Saudade

9
GUIA BONI-CAMILLA MIGLIO (Napoli), Parole della nostalgia: Saudade, Sehnsucht. Discussant: Domenico Ingenito (Napoli) Introduzione Perché la saudade è intraducibile? Perché non esiste un corrispondente italiano, ma come vedremo non esiste un corrispondente in nessuna altra lingua. O per meglio dire è così che la interpretano e l’hanno sempre interpretata i portoghesi. La saudade è il loro rifugio, è la parola che li distingue dagli altri, è il loro sogno e il loro destino, una serie di sentimenti ambigui e contraddittori che neanche loro sono in grado di tradurre. La saudade è, come scrive Eduardo Lourenço, il “blasone della sensibilità portoghese” 1 . Oltre al significato araldico di simbolo, in senso figurato il blasone è anche il concetto che riassume un proposito di vita. L’inafferrabilità del concetto fa sì che non si riesca a trovare un equivalente. Le definizioni dei dizionari non sono esaurienti, l’etimologia è incerta, i tentativi di definizione che verranno dati nel corso dei secoli si richiamano all’ambiguità, all’ossimoro, non offrendoci mai un appiglio cui attaccarci per delimitare il campo. È tutto fluido come il mare che ha segnato la storia del Portogallo. Su questo concetto labile, ma identitario, di saudade, si innesta nei due grossi momenti di crisi, alla fine del Cinquecento e dell’Ottocento, un senso di rivendicazione nazionale che, per chi non è portoghese o non conosca la storia del paese, fa risultare questo sentimento ancora più incomprensibile. È un sentimento in itinere. Per questo tenterò in questo seminario non di fissare la saudade, ma di percorrere la storia del concetto che corre su due binari paralleli – storia della parola e storia del Portogallo –, ma che quando si incontrano, si modificano a vicenda. La parola acquista nuovo significato o altre sfumature, come se si stratificasse, ma anche la storia, che si identifica nella saudade, ne viene condizionata. La saudade è diventato anche fenomeno di esportazione nei paesi di lingua portoghese, ma con diversa coloritura perché la malleabilità del termine consente di adattarlo ad altri soli e temperature. Definizione Partiamo dalla definizione moderna portoghese: “Sentimento più o meno malinconico di incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di una presenza di qualcosa o qualcuno, di allontanamento da un posto o da una cosa, o all’assenza di certe esperienze e determinati piaceri già vissuti e considerati un bene desiderabile.” 2 1 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gradiva, 2001, p. 113. 2 “Sentimento mais ou menos melancólico de incompletude, ligado pela memória a situação de privação da presença de alguém ou de algo, de afastamento de um lugar ou de uma coisa, ou à ausência de certas experiências e determinados prazeres já vividos e considerados pela pessoa em coisa como um bem 1

Transcript of Saudade

Page 1: Saudade

GUIA BONI-CAMILLA MIGLIO (Napoli), Parole dellanostalgia: Saudade, Sehnsucht.Discussant: Domenico Ingenito (Napoli)

Introduzione

Perché la saudade è intraducibile? Perché non esiste un corrispondente italiano, ma come vedremo

non esiste un corrispondente in nessuna altra lingua. O per meglio dire è così che la interpretano e

l’hanno sempre interpretata i portoghesi. La saudade è il loro rifugio, è la parola che li distingue dagli

altri, è il loro sogno e il loro destino, una serie di sentimenti ambigui e contraddittori che neanche loro

sono in grado di tradurre.

La saudade è, come scrive Eduardo Lourenço, il “blasone della sensibilità portoghese”1. Oltre al

significato araldico di simbolo, in senso figurato il blasone è anche il concetto che riassume un

proposito di vita.

L’inafferrabilità del concetto fa sì che non si riesca a trovare un equivalente.

Le definizioni dei dizionari non sono esaurienti, l’etimologia è incerta, i tentativi di definizione che

verranno dati nel corso dei secoli si richiamano all’ambiguità, all’ossimoro, non offrendoci mai un

appiglio cui attaccarci per delimitare il campo. È tutto fluido come il mare che ha segnato la storia del

Portogallo.

Su questo concetto labile, ma identitario, di saudade, si innesta nei due grossi momenti di crisi, alla

fine del Cinquecento e dell’Ottocento, un senso di rivendicazione nazionale che, per chi non è

portoghese o non conosca la storia del paese, fa risultare questo sentimento ancora più

incomprensibile. È un sentimento in itinere.

Per questo tenterò in questo seminario non di fissare la saudade, ma di percorrere la storia del

concetto che corre su due binari paralleli – storia della parola e storia del Portogallo –, ma che quando

si incontrano, si modificano a vicenda. La parola acquista nuovo significato o altre sfumature, come

se si stratificasse, ma anche la storia, che si identifica nella saudade, ne viene condizionata.

La saudade è diventato anche fenomeno di esportazione nei paesi di lingua portoghese, ma con

diversa coloritura perché la malleabilità del termine consente di adattarlo ad altri soli e temperature.

Definizione

Partiamo dalla definizione moderna portoghese: “Sentimento più o meno malinconico di

incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di una presenza di qualcosa o qualcuno, di

allontanamento da un posto o da una cosa, o all’assenza di certe esperienze e determinati piaceri già

vissuti e considerati un bene desiderabile.”2

1 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gradiva, 2001, p. 113.2 “Sentimento mais ou menos melancólico de incompletude, ligado pela memória a situação de privação da presença de alguém ou de algo, de afastamento de um lugar ou de uma coisa, ou à ausência de certas experiências e determinados prazeres já vividos e considerados pela pessoa em coisa como um bem

1

Page 2: Saudade

Prima di passare ai dizionari italiani, volevo sgombrare il campo da eventuali sinonimie con parole

come malinconia o nostalgia. Mi rifaccio alle parole di Eduardo Lourenço che è stato il primo filosofo

e letterato a occuparsi del termine, interpretandolo anche in chiave psicanalitica:

“La malinconia guarda al passato come definitivamente passato […]. La nostalgia si stabilisce in un

passato determinato, in un luogo, in un momento, in un oggetto di desiderio al di fuori della nostra

portata […]. La saudade è partecipe dell’una e dell’altra, ma in modo così paradossale, così strano

[…] che, a ragione, è diventata un labirinto e un enigma per coloro che la provano come se fosse il

più misterioso e il più prezioso di tutti i sentimenti”3.

Passiamo ora ai dizionari italiani:

Il Grande Dizionario della lingua italiana di Battaglia della Utet non lo registra, mentre il

Vocabolario della lingua italiana della Treccani del 1998, dà questa definizione:

“Sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, che permea la

poesia lirica portoghese e brasiliana dell’Ottocento e che si è diffuso come stereotipo dell’animo

portoghese e, per estensione, brasiliano”.

Definizione errata e incompleta perché fa risalire la saudade all’Ottocento, mentre è presente sin dal

medioevo.

Il traduttore è già buttato nello sconforto perché se decide – e non può fare altrimenti – di lasciare la

parola in portoghese, sa che i dizionari italiani non saranno di nessun aiuto al lettore.

Etimologia

“SAUDADE – Do lat. Solitate, solitudine, abbandono, che viene dall’arcaico soedade, soidade,

suidade e che ha subito l’influenza di saudar”4.

Cerchiamo di spiegare meglio: dal lat. Solitate:

lenizione romanza della dentale t in d ⇒ Solidade,

la caduta della l intervocalica, comune in portoghese ⇒ Soidade

con l’eventuale alternanza vocalica u/o ed e/i ⇒ Soidade / Suidade / Soedade

Ma poiché non si spiega come si sia passati dal dittongo ui / oi al dittongo au, la filologa tedesca

Carolina Michaëlis de Vasconcelos, che fu la prima all’inizio del Novecento a soffermarsi sul

termine, propone di ricorrere all’analogia, all’associazione d’idee o all’etimologia popolare,

innestando sull’originale soidade, saúde – cioè salute – da cui sarebbe scaturito saudade.5

desejável”. voce “saudade”, Dicionário Houaiss da língua portuguesa, Lisboa, Temas e Debates, 2003.3 Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, nel suo Mitologia della saudade, Napoli, Orient-Express, 2006, p. 33.4 Voce “saudade”, in Antenor Nascentes, Dicionário etimológico da língua portuguesa, t. I, Rio de Janeiro, 1955.5 Carolina Michaëlis de Vasconcelos, A saudade portuguesa, Porto/Lisboa, Renascença Portuguesa, 1922,

2

Page 3: Saudade

Ma c’è anche un’altra proposta etimologica, proveniente dall’arabo: saudade dall’ar. Saudá. Ci sono

tre espressioni arabe suad, saudá e sauidá che hanno il senso morale di profonda tristezza e

letteralmente sangue pesto e nero dentro il cuore; in medicina as-saudá è una malattia del fegato che

si rivela con una tristezza amara e malinconica.6

Ma, per esempio, nel volume Influência arábica no vocabulário português, (vol. II, Lisboa, Revista

de Português, 1961) curato da José Pedro Machado la parola non è registrata.

Anche dal punto di vista etimologico non non c’è grande chiarezza. E se le definizioni dei dizionari

portoghesi, italiani ed etimologici sono poco nitide significa che è difficile condensare in poche

parole un concetto profondo che attraverso i secoli subisce modifiche, rispecchiando di volta in volta

realtà diverse. La saudade è una parola inafferrabile, difficile da definire e catalogare, da fissare in

una definizione.

La storia

Medioevo – lirica galego portoghese

La prima testimonianza di saudade – o soidade, suidade, soedade – la ritroviamo agli albori

dell’Hispania medievale, nella lirica galego-portoghese, cioè quella lingua che veniva praticata in

letteratura in tutta la penisola iberica, senza distinzione di classe – dai re ai giullari – dal Duecento

alla metà del Trecento. Si è stabilito come termine ad quem, la morte del conte di Barcelos, avvenuta

nel 1354, che raccolse il cosiddetto Livro das Cantigas, oggi perduto, ma da cui sono derivati i tre

attuali canzonieri in nostro possesso.

Tre i generi in cui è suddivisa la lirica profana galego-portoghese: d’amor, di netta ispirazione

provenzale; le cantigas d’escarnho e maldizer (cioè di scherno e maldicenza), anch’esse di

ispirazione provenzale, ma ovviamente calate nel panorama della penisola iberica, altrimenti la satira

avrebbe perso mordente. E infine le cantigas d’amigo, genere che non ha corrispondenza altrove, che

mostra, però, analogie con le kharajak mozarabiche (strofa finale di una composizione araba o ebraica

più lunga). A determinarne l'originalità è l'io lirico femminile che lamenta l'assenza dell'amato in un

monologo o dialogo con altre figure femminili (madre, amiche). L’altra differenza rispetto alla

cantiga d’amor è la protagonista femminile che non è l’irraggiungibile senhor, ma una fanciulla, una

pp. 62-63.6 “João Ribeiro Curiosidades verbais, 197-201, entende que saudade pode provir do ár. Saudá. De acordo com informações do prof. Ragy Basile, apresenta três expressões árabes suad, saudá e sauidá que têm o sentido moral de profunda tristeza e literalmente do sangue pisado e preto dentro do coração; na medicina as-saudá é uma doença do figado que se revela pela tristeza amarga e melancólica. Poderia objectar-se, acrescenta este autor, que são raras as palavras que exprimem sentimento, tomadas do árabe. Convém entretanto lembrar que a palava, como foi dito designa igualmente uma doença e muitas desse teor vieram do árabe: achaque, enxaqueca…”, Antenor Nacentes, cit., p. 461

3

Page 4: Saudade

dona virgo. Ed è in questo genere che troviamo la saudade perché la donna lamenta la partenza

dell’amico/amato e prova il rimpianto di un passato felice passato insieme a lui. Predomina il motivo

della separazione. E questo la distingue dalla cantiga d’amor in cui la donna cantata, la senhor, è

irraggiungibile, come nel dolce stil novo. Mentre l’amore travagliato nelle cantigas d’amigo si rifà a

un passato comune. Quindi è l’assenza, la lontananza spaziale a generare la saudade.

Alla metà del Trecento, il galego-portoghese come lingua colta della penisola iberica cade in disuso.

Il galego continuò a essere scritto fino al Cinquecento, poi confinato all’oralità dal castigliano, per poi

rinascere nell’Ottocento e – dopo la messa al bando da parte della dittatura franchista – risorgere dopo

il 1975.

Il portoghese, dal canto suo, si distanzia dal galego e diventa la lingua della monarchia portoghese (il

Portogallo si costituì stato nel 1249) e assume come norma la lingua parlata nella zona del centro sud

tra Lisbona, Coimbra ed Evora, dove si trovava la corte e il cuore economico del paese.

La divergenza linguistica che nasce, quindi, alla metà del Trecento coinvolgerà anche la parola

saudade. In castigliano solitatem latino darà origine a soledad, cioè solitudine, mentre in portoghese

dalla stessa parola latina avremo una biforcazione di significato: solidão, solitudine e saudade.

Da questo momento in poi la saudade diventa peculiare del portoghese e del Portogallo. E nasce

come parola della poesia, caratteristica che l’accompagnerà a lungo. Come scrive Eduardo Lourenço

“Antes de ser pensada, a saudade foi cantada”7. E, infatti, da moto spontaneo dell’anima, tutte le volte

che la saudade sarà “pensata”, subirà un cambiamento.

È l’antica e talvolta insuperata distinzione tra parola poetica e parola pensante, cioè tra poesia e

filosofia: “La scissione della parola è interpretata nel senso che la poesia possiede il suo oggetto senza

conoscerlo e la filosofia lo conosce senza possederlo.”8

D. Duarte e la prima riflessione

La prima riflessione sulla saudade risale al Quattrocento e la dobbiamo al re Dom Duarte e al suo

trattato intitolato Leal Conselheiro. D. Duarte che regna dal 1433 al 1438 è il secondo re della

dinastia Avis – dinastia sotto la quale i portoghesi vivono, nel corso di due secoli (1385-1580), la loro

parabola di splendore e miseria: la gloria delle scoperte e la decadenza con la perdita

dell’indipendenza. Negli ultimi anni del suo regno, D. Duarte scrive il Leal Conselheiro, una serie di

precetti didascalico-moraleggianti per educare la corte ancora relativamente recente. Nel capitolo

XXV si sofferma a parlare della saudade, tentando per la prima volta di darne una definizione: “La

saudade […] è un sentimento del cuore che viene dalla sensualità e non dalla ragione e, talvolta, fa

7 Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 93.8 Giorgio Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino, Einaudi, 2006, p. XIII.

4

Page 5: Saudade

provare tristezza e angustia”9. E distingue due tipi di saudade: uno positivo legato a un ricordo che

rende piacevole il presente e uno negativo che, invece, amareggia il presente con il rimpianto. Ma

accanto a questa distinzione assai vaga, che, credo, volutamente, non faccia riferimento alla lirica

galego-portoghese – perché di dominio di tutta la Penisola iberica e quindi priva di carattere nazionale

–, l’elemento principale di questo capitolo – peraltro non interamente dedicato alla saudade – risiede

nel fatto che D. Duarte definisce la saudade una parola specificamente portoghese: “E mi sembra che

questo nome di saudade né in latino né in altra lingua, che io sappia, ha simile significato”10. A

neanche un secolo dalla nascita della lingua portoghese, D. Duarte connota la saudade come

tipicamente portoghese, elemento discriminante nei confronti delle altre lingue, latino compreso, e di

altri popoli.

In questo suo trattato anticipa di cinque secoli la distinzione tra saudade/malinconia/nostalgia che

abbiamo letto prima di Eduardo Lourenço. Infatti il re portoghese dedica il XIX capitolo all’umore

malinconico11, definendolo una malattia. Quindi nel Quattrocento, i due termini non possono essere

confusi.

Ma la situazione storica e politica in cui vive D. Duarte e la sua corte non si presta alla saudade.

Mentre D. Duarte scrive, il Portogallo è già proteso verso il mare. Il fratello, l’Infante Dom Henrique,

detto il Navigatore, ha dato l’avvio alle imprese, scoprendo Madeira, le Azzorre e spingendosi fino a

Capo Verde. Il Portogallo è in piena espansione, è al principio della sua gloria.

Storia e saudade: la fine della dinastia Avis e la perdita dell’Indipendenza

Bisognerà aspettare la disfatta di Alcácer-Quibir perché la saudade da sentimento individuale, diventi

sentimento nazionale, che pervade e identifica un popolo. Da sentimento peculiare dell’anima,

diventa sentimento di una nazione.

Nel 1578, il re D. Sebastião, a soli 24 anni, parte in crociata, accompagnato da tutta la corte, ad

Alcácer-Quibir in Marocco contro gli infedeli. I portoghesi vengono annientati. D. Sebastião muore

sul campo e non ne viene ritrovato il corpo. Due anni dopo, muore anche lo zio il cardinale D.

Henrique, ulitmo legittimo erede della dinastia Avis, la corona portoghese viene cinta, per questioni

dinastiche, dal re di Spagna, della casata degli Asburgo, D. Filipe II di Spagna, I di Portogallo. La

cosiddetta monarchia duale durerà fino al 1640, quando a seguito di una rivoluzione, la dinastia dei

Bragança salirà sul trono portoghese per rimanervi fino all’avvento della repubblica nel 1910.

9 “E a saudade […] é um sentido do coração que vem da sensualidade, e não da razão, e faz sentir às vezes os sentidos da tristeza e do nojo”, in Dom Duarte, Leal Conselheiro, a cura di João Morais Barbosa, Lisboa, Imprensa Nacional-Casa da Moeda, 1982, pp. 128-129. Il capitolo XXV “Do nojo, pesar, desprazer, aborrecimento e saudade”, pp. 127-133.10 “E porém me parece este nome de saudade tão próprio, que o latim nem outra linguagem que eu saiba não é para tal sentido semelhante”, Dom Duarte, cit., p. 129.11 “Da maneira como fui doente do humor merencórico, e dele guareci”, cap. XIX, pp. 100-106.

5

Page 6: Saudade

Da quel funesto 1580 i portoghesi cominceranno a elaborare il lutto di cui parlerà secoli dopo Freud

nel saggio “Lutto e malinconia” e a ritirarsi nell’“IO” narcisistico della nazione. Sul mito già

intimamente portoghese della saudade, sentimento legato alla solitudine e all’identità, si innesta il

movimento messianico del sebastianismo, cioè il desiderio di ritornare alla gloria passata, grazie al

ritorno di D. Sebastião. Quindi un’attesa dettata, come in tutti i movimenti messianici, da un’assenza

di dinamismo perché la soluzione arriverà da un deus ex machina. Lo sguardo dei portoghesi si volge

non più solo a una distanza spaziale (come nella lirica galego portoghese), ma anche a una distanza

temporale, ma non è l’ubi sunt, semmai uno spazio onirico e idealizzato che si nutre di speranze.

Altre definizioni

Il tempo stempera le asperità e anche la saudade e il sebastianismo, pur essendo elementi

consustanziali dell’essere portoghese, non sono onnipresenti, ma come un fiume carsico fuoriescono

in superficie e rientrano.

Vorrei soffermarmi sulle definizioni di due grandi letterati portoghesi: Francisco Manuel de Melo e

Almeida Garrett per sottolineare come nonostante i secoli che scorrono (Francisco Manuel de Melo è

barocco mentre Garrett è romantico), la definizione della saudade ricorre come topos dell’ambiguità,

con la scarsa leggibilità che la caratterizza sin dalle origini. Tra i due si inserisce il padre António

Vieira (1608-1697), gesuita, polemista, che con la sua História do Futuro e la Clavis prophetarum

farà passare il sebastianismo e, di rimando, la saudade, dall’ambito popolare in cui era germogliato

(per lo meno il sebastianismo) a un ambito colto. Egli Vaticina un Quinto Impero (dopo quello

babilonese, persiano, greco e romano): l’impero universale di Cristo in cui il re di Portogallo, ormai

sconfitti gli infedeli, dominerà il mondo in nome della fede cristiana. Di nuovo un’attesa, non più del

singolo e defunto Dom Sebastião, ma di un intero popolo che in un futuro (quando?) tornerà a essere

a capo del mondo.

D. Francisco Manuel de Melo (1608-1666)

“E sembra spettare ai portoghesi più che alle altre nazioni del mondo rendere conto di questa generosa

passione, cui soltanto noi sappiamo dare un nome, chiamandola saudade […]. La saudade fiorisce tra

i portoghesi per due ragioni più stabili in noi che in altri popoli del mondo perché entrambe queste

cause in essa hanno il loro principio: Amore e Assenza sono i genitori della saudade […] La saudade

è una delicata passione dell’anima, tanto sottile che si prova in modo equivoco, lasciandoci indistinto

il dolore della soddisfazione. È un male che piace e un bene che si patisce”12.12 “E pois parece que lhes toca mais aos Portugueses que a outra nação do mundo o dar-lhe conta desta generosa paixão, a quem sómente nós sabemos o nome, chamando-lhe Saudade, quero eu agora tomar sobre mi esta notícia. Florece entre os Portugueses a saudade por duas causas mais certas em nós que em outra gente do mundo, porque de ambas essas causas tem seu princípio: Amor e Ausência são os pais da saudade

6

Page 7: Saudade

Di nuovo viene rivendicato il carattere autoctono della saudade, la quale è considerata tratto distintivo

rispetto al resto del mondo.

La definizione è concettuosa e ingegnosa com’era caratteristico della poesia barocca che si distingue

per la agudeza e gioca sull’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostamento di parole che

esprimono concetti contrari: “È un male che piace e un bene che si patisce”, ma anche

sull’ambiguità: “equivoco”, “indistinta”.

Dal punto di vista storico, FMdeM si inserisce nella scia di D. Duarte, rivendicando il carattere

nazionale del sentimento, dal punto di vista della definizione, i termini adoperati non solo giocano

sull’ambiguità, ma anche sul paradosso, rendendo inafferrabile il sentimento, incomprensibile a

coloro che non sono portoghesi. Anche questa è una rivendicazione, tanto più se pensiamo che

FMdeM vive sotto la monarchia duale e scrive in spagnolo e in portoghese. È quindi una

rivendicazione di nazionalità. L’oscurità di cui si ammanta la saudade diventa elemento criptico,

simbolico. È l’affermazione dell’identità nazionale.

Garrett (1799-1854)

Sono trascorsi due secoli, il Portogallo ha vissuto varie vicissitudini tra cui l’invasione napoleonica, la

corte portoghese che si rifugia a Rio de Janeiro, l’indipendenza del Brasile e la guerra intestina tra

costituzionalisti e anticostituzionalisti, cui prese parte anche Garrett.

Ecco l’incipit della pièce teatrale che Garrett dedica a Camões nel 1825:

“Saudade gosto amargo dos infelizes

Delicioso pungir do acerbo espinho”

Anche in epoca romantica si fa ricorso all’ossimoro, qui accentuato anche dal gioco di chiasmo. A

Camões, padre della patria cui si devono Os Lusíadas, il canto epico delle imprese portoghesi,

incarnazione della saudade perché ha passato parte della sua vita fuori dai confini nazionali (come

peraltro Garrett in esilio per motivi politici), Garrett dedica – nel suo progetto romantico di recupero

della nazionalità – quella che viene considerata la più bella definizione di saudade, perché lapidaria e

poeticamente ineccepibile. Ma al di là dell’indubbia bellezza, tale definizione non ci fornisce altri

elementi per capire l’animo portoghese. Anzi, accresce quella che Eduardo Lourenço ha definito:

“paradoxal ontologia”13. Essendo l’ontologia, in filosofia, lo studio dell’essere in quanto essere,

prescindendo dalle sue manifestazioni, il fatto che sia paradossale, cioè tutta giocata sull’ossimoro, ci

palesa quanto questo sentimento sia inafferrabile, incomprensibile a chi non sia portoghese e, forse, ai

portoghesi stessi che non lo percepiscono con la ragione – come diceva già D. Duarte –, ma col cuore.

[…] É a saudade uma mimosa paixão da alma, e por isto tão subtil, que equivocamente se experimenta, deixando-nos indistinta a dor da satisfação. É um mal de que se gosta, e um bem que se padece”, Francisco Manuel de Melo, Epanáfora amorosa.13 Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 115.

7

Page 8: Saudade

Storia e saudade: l’Ultimatum inglese

Come dicevamo prima, il sentimento della saudade si modifica nel corso della storia del Portogallo, a

causa della storia del paese. Così come la tragedia di Alcácer-Quibir le conferisce una connotazione

nazionale, ammantandola di un’aura messianica, così un altro evento storico: il famoso ultimatum del

1890, che l’Inghilterra (alleato storico del Portogallo dai tempi del Medioevo, quando la principessa

Filippa di Lancaster va in sposa a D. João I, genitori di D. Duarte) lancia al Portogallo, umiliandolo a

livello internazionale. Dopo la conferenza di Berlino (1884-1885), i paesi europei che hanno colonie

in Africa devono fisicamente occuparle. Il Portogallo, sempre angustiato dalla scarsa popolazione,

tenta di aprirsi un corridoio tra Angola e Mozambico per agevolare i transiti tra le due colonie. Ma

l’inghilterra che, invece, vuole costruire una ferrovia da Città del Capo al Cairo, si oppone e costringe

il Portogallo a ritirare le proprie truppe. L’umiliazione sulla scena internazionale è cocente per un

paese che non si è ancora arreso all’idea di aver perduto la gloria tre secoli prima. Il movimento

saudosista recupera la saudade come connotazione della razza. Di nuovo questo sentimento diventa

scudo, protezione nei confronti dell’avversario, sia esso spagnolo o inglese. Di nuovo viene innalzato

il vessillo della saudade come simbolo di portoghesità, in attesa del riscatto, in attesa di tempi

migliori. La saudade è la parola-simbolo elemento coagulante di identità nazionale.

L’ultima parola a Fernando Pessoa:

Ma forse l’unico che sia riuscito a far confluire nella parola-sentimento saudade l’intero spirito di una

nazione è Fernando Pessoa che cede la parola all’eteronimo Álvaro de Campos:

“A saudade é um cais de pedra”

In “Ode Marítima” Fernando Pessoa/Álvaro de Campos dà forse la definizione meno criptica tra tutte

quelle che abbiamo visto finora. Innanzi tutto perché non fa uso dell’ossimoro che Giovan Battista

Vico nelle sue Institutiones oratoriae definiva come una figura di pensiero mirante ad “affermare di

una cosa che essa non è quello che è”, predicandola quindi mediante il suo contrario, ma adopera la

metafora che è sempre una figura retorica, basata sulla comparazione tacita, ma, per sua natura,

dinamica. È una anomalia semantica, è una percezione sincretica di due entità concettuali. E, infatti,

FP riesce a condensare tutta la storia della saudade in un unico verso, in un’unica immagine. In quel

“molo di pietra” c’è la sintesi di un paese: il mare medievale delle cantigas, gli oceani delle scoperte,

la tristezza dell’addio, il porto del naufrago, ma anche l’immobilismo di pietra di una nazione che per

secoli si è rispecchiata in un passato che non c’era più, in attesa di un futuro messianico.

Conclusione

8

Page 9: Saudade

La saudade è il serbatoio, la memoria e l’immaginario di un popolo e questo non è traducibile. Vorrei

concludere, riprendendo le parole di Eduardo Lourenço: “La saudade è […] diventata un labirinto e

un enigma per quelli che la provano come se fosse il più misterioso e il più prezioso di tutti i

sentimenti”14.

E come si fanno a tradurre un labirinto e un enigma?

14 Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, cit., p. 33.

9