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CORSO INTEGRATO DI PSICOLOGIA CLINICA Prof. Salvatore Sasso a.a.2008-2009 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI CHIETI Per alcuni bambini mettere piede a scuola è una tragedia. I capricci però non c’entrano Clinica Psicologica e Psicopatologia Psicosomatica La classe come contesto d’apprendimento e di sviluppo HYPERLINK "" \l "_Toc117403 442#_Toc117403442"

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CORSO INTEGRATO DIPSICOLOGIA CLINICAProf. Salvatore Sassoa.a.2008-2009

UNIVERSITÀ DEGLI STUDICHIETI

Per alcuni bambini mettere piede a scuola è una tragedia. I capricci però non c’entrano

Clinica Psicologica e Psicopatologia Psicosomatica

La classe come contesto d’apprendimento e di sviluppo

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La classe come contesto d’apprendimento e di sviluppo

6.1 A scuola di socialitàÈ molto importante riuscire a pensare la scuola come un contesto complesso, nel quale entrano

in gioco molti fattori della personalità degli individui, siano essi alunni o insegnanti. Un fattore preponderante ma che spesso viene trascurato è sicuramente quello relazionale.

La scuola è un mondo costituito dall’intrecciarsi di molte relazioni, tra insegnanti e allievi, tra insegnanti e insegnanti, tra dirigenti scolastici, insegnanti e personale non docente, tra dirigenti, insegnanti e famiglie, a cui vanno aggiunte le relazioni con il territorio, i servizi, i diversi consulenti esterni.

Nella scuola si sono verificate sempre difficoltà organizzative, didattiche, relazionali, conflittualità con i colleghi, i dirigenti, gli allievi; tuttavia, negli ultimi anni, vi è stato un aumento di livello di tale problematicità in corrispondenza delle diverse fasi dell’evoluzione del sistema scuola. Una tappa importante è consistita nel passaggio dalla scuola d’élite alla scuola di massa, che ha inevitabilmente comportato la difficoltà di far fronte a grandi numeri di studenti, e non più solo a studenti motivati o già predisposti allo studio e all’incontro con il sapere dalla famiglia d’origine. Un’altra tappa significativa è stata la progressiva introduzione del lavoro in gruppo e collegiale tra insegnanti, cosa che inevitabilmente ha implicato doversi incontrare, e spesso scontrare, con le difficoltà della relazione con gli altri, con opinioni, stili educativi, modelli pedagogici, comportamenti diversi dai propri. Le ultime riforme hanno poi introdotto la legge dell’autonomia scolastica, che, diminuendo il peso degli organi centrali, rinvia al singolo istituto scolastico la decisione e la gestione riguardo tutte le complesse questioni organizzative, didattiche e relazionali. Questo spostamento di responsabilità comporta che la negoziazione, la mediazione intorno alle scelte da compiere debbano venire attuate in loco, con un presumibile e inevitabile aumento della conflittualità, dello stress e della fatica di accettarsi, comprendersi, trovare modalità per assumere posizioni diverse da quelle più abituali ed integrarle tra di loro per arrivare a soluzioni vantaggiose per tutti e per gli alunni soprattutto. Una finalità importante per la scuola è, da tempo ormai, diventata quella di individuare spazi di riflessione sulle proprie modalità di lavoro pedagogico e didattico per effettuare un’autovalutazione d’istituto, di consiglio di classe, di singolo docente. Valutazione da effettuarsi non in senso punitivo o giudicante, cosa che inibirebbe ogni tentativo di ricerca e di riflessione, ma nel senso dell’autovalutazione formativa. Può infatti questa essere intesa, per un verso, come un’occasione per ristrutturare in itinere il proprio modo di essere insegnante oggi, in un modello di scuola in via di trasformazione, per un altro verso, può servire affinché si acquisisca consapevolezza del rapporto tra individuo e gruppo, tra individuo e organizzazione, in modo da poter valutare le ristrutturazioni necessarie all’organizzazione o al modo di inserirsi in essa del soggetto e al modo di essere del soggetto in relazione agli altri abitanti della "casa scolastica". Modo di essere che deve tener conto, come abbiamo visto poc’anzi, dei propri stili comunicativi e relazionali.

In questo capitolo si vuole dare un contributo nella direzione di una riflessione in tal senso, proponendo alcune attività volte ad approfondire la comprensione del modo di rapportarsi alla propria storia di formazione, alle difficoltà dell’interazione con i colleghi, gli allievi, le famiglie, ai modelli pedagogici e agli stili educativi interiorizzati nella propria esperienza e spesso ripresentati nell’attualità in modo irriflesso e acritico. La consapevolezza di questi aspetti può consentire lo sviluppo della professionalità pedagogica del docente nella nuova scuola dell’autonomia, sollecitando la costruzione di competenze pedagogiche e psicologiche indispensabili per riformulare una comprensione del ruolo degli insegnanti e della scuola in modo complesso. Verranno presentati delle tecniche di osservazione e di valutazione dell’ambiente scolastico che possono essere un valido supporto per tutti gli insegnanti che vogliono fare del proprio lavoro non solo una "trasmissione di sapere" ma un percorso formativo pieno, coinvolgendo i propri alunni nello sviluppo di tutte le loro

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potenzialità, sia intellettive che affettive. Da ciò parte anche la scommessa per sfidare gli insuccessi e gli abbandoni scolastici passando infatti attraverso la possibilità di concepire la formazione del bambino, del ragazzo e dell’adolescente in modo ampio e profondo, non appiattendola sull’apprendimento o sull’informazione. La riflessione e il percorso educativo che è possibile iniziare dalla conoscenza dei metodi e delle tecniche proposte in questo lavoro, può quindi essere vista come una fase di un processo complesso da tenere sempre attivo, nell’ottica della necessità di un’autovalutazione costante e di un’autoformazione permanente.

L’obiettivo è dunque quello di acquisire maggiore padronanza nelle cosiddette competenze pedagogiche trasversali, tra cui risultano centrali quelle di tipo relazionale.

6.2 Aspetti psicosociali dell’apprendimentoDalla revisione delle teorie dello sviluppo psicologico possiamo dedurre cosa effettivamente

produce apprendimento. Molti studi hanno posto l’accento su diversi fattori. Una ricognizione di tali fattori è essenziale per costruire percorsi di formazione che siano veramente tali. La domanda da porsi è: se ci disinteressiamo di ciò che fa apprendere, come possiamo decidere come insegnare?

Il problema viene solitamente superato con il ricorso ai contenuti, l’interesse per i quali viene considerato sufficiente a motivare e mantenere l’impegno. Oppure con l’impianto metodologico: l’apprendimento viene attribuito alla lezione frontale, o alla didattica attiva o ancora all’esperienza da laboratorio. Tuttavia, i contenuti ed il metodo sono l’oggetto o il mezzo attraverso il quale si giunge all’apprendimento ma non mettono in luce i reali fattori psicologici che causano l’apprendere.

In maniera molto generale cerchiamo qui di rispondere alla domanda: cosa fa apprendere? Possiamo identificare tre ordini di fattori:

1. Identificazione e proiezione;2. La sperimentazione;3. Il legame interpersonale e sociale.

L’apprendimento avviene sicuramente per l’identificazione dell’allievo con il formatore. Apprendiamo per imitazione di un soggetto che investiamo affettivamente, per amore o per invidia di qualcuno che consideriamo migliore, più sapiente, più colto di noi. Questo soggetto non è necessariamente una persona, ma più spesso è l’ideale che proiettiamo su una certa persona. Possiamo anche dire che apprendiamo nello sforzo di raggiungere il nostro io ideale, incarnato per proiezione nel soggetto formatore. Questo è lampante nei processi di auto-apprendimento, cioè di apprendimento senza un formatore fisicamente presente. In questi casi, peraltro numerosissimi, impariamo cercando di raggiungere una forma che non esiste se non come proiezione del nostro io ideale. Da questo fattore discendono tutte le didattiche unidirezionali, a partire da quella principe e più diffusa quale la classica lezione o conferenza.

Un secondo fattore di apprendimento è certamente la sperimentazione. Prove ed errori, applicazione attiva con verifica immediata dei risultati, simulazione, non sono mere esperienze. L’esperienza da sola non è un fattore di apprendimento. Può essere dolorosa o piacevole, può indurre a ripetere gli errori, può essere superficiale. La sperimentazione è una versione dell’esperienza ma protetta dalle eventuali conseguenze dannose, arricchita dalla verifica e dalla valutazione, diretta da una finalità esplicita. Finalità, protezione e valutazione sono i segni che distinguono la sperimentazione dall’esperienza. A differenza della sperimentazione scientifica, la sperimentazione come fattore formativo non necessita della formalizzazione e della replicabilità, perchè riguarda ogni singola soggettività. Dal fattore sperimentazione derivano tecniche didattiche come i laboratori, le simulazioni, l’action-learning.

Il terzo fattore di apprendimento, molto spesso sottovalutato e quello che ci preme mettere in evidenza, è il legame di scambio che instauriamo con i singoli compagni di apprendimento o con il gruppo, il collettivo, il campo sociale che ci fa da riferimento. Apprendiamo grazie alle relazioni con i compagni di formazione, ed agli scambi nutritivi ed accrescitivi che queste consentono. Apprendiamo

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anche per l’appartenenza, per diventare e restare parte di un tutto, un sistema, un campo che ci rafforza, ci sorregge e ci dà identità. Ciò che rende possibili e facilita gli scambi comunicativi, quindi lo sviluppo e la realizzazione delle diverse attività, è il modello dell’altro. L’attività dell’altro può essere considerata come un modo di esprimersi in relazione alla realtà circostante. Essa pone limiti ed opportunità ed il modo di agire dell’altro, quando è considerato pertinente ed interessante, viene adottato dagli altri. Questa adozione non va assolutamente vista come una sottomissione in quanto il modello proposto, che sia d’azione o di espressione, non è mai adottato integralmente ma è sempre adattato e personalizzato alle proprie caratteristiche personali. In un qualsiasi gruppo di bambini si verificano fenomeni d’imitazione ma essa non diventa mai dipendenza in quanto ogni bambino è costretto, pena l’esclusione dal gruppo, a partecipare, a dare qualcosa di sé. Questo spiega come mai l’appropriazione del modello dell’altro sia considerato un fattore cruciale dello sviluppo dei bambini. Tuttavia anche nel fattore "legame interpersonale" hanno un peso l’identificazione e la proiezione. Le relazioni sono significative non solo quando intercorrono fra persone fisiche ma anche fra le reciproche immagini ideali. È l’appartenenza, in quanto sentimento, concerne entità plurali create mescolando oggetti reali, quindi persone e fatti, e oggetti ideali quali bisogni, credenze, ed ideologie. Da questo fattore discendono tutte le metodologie didattiche basate sul lavoro di gruppo, metodologie che si realizzano pienamente in gruppi di alunni che si organizzano secondo scelte reciproche.

6.3 Il gruppo-classeLa dinamica di gruppo è fondamentale al fine di un buon insegnamento e, soprattutto, di un

buon apprendimento. Senza la creazione di una relazione di classe positiva, si rivela inutile ogni riflessione sul come insegnare, come costruire situazioni che consentano apprendimento, come procedere in maniera efficace.

Per aver chiaro il concetto di gruppo è utile non soltanto operare delle distinzioni sulla base di alcune caratteristiche proprie del gruppo stesso, che assumono più o meno rilevanza a seconda del punto di vista che si assume, ma anche tener presente che ogni gruppo ha una propria "anima". Nella sua definizione più generale il gruppo è visto come "un insieme di persone unite fra loro da vincoli naturali, da rapporti di interesse, da scopi o idee comuni ecc…", definizione che però è incompleta in quanto non lascia intuire il "di più", non lascia intuire che, come K. Lewin ha ampiamente dimostrato, un gruppo è più, o meglio, è qualcosa di diverso della somma delle sue singole componenti. Quest’idea ci porta subito ad operare una distinzione tra un insieme di persone casualmente riunite e un gruppo nel quale si instaurano sentimenti di appartenenza e di interdipendenza con gli altri membri. Questi sono, infatti, i fattori che permettono al gruppo di avere un’anima, imprescindibile e in relazione con quella delle persone che lo compongono. Infatti affinché un gruppo sia tale, oltre ai già citati sentimenti, tra i suoi membri deve aver luogo una integrazione e una soddisfazioni dei loro bisogni e un certo grado di connessione emotiva che porti le persone a identificarsi con il gruppo stesso (De Grada, 2000). Per aver un quadro ancora più chiaro, ma non certo esaustivo del concetto di "gruppo", è utile ricordare la classica distinzione fatta da Coleey (1969) tra gruppi "primari" e gruppi "secondari", distinzione che tiene conto del tipo di relazioni che intercorrono tra i membri. Un’altra caratteristica importante, come abbiamo già visto, è la numerosità che ci permette di distinguere tra gruppi "estesi" e gruppi "ristretti". Inoltre, secondo il tipo di azione e gli scopi prefissati, possiamo ancora distinguere, ad esempio, gruppi di "terapia", gruppi di "auto-aiuto", gruppi "sperimentali", gruppi "politici", "sportivi", ecc… Ulteriormente possiamo distinguere un gruppo sulla base del suo "livello di organizzazione gerarchica e normativa", sul tipo di "rete di comunicazione" esistente al suo interno, e sul suo grado di "permeabilità" verso l’esterno. Tutte queste caratteristiche sono presenti, in misura maggiore o minore, in tutti i tipi di gruppo.

L’interazione delle parti è una condizione irrinunciabile nella scuola. È necessario che i protagonisti della scena, che si ripete per circa 30 ore settimanali, conoscano se stessi e chi recita con loro, le aspettative, i desideri, i problemi, i sogni, le paure, i pregi e i difetti. Bisogna che i vari soggetti coinvolti si accettino gli uni con gli altri, compreso chi è visto come "diverso". Il gruppo cosi

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composto dovrebbe avere un obiettivo comune riconosciuto da tutti i membri. È proprio quest’adesione agli obiettivi principali che porta i soggetti coinvolti, in questo caso alunni ed insegnanti, ad impegnarsi per la loro realizzazione. Ciascuno deve trovare il modo di esprimere le sue potenzialità ed integrarle con quelle degli altri in modo da sviluppare anche un senso d’interdipendenza con gli altri membri favorendo cosi il senso d’appartenenza al gruppo. È importante che ognuno abbia la possibilità di esprimere ed affermare la propria originalità e creatività facendo in modo che le differenze siano vissute come complementari e non come inconciliabili.

Il gruppo-classe rappresenta per il bambino la prima struttura sociale dopo la famiglia. Quest’ultima però, spesso si configura come una struttura rigida, che non permette scambi con l’esterno e nella quale le persone si rifugiano nei momenti di difficoltà.

  FAMIGLIA CLASSE

COMUNICAZIONE Discendente, dal capofamiglia ai figli

Discendente e gerarchica da parte del docente, circolare per quanto riguarda gli alunni

PERMEABILITA’ Bassa o quasi assente Limitata più dal contesto materiale che dalla natura delle relazioni

NUMEROSITA’ Dai 4 ai 6 membri di solito

Dai 15 fino ai 30 membri in alcuni casi

INTERDIPENDENZA Elevata Media

Tabella 1 Il gruppo-famiglia e il gruppo-classe a confronto.

Queste dinamiche non dovrebbero invece instaurarsi in classe, dove i bambini iniziano a fare esperienza della socialità e della loro capacità di relazionarsi. Il gruppo-classe, inoltre, rappresenta la struttura di base attraverso cui l’organizzazione scolastica persegue gli obiettivi istituzionali dell’acquisizione sistematica e programmata di conoscenze ma costituisce anche l’ambito entro il quale si manifestano bisogni di natura individuale, differenti da quelli istituzionali, ad esempio il bisogno di avere amicizia, di conquistare prestigio o di scaricare aggressività (Carli, Mosca, 1980). Quest’ultimo aspetto, definito da Carli e Mosca come livello subistituzionale, caratterizza profondamente il processo di socializzazione ed è spesso considerato dagli insegnanti l’ambito all’interno del quale si manifestano problemi di relazione tra gli alunni e tra gli alunni e il corpo docente. D’altra parte non sempre l’insegnante riesce a cogliere correttamente la qualità e la quantità dei rapporti interpersonali che si instaurano all’interno di una classe. Il gruppo di bambini dà a ciascuno la necessaria sicurezza e costituisce un insieme funzionale le cui attività si evolvono a partire dagli scambi tra i bambini stessi, dagli scambi tra questi è gli insegnanti e attraverso i cambiamenti che gli alunni contribuiscono a suscitare nell’ambiente Moreno, il fondatore della sociometria,  individua  nella differenza esistente tra la percezione dell’insegnante e il reale status sociale degli allievi, la causa che forse maggiormente incide negativamente nella costruzione di rapporti adeguati e gratificanti tra alunni e docenti. (J.L. Moreno, 1943). Quindi, un mancato riconoscimento ed una inadeguata esplicitazione dei bisogni emergenti a questo livello può determinare una integrazione problematica e disfunzionale del gruppo-classe, incidendo, di conseguenza, negativamente sul processo primario dell’apprendimento.

Attraverso approcci comunicativi efficaci, il fine ultimo dovrebbe essere quello di far sì che ciascun membro della classe si senta apprezzato e ben inserito, indipendentemente dalle sue

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prestazioni scolastiche, dal suo aspetto fisico, dalla sua razza, dal suo carattere e, al tempo stesso, bisogna fare in modo che egli sperimenti nuovi modi di porsi in relazione alla persone che lo circondano in maniera aperta e suscettibile di cambiamento. Utopia è forse la parola che molti potrebbero associare a questa idea, ma credo che attraverso un lavoro di formazione specifico, che valorizzi le risorse del gruppo e il potenziale insito in ogni persona, ciò è possibile.

A questo punto del discorso non si riesce a concepire una scuola in cui venga trascurato l’aspetto relazionale. Alunni ed insegnanti vivono in aula, vi trascorrono la maggior parte del tempo ed è assolutamente indispensabile che vi stiano volentieri. Non possono esistere un pensiero e uno sviluppo cognitivo indipendentemente dal contatto con i sentimenti e le emozioni sperimentate con i compagni e con gli adulti. La qualità della scuola si misura dai modelli di relazione che vengono messi in atto dagli insegnanti e dall’istituzione in tutte le sue componenti.

Una scuola ad hoc dovrebbe essere caratterizzata da un buon clima interno impostato al rispetto reciproco e al dialogo, all’ascolto e a una collaboratività che non esclude conflitti, ma ha la capacità di riconoscerli ed elaborarli per metterli al servizio dello sviluppo e non delle forze regressive della mente. La scuola va intesa come un "sistema di rapporti" che promuova la crescita e lo sviluppo delle persone e non badi solo alle regole esteriori e formali. Le relazioni vanno improntate allo sforzo di far fronte alle difficoltà piuttosto che a cercare di eluderle in maniera illusoria. Si dovrebbero formare soggetti e gruppi che si muovano nella prospettiva di lavorare insieme per individuare soluzioni di problemi e per dialogare. Cosi facendo, il fine ultimo della scuola non è solo quello di trasmettere sapere e cultura e introdurre gli individui nella società, ma anche quello di svilupparne le potenzialità a tutti i livelli, quello emotivo-relazione compreso.

Il docente dunque, inteso come chi deve presiedere al conseguimento degli obiettivi, ha il compito di gestire sia il contenuto professionale sia delle relazioni. È in queste ultime che si manifestano spesso i problemi più difficili cui far fronte. Il lavoro dell’insegnante non si esaurisce nel possesso di competenze tecniche, ma implica una formazione personale mirata allo sviluppo di capacità relazionali. Si tratta di sviluppare una sensibilità che consenta di riconoscere ed entrare in contatto con i fattori emotivo-affettivi nel determinare il comportamento umano e nel modo di apprendere e conoscere. Trascurando questo aspetto, "paghiamo il prezzo di restare come siamo: giocattoli dell’economia, della politica, del destino" (Winnicott, 1965). Sapersi assumere la responsabilità emotiva della gestione educativa non vuol dire perseguire una utopica qualità organizzativa e didattica. Un insegnante non deve essere una figura ideale, perfettamente equipaggiata, ma un professionista che sa apprendere dai propri errori, così come una buona formazione e un buon processo educativo non sono quelli che formano soggetti che non sbagliano mai, ma persone che sanno pensare e riflettere su quello che fanno. Forte non è colui che non cede, ma colui che cede ed ha la forza di rialzarsi. Le capacità relazionali non sono l’equivalente di un atteggiamento di comprensività paternalistica e buonista che tutto tollera e niente punisce. Per l’insegnante significa fornire supporti conoscitivi, tecnici ed emotivi e assumere un atteggiamento orientato a individuare le cause oggettive e soggettive degli errori o delle mancanze, per correggerle dove possibile.

Non si parla di manipolazione degli altri, ma di contenimento, ovvero della capacità di comprendere, capire. Il docente si pone come un interlocutore credibile, capace di accettare l’atteggiamento a volte contestativi e provocatorio degli allievi ma abbastanza forte da tenere loro testa.

In sintesi egli dovrebbe: gestire la complessità interpersonale e quindi presidiare il clima del gruppo di lavoro;attivare la comunicazione nelle varie direzioni; negoziare i conflitti;favorire lo sviluppo di un contesto che soddisfi i bisogni fondamentali degli alunni.A questo punto è lecito chiedersi: "Quali sono i bisogni da soddisfare affinché i bambini

vivano con serenità il loro stare a scuola?" Ci vengono in aiuto alcuni lavori di famosi psicologi.

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6.4 I bisogni da soddisfare nel processo di apprendimento del bambinoLe funzioni cognitive superiori, come pure i comportamenti più semplici messi in atto dai

bambini, sono, in larga parte, il prodotto delle interazioni e delle comunicazioni messe in atto dal piccolo individuo con l’ambiente, in uno scambio biunivoco e mutuamente influenzato. Da ciò si potrebbe dedurre che anche la qualità di tali comportamenti è in funzione della qualità degli scambi e delle relazioni attraverso le quali essi si sono elaborati. Abbiamo già visto quali sono gli stili comunicativi qualitativamente più adatti allo sviluppo di relazioni e comportamenti positivi; vediamo ora quali dovrebbero essere i requisiti dell’ambiente e del contesto in cui cresce un bambino. È importante che l’ambiente presenti un certo grado di stabilità in modo da permettere il riconoscimento, da parte del bambino, degli elementi che lo compongono.

L’ambiente deve soddisfare quelli che potremmo considerare i bisogni fondamentali del bambino e non solo. Riferendosi a tutto l’arco della vita, uno dei più grandi esponenti della Psicologia Umanistica, Abraham Maslow, ha formulato la Teoria dei bisogni. Rispetto alle altre teorie psicologiche, quella di Maslow si basa sull’osservazione di individui sani e cerca di trovare i metodi preventivi per non entrare nella malattia mentale ma anzi per permettere alle persone di raggiungere il pieno sviluppo delle proprie potenzialità sfruttando al massimo capacità e talenti. Egli considerava la natura umana fondamentalmente "buona" e riteneva che il "male" venisse fuori nei momenti di frustrazione dell’uomo, nei

momenti in cui non fosse riuscito a soddisfare i suoi bisogni. Tale concezione ha profonde implicazioni pedagogiche e porta a rivedere il tipo di "metodo educativo" utilizzato nell’educazione dei bambini. Secondo lo psicologo americano un ambiente favorevole è il requisito fondamentale affinché un bambino possa sviluppare tutte le sue potenzialità, ambiente inteso soprattutto come contesto in cui si sviluppano relazioni positive con gli altri affinché vengano soddisfatti i bisogni di appartenenza e d’affetto. Dal punto di vista dello sviluppo infantile, si possono individuare diversi

tipi di bisogni, dedotti da un’attenta osservazione del comportamento dei bambini. La soddisfazione di tali bisogni costituisce la motivazione ad agire di tutte le persone, quindi richiede energie sia fisiche che psicologiche. Distinguiamo:

Bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo sono i bisogni fondamentali, connessi con la sopravvivenza;

Bisogni di sicurezza: devono garantire all'individuo protezione e tranquillità. L’ambiente dovrebbe presentare una certa stabilità in modo da permettere al bambino di riconoscerne gli elementi e di trovare una collocazione rispetto ad essi. In questo modo si sentirà sicuro perché inserito in un ambiente stabile.

Bisogno di appartenenza: consiste nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato, di amare e di cooperare con altri;

Bisogno di stima: riguarda il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, di sentirti competente e produttivo; ci sono dei presupposti senza i quali l’insegnamento si rivela insensato: fondamentale tra questi fattori è, ad esempio, l’autostima. È importante condurre gli allievi a riflettere su se stessi, sulle proprie qualità e difficoltà al fine di forgiare un’immagine positiva di se stessi. La letteratura psicologica ci spiega come questo possa essere di vitale importanza soprattutto in periodi critici della sviluppo di una persona quali l’adolescenza. L’autostima, insieme ai bisogni fondamentali di un bambino, risulta, inoltre, essere il motore principale di qualsiasi tipo di apprendimento.

Bisogno di autorealizzazione: inteso come l’esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo.

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A questi cinque bisogni ne aggiungere un sesto la cui soddisfazione è un requisito fondamentale per un sano sviluppo, del bambino prima, e del ragazzo poi. Anche se non inserito in nessuna teoria compiuta, esso è unanimemente riconosciuto da tutti coloro che si occupano di psicologia dello sviluppo:

Bisogno di autonomia: più il bambino potrà valersi della sua autonomia tanto più le sue attività contribuiranno allo sviluppo delle azioni e delle relazioni. Quest’ultime saranno vissute in modo più significativo se il bambino le sperimenta da solo, agendo in autonomia e responsabilità. Gli atteggiamenti iperprotettivi e possessivi da parte dei genitori provocano reazioni contrastanti nel bambino, soprattutto se gli viene impedita, a causa di convinzioni spesso errate e pregiudiziali, l’attività spontanea.

Non si dovrebbe, tuttavia, lasciare il bambino di fronte a se stesso, oppure lasciargli fare quello che vuole; il tipo di azione che i bambini intraprendono di fronte ad un oggetto o una persona è data da tre ordini di fattori:

Le caratteristiche dell’oggetto: qui ci si riferisce sia alle caratteristiche fisiche degli oggetti quali dimensioni, peso, etc., sia alle caratteristiche di personalità, nel caso di adulti o altri bambini.

La presenza di modelli di riferimento: adulti o altri bambini forniscono dei modelli di comportamento che possono essere seguiti dal bambino. Questi può addirittura far propri ed elaborare, sulla base delle esperienze fatte, dei modelli di comportamento relazione e di attaccamento: i modelli operativi interni (M.O.I) (Bowlby). I M.O.I. rivestono un’importanza fondamentale nello sviluppo infantile in quanto costituiscono il substrato sul quale andranno ad appoggiarsi tutte le future relazioni d‘attaccamento del bambino. I modelli di riferimento sono, inoltre, molto importanti perché costituiscono anche un termine di paragone grazie al quale il bambino valuta il proprio operato. Essi danno la misura di ciò che si può fare e ciò che non si può; pongono i limiti all’azione e costituiscono, infine, un riferimento per l’apprendimento imitativo.

L’intenzionalità dell’azione: ogni bambino mette in atto dei comportamenti funzionali agli scopi per cui sono stati iniziati. Questi scopi, inoltre, sono dati da bisogni che il bambino cerca di soddisfare. Se un bambino ha fame, per esempio, si adopererà in maniera tale da appagare, richiedendo e attivandosi egli per primo, l’esigenza di cibo.

6.5 Osservare le relazioni in classe: il sociogrammaIl lavoro di molti psicologi ha permesso di sostituire all’osservazione casuale e alla conoscenza

intuitiva, l’osservazione metodica e scientifica del comportamento infantile, utilizzando appropriate tecniche e strumenti. Tramite l’osservazione sistematica dei comportamenti messi in atto dai bambini in classe, luogo nel quale il bambino fa la prima esperienza degli altri e delle regole sociali, si è giunti a constatare un certo numero di fenomeni sociali di grossa rilevanza:

Quando un bambino incontra altri bambini, egli non si dirige verso uno qualsiasi di essi ma scegli colui che potrà diventare suo partner anche se non lo conosce ancora.

I bambini più piccoli tendono a dirigersi verso quelli più grandi anche se quest’ultimi non li accettano. I bambini piccoli sono spesso molto attratti dalle attività dei bambini più grandi e per questo cercano di "rapportarsi" con loro fino al punto di sottomettersi o di stare in sordina.

Un bambino solo è sempre agitato ed instabile oppure annoiato, questo è vero anche per le situazioni in cui abbia a disposizione una grande varietà di giocattoli.

Le relazioni a due sono sempre più statiche di quelle del piccolo gruppo dove invece anche i conflitti possono essere affrontati e risolti senza che la relazione abbia per forza fine. Infatti, nelle relazioni diadiche, il conflitto o non viene espresso oppure nel caso in cui si palesi, viene risolto con la fuga di uno dei due attori in gioco. Questo è un fenomeno che capita spesso tra i bambini e i ragazzi in età scolare. Oltretutto le relazioni a due sono più stabili di quelle a più persone.

Si è notata una certa stabilità nella scelta dei partner, sia nelle relazioni a due che in quelle di gruppo.

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I bambini non gradiscono molto gli interventi degli adulti volti ad influenzare le sue scelte su chi frequentare, con chi giocare, studiare o semplicemente passare del tempo.

Le attività che denotano coesione e unità d’intendi sono molto più frequenti di quelle conflittuali.

I bambini che sono maggiormente benvoluti dai compagni sono quelli che appaiono ai loro occhi come più rassicuranti.

Ogni bambino quando entra a far parte di una classe mette in atto una ricerca attiva di relazioni cercando deliberatamente partners di gioco e di studio. In questa fase il processo comunicativo ha una grande importanza in quanto senza di esse non potrebbero esserci scambi di nessun tipo. L’interlocutore viene scelto sulla base delle sue capacità di accettazione e di scambio pertanto è colui che permette al soggetto di riconoscersi ed essere riconosciuto dall’altro. Il sentimento di sicurezza portato da delle relazioni positive incrementa anche l’impegno nelle attività didattiche e permette di vivere la situazione di gruppo in maniera gratificante. A volte però alcuni bambini tendono ad isolarsi o ad essere emarginati. Non è facile rendersi conto di tali situazioni per questo ogni insegnante che si appresti ad affrontare un percorso formativo con degli alunni, non può prescindere dalla conoscenza della situazione relazionale della classe in cui va a lavorare. Egli già mette in atto una sorta di osservazione delle interrelazioni affidandosi a ciò che vede tutti i giorni e riconoscendo le varie affinità speciali tra alcuni dei suoi alunni, le varie "cricche" che si formano, i rapporti di sottomissione che alcuni bambini intrattengono con altri.

Per rendere però questo tipo di osservazione più scientifica ed attendibile, è necessario ricorrere ad alcuni tecniche sociometriche che permettono di avere un quadro chiaro ed esaustivo dell’assetto socio-relazionale della classe. Una di queste è il sociogramma, una tecnica ideata da Jacob Lévi Moreno (1892-1974) accanto ad altre di sua invenzione: lo psicodramma, il role playing, o gioco di ruoli, e in genere vari esercizi di sociometria. Il sociogramma serve a conoscere meglio i propri alunni e a migliorare la situazione relazionale; un suo utilizzo è preferibile con un gruppo che già si conosce in profondità e con la volontà di andare fino in fondo a capire le interazioni vere che esistono tra i vari membri che lo compongono. Con il sociogramma si propone un mezzo semplicissimo per ottenere dati molto precisi sulla struttura dei gruppi: si rappresentano graficamente le relazioni interpersonali, raffigurando ciascun membro con simbolo e ogni relazione con un tratto che unisce tali simboli.

Il test sociometrico di Moreno consiste nel chiedere a tutti i membri del gruppo classe con quali compagni preferirebbero interagire maggiormente o non interagire affatto, per poter individuare le reti di comunicazione ed, eventualmente di conflitto, costruite all’interno dello stesso gruppo e la posizione in esso ricoperta da ogni singolo soggetto; altri quesiti permettono poi di verificare in modo con cui ogni soggetto percepisce la sua posizione nel gruppo, cioè la sua socioempatia positiva o negativa. Il sociogramma è quindi un grafico contenente due elementi fondamentali: dei simboli, indicati con cerchi, quadrati, nomi, sigle, che rappresentano i soggetti, e delle linee che rappresentano le scelte, i rifiuti e altre informazioni tratte dal test sociometrico. Si tratta di uno strumento di esplorazione che dà la possibilità di accertare la posizione degli alunni nel gruppo e tutte le interrelazioni che ha stabilito e che è in grado di stabilire potenzialmente. In questo modo si può vedere quali alunni sono più accettati della classe e quali meno, e quindi si può poi intervenire per risolvere le difficoltà di quei bambini che stentano ad instaurare rapporti significativi e vengono cosi emarginati.

Oltre all’individuazione di alunni in situazione problematica, il sociogramma permette anche di agire in un’ottica di miglioramento delle attività scolastiche. Dalla sua interpretazione si evincono anche delle informazioni sugli alunni che si preferiscono, o si trovano bene a lavorare o giocare insieme. Utilizzando queste informazioni l’insegnante potrebbe organizzare le attività didattiche in modo tale da far collaborare tra di loro gli alunni che sono più in sintonia. Come vedremo più avanti, si potrebbe organizzare la classe in gruppi di lavoro estremamente dinamici in quanto è possibile vedere come gli alunni si preferiscano per alcune attività e non per altre, evitando cosi il rischio di formare dei gruppi molto omogenei e poco permeabili, tipo il "gruppetto dei più bravi".

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Nel paragrafo 6.8 vedremo come si utilizza la tecnica sociometrica.Un altro interessante strumento, realizzato da Bastin  su un’idea di Proctor e Loomis, è il

Sociogramma individuale di distanza sociometrica (Bastin, 1963). "Questo sociogramma riproduce la distanza sociometrica esistente tra un determinato soggetto e tutti gli altri membri del gruppo. La distanza viene calcolata sulla matrice sociometrica facendo la somma algebrica dei 4 indici: rapporto sociometrico da A a B, rapporto sociometrico da B ad A, percezione sociometrica di A rispetto a B, percezione sociometrica di B rispetto ad A. Ad ogni scelta è assegnato il valore di  +1, ad ogni ripulsione il valore di  –1". (Bastin, 1963, p.58).

Il sociogramma individuale, allora, viene presentato sotto forma di 9 cerchi concentrici, al cui centro è situato il soggetto. Il primo cerchio, dal centro, vale  +4, il cerchio esterno vale  -4. Basta, quindi, disporre tutti gli altri soggetti del gruppo su uno di questi cerchi, tenendo conto della distanza sociometrica rilevata tra essi e il soggetto di cui si sta rappresentando il sociogramma individuale." (Bastin, 1963, p.60).

Molti studi hanno dimostrato come le scelte operate dagli alunni riguardo i propri compagni di classe sono determinate più dal grado di connessione affettiva che intercorre tra i bambini e dal sentimento di sicurezza e protezione che riescono ad offrire. Determinando le scelte relazionali, è ovvio che l’affettività gioca un ruolo cardine anche nel tipo e nella qualità delle attività che possono svolgersi in una classe, sia in quelle collettive che in quelle dove si agisce prevalentemente da soli. Le relazioni che si instaurano sono quasi sempre stabili, soprattutto per quanto riguarda la prima scelta, anche se tale stabilità non è assoluta in quanto le relazioni umane sono sempre logorate dal tempo, da errori comunicativi o semplicemente dalla conoscenza di altre persone. La natura evolutiva dei rapporti interpersonali provoca delle trasformazioni sia livello strutturale che a livello comunicativo nel gruppo dei bambini rendendo necessarie ulteriori indagini sociometriche a distanza di tempo o quando entri a far parte del gruppo-classe, o al contrario esca, un nuovo elemento, situazioni facilmente riscontrabili nel caso di bocciature o trasferimenti da altre scuole o classi.

È utile infine conoscere alcune caratteristiche dei gruppi che reggono le interazioni tra persone e determinano le strutture relazionali che si formano al loro interno. Una caratteristica molto importante è la numerosità di un gruppo: le relazioni a due, dette anche diadiche, sono molto importanti perché soddisfano il bisogno di essere riconosciuti ed accettati dall’altro ma presentano il limite di essere molto povere sul piano funzionale e comunicativo. Spesso poi sono rette più che da un reale legame affettivo, da vincoli disfunzionali di prevaricazione/sottomissione che alla lunga possono provocare sentimenti di disagio e malessere i quali, in una situazione come quella di una classe scolastica, sono deleteri rispetto al processo di crescita e di apprendimento degli alunni. Il gruppo, in pratica, inizia quando si ha l’incontro di almeno tre persone. In questo caso, il terzo individuo ha la funzione di mediare gli scambi tra gli altri due, favorendo lo sviluppo delle attività tramite l’integrazione e il confronto delle idee espresse in una dinamica che non sottostà più solamente alla logica di accettazione/rifiuto come potrebbe avvenire in una relazione a due. Infatti, la presenza di un terzo elemento impedisce alla relazione diadica di esprimersi in modo unicamente affettivo o di volgersi al conflitto. Ciononostante il gruppo di tre tende ad isolarsi dall’insieme-classe e sviluppare separatamente le proprie attività e i propri progetti, soprattutto quando le relazioni tra i suoi membri sono molto positive. I gruppi che contano quattro membri o più sono molto più creativi e dinamici di quelli più piccoli. Essi sono raramente isolati dal resto della classe in quanto, al loro interno, ci sono persone che lo ricollegano ad altri gruppi. Le idee che circolano sono tante e variegate, l’attività, se ben coordinata dall’adulto, può essere produttiva e piacevole. I gruppi più numerosi, dieci o più membri, tendono invece a suddividersi in sottogruppi, sono caratterizzato da scarso senso d’appartenenza che causa un minor impegno da parte dei soggetti coinvolti che si traduce spesso in menefreghismo riguardo le sorti del gruppo stesso. Esso inoltre è difficile da coordinare nel caso in cui debba operare per raggiungere determinati scopi e può determinare l’isolamento o addirittura l’esclusione di alcuni membri un po’ più timidi e timorosi di esprimere le proprie idee. Per questo motivo le classi scolastiche, come sono concepite oggigiorno, non sono dei gruppi ottimale per agevolare gli scambi relazionali e le attività e quindi la crescita degli alunni.

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6.6 Un protocollo per osservare e valutare gli alunni in classe

L’osservazione e la valutazione dei livelli di sviluppo raggiunti dai bambini comportano la valutazione degli interventi e dei percorsi didattici organizzati dalla scuola e dagli insegnanti. Da ciò si evince che il comportamento messo in atto dai bambini deve necessariamente essere considerato soltanto in base al contesto in cui esso si verifica, considerandolo come prodotto, da una parte, dell’interazione dei fattori sociali, emotivi, psicologici e di apprendimento propri dei membri che compongono quel gruppo-sezione, quindi sia dei bambini che degli insegnanti, dall’altra, della qualità della scuola come ambiente educativo di apprendimento.

Volgendo lo sguardo ai principi che sostengono la Psicologia clinica e la Psicologia di comunità, è possibile affermare come individuo e gruppo possano essere considerati all’interno di una circolarità dinamica, dove l’uno porta le sue capacità al servizio solidale degli altri, e dove il gruppo non contrasta l’individuo asservendolo ai suoi bisogni, ma assume invece una logica vitale di aiuto ai singoli, consentendo la loro massima valorizzazione.

Kurt Lewin, conscio di queste problematiche, propose una metodologia nuova per poter affrontare la dinamica delle relazioni tra l’individuo e la situazione reale, all’interno di una mutua relazione tra persone. La metodologia della ricerca-azione si concretizza oggi, da una parte, nella ricerca partecipata il cui valore principale sta nel concepire l’impegno sociale come momento centrale dell’educazione, avvicinando sempre più quest’ultima ai cambiamenti sociali e dunque tenendo presenti opinioni e necessità degli emarginati (pensiamo a tutti quei bambini che come afferma Canevaro (1976) si perdono nel bosco delle difficoltà psicologiche, affettive, relazionali, relative a problematicità dovute a ritardi dell’apprendimento o derivanti da deficit); dall’altra, nella ricerca-azione in classe il cui fondamentale valore è di permettere agli insegnanti di divenire consapevoli del loro essere educatori, migliorando così la loro professionalità.

Queste osservazioni consentono di guardare al gruppo-sezione e al gruppo-classe come ad un’entità dinamica –nel senso più concreto del termine- che giunge a possedere determinate qualità costruttivistiche socio-culturali:

Interdipendenza tra il bambino e l’ambiente (materiale e sociale); Attitudine all’osservazione e alla riflessione, sia co-partecipate che in

situazione, sulle azioni e sui comportamenti, finalizzata al ricorrente porsi in discussione;

Sviluppo dell’empowerment, ossia come apprendimento della ricerca personale e del gruppo delle risorse necessarie al “miglior” cambiamento.

Bisogna, inoltre, tener conto anche di quanto asserisce Vygotskij (1934): “Quanto i bambini fanno oggi insieme, tanto saranno in grado di farlo domani da soli”. Di capitale importanza, a tal proposito, diviene l’apprendimento cooperativo, una strategia tesa all’inclusione dell’altro: nel piccolo gruppo i bambini lavorano insieme per migliorare reciprocamente il loro apprendimento e il loro benessere fisico. Il lavoro in gruppo e lo scambio fra i bambini che ne fanno parte, quindi, né impediscono il lavoro individuale né favoriscono la

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dipendenza, al contrario facilitano i processi di autonomia per conseguire successi individuali1.

L’osservazione a scuola, da quanto detto sin qui, deve essere collegata alla qualità del Progetto educativo per poter consentire un riscontro congruente tra le potenzialità dei bambini e il raggiungimento-potenziamento delle loro competenze nelle varie componenti dello sviluppo.

6.6.1 Perché osservare e valutare

Partendo da quanto sostenuto nelle nuove indicazioni (2007) si può affermare che l’osservazione sia una sorta di modello strategico che consente di evidenziare i legami tra esperienze, capacità, abilità e competenze che si formano, si strutturano, si sviluppano, si trasformano lungo l’arco vitale.

Le tecniche per produrre una buona osservazione dovranno essere, pertanto, finalizzate a scomporre un certo fenomeno, un comportamento, un’azione, cercando di cogliere per ognuno le relazioni esistenti tra gli elementi che lo compongono. Dobbiamo però alla fine di questo processo cogliere anche la relazione tra le parti e il tutto in modo da non perdere di vista la “persona” intera.

L’osservazione è dunque non soltanto un mezzo, ma anche un fine, ossia il bisogno di evidenziare nella pratica quotidiana tutta l’informazione che consente di procedere alla costruzione dinamica del progetto personalizzante delle attività educative (Tab. 2.1.).

Tab. 2.1. Le caratteristiche di un buon osservatore

COME DEVE ESSERE COSA DEVE SAPER FARE

1. Essere competente per capire il rapporto di causa-effetto del fenomeno osservato

2. Essere intuitivo per comprendere le tendenze personali che possono inficiare il giudizio

3. Avere esperienza e ricchezza di esperienze sociali

4. Possedere un’intelligenza sociale che favorisce la corretta

1. Saper rilevare gli affetti, lo stile personale e le intenzioni (comunicazione interpersonale relativa ai messaggi non verbali).

2. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa ai messaggi verbali.

3. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa ai messaggi misti (messaggi verbali e non verbali).

1 Chi lavora con gli alunni diversamente abili sa che il progetto personalizzato si fonda soprattutto su un’impostazione che vede “legati” gli aspetti cognitivi e affettivo-relazionali. A livello metodologico tale prospettiva si collega all’apprendimento cooperativo. Le risorse sono proprio quei compagni che vivono insieme all’alunno diversamente abile la quotidianità scolastica. All’interno di un piccolo gruppo si vengono a condividere responsabilità e impegno, affinché il miglioramento delle relazioni sociali possa condurre ad un livello di apprendimento il più elevato possibile. Questo riguarda il cosa ci si aspetta che l’alunno apprenda, ossia l’attualizzazione delle potenzialità, delle capacità che verranno a trasformarsi in competenze. L’insegnante diviene un mediatore di cultura, un mediatore delle relazioni che insegna a saper distinguere il significato della dipendenza (“L’altro è il mio tutor ma io imparo a lavorare da solo.”) dalla contro-dipendenza (“Se me lo dici tu, io non lo faccio proprio!”, della contro-dipendenza dall’inter-dipendenza (“Facciamolo insieme!”). Anche il progetto riformatore per produrre autonomia del singolo professionista e dell’istituzione (dal centro alla periferia) deve essere sempre più indirizzato all’interdipendenza (scelte condivise) e sempre meno alla dipendenza (assenza di scelte condivise) e alla controdipendenza (semplice opposizione conflittuale). Imparare a crescere nella scuola che insegna a crescere: questa è la nostra finalità (Sasso, 2004).

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valutazione degli altri nel saper predire un loro probabile comportamento

4. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa al contesto.

Dunque per conoscere il bambino in situazione e verificare il grado di sue eventuali compromissioni in ordine a problemi relazionali o cognitivi, partiamo con l’osservazione dei rapporti che si sviluppano all’interno della classe, verificando anche come il bambino possa vivere il gruppo dei coetanei.Per avere un quadro completo dell’evoluzione della personalità del bambino, potremo utilizzare dei test proiettivi come il disegno test della figura umana, il disegno test della famiglia, il disegno test della famiglia di animali, il disegno test dell'albero, il disegno test della casa, della famiglia. La valutazione di tali test può consentirci, a livello preventivo, l’individuazione di situazioni di disagio.

Le informazioni, una volta raccolte, potranno concorrere all’elaborazione di progetti da sviluppare in classe. Si veda, ad esempio, la scheda per la segnalazione di casi di disagio, ad opera degli insegnanti di classe, adottata in un Circolo Didattico di Roma.

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONEUFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO

DIREZIONE DIDATTICA STATALE138° CIRCOLO - “G. B. B A S I L E” RMEE138009 Dist.16°

Telef. e Fax (06) 2011102 - e-mail: [email protected] Merope, 24 - 00133 ROMA

SCHEDA SEGNALAZIONE CASI DI DISAGIO

DATA DELLA SEGNALAZIONE

Al Dirigente scolastico Al referente del Dipartimento Integrazione

SCUOLA DELL’INFANZIASCUOLA PRIMARIA

CLASSE SEZIONE

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INSEGNANTI CHE SEGNALANO IL CASO

INFORMAZIONI SULL’ALUNNO

NOME

COGNOME

DATA E LUOGO DI NASCITA

INDIRIZZO

TELEFONO

HA SEMPRE FREQUENTATO QUESTA SCUOLA?

SE NO, DA QUALE SCUOLA PROVIENE?

E’ RIPETENTE?

SE SI, QUALI CLASSI HA RIPETUTO?

PER QUANTE VOLTE?

Indicazioni sulla classe in cui è inserito l’Alunno

NUMERO ALUNNI

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SI NO

N0SI

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NUMERO MASCHI

NUMERO FEMMINE

Sono presenti alunni già seguiti da un Insegnante di Sostegno?

Quanti?

Per quante ore?

Nome e Cognome Ins.te di Sostegno

GIUDIZIO COMPLESSIVO SULLA CLASSE (rendimento, comportamento, socialità)

MOTIVO DELLA SEGNALAZIONE

NOTIZIE SUL COMPORTAMENTO

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NOTIZIE SULLA SOCIALIZZAZIONE: RELAZIONE CON GLI ADULTI E CON I PARI

NOTIZIE SULL’APPRENDIMENTO

Da quanto tempo si sono evidenziate tali difficoltà?

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Quali tentativi sono stati fatti per risolverle nella scuola?

Quali tentativi sono stati fatti per risolverle nella classe?

INFORMAZIONI SUL RAPPORTO SCUOLA-FAMIGLIA

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FIRMA INSEGNANTI

IL DIRIGENTE SCOLASTICO Prof. Salvatore SASSO

COME SI INTENDE SVOLGERE IL PROGETTO

OBIETTIVI

DURATA

SVILUPPO (TAPPE)

VERIFICA

VALUTAZIONE

6.7 Cosa osservare e valutareLo sviluppo dei rapporti con i coetanei

Fra due e i sei anni di vita, il bambino si avvia sempre più a interagire con i coetanei in maniera attiva, sviluppando verso di loro un diverso tipo di rapporto sociale e aumentando così le possibilità di gioco e di scambio comunicativo.

L’acquisizione progressiva dei comportamenti a livello sociale danno modo al bambino di imparare a comunicare in modo adeguato all’interno di un contesto sia con i gesti che con la voce, ad approcciarsi agli altri in modo efficace per richiamare la loro attenzione e dunque farsi ascoltare, a individuare strategie

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per ottenere il loro affetto, a difendersi da attacchi aggressivi, a saper scegliere il momento giusto per poter chiedere od offrire collaborazione. Imparare a stare con gli altri offre, inoltre, al bambino l’opportunità di saper controllare le sue inclinazioni individualistiche e a saper governare risposte emotive contro il piacere di stare semplicemente insieme.

L’interesse per i pari ha inizio in età molto precoce. Infatti, se mettiamo su un tappeto due bambini di sei mesi l’uno di fronte all’altro essi inizieranno immediatamente a toccarsi, a tirarsi i capelli, a sorridersi e a imitare le azioni dell’altro (Hay, Nash e Pedersen, 1983). Vediamo nella tabella che segue come avviene il successivo sviluppo delle interazioni nella prima e nella seconda infanzia (Tabella 2. 21.).

Tab. 2.21. Lo sviluppo delle interazioni nella prima e nella seconda infanzia

Età in cui avvengono le

interazioni

Modalità dell’interazione Autori

10 mesi I bambino preferiscono giocare ancora con gli oggetti. Possono “giocare” l’uno con l’altro se non hanno altro materiale.

Harper e Huie, 1985.

14-18 mesi Due bambini possono iniziare a giocare insieme con lo stesso oggetto, a volte collaborando, altre volte stando vicini ma giocando con altri oggetti.

Harper e Huie, 1985.

14-24 mesi I bambini pur avendo interazioni sociali reciproche, non hanno ancora “vere” amicizie.

Howes, 1983; 1987.

24-36 mesi I bambini utilizzano l’altruismo, un comportamento sociale positivo che consiste nell’offrirsi per aiutare un bambino che si è fatto male oppure nel dare un giocattolo ad un compagno oppure nel confortare un altro bambino.

Zahn-Waxler, Yarrow, 1982; Marcus, 1986.

36-48 mesi A 3 anni e mezzo solo il 20 per cento mostra segni di una stabile amicizia; la metà del gruppo osservato a 4 anni giocava più spesso con lo stesso compagno

Hinde, 1985.

2-5 anni Le amicizie sono prevalentemente fra bambini dello stesso sesso (35%).

Gottman, 1986.

Dopo i 6 anni I bambini di seconda elementare facevano il nome di almeno quattro amici. Molte amicizie rimangono stabili.

Reisman, Shorr, 1978.

Diviene quindi necessario, sia per gli insegnanti come per gli psicologi, comprendere l’essere sociale del bambino all’interno di una rete di relazioni di

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cui fanno parte i suoi pari e quanto tale processo si sviluppo per la maggior parte dl tempo a scuola.

La classe non può essere pensata soltanto come un aggregato di tipo amministrativo (la classe seconda primaria sezione B), ma in qualità di un’organizzazione sociale la cui principale finalità è quella di far apprendere e sviluppare modalità più efficaci per la costruzione dei rapporti sociali. Come si è già detto più sopra, la scuola richiede al bambino di mettere in atto comportamenti sociali adattivi insieme allo sviluppo di competenze cognitive. Ciò vuol dire che l’adattamento sociale del bambino, in età scolare, non è un bisogno che proviene dall’esterno ma corrisponde ad un suo bisogno primario, che rappresenta un degli indici di benessere individuale.

Da quanto si può dedurre dalla tabella, i processi sociali rappresentano la rete che aiuta lo sviluppo; infatti, più essa è fitta di connessioni con le altre persone, più rilevante sarà il contributo nei confronti dello sviluppo.

Le relazioni tra i bambini non hanno però sempre un carattere positivo e tale tipo di osservazione, riferito, in questo caso ai processi di attrazione e repulsione, spesso sfugge all’adulto che potrebbe interpretare in maniera moralistica alcune “chiacchiere” che i bambini utilizzano per porre in risalto aspetti meno simpatici o più negativi di alcuni compagni. Ma tale processualità relazionale deve tener conto delle variabili contestuali. Infatti, i bambini valutano nel “qui ed ora”, considerando quelle variabili più prossimali che positivamente o negativamente influenzano il suo sviluppo, sia a livello generale sia a livello sociale.

Durante gli anni della scuola primaria, infatti, viene a svilupparsi la socializzazione di tipo secondario, la cui caratteristica riguarda non solo l’aumento del numero delle persone (pari e/o adulti) diverse da quelle familiari con le quali il bambino ha interazioni, ma, come affermano Ghisleni e Moscati (2001, pag. 65), anche la diversificazione dei ruoli a seconda delle realtà sociali in cui viene a trovarsi.

Bisogna comunque specificare come sia necessario non solo interagire con gli altri, ma che tali interazioni siano caratterizzate da durevolezza e significatività all’interno di un gruppo, come quello classe, che perdura nel tempo di un quinquennio.

La classe, secondo Anna Oliverio Ferraris (2002), non è solamente un luogo in cui può essere favorito l’apprendimento dei bambini, ma anche un ambiente in cui il bambino può misurarsi con due processi: la socializzazione e la socialità. La socializzazione ha come obiettivo quello di favorire l’interiorizzazione delle regole collettive, ossia di quei modelli di condotta e di valori sociali che consentono di sviluppare il sentimento di appartenenza ad una collettività. Mentre la socialità si riferisce alla capacità di entrare n relazione con gli altri, chiunque essi siano, ma raramente viene vissuta in modo adeguato.

Si trascura infatti di considerare come nel passaggio dalla famiglia alla scuola, mentre la maggior parte dei bambini si dimostra capace si trasferire facilmente le proprie abilità nel costruire relazioni con gli adulti dal genitore all’insegnante, alcuni d essi non presentano analoga capacità di trasferire l’abilità di instaurare strette relazioni con pari, a causa della mancanza di precedenti opportunità ed esperienze.

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La classe viene allora ad assumere anche il significato di meccanismo integrativo nella costruzione della socialità del bambino, volto a fornire le competenze sociali di cui il bambino non risulti eventualmente in possesso. Infatti, anche se il bambino ha frequentato la scuola dell’infanzia, esiste ancora la necessità che egli sviluppi le competenze sociali. Bisogna ancora sottolineare le differenze nello sviluppo e le necessarie integrazioni: se il bambino nella scuola dell’infanzia aveva imparato a diventare un partner nel gioco, ora nella scuola primaria dovrà imparare a negoziare la sua relazione con i pari. Durante gli anni della scuola primaria, infatti, i bambini sviluppano una maggiore selettività nella scelta dei compagni. Pertanto, i gruppi sociali non si formano più in maniera casuale perché i bambini cercano compagni a loro più affini.

Quindi la classe, a livello strutturale, può evidenziare, attraverso l’osservazione, la presenza di “cricche” ossia piccoli gruppi di bambini dello stesso sesso che contengono da tre a nove membri (Harris, Butterworth, 2002).

Per quanto riguarda l’amicizia, come forza ispiratrice dello sviluppo delle relazioni sociali tra i bambini, possiamo dire che cambiamenti relativi a tale concetto avvengano in maniera graduale: mentre i più piccoli hanno una visione pragmatica, ossia tendono ad utilizzare nel periodo della scuola dell’infanzia come criterio fondamentale quello che utilizza come nozione di amicizia il portare avanti insieme un’attività nel “qui ed ora”, i più grandi giungono ad utilizzar una visione più idealizzata. Questo significa che negli anni della scuola primaria i bambini imparano a sceglier amici non solo in base a caratteristiche esteriori quali l’aspetto fisico, le abilità, le risorse possedute (i criteri di attrazione nell’età prescolare), ma anche tenendo in considerazione l’ammirazione, l’accettazione e la lealtà reciproca (Bombi, 1999, pag. 341). Possiamo aggiungere che verso i sette-otto anni i bambini sono ancora influenzati da una visione amicale molto pragmatica (Bigelow, 1977).

Se affrontiamo la relazione tra amicizia e l’essere maschi o femmine, possiamo dire che verso i sette-otto anni i bambini tendono a costituire gruppi amicali ripartiti per genere: mentre le bambine però amano l’intensità della relazione, i maschi vivono legami più estesi che si concretizzano in un’attiva partecipazione dei bambini ad attività e giochi di gruppo, giungendo ad attribuire maggiore importanza alla solidarietà del gruppo (Fonzi, 1977, pag. 50).

I bambini della scuola dell’infanzia, secondo la Bombi, 1994, pag. 327, sviluppano un’identità collettiva che li porta a considerarsi come gruppo sociale particolare, ossia quello dei bambini i cui comportamenti sono differenti da quelli messi in atto dal gruppo degli adulti. Questi piccoli sono in grado di riconoscere le differenze tra gli appartenenti al proprio gruppo e le persone estranee ad esso. Durante la frequenza della scuola primaria, alla capacità di distinguere tra appartenenti e non al proprio gruppo i bambini associano l’esplicita preferenza per i primi. Da queste considerazioni possiamo comprendere come i diversi gruppi, che si formano all’interno di una classe e i cui compoenti sono o tutti maschi o tutte femmine, resistono ai tentativi di integrazioni promossi dall’adulto.

Queste ricerche ci fanno comprendere come il bambino, dall’ingresso nella scuola primaria in poi, concepisca il tempo trascorso a scuola come un vero e proprio spazio di autonomia rispetto alla famiglia. Può accadere che, nel corso degli anni la graduale diminuzione del controllo diretto d parte degli insegnanti,

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faccia diventare i bambini estremamente abili nel gestirsi spazi di autonomia con “attività sotterranee” totalmente o parzialmente sconosciute agli insegnanti.

La classe, le cui caratteristiche iniziali sono quelle di un aggregato sociale ch consente di impartire istruzione ad un’età specifica, si sviluppa gradualmente in una entità significativa, dotata di esistenza reale (Speltini, Palmonari, 1999) e di una propria precisa fisionomia che spesso si impone agli insegnanti.

È importante che il senso di appartenenza ai gruppi non prevalga su quello di appartenenza alla classe. Infatti se la struttura sotterranea dei piccoli gruppi diventasse esplicita, potrebbero verificarsi conflitti, per la cui risoluzione sarebbero necessari interventi specifici da parte degli insegnanti.

A livello sociale si può confermare come durante la scuola primaria si verifichino le maggiori ramificazioni dello sviluppo. Non è un caso che proprio a partir dalla scuola primaria che alcuni bambini vengano definiti “asociali”, caratteristica che diventa nel corso degli anni un’etichetta.

Affinché l’insegnante possa diventare un promotore dei processi di socializzazione e di socialità, deve possedere la conoscenza delle strutture sociali che si costituiscono spontaneamente tra gli alunni. Se questo non fosse, le differenze tra le norme e le regole che egli proporrà a livello generale e le norme e le regole valide all’interno dei gruppi spontanei saranno troppo divergenti e ciò comporterà difficoltà nella gestione della classe.

L’insegnante perciò deve essere consapevole del ruolo di potenziamento che la classe possiede nei confronti di tutte le capacità dei bambini, non solo i quelle cognitive, ma anche di quelle sociali. A maggior ragione si deve tener conto che tale potenziamento può agire sia in direzione positiva sia in direzione negativa.

Cosa significa tutto ciò? Se il bambino popolare può trovare in classe le condizioni migliori per sviluppare le proprie abilità di relazioni sociali, al contrario i bambini isolati o marginali potranno ricevere un danno più grave di quello che accadrebbe in altri contesti. Infatti le esperienz sociali negative vissute nella scuola primaria lasciano tracce indelebili nella memoria e nella personalità degli alunni.

Fino ad oggi la capacità dell’insegnante di promuovere la socializzazione e la socialità, è soprattutto legata a componenti individuali di personalità piuttosto che a competenze professionali specifiche, fondate anche sul ricorso strumenti scientifici.

Per questo motivo l’analisi dei legami affettivi tra i bambini e la valenza positiva o negativa che possiedono, così come il concetto di “altro” che, sia pure inconsapevolmente, influenza le relazioni reciproche, devono ricevere l’attenzione necessaria, in primo luogo da parte dell’insegnante ma anche da parte di uno psicologo che all’interno della classe si proponga un qualsiasi intervento.

Il test sociometrico può essere uno degli strumenti di cui l’insegnante impara a servirsi per gestire efficacemente gli alunni. I dati che permette di raccogliere non soltanto consentono di conoscere lo status sociale reale di ogni bambino, ma possono essere utilizzati anche per un’autovalutazione dell’efficacia della propria azione.

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Il lavoro di elaborazione e interpretazione dei dati induce a “pensare” tutti i bambini indistintamente e con un’attenzione maggiore da quella consueta. Tale prospettiva produce già da sola modifiche positive nella realtà sociale della classe.

Vediamo ora come poter rappresentare e riconoscere i fenomeni sociali che si manifestano all’interno di una classe considerata come gruppo. Le procedure sociometriche, secondo Moreno (1953), aiutano ad osservare i diversi aspetti della situazione sociale che si è stabilita, come i rapporti interpersonali, la rete e la struttura delle relazioni tra i membri del gruppo, il grado di accettazione di un bambino da parte degli altri, l’opinione che il gruppo ha nei confronti dei singoli appartenenti ad esso. Secondo Nothway, la sociometria non misura le relazioni tra le persone, ma consente di portare alla luce come si sono formate (1959), permettendo di osservare tutte quelle strutture invisibili a livello macroscopico (Moreno, 1953).

Da quanto detto, possiamo evincere come la sociometria possa integrare l’osservazione, consentendo di individuare elementi difficilmente rilevabili ad “occhio nudo”.

I diversi strumenti legati alla sociometria, quali lo psicodramma, il sociodramma, il test di percezione sociometrico e lo stesso test sociometrico, possono essere ritenuti sia degli strumenti per fare una diagnosi sia per fini terapeutici.

6.8 Il test sociometricoIl test sociometrico consiste nel chiedere ai bambini con chi vogliono

svolgere una determinata attività. Sono gli stessi insegnanti che possono predisporlo e somministrarlo. Le scelte dei bambini sono riportate sulla matrice sociometrica, dalla quale è possibile ricavare un diagramma che mostra graficamente le scelte dei singoli bambini e la situazione della classe. Per la rilevazione sociometrica è necessario predisporre tre o quattro domande (criteri), dando la possibilità ad ognuno di formulare per ognuna al massimo tre o quattro scelte(Tab. 2. 23.). Un compagno scelto nel primo criterio può essere ripetuto negli altri due/tre. Alla fine avremo in totale, per ogni bambino, nove oppure sedici scelte.

Tab. 2.23. Le domande da porre ai bambini per la rilevazione sociometrica

Criteri Domande Categoria Criterio sociale (1)

Con chi ti piacerebbe/non ti piacerebbe fare i compiti in classe?

Situazione scolastica

Criterio personale (2)

Chi vorresti/non vorresti come compagno di banco?

Situazione scolastica

Criterio Chi inviteresti/non inviteresti Situazione

23

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personale (3) alla festa del tuo compleanno?

extrascolastica

Criterio sociale (4)

Con chi vorresti/non vorresti giocare fuori della scuola?

Situazione extrascolastica

Le scelte dei bambini devono essere riportate successivamente nella matrice sociometrica, seguendo l’ordine dei criteri.

Nell’esempio che segue, sono stati adottati i primi tre criteri della tabella, e inoltre ponendo le domande ai bambini soltanto in termini positivi, anche se il test consente di invitare a esprimere scelte e rifiuti nei confronti dei compagni appartenenti alla classe. Infatti alcuni sociometristi, quali Bastin (1961) e Marhaba (1974), hanno evidenziato come la formulazione indicante il rifiuto possa creare malessere ai bambini sia con conseguenti resistenze al test sia con l’evidenziazione di intolleranze o divergenze all’interno della classe. Per altri autori (Hayvren, Hymel, 1984; Coie, Dodge, Coppotelli, 1982), è vero anche il punto di vista contrario, in quanto l’espressione del rifiuto permetterebbe di individuare situazioni che altrimenti rimarrebbero nascoste, dando la possibilità all’insegnante di gestire la classe in modo efficace.

Un elemento importante riguarda il verbo al condizionale con il quale devono essere poste le domande. Questo perché, secondo Marhaba (1974), la frase deve sottintendere l’inciso –se non vi fosse alcun impedimento.

Le modalità di somministrazione del test sociometricoEssendo un test “carta e matita”, per la somministrazione bisogna avere

tre o quattro foglietti (dipende dai criteri utilizzati) su ognuno dei quali sia scritta una domanda relativa sia alle scelte che ai rifiuti.

È meglio somministrare il test quando tutti gli alunni sono presenti, sia perché tutti partecipino, sia perché gli assenti potrebbero essere dimenticati nel compiere le scelte o rifiuti. Nel caso in cui ci fosse qualche compagno assente, l’insegnante o lo psicologo deve ricordare i nomi dei bambini che mancano.

I foglietti vanno distribuiti uno ala volta; pertanto il secondo andrà dato agli alunni quando tutti avranno riconsegnato il primo. Andrà chiarito che le scelte o i rifiuti da effettuare riguardano soltanto i compagni della classe.

Un consiglio è quello di somministrare il test una volta che il gruppo classe si è avviato. Quindi non andrà mai utilizzato nei primi mesi di scuola si per le classi di nuova formazione, sia per le cassi dove vi sono stati nuovi inserimenti. Consideriamo attentamente il ruolo degli alunni diversamente abili, in quanto, anche se questi non fossero in grado di esprimere scelte neanche a voce, dovranno comunque essere soggetti a scelte o rifiuti.

Il proprio nome:___________La classe:__________________________Chi vorresti come compagno di banco?Elenca tre nomi:

24

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1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________

Il proprio nome:___________La classe:__________________________ Con chi ti piacerebbe fare i compiti?Elenca tre nomi:1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________

Il proprio nome:___________La classe:__________________________Chi inviteresti alla festa del tuo compleanno?Elenca tre nomi:1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________GRAZIE PER L’IMPEGNO.  

6.9 La matrice sociometricaÈ la prima forma di elaborazione dei dati ricavati dalle risposte di scelta e/o

rifiuto del questionario sociometrico. È una tabella a doppia entrata nelle cui colonne (a livello verticale) sono inseriti i nomi degli alunni nominati e nelle cui righe (a livello orizzontale) sono inseriti i nomi degli alunni nominanti, in ordine alfabetico e con accanto il sesso. La distinzione può essere fatta anche tra maschi e femmine, scrivendo nell’elenco prima le femmine e poi i maschi o viceversa.

Per riportare le scelte relative ai diversi criteri può essere indicato con lo 0 la mancata scelta e con 1 la scelta effettuata; nel caso dei rifiuti, con lo 0 il non rifiuto e con -1 il rifiuto effettuato.

NOMI DEI BAMBINI

AA BB CC DD EE FF GG LL MM NN PP RR SS TT UU VV ZZ

TOTALE SCELTE EFFETTUATE PER OGNI CRITERIO

AA ♀

001 010 101 111 010 233 8

BB ♀

-

CC ♀

101 011 100 001 010 223 7

DD ♂

100 010 101 100 011 011 333 9

EE ♀

010 101 011 010 132 6FF ♂

111 111 011 233 8

GG ♀

010 001 101 100 111 010 323 8LL ♀

010 010 001 100 101 222 6

MM ♀

011 111 100 100 001 323 8NN ♀

010 010 100 101 001 222 6

PP ♂

101 100 001 010 011 110 333 9

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RR ♂

010 001 111 011 133 7SS ♂

010 001 111 122 5TT ♂

001 111 111 223 7

UU ♀

010 010 101 001 111 233 8VV ♀

011 010 101 111 233 8

ZZ ♂

010 001 011 111 133 7TOTALE SCELTE RICEVUTE PER OGNI CRITERIO

132 010 262 013 302 171 414 402 102 200 101 002 579 466 001 4106

TOTALE SCELTE RICEVUTE PER OGNI CRITERIO

STATUS SOCIOMETRICO

(A)6 1 10 4 5 9 9 8 3 2 2 2 21 16 1 - 20

STATUS SOCIOMETRICO

Media = 6,52

N. DELLE PERSONE CHE LO HANO SCELTO

(S)

4 1 8 3 3 7 5 4 2 2 2 2 11 6 1 - 11

N. DELLE PERSONE CHE LO HANO SCELTO

ESPANSIONE EMOZIONALE

EE=C+A

14 1 17 13 11 17 17 14 11 8 11 9 26 23 8 8 31 ESPANSIONE EMOZIONALE

EE=C+A

ESPANSIONE SOCIALE

ES=EE+S=

C+A+S

18 2 25 16 14 24 22 18 13 10 13 11 37 29 9 8 42 ESPANSIONE SOCIALE

ES=EE+S=

C+A+S

lEADERSHIP

L=S+A

10 2 18 7 8 16 14 12 6 4 4 4 32 22 2 - 31 lEADERSHIP

L=S+A

amico preferito scelta reciproca

Fig. 2.9. La matrice sociometrica.

6.9.1 Come leggere la matrice sociometricaNella matrice possiamo individuare dei totali per riga e dei totali per

colonna.I totali di riga si riferiscono alle scelte e/o ai rifiuti compiuti da ogni

bambino nei confronti degli altri compagni della classe (Indice C). Il numero totale rappresenta i bambini presi in considerazione in termini di scelte e di rifiuti, relativamente ai 3 o 4 criteri. Ad esempio, il bambino DD sceglie sei compagni: CC per il primo criterio, FF per il secondo, GG per il primo e il terzo criterio, PP per il primo criterio, TT per il secondo e il terzo, infine ZZ per il secondo criterio. L’indice ci consente di comprendere se nell’indicare le preferenze il bambino faccia riferimento alle caratteristiche di personalità dei compagni o se faccia riferimento alle abilità nelle diverse situazioni (il compagno scelto per fare i compiti e non per la gita)

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Sotto ogni colonna sono riportati, invece, i punteggi totali, relativi alle scelte e/o ai rifiuti ricevuti da ogni bambino per ogni criterio. Ad esempio, la bambina AA è stata scelta una volta per il primo criterio, tre volte per il secondo, 2 per il terzo. I punteggi ai vari criteri sommati tra loro consentono di individuare lo status sociometrico di ogni bambino (Indice A), ossia il grado di accettazione sociale da parte della classe (Marhaba, 1974), rivelando quindi il grado in cui la classe si pone verso il singolo bambino (Vermigli, 1994). L’importanza di questo indice è data dal fatto che, da una parte, lo status è influenzato dal comportamento del bambino in classe e, dall’altra, è proprio per la posizione che ricopre in classe che egli verrà riconosciuto dai compagni e dall’insegnante. Il punteggio può essere elevato, medio o debole. Le dimensioni di riferimento si sviluppano sia lungo la linea di popolarità-isolamento (sommando le scelte), sia lungo la linea di esclusione-accettazione (sommando i rifiuti). Lo status sociometrico viene calcolato basandosi sulla media della classe: i bambini considerati popolari sono quelli il cui punteggio si discosta dalla media. La stessa considerazione vale per i bambini rifiutati. Lo scarso numero di scelte e di rifiuti riguarda i bambini marginali, mentre chi non riceve né scelte né rifiuti sono i cosìddetti bambini isolati. Nel caso in cui i bambini avessero lo stesso numero di scelte e rifiuti possono essere considerati come bambini controversi.

Possiamo quindi concludere dicendo che lo status sociometrico fornisce indicazioni sullo spazio psicologico che un bambino occupa nella mente dei compagni e non tanto sulla quantità e qualità delle interazioni che egli intrattiene con gli altri. Il focus riguarda soltanto la posizione del bambino nel gruppo e non i processi che hanno prodotto tale posizione (Bombi, 1994b).

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Osservando la tabella, possiamo vedere come esista una bambina isolata, altri marginali e tre, con gradualità diverse, popolari. Il bambino isolato è come se fosse nella classe fosse trasparente perché non è considerato da nessuno. I bambini nella media sono a basso impatto, in quanto quelli ad alto impatto sono pochi.

Nella classe considerata, nonostante il numero delle femmine sia più elevato (10) rispetto ai maschi (7), i tre bambini con alta popolarità sono presenti fra questi ultimi. Fra gli altri quattro per due medio bassa, per gli altri due è bassa. Fra le femmine possiamo vedere come la stessa popolarità sia medio-bassa per quattro soggetti e bassa per i rimanenti. Tale distinzione può essere ottenuta osservando anche il sociodramma e i relativi punteggi inseriti all’interno dei settori. La bambina che non può essere inserita all’interno di nessun settore è quella che è stata definita isolata.

Un altro indice cui fare riferimento è quello che definiamo come S, ossia il numero dei compagni che hanno scelto il soggetto, rappresentando la ricettività sociale.

Se A, S e C sono considerati come indici individuali di ciascun bambino, possiamo, partendo da questi indici, costruire degli indici collettivi che riflettono i legami di ognuno con il proprio gruppo classe:

1. Indice di Espansione emozionale (EE), ossia numero dei membri del gruppo verso cui il soggetto prova interesse. Il suo calcolo si

La dimensione popolarità/marginalità/isolamentoAlunniMaschi (♂)

Femmine (♀)Totale scelte Dimensione popolarità/marginalità/Isolamento

Media = 6,52 = 7Status sociometricoSS♂21PopolareZZ♂20PopolareTT♂16PopolareFF♂9Basso

impattoDD♂4MarginalePP♂2MarginaleRR♂2MarginaleCC♀10Basso

impattoAA♀8MarginaleGG♀9Basso impattoLL♀6Basso

impattoEE♀5MarginaleMM♀3MarginaleNN♀2MarginaleBB♀1MarginaleUU♀1Marginale

VV♀-Isolato

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ottiene sommando il numero dei compagni scelti a cui aggiungere le scelte totali dei compagni nei propri confronti (EE=C+A);

2. Indice di Espansione sociale (ES), ossia il numero dei membri del gruppo che interessano al soggetto e quello di coloro a cui egli stesso è interessato. Si calcola facendo: E S = E E + S = C + A + S;

3. Indice di Leadership, ossia il numero che indica il grado di interesse che un individuo riscuote nel gruppo, la sua posizione sociale. Si calcola facendo: L = S + A.

Dall’analisi e la comparazione dei dati così ottenuti è possibile tentare di interpretare le dinamiche interne al piccolo gruppo basando le proprie considerazioni su dati oggettivamente ricavati per via empirica.

È logico che occorra ripetere il sociogramma dopo un arco di tempo significativo, per avere maggiore possibilità di controllo della bontà dei risultati a cui si è pervenuti, ma anche per poter "monitorare" l’evoluzione delle relazioni sociali in gioco.

6.10 La classificazione sociometrica di un bambinoSe ora volessimo descrivere il bambino in base a alcuni fattori individuali potremmo farlo in

base alle caratteristiche inserite nella tabella che segue (Moreno, 1953).

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6.10.1 La coesione di gruppoElemento fondamentale del gruppo è la coesione che esso manifesta al suo

interno. L’indice di coesione, secondo Carli e Mosca (1980), rappresenta la forza dei legami tra gli individui ch appartengono al gruppo.

Può essere individuato come il risultato dl rapporto tra le scelte reciproche positive e il numero dei soggetti del gruppo. La formula è: Coesione = totale delle scelte reciproche positive : il numero totale dei componenti del gruppo.

6.10.2 La rappresentazione grafica delle relazioni socialiSecondo Jakob Moreno (1953), la matrice sociometrica si rferisce

soprattutto a materiale non ancora elaborato e quindi può non mettere a fuoco i fato sociometrico veri e propri.

Il passo successivo è la quindi costruzione del sociogramma circolare che consente di visualizzare la struttura della classe, evidenziando i sottogruppi, la posizione periferica di alcuni bambini e quindi la rete dei rapporti dei bambini e il “traffico” comunicazionale.

6.11 Il sociogramma

La classificazione sociometrica di un soggettoCaratteristicheClassificazioneBambiniIl soggetto che sceglie

altri soggettiPositivoIl soggetto che non sceglie altri soggettiNegativoNessuno sceglie il soggetto e il soggetto non sceglie

nessunoIsolatoIl soggetto riceve più della metà delle scelte che gli sono consentiteAttiranteIl soggetto riceve più della metà dei rifiuti che gli sono consentitiRifiutato Effettua più della metà delle scelte

che gli sono consentiteAttiratoEsprime più della metà dei rifiuti possibili.Rifiutante

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Il sociogramma aiuta a conoscere meglio i propri alunni e a migliorare la situazione relazionale e consiste in un metodo d'osservazione delle relazioni all’interno di un gruppo.

La sociometria, metodo sperimentale e scienza della società, è stata definita e formulata nel 1951 dallo psicologo e sociologo romeno Jakob Levy Moreno (1892-1974) che elaborò anche un insieme di tecniche particolari di analisi nelle relazioni all'interno di un piccolo gruppo. Il grande merito di Moreno è di aver proposto un mezzo semplicissimo per ottenere dati molto precisi sulla struttura dei gruppi: ha pensato di rappresentare graficamente le relazioni interpersonali, raffigurando ciascun membro con un cerchio o un triangolo o un quadrato…, e ogni relazione con un tratto che unisce cerchi e triangoli o quadrati.

A queste rappresentazioni grafiche Moreno ha attribuito il nome di sociogrammi. Il test sociometrico di Moreno, come si è visto, consiste nel chiedere a tutti i membri del gruppo classe con quali compagni preferirebbero interagire maggiormente o non interagire affatto, per poter individuare le reti di comunicazione e conflitto costruite all’interno dello stesso gruppo e la posizione in esse ricoperta da ogni singolo soggetto; altri due quesiti permettono di verificare in modo con cui ogni soggetto percepisce la sua posizione nel gruppo, cioè la sua socioempatia positiva o negativa. Il sociogramma è l’elaborazione tipica della sociometria, forse perché lo stesso Moreno lo ha utilizzato fin dal 1923, e lo ha perfezionato a lungo pur non riuscendo a dargli una formula definitiva.

Attraverso il sociogramma, Moreno ricostruisce delle "mappe sociali" in cui egli indica quelle "correnti sociali", quelle vie di comunicazione emotiva che, a suo dire, costituiscono delle reti interpersonali, le social networks. "Siccome la tecnica del sociogramma costituisce realmente un metodo di esplorazione, i sociogrammi sono congegnati in modo tale che si può estrarre, dalla prima mappa di una collettività, delle porzioni minori per riportarle in una scala più grande e per studiarle, per così dire, come alla luce del microscopio". Moreno congegnava i sociogrammi in modo da poter estrarre, dalla mappa generale delle scelte e dei rifiuti, alcune porzioni minori riguardanti sottogruppi, o punti di concentrazioni delle scelte, e infine, coerentemente con il concetto di "atomo sociale", per tracciare il "sociogramma individuale" di ciascun membro del gruppo.

Il sociogramma è quindi un grafico contenente due elementi fondamentali: dei punti (indicati con cerchi, quadrati, nomi, sigle) che rappresentano i soggetti e delle linee che rappresentano le scelte, i rifiuti e altre informazioni tratte dal test sociometrico. Si tratta di uno strumento di esplorazione che mi ha dato la possibilità di accertare la posizione dell’alunno nel gruppo e tutte le interrelazioni che è in grado di stabilire potenzialmente.

I primi sociogrammi tracciati da Moreno erano ancora a carattere piuttosto arbitrario; i soggetti preferiti erano automaticamente posti al centro gli isolati respinti verso la periferia; egli evitava di moltiplicare le intersezioni dei vettori che univano i soggetti tra loro, sforzandosi di mettere in risalto le configurazioni tipiche (catene, triangoli, quadrati, cricche, ecc.). Ma tale procedimento era soltanto "impressionistico" per mancanza di standardizzazione, e l’immagine del gruppo fornita in quel modo al ricercatore rischiava di subire l’influenza di un’inevitabile improvvisazione nella disposizione relativa dei soggetti. Inoltre se il gruppo superava i 20 soggetti il sociogramma diventava praticamente illeggibile.

I simboli sociometriciMaschi: o Femmine:Scelta:Scelta reciproca:Rifiuto:Rifiuto reciproco:

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Sono stati fatti innumerevoli sforzi per razionalizzare e standardizzare l’elaborazione del sociogramma. Il più interessante è il sistema proposto da Mary L. Northway, agli inizi degli anni cinquanta, e perfezionato da Bronfenbrenner, Quarrington e altri, un sistema che, senza essere perfetto, consente di utilizzare qualche parametro di riferimento più preciso.

Il metodo della Northway (1959), chiamato del bersaglio (target), consiste nel creare una serie di cerchi concentrici ed equidistanti, ognuno relativo ad un certo numero di scelte ricevute, e nel situare i vari membri su tali cerchi o in prossimità di essi, secondo la popolarità. Dopo di ciò, i soggetti sono uniti dalle consuete linee, e si possono adottare i consueti simboli sociometrici.

Il fine del bersaglio sta principalmente nel distanziare i vari individui dal centro del gruppo, e tra loro, secondo un principio univoco. Inoltre è possibile concentrare in certi settori del bersaglio coloro che hanno caratteri simili: sia i membri di sottogruppi, sia gli isolati, o gli emarginati, sia le "stars".

La costruzione del sociogramma è l’operazione più critica che ha spesso scoraggiato l’applicazione sistematica della sociometria, infatti comporta un lungo lavoro con carta e matita e richiede buone capacità grafiche per ottenere un diagramma leggibile.

Grazie all’uso del software questa operazione è stata praticamente immediata, dando la possibilità di utilizzare il metodo della Northway che dà un quadro abbastanza esauriente della situazione del gruppo, sia da un punto di vista affettivo che da quello funzionale. Sulla base dei dati inseriti nella sociomatrice il programma costruisce un diagramma circolare simile a un bersaglio a quattro livelli. Sul diagramma vengono disposti dei simboli numerati corrispondenti agli elementi del gruppo. Ogni elemento viene disposto ad un livello corrispondente al numero di scelte o rifiuti emessi e correttamente corrisposti o reciprocati (status sociometrico di ogni soggetto): al centro gli individui con uno status sociometrico significativamente superiore alla media, e via via verso l’esterno gli individui con uno status minore. I simboli vengono collegati tra loro da frecce che esprimono le scelte o i rifiuti e la direzione degli stessi. Dal diagramma si possono immediatamente rilevare: le interazioni stabilite tra gli elementi del gruppo (catene, poligoni, reticoli); la posizione di ogni individuo nel gruppo (marginali, rifiutati, popolari, leader); la struttura sociometrica del gruppo (sottogruppi, combriccole).

Il programma produce altresì il sociogramma per sottogruppi utile nella definizione di gruppi di lavoro, e il sociogramma individuale, utile per valutare in epoche diverse, l’evoluzione psicosociale di un singolo elemento.

Il sociogramma può espandersi sia in tre cerchi che in quattro. Ovviamente la scelta è proporzionale al numero dei bambini presenti. Se decidiamo di avere un sociodramma di quattro cerchi dovremo scegliere una modalità che ci consenta di distribuire i vari punteggi all’interno di ogni cerchio. Nel nostro esempio, partendo dal punteggio più alto (21) si effettua una divisione per quattro. Si assume che cinque è il punteggio base cui riportare tutti gli altri. Nell’area esterna ai settori andremo a collocare i bambini che non sono stati né scelti né rifiutati (BB).

Settore Punteggio BambiniI settore 16-21 SS, TT, ZZII settore 11-15 CC,III settore 6-10 AA, FF, GG, LLIV settore 1-5 DD, EE, MM, NN, PP,RR,

UU, VVArea esterna ai settori 0 BB

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La lettura di un sociodramma è sicuramente complessa ed è perciò necessario utilizzare alcune accortezze come:

1. osservarlo nell’insieme e non soltanto con l’occhio ai singoli bambini;2. riportare la descrizione dello schema in maniera semplice;3. domandarsi se la struttura che si evidenzia è integrata o meno;4. domandarsi se i vari sottogruppi hanno tra loro legami;5. domandarsi se le scelte dei bambini si concentrano solo su alcuni o se sono

distribuite;6. verificare se ci sono bambini isolati che né scelgono né sono scelti;7. verificare se lo schema emerso corrisponde a quanto avviene nella classe.

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Settore 1: bambini maggiormente scelti o rifiutati Settore 2: bambini con scelte intermedie superiori

Settore 3: bambini con scelte intermedie inferiori

Settore 4: bambini poco scelti o rifiutati

Area esterna ai settori: bambini né scelti né rifiutati

SS

TT ZZ

CCcc

FF

AA GG

LL

BB

DDPP

RR

EE

MMm

NNn

UUu

VVv

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Fig. 2.10. Il sociodramma circolare relativo alla matrice sociometrica della fig. 2.9.

6.12 Le strutture rilevabili all’interno del sociogramma

All’interno del sociodramma possiamo osservare diverse strutture relazionali.

Struttura del sociodramma Esemplificazione Coppia di scelte e/o di rifiuti

Triangolo Quadrato Catena Stella

Le strutture più complesse, come i triangoli, le catene e i quadrati, cominciano ad essere individuati nei gruppi classe che frequentano la seconda della scuola primaria. La loro evidenziazione ha come significato la promozione, in ambito scolastico, dello sviluppo sociale. In prima il bambino ha ancora come riferimento specifico l’insegnante on il quale il bambino ha un rapporto di tipo diadico.

In età scolare si è riscontrato come le scelte reciproche avvengano soprattutto all’interno di piccoli gruppi formati dallo stesso genere.

È possibile, inoltre, comprendere se un bambino effettua scelte di tipo introverso (riferite ai compagni del suo stesso gruppo) o estroverso (dirette a bambini esterno al gruppo a cui il soggetto appartiene.

6. 13 Alcuni strumenti utili all’interpretazionePer poter meglio interpretare i dati del test sociometrico, A. Reffieuna

suggerisce alcuni strumenti osservativi (2003) per raccogliere una serie di informazioni che riguardano la vita della classe. Tali informazioni, raccolte

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SS

TT

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precedentemente, potranno essere consultate una volta completata l’elaborazione dei dati del test sociometrico.

1. La piantina della classe che deve comprendere - la disposizione dei banchi con il nome di chi li occupa - la posizione della cattedra - la posizione della porta, delle finestre, dell’armadio… - l’area di azione dell’insegnante (lo spazio in cui più frequentemente

si muove durante le lezioni colorato) Domande a cui rispondere dopo aver disegnato la piantina:

- la disposizione dei banchi è sempre la stessa oppure subisce cambiamenti nel corso della giornata scolastica, a seconda delle attività che vengono svolte?

- Da chi è stata scelta la disposizione dei banchi?- Quale criterio è stato seguito per la disposizione?

(Sociale; cognitivo; per gestire facilmente la classe)

2. Scheda relativa al rendimento scolastico - va indicato il rendimento globale degli alunni (scala da 1 minimo a 4 massimo) - va effettuato il raggruppamento degli alunni per genere - va riportata l’etnia dell’alunno oppure se è diversamente abile - va riportato il tempo di appartenenza alla classe

3. Scheda relativa ad alunni problematici o con comportamenti peculiari- vanno riportati a. alunni con problemi di apprendimento; b. alunni che manifestano comportamenti sociali particolarmente negativi; c. alunni con comportamenti sociali particolarmente positivi

4. Scheda relativa agli alunni che trascorrono molto tempo fuori dell’aula - per interventi individualizzati (bambini diversamente abili seguiti da un

insegnante di sostegno); - per corsi di lingua italiana (bambini di nazionalità non italiana); - per punizione (allontanamento di compagni fuori dall’aula).

5. Scheda relativa agli incarichi assegnati agli alunni- vanno indicati, in ordine di scelta decrescente, gli alunni scelti e non scelti: a. per andare dai colleghi o dal dirigente scolastico; b. a cui affidare il controllo della classe in assenza dell’insegnante; c. per mostrare i quaderni a un estraneo.

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6. Scheda relativa alla modalità di punizione utilizzate dall’insegnante - vanno riportati i nomi dei bambini puniti più frequentemente, secondo

una scala da 1 (raramente) a 5 (spesso), in ordine ai seguenti descrittori: a. isolare il bambino in classe,separando il suo banco da quello dei compagni; b. mandare il bambino fuori dell’aula; c. negare la ricreazione; d. far mangiare il bambino isolatamente a mensa; e impedire il gioco con i compagni in cortile.

- va riportato anche se non si fa mai ricorso a questi tipi di punizione.

7. Scheda relativa alla percezione della posizione sociale degli alunni - vanno indicati i nomi dei: a. bambini isolati (quelli che interagiscono

poco e che non sono presi in considerazione); b. bambini rifiutati (quelli che sono speso allontanati o non accettati nelle attività di gruppo); c. bambini leader (popolari nei criteri scolastici ed extrascolastici); d. gruppi chiusi e di diadi (quelli che spesso si relazionano tra loro)

6. 14 Dai dati all’interventoDopo aver proceduto ad una lettura approfondita dei dati, è necessario

andare verso una interpretazione delle dinamiche sociometriche. Infatti bisogna comprendere le ragioni per cui all’interno di un gruppo classe alcuni bambini sono accettati mentre altri non lo sono.

Il test come già detto non potrà mai sancire uno “statu quo”! Il suo scopo è appunto quelo di consentire lo sviluppo della socializzazione di quel gruppo classe che per diverse ragioni si è bloccato dando vita a stereotipi o pregiudizi nei confronti di alcuni alunni.

L’insegnante, già forte delle sue ipotesi, deve cercare di far superare quella distorsione cognitiva che porta a considerare un bambino che disturba al rifiuto da parte del gruppo classe; può capitare anche che un bambino con difficoltà di apprendimento sia successivamente isolato dal gruppo.

È necessario dunque che tali difficoltà comunicative siano modificate, per il buon clima della classe: scomparsa del pregiudizio e miglioramento scolastico del bambino target.

Nella tematica del capitolo, l’osservazione è un’operazione di fondamentale importanza e quindi va affiancata al test sociometrico.

Fra gli indicatori vanno inseriti gli approcci utilizzati dall’insegnante per stimolare la partecipazione attiva degli alunni. Spesso gli insegnanti sono in qualche modo rassegnati ai comportamenti messi in atto da quegli alunni che utilizzano prevalentemente un atteggiamento aggressivo o di chiusura. Mi raccontava un insegnante del suo modo di rendere attiva una bambina che, per varie situazioni socio-psicologiche, risultava enormemente passiva, subendo i comportamenti sia dei compagni, sia della madre. In queste storie “particolari”, l’osservazione consente di integrare il sociodramma e di pensare anche ad interventi che coinvolgano le istituzioni sociosanitarie.

Rimanendo fermi al mondo della classe, l’insegnate dovrebbe anche riflettere sulle possibili sanzioni che egli eroga, riflettendo sul fatto che le

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capacità di attenzione, di concentrazione e di memoria non possono essere sviluppate attraverso situazioni sanzionatorie e punitive.

Dobbiamo comprendere anche da cosa sono generati i comportamenti aggressivi dei bambini e il perché essi continuino, nonostante il rifiuto dei propri compagni di classe.

6. 15 Riflessioni sul gruppo e dintorniÈ provato da indagini recenti (Antil, Jenkins, Wayne, & Vadasy, 1998) che spesso gli insegnanti dicono di far uso del Cooperative Learning, ma spesso si concentrano solo su alcune variabili trascurandone altre. È assai difficile ottenere una buona collaborazione se non si applica un piano ben studiato di "insegnamento delle abilità sociali". È difficile ottenere che si lavori "insieme", se non si educa subito a "non-monolizzare" il gruppo, come dice Cohen (1994). È difficile che il gruppo possa procedere verso la conclusione desiderata del compito se non si offre una procedura cognitivamente efficace. Detto in breve, non si può conseguire un’applicazione positiva del Cooperative Learning se prima non si definiscono tutte le variabili e le condizioni che sono necessarie. Abbiamo già enumerato le caratteristiche essenziali della classe come comunità di allievi in base al lavoro di Brown e Campione (1994), possiamo aggiungere che il Cooperative Learning si pone l’obiettivo di migliorare l’apprendimento scolastico insegnando contemporaneamente agli studenti a lavorare in modo cooperativo. I teorici del Cooperative Learning partono dal presupposto che la complessità della società post-moderna, non può essere affrontata utilizzando esclusivamente competenze individualistiche o competenze competitive. C’è bisogno di persone in grado di creare una interdipendenza positiva all’interno dei gruppi in cui si lavora, perché solo una situazione di interdipendenza positiva favorisce la soluzione di quei problemi complessi che, oggi, singoli e aziende devono affrontare. L’interdipendenza positiva si realizza quando, all’interno di un gruppo, si risolve un problema con il contributo effettivo di tutti i suoi membri, impegnati con mansioni diverse a perseguire il medesimo obiettivo; non sempre l'insegnante riesce a cogliere correttamente la qualità e la quantità dei rapporti interpersonali che si instaurano all'interno di una classe.  Moreno, il fondatore della sociometria,  individua  nello iato esistente tra la percezione dell’insegnante e il reale status sociale degli allievi, la causa che forse maggiormente incide negativamente nella costruzione di rapporti adeguati e gratificanti tra alunni e docenti (J. L. Moreno, 1943) . Quindi, un mancato riconoscimento ed una inadeguata esplicitazione dei bisogni emergenti a questo livello può determinare una integrazione problematica e disfunzionale del gruppo-classe, incidendo, di conseguenza, negativamente sul processo primario dell’apprendimento. È importante prestare attenzione, all’interno del gruppo classe , alla formazione dei gruppi, in cui ciascuno dovrebbe riuscire a sentirsi importante e in grado di poter dare il suo contributo di crescita all’interno del gruppo. Tra i compiti dell’insegnante c’è proprio quello di facilitare tali meccanismi. Alla fine di questo capitolo proponiamo prima alcuni possibili "giochetti facilitatori" per il gruppo classe e successivamente delle tabelle osservative utili all’insegnante.

COME LA PENSANO GLI INSEGNANTI? E GLI ALUNNI?? STRUMENTI UTILIZZATI PER LA RICERCA (Claudia………..,Giuseppe Altieri)La nostra ricerca presso la cattedra di psicologia clinica del prof. Sasso ha avuto come obiettivo il comprendere i vissuti e i comportamenti degli insegnanti e dei bambini nell’ambito di un gruppo di lavoro/gioco in ambito scolastico nel Comune di Chieti, studiando la conoscenza del fenomeno all’interno delle classi della Scuola Primaria. Vi è stata la somministrazione all’interno di due scuole in alcune classi di un questionario sulla percezione del gruppo, per gli insegnanti e per gli alunni e un questionario per la lettura del sociogramma (che riportiamo) :

   

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Università degli Studi "G. d’Annunzio"- Chieti-PescaraFACOLTA’ DI PSICOLOGIACattedra di Psicologia ClinicaLABoratorio INtegrazioneil presente questionario mira a conoscere i vissuti e i comportamenti degli insegnanti nell’ambito del gruppo classe. la preghiamo di rispondere, con tutta franchezza, alle domande del questionario, considerandole un modo per riflettere sulla formazione della percezione del proprio gruppo classe.anni:____ sesso: (M) (F) città di residenza ____________________ Da quanto tempo lavora in questa istituzione?___________________________________________________________________________ Quali discipline insegna e in quali classi?____________________________________________________________________________Quale/i sono le sensazioni che prova pensando al suo gruppo classe?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Può indicare , con tutta franchezza, quali sono le ragioni che le suscitano tale/i emozione/i?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Qual è, secondo lei, l’obiettivo primario della classe? _______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Qual è, secondo lei, l’obiettivo primario del lavoro di gruppo della classe?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Pensa che il gruppo classe possa favorire lo sviluppo delle conoscenze?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Pensa che il gruppo classe possa favorire lo sviluppo dello stare insieme ad altri colleghi di lavoro?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Pensa che il gruppo classe possa favorire lo sviluppo emotivo dei singoli ragazzi?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Pensa che nel gruppo classe sia necessaria la presenza di un leader?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Pensa che nel gruppo-classe sia necessaria la presenza di un leader tra gli insegnanti?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

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Secondo lei, quali sono le condizioni che rendono, inizialmente, possibile il lavoro di gruppo tra gli alunni di una classe?_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Grazie per la collaborazione. Università degli Studi "G. d’Annunzio"- Chieti-Pescara

FACOLTA’ DI PSICOLOGIACattedra di Psicologia ClinicaLABoratorio INtegrazione

INFANT WORK GROUP PERCEPTION QUESTIONNAIRE(S.Sasso, A.Cardellini, 2004)Il presente questionario mira a conoscere i vissuti e i comportamenti dei bambini nell’ambito di un gruppo di lavoro/gioco. Leggi ogni frase e poi scegli una delle immagine.  Se penso al mio gruppo di bambini vedo… 

         

tanti amici bambini in gara tra loro un circo di leoni2. quando sto con i miei amici …

         

   sto bene sono preoccupato ho paura sono terrorizzato

  

sto con gli altri bambini…   

per giocare e divertirmi per imparare cose nuove        

 solo per festeggiare il compleanno solo perchÉ lo dicono i miei genitori4. imparo di più… 

         

  

   da solo con uno o più amici davanti alla tv con gli insegnanti con

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la mia famiglia  

         

 5. preferisco giocare…con il computer da solo con gli altri bambini  

    

6. la classe di bambini dove sto…mi piace non mi piace  

                

7. La mia classe gioca con le altre classi si no  

    

8. quando gioco con altri bambini ci deve essere un capo  si no

  9. Il mio gruppo di amici È come …

  

il mondo un puzzle come un trenino come una piramide egizia     10. Faccio lavori e disegni con i miei amicisi no  11. mi piace fare un lavoro o un disegno con gli altri bambini?si no Iniziali del proprio nome:_____________

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Classe:_______       Università degli Studi "G. d’Annunzio"- Chieti-Pescara

FACOLTA’ DI PSICOLOGIACattedra di Psicologia ClinicaLABoratorio INtegrazione

IL SOCIOGRAMMA Iniziali del proprio nome:___________Classe:__________________________A )Con quale compagno ti fa piacere giocare?Elenca tre nomi:1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________A) Con chi ti piacerebbe studiare?Elenca tre nomi:1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________Chi inviteresti alla festa del tuo compleanno?Elenca tre nomi:1)___________________________________________2)___________________________________________3)___________________________________________GRAZIE PER L’IMPEGNO.     LE TESTIMONIANZE DEGLI INSEGNANTI Riporto alcune risposte degli insegnanti che evidenziano una graduale consapevolezza dell’importanza della formazione dei gruppi all’interno della classe ed emerge l’esigenza di avere più strumenti e competenze per agevolare questi processi importanti per lo sviluppo dell’alunno."L’obiettivo primario del lavoro di gruppo nella classe è mettere a disposizione di questo le proprie abilità, conoscere da vicino gli altri, condividere sia i successi che i fallimenti assumendosi le responsabilità.""Tra gli insegnanti deve esserci confronto e condivisione. Ognuno deve dare il proprio contributo e poter contare sugli altri."" Inizialmente la condizione che rende inizialmente possibile il lavoro in gruppo tra gli aunni è l’eterogeneità dei gruppi, inizialmente si devono evitare i gruppi con elementi in conflitto tra loro. In seguito tutti devono interagire a rotazione."" Il gruppo classe può favorire molto lo sviluppo delle conoscenze attraverso attività di gruppo, cooperative learning, tutoring, che dovrebbero essere presenti costantemente nell’attività scolastica." " Per far diventare possibile il lavoro di gruppo tra gli alunni della classe è necessario far comprendere loro e rendere consapevoli che ognuno può contribuire ad apportare qualcosa di

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positivo nel gruppo-classe ed adottare un comportamento corretto ed educato nei confronti dei singoli componenti del gruppo-classe. La volontà da parte dell’equipe pedagogica."LA RICERCA: ANALISI DI DATI Dall’analisi dell’ INFANT WORK GROUP PERCEPTION QUESTIONNAIRE (S. Sasso, A. Cardellini, 2004) somministrato in entrambe le scuole abbiamo preso in considerazione, in un primo momento, l’analisi delle frequenze totali dalle quali si nota in maniera evidente, anche al livello grafico che un campione di 118 bambini in età compresa tra i sei e i dieci anni, si trova bene nella classe in cui si trova, (vedi istogramma) ,infatti basti pensare che la maggior parte dei bambini ha risposto di pensare al proprio gruppo di bambini vedendo tanti amici, di stare bene insieme a loro, associano il loro gruppo al mondo, c’è comunicazione anche intergruppale: tra diverse classi. È interessante notare che l’apprendimento con i propri pari non è visto bene: la maggior parte dei bambini ritiene di apprendere di più solamente con gli insegnanti; una altra risposta che evidenzia l’emergere di maggior individualismo, caratterizzante della nostra società attuale, è la numero cinque: il 67% preferisce giocare con il computer. È un importante spunto di riflessione dal quale può partire una riorganizzazione della programmazione delle attività scolastiche in cui si dovrebbe privilegiare di più il cooperative learning. La parte conclusiva di questo capitolo propone proprio delle attività scolastiche favorenti la nascita, la formazione del gruppo classe e l’integrazione dei vari membri all’interno di essa.   

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  Dopo l’analisi complessiva dei dati, metteremo in correlazione il sociogramma con il questionario. Prima di passare a questa fase faremo un breve excursus sulla validità e l’utilizzazione del sociogramma.I presupposti teorici del sociogramma sono da ricercare nel lavoro condotto da Moreno. Benché molti conoscano i suoi studi, in realtà sono poche le realtà in cui la sociometria sia veramente penetrata nella scuola come metodologia ordinaria di lettura dei dati relativi alla socializzazione nella classe. Il sociogramma costituisce una base abbastanza sicura di dati relativi alla struttura di un gruppo per potere poi intervenire al suo interno mediante la scelta di metodologie appropriate dal punto di vista dinamico. Il test sociometrico possiede una struttura piuttosto semplice; si chiede a ciascun membro del gruppo di esprimere una serie di preferenze relative a situazioni in cui è necessario per svolgere un lavoro, o per condividere una situazione suddividere il gruppo in piccoli sottogruppi composti da un numero molto bassi di compagni. Ognuno potrà indicare (in segreto) con quale compagno effettuare la prova e/o con quale intrattenere una relazione distesa e tranquilla di riposo o ricreazione. "In genere è bene servirsi di tre criteri e di tre scelte e, in pratica, si prepara un foglio in cui si scrivono le domande; queste domande hanno la forma che si reputa di più accessibile comprensione e, per meglio motivare alle risposte sincere, è bene che i soggetti conoscano lo scopo della somministrazione del test . Sempre nella pratica, usando tre criteri e tre scelte, è opportuno che i criteri si riferiscano a situazioni diverse (collaborazione per un certo lavoro, per esempio, e scelta dei compagni per un gioco, o una festa, ecc.) oppure che il terzo criterio sia di controllo per uno degli altri due" (Dehò, 1975).Inizia poi la tabulazione dei dati. Si procede al calcolo degli indici sociometrici considerando i seguenti fattori:

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1) numero delle scelte che ogni soggetto ha ricevuto; si ottiene sommando il totale delle scelte ricevute per ciascun criterio. Il numero a cui si giunge - indicato con la lettera A - è lo status sociometrico e rappresenta l’accettazione sociale del soggetto.2) numero dei membri che hanno scelto il soggetto; si indica con la lettera S e rappresenta la ricettività sociale.Dal punto di vista interpretativo A e S valutano aspetti differenti del sociogramma. Mentre la A esprime le scelte ricevute, la S si riferisce alle persone che hanno espresso una preferenza. Un membro può avere un numero abbastanza elevato di scelte, ma essere scelto da relativamente poche persone per molti criteri. Diversa è la situazione di chi viene scelto3) numero dei componenti del gruppo scelti da ciascun soggetto; si indica con la lettera C.Si usa definire gli indici A, S e C come indici individuali di ciascun membro, diversamente dagli indici collettivi che riflettono meglio i collegamenti gruppali nella loro generalità. Dall’analisi e la comparazione dei dati è possibile tentare di interpretare le dinamiche interne al piccolo gruppo basando le proprie considerazioni su dati oggettivamente ricavati per via empirica.È logico che occorra ripetere il sociogramma dopo un arco di tempo significativo, per avere maggiore possibilità di controllo della bontà dei risultati a cui si è pervenuti, ma anche per poter "monitorare" l’evoluzione delle relazioni sociali in gioco. Può anche accadere che qualcuno non emerga per nulla dal sociogramma; accade cioè che un membro venga - per così dire - "dimenticato" dal gruppo. Anche in questo caso l’interpretazione può essere abbastanza semplice, anche se il lavoro di recupero successivo lo sia un po’ meno. Analizzando i vari sociogrammi, mettendoli in correlazione con le risposte del questionario si può notare come, sostanzialmente, il livello di socializzazione sia abbastanza buono, non ci siano particolari situazioni critiche: bambini emarginati, una leadership abbastanza diffusa.Riporteremo come campione i risultati di una classe, validi come esempio, ai risultati dell’intera ricerca.

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 SOCIOGRAMMA classe seconda scuola SALVAIEZZI20 alunniINDICI INDIVIDUALIA= stasus sociometrico che rappresenta l’accettazione sociale.S= numero dei soggetti che hanno scelto il soggetto, rappresenta la ricettività sociale.C= numero dei componenti del gruppo scelto da ciascun soggetto.INDICI COLLETTIVIEE= espansione emozionaleES= espansione socialeL= leaderschip ACCETTAZIONE SOCIALE

SIGLA SCELTE 1 CRIT.

SCELTE 2 CRIT.

SCELTE 3 CRIT A

DP 2 1 2 5

DD 3 3 2 8

VD 2 6 4 12

GI 4 5 4 13

MM 8 8 6 22

PD 1 2 1 4

ML 5 6 7 18

MF 1 1 3 5

MA 4 5 5 14

FC 4 1 3 8

SS 5 7 5 17

SG 2 0 0 2

FG 3 4 4 11

LU 2 0 2 4

LA 4 0 4 8

CR 2 3 1 6

FA 3 1 2 6

SI 1 1 2 4

AB 2 2 1 5

LT 2 1 1 4

  

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RICETTIVITA’ SOCIALE E NUMERO DEI COMPONENTI DEL GRUPPO SCELTI DA CIASCUN SOGGETTO 

SIGLA S C

DP 2 6

DD 5 6

VD 9 4

GI 9 7

MM 17 5

PD 3 7

ML 14 9

MF 6 4

MA 9 6

FC 3 9

SS 10 7

SG 2 3

FG 9 5

LU 4 5

LA 6 7

CR 5 7

FA 6 7

SI 3 8

AB 4 7

LT 3 7

 EE= ESPANSIONE EMOZIONALEEE= C+A

SIGLA EE

DP 11

DD 16

VD 16

GI 20

MM 29

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PD 9

ML 25

MF 14

MA 18

FC 14

SS 13

SG 15

FG 14

LU 9

LA 13

CR 13

FA 13

SI 12

AB 12

LT 11

ESESPANSIONE SOCIALEES= EE+S=C+A+S

SIGLA ES

DP 13

DD 21

VD 25

GI 29

MM 46

PD 12

ML 39

MF 20

MA 27

FC 17

SS 23

SG 17

FG 23

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LU 13

LA 19

CR 18

FA 19

SI 15

AB 16

LT 14

     LLEADERSCHIP

SIGLA L

DP 7

DD 13

VD 21

GI 22

MM 39

PD 7

ML 32

MF 11

MA 23

FC 11

SS 27

SG 4

FG 20

LU 8

LA 14

CR 11

FA 12

SI 7

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AB 9

LT 7

 In questa classe, composta da venti alunni, è evidente un buon grado di socializzazione, dall’analisi del sociogramma non appaiono bambini isolati o emarginati ma godono tutti di una certa popolarità, emerge la figura di un unico leader: MM , questo risultato porta ad una piccola, forse apparente, contraddizione: alla domanda del questionario sul bisogno di avere o meno un capo all’interno del gruppo classe la maggior parte dei bambini ha risposto negativamente, questo fa presumere che il "leader" sia sicuramente un leader democratico, che potrà essere visto come modello di riferimento. Nel complesso la classe vive serenamente le dinamiche intergruppali. Per concludere il lavoro, vi proponiamo alcune proposte di lavoro per educare all’ascolto, al dialogo, all’osservazione e alla maggior integrazione all’interno del gruppo classe tra i vari componenti.

Organizzare la classe in gruppi di lavoroCome già dimostrato da numerosi autori, il gruppo può essere uno strumento potentissimo per orientare, nel bene o nel male, il cambiamento, sia nei propri membri, che nel sistema sociale in cui è inserito (Spaltro, 1999). Esso è, inoltre, il luogo dove ogni individuo forma la propria personalità e sperimenta le proprie capacità. I risultati di molte ricerche svolte negli ultimi anni in molti paesi confermano l’efficacia degli interventi tesi a migliorare le relazioni all’interno dei piccoli gruppi di lavoro in vari contesti lavorativi tra i quali le organizzazioni scolastiche. Gli interventi secondo l’approccio di comunità, infatti, hanno lo scopo di promuovere il benessere e sviluppare l’empowerment individuale e di gruppo oltre quello di favorire la nascita di nuovi gruppi.Abbiamo già visto che il saper lavorare in gruppo non è una competenza innata ma si acquisisce con uno specifico training (Francescato, Putton 1995). L’apprendimento della tecnica al lavoro di gruppo avviene all’interno di un processo teso alla valorizzazione e all’integrazione delle capacità individuali, in pratica, un processo d’empowerment. Naturalmente i contenuti variano secondo le finalità specifiche, il tipo di partecipanti e i setting ambientali. Sono, tuttavia, comuni a tutti gli interventi i seguenti obiettivi:· promuovere il senso d’appartenenza e d’interdipendenza di gruppo la condivisione di vissuti emotivi il confronto d’opinioni la creazione di nuove sintesi tramite il dialogo e l’ascolto e contemporaneamente garantire il rispetto e la tutela della diversità dei singoli; · incoraggiare un’approfondita conoscenza reciproca dei membri per far nascere rapporti interpersonali più gratificanti e spirito di squadra;· trasmettere alcune nozioni e competenze utili per essere più efficaci come singoli membri o per diventare facilitatori di gruppi di lavoro;· facilitare, nei setting appropriati, la creazione o il potenziamento di efficaci gruppi di auto-aiuto o di gruppi base di cambiamento sociale. La collaborazione, il lavoro in team stanno diventando un’esigenza prioritaria all’interno di moltissime organizzazioni. Lavorare in gruppo non è sempre una cosa facile, può essere inizialmente una difficoltà, ma paga perché porta al successo di tutti. Per tutti questi motivi, l’organizzazione di una classe in gruppi di lavoro facilita di molto il lavoro dell’insegnante e anche quello degli alunni. Utilizzando le tecniche esposte precedentemente, questionario e sociogramma, un’insegnate potrebbe arrivare ad organizzare la propria classe in modo da permettere ai suoi alunni d’interagire in maniera proficua tra di loro. L’esempio più favorevole è l’organizzazione della classi secondo "gruppi di scelta": ogni bambino esprime la sua preferenza riguardo il compagno o i compagni con i quali desidera lavorare e, più generalmente, trascorrere il tempo scolastico. Alcuni autori (Vayer, Albanese, 1988) hanno osservato come queste

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scelte non si basano sulla competenza scolastica dei bambini ma sul tipo di legame affettivo che intercorre tra di loro. Tuttavia la competenza gioca anch’essa un ruolo soprattutto quando si riferisce alla lealtà che un compagno o una compagna mette nel rapporto con gli altri. Un altro fattore che determina la scelta dei compagni in classe e il sentimento di sicurezza. Molti bambini si avvicinano maggiormente al compagno che è percepito più rassicurante, soprattutto in una classe dove vige un "regime autoritario" e dove il mantenimento della disciplina è un’operazione che richiede un notevole sforzo da parte dell’insegnante e degli alunni stessi.Una classe scolastica di qualsiasi ordine di scuola essa sia può essere organizzata in gruppi di lavoro. Per far ciò, oltre all’utilizzo delle tecniche precedentemente presentate, un’insegnante deve tener conto che le caratteristiche di numerosità riguardante le persone in un gruppo, valgono anche per i gruppi stessi. In pratica, quando la classe è formata da due gruppi la dinamica relazionale è debole e le attività e le successive valutazioni possono far insorgere dei conflitti a causa dell’instaurarsi di un clima concorrenziale e di sfida, piuttosto che di collaborazione e sana competizione. Una classe composta da tre o quattro gruppi di alunni è, invece sempre più equilibrata e funzionale. L’attività può essere ripartita meglio e viene affrontata in modo più creativo e con minor conflitto. Con un numero maggiore di gruppi, l’insegnante deve stabilire delle regole più rigide per far sì che ogni gruppo sia autonomo e integro. Il lavoro di coordinamento richiede poi una grossa fatica e c’è il rischio che si formino dei gruppetti di alunni molto omogenei al loro interno e tendenti all’isolamento: le cosiddette cricche.Solo questo tipo di organizzazione della classe permette di vivere il tempo a scuola in maniera produttiva e piacevole? Assolutamente no, esistono altri modo di concepire l’organizzazione di una classe, tuttavia abbiamo presentato il "metodo" dei gruppi di scelta per le ragione che portano a considerare il lavoro di gruppo e, più semplicemente lo stare in gruppo, come una delle caratteristiche che la generazione di domani dovrà possedere. Tale organizzazione favorisce lo sviluppo di quelle abilità socio-relazionali che permettono agli alunni di fare esperienza di sé e degli altri, delle somiglianze e delle diversità, vista non più come ostacoli ma come opportunità di crescita e di apprendimento. Avendo ben chiaro tutto questo, è giusto dire che esistono classi non organizzate in gruppi che funzionano benissimo, ma ciò è dovuto non all’organizzazione della classe ma alla qualità della presenza dell’insegnante. Nelle classi organizzate in gruppi però, l’insegnante ha il compito facilitato, cosi come lo hanno gli alunni, gli è cosi possibile sul proprio modo d’insegnare e di rapportarsi permettendogli di riflettere sul proprio modo di essere e quindi di sviluppare la propria persona.

PROPOSTE DI LAVORO…Il circle timeLa pratica del tempo del cerchioAlunni e insegnanti, seduti il più comodamente possibile, sono disposti in modo da potersi guardare negli occhi e dialogano sulla base di uno scambio comunicativo simmetrico. In circolo si raccontano spaccati di vita vissuta in luoghi diversi, in situazioni diversi, si individuano somiglianze e differenze di costumi, usanze, tradizioni, linguaggi e, proprio perché ci si guarda negli occhi, si cercano le cose che connettono anziché le cose che separano. In circolo si affrontano anche situazioni conflittuali per trovare situazioni pacifiche.La registrazione

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Per migliorare l’ascolto risulta molto proficuo l’uso della registrazione. Si registra, un momento qualsiasi della giornata scolastica, il riascolto consentirà di prendere coscienza ciascuno dei propri comportamenti verbali. Ci si potrà accorgere che, a volte, apparentemente si dialoga, in realtà si assiste ad un monologo collettivo, un coro in cui le voci si intersecano, ma non stabiliscono i legami, in cui ignora ciò che l’altro dice. Ci si accorgerà delle interferenze, dell’impazienza, delle ripetizioni. Evidenziati tutti questi aspetti, attraverso la riflessione parlata, invitiamo gli alunni a predisporre una scheda per auto valutarsi in altri momenti e situazioni comunicative. ATTIVITA’ PER CONOSCERE MEGLIO SE STESSI E PER CONOSCERE GLI ALTRI COME DIVERSI DA SE’…FACCIAMO CONOSCENZA È importante prestare attenzione, all’interno del gruppo classe , alla formazione dei gruppi, in cui ciascuno dovrebbe riuscire a sentirsi importante e in grado di poter dare il suo contributo di crescita all’interno del gruppo. Tra i compiti dell’insegnante c’è proprio quello di facilitare tali meccanismi. Proponiamo alcuni possibili "giochetti facilitatori".Le attività che proponiamo consentono di conoscere meglio se stessi e a un tempo stesso di conoscere gli altri come diversi da sé. IO E GLI ALTRIOgni bambino si presenta alla classe o liberamente (scegliendo cosa mettere in risalto di sé) oppure seguendo uno schema guida consigliato dall’insegnante, proponendo interviste a coppie, tabelle dei compleanni,ecc.; alla fine del giro degli alunni si potrebbe creare un cartellone di sintesi con le schede informative di ciascuno, in modo tale da dare a tutti un quadro completo sui propri compagni. DI TE RICORDO CHE.. In palestra si potrebbe fare un gioco con la palla in cui tutti i bambini sono seduti a terra, un bambino lancia la palla ad un compagno a scelta dicendo : " Di .. (nomina il compagno) ricordo che…" e dichiara almeno una caratteristica che identifichi il ragazzo, a sua volta chi ha ricevuto la palla la lancia ad un altro compagno e così via fino a che tutti almeno una volta abbiano ricevuto la palla. FACCIO FINTA DI ESSERE…Un alunno imita un compagno con la consegna di mettere in evidenza soprattutto le qualità, con questo gioco i compagni dimostrano attenzione per gli altri e ci si rende conto che non sempre gli altri hanno delle percezioni rispondenti alla realtà, si impara ad accettare i propri limiti.ENTRO IN RELAZIONEProporre agli alunni una serie di attività che mirino ad evidenziare le cose che uniscono e non quelle che dividono, da considerare, però, come possibili fonti di arricchimento.ricercare elementi comuni nelle fiabe, nei giochi, nelle storie di diversi paesi.Comparare elementi importanti nella vita delle persone:nascita, morte, matrimonio.

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Attraverso la narrazione corale e l’intreccio di storie di vita, dare visibilità e voce a ciascuno, apprendere gli uni dagli altri, abbattere gli stereotipi.IO PER GLI ALTRIÈ importante far accrescere nei bambini la consapevolezza che ognuno di loro è in grado di dare qualcosa agli altri, sia all’interno della classe sia al di fuori. Si può proporre una scheda come quella riportata sotto in cui il bambino può scrivere cosa può fare per aiutare i suoi compagni in determinate situazioni. 

    

Un altro gioco sulla falsa riga di quello di sopra potrebbe essere quello di far dichiarare a ciascun bambino sia i propri bisogni ma nello stesso tempo anche mettere a disposizione dei compagni quello che sa, quello che sa fare, quello che può prestare.NOMI HO BISOGNO DI… POSSO DARE IL

MIO AIUTO…

     

     

      EDUCARE ALL’OSSERVAZIONE…L’osservazione risulta essere l’elemento-base per la valutazione di ogni fase di un progetto educativo elaborato (S. Sasso "L’osservazione a scuola" 1999).Vediamo in maniera sintetica alcuni punti-cardine :1) REGOLE NECESSARIE PER L’OSSERVAZIONE:Evitare le ipersemplificazioni di fronte ad un comportamento "non conosciuto".I modelli per la conoscenza di un comportamento "non conosciuto" sono vari.È necessario, ai fini dell’osservazione, utilizzare solo un "modello conosciuto alla volta, evitando eclettismi, ma proponendo un modello integrato.I bambini osservati non sono e non possono essere isolati dal contesto fisico e interpersonale in cui si trovano in quel determinato momento. (Sasso 1999)

COSA POSSO FARE PER… AZIONI

Chi è triste Raccontare barzellette, inventare filastrocche per ridere…

Chi è solo Invitarlo a giocare, chiacchierare con lui/lei

Chi è stato offeso  

Chi è annoiato  

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