SCOTI HE» STEVE MORSE ACCORDI D'AUTORE, TORNIAMO IN … · nario), che potrebbe uscire pari pari...

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P E R I C _

CHITARRISTI

2MININF+1FULL

COMBQ MESA/BOOMTRANSfffLANTICTA-|ìPRE E FINALE ZACRQFTPR/PTCA SCOTI HE» STEVE MORSE

POSSO ftNCORftMIGU°RftRE!

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MD FWCZYNSKL nanet MicroJam - CD

(Rarenoise Records)

Un album di melodie microtonali è, in certi mo-menti, qualcosa che somiglia a un coro di sire-ne (quelle dell 'ambulanza, naturalmente). Peravvicinarsi al prodotto può aiutare una tami-gliarità con la musica indiana per sitar. DavidFuze Fiuczynski sostiene età sempre che po-trebbe bastare anche soltanto la dimestichez-za con le ineffabili blue notes del blues, indeci-se tra maggiore e minore... Ma non lasciamocifuorviare. Qui si va ben oltre. Pìanet MicroJatnè un disco consistente, molto consistente: per-sino indigesto. Costruito con un disegno archi-tettonico così intransigente da ricordare un'o-pera di Calatrava, è forse il manifesto di un'e-stetica jazz a venire. Per ora è, comunque, unmonolite assoluto a cui girare intorno cercandouna via di accesso. C'è un sacco di poesia, nonc'è dubbio. C'è un pensiero visionario rigoroso,genuinamente applicato. C'è persine dello swing,e di ottima scorrevolezza. E c'è, in effetti, ancheun sacco di blues: lo sono (forse!) i pezzi MysticMicroJam e Meditacion. Ma per seguire tutto ildisco(rso) di Fiuczynski fino alla fine ci vuoleuna gran pazienza. Le escursioni fuori dalla gam-ma temperata sono sempre a rischio di fastidio.Un fastidio che è culturale, non c'è dubbio, quin-di educabile. Ma il chitarrista americano non ciaiuta e porta consapevolmente il suono agliestremi, utilizzando un armamentario che com-prende chitarre con manici fretless, con tastitradizionali, con tasti a quarti e sesti di tono. Lecolonne d'Ercole della tonalità vengono quindiinfrante programmaticamente, ogni momento.Buona avventura.Alessandro Zanoli

MIMMO I ANPFI I ATown - album digitale

(Smoothnotes Publishing/GBMUSIC)

Ok, un ennesimo disco chitarra elettrica e organo; un'ennesima, libera-toria incursione nel sound degli Anni '60. Il gruppo, molto compatto e reat-tivo, con Mimmo Langella, Tommy De Paola all'organo, Guido Russo albasso e Pasquale De Paola alla batteria, compie una bella escursione inuna serie di originalsche omaggiano come da progetto antenati illustri: da Cannonball Adderley (SottiTown) a George Benson (Waiting, la cui struttura è uguale a quella di So What), Grant Green (GreenTuesday), eccetera. In una simile operazione anche il sound, come da dichiarato intento del chitarri-sta, è da antologia "Classici del Soul", i ritmi solidamente in 4, le melodie ostentano poche note in-curanti e le armonie pochi accordi. Se non che, nella track list brillano tre veri gioielli: Messers (ter-nario), che potrebbe uscire pari pari da un disco di Steve Khan; One Step, pezzo finalmente "moder-no", che richiama le cose migliori di Scofìeld & MMW; e la conclusiva, ipnotica, Pus Word, un brano aiconfini della realtà, sideralè, anche inquietante.Insomma, laddove il disco vuole sembrare spontaneo e immediato, dove i musicisti si sforzano di "suo-nare semplici", la trama musicale mostra un po' la corda (si veda una certa nonchalance con cui af-frontano un capolavoro come WorkSongàl Nat Adderley). Dove Langella invece si prende dei rischi, silancia con entusiasmo e osa, l'attenzione si risveglia. Il discorso è sempre quello, in fondo: suona quel-lo che sei, la sincerità paga sempre. 1.000 punti, comunque, per aver cercato di supplire all'asciut-tezza musicale con una pregevolissima, caleidoscopica scelta di sonorità.Alessandro Zanoli

ienesi - Ctì(Auand Ree.)

DAVIDE DI CHIOApri le-CD(Abeat Records/IRD)

Ei lpr imoalbumda lea-der questo poliedrico emulticolore Genesi diGiovanni Francesca. Ilchitarrista, con un back-

ground di tutto rispetto grazie a collaborazioni che van-no dalla musica leggera (Reitano, Alba no e molti altri) aljazz nostrano (Salis, De Vito, Giretto), dimostra in questavalida prova anche doti di fantasioso e creativo costrut-tore di percorsi musicali suggestivi e incredibilmente va-riegati. C'è un po' di tutto nella sua musica e, pur rima-nendo la chitarra il perno su cui tutto ruota, i suoni chesi ascoltano sono moltissimi e anche assai diversi tra lo-ro: l'elettronica e il "computer programming" di Carillon,Montevideo, Possiamo andare, Marisol, la fresca trombajazz di Luca Aquino in Genesi, Manimas Paesìa, il pianoacustico di Stefano Costanze in Quarto miglio, il violinodi Raffaele Tiseo, i suoni orchestrali del violoncello di Cri-stian Della Corte e delie sezioni di tromba e trombone conlo stesso Aquino e Alessandro Tedesco, il tutto accompa-gnato da una ritmica precisa e moderna come quella deitanti bassisti presenti (Marco Bardoscia, Davide Costa-gliela e Darlo Miranda) e dei batteristi Gianluca Brugna-no e Stefano Costanze. Molti in effetti sono i musicisti re-clutati per questo ambizioso progetto, troppi se non ci fos-se stata una regia in grado di gestirli in modo convin-cente. Ed in effetti le qualità dell'arrangiatore equival-gono alle capacità del chitarrista. Giovanni Francescache, con incredibile coincidenza riesce col suo nome aconcentrare maschile e femminile, sembra aver il donodella sintesi nell'accostamento degli opposti. Non è datutti.Gaetano Valli

S'intitola Aprile, ma è uscito a settembre il nuo-vo disco del chitarrista pugliese Davide Di Chio.A parte il gioco di parole, questo sembra esse-re l'unico contrasto da rilevare in un lavoro chenasce all'insegna di una sostanziale unità escorrevolezza. Se esistono contrapposizioni distile e di suoni, questi sono dovuti a un sanoeclettismo in cui il chitarrista e compositore samuoversi con naturalezza. Momenti dì serenitàacustica sì affiancano a sollecitazioni funk an-ctie in un unico brano (In viaggio verso casa),melodie e ritmiche latine si accostano a balla-te acustiche quasi country (da Avvenne ad Ai-ghero ad Aprile), ambienti cameristici e braniclassicheggianti (Eleonora il padre e la madre,Terzo millennio) si sposano perfettamente conbrani dal sapore cinematografico (Ninna nan-na per Eleonora, Or. e. a/n,). Persine l'unico stan-dard, We Will MeetAgain, reso celebre nel jazzda Bill Evans, non sembra scostarsi dalla co-erenza e uniformità del progetto e non "sbilan-cia" il sound complessivo.Tra i collaboratori spiccano Andrea Gallo al con-trabbasso, Gianlivio Liberti alla batteria e Fran-cesco Loniangìno ai sassofoni e flauto. I! lavo-ro dì quest'ultimo è rilevante e la sua prova con-vìncente. Ottimo l'inserimento del flauto, stru-mento che merita una maggiore valorizzazionenella musica moderna. Un lavoro indubbiamentepiacevole, equilibrato e ricco di melodìa. Unplauso al suo autore, Davide Di Chio nato a Ba-ri nel 71, nel mese di? Non è difficile indovi-narlo...Gaetano Valli