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Scaricato da www.sunhope.it Parte I - Immunodeficienze DEFINIZIONE Le ID (immunodeficienze) sono il risultato di alterazioni di vario ordine e grado a carico di uno o più di questi 4 settori del SI: - immunità mediata da ab (cellule della linea B) - immunità cellulo-mediata (T e NK) - sistema fagocitario (monociti, neutrofili) - sistema del complemento CLASSIFICAZIONE Oggi è possibile inquadrare la maggioranza delle ID in schemi razionali e utili dal punto di vista clinico, tuttavia soggetti a frequenti revisioni. Classicamente vengono distinte in: 1) FORME PRIMITIVE legate ad alterazioni intrinseche del SI, su base genetica. Nell’ambito delle primitive si possono distinguere i deficit anticorpali, le ID combinate (alterazione funzionale dei T e B), deficit della funzione fagocitaria e del complemento. 2) FORME SECONDARIE conseguenti ad affezioni a patogenesi varia, sono incluse le alterazioni delle difese immunitarie che conseguono a condizioni morbose diverse, quali infezioni, neoplasie, malattie autoimmuni, malattie con perdita proteica, metaboliche, malnutrizione ecc. EPIDEMIOLOGIA Nell’ambito delle forme primitive specifiche, le forme più frequenti sono: il deficit selettivo di IgA e la ID comune variabile. Nell’ambito delle ID primitive non specifiche la più frequente è il deficit di mieloperossidasi. Le ID secondarie sono indubbiamente più frequenti delle primitive. Tra le ID secondarie più frequenti abbiamo quelle secondarie al morbillo e alla terapia anti tumorale. CLINICA Il sospetto dell’esistenza di una ID nasce dall’anamnesi e dall’EO. Anamnesi familiare= per la presenza di ID a trasmissione ereditaria Anamesi fisiopatologica= si rilevano dati indicativi di una possibile forma secondaria, in seguito a situazioni a rischio per infezioni, uso di immunosoppressori ecc. Un elemento clinico anamnestico importante che deve far sospettare una ID è la particolare suscettibilità alle infezioni, che si esprime con infezioni croniche, infezioni ricorrenti, infezioni provocate da agenti opportunistici, guarigione incompleta tra i diversi episodi infettivi e risposta incompleta al trattamento. Sono significative anche le info che derivano da gravità, sede e tipo di infezione; in alcuni casi si possono rilevare complicanze dopo le comuni malattie dell’infanzia e/o dopo vaccinazioni, con vaccini vivi attenuati. 1

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Parte I - Immunodeficienze

DEFINIZIONE Le ID (immunodeficienze) sono il risultato di alterazioni di varioordine e grado a carico di uno o più di questi 4 settori del SI:

- immunità mediata da ab (cellule della linea B) - immunità cellulo-mediata (T e NK) - sistema fagocitario (monociti, neutrofili)

- sistema del complemento

CLASSIFICAZIONE Oggi è possibile inquadrare la maggioranza delle ID inschemi razionali e utili dal punto di vista clinico, tuttavia soggetti a frequentirevisioni.Classicamente vengono distinte in:

1) FORME PRIMITIVE legate ad alterazioni intrinseche del SI, su basegenetica.

Nell’ambito delle primitive si possono distinguere i deficit anticorpali, le IDcombinate (alterazione funzionale dei T e B), deficit della funzione fagocitaria edel complemento.

2) FORME SECONDARIE conseguenti ad affezioni a patogenesi varia, sonoincluse le alterazioni delle difese immunitarie che conseguono a condizionimorbose diverse, quali infezioni, neoplasie, malattie autoimmuni, malattie conperdita proteica, metaboliche, malnutrizione ecc.

EPIDEMIOLOGIA Nell’ambito delle forme primitive specifiche, le forme piùfrequenti sono: il deficit selettivo di IgA e la ID comune variabile. Nell’ambito delle ID primitive non specifiche la più frequente è il deficit dimieloperossidasi.Le ID secondarie sono indubbiamente più frequenti delle primitive. Tra le IDsecondarie più frequenti abbiamo quelle secondarie al morbillo e alla terapiaanti tumorale.

CLINICA Il sospetto dell’esistenza di una ID nasce dall’anamnesi e dall’EO.Anamnesi familiare= per la presenza di ID a trasmissione ereditariaAnamesi fisiopatologica= si rilevano dati indicativi di una possibile formasecondaria, in seguito a situazioni a rischio per infezioni, uso di immunosoppressoriecc.Un elemento clinico anamnestico importante che deve far sospettare una ID è laparticolare suscettibilità alle infezioni, che si esprime con infezioni croniche,infezioni ricorrenti, infezioni provocate da agenti opportunistici, guarigioneincompleta tra i diversi episodi infettivi e risposta incompleta al trattamento.Sono significative anche le info che derivano da gravità, sede e tipo di infezione; inalcuni casi si possono rilevare complicanze dopo le comuni malattie dell’infanziae/o dopo vaccinazioni, con vaccini vivi attenuati.

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I patogeni che più frequentemente provocano infezioni nei soggetti con ID risultanocorrelati al tipo di deficit presente:

Difetti dell’immunità umorale = generalmente infezioni ricorrenti dell’apparatorespiratorio, causate da batteri capsulati extracellulari (H. Influenzae,Streptococco e Stafilococco), poiché la difesa immunitaria contro questi ultimiè legata alla produzione di ab, che permettono osponizzazione edeliminazione dei batteri ad opera delle cellule fagocitarie. Vi sono ancheinfezioni intestinali da virus (Enterovirus) o protozoi (Giardia).

Difetti dell’immunità cellulare = le infezioni ricorrenti sono provocate da agentiopportunistici intracellulari, come Citomegalovirus, Micobatteri atipici,Candida A. e Pneumocistis Carinii.

Difetti del sistema fagoticario = a carico dei neutrofili, provocano ascessicutanei, polmoniti, osteomieliti, periodontiti e raramente sepsi. I principalisono Stafilococchi o miceti come Candida.

Difetti del complemento = deficit di C3 provocano infezioni polmonari, deiseni paranasali e sepsi da parte di batteri capsulati. Es. meningiti naNeisserie

Questi pz, accanto alle infezioni, possono presentare alterazioni fortementesospette, quali ritardo della crescita, malassorbimento, diarrea, alterazioni cutanee,neoplasie ematologiche (linforeticolari). In particolare, nei pz con ID primitive, èstato rilevato che la mortalità legata a neoplasie è da 10 a 20 volte maggiore. Imeccanismi responsabili possono essere: RI depressa nei confronti di virusoncogeni; perdita della funzione di immunosorveglianza; stimolazione dellaproliferazione cronica di linfociti responsivi a particolari antigeni; alterazionedell’oncogenesi e del sistema immunitario. Diverse forme di ID sono associate a sindromi autoimmuni, come anemiaperniciosa, anemia emolitica autoimmune, LES ecc.

DIAGNOSI Si basa sull’esecuzione di una serie di indagini di laboratorio, dapprimasemplici e di ampia diffusione, successivamente più specialistiche e devono essereutilizzate con gradualità.Esami di primo livello semplici e poco costosi, in alcuni casi consentono dasoli di porre diagnosi o di orientarla in maniera precisa. Sono:

esame emocromocitometrico con formula leucocitaria: valuta il numero dilinfociti, neutrofili,monociti, eosinofili e basofili.

Una linfopenia (<1.000/mm3) suggerisce un possibile deficit di linfociti T (IDprimitive combinate, ID specifiche o AD acquisite come AIDS); tuttaviauna conta normale non esclude una diagnosi. neutropenie (<1.500/mm3):possono riscontrarsi in ID primitive o secondarie del sistema fagocitario.Una piastrinopenia: caratteristica di una ID primitiva importante, come sidromedi Wilskott Aldrich.

elettroforesi delle proteine sieriche: fornisce info sui livelli complessivi delle Igche migrano in gran parte nel picco delle gammaglobuline. Pertanto,

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riduzioni di tale componente, in particolare gammaglobuline < 500 mg/dlvanno considerate con attenzione.

Vanno considerate fisiologiche variazioni come nei primi mesi di vita.Un altro elemento è la presenza di eventuale ipoalbuminemia associata, che fasospettare una a ipogammaglobulinemia secondaria a perdite (enteropatie,nefropatie) piuttosto che a deficit di sintesi anticorpale.

Dosaggio della concentrazione nel siero delle diverse classi di Ig: i livelli delleclassi maggiori IgG, IgA ed IgM sono determinate con tecniche semplici,soprattutto immunodiffusione radiale o nefelometria, mentre il dosaggio di IgEfa ricorso a metodiche immunoenzimatiche. Consentono di porre diagnosi dinumerose ID: agamaglobulinemia, deficit di IgA, sindrome da iper-IgM.La capacità di risposta anticorpale specifica può essere studiata in modosemplice (anche se parziale) con la titolazione delle isoemoagglutininesieriche, che valuta una risposta antigene specifica della classe IgM, mapresenta alcune limitazioni. Negli individui di gruppo sanguigno AB peresempio non sono presenti anticorpi anti- A o anti-B, quindi la titolazione nonfornisce info.

Test cutanei di ipersensibilità cutanea in vivo: un mezzo semplice per lavalutazione dell’immunità cellulo mediata. Il prototipo è l’intradermoreazionealla Mantoux: si basa sullo studio della risposta infiammatoria cutanea che siverifica 48-72h dall’iniezione di un antigene incontrato in precedenza. Ilriscontro di una papula indica che tutti i meccanismi possono essereconsiderati entro i limiti di normalità.

Test di screening per la valutazione del sistema fagocitario: sonorappresentati sia dalla conta dei neutrofili e dei monociti all’emocromo siadall’analisi della morfologia dei neutrofili all’esame microscopico dello strisciodi sangue periferico. Per esempio, alterazioni dei granuli sono sospette per lapresenza di una ID come la sindrome di Chediak Higashi.

Studio del sistema del complemento: mediante la valutazione dell’attivitàemolitica totale (CH50), in questo esame i gr di montone preincubati esensibilizzati con ab IgM anti SRBC (cellule di montone) sono generalmenteutilizzati come bersaglio. A tale sistema si aggiunge il siero del pz in esameche funge da sorgente di complemento. Dopo la reazione di misura,mediante spettrofotometria, l’Hb liberata, la cui qualità riflette il grado di lisidei gr di montone.

Accertamenti di diagnostica per immagini: l’RX, la TAC o la RMN del toracepossono documentare l’assenza del timo, caratteristica della sindrome diDeGeorge o riduzioni di volume dell’organo in caso di terapia steroideaprotratta.

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Esami di secondo livello Quando gli accertamenti di primo livello hannoconfermato il sospetto di ID, ma non hanno consentito di porre una diagnosiprecisa, ci si avvale di.In determinate situazioni si ricorre direttamente ad esami di secondo livello perché itesti di primo livello presentano alcuni limiti diagnostici; per esempio alcune IDprimitive possono essere presenti pur con risultati normali dei test di screening,come nelle ID del sistema anticorpale a carico delle sottoclassi IgG menorappresentate quantitativamente, nella malattia granulomatosa cronica, nei deficitfunzionali granulocitari e nelle ID secondarie con alterazioni funzionali del SI piùsfumate, evidenziabili solo facendo ricorso ad accertamenti più sofisticati.

Test per lo studio del sistema anticorpale: i livelli sierici di Ig rappresentano ilrisultato netto di sintesi, distribuzione, metabolismo e perdite di questemolecole da parte dell’organismo. In alcune situazioni, quando si sospettache la riduzione consegua ad alterazioni metaboliche (eccessivocatabolismo) o perdite, può essere utile lo studio dell’emivita biologicadelle Ig, dopo reinfusione nel paziente di una certa quantità di Ig marcatecon un tracciante. Sono stati descritti casi di distrofia miotonica in cui il deficitanticorpale è provocato da un alterato catabolismo delle IgG. Un dosaggio delle sottoclassi IgG viene considerato da eseguire se i livellidelle IgG totali sono inferiori alla norma o vicini ai suoi limiti inferiori, maanche quando è presente un deficit delle IgA (per la frequenza con la qualele due alterazioni si associano in particolari forme di ID primitive del sistemaanticorpale). L’indagine viene effettuata mediante immunodiffusione radiale;le tecniche radioimmunologiche o immuno-enzimatiche, più precise ma piùcostose, vanno riservate ai casi nei quali si voglia verificare se ad un bassovalore ottenuto all’immunodiffusione corrisponda un’assenza completa. Sideve ricordare che per il riconoscimento delle sottoclassi delle IgG, data lapresenza di un’omologia tra esse >80%, è necessario l’uso di ab monoclonalie che l’immunodiffusione radiale può presentare dei limiti per le sottoclassimeno rappresentate (IgG3 e IgG4).In alcuni casi può essere utile determinare la quantità delle Ig in fluidicorporei diversi dal siero, soprattutto nelle secrezioni. La determinazionedelle IgA nelle secrezioni è utile poiché le IgA presenti nelle secrezioni sonosintetizzate da plasmacellule presenti nella sottomucosa ed esplicano unafunzione biologica primaria a livello delle mucose respiratoria, digerente eurogenitale, inattivando i patogeni prima che penetrino nell’organismo;impedendo la penetrazione di antigeni alimentari e di sostanze aereo-trasportate, evitando che altre classi, IgM IgG o IgE, si attivino nei confronti ditali antigeni.Questo meccanismo è stato ipotizzato per spiegare perché i soggetti condeficit di IgA avrebbero maggiore facilità a sviluppare risposte IgE neiconfronti degli antigeni ambientali ubiquitari, come avviene nelle malattieatopiche.

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Per il dosaggio delle IgA salivari è preferibile l’immunoelettrodiffusione, cherisente meno di interferenze provocate dalla presenza di mucina nelcampione, a differenza dell’immunodiffusione radiale e della nefelometria.Questo test è utile per la diagnosi di deficit selettivo di IgA e nella diagnosidifferenziale di forme transitorie e permanenti di ipogammaglobulinemia.Si può eseguire una valutazione della risposta anticorpale antigene-specifica sia per rilevare ab verso antigeni ai quali si è comunementeesposti (antistreptolisine e ab battericidi verso E. Coli), sia ab prodotti inconseguenza di un’immunizzazione attiva (per es. per la tossina difterica,tetanica o della pertosse). Per la valutazione in vivo della risposta verso latossina difterica può essere utilizzato il test di Schick, che consistenell’iniezione intradermica di una dose piccolissima di tossina e gli individuiche non hanno ab specifici sviluppano reazione locale eritematosa, taloranecrotica, mentre i soggetti che li hanno neutralizzano la tossina e i suoieffetti non si manifestano.

Il secondo livello per lo studio anticorpale è costituito dai test che consentonola valutazione del numero e della funzione dei linfociti B, sia nel sangueperiferico sia nei tessuti linfatici.La valutazione numerica dei linfociti B circolanti viene effettuata su uncampione di sangue intero, mediante citofluorimetra a flusso, utilizzando abmonoclonali rivolti verso marcatori specifici della linea B linfocitaria: CD19,CD20, Ig di membrana (IgM soprattutto), meno utilizzati CD21 e CD22. Lavalutazione numerica dei linfociti circolanti deve essere sempre effettuata siain % sia in valore assoluto. la citofluorimetria permette anche lo studio dell’espressione di antigeni MHCII sulla membrana delle cellule B; l’assenza di queste molecole dallamembrana di linfociti B, monociti, APC e linfociti T attivati è caratteristica diuna forma di ID combinata, definita Sindrome del Linfocita Nudo.In particolari patologie nelle quali le cellule B sono assenti nel sangueperiferico e negli organi linfoidi, può essere effettuato lo studio a livellomidollare su campioni bioptici, evidenziando lo stadio al quale eventualmentesi arresta la maturazione delle cellule.Lo studio funzionale dei linfociti B in vitro si basa sulla valutazione dellaproliferazione e differenziazione in senso anticorpo poietico di queste celluledopo stimolazione con segnali di attivazione policlonali T-dipendenti o T-indipendenti. La proliferazione linfocitaria può essere rilevata mediante:incorporazione di timidina triziata da parte delle cellule che si replicanoquando entrano in fase S e successiva valutazione della radioattività;incorporazione di nucleotidi fluoresceinati nel DNA, rilevabili mediantecitofluorimetria a flusso; espressione all’interno o sulla membrana dimarcatori enzimatici coinvolti nella proliferazione linfocitaria (anch’essamediante citofluorimetria). La produzione di ab in vitro, invece, può essereanalizzata: con metodi di dosaggio radioimmunologico o immunoenzimaticoper rilevare le piccole quantità di Ig delle diverse classi rilasciate nei

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sovranatanti delle colture cellulari dalle cellule B differenziate in risposta allostimolo; con la quantizzazione mediante microscopia a fluorescenza ocitofluorimetria a flusso delle cellule che producono Ig delle diverse classi,dimostrabili a livello del citoplasma cellulare (Ig intracitoplasmatiche); contadelle cellule che secernono Ig mediante tecniche immunoenzimatiche (tipoELISPOT).

In alcune ID del sistema anticorpale, isolate o combinate, la diagnosi precisaè oggi possibile con l’impiego di tecniche di biologia molecolare.

Test per lo studio dell’immunità cellulo-mediata: dopo le indagini di 1 livellosopraelencate, si fa ricorso a test che consentono di valutare il numerodelle cellule T ed NK circolanti. Per individuare i linfociti T si utilizzano abmonoclonali rivolti verso CD3, struttura molecolare associata al recettore perl’antigene di queste cellule; le cellule NK sono invece caratterizzabili perl’espressione di CD16 (FcγRIII, recettore a bassa affinità per il frammento Fcdelle IgG, espresso anche dai PMN e monociti), CD56 (espresso pure dailinfociti T attivati) e CD57 (individua una popolazione maggioritaria di NK).Con opportuni marcatori è possibile inoltre la valutazione quantitativa dicellule T che appartengono a sottopopolazioni diverse, tra queste larilevanza clinica maggiore spetta ai CD4 e CD8. Queste due ultime molecolesono espresse sulle cellule del sangue periferico in maniera esclusiva,pertanto la presenza in circolo di un elevato numero di linfociti T cheesprimono entrambi i marcatori può suggerire il passaggio anomalo inperiferia di T immaturi, che durante la maturazione intratimica coesprimono ledue molecole. Indubbiamente questa indagine rappresenta oggi il goldstandard per il monitoraggio dei pz con HIV, che hanno graduale riduzionedei CD4 circolanti.L’uso di altri marcatori consente di distinguere altre sottopopolazioninell’ambito dei linfociti T circolanti, in particolare si possono differenziarelinfociti T dotati di recettore per l’antigene TcR2 (catene αβ) che rappresentala maggioranza dei T circolanti; linfociti T dotati di TcR1 (catene γδ) che nonesprimono CD4 o CD8 ma sono presenti a livello delle mucose. Altroesempio di marcatori che consentono la definizione di sottopopolazioni Tlinfocitarie è costituito dagli antigeni CD45RA, espresso dai linfociti vergini eCD45R0, espresso sia dai linfociti T sia CD4 sia CD3 della memoria. È stata possibile un’ulteriore suddivisione su base funzionale con riferimentoalla capacità di secernere particolari citochine e alle modalità nelle quali esseorientano la RI: Th1 che secernono IFNγ, IL-1 e TNFβ; Th2 che produconoIL-4 e IL-5; Th17 che producono IL-17. Il momento successivo dello studio dei T è costituito dall’analisi in vitrodell’attività funzionale di queste cellule dopo l’attivazione, stimolabileattraverso attivatori policlonali come i mitogeni, superantigeni e ab rivoltiverso molecole di membrana coinvolte nella trasduzione del segnale. Ancorasi possono usare cellule allogeniche e antigeni di richiamo. L’uso combinato

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di attivatori che attivano la cellula sia attraverso il complesso recettoriale siaa valle del recettore o attraverso vie alternative, permette di diagnosticarealcune forme di ID grave o combinata da alterazioni dei meccanismi ditrasduzione, nelle quali si hanno risposte scarse o assenti agli stimoli cheagiscono mediante il complesso recettoriale ma normali agli stimoliindipendenti da questa via.Opportune tecniche di laboratorio consentono di valutare i diversi fenomeniattraverso i quali si estrinseca l’attivazione dei T: espressione di marcatori diattivazione: a seguito dello stimolo i T esprimono CD25, CD69, CD71 omolecole MHC II, analizzata mediante citofluorimetria a flusso; espressionedi molecole coinvolte nella costimolazione dei B da parte dei T: tra questeimportante il CD154; proliferazione linfocitaria analizzata con metodi analoghiai linfociti B (incorporazione di timidina triziata, di nucleotidi fluoresceinati nelDNA e marcatori enzimatici evidenziabili con citofluorimetria a flusso);produzione di citochine: soprattutto IL-2, IL-4, IL-5, IL-6 e IFNγ può essererilevata utilizzando test immunoenzimatici specifici; attività helper dei T sullaproduzione anticorpale valutabile mediante l’allestimento di particolari colturecellulari definite co-colture e serve a stabilire se in alcuni pz il deficit diproduzione anticorpale sia imputabile ad alterazioni intrinseche alle cellule Bo ad un’alterata funzione regolatoria T; attività citotossica, importante davalutare nella difesa ai tumori e alle infezioni virali.

Test per lo studio del sistema fagocitario: le indagini di 2 livello consentono divalutare le loro capacità di adesione, motilità, chemiotassi, fagocitosi e killingintracellulare. Alcune ID primitive del sistema fagocitario su base genetica sono provocateda difetti dell’adesione dei fagociti, che vengono valutati (soprattutto ineutrofili) con citofluorimetria a flusso dopo marcatura con ab. Si distinguonodue forme principali: LAD1 (Difetto Adesione Leucocitaria, dovuto allamancata espressione sulla membrana di CD18 che determina inefficientemigrazione dei leucociti dal sangue ai tessuti con deficit immunologicoconseguente) e LAD2 (assenza di sialil Lewis X, ligando delle selectine E eP).La mobilità e la chemiotassi possono essere valutate in vitro mediantecamera di Boyden, una camera a due compartimenti separati da un filtromillipore: in uno si pone la sospensione cellulare in esame, mentre nell’altrolo stimolo chemio tattico. Dopo 60-90 minuti si rimuove il filtro che vienefissato e colorato, potendo contare così le cellule leucocitarie che sonomigrate.La capacità di fagocitare e di attivare meccanismi biochimici adeguati sivaluta con i test di ingestione: si eseguono esponendo i leucociti a micetiosponizzati o a particelle di lattice, dopo di che le cellule sono raccolte suvetrino, colorate e vengono contate quelle che hanno fagocitato e il numerodi particelle fagocitate. A seguito della fagocitosi le cellule attivanomeccanismi biochimici particolari, finalizzati all’uccisione del patogeno, il

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principale è la respiratory burst, che porta alla formazione di radicali superossido, idrossilici, perossido di H e ioni ossigeno.Test in vitro relativamente semplici sono disponibile per valutare la capacitàdei neutrofili di esplicare il killing di batteri e miceti: la sospensioneleucocitaria viene incubata per un periodo di tempo con batteri e micetiopsonizzati, in seguito si può quantizzare in coltura il numero di batterisopravvissuti e di miceti colorati con blu di metilene (che colora solo lecandide morte).

Test per lo studio del complemento: la determinazione dei singoli fattori sibasa sul test emolitico, nel quale al siero in esame vengono aggiunti i diversifattori purificati fino ad individuare quello che è in grado di ripristinare l’azionelitica. Il dosaggio quantitativo della concentrazione nel siero dei singoli fattoriè possibile con metodi immunologici utilizzando opportuni anticorpi.

IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE

1. ID COMBINATEQueste affezioni sono caratterizzate da un deficit numerico e/o funzionale checoinvolge sia i T sia i B, cui consegue la comparsa precoce, nell’infanzia, diinfezioni gravi che persistono e spesso sono causate da germi opportunisti, dapatogeni sia extra sia intracellulari e se non trattate possono portare rapidamente amorte. In molti casi è presente anche un ritardo di crescita del bambino; talesintomatologia richiede una attenta dd con l’AIDS pediatrico, che può esseredifficile a causa dell’inattendibilità della ricerca degli ab HIV specifici nelle prime etàdella vita e pertanto è necessario far ricorso alle tecniche per l’isolamento dell’HIVe la ricerca del genoma mediante PCR.

Immunodeficienza grave combinata con deficit numerico dei T, ma Bnormali

Esistono due forme: una legata al cromosoma X, una autosomica recessiva.Alla prima appartiene la SCID, una delle forme più gravi e frequenti di ID (40% delleID). Sul cromosoma X è localizzato il gene responsabile del difetto maturativo dei T,che codifica per la catena γ comune ai recettori per IL2, IL4, IL7, IL9 e IL15,essenziale per la trasduzione del segnale; il gene è anche responsabile delladifferenziazione intratimica dei T.I linfociti T circolanti sono fortemente diminuiti o assenti, mentre i B sono normali oaumentati, ma incapaci di differenziarsi in plasmacellule; le NK sono assenti nelsangue periferico; il timo è assente o ipoplasico; i livelli di Ig sieriche sono diminuiti

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e la produzione di AB è deficitaria a causa della T dipendenza della rispostaanticorpale nei confronti della maggior parte degli antigeni. Le manifestazioni cliniche cominciano precocemente con arresto dello sviluppo,otite e diarrea croniche, polmoniti ricorrenti, candidosi dell’orofaringe (mughetto),dell’esofago e della cute. I piccoli pz appaiono suscettibili alle infezioni di CMV,HZV, Candida e Pneumocistis Carinii.La diagnosi prenatale è possibile mediante esame del sangue fetale prelevatoattraverso amniocenetesi tra la 18 e 20esima settimana di gestazione e sul prelievosi effettua la conta dei T e dei B, con valutazione della risposta proliferativa aimitogeni. Alterazioni numeriche e funzionali gravi dei T con B normali o diminuitisono suggestivi di questa forma.Per l’identificazione delle portatrici è utile anche l’analisi del polimorfismo dellalunghezza dei frammenti di restrizione e della lyonizzazione del cromosoma X.Fino a pochi anni fa questi pz morivano entro i 2 anni, oggi l’unico approccioterapeutico è il trapianto di midollo (con rischio GVHD); qualora non fosse possibileil pz deve restare in camera sterile a flusso laminare e preparati Ig endovena (IVIG)sono utili per superare episodi infettivi.Alla autosomica recessiva (crom. 19) appartiene la forma in cui c’è deficit diJAK3, chinasi intracellulare che è essenziale nella trasduzione del segnale daparte di γc, infatti JAK3 interagisce con la porzione intracitoplasmatica della catenarecettoriale. Il quadro è sovrapponibile alla SCID, infatti è coinvolta la stessa via metabolica,seppur a diverso livello.

Immunodeficienza grave combinata con deficit numerico dei T e BCe ne sono 3 forme: la prima è chiamata agammaglobulinemia di tipo svizzero,autosomica recessiva caratterizzata da deficit di Rag 1/2 (cromosoma 11p13),essenziali per il riarrangiamento dei geni che codificano per le Ig e il TCR, pertantoil difetto impedisce la differenziazione dei T e B, che risultano diminuiti in circoloinsieme alle γglobuline (le altre linee ematiche sono normali).Tutti i tessuti linfoidi sono ipoplasici, con assenza di tonsille, a carico del timo cisono profonde alterazioni della componente epiteliale, i livelli sierici di Ig sonodiminuiti dopo l’esaurimento delle IgG materne. Le NK sono normali o aumentate.La clinica è rappresentata da diarrea intrattabile cronica e resistente ai trattamenti,malassorbimento, distrofia, candidosi orale cronica, infezioni ricorrenti dell’apparatorespiratorio, della cute e dell’orecchio medio che possono provocare sepsi einfezioni generalizzato dopo vaccinazioni con patogeni vivi attenuati.Lo studio delle cellule del sangue periferico dopo la nascita o prenatale evidenzianogravi alterazioni numeriche e funzionali di T e B.I bambini se non trattati muoiono entro 2 anni; unica terapia: trapianto midollo.

La seconda è caratterizzata dal deficit dell’enzima ADA (adenosin deaminasi),dovuta a mutazione puntiforme a carico del gene posto sul cromosoma 20, atrasmissione autosomica recessiva.

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ADA interviene nel metabolismo delle purine, catalizzando la conversionedell’adenosina e della desossiadenosina in inosina e desossiinosina; pertant ildeficit determina l’accumulo di adenosina e metaboliti che inducono dannicromosomici, bloccando la riparazione, metilazione e sintesi del DNA. ADA risultacarente in eritrociti, piastrine e linfociti, ma solo questi ultimi sono compromessi.Da un punto di vista clinico c’è peggioramento progressivo: nel periodo neonatale iparametri immunologici possono essere normali, ma in seguito si manifesta il deficitdei T con la loro progressiva riduzione, linfopenia, anergia cutanea e depressionedella risposta proliferativa in vitro ai mitogeni. È presente ipoγglobulinemiaassociata spesso a disγglobulinemia e il numero dei B circolanti si riduce.I primi mesi di vita sono caratterizzati dalle infezioni con anomalie morfologiche acarico dello scheletro (platispondilia, torace a rosario rachitico, coste corte conestremità concave); nel 10% dei pz possono esserci anomalie del SNC per imetaboliti tossici; di rado alterazioni renali, fibrosi corticosurrenalica; BPCO.La diagnosi si basa sulla determinazione di ADA nei globuli rossi, fibroblasti elinfociti posti in coltura (nei portatori sani eterozigoti, l’attività è ridotta di circa lametà).I livelli sierici di adenosina e desossiadenosina sono elevati e nelle urine vengonoescrete enormi quantità di desossiadenosina.La prognosi è sfavorevole, a meno che non si effettui con successo il trapianto dimidollo o terapia genica. Inizialmente i pz erano trattati con infusioni di grcontenenti l’enzima mancante o con ADA bovina, tali procedure determinavanorispettivamente scarso rimpiazzo dell’attività e formazione di ab contro l’ada bovina.

La terza forma è la disgenesia reticolare, forma rara ma più grave di IDcombinata, autosomica recessiva, caratterizzata dall’alterata capacità maturativadella cellula staminale emopoietica in senso sia linfocitario siagranulocitario/monocitario.Il quadro ematologico è quello di una pancitopenia con gli organi linfoidi ipoplasici. Il quadro clinico è caratterizzato da infezioni gravi e precoci che conducono a mortenei primi mesi di vita. La diagnosi si basa sul riscontro della pancitopenia; laprognosi è infausta e l’unica terapia è in alcuni casi il trapianto di midollo.

Sindrome iperIgM legata al sessoID combinata caratterizzata da riduzione o assenza nel siero di IgG, IgA e IgE eaumento di IgM e talora IgD. È legata nel 70% dei casi al cromosoma X, in altri èautosomica recessiva. Quella legata al sesso è provocata da delezioni o mutazionipuntiformi del gene che codifica per il CD154 (CD40L) localizzato sul cromosomaX, è una glicoproteina della famiglia del TNF. In alcuni casi la molecola non èespressa in membrana, in altri, con quadro clinico meno grave, è espressa unaproteina mutata non funzionale. Tale alterazione rende i T attivati incapaci di fornireun segnale costimolatorio indispensabile per la differenziazione in senso anticorpopoietico dei B e per lo switch isotipico verso IgG, IgA ed IgE.I linfociti B possono avere aspetto linfoplasmacitoide e i tessuti linfoidi possonoessere iperplasici, evidenziando ipertrofia tonsillare, linfoadenosplenomegalia con

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assenza dei centri germinativi. In seguito allo stimolo si hanno solo risposte IgM, inmolti casi sono presenti neutropenia (si ipotizza ruolo ab contro i granulociti) epiastrinopenia.Da un punto di vista clinico: dopo 1 o 2 anni iniziano le infezioni piogenichericorrenti (otiti e broncopolmoniti), infezioni opportunistiche (polmonite daPneumocistis Carinii e diarrea da Criptosporidium), possono essere presentistomatiti aftose recidivanti e il quadro è complicato dalle alterazioni ematologichesuddette. È aumentata la prevalenza di LH e LNH.La diagnosi si basa sul riscontro di elevati livelli sierici di IgM e spesso IgD condiminuzione degli altri isotipi. La terapia sostitutiva con Ig e antibiotici dà buonirisultati. Si può fare trapianto di midollo.

Deficit di purina-nucleoside-fosforilasi (PNF)ID combinata rara, conseguente al difetto enzimatico autosomico recessivo conassenza della PNF, che è implicata nel metabolismo delle purine catalizzando laconversione di inosina in ipoxantina e guanosina in guanina. In carenza di PNF sidetermina accumulo intracellulare di desossiGTP che inibisce la ribonucleotidereduttasi, necessaria per sintesi di DNA e ha effetto tossico sui T, che risulterannoquali/quantitativamente alterati.Si rileva linfopenia (per riduzione dei T, mentre i B sono normali o lievementeridotti). Dal punto di vista funzionale c’è deterioramento progressivo delle risposteproliferative linfocitarie a mitogeni, anergia cutanea agli antigeni di richiamo, mentrele alterazioni a carico del sistema anticorpale sono meno rilevanti. Spesso siassociano fenomeni autoimmuni (anemia emolitica, granulocitopenia epiastrinopenia).L’esordio clinico è più tardivo rispetto alle altre ID combinate, dopo il 2° anno di vita,i sintomi sono simili ma meno gravi a quelli da deficit di ADA, sono infatti assenti leanomalie scheletriche, mentre si associano le alterazioni neurologiche (tetraparesispastica, atassia).La diagnosi si basa sulla determinazione dell’attività di PNF su eritrociti, leucociti efibroblasti. I livelli sierici e urinari di desossiGTP sono aumentati. L’unica terapia è iltrapianto di midollo; in sperimentazione la terapia genica con gene PNF clonato.

Deficit degli antigeni MHC IIDefinita “Sindrome del Linfocita Nudo”, è una grave ID combinata autosomicarecessiva, caratterizzata dall’incapacità di esprimere le molecole MHC II. In unaparte di pz è stata riscontrata la contemporanea assenza di MHC I.L’alterazione di base è rappresentata da difetti nelle proteine che promuovono latrascrizione delle molecole.I linfociti B, i T attivati, i monociti macrofagi, le cellule di Langherans e le celluledendritiche non esprimono molecole di classe II, la cui assenza determinaalterazioni funzionali del SI per il mancato riconoscimento dell’antigene.Numericamente i B e i T sono normali e le Ig sieriche sono spesso ridotte. Soltantonei casi nei quali esiste un deficit di MHC I i linfociti T sono numericamente ridotti ei tessuti linfatici ipoplasici.

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La clinica è caratterizzata da esordio precoce di frequenti e gravi infezioni virali,batteriche, da miceti e protozoi a carico di vie respiratorie ed intestino, alle quali siassociano malassorbimento, diarrea e alterazioni dello sviluppo. Possonoassociarsi emopatie autoimmuni. La diagnosi si basa sulla dimostrazione dell’alterata espressione degli antigeni HLAsulle cellule. La prognosi è sfavorevole, l’unica terapia è il trapianto di midollo.

ID grave combinata da deficit di CD3γ e CD3ε (del TCR)Autosomica recessiva, legata a mutazioni puntiformi dei geni che codificano per lecatene recettoriali per l’antigene dei linfociti T e anomalie a carico di diversecomponenti del complesso TCR e CD3, con conseguente difetto della trasduzionedel segnale (rappresentato dal contatto con l’antigene).Il numero dei T e dei B è normale e le risposte dei T, per vie alternative al CD3, nonsono alterate. Le risposte cellulo-mediate e anticorpali antigene-specifiche sonogravemente compromesse. La sola terapia è il trapianto di midollo.

2. ID CON DEFICIT PREVALENTEMENTE ANTICORPALE

Aγglobulinemia congenita legata al sesso – Sindrome di BrutonMalattia X-linked con mutazioni e delezioni a carico del gene btk che codifica peruna tirosin chinasi responsabile della maturazione dei B, che si arresta allo stadiopro-B.A livello midollare i pro-B sono normali, mentre sono scarsi i pre-B che iniziano ilriarrangiamento dei geni delle Ig; pertanto i pz avranno nel sangue periferico e negliorgani linfoidi assenza di Ig e linfociti B (< 5/1000 linfociti), le aree B dei tessutilinfatici sono atrofiche, non si evidenziano centri germinativi né plasmacellule. Ilinfonodi e l’anello del Waldayer sono ipoplasici. I linfociti T sono normali, pertantoanche l’immunità cellulo mediata risulta integra.Fino a 6-9 mesi i bambini sono normali per effetto delle IgG materne,successivamente compaiono i sintomi: infezioni frequenti tendenti allacronicizzazione e alla recidiva, sostenute da piogeni capsulati extracellulari(Pneumococchi, Stafilococchi, Streptococchi ed Emophylus Influenzae), localizzatealle vie aeree (bronchiti, polmoniti, sinusiti e otiti), a livello cutaneo (piodermiti), alivello meningeo (meningiti) e articolare (artriti) fino a quadri di sepsi. A livellointestinali sono frequenti le giardiasi con diarree croniche e malassorbimento. Nonrisulta aumentata l’incidenza di infezioni virali.La diagnosi nei primi mesi di vita può essere falsata dalle IgG materne; la bandadella γglobuline al QPE può essere ridotta o assente; è assente la rispostaanticorpale specifica in risposta alle vaccinazioni; la dd si pone conipoγglobulinemia transitoria, con controlli nel tempo. La terapia è sostitutiva con Ig.

Nota. Esiste una variante a cui è associato un nanismo armonico per deficit di GH.

Sindrome iperIgM non legata al sesso

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Sovrapponibile a quella legata al sesso. Il gene non è stato ancora definito.

Delezione dei geni delle catene pesanti IgDeficit anticorpali caratterizzati dal difetto isolato di classi o sottoclassi Ig, trasmessiin modo autosomico recessivo, provocate da delezione sul cromosoma 14, dove cisono i geni per la parte costante delle catene pesanti delle Ig.Maggiormente coinvolte sono le IgG, IgA e IgE. I linfociti B sono normali.Sono state individuate mutazioni puntiformi o delezioni del gene che codifica per lacatena pensate μ delle IgM, con assenza delle IgM e alterazione della maturazionedei B con quadro simile alla sindrome di Bruton.Può decorrere asintomatica o può presentare aumento della suscettibilità adinfezioni da piogeni. La prognosi è buona e non necessita terapia; nei pzsintomatici terapia sostitutiva con Ig.

Deficit di catene leggere κTrasmissione autosomica recessiva, con assenza di catene leggere κ delle Igsieriche e sui linfociti B, provocata da alterazioni geniche sul cromosoma 2. I linfociti B circolanti sono normali numericamente, ma le Ig di membranapresentano solo catene leggere λ. A volte si associa deficit di classe, IgAsoprattutto. In alcuni soggetti abbiamo infezioni ricorrenti e la diagnosi si fonda sulladimostrazione dell’assenza delle Igκ nel siero e sulla membrana dei linfociti B. La terapia è sostitutiva e la prognosi legata alla gravità delle infezioni.

Deficit selettivo di sottoclassi IgG con o senza deficit di IgAForme non rare di ID anticorpali selettive caratterizzate da deficit di una o piùsottoclassi IgG, con livelli spesso normali di IgG totali. La patogenesi non è chiarita.L’ID può essere misconosciuta se si dosano soltanto i livelli IgG totali, senzaquantificare le sottoclassi; infatti mentre le IgG1 rappresentano il 60-70% delletotali, le IgG2, 3 e 4 costituiscono insieme il restante 30-40%.Il deficit più frequente negli adulti è di IgG3, IgG2 in età pediatrica; quest’ultimo siaccompagna a deficit di IgG4 e causa incapacità a produrre ab verso antigenipolisaccaridici. Le IgG3 comprendono gran parte degli ab antivirali.Spesso il deficit di IgG si associa a deficit di IgA.La clinica è variabile in base al deficit: quello di IgG2 si associa a infezionirespiratorie recidivanti da H. Influenzae o Pneumococco, vasculiti e porpora diSchonlein-Henoch ed epilessia; quello di IgG3 può associarsi a infezioni ricorrentirespiratorie e gastroenteriche e asma bronchiale.La diagnosi si basa sul dosaggio delle sottoclassi IgG e dosaggio IgA.La terapia prevede il trattamento delle infezioni e la terapia sostitutiva quandonecessario.

Deficit selettivo di ab con Ig normaliÈ una forma di ID anticorpale caratterizzata dall’incapacità, in alcuni individui con Igsieriche e B circolanti normali, di una risposta anticorpale specifica nei confronti dideterminati antigeni, soprattutto i polisaccaridici.

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Alcuni pz sono asintomatici, altri presentano infezioni seno-polmonari ricorrenti.La diagnosi si basa sulla dimostrazione dell’incapacità di risposta anticorpalespecifica verso particolari antigeni, ma con risposta normale verso altri. La terapia èsostitutiva con IgG.

ID comune variabile (IDCV)Compreso un gruppo di sindromi nelle quali la principale alterazione è un deficit diproduzione anticorpale che si manifesta tardivamente. È la più frequente dopo ildeficit selettivo di IgA. Può essere autosomica recessiva, a. dominante, legata alsesso, ma le forme sporadiche sono la maggioranza.In molti pz i linfociti B circolanti sono normali sia numericamente siafenotipicamente (esprimono IgM, CD19 e CD20), ma sono incapaci di differenziarea plasmacellule; alcuni pz presentano difetto numerico dei B conseguente a unblocco maturativo; in pochi pz la sintesi di Ig è conservata, ma non sono secrete; inalcuni casi ancora, un numero normale di B ma T ridotti in numero, oppure attivatiin senso soppressivo o incapacità di svolgere attività helper sulla differenziazionedei B. In questi casi può essere presente alterazione dell’immunità cellulo-mediatae alterata espressione di CD40L sui T CD attivati, verificandosi così il quadro di unavera e propria ID combinata.È talora presente una linfoadenomegalia con ipoplasia però delle aree B per lariduzione delle plasmacellule. Sulla base del numero dei B e della loro produzionedi ab in vitro, sono stati divisi 4 gruppi: 1. sono assenti le cellule B e le risposte IgG e IgM;2. linfociti B circolanti ridotti che non secernono né IgM né IgG;3. le cellule B producono IgM ma non IgG;4. i B sono numericamente normali e producono IgM e IgG (questo gruppo piùfrequentemente presenta anche deficit di IgA).La clinica prevede infezioni ricorrenti a carico dell’apparato respiratorio che esitanoin quadri cronici, spesso sostenute da batteri capsulati extracellulari, da funghi eprotozoi + infezioni gastrointestinali da H. Pylori e Giardia. In 1/3 dei pz è presentesplenolinfoadenomegalia, con iperplasia linfoide anche del tratto gastroenterico e lealterazioni intestinali possono provocare malassorbimento, diarrea, calo ponderale,ipoalbuminemia e deficit vitaminici. Aumenta l’incidenza di linfomi e malattieinfiammatorie croniche intestinali.La diagnosi si basa sui livelli sierici di IgG, spesso <250mg/dL, di IgA e di IgM. Ilivelli totali risultano di solito <300mg/dL. La produzione di ab dopo immunizzazionein vivo è ridotta o assente.La terapia è sostitutiva con Ig umane.

Deficit selettivo di IgAÈ la ID primitiva più frequente. Di questa malattia sono descritti casi sporadici, casitrasmessi con modalità autosomica recessiva e dominante. Un particolare aplotipodei geni MHC (HLA A1, B8 E DR3) risulta associato. Questa può essere riscontratacome complicanza di rosolia congenita o in seguito all’assunzione di fenitoina o

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penicillamina, ma non sempre l’alterazione si risolve con l’interruzione deltrattamento. È verosimile che il difetto risieda a livello della differenziazione dei B giàcommissionati alla produzione di IgA. Molti dei linfociti con IgA di membranapresentano contemporaneamente IgM, con fenotipo proprio di cellule in uno stadioimmaturo di sviluppo; probabilmente il blocco consegue o a linfociti B chesintetizzano IgA ma sono incapaci di secernerle, o ad un eccesso di attività T-soppressiva, o ad un’alterazione dei T-helper o presenza di autoanticorpi anti IgA.I livelli sierici di IgA sono < 5mg/dL, in presenza di livelli normali o aumentati di IgGe IgM; le IgA sono assenti anche nelle secrezioni.I pz possono essere asintomatici o presentare infezioni batteriche e virali ripetutedelle vie aeree con otiti, sinusiti, faringiti e broncopolmoniti; a carico del digerenteinfezioni da Giardia e Salmonella, aumento della diarrea cronica, morbo celiaco,atrofia villosa e malassorbimento. Frequente è l’associazione con malattie atopicheed autoimmuni (LES, tiroidite, dermatomiosite, anemia perniciosa ed emolitica etc).La diagnosi si basa sui livelli sierici di IgA (<5mg/dL); la dd si pone con le forme didelezione dei geni per le catene pesanti e con i deficit di sottoclasse IgG nelle qualipossono essere alterate anche le IgA.La prognosi è buona e la terapia prevede l’antibiotico per le infezioni.

Ipoγglobulinemia transitoria dell’infanziaQuesta ID è caratterizzata da un ritardo patologico, talora fino a 36 mesi, delnormale processo di maturazione dell’anticorpopoiesi che avviene nei primi mesi divita. La patogenesi appare legata ad un ritardo maturativo dei T-helper, ridottianche di numero.Esiste notevole variabilità nella produzione di Ig nei bambini (tempo normale tra 3 e7 mesi di vita); in alcuni bambini, i livelli sierici di Ig raggiungono valori più bassirispetto alla norma, che però si normalizzano entro 2 o 3 anni.I linfociti B circolantisono normali.In alcuni casi è asintomatica, in altri si hanno infezioni respiratorie.È necessario il monitoraggio immunologico in cui vengono dosate IgG, IgA ed IgEnel siero e valutato il numero dei B circolanti. La diagnosi si pone se i livelli di Igsono < -2 DS rispetto ai valori medi dei soggetti normali di pari età. La prognosi èfavorevole e se ci sono infezioni si fa antibiotico.

Aγglobulinemia autosomica recessiva Analoga alla sindrome di Bruton, è dimostrata anche la mutazione del gene dellecatene pesanti μ delle Ig sul cromosoma 14.

3. SINDROMI CON ID PRIMITIVA BEN DEFINITA

Sindrome di Wilskott-AldrichPatologia trasmessa in maniera recessiva legata al sesso, caratterizzata dallatriade sintomatologica piastrinopenia, eczema ed infezioni ricorrenti. È provocata

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da alterazione del gene WASP sul braccio corto del cromosoma X, che codifica peruna proteina la cui alterazione determina anomalie nell’organizzazione delcitoscheletro e dell’aggregazione dell’actina.I linfociti dei pz mostrano un aspetto calvo e le piastrine sono piccole, ilcitoscheletro delle cellule è normale, i filamenti di actina non si aggreganonormalmente. Le alterazioni coinvolgono sia i B sia i T, le Ig sieriche possonoessere normali all’esordio, ma in seguito sono ridotte dapprima le IgM, per contro leIgE e le IgA sono molto elevate. È caratteristico il deficit della produzione di abrivolti verso antigeni polisaccaridici; l’immunità cellilo mediata va incontro aprogressivo deterioramento come le cellule T con conseguente linfopenia sia incircolo sia negli organi linfoidi. Negli organi linfoidi le aree timo-dipendentipresentano scarsa cellularità e i follicoli linfatici sono scarsi. Anche la chemiotassidei granulociti e monociti è compromessa.Fin dalla nascita si manifesta piastrinopenia con petecchie, emorragie (ematuria,melena, emorragie cerebrali); successivamente compaiono eczemi che possonoimpetiginarsi ed episodi infettivi (polmoniti, meningiti e sepsi). I patogeni piùfrequenti sono Streptococcus Pneumoniae, Haemophylus Influenzae,Meningococco, S. Aureus, HZV e HSV, Candida, Pneumocistis Carinii.Le complicazioni sono le malattie autoimmuni, come vasculiti e gn o neoplasie elinfomi.La terapia prevede trapianto di midollo, laddove non sia possibile si effettuanotrasfusioni di piastrini fresche irradiate e splenectomia + trattamenti antibiotici.

Atassia telangectasia (AT)A trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata dall’associazione di atassiacerebellare progressiva, teleangectasie oculo-cutanee, aumento αFP e IDingravescente. Provocata dall’alterazione del gene ATM sul cromosoma 11; lecellule di questi pz presentano alterazioni nei meccanismi di controllo del ciclocellulare e di riparazione del DNA, pertanto le cellule presentano alterata sensibilitàalle radiazioni ionizzanti.Il prodotto del gene ATM, dotato di attività protein chinasica, interviene nellaregolazione dell’espressione di p53: nei T il danno avviene a livello dei geni per irecettori per l’antigene (i T s riducono in numero), nei B per i geni delle catenepesanti Ig (solo le IgM possono risultare aumentate), interferendo così con imeccanismi di ricombinazione durante la maturazione e differenziazione linfocitaria,favorendo l’attivazione di oncogeni, responsabili dell’aumentata incidenza dineoplasie in questi pz.L’atassia è caratterizzata dalla degenerazione delle cellule del Purkinje e dellagranulosa.Le manifestazioni cliniche si fanno evidenti con l’inizio della deambulazione,quando diviene evidente l’atassia accompagnata da coreoatetosi, mioclonie,aprassia oculomotoria e disartria. Le teleangectasie della congiuntiva bulbare edella cute (naso, orecchie e regioni flessorie) si manifestano dopo i 2 anni; piùtardivamente si manifesta l’ID. in questi pz sono frequenti ipogonadismo e diminuitatolleranza al glucosio e ritardo della crescita. C’è aumentata incidenza di linfomi.

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La diagnosi prenatale si basa sulla dimostrata radiosensibilità su cellule fetali diliquido amniotico; dopo la nascita la diagnosi è clinico-laboratoristica.La prognosi è infausta, la terapia si basa sul trattamento delle infezioni; quandoinsorgono tumori non si può effettuare radioterapia.

Sindrome di DiGeorgeRara sindrome malformativa che comporta ipoplasia o aplasia del timo e paratiroidi,anomalo sviluppo delle strutture facciali e dell’arco aortico, conseguente adelezione di geni contigui sul cromosoma 22. È detta Catch 22 (alterazioni Cardiache, Anomalie del volto, Timo ipoplasico,Palatoschisi e Ipocalcemia).Abbiamo timo e paratiroidi aplasiche + alterazioni facciali quali micrognatia,ipertelorismo, alterazioni del padiglione auricolare, bocca a pesce, radice del nasoallargata e narici anteroverse + malformazioni cardiache con pervietà interatriali ointerventricolari, tetralogia di Fallot + malformazioni dell’arco aortico come destroposizione. Il deficit immunologico colpisce i T che sono ridotti in numero e conalterazioni funzionali, mentre i B sono normali. Le NK sono normali o aumentate.Spesso l’esordio è precoce con tetania neonatale dovuta all’ipocalcemia (perl’ipoparatiroidismo) e/o insufficienza cardiaca. Se sopravvivono, compaiono poi leinfezioni, soprattutto da virus, protozoi e miceti. Col tempo gli immunodeficitdiventano meno gravi.La diagnosi è clinica; la terapia prevede il trattamento delle infezioni e trapianto ditimo e midollo nei casi più gravi.

4. ID PRIMITIVE SPECIFICHE ASSOCIATE A MALATTIE CONGENITE oEREDITARIE

Sindrome iperIgE – Sindrome di GiobbeSi intende una forma specifica di agammaglobulinemia congenita che si differiscedalla più tipica agammaglobulinemia legata al sesso in quanto non è legata alcromosoma X. La modalità di trasmissione ereditaria non è ancora chiarita, ma sipensa che sia autosomica dominante o sporadica.La causa genetica è legata alla mutazione del gene che codifica per il fattore ditrascrizione STAT3, la cui riduzione determina una ridotta sintesi di IL-6 che, a suavolta, comporta una riduzione della sintesi epatica di proteine della fase acuta edella differenziazione dei linfociti CD4 naive in CD4-Th17. Il numero dei Th17,infatti, è pressoché azzerato nei pazienti portatori di questa sindrome e questogiustifica la spiccata tendenza alle infezioni cutanee e polmonari. Per quantoriguarda l'aumento delle IgE sembrerebbe che abbia un ruolo importante lariduzione STAT3-dipendente della produzione di IL-21. Tale deficit, infatti, comportauna mancata regolazione negativa (normalmente mediata dalla IL-21) della sintesidi IL-4, forte stimolatore del rilascio di IgE. Da un punto di vista clinico si riscontrano ascessi freddi ricorrenti di cute, linfonodi esottocute da S. Aureus e Candida, ascessi polmonari, anomalie scheletriche e

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facciali, eczemi, dermatite atopica, ipereosinofilia fino al 30-50% e livelli elevati diIgE sieriche (> 10 volte) nei primi mesi di vita. La terapia prevede la somministrazione di IFN, antibiotici e antimicotici per leinfezioni, steroidi per le manifestazioni cutanee e plasmaferesi + Ig ev per lealterazioni anticorpali.

Candidosi mucocutanea cronicaForme morbose eterogenee caratterizzate da gravi infezioni croniche da Candida alivello di cute e mucose. Le manifestazioni iniziano dalle mucose orali, genitali,pieghe cutanee e unghie, ma tendono ad estendersi e mostrano resistenza allaterapia locale. Le infezioni sembrano essere la conseguenza di un deficit specifico nelle rispostedei T verso antigeni della Candida. Altre indagini non svelano alterazioni particolaridei T o B, mentre a carico dei monociti, in alcuni casi, è stato descritto un deficit dimannasi in forma autosomica recessiva che si associa a poliendocrinopatieautoimmuni.Il trattamento prevede l’uso di antimicotici per via sistemica, ma data la tendenza arecidivare possono essere attuati cicli periodici a scopo profilattico.

5. ID DA DEFICIT DELLE FRAZIONI COMPLEMENTARIIl sistema del complemento è costituito da circa 20 glicoproteine plasmatiche cheinteragiscono tra loro in maniera coordinata. Deficit genetici sono stati descritti perquasi tutti i componenti, trasmessi con modalità autosomica recessiva.Nonostante il ruolo fondamentale del complemento nella difesa dalle infezionibatteriche, si verifica, in caso di deficit, una elevata incidenza di malattieautoimmuni, dato il ruolo regolatorio e di solubilizzazione degli IC svolto dallecomponenti del complemento.

- deficit da C1 a C4 aumentata incidenza di malattie da IC simil LES einfezioni recidivanti da piogeni;

- deficit C3 + fattori di controllo di C3 attivato (fattori I e H) infezionirecidivanti da piogeni e gn;

- deficit da C5 a C9 infezioni recidivanti da Neisserie;- deficit fattori via alternativa (properdina, fattore D) infezioni setticemiche

da Neisserie, spesso a decorso fulminante;- deficit inibitore di C1 edema angioneurotico ereditario.

Non è possibile terapia sostitutiva soddisfacente a causa del rapido catabolismo.

6. ID DA DEFICIT NUMERICI E FUNZIONALI DEI FAGOCITI

LAD – Deficit di Adesione LeucocitariaEsistono 2 forme di LAD, a patogenesi diversa, ma con manifestazionisovrapponibili. Nella sede di infezioni non si verifica formazione di pus datal’incapacità dei PMN di migrare; sono quindi infezioni fredde. L’unica forma ditrattamento è il trapianto di midollo.

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LAD1: autosomica recessiva, caratterizzata dal deficit di espressione sullamembrana leucocitaria di CD18 (il gene che codifica per CD18 è sul cromosoma21), che rappresenta la catena β dell'integrina beta 2. Le integrine sono parteintegrante della superficie proteica delle cellule e sono composte da una catena α euna catena β. Una catena può legarsi con partner multipli determinandoconseguentemente azioni diverse da parte della stessa integrina (ad esempio, la β2si combina con la L-catena α per formare l'integrina LFA-1, se si combina, invece,con la M-catena α forma la Mac-1 integrina). Quindi, nei pz con tale mutazione, lacatena β, essenziale per l’espressione del dimero αβ, è assente o ridotta. Aseconda del tipo di mutazione si hanno espressioni fenotipiche e cliniche diverse:nelle forme più gravi sono espresse <1% di queste molecole di adesione, nelleforme moderate sono espresse il 10-20%. Le cellule fagocitarie sono così incapacidi migrare attraverso l’endotelio; i linfociti T citotossici hanno funzione alterata(pertanto non rigettano il trapianto di midollo non compatibile) e a carico deigranulociti si riscontra una notevole leucocitosi neutrofila.La clinica è caratterizzata da ritardata caduta del cordone ombelicale (dopo la 3asettimana), nelle forme gravi si può associare onfalite, sepsi e leucocitosi elevata(da 50 a 100.000/mm3), infezioni da germi capsulati a carico della cute, sottocute emucose con formazione di ascessi freddi.La diagnosi si basa sulla dimostrazione, mediante ab monoclonali, della deficitariaespressione di CD18. La prognosi è variabile a seconda del grado del difetto; laterapia risolutiva è rappresentata solo dal trapianto di midollo + trattamento delleinfezioni.LAD2: autosomica recessiva, caratterizzata dall’incapacità di sintetizzare fucosio apartire dal GDPmannosio, pertanto i pz sono incapaci di formare il ligando sialil-Lewis-X per le selectine. Le manifestazioni sono simili alla LAD1, con l’aggiunta diritardata guarigione delle ferite, bassa statura, ritardo mentale e gruppo sanguignofenotipo di Bombay.

Sindrome di Chediak-HigashiRara sindrome a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da albinismooculo-cutaneo parziale con nistagmo e fotofobia, da abnorme suscettibilità alleinfezione, a livello istologico dalla presenza di granuli giganti nei leucociti.L’alterazione genica responsabile è a carico del gene CHM sul crom. 1, checodifica per una proteina che regola il trasporto lisosomiale e dei granuli, mediatodall’apparato microtubulare. Il difetto provoca la fusione dei granuli citoplasmatici intutte le cellule nucleate; in particolare è evidente nelle cellule epiteliali del tubulorenale, pancreas, tiroide, mucosa gastrica e delle cellule di Schwann e melanociti.L’alterazione a livello di questi ultimi rende difficoltoso il passaggio della melanina aicheratinociti ed è alla base dell’albinismo. Le piastrine hanno ridotta capacità diaggregazione con prolungamento delle emorragie; la maturazione della lineamieloide è alterata già a livello midollare dove vengono distrutti molti precursoriimmaturi e questo provoca neutropenia; l’attività funzionale di granulociti e monocitiè alterata (mobilità, chemiotassi e degranulazione), l’attività battericida dei neutrofili

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è ritardata e in queste cellule sono evidenti i granuli azzurrofili lisosomiali giganti ela funzionalità delle NK è alterata. I sintomi sono: infezioni ricorrenti da piogeni, albinismo parziale oculo-cutaneo,emorragie, segni neurologici di neuropatia periferica progressiva. Entro i 10 anni dietà i pz vanno incontro alla cosiddetta fase accelerata, caratterizzata da:infiltrazione linfoistioide di diversi organi e tessuti cui conseguelinfoepatosplenomegalia e, per infiltrazione midollare, anemia, neutropenia epiastrinopenia. La marcata attivazione istiocitaria provoca autofagocitosi ederitrofagocitosi con febbre elevata e ipofibrinogenemia.La diagnosi si basa sulla dimostrazione delle granulazioni azzurro file giganti neigranulociti periferici; nel siero valori aumentati di lisozima + livelli ridotti difibrinogeno.La prognosi è grave, l’unica terapia è il trapianto di midollo.

Deficit dei granuli specifici (secondari)Rara ID caratterizzata da assenza congenita di granuli specifici a livello dei fagociti,trasmessa in maniera autosomica recessiva. Nei granuli sono contenuti lattoferrinae recettori per gli stimoli chemiotattici, risultano ridotte pertanto chemiotassi,aggregazione di neutrofili e moniciti, meccanismi ossidativi e killing batterico.I sintomi sono: aumentate infezioni da piogeni (soprattutto quelle ricorrenti a livellocutaneo e polmonare). La diagnosi si basa sull’esame morfologico delle cellulefagocitarie. La prognosi è favorevole e il terapia consiste nel trattamento delleinfezioni.

Deficit di killingAlcune ID primarie sono caratterizzata dall’alterazione del killing intracellulare deipatogeni fagocitati, come la malattia granulomatosa cronica: rara ID dovuta adalterazioni del metabolismo ossidativo delle cellule della linea mielomonocitaria. Nei2/3 dei casi trasmessa per via recessiva legata al cromosoma X, in 1/3 conmeccanismo autosomico recessivo.I fagociti non sono in grado di generare i derivati tossici dell’O2 (anionesuperossido, i radicali idrossilici e il perossido di H) per il deficit di un enzima, laNADPH ossidasi fagocitica (PHOX). Il radicale superossido è convertito poi inperossido di idrogeno (acqua ossigenata) dalla superossido dismutasi (SOD) equest'ultimo in derivati alogenati, come l'ipoclorito, ad opera della mieloperossidasi(MPO), altro enzima presente nei fagociti. La produzione di questi radicali, tossicitanto per i microbi, quanto per le cellule dell'organismo, avviene all'interno deifagolisosomi, in modo da ridurre al minimo la dispersione nei tessuti di questemolecole altamente reattive (una certa quota di radicali è comunque liberata). La sintomatologia è rappresentata da infezioni recidivanti che cronicizzano,sostenute da microorganismi catalasi+ (S. Aureus, E. Coli); le sedi più interessatesono cute, alte e basse vie respiratorie e ossa, ma possono essere interessati tuttigli organi, in particolare i granulomi cronici sono riscontrabili in linfonodi, fegato epolmone.

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La diagnosi si basa sul test del nitro blu di tetrazolio che consente la valutazionequali/quantitativa dell’enzima + riscontro VES e proteine di fase acuta elevate,iperγglobulinemie, leucocitosi e lieve anemia. La terapia prevede profilassi degli episodi infettivi + IFNγ umano ricombinante(induttore dell’ossidasi fagocitaria), anche se l’unica risolutiva è il trapianto dimidollo.

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IMMUNODEFICIENZE SECONDARIE

Col termine ID secondarie sono indicate quelle condizioni morbose in cui il deficitimmunologico rappresenta la conseguenza di un danno del SI derivato da altrepatologie (infezioni, neoplasie), da condizioni fisiopatologiche particolari(senescenza, malnutrizione) o dall’azione di terapie. Le ID secondarie, nella praticaclinica, sono molto più frequenti delle primitive, in alcuni casi costituiscono unevento transitorio e la funzionalità del SI ritorna normale dopo il trattamento dellamalattia; in altri casi il deficit persiste anche dopo guarigione. Numerose neoplasie solide, leucemie e linfomi si associano con quadri di ID. Ilprototipo di quadro di grave immunodeficit è quello che si riscontra nei pazienti conLH, in questa patologia già prima del trattamento e negli stadi iniziali, si rilevanoalterazioni numeriche delle sottopopolazioni T circolanti e dei test in vivo e in vitroper la funzionalità dell’immunità cellulo-mediata. Tali alterazioni si ripercuotonoanche sul sistema anticorpale, a carico del quale, a fronte di una ridotta capacità dirisposta specifica, si riscontra un aumento delle IgE sieriche totali. Nel corso dineoplasie della linea B (LLC e MM) si manifesta più spesso il deficit anticorpale.ID del sistema anticorpale si verificano anche in corso di malattie con perditaproteica (sindrome nefrosica ed enteropatie protidodisperdenti). Nella prima siriscontrano riduzione di IgG e IgA sieriche, più deficit di risposta anticorpale epossibile perdita di alcune componenti del complemento. Nelle enteropatie siverificano alterazioni simili e in alcuni casi si associa perdita di linfociti, concompromissione dell’immunità cellulare.Oggi hanno importanza sempre maggiore le ID secondarie iatrogene, perl’impiego di corticosteroidi ad alte dosi che provoca alterazione dell’immunitàcellulo-mediata, del sistema anticorpale e del sistema fagocitario. Ancora per ladiffusione di farmaci immunosoppressori, come ciclosporina nelle malattieautoimmuni sistemiche. Nel LES, inoltre, tutto il SI presenta alterazioni: si rilevalinfopenia, riduzione della proliferazione linfocitaria in coltura mista, deficitdell’attività NK, attivazione policlonale dei B, iperγglobulinemia e deficit dellarisposta anticorpale antigene-specifica. Anche il sistema del complemento èalterato per fenomeni di consumo e il sistema fagocitario presenta riduzione dellafunzione chemiotattica e litica. Nel deficit acquisito di C1- INH, che provoca manifestazioni di angioedema similialla forma congenita, ma ad esordio tardivo, il quadro è provocato dalla presenza diautoanticorpi anti C1 inibitore.Le ID possono essere secondarie anche ad infezioni, nelle quali i patogeniagiscono in maniera diversa: in alcuni casi le cellule stesse del SI rappresentano ilbersaglio dell’infezione (HIV, EBV, CMV), ma in molti altri casi i patogeniinterferiscono con i sistemi di comunicazione utilizzati dalle cellule immuni,modulando la rete di chemochine e citochine dell’ospite (virochine e batterochine).

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INFEZIONE DA HIVL’infezione da HIV è la causa di una varietà di deficit specifici e non specifici del SI,che si possono manifestare con diversi quadri clinici e che rappresentano unacondizione cronica progressiva che porta alla morte.PATOGENESI L’HIV appartiene ai Lentivirus, una sottofamiglia delle Retroviridae.Sono state individuate 2 specie virali predominanti: HIV1 e HIV2, l’ultimo solo inAfrica.Le due principali proteine di membrana sono la gp120 esterna e la gp41transmembrana. L’RNA genomico contiene geni comuni a tutti i retrovirus: Gag checodifica per le proteine strutturali, tra cui la p24 del capside; Pol per trascrittasiinversa, proteasi e integrasi; Env codifica invece per le proteine dell’envelop.La regolazione dell’espressione di questi geni avviene in seguito al legame diproteine regolatorie con le sequenze promoter ed enhancer che si trovano nelleporzioni terminali, LTR, dell’estremità 5’ e 3’.A differenza di altri retrovirus l’HIV1 contiene altri 6 geni: Tat, Rev, Nef, Vif, Vpr eVpu che codificano per proteine regolatorie; in HIV2 il gene Vpu è sostituito da Vpx.Le più studiate tra queste sono Tat, un attivatore degli LTR per incrementare latrascrizione, Rev che favorisce l’espressione o la traslazione di mRNA e Nef cheincrementa l’espressione virale.Durante la replicazione virale si verificano delle mutazioni, soprattutto nelle regioniipervariabili, in particolare nei geni che codificano per l’envelop, che si traducono inuna differente capacità citopatica del virus.Sono stati identificati 3 gruppi di HIV: il gruppo M (maggiore) responsabile dellamaggior parte delle infezioni a livello mondiale, che comprende 9 sottotipi(A,B,C,D,F,G,H,J,K – di cui C la più comune), il gruppo O (solitario) relativamenteraro e il gruppo N (nano) rarissimo.

Il punto di critico dell’infezione è rappresentato dal legame ad alta affinità tra gp120virale e CD4+, che si trova maggiormente espressa in una sottopopolazionelinfocitaria T con funzioni helper, ma si può trovare anche sulla superficie deimonociti macrofagi, cellule di Langherans, astrociti, oligodendroglia, microglia,cellule della mucosa cervicale e rettale, cellule epiteliali renale, cardiache e dellaretina. Al momento del legame, la gp120 subisce una trasformazione nella suaconformazione che permette il legame con uno dei corecettori: CCR5 o CXCR4,presenti sulla membrana della cellula ospite con funzione di recettori perchemochine. Per l’invasione della cellula ospite è necessaria la presenza di uno deidue corecettori o di entrambi, a seconda del tropismo virale. In seguito al legame, anche la proteina di superficie virale gp41 può essereesposta, determinando la fusione e il rilascio nel citoplasma del complesso diprointegrazione (RNA, enzimi virali e involucro proteico capsidico). Una volta nelcitoplasma, l’involucro proteico si dissolve, mentre al suo interno la trascrittasi

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inversa catalizza la trascrizione dell’RNA in DNA a doppio filamento, il quale vienerilasciato nel citoplasma, ha accesso ai pori della membrana nucleare e una voltainternalizzato nel nucleo, si può circolarizzare persistendo come forma nonintegrata o più tipicamente si integra in forma di provirus nel DNA cellulare perazione delle integrasi virali. Una volta integrato, può restare latente o produrreattivamente nuovi virioni.Quando la cellula infetta viene attivata, il DNA provirale viene trascritto in RNAgenomico o in mRNA, avviene la sintesi e la processazione delle proteine virali,l’assemblaggio dei nuovi virioni e la gemmazione della membrana cellulare, cheavviene attraverso siti specifici della membrana lipidica della cellula ospite,denominati lipid rafts, dove il virione acquisisce il rivestimento esterno. Solo durante il corso di una risposta immune, una cellula T infettata da HIV si attivae al tempo stesso inizia l’espressione del provirus latente e la produzione di nuovivirioni con diffusione di nuovi virioni. La stimolazione delle cellule T si traduce inattivazione di fattori trascrizionali, tra cui Nf-kB che risulta essere il principalebersaglio delle sequenze regolatorie presenti nei LTR di HIV.

La malattia da HIV, l’AIDS, rappresenta uno stato di severa compromissioneimmunitaria, secondaria al progressivo deficit numerico e funzionale dei T helper,che sembra essere secondario all’attività citotossica diretta dovuta all’invasione ereplicazione del virus all’interno della cellula, alla distruzione immunomediata dellecellule infette o agli effetti indiretti, la morte cellulare indotta da attivazioneaberrante. Lo stato di ID severa mette a rischio di sviluppo di malattieopportunistiche, come infezioni e tumori.La prima fase dell’infezione da HIV è rappresentata dalla disseminazione precocein organi linfoidi (soprattutto GALT); protagonisti di questa disseminazione sono lecellule dendritiche che, nel caso di infezione per via ematica, ma ancor di piùattraverso le mucose dei genitali o dell’apparato gastroenterico, sono in grado, perla presenza del recettore DC-SIGN (recettore per la lectina di tipo C), di legare adaltissima affinità gp120 e mediare un’efficiente transinfezione ai linfociti T CD4+. Inquesta fase, quando ancora non è presente una risposta anticorpale specifica, siverifica rapida e massiva replicazione virale che permette la disseminazione alivello sistemico.La fase successiva dell’infezione è la sua cronicizzazione, poiché, nonostante lerisposte intense sia cellulari sia umorali, la replicazione virale persiste in formalatente per circa 10 anni prima che inizino a manifestarsi i segni clinici. Imeccanismi che HIV adotta per sfuggire al SI, soprattutto dei CD8+, sonomolteplici: il principale è rappresentato dall’intensa replicazione con generazione divirioni sempre mutati e ricombinati; inoltre la protratta e massiva attivazioneimmunitaria provoca a lungo andare un meccanismo paradosso di down regolationcon apoptosi e/o disfunzione dei CD8+ perennemente attivati; ancora la proteinaNef ha la capacità di impedire l’espressione sulla superficie delle molecole HLAclasse I e tale mancanza impedisce il riconoscimento da parte dei CD8 e quindil’eliminazione delle cellule infette. I principali bersagli degli ab sono le proteine disuperficie gp120 e gp41, e per evadere la risposta HIV si avvale di tre espedienti:

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l’ipervariabilità della sequenza primaria dell’envelop; la glicosilazione dell’envelop; ilmascheramento conformazionale. Un altro importante meccanismo è rappresentatodal tropismo di HIV per cellule appartenenti a sedi privilegiate (SNC), dove i Tcitotossici non hanno accesso. Durante questo periodo il soggetto passa da un’infezione acuta ad uno statorelativamente lungo di latenza clinica o di attività moderata di malattia. Di solito, dopo anni, il numero dei CD4+ scende al di sotto di 200/mm3 e il pz è adalto rischio di infezioni e neoplasie; la deplezione può poi raggiungere valoriprossimi allo 0.Esistono due categorie di pz: long term survivors, che sopravvivono per più di 20anni dopo l’infezione iniziale con malattia che progredisce, seppur lentamente; e ilong term non progressors, che presentano infezione senza deplezione notevoledei CD4+ e livelli bassi di viremia.

VIE DI TRASMISSIONE La trasmissione per via sessuale rappresenta la piùcomune; è stata dimostrata la presenza di HIV in liquido seminale, striscio cervicalee secreto vaginale. La trasmissione parenterale è invece correlata all’uso di droghe per via ev,sottocute o intramuscolare se si condividono aghi. Il virus può anche esseretrasmesso tramite trasfusioni di sangue e trapianti d’organo. Infine, la trasmissioneverticale madre-feto.

CLINICA La suddivisione dei pz in classi si basa sulle manifestazioni cliniche, pertanto:

- Gruppo A infezione asintomatica, infezione acuta o linfadenopatiageneralizzata persistente;

- Gruppo B malattia sintomatica;- Gruppo C patologie opportunistiche, maggiori marker di AIDS.

La suddivisione si basa anche sulla conta dei T CD4+:- Gruppo 1 CD4+ > o = a 500/mm3;- Gruppo 2 CD4+ tra 200 e 499/mm3;- Gruppo 3 CD4+ <200/mm3.

Sindrome acuta da HIVSi manifesta in circa il 50-70% dei soggetti con una sindrome similmononucleosica, tuttavia le manifestazioni sono variabili e aspecifiche. L’esordiosegue da 1 a 6 settimane l’esposizione al virus con febbre, sudorazioni, malessere,mialgie, anoressia, nausea, diarrea e faringite non essudativa; molti riferisconocefalea, fotofobia e meningismo, mentre i 2/3 dei casi mostra esantema maculo-papulare o orticarioide al tronco.L’EO mostra linfadenopatia generalizzata, rash e più raramenteepatosplenomegalia, afte e candidosi orali che possono diffondere all’esofago.Le analisi di laboratorio mostrano linfocitopenia con aumento della VES, delletransaminasi e PA. Il pattern della fenotipizzazione linfocitaria è caratteristico:inizialmente c’è perdita di CD4+ e CD8+, con rapporto tra essi invariato; nel giro di

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alcune settimane si assiste ad un incremento spiccato dei CD8+, mentre le CD4+restano inferiori alla norma con inversione del rapporto. Generalmente i sintomi persistono per una settimana o più per poi svaniregradualmente con il progressivo sviluppo della RI specifica e la diminuzione deilivelli di viremia plasmatica. Nella maggior parte dei casi, l’infezione primaria, con osenza manifestazioni di sindrome acuta, è seguita da un periodo prolungato dilatenza clinica o di malattia a bassa attività.Stadio asintomatico – latenza clinicaIl periodo di tempo che intercorre tra l’infezione iniziale e lo sviluppo di segni clinicidi malattia varia da soggetto a soggetto con una mediana di circa 10 anni. Durante questa fase la replicazione virale è attiva e la velocità di progressione dimalattia è direttamente correlata ai livelli di HIV-RNA presenti.Malattia sintomaticaSe il pz non viene trattato, le diverse espressioni di malattia riscontrabili sicorrelano con il declinare della conta CD4+. Gli agenti responsabili delle infezionisecondarie sono caratteristicamente organismi quali: P. Jiroveci, micobatteri atipici,CMV e altri, che solitamente non sono causa, in un soggetto immunocompetente,di malattia.

1. Malattie dell’apparato respiratorioLa polmonite rappresenta la più frequente complicanza di infezione da HIV ecausa morte.È più spesso causata dal fungo unicellulare Pneumocistis Jiroveci, mentre altrecause di lesioni polmonari sono le infezioni da micobatteri o funghi polimorfi, lepominiti atipiche, il sarcoma di Kaposi o il linfoma. L’esame diagnostico di 1 livello è l’RX del torace, cui segue l’esame direttodell’espettorato ed esame colturale per la ricerca del microrganismo; in caso dimancato isolamento all’esame dell’espettorato è utile eseguire una broncoscopiacon BAL o eventualmente biopsia transbronchiale.

- La polmonite da P. Jiroveci rappresenta il 25% dei casi di polmonite insoggetti HIV+ e in ¼ dei casi è diagnosticata quando i soggetti non sonoancora a conoscenza dell’infezione da HIV. Il rischio di malattia è maggiore incoloro che hanno una conta di CD4+ < 200/mm3.La polmonite è caratterizzata da una sindrome prodromica con febbre,sudorazione notturna, calo ponderale e candidosi orale che può precedere disettimane la comparsa dei sintomi respiratori. Circa l’80% dei pz con questapolmonite, lamenta tosse non produttiva con dolore irritativo retrosternale ininspirazione profonda. All’EO sono presenti crepitii all’auscultazione. Il quando RX evidenzia un denso infiltrato peri-ilare, gli esami ematochimici diroutine e l’emogasanalisi non sono specifici, ma possono mostrare modestaleucocitosi e lieve ipossiemia. La diagnosi di certezza richiede ilriconoscimento del trofozoite o delle cisti nel materiale biologico del pz(espettorato, BAL o biopsia). Eventualmente utilizzata anche la PCR, in casodi esame istologico non diagnostico.

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- Polmoniti batteriche spesso causate da microrganismi capsulati come S.Pneumoniae e H. Influenzae probabilmente per l’alterata funzionalità dellecelleule B e neutrofili. Si manifesta con esordio brusco, tosse produttiva,dolore toracico di tipo pleuritico, febbre e dispnea ingravescente. All’EO sonoapprezzabili ronchi o sibili. All’esame dell’espettorato è evidente la presenza di leucociti, PMN ediplococchi Gram+ o cocchi Gram-. Solitamente è presente batteriemia.

- Tubercolosi e micobatteriosi atipica sono manifestazioni comuni in corsodi HIV. La patologia da M. Tuberculosis può insorgere anche negli stadiprecoci con manifestazioni polimorfe in base alla conta CD4+ del pz: insoggetti con CD4+ relativamente elevati, si instaura un quadro tipico diriattivazione dell’infezione polmonare con febbre, tosse, calo ponderale esudorazioni notturne associate ad un quadro RX di addensamentopolmonare apicale; in pz con conta CD4+ più bassa sono spesso osservateforme atipiche extrapolmonari o forme miliari e l’RX del torace presentainfiltrati nodulari diffusi con versamento pleurico. L’infezione può diffondere ascheletro, meningi, encefalomeningi, tratto GI e linfonodi.La conferma diagnostica è data dall’isolamento del microorganismodall’espettorato o da altro materiale proveniente dal sito di infezione.L’infezione da MAC (Micobacterium Avium Complex) rappresentacomplicanza tardiva da infezione da HIV, insorge quando la conta CD4+ è<50/mm3. I sintomi sono febbre, calo ponderale, sudorazioni notturne,diarrea, linfadenopatie e addominomialgie. Frequente la micobatteriemia.

- Polmoniti fungine causate per lo più da criptococco, Aspegillo e CandidaAlbicans. I soggetti con polmonite da criptococco presentano sintomisistemici generalizzati e scarsi sintomi respiratori.

2. Malattie neurologicheHIV è un virus neurotropico associato ad una varietà di manifestazioni a carico siadel SNC sia del SNP. Inoltre, numerose infezioni opportunistiche o neoplasiepossono comportare complicazioni neurologiche, che si vanno a sommareall’azione patogena diretta di HIV, pertanto i disordini neurologici vanno classificatiin primitivi e secondari.Le alterazioni primitive sono di natura infiammatoria, demielinizzante odegenerativa; il danno al SNC può essere causato dall’infezione diretta da parte delvirus presente nei macrofagi e nelle cellule gliali o può essere secondario al rilasciodi citochine tossiche come IL-1β, TNFα, IL-6 e TGFβ. In ogni individuo con HIV, anche in stato di latenza clinica, è dimostrabile un certogrado di coinvolgimento del SNC da parte del virus. Nel 90% dei casi sonoosservabili anomalie del liquor con pleiocitosi, proteinorrachia elevata, sintesiintratecale di ab anti HIV e isolamento dell’RNA virale. Grazie a test

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neuropsicologici specifici, si possono dimostrare vari gradi di deterioramentoneurocognitivo (HANCI), fino alla forma più grave di demenza AIDS correlata oencefalopatia da HIV.

- Meningite asettica può manifestarsi in qualsiasi stadio dell’infezione,eccetto che nelle fasi più tardive. Può presentarsi con cefalea, fotofobia emeningismo.A livello liquorale è presente pleiocitosi linfocitaria, proteinorrachia elevata enormali livelli di glucosio. Tende a risolversi spontaneamente nel giro di 2 o 4settimane. Il Criptococcus Neoformans è l’agente eziologico più frequente, si manifestain soggetti con conta CD4+ <100/mm3. Le manifestazioni cliniche sonoquelle tipiche di una meningoencefalite subacuta con febbre, cefalea,nausea, vomito, segni meningei e alterazioni dello stato di coscienza.L’esame del liquor può essere normale o presentare lieve pleiocitosi,iperproteinorrachia e ipoglicorrachia. Possono esserci lesioni solide nelparenchima cerebrale (criptococcomi) e deficit dei nervi cranici. La diagnosisi basa sull’isolamento diretto del microrganismo nel liquor.

- Encefalopatia HIV sindrome neurocognitiva ad andamento progressivo,complicanza tardiva della storia naturale dell’infezione. Le cellule piùcoinvolte sono le cellule giganti multinucleate, i macrofagi e le cellule dellamicroglia, mentre le alterazioni più evidenti coinvolgono le aree subcorticali,responsabili della motricità, linguaggio e comportamento.Nelle fasi lievi e moderate i sintomi sono: perdita memoria, disturbi dellaconcentrazione, rallentamento ideomotorio, modificazione delcomportamento, apatia e lieve disturbo della deambulazione. Nel liquor deipz sono stati riscontrati elevati livelli di proteina macrofagica chemiotattica(MCP1), tossica per il tessuto nervoso.Lo stadio successivo ha quadro clinico più severo con difficoltàdell’espressione, perdita della memoria e severo disturbo psicomotorio. Lostadio terminale è prossimo allo stato vegetativo.

- Stato epilettico può essere associato e secondario a infezioniopportunistiche, neoplasie o encefalopatie da HIV.

- Toxoplasmosi cerebrale spesso presente nei soggetti con conta CD4+<200/mm3. I sintomi sono febbre, cefalea e deficit neurologici focali. È lacausa più frequente di lesioni intracraniche occupanti spazio.

- Virus JC poliomavirus, agente responsabile della leucoencefalopatiamultifocale progressiva (LEMP), caratterizzata da multipli foci didemielinizzazione della sostanza bianca cerebrale sottocorticale. I sintomisono cefalea, atassia, emiparesi, deficit visivi e convulsioni.

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- Neuropatia periferica può manifestarsi in qualsiasi stadio dell’infezione. Sitratta di polineuropatia distale di tipo sensitivo con disestesie cronichesimmetriche e dolorose, distribuite a calza, soprattutto a livello plantare.

3. Malattie del tratto orofaringeo e dell’apparato GI- Candidosi orale o mughetto si instaura per il deficit dell’immunità cellulo-

mediata. È sostenuta da Candida. Sono presenti chiazze di un essudatobiancastro simil caseoso sul palato molle, sulle tonsille e sulla mucosagengivale, rimovibile con una spatola. Può presentarsi anche in formaatrofica con placche eritematose, senza essudato biancastro o ancoraassumere un aspetto ipertrofico con placche fisse, bianche e non rimuovibili.

- Leucoplachia a cellule capellute lesione rilevata e biancastra dellamucosa orale, specifica di HIV; sembra essere dipendente dalla replicazionedi EBV nell’epitelio delle cellule cheratiniche di lingua e mucosa orale. Èasintomatica o può dare disgeusia o difficoltà alla masticazione.

- Afte ulcerate dolorosissime, interferiscono con la deglutizione.- Gengiviti e parodontiti.- Esofagite causata da Candida, CMV ed HSV. Quella da Candida

rappresenta un marker di diagnosi di AIDS e si manifesta classicamente conalternanza di ulcerazioni e placche, disposte ad acciottolato romano.

- Disturbi gastrici nausea, dispepsia, anoressia, vomito, ematemesi edepigastralgia.

- Colecistite alitiasica per infezione da CMV. Si manifesta come dolore post-prandiale, febbre e aumento della PA.

- Infezioni intestino tenue e crasso sono tra le malattie GI più diffuse in pzcon HIV. Si manifestano con diarrea, febbre e addominomialgie. Le infezionidel tenue sono caratterizzate da gonfiore, nausea e diarrea profusa con caloponderale; le coliti e proctiti invece da dolore ai quadranti inferiori e tenesmo.Le più frequenti sono causate da Clostridium difficile.

4. Malattie epatobiliariCirca 1/3 delle morti da HIV è correlato a coinfezione da HCV e HBV. L’infezione da HIV ha un impatto significativo sul decorso dell’infezione da HBV,infatti si associa ad un aumento di circa 3 volte del rischio di sviluppo diun’antigenemia persistente HBsAg, mentre a livello epatico le lesioni infiammatoriesono meno evidente, in relazione all’effetto immunosoppressivo dell’infezione daHIV. Si osserva aggravamento dell’epatite nel momento in cui si fa terapiaantiretrovirale efficace.L’infezione da HCV è più grave in presenza di HIV, con un rischio di morte 10 voltesuperiore.Un aspetto da non sottovalutare è la potenziale tossicità dei farmaci utilizzati per laterapia di HIV e per la cura di infezioni opportunistiche, metabolizzati a livelloepatico.

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5. Malattie dei reni e delle vie urinarie- HIVAN La maggiore causa di IRC nel soggetto HIV+ è la nefropatia HIV

correlata (HIVAN), causata da danno diretto del virus sulle cellule renali. Simanifesta in fase avanzata, quando i CD4+ sono <200/mm3 e la viremia èelevata, con IR severa, proteinuria e mancanza di edemi declivi (nonostantela perdita di proteine).

- Microangiopatia trombotica (TMA) si può presentare come sindromeuremico emolitica o come porpora trombotico trombocitopenia, probabilmentedovute all’effetto dell’HIV sulla funzione delle cellule endoteliali, ove causa laformazione di microtrombi di fibrina e piastrine a livello del microcircolo.

- Infezioni urinarie frequentissime. Si manifestano con disuria ed ematuria.

6. Malattie degli organi genitaliI soggetti HIV+ possono contrarre più facilmente l’infezione da TreponemaPallidum, agente eziologico della sifilide; da HSV2 con lesioni ulcerative erpetichecroniche; da HPV e da Candida con vulvovaginiti.

7. Malattie della cuteOltre il 90% dei soggetti con HIV presenta lesioni cutanee: dermatite seborroicacon sovra infezioni fungine, caratterizzata da placche eritemato-squamose al volto,cuoio capelluto e regione sternale; follicolite da S. Aureus, molto frequentesoprattutto quando la conta CD4+ scende sotto i 200/mm3; tra quelle viraliprevalgono le lesioni da HSV1 e da HZV, che possono avere una evoluzione gravebollosa, necrotica o ulcerativa, poiché l’infezione dura a lungo, tende a recidivare ea dare sovrainfezioni batteriche. L’infezione da HSV1 può manifestarsi in forma dipatereccio erpetico con vescicole dolenti o estese lesioni cutanee.Il mollusco contagioso, causato dal Poxvirus, è di riscontro frequente e si manifestacon lesioni multiple su genitali esterni o al volto, che consistono in papule lisce adaspetto madreperlaceo. Infine, anche la scabbia è presente, con lesioni papulari o papulo-vescicolarifortemente pruriginose.

8. Malattie del sistema ematopoieticoL’infezione da HIV comporta citopenie, isolate o combinate, dipendenti da varifattori quali ridotta attività proliferativa midollare e patologie autoimmuni osecondarie alle infezioni opportunistiche, alle neoplasie e alla terapia.

- Anemia spesso macrocitica. La mancanza di reticolocitosi suggerisce chel’anemia sia favorita all’inizio dall’anoressia e dal deperimento che provocanocarenza di B9 e B12 e da infezioni che provocano il sequestroreticoloendoteliale di ferro; successivamente è causata dalle infezioniopportunistiche (Parvovirus B19 e CMV) che provocano soppressione

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dell’emopoiesi e dalla somministrazione di farmaci mielotossici. Il 20% dei pzpresenta positività al test di Coombs come effetto della produzione diautoanticorpi eritrocitari con deposizione di IC e conseguente disordineimmunitario.

- Neutropenia si riscontra nel 50% dei pz, da modesta a grave, espone adinfezioni batteriche.

- Trombocitopenia la causa sembra risiedere da un lato nella deposizione diIC circolanti e complemento sulle piastrine dall’altro nella presenza di abdiretti contro antigeni piastrinici.

9. Disturbi del metabolismoI pazienti sottoposti a terapia antiretrovirale hanno sviluppato nel tempo unasindrome detta lipodistrofia, caratterizzata dalla modificazione dell’habitus perridistribuzione del grasso corporeo con lipoaccumulo a livello tronculare elipoatrofia periferica. Si evidenziano quindi: aumento dei trigliceridi, del colesterolo totale e apoB; inalcuni casi anche iperglicemia e iperinsulinemia a digiuno.

10. Malattie dell’apparato cardiovascolareIl danno a livello cardiovascolare è correlato direttamente all’effetto del virus eindirettamente alla lipodistrofia e la manifestazione più comune è la cardiomiopatiadilatativa HIV correlata, che nei casi più severi porta ad insufficienza cardiacacongestizia.

11. Malattie dell’occhioA livello oculare risulta temibile è la retinite bilaterale da CMV con progressivo calodel visus e scotomi. A livello retinico sono osservabili emorragie ed essudatiperivascolari, indicativi di un processo infiammatorio necrotizzante causato dalvirus, per cui la perdita risulta irreversibile e si può complicare con distacco diretina. Si verifica in pz con conta CD4+ <50/mm3.

12. Malattie neoplasticheI pz con HIV sono predisposti all’acquisizione di neoplasie, in particolare LNH eSarcoma di Kaposi, annoverate anche tra le diagnosi definenti AIDS.

- Linfoma generalmente compaiono quando la conta CD4+ è <200/mm3.Nel 90% dei casi sono linfomi a fenotipo B per effetto della pronunciataattivazione policlonale di queste cellule in corso di HIV. L’aumentataproliferazione dei B può essere secondaria ad un effetto stimolante diretto diHIV o a un meccanismo indiretto per produzione di IL-6 o ancora allapresenza di EBV. Circa l’80% accusa febbre, calo pondera, sudorazione

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notturna; oltre al coinvolgimento linfonodale le forme sistemiche possonointeressare l’apparato GI con manifestazioni variabili; l’interessamento delmidollo osseo si verifica nel 20% dei casi ed è associato a pan citopenia. Trai pz HIV+, tre categorie di LNH sono di più frequente osservazione: linfomaimmunoblastico (80%), altamente maligno con cellule altamenteindifferenziate; linfoma di Burkitt (20%), soprattutto in soggetti giovani, èsempre presente la t(8;14) o t(8;22); linfoma primitivo del SNC (20%), siosserva negli stadi finali di malattia quando la conta CD4+ è <50/mm3 eclinicamente si presenta con cefalea, convulsioni o deficit dei nervi cranici, haprognosi infausta.Il LH, invece, a differenza dei LNH, non viene considerata diagnostica diAIDS, anche se il rischio di malattia è 10 volte superiore, per la ridottarisposta immunitaria dell’ospite, infatti si riscontra negli stadi avanzati dellamalattia da HIV. Nei pz AIDS si manifesta più spesso con localizzazioniatipiche: SNC, cute, polmoni, anello del Waldayer, colon e retto. La malattia di Castleman è un disordine linfoproliferativo associato ad HHV8che si riscontra con maggiore frequenza nei pz HIV+; si presenta simile adun linfoma (linfoepatosplenomegalia e sintomi sistemici) e predispone allosviluppo di un LNH. Il sarcoma di Kaposi è un tumore multifocale maligno che interessa i soggetticon HIV in qualsiasi stadio della malattia, anche con conta CD4+ normale.Prima della terapia retrovirale era presente nell’80% dei casi, ad oggi solonell’1%. Esordisce con macule o papule color rosso vinoso che tendono alocalizzarsi a livello distale degli arti. Altra sede tipica, quasi specifica, diinsorgenza è la punta del naso. La lesioni sono accompagnate di frequenteda edema, per la partecipazione al processo morboso del sistema linfatico,che può essere talmente ingente da determinare elefantiasi dell’arto colpito.Le localizzazioni viscerali più caratteristiche sono quelle polmonari,linfonodali e gastroenteriche. Sono spesso asintomatiche, ma possonotalvolta dare luogo a profusi sanguinamenti.

- Papillomavirus l’infezione è associata a displasia intraepiteliale della cerviceuterina o dell’ano, con frequenza doppia rispetto ai soggetti normali, che puòevolvere in carcinoma invasivo. I ceppi responsabili sono il 56 e 53, a differenzadel 16 e 18 nella popolazione normale.

DIAGNOSI HIV La diagnosi si fonda sulla dimostrazione di ab diretti contro HIV e/osul riconoscimento diretto del virus e delle sue componenti. Gli ab compaiono nelsiero 1-3 mesi dopo l’infezione e per lo screening viene utilizzata ELISA dotata disensibilità >99,5% ma non altrettanto specifico. I test EIA combinano la ricerca di ab anti-HIV con quella dell’antigene virale p24.Per ogni soggetto risultato positivo ad EIA, deve essere eseguito un test WesternBlot, estremamente specifico ma non sensibile, che si basa sull’osservazione chegli antigeni virali contro cui sono rivolti gli ab sono caratterizzati da diverso pesomolecolare, pertanto vengono suddivisi in bande in base al peso e gli ab contro

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questi antigeni vengono individuati sottoforma di banda Nel caso di WB negativo ilsoggetto è da considerarsi non infettato dal virus. Al contrario, la presenza di abcontro almeno 2 proteine tra p24, gp41 e gp120/160, sono dimostrazioneinequivocabile di infezione. Nel caso di risultato indeterminato, va ripetuto dopo 1mese.

Riassumento, il primo test da eseguire è EIA che, se negativo, permette diescludere con certezza la diagnosi, con l’unica eccezione di infezione recente (3mesi precedenti). In caso di risultato positivo o dubbio, l’esame deve essereripetuto e se confermato si procede al WB. Se risulta anch’esso positivo siconferma la diagnosi di infezione da HIV1, altrimenti viene considerato falsamentepositivo l’EIA precedente. L’unica eccezione è il virus HIV2 per cui l’EIA è sensibile ma non il WB e in caso didiscordanza dei risultati, è necessario eseguire test sierologico specifico per HIV2.

Il test di cattura dell’antigene p24, simile come metodica all’EIA, misura i livelliplasmatici della p24 sia libera sia legata agli ab e viene utilizzata come screeningper soggetti con sospetta infezione recente, quando i livelli di p24 sono elevati e larisposta anticorpale non si è ancora sviluppata. La possibilità di misurare e monitorare i livelli di HIV-RNA nel plasma, si èdimostrata utile per la diagnosi in fase acuta o delle infezioni neonatali, casi in cuinon ci si può affidare alla determinazione degli ab. Le tecniche più utilizzate sono ilDNA ramificato, la PCR della trascrittasi inversa (RT-PCR) e il test per ilsequenziamento dell’acido nucleico (NASBA). Questi sono utili anche per stabilirela prognosi, l’approccio terapeutico e il follow-up, nonché monitorarne l’efficacia. Laterapia va iniziata quando la viremia plasmatica è >100.000 copie/mm. I livelli diHIV-RNA vanno monitorati inizialmente ogni 4 settimane, poi ogni 2 o 3 mesi fino alraggiungimento di una viremia stabilmente <50 copie/mm, che dovrebbe verificarsientro 6 mesi da un trattamento efficace.

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