SCULTURE TARDOANTICHE, PALEOCRISTIANE ED AL TOMEDIEV … · terraneo (da ricordare quelli di...
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JOSELITA RASPI SERRA
SCULTURE TARDOANTICHE, PALEOCRISTIANE ED AL TOMEDIEV ALI DI OTRANTO
N EL PERCORSO delle espressioni artistiche pugliesi il periodo compreso tra il momento paleocristiano e le manifestazioni dell'XI se
colo è indubbiamente, anche per la scarsezza delle testimonianze, uno dei più difficili da indagare soprattutto per ciò che riguarda la plastica. La decorazione, in gran parte scomparsa, è infatti solo talvolta riutilizzata nei complessi romanici (ciò vale generalmente per i capitelli) mentre a volte, privata dell'originaria funzione decorativa, è riunita, spesso ridotta a frammenti, in ambienti annessi ,o vicini agli edifici da cui proviene. sJ
La necessità di ritrovare l'antico tessuto decorativo non si pone solo come ricerca delle testimonianze di momenti di grande importanza politica ed economica, e di conseguenza di un'attiva produzione artistica, ma anche come possibilità d i indagare, ricostruendo le espressioru dei periodi scomparsi, i fenomeni figurativi successivi strettamente legati a volte, e quasi una conseguenza per gran parte dei casi, dei presupposti precedenti.
Lo studio dei più antichi elementi decorativi della cripta del Duomo di Otranto~~ assume a riguardo pregnante valore sia come indubbio prodotto di una importante situazione storico-politica, sia come indice di quel particolare atteggiamento figurativo, volto alla rielaborazione dei motivi ornamentali, che diverrà tipico delle espressioni romaniche pugliesi, e non solo di questa regione, 3l legate al proprio patrimonio artistico sempre presente come suggestione anche vicino alle più attuali immissioni figurative. In questo particolare clima culturale che registra sotttli interpretazioni tematiche non ci pare perciò del tutto sicura la lettura che, del repertorto plastico della cripta, dà il Wackernagel tendente a riportarlo, salvo alcuni casi di evidente cronologia, al periodo della consacrazione dell'edificio. •> Al contrario il riconoscimento delle più antiche testimonianze nella cripta e nella Chiesa, rivelando le più antiche tendenze culturali dell'ambiente, è prova dell'indiscutibile legame con l'orientamento politico e dello sviluppo economico della città.
Dal momento in cui passa sotto il dominio bizantino, durante il corso della guerra gotica, Hydruntum aumenta l'importanza del centro romano, fortificando la propria posizione politica derivante dalla felice situazione geografica che ne faceva l'inevitabile punto di approdo per Bisanzio e
l'Oriente, giocando pertanto, nelle turbinose vicende di quegli anni, un ruolo sempre più importante proprio per la sua posizione strategica.
La ricchezza commerciale della città e la sua potenza emergono dalla storia della potente famiglia degli Anici (come risulta anche dalle epistole di Gregorio Magno), politicamente implicata con i Goti e i Bizantini in un complesso svolgersi di vicende e di rapporti familiari e politici durante un agitato momento storico. 5l
L'epistola di Gregorio Magno (Registrum Epist. I, X, n. 99) ad Occiliano, tribuno di Otranto, del 599 6> testimonia l'inquadramento della città nel dominio bizantino mediante un tribuna inviato da Ravenna ed il legame ecclesiastico con Roma, 7l orientamenti politici che vedremo provati dalla decorazione plastica, come del resto gli interessi precedenti gravitanti su Bisanzio e Roma.
In rapporto con l'aumentare della potenza della città, roccaforte dei bizantini, è l'affermarsi di una economia attiva sicuramente incrementata dalla relativa stabilità politica, dall'inespugnabile situazione territoriale e dalla valida attività commerciale ricordata anche da Paolo Diacono (Historia Langobardorum, II, 21).
Nel crogiuolo di interessi gravitanti tra Roma e Bisanzio sono pochi i documenti che ci fanno luce completa e proprio l'esame di testimonianze decorative potrebbe dare l'avvio ad ipotesi nuove dal punto di vista storico ed aprire la via a ricerche ancora non battute.
Indubbie ascendenze orientali mostra un capitello di tipo pergamena (fig. 1) a doppio giro di foglie, l'inferiore composto da foglie a cinque lobi, di cui il più ampio ricurvo all'apice, di un intaglio a risalto plastico che acquista vigore e naturalismo dal vibrante contrasto luministico accentuato dalle strette e regolari foglie monolobate, delineate da una nervatura mediana, che chiudono l' invaso. Indubbio il rapporto con i capitelli del Foro Severiano a Leptis Magna (fig. 3), contrassegnati come le basi dal nome di artefici greci: ciò che ha fatto ipotizzare un'importazione dei pezzi già scolpiti. Nel palese riferimento al prototipo l'interpretazione non comune dell'esemplare otrantino lascia supporre, proprio per la presenza delle foglie semplicemente lobate del giro inferiore, un momentC? più tardo. B) Probabilmente vasta la diffusione di questo modello in Puglia, più rara in altre zone
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d'Italia {presente tuttavia nella cripta del Duomo di Sutri), come ne sono prova sia un capitello di S. Gregorio di Bari, 9) di una durezza di intaglio che raffredda il naturalismo dell'esemplare otrantino superato, tuttavia, nell'aderenza a prototipi come gli esempi di Leptis Magna, sia il successo che in epoca romanica ricevette questa tipologia ripresa, insieme ad una tematica paleocristiana, in un altro capitello di San Gregorio di Bari e perdurante ancora in San Basilio di Troia. rol
Più comune, nelle diverse interpretazioni di epoca tardoantica, la tipologia di un capitello corinzio a due giri di fogl ie d'acanto (fig. 2), non pervenutoci integro, da cui partono lisci caulicoli tra i quali è un fiore. La qualità dell' intaglio, non manierata ma al contrario vibrante per le alternanze luministiche, ed il gioco tra la superficie aggettante e incisa delle foglie e gli eleganti, lisci cauJicoli, farebbero supporre una datazione anteriore al V secolo. Di simile tipologia abbiamo capitelli del Palatino ed altri in ambito egi~o, di Alessandria e del Cairo. ul La diffusione di questo esemplare è testimoniata, in Puglia, dai capitelli di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi {fig. 5) e del Duomo di Canosa e, fuori della Puglia, ad esempio, da un capitello riutilizzato in San Pietro in Tuscania, ed indicata dall'indiscutibile fascino esercitato sui lapicidi romanici che io Puglia come nel Lazio ripeterono lo schema spesso rielaborandolo o impoverendolo. ra)
La qualità e la tipologia di un capitello " teodosiano finemente dentellato , , r3l utilizzato nella chiesa dove oggi è in vista solo in parte, non pone dubbi sulla sua derivazione orientale (fig. 6). Se non mancano esempi ravennati '4' da raffrontare all'esemplare otrantino, questo trova i più stretti legami con opere del mondo greco - un capitello del Museo di Corinto (fig. 4) - paragonabili per l'elevata qualità formale, oltre che per la identità tipologica, e per l'uso del trapano che con abile qualità disegnativa segue e sottolinea l'andamento delle foglie. Proprio questa trascrizione aotioaturalistica dei motivi vegetali, ridotti a raffinato traforo, farebbe propendere per una datazione verso la metà del V secolo, mentre l'origine orientale è comprovata, oltre che dalla raffinata esecuzione e dai misurati rapporti cromatici, dalla stessa qualità del marmo.
Prese~'lte nella cripta otrantina anche la tipologia de! C3J?ltell~ a " due zone , (fig. 7) con quattro ~lt alatt agli angoli, assai diffusa nel mondo medtt~rr.aneo, secondo il Bertaux produzione dei rnarmtstt del Proconneso che nel VI secolo avrebbero adottato questo modello per l'esportazione. rs)
Il ~appor~o t~a la massa viminea e gli animali e :~ ttpolog~ d1 questi .ultimi, assai ridotti nello svi-
.l?po e gtà o;tentau verso una rappresentazione pau emblemattca che naturalistica avvicinano lo ~mplare della cripta di Otranto ~d un capitello
San Clemente a Roma del tempo di prete Mer-
curio, databile anteriormente al 533 (fig. 8). E del resto a questa data ci conduce anche il risentito chiaroscuro e l'orientamento verso uno schematismo rappresentativo che sostituisce il raffinato naturalismo dei primi esempi del V secolo. r6l
Ancora all'ambiente di San Clemente ci riportano quattro capitelli di una rara tipologia a trapezio rovesciato (uno tra essi è di proporzioni più allungate) con le facce decorate da motivi animali, geometrici, vegetali, chiusi in cornici mistilinee (fig. 10). La razionale spartizione delle facce, la ferma condotta della decorazione, la stilizzazione dei motivi vegetali e animali, l'estrema raffinatezza della composizione realizzata da due superfici lisce a livelli alternati ci conducono sia alle lastre di San Clemente databili al VI secolo (vicina alla croce di una delle facce del capiteJio è quella di un pluteo di San Clemente), sia alle fronti raveonati di ambone. r1l
Conforto nella decorazione di San Clemente si potrebbe trovare anche per la tipologia delle colonne coperte da motivi vegetali stilizzati (fig. g), oggi utilizzate come sostegno, forse provenienti dalla suppellettile di una chiesa precedente l'attuale. se> Il richiamo aJI'esempio romano si potrebbe citare non solo per la tipologia del motivo della colonna vivificata da decorazioni vegetali, sg) quanto, pur nella morfologia diversa del disegno, per la somiglianza della trattazione del rilievo a superfici lisce contrapposte. Tuttavia la decorazione di alcune sculture decorative di Costantinopoli (fig. I 1) datate dallo Strzygowski 20> all'epoca di Basilio I 2 1> - che sappiamo attivo nella partecipazione alle vicende politiche dell'Italia meridionale attraverso Otranto e responsabile di una rinascita economica ed artistica nella zona-assai simili nel motivo e nel rilievo aJie colonne ottantine, sposterebbe la datazione ad epoca più recente. a3> D'altra parte la limitata evoluzione del mondo bizantino verso un sovvertimento dei valori formali, quale osserviamo nel territorio italiano nel periodo preromanico, e di conse~enza l'aderenza ad un modulo integro nella tradiztonale essenza compositiva, impedisce di co~ gliere con esattezza il divario cronologico, ove sia presente, considerando anche la qualità degli esecutori. In questo crogiuolo di sopravvivenze culturali riesce più facile da intendere qui che in altre regioni, quel legame tematico alle espressioni precedenti della scultura verificabile nell'XI secolo, evidente ad esempio nella trattazione della foglia che elegantemente spartisce i due leoni bicorporati del capitello soprastante: non tanto imitazione quanto condizionamento espressivo del linguaggio fin nelle sue più alte espressioni.
Interessante problematica apre un capitello che sembra incompiuto, solo in parte in vista, a grosse volute e ben delineati ovuli che sormontano una stilizzazione piuttosto insolita, in questa morfo-1ogia, dell'acanto a foglie finemente allargate, partite in lobi dentellati che si toccano, rilevate rispetto
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al fusto cosl da formare un vibrante gioco chiaroscurale (fig. 13). Capitelli ravennati simili per le forti volute e l'intaglio deciso degli ovuli sono generalmente legati nella decorazione alla tipologia del capitello teodosiano e databili al VI secolo. 2 3>
Raro dunque un simile apparato vegetale che sembra richiamare capitelli corinzi del mondo mediterraneo (da ricordare quelli di Gerusalemme citati dal Kauusch) 24l ed esempi ravenna ti come un capitello assai abraso del Museo Arcivescovile di Ravenna (fig. 12), riferibili aUa medesima epoca. Assai prossimo un capitello della cripta del Duomo di Sutri ancora inedito, più strettamente legato ai prototipi ravennati citati. L'esempio otrantino assume tuttavia un interesse particolare non tanto per la poco comune tipologia del suo composito, quanto per il discorso che apre l'imitazione del suo schema, rilevabile in una serie di capitelli che sembrano tramandarne il tipo attraverso un ampio arco cronologico. Ancora del VI secolo, con probabilità, un capitello composito (fig. 14) a volute fortemente arricciate partite da un ovulo ben rilevato al centro delle facce, nel quale è ridotto il motivo vegetale delle foglie lanceolate prive ormai di ogni senso del traforo, mentre l'esecuzione è rude e semplificata. Gli agganci sono con elementi ravennati per la morfologia dell'ovulo che richiama una fronte d'altare del Museo Arcivescovile e ugualmente per gli elementi vegetali privi di ogni valore naturalistico e più stiliz~ti di quelli di un capitello corinzio ravennate datato al V secolo. 2 s>
Altri tre capitelli della cripta (figg. 15, 16, 17) ripetono il medesimo tema impoverendolo nella esecuzione secondo una cifra che, più che essere imputabile ad esecutori locali che riprendono orecchiandoli terni altamente trattati, sembra indicare un'epoca cronologicamente successiva in cui l'acanto spinoso è ridotto a palmette lobate, spesso rozzamente eseguite, e completate disordinatamente da rosette. E gli ovuli cedono il posto ad apici allungati mentre anche le volute si riducono di mordente plastico e, nel più rozzo tra i capitelli, si appoggiano ad anse sporgenti, curioso riecheggiamento degli alti esempi del corinzio.
A definirne l'individuazione cronologica sarà, in questo arduo procedere tra l'ipotesi del persistere di una tradizione durante un ampio arco cronologico e la più facile soluzione di una scadente interpretazione locale, proprio quella morfologia antinaturalistica che introduce l'apice gigliato, la rosetta e soprattutto i l lobo allargato, oltre l'assoluta perdita del rilievo e di ogni gioco chiaroscurale e il comporsi delle foglie in motivi che già accennano (fig. 15) ai caratteri decorativi delle palmette negli astratti disegni dei plutei del IX secolo. In particolare i lobi delle foglie di uno di questi capitelli (fig. 16) non ci sembrano dissimili da quelli che decorano una lastra del Museo Civico di Spoleto che abbiamo datato tra l'VIII ed il IX secolo (fig. 18). 26l E a convalidare questa
data.ziooe basterà il confronto con capitelli decorati da quattro foglie lobate frequenti nella regione nell'XI secolo, dove l'andamento regolare e di nuovo plasticamente risentito sottolinea la discrepanza cronologica.
Forse contemporaneamente nella cripta lavorarono altri artisti che si distinguono non solo per la tematica figurativa, quanto per il livello qualitativo. Mentre infatti gli artigiani che rielaborano gli schemi tipologici precedenti nei capitelli sopra esaminati agiscono con fare trasandato rivelando una tenuta priva di ogni capacità compositiva, in diversa posizione si trovano gli nutori di un gruppo di capitelli che si evidenziano per la qualità del rilievo ed il vigoroso ed originale valore figurativo degli elementi. Tra questi, forse contemporaneo, ma culturalmente diverso, si distingue un capitello a ridotte volute angolari decorato da una croce sulla fronte (fig. 19). L'originalità e la qualità della scultura è rivelata dalle incisioni che con andamento regolare decorano tutta la superficie rendendola, nel contrasto cromatico determinato, una materia luministicamente vibrante. Si possono citare a raffronto, per il gusto alle incisioni che invadono le superfici, un capitello di Ravenna del Museo Na:z;ionale o esempi umbri come un capitello a Ferentìllo. La qualità del rilievo distingue il capitello di Otranto, che si pone come valido esempio del particolare gusto cromatico dell'VIII secolo, raggiungendo il livello proprio, in generale, agli artisti operanti nell'ambiente otrantino. :11l
Ben definito nei valori plastici e tematici il gruppo di cinque capitelli (figg. 20, 21, 22, 23, 24) cronologicamente vicino al capitello trattato precedentemente, e cioè situabile tra l'VIII ed il IX secolo, ma differenziato per la tematica figurativa se non per la condotta dell'intaglio. Raggruppati dal Wackernagel per "i motivi longobardi,, questi capitelli vennero tuttavia inclusi dallo studioso tedesco, a conclusione del suo capitolo sulla plastica della cripta otrantina, nell'attività decorativa relativa all'edifica:z;ione della nuova cripta.
Come nel capitello ad incisioni parallele, è da sottolineare per prima cosa la validità del rilievo e dell'impianto decorativo che non cede al tanto comune " horror vacui , ma rispetta precisi valori compositivi riuscendo, anche per il sensibile aggetto dei motivi decorativi, ad un valido risultato figurativo. Se indubbiamente ciò rivela la gravitazione culturale verso il mondo greco, sottolineata dall'uso del trapano, aSl ne emerge anche la gualit1 dell'artefice. Si è indicato il livello dei lapicidt attivi ad Otranto e puntualizzato il loro rapporto con il m--.cfo di Bisanzio che, sollecitato da motivi politici, va oltre i puri mezzi formali. L 'alta qualit1 dell'autore di questi capitelli non ci sembra, tut· tavia, condizionante per ipotizzare un'origine orientale. Infatti la tipologia decorativa è forse più occidentale (basta ricordare la produ:z;ione italiana del: l'VIII-IX secolo) che orientale: cosi i caulicoli
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arricciati e le foglie a palmetta, le bugne incise a riempire gli spazi vuoti, i motivi a corda, gli occhielli annodati, i ricci. Più insolita è la regolarità del rilievo e l'uso del trapano. Ma questo me~~o, eredità della cultura tardoantica, ripreso fino ad opere del XII-XIII secolo per la facilità degli effetti è comune in ambito italiano; si può citare ad esempio un capitello sutrino (oggi al Municipio della città, ancora inedito, ma riferibile all'VIII- IX secolo: fig. 26), decora~ioni baresi (una lastra reimpiegata sulla facciata di Sant'Agostino) e beneventane forse più tarde 291 mentre si trova anche in opere biuntine come un capitello del M useo di D elfi (fig. 25), definito dal Kau~ch "barbarico", avvicinabile al gruppo otrantino anche per la tipologia e la trattazione degli elementi vegetali. L'elevata capacità decorativa dell 'artista o degli artisti di questo gruppo, piename!lte. manife.stata dal capitello a. tre bahe emergen~a . ~~ mot1':1 .v~getali nei quah le alternate posssbsbtà lumuusuche dell'incavo sono sapien temente sfruttate, è rivelata appieno anche dal capitello con i grappoli (fig. 24). In esso ci sembra da sottolineare un'altra componente della cultura d i questi lapicidi : il riferimento, pur nella tematica a loro coeva, ad esempi figurativi della trad~ione precedente. Se tale tenden~a è comune alla plastica dell'VIII e IX secolo, ci sembra che assuma nell'ambiente otrantino, anche alla luce di quanto segnalato precedentemente, un particolare significato, con~ionatore del linguaggio, provando ancora una volta la continuità figurativa dal tardoantico al romanico che chiaramente si sviluppa senza le fratture imposte da una metodologia di studio che amava, al di fuori del dato oggettivo, un'arte procedente per parabole. E ad esempio il capitello otrantino con i grarpoli rimanda ad uno di Saqqarah (fig. 27) datato a VI secolo, mentre il tema decorativo, comune alle ornamentazioni altomedievali, ritorna nell 'XI secolo, ad esempio, in un capitello del Duomo di Taranto o nello stipite del portale sinistro di San Nicola di Bari con la medesima attenzione ad un motivo sempre attuale.
Una lastra integra ed una frammentaria decorata da nastri a due solchi formanti cerchi annodati, comprendenti rosette, semipalmette affrontate, apici ~igl~~ cor;nposti in specchiature divise da alberelli stihzzau, sono tutto ciò che ci rimane, con due frammenti reimpiegati negli stipiti di una fines~a della cripta, dell'arredo dell'epoca preromaruca (figg. 29, 30). Pu~ nello stato attuale queste decorazioni rive
lano alloro aggancio con i temi ornamentali comuni dalla fine delrvni secolo a Roma, nel centro e ~el ~o~ ltaha ed oltralpe. Si possono con faci htl mdacare rapporti per la tipologia della lastra a rosette <f!g •. 29) con plutei romani come uno di ~ta Maraa !D ~rastevere del tempo di Gregono IV, tuttavaa da una esecuzione di mi.nor rigore
com~sitivo, mentre per il motivo degli apici gigliati ruotanti, presente nell'altra (fig. 30), con una lastra del tempo di Pasquale I a Santa Cecilia (fig. 28), similmente spartita in due specchiature da un montante centrale decorato. Ugualmente diffuso è il motivo ad S contrapposte del bordo. 3o)
Quanto alle palmette affrontate è più difficile ritrovarle, chiuse entro cerchi, in esempi romani o laziali, dove generalmente assumono un andamento a ritmo continuo configurandosi come elementi di un tralcio ondulato (da una lastra di Santa Prassede ad una frammentaria inedita del Museo della Cattedrale di Sutri).
Passando alla caratteristica del rilievo, l'andamento serrato che ricopre senu cedimenti qualitativi tutta la superficie come un tappeto, realizu il gusto dell'epoca di riempire ogni spazio secondo un raffinato e perfetto disegno che denuncia l'opera indubbia di un artista di qualità, legato soprattutto agli indirizzi decorativi del centro e nord Italia e decisamente vicino, per il rilievo organicamente composto, nettamente evidenziato, alle tendenze compositive dell'Italia settentrionale, come indica il raffronto con una lastra di Santa Maria e San Donato di Murano (fig. 31), e, per la perfetta tenuta del rilievo, anche ad esempi d 'ol tralpe. 3Jl
Da sottolineare, come risul tanza d i quest'analisi, è non solo la datazione dei rilievi otrantini al IX secolo, ma soprattutto l'importanza culturale del loro rinvenimento ad Otranto. Essi, infatti, ponendosi in rapporto con un ambito figurativo entro il quale non gravitava generalmente la decorazione pugliese contemporanea, salvo pochi esempi a Canosa (basta infat ti il confronto con le lastre erratiche oggi conservate nei matronei di San Nicola di Bari, legate nel loro andamento tematico con l'ambiente greco e lagunare, ma negli aspetti di filiazione greca), aprono il problema di contatti o importazioni (attraverso l'Adriatico ?) con esempi del Nord per il loro aspetto più eterogeneo alla cultura locale. E indichiamo il mondo figura tivo del Nord proprio per la tipologia del riHevo serrato, ben aggettante, compositivamente perfetto che distacca queste opere anche dai più al ti esempi romani come le lastre di Santa Sabina.
U ritrovare questi esempi ad Otranto non potrà q uindi essere addotto per provare un'origine bizantina della scultura ad intreccio come vorrebbe il Bertaux J~l - ché an~i abbiamo indicato come essi si ponç-ano in antitesi con gli esempi della regione legatt al mondo orientale- ma, al contrario, oltre che per indicare una diversa apertura in un panorama generalmente orientato verso la produzione ravennate e bizantina, per avanzare anche un'ipotesi di contatti non ancora comprovati dall' attività economica e politica di Otranto.
L'analisi della decorazione plastica otrantina, quindi, che testimonia quasi nella totalità i fatti s torici a noi noti, è un indice importante per stabi-
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lire una volta di più la continuità senza fratture delle forme, dal periodo tardoantico all'XI secolo, e per cogliere il particolare aspetto della decorazione pugliese, anche successiva, che riduce ogni suggestione culturale ad espressione locale, impossessandosene fino al punto di trarne una tematica figurativa propria. Le immissioni esterne o vengono immediatamente recepite al punto che, smembrate dalla loro essenza originaria, sono introdotte in un linguaggio che le riproduce senza
t) Alludiamo, ad esempio, alle lastre oggi conservate nel matroneo di S . Nicola di Bari; agli elementi radunati vicino alla tomba di Boemondo nella Cattedrale di Canc>sa; ed a quelli _presenti nella cattedrale di Bovino: sulle quali ci proponiamo un prossimo studio.
al Sulle v1cende architettoniche della cripta del Duomo di O tranto, che fa perciò parte della costruzione consacrata nel to88, si veda R. KRAUTHEIMER, San Nicola di Bari und die apulische Architektur des 12. ]ahrunderts, in Wien. jahrb. /ilr Kunstwiss., IX, 1934, pp. 15-42, e H. TRiiMMLER, Die Baukunst des 11. jahrunderts in Italien, in Rom. fahrb. /iir Kunstgesch., III, 1939, p. 217 ss.
3) Abbiamo indicato come nel L.Wo settentrionale gran parte delle espressioni della decorazione architettonica siano condizionate dalle espressioni precedenti Q. R.ASPI SERRA, Tuscania. Cultura ed espressione artistica di un centro medievale, Roma 1971).
4) M. WACKERNAGEL, Die Plas!ik des XI. und XII. jahrunderts in Apulien, Ltipzig 1911, p. 59, ss., suppone che i capitelli della cripta appartengano al primo periodo di costruzione conclusosi con l'inaugurazione del 1088.
s> Sull'argomento, la comunicazione tenuta da Don Vincenzo Recchia a Taranto in occasione del 6° Convegno di Ricercatori sull'origine del Cristianesimo in Puglia.
6) Cfr. A. ANTONACI, Hydruntum, Galatina 1954, pp. 54-68. Per l' Antonaci (Otranto, Galatina 1955, pp. 167-172) le sigle greche alla base di alcune colonne oggi riutiliuate nella cripta proverebbero la loro appartenenza ad un edificio paleocristiaoo.
7) Per le vicende storiche di Otranto si veda ANTONA<:I, op. cit.
8) Cfr. R. BrANcm BANDINELLI, Roma. La fine dell'arte antica, Milano 1970, p. 267. Su questa tipologia di capitelli s i veda anche R . KAUTSCR, Kapitellen.studien, BerhnLeipzig 1936, p. 2II, che riporta esempi più tardi in ambito greco. li WACKERNAGEL, op. cit., P· 58, mette questo capiteiJo in rapporto a prototipi dt Dafnl, pur accennando nella considerazione delle foglie a rapporti con i capitelli dell'XI secolo.
Il) M. S.u.w, La Chiesa di S. Gregorio in Bari, in Arte Cristiana, 1919, pp. 63-69.
ro) Per l'mterpretazione otrantina di questa tipologia, ripetuta anche in altri esempi della cripta, ci sembra da rifiutare l'accostamento, anche se ipotetico, ad esempi dell'XI secolo, avanzato daJ Wackernagel, a meno che non lo si voglia considerare come sviluppo e persistenza del tema delle foglie lobate che, se pur m un intaglio più rozzo, si trovano, del resto, in opere assai più antiche, come un capitello di Saint-Rémy-de-Provence (cfr. R . BrANCHI BANDINELU, op. cit., fig. 132) databile alla metà del Il secolo d. C., provando perciò la seriorità della tipologia.
ttl R. KAUTZSCH, op. cit., p. 24 ss., tav. 52, 5· 12) Nella cripta si trova un capitello composito nel
quale Ja morfologia è complicata dall'inserimento di un giro di foglie palmate dagli apici ricurvi, forse più tardo.
13) Questa tlpologia di capitelli è cosl detta perché raggiunge la massima espressione tecnica e formale sotto Teodosio 11 (cfr. anche R. KAunscH, op. cit., p. u6 ss. per i presupposti e in particolare a p. 133 ss.).
soluzione di continuità, o rimangono, come le due lastre ottantine ed altri esempi anche successivi, come indici di contatti culturali, apprezzabili nel loro valore di testimonianza.
Indubbia quindi la necessità di estendere oggi una ricerca capillare nel territorio che possa darci veramente misura della portata della situazione decorativa dell'ambiente e come risultanza l'indice del rapporto delle manifestazioni ornamentali con la posizione economica e politica della zona.
14) Tra gli esempi ravennati possiamo citare un capitello del Museo Nazionale (R. OUVIERI F.AJUOLI, Corpus della scultura paleocristiana, bizantina ed altomedievale di Ravenna, Roma 1969, III, fig. 30, cat. 31) di un intaglio meno raffinato e privo dell'uso de.l trapano, mentre sembra più vicino, per l'abile qualità della resa dell'acanto spinoso alleggerito dal trapano, un capitello composito di Sant'Apo.llinare in Classe (P. 0LIV1ERI FARrou, op. cit., fig. 41, cat. 42) datato anteriormente al 549·
t'l E. BERTAUX, L'art dans l'Jtalie Méridionale, Paris !9041 1, pp. 75-76. Sull_a diffusione della. tipologia si veda 11 WACXERNAGEL, op. at., p. 6o, o. 2; 1! KAUTZSCH, op. cit., p. 152 ss. ed in particola.re p. 163 ss., a cui si rimanda anche per i raffronti in ambiente orientale; E. KrnmGER, The Horse and Lion Tapestry, in The Dumbarton Oaks Papers, 3, 1946, pp. 3-?4·
•6> Sulla tirlogia del capitello a due zone e sulla sua diffusione da V secolo si veda R. FARIOLI1 l capitelli paleocristiani e paleobiza.ntini di Salonicco, in Corsi di Cultura sull'Arce Ravennate e Bizantina, 1964, pp. 133-t77. Si vedano a confronto deJJ'esempio di Otranto i capitellì di Salookco citati dalla Farioli.
17) Se allude a questi capitelli ci sembra generico il rapporto instaurato dal D'Andria a proposito di un capitello di Santa Maria di Crepacore (F. o· ANDRIA, Forme rustiche e tradizione colta in due chiese altomedievali pugliesi, in Contributi dell'Istituto di Archeologia, I, 1967, pp. 201-214)·
t8) In nu.mero di sei sono oggi riutilizzate nelb cripta, due sono in parte scanalate a spirale.
19) Citiamo un fusto di colonna di Saqqarah del V-VI secolo, Vecchia Cairo, Museo Copto (A. GRABAR, L'etd d'oro di Giustiniano, Milano 1966, fig. 309) per la ripologia ma non per la resa, nell'esempio di Saqqarah ancora naturalistica. Una colonna decorata con racemi da Tolosa, Notre-Dame de la Daurade, oggi al Louvre, è databile al V- VI secolo (J. HUBERT, J. PORCHER, W. F. VOLBACH1
L'Europa delle invasioni barbariche, Milano 1968, fig. 29). L'uso di colonne decorate continuerà anche io epoca preromanica; r icordiamo le colonne del Museo CriStiano di Brescia, tuttavia anche in questo caso la citazione non riguarda l'andamento del nJievo che ad Otranto, nella trattazione delle superfici a due livelli, richiama strettamente proprio esempi del VI secolo romani o ravennati.
20) ] • STRtYGOWSKY, Inedita der Architektur und Plastik aus der Zeit Basilio I, in Byzantinische Zeitschrift, 3, 1894. pp. 1-16, tav. IV, 5·
2t) Sappiamo che Basilio I inviò a Otranto e Gallipoli truppe oell'867 contro i Saraceni.
:u) Le colonne ottantine allo SCHULT"Z (Denkmaler dir Kunst des Mittelalters in Unteritalien, D resda 186o, If p. 268) ricordano motivi arabi: ma a questo proposito et sembra che le decorazioni arabe citabili, ad esempto quelle della grande Moschea di Kairouan, rimandino ad Wl& comune ascendenza culturale bizantina: G. MuçAIIt Manuel'd'Arc Musulman, Paris 1926, I, pp. 76-77.
23) Si veda ad esempio un capitello in San Vitale (R. OLIVIERI FARIOLI, op. cit., 111, fig. 35).
24) R. KAUTZSCH, op. cit., p. 108 ss., tav. 211 323·
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1, .2 - Ouuntll, Dut.mo (cnpta) - C.tpllclb
!J - Lcptu Marna - Foro StHn.lno -1 - Connto, Mrzuo - C..p11dlo
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7 - Otranto, Duomo (crrpta) - C:apuello
8 - Roma, S . Cl~mrntt - C:lpiltllo
g, lO - OtrontiJ, Duomo (crrplD) - Colon11.1; apuello
11 - Co•l<llllanopoll M ura dtl Srrratlm - Pulvino
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12 - Ro•IVI'"'· ,\fu!M Arru. r(Oa·r/t - C..pltello conn:•o IJ
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1,3-17 - Otranto, Duuma (tnpta) - C..pirelh
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19-23 - Otranto, Du,mo (cripta) - ClpnrU1
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24 - Otmnto, Duomo twpta) - Clp1ttllo
2.7 - VteciU<l Ca""· Mu<fiO Copta - Clplltllo (d.l 5:Ktqòlr.lh)
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25l Per la fronte d'altare del Museo Arcivescovile cfr. P. ANCIOLJNI MARTINELLI, Corpus della scultura paleocristiana bizantina ed altomedievale di Ravenna, Roma 1968, I, fig. 5; quanto al capitello del Museo Nazionale di Ravenna, ci SJ riferisce a quello presentato da R. OuVIERI FARIOLI, op. cit., III, fig. 8.
:16) J. SERRA, La Diocesi di Spoleto, Spoleto 1961, n. 105. 27) Per il capitello di Ravenna datato all'VIII- IX se
colo si veda R. OuvrBRI FARiou, op. cit., III, fig. St. I n marmi ravennati si incontra anche una simile tipologia della croce, come ad esempio nel pulvino di Palazzo Rasponi delle Teste (R. OuvtBRI FARJOLI, op. cit., figg. 1~7 a-b) datato all'VIII secolo. Quanto all'esempio umbro st veda: ]. SE.RRA, La diocesi di Spoleto, cit., tav. XII d. Per il gusto delle incisioni paraiJele si potrebbe ricordare anche una lastra di Ferentillo che realizza, tuttavia in modo assai semplliicato, i moduli figurativi legati ad effetti Juministici propri del secolo.
:18) Frammenti decorativi erratici in p ietra dell'Acropoli di Atene con probabilità di epoca paleocristiana e altomedievale richiamano, per l'insistenza dei fori che punteg~iano le superfici e l'evidenziato rilievo, questi capiteUt orrantini (]. STRZYCOWSKY, Altai- lran und Viilker-
wanderung, Leipzig 1917, fig. 68). L'uso del trapano è individuabile in elementi decorativi provenienti da S. Marco dei Partecipazi (R. CATTANEo, L'architettura in Italia dal secolo VI al Mille circa, Venezia t888, fig. 139).
ag) Per il capitello a stampella del Museo del Sannio cfr. M. Ronu, La Diocesi di Benevento, Spoleto 1966, tav. XXI c). Nonostante i rapporti politici tra il duca di Benevento ed Otranto (Romualdo duca di Benevento giunse fino ad Otranto e successivamente, com'è noto, i duchi di Benevento con alterne vicende cercarono di inserirsi nella politica tra Bizantini, facenti capo ad Otranto, e Longobardi) non sono reperibili, a nostro avviso, contatti tra le testimonianze figurative dell'ambiente beneventano e quello di Otranto.
JOl Si veda per il motivo delle S contrapposte la scheda relativa alla lastra di S. Gregorio di Spoleto, in ]. SERRA, La Diocesi di Spoleto, cit., n. 86, p. 65.
1 1l Il pluteo d1 Murano è datato dal CATTANEO, op. cit., p. 266, al IX secolo. Per gli esempi d'Oltralpe si veda: ] . H UBERT, ]. PoRCKER, W. F. VoLBACH, L'impero carolingio, Milano 1968.
3a) E. BERTAUX, loc. ci t.; lo studioso mette in rapporto la lastra, oggi a.ncora integra, con opere romane e laziali.
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