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10 Quasi un set cinematografico Via Veneto e dintorni Itinerari romani Comune di Roma Turismo

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10 Quasi un set cinematograficoVia Veneto e dintorni

Itinerari romani

Comune di RomaTurismo

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Roma per teCollana di informazioni del Comune di Roma

Realizzazione a cura: Cosmofilm spa - Elio de Rosa editoreTesti: Alberto Tagliaferri, Valerio Varriale,

Cristina Zadro(Associazione Culturale Mirabilia Urbis)

Coordinamento editoriale: Emanuela BosiProgetto grafico e impaginazione: Marco C. Mastrolorenzi

Foto: P. Soriani: pag. 9, 18, 19, 20 in basso, 21 in basso, 22, 24, 25, 27 in basso, 29, 30, 31,32, 33, 34, 37 in basso a destra; SSPMR: pag. 26 in basso, 27 in alto; Archivio Cosmo-film: copertina, pag. 2, 3, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20 in alto, 21 in alto, 23, 26 inalto, 28, 35, 36, 37 in alto e in basso a sinistra, 38.

In copertina, la Fontana delle Api

In questa pagina, particolare della Fontana del Mosè

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• Sulle ceneri di Villa Ludovisi 81. Porta Pinciana 102. Il Casino dell’Aurora 113. Passeggiando, passeggiando... 134. Via Veneto 155. Sant’Isidoro 186. Santa Maria della Concezione 207. Passeggiando, passeggiando... 218. Piazza Barberini 239. Palazzo Barberini 25

10. Passeggiando, passeggiando... 2811. San Carlo alle Quattro Fontane 2912. San Bernardo alle Terme 3113. Santa Susanna 3214. Santa Maria della Vittoria 3315. Passeggiando, passeggiando... 35

10 Quasi un set cinematograficoVia Veneto e dintorni

Itinerari romani

Particolare della Fontana del Tritone

Comune di RomaTurismo

Stampa: GRAFICAPONTINA- Pomezia - ord. n. 6821 del 17-3-08 (c. 30.000)

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Villa Ludovisi e i suoi giardini in un’incisione del XVIII secolo di G. Vasi

La Fontana del Tritone a piazza Barberini in un’incisione secentesca di G.B. Falda

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Presentazione

Quasi un set cinematografico

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Itinerari romani costituiscono una serie di percorsi per chi desi-deri approfondire la conoscenza della Città.Agli itinerari del grande Rinascimento romano già realizzati -

Caravaggio, Raffaello, Michelangelo e a quelli dell’arte barocca dellearchitetture di Bernini e Borromini si aggiungono, ora, altri percorsiappositamente studiati per accompagnare e agevolare il visitatore allascoperta “metro per metro” di una Città d’arte così sintetizzata.

In tal modo in un unicum - distinto è rappresentata e “letta” la cittàin un mosaico che si ricompone e si scompone secondo le esigenze delvisitatore, che potrà scegliere tra La Roma Monumentale (via dei ForiImperiali e Colosseo), Il Colle della poesia (l’Aventino e dintorni), Traboschi e acquedotti (il Celio), Agli albori della Roma Cristiana (San Gio-vanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme), da La Suburra (RioneMonti e Santa Maria Maggiore) a Quasi un set cinematografico (viaVeneto e dintorni), ecc.

Un’impresa difficile, pur tuttavia felicemente riuscita, anche sul pia-no dell’immagine della tradizione e dell’identità culturale della nostraCittà e che, con semplicità rispetta i contenuti scientifici del patrimoniostoricizzato, con una narrazione che unisce l’impostazione grafica conla linea editoriale dei contenuti.

Un sistema di comunicazione efficace per la comprensione del piùvasto e incredibile patrimonio storico-artistico di Roma, che permette alturista di individuare, immediatamente, il significato principale dell’iti-nerario prescelto permettendogli, nel contempo, l’immediata colloca-zione della propria posizione logistica in rapporto all’area che si deside-ra visitare.

I percorsi così condensati e raccolti possono ben rappresentare unsimbolico “taccuino d’artista” e apparire agli occhi del visitatore comeuna grande vetrata - a più specchi - sul cui sfondo vi è un orizzonte cul-turale che non potrebbe essere più romano, suggestivo e ricco di valorimai tramontati.

Roma ti aspetta!

L’Ufficio Turismodel Comune di Roma

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La pianta

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Legenda1. Porta Pinciana2. Il Casino dell’Aurora3. Passeggiando, passeggiando...4. Via Veneto5. Sant’Isidoro6. Santa Maria della Concezione7. Passeggiando, passeggiando...8. Piazza Barberini9. Palazzo Barberini

10. Passeggiando, passeggiando...11. San Carlo alle Quattro Fontane12. San Bernardo alle Terme13. Santa Susanna14. Santa Maria della Vittoria15. Passeggiando, passeggiando...

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Via Veneto, ampia e alberataarteria umbertina, è legata dal-la metà del secolo scorso alla

vivida cronaca di mondani trascorsicinematografici e per questo incarnanella memoria collettiva il centro diquella che fu comunemente detta la“dolce vita”. La strada, che parte dallaPorta Pinciana ai confini con VillaBorghese, si cala con andamento sno-dato e serpentino fino alle viscere del-la Roma barocca, costituendo una ele-gante cerniera urbanistica tra l’anticoe il moderno. Ma è anche l’asse por-tante di un quartiere, il Ludovisi, sor-to sulle ceneri di una delle più belleville di Roma, scomparsa a seguito del-la selvaggia lottizzazione per RomaCapitale: Villa Ludovisi. Un accordostipulato nel 1883 tra il principe diPiombino Rodolfo Ludovisi e ilComune portò allo smembramento epoi via via alla distruzione, dal 1886,della grandiosa residenza seicentescacostruita sugli horti romani di Sallu-stio. Decantata dalle penne di poeticome Goethe, Elliot, Gogol, Stendhal,la notizia della drastica decisione fupianta da D’Annunzio, e dal celebrearcheologo Rodolfo Lanciani; tuttiaccomunati dall’estasi ricevuta dalcontatto con la bellezza, ricchezza evastità dei suoi ammalianti giardini,che occupavano un’area di oltre tren-ta ettari. Estesi dalla Porta Salaria allaPorta Pinciana e da qui protesi fino aiconfini dei conventi di S. Isidoro e deiCappuccini e giù fino a piazza Barbe-rini, essi ospitavano al loro interno,

oltre a cinque fabbriche residenziali,anche orti, vigne e boschi ed eranoaltresì abbelliti da fontane, statue anti-che e dal grande obelisco poi portatosotto Clemente XII a S. Giovanni. Lascomparsa di Villa Ludovisi, di cuioggi sopravvive il Casino detto del-l’Aurora in via Lombardia, ebbe unaforte eco che rimbalzò sui titoli deigiornali di mezza Europa e rappre-sentò una cicatrice profonda sul voltodella città, che solo lentamente rimar-ginò, forse grazie al salvifico manteni-mento delle ville limitrofe e allo stan-dard lussuoso adottato nel neonatoquartiere.In epoca romana la zona era occupatadalla VI regione augustea. Ma primadella dignità acquisita con il principedegli imperatori, per molto tempoera stata una località periferica privadi edifici importanti, le cui unichetestimonianze pare fossero delle tom-be, trovate lungo la Salaria Vetus, chepassava sul crinale del colle per PortaPinciana. Verso la fine dell’età repub-blicana le pendici del Pincio incomin-ciarono a popolarsi di ville, di cui duefurono tra i più importanti esempi dihorti monumentali “privati” a Roma.La sontuosa dimora di Lucullo sorsecon una serie di terrazze nel luogodella scalinata di Trinità dei Monti.Alla sommità era coronata da unagrandiosa esedra porticata oltre laquale si trovava un edificio circolaresimile a un tempietto, coincidentecon il Belvedere di Villa Medici. Lavilla di Sallustio invece andò ad occu-

…Inizia lapasseggiata...

Sulle ceneri di Villa Ludovisi

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pare l’area già appartenuta a Cesaretra il Quirinale, via Veneto, e PortaCollina. Si trattava dei più grandi ericchi giardini che Roma abbia maiposseduto. Le ville andarono distrut-te nel 410 d.C. durante il Sacco di Ala-rico, il quale entrò a Roma propriodalla vicina Porta Salaria. Per tutto il Medioevo la zona rimaseabbandonata e solo in seguito allabolla di Sisto V del 1590, in cui siripromise il restauro degli acquedottiche in epoca antica avevano servitoquesta zona, il colle si ripopolò di ortie terreni di proprietà. Nel 1662 il car-dinale Ludovisi acquistò la vigna DelNero all’interno di Porta Pinciana efu il primo passo alla realizzazione del

più bello dei giardini romani. Dallafine del Cinquecento e il Seicentocominciarono gli insediamenti reli-giosi e furono edificate le chiese di S.Susanna, S. Isidoro, S. Maria dellaConcezione e S. Maria della Vittoria. Un paio di secoli più tardi si attuòl’abbattimento della Villa Ludovisi,che implicò l’aggiornamento del pia-no regolatore del 1883. Ci si preparòcosì alla realizzazione delle arteriepubbliche di via Veneto e di via Bon-compagni e alla costruzione intensivadi palazzine di lusso, edifici a più pia-ni ed edilizia alberghiera, che costi-tuiscono oggi la fitta maglia architet-tonica all’interno della quale si snodail nostro itinerario.

Porta Pinciana

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La porta romana che fa da confineideale tra le verdi delizie di VillaBorghese e i caffè di via Veneto è il

punto di partenza del nostro percorso.Venne aperta dall’imperatore Aurelia-no nella lunga cinta di mura urbaneerette nel 271 d.C. (ma portate a termi-ne solo nel 279), per difendere la capi-tale dell’impero dagli imminenti attac-chi barbarici. Lunghe circa 19 chilome-tri, le Mura Aureliane seguivano unalinea strategica che includeva le altureed evitava di lasciare all’esterno costru-zioni di grandi dimensioni. L’inserimen-to di vari edifici nelle mura ci fa com-prendere anche la fretta con la qualefurono condotti i lavori. Porta Pincianachiudeva la VI regio augustea nel ver-sante settentrionale, appoggiandosialle ripide pendici del Pincio e utilizzan-do in parte i muraglioni di sostruzionedelle ville, che vi sorgevano sopra. Daprincipio dovette essere una posterulasecondaria e di dimensioni modeste,che venne in seguito ampliata da Ono-rio (384-423). Il toponimo è legato alle

vicende del colleche

nel IV secolo passò di proprietà allagens Pincia, ma la porta fu chiamataanche Belisaria per il fatto di esserefiancheggiata da torri cilindriche, fattecostruire dal generale bizantino Belisa-rio per resistere all’assedio dei Goti nel547 circa. È composta da un semplicearco di travertino fiancheggiato da duetorri, ma doveva essere dotata anche diuna controporta. Avviciniamoci eosserviamo la croce greca raffiguratanella chiave dell’arco; questa è l’unicatestimonianza dei restauri fatti fare daBelisario, a cui si doveva riferire ancheun’iscrizione medievale perduta nel-l’Ottocento. Nel 1808 venne chiusa acausa della sua scarsa importanza per il

transito delle merci, e la strada diaccesso, l’attuale via di

Porta Pinciana, fu

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1. Porta Pinciana

Le Mura Aureliane e Porta Pinciana

Il monumento ai Caduti del quartiereLudovisi

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Èl’unico edificio superstite dellamagnifica villa costruita dal cardi-nale Ludovico Ludovisi nel 1621-

23 nel luogo anticamente occupatodagli antichi horti romani di Sallustio,con cui rivaleggiava per magnificenza. Ilprimo importante nucleo della villa sivenne a formare nel 1621 con l’acqui-sto, da parte del cardinale LudovicoLudovisi, della cosiddetta vigna DelNero, che comprendeva anche il cin-quecentesco Casino Del Monte o del-l’Aurora. Un anno più tardi Ludovisiottenne anche la proprietà Orsini, di cuiutilizzò il vecchio palazzo detto “gran-de”come residenza principale. Pocodopo acquistò anche le vigne adiacentiappartenute ai Cavalcanti, Capponi eAltieri, costituendo così una enormeproprietà terriera. Per immaginare l’e-stensione di questa grandiosa residenzabisogna tener conto che avrebbe occu-pato l’area dell’intero rione modernoche porta il suo nome, ovvero circa tren-ta ettari, i cui confini sarebbero stati adest con l’ingresso principale, Porta Sala-ria, ad ovest Porta Pinciana, a nord leMura Aureliane e a sud piazza Barberi-ni. Il giardino attribuito al Domenichino

era costituito da viali che percorrevanola proprietà, approssimativamentecome oggi le vie moderne attraversanoil quartiere, ornati dalla nutrita collezio-ne di statue antiche del cardinale, tracui quelle più celebri costituiscono oggiil nucleo del Museo Nazionale Romano.La fama leggendaria del Galata suicida,dell’Ares Ludovisi, dell’Acrolito Ludovi-si, e ancora del gruppo di Oreste e Elet-

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ridotta a un viottolo. Solo nel 1887, aseguito dell’urbanizzazione del quar-tiere, la porta venne riaperta.Sulla destra addossato alle mura vi è ilmonumento ai Caduti del quartiereLudovisi nella guerra 1915-18. Si com-pone di una stele in travertino fortemen-te aggettante e chiusa da un timpanodentato, il quale sorregge un fregio sucui sono scolpite a rilievo due aquile edue vittorie alate. L’iscrizione si trova inbasso e recita la semplice formula: «Pro

patria - Ai caduti del Quartiere Ludovisinella Guerra del 1915-18». Prendiamo ora via di Porta Pinciana finoa via Lombardia e seguiamo solo per untratto scendere le Mura Aureliane, cheproseguono poi il loro percorso cingen-do tutto il Pincio, l’antico Collis Hortolo-rum, nell’attuale via del Muro Torto,inserendo al loro interno il grande muroin opera reticolata, costruito per soste-nere gli Horti Aciliorum e ricordato giàda Procopio nella Guerra gotica.

2. Il Casino dell’Aurora

Particolare dell’ingresso al Casinodell’Aurora

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tra e del grande Sarcofago Ludovisi,attirò come api al miele visitatori e arti-sti, che come Goethe ne descrissero ilfascino ispirato dal felice connubio conil verde del parco. L’abbandono della vil-la cominciò nei primi anni del XIX secolo,anche se appena nel 1815, quasi para-dossalmente, Luigi Boncompagni Ludo-visi acquistò anche le confinanti pro-prietà Belloni e Borioni. Nel 1883 sidecise il “sacrificio” della villa, e un paiodi anni più tardi statue, alberi, edificivennero distrutti. In questo annichili-mento solo il Casino dell’Aurora venneisolato e miracolosamente risparmiato. Il Casino cinquecentesco, il cui ingressoè su via Lombardia 46, si presenta comeuna palazzina a pianta cruciforme a duepiani più attico, con torretta belvedere.Le facciate sono intonacate e spartite dasemicolonne tuscaniche in cui si apronosemplici finestre rettangolari. La pater-nità si attribuisce a Carlo Maderno. Sitratterebbe della casina di Cecchino delNero, tesoriere di Clemente VII, il cuinome compare più volte all’interno nel-la volta della Sala d’ingresso affrescataa grottesche. L’episodio culminante del-l’edificio è la volta del salone dove è raf-figurato il Carro dell’Aurora, affrescodel 1621 del Guercino, da cui deriva ilnome stesso del Casino. L’artista simulòun’architettura aperta sul cielo, su cui

posizionò il volo del calesse dell’Auroratrainato da due cavalli pezzati, ardita-mente scorciati e lanciati a folle galopponell’immensità della volta celeste, tra lefigure allegoriche del Giorno e dellaNotte. Le decorazioni architettonichevennero eseguite dallo specialista dellaprospettiva pittorica: Agostino Tassi.Nella Sala del Camino le pareti sonointeramente affrescate da paesaggi chesimulano spazi aperti; sulla paretedestra del Guercino, lo stesso soggettodi G.B. Viola sulla parete sinistra, di PaulBrill su quella opposta all’ingresso e delDomenichino su quella di ingresso. Alcentro del soffitto è rappresentata unaDanza di Putti attribuita ad AntonioCircignani. Salendo al piano nobile tro-viamo, sul soffitto della saletta appenadopo l’ingresso, un dipinto a olio sumuro con Gli Elementi e l’Universocon segni zodiacali riferito al Caravag-gio e datato al 1597 circa. L’affrescorappresenta Giove, Plutone e Nettunocon evidenti allusioni agli astri celesti.L’allegoria dei pianeti è degna figlia delclima delle scoperte scientifiche galileia-ne che ruotavano intorno al circolointellettuale dei Ludovisi. L’ultima salavisitabile è detta della Fama, e prendenome dall’allegoria omonima affrescatasul soffitto dal Guercino con la collabo-razione del Tassi.

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12Cancellata d’ingresso al Casino dell’Aurora

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Torniamo suvia di PortaPinciana e

diamo le spalle a viaLombardia. Guardandodritto a noi noteremo al n. 28un grande portale bugnato, dietro ilquale si scorge una lunga via alberata.È l’ingresso posteriore della cinque-centesca Villa Medici, sorta sul verde eglorioso sito occupato alla fine dell’etàrepubblicana dai celebri horti apparte-nenti al generale e oratore latinoLucio Licinio Lucullo (117 ca.-57 o 56a.C.). Fino al 1564 in questa zona viera la vigna con giardini della famigliaCrescenzi, che fu acquistata quell’an-no dal cardinale Ricci da Montepul-ciano, con l’intenzione di costruirviuna grande residenza, grazie all’archi-tetto Nanni di Baccio Bigio. Nel 1576la villa di campagna del Ricci fu vendu-ta al cardinale Ferdinando de’ Medici,che si servì dell’architetto fiorentinoBartolomeo Ammannati per renderlaun magnifico palazzo degno dellagrande famiglia toscana. La facciatasul giardino accolse i bassorilievi, ibusti e le statue antiche, che fecero lafama di Ferdinando, il quale però suc-cedette presto a suo fratello sul tronodi Toscana, nell’ottobre del 1587, cosìche la decadenza della villa cominciòimmediatamente dopo il suo breve

apogeo. I Medici sidisinteressaronosempre più di questa

residenza, poco utiliz-zata e dalla manutenzio-

ne molto costosa. Nuova glo-ria arrivò solo nel 1803, quando villaMedici divenne sede dell’Accademiadi Francia, costituita da Luigi XIV nel1666, con l’intento di completare laformazione degli artisti d’oltralpe aRoma a contatto diretto con l’arteclassica.Ora voltiamo lo sguardo all’incrociotra via di Porta Pinciana e via Ludovi-si, dove in leggera salita è l’ingresso aVilla Malta o delle Rose, costruita nelXVIII secolo sull’estrema propaggineorientale del Pincio, verso il centrodella città con una caratteristica torrepanoramica, oggi dai vetri azzurrati.È celebre per aver ospitato molti arti-sti e personaggi importanti di passag-gio a Roma come Goethe, il filosofoGuglielmo Von Humboldt, che la tra-sformò in cenacolo di intellettuali aiprimi dell’Ottocento, e la comunitàdi artisti tedeschi con in testa Federi-co Overbeck. Imbocchiamo ora via Ludovisi e supe-riamo l’albergo Eden al n. 49 di Fran-cesco Settimi e il parking Ludovisi,progettato alla fine degli anni Sessan-ta del Novecento dall’architetto Mau-

3. Passeggiando,passeggiando...

Villa Medici

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rizio Vitale, e arriviamo al n. 48,all’angolo con via Cadore, dove sorgeVilla Maraini, sede dell’Istituto Sviz-zero di Roma (con fornita bibliotecadi circa 30.000 volumi di scienze uma-nistiche e classiche), costruita nel1905 dall’architetto Otto Marainicome residenza per il fratello Emilio,ricco industriale italo-svizzero. L’edi-ficio appare arroccato su uno spero-ne dominante, rialzato di circa 11

metri rispetto alle strade circostanti;queste condizioni altimetriche parti-colari diedero luogo a difficoltà dicostruzione, per cui le fondamenta,spinte a una certa profondità, venne-ro eseguite con il sistema dei pozzi epiloni. La villa è di una gradevolearchitettura neobarocca con stucchie busti nelle riquadrature delle fine-stre, con un ninfeo e statue sullabalaustra, che conclude il giardino.

Torre panoramica di Villa Malta

Villa Maraini

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Ritorniamo ora su via Vittorio Vene-to, il cui nome commemora la vit-toria italiana sulle truppe austro-

ungariche nella Grande Guerra del1915-18, anche se è comunementechiamata con il nome originario di viaVeneto. È celebre in tutto il mondocome “salotto” mondano di Roma ecome simbolo della “dolce vita”. Lungola strada, realizzata tra il 1886 e il 1889mantenendo per tutto il percorso la lar-ghezza di 35 metri e tracciata in mode-rata pendenza con ampi tornantiombreggiati da un doppio filare di pla-tani, si allineano alberghi eleganti, caffèe negozi di lusso, frequentati nei miticianni Cinquanta e Sessanta dalle stelledel cinema di tutto il mondo di passag-gio a Roma. Proprio di fronte a noi si erge la cupolacuspidata sottolineata da marcati costo-loni del lussuoso Hotel Excelsior, idea-to nel 1904 dall’architetto Otto Marainiin stile neo-barocco, con allusioni nellefogge e nel ricco ornato dei saloni alliberty, simbolo della Belle Epoque. Al n.70 troviamo la rispostarazionalista del 1926 diMarcello Piacentini allaricettività di classe,l’Hotel Palace. Anchela scelta del nome vole-va riallacciarsi in chiavemoderna agli antichisplendori delle amba-scerie regali della Romabarocca. Inconsueta epiacevole sorpresa è lagentile fontanina percani, unica nel suogenere in città, addos-sata alla facciata. All’in-terno vi sono affreschi

in stile decadente e gusto pompeianodell’artista veneziano Guido Cadorin.Sull’altro lato della strada sorge l’amba-sciata degli Stati Uniti, in realtà PalazzoPiombino, impotente e maestosa resi-denza ispirata ai canoni del Cinquecen-to, opera di Gaetano Koch. L’edificio,noto anche con il nome di Palazzo Mar-gherita per il soggiorno della reginaMargherita di Savoia ad inizio Novecen-to, venne fatto costruire da RodolfoBoncompagni Ludovisi tra il 1886 e il1890, dopo la decisione di lottizzare laproprietà di famiglia. Si decise di conser-

vare il cosiddetto“palazzo grande”, cheera stato degli Orsini epoi modificato dalDomenichino, e diinglobarlo nella nuovacostruzione. La lungafacciata a tavelle è divi-sa orizzontalmente intre piani da fasce mar-capiano, mentre l’in-gresso è sottolineato daun arco a tre fornicifiancheggiato da colon-ne libere su basamenti.Sopra di questo corre ilcornicione a mensole, il

4. Via Veneto

L’Hotel Excelsior

Fontanina per cani

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cui fregio è costituito dai draghi e daisimboli araldici della famiglia. All’inter-no il primo piano era dedicato intera-mente alla rappresentanza, con unasequenza di saloni, al centro di uno deiquali è una Venere desnuda del Giam-bologna. Il secondo piano era inveceusato per l’abitazione.Superando ora l’incrocio con via Bisso-

lati, arteria realizzata nel 1933 dal Pia-centini come collegamento con la Sta-zione Termini, ci imbattiamo al n. 119con il palazzo della Banca Nazionaledel Lavoro, del 1936, in stile littoriosolido e severo, al quale succede ilpalazzo del Ministero dell’Industriae Commercio, opera di Marcello Pia-centini e Giuseppe Vaccaro eseguita frail 1929 e il 1932 in tufo e travertino, dalmassiccio aspetto militaresco. Sulla tra-beazione del portone inmarmo rosso tra isimboli del lavo-

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L’Hotel Palace

L’Hotel Ambasciatori

Via Bissolati

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ro si legge la scritta «Credita Industria,Professioni, Arti, Agricoltura, Commer-cio, Trasporti». Sulla porta in bronzo visono otto riquadri firmati in basso da G.Prini che rappresentano: le Artiliberali, le Arti plastiche e liriche, ilCommercio, la Banca, i Trasporti dimare, i Trasporti aerei e terrestri,l’Agricoltura, l’Industria. All’internonumerose opere di artigianato e arte diMario Sironi, Gio Ponti, Attilio Selva,

Fortunato Depero, Francesco Messina,Enrico Prampolini, Roberto Melli, Fran-cesco Trombadori, Luciano Miguzzi,Piero Murissig, Fausto Pirandello.Attraversiamo ora via Veneto all’altezzadel civico 50, occupato dalla facciatacurvilinea dell’Hotel Majestic di Gae-tano Koch, datato al 1896, e avviamocilungo la scalinata di via di S. Isidoro.

Il Ministero dell’Industria e Commercio

La porta bronzea del Ministerodell’Industria e Commercio

La facciata curvilinea dell’Hotel Majestic

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La chiesa appare con la sua candidafacciatina barocca appollaiata incima ad una gradinata, dalla quale

svolge una significativa funzione pro-spettica. Fu iniziata su progetto di Anto-nio Felice Casoni nel 1622 e poi conti-nuata dal 1625 da Domenico Castelli,fino a che venne ultimata nel 1672.Secondo la tradizione s. Isidoro era unbracciante molto devoto vissuto in Spa-gna nel XII secolo, che sopportò semprecon pazienza le gelosie e le invidie deisuoi compagni. Il 12 marzo 1621 Gre-gorio XV santificò Isidoro da Madridassieme a Ignazio di Loyola, FrancescoSaverio, Teresa d’Avila e Filippo Neri.

Nello stesso anno il papa offrì a ungruppo di francescani spagnoli la possi-bilità di creare una fondazione a Romache servisse come procura dell’ordine. Ifrati scelsero il cosiddetto “Campo deiCardi” vicino alla vigna del cardinaleDel Monte. La chiesa venne eretta a cro-ce latina con copertura a volta e cupola.Sul lato ovest venne eretto il chiostrospagnolo, sul lato nord furono costruitiil refettorio e la cucina. Il piano superio-re comprendeva il dormitorio e un ter-razzo. Nel 1624 i frati furono costrettiad abbandonare la zona per ordine delre di Spagna Filippo IV e la costruzionepassò a padre Luca Wadding, il quale vi

avrebbe raccolto i france-scani irlandesi e ingranditoil convento. Nel 1704-05Carlo Bizzaccheri disegnòl’attuale facciata a due ordi-ni, scandita da un grandeportico e da due nicchiecon le statue di S. Isidoroe di S. Patrizio e sormon-tata da un timpano mistili-neo. Attraverso il porticoricoperto da stucchi con lostemma francescano siaccede alla chiesa passandoper un portale sormontatoda un’edicola con unaSacra Famiglia. L’interno èa navata unica coperta avolte a botte con transetto,abside e coro. Nella voltadella navata è raffigurata laGloria di S. Isidoro diCharles Andrè Van Loo del1729, mentre nei pennac-chi della cupola vi sono iquattro Evangelisti, operadegli anni Quaranta del

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5. Sant’Isidoro

S. Isidoro, facciata

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Novecento di S. Galimberti, e sullacupola otto pannelli dipinti con la Ver-gine, S. Bernardino da Siena e i santifrancescani da Domenico Bartolini nel1856. La prima cappella a destra, dettaAlaleona, fu interamente affrescata conScene della vita di S. Giuseppe da unappena ventiseienne Carlo Maratta nel1650-52, mentre la seguente, con Sce-ne della vita di S. Anna, da PietroPaolo Naldini nel 1657. Degna di rile-vanza è la Cappella dell’Immacolatao Lopez de Silva, dal nome dell’omo-nima famiglia portoghese che tra il1661 e il 1663 la fece ristrutturare sudisegno del Bernini, che vi realizzò unodei suoi bei composti di architettura escultura con tanto di effetti luminosi.Alle pareti sono collocati i monumentifunebri con ritratti, tra le figure allegori-che della Pietà e Verità e della Giusti-zia e della Pace, di Rodrigo Lopez deSilva e sua moglie Beatrice, del figlioconte Francisco Nicolò de Silva con lamoglie di questi Giovanna. Sull’altaremaggiore vi è la pala di Andrea Sacchicon la Vergine e il Bambino appaio-no a S. Isidoro del 1622. Sulla sinistrasono la cappella di S. Antonio da Pado-va con pala del santo di Gian Domenico

Cerrini, a cui viene appresso la cappelladella Santa Croce, dedicata a Costan-za Pamphilj, moglie di Niccolò Ludovisi.Da visitare prima di andarsene il chio-stro spagnolo coperto e quello di Wad-ding, con affreschi del Settecento.Usciti dalla chiesa, si ridiscenda su viaVeneto e la si percorra sul lato sinistrofino all’ingresso della chiesa di S. Mariadella Concezione.

Il chiostro waddinghiano

L’interno

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Nel 1626 i padri Cappuccini, cheannoveravano tra le file del loroordine il cardinale Antonio Bar-

berini, fratello di papa Urbano VIII,entrano in proprietà di un terrenosuburbano nel quale edificare una chie-sa con annesso convento e commissio-nano il progetto a Felice Casoni, che loultima per il 1630. Nel ’31 le spoglie deifrati seppelliti in S. Croce e Bonaventuradei Lucchesi vengono trasportate nelsepolcreto annesso al nuovo monaste-ro, dando il via alla nascita del noto emacabro “cimitero dei Cappuccini”,ospitato tutt’oggi nelle cinque cappellesotterranee di S. Maria della Concezio-ne e costituito dai resti di più di 4000frati alle pareti e da un suolo di terrasanta dalla Palestina. La chiesa si presenta con una modestafacciata in laterizio, a cui si accede dauna moderna doppia scalinata, che hasostituito l’antica piazzetta di olmi, chevi sorgeva davanti prima dell’apertura divia Veneto. L’interno è ad una navatacon cinque cappelle per lato. La primaedicola a destra è dedicata al capolavorodi Guido Reni rappresentante l’Arcan-gelo Michele, commissionato dal cardi-nale Barberini nel 1635, che rappresen-ta in una liquida apollineità raffaellesca

l’emblema del cattolicesimo vincente.Sulla parete sinistra vi è il Cristo Deriso,tela ad olio di Gherard Van Honthorst.Nella parete a sinistra della Cappella del-la Trasfigurazione è collocata una bellaNatività di Giovanni Lanfranco, mentrenella cappella successiva si trova la palad’altare del Domenichino con S. Fran-cesco che riceve le stimmate.Davanti all’altare maggiore è posta latomba del cardinale Antonio Barberinimorto nel 1646, con la famosa iscrizio-ne hic iacet / pulvis cinis / et nihil (“quigiace polvere, cenere e niente altro”).Un S. Francesco del 1603, conservatonel convento, è l’importante testimo-nianza del genio di Caravaggio, chespicca per l’efficace realismo del santo,raffigurato di profilo con un teschio inmano, in simbolico e accorato colloquiocon la morte.

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6. Santa Maria della Concezione

L’interno

S. Maria della Concezione, facciata

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Arrivati all’ul-tima curvadi Via Vene-

to, troviamo la Fonta-na delle Api, una gra-ziosa composizione seicen-tesca incentrata sul tema dell’insettoaraldico simbolo della famiglia Bar-berini. Originariamente la fontedoveva trovarsi all’angolo tra piazzaBarberini e via Sistina, ma fu sman-tellata nel 1880 per esigenze di circo-lazione e, dopo una parentesi neidepositi comunali di Testaccio, furimontata nel 1917 all’estremitàopposta del “salotto” della potentefamiglia romana. La fontana tutta intravertino fu ideata nel 1644 da GianLorenzo Bernini come una grandeconchiglia bivalve aperta, sulla cer-niera della quale erano tre api chemandavano getti d’acqua. Nella rico-struzione moderna la valva inferioreè stata sostituita da un catino e le apiappoggiate ad una cerniera diversadall’originale. Voltiamo ora in via di S. Basilio e daquesta volgiamo a destra per la salitadi S. Nicola da Tolentino, che prendenome dall’omonima e monumentalechiesa costruita nel 1599 dagli Agosti-niani Scalzi per il principe CamilloPamphilj e riedificata nel 1654 daGiovanni Maria Baratta sotto la guidadi Alessandro Algardi. La solenne fac-ciata barocca poggia su una elevatagradinata di accesso, che ne accentuala scenografica verticalità. Si presentain forme assai movimentate con dueordini di colonne libere diversamen-te aggettanti. Per entrare suoniamoal n. 17, sede del Pontificio CollegioArmeno, a cui la chiesa è stata con-cessa dal papa Leone XIII nel 1883.L’interno, ampio e luminoso, illumi-nato da una ricca policromia di mar-mi, è a croce latina con volta a bottedecorata da stucchi dorati e cupolasenza tamburo. Gli affreschi della

cupola raffiguranola Glorificazione diS. Nicola da Tolenti-

no e sono opera del1670 di Giovanni Coli e

Filippo Gherardi. Sull’altare del tran-setto destro si trova, degna di nota, lapala di S. Giovanni Battista del Bacic-cia. L’altare maggiore fu realizzatodal Baratta su disegno dell’Algardi, ilquale progettò anche il gruppo scul-toreo con la Vergine e il Bambinoassieme a S. Agostino e a S. Monicache appaiono a S. Nicola da Tolenti-no, legato ad un episodio della vitadel santo, eseguito da Domenico Gui-

7. Passeggiando,passeggiando...

S. Nicola da Tolentino

La Fontana delle Api

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di ed Ercole Ferrata. L’episodio piùimportante è però rappresentato dal-la cappella Gavotti, seconda a sini-stra, capolavoro barocco dell’ultimoPietro da Cortona (1668), che riescead amplificare le limitate dimensionicon un’ideale e monumentale vastità.All’interno trovano posto le sculturedi S. Giuseppe (a destra), di ErcoleFerrata, e di S. Giovanni Battista (a

sinistra), di Ercole Antonio Raggi,che preludono alla pala marmoreadella Madonna della Misericordia diSavona di Cosimo Fancelli. Sullacupola campeggia una Gloria diangeli, iniziata da Pietro da Cortona ecompletata da Ciro Ferri.Uscendo dalla chiesa sulla sinistra escendendo per via di S. Basilio, sigiunge in piazza Barberini.

S. Nicola da Tolentino, interno

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Prima che i Barberini adottassero lapiazza come un’appendice del loropalazzo, il piazzale si chiamava “Gri-

mana” dal nome del cardinal Grimani,che possedeva una vigna con casinoall’angolo della piazza con l’attuale viaVeneto, dove al n. 7 sorge dal 1927 unpalazzo a quattro piani costruito dall’ar-chitetto Gino Coppedè, che diede liberosfogo all’enfasi propria del suo stile inse-rendo nella facciata ben 13 motti lapidari.L’attuale livello della piazza è il risultatodei rinterri eseguiti fin dall’antichità percolmare la profonda insenatura chedistaccava il colle del Pincio dal Quirinale.La zona venne abitata fin dai primi secolidell’Impero, perché ritenuta salubre, maassunse carattere di spazio urbano solonel Seicento con i Barberini, che oltre adaprire una strada bordata di olmi cheportava al convento dei Cappuccini, fon-

dato dal cardinale Antonio, fratello diUrbano VIII, commissionarono le due fon-tane delle Api e del Tritone al Bernini esoprattutto avviarono la costruzione del-lo splendido palazzo di famiglia.Rimase comunque un’area campestrefino alla seconda metà dell’Ottocento,quando il suo aspetto fu stravolto e siconnotò in maniera nuova e moderna,con l’apertura prima di via Veneto e poidi via Regina Elena (attuale via Barberi-ni) nel 1926, collegamento tra la stazio-ne Termini e il centro, a causa della qua-le venne demolito il Teatro Barberini diPietro da Cortona e una suggestivaschiera di case del Seicento. Dal 1643 la splendida Fontana del Tri-tone lancia dal centro di piazza Barberi-ni i suoi fragorosi getti e zampilli d’ac-qua. La fontana venne innalzata daGian Lorenzo Bernini per celebrare l’an-

8. Piazza Barberini

Piazza Barberini e la Fontana del Tritone

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niversario dell’elezione al soglio pontifi-cio di Urbano VIII, avvenuta nel 1623,ovvero esattamente venti anni primadell’ultimazione dell’opera. La fontana,in qualità di monumento commemora-tivo, conferì un effetto di imponenzascenografica alla piazza e allo stessotempo assunse grazie alla sua posizionerialzata quasi un ruolo di asse direziona-le per coloro che provenivano dal centrodella città. È una spettacolare costruzio-ne che fonde motivi allegorici con ele-menti naturalistici: da una vasca moltobassa, che conferisce risalto all’insieme,quattro grandi delfini con le api barberi-niane sollevano con la coda una grandeconchiglia sulla quale è accovacciato untritone, che soffiando in una buccinainnalza verso il cielo un elevato zampillo

d’acqua. L’opera è ispirata alle Meta-morfosi di Ovidio dove nel Libro I, allanarrazione delle quattro Età del Mondoche precede la rinascita del genereumano, si accenna alla calma riportatasul creato dagli dei: il caeruleum Tritonesarà colui che soffiando nella buccinariempirà del suono le terre circostanti,richiamando all’ordine e alla tranquillitàtutto il mondo. Stessa funzione riassu-me in sé la creazione berniniana, dove ilvigoroso personaggio mitologico in tra-vertino diventa l’araldo della nuova etàdell’oro iniziata con Urbano VIII.Lasciandosi alle spalle la fontana, siimbocchi la strada in salita sulla sinistra,via delle Quattro Fontane, che in breveconduce alla cancellata d’ingresso diPalazzo Barberini.

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24La Fontana del Tritone

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Nel 1625 il cardinale FrancescoBarberini acquista l’area diquella che era stata la vigna del

cardinale Pio da Carpi, che includevaanche la dimora degli Sforza, e com-missiona il progetto per il grandiosopalazzo di famiglia a Carlo Maderno.La zona posta in altura, sul crinale delQuirinale, era considerata salutare elontana dalla malaria che aleggiavaintorno alle rive del Tevere. L’idea fuquella di erigere una villa suburbana lacui struttura si armonizzasse con lebellezze dei luoghi circostanti. Il riferi-mento su tutti era quello alla villa dellaFarnesina di Baldassarre Peruzzi. Cosil’architetto settantunenne, che avevaal suo seguito il nipote ticinese France-sco Borromini, elaborò la tipologia del“palazzo-villa”, che univa le funzioniabitative e le esigenze di rappresen-tanza della famiglia papale con quelledella fruizione degli spazi aperti e delcolloquio strutturale con i vasti giardi-ni. Maderno inizialmente si preoccupò

di inglobare gli edifici preesistenti nelnuovo organismo e poi di svilupparequest’ultimo secondo un prospettocentrale loggiato a due piani, affian-cato da due ali sporgenti che prende-

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9. Palazzo Barberini

Finestra del Borromini

Palazzo Barberini, facciata

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vano architettonicamente pos-sesso del paesaggio agresteintorno. Nel 1629 alla mortedell’anziano architettosubentrò ai lavori GianLorenzo Berni-ni, che si atten-ne general-mente al pro-getto prece-dente, introdu-cendo peròl’innalzamentodi un pianodell’edificio, acui applicò i treordini vitruvia-ni, e chiuden-do con vetratei loggiati supe-riori al pianoterreno. All’in-terno realizzòlo scalonemonumenta-le a pianta quadrangolare con lerampe di colonne doriche binate, chediventano pilastri al primo piano, e ilgrande salone centrale, dipinto poi daPietro da Cortona, tra il 1633 e il1639, con Il Trionfo della Divina

Provvidenza. Poiché nei pri-mi anni collaborò anche il

Borromini, qui nacque lacelebre rivalità tra idue. Il ticinese rea-

lizzò il disegnodelle finestredel piano nobi-le del corpocentrale eall’interno lascala elicoi-dale a colon-ne binate sul-la destra delprospetto. Atrenta anni didistanza ilcavalier Berninitornò sull’edi-ficio costruen-do il ponteruinante, unfinto repertoarcheologico

che assolveva la funzione pratica dicollegare la sala da pranzo con la par-te laterale del giardino. All’interno delpalazzo è ospitata la Galleria Nazio-nale di Arte Antica, nata ufficial-mente nel 1893 e ospitata qui dal

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26Caravaggio, Giuditta taglia la testa a Oloferne

Particolare della cancellata d’ingresso

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1949. La collezione raccoglie operedal XII al XIX secolo, provenienti daacquisti, lasciti e raccolte come quelledei Torlonia, degli stessi Barberini,degli Sciarra, dei Chigi, degli Hertz ealtre. Il nucleo più importante è costi-tuito dai dipinti, di cui in questa sedesi ricorda di non perdere: la Madonnacon Bambino (1435-37 ca.) e l’An-nunciazione (1440) di Filippo Lippi, lacelebre Fornarina (1520) di Raffaello,la Madonna Hertz di Giulio Romano(1522-23), Venere e Adone di Tizia-no, l’Adorazione dei Pastori e il Bat-tesimo di Cristo di El Greco, Et inArcadia Ego del Guercino, il Bacca-nale di putti di Poussin e soprattuttoGiuditta taglia la testa a Olofernee il Narciso di Caravaggio.Nei giardini posteriori del palazzo èconservato un mitreo del III secolo(visitabile su richiesta), ovvero un pic-colo santuario ipogeo decorato dapitture alle pareti. Queste rappresen-tano, oltre alla consueta scena di

Mitra che uccide il toro, molti altribrani legati al culto di questa divinitàmediorientale assimilabile al Sole.

Mitreo Barberini, il dio Mitra sacrifica il toro

Raffaello, la Fornarina

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Continuandoa salire viadelle Quat-

tro Fontane si arrivaal punto di intersezio-ne del rettifilo con l’asse di

via XX Settembre,l’antica stradadell’Alta Semita. Il

Quadrivio delleQuattro Fontane è uno

tra i punti più significatividelle sistemazioni urbanistiche diSisto V (1585-90), al secolo FelicePeretti. L’incrocio, posto strategica-mente su un punto dominante, pro-spetta verso quattro suggestive sce-nografie romane, rappresentate daitre obelischi di Trinità dei Monti,dell’Esquilino, del Quirinale e dallamichelangiolesca Porta Pia. Suiquattro angoli smussati del croceviavennero collocate quattro fontanecon nicchie dai fondali decorati,ospitanti le statue giacenti del Teve-re, dell’Arno, di Diana e Giunone. Ildisegno di tre delle fontane è operadi Domenico Fontana, mentre laquarta sul lato di Palazzo Barberiniè creazione di Pietro da Cortona.

10. Passeggiando,passeggiando...

La statua dell’Arno al Quadriviodelle Quattro Fontane

La statua di Diana

La statua del Tevere

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La chiesa, posta sul quadrivio, è det-ta S. Carlino per le sue ridottedimensioni e fu la prima ad essere

costruita a Roma dopo la canonizzazio-ne di S. Carlo Borromeo nel 1610. È ilprimo incarico importante di FrancescoBorromini, a cui venne commissionatadai Trinitari Scalzi nel 1634. Il budgetera limitatissimo, poiché si trattava diun ordine mendicante e inoltre il sito sipresentava problematico, poiché trape-zoidale e con un fronte su strada limita-tissimo. Borromini cominciò a lavorareal convento, organizzandolo intorno aun chiostro-vestibolo, che con sapienti

effetti ottici riuscì a rendere lontano dal-l’impressione di limitatezza. Progettòun ottagono allungato con coppie dicolonne e gli angoli smussati per evitareinterruzioni nella continuità del movi-mento. Per la chiesa elaborò uno sche-ma a diamante, costituito dall’interse-zione di due triangoli equilateri. La sce-nografica facciata, che fu lasciata inter-rotta alla morte dell’architetto nel1667, presenta un andamento conti-nuo convesso al centro e concavo ai lati,che si propaga nei due ordini ricchi diornamento, tra cui spicca sopra il porta-le la statua di S. Carlo Orante di Ercole

11. S. Carlo alle Quattro Fontane

S. Carlo alle Quattro Fontane, interno

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Antonio Raggi. L’interno della chiesa, dipiccole dimensioni, è bianco e privo didorature. La cupola ovale presenta unlabirinto di lacunari in stucco crucifor-mi, esagonali e ottagonali, che alludo-no ai simboli cristologici e della Trinità.Sull’altare maggiore vi è la pala della SS.Trinità di Pierre Mignard, mentre nellacappella a sinistra il Riposo durante lafuga in Egitto di Giovan FrancescoRomanelli. Sulla sinistra della chiesa siaccede alla chiesa inferiore, di piantauguale, ma più compressa, con voltasostenuta da pilastri.Sul Quadrivio delle Quattro Fontane ven-ne costruito al n. 20 da Domenico Fonta-

na per Muzio Mattei Palazzo del Drago,che nel Settecento divenne proprietàdegli Albani, i quali lo fecero ampliare daAlessandro Specchi, che aggiunse unatorre belvedere. La nobile famiglia roma-na fece del palazzo il centro capitolinodella cultura e dell’antiquariato.Una volta imboccata via XX Settembre sisupera il Ministero della Difesa, del-l’ingegner Durand de la Penne, sortonel 1875-89 con aspetto neorinasci-mentale sul luogo delle chiese di S. Tere-sa e della SS. Incarnazione, e si prose-gue fino alla piazza di S. Bernardo, doveincassata sul fondo è la chiesa di S. Ber-nardo alle Terme.

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30Chiostro del convento

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L’aspetto singolare dell’enorme cor-po cilindrico dell’edificio deriva dalfatto che la chiesa fu installata su

uno dei quattro grandi torrioni delmuro perimetrale delle Terme di Diocle-ziano (284-305), la cui smisurataampiezza appare evidente dal fatto chel’altra grossa rotonda superstite oggiingloba parte della Casa del Passeggerosu via del Viminale. L’edificio religioso fu costruito nel 1598per Caterina Nobili Sforza, contessa diSanta Flora, tra l’altro nipote di Giulio IIIDel Monte, e si inserisce nel quadrodegli interventi di riordinamento dellazona cominciati da Pio IV e portati avantida Sisto V. La rotonda dioclezianea ven-ne avvolta e rivestita da un rilievo a stuc-co simulante paraste, nicchie, meda-glioni, cornici e altri ornamenti. L’inter-no si presenta a pianta circolare, e ricor-da il Pantheon, soprattutto per la pre-senza di un ampia cupola di 22 metri,rivestita da un vespaio di cassettoniottagonali che digradano verso l’oculocentrale, dal quale piove una luceabbondante. Sul perimetro sono staterealizzate otto nicchieoccupate da altrettantestatue in stucco disanti, databili al 1600,opera dello scultorevicentino CamilloMariani, il cui modella-to sciolto ripropone ivalori del pittoricismoveneto. Da ricordare alquinto pilastro S. Gio-vanni de la Barriere diAndrea Sacchi e ilmonumento funebredi FedericoOverbeck, pittore

capogruppo dei nazareni, di Karl Hoff-mann del 1869.Di fronte a S. Bernardo si trova la chiesadi S. Susanna.

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12. San Bernardo alle Terme

S. Bernardo alle Terme, interno

L’esterno

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La chiesa è antichissima e dietro l’a-spetto seicentesco cela un passatopaleocristiano, come testimonia il

tratto di muratura altomedievale sulfianco destro, verso via Barberini.S. Susanna, secondo la leggenda, fumartire sotto Diocleziano e il suo cultofu presto perseguito nella casa paterna,di cui rimangono resti nei sotterraneidella chiesa attuale. Nel IV secolo fueretta su questa una grande basilica atre navate, che fu ricostruita sotto Leo-ne III (795-816). La chiesa subì un quasitotale rifacimento sotto papa ClementeVIII Aldobrandini (1592-1605) su pro-getto di Carlo Maderno, che innanzitut-to la ridusse ad una sola navata, e poifece della facciata una delle primemanifestazioni architettoniche delnascente stile barocco. Dal 1922 S.Susanna è divenuta chiesa nazionaledegli Stati Uniti d’America. La facciata(1603) a due ordini rompe col manieri-smo corrente e fissa un linguaggio luci-do, intensamente dinamico ed energi-co. La forte plasticità dell’insieme è datadal sistema di colonne che modulano ilrilievo e lo concentrano verso il centrodel prospetto, e dall’omogeneità para-tattica delle paraste nell’ordine superio-

re. Inoltre la soluzione della balaustraterminale smorza la durezza geometri-ca del profilo del timpano in un’aereamediazione tra l’edificio e l’atmosfera.L’interno è ad una sola navata con absi-de e due cappelle laterali. Le pareti del-l’aula centrale sono affrescate con seiscene della vita di Susanna, tratte dalLibro di Daniele 13,1, opera di Baldas-sarre Croce (1595). Da notare lo splen-dido soffitto del 1595 a lacunari con alcentro la Vergine e lo stemma del car-dinale Rusticucci. L’abside è ricopertoda affreschi che raffigurano (da sinistra)S. Susanna insediata da Massimianoe S. Susanna si rifiuta di sacrificaregli idoli di Cesare Nebbia. La pala d’al-tare maggiore rappresenta la Decapi-tazione di Susanna del palermitanoTommaso Laureti. Nel presbiterio visono due grandi riquadri con il Marti-rio di Santa Felicita e dei suoi settefigli di Paris Nogari e il Martirio di SanGabinio di Baldassarre Croce. Le quat-tro grandi statue in stucco dei profetisono da attribuire al Valsoldo.Uscendo dalla chiesa sulla sinistra eattraversando la strada, ci si trova subi-to davanti a S. Maria della Vittoria.

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13. Santa Susanna

S. Susanna, facciata

L’nterno

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La chiesa, a pendant con S. Susanna,delimita il fronte nord di piazza S.Bernardo. Nel 1608 i Carmelitani

Scalzi acquistarono un terreno in unazona all’epoca del tutto rurale, salubre,dove convivevano le antiche rovine del-le Terme di Diocleziano con l’asse dellavia Pia, che dal Quirinale raggiungeva laporta michelangiolesca. Tra il 1608 e il1620 venne eretta la chiesa ad opera diCarlo Maderno, ancora osservando lerigide norme tridentine sugli edifici reli-giosi. Durante i lavori di costruzionevenne rinvenuta la statua pagana del-l’Ermafrodito, poi restaurata dal Bernini(ora al Louvre), che venne donata al car-dinale Scipione Borghese, il quale perriconoscenza fece erigere la facciatadell’edificio, tra il 1624 e il 1626, daGiovan Battista Soria, che si ispirò alladirimpettaia chiesa di S. Susanna, dipoco anteriore. Preceduta da una brevescalinata, la facciata è organizzata sudue ordini, a coronamento dei quali vi èun frontone triangolare. Il movimentochiaroscurale è ottenuto dalla presenzadi nicchie alternate a paraste con capi-telli corinzi. La chiesa deve il suo titoloattuale alla battaglia riportata dall’eser-cito cattolico, l’8 novembre 1620, allaMontagna Bianca, presso Praga. Que-sto successo, decisivo per le sorti cattoli-che della Boemia, venne attribuito allaprotezione della Madonna. Al momen-to della disfatta dei cattolici, sopraffattidai nemici capeggiati da Federico diSassonia, intervenne nel combattimen-to un religioso, il carmelitano PadreDomenico, che portava al collo un’im-magine sacra di Maria, dalla quale usci-rono miracolosamente dei raggi di luce,che abbagliarono e costrinsero alla fugai nemici. L’8 maggio 1622, l’immagine

prodigiosa fu solennemente trasportatain questa chiesa, che da quel momentoin poi si chiamò S. Maria della Vittoria.All’interno, a navata unica con volta abotte e tre cappelle passanti per lato, losguardo del visitatore è rapito dalla ric-chezza, dall’armonia e dalla bellezza,che ne fanno uno dei monumenti piùesemplari del barocco romano. Sullavolta si trovano il Trionfo dellaMadonna sulle eresie e la Cadutadegli Angeli Ribelli di GiovanniDomenico Cerrini (1675), autore anchedell’Assunta in gloria nella cupola.

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14. Santa Maria della Vittoria

S. Maria della Vittoria, facciata

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Nel catino absidale un gran-de dipinto di Luigi Serra del1885 rappresenta l’Ingressodell’immagine miracolosaa Praga. La scenograficacantoria, in armonia con lafastosa decorazione dellanavata, è invece opera diMattia De Rossi (1680), allie-vo prediletto e collaboratoredi Bernini. Ma le opere piùimportanti sono riassunte indue cappelle. Nella seconda adestra, di S. Francesco d’Assi-si, dove sono le storie delsanto francescano, ultimafatica romana (1630) delgrande pittore classicistaDomenichino. E nella cap-pella Cornaro, nel transettosinistro, capolavoro assoluto,di appartenenza della riccafamiglia veneziana, nellaquale il genio barocco diGian Lorenzo Berninisublimò in scultura tra il1647 e il 1651 il miracoloreligioso dell’Estasi di S.Teresa d’Avila. La cappella,che risplende di marmi diver-si, celebra la santa spagnolafondatrice dell’ordine carme-litano, e allo stesso tempo gliesponenti della famiglia Cor-naro, spettatori privilegiatidel “miracolo” in atto sotto iloro occhi. In un “altaretabernacolo”, sospesa su unanuvola di marmo, è S. Teresa,trafitta da un dardo infuoca-to, che sta a simboleggiarel’unione con Dio, tenuto sal-damente in mano da un sera-fino dal sorriso misterioso. Ilmomento scelto è quello cherappresenta l’apice della vitadella santa, come lo narraessa stessa nell’importantetestimonianza letteraria delLibro de mi vida.

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L’interno

G.L. Bernini, Estasi di S. Teresa d’Avila

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Di fronte allachiesa si tro-va la Fonta-

na del Mosè, ideatada Domenico Fontanaper Sisto V nel 1587 comemostra dell’Acquedotto Felice, ispi-randosi sia alle tipologie dell’arcotrionfale che del ninfeo. L’impresadell’acquedotto, che porta il nome diSisto V, fu promossa dal papa nel1585, come primo atto significativodella politica urbanistica volta allariqualificazione di Roma. Questo pre-vedeva lungo il percorso la realizza-zione di alcune emergenze monu-mentali, come i due archi in traverti-no e peperino posti sulla via Tuscola-na e a Porta San Lorenzo. E soprattut-to l’importante mostra d’acqua, inte-sa come esigenza celebrativa delgrande acquedotto sistino. La costru-zione si giustifica poi nell’intento disviluppo dell’area intorno alle Termedi Diocleziano. La fontana, collocataa metà dell’asse che da Porta Pia por-tava alla residenza pontificia di Mon-tecavallo, segnava anche un collega-mento visivo tra questi ultimi. Sequanto a utilità rientrava nel pianodei miglioramenti di cui Roma neces-sitava, dal punto di vista semiotico siuniformava ai contenuti fortementereligiosi della politica post-tridentinaispirandosi ad un repertorio icono-grafico biblico. La fontana, che ripro-pone la forma di unarco trionfale a trefornici, è realizzatacon una commi-stione scenograficadi travertino, mar-mo e stucco. Soprale colonne corre ilprimo cornicionein travertino, dovesono ricordate ledate di realizzazio-ne del monumento

e dell’acquedotto(1585-87): CoepitPont. An. I Absoluit III

MDLXXXVII. La lungaiscrizione dell’attico,

realizzata su marmi di diver-sa provenienza, celebra l’impresa dicostruzione dell’acquedotto. Nellaparte superiore di coronamento lostemma del pontefice in marmo conil simbolico leone rampante è sorret-to da due angeli. Al sommo dellamostra vi è una croce in rame dorato.Nell’arco centrale troneggia la colos-sale statua di Mosè, raffigurato nel-l’atto di percuotere la roccia per farscaturire l’acqua, realizzata nel 1588da Leonardo Sormani e ProsperoBresciano. Nella nicchia di sinistra èospitato l’altorilievo con Aronne gui-da il popolo ebraico a dissetarsi diG.B. della Porta, mentre su quella didestra quello con Giosuè che fa attra-versare agli ebrei il Giordano asciuttodi Flaminio Vacca. Dalla base dei trenicchioni l’acqua sgorga nelle vascheornate da quattro leoni, copie deglioriginali egizi trasportati da GregorioXVI (1831-46) ai Musei Vaticani. L’a-rea di accesso al monumento è deli-mitata da una balaustra in travertinorecuperata da una costruzione ante-cedente appartenente a Pio IV.Proseguiamo ora lungo via XX Set-tembre e oltrepassiamo il Ministerodell’Agricoltura e delle Foreste, del

15. Passeggiando,passeggiando...

La Fontana del Mosè

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1902, di Odoardo Cavagnari, e ilpalazzo dei Magazzini CIM, di fronte,meglio noto come palazzo di vetro,versione razionalista della tipologiadel palazzo della Rinascente in largoChigi. Voltiamo poi in via Salandra,dove all’angolo con via Carduccisono imprigionati dietro un’inferria-ta i blocchi in opera quadrata dellecosiddette Mura Serviane, che le fon-ti letterarie attribuiscono all’età deiTarquini (VI secolo a.C.) e precisa-

mente a Servio Tullio (578-535 a.C.).A queste prime mura della città,dopo il pomerio romuleo, si riferisco-no gli scarsi resti di piccoli blocchi dicappellaccio, che si trovano sul Quiri-nale, sul Campidoglio, e sul Vimina-le. Il rudere supersite doveva esserecongiunto ai resti che si scorgono,dietro un cancello, sull’altro lato del-la strada. Rispetto all’angolo sinistroquesto tratto venne costruito in unsecondo tempo, come si evince dal-l’utilizzo di un tipo di tufo diverso,proveniente dalle cave di GrottaOscura, entrate nell’orbita romanadopo la disfatta di Veio nel 396 a.C. Ilmomento storico a cui si possono farrisalire è quindi quello subito dopol’invasione gallica del 390 a.C., soste-nuto anche da Livio, quando Romapensò di rinforzare le mura monar-chiche rivelatasi vulnerabili, impie-gando materiale più resistente. Sco-perte tra il 1907 e il 1909 le antichemura sono oggi corredate di una poe-tica iscrizione moderna che recita inlatino: «Qui vengono salvate quellemura che hanno salvato l’Urbe». Superiamo il palazzo dei Ministeridel Tesoro e del Bilancio, di RaffaeleCanevari, realizzato tra il 1872 e il1878. Voluto dal ministro QuintinoSella, fu il primo di Roma ad essere

costruito ex novo,fuori dalle sistema-zioni provvisorie inadattati edifici con-ventuali. Voltiamoadesso per via Sal-lustiana e procedia-mo dritto fino apiazza Sallustio.Nell’antichità que-sta vasta area, com-presa tra l’attualevia XX Settembre,via Salaria, le MuraAureliane e l’attua-le via Veneto, era

La statua del Mosè

Il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste

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Quasi un set cinematografico

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occupata dagli Horti Sallustiani,costruiti dal celebre storico romanoSallustio sull’area che era stata giàprecedentemente di Cesare. Allamorte dello scrittore, avvenuta nel 20d.C., i giardini passarono in eredità alnipote Quinto da lui adottato e poiprima nelle mani di Tiberio e inseguito definitivamente a far partedel demanio imperiale. La villa fu piùvolte ampliata e abbellita. Importantilavori vi furono realizzati da Adrianoe da Aureliano. Questo ultimocostruì una porticus miliarensis, nellaquale egli era solito cavalcare: unasorta di quegli “ippodromi”, assai dif-fusi nelle ville romane, che eranoinsieme portici, giardini e maneggi.Forse l’obelisco collocato dal 1789 difronte a Trinità dei Monti un tempoera situato qui come spina dell’ippo-

dromo. QuandoAlarico nel 410occupò la città,penetrando dallaPorta Salaria, la vil-la subì gravissimidanni e non fu piùricostruita.Uno dei nucleiprincipali sorgevain fondo allaprofonda valle chedivideva il Quirinale

dal Pincio, ora del tutto scomparsa,che corrispondeva alla zona ora per-corsa dalla via Sallustiana e si conclu-deva verso est con un edificio, del qua-le rimangono imponenti resti al cen-tro di piazza Sallustio, circa 13 metri aldi sotto del livello stradale, a cui siaccede dal n 21 oggi sede dell’Isnart.Questo padiglione della villa, intera-mente costruito in laterizio era collo-cato nel punto più alto e dominava lavalle. Addossato al taglio della collina,veniva a porsi in una situazione parti-colarmente scenografica. L’elementoprincipale, che si raggiunge scenden-do una lunga scalinata all’aperto, erala cosiddetta Aula Adrianea, una gran-de sala circolare (diametro m 11,21,altezza 13,28) coperta da una singola-re cupola a spicchi concavi, un temporicoperta da lastre di marmo e stucchi,

Il palazzo dei Magazzini CIM

Mura Serviane in via Salandra

Horti Sallustiani, complessomonumentale di piazza Sallustio

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10°I

tiner

ario

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databile al regno di Adriano (117-138d.C.), e affiancata da due ambientisimmetrici, probabilmente dei ninfei,che aveva la funzione di una grandecoenatio estiva.Ritornati su via XX Settembre, giun-giamo fino al palazzo modernodell’Ambasciata di Gran Bretagna,realizzato da Sir Basil Spencer nel1971, e alla dirimpettaia Villa Paolinao Bonaparte, residenza dal 1816 dellasorella di Napoleone, che qui tenneuna splendida corte. La villa, appar-tenuta nel cinquecento ai Cicciapor-

ci, venne acquistata nel Settecentodal cardinale Silvio Valenti Gonzaga,che costruì il casino affrescato daGiovanni Paolo Pannini. Conclude il rettifilo la monumentalePorta Pia, che venne realizzata tra il1561 e il 1564, da Michelangelo. Laporta fu chiamata così in onore di PioIV (1560-65), che decise di monu-mentalizzare l’antica Porta Nomenta-na delle Mura Aureliane. NonostantePorta Pia facesse parte del sistemadifensivo, non rispondeva ad alcunaesigenza militare, anzi fungeva dafondale scenografico della lunga pro-spettiva della via Pia, rettilineo urba-no voluto dal papa per collegare ilpalazzo pontificio di Montecavallocon la basilica extraurbana di S.Agnese. E proprio perché fondaleteatrale della strada, la fronte dellanuova porta venne rivolta verso lacittà. Realizzata in mattoni a vista, ècomposta da un grandioso portale intravertino, con lesene scanalate efrontone composito aggettante, fian-cheggiato da due finestroni timpana-ti. Una decorazione scultorea compo-

sta da merli con pallemedicee (sulla som-mità) e patere cherimandano all’artedei chirurghi (sulfronte) intesse lasuperficie tirando deirimandi alla famigliaMedici e al tempostesso alleggerendo lamole militare. Il por-tale esterno, su pro-getto di Michelange-lo, fu realizzato a for-ma di arco trionfaleda Virginio Vespigna-ni nel 1853-69 e orna-to nelle nicchie dallestatue di S. Alessan-dro e S. Agnese diFrancesco Amadori.

Porta Pia,portale intero

Porta Pia, portale esterno

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Via Vittorio Veneto (Porta Pinciana):M - 88 - 95 - 116 - 119 - 120 - 490 - 491- 495

Piazza Barberini:52 - 53 - 61 - 62 - 63 - 80 - 95 - 116 -119 - 175 - 204 - 492 - 630 - Metro A

Piazzale di Porta Pia:36 - 60 - 61 - 62 - 84 - 90 - 490 - 491 -495

Linee Turistiche: 110

Legenda:I numeri in neretto indicano i capolinea (es. 70)quelli sottolineati indicano i tram (es. 3)quelli in verde le linee solo feriali (es. 30)quelli in rosso le linee solo festive (es. 130)

Come arrivare a…

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Punti Informazione Turistica

Tutti i giorni ore 9.30-19.30

• Castel Sant’Angelo - Piazza Pia

• Santa Maria Maggiore - Via dell’Olmata

• Piazza Sonnino

• Via Nazionale - altezza Palazzo delle Esposizioni

• Piazza Cinque Lune

• Via Minghetti

• Visitor Centre - Via dei Fori Imperiali | Tutti i giorni ore 9.30-18.30

• Fiumicino Aeroporto Leonardo Da VinciArrivi Internazionali - Terminal C | Tutti i giorni ore 9.00-19.00

• Stazione Termini - Via Giolitti, 34Interno Edificio F / Binario 34 | Tutti i giorni ore 8.00-21.00

• Aeroporto “G.B. Pastine” di Roma (Ciampino)

• Lungomare P. Toscanelli - Piazza A. Marzio (Ostia Lido)

Call Center Ufficio Turismo tel. +39 06 06 06 08

Centralino Comune di Roma tel. +39 06 06 06

www.comune.roma.it

Comune di RomaTurismo

Via Leopardi 2400185 Roma