Saturno, inserto cultura de 'Il Fatto Quotidiano' del 20/01/2012

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Libri via twitter - Virginia Fiume

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IVVenerdì 20 gennaio 2012 il Fatto Quotidiano

.

TE

ST

un sito Internet.Prendiamo per esempio Manipulation, l’expe -rience web scritto da David Dufresne e Séba-stien Brothier e prodotto da Upian, France5 eYami2. Il carrefour narrativo che funge da puntodi partenza e insieme di snodo - baricentro de-cisivo di ogni webdoc - è una scrivania affollatadi carte, ritagli, articoli, appunti, fotografie.Ogni oggetto è una porta che permette all’uten -te di cominciare la ricerca, mettendo insieme letessere di un mosaico giudiziario ancora nonconcluso. Si tratta dell’affaire Clearstream, un af-fare di banche, riciclaggio di denaro sporco, traf-ficanti d’armi e collusioni politiche che sta scuo-tendo la Francia da quasi dieci anni. Ascoltandole voci dei protagonisti, leggendo le fonti e i do-cumenti a disposizione, ma anche confrontan-dosi con gli altri utenti che parallelamente por-tano avanti la propria inchiesta, il lettore si trovacatapultato in un flusso di fonti tra le quali, comecapita spesso nelle migliori inchieste giornali-stiche, si nascondono trappole, porte sbarrate,interrogativi irrisolvibili.Dire che le potenzialità di un formato come que-sto paiono a oggi smisurate potrebbe sembrareuna banalità. E in Francia effettivamente lo è. Manon lo è qui da noi, visto che nel mondo del gior-nalismo nostrano questo formato, peraltro giàconosciuto da qualche anno, non riesce a decol-lare. Lo dimostrano gli esempi di ottimi prodotticome The Iron Curtain Diaries 1989-2009, diMatteo Scanni, Angelo Miotto e Nicola Sessa o ilpiù recente The Empty House, dello stesso Sessae di Christian Elia, entrambi coprodotti da Pea-cereporter che, seppur selezionati da alcuni deipiù importanti festival europei, qui in Italia non

di Andrea Coccia

IN ITALIA può ancora capitare di pronun-ciare la parola webdoc e di ritrovarsi spec-chiati in uno sguardo un po’ spaesato eincuriosito. I pochi che ne parlano ten-

dono a considerarlo ancora come una frontiera,un territorio praticamente vergine, da scoprire,da inventare da zero.Eppure il webdocumentario è una realtà affer-mata e in grande ascesa nel mondo del giorna-lismo d’inchiesta. Soprattutto in Francia, dove leproduzioni si moltiplicano e i prodotti si affina-no, raggiungendo vette di qualità e complessitàche permettono già di parlare di capolavori delgenere. Prison Valley o Manipulation, prove-nienti dal carnet delle coproduzioni targateUpian (la prima con Arte, la seconda con Fran-ce5), o La machine à expulser, coprodotta daCanal+ e Le Monde, rappresentano ciò che dimeglio è stato prodotto ultimamente oltralpe.Figliati, come lascia intendere l’etimo, dalla stir-pe dei documentari, i webdoc ibridano la rami-ficazione del web, l’interattività dei videogiochie la profondità di analisi del giornalismo di in-chiesta. Grazie alle potenzialità dei nuovi lin-guaggi di programmazione - HTML5 sopra tutti -il formato webdoc permette la completa e liberainterazione tra documenti di ogni tipo: dai fil-mati alle registrazioni audio, dalle fotografie alleinfografiche. Ma la grande innovazione, questa sìveramente rivoluzionaria, è la trasformazionedel lettore in attore protagonista, in grado diesplorare l’inchiesta rimontandone a propriopiacimento i tasselli, decostruiti e sparsi nellastruttura più o meno ramificata e complessa di

hanno avuto l’eco che avrebbero meritato. Unamancanza di risonanza che penalizza anche isempre più numerosi giovani webreporter ita-liani che, bisognosi di fondi e aiuti alla produ-zione e alla distribuzione, si trovano davanti aqualcosa di molto simile a un deserto.Le ragioni sono le stesse che costringono mol-tissimi ragazzi italiani, di qualsiasi settore, a espa-triare per poter realizzare progetti che qui nonriescono nemmeno a presentare. E non è soltan-to un problema di natura economica. Il sospettoè che il problema riguardi piuttosto la voglia dimettersi in gioco e la capacità di investire sulfuturo di una parte del nostro giornalismo.Un’incapacità su cui probabilmente pesa ancheun filo di comprensibile paura verso nuovi modidi produzione - e quindi nuove professionalità ecompetenze in ascesa - lontani anni luce dai pa-radigmi del giornalismo cartaceo tradizionale.Grazie allo sviluppo di nuovi software che ren-dono la programmazione più semplice, econo-mica e veloce, come Klynt o 3WDOC, le pro-spettive di crescita dell’interattività nel giorna-lismo sono enormi. Oggi pensare l’applicazioneai quotidiani online del modello non lineare, in-terattivo e transmediale del webdoc non è piùfantascienza. Tant’è che qualcuno già profetizzala trasformazione degli attuali siti di informazio-ne statici in strutture dinamiche e interattive.Strutture entro le quali il lettore potrà muoversicostruendo il proprio quotidiano giorno pergiorno, curando un proprio archivio, mettendoin relazione notizie lontane tra loro nel tempo enello spazio, partecipando in prima persona alleinchieste. Questo potrebbe essere uno dei futuripossibili, ma bisogna volerlo, almeno un po’.

In Francia il webdoc è un genereconsolidato, sia artisticamente

sia giornalisticamente.Pochi i lavori italiani, se si

escludono quelli di Peacereporter

Il lettore è attoreUn’immagine del webdoc italiano “Th eEmpty House”

.

di Mark Perna

LA MUSICA ce l’ab -biamo sempre in ta-sca, gli spazi nellenostre case sono mi-

nimi e anche l’occhio vuolela sua parte. Invece di im-pianti catafalchi da piazzareda qualche parte in salotto,le docking di ultima genera-zione hanno ingombri deci-samente contenuti, designaccattivanti e una qualità so-nora di tutto rispetto. La di-mostrazione viene dai pro-dotti che abbiamo messosotto torchio ad iniziare dalSoundLink di Bose. Quelloche possiamo apprezzare diquesto oggetto è l’e s t re m acompattezza e leggerezza,

pensato per essere facil-mente trasportato in qual-siasi momento. Il suo funzio-namento è wireless, questosignifica che per sentirlosuonare è sufficiente aggan-ciarlo via bluetooth a qual-siasi dispositivo: cellulari,tablet, pc e via dicendo e sin-cronizzarlo con il Soun-dLink. Può essere collegatoalla presa elettrica ma la suaversatilità è assicurata dauna batteria che garantiscefino a 8 ore di riproduzione. Epoi c’è il suono Bose, unagaranzia, anche se si tratta diun oggetto così compatto.Fin qui i pregi, ma almeno undifetto va sottolineato, comeil fatto di non disporre di unsistema di ricarica. Lui può

anche durare a lungo, manon è detto che lo faccia an-che il nostro iPhone/iPodcon il bluetooth acceso, e aquel punto addio party. A ov-viare a questo inconvenienteè invece l’eccellente On Airdi Jbl, una sistema che nonpassa inosservato soprat-tutto per l’estetica originale.Niente male neppure la qua-lità dell’audio anche se sullebasse frequenze Bose è su-periore. Tra i suoi punti di for-za merita una menzione la ri-produzione wireless tramiteAirPlay che però impone diavere a disposizione una re-te WiFi. Facile da trasportarema non funziona a batterie enon gestisce il bluetooth. Suiprezzi sono pari (299 euro).

BOSE E JPL PER ASCOLTARE MUSICAADDIO VECCHIO STEREO

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Un’app anti-Gelminidi Andrea Ballone

FORSE il parco del GranSasso si è deciso arealizzare un’applica-zione dopo la gaffe del-

la Gelmini, onde evitare chequalcuno pensi che esista untunnel collegato col Cern a Gi-nevra.Scaricabile a 1,59 euro sul sitodel parco (mica poco perun’applicazione) funziona an-che con sistema operativo An-droid oltre che con iPhone.Contiene una mappa Gps delparco con tanto di aree tema-tiche, la presentazione di iti-nerari escursionistici e lascheda di ogni itinerario. Ven-gono pure segnalati tutti i di-slivelli delle undici aree in cui èdiviso il parco. Non mancano

naturalmente le segnalazionidi ristoranti e luoghi dove tro-vare piatti tipici.Le uniche due cose che sono arischio a causa di questa no-vità sono il gusto di cimentarsinell’orienteering e la tranquil-lità. Nel primo caso gli appas-

LIBRI GRATISCON TWITTERIL 16 GENNAIO GLI APPASSIONATI di let-tura digitale hanno assistito a un caso edito-riale: un ebook è riuscito a distribuire 1000 co-pie in 14 ore. Il dato si ricava dal sito di MarcoGiacomello, blogger e coautore del libro Lalettura digitale e il web, che ha raccontato co-me gli undici autori (riuniti nel collettivo Ledita)e la casa editrice Ledizioni abbiano deciso dipromuovere il libro attraverso una forma di pa-gamento social, pay with a tweet. Il metodo èsemplice: l’ebook, caricato sulla piattaformapaywithatweet.com, viene distribuito alle per-sone interessate se queste pubblicano sul loroaccount twitter la frase «La lettura digitale e ilweb: domani a 3,99 euro, oggi gratis se paghicon un tweet #librinnovando #ledita» e il linkper scaricare il testo. Secondo alcuni dati ri-cavati da Giacomello con 50 tweet la squadradi scrittori ha raggiunto 16.876 persone. Untesto che stimola una riflessione sul futuro del-l’editoria. Gli undici blogger sono stati selezio-nati durante la preparazione del convegno#Librinnovando svoltosi a novembre. L’opera,un instant book, è divisa in due parti: la primaintitolata Libro digitale vs. Libro cartaceo, laseconda L’editoria digitale e la rete. I bloggerhanno dimostrato notevole capacità di diffu-sione, gli editori farebbero bene ad ascoltarli.E forse qualcosa si è già mosso se uno dei twit-ter promozionali è stato ritwittato dall'accountLibriMondadori a tutti i suoi 93.000 follower.

Virginia Fiume

Il documentariod’inchiesta in Rete