San Vincenzo de’ Paoli · le Suore della Carità fondate sulle regole di vita di S. Vincenzo...

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1 San Vincenzo de’ Paoli Vincenzo nacque a Pouy, in Francia, il 24.04.1581, da famiglia contadina, crebbe nella più totale ignoranza, facendo il custode agli animali, finché un signore locale, colpito dalla sua intelligenza, non lo mandò a studiare presso i Francescani a Dax e quindi in un collegio di teologia a Tolosa, dove fu ordinato sacerdote il 23.09.1600. Le sue motivazioni iniziali, alquanto discutibili, lo portarono soprattutto a cercare una sistemazione redditizia, e per questo ebbe, nei primi anni di sacerdozio, una vita movimentata: viaggiò molto, fu catturato dai pirati e fatto schiavo a Tunisi; andò a Roma al seguito del Legato pontificio, poi a Parigi con l'ambasciatore di Francia, che lo introdusse nella cerchia della regina Margherita di Valois. Divenne infine precettore presso la famiglia Gondi. Qui scoprì la sua vocazione più autentica, il servizio ai poveri, e per questo abbandonò il suo vantaggioso incarico per farsi parroco a Chatillon les Dombes, dove, a contatto con la miseria, capì che la carità deve essere organizzata per essere efficace. Per questo, nel 1617, fondò la prima "Charité", costituita da donne laiche disponibili ad assistere i poveri secondo una precisa regola. Le Charités si diffusero poi in tutta la Francia e anche in Italia e in Polonia. Dopo l'incontro con Luisa de Marillac (una suora francese), Vincenzo affidò a lei l'animazione delle Suore della carità. Nel 1625, per predicare le missioni alle popolazioni ignoranti delle campagne e per contribuire alla formazione del clero, fondò la Congregazione dei Preti della Missione. Nel 1633, decise, con Luisa de Marillac, di aiutare delle ragazze del popolo offrendo loro riparo, poiché collaborassero con le "dame" delle Charités, dando maggior continuità all'assistenza. Queste ragazze si dedicavano totalmente ai poveri, assistendoli nei quartieri malfamati, negli ospedali o nei campi di battaglia. Nacque così la Compagnia delle Figlie della Carità, un'opera innovativa e rivoluzionaria, soprattutto in un'epoca in cui le donne che si dedicavano a Dio vivevano nel chiuso dei monasteri. Ormai la fama di Vincenzo era tale che a lui veniva affidata l'organizzazione dell'assistenza pubblica ai poveri, alle vittime delle guerre, ai forzati. Dal 1643 entrò a far parte del Consiglio di Coscienza della Regina. Le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida( fondate da San Vincenzo de Paoli) vennero a Reggio Emilia nel lontano 1840 e si presero cura delle fanciulle orfane. Nel 1844, venne aperto l’ospedale “San Vincenzo de’ Paoli” dove per vari anni le suore vi curarono gli ammalati.

Transcript of San Vincenzo de’ Paoli · le Suore della Carità fondate sulle regole di vita di S. Vincenzo...

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San Vincenzo de’ Paoli

Vincenzo nacque a Pouy, in Francia, il 24.04.1581, da famiglia contadina,

crebbe nella più totale ignoranza, facendo il custode agli animali, finché un signore locale, colpito dalla sua

intelligenza, non lo mandò a studiare presso i Francescani a Dax e quindi in un collegio di teologia a Tolosa, dove fu

ordinato sacerdote il 23.09.1600. Le sue motivazioni iniziali, alquanto

discutibili, lo portarono soprattutto a cercare una sistemazione redditizia, e per questo ebbe, nei primi anni di

sacerdozio, una vita movimentata: viaggiò molto, fu catturato dai pirati e

fatto schiavo a Tunisi; andò a Roma al seguito del Legato pontificio, poi a Parigi con l'ambasciatore di Francia,

che lo introdusse nella cerchia della regina Margherita di Valois. Divenne infine precettore presso la famiglia

Gondi. Qui scoprì la sua vocazione più autentica, il servizio ai poveri, e per

questo abbandonò il suo vantaggioso incarico per farsi parroco a Chatillon les Dombes, dove, a contatto con la

miseria, capì che la carità deve essere organizzata per essere efficace. Per questo, nel 1617, fondò la prima

"Charité", costituita da donne laiche

disponibili ad assistere i poveri

secondo una precisa regola.

Le Charités si diffusero poi in tutta la Francia e anche in Italia e in Polonia. Dopo l'incontro con Luisa de Marillac

(una suora francese), Vincenzo affidò a lei l'animazione delle Suore della carità. Nel 1625, per predicare le

missioni alle popolazioni ignoranti delle campagne e per contribuire alla formazione del clero, fondò la

Congregazione dei Preti della Missione. Nel 1633, decise, con Luisa de

Marillac, di aiutare delle ragazze del popolo offrendo loro riparo, poiché collaborassero con le "dame" delle

Charités, dando maggior continuità all'assistenza. Queste ragazze si dedicavano totalmente ai poveri,

assistendoli nei quartieri malfamati, negli ospedali o nei campi di battaglia.

Nacque così la Compagnia delle Figlie della Carità, un'opera innovativa e rivoluzionaria, soprattutto in un'epoca

in cui le donne che si dedicavano a Dio vivevano nel chiuso dei monasteri.

Ormai la fama di Vincenzo era tale che a lui veniva affidata l'organizzazione dell'assistenza pubblica ai poveri, alle

vittime delle guerre, ai forzati. Dal 1643 entrò a far parte del Consiglio di Coscienza della Regina.

Le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida( fondate da San Vincenzo de Paoli) vennero a Reggio Emilia nel lontano 1840 e si presero

cura delle fanciulle orfane. Nel 1844, venne aperto l’ospedale “San Vincenzo de’ Paoli” dove per vari anni

le suore vi curarono gli ammalati.

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La presenza delle Religiose continuò con l’apertura delle scuole materna ed elementare , nel 1868 venne istituito l’Educandato con annessa una scuola per convittrici.

Per tutta la sua vita, Vincenzo diresse e guidò con mano ferma e amorevole le opere da lui fondate. Morì a Parigi il 27 settembre del 1660. Fu canonizzato il 16.giugno

del 1737 da Papa Clemente XII.

Carlo Sani

La mostra sulla nostra scuola

Dal 26 febbrai al 14 aprile, presso il museo dei Cappuccini della nostra città, è stata allestita la mostra “ Tradizioni e Innovazioni” per festeggiare i 150 anni della nostra scuola. Alla mostra vi erano tutti i materiali scolastici che venivano usati anni fa

dagli scolari, ma anche fotografie della scuola, delle classi e degli insegnanti che si sono succeduti negli anni; vecchi giochi tra cui un trenino e delle biciclettine per

bambini, divise degli alunni e lavori fatti a mano, come presepi o più semplicemente i nostri plastici di geografia: tutti manufatti realizzati da noi e dagli studenti che ci hanno preceduto. Abbiamo anche potuto ammirare i costumi usati per le recite e i

lavori fatti dalle Suore come preziosi ricami e porcellane dipinte a mano.

Per chi voleva sapere di più sulla scuola, sulla fondatrice delle Suore della Carità Santa Giovanna Antida e sul padre fondatore da cui la scuola stessa prende nome, poteva soddisfare la sua curiosità grazie a pannelli esplicativi appesi sulle pareti

qua e là. Quando, con la classe siamo andati a vedere la mostra, ci siamo molto divertiti perché, ridendo e scherzando, siamo addirittura saliti sulle bici, sul trenino come dei bambini piccoli e non poteva mancare una foto dietro l’ orologio di cristallo.

Santa Giovanna Antida Thouret

Originaria di Sancey (Francia), Giovanna Antida entrò a far parte delle figlie della carità fondate da S. Vincenzo de’ Paoli, poco più che ventenne, ma nel 1794 dovette

ritornare nel suo paese natale a causa della soppressione degli ordini religiosi operata dalle leggi della Rivoluzione francese. Nel suo paese aiutò i bambini, i malati e i perseguitati dalla rivoluzione. L’11 aprile del 1799 costruì la prima scuola e fondò

le Suore della Carità fondate sulle regole di vita di S. Vincenzo de’ Paoli. Nel 1810 partì per Napoli dove morì 16 anni dopo, il 24 agosto 1826.

Le origini della nostra scuola.

Nel 1840 le Suore della Carità, su desiderio di Francesco IV d’ Este iniziano a occuparsi delle orfane nell’ edificio adiacente alla chiesa di San

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Spiridione.

Nel 1863 l’ edificio adiacente a questo

viene acquistato per ricavarne una scuola femminile per fanciulle benestanti. Dal 1881 le suore aprono

un pensionato per giovani meno abbienti.

Dal 1844 al 1903 le suore della carità sono presenti anche in via Dante

presso l’ ospedale S. Vincenzo de’ Paoli.

Nel 1912, la Madre Generale dalle Suore della Carità incontra la pedagogista Maria Montessori che offre alla religiosa il suo metodo scritto in

varie lingue.

Nel 1936, nasce l’ istituto Magistrale e tre anni dopo nacque anche la scuola media, ma l’ 8 gennaio del 1944

chiudono le scuole materna ed

elementare e la scuola media è

costretta a trasferirsi a San Ruffiano di Scandiano a causa dei

bombardamenti.

Nel 1973 il convitto chiude perché non più frequentato e nel 1982 chiude anche l’ istituto Magistrale Parificato e il vescovo Baroni affida la gestione

delle scuole S. Vincenzo de’ Paoli alla Pia Unione della Dottrina Cristiana che

subentra alla congregazione delle Suore della Carità.

Dal 1987 al 1998 apre l’ istituto tecnico commerciale.

Oggi sono presenti la scuola della infanzia, la scuola primaria e la scuola

secondaria.

Beatrice Fiori

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GITA SCOLASTICA A ROMA

Il 23 e 24 Aprile io, i miei compagni e alcuni insegnanti ci siamo recati in gita a

Roma, la capitale d’Italia, la città eterna che sorge su sette colli famosi in tutto il

mondo. Siamo partiti alle 7.17 dalla stazione ferroviaria di Reggio Emilia, tutti

eravamo ansiosi e carichi di aspettative per questo viaggio, e alle dieci e mezza siamo

arrivati a Roma.

Dopo aver posato i bagagli in hotel è iniziata la nostra visita. Da subito mi sono reso

conto di trovarmi in una città caotica, piena di traffico, ma girare per le sue strade è

come viaggiare indietro nel tempo tra antiche vestigia romane. Monumenti antichi e

moderni, fontane e fontanelle si alternano in ogni piazza, chiese di tutte le

dimensioni ti offrono dipinti, sculture e altari stupendi vero patrimonio d’Italia.

La nostra gita è iniziata dalle terme di Diocleziano, il più grandioso impianto termale

di Roma antica con biblioteche, palestre e piscine alcune di queste sale furono

trasformate da Michelangelo per la realizzazione della Basilica di Santa Maria degli

Angeli che ti sorprende per la sua maestà e per la meridiana di bronzo incastonata

nel pavimento che serviva per calcolare la data della Pasqua. In seguito abbiamo

visitato San Carlino che stupisce per la sua magnifica volta a cassettoni.

Nei giardini del Quirinale abbiamo consumato allegramente il pranzo seduti sull’erba

con un magnifico cielo azzurro. Nel pomeriggio la spettacolare Roma si è presentata

con il grandioso Pantheon, tempio dedicato alle divinità planetarie. Già il pronao

dotato di poderose colonne monolitiche di granito ti sorprende, ma una volta entrati

la grande volta e l’oculo centrale da cui penetra la luce danno una sensazione

indescrivibile.

Infine siamo andati in piazza di Spagna che con la sua scalinata della Trinità dei

Monti e con la fontana della Barcaccia sembra una cartolina. Peccato che Roma

fosse invasa dai turisti perche io e i miei amici abbiamo tirato solo da lontano la

monetina nella fontana di Trevi. La fontana di Trevi è costituita da tre vasche

murate ad una parete nelle quali si riversa un getto d’acqua a ventaglio. Quanto

avrei voluto poterla ammirarla da più vicino!

Dopo essere tornati in hotel per rinfrescarci la visita è proseguita su un pullman che

ci ha mostrato i monumenti illuminati. In modo particolare ho osservato il Colosseo

e l’Arco di Trionfo.

Il giorno seguente spostandoci, anche in metropolitana, abbiamo continuato la visita

ai Musei Vaticani, li mi sembrava di essere in un libro di storia dell’arte, mi sono

sentito piccolo di fronte a tanti capolavori.

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Alla fine siamo entrati nella Cappella Sistina, gli affreschi di Michelangelo mi hanno

lasciato a bocca aperta e solo allora ho capito perché in quel luogo viene eletto il

papa, infatti hai l’impressione di essere nella Bibbia a stretto contatto con Dio.

Alla fine dopo aver ammirato chiese, palazzi, mi è piaciuta molto la fontana dei 4

fiumi con le personificazioni dei fiumi: Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata.

La gita stava per finire e dopo uno spuntino al Mc Donald siamo ripartiti alla volta di

Reggio Emilia.

Questa gita mi è piaciuta molto, ho avuto modo di conoscere meglio i miei compagni

e insegnanti e di passare con loro bei momenti anche se sempre di corsa. Roma mi

ha rubato il cuore due giorni, sono stati pochi per “assaporarla” mi sono spesso

sentito come in un libro di storia.

Matteo Serri

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Cinderella

Il 26 marzo ci siamo recati al teatro Storchi di Modena per vedere un’opera

intitolata Cinderella. L’opera era la classica fiaba di Cenerentola con una

particolarità: era in inglese. E’ stato molto emozionante vedere lo spettacolo, anche

perché si capiva molto bene, infatti, gli attori recitavano in un’inglese molto

scorrevole. Ecco una breve trama dello spettacolo:

Cenerentola, dalla morte del padre, vive come una serva in casa propria, tormentata

dalla matrigna e dalle vanitose sorellastre. Un bel giorno viene annunciato un ballo

in onore del principe, cui tutte le fanciulle in età da marito sono invitate. Le

sorellastre corrono a fare compere per munirsi di tutti gli abiti più belli, mentre

Cenerentola rimane a casa nel suo cantuccio a sognare una sorte più felice... Sarà la

fata madrina che, cantando come anche l’impossibile sia possibile, spedirà

Cenerentola al ballo, dopo averla dotata di carrozza, abito e scarpette di cristallo. E

proprio la celebre scarpetta permetterà al principe, da subito innamorato di lei, di

ritrovare l’amata e, superando gli ostacoli architettati dalla matrigna, di chiederla in

sposa.

Alla fine di questo fantastico spettacolo inoltre c’ è stato un po’ di tempo in cui porre

delle domande agli attori , tutte rigorosamente in inglese.

Stefano Gazzotti

RECENSIONE “DIECI PICCOLI INDIANI”

Venerdì 22 marzo al teatro San Prospero è andato in scena il capolavoro di Agatha

Christie: “I dieci piccoli indiani” e noi ragazzi di 2^ A e 2^ B siamo stati letteralmente

rapiti dal mistero, dalla suspance e dai colpi di scena che caratterizzano quest’opera:

uno dei must per gli appassionati del genere giallo.

La vicenda dura una settimana e si svolge in una splendida e sinistra villa sull’isola

di Nigger Island dove dieci persone, estranee l’una all’altra, sono state invitate a

soggiornarvi da un generoso ospite che non conoscono.

Il mistero si fa fitto quando si scopre che il loro ospite non è presente e che in casa,

su un tavolino, sono sistemati 10 piccoli indiani e una strana filastrocca, inoltre una

misteriosa voce, proveniente da un grammofono, accusa gli invitati di delitti da cui

sono rimasti impuniti.

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Ad uno ad uno, secondo i versi della filastrocca, gli invitati vengono decimati senza

sosta. E intanto cresce il sospetto: chi è l’assassino? E perché colpisce? Ciascuno

degli invitati è quindi il potenziale colpevole, si crea così un clima di reciproca

sfiducia, di sospetto, sottolineato ancor di più dai cambi di musica.

Tra omicidi, colpi di scena, tensione ed estenuanti attese alla fine lo spettatore, come

me, rimane incredulo di fronte alla soluzione del caso: l’insospettabile giudice

Wargrave è l’assassino, colui che ha messo in scena tutti questi delitti e suicidi e che

con un biglietto in una bottiglia confonde ancor di più le acque.

Le parti che personalmente mi hanno colpito di più sono state gli omicidi a cui

seguiva la caduta a terra dal macabro tavolino di uno degli indiani, il clima di

sospetto che si insinuava tra gli ospiti terrorizzati, le parole della filastrocca che

presagivano gli eventi e scoprire che l’assassino era uno degli invitati, il meno

sospettato: il giudice Wargrave.

Questo finale non me lo sarei mai aspettato, fino all’ultimo ho cercato di intuire il

vero assassino, è un’ opera ideale per gli amanti dei racconti gialli un po’ misteriosi e

intriganti, anche complicati, ma ottimi per rilassarsi e perdersi in storie fantastiche.

Ho trovato molto bravi anche gli attori che sapevano ben attirare gli sguardi degli

spettatori e recitavano la loro parte con grande convinzione.

E’ stata una mattinata a teatro veramente in giallo!

Matteo Serri

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“ Lettere”

Domenica diciassette marzo… giorno accarezzato da una leggera foschia autunnale, le strade ancora

bagnate dalla recente pioggia.

- “Stia attento sig. Edward, la strada non è molto sicura…”

-“Non preoccuparti, Jacqueline; piuttosto, ripetimi bene l’indirizzo di quell’anziana signora, Lady

Lauren Cheese.”

- “Per precisione sarebbe Mrs Lauren, vedova Johnson, Mr Sharpener.”

- “Hai ragione. Ora lasciamo stare le chiacchiere: è meglio non far tardi per la cena.”

-“Molto bene, ecco, dev’essere questa la via, se non sbaglio. Giri a destra dopo quel faggio.”

- “Sei sicura? Leggimi l’indirizzo.”

- “Harbey Street, numero 21.”

- “Va bene. Fermiamoci qui.”

Dalla portiera della vecchia Ford, scesero due figure, appena riconoscibili nella nebbia.

- “Benvenuti, signori. Io mi chiamo Emily Grease, sono la cameriera della signora Cheese.”

- “Buonasera, signorina. Io sono Edward…” - ma il discorso fu interrotto dalla governante, che

sembrava piuttosto accigliata.

- “Sì, sì: so chi siete, ebbene sono stata io a chiamarvi, per avvertirvi di certi avvenimenti incresciosi,

qui alla villa. La pregherei di entrare, discuterà meglio della faccenda in casa, con la signora Cheese

stessa. “

- “Oh, le porgo le mie più sentite scuse per non averla salutata, signorina…” - si scusò la ragazza,

rivolgendosi a Jaqueline.

- “Jaqueline, Jaqueline Parker, è la mia assistente.” - spiegai.

- “Salve - rispose imbarazzata la cameriera…”

- “Si figuri, buona sera a lei.” Salutò Jaqueline.

- “Se voleste seguirmi fino all’ingresso… la signora Cheese vi attende nel salotto.”

Le figure avanzarono nell’ ombra, fino ad una porta di legno bianco, alta e decorata con piccole

sculture. Inciampai in un portaombrelli creando qualche scompiglio ed un leggero sorriso accarezzò il

volto della signorina Emily, che, nel frattempo, stava aprendo la porta.

Appena entrati, venimmo accolti dalla voce rauca della signora Lauren: - Benvenuti! Meno male che

siete qui! Presto Emily: falli accomodare.

- “Certo signora, se voleste porgermi gli impermeabili… intanto io vado a preparare un po’ di tè

caldo.”

- “Bene, bene Emily” - proseguì l’anziana -accomodatevi pure sulla poltrona.

- “La ringrazio, signora.” - mi accomodai sul morbido cuscino in pelle della poltrona. - “Ho saputo di

certi eventi alquanto spiacevoli, ma non mi è stato detto nulla di più.”

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- “Sì, signore: sono arrivate delle lettere minacciose, ecco, ne ho portata una.”

La vedova mi mostrò una lettera scritta su carta antica color avorio con una penna stilografica blu.

Diceva così:

“Morte non morte: un solo colpo basterà e la sua vita cesserà. Lei è in pericolo … Cheese.”

- “Mmh…” - sospirai: era veramente una lettera strana. Non era particolarmente minacciosa o

angosciosa, certo, non era un augurio di compleanno, ma chiunque l’avesse scritta, non doveva essere un assassino “di mestiere”. - “Non si preoccupi signora, la proteggeremo affinché questa resti

solo una minaccia. Posso tenere con me questa lettera?”

- “Certamente, ne avete tutto il diritto. Sono sicura che vorrete riposare, dopo un viaggio così lungo”.

- “In effetti, non sarebbe affatto una cattiva idea. Ci sistemeremo in albergo. Andiamo, Jaquiline”.

- “Mi raccomando: domani vi aspetto qui alle quattro in punto, così avrò occasione di presentarvi gli

ospiti…”

- “Ospiti? Quali…” -per l’ ennesima volta, il mio discorso venne interrotto dalla signorina Emily, che

barcollava con un vassoio di tazzine tra le mani:

- “Andate già via? Perché non restate a bere una tazza di tè?”

- “Mi ha convinto, signorina; inoltre sono molto incuriosito dagli ospiti che incontreremo domani,

vorrei sapere, per esempio… chi sono? Insomma, non vorrei mai essere indiscreto, ma mi piacerebbe

sapere con chi avremo a che fare domani.”

- “Oh, non si preoccupi: è tutta brava gente, ci sarà anche il commissario. Potrebbe rientrare tra le

sue conoscenze? Un tale Mr Golden…”

Ci fu un attimo di silenzio prima che esplicitassi la mia risposta:

- “No, non mi pare: non l’ho mai incontrato.”

- “Mmh… eppure è strano: quell’uomo ha girato mezzo mondo… comunque sono sicura che le farà

una buona impressione. Non è certo il tipo di cui si possa pensar male…” - ribadì la signora, con un’aria lievemente divertita. Poi prese in mano la tazza bianca e sorseggiò il suo tè caldo. Lo stesso

feci anch’io, e anche Jaqueline; non aveva ancora spiccicato parola, ma sembrava avesse le antenne

rizzate sulla nuca nel sentire le nostre parole.

Mi resi conto che Emily cercava invano di attirare la mia attenzione, così lasciai furtivamente un po’

della mia bevanda calda sul tavolo e mi diressi verso l’uscio. Mentre mi allungava il cappotto,

Jaqueline stava chiacchierano con la nostra ospite, ed Emily ebbe occasione di parlare:

- “Signor Sharpener, non mi creda indiscreta, davvero, nel dirle che, con lo spavento causato da

quelle lettere minacciose, la mia datrice di lavoro, Lady Cheese, è diventata… come spiegare…”

- “Ho capito signorina, non si sforzi, la prego. Grazie dell’ informazione, potrebbe esserci molto utile.

Jaqueline, sbrigati, ho fame!” - furono le uniche parole che riuscì ad inventarmi in quel momento di

imbarazzo: non volevo soffermarmi ulteriormente sull’argomento, almeno, non con Lady Cheese a fianco, non con la signorina Emily. Ma con Jaqueline sì. E fu proprio ciò che feci appena fummo di

nuovo a bordo dell’ autovettura. Jaqueline mi seguiva curiosamente, fremeva perché le raccontassi

dei particolari. Salutai educatamente Lady Cheese e mi diressi verso il giardino. Accipicchia, quella

casa aveva davvero un enorme giardino, con tanto di fontana sul retro.

- “Allora, Edward?”

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- “Allora cosa, Jaqueline?” - presi posto al volante della mia Ford e chiusi la portiera. La mia

assistente fece lo stesso.

- “Cosa le ha detto Emily, e perché ha lasciato nella tazza un po’ di tè caldo? Non è da lei fare così.”

Certe volte, quella ragazza, proprio non la capisco: un po’ mi dava del “tu”, un po’ del “lei”, ma

lasciamo perdere, d'altronde, chi le capisce le donne?

- “Mi ha detto che, dopo l’arrivo di quelle lettere, Lady Cheese ha iniziato a comportarsi in modo

strano”.

- “Insomma, è stata considerata un po’ schizofrenica da tutti, dopo quelle lettere. In fondo la capisco,

poveretta, deve essere stato uno shock per lei.”

- “Non correre troppo, Jaqueline, la signorina Emily non è “tutti”. Piuttosto mi incuriosiscono gli

ospiti che vedremo domani.

- “Tu che mi dici di quel commissario, Golden?”

- “Non saprei, ti dirò che non l’ho mai sentito nominare ma, di solito, come puoi immaginare, io non

ho molto a che fare con la polizia, quanto piuttosto con le vittime direttamente.”

La conversazione continuò fino al cancello dell’hotel “La Quercia”, dove io e Jaqueline avremmo passato un paio di notti. Un ambiente molto lussuoso, devo dire; l’ingresso era tutto in legno lucido,

compreso il bancone del bar dove ordinai un caffè. Mi ci sarei addormentato sopra. In macchina da

Londra fin qui.

La nostra stanza era la numero 24. Al secondo piano. Una camera eccellente, dotata addirittura di

frigo-bar. Due letti separati da una tenda di raso, una toilette, due comodini e due armadi. La

finestra si affacciava sul cortile dove era parcheggiata la mia Ford. Entravano ed uscivano

freneticamente facchini ed ospiti eleganti, vestiti di tutto punto; avevano l’aria di essere gente parecchio ricca, magari anche famosa. Ma non era il momento di starsene lì a sognare, dovevamo

andare a letto, tutti e due. L’indomani sarebbe stato alquanto impegnativo.

Quando, il mattino dopo, mi svegliai, Jaqueline si era già alzata. Era vestita e pronta per fare

colazione.

- “Diamine, Jaqueline, ma che ore sono? Devi avvertirmi se mi sveglio tardi!”

- “Ma no, non preoccuparti, sono solo le sette e mezza. Da quando ho in custodia il cane della zia

Shiva, sono molto mattiniera.”

Mi preparai: indossavo una camicia bianca, scarpe di vernice nera, pantaloni rispettabili ed un gilè

verde scuro.”

Salimmo sulla macchina verso le otto, con destinazione Villa Johnson. Una volta arrivati là, Emily

prese cortesemente i nostri cappotti, e Lady Cheese ci presentò gli ospiti:

- “Eccovi qua, vi aspettavamo! Vi presento il commissario Golden:”

- “Piacere, Mr Edward”

- “Il piacere è tutto mio, commissario”.

Lady Cheese riprese: - Questo è il mio orgoglio: Robert, è il mio avvocato, segue la Villa nelle azioni

legali … ed è anche il promesso sposo della mia adorata nipotina: Miss Stephany Cheese!

- “Complimenti, allora!”

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- “La ringrazio, Mr Sharpener”

L’ ultima della compagnia se ne stava seduta in fondo al salotto, era un’anzianotta piuttosto spigliata,

dall’aria parecchio altezzosa, vecchia compagna di classe di Lady Lauren Cheese.

- “Buonasera, signorina”

- “Oh, ma guarda tu che gentiluomo! Magari, caro: signora Anne Simon, comunque grazie mille!”

- “ Ma si figuri, ci vorrà pure un po’ di gentilezza in questo mondo!”

I commensali cominciarono a chiacchierare tra di loro, c’era un rassicurante brusio di sottofondo.

Dopo circa una decina di minuti, mi vidi arrivare incontro una signorina vestita di bianco, snella ma

bassina, con un cappello che era dieci volte la sua testa. Aveva un non so che di bambina,

trasmetteva innocenza..

- “Salve! Io sono Miss Stephany Cheese!”

- “È un piacere! Io sono Mr Edward”.

Un’ oretta dopo, tutti discutevano tranquillamente di affari privati, e fu Emily a parlare:

- “Io vado a preparare il tè: ormai sono quasi le cinque”.

- “Io, invece, andrò a fare una passeggiata in giardino”-aggiunse miss Stephany Cheese

- “Avete vinto” - risuonò la voce di Mrs. Simon – “Vado alla toilette”.

Il commissario approfittò della situazione per guardare la finale di rugby Inghilterra-Scozia, nella sala accanto. Qualche minuto dopo tutti i presenti tornarono a bere il loro tè. Il commissario tifava per la

Scozia, ma quest’ ultima aveva appena perso la finale:

- “ Ho bisogno di fumare una sigaretta”. Il commissario uscì demoralizzato dalla porta sul retro,

mentre il pomeriggio trascorreva lietamente.

- “Oh, santi numi!” - l’ esclamazione di Mr. Golden echeggiò per tutta la sala, al ché la compagnia si

precipitò frettolosamente sul retro della villa. Seguirono pianti e abbracci di consolazione.

- “ Presto, presto, fatemi passare!” io stesso fui stupito da ciò che vedevo. Da ultimo, accorse

Jaqueline:

- “Edward, cosa succede?!”

- “Ma come ho potuto non pensarci!?-rientrai nel salotto spazientito.-“Quella lettera non era per Lady

Lauren Cheese!”

- “ Ma se nella lettera era specificato il suo nome!”

- “No, Jaqueline, non il suo nome! Il cognome, Cheese! Cioè l’unico elemento che l’ accomuna con

l’amata nipote, miss Stephany Cheese!”

- “Oh, no, non vorrai dire che…”

-“Esatto.”

Io e Jaqueline fummo gli ultimi ad osservare il corpo della povera Miss Stephany che giaceva a terra

senza vita; mentre ci scambiavamo diverse considerazioni:

- “Ma dai, su, in fondo non è colpa tua, Edward,come avresti potuto immaginarlo?”

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- “Jaqueline, avrei dovuto pensarci…”

Ora restava da scoprire cosa fosse accaduto: il commissario, dopo un’ulteriore analisi del cadavere, aveva dichiarato che si trattava di una morte violenta: Miss Cheese era stata colpita al cranio,

perdendo i sensi, poi spinta nella fontana, e, qui, era annegata.

Decisi di chiedere spiegazioni a qualcuno che conoscesse bene la casa, dopo aver espresso le mie più

sentite condoglianze alla signora Cheese:

- “Scusami, Emily, dove potremmo cercare qualche indizio riguardo a?… beh, sai cosa intendo.”

- “Mmh… io non saprei dire, ma lei e Jaqueline avete il permesso, accordato dalla mia padrona di

indagare in tutte le stanze della casa.”

-“Grazie, Emily.”

Io e Jaqueline girammo a vuoto per tutta la casa, finché non ci trovammo davanti ad una porta

chiusa a chiave.

- “Però, strano…”

- “Già, direi molto strano, Jaqueline”

Avrei potuto chiedere ad Emily la chiave, lei mi aveva accordato il permesso di andare dove volevo, in

ogni singola stanza della casa, pensai.

- “Emily, scusa, cara, sapresti dirmi dove si trova la chiave di questa porta?”

- “Ecco, ha presente quando le ho parlato per la prima volta di Lady Cheese?”

- “Oh, sì, un argomento un po’ delicato, quello …”

- “In ogni caso, quella stanza è off-limits, neanche io ci posso entrare”.

- “Come? E il permesso accordato?”

- “È appunto questo il problema di Lady Cheese: ultimamente … si scorda le cose.”

Io sono un ottimo investigatore, ed un uomo rispettabile, così decisi di non fidarmi e parlare di

persona a Lady Cheese di quella dannata porta:

- “Disturbo, Lady?”

- “Mi perdoni, Mr Sharpener” - piagnucolava Lady Cheese tra un singhiozzo e l’altro.

- “Di sopra, c’è una porta chiusa a chiave, Emily mi ha detto che non vi si può entrare per suo volere,

ed io ho deciso di parlarne di persona con lei; Emily mi ha anche detto che ultimamente, la memoria

le fa brutti scherzi…”

- “Questo è quello che pensano tutti, ma io le assicuro che non è vero; sì, sono stata molto spaventata

da quella lettera, è vero, ma … non l’ho chiusa io quella porta. Glielo giuro su me stessa. Per me non

ha nessuna importanza: è solo una mansarda, se vuole, può anche scassinare la serratura.”

- ”Apprezzo molto la sua sincerità, ma lei non sa proprio dove si trova quella chiave?”

- “L’ ultima volta che l’ho vista, era nella vetrina in sala…”

- “E…?”

- “Inoltre Emily non ha il permesso di spostare o nascondere gli oggetti.”

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- “Grazie, Lauren, grazie davvero.”

- “Jaqueline, smettila con quella maledetta serratura! La signora Cheese mi ha confidato che si trova

nella vetrinetta in sala.”

- “Molto bene.”

Jaqueline si diresse verso il salotto e, poco tempo dopo, si udì un urlo di gioia:

- “Ecco!”

- “Jaqueline, l’hai trovata?”

- “No, però qui ci sono dei cioccolatini…”

- “Siamo messi bene… fai guardare a me.”

Mentre frugavo nella dispensa, trovai diversi piatti, stoviglie, i cioccolatini di Jaquiline, e…

finalmente, la chiave!

Aprii con titubanza la porta, ero molto turbato. Quando entrai, capii tutto, dopo aver visto una pila di

lettere tenute insieme da un nastro rosso, carta color avorio, biro stilografica blu…

- “Jaqueline, riunisci tutti i presenti”

Quando rientrai in salotto, trovai dinnanzi a me Mr Robert, Emily, Mrs Simon, Jaquiline, il

commissario Golden e Lady Cheese, dal viso ancora bagnato di lacrime.

“Signori, eccovi il resoconto di quanto accaduto: Miss Cheese è stata uccisa mentre stavamo

prendendo il tè. Si sono assentate diverse persone: Mrs Simon, Mr. Golden, la signorina Emily. Uno

di loro tre può aver ucciso miss Cheese: Mrs Simon andava alla toilette, cosa le avrebbe impedito di

uccidere miss Cheese e tornare tranquillamente indietro? Stessa cosa vale per mr Golden”.

- “Ma è stato lui a trovarla!”

- “Questo non significa niente, Mrs Simon”. Sarebbe stato un motivo in più per non essere sospettato,

la uccide e urla stupito, cosa avrebbe potuto impedirglielo? Beh, il movente, direi… tutto mi è stato

chiaro quando ho visto queste lettere nella ”stanza segreta”, vero Emily?

La ragazza sobbalzò imbarazzata.

Queste lettere risalgono a quest’estate, e sono indirizzate a Mr. Robert, il mittente è Emily Grease.

Trattasi, infatti, di un delitto passionale: Emily amava Mr. Robert, il quale ricambiava, quell’estate.

Emily voleva sposarsi e si aspettava un po’ dell’ eredità della sua padrona. Ma poi è arrivata la nipotina prediletta della signora Cheese, a rovinarle tutti i piani: sua sarebbe stata tutta l’eredità di

Lady Cheese, ed era la promessa sposa di Mr. Robert. Ecco il movente! Così Emily decide di farla

sparire, e aspetta il momento migliore per farlo. Devo inoltre complimentarmi per la lettera, davvero:

spedita a lady Cheese: per LEI è la fine, Cheese, in realtà, avrei dovuto capirlo: quel “lei” era una terza

persona singolare: quale razza di assassino darebbe del “lei “ alla sua vittima in una lettera

minatoria?!

Dunque, Emily, ha forse qualcosa da obiettare?!”

di Caterina Brigati, 2^B

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Il caso della sparizione

Era una fantastica mattina di maggio , mi svegliai, feci colazione e poi mi arrivò una telefonata; era l’assicurazione per cui lavoravo: era stato rapito un bambino alla S. Vincenzo. Quando l’assicurazione veniva contattata per il rapimento di una persona o per la scomparsa di oggetti io andavo ad indagare per non far perdere dei soldi nei risarcimenti. Andai subito nel luogo della sparizione e, dopo aver sentito alcuni professori, andai a vedere. Il luogo della sparizione era il bagno scolastico maschile che era fatto cosi:c’erano tante piccole stanze che si affacciavano su un corridoio con alcuni lavandini. Ascoltai alcuni che dissero che un loro compagno di nome Stefano era sparito dopo essere entrato in bagno ed essersi chiuso dentro con il chiavistello; allora guardai e in quel bagno non vidi niente che poteva sembrare rotto, neanche una piastrella sul muro. Dopo aver controllato il luogo della sparizione, andai in segreteria dove c’era una telecamera che filmava l’ingresso. Visto che nell’altra entrata c’era sempre qualcuno, nessuno sarebbe riuscito ad entrare e fare il giro dell’istituto. Il cerchio dei sospettati si chiudeva, certo un bambino non poteva essere stato perché per conoscere dei dettagli così su una scuola del ‘500 bisognava essere dei geometri o degli ingegneri. Quando uscii dalla scuola stetti a casa tutto il pomeriggio a pensare e sgranocchiare qualche biscotto. La mattina dopo pensai a cosa poteva esserci sotto il bagno e, sovrapponendo le varie cartine, scoprii che c’era la chiesa di S. Spiridione. Chiesi a una suora di portarmi nella chiesa e lei mi disse che recentemente erano stati fatti dei lavori sulle mura esterne; gli operai erano entrati anche nella chiesa per controllare che mettendo a posto il muro fuori non venissero delle fessure internamente; mi disse anche il nome della ditta: la ditta Bianchi. Andai subito dagli operai che mi dissero che uno di loro era a casa per malattia e, dopo aver saputo il posto dove abitava, ci andai. Scoprii che lui ai lavori nella S. Vincenzo non aveva partecipato e quindi non poteva essere stato lui a rapire quel bambino. Pensai che il bambino non poteva essere uscito dall’ istituto senza l’accompagnamento dei genitori. Così mi recai da loro che mi dissero di essere andati a prenderlo ma, non vedendolo, di avere chiesto ai professori. Successivamente cominciò la ricerca e poi la scoperta del bagno chiuso da dentro. Io in quel caso ebbi un’astuzia ,non feci divulgare il luogo in cui il bambino era sparito, cioè il bagno, e quindi le uniche persone che lo sapevano erano: i genitori del bambino,i professori, il colpevole e alcuni alunni che avevo convocato dicendo di non dirlo a nessuno. Quella sera non dormii a casa mia, ma dormii nella scuola in un cantuccio davanti al bagno e prima di coricarmi mi misi a pensare ai dettagli da collegare passeggiando per i corridoi dell’istituto. La mattina dopo vidi il capocantiere della ditta Bianchi che mi disse che lui e i suoi colleghi mi avrebbero aiutato a cercare qualcosa. Mi insospettii subito quando uno di loro disse: “io vado nei bagni su”. Io subito lo seguii perché proprio vicino alla chiesa c’era un bagno e non c’era motivo di andare in quelli al piano superiore dove era avvenuta la sparizione. Lo vidi che non usciva, allora gli urlai di uscire ma non mi ubbidì. Presi un arnese di ferro e aprii la porta, lì c’era una scala a

chiocciola che conduceva a un baule pieno di oro. Vidi il muratore con un coltello in mano che puntava sulla gola del bambino, gli dissi di arrendersi, ma non si arrese, allora lo colpii con il mio ombrello e lo stordii; nel frattempo era arrivata la Polizia chiamata dagli altri muratori. Egli confessò di aver trovato il tesoro dal basso e di essere stato tutto il giorno a chiudere il passaggio che faceva accedere al tesoro dal piano superiore, però un bambino lo aveva sentito e da lì l’ idea del rapimento. Il bambino tornò a casa molto felice e così avevo risolto un altro caso.

di Stefano Gazzotti

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Il Duomo di Reggio Emilia

La parola “Duomo” deriva dal termine latino domus, in quanto affianco alla Chiesa era presente la casa del Vescovo.

Il Duomo di Reggio Emilia fu edificato su un’antica costruzione romana intorno all’857. E’ una costruzione in stile Romanico, con una facciata a capanna ed un interno costituito da tre navate.

Prospero Sogari, detto il Clemente, è lo scultore che ne cura l’esecuzione rimasta, però, incompleta. Opere sue sono le statue raffiguranti Adamo ed Eva poste sul portale centrale, mentre ai lati tra fasce di marmi che ricoprono le superfici mediane della facciata entro le nicchie vi sono i santi Crisanto e Daria ed i santi Venerio e Gioconda, compiuti dal Clemente e dalla sua bottega tra il 1572 ed il 1580. Nella torre, sulla facciata, domina la statua della Madonna col Bambino con i coniugi Fiordibelli (benefattori) in lastre di marmo a sbalzo

dorato, capolavoro di arte orafa eseguito da un artista di eccezione: il reggiano Bartolomeo Spani (orafo, scultore, architetto vissuto tra il ‘400 e la prima metà del ‘500). L’intero Duomo conserva cappelle rivestite di marmi pregiati finemente scolpiti.

La cattedrale è stata restaurata e riaperta al pubblico nel 2010. Sono stati posti nuovi arredi: il candelabro pasquale dell’artista abruzzese Ettore Spalletti e sono state sostituite le panche di legno con delle sedie di plastica.

E’ stato, poi, realizzato un nuovo altare: con un intervento che unisce passato e presente, l’artista ha riutilizzato due blocchi di marmo semilavorati in epoca romana, da lui

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“riconosciuti” come densi di significato. Dal punto di vista simbolico l’altare unisce le due valenze della mensa (Cenacolo) e del dono della vita (Calvario).

All’interno della Cattedrale è pregevole la Cripta, la cui costruzione risale al XII o XIII secolo. L’architettura del luogo è con volte a crociera, sostenute da 42 colonne con capitelli frammentari, per lo più quattrocenteschi (due recano la data del 1491), ma anche più antichi. La parte più antica è quella con l’altare che contiene i corpi dei Santi martiri Crisanto e Daria. Il restauro generale avvenne nel 1923. Durante i lavori fu trovato un ragguardevole frammento di pavimento romano (mosaico del III-IV sec. a C.) che dal piano della cripta conduce attraverso una scaletta, in un vano sotterraneo. Nel mosaico sono riconoscibili figure geometriche ed animali tra cui il cervo alla fonte. La cripta è formata da tre cappelle: al centro quella col sepolcro dei martiri Crisanto e Daria, a destra quella dedicata ai caduti in guerra, decorata nel 1923 da A. Govi, sotto questa cappella una scaletta porta alle tombe dei Vescovi, nella parte sinistra, un bassorilievo mostra due Re

Magi (XIII sec.), questa lastra fu utilizzata come pietra tombale del Vescovo Enrico Casalorci che vi è raffigurato sul retro.

A nostro parere il Duomo, a seguito del recente restauro, è meno bello di un tempo, perché le vecchie panche di legno erano meno anonime e davano più il senso di Chiesa rispetto alle attuali sedie di plastica e l’altare moderno stona con lo stile romanico della struttura.

di Marco Cavazzoli, Emilio Serdini e Matteo Serri

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LA STORIA DEL CAVALLO

La storia del cavallo inizia circa 60 milioni di anni fa. Il cavallo, all’inizio un piccolo mammifero, si trasformò nell’animale attuale 59 milioni di anni più tardi. Per un milione di anni i branchi di cavalli furono una fonte di cibo per l’uomo. Poi, nelle steppe eurasiatiche 5-6000 anni fa, alcuni nomadi cominciarono a dedicarsi all’addomesticamento del cavallo, determinandone una rapida evoluzione.

I PRIMI IMPIEGHI

L’addomesticamento del cavallo ebbe conseguenze rilevanti sulla vita dell’uomo. Lo sfruttamento della forza del cavallo eliminò molto del lavoro manuale necessario per spostare le persone e i loro beni e permise di aumentare l’estensione delle zone di pascolo. L’allevamento forniva anche beni di prima necessità (latte, carne, pelle e letame da bruciare

sul fuoco) e contribuì allo sviluppo di civiltà che a lungo esercitarono il loro influsso nella storia.

L’età di un cavallo. Un cavallo può vivere fino a 30 anni circa. Fino ai 4 anni è un puledro, dopo viene considerato adulto. Fino a 10 anni l’età di un cavallo si può capire guardando i suoi denti: i cavalli più vecchi hanno i denti più lunghi. L’altezza di un cavallo si misura dal garrese (parte alta delle spalle) a terra, escludendo i ferri.

Pony o cavallo, qual è la differenza? Cavalli e pony appartengono alla stessa famiglia, quindi possono essere definiti entrambi cavalli. La differenza sta nell’altezza: un pony adulto misura circa 140 cm, un cavallo adulto è più alto. Uno dei cavalli più grandi è il Belga da tiro, alto oltre 190 cm, il pony più piccolo è la Falabella, alto appena 79 cm!

L’andatura è il modo in cui il cavallo si muove. Le andature sono: passo, trotto e galoppo.

Le razze. i cavalli vengono suddivisi in gruppi in base al loro aspetto e ai loro genitori. Un purosangue è un cavallo che ha come antenati esclusivamente cavalli della stessa razza. Ci sono più di 200 razze di cavalli e pony in tutto il modo, le più frequenti sono: grigio (pelo bianco e nero su pelle nera), palomino (manto dorato, con criniera e coda bianco-biondo), baio (il manto varia dal marrone rossiccio al marrone scuro, con coda e criniera più scure), nero (completamente nero, su manto, zampe, criniera e coda), sauro (manto dorato e rossiccio, la criniera e la coda sono più chiare o scure), crema (questo colore è molto raro ed è sempre associato agli occhi blu), pezzato (manto a macchie).

Le marcature. Le macchie bianche sulla testa, sul corpo o sulle zampe del cavallo sono dette “marcature”. Ne esistono vari tipi: mascherina (un ampio segno bianco lungo il muso), stella (un segno bianco sulla fronte), lista (un segno bianco stretto lungo il muso), balzana (il

bianco copre la zampa, dalla corona al ginocchio o garretto), faccia bianca (il bianco copre gli occhi, la fronte e il naso), taglio (una piccola zona bianca vicino alle narici), calzata (il bianco copre il nodello a partire dallo stinco).

A cura di Irene Sezzi

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La Salsa

Definire con certezza le origini della

“salsa” è un’impresa ardua. Per comprendere con sufficiente precisione il periodo storico in cui si sono poste le

condizioni per la sua nascita, dobbiamo risalire all’immigrazione forzata degli schiavi di colore,

provenienti dal continente africano, ad opera dei primi conquistadores

spagnoli: era il 1595.

Gli schiavi, deportati in gran numero

nell’isola di Cuba, conservavano le loro tradizioni, le quali presto si fusero con quelle degli spagnoli, dando anche vita

ad alcune importanti forme di espressione musicale quali lo “zapateo

cubano” ed il papalote.

L’evoluzione continua delle forme di

espressione proseguì ininterrottamente fino ai grandi cambiamenti sociali e politici introdotti dalla Rivoluzione

degli anni ’50.

In quel periodo a Cuba si ballava prevalentemente il ballo che è considerato il vero antenato moderno

della Salsa: il “SON”.

Il Son possedeva già le caratteristiche

tipiche del ballo moderno in cui l’uomo e la donna, all’interno della coppia,

esprimono complicità e comunicazione con continue allusioni di natura sensuale.

L’attuale Salsa è il frutto della fusione del Son con alcuni ritmi afro-cubani

quali la Rumba e la Conga con balli popolari quali il Bolero ed il Cha Cha

Cha.

La successiva trasformazione si

concretizzò quando la Salsa si diffuse

nel continente americano e subì

l’influenza del Jazz e Rytm and Blues.

Ben presto la Salsa divenne il

patrimonio di tutte le comunità latine che con orgoglio furono determinanti nel garantirne la diffusione

internazionale.

Il successo commerciale avvenne

all’inizio degli anni ’70.

La Salsa è una danza che si balla in coppia e su una musica omonima costituita da otto tempi (passi), sei

battuti e due in pausa. L’uomo inizia sempre con il piede sinistro avanti, mentre la donna arretra con il destro.

La danza si svolge con il maschio che comanda i movimenti alla compagna,

che li esegue sotto sua sollecitazione: i due compongono, così, vari passi o figure che prendono nomi diversi a

seconda dei movimenti eseguiti (sombrero, angelo intero, cambio di

posto,…). Esistono passi da eseguire singolarmente detti “passitos”. La danza termina con il finire della

musica.

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Crostatine con crema e fragoline.

Ingredienti.

250 g di pasta frolla 20 g di burro 2o g di farina

Per la crema: 80 g di zucchero 2,5 dl di latte 20 g farina 3 tuorli 1/2 limone

1/2 bustina di vanillina. Per guarnire: 300 g di fragoline di bosco 2 cucchiai di gelatina di

albicocche. Preparazione: stendete la pasta e

foderate 8 stampi per crostatine, imburrati e infarinati. Bucherellate il fondo, rivestitelo con un foglio di

alluminio e uno strato di riso, quindi cuocetele per 15 minuti nel forno già caldo a 170°C e lasciatele raffreddare.

Preparate la crema sbattendo i tuorli con lo zucchero, unite la farina, la

vanillina e il latte bollito con la scorza grattugiata di limone e fate cuocere per circa 8 minuti. Distribuite la crema

sulle crostatine e guarnite con le fragoline di bosco.

Spennellate il tutto con la gelatina di albicocca.

Clafoutis. Ingredienti.

500 g di ciliegie mature

80 g di burro 150 g di zucchero 4 uova

70 g di fecola 1 bustina di vanillina

50 g di brandy Preparazione:denocciolate le ciliegie e lasciatene una decina con il gambo.

Lavorate il burro con lo zucchero fino a ottenere una crema omogenea,unite 3 uova e 1 tuorlo e mescolate.

Aggiungete la fecola e il liquore a filo.

Distribuite le ciliegie denocciolate sul fondo della pirofila e ricopritele con il

composto. Sulla superficie disponete le ciliegie con il gambo e infornate per 25 minuti a 180 °C.Lasciate intiepidire e

cospargere con lo zucchero. Per accompagnare questi dolci,ottimi per una merenda estiva vi consiglio il

Banana Berry Blush. Ingredienti:1 banana a pezzetti,170 g

di fragole,120 g di yogurt cremoso,100 ml di latte,cubetti di ghiaccio e fettine di fragole per decorare.

Frullare la banana,le fragole,lo yogurt e il latte fino a ottenere una bevanda

omogenea. Versare nel bicchiere col ghiaccio e decorare con le fettine di fragola.

di Silvio Calò