SCUOLA E CULTURA ANTIMAFIA Ottobre 2011

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S c u o l a E cultura antimafia per un ponte culturale nel mediterraneo www.etnomediterranea.org—email: [email protected] L’inizio di un nuovo anno scolastico, ormai da pa- recchi anni (quanti?) non è stato altro che un “cahier de dole- ances”, caratterizzato da proteste, manifestazioni di piazza più o meno violente e giustificate, carenze di strutture, impegni non mantenuti, pseudo- riforme, “tagli” indiscriminati e, so- prattutto, perenne senso di incertezza e di precarietà. Cos’è cambiato, sostanzialmente, rispetto ad un anno fa? I problemi sono tutti sul tappeto, pressoché invariati e perciò irrisolti per- ché non è cambiato il punto di vista di chi ci governa rispetto alla Scuola ed alla sua valenza nella formazione della nostra gioventù: in sostanza il governo non ha fiducia nella Scuola e non le viene incontro con i provvedimenti adeguati e con le risorse economiche necessarie. E così la Scuola è anch’essa lo specchio della sofferenza, che il nostro Paese attraversa, oggi, in tutti gli ambiti. L’aspetto economico-finanziario è gravissi- mo, manca una vera politica economica e l’Europa ha aspetta- to tutta l’estate quella benedetta “manovra” che ci farà uscire dalla crisi. Ha atteso con una fiducia che noi stessi non abbia- mo perché viviamo molto intensamente le difficoltà del nostro governo a portare avanti un vero progetto di crescita del nostro Paese e ci condoliamo dell’incapacità dei nostri uomini politici di prendere quei provvedimenti che siano efficaci, realizzabili e credibili per superare l’impasse in cui si è arenata la nostra Nazione. A questo punto ci rendiamo conto che il problema della Scuola e della sua funzionalità non occupa certamente il primo posto e che perciò debba essere soprattutto affrontato e portato avanti da chi ci sta dentro, da noi che lo abbiamo scelto come nostra professione e che ancora crediamo in quello che facciamo; tocca a noi far in modo che la Scuola esca da quella palude in cui, passo, passo negli anni, si è trovata ad affondare. A questo punto ci sono alcune considerazioni fondamentali da fare. La prima: l’essere docente dovrebbe essere una scelta e non un approdo fortunoso, una ciambella di salvataggio nella fluttuan- te precarietà dei posti di lavoro della nostra povera regione. Ed i docenti dovrebbero rendersi conto che la formazione e perciò il futuro dei giovani passa dalle loro mani, cioè dalla loro pre- parazione, dalla loro motivazione, dalla loro capacità di porsi, ai giovani, come modello e come punto di riferimento e di confronto, con volontà di dialogo e di raffronto. I mezzi di informazione e di comunicazione cui i giovani fanno continuo ricorso, per giocare, per informarsi, per comunicare con chiun- que, debbono essere gestiti con egual familiarità dai docenti se vogliono entrare nella giusta considerazione dei loro studenti: è indispensabile, infatti, la reciproca stima perché si sviluppi il reciproco rispetto. Continua a pag.3 Restituiamo alla Scuola il suo valore. Editoriale

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SCUOLA E CULTURA ANTIMAFIA Ottobre 2011

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Page 1: SCUOLA E CULTURA ANTIMAFIA Ottobre 2011

S c u o l a E cultura antimafia

per un ponte culturale nel mediterraneo www.etnomediterranea.org—email: [email protected]

L’inizio di un nuovo anno scolastico, ormai da pa-recchi anni (quanti?) non è stato altro che un “cahier de dole-ances”, caratterizzato da proteste, manifestazioni di piazza più o meno violente e giustificate, carenze di strutture, impegni non mantenuti, pseudo- riforme, “tagli” indiscriminati e, so-prattutto, perenne senso di incertezza e di precarietà. Cos’è cambiato, sostanzialmente, rispetto ad un anno fa? I problemi sono tutti sul tappeto, pressoché invariati e perciò irrisolti per-ché non è cambiato il punto di vista di chi ci governa rispetto alla Scuola ed alla sua valenza nella formazione della nostra gioventù: in sostanza il governo non ha fiducia nella Scuola e non le viene incontro con i provvedimenti adeguati e con le risorse economiche necessarie. E così la Scuola è anch’essa lo specchio della sofferenza, che il nostro Paese attraversa, oggi, in tutti gli ambiti. L’aspetto economico-finanziario è gravissi-mo, manca una vera politica economica e l’Europa ha aspetta-to tutta l’estate quella benedetta “manovra” che ci farà uscire dalla crisi. Ha atteso con una fiducia che noi stessi non abbia-mo perché viviamo molto intensamente le difficoltà del nostro governo a portare avanti un vero progetto di crescita del nostro Paese e ci condoliamo dell’incapacità dei nostri uomini politici di prendere quei provvedimenti che siano efficaci, realizzabili e credibili per superare l’impasse in cui si è arenata la nostra Nazione. A questo punto ci rendiamo conto che il problema della Scuola e della sua funzionalità non occupa certamente il primo posto e che perciò debba essere soprattutto affrontato e portato avanti da chi ci sta dentro, da noi che lo abbiamo scelto come nostra professione e che ancora crediamo in quello che facciamo; tocca a noi far in modo che la Scuola esca da quella palude in cui, passo, passo negli anni, si è trovata ad affondare. A questo punto ci sono alcune considerazioni fondamentali da fare. La prima: l’essere docente dovrebbe essere una scelta e non un approdo fortunoso, una ciambella di salvataggio nella fluttuan-te precarietà dei posti di lavoro della nostra povera regione. Ed i docenti dovrebbero rendersi conto che la formazione e perciò il futuro dei giovani passa dalle loro mani, cioè dalla loro pre-parazione, dalla loro motivazione, dalla loro capacità di porsi, ai giovani, come modello e come punto di riferimento e di confronto, con volontà di dialogo e di raffronto. I mezzi di informazione e di comunicazione cui i giovani fanno continuo ricorso, per giocare, per informarsi, per comunicare con chiun-que, debbono essere gestiti con egual familiarità dai docenti se vogliono entrare nella giusta considerazione dei loro studenti: è indispensabile, infatti, la reciproca stima perché si sviluppi il reciproco rispetto.

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Restituiamo alla Scuola il suo valore. Editoriale

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Ultimo numero: Settembre-Dicembre 2010.

Anno XXVII. Numero 3-4.

Quadrimestrale. Distribuzione gratuita.

Nuovo numero: Settembre-Ottobre 2011.

Anno XXVIII. Numero 1-2. Bimestrale.

Invio gratuito on-line.

Reg. Trib. Palermo n. 41 del 12/11/1991

Direttore responsabile: Claudio Paterna

www.etnomediterranea.org

email: [email protected]

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Restituiamo alla Scuola il suo valore. Anna Maria Ajovalasit 3

Dalla vittoria referendaria… Piero Bernocchi 4

La memoria della mano... Claudio Paterna 5

“ LIBERA-mente UNITI ” 6

Le Istituzioni e l’ Unità d’Italia Marta Mussolin 7

Cesare Mori... Roberto Tripodi 9

Insegnamento del “dialetto”… Claudio Paterna 11

La scuola “aperta” Vito Mercadante 12

30 anni fa veniva ucciso dalla mafia Antonino Caracausi 13

Alla scoperta della costituzione… Elena Cino 14

Educare alla costituzione Antonina Tartamella 15

Un mestiere di frontiera… Maria Vita Gambina 17

Manifestazione del 23 maggio Maria Magno 19

In difesa della scuola pubblica… Antonino Caracausi 20

Ridimensionamento nelle scuole… G.B. Puglisi 22

Il Fumetto (prima parte) Vincenzo Anselmo e Salvo Fornaia 23

SOMMARIO

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Restituiamo alla Scuola il suo valore. Editoriale

Seconda considerazione: pretendere già, a partire dalla scuola primaria, che gli alunni imparino ad e-sercitare le loro capacità logiche e creative, senza permettere precoci utilizzi di mezzi che meccaniz-zino le attività ponendo la mente in stand-bye. Se facessimo una rapida inchiesta, quanti giovani san-no più come si fa una divisione dal momento che già dalle classi elementari è imperante e lecito l’uso della calcolatrice? Terza considerazione: la sacrosanta autonomia del-le singole istituzioni scolastiche, e, nel loro ambito, dei singoli docenti per quanto attiene a programmi e programmazioni, non deve far perdere di vista il fine primario della formazione dell’individuo cui le diverse discipline contribuiscono se si riesce a trarre, dai contenuti delle stesse, il valore intrinseco che ne costi-tuisce la peculiarità e la poten-zialità formativa. Valorizzare, quindi, l’apprendimento delle sin-gole materie. Si risponderebbe, in tal modo, alle famose domande, comuni a tante generazioni di studenti non pro-prio volonterosi: a che serve stu-diare la storia o la matematica o la filosofia? Non posso sapere, (ma mi auguro che ciò si sia verificato nella mag-gior parte dei casi) se i docenti abbiano approfittato di tali circo-stanze per richiamare l’attenzione dei giovani sulla responsabilità individuale di af-frontare l’iter scolastico con la consapevolezza che le diverse tappe non sono altro che momenti, logici e consequenziali, mirati alla loro crescita umana che non può avvenire se non attraverso la sistema-tica, personale elaborazione di dati, informazioni e conoscenze dirette. La cultura è un patrimonio personale che non si acquisisce per contatto o per trasmissione meccanica, ma si serve di metodolo-gie, indicazioni e mezzi, questi sì, forniti dall’espe-rienza dei docenti. Ma se si parla di cultura, ricordiamoci che il nostro è un Paese che ha vissuto momenti esaltanti nel campo dell’arte, della poesia, della letteratura, con opere di valore perenne ed universale, prodotte in tale quantità da ispirare proseliti e correnti di pensiero oltre che attirare, purtroppo, anche ladri

e fraudolenti. E la cultura non è livellamento di cervelli ed appiat-timento di caratteri, ma deve poter tramandare di generazione in generazione le peculiarità che di-stinguono un Paese da ogni altro. I popoli sono tutti diversi perché ognuno ha la sua storia che va prima conosciuta, poi salvaguardata ed infine arricchita dall’apporto delle nuove gene-razioni. E non pensino di essere “moderni” quei docenti che negli ultimi decenni hanno glissato sulla figura e l’opera di Dante Alighieri che abbiamo visto rina-scere, a forza, attraverso uno schermo televisivo, se non altro “recuperato” da un attore, notissimo, da oscar cinematografico. Potenza della comunica-

zione mediatica! Sono gli adulti, quindi, che per primi debbono continuare a crescere per-ché non si facciano passi indietro e perché si possa dire, con coscienza, che come docenti facciamo di tutto perché la Scuola si rinnovi nel modo più adatto ai tempi che viviamo e che ruotano vorticosamente avanti a noi, precedendoci e stimolandoci. “Riprendiamoci la Scuola” è il libro che il maestro e giornalista cremone-se Alex Corlazzoli ha scritto, presen-tandolo nel corso dell’estate durante un programma televisivo di attualità. Ed aldilà di quella che può essere la posizione giuridica attuale del mae-

stro nella Scuola italiana, e che io non conosco, mi sento di condividerne il messaggio che il titolo in-tende trasmettere, trovandolo rispondente a quan-to in questo articolo da me appena espresso. Ed un messaggio anch’io desidero trasmettere a chi si troverà a leggere queste mie parole. Potreb-be essere utile istituire un Forum permanente che dia la possibilità ai docenti ed ai giovani che lo de-siderino, di esprimere la loro opinione e dare il loro libero contributo di idee: la Scuola appartiene a tutti noi, giovani e meno giovani, perché fa parte del gioco della vita dove accogliere o respingere, condividere o ricusare, ma anche ascoltare e co-municare, dare e ricevere costituiscono l’essenzia-le tramatura dell’esperienza umana.

Anna Maria Ajovalasit

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La straordinaria vittoria referendaria segna una svolta epocale nel nostro Paese. Chiude 30 anni di una catastrofica ideologia che ha esaltato il privato contro il pubblico, la concorrenza spietata contro la solidarietà, le gerarchie contro l’eguaglianza, l’irresponsabili-tà collettiva contro la difesa dei beni comuni, il familismo corrotto e amorale contro la coope-razione sociale e civile. La netta maggioranza degli italiani/e ha detto SI non solo all’acqua pubblica e alla energia pu-lita ma ad una nuova tendenza che privilegia il “noi” all’”io”, che richiede la massima valorizza-zione dei beni comuni, dall’acqua all’ambiente, dalla scuola alla sanità, e che ha chiaro quanto sia decisivo il controllo democratico sui beni pubblici e condivisi. In questo spirito abbiamo scioperato in tutta Italia e manifestato a Roma in difesa di quel grande e primario bene comune che è l’istruzio-

ne pubblica, immiserita e mortificata nell’ulti-mo ventennio Nonostante la gran parte delle scuole fosse chiusa per le pulizie post-referendarie e molti presidi-padroni avessero fatto svolgere illegal-mente gli scrutini prima del termine delle lezio-ni, parecchie centinaia di docenti ed ATA han-no “assediato” per ore il MIUR della ministra Gelmini, affinchè venissero cancellati i disa-strosi tagli alla scuola, il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, l’espulsione dei precari e l’utilizzo dei ridicoli quiz Invalsi per valutare scuole e docenti. I COBAS saranno a Genova per il decimo anni-versario degli eventi dell’anti-G8 del 2011, per tessere, con tutte le strutture sociali, sindaca-li e politiche che si battono in difesa dei beni comuni e della giustizia sociale, una grande al-leanza antiliberista per trasformare radical-mente il nostro Paese e le nostre istituzioni, in stretto collegamento con il più ampio movimen-to altermondialista che, dal Maghreb all’Ameri-ca Latina, lotta per “l’altro mondo possibile”.

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

DALLA VITTORIA REFERENDARIA

ALLA DIFESA DELLA SCUOLA BENE COMUNE

Esperienze

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Più volte sul nostro giornale abbiamo trattato il tema di una "didattica alternativa" incen-trata sui Saperi della manualità e sul tiroci-nio pratico nei luoghi di lavoro. L'opportunità di segnalare una singolare esperienza promossa dall'Università degli studi di Palermo ci induce a qualche riflessio-ne in più sul recupero dei Saperi tradizionali che non vanno ascritti tra le cose da "musealizzare", anzi vanno ripresi tra le cose da mettere in pratica nelle attività didattiche quotidiane. Certo il master è riservato ai laureati di Let-tere, tuttavia lo spirito che guida gli organiz-zatori del corso (il Dipartimento universitario di Beni culturali-Beni storico-archeologici-Beni socio-antropologici, nella cornice ideale del Museo internazionale delle marionette A. Pasqualino) è quanto di meglio possa coniugare la metodologia di studio con le esperienze sul campo relative ai saperi tradizionali. Il Master, interamente finanziato dal fondo sociale europeo, avrà la durata di 1500 ore nell'ambito di un Project Works e si propone di formare professionisti in materia di rac-colta, archiviazione dei saperi e delle produ-zioni tradizionali, con particolare attenzione alle espressioni popolari, materiali e immate-riali, dell'artigianato artistico e popolare. "L'attivazione di un master(che non sarebbe inutile anche per i docenti) in "La memoria della mano"-tutela e marketing dei prodotti artigiani e delle arti popolari"- risponde all'e-sigenza sempre più avvertita nel settore delle attività culturali, di poter disporre di profes-sionisti dei Beni culturali, che a un solido background teorico, affianchino abilità tecni-co-metodologiche necessarie per la ricerca socio-antropologica, indirizzata anche allo sviluppo socio-economico dei territori.

Il master universitario di 2° livello "La memo-ria della mano" mira da un lato alla formazio-ne di esperti in materia di patrimonio cultura-le inerete i Saperi, le tecniche e i prodotti artigianali e di arte popolare: e dall'altro si propone di ,avviare attraverso attività di ri-cerca/azione sul campo, progetti innovativi per il recupero e la valorizzazione dei beni culturali in Sicilia, in particolare gli obiettivi formativi sono i seguenti: -Formare esperti dei Beni Culturali materiali e immateriali, in grado di facilitare le opera-zioni di individuazione e raccolta , di archivia-zione delle espressioni culturali del territorio siciliano e valorizzarle attraverso gli stru-mentio innovativi e tecnoclogici del marketing turistico. -Potenziare le competenze dei destinatari in particolar modo dei "Profili umanistici" in ma-teria di beni culturali e sistemi per la proget-tazione innovativa e consapevoli di questi. -Anticipare le esigenze in termini di qualifi-che sostenendo iniziative per lo sviluppo e la ricerca in particolar modo nel settore cultu-rale, potenziale strumento di crescita econo-mica locale.

Claudio Paterna

LA MEMORIA DELLA MANO:

Un master universitario che ci avvicina ai saperi tradizionali.

Cultura

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Master di II livello

LA MEMORIA DELLA MANO Tutela e marketing dei prodotti artigianali e delle arti popolari

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Manifestazione

“ LIBERA-mente UNITI ”

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Gruppi di scolari e studenti si sono sussegui-ti sul palco e hanno messo in scena le loro emozioni di pace, solidarietà, amore il 9 Giu-gno 2011 alla Sala Teatro dell’ I.T.G.C. e Tu-rismo “Duca Abruzzi” di Palermo , per festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, a conclusione dell’anno scolastico 2010-11, Il Dirigente Scolastico Prof. Salvino Amico, dopo i saluti e i ringraziamenti a tutti gli in-tervenuti, ha sottolineato l’impegno quoti-diano di tutti gli operatori della scuola ed ha esaltato le esperienze musicali o teatrali, considerati strumenti di potenziamento dello apprendimento capaci di favorire, parallela-mente ai saperi curricolari, la crescita indi-viduale e culturale dell’ allievo. La scuola promuove cultura istruendo ed investendo sui giovani, educandoli al riconoscimento dei propri pari nella garanzia dei diritti e dei do-veri, favorendo lo sviluppo dell’ arte e della scienza. La grande scommessa che oggi più che mai la scuola deve vincere è far progre-dire le future generazioni nella conoscenza che non può essere compresa solo intellet-tualmente ma colta anche emozionalmente.

È dai valori della Libertà e dell’ Unità che nasce il senso di cittadinanza e di apparte-nenza, basi della nostra Costituzione che ci rendono liberi di pensare e di agire per il be-ne individuale e collettivo. Si sono esibiti sul palcoscenico: Gli “Atropidi Sgattaiolati” del Circolo Didattico “Raciti”, il gruppo teatro del Duca Abruzzi, il gruppo musicale “Sarabanda” del centro Astalli, gli allievi della Maestra Chiara Dolci al violino, violoncello e pianoforte, alla presenza del Presidente della Provincia di Palermo Avanti, l’Ass. al Patrimonio Cerra, il DS Prof. Di Ca-ro della DD. Raciti, una gradevole perfor-mance di teatro e musica diretta dalla Prof. Patrizia Calandra.

Esperienze

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Le Istituzioni e l’ Unità d’Italia:

Eroi di ieri e di oggi

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"La sFino alla prima metà dell’Ottocento l'Italia non era unita come la conosciamo oggi, ma divisa in tanti stati: il Regno Lom-bardo-Veneto, il Regno di Sardegna, lo Stato della Chiesa, il Regno delle Due Sicilie, i Du-cati di Modena, Massa, Carrara, Lucca e Par-ma e il Granducato di Toscana. Tutti questi stati, fatta eccezione per il Regno di Sarde-gna che era governato dal Re Vittorio Ema-nuele, erano divisi e dominati da potenze straniere come Austria e Spagna. Questa si-tuazione rendeva l'Italia una penisola poco sviluppata ed economicamente arretrata ri-spetto agli altri stati Europei. In questo clima iniziò il Risorgimento, cioè il periodo in cui gli abitanti della penisola die-

dero vita alle iniziative per la sua riunifica-zione. In questa parola è racchiusa la consa-pevolezza di una passata unità politica e cul-turale italiana che doveva rinascere. Dalle ceneri dell’Italia romana, di quella cristiana del Medioevo, dei comuni e delle corti del Ri-nascimento, il concetto di patria rinasceva come casa comune del popolo italiano unito da una comune storia e cultura, ben precedente al 1860. L'unificazione non fu un processo pacifico, ma la conseguenza dei moti rivoluzionari, cioè le battaglie contro lo straniero. Ma i moti

non bastarono e furono necessarie tre guer-re d'Indipendenza per giungere all'Unità. La liberazione della Sicilia, alla fine, avven-ne con l'azione di Giuseppe Garibaldi che aveva un esercito di 1089 uomini, l'im-presa, perciò, è ricordata come la "Spedizione dei mille". Nel 1861 ven-ne dichiarato il regno d'Italia con capitale Torino. Con lo spostamento della capitale a Roma fu infine completato il processo di Uni-tà (1870). Purtroppo il nuovo Regno non garantì il be-nessere dei braccianti siciliani e la loro vita doveva essere ben misera se la malaria, la povertà e la mancanza d'acqua si sommavano all'analfabetismo, a quel tempo assai diffuso, e ancora nel 1861 esistevano luoghi in cui l'affitto e le decime al parroco venivano pa-gati in natura. La disoccupazione era diffusa, tanto che os-servatori dell'epoca riportarono come un contadino del Sud guadagnasse la metà di un suo equivalente del nord. Il sud, inizialmente non è che avesse guadagnato molto dalla ca-duta dei Borbone, anzi i meridionali erano af-flitti anche da nuove tasse e obblighi come la tassa sul macinato (cosa molto grave perché il pane era alla base della dieta siciliana) e il servizio di leva obbligatorio.

La pronipote di Garibaldi

Esperienze

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Queste riforme calate dall'alto, cominciarono ad alimentare il malcontento che vedeva lo sta-to estraneo ed ostile. Purtroppo la sfiducia nelle autorità portò alla nascita di organizzazioni illegali e di bande di briganti che raccoglievano il consenso del popo-lo il quale si ribellava alle decisioni del nuovo stato. Nacque così la mafia, che in seguito di-venne la più importante organizzazione crimina-le del mondo. La mafia tutt'oggi è un'associazione criminale segreta che controlla il territorio nel quale agi-sce tramite la violenza con il fine di guadagna-re, imponendo una legge alternativa e contra-stante lo Stato. La struttura interna è a base piramidale: nel primo gradino ci sono gli "Uomini d'Onore" o i "Picciotti" che formano una fami-glia. Ad ogni famiglia è assegnato un quartiere, il territorio d'azione delle cosche. Al vertice della piramide si trova la "Cupola", in pratica l'insieme di tutti i capofamiglia, che hanno il potere maggiore. Le attività principali della mafia sono quelle della richiesta ai commercianti del "pizzo", lo spaccio e il traffico di droga, l'usura e molto altro, crimini per i quali le persone comuni an-drebbero in prigione per anni. I mafiosi no. La loro politica si basa su due "pilastri": omertà e impunità. L'omertà è la legge del silenzio che si basa sulla paura dei testimoni di attentati e/o crimini in genere, di ritorsioni e vendette . L'impunità consiste nel non essere perseguiti legalmente, essere condannati a pene minime

per gravi reati ed avere trattamenti privilegiati in carcere, atti illegali favoriti da connivenze nell'apparato statale. Tutto questo è esemplificativo del fatto che il potere della mafia è stato talvolta più forte di quello delle istituzioni. L’Italia ha istituzioni molto giovani che spesso non riescono a fron-teggiare un’organizzazione criminale come que-sta. Questa situazione in Sicilia è durata fino a quando, nel Tribunale di Palermo, non è stato creato un gruppo di magistrati e funzionari del-la polizia, il pool antimafia, che si occupava di

far fronte a queste ingiustizie. Tra essi, ricordiamo sicuramente due icone del-la lotta alla mafia, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, entrambi uccisi nel 1992. Il loro principale intento è stato quello di co-stituire una squadra di professionisti anticrimi-ne contando sul fatto che la popolazione avreb-be aperto gli occhi e si sarebbe ribellata. Essi morirono ma il loro ricordo permane, la lo-ro vita, interamente dedicata alla lotta contro la mafia, è stata un esempio per molti, per tutti i siciliani che, stanchi di questo spadroneggiare dei violenti, hanno avuto il coraggio di dire no, di denunciare, di sabotare. Vorrei perciò dedi-care questo mio scritto agli eroi della mafia, non solo a chi è ricordato come esempio, ma an-che a quegli eroi di tutti i giorni, gli eroi a cui nessuno ha dedicato film, gli eroi “anonimi”, che hanno resistito, hanno donato la loro vita per una causa giusta. A voi, coraggiosi eroi del po-polo,uniti dagli ideali di ieri e di oggi.

Marta Mussolin

Briganti

Falcone e Borsellino

Le Istituzioni e l’ Unità d’Italia:

Eroi di ieri e di oggi

Esperienze

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“Abbiamo a Trapani un uomo che non esita a colpire la mafia dovunque essa si alligni. Pec-cato, purtroppo, che vi siano sempre i cosid-detti "deputati della rapina" contro di lui”. Così parlava di Cesare Mori il Procuratore Generale di Palermo nel 1904. Cesare Mori scrisse nel 1923 un saggio dal titolo “Tra le zagare, oltre la foschia”, pub-blicato in Firenze da Carpignani & Zipoli. Mori è ricordato come un uomo del Fascismo, ma in realtà si recò come funzionario di poli-zia a Castelvetrano già nel 1904, dove agì compiendo numerosi arresti e sfuggendo a molti attentati. La verità è che, dall’unità d’Italia, la mafia è stata battuta solo due volte: da Cesare Mori nel 1927 e da Giovanni Falcone nel 1987. Mori nel corso dei suoi rastrellamenti, si distinse per i metodi energici e radicali. A Caltabellotta, in una sola notte, fece arrestare più di 300 per-sone. Quando i giornali parlarono di "Colpo mortale alla mafia", dichiarò: «Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l'a-spetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consenti-to di rastrellare non soltanto tra i fichi d'in-dia, ma negli ambulacri delle prefetture, del-le questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero.» Il 20 ottobre 1925 Benito Mussolini lo nomi-na prefetto di Palermo, con poteri straordi-nari con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di sradicare il fenomeno mafioso nel-l'isola. Questo il testo del telegramma invia-

to da Mussolini: «vostra Eccellenza ha carta bianca, l'autorità dello Stato deve essere as-solutamente, ripeto assolutamente, ristabili-ta in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi». Si insediò a Palermo il 1 novembre dello stesso anno. Attuò una duris-sima repressione verso la malavita e la mafia, colpendo bande di briganti e signorotti loca-li, anche attraverso metodi extralegali (fra cui la tortura, la cattura di ostaggi fra i civili e il ricatto), con l'appoggio di Mussolini, ot-tenne significativi risultati per tutto il bien-nio 1926-27.

Il 1º gennaio 1926 compì quella che fu la più famo-sa azione, l'occupazione di Gangi, roccaforte di nu-merosi gruppi criminali. Passò al rastrellamento del paese casa per casa, arrestando banditi, mafio-si e latitanti. I metodi at-tuati durante quest'azio-ne furono duri e non esitò ad usare donne e bambini

come ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi. Fu per la durezza dei metodi uti-lizzati che venne soprannominato Prefetto di Ferro. I mafiosi superstiti partirono per gli USA. Anche nei tribunali le condanne per i mafiosi cominciarono a essere durissime. Fra le "vittime eccellenti" ricordiamo il generale di Corpo d'Armata ed ex ministro, Antonino Di Giorgio, il quale chiese il sostegno di Mussoli-ni, cosa che non impedì né il processo né il pensionamento anticipato dell'alto ufficiale e le dimissioni da deputato nel 1928. Proprio per questo l’analisi che Cesare Mori fa della lotta alla mafia nel 1923, prima quindi dell’in-carico di Mussolini nel 1925, è particolarmen-te interessante.

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Cesare Mori... Cultura

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... un antesignano del pool antimafia? Nel suo saggio, Mori sostiene una tesi: là dove è in gioco la sicurezza pubblica occorre rimediare alle imperfezioni e alle deficienze del fronte legale. In pratica nel campo della dottrina que-sto criterio può qualche volta contrastare a par-ticolari postulati giuridici e teorici, sta di fatto che la lotta contro la malvivenza è realtà imma-nente e la teoria deve far posto conveniente alla necessità pratica. Mori è contro il rinvio siste-matico dei processi per legittima suspicione in continente, perché i lontani e gli ignari conobbe-ro la Sicilia sotto luce sinistra, ma la fierezza, la dignità e la dirittura dell’anima siciliana sono tali garanzie per cui contestarle il diritto di giu-dicare in proprio è offesa ed in-giustizia. Mori propone quindi scelta dei giurati, garanzia della loro libertà, tutela delle parti lese e dei testimoni, allargamen-to dei tempi per concedere re-spiro all’istruttoria, stringere le valvole alla libertà provvisoria aumento sulla linea del numero dei magistrati (“i quali sono così pochi in Sicilia che l’opera loro, pur mirabile esempio di costante sacrificio, non può bastare a fronteggiare nel tempo e nello spazio la situazione”). Mori insiste nelle sue tesi, che poi applicherà alla propria azione a partire dal 1925, con il so-stegno del Capo di Governo: occorre il procedi-mento d’ufficio e l’obbligatorietà della denuncia per impedire l’azione del soggetto attivo e inqui-natore che oggi la legge combatte allo stato di libertà. Occorre porgere orecchio a che le di-chiarazioni fatte dai danneggiati per confidenza possano essere acquisite al processo attraverso la persona degli ufficiali di polizia. Io non so se Falcone abbia letto “Tra le zagare, oltre la foschia”, ma è evidente che il cammino da lui percorso è stato identico a quello di Mori, tranne l’aspetto di assoluto rispetto delle legit-timità della procedura, che invece Mori forzava, convinto che il fine giustificasse i mezzi. Falco-

ne, come Mori, teorizzò i collaboratori di giusti-zia, il reato associativo, il sequestro dei beni, la tutela dei testimoni, l’aumento dei tempi per l’inda eragine, la collaborazione tra i magistrati. I mafiosi, Michele Greco in testa, non capirono la grandezza di Falcone,;Erano convinti, per aver infiltrato un giudice “cosa loro”, tra i pubblici ministeri, che alla fine se la sarebbero cavata con poco. Ma dovettero subire la loro più dura bastonata dal dopoguerra in poi, proprio a causa di giudici e poliziotti siciliani. Se Mori avesse potuto vedere cosa ha combina-to un Ministro siciliano ai tempi nostri, -cioè e-sattamente il contrario di quanto lui proponeva

per combattere la mafia, in pratica ogni sorta di ostruzio-nismo alle procedure proces-suali, la diminuzione dei tempi dell’indagine, la non obbligato-rietà dell’azione penale e altre facezie simili, che hanno ridato non poche speranze ai mafiosi latitanti, -si sarebbe certamen-te mangiato la sigaretta che teneva sempre fumante appesa al labbro. Non si capisce poi

cosa abbia fatto il consulente del Ministro, il giudice Luigi Birritteri, stimato e autorevole, agrigentino , di proba e illuminata stirpe, che forse, vista la mala parata, avrebbe fatto bene a dimettersi e tornare ad Agrigento a condan-nare i numerosi esponenti della Stidda e di Cosa Nostra. Ai due bisognerebbe regalare “Tra le zagare, oltre la foschia”. A entrambi ricordiamo ancora una volta la frase del Procuratore Generale di Palermo: “Abbiamo a Trapani un uomo che non esita a colpire la ma-fia dovunque essa si alligni. Peccato, purtroppo, che vi siano sempre i cosiddetti "deputati della rapina" contro di lui”. Quel Ministro se n'è andato, ma dietro di lui non si intravvede l’arrivo né di un Mori, né di un Fal-cone. Roberto Tripodi

Cultura

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INSEGNAMENTO DEL "DIALETTO" a SCUOLA o DELLA CULTURA SICILIANA

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La lunga Querelle sull'introduzione come materia curriculare dell'insegnamento del "dialetto" sici-liano a scuola ovvero della Storia e Letteratura siciliana, sembra aver trovato un primo momento di chiarimento con la delibera passata per l'As-semblea regionale siciliana, che tuttavia necessita delle parti attuative. Non è il primo provvedimento che l'ARS approva a riguardo, tant'è che la materia in questione era stata introdotta a titolo sperimentale negli anni ottanta- preceduta da corsi di formazione per gli insegnanti e quant'altro- rendendola parte integrante dei Provvedimenti di Promo-zione Culurale ed Educazio-ne Permanente (assieme ai contributi per le attività museali, culturali, musicali, teatrali e alla lettura dei quotidiani e all'educaz. ri-corrente) D e l l ' i m p a l c a t u r a "istituzionale" che negli anni ottanta si intravedeva per un nuovo indirizzo culturale della scuola siciliana, sono rimasti in piedi i provvedimenti per l'Educazione Permanente, limitatamente alle attività culturali e museali, mentre gli altri capitoli sono passati al Dipartimento per il Turismo, soppressa la legge per la lettura dei quotidiani, passati al Diparti-mento P:I. e Formazione i provvedimenti per l'I-struzione ricorrente e l'aggiornamento degli inse-gnanti. Nulla è stato legiferato di nuovo per le Università Popolari e per le Società di Mutuo Soccorso che a livello locale si occupano di Istruzione e Cultura, nè tantomeno i Centri EDA hanno sorpreso favo-revolmente gli stanziamenti del bilancio regionale. In poche parole, a causa delle gelosie politiche di ogni dipartimento, è stata smembrata tutta una impalcatura che faceva della scuola siciliana uno degli attori principali nell'assimilare l'istruzione all'educazione continua, dalla culla alla bara come si diceva un tempo e che oggi si dice "Longlife e-ducation" nei paesi anglosassoni e scandinavi ,dove il concetto di socialità della scuola prevale sul mo-dello "privato" di tipo capitalistico.

Per salvare il salvabile giunge questo provvedi-mento che reintroduce l'insegnamento della lingua materna(il dialetto) nella scuola, ma con tanti dubbi che in varie fasi gli operatori del settore hanno espresso(si veda ad es.l'articolo di Roberto Tripòdi sul G.d.S. che ha posto in positivo la que-stione introduzione dello studio del Dialetto-lingua-Letteratura, suscitando in altri specialisti della materia come Lo Piparo e Ruffino qualche elemento di critica al progetto reintroduttivo. Certamente per chi è abituato a vedere la cultura

come un tutt'uno che serve a rigenerare l'uomo, appare riduttivo tornare ai moduli regio-nalistici soprattutto in pr esenz a d i una "Cultura" globalizzante che schiaccia chi non s'adegua ad essa. E noi vogliamo essere dalla parte delle m minoranze identitarie che sfifdano la globalizzazione, ma non possiamo dimentica-re e rivendicare

che il Siciliano è stato preso a modello dall'intera letteraura italiana, da Dante in poi. Paradossalmente rivendichiamo la nostra identità linguistica e culturale ma non dimentichiamo le nostre radici mediterranee(vedi Battiato)e ro-manze. La querelle potrebbe diventare un tormentone se nei provvedimenti siciliani prevalesse quella ven-tata di regionalismo isolazionista che attualmente soffia dalle parti della LEGA NORD o peggio della Partenope filoborbonica. Dunque una sana riflessioni sulle nostre antiche radici identitarie mediterranee ed europee insie-me, e un provvedimento legislativo regionale che guardi alla Storia della Sicilia, come alla Lettera-tura d'essa, da Ciullo D'Alcamo a Camilleri, senza però disprezzare la lingua con cui comunichiamo- da almeno sette secoli ( e non solo da 150 anni , poichè l'unità d'Italia lo era già prima, nella cul-tura) - con gli altri popoli dello "stivale".

Claudio Paterna

Federico II, promotore della scuola poetica siciliana

Cultura

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La Scuola che impartiva nozioni poteva non in-teressarsi di quello che accadeva nel territo-rio; la Scuola educante deve, invece, porsi in rapporto col territorio, ad esso deve rivolgere la sua attenzione, perché i giovani rispecchia-no il territorio in cui vivono e che, in un modo o in un altro, li condi-ziona e perciò li for-ma. Da qui lo studio del territorio sotto l’aspetto economico, sociale e culturale, da qui l’attenzione verso i genitori ed il loro coinvolgimento in tutte le attività della scuola soprat-tutto quelle in cui sono impegnati i loro figli, perché sarebbero anche gratificati nel loro orgoglio personale. Gradualmente la Scuola dovrebbe mettere a disposizione dei genitori, per la loro formazione, strumenti, quali la bi-blioteca ed iniziative culturali che li accostino ai temi di attualità e diano loro i mezzi per ap-profondire le loro conoscenze. Da rivalutare è senza dubbio il giornale scolastico, redatto dagli studenti con la guida dei docenti che ol-tre che affrontare i problemi della scuola de-

ve porsi anche il fine di studiare il territorio per conoscerlo e per definirlo. E centro del territorio deve essere proprio la Scuola nella quale dibattere i problemi del quartiere e cer-care di risolverli facendo riferimento anche alle istituzioni in esso presenti cercando di

coinvolgerle e di ren-derle collaborative. La Scuola, quindi, deve aprirsi, deve porsi an-che fuori di sé ed in-fluire positivamente sul quartiere, miglio-randolo, perché non sia questo, preponderan-te, con tutte le diffi-coltà ed i problemi non

risolti ad influenzare negativamente la Scuola. Conoscere il quartiere, intervenire sui proble-mi e cercarne una soluzione, significa avere il controllo del territorio che diventa di fonda-mentale importanza nella lotta alla mafia, perché nel tempo finirebbe con il ridurre le risorse di cui godono i “capi” dei vari rioni e che per ora sono la forza con cui si impongono e spadroneggiano. Vito Mercadante

LA SCUOLA “APERTA” Cultura

Assemblea di “Addio pizzo” nella aula magna dell’ I.T.I. “A. Volta”

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Il 9 settembre a Piazza Camporeale è stata posta una corona nel luogo in cui è stato ucciso, trenta anni fa il maresciallo Vito Ievolella, medaglia d'Oro al Valore Civile ed è stata ferita la moglie. Erano presenti la massime autorità Alle ore 19, nella sala della Cavallerizza di Palazzo Sant'Elia é stata inaugurata la mo-stra fotografica e di cimeli sulla vita del maresciallo maggiore dei carabinieri ucciso il 10 settembre di 30 anni fa in un agguato mafioso nell'83. Ha tagliato il nastro donna Iolanda moglie di Vito Ievolella.. La mostra, realizzata dal Comando provin-ciale dei Carabinieri Sicilia, con a capo il Generale Luzi con il contributo della Provin-cia, da la possibilità di vedere materiale biografico fornito dal Centro Studi Salvo D'Acquisto e dalla Fondazione Ievolella di Palermo. Gli alunni dell’ Istituto Alberghiero “F.P.Cascino” hanno collaborato alla buona riuscita dei momenti significativi che hanno visto la presenza di un folto pubblico di sensibili estimatori. Antonino Caracausi

Commemorazione

Deposizione della corona a Piazza Camporeale.

Nella foto: Il Generale Luzi, la figlia del Maresciallo, Lucia, donna Iolanda e il maresciallo

Messineo

30 anni fa veniva ucciso dalla mafia

il Maresciallo Maggiore dei Carabinieri Vito Ievolella

Mostra Donna Iolanda, moglie del Maresciallo Vito Ievolella e il Presidente della Provincia di Palermo, Avanti, inaugurano la mostra a Palazzo Sant’Elia

Esperienze

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Le avventure di Mauro alla scoperta della Costitu-zione Italiana è il titolo del racconto che nel cor-rente anno scolastico ha portato gli alunni della classe IV B della scuola primaria a sviluppare, con l’aiuto delle insegnanti, tematiche miranti alla tra-smissione di alcuni valori racchiusi nella Carta Co-stituzionale. Protagonista è un bambino di 9 anni, Mauro, che vuole diventare grande. Solo così potrà evitare la condanna di andare ogni mattina a scuola. Un giorno ha una discussione con i genitori: è così arrabbiato con loro che impreca di diventare grande. Non l’avesse mai detto…Come per magia si ritrova nella sua stanza con gli abiti strappati, la barba… Mille avventure capiteranno al nostro protagonista che nel suo viaggio alla scoperta della Costituzione Italiana sarà af-fiancato dal suo amico Paolo. L’idea che la scuola possa es-sere “viva” nel senso che pos-sa sviluppare la creatività dei bambini e rendere gli stessi non dei semplici “consumatori”, ma dei sog-getti attivi produttori di valori e cultura e partecipi della loro stessa crescita è sempre stata centrale nella mia formazione. La scuola ha il dovere di offrire cultura mettendo in grado gli alunni di costruire cultura e deve lavo-rare alla formazione civile delle coscienze educando ad una pratica di democrazia e di partecipazione. L’attenzione verso la Costituzione Italiana come oggetto di riflessione da parte degli alunni è certa-mente un’esperienza positiva e qualificante. La dif-ficoltà nell’aprire un dialogo con i bambini sul tema del rispetto delle regole, sui diritti, sui doveri e sull’essere cittadini anche da alunni è stata supera-ta attraverso la costruzione del racconto sopra ci-tato. Come è stato realizzato il lavoro di scrittura? Pro-viamo ad immaginare una parola grande come un fiocco di neve; proviamo ad immaginare altre parole che si uniscono e formano una frase: il fiocco diven-ta una palla di neve. Proviamo ad immaginare questa palla di neve che rotola giù per un pendìo: ecco che da una parola nasce un discorso, un testo, una fia-ba…

E come la palla è irregolare, si fa, si disfà, cresce, si frantuma, si rifà…così il racconto nasce da poche parole, cresce con altre, si accorcia e si allunga, si smonta, si rimonta in un altro modo…Cioè si crea un qualcosa dal nulla o quasi. Partendo dalla realtà e attraverso stimolazioni dell’immaginazione, della fantasia, ciascun bambino apre la mente ad un mon-do del tutto personale. Ed ecco il racconto sviluppa-to nel libro. Accanto ad un obiettivo prettamente scolastico(insegnare le prime nozioni sulla Costituzione e sulla Convivenza abbracciando l’educazione ambientale, alla salute, il rispetto delle regole)troviamo un o-

biettivo più generale: le fia-be servono alla fantasia, alla musica, alle relazioni inter-personali. Sulla base degli stimoli forniti dalla realtà diventiamo capaci di creare qualcosa di nuovo che si con-cretizza in una produzione. L’attività grafica risulta im-portante per vari motivi: in primo luogo gli alunni si ap-propriano e vivono in prima persona alcuni concetti illu-

strati; sperimentano la propria creatività vivendo in modo giocoso e divertente la scrittura; discutono e si confrontano in maniera collaborativa sui concetti affrontati rompendo così l’isolamento sociale e mi-gliorando l’integrazione dei soggetti diversamente abili,degli alunni stranieri e di quelli più demotivati e “fragili.” Ringrazio di cuore il Dirigente Scolastico Maria Cordone, il Vicario Francesco Camillo, le insegnanti Maria Di Giorgio e Antonina Tartamella perché gra-zie a loro è stato possibile realizzare il libro , te-stimonianza concreta del lavoro fatto durante l’an-no. Un ringraziamento particolare poi alla Presidente dell’associazione “Scuola e cultura Antimafia” Anna Maria Ajovalasit che ha promosso ed attivato du-rante il corso dell’a.s. 2010-2011 molte iniziative sul tema della prepotenza, prevaricazione, bullismo, vandalismo. Attraverso l’intervento di specifiche competenze sono stati delineati i termini e sono stati proposti suggerimenti operativi affinché pro-blemi di tal genere vengano affrontati con la neces-saria decisione per impedire il loro diffondersi.

Elena Cino

ALLA SCOPERTA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA Scuola

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EDUCARE ALLA COSTITUZIONE PER ESSERE PROTAGONISTI

DI UN MONDO MIGLIORE

Esperienze

Un progetto educativo per promuovere e afferma-re la cultura alla legalità ha visto coinvolte le classi quarte della scuola primaria dell' I.C.S “G. Turrisi Colonna / B. D'Acquisto”. Linea guida del progetto: L'educazione è un processo di continua “rinascita” e come tale rigenera le persone nelle quali bisogna suscitare la vera forza vitale che stimoli la coscien-za, anche se ancora in erba, a creare e ricreare valo-ri condivisi per migliorare il tessuto sociale al quale si appartiene e con il quale si collabora per vivere un presente dove si opera per costruire anche un futu-ro migliore. Il progetto si è svolto in continuità con quanto svi-luppato nel precedente anno scolastico con percorsi più diversificati, concordati e pianificati dai docenti: Antonina Tartamella, Maria Di Giorgio, Elena Cino, Sonia Catinella, Rosalba Lupo, Francesco Camillo, Lu-cia Orrù e la Preside dott.ssa Maria Cordone. I percorsi hanno visto le tre classi impegnate sullo stesso fronte con attività diverse,orientate in modo da sviluppare negli alunni il senso d'appartenenza ad una comunità più ampia che è lo Stato Italiano con le sue leggi da osservare e da custodire: alla scoperta dunque della “Costituzione”. I vari percorsi si sono realizzati con laboratori at-tuati sia in tempi curricolari che extracurricolo, per dare l'opportunità a tutti gli alunni di usufruirne e dare loro modo di essere a tutti gli effetti dei veri protagonisti nel proporre, nel fare, nel realizzare. Il precedente anno si sono avviati i bambini a com-prendere cosa significhi diritto, affrontando i temi correlati ai diritti per l'infanzia sanciti nella “Carta Internazionale dei Diritti per l'infanzia”con il sup-porto del racconto: “ Il libro magico di Sofia”scritto e organizzato dalla docente Elena Cino. Nel corrente anno scolastico“ La Costituzione Ita-liana” è stata l'incipit per un approccio didattico più organico che ha dato l'opportunità di sviluppare mol-teplici tematiche finalizzate all'obbiettivo di avvia-re i nostri alunni alla formazione del cittadino onesto e consapevole dell'agire nel legale, nel rispetto delle leggi e di tutte quelle regole che mettono in atto il buon senso in ogni comportamento dell'uomo verso l'uomo, dell'uomo verso la natura, dell'uomo verso gli animali, verso l'ambiente, verso se stesso. Naturalmente, considerata l'età dei nostri alunni, si sono svolte attività confacenti alle loro peculiari possibilità, prediligendo il fare ed il vivere sulla pro-

pria pelle significative esperienze che li hanno con-dotti a riflettere e capire il perché di alcune affer-mazioni espresse nei fondamentali articoli della no-stra Costituzione. Attraverso una storia fantasiosa che mano a mano si è sviluppata, si sono create occasioni per verbalizza-re, per disegnare, per drammatizzare avvenimenti occorsi ad un bambino come loro che improvvisamen-te si ritrova adulto senza alcuna conoscenza delle buone regole che servono per andare avanti nella vi-ta di ognuno di noi. Da qui l'assemblamento di queste esperienze in un libro curato dalla docente Elena Ci-no dal titolo “Le avventure di Mauro “ alla scoperta della Costituzione Italiana.

Pa-

rallelamente nelle altre due classi quarte si è dato più spazio alle creazioni manuali, dove la manipolazio-ne e la lavorazione di creta e cartapesta hanno dato vita alle maschere e alle “pietre della legalità” con un titolo di laboratorio alquanto impegnativo : “SMASCHERIAMO L'ILLEGALITA'” Tutti gli alunni delle classi hanno fatto parte del Coro della scuola, intonando brani pertinenti al tema della Legalità e della Costituzione Italiana, supporta-ti dal gruppo degli alunni percussionisti della scuola secondaria di primo grado, diretti dalla professores-sa Loredana Scalici , assieme ai quali hanno parteci-pato a diverse manifestazioni come: la giornata F.A.I, nel mese di Aprile, il “23 Maggio Giorno della Memoria”, 27 maggio all'I.T.I. A.Volta per comme-morare i Mille Volontari sul Ponte Ammiraglio. Per dare maggiore risalto ai risultati ottenuti dalle attività sopra citate si riportano di seguito alcune testimonianze degli alunni coinvolti.

Antonina Tartamella 15

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Io Giorgia Di Meo, a conclusione delle nostre testimonianze, ringrazio, anche a nome di tutti i compagni, la scuola e i nostri docenti che ci hanno permesso, attraverso varie opportunità, di partecipare a progetti costruttivi e im-portanti per il nostro futuro di onesti cittadini, perché la conoscenza ,l'informazione e l'educazione ad esercita-re i veri valori sono i mattoni che permetteranno alle diverse generazioni (bambini, adulti, vecchi) di restaurare questo mondo rendendolo migliore, nel rispetto della legalità della giustizia e del buon senso nell'agire insieme.

EDUCARE ALLA COSTITUZIONE PER ESSERE PROTAGONISTI DI UN MONDO MIGLIORE

Testimonianze

Mi chiamo Pietro Perez e fre-quento la IV classe elementare. Ho appreso che la Costituzione è nata il primo gennaio del 1948 per volontà di un gruppo di persone che hanno avuto il buonsenso e tutta la buona volontà di sotto-scrivere le regole per affermare le idee di uguaglianza, giustizia, indipendenza e libertà. E con il desiderio e la volontà di rispetta-re e affermare anch'io questi valori, spero di continuare a stu-diare e dopo lavorare per un mondo migliore.

Il mio nome è Salvo di Bartolo, ho par-tecipato con piacere al nostro lavoro , adesso so che la Costituzione è compo-sta da 139 Articoli e, anche se non li ab-biamo potuto studiare tutti, ho capito quanto sia importante conoscerli ed e-sercitarli.

Io sono Aurora Bagnasco e voglio te-stimoniare di avere compreso che la Costituzione è il motore necessario a far funzionare la macchina dello Stato, nel rispetto delle regole in Essa conte-nute. Ogni Stato, infatti, è formato da una enorme comunità di persone le quali, anche se appartenenti a territori di-versi, come per esempio le Regioni, devono rispettare e condividere le re-gole contenute nei 139 articoli.

Mi chiamo Domenico Mirabella e dico che il nostro apprendi-mento è stato gioioso, perché ci siamo divertiti a fare tante belle attività collegate al racconto che abbiamo creato “ Mauro e le sue avventure”,come per e-sempio i tanti bei disegni che abbiamo realizzato che illustra-no alcune parti della storia e le canzoni che abbiamo cantato con il Coro della scuola pertinenti ai valori che dobbiamo rispettare e custodire

Io Francesco Pandolfo ho disegna-to “la scuola è aperta a tutti”ed è venuto proprio un bel disegno e spero che tutti i bambini del mondo possano andare a scuola come me.

Io sono Adriana Mistretta e de-sidero evidenziare che Mauro con il suo amico Paolo ci hanno fatto riflettere su alcuni comportamen-ti sbagliati che si possono correg-gere sin da piccoli, a cominciare dall'impegno e dal lavoro che o-gnuno deve dare per progredire come recita l'art. 1. della Costitu-zione Italiana.

Il mio nome è Riccardo Russo e voglio far presente che è bello partecipare a percorsi formativi come questo, io ho compreso tante cose tra cui anche l'im-portanza dell'art. 3 Tutti i cittadini sono uguali, non soltanto come uguaglianza dal punto di vista fisi-co ma che tutti abbiamo gli stessi di-ritti e doveri.

Sono Davide Cheng, i miei genitori provengono dalla Cina dove lo Stato ha tutt'altre leggi; ho capito quanto sia importante andare a votare per scegliere democratica-mente i rappresentanti alla camera dei Deputati, al Sena-to, alle Regioni e nei Comuni.

Io Marika Maniscalco ho capito l'im-portanza dell'art. 53 che invita tutti i cittadini a concorrere alle spese pubbliche tramite il pagamento di eque tasse, per permettere allo Sta-to il funzionamento delle scuole, de-gli ospedali e di tanti altri enti pub-blici, in quanto, senza la partecipa-zione di tutti noi cittadini, rimarreb-bero chiusi ed inattivi.

Io Carolina Incontrera mi sono interessa-ta molto all'art. 9 che dice “ La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione “. Tramite questo articolo mi sono resa conto della grande importanza della salvaguardia dell'ambien-te e, ad esso connesso, il problema dei ri-fiuti che devono essere differenziati e considerati come una risorsa. Voglio anche testimoniare che la nostra classe ha parte-cipato alla giornata FAI del 26 e 27 Marzo c.a. Abbiamo condiviso l'esperienza di adozione del “Teatro regio di Santa Cecilia” facendo da ciceroni attraverso la musica in quanto abbiamo raccontato la storia del Teatro di

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24 Marzo 2011. “La rivolta dei professori contro i genitori: “Basta aggredirci per i voti dei fi-gli” e al Parini di Milano in cinque se ne vanno”. Due delle insegnanti hanno chie-sto il trasferimento in al-tre scuole e altri tre si di-cono pronti a farlo, per gli

insulti subiti dai genitori durante i colloqui. “Questa scuola è un incubo, ci sono madri che passano le loro giornate a insegnarci come si fa il nostro mestiere e se i figli prendono voti bas-si, ci aggrediscono”. Taranto: “Il professore picchiato a scuola da un papà”. Vicenza: “Maestro richiama all’ordine un alunno disordinato e il papà carabiniere lo pic-chia”. Reggio Emilia, “Ipsia Lombardini”, “genitori irrompono a scuola e schiaffeggiano preside e professori”. Un tempo, i genitori erano alleati con gli inse-gnanti e gli schiaffoni li prendevano i figli se le note di merito erano negative. Oggi, come ap-prendiamo dai media o da esperienze personali, gli insegnanti devono vedersela con papà e mam-me che si schierano dalla parte dei figli. Pare che oggi a scuola si combatta una guerra quotidiana, una “guerra” che è già perduta in partenza, perché il docente, se vuole difendere l’ultimo baluardo di conoscenza e di senso del dovere, contro chi deve lottare? “Contro” dei fruitori di apprendimento ( gli alunni) che recla-mano spesso servizi di “facciata” che in realtà in qualità di fruitori un po’ subiscono,o come un dovere fastidioso da superare con il minimo sforzo. Oggi, l’insegnante non viene visto come persona di riferimento autorevole nell’educazione del ragazzo, circondato dalla protezione dei genito-ri. Una volta, ci si vergognava di aver preso 4. Si ha l’impressione che pochi genitori ritengano importante che i figli imparino davvero qualco-

sa, (piuttosto taluni si preoccupano dei voti e coprono facilmente le assenze). Un tempo, gli insegnanti godevano di una grande stima, il loro lavoro e il loro parere difficilmen-te venivano messi in discussione anzi, se un ge-nitore aveva difficoltà a relazionarsi con il pro-prio figlio, chiedeva aiuto all’insegnante, fidu-cioso nella sua preparazione e nelle sue capacità. Oggi, il mestiere dell’insegnante è difficile, la stima non è più scontata e va conquistata sia in classe sia con i genitori. I professori sono pas-sati dal giudicare all’essere giudicati e oltre ai tagli e alla crisi della scuola pubblica, il docente deve lottare contro la poca considerazione delle famiglie e la difficoltà a rapportarsi con loro malgrado i decreti delegati e gli organi collegiali. Tullio De Mauro, professore emerito dell’uni-versità di Roma “La Sapienza”, nel suo ultimo saggio “Giorni di scuola”, raccoglie con Dario Ia-nes, docente di pedagogia all’università di Bol-zano, “pagine di diario per chi ci crede ancora”. Il libro racchiude racconti e ricordi di insegnan-ti di varia esperienza che diventano una sferza-ta di speranza e anche di fiducia, di cui ci sa-rebbe tanto bisogno in questo mondo della scuo-la in crisi . Chi parla sono gli insegnanti che “ci credono ancora” nella capacità che il proprio la-voro sia importante per risolvere i tanti proble-mi che la scuola italiana ancora oggi soffre e deve affrontare. De Mauro mette in risalto che la scuola italiana è stata capace di superare tante difficoltà e ne dà merito agli insegnanti che hanno saputo cogliere i problemi e superarli con il loro lavoro quotidiano, permettendo all’I-talia di progredire e agli Italiani di crescere. Il libro “Giorni di scuola” racconta la quotidianità del lavoro scolastico con le motivazioni, le diffi-coltà, le storie, la dedizione e l’entusiasmo che permette di andare avanti e fare andare avanti il complesso mondo della scuola.

UN MESTIERE DI FRONTIERA, IN CUI BISOGNA CREDERE....

Recensioni

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Dalle pagine di diario si coglie un atteggiamento positivo, questa “carica positiva” risponde a tut-ti quei” profeti di sventura” che spesso parlano di fallimento della scuola italiana. Il saggio di Tullio De Mauro farà bene al cuore degli insegnanti, ma anche di tanti genitori, è un invito a non disperare, a non gettare la spugna. Se vogliamo fare un confronto tra i contenuti del saggio di De Mauro e il libro della Prof. Pao-la Mastrocola “Togliamo il disturbo, saggio sulla libertà di non studiare”, vediamo i due autori sostenere due tesi diverse, per De Mauro la scuola deve essere aperta a tutti “includere tutti, non uno di meno”. “l’inclusione, la più larga possibile, totale, di ragazze e ragazzi nelle attività delle scuole è un obiettivo che anche per gli aspetti più complicati, per quanto riguarda la disabili-tà, abbiamo cercato dagli anni Settanta in Italia di tenere presente come obiettivo stra-tegico e prioritario”. La Ma-stracola, invece, affronta il drammatico problema di una scuola che ha smesso di insegnare.” Studiare non serve? Togliamo il disturbo”. L’autrice, in modo provocatorio, suggerisce qualche terapia, precisamente, la libertà di non studiare: “Non tutti nascono soldati o sacerdoti o studiosi. C’è anche chi nasce fabbro, fontaniere, meccanico, fotografo. Perché torciamo i giovani? Perché obblighiamo tutti a studiare”? Per gli studenti che l’autrice definisce ”non studianti” la scuola è qualcosa di indefinito, un passatempo e non viene considerata come il momento centrale della loro vita. “I giovani non studiano. E non c’è nessuno che faccia loro comprendere l’impor-tanza dello studio, non lo fa la scuola, non lo fa la famiglia, non lo fa la società”. Se le famiglie remano contro gli insegnanti che vogliono lavo-rare, la scuola non serve più. Meglio togliere il disturbo, appunto. I genitori sempre schierati dalla parte dei figli sono il fe-

nomeno più devastante del mondo scolastico. Del resto la scuola e il modo di approcciarsi alla scuola sono il riflesso della società”. Alla do-manda: ”Come sia potuto accadere ciò”? La Pro-fessoressa risponde: “Forse siamo un paese troppo progredito per credere ancora nella scuola” e continua: ” La nostra società è troppo rivolta al piacere. La famiglia media pensa a co-me impiegare il tempo libero nei divertimenti, nello sport, pensa ad avere due telefonini, due auto, in tutto questo la scuola è un disturbo. Ci sono i compiti da fare, c’è da impegnarsi a se-guire i figli….Meglio affidarli alle badanti tec-nologiche, come la tv, internet, le play station”.

La scuola italiana ha ab-bassato terribilmente i suoi livelli di istruzione forse per un malinteso senso di democrazia, ha livellato le richieste verso il basso, producendo una generazione formalmente scolarizzata, ma di fatto priva di ogni requisito di accesso ai livelli superiori

di cultura. Non mi sento di confutare o conte-stare le considerazioni della Mastrocola, ma da insegnante missionaria, votata al sacrificio e alla speranza preferisco attingere alle “pagine di diario di chi ci crede ancora”. Perché, come ricorda Dario Ianes “in questo momento chi ci crede ancora sta entrando in aula con una nuova lezione in testa, si sta confrontando con i colle-ghi durante l’intervallo, sta dando spazio e voce ai pensieri e alle emozioni degli alunni, sta ri-flettendo sulla propria giornata tornando a casa in macchina. E, anche se è sera, chi ci crede an-cora sta costruendo una scheda per qualche a-lunno in difficoltà. Chi ci crede ancora si porta il suo lavoro anche dentro il bagno di casa, cer-to come molte altre professioni, ma il suo “lavoro” gli appare con un volto, un nome”. Maria Vita Gambina

UN MESTIERE DI FRONTIERA, IN CUI BISOGNA CREDERE....

Recensioni

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Sono già trascorsi 19 anni da quel doloroso giorno, in cui persero la vita in modo atroce: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifa-ni e Rocco Di Cillo, tutti e cinque accomunati dall’o-biettivo della totale fedeltà allo Stato. Due navi della legalità, salpate da Napoli e da Civita-vecchia, hanno portato a Palermo tremila studenti, con i rispettivi docenti ed il procuratore nazionale dell’antimafia Pietro Grasso. I ragazzi sono scesi dalle navi, alzando con orgoglio i loro stri-scioni e sono stati ac-colti dai nostri stu-denti con lunghi e scroscianti applausi e con scambi di sorrisi e complimenti. I giovani siciliani han-no poi lasciato volare su nel cielo i loro pal-loncini tricolore e quasi per incanto il ricordo di quel triste giorno si è magica-mente trasformato in una festa. Questo momento ha, in un certo senso, anticipato le parole che avrebbe pronunciato poco dopo il procu-ratore Pietro Grasso, davanti all’albero Falcone: “Nell’anniversario del 150° dell’Unità d’Italia, dob-biamo essere uniti e come un’armata di pace conqui-stare la Sicilia”. In seguito, gli studenti sono stati condotti nei padi-glioni della Fiera del Mediterraneo, dove hanno avu-to modo di fraternizzare ulteriormente. Hanno ascoltato con interesse il discorso del giudice Ayala che ha raccontato alcuni episodi di simpatica e bonaria ironia, di cui erano dotati Falcone e Borselli-no. Grande attenzione è stata rivolta alla drammatizza-zione proposta dai ragazzi dell’I.T.I.S. “A. VOLTA” di Palermo, che insieme al loro docente hanno ravvi-vato un’atmosfera che a tratti diveniva pesante. Nel primo pomeriggio ha avuto inizio il corteo verso l’albero Falcone. I ragazzi procedevano portando il loro striscioni e gridando parole di dissenso nei con-fronti della mafia, con la grinta tipica e con l’entu-

siasmo di essere finalmente considerati giovani im-pegnati, partecipi e consapevoli che il loro futuro dipenderà dalle scelte democratiche che sapranno affrontare. Sicuramente queste manifestazioni contribuiscono alla crescita umana dei giovani più di tante parole, di cui noi educatori spesso ci serviamo per insegnare loro il rispetto delle regole. Abbiamo provato tenerezza durante il corte-

o,nell’osservare i bambini di una scuola primaria che sorreggevano un cartellone, aiu-tati dalle loro mae-stre, e cantavano “La mafia fa schifo pon pon pon…..”. Ci siamo fermati un attimo ad os-servare con simpa-tia un nonno che faceva sventolare una bandierina tri-colore tenuta dalla nipotina, udai ca-pelli biondi e ricci.

Attraverso l’inferriata di una finestra d’asilo, abbia-mo visto bimbetti che, con l’ausilio della loro inse-gnante, cantavano l’inno di Mameli. , Nell’alzare lo sguardo si vedevano sventolare dai balconi lenzuola e bandiere tricolori. Infine siamo arrivati in prossimità del palco, allesti-to davanti l’abitazione del giudice Falcone; visibil-mente commossi, abbiamo ascoltato i nomi delle vit-time di mafia, elencati dal procuratore Pietro Gras-so. La manifestazione si è conclusa con l’inno di Mameli, intonato dal cantante Claudio Baglioni; questo parti-colare momento, a mio avviso, ha rappresentato l’ab-braccio di più generazioni, unite in un unico ideale. Tutti hanno cantato insieme a lui, lasciando volare verso il cielo tutti i palloncini tricolore come se vo-lessero, con questo semplice gesto, abbracciare Gio-vanni e Paolo. Maria Magno I.T. I. “ A. Volta “

MANIFESTAZIONE DEL 23 MAGGIO 2011 IN RICORDO DEI GIUDICI G. FALCONE E P. BORSELLINO

Esperienze

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Dopo il terremoto che ha colpito l’Abruzzo il Presi-dente del Consiglio e il Ministro Gelmimi hanno “riperto” la Scuola con una cerimonia solenne, svol-tasi nei pressi di l’Aquila, in una tenda adibita a Scuola Pubblica, non certo privata. Era il 16 aprile 2009. “Potere educare i figli liberamente; liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli a scuola in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il con-trario di quelli che i genitori vogliono in-culcare ai loro figli educandoli nell’ambi-to della loro fami-glia”. Parole dure per affermare la violen-za della scuola pub-blica italiana dette da chi rappresenta l’Esecutivo senza che il Ministro pre-posto apra bocca e non riesce a difen-dere il proprio ope-rato. La scuola è sicuramente nella mente dei cittadini , ma non lo è in quella di coloro che sono preposti a garantire il suo buon funzionamento. Sotto tutto ciò è evidente la lotta per la scuola “privata” che, specialmente nel meridione, è una realtà poco con-sistente. La maggior parte dei genitori non vogliono una scuola privata, ma una scuola che funziona, Quando il tempo prolungato era il fiore all’occhiello della scuola pubblica, le famiglie facevano a gara per ac-cedervi, anche in assenza della mensa, non per to-gliersi i figli di torno ma per la qualificata e consi-stente offerta formativa che veniva proposta. Poco per volta i governi, anche di sinistra, hanno lavorato ai i fianchi docenti, e alcuni di loro non sentendosi più tutelati e apprezzati, hanno finito per abbassare la guardia. Nel momento in cui l’attacco alla scuola pubblica viene dal capo dell’Esecutivo e dal suo Ministro, che non a caso sponsorizza alcuni centri di formazione, gli operatori del settore si percepiscono negativa-

mente e alcuni abbandonano mentalmente il campo. Fortunatamente le famiglie non abboccano anche se dimostrano di non possedere gli strumenti per contrastare il loro primo nemico: Coloro che rap-presentano lo Stato, quello Stato che ha il dovere di adottare i correttivi adeguati non addebitandoli agli operatori culturali che in questi 150 anni hanno contribuito a formare una nazione che comunque tanta strada deve ancora fare. Forse è vero quel che dice il Premier se pensiamo

che la classe politica di oggi –a tutti i livel-li – viene dalla scuola pubblica: basta guar-dare i risultati ! Forse i docenti do-vrebbero più occu-parsi dei piccoli cit-tadini che dei piccolo scolari. Il momento è insicu-ro e la voglia di di-sinteressarsi può trovare spazio ma ciò non farebbe che raf-

forzare la capacità e volontà distruttiva di coloro che sono chiamati a governare. E’ anche vero che la scuola ha stentato e stenta ad occuparsi dei grandi numeri e per dirla con Don Milani è a volte “un ospedale che cura i sani” . Fon-damentali tentativi di intervenire sui fenomeni di descolarizzazione, stando ai numeri, non ne sono stati fatti e non si è riusciti ad abbattere il feno-meno della fuga dalla scuola. E’ altrettanto vero che spesso , tolte qualche decina di computer, i do-centi sono stati abbandonati al gesso e alle lavagne di ardesia. L’educazione al godimento dell’arte, della musica e alla cura del proprio corpo e alla cura della mente è stato lasciato alla volontà degli insegnanti e non previsto dalla norma. Oggi i ragazzi percorrono strade, internet per e-sempio, che la scuola sfiora. Quando il Premier etichetta gli insegnanti “ di sini-stra ” vuol dire che le responsabilità vengono ad-dossati soltanto a tutti coloro che appartengono all’anello più debole del sistema.

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Quale sia la sagoma dell’insegnante di sinistra sfugge. E’ forse di sinistra il docente che ha de-ciso di lavorare nelle scuole dei quartieri più di-sagiati o nelle carceri o negli istituti professio-nali ? Coloro che sono “costretti” a farlo otten-gono sicuramente risultati scadenti e frustranti per loro stessi. Qualche grido allarmistico è stato lanciato con-tro i libri di testo dei quali si può dire soltanto che costano troppo. La loro scelta avviene in Col-legio e la scelta riguarda il confronto tra diver-sissime proposte editoriali Affermare, oggi, che tutti gli editori sono di sinistra + troppo. Non sa-rà di sinistra né di destra un testo di storia che dedicherà più di quanto merita al berlusconismo. Sarà soltanto di parte e farà un pessimo servizio all’intelligenza degli alunni. Le scuole private che assicurano il risultato fina-le sono ben viste dai perdenti. I migliori cervelli provengono dalle scuole pubbliche. Quanti alunni hanno la capacità di esprimersi li-beramente e con spirito critico all’interno delle cabine elettorali? Non sono stupidi ma sfiduciati. La politica li ha da sempre rabboniti con promes-se mai mantenute. Non ci si può dimenticare della promessa di qual-che anno fa: “ Un milione di posti di lavoro”. Oggi ci si nasconde dietro la crisi internazionale, ma anche USA, Francia, Germania e Giappone sono attanagliati da essa, eppure i risultati sono ben diversi. Il nostro paese e quindi i giovani e le fa-miglie pagano lo scotto del clientelismo delle pas-sate stagioni e dei tentativi di ripresentarsi an-che oggi. Recriminare sul passato tappa gli occhi sul presente. Quali siano gli insegnamenti della famiglia che alcuni governanti fanno propri visto molti politici danno esempi di anti famiglia, sfugge. I principi di uguaglianza, di solidarietà, di acco-glienza, sono oggi soltanto degli enunciati propa-gandistici; vuote parole senza contenuto. Gli emi-grati che hanno retto il Pil del nord sono stati trattati, a volte, come bestie, non soltanto a Lampedusa. Molti sono i nati in Italia che al compimento della maggiore età non hanno diritto di cittadinanza e di voto. La scuola pubblica, con qualche scricchiolio, li

accoglie tutti. Se questo vuol dire che essa è di sinistra ben venga questo spirito di concretezza politica che consente ai ragazzi che vivono in I-talia di crescere. Certamente a loro non sfuggirà mai ciò che hanno dovuto sopportare e spesso soffrire. Gli extracomunitari in molti casi servo-no anche per garantire il mercato della prostitu-zione. La scuola quanto meno accoglie e tenta di argina-re, con gli esigui mezzi di cui dispone, anche se qualche volta mal spesi, molti fenomeni degene-retivi. E’ molto grave che a seguire il “paladino” dei valo-ri familiari siano gruppi che in malafede affron-tano il problema scuola. In tutto questo una voce grida, quella del Presi-dente Napolitano che segue la via costituzionale continuando a scandire parole chiare e inequivo-cabili . Declinare il concetto di libertà a proprio piaci-mento è demagogico. Mai e poi mai i “ figli del popolo” potranno liberamente accedere alle mi-gliori scuole private che comunque non hanno nul-la da insegnare alle scuola Pubblica. Molte di queste ultime hanno raggiunto risultati conside-revoli. Soltanto un esempio: i ragazzi che approdano alle olimpiadi della matematica provengono, per la stragrande maggioranza, dalle scuole pubbliche. I giovani hanno bisogno di esempi soliti e indiscu-tibili, da qualunque parte provengano. Hanno bi-sogno di chi li invita ad esprimere liberamente il proprio consenso elettorale. Hanno bisogno di chi insegna loro che il voto è un diritto e un dovere, non di chi li invita, con scarsissimo senso civico e con grandissima capacità diseducativa, ad andare al mare. Il risultato degli ultimi referendum, al di là del verdetto, hanno esaltato la volontà degli elettori, di esprimersi, e tra essi moltissimi sono stati i giovani. Antonino Caracausi

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La legge 111 del 15 Luglio 2011 ( manovra fi-nanziaria ) prevede all’art. 19 il ridimensiona-mento degli istituti scolastici. Secondo il det-tato dell’articolo di legge, non potranno più esistere scuole con meno di 500 alunni e con meno di trecento alunni le scuole di montagna o ubicate nelle piccole isole. Le scuole elemen-tari devono essere tutte trasformate in isti-tuti comprensivi con almeno 1000 alunni. Già dall’anno scolastico appena iniziato le scuole con meno di 500 alunni hanno perso l’autono-mia e quindi non possono avere un loro dirigen-te scolastico: possono avere un dirigente reg-gente in servizio in altra istituzione scolastica. La premessa al comma 4 dell’art. 19 recita: “ Per garantire un processo di continuità didattica nel-l’ambito dello stesso ci-clo d’istruzione, a de-correre dall’anno scola-stico 2011-2012 la scuo-la dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola se-condaria di primo grado sono aggregate in i-stituti comprensivi…”. La motivazione di tale operazione sarebbe quindi natura pedagogico-didattica e non avrebbe quindi nulla a che fare con i tagli alla spesa pubblica come qualche malpensante avrà immaginato ! Solo che fa-cendo qualche conto risulta che l’applicazione della norma comporterà in Sicilia la perdita di circa 400 posti di dirigente scolastico che poi vuol dire nessun possibile rincalzo di nuovi do-centi sulle cattedre lasciate dai presidi, circa 400 posti di Direttore s.g.a. e approssimativa-mente almeno 600 posti di assistente ammini-strativo. Se tutto ciò lo facciamo rientrare nel novero dei precedenti tagli al personale della scuola valutabili in alcune migliaia di uni-tà in meno, possiamo solo dire che piove sem-pre sul bagnato. Chiuderà la Fiat di Termini Imerese, il cantie-

re navale di Palermo, che sino agli anni 60 con-tava circa 5000 dipendenti oggi ne conta qual-che centinaio: ciò tanto per portare qualche esempio che da l’immagine di una Sicilia con un’economia asfittica, con un alto tasso di di-soccupazione e con giovani senza futuro. La diminuzione dell’occupazione nel pubblico im-piego, al di là delle motivazioni giuste o meno giuste che stanno all’origine, non può che ag-gravare la situazione economica dei siciliani. L’assessore Centorrino contro l’imposizione di ridimensionamento delle scuole, che stravolge quanto previsto dalla legge regionale n.6, ha

presentato ricorso alla Consulta riven-dicando l’autonomia prevista dallo Sta-tuto siciliano e so-spendendo la proce-dura che stava per essere avviata. Ci auguriamo che non sia solo una tardiva impennata d’orgo-glio o di un gesto

isolato, dopo che per circa un sessantennio i politici siciliani sono stati molto “distratti” ri-spetto alle opportunità offerte dall’autonomia. Argomento tornato d’attualità in occasione della recente visita a Palermo del presiden-te Napoletano che ha ricordato che “…l’Autonomia è stata concepita come strumento per garantire lo sviluppo della Sicilia, della sua economia e dell’occupazione. E purtroppo que-sto è un problema gravemente aperto”. In tale circostanza qualcuno si è spinto a dire che l’-autonomia da privilegio si è trasformata in un castigo. Ma è veramente l’autonomia siciliana un’occasione davvero per sempre perduta ? Molto dipende certamente dai nostri politici locali. G.B. Puglisi

RIDIMENSIONAMENTO DELLE SCUOLE E AUTONOMIA DELLA SICILIA

Scuola

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LA DIDATTICA DELLA LEGALITA' INIZIA DA UNA

BUONA UTILIZZA-ZIONE DEL FUMETTO.

Sul mondo del fumetto si è detto tutto ed il contrario di tutto, alcuni studiosi per dargli un maggior peso culturale hanno collocato la sua nascita alla notte dei tempi, altri ancora hanno demonizzato questo mezzo di espres-sione, ritenendolo,per la sua forza irriveren-te,di traviare le giovani menti. Senza assu-mere atteggiamenti di parte si può afferma-re che il fumetto così come il cinema è sol-tanto un mezzo di espressione che può esse-re utilizzato, in diverse maniere, a secondo del messaggio che si vuole lanciare; può esse-re di puro intrattenimento come Asterix o Lamù o farci rivivere pagine di storia come Maus (sull'olocausto ebreo) o Kajimunugatai ( sulle condizioni di vita degli abitanti dell'i-sola di Okinawa durante il secondo conflitto mondiale). A differenza del cinema il fumet-to è stato spesso considerato non un prodot-to artistico, ma un prodotto di massa adatto più ad un pubblico infantile che a un pubblico interessato a tematiche più complesse come quello adulto Se è innegabile che alcuni titoli possono rientrare nella letteratura d'infan-zia dobbiamo sottolineare però che molti fu-metti oltre a quelli appena citati affrontano delle tematiche molto più strutturate ri-spetto al semplicistico rapporto buoni/cattivi, evidenziando una maestria nella resa artistica dei personaggi e nello sviluppo delle tavole. In questi ultimi anni malgrado l'aumento di popolarità del mondo del fumetto, riscontra-ta attraverso, un sempre maggiore afflusso

di pubblico alle fiere già esistenti ed un au-mento delle stesse in tutta Italia, si nota una crisi che colpisce sia il mondo editoriale che di riflesso le singole fumetterie. Molteplici sono le cause di questo periodo di crisi, tra queste possiamo citare: l'aumento eccessivo del costo degli albi, le scelte editoriali poco opportune, un abbassamento della qualità me-dia dei prodotti pubblicati. Questa situazio-ne ha portato ad una drastica riduzione delle fumetterie dovuto paradossalmente ad una diminuzione del parco clienti. Ancora più di ieri, oggi il responsabile di una fumetteria, per poter operare nel mondo dei fumetti, de-ve avere una professionalità ed una sensibili-

tà artistica che gli permetta di analiz-zare la situazione odierna sempre in evoluzione. Una ottima fumet-teria è quella che riesce a coniugare presente e passato attraverso un am-

pliamento del target dei potenziali acquirenti che si diversificano per età e per gusti. Tra le poche fumetterie rimaste a Palermo solo Comics Green (via Generale Dalla Chiesa 48) riesce a soddisfare in maniera trasver-sale l'appassionato di fumetti, ma è anche un punto di riferimento per quei docenti che at-traverso il fumetto trovano uno strumento didattico. Ecco una breve disamina delle principali “scuole” di fumetto, preparata per i lettori di “Scuola e Cultura Antimafia”in vista di u-na diffusione di questo strumento didattico. PRIMA PARTE

Il Fumetto a cura di Vincenzo Anselmo e Salvo Fornaia

Cultura

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Ultimo numero : Settembre-Dicembre 2010. Anno XXVII. Numero 3-4. Quadrimestrale. Distribuzione gratuita. Nuovo numero: Settembre-Ottobre 2011. Anno XXVIII. Numero 1-2. Bimestrale. Invio gratuito on-line. Reg. Trib. Palermo n. 41Del 12/11/1991 Direttore responsabile: Claudio Paterna www.etnomediterranea.org email: [email protected]