Santi&Briganti

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Santi e Briganti del mondo ipogeo Centro Studi “Guido Lireni – Potenza Picena – 

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Santi e Briganti

del mondo ipogeo

Centro Studi “Guido Lireni ”– Potenza Picena – 

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Incominciai questa ricerca convintoche avrei dovuto cercare e confrontare date e

numeri per costruire una storia; poco più tardicompresi il mio errore: in realtà mi trovavo giàdavanti ad un racconto che si dimenava traforme vaghe di una nebbia gremita di progettie di relitti tuttora a me sconosciuti e che pas-savano quasi inosservati.

Inevitabilmente il libro risultò un’avven-tura che pretendeva di tracciare una rotta navi-gando su mari sconosciuti, provvisti di pochemappe mal fatte. Così, ho tentato di seguire ilpercorso che ritenevo in quel momento piùaffascinante. Obiettivo dichiarato (autenticaossessione) trovare un passaggio tra le fagliedi questo o di quel volto, verso un territoriounicamente immerso nell’oscurità.

Theodor Windisch Graetz 

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Il Beato Ettoreda Montefiore

a cura diPadre Giulio Novembre

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Parlare del Beato Ettore da Montefioreriempie il mio animo di gioia e di letizia e

questo mio estremo gaudio desidero condivi-derlo con voi che avete avuto modo di cono-scere e sublimare i vostri spiriti con questomite artigiano con animo da poeta.

Il Beato Ettore nacque il 20 Giugnosu una nave che, durante una tempesta, cer-cava di raggiungere Porto d’Ascoli da Spalato.

Secondo la tradizione il feto, sebbene comple-tamente formato, non era più grande di unadozzina di ciliegie. Il medico di bordo, utiliz-zando un’antica tecnica egiziana per far schiu-dere le uova, costruì una sorta di forno conla temperatura controllata che sembra esserestata una vera e propria proto-incubatrice ingrado di fare sopravvivere il neonato.

Gli anni della sua giovinezza li passòprevalentemente a Recanati in compagnia dimolti amici e nella costante presenza del dia-cono Giampaolo Linares che lo introdusse,inoltre, nello studio delle cavità ipogee. L’at-tività speleologica rappresentò per il proboEttore l’espressione più alta della sua fede.

Egli infatti preferì la grotta come luogo pri- vilegiato del suo operare, luogo nel quale sisentiva irradiato dal candore etereo dei cele-sti abissi che sì lo turbarono ma che forgia-rono in lui anche quei caratteri di prudenzae fermezza con i quali fecondò quanti ebberoil dono di stargli accanto. In quei luoghi egli

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accolse molti discepoli (primi fra tutti i fratelliCampagnoli che, con ardente zelo speleolo-

gico furono i principali ammiratori delle suesingolari virtù e lo seguirono innumerevoli volte nelle sue estatiche peregrinazioni).

Immerso nell’oceano del suo apostolatoegli in ogni azione non mancò mai di spanderesublimi esempi di perfezione respingendo inol-tre con garbo ma fermamente le numerose ten-

tazioni che il demonio, affamato del suo animoe conquistato dalla sua grazia ed anche dallasua avvenenza, volle più volte mandargli.

Concludo questo mio modesto interventocon il desiderio che questo piccolo pensieropossa essere un utile strumento rivolto alla volontà ed alla formazione morale di quantidesiderano compiere una prima tappa in una

più ampia missione educativa. Missione edu-cativa che è elemento pregnante all’interno diquella Chiesa (si fa qui riferimento al senso eti-mologico della parola ovvero a quella “assem- blea” che, tra l’altro, trovò nel sottosuolo diRoma il suo primo tempio) che ha avuto tra isuoi padri fondatori proprio il Beato Ettore. E’

con questo augurio che intendo esaltare il suonobile operato auspicandomi che nell’animodei fanciulli si imprima indelebilmente la notadi gioia con la quale lo spirito del Beato Ettoreha potuto comporre quell’armonica scala chel’ha condotto presso le più remote profonditàcelesti.

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 La gloriosa immagine del Beato Ettore da Montefiore coltoin atteggiamento estatico all’imbocco della Pia Grottadelle Tassare 

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 Assalto alla (in)civiltàdel turismo

a cura di Jorge Valdes

traduzione diNando Scerli

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 L’ipocomandante Juanpaulos durante l’intervista.

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Ben più impressionante dell’orrore èl’abitudine all’orrore, l’indignazione che si

addormenta e tace.Un segno di questa assuefazione lenta

ma costante è data dal fatto che non “fa piùnotizia” il massiccio intervento sul territorio daparte dell’uomo. Un altro segno è dato dal-l’accettazione, fatta da più parti, delle ragioniche muovono queste iniziative. Qualunque

sia la soluzione nessuna cosa al mondo potràcancellare quel senso di profondo disgustoche si materializza nell’uomo che approva ladistruzione di un ambiente nel nome di unprogresso che affonda le sue basi solamentesu una logica di profitto. Per quanto possanoessere abili gli oratori che presentano questiprogetti e chi amministra questo sistema non si

possono dimenticare le innumerevoli struttureche hanno alterato irreversibilmente l’aspettoe l’equilibrio di un determinato ambiente. Inqueste condizioni possiamo soltanto meravi-gliarci del discorso con cui si cerca di giustifi-care queste scelte.

In questo contesto prende forma la

denuncia dell’ipocomandante Juanpaulos che,parafrasando lo scrittore uruguayano EduardoGaleano, sostiene che il mondo che si diceattento alla comunità e all’ambiente in cui vive,che si proclama civile e democratico e che conesagerata sicurezza afferma di sapersi rappor-tare con il territorio, è un mondo che decide

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continuamente di modellare uno spazio construtture capaci di incanalare un flusso sempre

maggiore di persone che guardano dove c’èda guardare ed il cui unico scopo è quello discattare foto e spedire cartoline.

L’operato di tutti quegli enti creati al finedi preservare un certo ambiente (Soprinten-denze, Associazioni culturali, Assessorati,ecc.),finisce inevitabilmente in una contraddizione

profonda, nel senso che se da un lato il loroobiettivo consiste nel preservare il più fedel-mente possibile un determinato luogo, al finedi attuare questa operazione adottano deisistemi che rendono questo luogo un modello,un esempio da ammirare al quale ci dobbiamoaccostare in sicurezza e nelle più ampie como-dità.

In questo contesto ciò che si osservasolamente è la messa in scena di tutta questapresentazione, uno spettacolo creato attorno aquel determinato prodotto; una vetrina dovel’esposizione è regolata da norme ben pre-cise che organizzano la visione a seconda deltarget a cui il prodotto è destinato.

La scelta dell’ipocomandante di farecontroinformazione (o informazione, dipendesolamente dal modo in cui vogliamo inten-dere queste notizie) ha spiazzato la verità uffi-ciale svilendo i luoghi comuni che ad essa siaccompagnano ed in questa capacità riscon-triamo una potenziale carica eversiva, refratta-

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ria ad ogni compromesso e ad ogni inteventoche miri a trasformare un ambiente (anche

ipogeo) nell’ennesimo “parco” a cui solo unamministratore può provare piacere.

 

“Correre senza fermarsi, guardare senza vedere,

accumulare testimonianze senza ricordi,

occuparsi soltanto di arrivi e partenze e intanto

dimenticare, dimenticare.” 

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La colonia dei visionari

a cura diLorena Cogni

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 F. G. soprannominato “u Malpossatu” si lasciò

allungare i capelli. Cominciò pertanto ad esercitare

una tale attrazione che gli uomini per vederlo corre-vano anche fuori dalle botteghe. Un giorno il padre gli

comandò di andare a cercare una pecora spersa, lui

andò, ma strada facendo entrò in una caverna e vi si

addormentò per vari decenni. Al risveglio nessuno lo

riconosceva, nemmeno a casa, dove i suoi erano morti

o moltissimo invecchiati. Da quel giorno andò profe-

tizzando l’esistenza di una candida pecora acefala ed

iniziò a vagare per i boschi a tagliare radici e racco- gliere muschi che puntualmente lasciava dentro la grotta

come banchetto per la sua bestia.

 Aldo Carolocuace. è un giovane allegroche ama il ciclismo. Nella sua vita tutto ciòche ha imparato è frutto della sua passione. Viaggia molto. A Berlino ha frequentato i corsidel professor Colin Gandtswan, studiando conquesti la Cosmographia di Sebastian Münster,il  De monstrorum natura, causis et differen-tii, ed il  De feriis altricis animae di FortunioLiceti ed infine il  Prodigiorum ac ostentorumchronicon (Basilea 1557) di Conrad Wolfhart,conosciuto meglio come Licostene.

Successivamente iniziò a focalizzare lasua attenzione sull’opera del medico olandeseLievin Lemnes, noto in Italia con lo pseudo-nimo di Lemmio (1505-1568) autore di Occultanaturae miracula (Anversa 1559) e sulle teoriesostenute da Ambroise Paré nel Des monstreset prodiges (Parigi 1573) in cui si narra di una

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donna che durante il concepimento guardavaun’immagine di S. Giovanni che indossava una

pelle d’animale e che partorì una bambinapelosa come un orso.

Con il progredire dei suoi studi il Caro-locuace confidò al professor Gandtswan cheprovava disdegno al pensiero che di un uomocome “u Malpossatu”,  dotato di una forteconoscenza in ambito criptozoologico, non si 

abbia più alcuna notizia in nessun testo.Iniziò pertanto a cercare le tracce de “u Malpossatu” . Cominciò a vagar per grotte allaricerca di piccoli residui di cumuli di radicie muschi che, con caparbietà e perizia degnadi un illustre ricercatore, catalogava in un suopersonale archivio. Per molto tempo non si

ebbero sue notizie e la famiglia allarmata iniziòa condurre ricerche nelle cavità ipogee che erasolito frequentare. Nel 1993 venne ritrovato daun tale che rese informata la di lui famigliache Aldo si comprometteva in bizzarre discus-sioni sull’esistenza di una razza sconosciuta diovini albini ipogei, priva di occhi ma dotata diun folto mantello lanuginoso con sviluppatecapacità tattili, ipotizzata molto tempo primada “u Malpossatu”  nel De nocticula epiphania(Parma 1947). Aldo Carolocuace, autoprocla-matosi suo discepolo, affermava di aver rin-tracciato le orme di questa creatura.

“Vidi un giorno una meravigliosa crea-tura in cima ad una colonna, non aveva né

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orecchi né occhi ma uno splendido mantellodi fili d’alabastro che rifletteva la mia luce.

 D’improvviso, al solo mutare di un mio gesto,tutto fu annientato e scaraventato nel piùcieco oblio cosicché persi per sempre quell’es- sere straordinario”.

 Visti gli evidenti segni di squilibrio fudeciso di metterlo in una casa privata di saluteove non venne riscontrata nessuna particolare

patologia. Rilasciato che fu, le sue idee inizia-rono ad acuirsi raggiungendo infine quei ter-ritori dove è impercettibile il confine tra sag-gezza e follia, abbandono ed estasi, delirio e veggenza. Più di una volta gli capitò di udire lapecora belare; a stento riuscì a trovare il per-tugio dal quale il verso proveniva, nonostanteciò si avventurò in impervie fessure cercando

di individuare la tanto agognata bestia. Interegiornate passò in quei luoghi con in cuor la brama di raggiungere il suo obiettivo.

 Tuttora prosegue il suo viaggio allaricerca di questa chimera.

 

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 Aldo Carolocuace immortalato durante una pausa nella grottadi S. Camillo de Lellis.

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Parole per un incontro

a cura diPaola Lupi e Domenico Bratti

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 Lodovico Sbiffi appoggiato alle pareti di gèfide, immersonelle acque del Lool.

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Luogo affascinante la grotta, metaforadel grembo materno, da sempre capace di

attrarre a sé filosofi e viaggiatori, missionaried avventurieri. Le cavità sotterranee hannosedotto una moltitudine di uomini e moltidi loro hanno vissuto esistenze solitarie eduniche in stretto contatto con questi ambientiin costante ricerca o in fuga da se stessi, quasiche questo posto potesse fungere da rifugio

 verso un’umanità dalla quale non si hanno piùlegami. Gente che inoltre raccoglieva informa-zioni attraverso l’osservazione diretta del ter-ritorio e che successivamente si dedicava allacompilazione di questionari redatti in casa alfine di proporre un ordine capace di racco-gliere le ambiziose teorie sulla natura di queiluoghi.

Sorte non dissimile toccò a LodovicoSbiffi che, partito giovanissimo da Genga, rag-giunse prima l’Abruzzo e poi il Molise allog-giando con le locali comunità. Ciò che diseguito troverete è la descrizione dell’incontroavvenuto, in un piccolo paese dell’entroterramolisano, tra il signor Sbiffi ed il suo vecchio

amico di Firenze Fosco Maraini.

“Un giorno ad Urlapicchio incontrai Lodovico

Sbiffi, sembrava un poco infrangelluto, un poco frusco

e qualcosa faceva percepire ch’era pieno di lupigna. Mi

 fermai e lo attesi.

 Era da molto tempo che non scambiavamo una

 parola e lungo i lùgheri del paese ci lasciammo pian

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 piano straquasciare (senza però ridurci a strabiosciare

in moffucci) finché la frìnfera ed il trillargento occupa-

rono il posto dei gosci pensieri aggramerini. Parlammomolto e tra i molti argomenti trattati ciò che mi lasciò

con profondo sdrafanimento fu il suo interesse per le

 pietre, cosicché ci abbandonammo a strabuconi in

questa interessante discussione. Mi parlò del dròspide,

dello sbifernio, del drufo e dello squiridio, mi confidò la

 sua sfrenata passione per il gèfide ed il suo disgusto per

l’agglàrice, percorse insieme a me gran parte dei drighi

di quest’ultima ed infine ci soffermammo a meditare suquei finfoli raggenti che fanno del cotèrbalo la pietra

 preferita da maghi e fattucchiere.

 Era bellissimo vedere Lodovico rapito dalla sua

 passione, con gli occhi colmi di lucipizio (come gli

arconti marmidiosi dell’Urazio agghindorati in plònice

bordiero), lontano dalle sue balorde amicizie ninfa-

rone dedite esclusivamente a naufragare nella procace

natura di giovani bellindane accondiscendenti che se la spassavano in superficiali godicaglie.

 Mi parlò delle rovine del castello d’Evoli a Castro-

 pignano, nella valle del Biferno e più in particolare del

lonfo che, in segno di sberdazzi, gnagio s’archipatta a

chi l’accazza bego a bisce bisce.

 Fu un incontro singolare e, prima di lasciarci gli

dissi: - Lodovico, ti ricordi come mi chiamo?- E lui con

il volto sgombro dagli abissi vèlvoli e maligi e con parolelampigiane ed umbralìe mi rispose: - Certo, sei quello

delle fànfole, Fosco Maraini.

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Shipping cave management

ovvero

Le strategie della Nuova

 Azienda Agripogea

a cura diLuigi Passento

 Amministratore DelegatoSherpa Ltd. - Marketing Investigation

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 Vi fu negli anni settanta una stranasocietà che si presentò al mercato internazio-

nale con una serie di prodotti alquanto sin-golari. Prodotti che, inizialmente, ebbero ungrande successo ma che nel corso del tempoinnescarono un acceso dibattito in seno alleOrganizzazioni Speleologiche Internazionali.

Detonatore di questo processo fu uncerto Alfredo Sbaffozzi di Frelinni, un uomo di

cui tuttora si ignorano le origini. Quella mode-sta quantità di informazioni che si riesce a rac-cogliere è il frutto di sporadici articoli apparsisu quotidiani e riviste che si occuparono della“Nuova Azienda Agripogea” e della sua produ-zione di “nettare stalattitico”.

In pratica l’obiettivo di questa ditta eraquello di estrarre, imbottigliare, confezionare

e vendere un prodotto da considerarsi “di nic-chia”. Al fine di dare maggior risalto e offrireuna sorta di certificato di garanzia al loro pro-dotto, il consiglio di amministrazione decise diinviare una domanda per usufruire dei fondistanziati alle singole regioni per promuovereprodotti tipici. La domanda andò in porto ed

il progetto fu finanziato dalla legge regio-nale sullo sviluppo del “turismo intelligente”(L.R. 332/1963) accordata dall’attuale consi-glio regionale (più in particolare “dall’ufficionatura”) con alcuni imprenditori del territorio.

Chi operava nell’azienda aveva il compitodi raccogliere all’interno di ambienti carsici il

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liquido contenuto nelle stalattiti; l’operazionedi “vendemmia ipogea” (così come veniva

chiamata) era alquanto delicata e richiedevauna certa esperienza e delicatezza unita anchead una buona dose di prestanza fisica dato che bisognava asportare dal soffitto della grottadelle stalattiti, avendo cura di non rovesciarel’acqua che rimaneva nel tubicino otturatodella giovane concrezione. Capirete benissimo

che la capacità di un simile contenitore oltread essere molto limitata, costituiva una raramerce e la particolarità di questa era dovutaprincipalmente alle singolari caratteristicheorganolettiche possedute dalle varie concre-zioni dislocate. E su questa “tipicità” AlfredoSbaffozzi di Frelinni decise di investire il suodenaro cercando di ricavarne un profitto.

Il suo mercato ebbe un discreto successo,acquistò un ipogeo e vi costruì nelle vicinanzela sua Azienda. Attivò una borsa di studio,incrementò l’attività speleologica elargendocospicue donazioni a vari gruppi speleolo-gici, inaugurò parchi ipo-didattici nelle cavitàin suo possesso e successivamente istituì una

fondazione (la Fondazione Carsici Sbaffozzi) ilcui scopo era quello di raccogliere fondi per laricerca di siti carsici inesplorati.

Purtroppo però nel 1998 gli venneroconfiscati tutti i suoi beni a causa di un gravedissesto finanziario dovuto principalmente amovimenti di denaro poco trasparenti. La sua

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fondazione venne messa all’asta ed in seguito venne acquistata ed adibita a parcheggio, le

cavità ipogee vennero collegate tra loro ed ilocali, ampliati e resi fruibili, divennero luoghiprivilegiati per sontuosi banchetti per cerimo-nie di ogni genere, infine tutti gli speleologi vennero assunti a tempo indeterminato comepersonale di sala, addetti all’ospitalità, nutri-zionisti, cassieri.

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 Alfredo Sbaffozzi di Frelinni intento a raccogliere dei campioni dinettare stalattitico durante un saggio di vendemmia agripogea.

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Un immenso sregolarsidi tutti i sensi

a cura diCamille Regnier 

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 Ancora non sappiamo a chi appartengaquesto corpo, nulla di lui si conosce tranne un

nome che sembra falso ed un dubbioso indi-rizzo conservato in un ufficio notarile. Nonimporta, ciò che ci basta sono i suoi occhigremiti, reduci di una energia gigantesca chenulla sanno fare se non guardarci.

Infinitamente ingorgato in un mare insubbuglio egli sopravvive procacciando fram-

menti di quintessenze.Lontano un incendio, che lui solo vede.

“Ci sono tanti modi di essere colpevole,

di perdersi definitivamente,

di tradirsi,

di non affrontare se stesso” 

Clarice Lispector 

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Lettere da Lugano Testimonianze di Robert Childrens

a cura diMargherita e Leonida Pucci Bassini

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Decine di volte la curiosità ha buttatoall’aria programmi ed eventi a lungo meditati

ed attesi. Abbandonato quello stupido appetito

che ti prende nei momenti di noia ho preferitoriflettere sul fatto che circa tre miliardi di per-sone nel mondo non hanno a disposizione ungabinetto con lo sciacquone. Che fare allora?Iniziai così a fare lunghe ricerche alimentando

così quella mia grande smania di conoscere.Come un treno in viaggio senza un orario darispettare, trascorrevo giornate senza temposcandite solo dall’eccitazione di scoprire unmodo per trasformare gli escrementi in con-cime.

Purtroppo però ci fu chi arrivò prima

di me: un certo Joseph Jenkins, autore diThe humanure handbook: a guide to compo- stine human manure (Il manuale del letameumano: guida al compostaggio) nel qualespiega come fabbricare un gabinetto usandola segatura per eliminare gli agenti patogeni etrasformare il tutto in concime per il giardino

(www.jenkinspublishing.com).Dato che anche io avevo una passioneper il trattamento delle acque nere sincera-mente provai un po’ di invidia, soprattuttoperché il mio interesse è di lunga data. Bastipensare che all’esame delle scuole medieinferiori proposi come “argomento a piacere”

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gli eventi che portarono alla costituzione,nel 1904, del brevetto originale di Imhoff ed

all’esame di ingegneria dell’università proposiuna variazione di una fossa a pianta circolaredi tipo IMHOFF costruita ai sensi della legge319 del 10.05.76 e certificata inoltre secondola norma UNI EN ISO 9001:2000.

Con in corpo quella specie di dispera-zione che ti provoca una sorta di eccitazione

decisi di continuare comunque sull’argomentoe siccome sono appassionato di speleologiadecisi di raccogliere, studiare e catalogare i dif-ferenti escrementi degli animali ipogei al finedi creare un museo-laboratorio nel quale poterstudiare come variano nel corso del tempo leabitudini alimentari dei vari organismi presenti

nelle grotte. Inoltre desidero verificare perso-nalmente se esiste un metodo che permette digenerare forme viventi come mosche, scara- bei, lumache, sanguisughe e anche di alcuni vertebrati di classi inferiori, partendo dallaputrefazione di sostanze organiche.

Sinceramente questa tesi fu ritenuta

possibile fino al secolo XVII ma fu confutatadallo scienziato e letterato italiano FrancescoRedi nel libro Esperienze intorno alla genera- zione degli insetti (1668), dal biologo LazzaroSpallanzani (1729-1799) e definitivamentedal chimico e biologo francese Louis Pasteur(1822-1895). Nonostante questo non mi perdo

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d’animo, continuando a coltivare quel terribilepiacere che si prospetta di fronte a certe situa-

zioni ritenute da tempo di scarso interessescientifico.

risveglio:

tra le voci degli insetti 

la mia tosse 

 Naito Joso

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 Robert Childrens intento a raccogliere campioni di liquami e fanghiglia.

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CENTRO STUDI “GUIDO LIRENI ”

62018 POTENZA PICENA

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