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Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico (2000) CIAFIC Ediciones Fisica, chimica e livelli di complessità Giuseppe Del Re * SCIENZA E COMPLESSITÀ In questo articolo vorrei discutere il posto da assegnare alla chimica nella scienza e nella fisica e nella filosofia della natura secondo la Welthanschauung associata all'epistemologia della complessità. Secondo questa nuova prospettiva, proposta fra gli altri dal premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine 1 , la costituzione dell'universo fisico è caratterizzata da una scala di livelli di complessità - da quello delle particelle elementari, agli atomi, molecole, enzimi e altre macromolecole, macchine di ultima generazione, esseri unicellulari, e così fino ai mammiferi. In un oggetto che appartiene ad un certo livello di complessità livelli più bassi coesistono ; per esempio, quando diciamo che una molecola è un sistema costituito da un certo numero di elettroni e da certi nuclei descriviamo la sua realtà -ciò che la molecola è- a un livello di complessità più basso di quello cui appartengono le molecole. Benché si possa descrivere la stessa realtà a livelli diversi, ad ogni livello valgono nuovi concetti e nuove leggi perché emergono nuove proprietà di quella stessa realtà oggettiva 2 . * Actualmente se desempeña como Profesor Titular de Física Teorética en la Universidad de Nápoles. 1 Si vedano le opere epistemologiche di Prigogine, in particolare I. PRIGOGINE e I. STENGERS: La nouvelle Alliance, Paris: Gallimard 1979; I. PRIGOGINE, I. STENGERS: Entre le temps et l'éternité, Paris: Champs Flammarion 1992. 2 Quest'idea è stata sviluppata in termini di Seinsschichten, "strati dell'essere" dal filosofo tedesco Nicolai Hartmann, che ha riportato l'ontologia in primo piano nel pensiero contemporaneo. Un'introduzione Fisica, chimica e livelli di complessità, Giuseppe Del Re, pp.169-201 169

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Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico (2000) CIAFIC Ediciones

Fisica, chimica e livelli di complessità

Giuseppe Del Re* SCIENZA E COMPLESSITÀ

In questo articolo vorrei discutere il posto da assegnare alla chimica nella scienza e nella fisica e nella filosofia della natura secondo la Welthanschauung associata all'epistemologia della complessità. Secondo questa nuova prospettiva, proposta fra gli altri dal premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine1, la costituzione dell'universo fisico è caratterizzata da una scala di livelli di complessità - da quello delle particelle elementari, agli atomi, molecole, enzimi e altre macromolecole, macchine di ultima generazione, esseri unicellulari, e così fino ai mammiferi. In un oggetto che appartiene ad un certo livello di complessità livelli più bassi coesistono ; per esempio, quando diciamo che una molecola è un sistema costituito da un certo numero di elettroni e da certi nuclei descriviamo la sua realtà -ciò che la molecola è- a un livello di complessità più basso di quello cui appartengono le molecole. Benché si possa descrivere la stessa realtà a livelli diversi, ad ogni livello valgono nuovi concetti e nuove leggi perché emergono nuove proprietà di quella stessa realtà oggettiva2. * Actualmente se desempeña como Profesor Titular de Física Teorética en la Universidad de Nápoles. 1 Si vedano le opere epistemologiche di Prigogine, in particolare I. PRIGOGINE e I. STENGERS: La nouvelle Alliance, Paris: Gallimard 1979; I. PRIGOGINE, I. STENGERS: Entre le temps et l'éternité, Paris: Champs Flammarion 1992. 2 Quest'idea è stata sviluppata in termini di Seinsschichten, "strati dell'essere" dal filosofo tedesco Nicolai Hartmann, che ha riportato l'ontologia in primo piano nel pensiero contemporaneo. Un'introduzione

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Il corpus della scienza si deve perciò vedere come un insieme di discipline diverse ognuna appartenente a un particolare livello di complessità. Le varie discipline sono tutte fondate su principi e leggi che soddisfano i principi fondamentali della fisica teorica, la quale ha uno statuto speciale perché si occupa delle leggi e dei costituenti ultimi del mondo fisico, ma non si riducono ad essa, perché ognuna ha ciò che la rende un campo di indagine indipendente3.

IL POSTO DELLA CHIMICA Nel quadro della nuova concezione della scienza e della

Natura così definita, la chimica ha il compito di guardare alla materia cercando di ricondurre le sue proprietà a quelle delle entità caratteristiche del livello più basso in cui appaiono nuovi aspetti della realtà dovuti alla complessità, cioè delle molecole. Questo è giustificato dalla considerazione che la chimica differisce dagli altri rami della scienza in quanto è la scienza delle sostanze composte nella misura in cui sono sostanze; e, da quando fu enunciata l'ipotesi ormai consolidata di una corrispondenza univoca tra sostanze pure e specie molecolari4, essa è anche la scienza delle molecole nella misura in cui sono molecole. La limitazione "nella misura in cui" con riferimento al suo pensiero si trova in NICOLAI HARTMANN: Neue Wege der Ontologie (1942), Stuttgart: Kohlhammer 1949. Tr. it. di Giancarlo Penati: Nuove vie dell'ontologia, Brescia: La Scuola 1975. Tr. ingl. by R.H. Kuhn: New Ways of Ontology, Westport, Conn.: Greenwood Press 1975. L'opera monumentale che presenta in modo completo l'"analisi categoriale" è Der Aufbau der realen Welt, 1940; dritte Auflage, Berlin: De Gruyter 1964. Da alcuni N. Hartmann viene accusato di far emergere lo spirituale dal materiale. Questa accusa è in contrasto con quanto dichiara esplicitamente nei suoi scritti; va ammesso però che egli non si sofferma gran che su ciò che è puro spirito, ma sembra porsi, almeno negli scritti qui citati, in una prospettiva aristotelica. 3 MARIO BUNGE: "Is Chemistry a Branch of Physics?", Z.F. Allg. Wissenschaftslehre, 13, pp. 209-223, 1982. 4 Dalton 1808, Avogadro 1811.

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alle molecole è necessaria per precisare che i chimici studiano le molecole non in generale, per esempio come particelle dotate di certe caratteristiche meccaniche ed elettro-magnetiche, ma come edifici di atomi caratterizzati da una struttura che obbedisce a regole precise, i cui aggregati appaiono a livello macroscopico (livello di "accesso diretto") come le sostanze pure studiate appunto dalla chimica5.

La conoscenza della realtà molecolare è conoscenza del livello di complessità più semplice in cui equivalgono regole e concetti speciali. Perciò la chimica merita lo statuto di scienza di riferimento per i filosofi impegnati in riflessioni sulla complessità. Questo è il punto che cercherò di illustrare in maggior dettaglio nei paragrafi seguenti, insieme, naturalmente ad un esame più ravvicinato della complessità in generale. L'ASCESA DELLA COMPLESSITÀ

Parliamo spesso, dentro e fuori della scienza, di oggetti complessi. Diciamo che una sonda spaziale è una macchina molto complessa, che la soluzione di certe equazioni è una procedura complessa, che la biologia è una scienza molto complessa, e così via. Pensiamo di capire molto bene il termine "complesso", ma se ci chiedessero di dire a parole cosa significa avremmo qualche difficoltà. Talvolta significa soltanto "difficile e complicato"; normalmente significa "che consiste di molte parti". Si potrebbe sperare che l'applicazione del rigore scientifico debba aiutare a raggiungere una definizione più completa e precisa. Sfortunatamente non è così, perché la complessità non è una cosa come l'energia, per cui si può dare una precisa definizione "operativa". Uno dei pionieri di questo campo, il sociologo francese Edgar Morin, scrisse6:

5 G. DEL RE: "The historical perspective and the specificity of chemistry", Epistemologia, 10, pp.231-240 (1987). 6 EDGAR MORIN: Introduction à la pensée complexe, Paris: ESF 1990, p.134.

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La complexité, pour moi, c'est le défi, ce n'est pas la réponse - la complessità per me è la sfida, non la risposta.

Ciononostante, sono state fatte diverse proposte di definizione rigorosa. Fra esse, quella più ragionevole, studiata estesamente da Kolmogorov nella sua teoria algoritmica dell'informazione7, è probabilmente fornita dalla nuova disciplina chiamata teoria dell'informazione. Si comincia con l'osservazione che -almeno in linea di principio - con un dato numero e specie di mattoni (particelle elementari, atomi, molecole, cellule, e così via), si può formare un intero spettro di sistemi a complessità diversa, che vanno da sistemi con parti praticamente indipendenti (gas interstellare, una porzione di materia allo stato di plasma, le cellule di una cultura in cui si trovano molto lontane l'una dall'altra, ecc.) fino a sistemi che si comportano in maniera unitaria anche in condizioni avverse (sistemi di controllo ovvero statici, esseri viventi). In questo spettro un sistema verrà chiamato complesso se almeno una certa misura di interdipendenza delle parti che dà luogo a proprietà che non sono somma delle proprietà delle parti è indispensabile perché il sistema sia quello che è.

Come esempio fondamentale, ricordiamo che le proprietà di una molecola sono determinate non solo dalla natura degli atomi che la formano, ma dalla sua struttura (che i chimici rappresentano con la formula); e ci sono molti esempi di "isomeri", cioé molecole formate dalle stesse specie e dallo stesso numero di atomi che pure hanno proprietà completamente diverse, perché gli atomi sono disposti in strutture diverse. Le molecole dell'etere etilico, un leggero gas anestetico, sono formate da due atomi di carbonio, un atomo di ossigeno e sei atomi di idrogeno esattamente come quello dell'alcool etilico, quel liquido ben noto che è amico dell'uomo purché non ci si avveleni bevendone troppo. Un altro esempio interessante sono le duecentodiciassette molecole (e quindi le 7 A.N. KOLMOGOROV: "Three approaches to the quantitative definition of information", Problemy Peredachii Informatsii, 1, 3ff (1965).

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duecentodiciassette sostanze diverse) più o meno stabili che si possono formare secondo le regole della chimica con sei atomi di carbonio e sei atomi di idrogeno, e di cui una è il ben noto liquido detto benzene.

Così, in generale, si possono formare sistemi diversi con le stesse parti e ciascuno avrà un diverso grado "complessità". Si può immaginare una misura quantitativa di questo grado. Per farlo si immagini che le parti del sistema siano completamente indipendenti. Si dividano in gruppi di parti identiche, e si consideri la lunghezza $\ell_0$ del messaggio più corto (una "stringa" scritta in un linguaggio standard, diciamo cifre binarie) che è una descrizione completa di questo insieme fondamentale di parti il quale non ha alcuna complessità se non eventualmente quella delle singole parti. Il messaggio sarà soddisfacente se contiene una descrizione completa di una parte per ciascun gruppo e il numero di parti contenute in quel gruppo. Si consideri poi la lunghezza $\ell$ della stringa che rappresenta (nello stesso linguaggio) la descrizione completa più breve del sistema effettivo. Possiamo prendere il rapporto $\ell/ell_0$ come misura di quanto è complesso il sistema rispetto al semplice aggregato delle sue parti, perché maggiore è il numero delle proprietà che non corrispondono a proprietà delle parti maggiore è quel rapporto.

Questa definizione non è al di là di ogni critica e si potrebbe migliorare, ma qui basta come riferimento per discutere la natura della complessità. Tra l'altro ci permette di renderci conto che gli atomi di una molecola non contengono rispetto ai corrispondenti elettroni e nuclei tanta informazione in più quanta ne contiene la molecola: è per questo che una molecola è un sistema complesso8. La stessa considerazione vale per

8 Si noti che qui e altrove si parla d'"informazione" al singolare intendendo "un insieme di proprietà caratterizzanti di un sistema fisico". Si dà informazione a un sistema impartendogli njuove proprietà caratteristiche. Quest'accezione del termine, che evidentemente sostituisce il termine "forma" introdotto da Aristotele, si è imposto in

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oggetti più familiari: può darsi che non siamo in grado di descrivere completamente un'entità come un cane, ma sembrano esserci pochi dubbi -specialmente dopo l'avvento della psicobiologia- che, malgrado la sua qualità di "amico dell'uomo", in termini della differenza fra ciò che un vivente è come tale e ciò che è l'insieme dei suoi organi e tessuti (secondo la prescrizione della definizione informazionale data sopra) un cane è meno complesso di un essere umano.

L'emergenza dell'unità da insiemi di oggetti "elementari" è il problema centrale posto dal riconoscimento dell'importanza scientifica della complessità. La coesistenza di un sistema unitario e di quegli oggetti distinti (suscettibili di studio separato) che sono le sue parti è un nuovo argomento di studio, perché l'adozione di un punto di vista esclusivamente biologico e l'ignoranza della chimica della scienza aristotelica pre-moderna l'aveva condotta a considerare `virtuali'9 le parti di un sistema veramente unitario (diciamo, un organismo in attività); mentre la scienza moderna, fondata sulla meccanica, tende a ignorare che il tutto può contenere più informazione che non le sue parti. Con l'ascesa della biologia contemporanea e la fine del vitalismo è diventata urgente la necessità di riconciliare queste due visioni estreme.

IL TUTTO E LE PARTI L'idea dell'Universo che regnò quasi indiscussa fino a tempi

molto recenti, idea ben nota sotto il nome di riduzionismo, è quella della fisica, la quale vede il mondo come insieme di entità semplici da trattarsi ciascuna prima come sistema isolato inglese quasi naturalmente perché in quella lingua la parola `information' è già un singolare collettivo, e non indica una singola notizia (detta `piece of information'). In italiano, come in francese, si presenta come una nuova accezione di un termine che ha altro significato, e però è indispensabile. 9 G. DEL RE: Discorso scientifico e filosofia della natura, Sapienza (Napoli), vol. 46, pp. 407-440 (1993). V, in particolare p. 420 sqq.

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e poi come capace di formare isstemi a molte particelle introducendo opportune interazioni con altri sistemi. L'abito mentale determinato da questo modo di vedere ha portato molti uomini di scienza a pensare che una volta note le proprietà delle parti un sistema è completamente conosciuto. Vorrei insistere ancora sul fatto che ciò non è vero, un po' perché una parte dell'informazione non è nelle parti (come nell'esempio degli isomeri dato sopra), ma soprattutto perché molta informazione è latente nella descrizione delle parti (per esempio, le regole della valenza). Recentemente è cominciato uno spostamento da questo atteggiamento a quello comple-mentare, ed è comparsa la tendenza a vedere l'intero Universo come singolo sistema, le cui parti non sono trattate come sistemi quasi isolati, ma sono supposte definite dal loro mutuo "accoppiamento", sia diretto che indiretto. Intendo dire che il nuovo modello di riferimento non è più quello di un gruppo di individui ciascuno per suo conto, ma quello di un gruppo di individui che costituiscono un sistema il quale si comporta come un tutto. Questo nuovo modo di vedere è chiamato da molti "olismo", nome dato tradizionalmente al modo in cui gli scolastici considerano l'uomo, cioé come unità integrata del corpo in quanto sistema strutturato di organi e tessuti e dell'"anima" in quanto attività coordinata che fa del copo un essere vivente unitario.

Lo spostamento dal riduzionismo all'olismo si può riassumere nell'affermazione che il concetto di sistema ha mutato referente da un insieme di sottosistemi o particelle debolmente accoppiate a un intero fortemente integrato, come un organismo. Il pensare in termini di quest'ultimo referente ha prodotto, per esempio, la descrizione della biosfera come "quasi"-organismo, come nel caso dell'ipotesi "Gaia", e delle obiezioni sollevate contro di essa10. Per un cammino diverso 10 JAMES E. LOVELOCK: "Hands up for the Gaia hypothesis", Nature, 344, pp.100-102 (1990). Cf. Nature 207, pp.568-570 (1965).

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anche gli astrofisici sono giunti a pensare in termini di totalità, come e nelle teorie cosmologiche e in analisi critiche come quelle che soggiacciono al principio antropico11. Si potrebbe dire anche che nelle riflessioni sull'Universo la nostra filosofia della Natura sta tornando alla concezione tolemaica, beninteso non nella sua ipotesi geocentrica, ma nel riconoscimento che se è vero che tutto non è il tutto, come pretendevano gli Alchimisti, perlomeno ogni cosa dipende in una certa misura da ogni altra cosa, cosicché la realtà più completa è la Totalità a cui appartiene ogni cosa. AMLETO E LA COMPLESSITÀ

Il cammino verso questo cambiamento di riferimento non è privo di ostacoli. A questo proposito val la pena di menzionare in particolare un enigma interessante che si incontra nell'applicazione del punto di vista euristico a interi come una molecola, una cellula, un corpo umano. La scienza attribuisce il fatto che quegli oggetti si comportano come unità alla cooperazione coerente delle loro parti, e cioé alla struttura nel caso di sistemi in equilibrio (come le molecole) e all'organizzazione nel caso di sistemi in stato stazionario lontano dall'equilibrio (come gli esseri viventi). Ogni parte partecipa all'attività del tutto con le sue proprietà specifiche, che sono le stesse di quelle che sarebbero in qualunque altro sistema capace di fornire le stesse condizioni ambienti o al contorno; esempi ne sono gli atomi di una molecola e organi come il cuore.

Ciò sembra implicare che malgrado tutto hanno ragione i riduzionisti, quando dicono che l'intero è l'insieme delle sue parti. E' pur vero che l'intero ha proprietà che non sono soltanto la somma di quelle delle sue parti, anzi possono essere completamente nuove rispetto ad esse; ne abbiamo visto un'illustrazione che dovrebbe essere convincente con l'esempio 11 JOHN D. BARROW and FRANK J. TIPLER: The anthropic cosmological principle, Oxford: Oxford U. Press 1986.

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dell'isomeria. Ma d'altra parte, dopo un esame attento, con lo stesso esempio vediamo bene che in un sistema complesso non c'è nulla se non le sue parti con le loro proprietà in situ, e perciò esso dev'essere l'insieme delle sue parti, sia pure in una configurazione particolare. Dobbiamo dunque dire, contro quello che avevamo concluso più su, che un sistema complesso unitario non è altro che la somma delle sue parti?

Queste considerazioni sembrano proporre un dilemma insolubile: un sistema complesso unitario è una realtà nuova, o non è altro che un modo di essere delle sue parti? Occorre vedere come superarlo. Si potrebbe obbiettare che, dopo tutto,non siamo nella situazione di Amleto; perché dovremmo preoccuparci dell'essere o non essere di un sistema fisico, se questo non ostacola la nostra capacità di fare previsioni e progressi tecnologici? Il fatto è che, se non si trova un'uscita dal dilemma gli scienziati potrebbero essere spinti a tornare al riduzionismo, continuando a studiare le parti nella speranza di capire ciò che in esse non si può trovare, cioé le proprietà emergenti del tutto. E se non si è capito non si possono progettare nuovi esperimenti o nuovi procedimenti tecnici. Fortunatamente, il concetto di informazione, completato con l'altro concetto di livello di complessità, offre una via per uscire dal nostro dubbio amletico. Si tratta di rivedere uanto abbiamo esposto finora sotto la prospettiva aristotelica del "che-cos'è".

Supponiamo di chiedere agli uomini di scienza di dirci che cos'è un certo oggetto. Come già detto, a meno che l'interrogante non sia disposto ad accettare inutili parole in più (cioé delle "ridondanze"), quel che si chiede è l'elenco completo più breve delle proprietà che identificano quell'oggetto -una molecola, una cellula, un ciclamino, una stella di mare- senza ambiguità. Vale a dire che il che-cos'è di quell'oggetto è un messaggio equivalente al suo disegno tecnico, e deve contenere tutta l'informazione possibile su quell'oggetto. Come abbiamo visto la stringa che rappresenta quel messaggio deve avere una lunghezza maggiore della lunghezza della stringa

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che descrive una giusta posizione delle sue parti tale che non è possibile nessuna interazioni tra essi. Possiamo dire anche che, se un sistema si comporta come un tutto e ha proprietà che le sue parti non possono avere, l'intero ha un contenuto d'informazione maggiore della somma delle sue parti, cioé che all'atto della sua formazione è emersa nuova "informazione". Beninteso, questo non significa che la conoscenza delle parti che formano un oggetto è irrilevante. E' ovviamente importante sapere che una molecola di etanolo è costituita da due atomi di carbonio, un atomo di ossigeno e sei atomi di idrogeno, o che un uomo ha un cervello, un cuore, un fegato, e così via; ma può anche essere importante sapere, diciamo, che l'atomo di carbonio ha sei elettroni o che il cuore è fatto di certi tessuti. Perciò, le proprietà emergenti non sostituiscono l'informazione che riguarda le parti, ma l'arricchiscono.

Qui interviene la difficile questione delle proprietà latenti, che si spiega meglio di tutti sull'esempio di una molecola, e mette in evidenza l'origine di un aspetto controverso della chimica quantistica. La fisica sostiene che la sua teoria della meccanica quantistica può fornire equazioni (nella maggior parte le equazioni di Schrödinger) che permettono di calcolare tutto ciò che si può desiderare di sapere su una data molecola se sono noti gli atomi che la formano. I riduzionisti interpretano questo fatto come la prova che le informazioni sugli atomi comprendono tutte le informazioni sulla molecola, e pertanto la chimica non è che un capitolo della fisica12. Tuttavia, non si possono estrarre dall'equazione di Schrödinger certe informazioni, come il fatto che il carbonio forma sempre quattro e non più di quattro legami se non si sa già quello che si sta cercando13. In altre parole, per ricavare dalla meccanica quantistica la tetravalenza del carbonio, bisogna sapere già che cos'è un legame chimico, risolvere l'equazione di Schrödinger 12 MARIO BUNGE, op. cit. 13 G. DEL RE: "Binding: A Unifying Notion or a Pseudoconcept?" Int. J. Quantum Chem, 19, 1057 (1981).

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per trovare il numero di legami formati dal carbonio in un gran numero di molecole, e concludere che si ottiene sempre la risposta "quattro"14. Forse un giorno un genio troverà una dimostrazione di questa regola. In ogni caso, è chiaro che nella descrizione fornita dall'equazione di Schrödinger parte dell'informazione relativa a una molecola (per non parlare di un sistema più complesso) è "latente", cioé è presente ma nascosta, esattamente come lo è nella Natura, da cui la estrassero i chimici del XIX secolo. Si potrebbe dire che si trova in essa come la ricchezza che uno potrebbe avere se sapesse che un tesoro è sepolto nel suo campo.

Insomma, quando si dice che sapendo quali sono gli atomi e come sono disposti nello spazio si sono date in linea di principio tutte le informazioni possibili su una molecola, si dice una cosa (quasi) esatta. Ma gran parte di quell'informazione è latente, come i pesci che abitano le profondità del mare. E' solo quando si guarda alla molecola e alle sue simili che si vede in atto l'informazione potenziale nascosta nell'informazione sugli atomi. Con questo semplice esempio chimico si vede qui che l'espressione "emergenza dell'informazione" è veramente ben scelta per descrivere questo divenire attuale di nuova informazione quando si passa dagli atomi alle molecole, dai costituenti più semplici della materia a quelli meno semplici; nel corso di questo processo sono emerse dalle profondità del mare cose di ogni genere che c'erano ma di cui uno non immaginava nemmeno l'esistenza.

Ho detto "quasi esatta" perché in realtà la conoscenza degli atomi non specifica univocamente la molecola che si otterrà: abbiamo già considerato il problema posto dal fatto che gli stessi atomi possono formare isomeri diversi: Questo vuol dire che l'informazione latente nelle parti può anche avere un certo grado di indeterminazione e non essere sufficiente perché si possa scegliere tra un certo numero di possibilità. Lo stesso 14 B. NELANDER and G. DEL RE: "Chemical Bonds and Ab-Initio Molecular Calculations", J. Chem. Phys. 52, 5225 (1970).

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vale per la genetica: parte di ciò che l'organismo è dipende dagli effetti dell'ambiente.

Detto tutto questo, sembra chiaro che il dubbio amletico a proposito degli oggetti complessi si deve risolvere nel modo più salomonico. Abbiamo chiesto: "esistono realmente solo le parti o il tutto è la sola cosa reale?" L'"ontologia" della complessità risponde: "tutti e due". Si ha il diritto di considerare una molecola come null'altro che un insieme di atomi, a condizione che si tenga presente che gran parte dell'informazione è latente; per vedere effettivamente la realtà della molecola come molecola occorre guardarla direttamente. Può succedere che allora si perda di vista il fatto che essa è un insieme di atomi. Ma questo significa soltanto proprio che la molecola è al tempo stesso se stessa e un insieme di atomi. Vedremo ora che si può parlare addirittura di una realtà a molti strati. SPIEGAZIONE SCIENTIFICA E LIVELLI DI COMPLESSITÀ

La conclusione che la chimica ci ha consentito di ricavare dall'esempio semplice di una molecola si può generalizzare e arricchire usando il concetto di livello di complessità già introdotto, caro a Edgar Morin e al fisico franco-rumeno Bassarab Nicolescu15. Una cosa si può descrivere in modi diversi, in termini di molte particelle semplici con poche proprietà in termini di un numero minore di parti ciascuna con più proprietà, come singola unità.

Chiamiamo ognuna di queste descrizioni "livello di complessità", e si è visto nel paragrafo precedente che essa è anche un "livello di realtà" del tutto. Livelli diversi differiscono per il numero delle parti e per la natura e l'importanza dell'informazione latente. I livelli più profondi, quelli studiati dalla

15 Oltre all'analisi di N. Hartmann, v. fra l'altro M. CERUTI, E. MORIN (eds.): Simplicité et Complexité, Marzo 1988 supplemento a "50, rue de Varenne", Milano: Mondadori 1988); in particolare BASARAB NICOLESCU: "Complexité et niveaux de réalité", pp. 38-43.

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fisica, consistono di molte parti con poche proprietà manifeste, e in quei livelli le proprietà dei possibili sistemi unitari sono largamente latenti; a livelli più alti gli stessi sistemi consistono di meno parti e le proprietà latenti sono in parte proprietà del tutto, in parte proprietà delle parti che appartengono a livelli più bassi e non sono implicati direttamente nel determinare le proprietà dei sistemi complessi che appartengono a quei livelli. Perciò in un oggetto c'è per così dire una scala di livelli di realtà. La sua intera realtà non è semplicemente un piolo, ma l'intera scala fino a una certa `altezza', che dipende da quanto complesso è l'oggetto; anche se dobbiamo concedere ai biologi e agli antropologi che, quando quell'oggetto viene considerato parte di un gioco più vasto, conta solo il livello più alto: quando si studio il lupo come fattore dell'equilibrio biologico di una regione della Terra, si vuol sapere che cosa è il lupo come un tutto, o forse qualcosina sui suoi organi -denti, intestino, eccetera-, ma certamente non la sua descrizione quantomeccanica. Anzi, per amor di concisione possiamo dire che il livello più alto è il livello di realtà del lupo, anche se non intendiamo con ciò che nel lupo i livelli più bassi non sono reali; è vero proprio il contrario, perché in molti casi quei livelli consentono alla scienza di determinare il meccanismo mediante il quale si realizzano certe interazioni al livello più alto.

Rivediamo l'intero argomento in termini un po' diversi. Il numero, la natura e la configurazione degli elementi che costituiscono il sistema complesso (al livello più profondo le particelle elementari) costituiscono certamente la condizione necessaria e sufficiente perché esso sia ciò che è. A causa di questo, la fisica tende a risolvere tutta la complessità in unità elementari con il numero minimo possibile di gradi di libertà interni, cosicché le varie proprietà di un tutto vengono fuori come conseguenza della molteplicità dei moti possibili di un gran numero di particelle elementari che interagiscono tra loro. Perché si dovrebbe mettere in discussione l'affermazione che questa procedura che è così affascinante e ha avuto grandissimo successo, fornisce una comprensione sufficiente

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della realtà complessa diciamo di un organismo vivnte o anche di una grande molecola? Abbiamo la risposta: a quel livello le proprietà nuove che risultano dalla struttura e organizzazione di un sistema complesso effettivo e specialmente le regole che le governano sono latenti; come dire che quelle proprietà nuove non si possono predire automaticamente usando soltanto quelle informazioni, anche se sono predeterminate in larga misura proprio dal numero, natura e disposizione dei costituenti. La stessa esistenza di quelle proprietà non si può ricavare (anche se un genio potrebbe congetturarla) dalle proprietà delle particelle e delle equazioni che governano la loro interazione mutua. In taluni casi, per esempio con gli isomeri delle molecole, accade addirittura che sono compatibili con la costituzione elementare varie possibilità, cosicché non è possibile alcuna previsione riguardo all'isomero con cui si ha a che fare in un caso particolare.

Abbiamo detto che un livello di complessità è tanto più basso quanto più grande è il numero di parti simili e quanto più piccolo è il numero di proprietà diverse che si devono attribuire a quelle parti individualmente. Per esempio, un basso livello di complessità di un organismo è quello degli atomi che lo costituiscono un grandissimo numero di atomi di idrogeno, carbonio, azoto, ossigeno, fosforo, solfo, ferro e pochi altri con una decina di proprietà ciascuno sono tutto ciò che è necessario per descrivere completamente un organismo a livello atomico; ma a quel livello, naturalmente anche proprietà relativamente semplici come la capacità di auto replicazione del DNA sarebbero inconcepibili se non fossero note in anticipo. Per di più c'è un numero astronomico di configurazioni possibili di quegli atomi, enon c'è nulla nelle informazioni che abbiamo su di essi che possa consentirci di dire quali di esse darà luogo a un organismo vivente. Pertanto, in generale, il livello atomico non rappresenta l'intera realtà di qualsiasi organismo vivente. Se saliamo a livello molecolare, si possono capire e scoprire molte più cose; perciò abbiamo a che fare con un livello di complessità più alto. Si può spiegare il comportamento di una

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molecola in termini delle regole generali che governano le relazioni struttura-proprietà delle molecole. In questo modo si dà quella che si può chiamare una spiegazione `orizzontale'. Questa considerazione fatta per la prima volta, per quanto ne so, in un lavoro fondamentale di Theobald16 fa capire perché la chimica è radicalmente diversa dalla fisica. Tuttavia, come ho già ricordato, esiste anche un tipo di spiegazione a posteriori che può essere importante e che è resa possibile dal riferimento a un livello più basso: si tratta di quella spiegazione `verticale' con la quale uno dice, per esempio,"questa molecola è particolarmente pesante perché contiene un atomo di Rutenio"; oppure "lo spettro in raggi X di questa molecola mostra una riga che corrisponde a un atomo di sodio. Si fa riferimento allora a una proprietà addittiva (massa) o a una proprietà degli atomi (spettri a raggi X) che non è influenzata dalla formazione dei legami chimici. Anche quando si dice: "questa molecola forma un catione idrogenato perché contiene un atomo di azoto con una coppia elettronica solitaria", si scende al livello di complessità inferiore, perché, sebbene il concetto di coppia solitaria appartenga alla teoria molecolare, si sta invocando la struttura elettronica degli atomi. Allo stesso modo, in biologia molecolare si possono interpretare molte proprietà degli enzimi considerando soltanto la loro struttura molecolare e, poiché gli `oggetti elementari' del livello di complessità studiato dalla biologia molecolare sono le macromolecole, si può spiegare perché si conportano nel modo con cui si comportano a livello biologico prendendo in considerazione la loro struttura molecolare; ma non si può spiegare in questo modo perché un certo enzima è presente in un certo organismo e non in un altro.

Prendiamo ora il sistema più complesso che conosciamo, l'uomo. Possiamo dire che un essere umano è un insieme di molecole, ma allora non stiamo descrivendo la sua intera realtà, 16 D.W. THEOBALD: "Some considerations on the philosophy of chemistry", Chem. Soc. Revs., 5, pp. 203-213 (1976).

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perché un uomo è di gran lunga più di questo. Abbiamo guardato a un livello basso di complessità (o di realtà), ma ce ne sono di più alti. Si può dare una descrizione meno incompleta considerando meno parti, ciascuna delle quali è meno complessa di una molecola, come quando si dice che un uomo è un uno speciale insieme ordinato dei suoi organi. Allora si ha a che fare con in livello di complessità più alto. Salendo la scala si arriva al livello che è stato oggetto di studi da parte di filosofi e pensatori di tutte le età: quelli che si considerano come `parti' la mente e la psiche emotiva, la `noepsiche' e la `timopsiche' (da nous, nous, e thymos, thymos, rispettivamente). Ma anche questo non fornisce la descrizione completa, perché dall'interazione delle emozioni e dalla fredda logica emergono molte nuove proprietà ed attività degli esseri umani: si pensi alla poesia, si pensi a ciò che è rivelato sulla realtà dell'uomo dalla stessa esistenza di opere come la Commedia di Dante, il Faust di Goethe e i Quattro Quartetti di Eliot. LA CHIMICA COME REFERENTE PER LE RIFLESSIONI SULLA COMPLESSITÀ

Mentre l'antropologia tratta il livello più alto di complessità della piramide che termina con gli esseri viventi, la chimica è all'altra estremità della scala; come ho già ricordato, essa ha il compito di guardare alla materia cercando di ricondurre le sue proprietà a quelle delle entità caratteristiche del livello più basso in cui compaiono nuovi aspetti della realtà dovuti alla complessità, cioé le molecole. A differenza dagli atomi e dai nuclei, le molecole non sono solo configurazioni speciali di particelle elementari; esse sono l'esempio più semplice di entità persistenti dello stesso tipo la cui diversità incredibilmente ricca richiede una scienza apposita.

Proprio la considerazione che il livello di complessità delle molecole è il livello più basso in cui si trovano delle unità che richiedono concetti e leggi ad hoc è forse la ragione principale

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per cui la chimica è un referente essenziale della filosofia della scienza e della Natura. Il fatto stesso che abbiamo potuto usare esempi chimici per illustrare gli aspetti più significativi della filosofia naturale della complessità sono forse una prova sufficiente di questa tesi. Inoltre, le molecole sono i sistemi più semplici per cui vale l'epistemologia a lungo trascurata di Aristotele, giacché, almeno quando si confrontano molecole di specie diverse, ogni molecola ha delle caratteristiche che ne fanno precisamente quella molecola e non qualcosa d'altro. Questo è il primo passo per l'introduzione del concetto di quidditas, il `che-cos'è' di una cosa. Questo concetto riemergente è completamente estraneo all'epistemologia venuta fuori dal circolo di Vienna, com'è dimostrato dall'affermazione di Popper secondo cui la scienza dimostra che il mondo consiste di "eventi e processi", e le domande sul `che-cos'è' sono prive di significato17.

Insieme a entità che meritano di esser chiamate tali, la chimica porta alla filosofia della Natura il concetto di meccanismo nel senso di Ingold18. Quel concetto è della massima importanza, perché, malgrado il nome, esso fa a meno dei concetti fondamentali della meccanica (forze e velocità), e attribuisce la trasformazione di una molecola o sistema alla sua "natura" -cioé alla sua struttura in termini di atomi e lagami. Come è noto, il potere euristico dei meccanismi di reazione è una prova sufficiente della loro validità. Essi illustrano ciò che si potrebbe chiamare `dinamica orizzontale', per dire che essi stabiliscono cammini e regole di trasformazione di sistemi che appartengono a uno stesso livello di complessità. Può essere utile ricordare al lettore che al livello

17 KARL R. POPPER, JOHN C. ECCLES: The self and its brain, Berlin: Springer International 1978, pp. 7, 100. 18 C.K. INGOLD: Structure and Mechanism in organic chemistry, London: Bell 1962; per gli studi epistemologici più recenti, v. F. MICHAEL AKEROYD, in Proc. 2nd Erlenmeyer Kolloquium, Marburg, Germany 11/12 November 1994.

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degli organismi viventi le teorie standard dell'evoluzione hanno la stessa natura `orizzontale', mentre ciò che vien chiamato `evoluzione chimica' appartiene al livello della biologia molecolare.

Il fatto che le reazioni chimiche ammettono una spiegazione `orizzontale' non vuol dire, naturalmente, che i tentativi di tradurre i processi chimici nel linguaggio della meccanica classica e quantistica sono destinati a fallire; anzi, dalla teoria dello stato di transizione19 fino ai calcoli di dinamica molecolare20, quei tentativi hanno avuto una dose significativa di successo. Essi sono filosoficamente importanti, perché, fin quando non è accompagnata dalla pretesa di eliminare la necessità di una teoria propria di un dato livello di complessità, la riduzione alla fisica è un contributo molto valido alla conservazione dell'unità della scienza. DIÁLOGO - Dr. Puyau: Claro, la filosofía de Hartmann es una filosofía esencialmente atea. - Prof. Del Re: Chi l'ha detto? - Dr. Puyau: Sí, los estratos superiores descansan ontológicamente en los estratos inferiores, el espíritu es débil -"gheist"- no es el problema del alma sino del espíritu. Él tiene la teoría del espíritu objetivo, no en sentido hegeliano. - Prof. Del Re: Io insisto su una cosa, voi filosofi avete questa abitudine. Dovete classificare, mettere la casella: è ateo o no; a me se sia ateo o no, non mi interessa, mi interessa se ha detto qualcosa di valido. - Dr. Puyau: No es accidentalmente atea la filosofía di Hartmann, porque los estratos que él considera superiores, el espíritu es superior a la materia, pero su superioridad es también su debilidad, de manera que a

19 S. GLASSTONE, K. J. LAIDLER, H. EYRING: The theory of rate processes, New York: McGraw-Hill 1941. 20 W. VAN GUNSTEREN, H. J. C. BERENSEN: "Molecular dynamics computer simulation: method, applications and perspectives in chemistry", Angew. Chem. 102(9), 1020-1055 (1990).

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medida que avanzamos somos ontológicamente dependientes de lo inferior. Eso es lo esencial de la concepción de Hartmann. No se niega la emergencia, pero ésa es la tesis fundamental, el ateísmo no es accidental en Hartmann, uno podría decir, Nietzsche se hizo ateo por motivos x. Es la esencia de su filosofía, al debilitar el espíritu..., hay un italiano Grassi que hace años que escribió un libro sobre "mach und on mach des gheistes "refiriéndose a la impotencia del espíritu que es de Scheler y de Hartmann, de los dos, pero en Scheler hay una apertura a lo eterno, él escribe De lo eterno en el hombre, pero la de Hartmann es una filosofía que se cierra en su ateísmo. Eso es importante en cuanto a la forma de resolver esos estratos.Dice Hempel, que era un positivista lógico, hay que dar cuenta del mundo éste en que estamos, ésa es la objeción que le formula Hempel. - Prof. Del Re: La mia risposta è che i filosofi bisogna guardargli per quello che di costruttivo hanno detto, non per quello su cui non siamo d'accordo. Supponiamo che quello che lei dice sia vero, allora, io quello che sostengo è che bisogna esaminare il lavoro meraviglioso, geniale di Hartmann per capire dove è il punto in cui dobbiamo intervenire, cioè, dove il punto non possiamo più accettarlo. Io posso essere d'accordo con lei, ma voi filosofi lo condannate tutto, perché dice: "è una filosofia atea, non bisogna leggerlo, non bisogna accettarlo", "nulla di quello che dice può essere buono". Allora, io vorrei dire, a me interessa che, secondo me, Nicolai Hartmann aveva detto -io l'ho letto dopo che ero arrivato a queste conclusioni- quindi, non sono stato influenzato da lui, ho trovato che dava una risposta ad una domanda fondamentale, "l'albero è un insieme di particelle o è un albero"? E Hartmann risponde in modo coerente e chiaro. Se poi nel passaggio verso lo spirito non si è reso conto di alcune cose che a noi interessano o ha tratto delle conclusioni che non ci appaiono giuste, sono pronto ad accettarlo, ma io faccio come Bochenski. Bochenski era un domenicano credente, ecc., e considerava Nicolai Hartmann come uno dei geni della nostra epoca. Naturalmente, del resto si può capire subito dove potrebbe essere il suo errore. Se uno vede Dio come atto puro, lì nel ricostruire questi estratti che hanno potenza e atto in gioco, si può aggiungere benissimo, però probabilmente lui non l'ha fatto, va bene, se non l'ha fatto io quella parte lì non l'accetto. - Dr. Puyau: La teoría de los niveles supone que lo superior se apoya ontológicamente en lo inferior, ahí está el problema. Él admite que lo espiritual no es reducible a lo material, de acuerdo, pero

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ontológicamente la forma de resolver el problema es que el estrato superior depende ontológicamente del inferior. - Prof. Del Re: No, io non sto discutendo quello che ha scritto Hartmann, sto discutendo la teoria degli strati dei livelli di essere. La teoria dei livelli di essere, anche a livello materiale... - Dra. Archideo: In Hartmann. - Prof. Del Re: No, quello che ho sposto io è la teoria come la vedo io. La ho trovato in Hartmann un parallelismo, ma non mi sono preoccupato di vedere dove lui arrivava esattamente come conclusione generale. - Dr. Puyau: En Aristóteles hay acto puro pero no hay materia pura, no es posible, no puede ser. La materia prima que sería la materia pura no puede existir, entonces, la jerarquía es distinta, la jerarquía axiológica coincide con la jerarquía ontológica que en Hartmann no. - Prof. del Re: ¿En qué sentido? En Hartmann no lo sé. En la teoría de los estados de los niveles de realidad, sí. - Dr. Puyau: Eso es ontológicamente. Axiológicamente él funda una ética que no quiere ser ni subjetiva ni relativa. La ética de los valores se presenta como una ética absoluta, eso es distinto. El "sosein" es el modo de ser de lo valioso, no de las cosas valiosas, lo que hace que las cosas sean bienes, la presencia del valor hace que las cosas sean bienes. En la ética Hartmann, tal es su objetivismo -porque está reaccionando contra el subjetivismo moral que había a principios de este siglo en Alemania- él elimina la conciencia entonces, los valores se me dan en una aprehensión que dice, es emocional. Eso lo tiene de común con Scheler, hay variantes entre él y Scheler, y los valores se me dan en una jerarquía. En los valores él ve una jerarquía que es independiente del ser. - Prof. Del Re: Probabilmente io non sono stato chiaro. Io ho parlato della teoria dei livelli di realtà come l'ho ricavata io con il mio lavoro scientifico, e come l'ho trovata in Hartmann, solo di quella, non sto parlando della filosofia di Hartmann. Io in nessun filosofo accetto la filosofia totale. Ora, la teoria degli stati di livelli di realtà come l'ho capito io, siccome è attualizzazione andando dal basso, è attualizzazione successiva, non può avere la dipendenza dell'alto, l'alto non può dipendere dal basso, è il basso eventualmente che dipende dall'alto. Cioè, io posso analizzare cosa è l'albero, ma non posso dal basso stabilire l'albero. Questo se si vuol fare una relazione di dipendenza. Io personalmente rifiuto la relazione di dipendenza, per me sono realtà,

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cioè, l'albero è un livello di realtà di particelle, è un livello di realtà di organi, è un livello di realtà totale. - Dr. Puyau: Si Ud. lo toma de Hartmann, lo superior depende ontológicamente de lo inferior. Lo menos valiosos funda ontológicamente a lo más valioso. Esto es lo que los axiólogos han llamado "la debilidad del espíritu". En esta perspectiva lo que es axiológicamente superior es dependiente de lo que es axiológicamente inferior. Por ejemplo, la vida depende ontológicamente de la materia inorgánica. - Prof. Del Re: Ecco, se lei mi dice questo a me è sfuggito. Io quello che io ho esposto è stato la mia visione, però siccome è giusto riconoscere agli altri la precedenza, io devo dire che sia Aristotele che Hartmann avevano detto queste cose, e forse altri. - Dra. Archideo: Sì, lei ha ragione, il linguaggio sembra lo stesso, ma non il significato. - Dr. Gratton: Yo quisiera hacer una pequeña aclaración. A mí me pareció entender que la posición que nos explicó Del Re es esencialmente el negar o el cortar el reduccionismo físico extremo, sosteniendo que, aun cuando conozcamos todos los ingredientes materiales o energéticos de los entes materiales, de los seres corpóreos, aun cuando tengamos todos los ingredientes e incluso la teoría de la interacción de estos ingredientes, el reduccionismo es una imposibilidad de hecho porque falta la información que es necesaria para completar..., o sea, la emergencia está de hecho, pero requiere que nosotros la percibamos, que le demos la información en cada nivel, no está simplemente porque en la ecuación de Schrödinger pongamos los ingredientes, es decir, es una emergencia no automática, -digamos así- de los elementos materiales sino porque hay algo más que nosotros introducimos en cada nivel. Eso es lo que me pareció entender. - Prof. Del Re: Esattamente. - Dr. Gratton: Y para mí resulta muy satisfactorio, muy iluminante. - Prof. Del Re: Io ripeto, non ho presentato la filosofia di Hartmann, ho solo riconosciuto di aver trovato in Hartmann cose che avevo capito studiando scientificamente il problema della complessità, questa è una premessa. Premesso questo, io trovo, per esempio, questo passo, dice: "ci sono da mettere in campo per completare la visione d'insieme due esempi di tale mutazione, ciascuno dei quali è al suo modo istruttivo per il rapporto dei livelli. Il primo -e questa è la parte importante- riguarda la vecchia e ben nota opposizione di forma e materia. Non si tratta qui di una materia assoluta ultima e irriducibile sul tipo del principio materiale

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della più antica metafisica ed ugualmente non si tratta di un regno di forme unitariamente inteso como quello aristotelico.

Come categorie, forma e materia sono strettamente correlative, in modo tale che ogni forma può essere alla sua volta materia di una forma più elevata, e ogni materia -viceversa- forma di una materia più bassa. Insisto, può essere materia di una forma più elevata, può essere forma di una materia più bassa. La gerarchia che così si costituisce è una progressiva sopraelevazione di forma che tutte sono a loro volte materia di una ulteriore sopraformazione. La natura è chiaramente e totalmente costruita secondo questo principio della sopraelevazione. L'atomo è materia per la molecola, ma è già esso stesso un'entità provvista di forma; la molecola è materia per la cellula, questa è materia per l'organismo pluricellulare. Ma questa gerarchia ascendente di forme non prosegue senza interruzione, essa non attraversa in una serie continua l'intera costruzione dei livelli del mondo reale. Al contrario, si danno punti particolari nei quali la sopraformazione è interrotta, ciò avviene ad esempio ai confini tra l'essere organico e quello coscienziale sensibile, mentre la realtà organica assume entro se stessa, atomi e molecole e con essi costruisce una nuova forma, la coscienza esclude da sé le forme organiche e le lascia, contemporaneamente, dietro di sé. La vita dell'anima "selenleben" è certo in se stessa un tutto formato e senza dubbio tramite una forma più alta, ma essa non sopra informa la realtà organica o una sua parte, al contrario inizia una nuova serie di forme per la quale la vita corporea con le forme e i processi suoi propri, non funge più da materia, quindi non vi è condizionamento dal basso.

Non funziona come materia. Quindi la nuova serie di forme spirituali non dipende dalla materia. "E un gradino più in alto " -questo è il punto che mi ha colpito- "al confine tra vita coscienziale sensibile e spirituale, avviene alcunché di simile. Gli atti coscienziali sensibili non entrano come materiali componenti nei contenuti oggettivi spirituali, e i contenuti oggettivi spirituali si liberano dagli atti coscienziale sensibili e posseggono un modo di essere storicamente superindividuale". Qui chiaramente lui tende alla superindividualità, siamo d'accordo, posso accettare, non lo so, ma posso accettare che lui non crede en un essere personale. - Dr. Puyau: No es la creencia de él. - Prof. Del Re: No, ecco, ma dico, lui dice esplicitamente che non dipendono dai livelli più bassi. - Dr. Puyau: La exposición general de la filosofía de Hartmann es que los niveles superiores dependen ontológicamente inferiores.

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- Dra. Archideo: Tiene que haber ahí mismo algo, porque lo que está diciendo Ud. ahora estamos de acuerdo, si Ud. lo toma fuera del contexto de la filosofía de Hartmann. Pero ¿qué ocurre? Ocurre que ahí no está presente el problema ontológico más total en la filosofía de Hartmann. Ése es el tema fundamental. - Prof. Del Re: La questione è questa, secondo lui questa è tutta ontologia, ma io, comunque, non ho interesse, non mi occupo di ontologia, io mi occupo della realtà, però io ho letto queste cose, ho dato la documentazione. - Dra. Archideo: Esas dimensiones que Ud. fue presentando desde una visual química, entiendo que deben ser admisibles, y las acepto porque Ud. es un químico y físico al mismo tiempo, etc., pero no puedo tomar eso es como un paralelismo con respecto a los modos de información en el orden ontológico. Sí lo puedo tomar como qué ve la química y en parte la física, si están de acuerdo, no sé, qué ven de esa realidad que para el filósofo es más total.

Ahora, en este mismo momento Juan Pablo II nos dice, "el filósofo no tiene que reducir su filosofía a algo particular, a una ciencia particular". Tiene la ciencia filosófica que tomar una totalidad, tiene la obligación de tomar una totalidad, no puede decir "yo me lavo las manos y ustedes hagan la suya y yo la mía". Mirar de qué manera es la visual del físico-químico, y la acepto, ¿por qué no? es Ud. el que conoce la cosa, pero no por eso se tiene que dejar de aceptar que hay una visión más amplia que no sólo ve esas dimensiones que se mueven en el orden material, sino que hay otras, porque si se toma como totalidad lo parcial, resulta que de la materia emergería el espíritu, en ese sentido, o sea, que es peligroso tomar como totalidad, una cosa parcial, pero admito y me parece interesantísimo lo que Ud. dice, porque al contrario, afirmaría toda nuestra posición al respecto, la afirmaría mientras no se tome como total. - Prof. Del Re: No, es precisamente, lo que digo. Yo me limito no sólo a la química, a toda la ciencia, la ciencia de la naturaleza, y eventualmente, psicología, eso es el marco.

En cuanto a Hartmann yo he leído un punto donde me parecía que decía lo contrario. - Dra. Archideo: Es lógico eso lo acepto. - Prof. Del Re: Pero no me interesa. Mi problema -sería una contradicción porque lo que dice es explícito, no es sólo tomado de un

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contexto- pero es una cosa que no entra en el marco de mi problema, mi problema es la realidad material. - Dr. Puyau: No, eso yo no le niego, lo que yo le digo es que los grados, la estratificación, todo ello, tiene en Scheler, como en Hartmann, los dos representantes de la axiología en Alemania antes de la guerra, ese sentido de que los grados superiores dependen ontológicamente de los inferiores. - Prof. Del Re: Pero entonces ¿por qué aquí dice lo contrario? - Dr. Puyau: No es que diga lo contrario. - Dra. Archideo: Eso es admisible, pero dentro de una totalidad, no es admisible de por sí solo, porque estoy descontextualizando un aspecto. Vayamos a otro tema, vamos a Aristóteles, que parece más conocido por todos nosotros, como si yo tomara solo una parte de Aristóteles cuando está describiendo biológicamente el ser orgánico, por ejemplo, y pretendo con eso después decir "ah! esto quiere decir que es el modo en que es el ser". - Prof. Del Re: Eso es evidente. - Dr. Puyau: Lo que decimos es que esta estratificación responde en Hartmann a una visión total que es incompatible con el poder del espíritu. Yo le dije es una filosofía atea, sí, es una filosofía atea. Atea en un sentido muy fuerte, porque lo más débil sería Dios. El estado físico vive sin el mundo orgánico, el mundo orgánico no vive sin el mundo físico. - Prof. Del Re: Io ho detto, l'albero è l'albero e la molecola è la molecola, nell'equazione di Shrödinger la molecola non c'è, nel senso che se uno non sa che vuole una molecola non la trova, la troverà solo se pone la domanda. Questa soluzione dell'equazione è una molecola? Ma deve sapere prima che è una molecola: dunque la forma viene prima. Su questo non c'è nessun dubbio. Il fatto è che noi poi la riconduciamo, cioè, diciamo: "va bene, adesso come si collega questa forma con il fatto che ci sono queste parti? Ed è il problema generale della complessità. Perché un essere vivente ha una sua identità, e certi suoi comportamenti unitari, quando poi è fatto di parti. Ma il punto di partenza è il comportamento unitario, quindi, è la forma finale. Quelli che parlano di emergenza vogliono dire un'altra cosa, che è che potrebbe comparire questa forma -secondo loro- per un meccanismo spontaneo, cioè, le particelle si trovano per qualche ragione, anche per caso, insieme, e formano un tutto. Però quello che rimane è che il dato fondamentale è il tutto, cioè, io so che ho un tutto, poi posso anche domandarmi come è

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venuto fuori. Ma questo è noto, anche un essere vivente, anche il bambino si forma piano piano della giunta delle parti. Quindi, lasciamo fare la scintilla divina, quello è un discorso diverso, ma dal punto di vista biologico, l'unità dell'essere vivente, viene fuori del mettersi insieme delle parti. Questo non vuol dire che nelle parti è contenuto l'essere vivente, tanto è vero, anzi, dell'essere vivente c'è addirittura un programma che è una molecola, però lì c'è scritto, bisogna fare prima questo, poi quest'altro, poi quest'altro, in modo che si formi piano piano quella cosa e non un'altra. Quindi la forma dell'essere vivente è contenuta in progetto nel DNA in una molecola.

No. Facciamo l'esempio. Un programma di computer è un'entità che ha una sua esistenza propria. Perché? Perché io lo posso copiare dal computer al dischetto; dal dischetto scriverlo a matita su una carta; poi scriverlo su un altro dischetto; poi mandarlo su un altro computer; è sempre lo stesso programma, ha bisogno di un supporto, però è sempre lo stesso programma. Qui stiamo dicendo lo stesso. Cioè, c'è un programma scritto sul DNA, che non è il DNA, non è la materia, è la forma dell'essere vivente, sì, proprio l'essere vivente, codificato, per così dire, nel DNA. Ma non è la stessa cosa. Cioè, quello che volevo dire è che anche dal punto di vista dell'ontogenesi, cioè, della formazione dell'essere vivente a partire della cellula iniziale, anche in quel caso, la forma viene prima della materia, perché se non c'è il DNA, giusto, quindi, con il programma giusto, non viene fuori quelle essere vivente, quindi è proprio la sua forma, siccome la forma ha bisogno del mondo materiale, di un supporto materiale, è scritta da qualche parte come un programma, quando parliamo dello spirito non c'è più il sopporto materiale, ma questo è un altro discorso, questa è l'idea. Per lo meno io sono d'accordo che la forma viene prima. - Prof. Prosperi: Io volevo dire una serie di cose, un pochino anche diverse, non so se adesso riuscirò a fare un po' una sintesi.

Devo dire che personalmente la relazione di Del Re mi è piaciuta molto, in particolare questa idea dei livelli di realtà, ci siamo trovati in contrasto sul fatto che la chimica sia o no parte della fisica e questo è in realtà legata con questo problema, però ogni volta che lo sento capisco di più in che senso lui non vuole che la chimica sia parte della fisica.

Per quello che riguarda all'ultima parte del discorso, evidentemente, mi guardo bene da pronunciarmi su quello che è il significato generale della filosofia di Hartmann, e ritengo che bisogna sempre distinguere, però in un autore alcuni aspetti che si possono ritenere interessanti da altri che non si accettano. Ho citato il Saggiatore di Galileo, è un'opera che frequentemente è citata perché Galileo ha colto alcuni aspetti che si

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ritengono molto importanti dal metodo scientifico. Quello che poche volte si dice è che in quest'opera, Galileo, sostanzialmente, voleva difendere una sua teoria delle comete ed era in polemica, con qualcuno, che era radicalmente sbagliata, pretendeva spiegare con i fenomeni atmosferici e in sostanza riteneva che fosse un qualcosa che riguardava, proprio ai corpi celesti, in particolare il Padre Grassi, ecc. Quindi, radicalmente sbagliata come tesi, eppure qui ci sono alcuni aspetti, alcune considerazioni che sono risultate fondamentali, per tutto lo sviluppo successivo nella fisica. Questo credo che sia un atteggiamento che si deve sempre tenere. Uno legge Einstein, ed Einstein in una lettera dice esplicitamente che lui non riesce ad accettare l'idea di un Dio personale che li serva, ecc., però questo non toglie che certe frasi di Einstein, che il suo modo di porsi di fronte al problema dell'armonia dell'Universo, dell'intelligenza, intelligibilità dell'Universo sono delle cose straordinarie che tutti possiamo leggere e di fronte a cui possiamo restare innamorati, e possiamo condividere, al massimo ci porremmo il problema come mai lui non aveva poi saputo stabilire un certo tipo di equivalenza, però questo è un problema non semplice, arriva a una sorta di panteismo che a noi sembra una roba che non ha senso comune, eppure, lui in qualche modo questo è il suo sbocco, questo è un problema di altra natura. Credo che questo è un atteggiamento mentale che dobbiamo un pochino sempre tenere.

Ecco, aveva al discorso il problema dei livelli di realtà. Allora, voglio fare degli esempi che forse aiutano me, e aiuteranno altri che magari hanno meno familiarità, per esempio, di me con l'equazione di Schrödinger, a capire anche il senso di quello che il Prof. Del Re ha voluto dire.

Di questi esempi citerei due. Prendiamo, per esempio, le lettere dell'alfabeto, realizzate materialmente nella maniera che volete, è qualche sistema per cui si possano disporre su una linea, allineate in un certo modo in un libro, ma non m'interessa il fatto che ci siano più righe, che siano stampate, che siano scritte medianti pezzi, mi sono avvicinato un pochino col discorso sul programma del computer, un po' sulla stessa linea, lasciatemelo mettere in questo modo. Allora, io posso fare degli allineamenti diversi, di diversa lunghezza con successioni diverse. Dentro questi allineamenti ci può essere La Divina Commedia, ci può essere il Don Chisciotte tutto quello che volete. Ecco, adesso, mi pare abbastanza chiaro e abbastanza ovvio che La Divina Commedia e il Don Chisciotte, ecc., sono qualcosa che sicuramente non si può ridurre al substrato materiale in cui si è realizzato. Mi pare che la successione di lettere, la struttura anche materiale della lettera è la materia..., e l'opera,

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è la forma, che evidentemente è qualcosa che appartiene ad un ordine decisamente più alto. Se non sbaglio tutto questo era un po' il punto di vista o al meno un esempio che scolasticamente si riporta per indicare la realtà delle idee, il famoso mondo dell'idee di Platone che distingue l'idea come qualcosa che ha una sua realtà indipendentemente dal substrato materiale, eventualmente, o dallo strumento materiale in cui è espressa.

L'altro esempio potrebbe essere quello del meccano, io ho un meccano, certe strisce ho certi vite, ho certe ingranaggi, questi sono i pezzi. Questi pezzi possono essere disposti in una quantità di modi diversi, credo che siano gli strati che l'equazione di Schrödinger può avere, e in qualche modo il meccano possiamo considerarlo come la materia dal punto di vista aristotelico, per esempio, e invece, la disposizione, l'organizzazione delle parti che noi creiamo che ci dà degli apparecchi capaci di svolgere delle parti, eventualmente, poi composti di sotto apparecchi che noi costruiamo, un'automobile composta di varie parti ciascuno dei quali ha una sua unità e che messi insieme danno qualche cosa di nuovo che è l'automobile.

Allora, vorrei capire, tanto risponderai se colgo nel segno che sostanzialmente con tutte le differenze che ci sono in ogni punto, questo è il tuo punto di vista.

Da questo punto di vista a questi livelli di realtà di cui abbiamo parlato, mi permetto di aggiungere un altro. Il problema "io sono di fronte all'albero", in particolare, se io analizzo questo dal punto di vista della fisica, allora, comincio a parlare degli elettroni, dei protoni, lasciamo perdere il discorso sui modelli in che misura ne posso parlare, però è sicuro che il verde che io vedo è qualcosa che coinvolge non solo l'albero come qualcosa di staccato, ma coinvolge anche me stesso, in qualche modo è una sorta di risultato di una interazione tra me e l'albero, perché il verde come tale non c'è, c'è la luce con una certa lunghezza d'onda. Io mi permetto di rivendicare un livello di realtà che è quello proprio che risulta da questa interazione che mi sembra fortissimo e interessantissimo, e a cui non vorrei in nessun modo rinunciare, magari a quello che il pittore, il poeta cerca di cogliere che riguarda la nostra vita in una maniera molto radicale.

Un problema che ho di fronte alla tua analisi, per esempio, tu hai scritto l'equazione di Schrödinger, ma per te l'equazione di Schrödinger è l'equazione di Schrödinger per le particelle. Io tante volte ti ho detto che esiste una teoria di livello superiore in cui parlare di particelle è parlare di specificazione dello stato di un campo, il quale campo è un qualcosa, non voglio dire che sia di assolutamente olistico perché ci sono diversi specie di campi che interagiscono tra di loro, però queste parti sono

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specificazioni dello stato di un campo. Dal punto di vista dei concetti di realtà e se noi accettiamo che quello che riconosciamo come materia e come forma dipende anche dal livello a cui noi ci mettiamo, questo, è vero, ma in somma, è un punto che deve essere preso in considerazione, perché dal punto di vista delle più recenti teorie della fisica, evidentemente, l'oggetto che non sono definitive e che quindi potranno essere superati d'altri, ma l'oggetto di base, la materia è il campo, e tutto il resto è forma del campo, anche le particelle e sicuramente quelli stati, o accidenti, come si vuole, il campo è la sostanza.

Di fronte a questo problema, tu la vita l'hai presentato come l'anima in uno dei sensi che Aristotele da a questo termine. Qua al solito io sempre mi sono cozzato è un punto che io non ho mai capito di fronte anche alla posizione, anche al modo di porre le cose di San Tommaso che a volte si dice che l'anima è la forma del corpo, mettiamola così. Io ho l'impressione che fin che si resta a livello di una affermazione di questo tipo, non si vada al di là del livello che tu hai descritto. A proposito della reazione, per esempio di Lila, stiamo al livello chiamiamolo materiale, anche se un fisico ha molta paura di usare il termine materiale, però materiale così in contrapposizione a spirituale. Nel linguaggio comune c'intendiamo poi sono problemi che andrebbero approfonditi. Per me di qua non emerge un elemento caratteristico dell'uomo. C'è la scintilla divina, la tendenza e la facilità a scivolare qui da un punto di vista dualista, è molto grande, e certamente, la cosa più facile è immaginare che l'anima sia qualcosa che Dio attribuisce all'uomo, ma che si aggiunge a quest'anima materiale di cui tu hai parlato, e, allo stesso tempo questo aspetto, però nel senso, per esempio, che l'anima viene creata nel momento in cui si forma il corpo, c'è anche tutto il problema dell'animazione, del feto, ecc.

Questo, io ho l'impressione che in certo senso è di alcuni presentato in una forma dualista, anche trovano insoddisfacente l'aspetto dualista, anzi direi che tutte le discussioni che uno può avere, per esempio, con non credenti, è il discorso dell'aspetto dualista è l'unica cosa in realtà su cui sanno rispondere. Allora, tu hai una visione dualista, lo so. Agazzi dice, una qualche visione dualista bisogna averla per forza. D'altra parte, devo dire che anche nell'ambito della tradizione filosofica della filosofia tomista non si accetta il punto di vista dualista. Allora, si presenta questo discorso. Qui sinceramente non ho mai saputo dare un significato, a me sembra che finchè uno resta nell'ambito della terminologia come io in certa maniera ho capito, uno non salti fuori, non bada al livello superiore che pure, naturalmente, c'è.

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Adesso tu mi hai detto di avere approfondito nel discorso di Aristotele, e che Aristotele esplicitamente indica come la necessità di un passo ulteriore, di un salto ulteriore che va al di fuori di quello della forma immersa. Però lui dice che c'è un passo ulteriore, però ho l'impressione cosa sia questo passo ulteriore non appaia. Questo mi sembra un problema centrale. Ma secondo me il problema è tanto più forte, perché in fondo, a me dal punto di vista pratico dice: c'è l'anima in più, e me la cavo, perché per vivere mi va benissimo. E poi c'è il famoso problema "e se col progresso della chimica uno riuscisse a costituire un uomo che senza utilizzare un rapporto con un uomo precedente, questo l'avrebbe l'anima o no"? Normalmente uno dice se è la struttura di un uomo sicuramente l'anima li verrà data. Ammettiamo anche questo punto di vista, però como io ho detto ieri, in realtà io credo che tutto il discorso che tu hai fatto si riferisce a quel livello -permettetemi il contrasto di parole-, della vita che io chiamo la vita biologica, intendendo come questo la vita che studiano i biologici, come un corpo di scienze che sono storicamente stabilite nell'ambito di un certo contesto che è quello delle scienze della natura fondate e costruite in un certo modo. Però anche a livello della vita animale superiore noi abbiamo la estrema difficoltà a ritenere che tutto si possa ridurre a quel livello, perché da quel livello l'organismo vivente non vedo come sia sostanzialmente diverso da un computer molto elaborato che ha i sui programmi, che ha la sua capacità di apprendere, di memorizzare, ecc. C'è anche nell'animale per conto mio qualcosa di più, cioè parlo del cane, del gatto. Di fronte alla persona che ha il suo cane, che addirittura si fa chiamare come succede in Italia avendo pochi bambini, ora, la gente prende il cane, il cane lo deve chiamare, poi si riferisce al cane "vieni dalla mamma". La signora che chiama il cane, però la percezione che uno si trova di fronte a un qualcosa che in qualche misura capisce, che in qualche misura sente..., se un piccolo cane quello urla, posso inventarmi un robot che fa esattamente la stessa cosa, però non posso sostrarmi alla sensazione viva che il cane quando urla senta dolore, non lo sentirà nel modo in cui lo sento io che sono una persona che è cosciente, che ho paura del dolore che arriva, che ho tutta una serie di reazioni che derivano proprio della mia intelligenza, della mia autocoscienza, della mia capacità di analizzare queste cose, però in una forma che non posso né anche completamente capire è analogica, devo dire che quell'animale sente. Se vogliamo all'anima sensitiva, anche senza fare questo taglio drastico tra l'anima sensitiva e l'anima razionale nel senso che forme elementari di ragionamento anche l'animale le fa, ci sono formi di apprendimento, ecc. Quindi dal punto di vista della fenomenologia esterna,

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indipendentemente da quella che è la scintilla divina, il destino che Dio possa avere attribuito all'animale o a noi, o all'animale in subordine, comunque a noi, la mia impressione è che la vita, come il fenomeno che ci si presenta nella sua realtà, non possa essere esaurita dal punto di vista della vita biologica. Però a questo punto, mentre posso essere disposto di accettare al limite, al meno in maniera provvisoria e come modello una posizione quasi cartesiana, non che l'anima agisca sull'anima pineale, ma per lo meno che l'anima sia creata da Dio nel momento in cui l'uomo viene al mondo, mi riesce un pochino più difficile dire che questo venga esteso anche al caso del cane. `E proprio questo fatto che la vita come tale si sottragga in maniera completa a quella che sono nella sua manifestazione più estrema, la nostra capacità di analizzare, di comprendere il mondo materiale, che sia questo qualche cosa diverso, perché da un certo punto di vista l'antico si trovava in una situazione più facile. Siccome pensava che ogni specie fosse creata direttamente da Dio, sì, c'era il mondo inanimato, poi c'era il mondo animato, i diversi gradi e questo riproduceva se stesso. Noi, invece, proprio nella misura in cui accettiamo l'evoluzione che secondo me, lo possiamo considerare ragionevolmente un fatto, con tutti i dubbi, con tutti i limiti che abbiamo nel suo comportamento esterno, questo fatto risulta tanto più difficile, tanto più difficile l'idea che ogni essere vivente dalla vipera al cane, al gatto che viene al mondo, Dio si scomodi per creare un'anima particolare, anche se Dio sappiamo che è sempre presente in tutti i momenti della nostra vita. Mentre questo per me sarebbe più facile accettarlo nell'uomo. Io credo che qui c'è tutta una problematica che da un certo punto di vista mi sembra più importante dell'aspetto puramente biologico della vita o capire come si siano formati da materiale inorganico le prime molecole suscettibili di acquisire un'informazione, ecc., questo è un problema che io avverto fortemente, totalmente irrisolto al mio parere, e qui che io pongo. - Prof. Del Re: Io posso in tanto rispondere parlando della mia esperienza senza volere uscire in altri campi.

Fammi dire subito per sgombrare il campo alle altre cose che tu hai detto, i tuoi esempi sono molto belli, anzi, me ne servirò dei tuoi esempi riguardo alla forma. Il tuo cenno agli aspetti soggettivi, ti dirò che è per questo che io ho voluto leggere un brano di Heidegger, perché Heidegger insiste proprio sulla questione della poesia. `E famoso il suo saggio A che servono i poeti. Anzi è per questo che ha avuto tanto successo perché sia dunque io proprio perché, forse, perché siamo uomini di scienza sentiamo moltissimo l'importanza del rapporto poetico chiamiamolo così.

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Il problema del campo -non voglio dilungarmi- penso che si possa ricondurre a quello che un tale -adesso mi sfugge il nome- chiamava la natura batogena -non patogena- batogena della fisica cioè, la questione del campo, chiamiamolo primordiale, in un certo senso risponde alla tendenza della fisica a ridurre all'entità ultima. In un certo senso si potrebbe pensare che la ricerca di arrivare fino alla potenzialità pura che sarebbe la materia secondo Aristotele, cioè, qualcosa di cui non si può dire nulla, se non che può diventare qualcosa, allora, in questa ricerca i fisici fanno quello che è il compito programmatico della loro disciplina, e adesso trattiamo tutte le particelle come un livello di complessità superiore di una entità più semplice della quale diamo tutto, cioè, come nell'equazione di Schrödinger noi diciamo H -nella prima quantizzazione introduciamo H- cioè, l'operatore che rappresenta le particelle e le loro interazioni, adesso noi andiamo più in là, e introduciamo un'entità in cui sono le particelle. Secondo me, nella stessa logica, però è un problema che potremo discutere. Per quanto riguarda alla questione formale del corpo, venne fuori la questione dell'anima, e allora io, ingenuamente, disse, ma sul catechismo scrivono che l'anima è la forma del corpo, non credo che sia la "silhouette", perché non mi dite che cosa è. Era un po' cattivo perché l'idea ce l'avevo, però comunque, dico, perché non mi dite che cosa è? Uno che legge il catechismo della Chiesa Cattolica e non conosce Aristotele, trova: l'anima è la forma del corpo, e se immagina l'alma del New Age o qualche cosa di questo genere, dico, quindi vediamo che cosa è. Mia sorpresa enorme fu che nessuno sapesse rispondere nemmeno Padre Parenti, dominicano; allora, la cosa era un po' preoccupante. Mi mise un po' a studiare e giunse a quello che ho detto, cioè, Aristotele dice forma nel senso di attualizzazione delle particolari potenzialità che ci sono degli insiemi degli organi, quindi, il corpo è visto come materia, come le particelle, come elettroni e protoni rispetto all'atomo, come una materia seconda già formata, però a cui manca qualche cosa. Questo qualcosa realizza l'essere vivente le cui parti sono già andate. Naturalmente gli scolastici adoperano il loro linguaggio, per esempio, loro non accettano di dire cambiamento, loro dicono movimento, anche se nella lingua moderna, movimento vuol dire cambiamento da luogo al luogo, perché debbano evitare la parola cambiamento, io non l'ho mai capito, però comunque è il loro linguaggio, così usano la parola forma senza rendersi conto che per noi significa un'altra cosa. - Dra. Archideo: El movimiento es el transito de potencia al acto. - Prof. Del Re: ho capito. Ma perché non si può dire cambiamento?

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- Dra. Archideo: ... quella forma non solo prende la molteplicità in una unità ma anche la specificità, ecc. - Prof. Del Re: Per esempio, noi abbiamo la parola informazione ...

Quello che voglio dire è che per la questione dell'uomo quello che risulta a me, anche, avendo lette un commento molto interessante de la Vanni Rovighi, che lei la conosce, era una studiosa di San Tommaso, la quale dice, addirittura, che ci sono delle contraddizioni, proprio lo dice esplicitamente, la questione, secondo me, è questa, da come ho capito dando un'occhiata alla Somma contra Gentiles, poi la Lila mi correggerà, io adesso dico solo quello che ho capito io. Aristotele avrebbe dovuto fare una distinzione fra l'intelletto attivo che corrisponde alla coscienza, alla pressa di coscienza e l'intelletto possibile, cioè, ciò che si ottiene alla fine dell'elaborazione dell'informazione che proviene dall'esterno. Allora, l'intelletto attivo illumina questi colori e dice sì, ecco, ci sono dei colori, cioè, adesso io so. La formulazione "io so", se non che in Aristotele, dice per quello che ho letto- non è chiaro se lui pensi che questo riconoscimento sia in realtà l'attività di una specie di entità divina comune a tutti gli uomini, cioè, non è una cosa personale. Se ho ben capito, San Tommaso risolve il problema in questo modo, dice, "no, va bene tutto il discorso di Aristotele, però siccome l'uomo è tutto, è un uno, anche questa ultima funzione fa parte dell'uomo ed è inescindibile da tutto il resto". A questo punto non c'è più un dualismo, c'è una unità, nella quale, però -per ciò la chiamo scintilla divina-, esiste un elemento che è comune con Dio, però è un elemento personale, proprio. E a questo punto viene fuori. L'anima deve essere immortale per lo meno l'anima non radicata, c'è un bellissimo libro di Garrigou Lagrange che dice, "l'anima separata dal corpo" una cosa di questo genere, dove studia tutto questo e ritrova quei discorsi estranei che faceva Dante che io non avevo mai capito fino a che non ho letto queste cose. Dante dice, "a soffrire tormenti, freddi e geli nostra natura, la Provvidenza dispose che come fa, non vuole che a noi si svegli", cioè, le anime del Purgatorio ricevono un corpo perché l'anima staccata dal corpo in realtà è priva delle sue radici. Quindi, c'è tutta una teoria per cui dire "sì è vero che l'anima è immortale, ma per essere completa occorre un sostrato materiale. E questo punto era nel tomismo per lo meno dantesco, e ripeto, Garrigou Lagrange da tutta una discussione bellissima, tanto che c'era la questione se la memoria o l'immaginazione rimangano nell'anima separata, perché, in realtà ci hanno un sopporto materiale. Quindi secondo quello che ho capito io la tesi di San Tommaso, non è dualista nel senso che ritiene della scintilla divina, la autocoscienza, sia legata a

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tutto il resto. Però è dualista nel senso che distingue un intelletto possibile, un intelletto elaboratore, da un intelletto che prende coscienza.

Ecco, per quanto riguarda la questione della natura speciale della vita. Qui è un problema molto delicato perché studiando, -appunto lo studiato, fra l'altro in occasione di una serie di lezioni che ho fatto il problema della neurofisiologia, di stati di coscienza, all'Università di Roma-, mi sono dovuto studiare proprio la neurofisiologia sul serio, divertendomi molto perché, per esempio, loro il concetto di sistema non lo hanno molto chiaro. Ho fatto un elenco di tutti i possibili significati della parola "sistema", e in realtà quando uno studia, approfondisce i sistemi di controllo si rende conto, secondo me, che al livello embrionario rudimentale, certi processi del vivente che sembrano inspiegabili, in realtà, sono spiegabile e la tecnica gli ha scoperti. Questo non vuol dire, che il risultato finale è una macchina. Anzi tutto, bisogna vedere che cosa vuol dire macchina, è una cosa ben diversa, una sonda spaziale che da solo va, fa fotografie e sceglie, ecc. da un motore d'automobile che è già pure una macchina abbastanza sviluppata. Quindi a che livello mettiamo le macchine è molto difficile.

Per quanto riguarda, per esempio, la sensibilità. La sensibilità uno può dire ci sono dei sensori o propri dei sensori di quelli normali è chiaro che arriva un segnale di allarme, questo scatena una reazione.

La risposta è che si può pensare che ci sia anche una specie di antropomorfismo, noi sentiamo la solidarietà, e poi c'è l'aspetto della vita che è un fenomeno stazionario fuori di equilibrio che è molto caratteristico. © 2000 CIAFIC Ediciones Centro de Investigaciones en Antropología Filosófica y Cultural Federico Lacroze 2100 - (1426) Buenos Aires e-mail: [email protected] Dirección: Lila Blanca Archideo ISBN 950-9010-24-3

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