Sante Martinelli - Di Alcune Riforme Dei Codici Penali Italiani

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    DI ALCUNE RIFORME DEI CODICI PENALI ITALIANI A PROPOSITO DI UNA CIRCOLARE DEL MINISTRO

    GUARDASIGILLI PER LAVV. SANTE - NAPOLIPRESSO VINCENZO PRINGIOBBA - 1863

    CIRCOLAREDEL MINISTRO GUARDASIGILLI

    Ministero di Grazia e Giustizia e de' Culti.

    VI Divisione Numero 10908.

    Torino, 12 febbraio 1863(spedita a Napoli il 7 marno)

    Ogni italiano deve vivamente desiderare che la unit della nazionesia raffermata dalluniformit della legislazione; la qual cosa, a dir

    vero, non pi un desiderio in riguardo alle leggi penali ed a quelleordinatrici dei magistrati e del procedimento penale, dappoich,

    eccettuata quasi la sola Toscana, esse sono le stesse in tutte le altreprovincie. Secondo che pur da desiderare che nellestendersi detteleggi alla Toscana, s'investighi se potessero ricevere altrimiglioramenti, dettati dai progressi della scienza e dalla pratica fin'oraavuta.

    Ed in ispezialit mestieri indagare, se in talune parti sia damodificare la dichiarazione de' fatti annoverati tra' reali, o lacorrispondente penalit; se la competenza possa meglio ripartirsi edordinarsi tra le diverse giurisdizioni, e se il procedimento possarendersi pi spedito e semplice senza danno della verit, di cui

    dev'essere mallevadore.Egli perci che lo scrivente si volge alle SS. VV. che alla piena

    cognizione del giure penale accoppiano quella dei dati della esperienza;perch si compiacciano di trasmettergli al pi presto i risultamentidelle loro investigazioni sul proposito. E gli giova sperare che, merctale cooperazione la legislazione penale, che in Italia ebbe i suoi primiriformatori, ora possa attingere quello stato di perfezione ch' richiestodalla civilt de' tempi.

    II Ministro

    Pisanelli

    Al Sig. Sante MartinelliConsigliere della Corte dappello di Napoli

    AL LETTORE

    L'Italia sapr grado al Governo del Re e al Parlamento, se vorranno

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    intendere efficacemente allopera, non che utile, necessaria, diriformare la legislazione penale, di quel modo ch' detta nella circolaredel ministro guardasigilli. Ed tempo.

    L'unit della nazione non comporta che la legislazione penale, la

    quale ritrae una parte rilevantissima del suo diritto pubblico, si mostripi lungamente difforme in alcuna provincia dello Stato; ed dovere,estendendo a la Toscana i codici imperanti nel resto della monarchia,di emendarli e migliorarli secondo il lume dellesperienza che fin' ora si fatta, rinfrescando, ove d' uopo, a vantaggio comune, le parti buone e

    vive di parecchi antichi istituti.Conviene persuadersi: niuna legge riuscir mai adeguata al bisogno,

    se, nella sua sfera, non esprime, qual realmente, la vita del popoloitaliano; il che importa che si dee anche tener di conto il passato, eguardarlo senza preoccupazione, non rigettando alla cieca, in odio delmale, il bene che pure ha fatto e che vive tuttavia nelle abitudini dellepopolazioni, se pi correttamente gli articoli, che non si lascidesiderare in un codice italiano quella propriet e chiarezza di stilenotabilissime nell'abolito codice napolitano del 1819, e la elegantesemplicit di locuzione che splende nel codice toscano del 1853.

    In ogni caso, ci che rileva, soprattutto, di profittare dell'esempiosalutare che il Parlamento ha dato ultimamente nella discussione de'

    bilanci, voglio dire, di affidare a la sua commissione i disegni chesaranno presentati dal Ministero, autorizzandola a ricevere e ad

    esaminare gli emendamenti, per non avere a discutere nelle pubblichetornate se non que' soli capi intorno a cui ministero e commissione nonsieno potuti venire in accordo. In somma, se riesce di frenare le parolein grazia dell'opera, ei si potr cavarne la conclusione; che non datodi venire altrimenti a capo di un lavoro di lunga lena.

    Quanto al p di osservazioni chio qui presento al lettore, messeinsieme ne1 ritagli di tempo che lascia ai consiglieri di appellolinterminabile fatica di questa Sezione di accusa della Corte di Napoli,non dir altro se non che sarei pago di avergli fornita loccasione di

    meditare sopra di un argomento, che una delle pietre angolari diquesto s grande e meraviglioso edilizio della patria italiana.Napoli, marzo 1863.

    RIFORMEDEL

    CODICE PENALE

    CAPO PRIMO

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    DELLE PENE

    I. Il sistema delle pene del codice imperante tiene il mezzo tra ilrigore relativo dell'abolito codice napolitano del diciannove e la

    mitezza del toscano del cinquantatre, ed , come a dire, l'equazionedegli altri due; di forma che, in generale, risponde, por ci stesso, albisogno di un codice comune a tutta Italia.

    Nondimeno, alcune condizioni particolari delle provincie toscane edelle napolitano, hanno gi in esso rilevato, per opposte vie, un eccessoe un difetto notabilissimi; un' eccesso a Firenze e un difetto a Napoli,dei quali si preoccupata la pubblica opinione.

    La gentile Toscana, non usa da molti anni a veder scritta nelle sueleggi e molto meno applicata la pena di morte, che di mal'animo la videintrodotta nel codice del cinquantatre, quasi frullo della dominazionestraniera, e labol non appena cacciati i Lorenesi, male anche saprebbericeverla adesso dal codice italiano.

    D'altra parte, in Napoli, la mala signoria dei Borboni ha lasciatotroppo lungamente attecchirvi un reato sui generis, la camorra, cui non

    basta a svellere alcuna delle pene ricevute. Ecco i due primi problemi,posti veramente dalle reali condizioni d'Italia, che nostri statistiincontrano al primo passa e debbono necessariamente risolvere.

    II. In una memorabile tornata del Parlamento, quell'onesta e arditafigura del Ricasoli, lasciando il potere, annunzio come nel suo

    ministero si fosse, appunto a cagione della Toscana, discusso traministri se convenisse abolire la pena di morte. Le opposte opinioniandarono divise tra ministri toscani e non toscani, gli unipropendendo, gli altri no, ad abolirla. Ma non fu preso alcun partito.

    Le voci di abolizione si sono rincalzate adesso che l'onorevolePisanelli salito a reggere il ministero di grazia e giustizia; per cheavendo egli pubblicata alcuni anni sono una erudita e faconda lezionecontro la pena di morte sia paruto a molti che ben gli si addica ora diinaugurarne, lui ministro, labolizione.

    Non so, invero, qual sia lopinione del ministro; ma dubito forte chesi possa nelle presenti condizioni d'Italia e della legislazione, parlareseriamente di ci.

    Chi oggi si adopera a dire e a scrivere contro la pena d morte dice escrive una cosa chiara buona santa giustissima alla quale la societmoderna s' incamminata, e verso la quale ha dato forse di gran passi;ma non si accorge che la chiave del problema non sta in mano dellegislatore, sibbene dei giurali, cio dire, della societ stessa, di cuiquelli sono l'espressione verace e sincera. Mi spiego. La legge umana, aconsiderarla sul sodo, non crea il diritto, ma lo descrive, quando si

    rivelalo nel costume e nella vita di un popolo; onde una legge cosuniversale e antica, come quella sopra la pena di morie, non pu

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    durante lo stato d'assedio, auspice il Generale La Marmora, osaronoaffrontare i primi pericoli e colpire i capi della setta. A sbarbicarlaaddirittura, due rimedi principali occorrono, il pi subitamente che sipossa, cio dire, che una legge contempli e definisca questo reato, e che

    lo punisca con la deportazione. Non e' via di mezzo.La camorra ha una qualit particolare, di avere certa sua tradizionesettaria che ha sede propria nel le carceri e nei bagni, ove ripullolasempre. Onde chiaro, non solo per questa che per molte altre ragioni,che sar gran ventura se si potr un giorno riordinare le carceri delnapolitano a sistema cellulare. Ma opera lunga e dispendiosa, cherichiede studio e tempo non breve. Non dico gi che non s'abbia a porvisubito la mano; anzi necessario ed dovere del Governo di farlo nelminor tempo possibile; ma n dobbiamo dissimularci le difficoltintrinseche dell'opera, n questa basterebbe al bisogno.

    II sistema cellulare darebbe appunto il vantaggio grandissimo dirompere le fila della setta in uno dei luoghi pi prossimi alle citt, doveprincipalmente s'intessono, e d'impedirne le relazioni esterne.

    Ma il sistema cellulare non pu estendersi ai bagni e ad altrisimiglianti luoghi di pena, n possibile di troncare affatto ogni sortadi relazioni tra questa specie di condannati e le loro famiglie e aderenti.

    In ogni caso, un disegno s vasto non pu recarsi in atto e compierenel giro di pochi anni; mentre qui il pericolo nella mora, e non lecito indugiare.

    La deportazione, in America, per esempio, o in altra lontanacontrada, adempie, in vece, interamente allo scopo. Pena perpetuach'essa vuol'essere, metter fuori delle societ una classe omicida eladra d persone che non possibile, o assai difficile, di emendare. Cinel resto, non toglie che il deportato, il quale per un cotal numero dianni abbia dato prove non dubbie di essersi corretto, possa sperare lagrazia del Principe e rivedere la sua terra natale.

    IV. Dico anzi d pi. Dubito che le pene del codice attuale rispondano

    interamente a quellaltra dolorosa calamit ch il brigantaggio. Neicasi in cui la legge non punisce di morte il brigante, basteranno le altrepene a guarire questa piaga, o tu voglia considerare le origini e la formadel brigantaggio, o il numero dei briganti? E tra per luna ragione elaltra, non sarebbe pena pi efficace e sicura la deportazione?

    Poniamo che si mettano in istato d guerra le provincie infeste daquesto flagello; fino che non ricaschi in fondo la peggior feccia dellasociet venula a galla in occasione di avvenimenti politici, e fomentatadai nostri nemici, ei vi vorr un gran pezzo; e di briganti ce ne saranche troppi, eziandio dopo molte e molle catture, i quali non sar

    possibile n prudente di contenere nelle carceri e ne' luoghi soliti dipena.

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    Ci si pensi: la deportazione potrebbe troncar alla prima moltedifficolt, massime se congiunta a un sistema di lavori forzali,mantenuto con severa disciplina. Le obbiezioni che contro di essa sisono sollevate in Francia, ove dal codice penale applicala ai reali

    politici, presso di noi non hanno valore; perch il camorrista e ilbrigante escono dallordinaria sfera de' malfattori, gli uni corrompendoe demoralizzando la societ col coperto lavorio della setta; gli altrirubando ed uccidendo in nome della politica e della religione, in nomedel Borbone e del cardinale Antonelli, ai quali la giusta ira di Dio nonpoteva certo concedere soldati e sacerdoti pi degni.

    1) il primo da cinque a sette anni, il secondo da otto a dieci. Lesempio delCodice francese non pu giustificare un' errore evidente, e non ragione ches'abbia a ripetere in Italia.

    CAPO SECONDODEI GRADI DELLE PENE

    V. La gradazione delle pene non esalta, e diviene in pratica unadivisione inutile, quando pure non crei inconvenienti maggiori, se l'ungrado non sia distinto e separato dall'altro; di guisa che il minimum delsuperiore sovrasti al maximum dell'inferiore, senza che il primotermine dell'uno si confonda con l'ultimo dellaltro.

    Quando, in fatti, la legge comanda in generale la diminuzione ol'aumento di un grado, niuno potr dire se il passaggio abbia avutoluogo, una volta che il minimo di quello da cui si deve discendere siconfonda col massimo dellaltro in cui si scende, o viceversa. Il che, d'altronde, ripugna al fine stesso della gradazione della pena, ch' diproporzionare questa ai gradi correlativi di colpa. Il grado termine diquantit che s'ha a distinguere dai suoi termini correlativi. Unaquantit composta di pi parti, delle quali l'estremo di una si confondacon l'inizio dellaltra, quantit continua e non graduata. E a chegioverebbe? Se una data quantit di colpa trova il suo corrispettivo dipenalit nellestremo di un grado, perch ripeterlo in un altro.

    Per esempio, quindicianni di lavori forzati rappresentano il minimodel secondo grado e il massimo del primo; sette anni di reclusionesegnano gli opposti termini del secondo e terzo grado di essa pena; ecos via via di tutte le pene criminali correzionali e di polizia. E, senzadubbio, un difetto del nostro codice, facile a emendare.

    Il secondo grado dei lavori forzati pu ben cominciare daldecimosesto anno, come l'ultimo grado di reclusione dall'ottavo, e cosmano mano per le altre pene.

    VI. Come i diversi gradi, cos i diversi generi di pena arguiscono unagraduata quantit e talora una diversa specie di colpa. I gradi

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    differiscono per la durata; i generi per la qualit della pena. Or quandola legge, esauriti tutti i gradi di un genere di pena e stimandoliinsufficienti, passa a un genere di pena superiore, bisogna che il primogrado di questo genere superiore non cominci dall'avere minor durata

    dell'ultimo grado del genere inferiore: che, altrimenti, la differenza dimaggiore intensit rimanendo compensata dalla differenza di minordurata, il trapasso diventa ef- mero. Il massimo della pena del carcere,dalla quale si ascende alla reclusione, di cinque anni, ed il minimodella reclusione, di tre. Or perch non sai egli abbastanza punito concinque anni di carcere un reato cui laumento di pena non riesce che atre anni di reclusione. La diversa qualit non compensata dalla minordurata? Proporrei, dunque, che la reclusione e la relegazionecomincino da cinque anni, in corrispondenza del massimo della penadel carcere, e che la reclusione sia divisa in due soli gradi, il primo dacinque a sette anni, il secondo da otto a dieci. L'esempio del Codicefrancese non pu giustificare un errore evidente, e non ragione ches'abbia a ripetere in Italia.

    VII. Ma un pi grave inconveniente deriva nella pratica dal modo dipassaggio prescritto nell'articolo 66, e dalla indeterminata indicazionedei generi di pena, che il codice statuisce pel maggior numero di reali,senza specificarne i gradi. Il che mentre lascia troppo arbitrio aimagistrati, da luogo a mostruose disuguaglianze.

    Tutte le volte che la legge da facolt al magistrato di spaziare

    incondizionatamente in un genere di pena, stale certi che, trannerarissimi casi, sar sempre applicalo il minimum. Ma il peggio di vedere una medesima specie di reati punita oggi con tre anni direlegazione e domani con venti, senza che il magistrato abbia a renderconto di tanta disparit.

    Anzi, (ci che mi accadr di rilevare anche meglio a proposito deifurti), un reato qualificato pu riuscire punito con minor pena delsemplice. Non diverso sconcio avviene nell'ipotesi del tentativo.Quando voi pel reato consumato ponete a disposizione del magistrato

    tutta la latitudine della pena, qual norma seguir e gli e a quale streguane misurer la discesa pel tentativo?Figurer forse ad arbitrio le circostanze possibili a verificarsi se quel

    reato si fosse per davvero consumato, e quindi fisser ipoteticamente laquantit di pena con cui lo avrebbe punito in tal caso, per misurare poida quel punto fin dove diminuirla per applicarla al tentativo?

    A causare tulio ci, , dunque, necessario che la pena assegnala inciascuna ipotesi di legge sia circoscritta tra gradi determinali. Cos,quando la legge comanda laumento o la diminuzione di pena, il puntodi partenza sar sempre il maggiore o il minore dei gradi stati

    comminali. In questo senso anderebbe riformalo l'articolo 66,esprimendo una regola chiara e semplice.

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    CAPO TERZODELL'INFLUENZA DELLA MINORE ET E

    DELL'UBBHIACHEZZA SULLA PENA

    VIII. Ai minori di diciott'anni e maggiori di quattordici, l'articolo 90del codice italiano accorda diminuzione di tulle le pene criminali.Commuta la morie in quindici e i lavori a vita in dieci anni direclusione; i lavori a tempo anche nella reclusione non pi che persette anni; la reclusione nel carcere; e diminuisce ogni altra maniera dipena o criminale o correzionale o di polizia, sempre di due gradi.

    Or che non si adopera la stessa misura rispetto alla relegazione? Unavolta ammesso il trapasso da una pena criminale a una pena inferiore,

    non v' ragione di adoperarlo per la reclusione e non per la relegazione.N gioverebbe osservare di essere questa una pena pi mite, la qualecostituisce un genere speciale e a parte; per che certamente siasempre una pena criminale, molto pi aspra del carcere, la quale nellascala delle pene occupa un posto intermedio appunto tra la reclusionee il carcere. Se, dunque, permesso il salto dalla reclusione al carcere,mollo pi dovrebbe potersi discendere dalla relegazione a questo. Senon che sarebbe a fare una distinzione, per non uscire dal parallelofatto fra questa pena e quella della reclusione, il cui maximum di anni10, mentre quella della relegazione di 20; stabilire, cio, il passaggio

    alla pena del carcere, pei reati punibili sino a 10 anni di relegazione; eper gli altri puniti da 11 a 20 anni accordare sempre una diminuzionedi tre gradi.

    IX. L'articolo 91 accorda la diminuzione di un solo grado al reomaggiore degli anni diciotto e minore dei ventuno, salvo alcuni casi, tracui noverato l'omicidio proditorio. Il codice del 1859 riteneva laprodizione come qualifica di assassinio, e quindi punibile di morte. Lacommissione napolitana, che modific il codice per le provinciemeridionali, ritenne, invece, la prodizione meritevole di morte quando

    costituisse premeditazione, e dei lavori forzati a vita quando rimanessesemplice prodizione: art. 531 e 534. Il secondo caso dell'articolo 91vuolsi, dunque, emendare in questo senso, eccettuando, secondo lacennata distinzione, non gi lomicidio proditorio, ma lomicidio

    premeditata, ovvero lomicidio con produzione costituentepremeditazione.

    X. In fallo di reali commessi in istato di ubbriachezza, dottrina, dipresente universalmente ricevuta, che si debba accordare unadiminuzione di pena sol quando lubbriachezza sia piena e contratta

    senza deliberalo proposito da colui che non solito di ubbriacarsi. Unadisposizione siffatta era testualmente scritta nel secondo capoverso

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    dell'articolo 95 del co dice subalpino.La Commissione napolitana ne ha cambiata la dizione, mutandola in

    una formula pi generale, la quale, per verit, non ne muta il senso;per che abbracci, seconde le regole dell'imputabilit, cos

    lubbriachezza, come ogni altra cagione che scemi la responsabilitpenale. Ma, in pratica, la giurisprudenza, almeno in queste provincienapolitano, si sviata a non distinguere, secondo la mente della legge,se lubbriachezza sia piena e contratta senza deliberato proposito dacolui che non sia uso di ubbriacarsi; onde accade che i giurati,ammettendola in digrosso, sono corrivi a far diminuire le pene pi chenon consenta la giustizia, e a scapito del fine della legge. Voglio avernotalo l'inconveniente, chi sa si stimi opportuno di rinnovare in questaparie il lesto primitivo dellarticolo 95.

    CAPO QUARTODEL MANDATO

    XI. Il codice del 1859 aveva l'articolo 99, cos concepito: IImandante punito come reo di reato mancato e tentato, secondo ledisposizioni di cui nei due precedenti articoli, quando l'esecuzione delmandato sia stata sospesa o non abbia prodotto il suo effetto, sia pel

    pentimento del mandatario, sia per qualunque altra causaindipendente dalla volont del mandante. Nel caso in cui il

    mandatario non avesse proceduto ad alcun principio di esecuzione, ilmandante sar tuttavia punito come reo di reato tentato. LaCommissione napolitana l'abol, per questa ragione:

    A rispetto del conato la Commissione crede doversi conservare, nonsenza un ravvicinamento alla teorica del Codice, l'instituto gi tra noiradicato di sottrarre il pi che si possa al rigore della punizione itentativi dei delitti. E d'altra parte egli era mestieri respingere ladisposizione del Codice contenuta nellarticolo 99, che vuoi punito ilmandante di un reato anche quando il mandatario desistesse dalla

    esecuzione del medesimo; imperocch la coscienza giuridica in questeprovincie napolitane non potrebbe rinunziare al principio che il omandalo si risolve in puro proponimento criminoso o al massimo, inun atto preparatorio, quando le a sedizione del reato vien manco per

    volontario desistere di colui che aveva assunto l'incarico di tradurlo inalto. Che se poi nellarticolo 99 del Codice si tiene anche punibile ilmandante, quando il mandatario desista dalla esecuzione per cagionein dipendente dalla sua volont, l'abolizione di questo articolo noninchiude l'impunit del mandali le per tal caso, perch essendo

    punibile il mandatario come autore di conato criminoso, le regolegenerali dalla correit e della complicit bastano a produrre la

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    punibilit del mandante.XII. Ma egli vero che quando il mandatario desista

    volontariamente dall'esecuzione del reato, il fallo del mandato dato eaccettato, sia da considerare, rispetto al mandante, siccome un puro

    atto preparatorio, che non da punire? Pare a me che bisognadistinguere se il mandatario desista volontariamente prima o dopo diaver cominciali gli alti di esecuzione; e che se lecito di lasciareimpunito il mandante nel primo caso, non giusto di lasciarloimpunito nel secondo.

    Il malefizio per mandato nasce dal concorso di due volontcriminose, luna determinante, laltra determinata, le quali si unificanonello scopo, e di cui la prima la principale ed efficace causa motrice;di forma che lazione del mandante, dato il mandato, dee tenersicompiuta, se lesecuzione del reato non dipende che interamente dalla

    volont del mandatario.Or se principio di dritto, inchiuso nella teoria del tentativo, che la

    volont di delinquere manifestata in atti di esecuzione, non siapunibile quando l'autore vi desista da s e non per circostanze fortuitee indipendenti dalla sua volont; non vedo perch il mandante nonabbia ad essere punito quando la sua azione sia gi compiuta emanifestata in alti di esecuzione, il cui effetto non sia sospeso da lui,ma dalla sola volont del mandatario. La teoria del tentativo si adagiasopra una ragione morale, il pentimento, cui la legge deve aver

    riguardo, nellinteresse sociale e politico, per agevolarlo con lapromessa dell'impunit.Qual merito in ci pu avere il mandante, la cui mala volont,

    pervenuta ad atti di esecuzione, manchi di effetto per volont d'altrui,che vuoi dire, per circostanza fortuita e indipendente dalla sua? Perchla societ dovrebbe lasciarlo impunito ed a qual pr, se egli,persistendo nel mandato, non elio pentirsi,ei continua ad influire sullaesecuzione del reato?

    Ci che basta a non togliere la responsabilit penale, giusta la teoria

    ricevuta del tentativo. Che il mandalo non debba poter costituire piche un semplice atto preparatorio, e come tale impunibile, quando perparte del mandatario non siasi devenuto ad alcun'atto di esecuzione, sianimella pure, come quello che in questo caso mancherebbe di unaespressione estrinseca e di quella prova sicura che non lascia alcundubbio sullaccordo delle due volont, e sulla efficacia dellapersuasione ingenerala dal mandante nel mandatario. Ma quandoquesta prova esiste gi, per gli atti di esecuzione, e con essa la volontpertinace e costante di delinquere, alla coscienza giuridica ripugna diconsiderare il mandato come un puro proponimento criminoso, e di

    vederne impunito il mandante.L'articolo 99, secondo queste idee, anderebbe, dunque, formulalo

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    cos: Il mandante anche punito come reo di reato mancato o tentato,secondo le disposizioni dei due precedenti articoli, quando ilmandatario abbia manifestata la sua volont con atti di esecuzione, equesta manchi o resti sospesa pel pentimento di esso mandatario.

    CAPO QUINTODELLA COMPLICIT

    XIII. Il Codice del 1859, nella teoria generale dei reali, ha usufruitadallantico progetto del codice penale italico una distinzione,sconosciuta agli altri codici s italiani che stranieri, salvo cheall'estense, la quale, poco intesa fin'ora, segna nondimeno un notabileprogresso della nostra legislazione. Gli altri codici distinguono nel

    reato due soli operatori, l'autore principale e il complico, lunoesecutore diretto e immediato, laltro che vi partecipa persuadendo,aiutando, facilitando.

    Questa distrazione, a ben considerare, non basta. Evidentemente,lazione propria dellautore principale deve avere un carattere distintoed essere qualcosa pi di quella del complice.

    Or, colui che persuade o sforza o induce in modo un'altro adelinquere, che, se non fosse da lui, il reato non si commetterebbe, ed come la mente del braccio perpetratore, non opera veramente dacomplice, perch non si limita ad aiutare o a facilitare, ma entra e

    partecipa direttamente nell'azione propria dellautore principale.La quale, in tal caso, rimane divisa tra due persone ed fatta da

    entrambe, senza che luna vi concorra meno principalmente dell'altra.Quando, dunque, ci avvenga, bene a ragione il nuovo Codice

    italiano chiama agenti principali le persone cooperanti direttamente al'atto che costituisce il reato, e complici quelle che ne aiutino ofacilitino lesecuzione. Cos il campo del complice risulta megliodeterminato ed ha confini suoi proprj che non dato di confondere colcampo dellautore principale, sia che l'azione propria di costui si

    mantenga tutta unita e concentrata in una sola persona, sia chespartuita in molte.Il difetto del sistema opposto, e il pregio del Codice, appunto

    questo, che luno rigetta nel campo della complicit, mentre laltroritiene in quello dellautore principale, la parte morale dellazionepropria di costui, ancora che divisa dalla materiale; ch' ci di cui nonsi accorgono coloro che vanno censurando la nuova distinzione.

    Vuolsi tuttavia dar merito alla Commissione napolitana di averlaanche meglio perfezionata, disegnando pi pre- cisamenle, in un punto

    in cui il Codice del 59 lasciava troppo rasentare e quasi confondere,lazione propria degli agenti principali con quella de' complici, come

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    risulta dal confronto delle due edizioni (1).(1) Codice del 1859. Articolo 102. Sono agenti principali1. Coloro che avranno dato mandato per commettere un reato:2. Coloro i quali con promesse, con minaccio con abuso di potere o di autorit, o

    con artifizj colpevoli, avranno indotto taluno a commetterlo

    3. Coloro che concorreranno immediatamente con lopera loro alla esecuzionedel reato, o che nellatto stesso in cui si eseguisce presteranno aiuto efficace aconsumarlo.

    Articolo 103. Sono complici:1. Coloro che istigheranno o daranno le istruzioni o le direzioni per commettere

    un reato:2. Coloro che avranno procurate le armi, gli strumenti, o qualunque altro mezzo

    che avr servito all'esecuzione del reato, sapendo luso che si destinava di farne:3. Coloro che senza l'immediato concorso ali'esecuzione del reato, avranno

    scientemente aiutalo od assistito l'autore o gli autori del reato nei fatti che loavranno preparato o facilitato, od in quei fatti che lo avranno consumalo.

    Cos modificati dalla Commissione napolitana per decreto del 17 febbraio 1861.Articolo 102. Sono agenti principali:1. Coloro che avranno dato mandato per commettere un reato:2. Coloro i quali con doni, promesse, minaccio, abuso di potere, o di autorit, o

    con artifizj colpevoli, avranno indotto taluno a commetterlo:3. Gli esecutori immediati dellatto costitutivo del reato.

    Articolo 103. Sono complici:1. Coloro che istigheranno o daranno le istruzioni o le direzioni per commettere

    un reato:2. Coloro che avranno procurato le armi gli strumenti o qualunque altro mezzo

    che avr servilo allesecuzione del reato, sapendo luso che si destinava di farne:

    3. Coloro che, senza essere immediati esecutori del reato avranno scientementeaiutato, o assistito, l'autore o gli autori del reato, nei falli che lo avranno preparaloo facilitalo o consumato

    XIV. Nondimeno rimane una lacuna alla quale aveva gi provvedutola giurisprudenza napolitana, formulando la teorica della complicitcorrispettiva, che bisogna adottare, per non lasciare privo di unaspeciale disposizione legislativa un caso il quale occorre assai difrequente nella pratica del foro. Fuori i casi di rissa, regolati dagli art.564 e 565, quando consti che pi individui concorsero ad un reato disangue, e s'ignori chi ne sia stato l'autore principale, quale sar la lororesponsabilit e come saranno puniti, soprattutto quando il numerodelle ferite sia inferiore a quello dei colpevoli?

    La giurisprudenza napolitana consider che sarebbe stata ingiustaesorbitanza punir tutti come autori principali, e non tollerabilerilassatezza rimandarli, nel dubbio, impuniti. Un fatto, si disse, cerio,la sciente cooperazione o assistenza di tutti al malefizio. Nel dubbio,dunque, se sarebbe ingiusto di estendere ai complici la pena dellautoreprincipale, benigno provvedimento accomunare questo a quelli.

    Questo principio dovrebbe dichiararsi in una disposizione da

    aggiungere allarticolo 104, la quale polirebbe formularsi cos: Fuori icasi di rissa degli articoli 564 e 565, quando pi individui abbiano

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    associazione, o allo scopo cui mirano 4. Coloro che scientementeadditano o fanno additare alle forza pubblica un falso cammino

    perch non si scontri con la banda, o che daranno o faranno dare ali'autorit false notizie per eluderne la vigilanza (I).

    (1) Per non parlare due volle di queste novelle ipolesi che si propongono, dir find' ora che sarebbe opportuno di ripeterle anche sotto il capo dellassociazione deimalfattori (articoli 426 e seguenti) proporzionandone la penalit a quella dellari.429.

    A questo proposito vuolsi notare, che queste associazioni di malfattori sarebberomeno frequenti se si colpissero i birbi che somministrano i viveri. Ipolesi che nonmanca per le bande politiche, ma che non si legge nellart. 429. E poichdifficilmente potrebbero colpirsi con le regole generali della complicit, mestieriprevederne il caso, nel detto ari. 429.

    XV. Pei componenti di queste bande politiche, tranne che pei capi, il

    Codice prevede tre casi: 1. Se sieno arrestati nel luogo della riunione(art. 164, pena di relegazione o di lavori forzali): 2. Se continuano afarne parte, dopo la intimazione fatta dal- lautorit (art. 166, alinea, lastessa pena, ed in taluni casi anche il carcere): 3. Di coloro che nedanno parte allautorit, o contribuiscono allo scioglimento dellariunione, e di coloro che si presentino dopo la intimazione (articoli 165e 166, esenti da pena). Ma non si prevede il caso in cui fossero arrestatiprima della intimazione, e non sul luogo della riunione. Questa lacunapu mandare impuniti non pochi componenti di una banda politica

    E, quindi mestieri di formularne la ipotesi, il cui bisogno nella praticadiviene ogni d pi necessario, come dimostra lesperienza in questeprovincie meridionali.

    CAPO SETTIMODE' REATI DI FALSO

    XVI. L'articolo 329, riguardando le falsificazioni di cedole edobbligazioni dello Stato ed altre carte di credilo pubblico equivalenti

    moneta, non abbraccia le fedi di credito del banco di Napoli, le quali,mentre sono indubitatamente carte di credilo pubblico equivalentimoneta, sono trasferibili per girata, che una dichiarazione privatascritta sopra quella specie di carta. L'importanza della gira, e la qualitdella carta che si trasferisce per essa, richiede che la

    CAPO NONODE' REATI CONTRO LA PUBBLICA SANIT'

    XIX. Il nostro codice prevede due casi di reati contro la pubblicasanit; luno di colui che abbia somministralo a una determinata

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    persona commestibili o altre sostanze atte a produrre grave sconcertoalle salute (articolo 555); e l'altro dei venditori e dei vetturali, i qualiabbiano, gli uni vendendo e gli altri trasportando, frammischiato neicommestibili nei vini nei liquori o in altre bevande, alcuna estranea

    male ria che per indole sua sia alta a nuocere, o che diventi tale colmischiarla a cibi o bevande (art. 416. 417). Non si legge altradisposizione la quale preveda un terzo caso, non certo impossibile,

    voglio dire, di colui che con deliberalo e doloso proposito si faccia arecare indistintamente a pi persone non designate, e forse ad unaintiera popolazione, con sostanze nuocive, grave danno e forse anche lamorte. In questo caso, gli articoli sopracennati non bastano a punire ilcolpevole; perch larticolo 553 riguarda il caso speciale di sostanzesomministrate ad una determinata persona: e gli articoli 416 e 417 nonpreveggono il reato che nei limiti della colpa.

    Non pu essere certo mente della legge che colui, per esempio, ilquale avvelena una pubblica cisterna, o altre cose destinate a pubblicaconsumazione, dovesse andare impunito, o riportare una pena calcalasulla norma del tentativo, quando non si verifichi la morte di alcuno.Un reato che mette in pericolo di vita gran parte di una popolazionemerita del sicuro di essere molto pi rigorosamente punito.

    Sarebbe dunque, da adottare l'articolo 555 del Codice toscano del1855, che modificato secondo il sistema di pene del nostro codice,potrebbe formularsi cos:

    Chiunque, avvelenate dolosamente cose destinate alleconsumazione pubblica, ha posto in pericolo le vita o la salute di unnumer indeterminato di persone, soggiace,

    A) alla pena di morte, se ha cagionato omicidio;B) ai lavori forzati a vita se ha cagionato pericolo di vita,C) al primo grado dei lavori forzati, negli altri vasi.

    CAPO DECIMODEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA TRANQULLITA

    XX. I nemici dell'ordine e coloro che non osano alla svelala di agitarele popolazioni, e destare timori e sgomento nelle moltitudini,procacciano, con lo scoppio di bombe, di mortali, o simili, spaventaregli abitanti, spesso con grave danno delle persone e degli edifizii. E poiche lo scopo di questi facinorosi spesso di suscitare tumulti, soglionoscegliere i luoghi o le circostanze dei luoghi di pubblico ritrovo, ove pitristi ed esiziali sono le conseguenze della confusione che nasce dall'improvviso spavento. Il codice non ha alcuna disposizione che punisca

    adeguatamente questa sorta di reati. E per si potrebbe aggiungerla,formulata cosi:

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    1. coloro che ad oggetto di suscitare tumulto, o (gittar lo spaventofra gli abitanti facessero scoppiare bornie, mortali, e simili, sarannopuniti col primo (il secondo grado d relegazione 2. se lo scoppioavvenisse in luogo di pubbliche riunioni come chiese, universit,

    teatri, o loro adiacenze, quando il pubblico v'interviene, la pena saraumentata di uno a due gradi 3. Ove in seguito al perturbamentocagionato, ne avvenga nello scompiglio, la morte o la ferita o

    percossa d alcuno, lautore dello scoppio sar punito, nel caso dimorie, coi lavori forzali a vita, e nel caso di ferita o percossa, sequeste saranno gravi, col primo grado dei lavori forzati, e se lievi,con le pene dei due numeri precedenti applicate nel massimo delmaggior grado.

    CAPO DECIMOPRIMODELL'OMICIDIO VOLONTARIO

    Latto di un uomo che spegne la vita del suo simile, secondo la stessadefinizione della legge, non costituisce omicidio volontario se non viconcorre la volont del colpevole, sicch il danno sia in corrispondenzadi questa (articolo 522).

    Per l'identica ragione, quando la volont del colpevole sia solo diferire, o di percuotere, le nozioni fondamentali intorno agli elementicostitutivi del reato hanno costretto il legislatore a non poter adottare

    il nome di omicidio volontario, ancorch queste ferite, o percossecagionassero la morte dell' offeso.

    Sicch lelemento differenziale tra le due ipolesi di legge, tralomicidio e la ferita o percossa che cagiona la morte, sta nella diversa

    volont dell'offensore, non nel maggiore o minore tempo trascorso trala ferita e la morte.

    Vero che la legge, in odio dei reali di sangue agguaglia allomicidiola ferita o percossa volontaria che produce la morte in fra 40 giorni, e

    vi decreta le stesse pene (articolo 541); ma vi fa luogo ad una

    diminuzione proporzionata:1. se la morte dell' offeso, seguita entro i 40 giorni, non sia succedutaper la sola natura delle ferite, o delle percosse, ma per causapreesistente o sopravvenuta: 2. se sia avvenuta dopo i 40 giorni: 5. sequeste due condizioni si verifichino entrambe.

    XXII. Intanto talora avviene che anche quando si ferisce con lavolont di uccidere, la morte dell'offeso segua non per sola natura dellaferita, ma per causa preesistente, o sopravvenuta. In questo caso, se si

    negasse al colpevole una bench minima diminuzione di pena, siagguaglierebbe la responsabilit di colui che con la sola ferita ha

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    prodotto in tutta la sua pienezza il danno da lui voluto, allaresponsabilit, certo meno grave, di colui che non l'ha prodotta se nonper il concorso di un' altra forza estranea ed indipendente della suaazione; talch ove questa seconda causa non si fosse verificata, egli non

    sarebbe punito che come autore di omicidio mancalo. Bisogna,dunque, che la legge preveda questo caso e vi statuisca lacorrispondente diminuzione di pena, onde si possano evitare tutti glierrori e glinconvenienti cui da luogo, nella pratica del foro, lamancanza di una disposizione speciale e adeguata.

    XXIII. Tanto in fatti, ci vero, che sotto la, presente, come sotto lepassate legislazioni, sempre che occorre il caso di una ferita prodottacon intenzione di uccidere, e la morte sia avvenuta pel concorso dicause sopravvenute; per non negare al colpevole la diminuzione dipena, si vuole definire il fatto con la norma dellarticolo 541, ferita

    volontaria che ha prodotta la morte, e non omicidio vo lontano.Non questa una grave confusione di nomi e di cose? La ipotesi

    dellarticolo 541 allogato nella, sezione delle ferite e percosse, inchiudeevidentemente la condizione delleccesso d fine 3 cio che mentre ilcolpevole ha voluto unicamente ferire q percuotere, segua, oltre la suaintenzione, la morte delloffeso.

    Tramutare cos in ferita la definizione dellomicidio volontario, solperch la morte non se, gue immediatamente la ferita, vale sconoscere

    1$ propria natura dei reali, e smarrire il criterio giuridico di ognidefinizione, che non dee prescindere dalla, volont del colpevole. Diche nasce che la difesa acquista un diritto, che altrimenti non avrebbe,di proporre la quistione dellarticolo 569, cio se il colpevole potevaprevedere le conseguenze dello, ferita.

    Onde si avvera lo scandalo, oramai frequentissimo, che mentre i fattiprovano chiaro che il feritore voleva uccidere, e la morte delloffeso si

    verificata, sol perch questa non avvenuta immediatamente o persola natura di essa ferita, i giurati cui si pone, quando meno se

    l'aspettano, la quistione intenzionale, si veggono trascinati sul campodella prevedibilit delle conseguenze delle lesioni arrecate.

    XXIV. A troncare le con tradizioni e gli abusi, , dunque, necessariodi aggiungere un nuovo testo di legge nella I. sezione del capo I deltitolo X, dove il nostro Codice prefigura l'ipolesi dell' omicidio

    volontario propriamente detto, in cui leffetto, o il danno che vogliasidire, uguale alla volont, e ne sanziona la pena. Affinch quando ilmedesimo effetto sebbene voluto, non si sarebbe verificato senza ilconcorso d una causa estranea ai mezzi adoperati dal colpevole, la

    definizione e la pena rispondano all indole speciale del reato.Ecco l'ipotesi che manca, la quale potrebbe formularsi cos: I. Se la

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    morte dell' offeso avviene non per sola natura delle lesioni state prodotte con volont di uccidere, ma pel concorso di causapreesistente o sopravvenuta, la pena sar diminuita di un grado: 2.La stessa diminuzione avr luogo se la morte segua dopo i quaranta

    giorni immediatamente successivi al reato: 3. Questa ultimadiminuzione non avr luogo quando la morte sia l'effetto disomministrazione di sostanze venefiche.

    Nel primo caso chiaro che la causa preesistente o sopravvenuta deeprovarsi dall'imputato che lallegal. Nel secondo, si presume giusta ilprincipio ricevuto nell'articolo 542. Nel terzo, questa presunzione diuna causa occulta non mi par ragionevole, perch l'azione dellesostanze venefiche suole anche naturalmente essere lenta e tarda. Ingenerale poi evidente di non doversi qui ammettere tutte le

    gradazioni previste dall' articolo 542, perch inchiudendosi nellanovella ipotesi la volont di uccidere, che non in quello, giusto dimantenere la pena in un livello superiore.

    XXV. L' articolo 525, risentilo dalla Commissione Napolitana coscom' nel codice del 1859, qualiGca parricidio lomicidio volontario digenitori naturali quando questi abbiano legalmente riconosciuto ilfiglio uccisore. L'articolo 554 poi, secondo le modifiche recatevi dallaCommissione predetta punisce coi lavori forzati a vita lomicidio

    volontario.

    1. Quando commesso con prodizione o agguato, salvo il caso chela prodizione o lagguato costituisse premeditazione: 2. Quando commesso senz'ultra causa che per impulso di una brutale malvagit:

    3. Quando accompagnato da gravi sevizie: 4. Quando commessosul discendente legittimo e naturale, o quando commesso dallamadre sul figlio naturale, o dal padre sul figlio naturale e legalmentericonosciuto, o quando commesso sul figlio adottivo, sul coniuge, sul

    fratello o sulla sorella in secondo grado.

    Su questi due articoli importa di fare tre osservazioni.1. II caso d omicidio per impeto di brutale malvagit, secondo

    lopinione pi comunemente ricevuta, dovrebbe sopprimersi, non fosseche per la quasi impossibilit della pruova negativa sulla causamotrice. Invece sarebbe giusto ed opportuno di sostituirvi l'ipotesi,stata preveduta dall'articolo552 numero 5. delle abolite legginapolitane, dell' omicidio in persona di chi non P offensore dell'omicida, per vendicare un' offesa da altri ricevuta; ch proprio il casochiaro preciso e determinato di una brutale malvagit.

    2. II numero 4. dell'articolo 554 fa una giusta distinzione tra il

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    padre e la madre naturale, richiedendo per l'una, non per l'altro, ilriconoscimento legale; per che la maternit naturale sia sempre certae noia, e ammessa per legge la pruova, la quale invece vietata per lapaternit naturale, fatto di sua natura incertissimo impossibile a

    provare altrimenti che per il riconoscimento del genitore. Questamedesima distinzione bisogna quindi ripetere nell' articolo 523, equalificare parricidio l'omicidio volontario della madre naturale,prescindendo dall'atto del riconoscimento legale, che a nulla rileva.

    3. Un altro caso, a mio avviso necessario di aggiungere ai quattrodell' articolo 534, ed estendere la pena dei lavori forzali a vita, quivicomminata, anche all'omicidio commesso in persona dei testimoni edei periti, in conformit di quello che il codice non ha tralasciato difare per le ferite. Se la legge ga renlisce con pi aspra sanzione penale

    la vita del magistrato, deve medesimamente garentire coloro senza lacui coopcrazione la verit non sarebbe conosciuta. E se questa normaappunto ha serbata per le forile o le percosse, non v' e ragione di nonmantenerla per gli omicidj.

    CAPO DECIMOPRIMO

    DELLE FERITE, PERCOSSE,

    O SIMILI OFFESE CONTRO LE PERSOLE

    XXVI. Onesto delle lesioni personali, legislativamente consideralo, uno degli argomenti pi importanti e dei problemi pi difficili, tra perla grande variet di casi che conviene abbracciare; e tra perproporzionarvi la pena secondo i gradi di colpa quali non sempreponno determinarsi precisamente, come quelli che discendono spossoda infinite cause che restano occulte, o mal note, Onde tornanoincomplete, dalluna parte, le formule generali, e dallaltra, la nudaenumerazione de' casi, che sono pure i soli sistemi che la legge puadottare. Il y a (diceva Monseignat) dans celie matire beaucaup a

    dire et beaucoitp a supposer; il fraudait riew lais ser a svpposer; et ilest impossibile de tout dire.

    La legislazione francese, che nel 1791 erasi tenuta alla enumerazionedei casi; nel 18.10, volendo combinare i due opposti sistemi, divise leferite e percosse in due categorie generiche, secondo che producessero,o non, malattia o incapacit al lavoro personale per pi di venti giorni;e puniva le prime con la reclusione, col carcere le altre. Il pi gravedifetto di questo sistema sta in ci che le mutilazioni e gli sfregi,quando non cagionassero incapacit al lavoro, sarebbero puniti comeferite di seconda categoria, ch' assurdo; mentre, al contrario,

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    l'incapacit al lavoro pu spesso venire in. queste ultime facilmentesimulata o procurata dal risentimento personale o dalla cupidigiadegli1 offesi. Oltrech non esatto di far dipendere la maggior gravezzadelle lesioni personali unicamente dalla incapacit al lavoro per un

    determinato minier, di giorni.XXVII. L' attuale codice italiano ha in gran parte adottato il sistema

    francese del 1791 malgrado che, poi, incidentalmente, chiami gravi leferite e le percosse, trattando della provocazione nei reati di sangue,senza che questa distinzione si trovi altrimenti definita nella legge. una copia del sistema francese, non cerio bella n lodevole quanto sisaria invece potuto seguire un modello di origine affatto italiana, vogliodire, la stupenda teorica sopra le ferite ch'era negli articoli 336 eseguenti delle leggi penali napolitane del 1819, ultimamente abolite.

    Le quali distinguevano le ferite e percosse in lievi e gravi, e questegraduavano, quanto alla penalit, secondo il maggiore o minorepericolo in cui fosse stata messa la persona offesa, o secondo il danno

    verificato. Cos, mentre evitavano una sconfinata enumerazione di casi,che di sua natura non pu mai riuscire compiuta, abbracciavano lutti icasi possibili sotto que' due generi di gravi e di lievi.

    Nel primo si distinguevano cinque specie, secondo la natura deldanno prodotto dalla ferita o percossa, cio, 1. star; pio; 2.

    mutilazione; 5.Q sfregio; 4. pericolo di vita; 5. pericolo di storpio, valutando diversamente il pericolo, secondo che fosse da proprianatura della lesione j o per gli accidenti. Se non che, difettavano in ci,che non figuravano un'altro caso, o un'altra specie di offese che vogliasidire, le quali producessero debilit delle facolt mentali, o alcunamalattia fisica che non s potesse comprendere nella specie dellostorpio; due ipolesi prevedute dal Codice italiano. Salvo, dunque,questa aggiunzione, il Codice italiano convien che rinnovi in se ladistinzione delle leggi napolitano, e sotto di essa classifichi e correggala sua pericolosa enumerazione di casi.

    Con questo disegno, propongo una nuova serie di disposizioni dasostituire agli articoli 557, 558, 559, 540, 5 il, 542, 545, 544, 545, 546,547, 548, 549, 550, 551, 552, 555. Ma importa di premettere taluneavvertenze.

    XXVIII. Il nostro codice comincia per noverare e punisce direlegazione le lesioni che portano seco il pericolo di vita, e cheimpediscono per trenta o pi giorni all offeso di valersi, comealtrimenti avrebbe potuto, delle sue forse fisiche o mentali. (articolo558 numero 1.).

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    Quando poi di queste due condizioni, se ne verifica una soltanto,invece della relegazione, commina la pena del carcere non minore diun anno (articolo 544 numero 1. 2)

    Questa condizione del non potersi avvalere delle forse fisiche o

    mentali, o come pi genericamente detto nel!' articolo 544,lincapacit al lavoro per oltre trenta giorni, son di credere che debbasopprimersi; tra per la ragione che ho test cennata, di poterel'incapacit essere facilmente simulata, e la legge divenire complico delrisentimento e della cupidigia degli offesi, e tra perch lunico fattoserio e meno fallacemente accertabile appunto quello dellaconseguenza immediata e palpabile di esse lesioni, o quello delleconseguenze che ne possono derivare.

    In questi fatti, proprii della natura delle ferite, pu il magistrato, chenon deve ignorare le discipline affini al diritto penale, riesaminare ilgiudizio dei periti dell' arte cerusica, ed impedire che si eluda la legge,dove che negli altri sarebbe, ed sovente, tratto in inganno da simulatao procura rata incapacit (1).

    Oltrecch queste specie d'incapacit non sono, in fondo, che unaconseguenza della gravezza delle ferite o percosse; onde non vedoperch la legge debba aver l'occhio ad uu effetto, di sua natura elasticoe incerto, e non invece alla qualit generica delle ferite, eh' appunto la

    natura del pericolo di vita o di danno alla integrit personale, in cui vis'inchiude virtualmente l'incapacit al lavoro, sempre che si veriflchi.

    La quale incapacit, come conseguenza, ch'essa , della lesionepersonale, pu molto pi propriamente servire di base e venir calcolatanella liquidazione dei danni e interessi, anzi che servire di misura allaqualit dell' offesa.

    XXIX. Ho gi detto a proposito dell' articolo 522 che, come ivi sifigura l'ipotesi di chi, ferendo con la volont di uccidere, uccide; negli

    articoli 541 e 542 figurata invece l'altra della morte cagionata da unaferita prodotta senza volont di uccidere, che la legge, in odio de' realidi sangue e a maggior tutela della vita degli uomini, agguaglianondimeno all'omicidio volontario, e ne punisce gli autori con la penamedesima.

    Di che segue che se la ferita o la percossa da cui derivi la morte siaqualificata, dovendo il reato agguagliarsi all omicidio, la pena deveascendere a quella dell' omicidio qualificalo. Sicch potrebbe esserepunito perfino con l'ultimo supplizio chi, senza intenzione di uccidere,

    abbia voluto soltanto con premeditazione, percuotere o ferire.

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    Non egli troppo? N si dica che questo eccesso di pena spesso pumitigarsi una volta che vi concorre l'eccesso del fine (art. 569)j o alcunacircostanza attenuante; perch il rimedio eziandio quando giovassesempre, non gi una buona ragione per giustificare un male non

    necessario di mantenere. Agguagliare allomicidio la ferita volontaria che prodotta senza

    intenzione di dar morte, labbia nondimeno cagionata, untrascendere i limiti della giustizia penale; I principii fondamentali dellenozioni del reato e della pena hanno percorso il naturale camminodell'uomo e della ci vilt;

    Secondo che ha primeggiato il vigore soprabbondante dei sensi, ograndeggiata la luce dell'intelletto, il criterio giuridico della

    proporzione tra il reato e la pena si desunto quando del danno equando dalla volont del colpevole; Ma il vero non riposa che nellaequazione esatta di questi due elementi. Non debb'essere lecito dipunire il danno senza volont, n la volont senza danno.

    Dunque, il principio supremo della proporzionalit delle pene neicodici delle nazioni cristiane, non pu essere che questo che la pena,non dee poter toccare il suo maggior grado se non quando il dannoprodotto risponda alla volont del colpevole, e che la si debbaattenuare a misura che l'uno elemento scemi, o laltro digradi.

    Un sistema esclusivo che ne attngesse la misura dall'uno pi chedall' altro, farebbe indietreggiare di gran trailo la legislazione. Non forse a questa giusta equazione tra la volont ed il danno che vandebitori i codici moderni delle due stupende teoriche del tentativo, edel praeter intentionem?

    Colui che con la intenzione di unicamente ferire o percuotere,cagiona la morie, non pu essere considerato e punito come autore diomicidio volontario; non altrimenti che colui che volendo uccidere e

    non uccide soggiace ad una pena inferiore.XXX. Il Codice francese non aveva alcuna disposizione che

    contemplasse il caso in ispecie. La giurisprudenza, eccedendo in rigoreritenne che il colpevole di ferita e percossa volontaria dovesserispondere sempre di omicidio I compilatori delle leggi napolitanedel 1819, riformando il codice francese, vollero, memori delle patrietradizioni, specificarne il caso, e non fidandosi di chiamare omicida ilsemplice feritore che non avesse volont di uccidere, si contentarono didire sar punito quale omicida, salvo alcune minorazioni di pena per la

    causa sopravvenuta, pel lungo tempo o per leccesso del fine. (Articolo562)

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    DI ALCUNE RIFORME DEI CODICI PENALI ITALIANI A PROPOSITO DI UNA CIRCOLARE DEL MINISTRO

    GUARDASIGILLI PER LAVV. SANTE - NAPOLIPRESSO VINCENZO PRINGIOBBA - 1863

    II foro napolitano, comunque la magistratura si mostrasse titubantenel secondarlo, spesso sostenne che la frase quale omicida, non valessealtro nella mente della legge, che di assegnare al colpevole il quartogrado dei ferri, pena riserbata all'autore dell'omicidio volontario non

    qualificalo; e che in conseguenza, qualunque aggravante avesseaccompagnato le percossa o la ferita, non potesse farle anche in ciassimilare allomicidio, non dovendo, in materia penale e odiosa, darsia una disposizione di rigore pi larga interpretazione che nonconsentissero le sue parole espresse.

    In Francia, nel 1832, i revisori del codice, persuasi della esorbitanzadella loro giurisprudenza, modificarono larticolo 309, aggiungendoviuna seconda parte, e formularono un nuovo articolo 310. La secondaparte dell'articolo 309 fu questa: se le percosse o le ferite fatte

    volontariamente, ma senza, intenzione di dar morte, l'abbiano nonpertanto cagionata il colpevole sar punito coi lavori forzati a tempo.

    L'articolo 310 suona cos: quando vi sar stata premeditazione oagguato, se sar avvenuta la morte, la pena sar dei lavori forzati a vita;se non, quella dei lavori forzati a tempo. Cosi la legislazione francese,malgrado che mantenga tuttavia leccesso di punire il tentativo comeomicidio consumalo, non ha saputo parificargli la ferita o percossa

    volontaria data senza volont di uccidere, e che produce la morte, salvose accompagnata da premeditazione, nel qua! caso la pena nondimeno quella dellomicidio semplice, non del premeditalo. Il

    Codice italiano pecca dell'eccesso opposto, mentre nel tentativodiscende dalla pena dell'omicidio, nella ferita produttiva di morie, lamantiene allo stesso livello.

    Nel criterio giuridico dell'una prevale l'elemento subbiettivo delreato, la volont del colpevole; nel criterio dell'altro, l'elementoobbiettivo, il danno. Dei Codici moderni quello che abbia megliorisoluto il problema, contemperando le due parli, il codice toscanodel 1853, nei suoi articoli 311 e 312, scritti cos: Articolo 311: L'omicidio oltre l'intenzione, prodotto da una lesione personale

    premeditata) si punisce: a) con la casa di forza a da 8 a 15 anni, sel'agente pot prevedere, come conseguenza possibile del suo fatto lamorte dell' offeso: o ) con la carcere da 2 a 6 anni, se lagente potprevedere, come conseguenza probabile del suo fatto, la detta morte.

    Articolo 512: lomicidio oltre lintenzione, prodotto da una lesionepersonale improvvisa, si punisce con la carcere a ) da 2 a 6 anni) selagente pot prevedere come conseguenza probabile del suo fatto lamorte delloffeso: b ) e da 4 a 2 anni, se lagente pot prevedere comeconseguenza possibile del suo fatto la detta morte.

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