Scienziati - DISF.org

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Avvenire 10/03/2010 Copyright (c) Avvenire October 4, 2010 9:35 am / Powered by TECNAVIA / HIT-M Copy Reduced to 36% from original to fit letter page AGORÀ IDEE AGORÀ IDEE DOMENICA 3 OTTOBRE 2010 4 inform fargli natur dolor l’iron ridere una m un vo nel su «Flev piant lapid di Am Ambr sfiora attes del ri dobb non h Gesù. (kata lamen profe (Mt 9 dichi figlia morta anch piace però desti piang a voi piang nella Lette «Gem miser vostr lutto cose Tutta rigua comp Nazar fede. Cristo stato banch indire che e ecces dell’u mang (Mt 1 parte comp dell’e l’assu sua i fare. orizz ne de segna molte vocab inter G Non costerebbe molto far giungere almeno parte di questa storia a tutti. Per mostrare che chi ritenga la professione di ateismo una condizione necessaria per fare buona scienza, sarebbe costretto a riscrivere buona parte della storia della scienza tutta da solo Quanti sanno che Clerk Maxwell, il fisico delle equazioni elettromagnetiche, scriveva poesie all’Eucaristia, o che Augustin Cauchy, uno dei padri dell’analisi matematica, fu membro attivissimo delle conferenze di San Vincenzo de Paoli e diede vita a molte società filantropiche nella Parigi del XIX secolo? E che Alessandro Volta, inventore della pila, insegnava il catechismo ai bambini poveri della sua parrocchia di san Donnino a Como? Affermava Louis Pasteur che poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui. È proprio così? Una scorsa alla storia aiuta a dare una risposta... di G G E è AN di Giuseppe Tanzella-Nitti* el mondo in cui viviamo gli scienziati sono sempre più ascoltati. A loro non si chiede soltanto una spiegazione delle scoperte più recenti, ma anche una risposta sui futuri scenari del nostro pianeta, sulle tendenze della società, sulle scelte strategiche da operare. Non è infrequente che nelle interviste a un Nobel per la fisica o per la chimica l’interessato sia chiamato a rispondere a quesiti di bioetica, di sociologia, di religione. Il camice bianco ed una lavagna piena di formule sembrano lo sfondo più adeguato per risposte sempre affidabili ed autorevoli. Non importa che il proprio ambito di studio e di ricerca sia a volte distante dai temi più caldi oggi dibattuti: sono scienziati, e questo garantisce loro di vedere più lontano, di orientare, quali nuovi filosofi, le scelte dell’umanità. Almeno questo è il sentire comune. Così il ruolo dello scienziato viene oggi percepito dalla maggioranza. E se gli scienziati parlano di religione? Allora la cosa si fa interessante e si è disposti, anche in questo importante terreno, a prestare ascolto alle loro conclusioni. Già vent’anni or sono la Fondazione Agnelli di Torino finanziò un’importante ricerca, pubblicata con il titolo Valori, Scienza, Trascendenza per conoscere l’opinione dei ricercatori italiani in merito a questioni di ordine politico, etico e religioso. Negli ultimi decenni si sono susseguite molte ricerche di questo genere, specie nel mondo anglosassone, sfociate in libri pubblicati da prestigiose case editrici oppure presentate su riviste scientifiche internazionali. Il risultato è più o meno analogo in tutti i sondaggi: l’incidenza della fede religiosa in chi si occupa di ricerca scientifica non è poi tanto diversa dal resto della popolazione mortale. L’opinione che il grande pubblico ha circa la religiosità degli uomini di scienza è a volte contraddittoria, perché poco documentata. Nel caso di un personaggio emblematico come Albert Einstein, ad esempio, mi è capitato di ascoltare i giudizi più svariati. Da chi era fermamente convinto che la sua "teoria della relatività" avesse ormai confermato la necessità di mantenere una posizione relativista e non dogmatica in temi di carattere etico o morale, a coloro che ne impiegavano frasi e aforismi per mostrare la sua sincera fede ebraica e talvolta perfino cristiana; da commenti che lo invocavano come esempio di uno scienziato che aveva ormai defenestrato ogni riferimento a Dio dalla descrizione dell’universo, ad articoli che pretendevano di illustrarne un panteismo senza sconti. A parte il personaggio in questione (chi fosse davvero interessato a sapere cosa Einstein pensasse di Dio può leggere l’omonima voce di Thomas Torrance sul Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede), è un fatto che la maggior parte delle persone ha degli scienziati l’immagine di uomini poco avvezzi alle cose spirituali, abituati come sono a studiare ciò che si tocca e si misura. Abbiamo recentemente ascoltato anche la bizzarra opinione che una dichiarazione di ateismo sarebbe un requisito necessario per fare buona ricerca. Il grande spazio mediatico dato a poche personalità funge da amplificatore, ed il gioco è fatto: gli scienziati sono atei e chi vuole davvero accostarsi alla ricerca scientifica deve rinunciare a qualsiasi credenza religiosa, perché irrazionale (qualcuno, indulgente, ne potrà forse indicare la posizione precisa in un lobo cerebrale, ma solo per affermare la sua inferiorità rispetto alle ben più ampie zone dedicate al ragionamento razionale, e dunque scientifico). Se le cose stanno davvero così ci si chiede allora a quale comunità, se non a quella scientifica, sono appartenuti personaggi come Pierre Duhem, James Clerk Maxwell, Augustin Cauchy, Max Planck, Angelo Secchi, Gregorio Mendel, Antonio Stoppani, Henri Poincaré, Guglielmo Marconi, George Lemaître, Pavel Florenskij, Jerome Lejeune, Wernher von Braun, Louis Pasteur, Theodosius Dobzhanski, Abdus Salam, Charles Babbage, o per essere vicini al contesto italiano recente, scienziati come Enrico Medi, Luigi Fantappié, Ennio de Giorgi o Giovanni Prodi, una breve lista solo rappresentativa, che riguarda personaggi non più viventi, e di tempi non troppo lontani. Andare indietro nel tempo, lo notiamo per inciso, non avrebbe senso, essendo l’ateismo un fenomeno piuttosto recente ed essendo il contesto religioso assai familiare a quasi tutti gli uomini di scienza vissuti prima del XIX secolo. Anzi, un’ispezione al monumentale Dictionary of Scientific Biographies (ben 16 volumi), mostrerebbe che fino a tutto il 1700 un terzo degli scienziati era rappresentato da ministri ordinati di Chiese cristiane. Sebbene le cifre del secolo XXI non sono più queste, un ricercatore che oggi affermasse che la fede religiosa è incompatibile con l’attività scientifica dovrebbe vedersela con il 50% dei suoi colleghi che, secondo lo studio pubblicato pochi mesi fa ad Oxford da Elaine Ecklund, si dichiara appartenente ad una religione, ai quali andrebbero forse sommati ancora un 20% di N ricercatori che si qualificano credenti in un Assoluto, certamente nel loro insieme ben maggiori del 30% di coloro che si qualificano agnostici o atei (due attributi che pure meriterebbero di essere differenziati). Perfino un personaggio come Charles Robert Darwin, che molti considerano erroneamente uno dei Padri fondatori del materialismo, non ha voluto mai qualificarsi come ateo. Nella sua autobiografia (quella curata dalla nipote Nora Barlow, che reintegra i riferimenti a Dio espunti da una prima autobiografia pubblicata dopo la morte del naturalista) o nelle lettere degli ultimi anni inviate ad amici e giornalisti che lo interrogavano sulla sua fede, lo scopritore della selezione naturale si considera teista, credente in una Causa prima (diremmo più precisamente deista) e quando applica a sé la qualifica di agnostico si riferisce ad un agnosticismo scientifico («non potremo mai conoscere l’origine dell’universo», afferma) e non filosofico. Per acquistare una prospettiva più fedele al realtà dei fatti, in tema di fede degli scienziati non vi è cammino migliore che accostarsi alle loro biografie (spesso auto-biografie, come nel caso di Planck) o ai loro saggi di riflessione filosofica su scienza e filosofia o su scienza e società, scritti di solito verso il termine della loro carriera, un genere presente in tutti i "grandi", da Ludwig Boltzmann a Henri Poincaré, da Max Planck a Werner Heisenberg, da Richard Feynman a John Eccles. Quando non siamo di fronte all’adesione ad una Chiesa, esplicita in numerosi casi, in tutti costoro vi è per lo meno la chiara percezione che il metodo scientifico non esaurisce la conoscenza della realtà e che la vita dello spirito, l’apertura ad una dimensione trascendente, hanno un diritto di cittadinanza nella vita degli uomini e degli scienziati allo stesso modo che le equazioni differenziali e le formulazioni empiriche. Se la ricchezza di queste esperienze giungesse anche nelle nostre scuole e nelle nostre università, vi sarebbero delle autentiche sorprese. Chi lo avrebbe mai detto che Clerk Maxwell, quello delle equazioni elettromagnetiche, scriveva poesie all’Eucaristia, o che Augustin Cauchy, quello della soluzione al problema del calcolo integrale, fu membro attivissimo delle conferenze di San Vincenzo de Paoli e diede vita a molte società filantropiche nella Parigi del XIX secolo? Chi immaginerebbe che Alessandro Volta, inventore della pila, impartiva con regolarità il catechismo ai bambini poveri della sua parrocchia di san Donnino a Como, o che Jerome Lejeune, scopritore dell’anomalia genetica che causa la sindrome di Down, fu cattolico di grande impegno sociale, al punto che, dopo la sua morte, Giovanni Paolo II volle un "fuori programma" durante una sua visita in Francia per andare a pregare sulla sua tomba? Pierre Duhem deve alla sua fede cattolica l’interesse per la storia della scienza e per gli studi filosofici, la cui congruenza nella vita di uno scienziato difende nella sua opera La fisica di un credente. Von Braun, luterano convinto, al ritorno degli astronauti dalla missione che li aveva portati sulla Luna recitò un Padre nostro di ringraziamento. Guglielmo Marconi volle introdurre personalmente nel 1931 la prima trasmissione radiofonica di un pontefice, Pio XI, annunciando al microfono: «Con l’aiuto di Dio, che tante misteriose forze della natura mette a disposizione dell’umanità, ho potuto preparare questo strumento che procurerà ai fedeli di tutto il mondo la consolazione di udire la voce del Santo Padre». Non avrebbe senso commentare la fede di scienziati di livello internazionale che furono anche sacerdoti, perché sarebbe come far piovere sul bagnato. Eppure, limitandoci solo agli ultimi 150 anni, la prima intuizione del Big Bang fu di monsignor George Lemaître, un cosmologo che collaborò con Einstein alla formulazione delle equazioni che descrivevano la dinamica dell’universo. Uno dei fondatori della geologia contemporanea fu Antonio Stoppani, un sacerdote di fine Ottocento dalla chioma fluente, autore del primo trattato geologico del territorio italiano, chiamato appunto Il Bel Paese, che gli meritò di essere immortalato per vari decenni sulle etichette di un omonimo formaggio italiano! Fu ancora un sacerdote cattolico, Angelo Secchi, l’iniziatore della spettroscopia stellare e fondatore nel 1871 della Società degli Spettroscopisti, ora Società Astronomica Italiana. Del beato Francesco Faà di Bruno, di padre Agostino Gemelli o del sacerdote ortodosso Pavel Florenskij, il grande pubblico ha sentito già parlare. La disciplina più rappresentata fra i sacerdoti-scienziati è senza dubbio l’astronomia, seguita immediatamente dalla matematica e poi dalla botanica. Gli esempi di potrebbero moltiplicare. Vale però la pena non omettere almeno un riferimento ad alcuni scienziati italiani a noi vicini. Molti ricorderanno Enrico Medi, geofisico di fama internazionale e uomo politico, vicepresidente dell’Euratom e divulgatore televisivo, padre di sei figli. Scomparso nel 1974, nel 1996 fu introdotta la sua causa di beatificazione. Ricordo di aver assistito ad alcune sue conferenze dal vivo. In una di queste, per mostrare tutta la bellezza e l’armonia della fisiologia umana, creatura di Dio, nella quale fisica, chimica e biologia concorrevano al perfetto svolgersi dei movimenti, dopo aver delicatamente poggiato un bicchiere pieno d’acqua sul tavolo ne concludeva che c’era più fisica innata in quel gesto che nella tecnologia del LEM, il modulo lunare che qualche mese dopo si sarebbe poggiato dolcemente sulla superficie lunare. Ennio de Giorgi, il grande matematico italiano scomparso nel 1996, scoprì la soluzione al 19° problema di Hilbert, uno della famosa lista di 23 problemi che Hilbert riteneva avrebbero impegnato tutti i matematici nel XX secolo. A lui si deve anche la scoperta del carattere analitico delle soluzioni di alcuni problemi di calcolo delle variazioni, un risultato dimostrato indipendentemente anche da John Nash (il protagonista del film A Beautiful Mind), noto ora come teorema di De Giorgi-Nash, che rappresenta una pietra miliare nello studio di molti problemi non lineari. Convinto difensore dei diritti umani, fu sensibile commentatore della Sacra Scrittura, in particolare della Sapienza biblica. Egli riteneva che ogni studioso, nell’invito a prendere parte al banchetto che la Sapienza rivolge agli uomini nel Libro dei Proverbi, dovessero vedere un richiamo alla grande dignità e responsabilità del proprio lavoro; e che la condivisione e la trasmissione delle conoscenze fosse una delle più alte forme di carità. Di lui scriveva Antonio Ambrosetti, docente come lui alla Normale di Pisa: «Alcuni poveri, che De Giorgi cercava di aiutare con assiduità, avevano imparato i suoi orari e si facevano trovare quando arrivava in Piazza dei Cavalieri ai piedi della scalinata che porta all’ingresso della Scuola Normale. Lui aveva sempre qualcosa da dare loro, senza farlo mai pesare, senza mai avere un gesto di insofferenza o, ancora meno, di fastidio. E io rimanevo colpito da questi slanci di generosità e mi sembrava che davvero la bontà di Dio si manifestasse in lui in modo sublime». on Giovanni Prodi, anche lui matematico, la comunità scientifica italiana ha perso nel gennaio di quest’anno uno dei suoi esponenti più illustri. Autore di uno dei più diffusi manuali di analisi matematica impiegati dagli studenti delle materie scientifiche, fu testimone cristiano benvoluto da tutti. A Prodi si deve la creazione dei gruppi di discussione "Scienza e Fede" nei quali docenti universitari di varie sedi italiane si riunivano e si riuniscono ancora oggi per riflettere e approfondire, alla luce delle proprie competenze scientifiche, il senso della scienza in relazione alle domande ultime che l’uomo si pone. Questi incontri, promossi da Prodi grazie anche all’impulso di monsignor Carlo Colombo, presero avvio nel maggio 1977; nel corso dei decenni vi hanno assistito centinaia di docenti e ricercatori di tutta Italia, contribuendo così in modo fattivo alla maturazione del dialogo fra discipline scientifiche e pensiero filosofico-teologico, i cui frutti sono diventati col tempo visibili in diverse sedi culturali e universitarie. Dio e gli scienziati: due forze che si attraggono o si respingono? Non vi è dubbio che appena si rinuncia ai luoghi comuni e si cerca di approfondire qualcosa di più della storia, si scoprono fra gli scienziati molte personalità di grande spessore umanistico, filosofico e perfino religioso. Non costerebbe molto far giungere almeno parte di questa storia a tutti. O solo allargare lo sguardo per mostrare che chi ritenga la professione di ateismo una condizione necessaria per fare buona scienza sarebbe costretto, buona parte della storia della scienza, a riscriversela tutta da solo. Forse ha ancora ragione Louis Pasteur quando affermava che poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui. * Condirettore del portale Disf (www.disf.org), Documentazione interdisciplinare di Scienza e Fede C La prima intuizione del Big Bang fu di monsignor George Lemaître, un cosmologo che collaborò con Einstein alla formulazione delle equazioni che descrivevano la dinamica dell’universo. Uno dei fondatori della geologia contemporanea fu il sacerdote Antonio Stoppani. E fu ancora un sacerdote cattolico, Angelo Secchi, l’iniziatore della spettroscopia stellare Luigi Fantappié (1901-1956) Nasce a Viterbo, si laurea in Matematica pura alla Scuola Normale di Pisa e insegna in varie università italiane fino al 1934, anno in cui si trasferisce a San Paolo, in Brasile, per costituire l’istituto di matematica della locale università. Nel 1940 torna in Italia come docente all’Istituto Nazionale di Alta Matematica, a Roma. Nel 1950 viene invitato da Robert Oppenheimer all’Institute for Advanced Study di Princeton, ma non riesce a recarsi negli Stati Uniti per motivi di salute. Fantappié è stato il creatore della teoria dei funzionali analitici. Nel 1954 con un celebre scritto ha proposto una possibile estensione su scala cosmica della relatività ristretta. Enrico Medi (1911-1974) Nasce a Roma e, liceale, diventa il primo presidente della Lega Missionaria Studenti, fondata insieme a Gabrio Lombardi. Si laurea in fisica a 21 anni con Enrico Fermi, a 31 anni ottiene la cattedra di Fisica sperimentale dell’Università di Palermo, pochi anni dopo diventa direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e nel 1958 vicepresidente dell’Euratom. Diventa noto al pubblico televisivo con la trasmissione di divulgazione «Avventure della scienza» e per la cronaca dello sbarco del primo uomo sulla luna. La sua attività di scienziato si intreccia a quella politica (a partire dall’Assemblea Costituente, di cui è membro) e all’apostolato. Nel 1996 è stata introdotta la sua causa di beatificazione. Ennio De Giorgi (1928-1996) Nato a Lecce, si laurea in Matematica nel 1950. Diventa noto nel mondo scientifico quando, nel 1957, risolve il XIX problema di Hilbert, alla cui soluzione si erano dedicati per oltre mezzo secolo i più importanti studiosi di matematica. Nel 1958 vince il concorso per la cattedra di Analisi presso l’Università di Messina, l’anno successivo viene chiamato a insegnare alla Scuola Normale di Pisa, dove resta per tutta la vita. I suoi principali contributi alla matematica vanno dalle ricerche sulle equazioni alle derivate parziali, al calcolo delle variazioni, alla teoria geometrica della misura, fino agli ultimi studi di logica e fondamenti della scienza. Giovanni Prodi (1925-2010) Nasce a Scandiano (Re) e si laurea in matematica a Parma dopo la guerra. Nel 1956 viene chiamato all’Università di Trieste per ricoprire la cattedra di Analisi matematica e dal 1963 si sposta all’Università di Pisa. Negli anni ’70 si occupa di didattica della matematica (fra i suoi scritti più diffusi Analisi matematica e Metodi matematici e statistici) e gli viene affidato anche l’insegnamento di Matematiche complementari sempre all’Università di Pisa. Uno dei suoi principali contributi come è stato il teorema di unicità delle equazioni di Navier-Stokes in due dimensioni spaziali, ottenuto nel 1959 contemporaneamente e indipendentemente anche da Jacques-Louis Lions. Nicola Cabibbo (1935-2010) Laureatosi in Fisica all’Università di Roma, nel 1963 elabora la teoria delle interazioni deboli per i processi con cambiamento di stranezza, che contiene i cosiddetti "angoli di Cabibbo", fornendo alcuni elementi fondamentali per il futuro «modello standard» delle particelle elementari. Dal 1969 è professore di Fisica delle particelle elementari all’Università di Roma. Nel 1974, insieme a Kobayashi e Maskawa, formula una proposta, basata sulla cosiddetta matrice di Ckm, che porta a prevedere l’esistenza di sei Quark rispetto ai quattro allora noti. È stato presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Enea dal 1983 al 1992, dal 1993 fino alla sua morte è stato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. PROTAGONISTI ITALIANI Perch atten cristi delle veng Scienziati ALESSANDRO VOLTA PRESENTA LA PILA ELETTRICA A NAPOLEONE E AI MEMBRI DELL’INSTITUT DE FRANCE NEL 1801 (FOTO ALINARI) e Dio, attrazione o repulsione?

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AGORÀIDEE AGORÀIDEE 5 DOMENICA3 OTTOBRE 2010

DOMENICA3 OTTOBRE 20104

esù ha mai riso? Cristo piange davanti alla tombadell’amico Lazzaro, di fronte alla città santa, fremee soffre quando s’avvicina la sua ora finale.Conosciamo i suoi sentimenti. I Vangeli ci

informano sul suo sdegno, che s’accende fino al punto difargli impugnare una frusta. In sintesi, Gesù partecipa dellanatura umana amando, mangiando, provando tristezza edolore. Ma si può dire che condivida con noi il riso el’ironia? C’è qualche passo dei Vangeli in cui lo si odaridere? Certo, partecipava volentieri ai banchetti, ma esisteuna menzione del suo sorridere? Oppure il suo era sempreun volto severo come quello che ha rappresentato Pasolininel suo Vangelo secondo Matteo?

«Flevisse lego, risisse numquam» ("Leggo che egli hapianto, mai che abbia riso"). Così scriveva in modolapidario un autore medievale, che si celava sotto il nomedi Ambrogio, il celebre Padre della Chiesa (lo Pseudo-Ambrogio), negando che le labbra di Cristo siano statesfiorate dal sorriso. Certo, se ciattestiamo sul verbo rigorosodel ridere – in greco gheláo –dobbiamo riconoscere che essonon ha mai come soggettoGesù. Ridono, anzi, «deridono»(katagheláo) Gesù solo ilamentatori e le prefiche diprofessione nella casa di Giairo(Mt 9,24), ironizzando sulla suadichiarazione nei confronti dellafiglia del capo-sinagoga («Non èmorta, ma dorme»). Ridonoanche quelli che ora godono neipiaceri, in attesa che avvengaperò il grande ribaltamento deidestini: «Beati voi che orapiangete, perché riderete… Guaia voi che ora ridete perché…piangerete» (Lc 6,21.25). Enella stessa linea si muoverà laLettera di san Giacomo:«Gemete, peccatori, sulla vostramiseria, fate lutto e piangete; ilvostro riso [ghélos] si muti inlutto e la vostra allegria in tristezza» (4,9). Così stanno lecose se ci fermiamo al puro e semplice verbo «ridere».Tuttavia si devono fare due osservazioni rilevanti. La primariguarda i Vangeli che, com’è noto, non sono biografiecomplete e compiute della figura storica di Gesù diNazaret, ma sono solo dei profili, illuminati dalla luce dellafede. Che manchi qualche tratto dalla fisionomia umana diCristo non significa automaticamente che esso non siastato presente durante la sua esistenza terrena. Ibanchetti, appunto, possono essere una testimonianzaindiretta dell’allegria vissuta anche da Gesù, tant’è veroche egli stesso dichiarerà di essere stato accusato dieccessiva libertà in questo senso: «È venuto il Figliodell’uomo che mangia e beve e dicono: Ecco, è unmangione e un beone, amico di pubblicani e di peccatori»(Mt 11,19). Potremmo supporre che il riso abbia fattoparte dell’esperienza di Gesù, anche perché esso è unacomponente fondamentale – insieme alle lacrime –dell’essere uomini. L’Incarnazione, infatti, comportal’assunzione dell’umanità da parte del Figlio di Dio nellasua integralità. C’è, però, una seconda considerazione dafare. Come si suol dire nel linguaggio «tecnico», unorizzonte semantico può essere coperto da più termini chene descrivono le varie sfumature. Il ridere fa parte, ed èsegnale, dell’orizzonte più vasto della gioia il cuimolteplice significato può essere espresso con piùvocaboli. In questa luce la domanda del nostrointerlocutore può ottenere una risposta diversa da quella

così categorica che abbiamo citato in apertura. Particolareattenzione meriterebbe il Vangelo di Luca che uno studiosotedesco, Helmut Gollwitzer, ha idealmente posto in un suocommento sotto il titolo Die Freude Gottes, "La gioia diDio" (1952). Basterebbe solo cercare i vocaboli dellafelicità per accorgersi dell’insistita presenza del tema nelterzo Vangelo. Ci perdonino perciò i lettori, se faremoscorrere i vari termini greci. Il verbo cháiro (gioire,rallegrarsi) e il sostantivo chará (gioia, allegria)echeggiano cumulativamente per venti volte in Luca apartire da quel «Rallègrati» rivolto da Gabriele a Maria edivenuto il nostro «Ave» (1,28). C’è poi l’«esultanza»espressa per quattro volte col verbo agalliáo e colsostantivo agallíasis. È, questa, la felicità messianica ditenore spirituale. Così, quando Gesù pronuncia quellastupenda preghiera, detta appunto «l’inno di gioia»,riferita da Luca 10,21-22 («Ti rendo lode, Padre, Signoredel cielo e della terra, che hai nascosto queste cose aidotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli…»),

l’evangelista nota in apertura:«In quello stesso istante Gesùesultò [agalliáo] nello SpiritoSanto e disse…». Luca, solo tratutti gli autori del NuovoTestamento, usa per tre volteanche il verbo dell’allegriafisica, in greco skirtáo,applicandolo al piccolo Giovanniche «danza di gioia» nel grembodi Elisabetta quando incontraMaria (1,41.44) e ai giustiperseguitati che nel giorno delgiudizio «si rallegrerannoesultanti» perché grande sarà laloro ricompensa nei cieli (6,23).E se si vuole trovare un branointero che mostri come Gesùproclami la gioia della salvezza– "Vangelo", com’è noto,significa "bella, gioiosa notizia"– basterebbe leggere il capitolo15 di Luca con le tre celebriparabole della misericordiadivina: quelle della pecora, della

dracma e del figlio smarriti e ritrovati. Un esegeta, BrunoMaggioni, ha intitolato quel capitolo «Un invito alla gioiadi Dio in Cristo». Non potendo citare per ragioni di spaziotutti i passi, suggeriamo ai nostri lettori di prendere inmano un Vangelo e, nel capitolo 15 di Luca, di leggere iversetti 5, 6, 7, 9, 10, 23, 24, 25, 29, 32. In essi, tral’altro, c’è un altro verbo greco di gioia: eufráino. Gesù,quindi, esalta il gioire festoso che prende spunto davicende umane concrete, come il ritrovare un oggettoprezioso smarrito o il riabbracciare dopo tanto tempo unapersona cara. Anzi, Luca, che aveva aperto il suo Vangelocol sorriso festoso del natale del Battista e di Gesù, loconclude con la raffigurazione della Chiesa che conoscel’intensità della gioia: «… dopo averlo adorato tornarono aGerusalemme con grande gioia [chará] e stavano semprenel tempio lodando Dio» (24,52-53). Fermiamo qui lanostra ricerca, che potrebbe essere allargata agli altriVangeli (e ancor di più all’Antico Testamento, ove appareampiamente il «ridere» di Dio). Noi vorremmo concluderecon le parole che, secondo Giovanni, Gesù pronuncianell’ultima sera della sua vita terrena: «Queste cose io viho detto perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioiasia piena» (15,11). Curiosamente Lutero descriverà così laGerusalemme celeste, sulla scia di un’immagine medievale:«Allora l’uomo giocherà con cielo e terra e sole e con lecreature. E tutte le creature proveranno anche un piacere,un amore, una gioia lirica e rideranno con te, o Signore, etu a tua volta riderai con loro».

G

Non costerebbe molto far giungerealmeno parte di questa storia a tutti. Per mostrare che chi ritengala professione di ateismo

una condizione necessaria per farebuona scienza, sarebbe costretto a riscrivere buona parte della storiadella scienza tutta da solo

Quanti sanno che Clerk Maxwell,il fisico delle equazionielettromagnetiche, scrivevapoesie all’Eucaristia,

o che Augustin Cauchy, uno dei padri dell’analisimatematica, fu membroattivissimo delle conferenze

di San Vincenzo de Paoli e diedevita a molte società filantropichenella Parigi del XIX secolo? E che Alessandro Volta, inventore

della pila, insegnava il catechismo ai bambini poveri della sua parrocchia di san Donnino a Como?

Affermava Louis Pasteur che poca scienza allontanada Dio, ma moltariconduce a Lui. È propriocosì? Una scorsa alla storiaaiuta a dare una risposta...

DIRK BOUTS, «ULTIMA CENA» (1464-68), LOVANIO, CHIESA DI SAN PIETRO

di Gianfranco Ravasi

Gesù non rideva?Eppure tutto il Vangelo è un inno alla gioia

ANTICIPAZIONI

di Giuseppe Tanzella-Nitti*

el mondo in cui viviamo gli scienziatisono sempre più ascoltati. A loro nonsi chiede soltanto una spiegazionedelle scoperte più recenti, ma ancheuna risposta sui futuri scenari delnostro pianeta, sulle tendenze dellasocietà, sulle scelte strategiche daoperare. Non è infrequente che nelleinterviste a un Nobel per la fisica o per

la chimica l’interessato sia chiamato a risponderea quesiti di bioetica, di sociologia, di religione.Il camice bianco ed una lavagna piena di formulesembrano lo sfondo più adeguato per rispostesempre affidabili ed autorevoli. Non importa cheil proprio ambito di studio e di ricerca sia a voltedistante dai temi più caldi oggi dibattuti: sonoscienziati, e questo garantisce loro di vedere piùlontano, di orientare, quali nuovi filosofi, lescelte dell’umanità. Almeno questo è il sentirecomune. Così il ruolo dello scienziato viene oggipercepito dalla maggioranza. E se gli scienziatiparlano di religione? Allora la cosa si fainteressante e si è disposti, anche in questoimportante terreno, a prestare ascolto alle loroconclusioni. Già vent’anni or sono la Fondazione Agnelli diTorino finanziò un’importante ricerca, pubblicatacon il titolo Valori, Scienza, Trascendenza perconoscere l’opinione dei ricercatori italiani inmerito a questioni di ordine politico, etico ereligioso. Negli ultimi decenni si sono susseguitemolte ricerche di questo genere, specie nelmondo anglosassone, sfociate in libri pubblicatida prestigiose case editrici oppure presentate suriviste scientifiche internazionali. Il risultato èpiù o meno analogo in tutti i sondaggi:l’incidenza della fede religiosa in chi si occupa diricerca scientifica non è poi tanto diversa dalresto della popolazione mortale.L’opinione che il grande pubblico ha circa lareligiosità degli uomini di scienza è a voltecontraddittoria, perché poco documentata. Nelcaso di un personaggio emblematico comeAlbert Einstein, ad esempio, mi è capitato diascoltare i giudizi più svariati. Da chi erafermamente convinto che la sua "teoria dellarelatività" avesse ormai confermato la necessitàdi mantenere una posizione relativista e nondogmatica in temi di carattere etico o morale, acoloro che ne impiegavano frasi e aforismi permostrare la sua sincera fede ebraica e talvoltaperfino cristiana; da commenti che lo invocavanocome esempio di uno scienziato che aveva ormaidefenestrato ogni riferimento a Dio dalladescrizione dell’universo, ad articoli chepretendevano di illustrarne un panteismo senzasconti. A parte il personaggio in questione (chifosse davvero interessato a sapere cosa Einsteinpensasse di Dio può leggere l’omonima voce diThomas Torrance sul Dizionario Interdisciplinaredi Scienza e Fede), è un fatto che la maggiorparte delle persone ha degli scienziati l’immaginedi uomini poco avvezzi alle cose spirituali,abituati come sono a studiare ciò che si tocca esi misura. Abbiamo recentemente ascoltatoanche la bizzarra opinione che una dichiarazionedi ateismo sarebbe un requisito necessario perfare buona ricerca. Il grande spazio mediaticodato a poche personalità funge da amplificatore,ed il gioco è fatto: gli scienziati sono atei e chivuole davvero accostarsi alla ricerca scientificadeve rinunciare a qualsiasi credenza religiosa,perché irrazionale (qualcuno, indulgente, nepotrà forse indicare la posizione precisa in unlobo cerebrale, ma solo per affermare la suainferiorità rispetto alle ben più ampie zonededicate al ragionamento razionale, e dunquescientifico).Se le cose stanno davvero così ci si chiede alloraa quale comunità, se non a quella scientifica,sono appartenuti personaggi come PierreDuhem, James Clerk Maxwell, AugustinCauchy, Max Planck, Angelo Secchi, GregorioMendel, Antonio Stoppani, Henri Poincaré,Guglielmo Marconi, George Lemaître, PavelFlorenskij, Jerome Lejeune, Wernher vonBraun, Louis Pasteur, Theodosius Dobzhanski,Abdus Salam, Charles Babbage, o per esserevicini al contesto italiano recente, scienziaticome Enrico Medi, Luigi Fantappié, Ennio deGiorgi o Giovanni Prodi, una breve lista solorappresentativa, che riguarda personaggi non piùviventi, e di tempi non troppo lontani. Andareindietro nel tempo, lo notiamo per inciso, nonavrebbe senso, essendo l’ateismo un fenomenopiuttosto recente ed essendo il contesto religiosoassai familiare a quasi tutti gli uomini di scienzavissuti prima del XIX secolo. Anzi, un’ispezione almonumentale Dictionary of Scientific Biographies(ben 16 volumi), mostrerebbe che fino a tutto il1700 un terzo degli scienziati era rappresentatoda ministri ordinati di Chiese cristiane. Sebbenele cifre del secolo XXI non sono più queste, unricercatore che oggi affermasse che la federeligiosa è incompatibile con l’attività scientificadovrebbe vedersela con il 50% dei suoi colleghiche, secondo lo studio pubblicato pochi mesi faad Oxford da Elaine Ecklund, si dichiaraappartenente ad una religione, ai qualiandrebbero forse sommati ancora un 20% di

Nricercatori che si qualificano credenti in unAssoluto, certamente nel loro insieme benmaggiori del 30% di coloro che si qualificanoagnostici o atei (due attributi che puremeriterebbero di essere differenziati). Perfino unpersonaggio come Charles Robert Darwin, chemolti considerano erroneamente uno dei Padrifondatori del materialismo, non ha voluto maiqualificarsi come ateo. Nella sua autobiografia(quella curata dalla nipote Nora Barlow, chereintegra i riferimenti a Dio espunti da una primaautobiografia pubblicata dopo la morte delnaturalista) o nelle lettere degli ultimi anniinviate ad amici e giornalisti che lointerrogavano sulla sua fede, lo scopritore dellaselezione naturale si considera teista, credente inuna Causa prima (diremmo più precisamentedeista) e quando applica a sé la qualifica diagnostico si riferisce ad un agnosticismoscientifico («non potremo mai conoscere l’originedell’universo», afferma) e non filosofico.Per acquistare una prospettiva più fedele alrealtà dei fatti, in tema di fede degli scienziatinon vi è cammino migliore che accostarsi alleloro biografie (spesso auto-biografie, come nelcaso di Planck) o ai loro saggi di riflessionefilosofica su scienza e filosofia o su scienza esocietà, scritti di solito verso il termine dellaloro carriera, un genere presente in tutti i"grandi", da Ludwig Boltzmann a HenriPoincaré, da Max Planck a Werner Heisenberg,da Richard Feynman a John Eccles. Quando nonsiamo di fronte all’adesione ad una Chiesa,esplicita in numerosi casi, in tutti costoro vi èper lo meno la chiara percezione che il metodoscientifico non esaurisce la conoscenza dellarealtà e che la vita dello spirito, l’apertura aduna dimensione trascendente, hanno un dirittodi cittadinanza nella vita degli uomini e degliscienziati allo stesso modo che le equazionidifferenziali e le formulazioni empiriche. Se laricchezza di queste esperienze giungesse anche

nelle nostre scuole e nelle nostre università, visarebbero delle autentiche sorprese. Chi loavrebbe mai detto che Clerk Maxwell, quellodelle equazioni elettromagnetiche, scrivevapoesie all’Eucaristia, o che Augustin Cauchy,quello della soluzione al problema del calcolointegrale, fu membro attivissimo delle conferenzedi San Vincenzo de Paoli e diede vita a moltesocietà filantropiche nella Parigi del XIX secolo?Chi immaginerebbe che Alessandro Volta,inventore della pila, impartiva con regolarità ilcatechismo ai bambini poveri della suaparrocchia di san Donnino a Como, o che JeromeLejeune, scopritore dell’anomalia genetica checausa la sindrome di Down, fu cattolico digrande impegno sociale, al punto che, dopo lasua morte, Giovanni Paolo II volle un "fuoriprogramma" durante una sua visita in Francia perandare a pregare sulla sua tomba? Pierre Duhemdeve alla sua fede cattolica l’interesse per lastoria della scienza e per gli studi filosofici, lacui congruenza nella vita di uno scienziatodifende nella sua opera La fisica di un credente.Von Braun, luterano convinto, al ritorno degliastronauti dalla missione che li aveva portatisulla Luna recitò un Padre nostro diringraziamento. Guglielmo Marconi volleintrodurre personalmente nel 1931 la primatrasmissione radiofonica di un pontefice, Pio XI,annunciando al microfono: «Con l’aiuto di Dio,che tante misteriose forze della natura mette adisposizione dell’umanità, ho potuto prepararequesto strumento che procurerà ai fedeli di tuttoil mondo la consolazione di udire la voce delSanto Padre». Non avrebbe senso commentare la fede discienziati di livello internazionale che furonoanche sacerdoti, perché sarebbe come far pioveresul bagnato. Eppure, limitandoci solo agli ultimi150 anni, la prima intuizione del Big Bang fu dimonsignor George Lemaître, un cosmologo checollaborò con Einstein alla formulazione delleequazioni che descrivevano la dinamicadell’universo. Uno dei fondatori della geologiacontemporanea fu Antonio Stoppani, unsacerdote di fine Ottocento dalla chioma fluente,autore del primo trattato geologico del territorio

italiano, chiamato appunto Il Bel Paese, che glimeritò di essere immortalato per vari decennisulle etichette di un omonimo formaggioitaliano! Fu ancora un sacerdote cattolico,Angelo Secchi, l’iniziatore della spettroscopiastellare e fondatore nel 1871 della Società degliSpettroscopisti, ora Società Astronomica Italiana.Del beato Francesco Faà di Bruno, di padreAgostino Gemelli o del sacerdote ortodossoPavel Florenskij, il grande pubblico ha sentitogià parlare. La disciplina più rappresentata fra isacerdoti-scienziati è senza dubbio l’astronomia,seguita immediatamente dalla matematica e poidalla botanica.Gli esempi di potrebbero moltiplicare. Vale peròla pena non omettere almeno un riferimento adalcuni scienziati italiani a noi vicini. Moltiricorderanno Enrico Medi, geofisico di famainternazionale e uomo politico, vicepresidentedell’Euratom e divulgatore televisivo, padre di seifigli. Scomparso nel 1974, nel 1996 fu introdottala sua causa di beatificazione. Ricordo di averassistito ad alcune sue conferenze dal vivo. Inuna di queste, per mostrare tutta la bellezza el’armonia della fisiologia umana, creatura di Dio,nella quale fisica, chimica e biologiaconcorrevano al perfetto svolgersi deimovimenti, dopo aver delicatamente poggiato unbicchiere pieno d’acqua sul tavolo ne concludevache c’era più fisica innata in quel gesto che nellatecnologia del LEM, il modulo lunare che qualchemese dopo si sarebbe poggiato dolcemente sullasuperficie lunare. Ennio de Giorgi, il grandematematico italiano scomparso nel 1996, scoprìla soluzione al 19° problema di Hilbert, uno dellafamosa lista di 23 problemi che Hilbert ritenevaavrebbero impegnato tutti i matematici nel XXsecolo. A lui si deve anche la scoperta delcarattere analitico delle soluzioni di alcuniproblemi di calcolo delle variazioni, un risultatodimostrato indipendentemente anche da JohnNash (il protagonista del film A Beautiful Mind),noto ora come teorema di De Giorgi-Nash, cherappresenta una pietra miliare nello studio dimolti problemi non lineari. Convinto difensoredei diritti umani, fu sensibile commentatoredella Sacra Scrittura, in particolare dellaSapienza biblica. Egli riteneva che ogni studioso,nell’invito a prendere parte al banchetto che laSapienza rivolge agli uomini nel Libro deiProverbi, dovessero vedere un richiamo allagrande dignità e responsabilità del propriolavoro; e che la condivisione e la trasmissionedelle conoscenze fosse una delle più alte formedi carità. Di lui scriveva Antonio Ambrosetti,docente come lui alla Normale di Pisa: «Alcunipoveri, che De Giorgi cercava di aiutare conassiduità, avevano imparato i suoi orari e sifacevano trovare quando arrivava in Piazza deiCavalieri ai piedi della scalinata che portaall’ingresso della Scuola Normale. Lui avevasempre qualcosa da dare loro, senza farlo maipesare, senza mai avere un gesto di insofferenzao, ancora meno, di fastidio. E io rimanevocolpito da questi slanci di generosità e misembrava che davvero la bontà di Dio simanifestasse in lui in modo sublime».

on Giovanni Prodi, anche lui matematico,la comunità scientifica italiana ha personel gennaio di quest’anno uno dei suoiesponenti più illustri. Autore di uno deipiù diffusi manuali di analisi matematicaimpiegati dagli studenti delle materiescientifiche, fu testimone cristianobenvoluto da tutti. A Prodi si deve lacreazione dei gruppi di discussione

"Scienza e Fede" nei quali docenti universitari divarie sedi italiane si riunivano e si riunisconoancora oggi per riflettere e approfondire, allaluce delle proprie competenze scientifiche, ilsenso della scienza in relazione alle domandeultime che l’uomo si pone. Questi incontri,promossi da Prodi grazie anche all’impulso dimonsignor Carlo Colombo, presero avvio nelmaggio 1977; nel corso dei decenni vi hannoassistito centinaia di docenti e ricercatori ditutta Italia, contribuendo così in modo fattivoalla maturazione del dialogo fra disciplinescientifiche e pensiero filosofico-teologico, i cuifrutti sono diventati col tempo visibili in diversesedi culturali e universitarie.Dio e gli scienziati: due forze che si attraggono osi respingono? Non vi è dubbio che appena sirinuncia ai luoghi comuni e si cerca diapprofondire qualcosa di più della storia, siscoprono fra gli scienziati molte personalità digrande spessore umanistico, filosofico e perfinoreligioso. Non costerebbe molto far giungerealmeno parte di questa storia a tutti. O soloallargare lo sguardo per mostrare che chi ritengala professione di ateismo una condizionenecessaria per fare buona scienza sarebbecostretto, buona parte della storia della scienza,a riscriversela tutta da solo. Forse ha ancoraragione Louis Pasteur quando affermava chepoca scienza allontana da Dio, ma molta scienzariconduce a Lui.* Condirettore del portale Disf (www.disf.org),

Documentazione interdisciplinare di Scienza e Fede

CDa millenni gli esegeti s’interrogano sull’assenza di espliciti riferimenti al riso nella vita di Cristo. Però, a parte il fatto che i testi evangelici non sono biografie puntigliose ma profili illuminati dalla fede, è il messaggio complessivo a confermare un’atmosfera fatta anche di allegria. Dai banchetti «scandalosi» all’esultanza messianica, spiritualità e lietezza si sposano nella lode a Dio

La prima intuizione del Big Bangfu di monsignor George Lemaître,un cosmologo che collaborò con Einstein alla formulazionedelle equazioni che descrivevanola dinamica dell’universo. Uno dei fondatori della geologiacontemporanea fu il sacerdoteAntonio Stoppani. E fu ancora un sacerdote cattolico, Angelo Secchi, l’iniziatore della spettroscopia stellare

Luigi Fantappié (1901-1956)Nasce a Viterbo, si laurea in Matematica pura allaScuola Normale di Pisa e insegna in varie universitàitaliane fino al 1934, anno in cui si trasferisce a San

Paolo, in Brasile, percostituire l’istituto dimatematica della localeuniversità. Nel 1940 torna inItalia come docenteall’Istituto Nazionale di AltaMatematica, a Roma. Nel1950 viene invitato daRobert Oppenheimerall’Institute for AdvancedStudy di Princeton, ma nonriesce a recarsi negli StatiUniti per motivi di salute.

Fantappié è stato il creatore della teoria dei funzionalianalitici. Nel 1954 con un celebre scritto ha propostouna possibile estensione su scala cosmica dellarelatività ristretta.

Enrico Medi (1911-1974)Nasce a Roma e, liceale, diventa il primo presidente dellaLega Missionaria Studenti, fondata insieme a GabrioLombardi. Si laurea in fisica a 21 anni con Enrico Fermi, a

31 anni ottiene la cattedra diFisica sperimentaledell’Università di Palermo,pochi anni dopo diventadirettore dell’Istituto Nazionaledi Geofisica e nel 1958vicepresidente dell’Euratom.Diventa noto al pubblicotelevisivo con la trasmissionedi divulgazione «Avventuredella scienza» e per la cronacadello sbarco del primo uomosulla luna. La sua attività di

scienziato si intreccia a quella politica (a partiredall’Assemblea Costituente, di cui è membro) eall’apostolato. Nel 1996 è stata introdotta la sua causa dibeatificazione.

Ennio De Giorgi (1928-1996)Nato a Lecce, si laurea in Matematica nel 1950.Diventa noto nel mondo scientifico quando, nel 1957,risolve il XIX problema di Hilbert, alla cui soluzione si

erano dedicati per oltremezzo secolo i piùimportanti studiosi dimatematica. Nel 1958 vinceil concorso per la cattedra diAnalisi presso l’Università diMessina, l’anno successivoviene chiamato a insegnarealla Scuola Normale di Pisa,dove resta per tutta la vita. Isuoi principali contributi allamatematica vanno dallericerche sulle equazioni alle

derivate parziali, al calcolo delle variazioni, alla teoriageometrica della misura, fino agli ultimi studi dilogica e fondamenti della scienza.

Giovanni Prodi (1925-2010)Nasce a Scandiano (Re) e si laurea in matematica a Parmadopo la guerra. Nel 1956 viene chiamato all’Università diTrieste per ricoprire la cattedra di Analisi matematica e

dal 1963 si spostaall’Università di Pisa. Neglianni ’70 si occupa di didatticadella matematica (fra i suoiscritti più diffusi Analisimatematica e Metodimatematici e statistici) e gliviene affidato anchel’insegnamento diMatematiche complementarisempre all’Università di Pisa.Uno dei suoi principalicontributi come è stato il

teorema di unicità delle equazioni di Navier-Stokes in duedimensioni spaziali, ottenuto nel 1959contemporaneamente e indipendentemente anche daJacques-Louis Lions.

Nicola Cabibbo (1935-2010)Laureatosi in Fisica all’Università di Roma, nel 1963elabora la teoria delle interazioni deboli per i processi concambiamento di stranezza, che contiene i cosiddetti

"angoli di Cabibbo", fornendoalcuni elementi fondamentaliper il futuro «modellostandard» delle particelleelementari. Dal 1969 èprofessore di Fisica delleparticelle elementariall’Università di Roma. Nel1974, insieme a Kobayashi eMaskawa, formula unaproposta, basata sullacosiddetta matrice di Ckm, cheporta a prevedere l’esistenza di

sei Quark rispetto ai quattro allora noti. È stato presidentedell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Enea dal1983 al 1992, dal 1993 fino alla sua morte è statopresidente della Pontificia Accademia delle Scienze.

PROTAGONISTI ITALIANI

Perché Dio permette il male e la sofferenza? Che cosa ciattende dopo la morte? Come conciliare la fedecristiana con la teoria evoluzionistica? Sono alcunedelle tante domande, scomode e affascinanti, chevengono spesso rivolte a monsignor Gianfranco Ravasi,

presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, cheora ne ha raccolte molte nel volume Questioni di fede.150 risposte ai perché di chi crede e non crede(Mondadori, pagine 336, euro 19,50), nelle librerie damartedì. Qui pubblichiamo la voce «Gesù ha mai riso?».

Scienziati

ALESSANDRO VOLTA PRESENTA LA PILA ELETTRICA A NAPOLEONE E AI MEMBRI DELL’INSTITUT DE FRANCE NEL 1801 (FOTO ALINARI)

e Dio, attrazione o repulsione?