Santa Caterina - Treviso · 2016-07-01 · diversi artisti, tempi e contesti nel recepire il...

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TREVISO»SMARTCITY Città di Treviso ASSESSORATO BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E SISTEMA MUSEALE Galleria d’Arte Medievale Rinascimentale e Moderna Museo Santa Caterina aperto da martedì a domenica 9.00 -12.30 | 14.30-18.00 tel. 0422 658442 Museo Luigi Bailo aperto da martedì a domenica 9.00 -18.00 tel. 0422 658951 www.museicivicitreviso.it [email protected] Il patrimonio della Galleria di A rte Medievale, Rinasci- mentale e Moderna dei Musei Civici di Treviso è molto ricco e articolato. Vi sono comprese opere bidimensionali, dalle tempere su tavola, agli affreschi staccati, ai reliquiari per la devozione privata, ai grandi teleri per le chiese, ai ritratti, alle vedute da cavalletto. A queste si affiancano lavori in pietra, marmo, terracotta e lignei, fra sculture, lastre decorate e iscritte, frammenti ar- chitettonici. Inoltre nelle collezioni sono presenti manufatti di alto artigianato, databili dal ‘400 all’800 e di assoluta rile- vanza e rarità per materiali e lavorazioni, che documentano l’elaborazione e le modalità di diffusione di modelli e di ico- nografie artistiche attraverso gli oggetti d’uso quotidiano. Gli artisti e gli ambiti rappresentati sono prevalentemente italiani, in particolare attivi in Veneto e a Treviso, ma non mancano personalità e botteghe di altre aree europee, con opere che spaziano tra la fine del XIII e la prima metà del XIX secolo. Le civiche collezioni d’arte trevigiane esprimono inoltre non solo l’attività degli artisti e le tendenze dei committen- ti ma anche le specifiche tradizioni collezionistiche private e pubbliche, in particolare locali e veneziane, che hanno sollecitato sia l’istituzione stessa di vari nuclei museali civi- ci, sia il loro sviluppo a partire dalla metà dell’800. In attesa della conclusione del cantiere di adeguamento at- tivato a Santa Caterina - in corso fino a settembre 2016 - di questo notevolissimo patrimonio è esposta temporanea- mente una selezione di opere nelle sale delle ex Scuderie, mentre nella ex chiesa - ove sono permanentemente allestiti gli affreschi staccati con Le storie di Sant’Orsola di Tomaso da Modena - sono state riallestite alcune opere di arte sacra. Estate 2016 Santa Caterina Il tema delle cene di Gesù costituiva per l’arte del tardo ri- nascimento anche occasione di minute e coinvolgenti rappresentazioni di cucine, stoviglie, pietanze, in cui era- no maestri i fiamminghi, anche quelli particolarmente ap- prezzati a Venezia, come l’Hans Rottenhammer e il Paul Brill di queste Cena in Emmaus e Gesù in casa di Marta e Maria in cui gli scuri ambienti dei fornelli e dei focolari, cer- to ripresi da esempi delle ville, si aprono sul paesaggio. Accanto alle opere su tela i temi sacri erano spesso trattati con materiali preziosi come nel caso della placchetta d’argento lavorata da un argentiere tedesco di fine ‘500 con il soggetto de L’ultima cena o dell’ancora più virtuosistica composizione del Crocifisso in ambra e avorio con riferimenti al Calvario. L’intensità e la centralità del tema della crocifissione nell’arte cristiana, anche se ignoto in fase paleocristiana, si esprime in opere di grandissima forza, a prescindere da tecniche, materiali, epoche e artisti. Qui sono confrontabili un capolavoro di Jacopo Bassano, il grande telero della Crocifissione con la Madonna, san Giovanni evangelista, Santa Maria Maddalena e Girolamo del 1562 - 1563, proveniente forse dal soppresso convento di san Paolo, un piccolo Crocifisso in avorio per uso devozionale privato di Francesco Terilli, un toccante grande Cristo crocifisso delle prima metà del ‘300, in legno scolpito e dipinto, che è stato restaurato di recente e per la prima volta è esposto in museo. Alla morte in croce segue il trionfo della Resurrezione, che l’o- monima tela del 1550-60 di Paris Bordon per le monache di Ognissanti traduce con l’estrosità e i contrasti cromatici del Ma- nierismo di area veneta. Il grande telero del Paradiso, sempre di metà ‘500 e sempre di Paris Bordon, costituiva invece nella chiesa del medesimo convento la pala dell’altare principale. All’ambito di Bordon fu invece in passato ricondotto il piccolo e raffinato Cristo redentore benedicente, prove- niente dalla collezione Tescari di Castelfranco Veneto. Il cerchio si chiude con la pregevole lunetta in pietra d’Istria con tracce di policromia che si trovava, forse insegna del re- parto dei bambini esposti (abbandonati), nell’antico Ospedale di San Leonardo e raffigura il Cristo Redentore bambino, in uno stile molto vicino ai modelli di Pietro Lombardo di fine ‘400.

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TREVISO»SMARTCITY Città diTreviso

ASSESSORATO

BENI CULTURALIED AMBIENTALI ESISTEMA MUSEALE

Galleria d’Arte MedievaleRinascimentale e Moderna

Museo Santa Caterinaaperto da martedì a domenica

9.00 -12.30 | 14.30-18.00tel. 0422 658442

Museo Luigi Bailoaperto da martedì a domenica

9.00 -18.00tel. 0422 658951

[email protected]

Il patrimonio della Galleria di arte Medievale, Rinasci-mentale e Moderna dei Musei Civici di Treviso è molto ricco e articolato. Vi sono comprese opere bidimensionali, dalle tempere su tavola, agli affreschi staccati, ai reliquiari per la devozione privata, ai grandi teleri per le chiese, ai ritratti, alle vedute da cavalletto. A queste si affiancano lavori in pietra, marmo, terracotta e lignei, fra sculture, lastre decorate e iscritte, frammenti ar-chitettonici. Inoltre nelle collezioni sono presenti manufatti di alto artigianato, databili dal ‘400 all’800 e di assoluta rile-vanza e rarità per materiali e lavorazioni, che documentano l’elaborazione e le modalità di diffusione di modelli e di ico-nografie artistiche attraverso gli oggetti d’uso quotidiano. Gli artisti e gli ambiti rappresentati sono prevalentemente italiani, in particolare attivi in Veneto e a Treviso, ma non mancano personalità e botteghe di altre aree europee, con opere che spaziano tra la fine del XIII e la prima metà del XIX secolo. Le civiche collezioni d’arte trevigiane esprimono inoltre non solo l’attività degli artisti e le tendenze dei committen-ti ma anche le specifiche tradizioni collezionistiche private e pubbliche, in particolare locali e veneziane, che hanno sollecitato sia l’istituzione stessa di vari nuclei museali civi-ci, sia il loro sviluppo a partire dalla metà dell’800. In attesa della conclusione del cantiere di adeguamento at-tivato a Santa Caterina - in corso fino a settembre 2016 - di questo notevolissimo patrimonio è esposta temporanea-mente una selezione di opere nelle sale delle ex Scuderie, mentre nella ex chiesa - ove sono permanentemente allestiti gli affreschi staccati con Le storie di Sant’Orsola di Tomaso da Modena - sono state riallestite alcune opere di arte sacra.

Estate 2016

Santa Caterina

Il tema delle cene di Gesù costituiva per l’arte del tardo ri-nascimento anche occasione di minute e coinvolgenti rappresentazioni di cucine, stoviglie, pietanze, in cui era-no maestri i fiamminghi, anche quelli particolarmente ap-prezzati a Venezia, come l’Hans Rottenhammer e il Paul Brill di queste Cena in Emmaus e Gesù in casa di Marta e Maria in cui gli scuri ambienti dei fornelli e dei focolari, cer-to ripresi da esempi delle ville, si aprono sul paesaggio.Accanto alle opere su tela i temi sacri erano spesso trattati con materiali preziosi come nel caso della placchetta d’argento lavorata da un argentiere tedesco di fine ‘500 con il soggetto de L’ultima cena o dell’ancora più virtuosistica composizione del Crocifisso in ambra e avorio con riferimenti al Calvario.L’intensità e la centralità del tema della crocifissione nell’arte cristiana, anche se ignoto in fase paleocristiana, si esprime in opere di grandissima forza, a prescindere da tecniche, materiali, epoche e artisti. Qui sono confrontabili un capolavoro di Jacopo Bassano, il grande telero della Crocifissione con la Madonna, san Giovanni evangelista, Santa Maria Maddalena e Girolamo del 1562 - 1563, proveniente forse dal soppresso convento di san Paolo, un piccolo Crocifisso in avorio per uso devozionale privato di Francesco Terilli, un toccante grande Cristo crocifisso delle prima metà del ‘300, in legno scolpito e dipinto, che è stato restaurato di recente e per la prima volta è esposto in museo.Alla morte in croce segue il trionfo della Resurrezione, che l’o-monima tela del 1550-60 di Paris Bordon per le monache di Ognissanti traduce con l’estrosità e i contrasti cromatici del Ma-nierismo di area veneta. Il grande telero del Paradiso, sempre di metà ‘500 e sempre di Paris Bordon, costituiva invece nella chiesa del medesimo convento la pala dell’altare principale.All’ambito di Bordon fu invece in passato ricondotto il piccolo e raffinato Cristo redentore benedicente, prove-niente dalla collezione Tescari di Castelfranco Veneto.Il cerchio si chiude con la pregevole lunetta in pietra d’Istria con tracce di policromia che si trovava, forse insegna del re-parto dei bambini esposti (abbandonati), nell’antico Ospedale di San Leonardo e raffigura il Cristo Redentore bambino, in uno stile molto vicino ai modelli di Pietro Lombardo di fine ‘400.

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Piano terra delle ex Scuderie Filo conduttore nella prima sala sono alcune rappresentazioni ur-bane relative a Parigi, Venezia, Roma e Treviso. Aprono la rasse-gna due piante molto diverse per scala, dimensioni e scopo, ma entrambe spettacolari, provenienti dal fondo iconografico storico della Biblioteca comunale. Si tratta di una copia del famoso Plan de Paris, precisissima e aggiornata veduta a volo d’uccello del 1734-1739, commissionata a Louis Bretez dall’autorevole “pre-vosto dei mercanti” Michel-Etienne Turgot, incisa da Claude Lu-cas, con l’intento illuminista di promuovere la conoscenza della città in tutti i suoi dettagli, e dell’unico esemplare noto della Pian-ta della città di Treviso, ad uso quasi di utopistico piano regolato-re, realizzata a penna e acquerello nel 1809 dal topografo napole-onico, di famiglia trevigiana, Basilio Lasinio. Segue una carrellata di vedute che esprimono con chiarezza le molteplici sensibilità di diversi artisti, tempi e contesti nel recepire il paesaggio urbano: dall’ancora inedita Parigi del 1960 di Renato De Giorgis alla città sfondo teatrale di vita nel Gioco del Lotto in piazza San Marco, grande olio dipinto fra il 1845-1847 da Eugenio Bosa, alla cristal-lina e sempre nuova vista su L’isola di San Giorgio dal Bacino di Francesco Guardi. Una rara portantina veneziana del ‘700 ac-compagna le produzioni accattivanti ma più di genere delle due vedutine di fine secolo, inizi ‘800 dell’Isola di San Cristoforo e dell’Isola di Poveglia. Alla fascinazione provocata dalla percezio-ne emotiva della città, nei suoi fenomeni atmosferici ma anche di fatti di cronaca, ci riportano la Veduta notturna di Venezia dai Giardini del 1854 di Luigi Querena, L’incendio di Palazzo ducale nel 1578, che Lodewijk Toeput (il Pozzoserrato) trasse da una stampa dell’Hoefnagel a ridosso del drammatico evento, e le magistrali soluzioni di taglio cinematografico adottate da Ippolito Caffi - come un fotografo, cine operatore e reporter ‘sul fatto’- nella Benedizione di Pio IX dal Quirinale di notte il 10 febbraio 1848, episodio che tante conseguenze ebbe per la storia dell’Ita-lia e soprattutto a Venezia. Con la stessa curiosità per inediti pun-ti di vista, possibili grazie alle novità tecnologiche, nel 1847 Caffi aveva documentato una serale Ascensione in mongolfiera sulla campagna romana. A questo spazialità libera a perdita d’occhio si contrappongono i piani sfalsati delle colline a chiudere l’orizzonte nella Sera sulla via Aurelia del 1959 di Tina Tommasini.Nella seconda sala dall’immagine della città si passa all’immagi-ne della gente: dagli sguardi di persone anonime - ma così ben caratterizzate da essere sicuramente inconfondibili per chi le co-nosceva - come i cinquecenteschi Gentiluomo con melangolo (cioè un sofferente per amore), Ritratto di Dama con arpicordo, Ritratto di gentiluomo con veduta di giardino all’italiana (anche qui l’uccellino in gabbia allusivo dei lacci del sentimento amoro-so), Ritratto di senatore veneziano, alla scultura Ritratto di Mat-teo Fini attribuito al trentino Alessandro Vittoria si può passare a “dialogare” con identità certe tramandate, a beffa del tempo e dello spazio, da capolavori come il Ritratto dell’economo del

convento di San Zanipolo (frate Marco Aurelio Luciani) di Lorenzo Lotto, o lo Sperone Speroni uscito dalla bottega di Tiziano. A mo-delli in carne ed ossa, seppure senza nome, ci riportano anche alcune magnifiche allegorie della musica come veicolo dell’amo-re umano e divino quali il Concerto in villa del Toeput e la Santa Cecilia e due angeli musicanti di Antiveduto Gramatica.Alcuni pregevoli esempi di arte applicata (un clavicembalo a due tastiere, due comodini lastronati in radica e alcune porcellane di produzione veneziana e di Nove di Bassano) introducono alla ri-trattistica del ‘700 di cui fu indiscussa protagonista internaziona-le, nella tecnica fresca e di immediatezza realistica, la veneziana Rosalba Carriera, qui documentata dai tre sensibilissimi Ritratto di dama, Ritratto di giovane dama e Ritratto di gentiluomo (quest’ul-timo in passato arbitrariamente ritenuto un ritratto del pittore Watteau) databili al 1720-1721. Già al secolo avanzato ci riporta-no il Ritratto di Giovanni Battista Contarini, capitano de mar nel 1787 e il ‘cicisbeo’ Ritratto di un anonimo gentiluomo di Alessan-dro Longhi, figlio di Pietro oltre all’anonimo, ma intenso, Ritratto di un religioso al clavicembalo. Sono opera di due importantissi-mi artisti italiani di inizio ‘800, il Gruppo della famiglia del pittore con autoritratto di un Francesco Hayez giovanissimo, nel 1807 in partenza da Venezia, e il Ritratto di Margherita Prati marchesa Grimaldi realizzatole nel 1811, quasi certamente a Milano, dal rinomato Andrea Appiani. Veglia su questo raffinato olio su tela e sul vicino gesso patinato di Luigi Zandomeneghi con il Busto della contessa Margherita Angeli Pascoli, che ne ostenta al petto un cameo con l’inconfondibile profilo, l’effigie del trevigiano di Possagno, Antonio Canova, stella del neoclassicismo interna-zionale, nella copia del suo ritratto dipinto dal Lawrence intorno al 1810-1820. Il clima del Romanticismo emana sia dal sensibile piccolo Ritratto della contessa Carolina Goujon Molina, ripresa da Rosa Bortolan mentre suona la sua amata arpa, sia dalla più monu-mentale composizione di fantasia neomedievale de II primo gior-no del Decamerone di Francesco Podesti. Una rara arpa di epoca romantica proveniente dal lascito Lattes è un ulteriore pregevole elemento della carrellata di strumenti musicali presente in questa sala. Dalla temperie ancora pienamente romantica del Ritratto di Procuratore di San Marco del 1865 di Pompeo Randi si passa al più deciso realismo del Ritratto di bambino del 1864, di Luigi Bor-ro, noto soprattutto come scultore a Venezia e a Treviso. Chiude la sequenza un’opera dell’inizio del XX secolo, il vivace e deciso Ritratto della moglie, olio su tela di Giuseppe Vizzotto Alberti.

Piano primo delle ex ScuderieNella sala superiore delle ex Scuderie l’esposizione propone l’iconografia della Madonna col Bambino e di alcuni episodi della vita di Cristo, dal Romanico al ‘600, affiancando affreschi staccati, sculture e produzioni di alta qualità di arte applicata.L’opera più antica, risalente alla metà del ‘300, è un tondo in pietra, con tracce di colore, che racchiude l’immagine di una

Madonna col Bambino in bassorilievo che risente della tra-dizione veneziana, mentre ad una produzione transalpina di gotico internazionale riporta la monumentale e raffinatissima Madonna stante con il Bambino in braccio, opera databile al 1420 circa, che trova diretto confronto per sensibilità e tipo-logia nell’affresco staccato, proveniente dalla chiesa scon-sacrata di Santa Margherita, con la Madonna in trono con il Bambino e Santa Margherita che gli studiosi ritengono dipin-ta da Gentile da Fabriano fra il 1410 e il 1413. Sempre frutto della cultura tardo gotica, ma di ambito privato, è il Cassone dotale con fronte intagliato a motivi di girali vegetali e anima-li di profilo attornianti la scena dell’Annunciazione lavorato in una bottega probabilmente veronese alla metà del ‘400.Sarà a Venezia città che verrà invece elaborato intorno alla metà del ‘400 un nuovo e particolare linguaggio rinascimen-tale che, recepiti i nuovi valori dell’arte toscana, ne tradurrà il linguaggio disegnativo e idealizzato in una visione basata sul colore e sul naturalismo, in linea con la sensibilità locale.La Madonna col Bambino benedicente del 1475-1480 di Gio-vanni Bellini e la Madonna col Bambino del 1505 di Cima da Conegliano, e delle loro botteghe, esprimono tutta l’umaniz-zazione del divino immergendo le figure nella dolcezza del pa-esaggio che costituiva l’esperienza quotidiana in laguna e in terraferma. Sulla stessa strada troviamo sia Jacopo da Valenza nella Madonna col Bambino di inizio ‘500, che l’anonimo pitto-re cimesco con la Madonna col Bambino della metà del secolo.La sequenza di episodi neotestamentari comincia con l’Annuncia-zione con donatori (un padre e un bambino forse a memoria della mamma morta di parto?) dipinta dal Toeput alla fine del ‘500, ripro-ponendo, quasi a propria firma, il motivo della pergola da giardino,cui seguono la Natività e la Circoncisione, due tele provenienti dalla ora sconsacrata chiesa urbana di S. Teonisto Tabra e Tabra-ta, dipinte da Alessandro Varotari detto il Padovanino fra il 1628 e il1630. Tra gli assoluti capolavori in esposizione vanno annove-rate due tavole di Domenico Capriolo: la Natività o Incredulità della levatrice, siglata e datata 1524, e l’Adorazione dei pastori del 1518, quest’ultima deposito al museo dell’Ospedale civile di Treviso fin dall’inizio del XX secolo.Fra le poche opere certe di Pier Maria Pennacchi, artista at-tivo a Treviso ma ancora enigmatico, figura la Madonna col Bambino tra san Giovanni Battista e sant’Andrea del 1505, mentre del trevigiano, ma solo di nascita perché poi atti-vo altrove, Girolamo da Treviso il Giovane è l’affascinante e cromaticamente preziosa Adorazione dei Magi, del 1520 ca.La maturità di Cristo si apre con il rapporto con Giovanni il Batti-sta, ed è pertanto in logica prosecuzione del percorso che trovia-mo a questo punto la scultura lignea del San Giovanni Battista di Francesco Terilli (e bottega), attivo a Venezia fra la fine del ‘500e il primo ventennio del ‘600 e un bozzetto del 1775 di Gian-domenico Tiepolo con San Giovanni Battista predica alle turbe.