L'intervista Federico Terraneo soci odi Pallacanestro ... · «Noi nuovi soci ci stiamo dando un...

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L'intervista Federico Terraneo soci odi Pallacanestro Cantù «Conto molto sull'effètto-contagio Ufiituro di Cantù lo scriviamo noi» «Noi nuovi soci ci stiamo dando un gran daffare Bisogna coinvolgere amici e appassionati Da imprenditore non ho resistito al richiamo e ho deciso che avrei dovuto fare qualcosa» DI EDOARDO CERIANI ETÀ 43 ann CURRICULUM Ingegnere gestionale, titolare della Neologistica di Origgio società fondata nel 1999 con i padre Enrico, che si occupa d logistica conto terzi, sfruttandc specifiche levi strategiche qual la velocità, l'approccic personalizzato, la flessibilità nell'adattarsi ai mutamenti de mercato, l'innovazione tecnologica, il rispettc dell'identità e della cultura aziendale e Intenzione ai costi Neologistica conta A insediamenti operativi situati a Nord di Milano O sservare - o, meglio, spia- re - una partita di pallaca- nestro da sotto una rin- ghiera della curva del Pianella quando sei ancorabambino, de- ve essere un po' - e lo cantava Gianni Togni - come guardare il mondo da un oblò. Con la differenza che lui, Federi- co Terraneo, non si è annoiato un po'. Anzi, proprio da quel- l'esperienze, quando al palazzo ci andava con la mamma, ha ini- ziato ad appassionarsi Ora di tempo ne è un po' passato e quel bambino è diventato tito- lare della Neologistica, autenti- co polo dell'eccellenza nel cam- po della logistica per conto terzi, con quattro insediamenti opera- tivi a Nord di Milano. E, in più, è socio della Pallacanestro Can- tù, da quando Anna Cremascoli decise di allargare la compagine per garantire un futuro al club. Terraneo, ci dica: come parte la sua passione per la pallacanestro? È principalmente una questione di osservatore, spettatore e ap- passionato, perché abasket non ho mai giocato. Però sono canto- rino e in città la pallacanestro è davanti a tutto, quindi non pote- vo restarci fuori. E quindi? E quindi ho il nitido ricordo di quando con il mio cuscinetto verde, andavo dietro al canestro e da sotto la ringhiera vedevo la partita insieme a mia mamma. Erano i primi Anni Ottanta. E da lì non ha più mollato? No, per la verità un certo distac- co l'ho avuto, anche pervia degli studi lontano da Cantù. Andai a Milano al liceo e poi a frequenta- re l'università, quindi mi presi una po' di pausa. Che durò quanto? Qualche anno, direi. Un lasso di tempo nel quale della pallacanestro non senti più parlare? Quello no. Come fauno di Cantù, anche se in trasfertaper studiare o lavorare, a non sapere come vanno le cose della squadra della città? E allora come riannodò i fili con il mondo biancoblù? SERIE A Pag. 30

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L'intervista Federico Terraneo soci odi Pallacanestro Cantù

«Conto molto sull'effètto-contagio Ufiituro di Cantù lo scriviamo noi» «Noi nuovi soci ci stiamo dando un gran daffare Bisogna coinvolgere amici e appassionati Da imprenditore non ho resistito al richiamo e ho deciso che avrei dovuto fare qualcosa» DI EDOARDO CERIANI

ETÀ 43 ann

CURRICULUM Ingegnere gestionale, titolare della Neologistica di Origgio

società fondata nel 1999 con i padre Enrico, che si occupa d

logistica conto terzi, sfruttandc specifiche levi strategiche qual

la velocità, l'approccic personalizzato, la flessibilità

nell'adattarsi ai mutamenti de mercato, l'innovazione tecnologica, il rispettc

dell'identità e della cultura aziendale e Intenzione ai costi

Neologistica conta A insediamenti operativi situati a

Nord di Milano

O sservare - o, meglio, spia­re - una partita di pallaca­nestro da sotto una rin­

ghiera della curva del Pianella quando sei ancorabambino, de­ve essere un po' - e lo cantava

Gianni Togni - come guardare il mondo da un oblò. Con la differenza che lui, Federi­co Terraneo, non si è annoiato un po'. Anzi, proprio da quel­l'esperienze, quando al palazzo ci andava con la mamma, ha ini­ziato ad appassionarsi Ora di tempo ne è un po' passato e quel bambino è diventato tito­lare della Neologistica, autenti­co polo dell'eccellenza nel cam­po della logistica per conto terzi, con quattro insediamenti opera­tivi a Nord di Milano. E, in più, è socio della Pallacanestro Can­tù, da quando Anna Cremascoli decise di allargare la compagine per garantire un futuro al club. Terraneo, ci dica: come parte la sua passione per la pallacanestro? È principalmente una questione di osservatore, spettatore e ap­passionato, perché abasket non ho mai giocato. Però sono canto­rino e in città la pallacanestro è davanti a tutto, quindi non pote­vo restarci fuori.

E quindi? E quindi ho il nitido ricordo di quando con il mio cuscinetto verde, andavo dietro al canestro e da sotto la ringhiera vedevo la partita insieme a mia mamma. Erano i primi Anni Ottanta.

E da lì non ha più mollato? No, per la verità un certo distac­co l'ho avuto, anche pervia degli studi lontano da Cantù. Andai a Milano al liceo e poi a frequenta­re l'università, quindi mi presi una po' di pausa.

Che durò quanto? Qualche anno, direi.

Un lasso di tempo nel quale della pallacanestro non senti più parlare? Quello no. Come fauno di Cantù, anche se in trasfertaper studiare o lavorare, a non sapere come vanno le cose della squadra della città?

E allora come riannodò i fili con il mondo biancoblù?

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Una volta diventato imprendito­re, ho pensato che fosse giusto fare qualcosa, da canturino, per Cantù. Andai personalmente da Gino Giofré per firmare un con­tratto.

Cosa? Ci sta dicendo che non èstato contattato, ma che si è mosso lei autonomamente? Sì. Lo so, probabilmente è un'anomalia. Maio avevo voglia di dare il mio contributo alla causa e mi sono mosso.

Da Giofré, e quindi, siamo all'era Corrado, al diventare socio il passo non è di poco conto. Sono passato dieci anni, nei qua­li sono rimasto sempre inserzio­nista. Si comincia con un cartel­lone e poi...

E poi si arriva a cambiare posto an­che al palazzetto... Effettivamente adesso sono lì, in poltronissima, dopo essere pas­sato da quello che io chiamo l'an­golo degli esperti e da una posi­zione un po' più defilata. Ma, adesso come allora, mi diverto sempre. E spero sempre che lo facciano anche i miei ospiti.

In che senso? Nel senso che, come mission, mi sono posto quella di portare più clienti e conoscenti possibili al

palazzetto. Coinvolgendoli e fa­cendoli appassionare, chissà mai che poi non possano intra­prendere anche la nostra squa­dra e investire nella società. Mi sono ripromesso, dunque, di portare sempre qualcuno con me al palazzetto. Uno sforzo non di poco conto, ma porta sempre un riscontro positivo.

In che termini? La prima cosa che sorprende, una volta arrivati al Pianella, è il tifo. Coinvolgente. Uno spetta­colo, insomma. Poi la seconda sorpresa è la vicinanza al campo, con la possibilità quasi di toccare i giocatori sul parquet. E quindi la velocità del gioco, con le azioni che si ripetono a ritmo serrato. Insomma, chi non è mai venuto a vedere una partita di pallaca­nestro, rimane favorevolmente impressionato, e quindi affasci­nato.

Sulla scorta di queste esperienze, lei dunauesi è mosso in una direzione

ben precisa... Conto molto sull'effetto-conta-gio. Se ognuno di noi, socio o no, aliatine della stagione riuscisse a coinvolgere venti, trenta, qua­ranta persona, la speranza che almeno uno si appassioni esiste­rebbe e ne sono convinto. Trovo questa filosofia molto positiva, magari occorrerà una piccola fatica per programmare, ma poi vedi sempre facce contente.

11 futuro del basket a Cantù passerà anche da qui? Ne sono sicuro. Più siamo e più saremo e meglio sarà per tutti.

A lei cosa l'ha convinta? L'appello di Anna Cremascoli. Fortunatamente la situazione non era ancora drammatica eia presidente, per tempo, ha potuto lanciare il suo allarme. Per me ha fatto bene a gridare "Al lupo, allupo", perché almeno è riusci­ta a sollevare energie positive.

Che impressione ha avuto da Anna Cremascoli e dal suo lavoro? Devo dirvi una cosa: io, i Crema-scoli (Paolo e Anna) e Luca Orth-mann ci siamo ritrovati tutti an­ni dopo, senza che io collegassi Ngc a loro e al basket e loro me all'inserzionista.

Quindi, una sorta di Carramba che sorpresa? No, ma quasi. Nel senso che tutti e quattro abbiamo studiato dai Gesuiti a Milano. Ballando sol­tanto due anni di età tra tutti e quattro c'eravamo anche cono­sciuti e frequentati. Adesso a seguire il basket ci sono tanti altri reduci da quegli anni e da

quel percorso di studi.

Torniamoal lavoro di squadra. Co­me sta andando? Direi bene. Abbiamo un consi­glio di amministrazione che la-voraparecchiobene e in autono­mia. C'è armonia, organizzazio­ne e una buona pianificazione del budget. Posso dire che anche stavolta ho trovato parecchi amici.

Perché anche stavolta? Perché in tutta l'esperienza con la Pallacanestro Cantù ho avuto la fortuna di conoscere tante persone e parecchie sono diven­

tati amici.

Tra questi, non andiamo lontano se diciamo cheunoinparticolareèuna persona che purtroppo nonc'è più? Sì, è così. Fabio Riva è stato un grande amico. Un ragazzo sem­plicissimo e carino, di cui con­servo un ricordo dolcissimo. Che mi manca tanto e che sento tan­to vicino, così come era prima, sia che parlassimo di lavoro sia di pallacanestro o qualsiasi altra cosa.

Veniamo un po' alla Vitasnella. Co­me le sembra? È unabella squadra, e questo al di là degli alti e bassi della stagio­ne. Un bel mix di potenzialità, con giocatori che hanno sempre il piede sull'acceleratore.

Cosa si aspetta in termini di risultato finale? I playoff, senza dubbio. E magari senza pescare Milano al primo turno.

II basket da sempreaCantù rappre­senta unodeitraini.se non il traino. Contento di quello che sta facendo? Assolutamente sì, anche se come spesso accade sono cose irrazio­nali che ti spingono a prendere certe decisioni. Il parere di un gruppo di amici, la squadra, la città ed eccoti qui a fare il socio. Per me è solo unpiacere perso­nale, non una cosa razionale. Di certo non l'ho fatto per entrare nella storia.

Ma perunsensodi responsabilità sì, pero? Mi ripeto, è la voglia di fare la mia parte, quindi sono molto soddi­sfatto della scelta.

Se pensa alla Pallacanestro Cantù e alsuofuturolovedeancheoltreitre anni che vi siete dati come nuova compagine societaria? Assolutamente sì. Il basket, in città, è più forte di tutto e tutti, quindi avrà lunga vita. A noi il compito di dare alla società la migliorvitapossibile.Elosipuò fare continuando a muoversi co­me stiamo facendo adesso: con i piedi ben puntati per terra, prendendo atto del contesto economico dentro il quale vivia­mo e non facendoci prendere la mano da velleità che non posso­no essere le nostre.

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E quindi? Quindibisogna lavorare, lavora­re e lavorare. Ed è la cosa che stiamo facendo. Insieme dovre­mo cercare di portare amici, clienti, fornitori, appassionati e non, sempre diversi. Allargando

il giro, nella speranza di allargare anche labase azionaria e di quel­li che cipotranno sostenere con sponsorizzazioni. Sono convin­to che si possa fare, anch'io ho iniziato così. •

«La squadra? Mi piace molto

È un azzeccato mix di potenzialità»

«Io, i Cremascoli e Orthmann

ci siamo ritrovati dopo il liceo»

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