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2015, http://www.scanzo.eu C:\Users\roberto\Desktop\testi_15_16\I ALES_GST\01_cos'è la storia.doc (1) Che c’è la “storia” ? « Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis » « La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell'antichità. » (Cicerone, De Oratore 2.36) « L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. » (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, introduzione) La storia (dal greco στορία, historìa, ispezione [visiva]) è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè di tutto ciò che possa trasmettere il sapere. Più precisamente, la storia è la ricerca e la narrazione continua e sistematica di eventi del passato considerati di importanza per la specie umana, compreso lo studio degli eventi nel corso del tempo e la loro relazione con l'umanità. Il termine "storia" in italiano e in altre lingue ha anche il significato di "racconto letterario" o comunque di narrazione (orale o scritta) di vicende immaginarie. In questa accezione il termine non sarà discusso in questa voce, anche se la storia di per sé è anche una "narrazione" elaborata tramite l'immaginazione e proposta ad un pubblico interessato di lettori. Etimologia La parola "storia" deriva dall'indoeuropeo *wid-tor, dalla radice *weid ("vedere, sapere")attestata nel latino video (e da qui all'italiano "vedere"), nell'inglese wit, nel sanscrito veda e nello slavo videti e vedati. Il verbo οδα oîda "io so" (perfetto di grado zero della radice id- "vedere") ha d, mentre στωρ ha s, secondo la regola fonologica per cui un'occlusiva dentale (t, d, o th) diventa s di fronte a un'altra occlusiva dentale. Concretamente, l'italiano "storia" discende dal latino historia, a sua volta dal greco στορία (istoría), che significa "conoscenza acquisita tramite indagine, ricerca". È con questo senso che Aristotele usò il termine nel suo Περί Τά Ζωα Ιστορία (Peri Ta Zoa Istória) o, nella forma latinizzata, Historia Animalium. Il termine deriva a sua volta da στωρ (hístōr) e significa uomo saggio, testimone, o giudice. Le prime attestazioni della parola στωρ si ritrovano negli Inni omerici, in Eraclito, nel giuramento dell'efebo ateniese e nelle iscrizioni beotiche (in un senso legale, sia "giudice" che "testimone" o simile). La forma historeîn, "domandare, informarsi" è una derivazione ionica che si diffuse inizialmente nella Grecia classica ed infine in tutta la civiltà ellenistica. Fu sempre con il senso greco che Francesco Bacone utilizzò il termine alla fine del XVI secolo, quando scrisse riguardo alla "Storia Naturale". Per lui, historia era "la conoscenza di oggetti determinata dallo spazio e dal tempo", quel tipo di conoscenza prodotta dalla memoria (mentre la scienza era fornita dalla ragione e la poesia dalla fantasia). scheda I - GST [01] STO © & ® 4.0 – 2015

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Che c’è la “storia” ?

« Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis »

« La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell'antichità. »

(Cicerone, De Oratore 2.36)

« L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. »

(Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, introduzione)

La storia (dal greco ἰστορία, historìa, ispezione [visiva]) è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè di tutto ciò che possa trasmettere il sapere. Più precisamente, la storia è la ricerca e la narrazione continua e sistematica di eventi del passato considerati di importanza per la specie umana, compreso lo studio degli eventi nel corso del tempo e la loro relazione con l'umanità. Il termine "storia" in italiano e in altre lingue ha anche il significato di "racconto letterario" o comunque di narrazione (orale o scritta) di vicende immaginarie. In questa accezione il termine non sarà discusso in questa voce, anche se la storia di per sé è anche una "narrazione" elaborata tramite l'immaginazione e proposta ad un pubblico interessato di lettori.

Etimologia La parola "storia" deriva dall'indoeuropeo *wid-tor, dalla radice *weid ("vedere, sapere")attestata nel latino video (e da qui all'italiano "vedere"), nell'inglese wit, nel sanscrito veda e nello slavo videti e vedati. Il verbo οἷδα oîda "io so" (perfetto di grado zero della radice id- "vedere") ha d, mentre ἵστωρ ha s, secondo la regola fonologica per cui un'occlusiva dentale (t, d, o th) diventa s di fronte a un'altra occlusiva dentale. Concretamente, l'italiano "storia" discende dal latino historia, a sua volta dal greco ἱστορία (istoría), che significa "conoscenza acquisita tramite indagine, ricerca". È con questo senso che Aristotele usò il termine nel suo Περί Τά Ζωα Ιστορία (Peri Ta Zoa Istória) o, nella forma latinizzata, Historia Animalium. Il termine deriva a sua volta da ἵστωρ (hístōr) e significa uomo saggio, testimone, o giudice. Le prime attestazioni della parola ἵστωρ si ritrovano negli Inni omerici, in Eraclito, nel giuramento dell'efebo ateniese e nelle iscrizioni beotiche (in un senso legale, sia "giudice" che "testimone" o simile). La forma historeîn, "domandare, informarsi" è una derivazione ionica che si diffuse inizialmente nella Grecia classica ed infine in tutta la civiltà ellenistica. Fu sempre con il senso greco che Francesco Bacone utilizzò il termine alla fine del XVI secolo, quando scrisse riguardo alla "Storia Naturale". Per lui, historia era "la conoscenza di oggetti determinata dallo spazio e dal tempo", quel tipo di conoscenza prodotta dalla memoria (mentre la scienza era fornita dalla ragione e la poesia dalla fantasia).

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In tutte le lingue europee, il sostantivo "storia" viene ancora impiegato per indicare sia "ciò che è accaduto agli uomini" sia "lo studio da parte di uno studioso di ciò che è successo": quest'ultimo significato talvolta viene distinto con la lettera maiuscola, "Storia" o con il termine storiografia. Descrizione La storia è spinta dalla ricerca della creazione di un "vero discorso del passato": la moderna disciplina di storia si dedica alla produzione istituzionale di questo discorso soffermandosi sugli eventi prodotti dall'uomo. Questa enfasi sull'aspetto umano ha fatto degli uomini il soggetto centrale delle narrazioni nei discorsi classici della storia moderna; di conseguenza, la storia ha assunto un senso che è più vasto di quello di risultare esclusivamente una narrazione reale del passato umano. La storia spesso simboleggia la produzione di eventi che hanno potenziali di trasformazione e che introducono nel futuro: ciò è come uno schema temporale, evidenziato dal significante di storia, che connette il passato, il presente e il futuro. La temporalità storica è quindi radicata nell'idea che soggetti umani autonomi siano dotati di soggettività storica che li possa aiutare nella produzione di eventi e che li aiuti immediatamente a registrare e narrare eventi passati sotto forma di storia. Tutti gli avvenimenti che vengono registrati e preservati in alcune forme (quelle che non possono essere bollate come non storiche o che comunque rimangano aperte al discorso storico) costituiscono la testimonianza storica. Gli eventi che sono presumibilmente accaduti prima dell'avvento della comunicazione scritta sono perciò denominati "preistoria". Il compito auto-assegnato del discorso storico è quello di identificare le fonti che posso contribuire alla produzione di resoconti veritieri del passato. Perciò la costituzione dell'archivio dello storico è la risultante del circoscrivere un archivio più generale invalidando l'uso di alcuni testi e documenti (riuscendo quindi a confutare le loro affermazioni per rappresentare il "vero passato"). Alcuni storici studiano la storia universale, altri concentrano il proprio lavoro su determinati metodi o su altre aree.

Marc Bloch, Apologia della storia. Il mestiere di storico

1. “la scienza del passato” ? 2. studio del cambiamento nella durata 3. scienza degli uomini nel tempo 4. diveretente 5. memeoria 6. di ogni uomo 7. lineare e ciclica 8. testimonianza e trasmissione 9. l’errore e la menzogna 10. giudicare o comprendere ? 11. l’idea di causa

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Le fonti della storia Cosa sono le fonti storiche e quali sono

Come facciamo a sapere

come sono vissute le

popolazioni che ci hanno

preceduto, cosa hanno

fatto, cosa è accaduto in

ere lontane da noi?

Per sapere come sono vissute le popolazioni che ci hanno preceduto, cosa hanno fatto, cosa è accaduto in ere lontane da noi gli storici utilizzano le fonti

della storia.

Cosa sono le fonti della

storia? Quando parliamo di fonti della storia intendiamo tutto ciò che permette agli

storici di conoscere il passato, di ricostruire eventi accaduti in anni anche molto lontani. Fonte storica, dunque, è ogni traccia lasciata dall'uomo o dalla natura che può essere analizzata ed interpretata dallo storico.

Quanti tipi di fonti

storiche esistono? Esistono vari tipi di fonti storiche. Possiamo distinguere le fonti in base alla categoria di appartenenza in:

• fonti scritte; • fonti orali; • fonti mute; • fonti iconografiche.

Quali sono le fonti

scritte? Le fonti scritte consistono in vari materiali che in qualche modo riguardano la

scrittura come pietre con sopra delle scritte o tavole di argilla, lapidi, libri,

giornali e così via. Le fonti scritte rappresentano la fonte principale per uno storico. Esse, a loro volta, possono essere distinte in fonti documentarie e narrative.

Quali sono le fonti orali? Le fonti orali sono rappresentate da tutto ciò che è giunto fino a noi e che ci è

stato trasmesso oralmente, cioè ci è stato trasmesso da una persona all’altra a voce. Sono fonti orali i racconti, le leggende, i canti, ecc...

Quali sono le fonti mute?

Le fonti mute sono costituite da oggetti o opere realizzate dall'uomo come edifici, strade, utensili, gioielli, monete, ma anche da resti di animali e di

vegetali, scheletri e così via. Esse ci parlano dell'epoca a cui risalgono, ci permettono di conoscerla meglio.

Quali sono le fonti

iconografiche? Le fonti iconografiche sono fonti visive come graffiti, affreschi, dipinti ed

oggetti sui quali compaiono delle immagini.

Che differenza c'è tra

fonti storiche volontarie

e fonti storiche

involontarie?

Un’altra possibile distinzione delle fonti storiche è tra fonti storiche

volontarie e fonti storiche involontarie. Le fonti storiche volontarie sono quelle create con lo scopo di lasciare ai

posteri un ricordo, come riviste, articoli di giornale, libri. Le fonti storiche involontarie, invece, sono documenti che costituiscono una

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fonte per lo storico, ma che non sono state create con tale scopo, come ad esempio gli scheletri, gli utensili rinvenuti attraverso gli scavi archeologici, e così via.

Che differenza c'è tra

fonti storiche primarie e

fonti storiche

secondarie?

La distinzione delle fonti storiche in primarie e secondarie si basa sui differenti soggetti dai quali tali fonti provengono. Le fonti storiche primarie sono quelle che provengono direttamente dal

periodo storico oggetto di studio senza che vi sia una mediazione da parte di

uno storico. Ad esempio, se si studia la storia romana, le fonti primarie sono i documenti, i contratti, le monete, i monumenti dell'epoca. Le fonti storiche secondarie sono quelle che ci parlano di un'epoca attraverso

la mediazione di uno o più storici, sono cioè una ricostruzione o una interpretazione di un'epoca o di un fatto storico. Ad esempio, se si studia la storia romana, le fonti secondarie sono le cronache su tale argomento anche scritte in epoche passate, i saggi antichi e moderni nei quali si parla di tale argomento. I libri di storia sono, quindi, delle fonti storiche secondarie.

Le fonti scritte Le fonti storiche scritte

Cosa sono le

fonti storiche?

Le fonti storiche sono costituite da tutto ciò che permette allo storico di conoscere il

passato.

Cosa sono le

fonti scritte? Le fonti scritte sono rappresentate da tutto ciò che in qualche modo è collegato con

la scrittura. Sono, ad esempio, fonti scritte le pietre con sopra delle scritte o le tavole di argilla, le lapidi, i libri, i giornali, i romanzi, i registri parrocchiali, i documenti notarili e così via.

Qual è

l'importanza

delle fonti

scritte?

Tra tutte le fonti storiche, quelle scritte, sono considerate le più importanti. Soprattutto nel passato si è a volte dato importanza quasi esclusivamente ad esse ritenendo meno attendibili le fonti orali perché legate alla memoria e quindi, più facilmente soggette a modificazioni nel tempo.

Come si possono

distinguere le

fonti scritte?

Le fonti scritte possono essere distinte in due grandi categorie: • fonti documentarie;

e • fonti narrative.

Cosa sono le

fonti

documentarie?

Le fonti scritte documentarie sono rappresentate da tutti gli atti pubblici e privati. Sono atti pubblici:

• gli atti emanati dalle pubbliche autorità come i re, i dittatori, il parlamento, il

governo, gli ambasciatori, il papa. Rientrano in questa categoria le bolle papali,

i carteggi degli ambasciatori, le leggi emanate dai sovrani o dal parlamento, gli

editti;

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• gli atti di tipo amministrativo come le ordinanze, gli atti catastali, gli atti

anagrafici. Sono atti privati ogni atto di tipo privato che necessita della forma scritta come atti

notarili, contratti, testamenti, ecc.. La differenza tra atto pubblico e privato non è data dal soggetto che emana l'atto, bensì dalla sua natura. Ad esempio se il presidente della repubblica firma un decreto emana un atto pubblico, mentre se firma un contratto per l'acquisto di un terreno compie un atto privato. Sono fonti documentarie anche altri documenti di carattere ufficiale come i bilanci delle aziende, i listini dei cambi, i registri contabili delle imprese e dello Stato.

Cosa sono le

fonti narrative? Le fonti narrative sono dei racconti costituiti da diari, annali, cronache, biografie, ecc..

Quali sono i

materiali sui

quali troviamo le

fonti scritte?

Le fonti scritte sono costituite soprattutto da documenti cartacei che possono essere libri, diari, manoscritti, tabelle, ecc.. Pertanto il materiale usato prevalentemente come supporto delle fonti scritte è la carta. Ma esso non è l'unico: ad esempio i graffiti sulle pietre, le incisioni sui pezzi di

legno, le iscrizioni sulle stele sono altri esempi di materiali sui quali troviamo delle fonti scritte.

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Geni, popoli, lingue

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Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collane "Saggi" n. 821 -

"Super ET", (titolo originale Guns, Germs and Steel: The Fates of Human Societies) traduzione di Luigi

Civalleri, Einaudi, 1997, pp. XI, 366. ISBN 8806156195 ISBN 9788806183547

« La geografia era una materia di cui si richiedeva la conoscenza nelle scuole e nei college americani fino a qualche decennio fa, quando si cominciò a lasciarla cadere da molti piani di studio. Si diffuse allora l'errata convinzione che essa consistesse in poco più che nell'apprendimento mnemonico dei nomi delle capitali dei vari Stati. Ma venti settimane di studio di questa materia nella settima classe non sono sufficienti a insegnare ai nostri futuri uomini politici gli effetti che la geografia ha in realtà sul genere umano. »

(Jared Diamond)

Il libro è incentrato sulla ricerca di una risposta alla domanda che Yali, un abitante della Nuova Guinea, fece all'autore nel luglio del 1972: "Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?", dove per Cargo si intendono tutti quei beni tecnologici di cui i guineani erano privi prima dell'arrivo dei coloni. In pratica l'autore cerca di rispondere alle seguenti domande: perché sono stati gli europei e gli americani del nord a sviluppare una civiltà tecnologicamente avanzata e non, ad esempio, i cinesi o i sumeri? Perché gli europei sono partiti alla conquista degli altri popoli (ottenendo evidenti successi, spesso con tragiche conseguenze per i "conquistati"), e non è avvenuto il contrario? Come mai i fieri guerrieri nativi americani sono stati spodestati dall'invasione di un popolo di agricoltori? Riunendo in un unico libro cognizioni dalle più svariate discipline, Diamond sviluppa un quadro d'insieme sulla storia delle varie società umane a partire dalla fine dell'ultima glaciazione, avvenuta circa 13000 anni fa. Per la prima volta, si riunisce nella visione storica un quadro formato da archeologia, antropologia, biologia molecolare, ecologia, epidemiologia, genetica, linguistica e scienze sociali, per non parlare della teoria del caos. In pratica l'autore cerca di dare una sorta di metodo d'indagine scientifico ad una disciplina considerata finora "letteraria" e di respingere spiegazioni razziste della storia dell'umanità, non tanto per motivi ideologici, ma piuttosto, appunto, scientifici. Consapevole del suo ruolo di iniziatore, precisa che la sua è solo una visione generale, i cui dettagli vanno indagati più approfonditamente. Diamond non trovò una buona risposta alla domanda di Yali. Lo stesso tipo di domanda sembra trovare applicazione in una quantità di casi: "Gli originari dell'Eurasia... dominano il mondo quanto a benessere e potere". Gli altri popoli, che si sono liberati dal colonialismo, restano arretrati quanto a benessere e potenza. Altri ancora, dice, "sono stati decimati, soggiogati e talora perfino sterminati dai colonialisti europei". Spiega che, nell'incapacità di ricavare una spiegazione soddisfacente dai più rinomati racconti storici, ha deciso di fare un'indagine per conto proprio. Prima di enunciare la propria tesi principale, Diamond considera tre possibili critiche alla sua indagine:

• "Se riusciamo a spiegare come alcuni popoli dominarono gli altri, non basta questo per giustificare la

dominazione? Non sembra che il risultato sia inevitabile e perciò sarebbe futile tentare di cambiare il

risultato oggi?" La sua risposta è: si confonde una spiegazione di cause con una giustificazione di risultati. "[Psicologi, storici della società, e medici] non cercano di giustificare omicidi, stupri, genocidio

e malattia". Piuttosto, indagano sulle cause per poter bloccare gli effetti. • Non indirizzare la domanda "automaticamente implica un approccio eurocentrico alla storia, una

glorificazione degli europei occidentali... ?" Ma, secondo Diamond, "la maggior parte di questo libro avrà a che fare con popoli extraeuropei". Descriverà - secondo Diamond - le interazioni tra popoli non europei. "Lungi dal glorificare i popoli di origine occidentale, vedremo che gli elementi più basilari della loro civiltà furono sviluppati da popoli che vivevano altrove e furono poi importati in Occidente".

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• "Parole come 'civiltà', e frasi come 'sorgere della civiltà', [non] comunicano la falsa impressione che la

civiltà è buona, i cacciatori-raccoglitori sono miserabili, ...? Al contrario, secondo Diamond, la civiltà è proprio una fortuna a metà, come spiega più avanti.

Prima che qualcuno sviluppasse l'agricoltura, si viveva come cacciatori-raccoglitori, ed alcuni lo fanno ancor oggi. Diamond sostiene che il successo delle civiltà europee, che hanno conquistato terre come l'America, l'Africa e l'Oceania, non è dovuto ad una loro presunta superiorità intellettuale. Gli europei non sono più intelligenti degli altri popoli, ma semplicemente hanno avuto la fortuna di vivere in un continente, l'Eurasia, le cui condizioni ambientali hanno favorito lo sviluppo e la diffusione degli elementi che hanno contribuito in maniera determinante alla loro supremazia sugli altri popoli: le armi (e più in generale la tecnologia) e le malattie. Diamond spiega come lo sviluppo dell'agricoltura e la domesticazione degli animali sia stato un pre-requisito per giungere alle civiltà di armi e malattie. Tale sviluppo è stato più veloce in Eurasia per molti motivi:

• in Eurasia, molto più che negli altri continenti, vivevano più animali selvatici che per le loro caratteristiche erano "facilmente" domesticabili.

• in Eurasia, molto più che negli altri continenti, esistevano specie vegetali facilmente domesticabili, cioè da cui si potevano ottenere facilmente delle specie adatte ad essere coltivate e che apportassero un significativo contributo nutritivo.

• in Eurasia, molto più che negli altri continenti, le caratteristiche geografiche del continente hanno favorito il diffondersi delle innovazioni tecnologiche. In altri continenti questa diffusione è stata rallentata dalla presenza di barriere geografiche (deserti, catene montuose).

• L'Eurasia, inoltre, è l'unico continente che si sviluppa principalmente da est a ovest e non da nord a sud come Africa e Americhe. Pertanto specie animali e vegetali potevano essere spostate più facilmente lungo questo continente. In Africa e nelle Americhe le specie animali e vegetali addomesticate in una regione potevano non incontrare a latitudini distinte le condizioni ambientali e climatologiche che ne consentissero la sopravvivenza.

Armi acciaio e malattie sostiene che la supremazia dei popoli Euroasiatici è legata al sorgere delle città. Queste città sono caratterizzate da elevate densità abitative e da complesse strutture sociali che hanno consentito il sorgere di:

• classi politiche, in grado di mobilitare i popoli e organizzare eserciti impegnati in guerre di conquista. • artigiani, che hanno fornito armi tecnologicamente avanzate (spade, armature, armi da fuoco). • malattie estremamente contagiose, nei confronti delle quali gli abitanti dell'Eurasia hanno sviluppato

una parziale immunità. Queste malattie hanno decimato le popolazioni conquistate delle Americhe molto più di quanto lo abbiano fatto le armi dei conquistadores.

Il sorgere delle città è legato allo sviluppo dell'agricoltura. Questa ha reso possibile la produzione e lo stoccaggio di elevate quantità di cibo, di fatto consentendo ai cittadini di dedicarsi a tempo pieno ad attività quali artigianato, innovazione tecnologica, realizzazione di strutture politiche e militari, e liberarli dall'onere di procurarsi il cibo. Tale onere poteva ricadere sulle spalle degli agricoltori. Diamond spiega come i popoli che sono rimasti cacciatori-raccoglitori non sono stati in grado di produrre surplus di cibo tali da sostenere classi "non produttive" di artigiani, politici, militari. Essenziale alla transizione da cacciatori-raccoglitori a società agrarie di abitatori di città fu la presenza di grandi animali domesticabili, allevati per carne, lavoro (per es. trainare l'aratro), comunicazione e trasporto di uomini e merci e viveri sulla lunga distanza (per es. per trainare carri). Alcuni di questi, sono stati anche usati come efficaci armi da guerra. A tal proposito si pensi all'importanza della cavalleria fino alla prima guerra mondiale.

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Diamond identifica appena quattordici specie adattabili in tutto il mondo. Le cinque più importanti (vacca, cavallo, pecora, capra e maiale) sono tutte native dell'Eurasia. Delle rimanenti nove, solo una (il lama del Sudamerica) proviene da una zona al di fuori delle più importanti che abbiamo visto. La presenza di così poche specie di animali domesticabili al di fuori dell'Eurasia è legata all'estensione geografica dei continenti, alle loro caratteristiche ambientali, ma anche all'impatto delle migrazioni di uomini primitivi. In Eurasia l'uomo primitivo è giunto quando le sue capacità di cacciatore non erano pienamente sviluppate, pertanto le prede hanno subito un processo evolutivo che le ha preservate fino al nascere dell'agricoltura e della pastorizia. In altri continenti, principalmente le Americhe, l'uomo è giunto dopo aver sviluppato le sue capacità di cacciatore ed ha incontrato animali non preparati a sopravvivere in presenza di un predatore tanto abile. Pertanto alcune specie animali si sono estinte molto prima che l'uomo iniziasse a domesticare piante e animali. Gli animali domesticabili più piccoli, quali cani, gatti, polli e porcellini d'India possono essere valutabili in molti modi in una società agricola, ma non saranno adeguati di per sé per sostenere una società agraria in grande scala. Diamond spiega anche come la geografia abbia dato forma alla migrazione umana, non semplicemente rendendo difficile viaggiare (particolarmente in senso longitudinale), ma attraverso il meccanismo per cui il clima condiziona i luoghi in cui gli animali domesticabili possono facilmente viaggiare e quelli in cui i raccolti possono crescere in modo ideale. Semplificando, la geografia determina la storia. Si ritiene che i moderni esseri umani si siano sviluppati nella regione meridionale dell'Africa, in un periodo oppure in un altro. Il Sahara ha impedito che si migrasse a nord verso la Mezzaluna Fertile, fino a che più tardi la valle del Nilo divenne più ospitale. Si ritiene che alcuni popoli, come gli aborigeni dell'Australia, siano migrati precocemente dall'Africa, salpando con barche. Diamond continua a spiegare la storia dello sviluppo umano fino all'era moderna, attraverso il rapido sviluppo della tecnologia, e le sue tremende conseguenze sulle culture dei cacciatori-raccoglitori sparsi nel mondo. Ci sono stati però alcuni casi, e qui Diamond fa l'esempio della Cina, in cui però la geografia non ha determinato la storia, seppure ne è stata in parte responsabile. Nel caso appunto della Cina, che aveva tutte le premesse per assumere quel ruolo che è stato poi preso dalla razza bianca, alcune decisioni politiche e strategiche ne hanno determinato nei secoli scorsi l'isolamento piuttosto che l'espansione, a riprova che anche le scelte politiche e culturali, e non solo la geografia, possono influenzare il destino di un popolo e in definitiva del mondo. Diamond sostiene che in questo caso la geografia della Cina ha comunque contribuito a permettere che il paese non tornasse rapidamente ad una politica espansionistica. La Cina, a causa della assenza di barriere geografiche interne, era diventata un unico grande stato già nel 221 a.C. Inoltre non aveva dei vicini agguerriti. Una scelta strategica errata poteva rimanere tale per secoli senza che sorgessero ragioni per revocarla. Diversa era la situazione dell'Europa, la cui geografia ha favorito il sorgere di molti stati nazionali in feroce competizione. Una scelta sbagliata di uno di questi stati lo poneva in breve tempo in svantaggio competitivo con i vicini imponendogli di cambiare strategia, oppure determinandone la sopraffazione da parte degli stati confinanti. Durante la conquista delle Americhe, il 90% delle popolazioni indigene sono state uccise dalle malattie introdotte dagli europei. Come mai allora le malattie originarie del continente americano non hanno sterminato gli europei? Diamond spiega che i germi che hanno sterminato le popolazioni americane si sono potuti sviluppare grazie a due condizioni:

• lo stretto contatto degli uomini con gli animali domesticabili, possibile in Eurasia e non nelle Americhe che non avevano specie animali domesticabili. Molte malattie sono dovute a mutazioni genetiche di germi che infettavano gli animali domestici. Nel corso dei secoli le popolazioni euroasiatiche hanno sviluppato una parziale immunità, ma non così quelle Americane.

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• l'alta densità abitativa delle città euroasiatiche e la loro rete di collegamento con altre città, che costituiscono il pre-requisito per la diffusione di epidemie. In società piccole o isolate i germi responsabili di epidemie letali in breve tempo infettano tutta la popolazione. Di conseguenza una parte della popolazione muore, mentre un'altra parte diventa immune. In queste condizioni il germe responsabile della malattia non può sopravvivere. In Eurasia la fitta rete di collegamenti consentiva ai germi di sopravvivere per lunghi periodi prima di ritornare nelle città infettate. Questi patogeni potevano propagarsi di città in città e ritornare ad infettare la città di partenza quando, dopo molti anni dalla precedente epidemia, la popolazione originaria era stata sostituita dalle nuove generazione. Queste, non essendo state infettate, non avevano sviluppato la totale immunità nei confronti della malattia.

Nel capitolo "Dall'uguaglianza alla cleptocrazia", l'autore, premessa una disamina delle tipologie di comunità (dalla più semplice, per graduale evoluzione, fino alla più complessa) che hanno segnato lo sviluppo delle collettività umane dalla preistoria ad oggi, pone in rilievo le quattro strategie che - da sempre - permettono ad un'élite di conservare/aumentare il consenso popolare, senza che l'élite stessa debba sacrificare il proprio stile di vita.

• Assicurarsi il monopolio della violenza. • Ridistribuire la ricchezza, rastrellata con i tributi, in modo da rendere felici gli individui soggetti al

potere dell'élite. • Usare il monopolio della violenza in modo da mantenere l'ordine pubblico, per gratificare, tra l'altro, i

"buoni cittadini" che rispettano la legge. • Fabbricare un'ideologia o una religione adatta a motivare moralmente le persone ad agire secondo gli

interessi dell'élite (riguardo a quest'ultima osservazione è inevitabile pensare al concetto marxiano di sovrastruttura).

L'autore sostiene che le comunità meno numerose sono sostanzialmente egalitarie. Spesso c'è un "Big Man", ma la sua leadership è dovuta unicamente al suo carisma e alle sue capacità di convincere i membri della comunità ad avallare le sue decisioni. Il suo ruolo non è sancito formalmente, né è ereditario. Inoltre il Big Man si procura da sé il proprio cibo come ogni altro membro della comunità. Nelle piccole comunità una "struttura politica" così semplice può funzionare, ma non nelle grandi comunità. Per esempio quando c'è un contrasto tra due membri della comunità molto spesso amici o parenti comuni intervengono a sedarlo ed evitare una escalation di violenza. Nelle grandi comunità è difficile che i due contendenti abbiano amici o parenti in comune. Per questo motivo grandi comunità che non si siano dotate di strutture formali di controllo dell'ordine pubblico (polizia, tribunali, leggi condivise) sono implose. Quello che si osserva è che quando una comunità cresce anche le sue strutture politico-sociali diventano più complesse. In sostanza nasce una classe politica che assume il ruolo di guida, ma non si procaccia direttamente il cibo per il proprio sostentamento. Questa classe politica trae il suo sostentamento dalla ricchezza prelevata dal resto della comunità attraverso tasse e contributi (per es. parte del raccolto). Siamo in presenza di una cleptocrazia, che tuttavia riesce a "mantenersi" perché riesce a soggiogare le classi inferiori o ottenere l'approvazione al proprio operato. A tale scopo l'autore evidenzia alcune delle strategie usate dalla classe politica:

• l'utilizzo della violenza per imporsi, per es. sedando le rivolte. • l'utilizzo della forza per garantire l'ordine pubblico, salvaguardando i "cittadini onesti". • l'utilizzo di parte delle ricchezze prelevate per realizzare grandi opere pubbliche di cui beneficia tutta la

comunità (per es. acquedotti, strade ecc). • la ridistribuzione di parte delle ricchezze prelevate, per es. durante i periodi di carestia o ai ceti più

deboli. Introduzione di Luca e Francesco Cavalli Sforza, i quali hanno definito l'opera come "un libro destinato a diventare una pietra miliare della ricerca preistorica e storica"

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• Prologo - La domanda di Yali • Parte prima - Dall'Eden a Cajamarca

o I. Sulla linea di partenza o II. Un esperimento naturale di evoluzione storica o III. Lo scontro di Cajamarca

• Parte seconda - Come l'agricoltura fu scoperta e perché ebbe successo o IV. Potere contadino o V. A chi tutto e a chi niente o VI. Coltivare o non coltivare? o VII. Come costruire una mandorla o VIII. Mele o indiani? o IX. Le zebre e il principio di Anna Karenina o X. Grandi spazi e grandi assi

• Parte terza - Dal cibo alle armi, all'acciaio e alle malattie o XI. Il dono fatale del bestiame o XII. Alfabeti e modelli o XIII. La madre delle necessità o XIV. Dall'uguaglianza alla cleptocrazia

• Parte quarta - Il giro del mondo in cinque capitoli o XV. Il popolo di Yali o XVI. Come la Cina divenne cinese o XVII. In Polinesia col vento in poppa o XVIII. Scontro di emisferi o XIX. Come l'Africa divenne nera

• Epilogo o Il futuro della storia come scienza

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Scrittura e scritture

La scrittura è la fissazione di un significato in una forma esterna durevole, che nelle scritture alfabetiche diventa rappresentazione grafica della lingua parlata, per mezzo di un insieme di segni detti grafemi, che compongono un sistema di scrittura e di lettura. I grafemi denotano sovente suoni o gruppi di suoni. Come il linguaggio parlato, la scrittura è un modo fondamentale di comunicazione umana, ed è il mezzo finora più efficace per la conservazione e la trasmissione della memoria. In un senso più ampio, si definisce dunque scrittura ogni mezzo che permette la trasmissione durevole di informazioni, che sia o no rappresentazione grafica del parlato, come accade nelle scritture della musica, dell'algebra, della chimica, ecc.

La scrittura sembra dunque aver avuto diverse origini, tanto in senso geografico quanto in senso funzionale. Il significato antropologico di questa fondamentale "invenzione" è quantomeno ambivalente: da un lato essa rappresenta la radice dei concetti moderni di "universalità", "razionalità" e "scienza" in quanto rende possibile un confronto (articolato come mai prima) tra conoscenze di diversa natura e origine. Dall'altro contiene "elementi angusti di specializzazione e di separazione funzionale", in quanto (così certamente almeno nel Vicino Oriente antico) essa prende piede come strumento di affermazione e realizzazione dei progetti di una specifica classe umana, espressione del polo palatino-templare, che si compone di un clero specializzato (mentre prima il culto era domestico e gestito in casa) e di un potere regale, impegnato a gestire lo sforzo della ridefinizione infrastrutturale della piana alluvionale mesopotamica nel segno di una sempre più forte diseguaglianza sociale. La scrittura, nei tempi della sua piena affermazione, si manifesta dunque come tecnica specializzata di altissimo prestigio, al pari (e anche più) di altre forme di specializzazione (l'artigianato) e in contrapposizione con quel sapere diffuso e senza potere contrattuale che è quello dei coltivatori diretti.

Un'altra linea di sviluppo tradizionalmente articolata dagli storici è quella che ordina in serie cronologica i sistemi logografici (ad un segno corrisponde una parola), quelli sillabici (ad un segno corrisponde una sillaba) e quelli alfabetici (ad un segno corrisponde un suono). Questa linea evolutiva va considerata con qualche distinzione: molti segni del sistema logografico egizio dei geroglifici possedevano valenza fonetica; a tutt'oggi, forme di registrazione logografica (come il sistema numerico) non hanno certo perso importanza, mentre cinesi e giapponesi moderni resistono con forza ad adottare sistemi alfabetici, il che, piuttosto che far pensare al timore di

rompere con una antichissima tradizione, rinvia ad "una costante per tutte le civiltà dotate di scrittura, e cioè la forte interdipendenza fra scrittura, immaginario e forme della vita materiale". L'invenzione dell'alfabeto, in questa lettura, non risulta più una conseguenza scontata a partire dalle premesse logografiche e sillabiche, ma un'"emergenza, imprevedibile e feconda", non a caso portata avanti da due popoli, Fenici e Greci, concentrati sul protagonismo commerciale, sulla non territorialità, sul "ruolo di interfaccia fra l'Oriente asiatico e l'Occidente mediterraneo".

« Senza la scrittura le parole non hanno presenza visiva, possono solo essere "recuperate", "ricordate". » (Walter Ong)

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L'avvento della scrittura, secondo Jack Goody, ha permesso un "addomesticamento del pensiero" tale da consentire processi quali l'astrazione, la formalizzazione, la logica, l'analisi, la classificazione, la sintesi e l'ipotesi (e quindi la formazione di nuove teorie). Rispetto a culture in cui l'oralità è più diffusa della scrittura, grazie a essa è quindi possibile l'innovazione, l'oggettività e il distacco. La scrittura ha portato anche a una perdita dell'importanza della memoria, lo dimostra ad esempio il fatto che per i cittadini dei Paesi Occidentali è assai difficile ricordare i nomi degli avi, mentre nelle società a oralità diffusa questa è una forte necessità per dimostrare il possesso di una proprietà. La lettura, rispetto alla trasmissione orale, è un processo soggettivo che prevede una metabolizzazione privata, riflessiva e libera delle conoscenze (libro come mediatore della conoscenza). Inoltre la scrittura può permettere di legare il pensiero concreto (legato all'esperienza), al pensiero astratto. Si ritiene che l'avvento della scrittura abbia condotto l'umanità non solo alla letteratura, alla poesia, al progresso ma anche a sentimenti come l'individualismo e il nazionalismo. Una figura come l'artista individuale, il poeta, è impensabile in una società a oralità diffusa; mentre in una società in cui è presente la scrittura il plagio diviene un reato e ciò che si scrive può portare alla censura e alla persecuzione. Infine senza la scrittura le grandi religioni non avrebbero avuto modo di esistere perché sarebbe stata impossibile la presenza degli intoccabili testi sacri. La rappresentazione grafica dei numeri iniziò molto prima della scrittura della lingua. È generalmente accettato che la vera scrittura della lingua (non solo dei numeri) sia stata inventata indipendentemente in almeno due luoghi: Mesopotamia (in particolare, dagli antichi Sumeri) intorno al 3200 a.C. e in Mesoamerica intorno al 600 a.C. Sono noti diversi scritti mesoamericani, il più antico dei quali è degli Olmechi o Zapotechi del Messico. Si è dibattuto se i sistemi di scrittura siano stati sviluppati in modo completamente indipendente in Egitto intorno al 3200 a.C. e in Cina intorno al 1200 a.C., o se la comparsa della scrittura in uno o entrambi i posti siano stati dovuti a diffusione culturale (cioè il concetto di rappresentazione del linguaggio utilizzando la scrittura, anche se non le specificità di come un tale sistema funzionasse, venne portato dai commercianti da una civiltà già alfabetizzata). L’origine della scrittura va analaizzata dal punto di vista semiologico, cioè come descrizione di una capacità

rappresentativa umana in generale, e non come evento linguistico legato alle particolari caratteristiche di ogni linguaggio. Con il termine scrittura si intende la rappresentazione grafica di oggetti e idee tramite l’uso di lettere o altri

segni (grafemi) che annotano suoni o gruppi di suoni (fonemi) e vengono raggruppati in alfabeti. E’ possibile individuare due percorsi evolutivi: da un lato tutte le scritture che non hanno subìto grandi trasformazioni anche nel corso di secoli, restando legate allo stadio dei pittogrammi (un esempio ne è la scrittura cinese); dall’altro le scritture in cui i pittogrammi originari si sono evoluti fino a diventare segni fonetici. I gruppi linguistici che interessano la nostra trattazione sono essenzialmente due: l’indoeuropeo e il semitico . Nel ceppo indoeuropeo rientrano una serie di lingue legate alle migrazioni di genti, dette appunto indoeuropei. Queste lingue possono essere riassunte in vari sottogruppi: lingue romanze (italiano, francese, spagnolo, rumeno), lingue anglosassoni (inglese, tedesco, svedese) per citare le più conosciute. Anche le lingue semitiche, come quelle indoeuropee, sono accomunate da caratteristiche simili e si possono suddividere in semitiche orientali e occidentali. Dalle prime, dette akkadiche, si sono sviluppate l’assiro e il babilonese. Le occidentali sono invece ad esempio l’ebraico, l’egiziano antico, l’arabo.

Principale classificazione Le forme di scrittura, in quanto sistemi di rappresentazione grafica dei suoni vocali, sono così classificate: scritture logografiche che usano figure stilizzate (pittogrammi) che inizialmente rappresentavano solo oggetti. Dalla pittografia si sviluppò l'ideografia, per rappresentare anche idee, concetti astratti; scritture sillabiche dove i segni indicano sillabe. Un pittogramma cominciò ad indicare non più solo l'oggetto disegnato ma più in generale qualunque oggetto che avesse il medesimo suono; scritture alfabetiche in cui i segni rappresentano solo dei singoli suoni. Questo passaggio, come del resto i precedenti, nacque probabilmente da necessità pratiche, e cioè per favorire gli scambi commerciali. E proprio dal sistema di annotazione dei Fenici, i più grandi commercianti e marinai del mondo antico, derivò, con le opportune trasformazioni, l’alfabeto greco antico, il primo vero alfabeto.

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Una delle conquiste più importanti dell'umanità è stata senza dubbio quella della scrittura, ma la gente ignora quanto lungo e complesso sia stato questo percorso. A scuola non si spiega come sia nata la scrittura, ma la si presenta come un dato di fatto, come qualcosa che è così e basta. In questo modo però si perde l'occasione di descrivere una storia affascinante che avrebbe la capacità di incantare i bambini e di accrescere il loro desiderio di imparare questa antica e raffinata tecnica di espressione e di comunicazione. Non solo i bambini, ma anche tanti adulti hanno preso la scrittura come qualcosa di già fatto e non si sono mai interrogati su quel complesso processo che ha portato alla sua comparsa. Se siete interessati a sapere qualcosa di più sulla nascita della scrittura, seguitemi nei prossimi paragrafi, dove andremo indietro nel tempo per migliaia di anni e faremo anche qualche esperimento sulla scrittura.

Un convenzionale passaggio da "proto-scrittura alla vera scrittura" segue una serie generale di stadi di sviluppo:

• Scrittura per immagini: glifi che rappresentano direttamente gli oggetti e le idee o situazioni oggettive e ideative. In relazione a questo sistema si possono distinguere i seguenti sub-stadi di sviluppo:

1. Mnemonico: glifi principalmente come promemoria; 2. Pittografico (pittografia): glifi che rappresentano direttamente un oggetto o una situazione

oggettiva come (A) cronologia, (B) notizie, (C) comunicazioni, (D) emblemi, titoli e nomi, (E) religioni, (F) usanze, (G) storia e (H) biografia;

3. Ideografico (ideografia): glifi rappresentanti un'idea; • Transizionali: glifi che non riguardano solo l'oggetto o l'idea che essi rappresentano, ma riferiti anche al

loro nome;

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• Sistema fonetico: glifi che si riferiscono a suoni o simboli vocali indipendentemente dal loro significato. Questo si risolve nei seguenti sottostadi:

• r*# Verbali: glifi (logogrammi) rappresentanti un'intera parola; 1. Sillabici: glifi rappresentanti una sillaba; 2. Alfabetici: glifi rappresentanti un suono elementare.

I più noti sistemi pittografici, ideografici e/o mnemonici, sono:

• Jiahu, incisa su gusci di tartaruga a Jiahu, ca. LXVII secolo a.C. • Vinča (tavolette di Tărtăria), ca. LIV secolo a.C. • Antica scrittura indu, ca. 3500 a.C.

Nel mondo antico, la vera scrittura si sviluppò dal neolitico alla prima età del bronzo (IV millennio a.C.). La lingua sumera arcaica (pre-cuneiforme) ed i geroglifici egiziani sono considerate le prime forme di scrittura, entrambe emerse dai propri simboli proto-letterari dal 3400–3200 a.C., con i primi testi coerenti da circa il 2600 a.C..

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Segni monoconsonantici

Segno Traslitterazione Pronuncia Note

3 a chiamato aleph, avvoltoio egiziano

ỉ i/a chiamato yodh canna

‘ a

chiamato ‘ayin, fricativa faringale sonora braccio

o

w w/u

chiamato waw pulcino di quaglia o sua abbreviazione ieratica

b b piede

p p stuoia di canna o sgabello

f f vipera cornuta

m m civetta

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n n acqua

r r bocca

h h tettoia di giunchi o cortile

ḳ k

k enfatica, occlusiva uvulare sorda, pendio

k k cesto con manico

g g supporto di vaso

t t focaccia

ṯ tj pastoia

d d mano

ḏ dj cobra

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