SCHEDE TECNICHE DELL’ANTIQUARIATO il tessuto parte prima... · disfatti per riutilizzarne il...

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24 L’INFORMATORE EUROPEO SCHEDE TECNICHE DELL’ANTIQUARIATO a cura di Pierdario Santoro IL TESSUTO. PRIMA PARTE, CENNI STORICI. Tessuto dal latino textilis, intrec- ciato. Si utilizzano materiali: di o- rigine animale, come vello e pelo (a base di cheratina), seta dal boz- zolo del baco da seta (a base pro- teica); di provenienza vegetale come lino, canapa, cotone, rafia, ecc. (a base di cellulosa); artifi- ciali come filo d’oro, argento, vetro, il rayon, ecc; sintetici, più recenti, tratti in generale dal petrolio. Il tessuto è un prodotto ottenuto intrecciando uno o più filati. Secondo il metodo di lavorazione otteniamo intrecciando: un filo con se stesso la maglia semplice; più fili paralleli merletti, trecce, ecc; infine, per mezzo di un telaio, più fili paralleli, detti ordito, con un filo continuo, denominato tra- ma, che prosegue da un lato all’al- tro seguendo un disegno prefis- sato, chiamato armatura, pro- ducendo la stoffa propriamente detta. Non dobbiamo confonderci con il ricamo ottenuto applicando fili per mezzo di aghi al fine di re- alizzare un disegno su tessuti e sui pellami. Anche i tappeti sono eseguiti su telai, ma eseguendo annodature sull’ordito, e non utilizzando il fi- lo continuo di trama. Cenni storici. L’arte della tessitura nasce con la storia dell’umanità stessa insieme alla necessità di coprirsi. Adamo ed Eva cacciati dal paradiso ter- restre si vestono dapprima con foglie e poi con pelli. Sono ascriv- ibili al periodo Aurignacano, tra i 20.000 ed i 16.000 anni a.c, i pri- mi aghi senza cruna ritrovati. I primi tessuti sono di lino, databili intorno al 5000 a.c., reperiti ad el- Fayyum in Egitto. Al 3000 a.c. risale l’uso del cotone in Egitto e poco dopo in Perù; ed alla stessa epoca le stoffe palafitticole svizzere. In Cina nel 2689 a.c. l’imperatrice aveva avviato la produzione di seta. La prima c- itazione della spola è del due-tre- cento d.c. Troviamo esempi di telaio orizzontale primitivo sem- pre in Egitto nelle raffigurazioni parietali di Beni Hassan tra il 2160 ed il 1785 a.c. In Egitto dal Nuovo Regno, 1580-1085 a.c, compare il telaio verticale, che permette al tessitore, tramite un pedale, di sollevare i fili dell’ordi- to legati ai licci (dispositivi del telaio per tessitura, che alzano ed abbassano i fili dell’ordito alter- nandoli, in modo da incrociare il filo della trama ad ogni passag- gio), consentendo di mantenere le mani libere per lanciare la navetta (involucro a forma di losanga con- tenente un rocchetto di filo, che permette lo srotolamento ed il passaggio tra i fili di trama senza impigliarsi). Omero parla, oltre che della tela di Penelope, delle stoffe babilonesi per vestiti e tappezzerie; che ancora ai tempi di Nerone Plinio riferisce essere pagate carissime e che definisce dipinte, contrapponendole a quelle alessandrine tessute a col- ori. Il cotone pare essere stato in- trodotto in Grecia da Alessandro. Alla fine del II secolo a.c. la seta grezza e le stoffe giungevano al confine con la Persia. Ed è a Tiro ed a Berytus, alla fine della via della seta, che si costituirono im- portanti opifici; che avevano an- che il vantaggio di poter utilizzare la porpora (sostanza colorante rossa usata dagli antichi, secreta da ghiandole del tegumento di gasteropodi marini, che pare sia s- tata scoperta dai Fenici). Sempre Plinio ci racconta che gli stracci di seta, a riprova del suo costo, erano disfatti per riutilizzarne il materi- ale. Era considerato un fatto ec- cezionale che Caligola indossasse una clamide di seta (corto mantel- lo affibbiato sulla spalla destra). Il termine seta deriva dal nome Seres, dato dai romani ai cinesi. Nel 301 d.C. Diocleziano stabilì a 4000 monete d’oro il prezzo di un chilo di seta bianca grezza. L’uso di vesti di seta era talmente diffu- so anche presso i barbari che Alarico, principe dei Visigoti 395- 410, ne chiese a Roma 4000 tu- niche. A Roma la tintura delle stoffe era talmente importante che i tintori, fullones, furono organiz- zati in appositi collegi con propri culti; ed autorizzati a raccogliere a pagamento dai passanti pubblica- mente, anche per strada, l’urina necessaria, in quanto contenente ammoniaca, alle fasi di lavo- razione. Solo con Giustiniano, 483-565, nel 552 due monaci trafugarono dalla Cina a Bisanzio due uova di baco da seta, permet- tendo all’Impero d’Oriente di af- francarsi dalle importazioni cinesi e di cominciare una fiorente pro- duzione di lusso, cui si dedicarono molti artigiani specializzati. Per lungo tempo la fornitura di arredi tessili, soprattutto eclesiastici, restò appannaggio dell’Oriente, e solo nel ottocento comparvero stoffe di fabbricazione napole- tana. A Bisanzio nel X secolo es- istevano cinque distinte corpo- razioni. L’esportazione non era libera, ad esempio era vietata ver- so l’impero germanico, mentre Amalfi e Venezia ne commercia- vano grandi quantità ed il mercato più importante divenne Pavia. Troviamo importazioni di seta bizantina in Inghilterra nel 1178. Il trattato del 1082 liberalizzò il commercio tra Costantinopoli e Venezia e pose le basi per l’inizio vero e proprio della lavorazione della seta in Italia. In Sicilia si situò una delle migliori produzioni di tessuti in e- poca normanna, di cui resta il magnifico esempio delle vesti conservate a Vienna ed a lungo servite per l’incoronazione degli imperatori del Sacro Romano Impero, datate dal 1133 al 1181. In particolare il manto resta uno dei massimi ed insuperati esempi di arte tessile. Nel duecento e nel trecento a Lucca si producevano i diaspri in origine operati monocromi, poi in due colori. Lucca era senz’altro il centro pro- duttivo più importante tra il due ed il quattrocento ed oltre alla se- ta si fabbricava anche il velluto. L’impresa era di tipo imprendito- riale. Il mercante organizzava tut- ta la produzione, restando sempre proprietario del prodotto e serven- dosi dei vari lavoranti specializza- ti; non esistevano botteghe di pro- duzione su base artigianale. Questo portò all’arricchimento del solo ceto mercantile. A Bologna fino al seicento la lavo- razione della seta acquistò un’im- portanza fondamentale, giungen- do all’utilizzo di ben 600 filatoi mossi da ruote idrauliche, grazie alle numerose canalizzazioni. Il nome Pavaglione, dato al portica- to che fiancheggia la chiesa di san Petronio, deriva dall’etimo dialet- tale parpaia o dal francese papil- lon (farfalla); svolgendosi colà il mercato dei bozzoli. In Spagna dal 1200 al 1500 la pro- duzione è denominata ispano- moresca per il forte influsso dell’oc- cupazione araba. Alla corte di Burgos si producevano le mezze sete, che i pellegrinaggi all’impor- tantissimo santuario di Santiago de Compostela contribuirono a dif- fondere in tutta Europa. Le stoffe sono sempre state utilizzate come merce di scambio, sia per il loro ele- vato costo, sia per la facilità di trasporto. Queste stoffe dominate da disegni arabizzanti conobbero una notevole diffusione; infatti, le ritro- viamo raffigurate nelle opere di Giotto, Cimabue e Duccio. Un’altra influenza determinante è quella es- tremorientale. Nel XIII secolo Gengis Khan conquistò gran parte dell’impero persiano, portando l’in- fluenza degli stilemi cinesi in Europa. È l’epoca di Marco Polo, ed a testimonianza restano numerose stoffe cinesi e persiane, su modelli cinesi, conservate nei musei europei, tra cui in quello di Perugia. L’uso della simbologia cinese si configura come primo esempio di cineseria come poi si svilupperà nel seicento ed ancor più nel settecento; natural- mente interpretata secondo canoni estetici ed etici occidentali. Solo alla fine dell’ottocento quella civiltà è s- tata organicamente studiata. Il moti- vo dominante tra la fine del trecento ed il cinquecento è quello del melo- grano, con tutte le sue implicazioni simboliche, e del fiore di cardo, il tessuto più utilizzato è il velluto tin- to in rosso con il kermes, importato dall’oriente, e la grana, meno cos- tosa proveniente da Maiorca, dalla Provenza, ecc. (tali colori erano ottenuti da un in- setto la cocciniglia). Dalla metà del cinquecento si cominciarono a differenziare i motivi secondo la destinazione d’uso, più piccoli quando destinati al vestiario; mentre la tipologia (lampassi, broccati, velluti) dei tessuti restò indifferenziata e comunque preziosa. A Lucca ed a Venezia si produceva ormai solo broccatello e lampasso; mentre a Genova si concentrava la manifattura dei velluti. Con il seicento la divi- sione tra arti maggiori e minori è ormai definitiva, portando ad un impoverimento dei temi trattati nei tessuti; anche la divisione tra tessuti di diversa destinazione è ormai stabilita, con l’uso del vel- luto esclusivamente per tappezzerie e dei tessuti più leg- geri per l’abbigliamento. Con la Controriforma i temi trattati sono codificati. La grande riforma at- tuata da Jean-Baptiste Colbert, 1619-83, ministro di Luigi XIV, nel 1666 segnò l’avvio di Lione, fiorente già dal quattrocento gra- zie anche a manodopera italiana, quale maggior centro produttivo d’Europa. Qui si realizzò la “grande fabbrica” dove decora- tori, disegnatori, pittori, ecc, col- laboravano alla realizzazione di prodotti di altissima qualità. Ci ri- mangono pochi tessuti alla Bérain, cioè a grottesche (Jean Bérain 1639-1711). Si iniziò ad incorniciare ed a racchiudere en- tro medaglioni i vari temi. L’attività delle Compagnie delle Indie inglesi, spagnole, olandesi e francesi portò, dalla fine del sei- cento, all’affermazione dell’eso- tismo, ispirato non solo alla Cina, ma anche all’India; con il Rococò questa tendenza giunse al suo massimo successo, soprattutto al suo inizio, ma proseguendo in pratica per tutto il settecento. Intorno al 1730 incominciò una tendenza più naturalista, anche grazie all’invenzione del point- rentrè, ad opera di Jean Revel (1684-1751), che permise una re- sa tonale molto più sfumata ed a- datta alla trattazione dei fiori e delle piante. La produzione ital- iana fu da ora in poi soggetta ai te- mi ed alle mode francesi; mentre l’Inghilterra cercò di competere, grazie alle maestranze emigrate dopo la revoca dell’editto di Nantes nel 1685. Tale contesa diede ottimi risultati verso la metà del settecento, ma la difficoltà di approvvigionamento della seta portò ad un rapido declino già alla fine del secolo. In Germania bisogna aspettare la seconda parte del settecento per trovare produzioni consistenti, al- lorquando Federico il Grande chi- amò ad operare maestranze ital- iane, francesi ed austriache. La corte francese organizzò attraver- so il Garde-Meuble, le cui regole sono fissate da Colbert nel 1663, tutto l’approvvigionamento degli arredi necessari, compresi quelli tessili. Tutte le corti europee seguirono l’orientamento di Parigi, portando fiumi di denaro alle manifatture francesi. I forni- tori della corte erano più d’uno, anche per la lentezza della pro- duzione, a fronte dei metri e metri necessari alla tappezzeria di una singola camera; un artigiano tes- seva solo 8-12 centimetri al giorno di seta lavorata a gran opera. Ad esempio per il solo Gabinetto della Regina, camera abbastanza piccola, nel 1779 lavo- rarono a Lione contemporanea- mente ben ventisei telai. Si tratta- va di artigiani di grande abilità, che non solo erano obbligati costantemente a controllare l’or- dine dei punti, assolutamente non memorizzabile, ma dovevano seguire il disegno a rovescio rispetto al progetto. Il mutamento del gusto, soprattut- to nell’abbigliamento, con la sos- tituzione dei sontuosi abiti del- l’ancien regime con quelli più semplici neoclassici, aveva com- inciato a minare la floridezza delle manifatture francesi già nel sec- ondo quarto del settecento. La Rivoluzione depresse fortemente le manifatture lionesi e solo con Napoleone esse ricevettero un n- uovo rilancio. Egli istituì appositi corsi di chimica industriale, e fa- vorì il diffondersi dei nuovi telai Jacquard, costituendo le basi del predominio per tutto l’ottocento delle manifatture lionesi. Nella prossima scheda, gli as- petti tecnici: cenni storici l’Ottocento, la filatura, la tintu- ra, la tessitura, la decorazione. Per quesiti, informazioni ed al- tre esigenze potete contattare l’autore alla casella di posta elettronica: antichitasantor [email protected] , www .antichitasantor o.com . Pierdario Santoro - autore Telaio. Dalla “Encyclopédie, Diderot et D’Alembert”. Manto imperiale detto di Ruggero II. Cm. h. 146x345. Palermo, regio opificio di corte 1133-34. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Sciamito operato, tinta rosso carminio, ricami in oro e seta, perline, oro con smalto cloisonnè, un rubino, spinelli nobili, zaffiri, granate, vetro. Al centro una palma (albero della vita), spec- ulari due leoni abbattono due cammelli, bordo con scritta cufica ricamata in oro con indicazione della data e del luogo di fabbricazione. Frammento ispano-moresco. Cm. h. 8,2x16. Lione, Museo Storico del Tessuto. Taqueté operato. Fondo oro, disegno in rosso, oro, azzurro e bianco. In alto su fon- do rosso scritta in caratteri naskhi. Frammento. Cm. h. 90x50. Firenze sec- onda metà del cinquecento. Firenze Museo del Bargello. Velluto cesellato a due corpi su teletta d’argento. Disegno in rosso su fondo argento. Motivo di fiori di cardo. Frammento. Cm. h. 21,5x19. Lione, circa 1740. Lione, Museo Storico del Tessuto. Lampasso fondo raso. Fondo rosso, disegno in beige, rosa, marrone e verde. Tipico esempio di cineseria. Frammento. Cm.h.50x135,5. Spitalfields, Inghilterra, metà del settecento. Londra, Victoria and Albert Museum. Broccato su fondo taffettà. Disegno in rosa, verde, az- zurro, bianco e viola. Telo da parato. Lione 1785-95. Venezia, collezione Ribelli. Lampasso di seta, disegno avorio su fondo rosso. Evidente l’ispirazione ai temi classici desunti dalle pitture parietali di Ercolano e Pompei.

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24 L’INFORMATORE EUROPEO

SCHEDE TECNICHE DELL’ANTIQUARIATOa cura di Pierdario Santoro

IL TESSUTO. PRIMA PARTE,CENNI STORICI.

Tessuto dal latino textilis, intrec-ciato. Si utilizzano materiali: di o-rigine animale, come vello e pelo(a base di cheratina), seta dal boz-zolo del baco da seta (a base pro-teica); di provenienza vegetalecome lino, canapa, cotone, rafia,ecc. (a base di cellulosa); artifi-ciali come filo d’oro, argento,vetro, il rayon, ecc; sintetici, piùrecenti, tratti in generale dalpetrolio.Il tessuto è un prodotto ottenutointrecciando uno o più filati.Secondo il metodo di lavorazioneotteniamo intrecciando: un filocon se stesso la maglia semplice;più fili paralleli merletti, trecce,ecc; infine, per mezzo di un telaio,più fili paralleli, detti ordito, conun filo continuo, denominato tra-ma, che prosegue da un lato all’al-tro seguendo un disegno prefis-sato, chiamato armatura, pro-ducendo la stoffa propriamentedetta. Non dobbiamo confondercicon il ricamo ottenuto applicandofili per mezzo di aghi al fine di re-alizzare un disegno su tessuti e suipellami.Anche i tappeti sono eseguiti sutelai, ma eseguendo annodaturesull’ordito, e non utilizzando il fi-lo continuo di trama.

Cenni storici.L’arte della tessitura nasce con lastoria dell’umanità stessa insiemealla necessità di coprirsi. Adamoed Eva cacciati dal paradiso ter-restre si vestono dapprima confoglie e poi con pelli. Sono ascriv-ibili al periodo Aurignacano, tra i20.000 ed i 16.000 anni a.c, i pri-mi aghi senza cruna ritrovati. Iprimi tessuti sono di lino, databiliintorno al 5000 a.c., reperiti ad el-Fayyum in Egitto. Al 3000 a.c.risale l’uso del cotone in Egitto epoco dopo in Perù; ed alla stessaepoca le stoffe palafitticolesvizzere. In Cina nel 2689 a.c.l’imperatrice aveva avviato laproduzione di seta. La prima c-itazione della spola è del due-tre-cento d.c. Troviamo esempi ditelaio orizzontale primitivo sem-pre in Egitto nelle raffigurazioniparietali di Beni Hassan tra il2160 ed il 1785 a.c. In Egitto dalNuovo Regno, 1580-1085 a.c,compare il telaio verticale, che

permette al tessitore, tramite unpedale, di sollevare i fili dell’ordi-to legati ai licci (dispositivi deltelaio per tessitura, che alzano edabbassano i fili dell’ordito alter-nandoli, in modo da incrociare ilfilo della trama ad ogni passag-gio), consentendo di mantenere lemani libere per lanciare la navetta(involucro a forma di losanga con-tenente un rocchetto di filo, chepermette lo srotolamento ed ilpassaggio tra i fili di trama senzaimpigliarsi). Omero parla, oltreche della tela di Penelope, dellestoffe babilonesi per vestiti etappezzerie; che ancora ai tempidi Nerone Plinio riferisce esserepagate carissime e che definiscedipinte, contrapponendole aquelle alessandrine tessute a col-ori. Il cotone pare essere stato in-trodotto in Grecia da Alessandro.Alla fine del II secolo a.c. la setagrezza e le stoffe giungevano alconfine con la Persia. Ed è a Tiroed a Berytus, alla fine della viadella seta, che si costituirono im-portanti opifici; che avevano an-che il vantaggio di poter utilizzarela porpora (sostanza coloranterossa usata dagli antichi, secretada ghiandole del tegumento digasteropodi marini, che pare sia s-tata scoperta dai Fenici). SemprePlinio ci racconta che gli stracci diseta, a riprova del suo costo, eranodisfatti per riutilizzarne il materi-ale. Era considerato un fatto ec-cezionale che Caligola indossasseuna clamide di seta (corto mantel-lo affibbiato sulla spalla destra). Iltermine seta deriva dal nomeSeres, dato dai romani ai cinesi.Nel 301 d.C. Diocleziano stabilì a4000 monete d’oro il prezzo di unchilo di seta bianca grezza. L’usodi vesti di seta era talmente diffu-so anche presso i barbari cheAlarico, principe dei Visigoti 395-410, ne chiese a Roma 4000 tu-

niche. A Roma la tintura dellestoffe era talmente importante chei tintori, fullones, furono organiz-zati in appositi collegi con propriculti; ed autorizzati a raccogliere apagamento dai passanti pubblica-mente, anche per strada, l’urinanecessaria, in quanto contenenteammoniaca, alle fasi di lavo-razione. Solo con Giustiniano,483-565, nel 552 due monacitrafugarono dalla Cina a Bisanziodue uova di baco da seta, permet-tendo all’Impero d’Oriente di af-francarsi dalle importazioni cinesie di cominciare una fiorente pro-duzione di lusso, cui si dedicaronomolti artigiani specializzati. Perlungo tempo la fornitura di arreditessili, soprattutto eclesiastici,restò appannaggio dell’Oriente, esolo nel ottocento comparverostoffe di fabbricazione napole-tana. A Bisanzio nel X secolo es-istevano cinque distinte corpo-razioni. L’esportazione non eralibera, ad esempio era vietata ver-

so l’impero germanico, mentreAmalfi e Venezia ne commercia-vano grandi quantità ed il mercatopiù importante divenne Pavia.Troviamo importazioni di setabizantina in Inghilterra nel 1178.Il trattato del 1082 liberalizzò ilcommercio tra Costantinopoli eVenezia e pose le basi per l’iniziovero e proprio della lavorazionedella seta in Italia.

In Sicilia si situò una dellemigliori produzioni di tessuti in e-poca normanna, di cui resta ilmagnifico esempio delle vesticonservate a Vienna ed a lungoservite per l’incoronazione degliimperatori del Sacro RomanoImpero, datate dal 1133 al 1181.In particolare il manto resta unodei massimi ed insuperati esempidi arte tessile. Nel duecento e neltrecento a Lucca si producevano idiaspri in origine operatimonocromi, poi in due colori.Lucca era senz’altro il centro pro-duttivo più importante tra il dueed il quattrocento ed oltre alla se-ta si fabbricava anche il velluto.L’impresa era di tipo imprendito-riale. Il mercante organizzava tut-ta la produzione, restando sempreproprietario del prodotto e serven-dosi dei vari lavoranti specializza-ti; non esistevano botteghe di pro-duzione su base artigianale.Questo portò all’arricchimentodel solo ceto mercantile. ABologna fino al seicento la lavo-razione della seta acquistò un’im-portanza fondamentale, giungen-do all’utilizzo di ben 600 filatoimossi da ruote idrauliche, graziealle numerose canalizzazioni. Ilnome Pavaglione, dato al portica-to che fiancheggia la chiesa di sanPetronio, deriva dall’etimo dialet-tale parpaia o dal francese papil-lon (farfalla); svolgendosi colà ilmercato dei bozzoli.

In Spagna dal 1200 al 1500 la pro-duzione è denominata ispano-moresca per il forte influsso dell’oc-cupazione araba. Alla corte diBurgos si producevano le mezzesete, che i pellegrinaggi all’impor-tantissimo santuario di Santiago deCompostela contribuirono a dif-fondere in tutta Europa. Le stoffesono sempre state utilizzate comemerce di scambio, sia per il loro ele-vato costo, sia per la facilità di

trasporto. Queste stoffe dominate dadisegni arabizzanti conobbero unanotevole diffusione; infatti, le ritro-viamo raffigurate nelle opere diGiotto, Cimabue e Duccio. Un’altrainfluenza determinante è quella es-tremorientale. Nel XIII secoloGengis Khan conquistò gran partedell’impero persiano, portando l’in-fluenza degli stilemi cinesi inEuropa. È l’epoca di Marco Polo, ed

a testimonianza restano numerosestoffe cinesi e persiane, su modellicinesi, conservate nei musei europei,tra cui in quello di Perugia. L’usodella simbologia cinese si configuracome primo esempio di cineseriacome poi si svilupperà nel seicentoed ancor più nel settecento; natural-mente interpretata secondo canoniestetici ed etici occidentali. Solo allafine dell’ottocento quella civiltà è s-tata organicamente studiata. Il moti-vo dominante tra la fine del trecentoed il cinquecento è quello del melo-grano, con tutte le sue implicazionisimboliche, e del fiore di cardo, iltessuto più utilizzato è il velluto tin-to in rosso con il kermes, importatodall’oriente, e la grana, meno cos-tosa proveniente da Maiorca, dallaProvenza, ecc.

(tali colori erano ottenuti da un in-setto la cocciniglia). Dalla metàdel cinquecento si cominciarono adifferenziare i motivi secondo ladestinazione d’uso, più piccoliquando destinati al vestiario;mentre la tipologia (lampassi,broccati, velluti) dei tessuti restòindifferenziata e comunquepreziosa. A Lucca ed a Venezia siproduceva ormai solo broccatelloe lampasso; mentre a Genova si

concentrava la manifattura deivelluti. Con il seicento la divi-sione tra arti maggiori e minori èormai definitiva, portando ad unimpoverimento dei temi trattatinei tessuti; anche la divisione tratessuti di diversa destinazione èormai stabilita, con l’uso del vel-luto esclusivamente pertappezzerie e dei tessuti più leg-geri per l’abbigliamento. Con laControriforma i temi trattati sonocodificati. La grande riforma at-tuata da Jean-Baptiste Colbert,1619-83, ministro di Luigi XIV,nel 1666 segnò l’avvio di Lione,fiorente già dal quattrocento gra-zie anche a manodopera italiana,quale maggior centro produttivod’Europa. Qui si realizzò la“grande fabbrica” dove decora-tori, disegnatori, pittori, ecc, col-laboravano alla realizzazione diprodotti di altissima qualità. Ci ri-mangono pochi tessuti allaBérain, cioè a grottesche (JeanBérain 1639-1711). Si iniziò adincorniciare ed a racchiudere en-tro medaglioni i vari temi.L’attività delle Compagnie delleIndie inglesi, spagnole, olandesi efrancesi portò, dalla fine del sei-cento, all’affermazione dell’eso-tismo, ispirato non solo alla Cina,ma anche all’India; con il Rococòquesta tendenza giunse al suomassimo successo, soprattutto alsuo inizio, ma proseguendo inpratica per tutto il settecento.

Intorno al 1730 incominciò unatendenza più naturalista, anchegrazie all’invenzione del point-rentrè, ad opera di Jean Revel(1684-1751), che permise una re-sa tonale molto più sfumata ed a-datta alla trattazione dei fiori edelle piante. La produzione ital-iana fu da ora in poi soggetta ai te-mi ed alle mode francesi; mentrel’Inghilterra cercò di competere,grazie alle maestranze emigratedopo la revoca dell’editto diNantes nel 1685. Tale contesadiede ottimi risultati verso la metàdel settecento, ma la difficoltà diapprovvigionamento della setaportò ad un rapido declino già allafine del secolo.

In Germania bisogna aspettare laseconda parte del settecento pertrovare produzioni consistenti, al-lorquando Federico il Grande chi-amò ad operare maestranze ital-iane, francesi ed austriache. Lacorte francese organizzò attraver-so il Garde-Meuble, le cui regolesono fissate da Colbert nel 1663,tutto l’approvvigionamento degliarredi necessari, compresi quellitessili. Tutte le corti europeeseguirono l’orientamento diParigi, portando fiumi di denaroalle manifatture francesi. I forni-tori della corte erano più d’uno,anche per la lentezza della pro-duzione, a fronte dei metri e metrinecessari alla tappezzeria di unasingola camera; un artigiano tes-seva solo 8-12 centimetri algiorno di seta lavorata a granopera. Ad esempio per il soloGabinetto della Regina, cameraabbastanza piccola, nel 1779 lavo-rarono a Lione contemporanea-mente ben ventisei telai. Si tratta-va di artigiani di grande abilità,che non solo erano obbligaticostantemente a controllare l’or-dine dei punti, assolutamente nonmemorizzabile, ma dovevanoseguire il disegno a rovesciorispetto al progetto.

Il mutamento del gusto, soprattut-to nell’abbigliamento, con la sos-tituzione dei sontuosi abiti del-l’ancien regime con quelli piùsemplici neoclassici, aveva com-inciato a minare la floridezza dellemanifatture francesi già nel sec-ondo quarto del settecento. LaRivoluzione depresse fortementele manifatture lionesi e solo conNapoleone esse ricevettero un n-uovo rilancio. Egli istituì appositicorsi di chimica industriale, e fa-vorì il diffondersi dei nuovi telaiJacquard, costituendo le basi delpredominio per tutto l’ottocentodelle manifatture lionesi.

Nella prossima scheda, gli as-petti tecnici: cenni storicil’Ottocento, la filatura, la tintu-ra, la tessitura, la decorazione.

Per quesiti, informazioni ed al-tre esigenze potete contattarel’autore alla casella di posta elettronica:[email protected],www.antichitasantoro.com.

Pierdario Santoro - autore

Telaio. Dalla “Encyclopédie, Diderot et D’Alembert”.

Manto imperiale detto di Ruggero II. Cm. h. 146x345. Palermo, regio opificio dicorte 1133-34. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Sciamito operato, tinta rossocarminio, ricami in oro e seta, perline, oro con smalto cloisonnè, un rubino,spinelli nobili, zaffiri, granate, vetro. Al centro una palma (albero della vita), spec-ulari due leoni abbattono due cammelli, bordo con scritta cufica ricamata in orocon indicazione della data e del luogo di fabbricazione.

Frammento ispano-moresco. Cm. h. 8,2x16. Lione, Museo Storico del Tessuto.Taqueté operato. Fondo oro, disegno in rosso, oro, azzurro e bianco. In alto su fon-do rosso scritta in caratteri naskhi.

Frammento. Cm. h. 90x50. Firenze sec-onda metà del cinquecento. FirenzeMuseo del Bargello. Velluto cesellato adue corpi su teletta d’argento. Disegnoin rosso su fondo argento. Motivo difiori di cardo.

Frammento. Cm. h. 21,5x19. Lione,circa 1740. Lione, Museo Storico delTessuto. Lampasso fondo raso. Fondorosso, disegno in beige, rosa, marrone everde. Tipico esempio di cineseria.

Frammento. Cm.h.50x135,5. Spitalfields,Inghilterra, metà del settecento. Londra,Victoria and Albert Museum. Broccato sufondo taffettà. Disegno in rosa, verde, az-zurro, bianco e viola.

Telo da parato. Lione 1785-95.Venezia, collezione Ribelli. Lampassodi seta, disegno avorio su fondo rosso.Evidente l’ispirazione ai temi classicidesunti dalle pitture parietali diErcolano e Pompei.