase soprappensiero un momento, poi disse: "A me piace la traduzione di mia mamma". Sorpresi, gli altri tre preti ribadirono che non avevano mai sentito dire che sua mamma avesse tradotto la Bibbia. "Sì", replicò il quarto. "L'ha tradotta nella sua vita, ed è stata la più convincente traduzione che abbia mai visto."

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Versetto 4 - «Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza»

13. C'è ancora gente che va a caccia con l'arco. Come tanti secoli fa. Come gli indiani dei film western. Per me - e probabilmente anche per te - una freccia è una freccia e basta. Per un arciere, invece, c'è una gran differenza tra una freccia e l'altra. Alcune hanno la cocca - ossia la coda - fatta di plastica, altre invece di vere penne. E ci sono frecce di vario tipo e lunghezza. Alcune sono state pensate e costruite per colpire il bersaglio durante una gara, altre sono state fatte per la caccia. Alcune per cacciare il pesce, altre per la caccia agli uccelli, altre per la selvaggina di grossa taglia. Ma le frecce sono anche molto simili - ognuna di loro è stata accuratamente ideata e modellata, rifinita e bilanciata. E tutte sono state fatte per volare. Tutte sono finalizzate a colpire un bersaglio. Lo scopo di ognuna di esse è creare il massimo impatto possibile su quel determinato bersaglio. Tu sei un papà, una mamma e sei stato benedetto con la grazia di avere dei figli. Ognuno di loro è profondamente diverso dall'altro. Hanno un aspetto fisico differente, interessi diversi, differenti personalità. Ma sono anche molto simili perché ognuno di loro è stato creato con singolare cura e amore da Dio in persona. E ognuno dei tuoi figli è stato modellato e rifinito per volare lontano. Le frecce sono fatte per volare, no? L'arciere usa le frecce per un bersaglio o per la selvaggina. Non possiede frecce per mostrarle. Non le ha comprate a caro prezzo per tenersele nella faretra. La faretra è solo un mezzo che contiene le frecce fino a quando esse non sono pronte per il lancio. Le frecce sono state fatte per andarsene dalla faretra. Le frecce sono fatte per volare. Per colpire un bersaglio. Così è anche per i tuoi figli. Il Salmo 127, 4 dice: "Come frecce in mano ad un eroe sono i figli della giovinezza". Non puoi pensare che i tuoi figli Dio te li abbia dati perché stiano dentro le quattro mura di casa. La tua famiglia è il mezzo che Dio ha scelto per prepararli e modellarli, rifinirli e bilanciarli. Ma viene il tempo - e magari è vicino- nel quale i tuoi figli se ne andranno, partiranno. Sono stati creati per volare. Voluti da Dio per colpire un bersaglio. I tuoi figli sono stati voluti dal loro Creatore (da Dio) perché abbiano un impatto sul mondo. Vivano per uno scopo, abbiano un ideale che li muova, realizzino un progetto. Perché contino qualcosa nel grande piano d'amore del Padre. Dio ha detto ad Abramo: "Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso" (Genesi 18, 19). E' chiaro che, in ultima istanza, sono i tuoi figli ad essere responsabili davanti al Padre per il volo che fanno e il bersaglio che colpiscono. Ma tu, come genitore, come l'arciere, sei responsabile nel lanciare quelle tue preziose frecce al meglio delle tue possibilità. Ricordo che durante l'omelia per la prima professione religiosa di alcune suore filippine, il celebrante continuava a ripetere ai genitori delle professande: "Let them go!" (Lasciatele andare). Lasciare che i figli se ne vadano per la propria strada - a volte anche in contrasto con le aspirazioni dei genitori - è il più grande atto d'amore che i genitori sono chiamati a fare, dopo aver donato la vita ai figli. Ai figli bisogna dare radici e ali. Amarli e proteggerli, farli crescere con un grande senso di Dio e della famiglia e poi... lasciarli andare. 14. Lasciare che i figli se ne vadano per la propria strada è uno dei compiti più importanti dei genitori, ma è anche tra i più difficili.

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Perché è così difficile lasciare che se ne vadano? Perché è così difficile incoccare la freccia e poi divaricare il pollice e l'indice e lasciare che parta? Sembra una contraddizione vero? Si ha paura di perdere la propria influenza. Una persona mi diceva: "Sto facendo tanti sacrifici per mia figlia, per pagarle la scuola, per darle il massimo che posso. Poi, a un certo punto mi presenterà un ragazzo - che magari neanche mi piace - e questo me la porta via!" Abbiamo speso tanti anni a fare sacrifici per questi figli che amiamo pazzamente, li abbiamo curati e protetti, abbiamo pregato per loro, abbiamo agonizzato quando erano malati, combattuto sempre e solo per loro. E non ci si sente proprio felici quando se ne vanno - magari per fare qualcosa che non ci trova d'accordo. Ma c'è anche un'altra ragione per la quale è difficile staccarsi dai figli. Non solo è doloroso, ma è anche confuso. Non si capisce più bene che ruolo i genitori devono avere. Mi sto intromettendo? O lo sto trascurando? Devo parlare? Devo stare zitto? Lascio che ci pensi sua moglie/marito? Li devo invece aiutare? Non è facile sapere quello che si deve fare. La propria posizione - come genitori- non è più chiara come lo era invece prima. Se è vero che è difficile vedere partire i propri figli, è altrettanto vero che questo racchiude in se' anche qualcosa di bello. In primo luogo il senso di aver compiuto una missione preziosa. Di aver fatto la cosa giusta, quello che Dio voleva. Ed è un sollievo che si possano ripetere le stesse parole del vecchio Simeone: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace" (Luca 2, 29). Lasciare che i figli se ne vadano fa in modo, inoltre, che i genitori abbiano un impatto sul mondo che - diversamente - non potrebbero avere. Prova a pensarci. Centinaia di secoli fa, l'invenzione dell'arco e della freccia ha cambiato irreversibilmente il modo di cacciare o di fare la guerra. Per la prima volta un cacciatore o un guerriero potevano colpire la preda o cambiare il volto della battaglia pur rimanendo lontani. Nella stessa maniera i genitori possono incidere sulle altre persone attraverso i figli, in una maniera che, altrimenti, sarebbe loro negata. Gesù, una volta, ha detto ai suoi apostoli: "In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Giovanni 14,12). Magari ti viene spontaneo pensare: "Come possono gli apostoli fare cose più grandi di quelle che ha fatto Gesù? Gesù ha camminato sulle acque, moltiplicato pani e pesci, curato lebbrosi, ha fatto risorgere i morti!". Provate a vedere le vite dei santi. Sant'Antonio abate, che si era ritirato a vivere nel deserto, e San Francesco d'Assisi - per esempio - hanno superato il Maestro nel vivere radicalmente la povertà. "Gesù non era probabilmente tanto privo di beni quanto loro. Gesù non era un miserabile, come pezzenti non erano certamente i suoi discepoli. La loro era la povertà della gente comune, della massa di coloro che vivono modestamente e parcamente del loro duro lavoro, dei magri guadagni" (P. G. Cabra). Ma il problema è anche un altro: l'influenza personale di Gesù era necessariamente limitata a quella piccola porzione della Palestina e a quel contiguo gruppo di persone. Gli apostoli sarebbero stati in grado di compiere cose più grandi anche perché essi sarebbero stati in grado di predicare quel messaggio in ogni angolo della terra allora conosciuta. E lo hanno fatto! Quello che tu, come genitore, sei stato in grado di fare durante la tua vita, i tuoi figli lo possono fare - grazie a te - anche meglio di te. San Paolo ha detto la stessa identica cosa ai cristiani di Corinto: "La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini." (2 Corinzi 3, 2). Quello che San Paolo ha scritto loro è vero anche per i tuoi figli. Dovunque essi vadano, la gente li vedrà e vedrà in essi il risultato dei tuoi insegnamenti. Oggi come oggi ci sono centinaia di persone in Italia che hanno ricevuto un impatto significativo da te e da tua moglie/marito. Persone che forse non conosci e mai

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conoscerai, in posti dove non sei mai stato. Ma educando i tuoi figli e facendoli uscire di casa, essi possono fare cose che tu non potresti fare, entrare in ambienti dove a te l'accesso è quasi impossibile. Questo è uno dei punti di forza della freccia. Ed è per questo che tu devi lasciarla partire se vuoi ottenere risultati. Ma lasciar partire i tuoi figli non è una cosa che fai una volta in vita e poi tutto è finito. E' proprio come usare arco e freccia. Vai fuori e ti eserciti a scoccare la freccia un mucchio di volte. Provi e riprovi fino a quando non senti che sei in grado di centrare il bersaglio. Così Dio, nella sua infinita sapienza, ha fatto in modo che i genitori impratichiscano nel lasciar partire i loro figli - prima di quel definitivo giorno nel quale dicono "sì" a un'altra persona e formano una nuova famiglia. Prova un attimo a pensare: i genitori si impratichiscono nel separarsi dai figli fin dal momento della loro nascita. E' quando viene tagliato il cordone ombelicale. Fin dal concepimento c'è' un'intima, misteriosa condivisione di due vite. Poi, un colpo di bisturi e tutto è finito. Improvvisamente tu tieni fra le tue braccia una piccola vita indipendente. Ci sono molti altri tagli di bisturi nel corso degli anni, non è vero? Dallo staccarsi dall'intimità della poppata al seno materno per succhiare un biberon. Al lasciare tuo figlio in mani altrui. E ricordi la prima volta che li hai lasciati da soli in casa? Quanti avvertimenti non hai dato loro? E quando se n'è andato via di casa -al camposcuola - per la prima volta? E che cos'è il motorino o la macchina se non un serio allenamento a lasciar partire i figli? Il mestiere del genitore è fatto di allenamenti per la partenza dei figli. In ogni scissione hai imparato a sviluppare la tua tecnica, e un po' alla volta ti prepari a vederli partire definitivamente. 15. C'è un'altra importante considerazione da tenere presente - qual è il bersaglio? Verso dove stai lanciando i tuoi figli? La vita è troppo importante per scagliare nel vuoto le preziose frecce che Dio ti ha dato. In primo luogo, come genitori, tu lasci che i tuoi figli vadano verso il loro personale rapporto con Dio e verso la responsabilità che ne deriva. Mosè ha detto al popolo d'Israele: "Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai" (Deuteronomio 6, 6-7). Come genitore spetta a te la più importante parte nell'educazione alla fede dei figli che Dio ti ha donato. Ma quando cominciano ad essere giovani adulti deve essere la loro fede personale che li muove nelle loro decisioni. Il tuo compito di genitore è prepararli a questo. Inoltre, lascia che i tuoi figli vadano verso la maturità umana e verso il matrimonio. E, se Dio ti benedice, verso la vocazione sacerdotale e religiosa. Una volta che la freccia ha lasciato l'arco non ci si possono più attaccare corde alla freccia. E' proprio come sta scritto a riguardo del padre del figlio prodigo, in Luca 15, che vede il figlio andarsene per conto proprio sbattendo la porta di casa. Lascia che il figlio commetta i propri errori. E pur avendo in cuore la morte e il desiderio di dire al figlio quanto stia sbagliando, lo lascia libero. Perché la freccia vola in libertà. Questo significa che, molte volte, ci saranno errori. Il vero amore, quello che Dio continuamente ci dimostra nella Scrittura e nella vita, non rimuove le conseguenze delle decisioni e delle scelte. Essere liberi comporta responsabilità. Possa il Signore donare a tutti voi che avete la benedizione di essere padri e madri, la forza di tirare

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le corde dell'arco con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutte le vostre forze. E di fare di ogni vostra freccia un bersaglio gradito a Dio. Io non so in che situazione di vita vi trovino queste parole. Alcuni di voi stanno preparando l'arco, altri sono genitori con figli ancora giovani e stanno impratichendosi nel lasciar andare la freccia. Altri magari sono genitori con figli che sono pronti per il bersaglio finale, e altri ancora invece hanno scagliato le frecce nel bersaglio diversi anni fa. O sei un figlio che sta per essere lasciato andar via dai genitori. Per quanto diverse le situazioni possano essere, di fronte a Dio siamo tutti allo stesso livello. Siamo figli che Dio nostro Padre ha lasciato partire, dandoci la libertà di fare le nostre scelte. Può essere che le decisioni che hai preso ti stiano portando più vicino a Dio. O può essere invece che, come il figlio prodigo, tu te ne stia andando di casa.

Versetto 5 - «Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici»

16. Certo che la mentalità biblica è ben diversa dalla nostra! Se i figli sono "dono del Signore", "sua grazia il frutto del grembo" l'uomo della Bibbia si chiedeva: "Come posso essere io quello che determina quanta grazia Dio mi deve dare e quando riceverla?" Non solo: quante frecce vuole avere con se' un valoroso guerriero? Tutte quelle necessarie per vincere la battaglia, come minimo. Dal momento che egli non conosce quanti nemici dovrà affrontare, il valoroso guerriero farà in modo di avere tutte le frecce che riesce a portare con se'. Sempre rimanendo nell'ambito della mentalità biblica: "Quante battaglie dovrò affrontare nella vita? Non lo so! Di quanti figli ho bisogno per compiere la mia missione nella vita? Non lo so, ma lo sa Dio." Ai tempi della Bibbia, le famiglie vivevano riunite in clan. Se un nemico si presenta davanti alla porta di casa tua, e tu sei ormai vecchio, è decisamente sollevante sapere che puoi contare sui tuoi 12 figli, 60 nipoti, e forse 300 pronipoti da mettere fra te e il nemico. Una delle più grandi benedizioni, secondo la mentalità giudaica, era uno stuolo numeroso di figli. Le persone sopravvivono nei loro discendenti e un abbondante numero di figli assicurava che il nome e i beni della famiglia venissero conservati. In pratica era un rimanere nell'Allenza. Il versetto 5 ci ricorda che, ai tempi della Bibbia, gli affari si trattavano nelle porte della città, prima che le merci vi entrassero. La porta della città era anche il luogo dove si amministrava la giustizia (cf. Genesi 19, 1; 34, 20-21; Deuteronomio 17, 5). La Scrittura ci ricorda che le vedove e gli orfani erano la categoria sociale più vulnerabile e la più bisognosa di protezione, dal momento che non avevano figli o genitori che salvaguardassero i loro interessi (Esodo 22, 22; Deuteronomio 10, 18; 14, 29; Salmo 94, 6; Isaia 1, 23). Invece, quando un uomo disputa i suoi diritti alle porte della città, non teme un giudice corrotto o un avversario particolarmente ostile se è appoggiato e difeso da una famiglia forte e leale. "Beato l'uomo che piena ne ha la faretra". Per favore, non dire mai che tuo figlio è stata una gravidanza non voluta. Tu forse non l'hai voluta, ma Dio la voleva, e voleva dare quel Suo figlio a te, perché tu lo ami e ne abbia cura. Quel figlio è un regalo che Dio ti ha donato e ai suoi occhi è senza prezzo, tanto da dare il Suo sangue sulla croce. 17. "Non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici". Cercherò di spiegare questa espressione con un esempio. Fate conto che siete in televisione. Luci... camera... Ciak!

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"Signore e signori, buonasera!" [Tengo stretto a due mani un palloncino gonfiato con elio] "Quando un bambino è nei suoi primissimi anni di vita noi ce lo teniamo stretto, proteggendo ogni suo passo e ogni sua azione. Però man mano che cresce e nostro figlio comincia a maturare noi, da genitori responsabili, dobbiamo un po' alla volta allentare la nostra stretta." [A questo punto tengo con la punta delle dita il palloncino all'imboccatura, dove viene gonfiato ed è annodato, e lo agito leggermente] "In un primo tempo diamo a nostro figlio una libertà limitata. Come genitori siamo molto vicini a loro. Vogliamo avere una forte influenza nella loro vita. Vogliamo proteggerli. Tuttavia un po' alla volta, passo dopo passo, anno dopo anno, come nostro figlio continua a maturare e a mostrare una crescita nel senso di responsabilità, è compito di noi genitori allentare un po' alla volta la nostra stretta." [Lentamente faccio scorrere il filo del palloncino tra le mie dita] "Nella nostra vita di genitori capiterà poi il tempo nel quale capiamo che abbiamo fatto la nostra parte - come siamo stati capaci - e che è ora di lasciar andare i nostri figli, affidandoli alla cura di Dio e al soffio dello Spirito Santo." [Lascio andare il palloncino che vola via, in alto] "Vediamo cosa dice Dio a questo riguardo, in 2 Timoteo 1, 5". [Leggo] «Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, anche in te.» Qui san Paolo riconosce Timoteo come un giovane uomo ben solido nella fede, pronto a servire Gesù Cristo. Sempre basandosi su questo versetto, come ha fatto Timoteo a diventare così? Notate come è stata l'educazione e l'esempio della mamma e della nonna di Timoteo che hanno fatto la differenza. La vita di quelle due persone ha lasciato un'eredità che ha cambiato la vita di altri! Grazie per la vostra cortese attenzione. Buonasera!" Questo era quello che volevo dire per spiegare: "non resterà confuso quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici". Non ci deve essere vergogna o confusione per chi ha cercato di educare cristianamente i figli, al massimo delle sue possibilità. Se voi genitori vi fate questi rimproveri, beh... vengono dal maligno, dal nemico. 18. "Non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici". Cerchiamo di riflettere ora su questa Parola di Dio da un'altra angolatura. Dal momento che siamo cristiani, noi non siamo senza difesa di fronte al male e alla sofferenza

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presente nel mondo. Abbiamo a nostra difesa il potere sanante di Dio: il potere spirituale di combattere l'attacco di satana. Ma fin che siamo in questo mondo il male rimane, e le nostre famiglie non ne sono esenti: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Romani 8, 22-23). In modi che non possiamo sempre capire, Dio usa le nostre sofferenze per prepararci per la sua gloria: "Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo" (1 Pietro 1, 6-7). Le nostre famiglie hanno il fondamento della loro speranza nel mondo che verrà. Allora non saranno confuse quando satana, il nemico, si presenterà alla loro porta. Per quanto amore possiamo dare e ricevere ora, per quanta gioia ci possa dare il nostro coniuge e i nostri figli, sappiamo bene che il nostro matrimonio e i nostri figli non ci possono dare una felicità completa e duratura. Solo Dio può e sa farlo. Ma il gusto della felicità che ci dà la nostra famiglia ora è solo un anticipo della pienezza della felicità che il Signore ha preparato per noi.

PREGHIERA FINALE

Tu comandi al seme di germogliare, o Dio nostro Padre, mentre il seminatore dorme. Dona a tutti coloro che lavorano nella costruzione del tuo regno di non confidare nell'opera delle loro mani ma nel tuo aiuto. Ricordando o Padre che la terra da i suoi frutti non per le lacrime dell'uomo ma per quelle del tuo Figlio, possa la Chiesa confidare solo nel Tuo aiuto. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

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APPENDICE 1

Alzi la mano chi non ha partecipato a una festa di compleanno dei 18 anni. Io ci rimango sempre più perplesso. E' diventata purtroppo un passaggio all'indipendenza definitiva, invece che un assumersi le responsabilità dell'età adulta. Vi propongo un'idea per dare a questa festa il vero significato cristiano.

LETTERA AI GENITORI DA UNIRE ALL'INVITO PER LA FESTA DEI 18 ANNI "Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l'uomo che piena ne ha la faretra" (Salmo 126, 4-5 ). Ad un mondo che ha bisogno del suo carattere, dei suoi doni, delle sue qualità e del suo amore per Cristo, noi ________(nome dei genitori), con fierezza e con umiltà annunciamo - nelle orme di Dio Padre - che _______ (nome del figlio), è il figlio amato nel quale ci siamo compiaciuti. Come una freccia fatta non per rimanere nella faretra, ma per essere lanciata nel cuore del bersaglio, noi lasciamo che ________ (nome del figlio) vada ed entri nella sua età adulta. Noi sappiamo che _______ (nome del figlio) è giudizioso, capace e maturo. Lui è il messaggio che noi lasciamo ad un mondo che non vedremo. Lo lanciamo nell'età adulta e a tutte le sue responsabilità. A lui il compito di scegliersi e amare una moglie cristiana e che gli sia di aiuto, a lui il compito di avere dei figli ed educarli nella fede, secondo il progetto di Dio. A lui il compito - datogli da Cristo stesso - di andare in tutto il mondo e di annunciare il Vangelo. ______ (nome del figlio), noi ti amiamo, siamo fieri di te, e ti lasciamo andare perché tu possa essere tutto quello che puoi in Cristo. Per noi, tu sei e sarai sempre nostro figlio. Grazie _______ (nome del figlio) per essere entrato a far parte della nostra vita. Tu sei la nostra benedizione. "Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra. Tu sii forte e mostrati uomo." (1 Re 2,2) "Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti." (1 Cor 16,13) I tuoi genitori, benedetti da Dio, _______ (nome dei genitori).

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APPENDICE 2

Il Salmo 126 nella liturgia e in alcuni commenti dei Padri della Chiesa Il Salmo 126 viene pregato nei Vespri del Mercoledì della 3 settimana del Salterio, e ha come sottotitolo un frammento del versetto di 1 Corinti 3, 9: «Voi siete l'edificio di Dio». Il sottotitolo nei Salmi serve per leggerli e pregarli da cristiani - ossia alla luce di Gesù Cristo. Se leggiamo il versetto di 1 Corinti 3, 9 per intero forse l'interpretazione cristologica del Salmo 126 appare molto più chiara: «Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio». Questo versetto fa parte del contesto nel quale Paolo sta insegnando che tutti devono cooperare alla costruzione del Corpo di Cristo (che è la comunità cristiana), e che sebbene ognuno deve compiere la propria parte, è «Dio che fa crescere» (v. 7). Sant'Ilario scrive come il versetto «Se il Signore non costruisce la casa» (v. 1) possa essere riferito non solo alla ricostruzione di Gerusalemme dopo il ritorno dall'esilio, ma anche e soprattutto alla Gerusalemme celeste e al regno di Dio. Questa città e questo regno erano l'oggetto dei desideri dei patriarchi, della fede degli apostoli, della testimonianza dei martiri, e del pellegrinaggio di tutti i fedeli. L'antico tempio è stato distrutto, continua Ilario, ma noi ora siamo il tempio di Dio: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. » (1 Corinti 3, 16-17). Dio stesso ha costruito questo tempio, non sulla sabbia, ma su pietre vive, che hanno come fondamento gli apostoli e i profeti, con una pietra d'angolo (Gesù Cristo) che tiene tutti uniti, fino a quando non raggiungiamo la piena statura della pienezza di Cristo (cf. 1 Pietro 2, 5; Efesini 2, 20; 4, 13). Esichio scrive che la casa è l'immagine della Chiesa. Chi la costruisce è il Signore, secondo la sua promessa a Pietro: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Matteo 16, 18). Nel suo commento al Salmo 126, del quale leggiamo un estratto nell'Ufficio delle Letture del Sabato della 4 Settimana, Sant'Agostino sviluppa l'idea che il tempio che Salomone costruisce prefigura la Chiesa che Gesù Cristo costruirà. Commentando il v. 2 («Invano vi alzate di buon mattino...») Agostino scrive che quell'alzarsi presto è il simbolo dell'orgoglio. Il lavoro fatto con orgoglio di se stessi è vano. Teodoreto commentando il v. 3 («Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo») afferma che in questo versetto sono contenute e realizzate le promesse fatte ad Abramo: «"Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle" e soggiunse: "Tale sarà la tua discendenza"» (Genesi 15, 5), ossia i cristiani.

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