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Relazione sul terremoto in Molise del 31 ottobre 2002 7 Premessa La presente relazione è frutto di un recente sopralluogo effettuato nelle zone interessate dal terremoto del 31 ottobre 2002 che ha visto colpiti diversi comuni al confine tra il Molise e la Puglia. In particolare i paesi maggiormente interessati sono stati Santa Croce di Magliano, S. Giuliano di Puglia, Larino, Colletorto, Ururi, Rotello, Casacalenda e Casalnuovo. Alla vista di questi luoghi, predomina il fascino del paesaggio collinare di natura argillosa con linee morbide e solcato da alcuni brevi e poco accentuati torrenti, quasi a segnare un ideale confine tra una collina e l’altra riversandosi nei corsi d’acqua più importanti che corrono verso il mare Adriatico. Quest’ultimi, segnando decise incisioni nel restante paesaggio, circondano alcuni di questi paesi che sembrano protendersi, quasi come un balcone, sulle valli sottostanti. In questo contesto si collocano i paesi sopra citati i quali non riservano più un impatto piacevole, quasi distensivo alla vista, così come lo riserva invece, il paesaggio in cui sono immersi. Seppure a distanza non si riesce a scorgere nulla, entrando nel cuore degli agglomerati urbani si rivela tutta la devastazione e la desolazione di questi luoghi colpiti. Ovunque si vedono case distrutte, lesionate o in via di demolizione per la loro precarietà statica. L’andirivieni in questi paesi è costituito da camion, ruspe, mezzi dei vigili del fuoco o delle forze dell’ordine. Gli abitanti per la maggior parte ormai si è stabilità in alberghi messi a disposizione sulla costa adriatica, in casa di amici e parenti nei paesi limitrofi, nelle roulotte messe a disposizione dalla protezione civile nonché, in casette prefabbricate in legno che stanno sorgendo sempre più numerose nella zona. Massimo Chiarelli 8 Il dramma di queste popolazioni si avverte, in tutta la sua drammaticità, in ogni loro attività umana e, soprattutto, a S. Giuliano di Puglia costretto a pagare il prezzo più alto in termini di vite umane. Si ricorda a tal proposito che i morti, causati dall’evento sismico, sono stati trenta, tra cui ventisette bambini ed un’insegnante rimasti sotto il crollo della scuola Francesco Iovine di S. Giuliano di Puglia. Falerna Scalo, lì: 05/12/2002 L’autore.

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Relazione sul terremoto in Molise del 31 ottobre 2002

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Premessa

La presente relazione è frutto di un recente sopralluogo effettuato nelle zone interessate dal terremoto del 31 ottobre 2002 che ha visto colpiti diversi comuni al confine tra il Molise e la Puglia. In particolare i paesi maggiormente interessati sono stati Santa Croce di Magliano, S. Giuliano di Puglia, Larino, Colletorto, Ururi, Rotello, Casacalenda e Casalnuovo.

Alla vista di questi luoghi, predomina il fascino del paesaggio collinare di natura argillosa con linee morbide e solcato da alcuni brevi e poco accentuati torrenti, quasi a segnare un ideale confine tra una collina e l’altra riversandosi nei corsi d’acqua più importanti che corrono verso il mare Adriatico. Quest’ultimi, segnando decise incisioni nel restante paesaggio, circondano alcuni di questi paesi che sembrano protendersi, quasi come un balcone, sulle valli sottostanti. In questo contesto si collocano i paesi sopra citati i quali non riservano più un impatto piacevole, quasi distensivo alla vista, così come lo riserva invece, il paesaggio in cui sono immersi. Seppure a distanza non si riesce a scorgere nulla, entrando nel cuore degli agglomerati urbani si rivela tutta la devastazione e la desolazione di questi luoghi colpiti. Ovunque si vedono case distrutte, lesionate o in via di demolizione per la loro precarietà statica. L’andirivieni in questi paesi è costituito da camion, ruspe, mezzi dei vigili del fuoco o delle forze dell’ordine. Gli abitanti per la maggior parte ormai si è stabilità in alberghi messi a disposizione sulla costa adriatica, in casa di amici e parenti nei paesi limitrofi, nelle roulotte messe a disposizione dalla protezione civile nonché, in casette prefabbricate in legno che stanno sorgendo sempre più numerose nella zona.

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Il dramma di queste popolazioni si avverte, in tutta la sua drammaticità, in ogni loro attività umana e, soprattutto, a S. Giuliano di Puglia costretto a pagare il prezzo più alto in termini di vite umane. Si ricorda a tal proposito che i morti, causati dall’evento sismico, sono stati trenta, tra cui ventisette bambini ed un’insegnante rimasti sotto il crollo della scuola Francesco Iovine di S. Giuliano di Puglia.

Falerna Scalo, lì: 05/12/2002

L’autore.

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Terremoto del Molise del 31 ottobre 2002

Cronaca dell’evento

Alle 11:32 italiane del 31 ottobre 2002, si è verificata una forte scossa di terremoto che ha colpito una vasta zona al confine tra il Molise e la Puglia. Le località più vicine all'epicentro sono Santa Croce di Magliano, S. Giuliano di Puglia, Larino (tutti in provincia di Campobasso). La magnitudo dell’evento è stata stimata pari a 5.4 Richter, un valore che comporta effetti fino all'VIII grado della scala Mercalli. La scossa è stata preceduta da alcune scosse nella notte (01:25, 03:27), la più forte delle quali ha avuto magnitudo 3.5. La scossa principale è stata seguita da numerose repliche la più forte delle quali è avvenuta alle 14:03 e ha avuto magnitudo 3.7. Essa è stata risentita in un’ampia porzione del territorio nazionale estesa dalle Marche alla Calabria. Analisi preliminari delle osservazioni sismologiche disponibili hanno indicato una profondità entro i primi 20 km della crosta terrestre. La distribuzione del risentimento suggerisce che la scossa sia relativamente profonda. Il terremoto è stato associato allo spostamento lungo una struttura sismogenetica compatibile per posizione e orientazione con le conoscenze sull’assetto geodinamico della regione colpita. Il meccanismo focale mostra trascorrenza pura lungo un piano E-W (movimento destro) o N-S (movimento sinistro). Pur ricadendo tra regioni caratterizzate da sismicità storica significativa, quali il promontorio del Gargano e la dorsale appenninica molisana (colpite da terremoti disastrosi rispettivamente nel 1627 e 1805), la zona colpita oggi non sembra essere stata interessata da terremoti significativi e, anche la sismicità recente registrata dalla rete sismica nazionale dell’INGV, è molto limitata (vedi paragrafo: creazione di un modello di sismicità).

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Conclusioni dello scrivente.

Infine, si ricorda che questo terremoto rappresenta una manifestazione normale della geodinamica della penisola. La sua coincidenza cronologica con i fenomeni che si sono verificati nell’area dell’Etna e con altre piccole scosse avvenute in altre zone d’Italia (Toscana, Sila (in Calabria), Abruzzo) è stata ritenuta casuale dagli esperti in materia ma, non è da escludere, l’inserimento degli eventi stessi, in una complessa geodinamica di ridistribuzione di tensioni in tutta la dorsale appenninica, con sprigionamento di energia sismica, accumulatasi nel tempo e per effetto delle spinte interne.

Si vuole mettere in evidenza anche il fatto che diversi eventi sismici, seppure distaccati in termini temporali, potrebbero essere delle manifestazioni conseguenziali di un evento principale (evento scatenante). Il tempo di accumulo dell’energia sismica all’interno della crosta terrestre e del suo successivo sprigionamento può essere più o meno lungo, con un continuo ristabilirsi delle condizioni di equilibrio tensionale sia in superficie che in profondità.

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Creazione di un modello di sismicità

La formulazione di un modello di sismicità necessita di competenze specialistiche diverse ed impegnative sia nel settore geofisico che geologico. I dati storici di sismicità e degli effetti provocati dai terremoti, costituiscono un importantissimo punto di partenza per una tale formulazione. Essi servono principalmente a localizzare per sommi capi, le potenziali sorgenti di un terremoto (faglia sorgente). Di una faglia sismogenetica si dovranno determinare la geometria ed il tipo di movimento e, quindi, mettere in relazione il modello con essa attraverso il confronto tra magnitudo massimo stimabile per ciascuna faglia su base geologica e le dimensioni dei terremoti storici presumibilmente generati dalla stessa faglia. Un esame visivo dell’ambiente in cui si opera, permetterà di individuare gli effetti avutisi sul territorio in conseguenza degli eventi sismici, ovvero, rilevando scarpate di faglia createsi, alterazioni del regime ideologico nonché, scarpate e corpi di frane innescatesi in concomitanza di un certo evento.

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I dati sismologici strumentali possono completare il modello mediante delle elaborazioni statistico-matematiche collegate alla geometria delle faglie sismogenetiche mettendo in evidenza aspetti significativi della sismicità.

Un tale modello però, non può prescindere, come già detto, da un’attenta analisi del territorio in termini geo-morfologici mediante una visione globale e particolare del territorio tenendo conto anche del contesto geologico italiano in cui esso è inserito.

In conclusione, si rileva, che l’aspetto geologico ai fini di una valutazione di pericolosità sismica, consiste nell’identificazione, localizzazione precisa e caratterizzazione (dislocazione della faglia, tempo di ritorno degli eventi sismici che essa può generare) di tutte le faglie sismogenetiche di rilevanza per l’area oggetto di studio. Le informazioni così raccolte potranno essere utilizzate in combinazione con altre al fine di calcolare, su base statistica, la probabilità che si verifichi un certo evento con una certa intensità in quell’area ovvero, la probabilità di non superamento di un certo evento con un assegnato periodo di ritorno.

Classificazione delle condizioni del sottosuolo

L’influenza delle caratteristiche locali del terreno sul valore dell’azione sismica (ad esempio amplificazione sismica) è generalmente tenuta in conto considerando tre classi di appartenenza per il sottosuolo, dette A, B, e C, definite sulla base dei differenti profili stratigrafici qui di seguito descritti:

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1. sottosuolo tipo A

• roccia o altra formazione geologica caratterizzata da una velocità di propagazione delle onde di taglio, Vs pari almeno a 800 m/s, includendo al massimo uno strato superficiale di materiale a più debole consistenza di 5 m;

• depositi compatti di sabbia, ghiaia o argilla sovraconsolidata con spessori maggiori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale incremento delle proprietà meccaniche con la profondità (e da valori di Vs pari ad almeno 400 m/s ad una profondità di 10 m.

2. sottosuolo tipo B

• depositi profondi di sabbie mediamente addensate, ghiaia e argille mediamente rigide con spessori che vanno dalle diverse decine di metri alle molte centinaia, caratterizzati da valori minimi della Vs che vanno da 200 m/s ad una profondità di 10 m, fino a 350 m/s a 50 m.

3. sottosuolo tipo C

• depositi privi di coesione con o senza qualche morbido strato coesivo, caratterizzati da valori di Vs sotto ai 200 m/s nei primi 20 m;

• depositi di terreni coesivi caratterizzati da rigidezze basse/medie e con valori di Vs sotto ai 200 m/s nei primi 20 m.

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Determinazione della magnitudo Richter

Le registrazioni sismiche vengono effettuate mediante particolari e sofisticatissimi strumenti dislocati in vari punti del territorio italiano detti sismografi. I segnali ricevuti dal particolare geofono, posto costantemente a contatto con il suolo e registrati da un’apposita centrale, sono detti sismogrammi. Oggi, avendo a disposizione strumenti di calcolo molto potenti, è possibile risalire mediante elaborazioni matematiche a diagrammi che forniscono spostamenti ed accelerazione al suolo, il tutto nell’unità di tempo che è il secondo. Si ha a disposizione, quindi, un’elaborazione in digitale come in figura 1.

Fig. 1

Dal sismogramma si può ben individuare il tempo in secondi e l’ampiezza in millimetri delle onde registrate.

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L’onda che viene percepita per prima e registrata dallo strumento è quella P (Prima) e successivamente quella S (Seconda) che risulta di ampiezza maggiore rispetto a quella prima. Sempre in automatico viene calcolata la magnitudo ma, se volessimo capire come ciò avviene basta fare riferimento alla figura 2 in cui è riportata la scala elaborata da Richter.

Fig. 2

Collegando, sulla scala, i punti individuati dall’ampiezza e dallo sfasamento temporale tra P ed S, si può ricavare la magnitudo Richter nonché, la distanza in chilometri dell’ipocentro rispetto alla superficie.

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Il terremoto del Molise: classificazione sismica, pericolosità sismica e massime intensità osservate

(a cura della Sezione di Milano dell’I.N.G.V. - 31.10.02)

Il terremoto che ha colpito il Molise orientale il giorno 31 ottobre 2002 ha colpito Comuni che in prevalenza non erano classificati ai sensi della Legge Sismica N.64 del 1974 e dei successivi aggiornamenti. In particolare, fra i Comuni più colpiti solo quelli di Ururi e Rotello risultano classificati in II categoria a partire dal 1981.

Fig.3 - Situazione attuale della classificazione sismica del Molise.

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Questa situazione era dovuta al fatto che l’attuale classificazione sismica si basa su informazioni scientifiche e metodologie disponibili alla data del 1980 e, quindi, in parte superate. Nel 1998 un gruppo di lavoro misto ING-GNDT-SSN ha prodotto un’ipotesi di riclassificazione secondo la quale la zona colpita verrebbe classificata in II categoria.

Fig.4 - Proposta di nuova classificazione sismica (dal sito web del Servizio Sismico Nazionale)

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Anche se l’applicazione di questa ipotesi potrà produrre benefici solo a lunga scadenza, in quanto la classificazione sismica riguarda prevalentemente le costruzioni di nuova edificazione, sarebbe auspicabile che venisse adottata con celerità.

È interessante notare che le accelerazioni di picco previste nella zona colpita dalla “Carta di pericolosità sismica 1999” (con una probabilità si superamento del 10% in 50 anni), compilata da un gruppo di lavoro GNDT-SSN, non superano il valore di 0.15 g.

Fig. 5 - Carta di pericolosità sismica 1999 (con una probabilità si superamento del 10% in 50 anni)

compilata da un gruppo di lavoro GNDT-SSN

È interessante notare inoltre, che nonostante le notizie storiche non forniscano notizie di danni molto elevati nella

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zona, la mappa delle massime intensità misurate nell’ultimo millennio, compilata da un gruppo di lavoro ING-GNDT-SSN nel 1996, assegna alla zona colpita una intensità massima del IX grado MCS, quale effetto calcolato del terremoto garganico del 1627, che dovrebbe essere risultato distruttivo anche in quella zona.

Gli effetti odierni sono di livello inferiore a quelli contemplati dalla mappa in questione.

Fig. 6 - Massime intensità osservate nell'ultimo millennio.

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Rilevamenti geologici

Sono stati osservati fenomeni di Deformazioni Gravitative anche di versante (D.G.P.V.) di entità molto modesta ed in alcuni casi una riattivazione di movimenti antecedenti all’evento sismico in questione. Le aree interessate presentano quasi tutte delle discrete antropizzazioni che hanno, in alcuni casi, favorito tali fenomeni. Molti dissesti sono stati generati per effetto dello scuotimento sismico, interessando rilevati stradali, trincee e versanti dovendo escludere, come causa principale, la diretta manifestazione di fagliazione superficiale.

La natura argillosa dei terreni interessati favoriscono le D.G.P.V. (Deformazioni Gravitative Profonde di Versante) specie nella zona epicentrale presentando un’alta predisposizione alla rimobilitazione in concomitanza di un futuro evento sismico, anche di intensità modesta, generando anche leggeri basculamenti delle masse interessate.

A S. Giuliano di Puglia sono state riscontrate delle fratture nella sede stradale con lunghezza che va da pochi centimetri ad alcuni metri, legate anch’esse ai fenomeni di Deformazioni Gravitative nonché, a cedimenti differenziali delle fondazioni stradali.

Scoscendimenti di scarpate stradali, di entità modeste, si sono avute a Sud di S. Giuliano con il riversamento di pochi metri cubi di terreno sulla sede stradale. Analogo fenomeno si è avuto sulle sedi stradali a nord di Colletorto. In altre zone i fenomeni sono stati più intensi con il cedimento del rilevato stradale ed il crollo parziale di alcuni muri di sostegno di controripa e/o di sottoscarpa (Località Vallepare).

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Una zona già precedentemente interessata da deformazioni gravitative è Castellino sul Biferno in cui tali fenomeni si sono maggiormente accentuati in concomitanza dell’evento sismico, presentando oggi, fratture sub-parallele al versante con probabili distacchi imminenti che potrebbero essere maggiormente favoriti da futuri fenomeni meteriologici.

Una zona in cui precedenti frane, prevalentemente a carattere rotazionale, si sono rimobilitate, è Carlantino. Esse si sviluppano sul versante ovest e nord-ovest di Poggio Puledro Impiso. Le scarpate di frana si distinguono facilmente presentando una netta separazione con il corpo stesso e con sviluppi in lunghezza che oscillano da 60÷70 metri a diverse centinaia.

Effetti sulle strutture

I paesi interessati dal terremoto del 31/10/2002 in Molise, sono di antica costruzione e, quindi, costituiti da un grande centro storico interamente realizzato in muratura di pietrame locale di natura calcarea o tufacea mentre, allontanandoci da esso, si riscontra la presenza di edifici più recenti realizzati in muratura di mattoni o con pietrame locale squadrato in blocchi.

Le costruzioni sorte negli ultimi anni sono quasi tutte realizzate con strutture intelaiate in C.A. mentre, quella piccola parte che vengono ancora realizzate in muratura, sono essenzialmente eseguite in mattoni di laterizio pieni e/o mattoni poroton con solai in laterizio e travetti prefabbricati in C.A.

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Bisogna precisare che questo tipo di muratura in mattoni è molto utilizzata nella zona oggetto di studio anche per le sopraelevazioni degli edifici esistenti ed in origine ad un solo piano (massimo due) ovvero, per lavori di ampliamento.

I danni maggiori sono stati quelli riportati dagli edifici realizzati in muratura di pietrame (circa il 70 %) non squadrato e con solai di piano in legno di antica costruzione (vedi foto 1-2).

Foto 1

Un esame attento delle foto allegate (vedi foto 3), mostra che gli edifici realizzati in pietrame locale squadrato (per lo più

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edifici signorili), hanno avuto un comportamento sotto sisma abbastanza soddisfacente e solo alcuni presentano delle lesioni localizzate in corrispondenza di grandi aperture nei muri maestri (portoni d’ingresso) e di scarsa rilevanza ai fini statici.

Nelle strutture realizzate in C.A. si sono verificate lesioni nelle murature di tamponatura esterna e tramezzatura interna spesso di rilevante entità segno dell’enorme quantitativo di energia sismica ricevuta e, quindi, dissipata.

Foto 2

Non sono da trascurare, in alcuni edifici in C.A., le lesioni riportate dalle travi dovute a sollecitazioni prevalenti da taglio

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agli incastri e flettenti in mezzeria con vistosi distacchi di calcestruzzo e conseguenziale vista della gabbia di armatura.

Foto 3

Le lesioni nelle murature di mattoni nonché, nelle tamponature degli edifici in C.A., presentano un propagarsi ed intersecarsi a mò di “X” tra due aperture successive realizzate nella stesse (vedi foto 4-5). In particolare, esaminando uno di questi edifici che ha riportato maggiori danni, costituito da due piani fuori terra rispetto alle costruzioni ad esso adiacenti di tre piani fuori terra, si osserva che le travi (30x40cm) colleganti i pilastri (30x40cm) fortemente danneggiate dal sisma, presentano una gabbia d’armatura costituita 3x5 φ 14 con staffe φ 8/20”. Il comportamento della gabbia di armatura/calcestruzzo, sotto l’effetto del sisma, non è stato soddisfacente, con un distacchi importanti di calcestruzzo. La gabbia di armatura non ha contribuito a creare l’effetto cerchiante (o di confinamento) del calcestruzzo stesso cui è

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chiamata a rispondere ma, si è osservato lo “sbandamento” delle barre perimetrali φ 14.

Foto 4

Guardando dette travi molto attentamente, si può notare che le staffe, disposte per l’assorbimento delle sollecitazioni di taglio, si presentano disposte irregolarmente (distanza max misurata tra due staffe consecutive 47 cm) lungo tutta la lunghezza della trave presentando legature, alle barre longitudinali, solo nella parte superiore della trave stessa in corrispondenza del solaio di piano.

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Ciò è maggiormente visibile dalla parte esterna dell’edificio dove, in corrispondenza dell’attacco del solaio con la trave, si è distaccato l’intonaco e buona parte del calcestruzzo costituente la trave stessa. Risultano, quindi, compromesse le caratteristiche di duttilità del calcestruzzo allorquando vi è la formazione di una o più cerniere plastiche.

Foto 5

Ciò spiega, almeno in parte, gli ingenti danni subiti dalla trave e lo sbandamento dei ferri longitudinali di armatura sotto sisma compromettendo la staticità dell’edificio (molto probabilmente anche il calcestruzzo era di scarsa qualità).

Particolare attenzione è stata posta all’esame delle macerie del crollo della scuola Francesco Iovine di S. Giuliano su cui è stata aperta un’inchiesta da parte della magistratura per accertarne le cause.

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La scuola realizzata negli anni ’60, presentava un solo piano fuori terra realizzato in muratura di mattoni (previsto un solo piano in origine) con solaio in travetti prefabbricati e laterizi. Successivamente fu realizzata una sopraelevazione in mattoni poroton (come si può vedere dai resti del crollo) con solaio in laterizio e travetti prefabbricati collegati alla muratura con un cordolo di coronamento armato (vedi foto 6-7).

Foto 6

Ovviamente sarà la magistratura a fare luce su questo tragico evento ma, si può capire il comportamento di detta struttura sotto l’azione delle spinte orizzontali originatesi per effetto del sisma.

La sopraelevazione realizzata presentava una sconnessione strutturale tra il solaio del piano terra e la muratura della sopraelevazione stessa.

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Detto edificio si può schematizzare, proprio per la non adeguata continuità strutturale, come due distinti parallelepipedi poggiati l’uno sull’altro.

La sopraelevazione fu completata mediante la realizzazione di un solaio in C.A. (pignatte e travetti prefabbricati) di copertura a falde (quindi spingente sulla muratura laterale) collegato, mediante cordolo armato, alla muratura sottostante della sopraelevazione.

Foto 7

Da quanto ho potuto apprendere sul luogo, i muri maestri, realizzati all’interno di detta sopraelevazione a divisione degli ambienti, presentavano luci di circa 6-6.50 metri.

Molto schematicamente, si può dire che l’evento sismico ha prodotto delle accelerazioni al suolo di entità discreta originando delle forze sismiche orizzontali non compatibili con

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la struttura ovvero, la muratura non è stata in grado di scaricare dette forze al suolo sotto forma di forze verticali.

Si è generata un’oscillazione non uniforme e “non continua” (diversa inerzia) tra piano terra e primo piano dell’edificio (non continuità strutturale dell’edificio) a seguito di forze orizzontali, di intensità differente, di verso contrario e, quindi, il generarsi di differenti periodi di oscillazione tra i due corpi di fabbrica, ciò dovuto anche alla maggiore inerzia offerta dal piano terra rispetto al primo piano. Tali forze, nei metodi di calcolo pseudo-statici dell’effetto del sisma sulle strutture, vengono idealmente poste in corrispondenza dei livelli di piano (Fig.7).

L’accentuarsi del potere distruttivo è stato favorito altresì, dall’istaurarsi di cerniere plastiche al cordolo armato di collegamento tra muratura e copertura dell’edificio nonché, in corrispondenza della linea di colmo del solaio stesso.

Le sollecitazioni accumulatesi nella struttura del solaio non riuscendo a trasferirsi al suolo per mezzo degl’altri elementi strutturali costituenti l’edificio, si è piegato su se stesso improvvisamente travolgendo anche il solaio sottostante per

Fig. 7

Fx,1

Fx,2

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l’urto violento ed il considerevole carico riversatosi su quest’ultimo.

È stato detto più volte, nelle settimane scorse, che la causa del crollo sia da imputare allo strato di argilla su cui poggiava la struttura di fondazione della scuola ed alla maggiore amplificazione sismica che si è avuta in quell’area. Personalmente ritengo queste affermazioni alquanto restrittive e semplicistiche. Seppure ci sia stata un’amplificazione sismica in detta area, ciò non toglie le evidenti carenze strutturali presentate dall’edificio pubblico (la parte di edificio scolastico non interessato dalla sopraelevazione ha riportato soltanto lesioni). Inoltre, bisogna dire, che si è sempre costruito su stratificazioni argillose adottando particolari accorgimenti strutturali per gli edifici di un certo interesse.

Di non marginale importanza resta il fatto che detta area, così come le altre, non erano classificate ai sensi della Legge Sismica N.64 del 1974 e dei successivi aggiornamenti con tutte le conseguenze che questo avrebbe portato in termini di regolamentazione.

Conclusioni

A parte quella che potrebbe essere la revisione dell’attuale zonazione del territorio, si presenta il problema dell’adeguamento antisismico del patrimonio edilizio in zone precedentemente non codificate come sismiche o appartenenti ad una diversa categoria di sismicità. Il problema è di fondamentale importanza soprattutto per le vecchie costruzioni e per gli edifici monumentali, sprovvisti dei più elementari accorgimenti antisismici. L’osservazione di quanto è successo in queste zone, fornisce la misura del rischio cui sono soggette.

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Dati gli enormi costi che richiederebbe un’operazione di recupero ed adeguamento, si deve pensare realisticamente a dei programmi d’intervento a lunga scadenza, distribuendo sforzi e risorse secondo un’opportuna scala di priorità.

Appendice

Earth's Interior

Five billion years ago the Earth was formed in a massive conglomeration and bombardment of meteorites and comets. The immense amount of heat energy released by the high-velocity bombardment melted the entire planet, and it is still cooling off today. Denser materials like iron (Fe) from the meteroites sank into the core of the Earth, while lighter silicates (Si), other oxygen (O) compounds, and water from comets rose near the surface.

Fig. 8

(J. Louie) The earth is divided into four main layers: the inner core, outer core, mantle, and crust. The core is composed mostly of iron (Fe) and is so hot that the outer core is molten, with about 10% sulphur (S). The inner core is under such extreme pressure that it remains solid. Most of the Earth's mass is in the mantle, which is composed of iron (Fe), magnesium (Mg), aluminium (Al), silicon (Si), and oxygen (O) silicate compounds. At over 1000 degrees C, the mantle is solid but can deform slowly in a plastic

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manner. The crust is much thinner than any of the other layers, and is composed of the least dense calcium (Ca) and sodium (Na) aluminium-silicate minerals. Being relatively cold, the crust is rocky and brittle, so it can fracture in earthquakes.

Exploring the Earth's Core

How was the Earth's core dicovered? Recordings of seismic waves from earthquakes gave the first clue. Seismic waves will bend and reflect at the interfaces between different materials, just like the prism below refracts and scatters light waves at its faces.

In addition, the two types of seismic wave behave differently, depending on the material. Compressional P waves will travel and refract through both fluid and solid materials. Shear S waves, however, cannot travel through fluids like air or water. Fluids cannot support the side-to-side particle motion that makes S waves.

Fig. 9

(J. Louie) Seismologists noticed that records from an earthquake made around the world changed radically once the event was more than a certain distance away, about 105 degrees in terms of the angle between the earthquake and the seismograph at the center of the earth. After 105 degrees the waves disappeared almost completely, at least until the slow surface

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Relazione sul terremoto in Molise del 31 ottobre 2002

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waves would arrive from over the horizon. The area beyond 105 degrees distance forms a shadow zone. At larger distances, some P waves would arrive, but still no S waves. The Earth has to have a molten, fluid core to explain the lack of S waves in the shadow zone, and the bending of P waves to form their shadow zone.

Fig. 10

(J. Louie) You can get a rough estimate of the size of the Earth's core by simply assuming that the last S wave, before the shadow zone starts at 105 degrees, travels in a straight line. Knowing that the Earth has a radius of about 6350 km, you have a right triangle where the cosine of half of 105 degrees equals the radius of the core divided by the radius of the earth.

The fact that the Earth has a magnetic field is an independent piece of evidence for a molten, liquid core. A compass magnet aligns with the magnetic field anywhere on the Earth, but other bodies like the Moon and Mars have no magnetic field. The earth cannot be a large permanent magnet, since magnetic minerals lose their magnetism when they are hotter than about 500 degrees C. Almost all of the earth is hotter, and the only other way to make a magnetic field is with a circulating electric current. Circulation and convection of electrically conductive molten iron in the Earth's outer core produces the magnetic field. To make the magnetic field, the convection must be relatively rapid (much faster than it is in the plastic mantle), so the core must be fluid.

Massimo Chiarelli 34

Bibliografia

1) Divulgazioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica e

Vulcanologia (sito Internet);

2) Massimo Chiarelli - Studio delle D.G.P.V. (Deformazioni Gravitative Profonde di Versante) e loro effetti sulle strutture-;

3) Massimo Chiarelli – Studio dei collegamenti strutturali-.

4) Normativa UNI ENV 1998–1-1:1997