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SALA VERDI DEL CONSERVATORIO Sir András Schiff pianoforte Ciclo Bach, Bartók, Janác ˇ ek, Schumann - II Bach - Invenzioni a tre voci BWV 787-791 Bartók - Suite op. 14 BB 70 Sz 62 Bach - Invenzioni a tre voci BWV 792-796 Bartók - All’aria aperta Sz 81 BB 89 nn. 1-3 Bach - Invenzioni a tre voci BWV 797-801 Bartók - All’aria aperta Sz 81 BB 89 nn. 4-5 Janác ˇek - Sonata 1.X.1905 Schumann - Sonata n. 1 in fa diesis minore op. 11 13 Martedì 14 febbraio 2017, ore 20.30

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Sala Verdi del ConSerVatorio

Sir András Schiffpianoforte

Ciclo Bach, Bartók, Janácek, Schumann - IIBach - Invenzioni a tre voci BWV 787-791Bartók - Suite op. 14 BB 70 Sz 62Bach - Invenzioni a tre voci BWV 792-796Bartók - All’aria aperta Sz 81 BB 89 nn. 1-3Bach - Invenzioni a tre voci BWV 797-801Bartók - All’aria aperta Sz 81 BB 89 nn. 4-5

Janácek - Sonata 1.X.1905Schumann - Sonata n. 1 in fa diesis minore op. 11

13Martedì 14 febbraio 2017, ore 20.30

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Di turnoFrancesca Moncada traxler antonio Magnocavallo

Direttore artisticoPaolo arcà

Con il contributo e il patrocinio di

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Johann Sebastian Bach(eisenach 1685 - lipsia 1750)

Sinfonie a tre voci (1720-23) (ca. 10’)1. do maggiore BWV 787 2. do minore BWV 788 3. re maggiore BWV 789 4. re minore BWV 790 5. mi bemolle maggiore BWV 791

Béla Bartók(nagyszentmiklós 1881 - new York 1945)

Suite op. 14 BB 70 Sz 62 (1916) (ca. 10’)I. Allegretto II. Scherzo III. Allegro molto IV. Sostenuto

Johann Sebastian Bach

Sinfonie a tre voci (ca. 10’)6. mi maggiore BWV 792 7. mi minore BWV 793 8. fa maggiore BWV 794 9. fa minore BWV 795 10. sol maggiore BWV 796

Béla Bartók

all’aria aperta [Szabadban] BB 89 Sz 81 (1926) (ca. 9’)I. Sippal, dobbal (Con pifferi e tamburi) II. Barcarola III. Musettes

Johann Sebastian Bach

Sinfonie a tre voci (ca. 10’)11. sol minore BWV 797 12. la maggiore BWV 798 13. la minore BWV 799 14. si bemolle maggiore BWV 800 15. si minore BWV 801

Béla Bartók

all’aria aperta (ca. 6’)IV. Az éjszaka zanéje (Musica notturna) V. Hajsza (Caccia)

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L’idea di accostare la musica di Bach a una serie di lavori per pianoforte di Bartók nasce da un’affinità tra i due autori, oltre che dalla peculiare storia in-terpretativa di András Schiff. In primo luogo è necessario sottolineare come entrambi, Bach e Bartók, siano stati anche dei grandi esecutori e abbiano man-tenuto fino all’ultimo un rapporto pratico con la musica. Nel programma prece-dente avevamo visto come le Invenzioni a due voci appartenessero al novero delle musiche scritte a fini didattici. Bach profuse la parte migliore della sua fantasia pedagogica per il primogenito Wilhelm Friedrich, destinato a seguire la carriera musicale del padre. A beneficio dell’educazione musicale del figlio preparò il Clavierbüchlein, alla lettera “libretto per la tastiera”, un lavoro nel quale sono raccolte alcune delle musiche divenute nei secoli successivi il pilastro dell’educazione musicale, come il Libro I del Clavicembalo ben temperato, le 15 Invenzioni a due voci e le 15 Sinfonie a tre voci. Il manoscritto più antico, oggi conservato nella biblioteca della Yale University, reca la data del 1720. Il carattere pedagogico della raccolta viene dichiarato in maniera esplicita nella prefazione di una successiva copia autografa, che recita: “un metodo chiaro per arrivare a suonare propriamente a due voci, poi, dopo aver progredito, a esegui-re correttamente tre parti obbligate...”. Invenzioni e Sinfonie sono incatenate assieme, nel senso che si susseguono una accanto all’altra procedendo per i toni della scala. Bach alterna tonalità maggiori e minori, evitando tuttavia quelle più difficili e meno usate nel temperamento equabile. La scrittura sfrutta con ma-gistrale abilità tutte le tecniche del linguaggio contrappuntistico, come la fuga, il canone, l’imitazione. In maniera simile alle Invenzioni a due voci, anche nelle Sinfonie a tre il principio monotematico regna su tutta la raccolta. Qui tuttavia il carattere contrappuntistico della scrittura si fonde con lo stile moderno della sonata a tre italiana. La voce più grave infatti imita spesso le caratteristiche del basso continuo, sostenendo il dialogo e le melodie delle due voci superiori. Tutto questo avviene naturalmente all’interno di un ampio spettro di forme espressi-ve. Il contrasto forse più marcato emerge dal confronto tra la V Sinfonia in mi bemolle, con la sua eleganza rococò e la natura fondamentalmente omofonica, e la IX Sinfonia in fa minore, una cupa e meditabonda tripla fuga farcita di dissonanze, appoggiature sospiranti, cromatismi melanconici. Nel complesso le Sinfonie a tre rappresentano alla lettera il passaggio necessario “per coloro desiderosi di apprendere”, come recita la prefazione, verso “uno stile cantabile nel modo di suonare, conquistando nel frattempo un forte gusto della composi-zione”. Con le Sinfonie a tre, dunque, Bach accompagnava il suo allievo ideale, ovvero il figlio Wilhelm Friedrich, sulla soglia del Clavicembalo ben temperato, cosa che forse ha messo un po’ in ombra questo ciclo di lavori come autonoma espressione di linguaggio artistico.

Un aspetto ancora poco conosciuto forse della personalità di Bartók è il suo interesse per la musica cembalistica del primo Settecento. La riscoperta della letteratura musicale preclassica, in polemica con il gusto romantico ottocentesco,

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accomuna la maggior parte dei compositori di tendenze moderniste del primo Novecento, specie quelli come Bartók e Alfredo Casella, per esempio, che van-tavano anche una fiorente carriera come interpreti. L’interesse di Bartók per le tastiere antiche, alimentato inoltre dall’attività didattica, trova un riscontro per esempio nelle raccolte di Scarlatti, Couperin e Rameau pubblicate a Budapest nei primi anni Venti con la sua curatela, per tacere delle trascrizioni per piano-forte di musiche italiane del XVII e XVIII secolo pubblicate a New York nel 1930. La venerazione per Bach risale addirittura al 1907/08, quando pubblica una revisione del Wohltemperiertes Klavier. Il modello della Suite op. 14 va cercato dunque in questo legame con le forme strumentali del Barocco, anche se nel caso specifico del tutto svincolato da un ideale di stampo neoclassico. Bartók infatti riprende con la Suite op. 14 la ricerca di un’originale scrittura pianistica anticlassica e antigraziosa imboccata verso la fine del decennio precedente con l’“Allegro barbaro”. Lo schema della danza, fondamento dell’idea stessa di suite, rimane sullo sfondo, trasfigurata in una visione del tutto personale. I quattro elementi della Suite infatti non hanno alcun riferimento a una forma specifica di danza, ma risentono piuttosto di una serie di influssi provenienti dalle molteplici tradizioni di musica rurale esplorate da Bartók in quegli anni. Il lavoro nasce nel 1916, nel clima incandescente dei sentimenti nazionalisti destati dal fanatismo della Guerra. Minoranze di lingua rumena in territorio austro-ungarico e vice-versa, enclave ungheresi in Romania, pullulavano lungo tutta l’incerta frontie-ra dei Balcani, un limen reso ancora più precario e culturalmente interessante dalle popolazioni di origine slava ed ebraica. Bartók tratteggia nel movimento iniziale, “Allegretto”, il profilo melodico e ritmico di una tipica danza rumena, proprio nell’anno in cui la Romania dichiara guerra all’Impero austro-ungari-co. Il secondo movimento s’intitola invece “Scherzo”, ignorando scientemente dunque la forma di danza. Il gesto reca alla memoria l’esempio di Beethoven, ma voltato in un linguaggio armonico spudorato e moderno. Intervalli disso-nanti e accordi su tonalità decentrate forniscono la base del colore acidulo del pianoforte. Anche il movimento successivo, “Allegro molto”, mette in evidenza un linguaggio armonico molto avanzato, quasi ai limiti della tonalità. In realtà Bartók non scrive musica tonale, in senso scolastico, ma neppure completamen-te priva di un centro di gravità armonico, come ormai fanno i musicisti viennesi della cerchia di Schönberg. La contraddizione viene risolta grazie alle struttu-re armoniche e melodiche della musica etnica, che fornisce all’autore soluzioni alternative. Qui per esempio il materiale di base proviene dalla musica araba, che Bartók aveva studiato nel 1913 grazie a una spedizione di ricerca nell’area di Biskra, in Algeria. I cromatismi e le armonie di sapore modale sono le spezie di questo rapinoso moto perpetuo, che tira il fiato solo al centro con una serie di accordi minori sospesi in un vacuum armonico astratto. L’ultimo movimento, “Sostenuto”, è l’unico a mettere in luce un carattere lirico, che forse potrebbe ricordare da lontano il profilo di una danza lenta. Il lavoro si chiude in maniera emblematica su una figura espressiva formata da un accordo di quarta, l’inter-vallo che contrasta dalle fondamenta l’edificio tonale.

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L’ultima fiammata creativa del pianoforte di Bartók risale alla metà degli anni Venti, quando nel giro di pochi mesi vedono la luce la Sonata, i 9 Piccoli pezzi, i primi libri di Mikrokosmos e soprattutto una nuova suite intitolata Szabadban, All’aria aperta. Il riferimento alla natura e al senso di libertà implicito nel ti-tolo sono forse da interpretare in senso più allegorico che descrittivo, anche se i singoli episodi suggeriscono delle immagini assolutamente pertinenti. È so-prattutto lo stile della scrittura pianistica a reclamare il diritto di proclamarsi libero e svincolato da qualsiasi modello precedente. Bartók infatti conia un lin-guaggio assolutamente moderno per il pianoforte, ma senza perdere mai di vista le specifiche caratteristiche dello strumento, che mantiene la propria identità in ogni fibra del suono. Dal punto di vista formale l’autore non cerca soluzioni nuove. La Suite si compone di cinque movimenti di carattere contrastante e di forma ternaria, organizzata attorno a centri tonali abbastanza chiari. La natura descrittiva del primo movimento, “Con pifferi e tamburi”, risulta evidente, con i sordi colpi martellati su accordi di seconde minori e altri intervalli dissonanti. I pifferi invece sono rappresentati dalle melodie a ottave della mano destra, modellate sulla falsariga di scale della musica popolare. L’armonia ruota attorno alla contrapposizione dei centri tonali di mi maggiore e la maggiore, un rap-porto di quinta che governa un po’ l’intera raccolta. Il legame con la musica popolare tuttavia è filtrato attraverso un linguaggio colto e raffinato. Il secondo movimento, “Barcarola”, s’inserisce in un’alta tradizione pianistica alimentata da musicisti come Mendelssohn, Chopin, Fauré. Il moto ondeggiante della mano sinistra non è confinato in un disegno regolare, ma oscilla continuamente tra metri cangianti, provocando un senso di precarietà e di attesa. L’insicurezza del ritmo trova un riscontro nell’ambiguità del canto, che lascia dietro di sé un eco di dissonanza grazie a un semitono pizzicato come una corda di chitarra. Infine questa misteriosa “Barcarola” oscilla anche nella dimensione armonica, costan-temente incerta tra re maggiore e minore.La musette è uno strumento di origine popolare, equivalente alla nostra zampo-gna. Nel Settecento ha dato origine anche a una forma di danza, sfruttata per esempio da Bach nelle Suites inglesi. Bartók ne cattura il carattere ritmico e il suono ruvido, per forgiare una scrittura pianistica aspra e disadorna. Nella rustica melodia saltellante si riconosce la scala per toni interi, che rappresenta il debito di Bartók nei confronti di Debussy. La “Musette” è un movimento volto a catturare un carattere, più che a sviluppare un materiale musicale. Il cuore poetico della raccolta è la “Musica notturna”, l’unico movimento a re-care una dedica, alla seconda moglie Ditta Pásztory, sposata nel 1923. La sensi-bilità di Bartók per i suoni della natura si riflette in ogni nota di questa pagina straordinaria, che mette in luce un nuovo tipo di espressione musicale. I fremiti e le risonanze misteriose della notte trovano per la prima volta un idioma com-piuto, che Bartók in seguito riprende in altri lavori come la Musica per archi, percussioni e celesta, il Quarto e Quinto Quartetto, il Terzo Concerto per pia-noforte. Uno dei vocaboli di questo nuovo linguaggio notturno sono per esempio

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i grappoli di note suonati in accordi in pianissimo all’inizio, preceduti da una specie di soffio di suono prodotto dallo sfioramento di un gruppetto. Il senso di attesa e di allerta delle creature della notte si manifesta anche nell’immobilità carica di tensione della musica, che ruota attorno alle note quasi senza muo-versi. La scrittura è disposta su tre sistemi, i due principali mantengono come sottofondo il suono immobile della natura, mentre il terzo si riempie di echi e fremiti sconosciuti, come una minacciosa realtà che cinge la notte. Una melodia di carattere popolare, ma intonata a ottave su uno spazio sonoro vastissimo, in-troduce l’episodio centrale, arricchito di un’altra melodia, più piccante, nel modo dorico, che reca con sé, con la tonalità di sol diesis minore, il segno allogeno della cultura nel regno misterioso del mondo naturale. La Suite si conclude con la “Caccia”, altro movimento di carattere descrittivo. Il pianoforte viene travolto da un’onda di energia irresistibile, che si manifesta dalla prima all’ultima nota senza un attimo di pausa. Ogni sezione incrementa il livello dinamico della potenza, fondata su un rapinoso ostinato della mano si-nistra. L’interprete è costretto a saltare da un capo all’altro della tastiera con la mano destra, spinta inoltre a prendere intervalli quasi impossibili, il tutto nella più assoluta indipendenza ritmica delle due mani. Un vero tour de force virtuo-sistico per chiudere uno dei cicli più sconvolgenti e innovativi del pianoforte del Novecento.

Leoš Janácek(Hukvaldy 1854 - ostrava 1928)

Sonata 1.X.1905 (1905-1924) (ca. 15’)I. Presentimento. Con moto II. Morte. Adagio

L’intima comunione di Janácek con l’ethos del popolo si riflette nella sua appas-sionata partecipazione alle turbolente vicende politiche dei primi anni del No-vecento. L’Impero austro-ungarico era scosso a cavallo del secolo da contrasti sempre più aspri e divisivi tra le varie componenti etniche della popolazione. A Brno, come a Praga, la tensione tra la maggioranza di lingua ceca e la minoran-za di lingua tedesca, minoritaria dal punto di vista demografico ma dominan-te da quello economico e sociale, tendeva a crescere in maniera preoccupante. Inoltre la presenza di altre minoranze etniche, in particolare la nutrita comunità ebraica di lingua tedesca, che formava la spina dorsale del ceto intellettuale cittadino, rendeva la miscela politica ancora più esplosiva. La tensione finì per sfociare in aperta violenza nell’ottobre del 1905, quando due manifestazioni di segno opposto vennero indette a Brno da cechi e tedeschi, prendendo a pretesto la ventilata apertura di una Università di lingua ceca. Alla fine di due giorni di scontri tra le varie fazioni e l’esercito, accusato dalla parte ceca di essere schie-

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rato a favore dei tedeschi, rimase per terra un giovane operaio, infilzato dalla baionetta di un soldato sui gradini della Besední Dum, la Casa della Cultura, il cuore della vita culturale della comunità ceca. Janácek, convinto slavofilo, non solo fu testimone degli avvenimenti, ma partecipò attivamente agli scontri, ar-mato coraggiosamente della sua canna da passeggio. I fatti di ottobre lasciarono in lui una profonda impressione, che si tradusse nei giorni seguenti in un lavoro per pianoforte dedicato al martire di quella giornata, František Pavlík. Non è una Sonata, come spesso viene definita, ma un lavoro formato da due episodi collegati tra di loro da rapporti tonali e da motivi tematici. In origine il lavoro si concludeva con un terzo episodio, che però venne eliminato subito dopo la prima esecuzione, il 27 gennaio 1906. Janácek decise non solo di sopprimere, ma anche di distruggere il manoscritto dell’ultimo episodio. Il resto del lavoro finì comun-que nella Moldava poco tempo dopo. Per fortuna la prima interprete, Ludmila Tuckova, aveva copiato di nascosto il lavoro e solo a distanza di vent’anni trovò il coraggio di confessare il segreto a Janácek, che alla fine diede anche il con-senso alla pubblicazione. Il primo movimento, in sol bemolle maggiore, s’intitola “Presentimento” e si sviluppa su una melodia di stampo popolare. Il carattere ceco della musica viene rafforzato da un’armonia di natura modale e arcaica, che lascia il posto nei momenti di maggiore accensione a progressioni tonali più moderne e tradizionali. Il secondo episodio, “Morte”, nella tonalità di mi bemolle minore, esprime in maniera drammatica il lacerante dolore provocato dalla perdita di una persona cara, un’esperienza ancora molto fresca nell’animo di Janácek dopo la scomparsa della figlia Olga nel 1903.

Robert Schumann (Zwickau 1810 - endenich 1856)

Sonata n. 1 in fa diesis minore op. 11 (1832-1835) (ca. 29’)I. Introduzione: Un poco Adagio - Allegro vivace II. Aria III. Scherzo: Allegris-simo - Intermezzo: Lento IV. Finale: Allegro, un poco maestoso

Primavera del 1835. Nel volgere di alcuni mesi la vita di Schumann viene com-pletamente stravolta dallo sbocciare dell’amore per Clara Wieck, figlia del suo maestro. Clara ha soltanto 15 anni, ma non è più la bambina che Robert ha conosciuto entrando a casa di Wieck come allievo nel 1828. Per i suoi 25 anni, l’8 giugno, Clara regala a Robert una catena per l’orologio, un dono chiaramente simbolico di un affetto che sta nascendo. A novembre si scambiano il primo bacio e l’infatuazione per Ernestine Fricken, che aveva ispirato a Schumann il ciclo di Carnaval, si dissolve come neve al sole. Il primo frutto artistico di questa relazione, comprensibilmente osteggiata dal padre di Clara, è la Sonata in fa

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diesis minore op. 11, “dedicata a Clara da Florestano ed Eusebio”. Il lavoro viene terminato in agosto, ma era in gestazione fin dal 1832. Un eco dei dialoghi amorosi di quell’estate tuttavia risuona chiaramente nell’“Allegro vivace” ini-ziale. L’idea tambureggiante della mano sinistra e il ritmo dattilo caratteristico del tema principale vengono infatti da una delle Pièces caractéristiques op. 5 della giovane pianista, Le ballet des Revenants. La prima Sonata di Schumann suggella dunque con qualche mese d’anticipo quella Vereinigung mit Clara, l’u-nione con Clara, dichiarata alla fine di quell’anno fatale in un’annotazione del viaggio viennese. Dopo un lungo tirocinio compositivo, Schumann si sente pron-to ad affrontare i generi maggiori come la sonata, ma, come dice il sottotitolo, con l’aiuto dei suoi alter ego letterari, Florestano e Eusebio. Il carattere esu-berante di Florestano sembra prevalere, soprattutto nelle parti in cui prevale il virtuosismo trascendentale alla Paganini, una delle maschere di Florestano nel progettato romanzo Die Wunderkinder. Il furore agonistico della coda del “Finale”, per esempio, non sfigurerebbe nella scrittura di un Concerto. Sotto il segno di Eusebio invece rimane il lato melanconico della Sonata, incarnato soprattutto dal secondo movimento, “Aria”. Anche qui tuttavia si manifesta lo spirito utopistico di Schumann, che anela sempre a gettare il cuore oltre l’osta-colo e nel caso particolare oltre i confini del suono pianistico. L’“Aria” guarda chiaramente al mondo dell’opera, così come lo “Scherzo” suggerisce al pianofor-te addirittura i colori dell’orchestra. In calce al lungo recitativo che fa da ponte tra l’“Intermezzo” e il tronco principale, infatti, compare l’indicazione “quasi oboe”, segno che nella fantasia di Schumann il suono del pianoforte comincia già a sognare nuovi orizzonti.

Oreste Bossini

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András Schiff: «Nel mio pianoforte dialogano le culture d’Europa»

Pubblichiamo per gentile concessione di Avvenire l’intervista di Alessandro Beltrami al grande pianista, apparsa sabato 4 febbraio 2017 sulle pagine cul-turali del quotidiano e sul sito www.avvenire.it

Si direbbe che per András Schiff suonare sia davvero come giocare. Basterebbe il sorriso con cui siede alla tastiera per capire il gusto che prova. Sorriso e gusto che si riflettono nella natura apollinea del suono e del fraseggio. Ma quando vedi un ciclo – portato nelle maggiori sale da concerto di tutto il mondo, e in Italia a Milano per la Società del Quartetto – dedicato a “Bach, Bartók, Janácek, Schu-mann”, capisci che il pianista ungherese (naturalizzato britannico e da anni di casa tra le colline fiorentine), ami anche gli imprevisti che solo i giochi di specchi sanno regalare. “Ho fatto tanti cicli monografici – racconta –. Ho pensato, inve-ce, di cercare una via diversa, per combinazioni di autori. Questi quattro sono lontani, è vero, ma anche sorprendentemente vicini. Ho pensato i programmi come due dialoghi affiancati: tra Bach e Bartók, tra Janácek e Schumann”.

La scelta della prima parte dei programmi del ciclo cade spesso su brani, rari in concerto, dedicati all’infanzia o pensati per l’apprendimento alla tastiera, come gli album di Bartók e le Invenzioni di Bach.“Bartók ha studiato molto Bach, ed entrambi hanno posto attenzione all’educa-zione musicale dei bambini. Tanti nel pubblico hanno studiato pianoforte, e qua-si tutti sono passati per le Invenzioni di Bach, senza pensare mai che potessero essere grande musica. Una Invenzione è una composizione perfetta in due sole pagine. Bach qui usa anche le scale modali, come fa Bartók, duecento anni dopo, che per i bambini scrive una raccolta di canti popolari. Un patrimonio raffinato creato da gente semplice, e sembra un miracolo che queste canzoni bellissime impieghino le stesse scale modali usate da Bach”.

Che rapporto ha Bach con il mondo della musica popolare?“Grande, ma in quei tempi la società era molto diversa. Ancora al tempo di Bartók era una rivoluzione: l’aristocrazia e la borghesia non avevano simpatia o interesse per questi “barbari”. Ma Bach usa canzoni popolari, pensiamo all’ulti-ma variazione delle Goldberg, proprio come elabora i corali: che sono musica del popolo! Quando si fa una Passione di Bach in un piccolo centro nella Germania protestante, al momento dei corali il pubblico comincia a cantare. Perché tutti conoscono la melodia. E questa è cultura”.

Ha detto più volte che per lei Bach è il più grande. Perché?

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“Per me è fuoriclasse per complessità, forza dell’intelletto e dell’emozione. Ed è anche il più simpatico… Non conosciamo bene Bach come Mozart o Beethoven. Ma con loro si avverte l’inizio di un egocentrismo dell’artista assente in Bach. In lui c’è modestia, sebbene fosse conscio del suo valore. Ma ha scritto come un servo di Dio, per la comunità. Ogni domenica una cantata ad maiorem Dei gloriam, non per la propria immortalità. Invece già per Mozart quest’ultima si avverte importante. In Bach la musica sacra e quella secolare convergono. Si prenda tra le Invenzioni a tre voci quella in fa minore. Modernissima e com-plessa. Dura due minuti. E in due minuti c’è tutta la profondità della Passione secondo Matteo”.

Quando ha “riscoperto” le Invenzioni?“Quelle a tre voci le ho studiate con Kurtág. Una esperienza capitale, perché è un grandissimo compositore, e i compositori sono i migliori perché vedono la struttura che sfugge agli interpreti. Questi cercano altre soluzioni, belle e importanti, ma il compositore coglie l’essenziale. Avevo 14 anni, e per me è stata l’apertura di un nuovo mondo. Kurtág poteva lavorare su una sola Invenzione per tre, quattro ore. Senza esaurirla. Perché ogni nota, ogni armonia, ogni voce erano una miniera da esplorare”.

Che rapporto ha con la musica contemporanea?“Non spesso, ma la suono. Kurtág è un compositore che suono con piacere. E poi Holliger, ad esempio. Ma sono pochi gli autori che mi piacciono davvero. Cerco, sono aperto, aspetto con interesse e pazienza i nuovi giganti”.

Arriveranno?“Speriamo, ma è un tempo difficile per la musica. Come per tutte le arti, ci sono periodi attivi e poi fasi di stanca. Forse mi sbaglio, ma se lei mi chiede quali siano i capolavori della musica dopo la seconda guerra mondiale, ci sono certo, ma non è una lista lunga. Molto meno lunga di quella dei capolavori della prima metà del Novecento…”

Lei ascolta musica che non sia classica?“Jazz, ad esempio. E musica etnografica. Ma musica pop no, e quando mi capita di ascoltarla non mi piace. Ho come una sorta di intolleranza… Mi disturba il volume, sempre tutto forte. Mancano le nuance. In un pezzo pop manca la dina-mica, è sempre tutto pieno, come una sorta di horror vacui. Manca il silenzio”.

Le musiche di Janácek e di Bartók nascono in contesti culturali nazionali-sti, lo spirito tedesco anima quella di Schumann come ne è un pilastro fon-dativo quella di Bach. In questo ciclo c’è anche una dimensione “politica”?

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“Bartók e Janácek sono uno ungherese e l’altro moravo: ma entrambi erano nati e in parte vissuti sotto Vienna. Tutti parlavano tedesco, e c’era una dominanza della cultura tedesca nella musica. Eppure in loro l’elemento nazionalista è po-sitivo. Oggi invece in Europa a livello politico c’è un nazionalismo gretto. Questo ciclo cerca un dialogo, non una opposizione”.

Lei nel 2011, dopo l’avvento di Orbán, ha deciso di non suonare più in Un-gheria. Cosa significa oggi per lei la parola patria?“La mia patria è l’Europa. E l’Italia è un paradiso. Naturalmente mi manca molto l’Ungheria. L’ho lasciata per la prima volta nel 1979, per crescere mu-sicalmente e umanamente. Dopo 8 anni sono tornato per suonarvi. Ma il 2010 ha coinciso con la morte di mia madre e l’avvento di Orbán, e non ci sono più tornato. Mi disturba profondamente la sua politica. Inoltre in Ungheria oggi si respira un clima di antisemitismo. Che non è ufficiale, ma pervade la società”.

I suoi genitori erano ebrei sopravvissuti alla Shoah.“La mia era una famiglia di ebrei secolarizzati, dopo l’Olocausto i miei genitori si sono detti “la religione non ci aiuta, proviamo ad assimilarci”. Cosa davvero impossibile... Per me un’identità ebraica è cominciata solo dopo aver lasciato l’Ungheria. Ora in Europa essere ebreo non è un problema, mentre durante la gioventù in Ungheria lo è stato. Ad esempio in classe eravamo due bambini ebrei e tutti gli altri cristiani. Eravamo sempre “fuori”, non è stato facile”.

Janácek è un grande autore nel repertorio abituale di pochi. Pigrizia o c’è un effettivo problema culturale?“Janácek conosce l’arte di scrivere una musica che parla. La sua musica è basata sulla prosodia della lingua morava. Un’arte che condivide con Bartók. Abbiamo bellissime incisioni di Bartók che suona i suoi lavori. La sua notazione musicale è molto precisa: l’articolazione, la dinamica, il metronomo. Ma quando suona è molto più libero, segue come metro la propria lingua: molto “parlando”, molto rubato...”.

Anche la musica è “figlia” della lingua materna?“Il linguaggio musicale è universale, ma la lingua materna e le radici sono im-portanti. Certo, per capire o suonare Bartók o Janácek bene non è necessario parlare ungherese o moravo, ma ogni interprete dovrebbe studiare la natura di queste lingue, dagli accenti fino alla poesia. E questo vale con ogni lingua. Mo-zart era un compositore cosmopolita. Nella sua musica riconosciamo il tedesco e l’italiano, soprattutto, ma anche il francese. Bach è molto tedesco. Eppure la retorica della sua musica ha spesso una struttura latina”.

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Lei quante lingue parla?“Nessuna… (ride). Sei o sette. Anche il russo. Ai tempi dell’Unione Sovietica era obbligatorio parlare russo. Quando eravamo bambini era una noia, oggi sono felicissimo. La possibilità di leggere un libro in originale è un regalo. Per me è una fortuna essere ungherese, un piccolo paese la cui lingua è parlata e capita da 10 milioni di persone: per me imparare altre lingue è stata una necessità. Ma è anche un paese in cui la musica folklorica è stata tenuta in grande considerazio-ne. Zoltán Kodály disse che ogni bambino deve cantare canzoni popolari, anche se non ha una bella voce. Cantare in coro a scuola è impegnativo ma è profon-damente educativo. Nel coro non ci può essere egoismo. È una vera squadra, non come nel calcio, che adoro. Ma lì si combatte, bisogna vincere o si perde. Nell’arte non è, o non deve essere così”.

Lei ha fatto parte di giurie di concorsi pianistici?“Una sola volta, e non lo farò mai più. Detesto i concorsi, sono una cosa terribile. La musica non è uno sport. È quasi impossibile giudicare. È facile definire gli elementi sportivi: la velocità, la forza, la perfezione - perché è vietato sbagliare. Ma tutto questo non è arte. Dare invece un giudizio sul musicista dipende dal gusto personale. E perciò credo che i concorsi siano sbagliati. Abbiamo tanti concorsi privi di valore. E migliaia di vincitori di concorsi che non sono interes-santi. E questo il pubblico lo capisce subito”.

Da tempo ha affiancato al pianoforte l’attività di direttore d’orchestra. In che modo il lavoro sul podio ha influito sul suo pianismo?“Quando ho cominciato a dirigere, prima dal pianoforte con i concerti di Bach, poi Mozart e Beethoven, è nata in me una grande curiosità di conoscere da den-tro la musica sinfonica e i capolavori con coro. Dopo aver affrontato le Passio-ni e la Messa in si minore di Bach, quando sono tornato al pianoforte per le Goldberg o il Clavicembalo ben temperato ho capito molto meglio la struttura, l’architettura, l’orizzonte. Perché tutti questi pezzi sono legati. Dirigere mi inte-ressa, ma so perfettamente di non essere un vero direttore. Ma posso lavorare con un’orchestra non è tanto diverso da fare musica da camera, è piuttosto una continuazione. Una prova d’orchestra è come una lezione di musica d’insieme, a partire dall’ascolto. La differenza con un’orchestra è che ci sono più persone. Ma dal punto di vista dell’elemento psicologico tra un direttore e un insegnante c’è molta somiglianza. Un insegnante deve essere un buon musicista e buon dottore. Gli allievi sono come pazienti. Ognuno arriva con problemi fisici e psico-logici. Noi dobbiamo ascoltarli e aiutarli. Non ho mai studiato direzione, ma ho suonato con molti grandi direttori e anche meno grandi, e ho potuto osservarli attentamente. Vede, ho capito che nessuna orchestra ama i direttori che parlano troppo. E molti di loro invece parlano sempre, continuamente…. Quando ascol-

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to un allievo lo lascio suonare un pezzo da cima e fondo, anche se non mi piace: serve a dargli fiducia. Così con l’orchestra quando provo una sinfonia la prima volta la eseguiamo da capo alla fine, per ascoltare come è la qualità, il suono, la personalità dell’orchestra. E poi possiamo parlare un po’. Tanti direttori comin-ciano una sinfonia e si fermano alla prima battuta e poi alla seconda. E poi è tutto finito, perché i musicisti sono irritati dal fatto di non avere la possibilità di continuare. È una frustrazione”.

Cosa comporta lavorare per “cicli”?“Preparare un ciclo è un lavoro impegnativo. Posso studiare una sonata di Beethoven e non finire mai. Ma per capire questa sonata è necessario conoscere le altre trentuno. Sono curioso e voglio capire meglio ogni composizione, tutte le relazioni e gli elementi. Una catena virtualmente infinita, che comprende tutta l’attività di questo compositore, e poi la storia, la letteratura, la filosofia dell’epoca. Con questi programmi voglio presentare al pubblico qualcosa di nuovo, e invito il pubblico a partecipare. Un ciclo non è un concerto normale, un divertimento – certo possiamo divertirci, non è mica un male – ma è un invito a fare un viaggio insieme”.

Quest’ultimo ciclo sembra amare i paradossi, declinando anche un lato iro-nico. Quanto conta l’ironia nella musica classica?“L’ironia è anche humour. È importante, non posso sopravvalutarla. C’è stato un momento in cui il pubblico non ha accettato lo humour nella classica, perché si è pensato che questa dovesse essere una cosa seria, e profonda. Ma c’è un umori-smo profondissimo e delicato. Il più grande maestro dello humour è stato Haydn. E con lui Beethoven, che di Haydn è stato allievo. Il suo è un umorismo sofisti-cato, basato su sorprese musicali: si aspetta una cosa e ne arriva un’altra, come un’armonia o, soprattutto, il silenzio. In Beethoven il trattamento del silenzio è profondamente ironico. Schumann usa spesso parole come “umore” ma è un altro tipo di umorismo, più vicino alla satira come nella poesia di Heine. E poi ci sono compositori che non hanno senso dell’umorismo. Anche grandissimi, come Cho-pin. O Schubert. In lui ci sono tante altre emozioni, ma l’umorismo no”.

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András Schiff pianoforte

Nato a Budapest nel 1953, András Schiff ha iniziato a studiare pianoforte a cinque anni con Elisabeth Vadász. Ha poi proseguito gli studi all’Accademia Liszt con Pál Kadosa, György Kurtág e Ferenc Rados e infine a Londra con George Malcolm. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra i quali la nomina a membro onorario del Beethoven-Haus di Bonn (2006), il Premio Abbiati (2007) e la medaglia della Wigmore Hall di Londra (2008). Nel 2011 ha meritato il Premio “Robert Schumann” e, nel 2012, la medaglia d’oro della Internationale Stiftung Mozarteum e la nomina a membro onorario del Wiener Konzerthaus e membro speciale del Balliol College di Oxford. È stato inoltre insignito della Croce al merito della Repubblica federale tedesca. Nel dicembre 2013 ha ricevuto la medaglia d’oro alla carriera della Royal Philharmonic Society; nel 2014 è stato insignito dalla Regina Elisabetta della onorificenza di KBE (Knight Commander of the Most Excellent Order of the British Empire, Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico) e ha ricevuto la laurea honoris causa dell’Università di Leeds.Ospite delle maggiori orchestre in tutto il mondo e dei maggiori festival, nel 1999 ha fondato una propria orchestra da camera, la “Cappella Andrea Barca” con la quale lavora, come con la Philharmonia Orchestra di Londra e la Chamber Orchestra of Europe, nel duplice ruolo di direttore e solista. Nel 1989 ha fondato il festival “Musiktage Mondsee” e, con Heinz Holliger nel 1995, i “Concerti di Pentecoste” di Ittingen in Svizzera. Dal 1998 anima a Vicenza una serie di concerti “Omaggio a Palladio”. “Artist in residence” per la stagione 2007/08 dei Berliner Philharmoniker, è stato “in residence” presso la nostra Società per l’esecuzione integrale delle Sonate di Beethoven nelle stagioni 2012/13 e 2013/14.Tra le sue incisioni ricordiamo l’integrale dei concerti di Beethoven con la Staatskapelle di Dresda e Bernhard Haitink e quella dei concerti di Bartók con la Budapest Festival Orchestra e Ivan Fisher. Nel 2012 ha meritato l’International Classic Music Award per l’incisione delle Geistervariationen di Schumann.Dal 2006 collabora con la casa editrice Henle al progetto di pubblicazione di tutti i Concerti per pianoforte di Mozart nella versione originale. Nel 2007 ha inoltre pubblicato un’edizione del Clavicembalo ben temperato di Bach.È professore onorario alle Musikhochschulen di Budapest, Detmold e Monaco di Baviera.È stato ospite della nostra Società nel 1988, 1993, 1998, 2000, 2006, 2007, 2008, 2009, due volte nel 2010, nel 2011, nelle stagioni 2012/2013 e 2013/2014 con i sei concerti dell’integrale beethoveniana, nel 2016 in recital e in duo con la violinista Yuuko Shiokawa, e il 10 gennaio scorso per il primo concerto del ciclo.

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ROMANTICISMO!

Informazioni e prenotazioniSocietà del Quartetto di Milanovia Durini 24 - 20122 MilanoTel. [email protected]

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Musica nel tennisVilla Necchi Campigliovia Mozart, 14 - Milano

Quartetto NoûsTiziano Baviera violinoAlberto Franchin violinoSara Dambruoso violaTommaso Tesini violoncello

Dvor�ák - Quartetto n. 10 in mi bemolle maggiore op. 51Mendelssohn - Quartetto n. 6 in fa minore op. 80

Leonardo Colafelice pianoforte

Beethoven - Sonata n. 5 in do minore op. 10 n. 1Schubert - Moments musicaux in do diesis minore op. 94 n. 4 D 780Beethoven - Sonata n. 26 in mi bemollemaggiore op. 81a “Les Adieux”Mendelssohn - Variations sérieuses in re minore op. 54Cajkovskij-Pletnev - Lo Schiaccianoci, Suite

Marco Gialluca violino

Annalisa Orlando pianoforte

Brahms - Scherzo in do minore dalla Sonata F.A.E.Schubert - Sonatina in re maggiore op. 137 n. 1 D 384Schubert - Rondò brillante in si minore op. 70 D 895Brahms - Sonata n. 3 in re minore op. 108

Trio MetamorphosiMauro Loguercio violinoFrancesco Pepicelli violoncelloAngelo Pepicelli pianoforte

Martucci - Trio n. 1 in do maggiore op. 59Schumann - Trio n. 1 in re minore op. 63

Sabato 18 febbraio 2017 ore 17.30

Alessandro Taverna pianoforte

Chopin - Scherzo n. 1 in si minore op. 20- Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31- Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39- Scherzo n. 4 in mi maggiore op. 54- Sonata n. 3 in si minore op. 58

Quartetto GuadagniniFabrizio Zoffoli violinoGiacomo Coletti violinoMatteo Rocchi violaAlessandra Cefaliello violoncello

Carpi - Due movimenti per quartetto d’archiDvorák - Quartetto n. 12 in fa maggioreop. 96 “Americano”Brahms - Quartetto n. 1 in do minore op. 51 n. 1

Sabato 25 marzo 2017 ore 17.30

Sabato 28 gennaio 2017 ore 17.30 Sabato 11 febbraio 2017 ore 17.30

Sabato 11 marzo 2017 ore 17.30

Sabato 4 febbraio 2017 ore 17.30

Biglietti

Interi: € 10Ridotti: € 5, riservati a chi è Socio o della Società del Quartetto o dei FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti.Gratuiti: riservati a chi è Socio sia della Società del Quartetto,sia del FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti.

Il biglietto dà diritto di visitare la Villa il giorno del concerto o in altra data entro il 31 marzo 2017 con prenotazioneobbligatoria al n. 02 76340121 (da m ercoledì a venerdì).

2017

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In collaborazione con

Premio Sergio Dragoni a Casa VerdiQuasi un talent show musicaleI giovani vincitori del Premio del Conservatorio di Milano 2016 in competizioneLa giuria del concorso è formata dai musicisti Ospiti di Casa Verdi

9 febbraio 2017

Francesco Granatapianoforte

Mozart - Sonata in si bemollemaggiore K 333Beethoven - Sonata n. 31 inla bemolle maggiore op. 110Schubert - WandererFantasie in do maggioreop. 15 D 760

16 febbraio 2017

Valentina Vaninimezzosoprano

Giuseppina Conipianoforte

Arie di Quilter, Castelnuovo-Tedesco, Tosti, de Falla, Berio

2 marzo 2017

Chiara Borgheseviolino

Yoko Kimurapianoforte

Elgar - Sonata in mi minoreper violino e pianoforte op. 82Wieniawski - Capricci op. 18n. 3 e 4 per violino soloPaganini - Capriccioin si bemolle maggiore op. 1n. 13 per violino soloSarasate - Zigeunerweisenper violino e pianoforte op. 20

9 marzo 2017

Danilo Mascettipianoforte

Beethoven - Sonatain la maggiore op. 2 n. 2Schubert/Liszt - Gretchenam Spinnrade, Barcarolle,ErlkönigRavel - Miroirs

16 marzo 2017

Ilaria Ronchiflauto

Damiano Afrifapianoforte

Schubert - Introduzionee Variazioni sul Lied “TrockneBlumen” D 802Reinecke - Sonata per flautoe pianoforte “Undine”op. 167Casella - Sicilienneet Burlesque per flautoe pianoforteMartin - Ballade

23 marzo 2017

Francesca Mariniarpa

Tournier - Sonatinepour Harpe op. 30de Falla - Danza spagnolan. 1 dall’opera La Vida brevePatterson - The Red-backedSpider- The Black WidowChertok - Around the Clock

30 marzo 2017

Diego Petrellapianoforte

Brahms - Sonata n. 3in fa minore op. 5Rachmaninov - Selezionedi Preludi e Studi

6 aprile 2017

Elisa Balbosoprano

Davide Cavallipianoforte

Arie di Bellini, Tosti, Liszt,Verdi e Puccini

20 aprile 2017

Giuseppe Grossofisarmonica

Pachelbel - Ciacconain fa minoreAngelis - Impasse(I e II movimento)Voitenko - RevelationSemionov - DivertimentoPozzoli - danza fantastica

27 aprile 2017

Isa Trottapianoforte

Mozart - Sonatain re maggiore K 576Beethoven - Sonata n.15in re maggiore op. 28Schumann - Papillons op. 2Chopin - Notturno n. 2in sol minore op. 37Mendelssohn - Variationssérieuses op. 54

4 maggio 2017

Salvatore Castellanosaxofono

Luigi Palombipianoforte

Desenclos - Prelude,Cadence et FinaleVilla-Lobos - FantasiaSchulhoff - Hot-SonateFrançaix - Cinq DansesExotiquesJolivet - Fantaisie ImpromptuWoods - Sonata (I mov.)

11 maggio 2017

Davide Ranaldipianoforte

Haydn - Sonata n. 62 in mibemolle maggiore Hob.XVI.52Brahms - Variazioni sul temadi Paganini op. 35, vol. ILiszt - Rapsodia spagnolaS. 254Prokof’ev - Sonata n. 7 op. 83

18 maggio 2017

Oliviya Antoshkinasoprano

Michele Varrialepianoforte

Arie di Händel, Purcell,Bellini, Donizetti, Massnet,Saint-Saëns, Mahler, Hahn,Rachmaninov, Williams

25 maggio 2017

Luigi Denaropianoforte

Schubert - Sonatain la minore op. 42 D 845Chopin - Berceuse op. 57in fa bemolle maggiore- Barcarola op. 60in fa diesis maggiore

2 novembre 2017

Caterina Pivamezzosoprano

Yuka Godhapianoforte

Arie di Bellini, Bizet,Saint-Saëns, Verdi, Barber,Mozart, Tosti, Massenet,Fauré

giovedì 9 novembre 2017

Guido Orso Coppinpianoforte

Prokof’ev - Sonata n. 2 op. 14Beethoven - Sonata n. 8 indo minore op. 13 “Patetica”Schubert - WandererFantasie in do maggioreop. 15 D 760Liszt - Studio in sol diesisminore S. 141 n. 3“La campanella”

16 novembre 2017

Francesco Ronziosaxofono

Daniele Boninipianoforte

Ravel - Sonatina in fa diesisminore M. 40 arr. per saxsoprano e pianofortePoulenc - Sonata per oboee pianoforte FP 185 arr. saxsoprano e pianoforteAlbright - Sonata per sax altoe pianoforteDecruck - Sonata in do diesisper sax alto e pianoforte

23 novembre 2017

Riccardo Zangirolamipianoforte

Rachmaninov - Preludi op. 23n. 2, 4 e 5Liszt - Ballata n. 2 in si minoreBrahms - Variazioni su untema di Paganini op. 35, vol. IIGershwin - Three PreludesSkrjabin - Sonata n. 2 op. 19Kapustin - Toccatina op. 40

Bigliettiin vendita pressoSocietà del Quartettoin orari di ufficio e, nei giornidi concerto a partiredalle 16.30, a Casa Verdi.

InformazioniSocietà del QuartettoVia Durini 24 - 20122 Milanotel. 02 [email protected]

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I concerti si terranno a Casa Verdi, piazza Buonarroti 29, il giovedì dalle 17 alle 18Biglietti € 2

Dopo i concerti si puòpartecipare alla visitaguidata della cripta e dellesale museali di Casa Verdi

Tavola dal Progetto di Camillo Boitoper la Casa di Riposo per musicisti“G. Verdi”

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Prossimo concerto:Martedì 21 febbraio 2017, ore 20.30Sala Verdi del ConservatorioFilippo Gorini pianoforte

Fedele alla missione storica di presentare al pubblico i grandi interpreti di domani, il Quartetto ospita con fiducia e ammirazione il giovane pianista Filippo Gorini, classe 1995, fresco vincitore del prestigioso Concorso Beethoven di Bonn. il programma dunque non poteva che aprirsi nel nome di Beethoven, scegliendo tra i suoi lavori una delle Sonate più impegnative e sfuggenti da interpretare come l’op. 110. accanto a questo esempio del tardo stile di Beethoven, Gorini ha scelto di accostare un altro sublime lavoro senile, le Fantasie op. 116 di Brahms. nella seconda parte, infine, il giovane artista si cimenta con il ciclo dei Preludi di Chopin, geniale rilettura romantica del pianoforte di Bach, a suggello di un concerto che mette sul banco di prova la maturità dell’interprete, prima ancora che le sue doti tecniche.

Società del Quartetto di Milano - via Durini 2420122 Milano - tel. 02.795.393www.quartettomilano.it - [email protected]

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