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Sacerdotesse di Avalon presenta

Il Tempio Il Tempio è il nuovo giornale trimestrale redatto a cura degli utenti del

forum “Sacerdotesse di Avalon ”, con lo scopo di informare e valorizzare la cultura pagana in Italia. Creati dagli sforzi degli utenti del Forum, la

rivista presenta sezioni chiave nelle quali è possibile trovare informazioni che spaziano dalla cristalloterapia allo studio dei pantheon, dalle pratiche

divinatorie alle tradizione che il mondo pagano presenta in tutte le sue sfaccettature.

La rivista vuole essere un mezzo di spunto per coinvolgere informare, dare chiarimenti a chiunque voglia approcciarsi alla cultura pagana, alla Stregoneria e alla Wicca, senza però fini di lucro: gli utenti condividono liberamente la loro conoscenza, favorendo cosi il dialogo e lo scambio di

idee, grazie ad articoli inediti, o portati alla luce dai nostri utenti. Per questo, la diffusione del giornale avviene per via telematica e il suo

download è gratuito. Ricordiamo però, che tutto il materiale è coperto da licenza “Creative Commons” e pertanto i suoi contenuti non possono

essere riprodotti senza autorizzazione su altri siti e/o diffusi.

La rivista trimestrale “ Il Tempio” non si pone come legge univoca sui suoi contenuti, infatti è possibile contattare gli autori tramite il from, grazie a un

messaggio privato o sul gruppo Facebook “Sacerdotesse di Avalon”

Ringraziamo per la collaborazione di questo numero: Skayler, Helyanwes, Melissa, Marzio de li Trabucchi,

Circe, Chiccaerbana, Sereg, Caoimhe, AchyJ, Astrid åsgårdsreien

Per eventuali consigli e/o critiche contattarci tramite: www.sacerdotessediavalon.forumcommunity.net

www.xsacerdotessediavalonx.jimdo.com Gruppo Facebook: “Sacerdotesse di Avalon”

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Indice Pantheon Scheda di un Dio o una Dea

Il Dio Shiva (Circe) pagina 1 La Dea Parvati (Circe) pagina 5

Esempi di Terapeutica Romana Antiche Tradizioni delle nostre terre

Introduzione (Marzio de li Trabucchi) pagina 12

La Via del Miele Animali e Natura Sacra

Sacred Bee - Tra la vita e la morte (Melissa) pagina 14

Le Erbe delle Streghe Magia, chimica e folclore

La Salvia Comune (Chiccaerbana) pagina 16

Il Bosco Sacro Piante e misteri della tradizione celtica

Betulla, Sorbo, Frassino, Abete (Sereg) pagina 19

Creazioni Magiche Laboratorio Creativo

Candele, Bacchetta, Incenso, Rune (Astrid åsgårdsreien) pagina 23

Superstizioni e Credenze

Superstizioni invernali (Caoimhe) pagina 30

Le Ricette del Focolare Piatti semplici e veloci per ogni stagione

Ricette per Yule (Helyanwes) pagina 37 Ricette per Imbolc (Helyanwes) pagina 39

Il Canto della Lupa - The Howling Rubrica di musica pagana

Runedance Hagalaz (Skayler) pagina 41

Immagini Pagane Disegni e fotografie ispirate

Artemide (AchyJ) pagina 42

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Pantheon - Il Dio Shiva

Al di là dell'oscurità non v'è né giorno, né notte, né esistenza, né non esistenza: solo Shiva, l'indistruttibile.

Lo stesso Sole si prostra davanti a lui. Da esso è scaturita la saggezza senza tempo. cit: Śvetāśvatara Upaniṣad

Shiva è una divinità tanto affascinante quanto complessa, è al tempo stesso creazione e distruzione, maschio e femmina ... e l'intero universo viene continuamente distrutto e ricreato dalla sua danza. Nell' Induismo a volte viene descritto come il Dio supremo, la grande forza creatrice che crea e sostiene l'universo; altre volte invece è identificato nella Trimurti* composta da Brahama il creatore, Visnù il conservatore e Shiva il distruttore. Viene anche ientificato con l'antico di Rudra**.

* La Trimūrti (aggettivo sanscrito; devanāgarī  ित्रमूितर्,  lett. che possiede "tre forme" o "tre aspetti") è una

nozione delle culture religiose dell'India che indica i "tre aspetti" di una divinità (deva) o della divinità suprema. In quest'ultimo caso si suole indicare nella Trimūrti la forma triplice dell'Essere supremo dell'Induismo manifestantesi nelle tre divinità di: Brahmā, Shiva e Viṣṇu.

**Presso la religione induista, Rudra (lett. "Urlatore") è una delle deità pre-vediche più antiche. Compare per la prima volta nel Rig Veda, in cui viene descritto come il Deva della tempesta, della caccia, della morte, della natura e del vento.

Dio dai molti nomi Nello Shiva Purāṇa sono elencati 1008 nomi.Alcuni fra i più noti sono: Ādinātha, il Protettore primo. Aghora, il Non terrifico. Appellativo adoperato in alcune invocazioni per blandire e propiziarsi l'aspetto terribile o distruttore del dio. Ardhanārīśvara, il Signore metà donna. Il mito dell'androgino è diffuso presso molti popoli, ma più che androgino, o ermafrodito, Ardhanārīśvara è ciò in cui i contrari coesistono (una delle definizioni del divino date nelleUpaniṣad). Nel Liṅga Purāṇa si narra come Rudra fu creato nella forma di Ardhanārīśvara; successivamente egli si scisse in due, dando così origine a una dea poi incarnatasi col nome di Satī, che divenne l'amante di Rudra. Bhairava, il Terribile, o anche il Tremendo. È l'aspetto più spaventoso di Shiva, quello che prova piacere nell'uccidere. Ma il termine Bhairava ricompare anche in un aspetto di Shiva proprio di alcune tradizioni tantriche, e corrisponde allo slancio mistico, al furore che accompagna la realizzazione. Bhava, l'Esistenza Bhikṣātana, il Mendicante. L'appellativo fa riferimento all'attività dei rinuncianti, isaṃnyāsin. Bhūtamat, il Signore degli elementi. Gli elementi sono le forze invisibili della natura, e infatti nella tarda mitologia Bhūtamat diventa anche Signore dei fantasmi. Bhūtamat è anche l'essere fisico o corpo di nutrimento (vān-maya-mūrti).

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Chanda, il Furioso. Chandraśekhara, il Coronato di luna. La luna, attributo di molte raffigurazioni del dio, è una luna al quinto giorno; e nel quinto giorno del mese lunare è uso venerare o festeggiare Shiva. Cinque è il numero di Shiva, e il pentagono il suo poligono. La luna simboleggia anche la coppa che contiene il soma, la bevanda sacra di cui si parla nei Veda. Gaṅgādhara, Portatore del Gange. Il Gange è fiume sacro presso i culti induisti. Girīśa, il Signore delle montagne. Hara, il Distruttore. Īśāna, il Sovrano. Jatādhara, dai Capelli arruffati. Kāmaśvara, il Signore del desiderio. Narrano alcuni miti della creazione che il Desiderio fu ciò che per primo si manifestò. La mente cerca di trasformare in parole le idee, e questo già è desiderio: il Signore del Desiderio è l'immagine dell'essere mentale (mano-maya-mūrti). Kapālamalin, dalla Collana di teschi. In alcune rappresentazioni il dio indossa una collana composta di teschi umani: quest'ornamento rammenta il suo aspetto distruttore. Mahābaleśvara, il Grande Signore della forza. Mahādeva, il Grande Dio. Molti sono i miti che descrivono Shiva superiore agli altri dei. Mahākala, il Grande tempo, nel senso di Conquistatore del tempo, e in senso figurato: il Gran distruttore. Se nulla mutasse nel mondo sensibile, non sarebbe possibile percepire il tempo, e il tempo prima o poi distrugge ogni cosa: la vita si alimenta con la morte, e la morte è vita che si dissolve: Shiva, in quanto distruttore, è dunque anche padrone del tempo Mahākala è anche il tempo oltre il tempo, il tempo senza divisioni che esisteva prima del tempo che ora possiamo sperimentare. Mahāyogin, il Grande yogin. Lo Yoga, inteso come disciplina, ha come fine la realizzazione spirituale: tacitando la mente e i sensi, lo yogin scopre il proprio Sé. Shiva diventa quindi l'esempio primo per lo yogin in meditazione: è in tal senso che il Dio è definito Grande Yogin, o anche Signore dello Yoga (Yogiśvara)Dagli Śivasūtra leggiamo (III.25): «Diventa simile a Shiva». Maheśvara, il Grande Signore. Questo appellativo è adoperato nei Purāṇa e nelle Upaniṣad nel senso di Divinità della conoscenza trascendente, o di Signore del sapere. Mṛtyuṃjaya, il Vincitore sulla morte. Oltre il significato apparente (Shiva è immortale), c'è un significato allegorico correlato con l'aspetto Mahāyogin: lo yogin che ha raggiunto il punto più elevato della meditazione, si trova perennemente immerso in uno stato di beatitudine. Naṭarāja, il Signore della danza. Nīlakaṇṭha (o anche Nīlagrīva), dal Collo azzurro. Con la creazione del mondo furono diffusi nettare e veleno, ma Shiva ingoiò quel veleno per proteggere il creato. Il veleno restò bloccato nella sua gola, per questo motivo il suo collo divenne di colore azzurro. Niṣācāra, il Vagabondo della notte. In questa forma Shiva girovaga di notte per i campi crematori, indossa una collana fatta di teschi e nella mano porta una testa mozzata.] L'aspetto è quello degli asceti di una delle sette più antiche dello shivaismo, i kāpālika ("uomini col teschio"). Questa particolare forma di ascetismo tuttora sopravvive in India, presso Varanasi: sono gli aghori, che almeno ritualmente, praticano il pasto di carne umana. Panchānana, dai Cinque volti. I cinque volti corrispondono sia ai cinque elementi grossi che costituiscono il mondo, sia ai cinque elementi sottili, sia ai cinque organi (o sensi) di azione. Ognuno di questi corrisponde a un appellativo secondo le relazioni: Aria-Tatto-Mano-Īśāna; Terra-Odorato-Organi escretori-Tatpuruṣa; Etere-Udito-Parola-Aghora; Fuoco-Vista-Piede-Vāmadeva; Acqua-Gusto-Organi sessuali-Sadyojāta. Le relazioni si rivelano significative per comprendere alcuni riti propri dello shivaismo. Paśupati, il Signore del bestiame. Bestiame è da intendersi anche in senso lato: esseri viventi. Sadaśiva, Shiva l'eterno. Nel sistema religioso dello Śaivasiddhānta (corrente dualista dello shivaismo, secondo la cui teologia il Signore (pati) e le singole anime (paśu) sono eternamente distinte), in questa forma, Sadaśiva, il Signore compie le cinque azioni: emana l'universo, lo conserva, lo riassorbe, si cela e si rivela per mezzo della grazia. Sthānu, l'Immutabile. Tryambakaṃ, dai Tre occhi. Ugra, il Terribile. Viśvanathā, il Signore dell'universo. Yogiśvara, il Signore degli yogin (o dello Yoga).

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I simboli di Shiva e la Venerazione Nell'induismo le varie divinità vengono venerate attraverso un Murti , che altro non è che una rappresentazioe della divinità o di simboli associati ad essa; nel caso di Shiva, comuni sono le statue o i dipinti che lo raffigurano con la sua compagna Parvati.

Un'altra sua rappresentazione più antica è molto diffusa è il Lingam. Esso rappresenta chiaramente la sua forza creatrice . Simbolo dell'energia primordiale del Creatore, il Lingam, è anche visto come raffigurazione della infinita colonna di fuoco cosmica, l’enorme energia di una divinità senza forma. Tantra e Yoga, erotismo e ascesi mistica, passione e sensualità e distacco dai sensi: nella religione induista, sono due poli opposti eppure sono anche indissolubilmente intrecciati.

La base del Ligam è lo Yoni che rappresenta l'utero e la fertilità femminile. La venerazione del Lingam viene officiata attraverso l'offerta di fiori freschi, acqua pura, infiorescenze, frutta, foglie e riso essiccato al sole. Tanti altri sono i volti e le sfumature di questo Dio il cui culto è arrivato fino ai nostri giorni e per esplorarli e sperimentarli in tutte le loro sfumature serve una vita di dedizione.

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A Shiva Poesia di Bharavi, tratta da : Tesori della lirica classica indiana, Utet,1994

Tu sei il termine di ciò che sta e di ciò che si muove, per te il mondo vive, dio, tutto,

tu per gli yogin causa ed effetto fai cessare, tu sei la causa delle cause prime.

A te che con il potere reggi i mondi, dal quale il brahman echeggia il suono primo purificatore,

che ovunque estingui le colpe, a te, Shiva, dall’essenza di vento, gloria!

A coloro che di te si ricordano, assunta l’eterna postura vittoriosa che ha la sostanza del brahman, tu ardi

le progenie dei semi dell’esistenza: a te che sul capo porti la crocchia, dalle molteplici

fiamme, gloria! A coloro che lungo tempo sono stati arsi dal gran fuoco

dell’esistenza con la fiamma del terrore di sofferenza e di morte, dio,

tu assicuri l’approssimarsi alla quiete: causa dei semi, sia gloria a te, acqua che doni la vita!

A te che tutto abbracci, sconfinato, da nulla abbracciato, senza principio né fine,

che varchi i cammini dei sensi, gloria a te, inconoscibile, in forma di etere!

A te, impercettibile, reggitore del tutto, gloria, gloria a te il più vicino, gloria a te il più lontano,

che oltre il dominio delle parole e dei pensieri dimori, a te, signore dell’essere, gloria, gloria!

Fonti: Wikipedia, Dizionario universale dei miti e delle leggende, www.sanskrit.org

Circe

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Pantheon - La Dea Parvati

Shiva e Parvati rappresentano l'equilibrio ideale , il Dio è un asceta trasandato che cura solo il suo lato spirituale e per l'opposto si lascia andare a comportamenti irosi, distruttivi e lussuriosi , la Dea nata umana e divenuta divina grazie al matrimonio con il dio Shiva rappresenta la pura , bellezza e la costanza e lo spirito di rinuncia. Appare sempre ben vestita al fianco del consorte ed è in suo potere dispensare l'abbondanza e la salute. Sotto forma di Parvati rappresenta la Madre e la moglie ideale, ed è dalle mogli che viene maggiormente venerata e pregata per assicurarsi la fecondità e la buona salute dei mariti. Come il suo consorte anche la Dea è multiforme e alcune delle sue manifestazioni sono in contraddizione una con l'altra, ma per i seguaci della religione Hindu è questo che garantisce l'equilibrio. Molto bello e ricco di significato è il loro pensiero con cui riconoscono che tutte le divinità sono solo delle manifestazioni di Shiva e Parvati, e ricordano il pensiero di Doreen Valiente quando afferma che "tutte le Dee sono un' unica dea".

Le Dieci manifestazioni della Dea Kali – L’Eterna Notte Kali è indicata come la prima tra le Mahavidya. Nera come la notte, ha un aspetto terribile e orribile.  Nel Rig-Veda c’è un ‘Inno alla Notte’ (Ratri sukta), che dice che ci sono due tipi di notti. Quella vissuta dagli esseri mortali e l’altra dagli esseri divini. Nel primo caso tutte le attività effimere si fermano, mentre nel secondo anche l’attività divina giunge al riposo. Questa notte assoluta è la notte della distruzione, il potere di kala. La parola kala indica il tempo, in sanscrito. Il nome di Kali è derivato da questa, come dalla parola sanscrita per nero. Ella è dunque la notte senza tempo, sia per i mortali che per gli esseri divini. Di notte tutti i viventi si rifugiano nella sua beatitudine, come uccelli nei loro nidi. Gli abitanti dei villaggi, le mucche e i cavalli, gli uccelli del cielo, gli uomini che viaggiano per affari, gli sciacalli e le bestie selvatiche, tutti con il favore della notte e con gioia si rifugiano in lei, perché a tutti gli esseri sviati dal cammino del giorno lei porta calma e felicità, proprio come una madre. La parola Ratri (notte) è derivato dalla radice ra, “dare”, e si intende “il datore” di felicità, di pace, di beatitudine. Tara – La Dea Compassionevole Le similitudini tra Kali e Tara sono palesi e indiscutibili. Entrambe sono assise su una figura maschile in posizione supina, spesso riconoscibile come Shiva, a volte raffigurato come un cadavere [Shava]. Entrambe

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indossano abiti succinti o sono nude. Entrambe indossano una collana di teste mozzate di fresco e una cintura di mani umane. Entrambe hanno una lingua penzolante, rossa come il sangue delle loro vittime. Le loro apparizioni sono così simili che è facile scambiare l’una per l’altra. La tradizione orale riporta una storia

misteriosa sulla la dea Tara. La leggenda inizia con la zangolatura dell’oceano. Shiva bevve il veleno prodotto dalla zangolatura dell’oceano, salvando così il mondo dalla distruzione, ma cadde sotto il suo effetto potente. Tara apparve a Shiva e lo accolse in grembo. Dolcemente gli offrì il latte dal suo seno per contrastare il veleno, fino a riportarlo alla coscienza. Questo mito ricorda quello in cui Shiva ferma la furia Kali, diventando un bambino. Vedendo il bambino, l’istinto materno di Kali prende il sopravvento, e lei diventa pacifica e accudisce il neonato Shiva. In entrambi i casi, Shiva assume la posizione di un bambino nei confronti della Dea. In altre parole, la Dea Madre è tale anche per il Signore degli Dei. Il tratto distintivo nell’iconografia di Tara è la forbice che tiene in una delle sue quattro mani. Le forbici si riferiscono alla sua capacità di tagliare tutti gli attaccamenti. Letteralmente ‘tara’ significa stella. Di Tara è detto di essere la stella guida della nostra aspirazione, la musa del percorso creativo.

Queste qualità sono una manifestazione della sua compassione. La tradizione buddista ha elevato al massimo le qualità di questa Dea, venerata in Tibet come incarnazione principale di compassione. Shodashi – La Dea Sedicenne Shodashi o Tripura-Sundari si dice sia nata per salvare gli dei da un demone potente e iroso. Il racconto inizia quando Shiva annichilì Kama, il dio dell’amore, che aveva cercato di distrarre Shiva dalla sua ascesi. Uno dei seguaci di Shiva stava pulendo le ceneri di Kama, quando da esse sì formò l’immagine di un uomo. L’uomo persuase Shiva ad insegnargli un mantra potente. Con la potenza di questo mantra, si poteva acquisire la metà della potenza del proprio avversario. Ma poiché era stato generato dalle ceneri della collera di Shiva, si rivelò presto un demone feroce. Inebriato dalla sua nuova potenza, incominciò a scatenarsi contro il regno degli dei. Dopo aver subito la sconfitta e l’umiliazione, gli dei vollero propiziare la Dea Tripura-Sundari per ottenere il suo aiuto. La Dea si manifestò e accettò di aiutarli. Prese il comando del campo di battaglia e assestò personalmente un colpo devastante sul potente demone, salvando così la città celeste.  Iconograficamente questa Dea è raffigurata seduta su un loto che poggia sul corpo supino di Shiva, che a sua volta si trova su un trono le cui gambe sono gli dèi Brahma, Vishnu, Shiva, e Rudra. E’ quindi una rappresentazione diretta e incisiva della Dea, che domina le divinità maschili del pantheon induista, secondo una posizione centrale dell’ideologia Mahavidya. Lei è il salvatore di tutti, il Rifugio Supremo. Tiene in mano arco e frecce. L’arco è fatto di canna da zucchero, simbolo di dolcezza. I suoi dardi sono impregnati di dolcezza. Uno dei suoi epiteti è ‘Tripura-Sundari,’ che significa ‘colei che è bella nei tre regni.’ Un altro suo nome, ‘Lalita’, implica morbidezza. Queste due caratteristiche si ritrovano nelle immagini che la ritraggono come meravigliosamente bella e di splendore insuperabile. ‘Shodashi’ La parola significa letteralmente sedici, in sanscrito. E’ raffigurata come una dolce ragazza di sedici anni. Nella vita umana sedici anni rappresentano l’età della perfezione compiuta, così come sedici giorni costituiscono il ciclo lunare completato dalla luna nuova alla luna piena. La luna piena è la luna di sedici giorni. Questa ragazza di sedici anni regna su tutto ciò che è perfetto, completo, bello. Una volta Shiva chiamava schezosamente Kali “Kali, Kali” (“Nera, Nera”), alla presenza di alcune dame celesti. Ed essa credette che volesse offenderla per la sua carnagione scura. Dunque, lasciato Shiva, decise di liberarsi della sua oscurità, attraverso l’ascesi. Ma il saggio Narada, vedendo Shiva rimasto solo, chiese dove fosse la moglie. Shiva si lamentò che lei lo aveva abbandonato e scomparve. Con i suoi poteri yogici Narada scoprì che Kali viveva a nord del Monte Sumeru e vi si recò per convincerla a tornare da Shiva. Per convincerla le disse che Shiva pensava di sposare un’altra dea e che lei doveva impedirglielo. Ormai Kali si

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era liberata della sua carnagione scura, ma ancora non lo sapeva. E quando fu finalmente in presenza di Shiva, vide un riflesso di se stessa con una carnagione chiara nel cuore di Shiva. Credendo che questa fosse un’altra dea, ne fu gelosa e si arrabbiò. Shiva le consigliò allora di guardare con più attenzione, con l’occhio della conoscenza, che quello che vedeva nel suo cuore era lei stessa. La storia si conclude con Shiva che dice alla trasformata Kali: “poiché hai assunto una forma molto bella, bella nei tre mondi, il tuo nome sarà Tripura-Sundari. Avrai sempre sedici anni e sarai chiamata con il nome Shodashi. ” Bhuvaneshvari – La Signora del Mondo “Prima di tutto esisteva il sole che apparve nel cielo. I rishi (saggi) offrirono a lui il soma, la pianta sacra, affinché il mondo fosse creato. A quel tempo regnava Shodashi, la Shakti con cui il Sole ha creato i tre mondi. Dopo che il mondo fu creato, la dea assunse una forma appropriata per il mondo manifesto.” Con questa leggenda si tramanda la figura di Bhuvaneshvari, letteralmente ‘Signora del mondo.’ Bhuvaneshvari rimane pertanto immanifesta fino alla creazione del mondo. E’ collegata soprattutto con l’aspetto visibile e materiale del mondo creato. Più di ogni altra Mahavidya, con l’eccezione di Kamala (di cui in seguito), Bhuvaneshvari è associata e identificata con la creazione e l’energia. Lei incarna la dinamica caratteristica e le parti che compongono il mondo e che prestano alla creazione il suo carattere distintivo. Lei prende parte alla creazione e la pervade nella continuità.

Bhuvaneshvari Mahavidya è citata spesso. E’ descritta dal bel viso luminoso, incorniciato da capelli fluenti dal colore delle api nere. I suoi occhi sono grandi, le sue labbra carnose e rosse, il naso delicato. I suoi seni sodi sono colorati di pasta di sandalo e zafferano. La sua vita è sottile, e le cosce, i glutei, e l’ombelico sono belli. La gola bella è decorata di gioielli, e le sue braccia sono fatte per abbracciare. La sua bellezza e l’attrattiva possono essere intese come affermazione del mondo fisico. Nel pensiero tantrico non è ammesso denigrare il mondo o ritenerlo meramente illusorio, così come invece avviene in alcuni percorsi astratti del pensiero indiano. Ciò è dato dalla convinzione che il mondo fisico, i ritmi della creazione, mantenimento e distruzione, anche i desideri e le sofferenze della condizione umana non siano altro che il gioco di Bhuvaneshvari, il suo magnifico, gioioso divertimento.

Chinnamasta – La Dea dalla Testa mozzata Un giorno, Parvati faceva il bagno nel fiume Mandakini con le sue ancelle Jaya e Vijaya. Dopo il bagno il colore della grande dea era diventato nero per l’eccitazione. Ma le sue ancelle le dissero: “Dacci qualcosa da mangiare. Siamo affamate”. Lei rispose: “Vi darò cibo, ma ora attendete.” Dopo un po’, riformularono la richiesta. Lei rispose: “Aspettate, sto pensando ad altre questioni”. Attesero ancora, poi incominciarono a implorare, “Tu sei la madre dell’universo. Un bambino chiede tutto alla madre. La madre dà ai suoi figli non solo cibo, ma anche vestiti per il corpo. Tu sei conosciuta per la tua misericordia, e noi ti preghiamo di darci cibo “. Sentendo questo, la consorte di Shiva disse loro che avrebbe dato qualsiasi cosa quando fossero giunte a casa. Ma ancora una volta le ancelle domandarono: “Siamo torturate dalla fame, o Madre dell’Universo. Fai che possiamo essere sfamate, o Misericordiosa, tu che accordi ogni bene, che esaudisci ogni desiderio.” Chinnamasta rispose: “Questa affermazione è vera!” Quindi la dea misericordiosa sorrise e in un attimo tagliò la propria testa. La testa mozzata le cadde sul palmo della mano sinistra. Tre flussi di sangue fuoriuscirono dalla gola, da sinistra e da destra caddero rispettivamente in bocca alle sue ancelle e quello centrale cadde nella sua bocca. Dopo aver compiuto questo atto, Parvati divenne nota come Chinnamasta.Nell’iconografia, Chinnamasta è mostrata in piedi sulla coppia di Kamadeva e Rati, con Rati sopra. Essi sono sdraiati su un loto, impegnati nell’amore. Ci sono due diverse interpretazioni di questa iconografia: come un simbolo di controllo del desiderio sessuale, o come simbolo di incarnazione dell’energia sessuale. L’interpretazione più comune è quella che vede la Dea dominare e vincere su Kamadeva e Rati, cioè il desiderio sessuale e l’atto. Per questa scuola di pensiero l’immagine significa autocontrollo, che si ritiene essere il segno distintivo di uno Yogi compiuto. Un’interpretazione del tutto diversa afferma che la presenza della coppia di amanti è propriamente un simbolo della Dea, personificazione dell’energia sessuale. Proprio come un sedile di loto si ritiene indichi buon auspicio e purezza per la divinità che vi è assisa, così Kamadeva e Rati offrono alla Dea in piedi su di

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loro il potere e l’energia generata dal loro amore. Zampillante in tutto il corpo, questa energia scaturisce fuori dal busto senza testa per nutrire i devoti e anche per rigenerare se stessa. Significativamente qui la coppia amorosa non si contrappone alla dea, ma è una parte integrante del flusso ritmico di energia che compone l’icona Chinnamasta. L’immagine di Chinnamasta è dunque una composizione, che rappresenta la realtà come un sistema di sesso, morte, creazione, distruzione e rigenerazione. E’ rappresentazione del fatto che la vita, il sesso e la morte sono parti complementari e integrate del grande schema unificato che compone l’universo manifesto. I forti contrasti in questo scenario iconografico – la decapitazione raccapricciante, la coppia di amanti, il bere del sangue fresco, tutte disposte in un delicato disegno armonico – risvegliano nello spettatore consapevolezza della verità che la vita si nutre di morte e necessita di morte e che il destino ultimo del sesso è perpetuare la vita, che a sua volta giungerà al decadimento e a morire per nutrire altra vita. Come sono disposte nella maggior parte delle riproduzioni dell’icona, il loto e la coppia sembrano canalizzare una potente forze vitale nella Dea. La coppia godendo del sesso sembra trasmettere un insistente impulso vitale alla dea, convogliando energia. E in alto, come una fontana che zampilla, il sangue che sgorga dal collo reciso è la forza vitale che lascia il suo corpo, per fluire alla bocca dei devoti per nutrirli e sostenerli. Il ciclo è crudamente rappresentato: la vita (la coppia amorosa), la morte (la dea decapitata) e il nutrimento (le yogini ancelle che bevono il suo sangue). Bhairavi – La Dea della Decadenza

Creazione e Distruzione sono due aspetti essenziali dell’universo, che è continuamente soggetto ai due ritmi alternati. I due sono ugualmente potenti nel mondo e in effetti dipendono l’uno dall’altro in maniera simbiotica. Bhairavi incarna il principio di distruzione che si impone durante il declino del corpo, nella decadenza, fino alla morte. E’ anche nelle abitudini autodistruttive, come mangiare cibo tamasico (il cibo di bassa qualità, materiale e spirituale) e bere alcolici, che distruggono il corpo e la mente. Lei è attiva, si dice, nella perdita di seme, che indebolisce i maschi. Rabbia, gelosia e altre emozioni egoiste sono azioni che permettono a Bhairavi di rafforzare la propria presenza nel mondo. Un comportamento giusto, al contrario, la indebolisce. In breve, lei è una Dea sempre presente che si manifesta e si incarna negli aspetti distruttivi del mondo. Distruzione, tuttavia, non è sempre un valore negativo, la creazione non può continuare senza di essa. Ciò è più evidente nel processo di alimentazione e nel metabolismo, in cui la vita

si nutre di morte; si ottiene creazione per mezzo di energia trasformata, rilasciata nella distruzione. Bhairavi è anche identificata con Kalaratri, un nome spesso associata a Kali che significa “notte nera (di distruzione)” e si riferisce ad un aspetto particolarmente distruttivo di Kali. E’ anche identificata con Mahapralaya, la dissoluzione universale al termine di un ciclo cosmico, durante il quale tutte le cose, dopo essersi consumate nel fuoco, si dissolveranno nelle acque informi della pro-creazione. Lei è la forza che volge verso la dissoluzione. Questa forza, inoltre, che è Bhairavi stessa, è presente in ogni persona come invecchiamento, indebolimento e infine trapasso. La distruzione è data ovunque, e quindi Bhairavi è presente ovunque. Un commento al kalpasutra Parashurama dice che il nome Bhairavi è derivato dalle parole bharana (creare), Ramana (proteggere), e vamana (emettere o rigettare). Il commentatore, quindi, incica come discernere il significato profondo del nome Bhairavi attraverso l’identificazione di lei con le funzioni cosmiche di creazione, mantenimento e distruzione. Dhumawati – La Dea Vedova Dhumavati, la Vedova è brutta, incerta, adirata. La sua corporatura è alta e indossa vestiti sporchi. Ha le orecchie grandi, i denti e il naso sono lunghi e i seni cadenti. Ha l’aspetto di una vedova. Cavalca un carro

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decorato con l’emblema del corvo. I suoi occhi sono terribili, e le sue mani tremano. In una mano tiene un cesto da setaccio, e con l’altra mano fa il gesto di elargire doni, ma la sua natura è scortese. Sempre oppressa da fame e sete, appare quindi insoddisfatta. Le serve creare conflitti, e ha sempre un aspetto spaventoso. La leggenda dietro origine Dhumawati dice che Sati, sposa di Shiva, un giorno era affamata e chiese qualcosa da mangiare. Quando Shiva rifiutò di darle il suo cibo, disse, “Bene, allora mi resta che mangiare te.” E inghiottì Shiva, rendendosi vedova. Lui riuscì a liberarsi, facendosi rigettare, ma una volta liberò la maledì, condannandola ad assumere la forma della vedova Dhumawati. Questo mito sottolinea il carattere distruttivo di Dhumawati. La sua fame è soddisfatta solo quando consuma anche Shiva, suo marito, che è il mondo intero. Ajit Mookerjee, commentando la sua fame e la sete perpetua, dice che lei è l’incarnazione dei “desideri insoddisfatti”. Il suo status di vedova uxoricida è curioso. Lei si manifesta divorando Shiva, un atto di affermazione di sé, e forse d’indipendenza. Il corvo, che appare come emblema del suo carro, è un mangiatore di

carogne e simbolo di morte. Anche di lei si dice a volte assomigli a un corvo. Il Prapancasarasara Samgraha, per esempio, dice che il suo naso e la gola hanno il profilo di quelli di un corvo. Il setaccio in mano rappresenta la necessità di discernere l’essenza interiore dalla forma esteriore. L’abito che indossa è stato preso da un cadavere nel crematorio. E’ detta essere l’incarnazione del guna tamas, le qualità negative associate con lussuria e ignoranza. Si crede utilizzi il liquore e la carne, che sono entrambi sostanze tamasiche. Dhumawati è anche interpretata da alcuni studiosi del Tantra come l’aspetto della realtà che è vecchia, brutta e poco attraente. Ciò è ulteriormente avvalorato dal fatto che essa è generalmente associata a tutto ciò che è nefasto e si crede abiti in zone desolate della terra, come deserti e case abbandonate; la si identifica nelle liti, nel lutto per i bambini, nella fame e nella sete, e più in particolare con le vedove.

Bagalamukhi – La Dea che afferra la Lingua La leggenda sulle origini della dea Bagalamukhi è la seguente: un demone di nome Madan intraprese un cammino di austerità e ottenne il dono della siddhi Vak, per cui ogni cosa detta si avvera, ma abusò di questo dono danneggiando persone innocenti. Preoccupati dell’accaduto, gli Dei si rivolsero a Bagalamukhi. Ella fermò il demone afferrando la sua lingua e mettendo fine alle sue parole. Prima di essere ucciso, il demone chiese di essere ricordato insieme a lei, e lei acconsentì, e per questo la raffigurazione li ritrae sempre insieme. La dea è quasi sempre rappresentata in atto, mentre solleva il bastone con cui sta per colpire il nemico, e con l’altra mano tira la lingua. In questo mito, fermando la lingua del demonio, la Dea esercita il suo peculiare potere sulla parola e il potere di congelare, stordire e paralizzare. La trazione della lingua del demonio di Bagalamukhi è rilevante e significativa. La lingua, l’organo della parola e del gusto, è spesso considerata come entità menzognera, la cui attività è nascondere ciò che avviene nella mente. La Bibbia menziona spesso la lingua come organo di malizia, di vanità e di inganno. Il sacrificio della lingua del demonio è quindi simbolo della Dea che rimuove effettivamente l’organo propagatore dell’opera maligna. Matangi – La Dea Impura Una volta Parvati, mentre sedeva sulle ginocchia di Shiva, chiese a Colui che esaudiva ogni suo desiderio che le concedesse di andare a visitare il padre. Avrebbe ottenuto il consenso a visitare suo padre, Himalaya? Shiva non fu felice di questo desiderio ma alla fine cedette, chiarendo però che se lei non fosse tornata in pochi giorni, sarebbe andato lui stesso a chiedere il suo ritorno. La madre di Parvati inviò una gru per trasportare Parvati alla sua casa. Ma siccome non ritornava, dopo alcuni giorni, Shiva si travestì da mercante di gioielli e si diresse a casa del suocero. Vendette ornamenti di conchiglie a Parvati e poi, volendo testare la

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sua fedeltà, le chiese di fare sesso con lui, come pagamento dei gioielli acquistati. Parvati ne fu indignata, ed era pronta a maledire il mercante, quando però la sua intuizione yogica le fece indovinare che il venditore era veramente suo marito, Shiva. Nascondendo la scoperta della sua vera identità, rispose: “Sì, va bene, sono d’accordo, ma non subito.” Qualche tempo dopo, Parvati si travestì da cacciatrice e andò a casa di Shiva, dove questi si stava preparando alla preghiera della sera. Incominciò a danzare per lui, indossando abiti rossi. Il suo corpo era snello, gli occhi enormi, e i suoi seni abbondanti. Ammirandola, Shiva chiese: “Chi sei?” Lei rispose: “Io sono la figlia di un Chandala, venuta qui a fare penitenza.” Allora Shiva disse: “Io sono colui che dà frutti a coloro che fanno penitenza”. Dicendo questo, egli le prese la mano, la baciò, e incominciò a fare l’amore con lei. Mentre facevano l’amore, anche Shiva si era trasformato nelle sembianze di un Chandala. Fu allora che, trasformato, riconobbe quella donna come sua moglie Parvati. Dopo l’amore, Parvati chiese a Shiva una benedizione, che ottenne. La sua richiesta fu questa: “Come [Shiva] hai fatto l’amore con me sotto forma di una [donna Chandala] Chandalini, tale forma deve durare per sempre ed essere conosciuta come Uccishtha-matangini (oggi conosciuta come Matangi).” La chiave di questa leggenda è la parola ‘Chandala’. I Chandala costituiscono gli strati inferiori della gerarchia delle caste. Associati alla morte e all’impurità, sono sempre sopravvissuti ai margini della società tradizionale. Dispregiativo in senso estremo, l’epiteto di chandala è diventata il peggior stigma sociale. Dunque, nella leggenda, facendosi passare per una Chandalini, Parvati assume l’identità di una persona di bassa casta, ed essendone innamorato, Shiva si abbandona fino ad identificarsi con lei. Entrambe le divinità consapevolmente e volontariamente si associano con il margine della società indù e alla sua cultura. L’identità Chandala diventa sacra, quindi, con la creazione della Dea Matangi. Questa Dea assumerà in sé l’idea della sozzura e del proibito.

Un altro mito collegato a Matangi rafforza questa convinzione. Una volta, Vishnu e Lakshmi andarono a visitare Shiva e Parvati. Fecero dono a Shiva e Parvati di cibi raffinati, ma alcuni pezzi caddero a terra. Da questi resti sorse una fanciulla, dall’aspetto gentile. Cortesemente chiese gli avanzi di cibo (uccishtha). Le quattro divinità offrirono a lei i loro avanzi come prasada (cibo benedetto). Shiva disse quindi alla bella fanciulla: “Coloro che ripeteranno il tuo mantra e che ti adoreranno, otterranno grandi frutti dalle proprie attività. Essi saranno in grado di controllare i nemici e ottenere tutti i beni desiderati.”. Da allora in poi questa fanciulla divenne nota come Uccishtha-matangini. Lei è la dispensatrice di tutti i doni. Questa leggenda sottolinea l’associazione Matangi con gli avanzi di cibo, che normalmente sono considerati impuri. Infatti, lei stessa nasce o emerge dagli scarti caduti dal banchetto di Shiva e Parvati. E la prima cosa che chiede è di potersi nutrire con gli avanzi di cibo (uccishtha). Testi che descrivono il suo culto specificano che i devoti

devono offrire l’uccishtha con le mani e la bocca macchiata di avanzi di cibo, cioè, i fedeli devono essere in uno stato di impurità, dopo aver mangiato senza lavarsi. Si tratta di un capovolgimento radicale dei protocolli per il culto delle divinità. Normalmente, i devoti sono particolarmente attenti a offrire cibo puro e alimenti che la divinità amano particolarmente. Dopo che la divinità ha accolto l’offerta, il cibo è considerato benedetto e restituito al devoto perché lo condivida, poiché e si ritiene asperso della grazia della divinità. Il rituale del dare e prendere, in questo caso sottolinea la posizione di inferiorità del devoto, che serve la divinità e accetta resti di cibo della divinità come qualcosa di prezioso. Nel caso di Matangi tuttavia, gli adoratori offrono il proprio cibo in modo impuro e sono loro stessi in uno stato di impurità, mentre lo offrono. In alcuni rituali viene offerto un capo di abbigliamento macchiato con il sangue mestruale, per ottenere il dono della seduzione. Il sangue mestruale è considerato tabù nello svolgimento delle funzioni religiose, ma nel caso di Matangi questi tabù si rovescia, invece, nell’ostentazione

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Kamala – L’Ultima Kamala come la decima e ultima delle dee della Sapienza mostra il dispiegarsi pieno del potere della Dea nella sfera materiale. Lei è al tempo stesso l’inizio e la fine del culto delle dee. I testi canonici sono molto specifici per quanto riguarda la sua iconografia: “Lei si distingue per un bel colorito dorato. E’ bagnata da quattro grandi elefanti che versano nettare sul suo corpo. Nelle quattro mani tiene due fiori di loto e fa segno di concedere doni e rassicurazione. Indossa una corona e un vestito di seta.” Il nome Kamala significa “dama del loto” ed è un epiteto comune della dea Lakshmi. Infatti, Kamala non è altro che la dea Lakshmi. Anche se elencato come l’ultima delle Mahavidyas, il suo volto è il più noto e più popolare. Diverse feste annuali sono celebrate in suo onore. Di questi, il festival Diwali è più famoso. Questo festival lega Lakshmi a tre temi importanti e correlati: la prosperità e la ricchezza, la fertilità e i raccolti, e la buona fortuna durante l’anno seguente. Gli elefanti che versano nettare sono i simboli della sovranità e della fertilità. Trasmettono l’associazione di Kamala alla buona fortuna e alle altre qualità desiderabili.

Fonti: Wikipedia, Dizionario universale dei miti e delle leggende, http://fabio-ilmiodiario.blogspot.it, http://yogendranathyogi.blogspot.it

Circe

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Marzio de li Trabucchi

La Via del Miele Sacred Bee - Tra la vita e la morte

“Dancing Bee Goddesses” da “The Goddesses and Gods of Old Europe” di Marija Gimbutas

L'Ape è uno degli insetti più evoluti ed “elevanti”, sin dall'antichità considerato “sacro” divenne fulcro di molti percorsi di conoscenza e di molte tradizioni, purtroppo nel tempo i suoi simbolismi più occulti sono andati persi ma numerose sono le testimonianze e le informazioni arrivate fino ai giorni nostri che ci permettono di apprezzare al meglio le sue virtù. Da sempre le api vengono considerate portatrici di fuoco divino, metaforicamente trasformatrici del sole in miele, e vengono spesso associate agli Dei solari sia nella cultura Egizia (Ra, mito creazione delle api) che Greca (Zeus, mito nascita). Sono ritenute da molte culture “messaggere” degli Dei in quanto portatrici di preghiere e di luce dalla terra al cielo, ogni cosa da loro creata era considerata un dono divino e in quanto tale “sacra”. Miele, cera e veleno erano utilizzati sia per scopi curativi che rituali, soprattutto la cera era considerata carica di energia vitale, passione ed operosità, mentre il miele veniva considerato “elisir” di lunga vita e di salute per le sue molteplici proprietà benefiche.

Una delle prime pratiche adottate nel culto dell'Ape fu la “caccia al miele” che nel tempo si trasformò fino a diventare vera e propria “apicoltura”, chi ancora oggi pratica questo culto ritiene di fondamentale importanza la cura e la preservazione della specie, così come lo studio da vicino dei loro insiti ritmi primordiali. L'organizzazione e la struttura sociale degli “sciami” ispirò molti popoli antichi: la diligenza delle operaie e l'impegno nella costruzione e difesa dell'alveare le ha portate ad essere emblema di operosità e coraggio, mentre la “Regina” era ovviamente ricoperta di significato “regale” ma era anche profondamente legata alla figura della Dea Madre come condottiera e sovrana. Ed è proprio in alcuni sacri e misterici culti femminili che ritroviamo l'ape ricoprire ruoli importanti, prima come identificativa della Dea Melissa ( dal greco meli ovvero colei che è datrice di miele o che offre il miele) forte archetipo rigenerativo femminile, poi nel mito legato alla Dea Demetra e alla sua sacerdotessa Melissa tanto che effettivamente ad Eleusi le sacerdotesse seguaci della Dea venivano chiamate “api”, fino ad arrivare alla vicinanza con le Dee lunari in particolare con Artemis (Artemide) dove in questo caso si lega alla sua funzione “addolcente” riguardo le sofferenze della donne partorienti. Il carattere di questi insetti le identifica come “nutrici” con

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una buona attitudine all'educazione degli esemplari giovani, forma che assumono anche all'interno di molti miti antichi (vedi: mito nascita Zeus) con il loro nettare: “il miele”.

Sono insetti mansueti quando felici ma allo stesso tempo implacabili e terribili quando si tratta di tutelare il proprio ordine, gelose della loro sfera di dominio difendono le loro “leggi naturali” interne non ammettendo usurpazioni di potere ed amano e proteggono fedelmente chi ricopre questo ruolo. Sono insetti dalla forte contrapposizione tra il “dolce” e l' “amaro”, tra la “vita” e la “morte”, simbolo di resurrezione e rinascita tanto da rappresentare in molte culture mediorientali l' “anima”. La formazione dell'alveare è stata associata all'immagine del Labirinto che con i suoi tortuosi passaggi guida le anime nel loro viaggio presso l'aldilà. Inoltre le api sono associate alla purezza e alla purificazione e si riteneva avessero virtù profetiche per il loro profondo collegamento con il divino, tra il cielo e la terra. Ci sarebbe ancora molto altro da dire, approfondire ed analizzare, come il ronzio da molti identificato con il suono primigenio dell'universo (Om) o ancora la danza (a “otto”, simbolo dell'infinito) come mezzo di comunicazione e memoria collettiva dello sciame. E' un insetto ricco di simbolismi, esso stesso emblema della ricchezza, ed è strettamente legato ai cicli della vita, per questo è facile ritrovarlo all'interno di molte culture di tutto il mondo. 

Fonti: www.mutatemente.com, andrewgough.co.uk, www.ilcerchiodellaluna.it www.tempiodellaninfa.net, nelnomedellamadre.blogspot.it

Melissa

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Le Erbe delle Streghe

La Salvia Comune La salvia è la pianta, con cui vorrei inaugurare una serie di articoli erboristici. Si tratta di una delle principali piante tradizionalmente impiegate nel settore erboristico ed alimentare. La salvia utilizzata comunemente è la Salvia officinalis L. che ha come nome comune salvia o salvia comune, ed è una delle 1000 specie che fa parte del genere salvia. L'etimologia del nome salvia deriva latino salvus (sano), a motivo delle virtù benefiche attribuite a questa pianta.

Esiste anche una leggenda cattolica sul nome di questa pianta. Si narra che la Sacra Famiglia in fuga verso l'Egitto, inseguita da un soldato di Erode che volevano uccidere il piccolo Gesù. Temendo d'essere raggiunti Maria e Giuseppe bussarono invano agli usci lungo la strada, ma appena la gente veniva a conoscenza che le guardie, gli stavano cercando non aprivano o chiudevano precipitosamente la porta. Ormai i soldati incalzavano e già si vedeva in cima alla collina la polvere creata dallo scalpiccio dei cavalli al galoppo. La Madonna ormai non sapeva a chi rivolgersi, allora chiese ad una rosa se poteva celare almeno Gesù Bambino. Ma la pianticella rispose: “Non puoi chiedere un simile sacrificio proprio a me che sono la Regina dei Fiori, se i soldati lo sentiranno piangere, frugheranno tra le foglie ed i fiori si sciuperanno.” Allora la Madonna rispose: “E' vero sei la più bella ma sei egoista. D'ora in poi i tuoi fiori appassiranno presto ed il tuo stelo sarà ricoperto di spine”. Poi la Madonna si rivolse alla vite, la quale si comportò come la rosa: “Non posso rischiare! Se i soldati sospetteranno che Gesù è nascosto nelle mie foglie vi rovisteranno con le loro armi rovinando i tralci e compromettendo la crescita dell'uva”. La Madonna rispose stizzita: “Poiché tieni molto alla tua uva sarai castigata. D'ora in poi i tralci ti saranno tagliati ogni anno, gli asini ti mangeranno le foglie ed i vendemmiatori ti porteranno via i grappoli”. Ormai si sentiva distintamente il galoppo dei cavalli, rimaneva poco tempo per agire. La Madonna avanzando si trovò accanto un cardo, che al tempo era una pianta senza spine, ma anche questa pianta si rifiutò di ospitare Gesù Bambino e fu prontamente castigata con la crescita di spine. Lì accanto vi era poi una pianta di salvia fiorita che alla richiesta delle Vergine accolse in bambino e lo fece addormentare con il suo intenso profumo, non facendo così insospettire i soldati. La Madonna allora benedisse la salvia rendendola la pianta più utile di tutta la Terra. Questo breve aneddoto altro non è che un topos medioevale che si riscontra per altre piante e che serve per consacrarne la fama di pianta, definita come la panacea di tutti i mali.

Scheda tecnica 

Dominio: Eukaryota Regno: Plantae Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Ordine: Lamiales Famiglia: Lamiaceae Sottofamiglia: Neptoideae Tribù: Mentheae Genere: Salvia Specie: S. officinalis Nomenclatura binomiale: Salvia officinalis L. Sinonimi: Salvia grandiflora Tenore, Salvia latifolia Ray, Salvia major Bauhin

La salvia comune è un piccolo arbusto sempreverde. Le foglie semplici, feltrose al tatto, hanno un colore verde-grigiastro e un odore caratteristico. La forma è ovale con margine crenato, nervature penninervie, attaccatura

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picciolata con inserimento semplice. I fiori violacei sono riuniti in infiorescenze e hanno il caratteristico aspetto asimmetrico proprio della famiglia delle Lamiacee. I frutti si formano alla base dei fiori e contengono i minuscoli semi ovoidali di colore marrone scuro. La salvia comune è originaria del bacino del Mediterraneo e anche in Italia può essere trovata allo stato spontaneo. Contiene olio essenziali in percentuali che variano dallo 0,8 fino al 2,5.

I costituenti principali dell'olio essenziale sono i seguenti:

alfa e beta pinene, camfene, beta-myrcene, alfa-terpinene, limonene, cineolo 1-8 eucaliptolo, gamma-terpinene, paracymene, alfa e beta tujone (sono composti con un effetto neuro tossico, bloccano i recettori del GABAAsono molto presenti nell'assenzio dove sono regolamentati nelle bevande dal 2002), canfora. linalolo, acetato di borneile, cariofillene , umulene, ossido di cariofillene.

La composizione dell'olio essenziale varia a seconda dell'ecologia, del perido di raccolta e delle differenti sottospecie. Le sostanze riportate sopra sono quelle che in genere si possono riscontare nell'olio essenziale.

Proprietà officinali Estratti idroalcolici e decotto esibiscono attività disinfettante, ma devono essere assunti solo per via esterna, dato che l'olio essenziale, in cui è presente tuione, può avere effetti neurotossici (necessaria la prescrizione medica). Sempre per applicazioni esterne, sono in commercio ovuli vaginali a base di salvia contro vaginiti, ma anche per applicazioni cutanee (alla concentrazione dell'1-3%).

Della salvia sono particolarmente note le sue proprietà antinfiammatorie, balsamiche, digestive ed espettoranti. Essa inoltre è in grado di curare le sindromi mestruali dolorose e i disturbi della menopausa (in particolare quel fastidioso disturbo chiamato “caldane”: per questo viene anche chiamata “estrogeno naturale”). Offre una buona risposta contro la ritenzione idrica, gli edemi, i reumatismi e le emicranie ed è anche indicata nelle gengiviti e gli ascessi. È un “deterrente” del diabete e accelera il processo di cicatrizzazione dopo una ferita.

La salvia è uno stimolante dell’organismo, è di aiuto durante il ciclo mestruale e combatte gli stati di astenia e depressione. È particolarmente indicata in caso di esaurimento fisico o intellettuale, ma non solo: è molto benefica per il cervello e aiuta la memoria. Alcuni antichi medici cinesi la utilizzavano anche per curare l’insonnia. È anche un gastroprotettore poiché ha un’azione antispasmodica ed è utile nel diabete perché riduce la glicemia. Viene riconosciuta alla pianta anche un’azione estrogena che agisce efficacemente come anti–sudore. Spesso viene anche utilizzata come rimedio per digerire e, se conservata opportunamente, “salva” i cibi dal deperimento.

Tisana di salvia per regolare il ciclo mestruale.

Far bollire mezzo litro di acqua. Raggiunto il bollore spegnere ed aggiungere 7 foglie di salvia ed un limone intero sia il succo che la buccia. Lasciare in infusione per una decina di minuti, poi se si ritiene opportuno dolcificare con un po' di miele, altrimenti sarebbe meglio bere la tisana pura. Il limone serve per estrarre più rapidamente i fitoestrogeni contenuti nella salvia.

Controindicazioni.

Evitare l'assunzione di salvia in caso di epilessia od ipersensibilità accertata verso uno o più componenti. Non ci sono rischi per quanto riguarda l'uso in cucina. Non usare in caso di gravidanza accertata o presunta e in allattamento. Interagisce con i seguenti farmaci: sedativi, ipoglicemizzanti, anticoagulanti orali ed antiaggreganti piastrinici.

Proprietà cosmetiche Molti dentifrici sono a base di salvia; in assenza del prodotto preparato si possono semplicemente strofinare i denti con una foglia fresca per ottenere un effetto sbiancante. Un infuso di salvia consente di restituire ai capelli il colore scuro e le lozioni preparate con la salvia detergono la pelle. Per preparare un tonico astringente alla salvia sono necessari 4 cucchiai di salvia essiccata e di alcool etilico, un pizzico di borace, 3 cucchiai di amamelide e 10 gocce di glicerina. Dopo aver fatto macerare la salvia nell'alcool per due

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settimane, si deve filtrare la sostanza ottenuta, sciogliere il borace nell'amamelide e aggiungervi l'alcool. Dopodiché si unisce la glicerina e si travasa il tutto in una bottiglia con tappo sotto vuoto. Prima di usare il preparato, sarà bene agitare il contenitore.

Proprietà magiche Nome popolare: Clarella Genere: Maschile Pianeta: Giove Elemento: Aria Poteri: Immortalità, longevità, saggezza, protezione, desideri

La salvia è sempre stata usata per allungare la vita a volte fino all'immortalità. Per ottenere questo, bisognava mangiarne un po' ogni giorno o perlomeno in maggio in quanto: "Chi vuol vivere cent'anni / mangi salvia di maggio". Alcuni addirittura credevano che avesse il potere di resuscitare i morti e per questo veniva anche utilizzata nella preparazione di riti magici. La salvia se portata addosso dona saggezza e viene usata per innumerevoli riti curativi e di denaro.

Qualche consiglio di giardinaggio: prima di tutto fatela piantare nel vostro giardino da qualcuno. Infatti porta male se viene piantata da voi stessi. Un'aiuola intera di salvia attira la sfortuna, quindi piantatela insieme ad altre piante(i rospi amano la salvia). Se volete che un vostro desiderio venga esaudito prendete una foglia di salvia e mettetela sotto il cuscino. Dormiteci sopra per tre notti. Se anche solo una volta sognate ciò che avete desiderato sarete accontentati, altrimenti seppellite la salvia per non avere danni. I Romani la consideravano una pianta sacra tanto che esisteva un vero e proprio rito per la raccolta (che spettava a pochi eletti), i quali dovevano addirittura indossare un abbigliamento particolare dopo aver compiuto sacrifici. I cinesi ritenevano che la salvia fosse in grado di “regalare” la longevità: nel XVII secolo, un cesto di foglie di salvia veniva scambiata dai mercanti olandesi con tre cesti di tè. Nella medicina popolare, già nel Medioevo, veniva usata come cicatrizzante sulle ferite e piaghe difficili da rimarginare.

Fonti: Wikipedia, Cattabiani Alfredo - Florario - Aramando Mondadori editore Cunningham Scott - Enciclopedia delle erbe magiche - Ed. Mursia Campanini Enrica - Dizionario di fitoterapia e piante medicinali - Edizioni Tecniche Nuove www.my-personaltrainer.it - www.benessere.com

Chiccaerbana

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Il Bosco Sacro Piante e Misteri della Tradizione Celtica

Tutti noi quando ci rechiamo un bosco veniamo investiti da sensazioni di benessere e pace ma allo stesso tempo ci sentiamo piccoli, impauriti e indifesi. In quel momento la natura riversa in noi tutte le sue energie e gli Dei si manifestano in tutta la loro forza. Lì nella natura più profonda dove il cielo le terra si uniscono, i druidi sommi sacerdoti dei celti creavano i loro templi non di pietra ma di spirito e sacro utilizzando gli stessi boschi come mezzo di comunione con gli Dei. Per i celti era folle l'idea di poter rinchiudere gli Dei in vecchi templi di mattoni in quanto Essi erano e sono dentro di noi e in tutto quello che ci circonda. Il vento è il loro respiro, la terra il loro corpo, i fiumi e mari sono il loro sangue e il fuoco è la loro energia e forza. Così Lucano descriveva quei luoghi con timore e rispetto (Bellum civile): “C’era un bosco sacro, (…) persino gli uccelli avevano paura di posarsi su quei rami e le fiere di sdraiarsi in quella selva; neppure il vento o la folgore che piombava dalle fosche nubi si abbattevano su di essa e le fronde degli alberi abbondanti cadevano da cupe sorgenti e le lugubri statue degli dei erano prive d’arte, ricavate rozzamente da tronchi intagliati (…). E si narrava che spesso muggivano per terremoti le profondità delle caverne, si risollevavano i tassi abbattuti e si vedevano bagliori nelle selve, senza che vi fossero incendi, e anche che grossi draghi striscianti si avvinghiavano ai tronchi. Le genti non si radunavano in quel luogo per celebrarvi il culto, ma lo avevano lasciato agli Dei”. In questi luoghi si poteva entrare in contatto con le forze profonde e primordiali per conoscere noi stessi ottenere la forza necessaria ai nostri scopi e persino oltrepassare quella siepe che separa il nostro mondo da quello degli Dei. Ormai nell’immaginario comune di tutti il druido è colui che vive nel bosco che lo venera e lo custodisce persino il suo nome (secondo alcuni storici tra cui Plinio e Lucano) deriverebbe dal gaelico Duir o dal greco Drus cioè quercia, questo dovrebbe farci riflette su quanto il concetto di bosco sacro o Nemeton abbia influenzato ed influenza ancora queste popolazioni. L'albero è quindi fondamento di molta della filosofia celtica tanto da dare origine a un metodo di scrittura e divinazione basato su di essi, l'alfabeto Ogham, che a sua volta ha generato un vero e proprio calendario ed oroscopo, il cosi detto calendario arboreo ricostruito (o inventato secondo alcuni) da Robert Grave. Per descrive meglio gli alberi e il loro significato ci baseremo su di esso proprio nella versione di R.G. Anche se col passare del tempo si sono sviluppate versioni diverse dettate da tradizioni di origine diverse.

Accenni sull’alfabeto Ogahmico  E' composto da 20 lettere dette “feda” divise a loro volta i 4 gruppi o famiglie dette “aicme ”, ogni lettera veniva rappresentata attraverso un sistema di linee poste lateralmente o a traverso una linea principale, ogni lettera come già accennato rappresenta un albero dal quale prende anche il nome. Tratti in giù o verso destra: B beith : Betulla, L luis : Sorbo, F fearn : Ontano, S saille : Salice, N nuin : Frassino Tratti in su o verso sinistra: H úath : Biancospino, D duir : Quercia, T tinne : Agrifoglio, C coll : Nocciolo, Q ceirt : Melo Tratti che tagliano obliquamente la riga: M muin : Vite, G gort : Edera, NG gétal : Giunco, Z straif : Prugno, R ruis : Sambuco Tratti che tagliano perpendicolarmente la riga: A ailm : Abete, O onn : Ginestra, U úr : Erica, E edad : Pioppo, I idad : Tasso (Fonema - nome gaelico irlandese : traduzione italiana) In alcune versioni sono stati aggiunti altri simboli per facilitare fonetica e sintassi ma non sono utili allo scopo di questo articolo quindi li ometterò momentaneamente ma li riprenderemo più in la.

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La disposizione annuale secondo R.G. era assegnata dando importanza al significato dell'albero in quel particolare periodo annuale, i primi tre "feda" rappresentano un periodo di tempo mentre l'ultimo festività di origine celtiche che intercorrono durante l'anno. La disposizione era la seguente: 24 dicembre - 20 gennaio : Beth 21 gennaio - 17 febbraio : Luis 18 febbraio - 17 marzo : Nion 18 marzo - 14 aprile : Fearn 15 aprile - 12 maggio : Saille 13 maggio - 9 giugno : Uath 10 giugno - 7 luglio : Duir 8 luglio - 4 agosto : Tinne 5 agosto - 1 settembre : Coll 2 settembre - 29 settembre : Muin 30 settembre - 27 ottobre : Gort 28 ottobre - 24 novembre : Ngétal 25 novembre - 23 dicembre : Ruis 25 o 21 dicembre : Ailm Equinozio di Primavera : Onn Mezza Estate : Úr Equinozio d'Autunno : Eadhadh Solstizio d'Inverno : Idho Essendo “Il Tempio” un giornale trimestrale tratteremo gli alberi tre o quattro alla volta prendendo in analisi gli alberi che intercorrono tra un’uscita e l'altra.

Betulla

24 dicembre – 20 gennaio

La betulla era un vero e proprio totem per molte delle tribù celtiche essa rappresentava la fertilità e il rinnovamento, a primavera è uno dei primi alberi svegliarsi dal lungo inverno, il suo lungo tronco bianco si erge come un pilastro nella foresta simbolo della sua forza ma al con tempo della sua delicatezza ed eleganza. Presso gli sciamani siberiani essa veniva venerata come axis mundi e usata per collegare il nostro mondo a quello degli Dei. Tra i romani Plinio ci dice: la betulla, fornisce ai magistrati i fasci che tutti temono, e ai panierai i cerchi e le coste necessari

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per la fabbricazione di panieri e cestini". Inoltre essa era associate anche alla luna visto il colore del suo tronco. Spesso veniva piantata nei luoghi sacri o che richiedevano particolare protezione.

Utilizzo La betulla in antichità veniva usata praticamente per tutto ciò che avesse un valore e fosse destinato a durare. Una tradizione celtica molto diffusa era quella di fabbricarne culle per donare agli infanti fertilità e forza per lo stesso motivo il giorno del matrimonio venivano bruciate torce di betulla, e fabbricate le imbarcazioni i falò che accompagnavano il defunto nell'aldilà. In erboristeria essa viene usata per le sue proprietà diuretiche e antisettiche dalla sua linfa e dal decotto delle sue foglie infatti si ricava un elisir terapeutico per tutto ciò che riguarda il tratto gastro intestinale, e dalla sua macerazione e distillazione viene ricavato un impacco con forti proprietà antisettiche che a lungo è stato per curare infezioni e ferite. Essa dona agli uomini il calore con il suo legno, la luce con la sua corteccia arrotolata a torcia, e la buona salute con la sua linfa .

Ogham Nella divinazione essa può rappresentare un cambiamento spesso è il dover intraprendere un viaggio/percorso che ci porterà a scoprire nuovi orizzonti, viaggio da intraprendere con forza e decisione come la betulla in primavera quando si libera dal gelo e mette le nuove foglie se saremo in grado di percorrere in sentiero fino in fondo otterremo forza e fertilità.

Sorbo

21 gennaio – 17 sebbraio

Il sorbo è un vero e proprio simbolo di protezione e liberazione. Veniva usato come amuleto per difendersi da spiriti malvagi e incantesimi. Con esso si creavano gli oggetti d'uso quotidiano che non dovevano essere visti dalle fate e le streghe come ad esempio la zagola per il burro, del quale secondo il folclore nord europeo sono ghiotte le streghe. I cacciatori usavano le bacche per attirare gli uccelli in trappola e allo stesso modo si dice che queste bacche siano in grado di attirare la fortuna. Spesso si poteva trovare lungo le recinzioni dei cimiteri in modo che gli spiriti non potessero lasciarli. Abbattere un sorbo senza motivo si dice sia fonte di molte sventure. 

Utilizzo Sul sorbo venivano incisi gli incantesimi protettivi per crearne dei talismani, e un ramo di questo può essere appeso sopra la porta di casa per allontanare visitatori indesiderati. Ha ottime proprietà diuretiche, lenitive ed espettoranti. Tramite il decotto delle bacche e delle foglie si ottengono ottime tisane per i problemi intestinali e/o legati all'apparato respiratorio. Le sue bacche hanno svariati usi, sono commestibili e possono essere usate per produrre confetture o liquori. Come portafortuna venivano fatte essiccare al sole e unite all'impasto del pane per crearne una qualità dolce da consumare nei giorni di festa.

Ogham Questo ogham vi aiuta a distinguere la via e vi protegge , può simboleggiare un pericolo imminente o una richiesta di maggiore protezione.

Frassino

18 febbraio – 17 marzo

Il frassino è il simbolo del potere e della forza che conserva in lui i misteri della vita e della conoscenza. Nelle popolazioni nord europee era l'albero cosmico l'Yggdrasil al quale Odino si immola per ottenere la saggezza. Per i celti esso rappresenta ugualmente il pilastro che regge il mondo (anche se con una cosmologia diversa dal Yggdrasil). Per i greci la ninfa legata ad esso era Adastea chiamata anche Nemesi dea giustiziera che alleva Zeus. In Bretagna per abbattere un frassino gli si doveva chiedere prima il permesso.

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Utilizzo Il frassino è stato allungo una risorsa fondamentale per le proprietà fisiche del suo legno flessibile e molto resistente, con esso venivano creati gli archi e oggetti usati per la guerra. I druidi usavano il frassino per creare bastoni e bacchette di potere, con le sue foglie vengono prodotti ottimi decotti e tisane utili per curare malattie e disturbi del fegato e come coadiuvante per la cura alla gotta, delle patologie renali e artriti. Mentre la linfa dell'albero viene spesso usata per creare sciroppi o caramelle dolciastre. In magia oltre alla fabbricazione di bacchette e bastoni può essere usato per produrre incantesimi e talismani che necessitano di grande forza.

Ogham In divinazione il frassino indica la necessità di ottenere nuova forza anche mediante sacrifici e al con tempo indica che abbiamo bisogno di cambiare in nostro punto di vista e ottenere una visione più ampia delle cose ottenendo la saggezza. Il frassino può donarci la forza necessaria a un cambiamento ma non è sempre facile ottenerla.

Abete

21/25 dicembre

Per secoli l'abete è stato simbolo dell'aspirazione e della perseveranza nel raggiungere un obbiettivo, esso si erge più in alto di ogni altro nella foresta e più a lungo di tutti resiste al gelido abbraccio dell'inverno. I druidi li consideravano i simboli di lunga vita per la loro altezza e resistenza e attribuivano loro particolari onori durante le festività invernali. Tutt'oggi l’abete è l’albero di Natale nelle zone dell’Europa Centrale, scelto per i suoi aghi aromatici, di lunga durata.

Utilizzo Tutta la pianta contiene tannino, trementina è ottima per i problemi respiratori, sinusiti e asma Inoltre impacchi di questa pianta guariscono le ferite e le contusioni. Estratti di abete posso essere aggiunti all'acqua per creare un bagno purificante di forte efficacia, liberando il corpo da tossine ed energie negative. Sia la corteccia che gli aghi che la resina sono da sempre usati per la creazione di incensi e aromi purificanti. Nella ritualità trova il suo fulcro a Yule, dove viene usato sia per le decorazioni (che verranno bruciate a Beltane) sia per la creazione di incanti.

Ogham Nell'alfabeto Ogham simboleggia le aspirazioni e la veggenza per mezzo di visioni, esso può indicarci di perseverare ed aspettare che l'inverno passi o che dobbiamo innalzarci per guardare oltre gli ostacoli.

Fonti: Wikipedia, Riti e misteri dei druidi - Philipe Carr-Gomm, A guide to Ogam - Damian McManus, L' oracolo celtico degli alberi - Liz Murray, Colin Murray, www.celticworld.it

Sereg

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Creazioni Magiche Le Candele

Occorrente:  Stampi: gli stami per una candela servono per dare la forma desiderata, solitamente si usano degli stampi, di questi ve ne sono di due tipi: i primi sono quelli in cui puoi togliere la candela una volta che ha preso la forma, il secondo tipo è uno stampo lungo in cui la candela rimarrà e dunque non verrà tolta. Lo stampo è sostituibile con una lattina, una tazza, un tronco svuotato, del legno, barattoli, bicchieri o anche una coppa di noce di cocco!  Paraffina: è la cera per candele più diffusa in commercio, si alternativa a questo, si può scegliere di usare anche la cera d'api fatta con elementi naturali e quindi non inquina l'ambiente al contrario di quelle industriali e quando la si accende rilascia un gradevole odore di miele, il colore della candela fatta con la c'era d'api è ambra, in commercio è un po’ cara, ma ne vale la pena a mio parere. Stearina: conferisce la solidità e le permette di bruciare in modo costante e lento la candela, bisogna usarne pochissima. Stoppino: è un filo di cotone la cui misura varia a seconda della lunghezza della candela e viene imbevuto di cera. In caso non abbiate la possibilità o non lo troviate si può sostituire con cotone da uncinetto, che bagnerete nella cera calda.

Colori per la cera: per colorare la cera si possono usare pezzi di pastelli a cera (ovviamente sciolti), e in questo caso il colore della candela avrà dei colori poco uniformi oppure tingere la cera con spezie ed erbe colorate, per esempio usare dei chiodi di garofano in polvere per ottenere il marrone, usare la paprika in polvere per ottenere il rosso e via dicendo.

Pentolino: procuratevi un pentolino d'acciaio con tanto di coperchio per riporre la cera e scioglierla, nel mentre procuratevi anche un coltello, un cucchiaio ed evitate gli oggetti in legno!! Altri strumenti: un taglierino, carta da forno, phon per riscaldare i fogli, bastoncini di legno o di plastica per tenere in posizione lo stoppino sulla candela, un ago lungo da tappezziere.

Procedimento:  Procuratevi due pentole, una grande e una piccola: Riempite una pentola dalle dimensione generose con acqua fino a metà e mettetela sui fornelli per farla scaldare. Nella pentola più piccola mettete la paraffina e la stearina (9 parti + 1 parte), lasciando sciogliere il tutto a bagnomaria.  Poco alla volta, quando noterete che la cera si è sciolta nel pentolino giungete i coloranti e gli aromi per profumare la candela (se si vuole e se si usa la cera industriale) e nel frattempo con il cucchiaio mescolate il preparato, ricordate mentre aggiungete il colore che

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quando la cera si solidifica il colore diventa più intenso e scuro, quindi non esagerate se volete colori tenui e delicati, Nel frattempo, quando ancora la cera è calda, prendete gli stoppini o nel caso avesse scelto l'alternativi, il filo di cotone e immergetelo nella cera, e poi mettetelo ad asciugare e ripetete questo procedimento per altre due volte, il risultato che dovrete ottenere è uno stoppino rigido. Lo stampo dev'essere unto successivamente con olio, per aiutarvi potete fare ausilio di un pennellino, poi nello stampo potrete finalmente inserire lo stoppino, riempitelo lentamente facendo attenzione che non si creino bolle d'aria con la cera e assicuratevi di porre il tutto su una superficie come un marmo, ovvero resistente al calore! Quindi evitate il legno, ferro e altri conduttori di calore, la temperatura della cera dovrebbe essere di 80° C, e da questo momento in poi lasciatela raffreddare a temperatura ambiente ma EVITATE il frigorifero! Quando sarà raffreddata sarà pronta, toglietela dallo stampino, se volete, e da quel momento potete anche occuparvi di decorarla a vostro gusto come meglio credete.

La Bacchetta Per le streghe la bacchetta è lo strumento per eccellenza per dirigere le energie, non a caso viene considerato il prolungamento del braccio della strega in questione. Per creare una bacchetta si usa recarsi la notte, precisamente dopo il crepuscolo quando la luna è piena nel periodo invernale o autunnale (quest' ultimo è meglio) quando l'energia dell' albero tende a versare importanza sulle radici il giorno di mercoledì. Con sé bisogna portare un bolline, un nastrino rosso, dei doni, olio essenziale di mandorle e una nanta (una sacca su cui la strega ripone i propri oggetti rituali o il proprio grimorio). Si cerca l'albero che abbia le caratteristiche che riteniamo più adeguate secondo i nostri gusti tenendo a mente che sarebbe preferibile un albero robusto e forte, in merito sono consigliati in assoluto il Salice, che è un classico e il Sambuco, la Quercia, il Nocciolo, c'è chi anche senza cercare ha già il ''suo'' albero, con cui anche fin da bambini ha instaurato un forte legame, in casi come questo è meglio rivolgersi a lui piuttosto che abbandonarlo per rivolgersi ad un altro con cui non si ha confidenza. Una volta effettuato questo passo, si procede nella scelta del ramo successivamente tagliato con il nostro Bolline, e nel punto esatto in cui

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avverrà l'incisione si pone un nastrino rosso e del miele, alla base del tronco dell' albero si porgono invece dei doni in segno di gratitudine e riconoscenza, come doni si possono offrire del latte, tabacco, granturco, fertilizzante o anche semplicemente dell' acqua, dal quel preciso istante noi e l' albero saremmo indissolubilmente legati. Il taglio della pianta deve essere netto, veloce, non si deve lasciar a penzoloni nessun pezzo di corteccia e tanto meno va strappato con la forza. Prima effettuare qualsiasi taglio all' albero, è importante imparare prima a conoscerlo, a saperci dialogare e confidarsi, prima di fare qualunque azione dunque parlategli della vostra scelta e fate attenzione se la vostra richiesta è stata accolta o negata, e non ignorate ciò che vi comunica.

Le dimensioni di una bacchetta sono di circa 40 cm. dovrebbe corrispondere alla lunghezza che intercorre fra la punta del vostro dito medio della mano destra e il gomito. La parte inferiore di una bacchetta dev'esser un po’ grossa e larga per simboleggiare il legame maschile, fino a farsi sempre più snella e slanciata per rappresentare quella femminile, dopo questa procedura la si pone in un luogo al sicuro dagl' occhi indiscreti che potrebbero disturbare l'operazione per un periodo che comprende tre giorni a partire dal calar del sole del primo dì fino al calar dei tre giorni successivi e deve stare a bagno negl' oli essenziali , passato quest' arco di tempo la bacchetta andrà sottratta alla natura e riposta all' interno della nostra nanta e tirata fuori alla prossima luna piena ove domanderete agli dei e le

dee la benedizione e la consacrazione del vostro oggetto rituale, per l' occasione procuratevi una candela bianca.

Questo strumento è altamente personalizzabile, in cima alla bacchetta potete incastonarvi una pietra o un cristallo, è solito fissare un quarzo, nel busto incidervi il proprio nome da strega, runa o un simbolo esoterico a cui siete legati, decorarla con nastrini, piume o rivestire la parte inferiore ove viene impugnata con il palmo della mano con della pelle preferibilmente nera.

Non abbiate mai fretta di fare le cose, meglio le cose fatte lentamente ma bene che veloci e malconce, la bacchetta può ''manifestarsi'' per così dire in altri oggetti o forme che non siano quella classica. Può fungere da bacchetta una matita per esempio, una candela, una stecca di gelato, un bastoncino di legno o anche una cannuccia! Ricordo sempre che non sono gli oggetti a fare la strega ma costoro sono solo ausili ad essa!

L’Incenso Gli incensi sono degli strumenti rituali base solitamente presenti durante le nostre azioni stregoniche e/o magiche, generalmente gli incensi che sono esposti in vendita non sono fatti con prodotti naturali, la conseguenza? Un prodotto più scarso, con un odore meno gradevole di come sarebbe dovuto essere e oltretutto dannoso per l'organismo umano e ambientale; proprio per questo è anche (oltre che bello) utile imparare a fare gli incensi dal momento che non è complesso.

Occorrente:  erbe aromatiche resine olii essenziali (opzionale) mortaio in marmo o pietra porta incenso/bruciatore carboncino

Le resine naturali sono totalmente prive di sostanze tossiche e dunque dannoso per il nostro organismo e ambiente, Il metodo migliore per bruciare resine è quello dell' utilizzo del carboncino indipendentemente dallo stato fisico che ha. La resina è facilmente infiammabile a temperature relativamente basse, quindi è più che sufficiente bruciarne una modesta quantità per ottenere un fumo generoso il suo utilizzo è consigliato in ambienti areati poiché il fumo dell' incenso tinge le pareti di giallo e le macchia. Le resine

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consigliate per chi è agli inizi sono l' Olibano, la Gomma arabica e il Benzoino perché sono piuttosto semplici da polverizzare.

Prima di cominciare a preparare un incenso è meglio scriversi da qualche parte oppure costruire una tabella su foglio di carta per segnare l'occorrente necessario così che non sfugga nessun passaggio o materiale. Solitamente si inizia con le resine (quelle degl'alberi o piante) che quando vengono bruciate con un carboncino posto alla base, questa emana un odore gradevole all' olfatto, a queste possono esser aggiunte anche delle erbe aromatiche. Se brucerete solo le erbe però il vostro risultato sarà quello di un qualsiasi odore di bruciato. Per mischiare le erbe e le resine da voi scelte, utilizzate un mortaio in marmo o in pietra, la scelta di questi due materiali è dovuta al fatto che non assorbono gli odori, sono più ''igienico'' in quanto non si colorano della linfa delle erbe quando vengono tagliate. Se utilizzeremo invece un mortaio in legno potrà succedere che il legno si macchia e la macchia non si può rimuovere oppure si rimuove con molta difficoltà, apportando anche un po’ di rovina al legno! E inoltre il legno, assorbe molto più gli odori.

Per costruire la base del vostro incenso utilizzate tre ingredienti o comunque un numero sempre dispari, e preoccupatevi di polverizzarli al meglio per evitare certi spiacevoli odori di bruciato che potrebbero crearsi, amalgamate bene il tutto per mischiare i profumi.

Una volta composta la base omogenea, provvedete ad aggiungere le erbe aromatiche scelte e sempre eseguendo lo stesso procedimento sminuzzatele con il bolline fino a polverizzarle e raggiungere lo stesso risultato ottenuto con le resine, fate inoltre attenzione al quantitativo: non esagerate troppo con la quantità di ciascun elemento, cercate di stabilirle un buon equilibrio, potrebbe succedere altrimenti che alcuni odori vengano soffocati da altri più forti.

Aggiungete gli ingredienti in base ai vostri gusti e alla motivazione per cui vi serve l'incenso. E' consigliabile usare erbe comunque secche perché se non lo sono producono umidità che andrà a peggiorare la qualità del prodotto che farete.

Alla fine del procedimento otterrete una polvere che appare inumidita, in realtà è l'effetto della resina che crea una sorta di collante tra le erbe. Possibilmente non chiudete subito il contenitore dell'incenso preparato, lasciatelo aperto per un giorno e una notte in modo che se dovesse comunque esserci un minimo di umidità questa possa evaporare. Al fine del vostro lavoro potete finalmente aggiungere massimo tre o due gocce di olio essenziale, la cosa comunque è opzionale, c'è chi lo mette e chi no, seguite i vostri gusti e decidete, badate però che se ne metterete troppo l'odore dell' olio che è ben più intenso, rischia di soffocare gli altri aromi!

Una volta finito il tutto, accendete il carboncino con dei fiammiferi tenendolo con delle pinzette. Perché con le pinzette? Per il semplice fatto che il carboncino assorbe il calore in maniera semplicemente velocissima e scotta, infatti, proprio per evitare situazioni spiacevoli, è bene appoggiare subito il carboncino su un piattino o se lo avete un porta incenso, tenete lontano tutto il materiale da fonti facilmente infiammabili (specialmente la resina!) e soprattutto non teneteli in giro per caso senza custodia perché è pericoloso. Dopo aver preso queste importanti precauzioni ponete sopra il carboncino poco alla volta il composto creato, ed è pronto per esser usato.

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Le Rune Le rune possono esser create con diversi materiali a vostra preferenza:

Legno, è l'ideale, il materiale prediletto ottimo anche per dei talismani runici in questo caso Terracotta Pietre, sassi e cristalli Pasta di sale Gesso

A questo punto, a seconda del materiale che avete scelto: pietre, sassi e cristalli e terracotta, potete disegnarci sopra la runa con dei pennarelli indelebili colorati oppure dipingerle con dei pennelli a punta sottile, se invece scegliete della pasta di sale o della terracotta potete incederle con il bolline. I procedimenti più complicati vengono dunque con il legno, la pasta di sale, il gesso e la creta.

Ora vediamo come farle con ciascuno dei seguenti materiali:

Pasta di sale Per creare della pasta di sale l' occorrente necessario è la farina di tipo 0 oppure quella di tipo 00 con quest'ultima rendiamo la pasta più bianca, l'acqua a temperatura ambiente presa anche dal rubinetto di casa vostra e il sale fimo necessario perché evita che il tempo deteriori l'oggetto e dunque lo aiuta nella sua conservazione,

Per preparare un impasto dobbiamo riempire una tazza di sale fimo e due di farina e poi versare il contenuto su una ciottola abbastanza capiente e versare il tutto, poi poco alla volta versare un po’ d'acqua e cercare di amalgamare il contenuto con un cucchiaio di legno e quando notiamo che l'impasto assume la consistenza desiderata si comincia a lavorarla con le mani per un tempo di circa venti minuti.

Se desiderate colorarle potete svolgere l'operazione sia prima, sia dopo la cottura:

Nel caso in cui scegliate di colorarle prima della cottura potete usare dei colori a tempera, alimentari, o delle spezie ponendo la tempera/spezia all' interno di una pallina di pasta e poi e impastare finché le palline non raggiungono un colore uniforme, ricordiamo che dopo la cottura il colore si schiarisce di tanto, quindi se volete colori intensi non abbiate paura ad abbondare! Se invece scegliete di colorarle dopo la cottura usate acquarelli o tempere, ora dategli una forma, la classica forma delle rune è quella ovale che ricorda una pietra, fatele un pò grandi e delicatamente incidetevi i simboli delle rune e arrivati quasi alla fine del procedimento resta l' asciugatura che potete eseguire in due modi: a temperatura bassissima nel forno di casa per almeno dieci ore oppure lasciarle all' aria aperta per molto più tempo rispetto alla prima opzione, ma in tempi di crisi credo sia la cosa migliore quest' ultima in quanto più economica!

Ultimo e importante passo: vernicia le tue rune una volta asciutte con della vernice trasparente, lucida od opaca a vostra preferenza affinché possano resistere all' umidità

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Terracotta Bisogna avere a portata di mano per poter creare delle rune con la terracotta i seguenti materiali:

Creta Vernice finale Forno elettrico Smalti a fuoco

I procedimenti in estesi in breve sono:

Forgiare Essiccare, asciugare Cuocere Decorare

Consigli pratici prima dell'uso:

- non mischiate mai argilla dura con argilla più morbida perché causerebbe delle tensioni sulla terra in lavorazione e durante la cottura c'è il rischio che si possano creare delle crepe, portare a delle imperfezioni e conseguirne una rottura..

- se comprate i blocchi d'argilla già preconfezionati per l'uso non c'è bisogno di lavorarla e impastarla

- non strappate l'argilla dal blocco con le mani aggressivamente, ma usate un filo d'acciaio con delicatezza cercando di non rovinarne la forma del resto di argilla che non userete, o nel caso dovesse avanzare

- l'argilla rimasta, o non usata deve esser conservata in un luogo fresco sigillata da plastica e fate bene attenzione a non creare con la pellicola di plastica delle bolle d'aria all' interno, perché è queste che dovrete evitare!

Prendere della creta, quella disponibile in commercio più comunemente sono quella rossa e quella bianca. Prendiamo in esempio quella bianca, modellarla con le mani a forma ovale o di pietra, rombo o come preferite su una base di legno o di masonite, una volta fatto questo passo lasciatele riposare per un po’ su un piano di gesso o legno evitando le correnti d'aria. Incidete i simboli prima che la creta da grigia che era da quando l'avete lavorata diventi bianca. Quando noterete che la creta assume questo colore, ponetele su un vassoio ed effettuate la cottura al forno per circa tre quarti d'ora a 250°C, una volta passato quest' arco di tempo, potete dare un' ultima rifinitura alle vostre rune e colorarle. Prima di colorarle utilizzate della tela di smeriglio leggermente imbevuta in olio naturale per eliminare tutte le eventuali porosità,

Il mio consiglio è di utilizzare un colore chiaro la parte sfondo della runa e di un colore più scuro e decisivo dove avete inciso la runa così che il simbolo risalti ancora di più.

Poi con degli smalti a fuoco ripetiamo la colorazione e rimettiamo le rune al forno ad una temperatura più bassa a 150°C per mezz'ora. E al fine del tutto, le rune sono pronte!

Pietra, sassi e cristalli Per questi, il procedimento è molto semplice: procuratevi a vostra scelta dei colori a tempera o colori acrilici*, dei pennelli, personalmente uso quelli DaVinci con cui mi trovo abbastanza bene, e le vostre pietre o cristalli. Assicuratevi che prima di disegnare le rune sui vostri cristalli, essi siano stati ben lavati e asciugati, e dopo ciò iniziate pure a disegnare, e saranno pronte.

Vantaggi e svantaggi di usare dei colori acrilici: i vantaggi di questi colori sono numeri, mi piacciono perché asciugano velocemente il tempo si aggira intorno ai soli trenta minuti infatti, possono diluirsi con l' acqua esattamente con gl' acquarelli, e sempre come gli acquarelli purtroppo.. man mano che asciuga il colore va a schiarirsi sempre un po’ di più di qualche tono dunque è bene ripassare un po’ di volte il colore se di vuole ottenere qualcosa di vivo, mentre se per esempio utilizzate colore di ''luce'' questi si schiariscono, e per schiarirli dovrete ripassare più volte il colore per donargli la stessa lucentezza che aveva nel momento in cui disegnavate, in alternativa, potete anche usare del gesso acrilico.

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Gesso Qualsiasi tipologia di gesso che sceglieremmo, la procedura base che accomuna tutti sono queste:

Miscelazione Fase di gemito Fase di presa Fase secca

La miscelazione è la prima fase in cui farete appunto miscelare il gesso all' interno di un contenitore d'acqua con molta delicatezza, quando eseguirete questa prima operazione dovrete far attenzione a non formare dei vortici nell' acqua o increspature, quindi con movimenti non troppo veloci andrete a mescolare il composto in senso rotatorio e al fine di questo, prima di riporre il preparato all' interno di un contenitore pulito preferibilmente in gomma, bacchettate un po’ sulle pareti del primo contenitore su cui avete appena finito di miscelare per rimuovere eventuali bolle d'aria che potrebbero crearsi.

Poi si passa alla seconda fase in cui il gesso può esser lavorato, rifinito e dare forma nel giro 10- 15 minuti, per aggiungere del tempo dovete aggiungere acqua fredda/succo di limone/aceto alla miscela. per ridurlo invece basta aggiungere dell'altro gesso. Dopo tutto, anche quando il gesso ha assunto la fase di presa e risulta già più duro, si può ancora lavorare, ed è in questo momento che dovrete incidere le rune prima che si asciughino completamente, in caso ci siano delle ''crepe'' o dei buchi nelle rune che volete rimuovere, potete aggiungere dello stucco.

Infine, la fase dell' asciugatura è quella che richiede più tempo e a seconda del gesso usato può andare da qualche giorno fino a una settimana addirittura! Dopo che le rune sono completamente asciugate, solo e soltanto in quel momento potrete colorarle, fare eventuali patinature. Osserviamo che se usate colori acrilici per la colorazione questa a contatto con il gesso dà subito un effetto di immediata asciugatura, quindi non fidatevi e lasciate che il tempo faccia il suo dovere

Fonti: dinamico2.unibg.it, www.artegiando.it, www.thereef.it, www.paganesimo.info spiritodelbosco.blogspot.it, www.makehobby.it, foto delle rune di Skayler

Astrid asgardsreien

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Superstizioni e Credenze La superstizione svolge un suo preciso ruolo nella vita di tutti noi, e per quanto i più si potrebbero arguire che la ragione dovrebbe sempre trionfare sull'istinto, la questione rimane: lo fa davvero? Gli istinti mentali che per migliaia di anni, alla faccia di tutti i progressi scientifici e tecnologici, hanno sottomesso la nostra ragione, insidiosi negli angoli più remoti della nostra coscienza, sono sempre pronti a condizionare il nostro comportamento sociale e le nostre attitudini alla vita.

‘La vera origine della superstizione – scrisse lo storico T.S.Knowlson – va ricercata nello sforzo dell’uomo primitivo di spiegare la natura e la propria esistenza, nel desiderio di propiziarsi il Fato e di sollecitare la Fortuna, e nell'inevitabile tentazione di spiare nel futuro. Soltanto da queste fonti può essere scaturito il sistema di rozze nozioni e pratiche ancora esistenti. ’

Grosso modo, le superstizioni assumono tre forme che possono essere definite come segue:

1. L’idea che se si intraprende una certa azione ne risulterà una cattiva sorte.

2. Il compiere uno specifico rituale destinato a provocare i risultati desiderati.

3. La lettura dei presagi attraverso i quali un determinato evento, buono o cattivo, si manifesterà.

Knowlson spiega così i presagi di cui si parla nel terzo punto: ‘Non esiste un’origine definita per i presagi, sono vecchi almeno quanto l’uomo. Da tempo immemorabile gli aspetti mutevoli della natura hanno suggerito all'uomo i cambiamenti che potrebbero intervenire sulla sua stessa vita. Il volo di un uccello, un coniglio che gli attraversa la strada e un’infinità di altri dettagli, sono stati assunti come segnali di qualcosa che preannuncia un bene o un male e ciò va a testimoniare la quasi universale paura con cui l’uomo ha sempre osservato le forze che circondano la propria vita. ’

Ma il fatto di riuscire a definire e a un certo livello anche a spiegare sia i presagi che le superstizione in nulla ha concorso nel ridurne l’influenza pratica, al punto che un vecchio cinico come Francis Bacon dice ‘l’uomo registra quando riesce, mai quando fallisce’. Per poi aggiungere: ‘è inoltre degno di nota il fatto che una genuina e solenne premonizione tende a operare per il proprio compimento nella mente dell’uomo superstizioso, il quale, consentendo alla cosa in oggetto di prevalere sul proprio spirito, indebolisce così i propri poteri vitali, e forse in un momento critico risveglia anche qualche latente e assopito guaio destinato a un’azione mortale. ’

Inoltre, il famoso pastore e naturalista inglese Gilbert White non fa che sottolineare questo stato di cose quando dice: ‘Scrollarsi di dosso dei pregiudizi da superstizione è la cosa più difficile che esista al mondo, visto che li abbiamo addirittura succhiati come si trattasse di latte materno. Crescendo così insieme a noi, si intrecciano a tal punto con il nostro modo di essere che occorre il più sovrumano degli sforzi per svincolarsi da essi. ’

Va infine detto che un certo numero di superstizioni persiste in quanto, per taluni aspetti, si riferiscono a materie sulle quali siamo ancora ampiamente ignoranti, e questa è una buona ragione per cui quelli che professano di essere soltanto un po’ superstiziosi non dovrebbero affrettarsi troppo a criticare altri che nutrono un’autentica apprensione per quest’ordine di cose. È probabilmente uno dei grandi miti di quest’era scientifica l’idea che le superstizioni possono e vogliono essere svelate nella loro sostanza dalla scienza, quando invece i fatti dimostrano che esse non sono che adattate o addirittura rielaborate in una forma pseudo-scientifica.

Siete un po’ curiosi di leggere le superstizioni che sono nate negli anni passati? Inizio a presentarne alcune qui di seguito.

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Agrifoglio

L’agrifoglio, che svolge un ruolo tanto importante durante le celebrazioni natalizie, trae il suo nome in inglese dalla parola ‘sacro’ e la tradizione vuole che le sue foglie sempreverdi rappresentino la vita eterna, che le sue bacche rosse siano il simbolo della crocifissione, e che le sue spine ne facciano un deterrente ideale contro ogni tipo di spirito del male. Ecco dunque spiegata la ragione di tanta abbondanza di agrifoglio esposto sulle porte di casa, per decorare le stanze e per assicurare un natale affrancato da ogni minaccia di disgrazie. La superstizione decreta che l’agrifoglio va raccolto prima della vigilia di natale, altrimenti sarete esposti alle cattive intenzioni di un nemico che potete avere sia nel mondo reale che in quello degli spiriti. Le foglie pungenti dell’agrifoglio si dice che siano maschie, quindi fortunate per gli uomini; mentre la varietà liscia è femmina e porterà fortuna alle signore. A parte la buona sorte che può recare come pianta, si dice che l’agrifoglio sia anche un presagio del tempo: quando i suoi rami cadono appesantiti dalle bacche si prepara un inverno duro e nevoso. La pianta è anche considerata un buon protettivo contro tuoni e spirito maligni, nonché una cura divertente contro i geloni: basta pungere il piede con la spina di una foglia per ‘succhiare via il sangue gelato’.

Fuoco Il focolare è sempre stato al centro di numerose superstizioni che datano dai tempi in cui il fuoco era visto come la fiamma degli dei e andava quindi trattato con il massimo rispetto. Per questa ragione si dice che porti male se un estraneo alla famiglia p qualcuno che non sia un amico di lunga data attizza il fuoco, perché ciò corrisponderebbe a una mancanza di riguardo verso gli dei. C’è una credenza assai curiosa secondo cui il fuoco non si accenderà mai all’aperto sotto la luce diretta del sole e ciò sembra originare dal fatto che la prima fiamma usata dall’uomo fosse stata rubata dal sole e che il grande astro fosse per questo motivo molto geloso di tutti i tentativi di imitare il suo potere. Se un fuoco preventivamente preparato prende fiamma rapidamente senza interventi artificiali si dice che la famiglia in questione riceverà presto visite. Se invece il fuoco ‘tira’ male allora ci sono spiriti maligni all’opera e si deve porre l’attizzatoio ad angolo retto con la grata in modo da formare la croce e scacciare quindi le cattive influenze. Un fuoco che brucia a un lato solo della grata indica l’eventualità di nozze in vista, mentre uno che crepita eccezionalmente indica gelo. Quando il fuoco è già avviato, se viene attizzato e immediatamente lingue di fiamma si sprigionano verso l’alto, potete stare sicuri che il vostro amato, ammesso che sia lontano di casa, gode di ottima salute. Se il fuoco ruggisce su per il camino, allora ci sarà presto una feroce discussione in famiglia o una tempesta fuori. Se un buco dovesse prodursi nel fuoco mentre brucia, dicono i gallesi che una tomba dovrà essere scavata presto per qualcuno in famiglia. Scintille sul fondo del camino indicano importanti novità in vista e ci sono in questo caso de segni da leggere dal tipo di tizzoni che si vedono: la tradizione li ha divisi in due categorie, tizzoni allungati chiamati ‘bare’ e quelli dalla forma ovale chiamati ‘culle’. Le ‘bare’ che saltano fuori dalle fiamme son un presagio di morte in famiglia, mentre le ‘culle’ indicano un parto a breve in casa. Per quanto oggigiorno sia raro trovare una casa in cui ciò succeda, esisteva una diffusissima superstizione secondo cui la mala sorte sarebbe caduta sulla famiglia che non si curava di pulire la grata delle braci prima di andare a letto la sera. E ugualmente in disuso sarebbe la

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credenza secondo cui una caduta di fuliggine sul fuoco presagirebbe una terribile disgrazia in arrivo. In America se un fuoco arde brillantemente la mattina di natale, allora si prepara un anno denso di fortune, ma se al contrario stenta a ravvivarsi si preannunciano tempi duri. Infine, mai lasciare che i bambini giochino con il fuoco prima di coricarsi perché, a parte gli ovvi rischi, una superstizione scozzese dice che faranno la pipì a letto.

Pettirosso La superstizione vuole che questo uccello abbia acquistato il petto rosso quando tentò di strappare le spine dalla corona insanguinata sulla testa di Cristo inchiodato alla croce. È logico quindi che si consideri come la più tremenda delle sfortune cercare di uccidere o mettere in gabbia uno di questi uccelli (un poema di William Blake riporta: ‘un pettirosso in una gabbia mette in furia l’intero paradiso’) e una credenza molto diffusa dice che la mano che compiesse un simile delitto tremerebbe per sempre da quel momento in poi. Gli irlandesi credono che uccidere un pettirosso procurerà un grosso rigonfiamento sulla mano destra che impedirà di lavorare, mentre nello Yorkshire se la persona in questione possiede una vacca, questa darà latte color sangue. In ogni caso, recare danno a questo uccellino porta sfortuna e se vi dovesse capitare di spezzargli un ala, lo stesso capiterà al vostro braccio; invece rompere un uovo di questa creatura avrebbe come conseguenza inevitabile quella che voi stessi verrete schiacciati. Un pettirosso che vola in casa attraverso una finestra aperta è presagio di morte e un pettirosso che picchia con il becco sulla finestra in una camera dove una persona giace ammalata, indica che il paziente morirà. L’uccello serve anche a indicare il tempo: se un pettirosso cerca rifugio tra i rami di un albero o in una siepe, la pioggia si avvicina, mentre se sta appollaiato su un ramo, allo scoperto, cantando nervosamente, per quanto scuro e cupo può essere il tempo, il sereno tornerà presto. Benchè svaligiare il nido di qualsiasi uccello sia un atto di crudeltà, portar via le uova di questo uccello significa attirare particolarmente la sfortuna. Persino i gatti, si dice, rispettano questo uccello sacro. Infine, quando si vede per la prima volta dell’anno un pettirosso, si deve esprimere un desiderio, ma molto in fretta perché se l’uccello vola via prima che si sia deciso cosa desiderare, ci si deve aspettare dodici mesi di cattiva fortuna.

Natale La maggioranza delle superstizioni e dei presagi associati al natale sono di natura felice, e non pochi si riferiscono addirittura all’amore e all’affetto, come del resto sembra appropriato per questo tipo di festività. La vigilia di natale, per esempio, se una ragazza cammina con le spalle rivolte a un albero di pere e poi vi gira attorno per nove volte allora vedrà l’immagine del suo futuro marito. Se non ci sono alberi di pere a disposizione, la ragazza potrà recarsi al pollaio e battere in maniera decisa contro le sue pareti: se la gallina canterà la ragazza non si sposerà entro l’anno, ma se sarà il gallo a cantare allora la fortuna l’assisterà. Come soluzione estrema ci sono anche le foglie di salvia: la ragazza che volesse sapere qualcosa del suo futuro marito dovrà andare in giardino, raccogliere dodici foglie di salvia e gettarle al veto, finchè non si presenterà l’immagine di un uomo. Una prova d’amore la si può ottenere con una rosa raccolta il giorno del solstizio d’estate e conservata fino a natale, quando sarà esaminata, e se sarà ancora fresca l’amore della ragazza che l’avrà scelta risulterà autentico e duraturo. Per quanto sia diffusa una credenza che sostiene il contrario, la superstizione vuole che i fantasmi non si fanno vedere il giorno di natale, anche se è sempre bene aprire tutte le porte a mezzanotte per lasciare che gli spiriti maligni abbandonino la casa. Per coloro che sono patiti di giardinaggio, se hanno tempo di legare della paglia attorno agli alberi da frutto la sera di natale si assicureranno così un ricco raccolto per la stagione successiva. A parte ogni considerazione estetica, le decorazioni natalizie di agrifoglio e vischio si ritiene che funzionino da guardiani contro i cattivi spiriti, anche se porta male conservarli oltre la notte della befana, cioè il 6 gennaio, che coincide con la data del vecchio giorno di natale. Le sempreverdi non andrebbero mai buttate via nella spazzatura, ma accuratamente bruciate, altrimenti avverrà una morte in famiglia. La piacevole superstizione mantenuta per i bambini secondo cui Babbo Natale riempirà di doni le calze lasciategli durante la notte ha le sue origini

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nella leggenda circa San Nicola, patrono del giorno di natale. Si dice che questo santo si sia recato nella casa di tre fanciulle che vivevano nella più crudele povertà e abbia lasciato cadere tre monete giù nel camino. Invece di cadere al suolo tuttavia le monetine si andarono a infilare nelle calze che le ragazze avevano appeso ad asciugare e lì furono scoperte il mattino dopo. Da qui la leggenda che Babbo Natale scenda dal camino. Se splende il sole la mattina di Natale, si dice che corrisponda a un presagio di buon raccolto nell’anno entrante, ma nell’ Huntingdonshire è diffuso un verso che suona così: ‘Natale luminoso, spiga leggera; Natale buio, spiga pesante’. Scegliete voi dunque. Nel nord dell’Inghilterra l’usanza del primo che entra in casa è ancora rispettata anche se da altre parti la stessa pratica si riferisce al giorno di capodanno. Un uomo dai capelli scuri dovrebbe essere il primo ad entrare in casa la mattina di natale per aver garantita la buona sorte, mentre se la prima a farsi viva sarà una donna si tratterà di un presagio di sventure. Si dice inoltre che non sia bene portar fuori degli oggetti dalla casa nella mattina di natale prima che qualche alto oggetto non sia stato introdotto. Il piacere di un natale bianco non dovrebbe far dimenticare il fatto che corrisponde a un presagio di morti imminenti per il prossimo anno, mentre la mancanza di neve significa il contrario. Infine, quando si è tutti seduti attorno al crepitante fuoco natalizio date un’occhiata attenta alle ombre che danzano sui muri. Tutte quelle che appaiono senza testa appartengono a persone che moriranno nei prossimi dodici mesi.

Dolce di Natale Mescolare il dolce di natale mentre lo si sta preparando rende fortunati tutti coloro che prendono parte alla festa, ma è essenziale mescolarlo in senso orario, costume che risale al tempo degli antichi, quando tale gesto era compiuto in onore del dio Sole. Ogni persona può, mentre mescola, esprimere un desiderio, che dovrebbe avverarsi ammesso che non venga rivelato a nessuno.

Vischio Il vischio, quel simpatico pretesto per rubare un bacio a Natale, si dice che si sia meritato questa prerogativa in seguito a un cattivo comportamento, in seguito al quale gli dei primitivi lo condannarono per sempre a osservare le belle ragazze mentre venivano baciate. Una spiegazione forse un po’ verosimile risiede nel fatto che la pianta era considerata sacra dai Druidi, che la chiamavano ramoscello d’oro e ne avevano fatto un oggetto di adorazione. Si dice anche che il vischio dia una pianta del tuono e per questo possa proteggere una casa dalle tempeste e che sminuzzato e bollito sia un ottimo rimedio contro avvelenamenti. È interessante rilevare che in certe zone contadine dell’Inghilterra si sostiene ancora oggi che se una ragazza non viene baciata sotto il vischio prima di sposarsi sarà sterile per il resto della sua vita. Importante è non portare ai a casa la pianta intera se non si vuole tirarsi addosso la più nera delle disgrazie. Infine, un avviso a proposito del ramo di vischio sotto il quale si sono scambiati baci in quantità: a meno che non lo si bruci la sera della Befana, dice una superstizione registrata in molti paesi europei, tutti coloro che si sono baciati sotto quel ramo litigheranno prima che finisca l’anno.

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Candela Un po' ovunque in giro per il mondo si ritrovano superstizioni e presagi associati alle candele. In una delle più antiche è contenuto il sistema di predire il futuro: se una candela non si accende c'è tempesta in vista, mentre se la fiamma stenta o si mette a ondeggiare in una stanza in cui non c'è vento o corrente, allora è imminente il cattivo tempo. Se la fiamma arde di color azzurro indica gelo o una morte nel circondario. Se dovesse poi sgocciolare e far sì che la cera assuma forme serpeggianti allora è un presagio di morte riferito alla persona che siede più vicina.

La superstizione vuole anche che sia importante accendere candele in occasione di una nascita, di un matrimonio o anche di un decesso, per essere sicuri che gli spiriti maligni siano tenuto in scacco in quei momenti cruciali.

Si dice che se una cadela emana una scintilla luminosa è un segnale che la persona seduta di fronte riceverà una lettera, anche se ai giorni nostri sembra più corrispondere al presagio che è in arrivo qualche visitatore.

Francesi e tedeschi credono anche che la candela sia un test di verginità, dal momento che soltanto una ragazza pura può tenerne una accesa quando questo è ormai sul punto di spegnersi.

Nell'inghilterra settentrionale la candela viene usata come incantesimo d'amore e si crede che se due spilli vengono infilati in una candela accesa, nel momento in cui la fiamma avrà bruciato tutta la parte che sovrasta gli spilli arriverà l'amato desiderato. A patto però che si aiuti l'incantesimo recitando i seguenti versi mentre si infilano gli spilli: 'Non soltanto la candela in sto trapassando, bensì il cuore di (nome dell'amato o amata); che sia sveglio o stia dormendo, verrà subito da me.'

Accendere una candela da un fuoco già vivo vi impedirà di diventare ricchi, mentre lasciare che una candela si consumi da sola corrisponde a inseguire la sfortuna.

Spegnere incidentalmente una candela è presagio di nozze.

La piacevole abitudine di accendere candele sulle finestre durante il periodo natalizio trae origine dall'idea che esse possono indicare alla sacra famiglia la via per raggiungere Betlemme. Ai giorni nostri queste sono la garanzia di un anno di luce, di calore e di benessere in famiglia.

Comete Da secoli e secoli le comete sono considerati presagi di disgrazia, il che ha trovato spiacevolmente conferma in più di una occasione. Alla stessa stregua le tempeste di tuoni e le insolite scariche di elettricità statica hanno annunciato guai.

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Anno Nuovo Se il primo uomo che varca la soglia di casa, dopo che è suonata la mezzanotte dell’ultimo giorno dell’anno, ha i capelli bruni e porta con se una paletta piena di carbone, allora l’anno che seguirà sarà fortunato. Questa superstizione, largamente diffusa, ha avuto origine in scozia. Se al contrario, la prima persona che entra in casa è una donna o un uomo biondo, ci si deve aspettare la sfortuna; non è quindi sorprendente se un uomo alto e bruno sia in molti luoghi reclutato per fare i necessari ingressi nelle case di tutti gli amici e vicini. Non pochi credono inoltre credono che tasche e dispense vuote la sera dell’ultimo dell’anno indichino un anno di povertà. In tutta europa si ritiene porti sfortuna lasciar spegnere il fuoco l’ultima notte dell’anno, mentre ci si può garantire grande fortuna col bere le ultime gocce da una bottiglia allo scoccare della mezzanotte.

Gennaio Una superstizione britannica diffusissima tra la gente di campagna vuole che un mese di gennaio eccezionalmente temperato provocherà un tempo invernale da febbraio fino a maggio compreso, e quindi un raccolto di scarse proporzioni.

Bucaneve Benché questo grazioso fiorellino rappresenti la purezza con il suo candore, è considerato in molte regioni come un presagio di morte e non dovrebbe mai essere portato in una casa dove c’è una persona malata. Comunque sia, si tratta di una operazione pericolosa perché anche se non ci sono ammalati, si verificherà una morte in famiglia prima che i bucaneve tornino a fiorire. Tale credenza è forse dovuta al fatto che il bucaneve fiorisce solo d’inverno, epoca in cui le malattie sono più frequenti, e quindi l’associazione nella mentalità di persone semplici era abbastanza plausibile.

San Valentino Il 14 febbraio, San Valentino, è fra tutti i giorni del calendario quello dedicato completamente agli innamorati. Oggi è del tutto commercializzato, per cui la vecchia usanza che uomini e donne si inviassero cartoline disegnate da loro stessi è praticamente sparita a vantaggio delle cartoline reperibili in mercato. Il giorno prende il nome dal santo patrono degli innamorati, un giovane prete ucciso per aver trasgredito un

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editto che proibiva agli uomini giovani di contrarre matrimonio, con il pretesto che questo li rendeva soldati di scarso valore. Lo stesso giorno onora anche due dei greci, simboli della donna e del matrimonio. Il croco giallo è il fiore specialmente dedicato al giorno di San Valentino e la possibilità che una ragazza trovi il suo futuro compagno è tanto più grande se recherà all’occhiello uno di questi fiori. Sia in Inghilterra che in America una ragazza può conoscere chi sarà il suo futuro marito secondo l’uccellino che vedrà per primo in questo giorno:

merlo: prete o uomo di religione

pettirosso: marinaio

cardellino (o un altro uccello con le piume gialle): un uomo ricco

passero: agricoltore

cutrettola: un uomo felice

crociere: un uomo polemico

colomba: un uomo buono

Ma se la ragazza incontrerà un picchio, non si sposerà mai. È inoltre importante aggiungere che porta molta sfortuna firmare una cartolina di San Valentino, perché ciò contraddice lo scopo di inviarla.

Fonti: Dizionario delle superstizioni, Philippa Waring, siti internet vari

Caoimhe

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Le Ricette del Focolare Ricette di Yule

Il Sabba di Yule coincide con il solstizio invernale che quest’anno cade il giorno 21 dicembre, è il momento dell’anno in cui spesso ci si riunisce con la famiglia e gli amici per riposare e festeggiare in compagnia. Nella notte più lunga dell’anno, e probabilmente anche una delle più fredde, si guarda con speranza al futuro, consci che da quel momento in poi le giornate iniziano ad allungarsi portando con sé la promessa d’una futura rinascita. La terra ora riposa, dopo aver donato i frutti dell’estate e dell’autunno, ma non mancano certo, sulle tavole imbandite, ricche cene e prelibate pietanze!

Vin Brulè Antica bevanda calda a base di vino rosso, zucchero e spezie. Vi sono diverse ricette, alcune utilizzano anche il vino bianco, l'importante è scegliere sempre ingredienti di buona qualità. Amatissimo nei mesi invernali, il vin brûlé viene servito caldo e distribuito anche durante le feste di paese.

Ingredienti: una bottiglia di vino rosso (75 ml), 125 grammi di zucchero, 5 chiodi di garofano, 1 arancia biologica non trattata, mezzo limone, mezza mela, un pizzico di noce moscata.

Lavate per bene la frutta e iniziate ad affettare la buccia dell'arancia e del limone, facendone delle striscioline. Sbucciate la mela e tagliatela a rondelle sottili. Mettete il vino in una pentola e aggiungete le spezie, lo zucchero e la frutta. Mescolate per qualche minuto in modo da amalgamare bene gli ingredienti, quindi mettete la pentola sul fuoco. Continuate a girare lentamente, in modo da sciogliere lo zucchero. Tenete al pentola sul fuoco finché il vino non inizierà a bollire. Ora arriva la parte più ... focosa! Facendo molta attenzione, con un fiammifero lungo o una pagliuzza che avrete acceso, avvicinate la fiamma al vino: l'alcool prenderà fuoco ed evaporerà. Una volta spento, filtrate il tutto e servite agli amici.

Vellutata di Broccoli Un primo semplice e gustoso, ideale anche per i vegetariani. Ottimo da gustare durante le giornate invernali, permette di godere a pieno di tutte le straordinarie qualità dei broccoli, dei porri e delle patate, i primi infatti sono ricchi di vitamine e minerali, svolgono un’azione preventiva contro la stitichezza, le gastriti, le ulcere e i tumori intestinali. Sono anche ottimi come rimedio per le affezioni polmonari!

Ingredienti: 450 grammi di broccoli, 400 grammi di patate, 1 porro, brodo vegetale, 30 grammi di burro, sale e pepe.

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Mettete a scaldare il brodo vegetale sul fuoco. Togliete i gambi troppo duri ai broccoli e dividete le cimette a metà, tagliate a fettine sottili il gambo del porro, quindi sbucciate le patate e riducetele a cubetti. Sciogliete il burro in una pentola capiente e unite il porro, lasciandolo appassire per una decina di minuti a fuoco basso. Aggiungete quindi i broccoli e le patate, fate rosolare per un po’ e aggiungete il brodo vegetale, fino a coprire la verdura. Fate cuocere per trenta minuti, salando e pepando a piacere, quindi usate il frullatore a immersione per completare la vostra vellutata! Potete servirla con un filo d’olio e qualche cubetto di pane secco, saltato in padella con un po’ di olio, oppure con una manciata di pinoli o ancora aggiungendo del parmigiano o del formaggio spalmabile. Se volete una vellutata ancora più verde, variate le quantità di broccoli e patate, aumentando i primi e diminuendo i secondi.

Patate dei Folletti Questo piatto è molto semplice e può essere servito da solo o come contorno a un secondo sostanzioso ... magari cucinato da qualcun altro! Oppure potete accompagnarlo con un poco di formaggio fresco come la crescenza o lo stracchino.

Ingredienti: 800 grammi di patate una manciata di noci sgusciate 2 cucchiai di olio 1 noce di burro ½ cipolla prezzemolo sale e pepe

Sbucciate le patate e tagliatele a fettine o a dadini, fate soffriggere nell’olio e nel burro la cipolla tritata finemente. Aggiungete le patate e lasciate cuocere per una ventina di minuti, mescolando di tanto in tanto, facendo attenzione che nulla si attacchi. Se volete potete saporire il tutto con mezzo bicchiere di vino bianco. Una volta pronte le patate aggiungete le noci triturate grossolanamente, sale, pepe e prezzemolo. Finito!

Salame di Cioccolato Che delizia! Questo dolce è molto semplice e veloce da fare, non si deve cuocere, e soprattutto è apprezzato dalla gran parte dei palati. Volendo, può essere preparato con un certo anticipo. Si può fare da soli o in compagnia, anche i più piccoli possono contribuire alla creazione del dolce spezzettando i biscotti. Il divertimento è assicurato! Per chi è vegano, la stessa ricetta può essere preparata senza l’aggiunta di uova e sostituendo il burro con margarina burro di soia.

Ingredienti: 100 grammi di burro 250 grammi di biscotti secchi 100 grammi di zucchero 50 grammi di cacao in polvere 2 uova

Sbriciolare i biscotti grossolanamente, mettendoli, ad esempio, dentro a un canovaccio e rompendoli con un batticarne. Far

ammorbidire il burro a temperatura ambiente, intanto unire in una ciotola lo zucchero, le uova e volendo anche un cucchiaio di rum. Incorporare burro e cacao, lavorare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere i biscotti e mescolare con pazienza fino ad ottenere un impasto bello sodo. Versare il tutto su un foglio di stagnola, dandogli quindi la forma di un salame. Avvolgerlo nella stagnola e lasciare il salame di cioccolato in frigorifero almeno due o tre ore prima di servire.

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Ricette di Imbolc

Con ‘arrivo di Imbolc il nostro spirito poco a poco comprende che l’inverno e il gelo ormai stanno per finire, nonostante la neve e il freddo che ancora ci circondano, già sogniamo la primavera, iniziamo a risvegliarci dal lungo letargo. Imbolc è una delle quattro feste del fuoco, considerato in questo caso come luce nascente, in passato si accendevano dei falò per richiamare la bella stagione, oggigiorno molte streghe comprano delle nuove candele da utilizzare durante l’anno.

Formaggio Per alcuni può sembrare strano, ma fare del formaggio a casa è davvero molto semplice e richiede pochi ingredienti, si ricava un formaggio fresco, morbido, molto simile a un primo sale. Ci sono molte ricette diverse, alcuni utilizzano il caglio, altri lo yogurt, questa che vi propongo è una ricetta di base e consiglio di consumare il formaggio in giornata.

Ingredienti: 2 litri di latte intero 2 piccoli limoni sale fino

Mettete il latte in una pentola e portate a ebollizione, quindi aggiungete il succo dei due limoni (o secondo alcune ricette un bicchierino di aceto bianco) e una presa di sale. Continuate a mescolare per cinque minuti, inizieranno a crearsi dei grumi che si separeranno dal siero. Spegnete la fiamma e lasciate raffreddare una decina di minuti. Ciò che bisogna fare è separare il siero dal formaggio, filtrandolo attraverso un canovaccio poggiato dentro a un colino o uno scolapasta, magari con sopra un peso. La prima volta io avevo semplicemente messo il formaggio dentro a un fazzoletto di tela pulito che avevo poi legato al lavandino, la gravità ha fatto il resto!  

 

Pollo al Latte Rimaniamo sempre in tema di latticini anche per questo secondo facile e veloce di cui si possono fare molte varianti e inventarne sempre di nuove. Durante la cottura si possono infatti aggiungere altri ingredienti come dei funghi, del peperoncino, sei semi di sesamo, delle cipolle affettate finemente, un cucchiaio di senape, pezzetti si speck, capperi, pinoli e molto altro ancora! Amatissimo dai bambini

Ingredienti: 100 grammi di pollo a testa farina latte olio parmigiano sale fino

Tagliate il pollo a pezzetti o a striscioline secondo i gusti quindi infarinateli un poco, non troppo abbondantemente. In una padella capiente, scaldate

due cucchiai di olio, rosolate i bocconcini per qualche minuto, girandoli spesso in modo da farli diventare bianchi. Salate e aggiungete il latte in modo da ricoprire il pollo, abbassare la fiamma e far cuocere per una decina o quindicina di minuti. Aggiungere infine il parmigiano, mescolare bene e servire! 

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Ricotta dolce A volte creare un dolce in pochi minuti non è facile ma le nonne, come la mia, sanno tirare fuori le cose migliori nei momenti giusti, offendo qualcosa di leggero, semplice e sano. Questa che vi propongo è una base che potrete arricchire come più credete, con fiocchi di cioccolato, pezzetti di frutta, granella di nocciola e via dicendo, lasciando correre la fantasia!

Ingredienti: 300 grammi di ricotta freschissima 2 cucchiaini di zucchero

Mischiate il tutto e servite. Facilissimo vero? Scherzi a parte, la ricotta da utilizzare deve essere quella fresca e cremosa, ma non troppo morbida, a questa aggiungerete lo zucchero e, spesso e volentieri, un cucchiaino di cacao in polvere. Potete creare dei piccoli dolci mescolando gli ingredienti scelti, mettere il tutto dentro a delle formine che andrete a riporre in frigorifero. Al momento di servire, capovolgete le formine su un piatto e decorate a piacere.

Fonti: Wikipedia, giallozafferano.it, greenme.it

Helyanwes

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Il Calto della Luna – The Howling Questa rubrica si occuperà di trattare quanto più sinteticamente di musica pagana. Verranno presentati cantanti solisti o gruppi che “rientrano nella categoria”, spazieremo tra più generi,

ma lo scopo ultimo è quello di portare alla luce qualche nome di nicchia che possa accompagnare i vostri rituali o semplicemente rallegrare i vostri spiriti.

Inizialmente la rubrica partì due anni fa sul mio canale YouTube “Skayler Hägse Ulver Loðbrók” e visto che mi è sempre un po’ dispiaciuto non averlo potuto portare avanti, ho pensato

di proporla per questa nuova edizione del Tempio. Buon ascolto!  

-Runedance Hagalaz- Runedance Hagalaz è un progetto neofolk nato nel 1996 da Andrea Haugen. Fondato per esprimere in modo artistico-musicale gli interessi di questa artista ovvero mitologia germanica e magia. Il progetto è stato completato nel 2002. I pezzi risuonano ai più avvezzi sicuramente come canti tipici della musica folk. La voce è accompagnata da strumenti prevalentemente acustici, e con alcuni suoni elettronici. Il nome della band deriva dalla runa Hagalaz, e Andrea è la scrittrice dei testi nonché la voce. I dischi sono stati prodotti dall’etichetta discografica metal Hammerheart Records / Karmageddon media , poiché se pur parzialmente la Haugen era anche un artista dell'ambiente metal con gruppi come gli Ulver e Samoth . Altri progetti in cui Andrea "Nebel" Haugen ha parteciapato sono statai Aghast (insieme a Tania Stene), Cradle of Filth , Satyricon e un progetto solista: Nebelhexë.

 

Curiosità sulla Cantante: Andrea Haugen ha sempre avuto un fascino per il buio, nascosto e oscuro. E’ stata definita dalla stampa musicale alternativa come una delle personalità più intriganti della sottocultura musica estrema. L'artista descrive le sue canzoni come meditative e inquietante con influenze di stile che vanno dai Cocteau Twins e Kate Bush a monaci benedettini di Santo Domingo de Silos . Gli album potrebbero essere descritti come New Age, con varianti crossover tra i fumi dell’incenso. Lei spiega che il suo amore precoce per gotico inglese, New Wave e musica underground la portò a vivere a Londra nel 1990, dove divenne ben presto parte delle scena di questa sottocultura. Sempre alla ricerca, e affascinata dai per i misteri della vita, i fianchi lunari di vita, immagini di vampiri e un profondo

legame con gli animali, si è unita con vari circoli esoterici ed occulti, come ad esempio l' IOT. Nel 1994 ha avuto un impatto con il suo primo progetto di musica, l'oscuro, spettrale dark ambient Aghast, ma con Hagalaz Runedance, si dedica completamente alla spiritualità pagana del Nord Europa . Runedance Hagalaz diventò molto popolare e scalò le classifiche degli album. Andrea terminò poi questo progetto perché “stufa e annoiata” aggiungendo di non sentirsi completamente rappresentata da tale progetto poiché la sua anima è molto più oscura e interessante. Seguono quindi nel 2003 progetti come Nebelhexë e la scrittura di sceneggiati di satira horror. Programma di fare un film chiamato "The Neighbour” con attore co-protagonista Cam Gigandet. La sua canzone "Skindeep", dall'album Morto Waters, è stata inizialmente scelta come colonna sonora di Twilight Saga: New Moon, ma è stata poi negata a causa dei testi espliciti e dark. La canzone parla di sesso e vampirismo.

Discografia Hagalaz 'Runedance 1996: When the Trees Were Silenced 1998: The Winds that Sang of Midgard’s Fate 1999: Urd – That Which Was (MCD) 2000: Volven 2002: Frigga’s Web

Skayler

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Immagini Pagane Artemide

Il concetto di canone applicato all'iconografia del mondo pagano odierno è a dir poco fuorviante. Fin dall'antichità i popoli apponevano attributi caratterizzanti alle loro divinità, per distinguerle l'una dall'altra e per esaltare le loro particolari e incomparabili essenze divine. Era uso e norma dei nostri predecessori identificare e far coincidere divinità provenienti da popolazioni diverse; ed è tuttora tipico dei politeisti dialogare con culture e divinità differenti in quanto noi continuatori degli antichi culti non miriamo alla supremazia religiosa ma all'intimo incontro con i nostri Dei. Essere pagani in un'epoca come la nostra non è semplice, tantissime problematiche, dalle più banali alle più complesse, possono susseguirsi anche nel solo arco di una giornata ( l'altare che viene continuamente toccato e spostato da mani altrui, le offerte votive che addirittura possono venire addentate, il dover assistere a lezioni, anche universitarie, in cui il ruolo del paganesimo può essere tratteggiato con toni da “che scioccherelloni! Meno male che sono stati estirpati”, non riuscire assolutamente a trovare il tempo o il luogo idoneo per determinate cerimonie etc. etc.) e un aspetto che non riesce a passare inosservato è l'utilizzo di determinate icone pagane per scopi tutt'altro che mistici o contemplativi. Certo, dopo anni di convivenza con manifesti, pubblicità, film, cartoni in cui compaiono, giusto per fare qualche esempio, Minerve dai petti generosi e particolarmente scollacciati, Hermes speedy-pizza, Apolli culturisti, Thor dai tratti di un celebre roditore elettrico (mostriciattolo simbolo di una fortunata serie di videogiochi nipponica), druidi intenti a cantare intorno al fuoco come tanti allegri campeggiatori; decisamente ci siamo abituati a riderci su e passare oltre. È impossibile talvolta non constatare di quanto siano rese male talune divinità, ma tutto ciò non deve essere vissuto male o essere causa di indignazione, poiché si tratta dell'ennesima prova di quanto la società odierna sia intrisa di substrati pagani; tuttavia è bene che un adoratore degli antichi Dei sappia destreggiarsi con le varie iconologie sacre e comprendere i legami che possono intercorrere fra divinità diverse, suggellati spesso dal modo in cui venivano immaginati, scolpiti, dipinti e descritti. La dea greca Artemide ha un nome dall'etimologia oscura, probabilmente avente a che fare con il suo status di signora degli animali e della Natura selvaggia. Le sue più antiche rappresentazioni la presentano difatti come Potnia Theron (Ἡ Πότνια Θηρῶν, La Signora degli Animali) spesso alata, circondata da belve e animali mitologici con numerose mammelle scoperte, simbolo innegabile di fecondità. In seguito, dalle sue numerose e diversificate forme arcaiche, Artemide iniziò ad essere presa in considerazione nella sua veste di vergine fanciulla, dedita alla caccia. I suoi attributi più tipici divennero difatti una corta tunica, alti calzari, arco in mano e faretra sul dorso. Spesso è affiancata da ninfe e da animali quali il cervo o il cane. Molti animali selvatici le erano cari fra cui il già citato cervo, il daino e la quaglia per via della loro natura schiva, simile a quelli della dea. La leonessa le veniva accostata per via della sua regalità, l'orso era simbolo della sua capacità distruttiva e al contempo protettiva. Altri animali noti per la loro selvaggia libertà e per la loro vicinanza alla dea sono il lupo e il cinghiale.  Essendo anche una divinità della Luce, spesso veniva rappresentata con una o due torce fiammeggianti in mano. Soltanto in età più avanzata si è consolidata l'abitudine di ritrarre la dea con la corona lunare; nonostante la sua identificazione con la Luna fosse pressoché da sempre presente nella sua Natura Divina, questo tipo di iconografia non fu mai usata prima del periodo post-classico. Nell'iconografia nelle

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decorazioni di alcuni vasi poteva venire mostrato il suo lato più oscuro e portatore di morte: poteva essere dipinta nell'atto di far cadere sotto le sue frecce giovani vergini e donne. Artemide poteva essere vista anche come dea della danza delle vergini, in questo caso è ritratta mentre tiene in mano una lira.

  

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Fonti: Kerenyi, Karl, The Gods of the Greeks( Le divinità del popolo Greco), R. Buxton, La mitologia greca, www.theoi.com

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Riferimenti www.sacerdotessediavalon.forumcommunity.net

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Il prossimo numero uscirà a Marzo 2014

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Al prossimo numero.

Benedizioni!

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