Sabato 5 e Domenica 6 Mercoledì 26 Febbraio Aprile 2014 · commissione interparrocchiale...

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Via Codazzi n° 28 tel. 773085 12 1 Vita e... “miracoli” della Parrocchia di San Raffaele Arcangelo • Diocesi di Rimini Affamati del suo Amore, sfamati dalla sua Parola Comunità www.sraffaele.it informa Incontriamoci ORARIO INVERNALE da Lunedì 7 ottobre Anno Pastorale 2013 • 2014 Febbraio • Lettera n° 4 Orario delle SS.Messe Confessioni Festivi: 8,30 - 11,00 - 17,00 Prefestivi: 17,00 Feriali: 7,30 - 17,00 ogni Sabato dalle 15,00 alle 16,30 Per altri momenti prendere accordi direttamente con il Sacerdote. Domenica 9 febbraio a San Raffaele è in programma l’assemblea di preti e laici del vicariato urbano, formato dalle venti parrocchie della città, finalizzata a verificare il cammino degli ultimi anni. La nostra lettera, che esce il 15 febbraio, non è in grado di raccontare l’assemblea. Ci limitiamo a una foto. Intanto chiediamo a don Giuseppe, che è anche vicario urbano, in che modo la nostra parrocchia si sta preparando. “Le parrocchie del vicariato - spiega don Giuseppe - sono accorpate in sei zone pastorali. L’assemblea prevede che ciascuna parrocchia presenti il proprio cammino, soffermandosi su temi proposti dalla diocesi, soprattutto in prospettiva di Zona pastorale. Tra l’altro giovedì 13 marzo avrà luogo la visita del vescovo alla nostra zona e successivamente alle altre, ma l’assemblea vuole avviare un confronto di ampio respiro, non limitato alle visite del vescovo. Noi comunque ci siamo preparati ponendo l’accento sulla pastorale di zona”. Quale il cammino compiuto fin qui? “Prima vorrei comunicare il nome della nostra Zona, ormai acquisito: Sant’Andrea Apostolo. Richiama il titolo dell’antica chiesa di Sant’Andrea (e dei Santi Donato e Giustina) che dal sec. V al XV fuori le mura della Città, a due passi da Porta Montanara, è stata la chiesa del territorio e gli ha dato il nome che ancora conserva (Borgo Sant’Andrea). Dice riferimento anche alla parrocchia che, dopo la completa distruzione dell’antica chiesa, ha preso il titolo di Sant’Andrea dell’Ausa. Le tre parrocchie che oggi costituiscono la Zona sono all’interno di tale antico territorio. “In quanto al percorso in atto, sulla lettera ne abbiamo scritto più volte. Comunque, il lavoro procede in continuità con alcune scelte pastorali comuni, operate prima della nascita della zona. La Via Crucis. Le parrocchie partendo da punti diversi, convergono nello stesso luogo per concludervi insieme la preghiera. Negli ultimi anni presiede il vescovo Francesco. Poi il Carnevale, gestito dalla commissione interparrocchiale Arcobaleno, che decide il tema e il luogo di conclusione della sfilata, coinvolgendo i gruppi parrocchiali, dai bambini agli adulti. Infine la Cooperativa Sociale Insieme, alla quale le parrocchie hanno dato vita nel 2012 con l’obiettivo di offrire una veste giuridica a progetti e iniziative a sfondo sociale e di proporre nuove occasioni di lavoro. Al momento i progetti avviati sono due: Casa Betania (centro diurno per anziani autosufficienti) inaugurata il 21 settembre scorso e la ristorazione al Campo Don Pippo. Queste sono le iniziative avviate e consolidate, alle quali si continua a lavorare con assiduità”. C’è altro che bolle in pentola? “Trovo importante l’incontro di giovedì 21 novembre tra i parroci e alcuni membri del Consiglio di Zona con i membri di Aggregazioni Laicali dimoranti nel territorio, guidato dalla Consulta Diocesana delle Aggregazioni laicali. Hanno partecipato una trentina di laici “associati” per la maggior parte in rappresentanza di AC, ACLI, AGvXXIII, Agesci, Masci, CL, RnS. L’attenzione si è rivolta all’approfondimento dei concetti e delle esperienze di “spiritualità di comunione” e “pastorale integrata”. Sono stati presentati lo spirito e il metodo di lavoro e le iniziative in corso o in programma della Zona Pastorale”. Oltre l’impostazione, novità di aspetti pastorali concreti? “Mi soffermo su due, avviati e in fase di potenziamento nell’anno pastorale in corso. I Cenacoli del Vangelo. Il cammino diocesano di formazione di laici in vista dei CdV è iniziato regolarmente; della nostra Zona partecipano con interesse alcune persone, segnalate dai parroci. E poi le Domeniche d’estate al Campo don Pippo. Oltre alla gestione della ristorazione con la cooperativa, le tre parrocchie si sono impegnate a promuovere momenti ricreativi comuni. Il valore aggiunto di questa, come delle altre iniziative, sta nel condividere risorse umane e materiali”. intervista a don Giuseppe APPUNTAMENTI DI FEBBRAIO-APRILE Domenica 23 Febbraio ore 9.15 Catechesi bimbi 2° elementare ore 11.00 S.Messa di Catecumenato 2° Elem. ore 14.30-17.30 Carnevale interparrocchiale Mercoledì 26 Febbraio ore 21.00 Consiglio pastorale parrocchiale Mercoledì 5 Marzo Le Ceneri - S.Messa vespertina ore 18.00 Venerdì 7 - Domenica 9 Marzo Quarantore: adorazione in Chiesa Domenica 9 Marzo Prima domenica di Quaresima - Ritiro Parrocchiale Martedì 11 Marzo ore 21.00 Incontro/confronto: “Lavorare oggi” Domenica 16 Marzo Seconda domenica di Quaresima - Ritiro Prima Confessione Martedì 18 Marzo S.Giuseppe: Fogheraccia presso casa Betania Domenica 23 Marzo Terza domenica di Quaresima ore 9.15 Catechesi bimbi 2° elementare ore 11.00 S.Messa di Catecumenato 2° Elem. Domenica 30 Marzo Quarta domenica di Quaresima - Gruppi famiglia Sabato 5 - Domenica 6 Aprile Quinta domenica di Quaresima - Campo lavoro Missionario Martedì 8 Aprile Consiglio Pastorale parrocchiale Sabato 12 Aprile Giornata diocesana dei giovani da Domenica 13 a Domenica 20 Aprile Settimana Santa Zona pastorale e dintorni Martedì 18 Marzo dalle 19.30 a Casa Betania TUTTI ATTORNO AL FUOCO Cena insieme Vi aspettiamo numerosi!!! 34° CAMPOLAVORO Si svolgerà nelle giornate di: Sabato 5 e Domenica 6 Aprile 2014 Tra le finalità principali dell’edizione 2014 figurano le seguenti destinazioni: Albania - Missione diocesana. Prosecuzione progetto educativo Shen Asti Bangladesh. APG XXIII. Missione di Chalna. Un ascensore per il centro di fisioterapia Uganda - Suor Viola Akulu. Una scuola ma- terna per ricominciare Cameroun - Missione Maria Negretto. Rein- serimento minori ex carcerati Etiopia - Missione Suore di Sant’Onofrio - Impianto elettrico del Centro professionale Caritas diocesana Rimini. Sostegno a fami- glie immigrate con bambini Riceverete in tempo utile i sacchi gialli con indicate tutte le modalità per il ritiro dei vari materiali.

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Via Codazzi n° 28 tel. 77308512 1

Vita e... “miracoli” della Parrocchia di San Raffaele Arcangelo • Diocesi di Rimini

Affamati del suo Amore, sfamati dalla sua Parola

Comunità

www.sraffaele.it

informa

Incontr iamoci

ORARIO INVERNALE da Lunedì 7 ottobre

Anno Pastorale 2013 • 2014

Febbraio • Lettera n° 4

Orario delle SS.Messe ConfessioniFestivi: 8,30 - 11,00 - 17,00Prefestivi: 17,00Feriali: 7,30 - 17,00

ogni Sabato dalle 15,00 alle 16,30

Per altri momenti prendere accordi direttamente con il Sacerdote.

Domenica 9 febbraio a San Raffaele è in programma l ’ a s s e m b l e a di preti e laici del vicariato urbano, formato dalle venti parrocchie della città, finalizzata a verificare il cammino degli

ultimi anni. La nostra lettera, che esce il 15 febbraio, non è in grado di raccontare l’assemblea. Ci limitiamo a una foto. Intanto chiediamo a don Giuseppe, che è anche vicario urbano, in che modo la nostra parrocchia si sta preparando.“Le parrocchie del vicariato - spiega don Giuseppe - sono accorpate in sei zone pastorali. L’assemblea prevede che ciascuna parrocchia presenti il proprio cammino, soffermandosi su temi proposti dalla diocesi, soprattutto in prospettiva di Zona pastorale. Tra l’altro giovedì 13 marzo avrà luogo la visita del vescovo alla nostra zona e successivamente alle altre, ma l’assemblea vuole avviare un confronto di ampio respiro, non limitato alle visite del vescovo. Noi comunque ci siamo preparati ponendo l’accento sulla pastorale di zona”. Quale il cammino compiuto fin qui?“Prima vorrei comunicare il nome della nostra Zona, ormai acquisito: Sant’Andrea Apostolo. Richiama il titolo dell’antica chiesa di Sant’Andrea (e dei Santi Donato e Giustina) che dal sec. V al XV fuori le mura della Città, a due passi da Porta Montanara, è stata la chiesa del territorio e gli ha dato il nome che ancora conserva (Borgo Sant’Andrea). Dice riferimento anche alla parrocchia che, dopo la completa distruzione dell’antica chiesa, ha preso il titolo di Sant’Andrea dell’Ausa. Le tre parrocchie che oggi costituiscono la Zona sono all’interno di tale antico territorio.“In quanto al percorso in atto, sulla lettera ne abbiamo scritto più volte. Comunque, il lavoro procede in continuità con alcune scelte pastorali comuni, operate prima della nascita della zona. La Via Crucis. Le parrocchie partendo da punti diversi,

convergono nello stesso luogo per concludervi insieme la preghiera. Negli ultimi anni presiede il vescovo Francesco. Poi il Carnevale, gestito dalla commissione interparrocchiale Arcobaleno, che decide il tema e il luogo di conclusione della sfilata, coinvolgendo i gruppi parrocchiali, dai bambini agli adulti. Infine la Cooperativa Sociale Insieme, alla quale le parrocchie hanno dato vita nel 2012 con l’obiettivo di offrire una veste giuridica a progetti e iniziative a sfondo sociale e di proporre nuove occasioni di lavoro. Al momento i progetti avviati sono due: Casa Betania (centro diurno per anziani autosufficienti) inaugurata il 21 settembre scorso e la ristorazione al Campo Don Pippo. Queste sono le iniziative avviate e consolidate, alle quali si continua a lavorare con assiduità”.C’è altro che bolle in pentola?“Trovo importante l’incontro di giovedì 21 novembre tra i parroci e alcuni membri del Consiglio di Zona con i membri di Aggregazioni Laicali dimoranti nel territorio, guidato dalla Consulta Diocesana delle Aggregazioni laicali. Hanno partecipato una trentina di laici “associati” per la maggior parte in rappresentanza di AC, ACLI, AGvXXIII, Agesci, Masci, CL, RnS. L’attenzione si è rivolta all’approfondimento dei concetti e delle esperienze di “spiritualità di comunione” e “pastorale integrata”. Sono stati presentati lo spirito e il metodo di lavoro e le iniziative in corso o in programma della Zona Pastorale”.Oltre l’impostazione, novità di aspetti pastorali concreti?“Mi soffermo su due, avviati e in fase di potenziamento nell’anno pastorale in corso. I Cenacoli del Vangelo. Il cammino diocesano di formazione di laici in vista dei CdV è iniziato regolarmente; della nostra Zona partecipano con interesse alcune persone, segnalate dai parroci. E poi le Domeniche d’estate al Campo don Pippo. Oltre alla gestione della ristorazione con la cooperativa, le tre parrocchie si sono impegnate a promuovere momenti ricreativi comuni. Il valore aggiunto di questa, come delle altre iniziative, sta nel condividere risorse umane e materiali”.

intervista a don Giuseppe

APPUNTAMENTI DI FEBBRAIO-APRILEDomenica 23 Febbraioore 9.15 Catechesi bimbi 2° elementare ore 11.00 S.Messa di Catecumenato 2° Elem. ore 14.30-17.30 Carnevale interparrocchiale Mercoledì 26 Febbraioore 21.00 Consiglio pastorale parrocchiale

Mercoledì 5 MarzoLe Ceneri - S.Messa vespertina ore 18.00

Venerdì 7 - Domenica 9 MarzoQuarantore: adorazione in Chiesa

Domenica 9 MarzoPrima domenica di Quaresima - Ritiro Parrocchiale

Martedì 11 Marzoore 21.00 Incontro/confronto: “Lavorare oggi”

Domenica 16 MarzoSeconda domenica di Quaresima - Ritiro Prima Confessione

Martedì 18 MarzoS.Giuseppe: Fogheraccia presso casa Betania

Domenica 23 MarzoTerza domenica di Quaresimaore 9.15 Catechesi bimbi 2° elementare ore 11.00 S.Messa di Catecumenato 2° Elem.

Domenica 30 MarzoQuarta domenica di Quaresima - Gruppi famiglia

Sabato 5 - Domenica 6 AprileQuinta domenica di Quaresima - Campo lavoro Missionario

Martedì 8 AprileConsiglio Pastorale parrocchiale

Sabato 12 AprileGiornata diocesana dei giovani

da Domenica 13 a Domenica 20 AprileSettimana Santa

Zona pastorale e dintorni

Martedì 18 Marzodalle 19.30

a Casa Betania

TUTTI ATTORNO AL FUOCO

Cena insiemeVi aspettiamo numerosi!!!

34° CAMPOLAVOROSi svolgerà nelle giornate di:

Sabato 5 e Domenica 6 Aprile 2014

Tra le finalità principali dell’edizione 2014 figurano le seguenti destinazioni:

• Albania - Missione diocesana. Prosecuzione progetto educativo Shen Asti

• Bangladesh. APG XXIII. Missione di Chalna. Un ascensore per il centro di fisioterapia

• Uganda - Suor Viola Akulu. Una scuola ma-terna per ricominciare

• Cameroun - Missione Maria Negretto. Rein-serimento minori ex carcerati

• Etiopia - Missione Suore di Sant’Onofrio - Impianto elettrico del Centro professionale

• Caritas diocesana Rimini. Sostegno a fami-glie immigrate con bambini

Riceverete in tempo utile i sacchi gialli con indicate tutte le modalità per il ritiro dei vari materiali.

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leVita di Comunità Vita di Comunità

Durante l’avvento sono stati organizzati momenti di preghiera e lettura della Parola per i ragazzi che si preparano alla Cresima. I partecipanti, un piccolo gruppo, hanno il merito di essere stati costanti. Alcune riflessioni sono così piene di fede che ho pensato di condividerle con tutta la comunità, che può far tesoro della testimonianza dei più piccoli.

I momenti di preghiera si svolgevano così: lettura del Vangelo della domenica; riflessione personale e insieme; domande per aiutarli a leggere la vita attraverso la Parola. Riporto alcune risposte che più sintetizzano il pensiero di tutti. Alcune sono disarmanti per la sincerità, per me sono state motivo di riflessione profonda, perché da adulta fatico a essere così spontanea.

Sono capace di fare posto al Signore che viene?

• Secondo me tutti sono capaci di fare posto al Signore, desiderandolo come amico. Occorre fiducia in lui, la voglia di parlargli, di credere a ciò che viene detto nel Vangelo, la volontà di manifestare agli altri l’amicizia con il Signore e fare sapere a tutti che stando accanto a Dio si vive meglio e si è più felici. Gesù vuole essere il nostro migliore amico, spetta a noi ricambiare e se davvero lo vogliamo, possiamo metterlo al primo posto nella nostra vita.

• Voglio fare posto al Signore che viene, essere come lui mi vuole, essere al suo servizio e accoglierlo nel mio io più profondo, nel mio silenzio e nei miei pensieri.

• Penso di essere capace di fare posto al Signore, anche se a volte non lo dimostro affatto.

• Sono capace di fare posto al Signore, tenendo il mio cuore sempre aperto, in modo che lui possa entrare in qualunque momento della giornata.

• Credo di essere capace, perché senza credere non si fa nulla.

• Non lo so, so solo che quando arriverà il momento sarà il Signore a chiedermi un posto, a quel punto io saprò se e come accoglierlo.

Cosa, nella mia vita, mi fa provare gioia?

• Vedere che qualcuno mi vuole bene e ricambiare questo amore. Se Dio ha sacrificato suo figlio Gesù per me, vuol dire che mi vuole bene e io per ricambiare dovrei solo portare il Signore con me nella vita.

• Mi dà gioia l’amicizia con i compagni che incontro ogni giorno e con cui parlo spensieratamente. Mi dà gioia pensare di incontrare Gesù la domenica a messa.

Sono capace di vedere la presenza del Signore intorno a me?

• Non sempre, perché ci sono persone in cui lo vedo subito, in altre non riesco a vederlo, oppure lo vedo ma cerco di non guardarlo, perché farlo mi è scomodo.

• Sinceramente per ora non vedo il Signore nelle persone che mi circondano, nonostante mi sforzi per vederlo.

Barbara De Geronimo (1 - continua)

Saggezza di ragazzi

Attirati dai racconti sentiti a messa nelle domeniche d’Avvento e durante la veglia penitenziale in preparazione al S. Natale, nel periodo natalizio abbiamo colto l’invito a visitare Casa Madre del Perdono. Chiacchierando con i ragazzi della casa e ascoltando le loro storie ci ha colpito la descrizione del carcere, anzi dei tanti carceri, diversi fra loro, che hanno conosciuto.

Ci hanno raccontato che la realtà carceraria è molto dura e inevitabilmente segna e trasforma il carcerato, costringendolo ad adeguarsi alla logica del più forte. Per questo per tutti loro la possibilità di trascorrere l’ultimo periodo di pena in una comunità di persone accoglienti è davvero un’opportunità rigenerante.

Si tratta pur sempre di scontare una pena, infatti alle 23 di ogni giorno tutti devo essere nelle loro camere, situate al primo piano, il cui accesso è chiuso da un cancello collegato ad un allarme.

Casa Madre del PerdonoLa “Casa Madre del Perdono” nata nel 2004 accoglie detenuti comuni non tossicodipendenti nell’ultima fase della detenzione, prima di tornare in società. È quindi una concreta alternativa al carcere, voluta e gestita dalla Papa Giovanni da anni impegnata al fianco dei detenuti. Si trova a Taverna di Montecolombo, Via Chitarrara 675. Noi la conosciamo dalla micro di Avvento 2013, quando abbiamo ascoltato testimonianze di ospiti e operatori. Il Consiglio pastorale ha pensato di dedicare alla Casa anche la Quaresima. Sia perché il tema delle carceri, oggi così attuale, è sempre degno di riflessione, per tante valide ragioni. Sia per completare l’aiuto concreto alla Casa, che in Avvento è stato di € 850,00. Per introdurci meglio nella prossima micro, abbiamo chiesto agli scout di raccontarci com’è andata la visita svolta attorno a Natale.

Che meraviglia la Befana

Ho capito ancora una volta che per allargare la mente e il cuore bisogna dire dei sì. Ai primi di gennaio mi è stato proposto di impersonare la Befana durante la festa per i bimbi. Non avevo mai rivestito ruoli del genere, ma ho dato comunque la mia disponibilità, sperando di riuscire a rendere felici i bambini senza far loro dimenticare l’atmosfera magica che si crea attorno alla Befana.

Con Giovanna ho scelto i vestiti che pensavamo più idonei: da vecchia, ma con un pizzico di colore, perché il personaggio non spaventasse i piccoli. Al momento dell’incontro con loro è esplosa la meraviglia: curiosi, gioiosi, sorridenti, hanno posto mille domande alla Befana che a volte ha dovuto “svicolare”.

È stata un’esperienza piena di sentimenti perché tutti mi hanno aiutato con gentilezza a sostenere il ruolo. Ma soprattutto i bambini sono stati travolgenti, nel loro entusiasmo. Arrivederci l’anno prossimo, piccoli amici!

Vilma

Siamo rimasti stupiti dalla loro grande accoglienza, dalla voglia di mettersi in discussione e di fare autocritica rispetto al loro passato, senza giustificarsi, e dalla serietà del percorso individuale e di comunità che ciascuno fa rispetto a se stesso. Chi ne ha l’occasione passi a trovarli. Ne uscirà cambiato!

il Clan del gruppo scout

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Vita di Comunità Redazionale

Bilancio lavori ParrocchiaLa nostra redazione non è paragonabile a quella di nessun giornale, perché lavoriamo a servizio di una comunità. La comunità di San Raffaele ha una vita ricca. Però di solito manca la voglia di raccontarla, un po’ per pigrizia, un po’ perché si pensa che le proprie esperienze non meritino attenzione, un po’ - diciamo la verità - per snob!

Noi gioiamo ogni volta che arriva sul tavolo una notizia, una riflessione. Ma questa volta la gioia è incontenibile. È arrivato tanto materiale da dover aumentare il numero delle pagine, e una parte lo destiniamo già al prossimo numero. Ciò significa non solo che la comunità è viva, ma è anche desiderosa e capace di condividere con altri esperienze e problemi…?

Vediamo. Anzitutto pubblichiamo cinque pezzi che riguardano la vita della parrocchia. Barbara D. presenta l’esperienza di Avvento dei ragazzi della Cresima (p.2). Manuela comunica il suo stupore per un incontro destinato alle famiglie (p.5). Valentina racconta quattro giorni vissuti a Roma da un gruppo di giovanissimi (p.6). Gli scout ricordano la visita compiuta alla Casa Madre del Perdono (p.11). Vilma si cala nei panni della Befana (p.11). Potrebbero sembrare cronache, ma non è così. Sono “articoli” pieni, pienissimi di umanità, di spiritualità. Leggere con intelligenza significa nutrire la propria fede.

Non basta. Diamo voce anche a chi di solito non è accolto o fatica a esprimersi. Il servizio sull’omosessualità degli ultimi numeri ha spinto a intervenire su temi scottanti. Una ragazza apre il suo animo e parla di una speciale “vocazione” (p.8). Un gruppo di credenti “marginali” espone la fatica

Una lettera specialedi continuare a credere mentre si sentono non accolti dalla chiesa (p.4). Sull’onda di quest’ultima riflessione ci permettiamo di pubblicare un racconto capitato per caso tra le mani (p.9). E proseguiamo ascoltando papa Francesco, in uno dei tanti testi schietti e stimolanti, che spesso non hanno paura di chiamare in causa comportamenti statici e abitudinari della chiesa (p.7).

Le riflessioni e le poesie dei nostri anziani rappresentano perle di memoria e di saggezza, che regaliamo sempre volentieri ai lettori (p.7). Oltre a Maria, preziosa abituée delle nostre pagine, c’è la new entry Raffaele, ospite di Casa Betania, che aspetta con ansia di vedere pubblicati i suoi pezzi. Li accogliamo con commossa gratitudine.

In questo quadro, la voce di don Giuseppe (p.1) che ricorda appuntamenti di vita partecipata e indica spunti di responsabilità della parrocchia e della Zona pastorale, è la cornice che raccoglie, interpreta e rilancia le tante esperienze vive.

Forse è successo qualcosa, per aver prodotto tanto materiale? Forse stiamo diventando più maturi e più umili per non restare chiusi nel nostro piccolo particolare? Perché - sia chiaro - comunicare vita e pensieri non è spocchia o presunzione. Il credente sa che il bene che fa è dono di Dio. Il bene va sempre condiviso e comunicato. Soprattutto, la voce di chi chiede ascolto, implora considerazione, chiede aiuto per mantenere una fede che a volte siamo proprio noi a mettere in crisi… questa voce va sempre accolta con rispetto, con amore.

Auguri! Perché ciascuno possa far tesoro di queste pagine, anche se fitte e con poche “figure”, quindi poco accattivanti. Le legga. Le pensi. Le preghi. Le ami. Si chieda se c’è qualcosa da imparare. Si chieda se bisogna convertirci e diventare più accoglienti. Magari lo faccia non da solo. È impensabile che in qualche gruppo della parrocchia si legga e si approfondisca qualcuno degli articoli proposti? In particolare quelli che bussano con passione alle porte della chiesa? E dopo, continuiamo pure a mettere in crisi la redazione, facendo arrivare sempre tanto materiale. Grazie.

Lino

Cari amici, vi presento nel dettaglio i costi per la realizzazione del complesso parrocchiale (Il preventivo è dell’inizio lavori nel 2011).

PREVENTIVOinizio lavori 2011

CONSUNTIVO PAGATI

Lavoro edilizio-Coop Viserbese(costo completo compreso il ripristino) € 530.000,00 € 530.000,00 € 530.000,00

Lavoro degli impianti idraulici € 75.000,00 € 85.249,00 € 63.000,00 Lavoro degli impianti elettrici € 75.000,00 € 69.044,65 € 69.044,65 Totale Imponibile € 680.000,00 € 684.293,65 € 662.044,65 IVA 10% (Iva agevolata) € 68.000,00 € 68.429,37 € 66.204,47 Totale € 748.000,00 € 752.723,02 € 728.249,12 Spese tecnici (stima) + Ritenuta d’acconto € 65.500,00 € 79.351,67 € 79.351,67 Altre voci: (ascensore, fogne nuove, Notaio, arredamento) € 7.280,59

TO TA L E € 813.500,00 € 832.074,69 € 814.881,38

Restano da saldare € 17.193,31

La grande differenza del preventivo idraulico rispetto ai lavori fatti è dovuta alla scelta di eseguire alcuni lavori (da completare in futuro) per rendere più funzionale sia l’impianto di sollevamento delle acque bianche, sia l’impianto di ricambio dell’aria nell’interrato). Il progetto è stato così finanziato € 636.000,00 (contributo CEI, fondo 8 per Mille)€ 51.000,00 (accantonamento parrocchia)€ 44.850,00 (donazioni di privati arrivate in parrocchia nel 2012 e nel 2013)€ 50.000,00 (prestito infruttifero da privato)

Per completare i pagamenti è stato acceso un prestito presso la cassa diocesana di € 60.000,00 da restituire in tre anni al tasso corrente bancario.Abbiamo pagato completamente anche i lavori al tetto della canonica e alla cucina eseguiti in settembre. Ecco il dettaglio:

Impresa edile Zangoli-Ermeti 825,00(metà lavoro è stato eseguito gratuitamente)

Isoltek (cartongesso pareti cucina) 1.210,44Pollini (copertura tetti) 15.598,00

F.lli Vitali (lattoniere) 4.950,00Italponteggi 2.860,00Altre spese 456,47Totale 25.899,91

La spesa è stata relativamente contenuta, anche grazie al generoso contributo dei volontari, che hanno completato i lavori, per rendere molto efficiente la nostra struttura parrocchiale.

d.Giuseppe

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La vita bussa alla porta Emozioni...

In parrocchia non esistono solo i credenti che gioiscono per la loro fede in tutta tranquillità. Alcuni, per ragioni diverse, si sentono ai margini della pratica religiosa e della vita di parrocchia, senza cessare di credere in Cristo. C’è chi resta in questa zona d’ombra con rassegnazione, facendo i conti con un disappunto personale e sterile. Ma c’è anche chi riflette, si confronta, e vorrebbe un’attenzione che non sempre trova tra i “praticanti” e tra chi “vive in armonia con la comunità parrocchiale”. Alcuni amici segnati da queste fatiche, da diversi anni, si ritrovano a parlare di cose di fede. Non

situazioni astratte; sperimentate direttamente. Questa volta hanno creduto di spedirci una riflessione “delicata” ma anche molto schietta su un argomento caldo. Ci sembra doveroso e utile pubblicare questo testo, che può suscitare accoglienza, confronto, un dialogo che continua, un’attenzione rinnovata ai temi concreti della vita.

I divorziati che hanno ritrovato l’amore, per la Chiesa sono peccatori senza speranza e senza appello, a cui sarà negata per sempre la comunione? Non potranno mai essere assolti da nessuno? Qualche prete ha negato persino i funerali religiosi, o il battesimo ai figli… Chi sono queste figure spregevoli che la Chiesa inchioda a una condanna che appare più severa di quella riservata ad assassini, mafiosi o pedofili? Sono cattolici divorziati che hanno deciso di ricostruire la vita con un nuovo amore. Una massa silenziosa, difficile da quantificare. Di sicuro in continua crescita. Secondo l’Istat negli ultimi quindici anni le separazioni sono raddoppiate; ogni tre matrimoni si registra un divorzio.

Molti, nonostante il matrimonio religioso, passano a nuove unioni senza grossi problemi: non andavano a messa prima, non vanno dopo. Il problema è per quelli che in Dio ci credono sul serio. Se uno crede che Cristo è la salvezza, che prendere la comunione sia parte essenziale del proprio cammino di salvezza, c’è poco da fare: deve starsene in disparte. Dopo anni di emarginazione, il massimo che questo esercito di “reietti” ha ottenuto è… un posto in fondo alla chiesa, un invito a tavola senza il diritto di mangiare, condito col suggerimento di unirsi “in spirito” col resto dell’assemblea. È questo lo stile di misericordia che il Signore chiede a un cristiano?

Un giro tra i blog dei divorziati risposati che vogliono sentirsi ancora parte della Chiesa presenta un misto di rabbia, di sconforto, di sofferenza. Donne e uomini di fede solida, con percorsi spirituali seri, che hanno lottato per salvare il proprio matrimonio e non ce l’hanno fatta. O, peggio, hanno subito il tradimento e l’abbandono del coniuge. Hanno sofferto per anni e adesso, finalmente, con un’altra persona riescono a vedere la luce. Per loro è la speranza di rinascere. Per la Chiesa sembra solo la condanna.

Nuove prospettive per i divorziati risposati?

Fossero stati assassini, il loro pentimento li avrebbe salvati. Non aver nulla di cui pentirsi per un nuovo amore, li condanna. Eppure continuano a credere. Non vogliono smettere. E vivono la fede così, smarriti, senza identità. Sono degli apolidi. A disagio con chi dice loro di fregarsene dei preti, e non ce la fanno perché vogliono restare nella Chiesa. A disagio con chi consiglia di passare per la Sacra Rota e, forzando le testimonianze, strappare una sentenza di nullità del vecchio matrimonio, cosa che escludono per un senso di decenza. A disagio di fronte allo sguardo imbarazzato della propria comunità parrocchiale, che comunque li giudica, e li giudica male se provano ad avvicinarsi all’ostia. Si sentono lacerati tra la disciplina del clero, che non li perdona e li invita a tornare a un matrimonio che non esiste più, e la libertà della propria coscienza, che urla che è giusto il nuovo progetto di vita, magari benedetto dall’arrivo di figli.

Tanti divorziati chiedono spiegazioni nel confessionale, nei colloqui che strappano al sacerdote che sembra un po’ illuminato. La reazione è spesso arcigna, o infastidita… o ipocrita. Ogni tanto un sacerdote, di nascosto, dà l’assoluzione, a patto che non si sappia troppo in giro. Qualcun altro consiglia di andare a prenderla altrove, la comunione, fuori parrocchia. Piccole ipocrisie, e insieme piccole boccate di ossigeno. Il più delle volte, però, prevale il fastidio per aver creato un problema.

Eppure non è detto che debba per forza andare così. Non ovunque va così. Altrove il Vangelo viene interpretato con amorevolezza e comprensione fraterna. Gli ortodossi, per esempio, accettano la possibilità di un secondo matrimonio, sia pure benedetto con una formula meno ufficiale del primo. Margot Kaessman, la prima donna a capo della chiesa protestante tedesca, era una divorziata con quattro figli. Si sente dire che anche la nostra chiesa, ai primi tempi, seguiva criteri diversi. Dovremo convivere ancora a lungo con la nostra fatica? Non si può sperare un approccio nuovo?

Un gruppo di credenti “marginali”

Mentre mia moglie serviva la cena, le presi la mano e dissi: “Devo parlarti”. Lei annuì e mangiò con calma. La osservai e vidi dolore nei suoi occhi, lo stesso dolore che all’improvviso mi bloccava la parola. Mi feci coraggio… “Voglio il divorzio”. Non sembrò disgustata. Mi chiese soavemente: “Perché?” Quella sera non parlammo più. Lei pianse tutta la notte.

Sapevo che voleva capire cosa stesse accadendo, ma non potevo risponderle. Aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna, Giovanna! Ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena. Mi sentivo in colpa, ragion per cui nella bozza dell’atto di separazione avevo indicato che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio.

Quando vide quei fogli, li strappò. Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?! A me dispiaceva per il tempo che aveva sprecato con me… Però non potevo farci nulla, amavo Giovanna. All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere per sfogare la sua rabbia e la delusione. L’idea del divorzio cominciava a diventare realtà.

La sera dopo, quando tornai a casa, la trovai seduta alla scrivania della camera. Non cenai, mi misi a letto, ero molto stanco per la giornata passata con Giovanna. Durante la notte mi svegliai e la vidi sempre lì seduta a scrivere. Mi girai e continuai a dormire. La mattina mi presentò le condizioni per accettare il divorzio. Non voleva la casa né l’auto, tantomeno il negozio. Soltanto un mese di attesa, il mese che stava per cominciare l’indomani. E voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Per un motivo semplice: “Nostro figlio ha gli esami, non è giusto distrarlo con i nostri problemi”.

Fui d’accordo. Lei mi fece un’ulteriore richiesta: “Ti ricordi il giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella camera da letto per la prima volta? In questo mese ogni mattina, uscendo, devi prendermi in braccio e lasciarmi sulla porta di casa”. Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non fare del male a mio figlio e superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata: “Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie, dille che oramai sei mio, se ne faccia una ragione!”

Io e mia moglie da tanto non avevamo intimità. Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati… nostro figlio invece ci seguiva applaudendo: “Grande papà, ha preso la mamma in braccio!” Parole che mi entrarono nel cuore come un coltello. Camminai con mia moglie in braccio. Lei chiuse gli occhi e disse a bassa voce: “Non dirgli nulla del divorzio... per favore…”. Acconsentii con un cenno, un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei andò a prendere il bus per il lavoro.

La forza dell’abbraccioIl secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Si appoggiò al mio petto e… sentii il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che da tanto tempo non la guardavo, non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco… Si notava il danno che le avevo procurato! Ma cosa avevo potuto fare per ridurla così?

Il quarto giorno avvertii che l’intimità stava ritornando. Questa donna mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio… Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna.

Ogni giorno era più facile prenderla in braccio. Il mese passava veloce. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, per questo la sentivo più leggera. Una mattina sceglieva come vestirsi provandosi di tutto, ma nessun vestito le andava bene: “Sono tutti grandi”. Mi accorsi che era dimagrita tanto, ecco perché era leggera! Poi mi resi conto che era entrata in depressione. Troppo dolore e troppa sofferenza, pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli. Nostro figlio entrò all’improvviso: “Papà, è ora di portare la mamma in braccio.” Per lui era diventato un momento basilare. Mia moglie lo strinse forte a sé. Girai la testa, ma dentro sentii un brivido. Prenderla e portarla in braccio cominciava a essere come la prima volta… La abbracciai senza muovermi e sentii quanto fosse leggera e delicata. Mi venne da piangere!

L’ultimo giorno la lasciai sull’uscio, ma lei rientrò in casa. Accompagnai mio figlio a scuola poi mi diressi al lavoro. Passando davanti alla casa di Giovanna mi fermai, salii le scale e quando aprì la porta le dissi: “Perdonami, non voglio più divorziare da mia moglie.” Lei mi guardò: “Sei impazzito?” Le risposi: “No… è solo che amo mia moglie. Un momento di noia ci aveva allontanato, ma dal giorno in cui l’ho presa in braccio mi sono reso conto che devo farlo per il resto della vita!” Giovanna pianse, mi tirò uno schiaffo ed entrò in casa sbattendomi la porta in faccia.

Scesi veloce le scale, salii in macchina, mi fermai al negozio dei fiori e comprai un mazzo di rose. La ragazza chiese: “Cosa scriviamo sul biglietto?”. “Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”. Arrivai a casa di corsa, feci le scale, entrai e mi precipitai in camera felicissimo… Mia moglie giaceva a terra… Morta!

Aveva lottato contro il cancro… E io, occupato a passare il tempo con Giovanna, non mi ero accorto di nulla! Aveva taciuto per non farmi pena. Sapeva di dover morire e mi aveva chiesto un mese di tempo… Un mese perché nostro figlio non subisse traumi. E conservasse vivo il ricordo di un padre meraviglioso, innamorato della sua mamma.

Racconto - adattamento, da Internet

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La vita bussa alla porta Genitori e figli

È stato un incontro “sfidante”. Il relatore ci ha costretto a entrare in noi e nella nostra fede per trovare le risposte che andavamo cercando: che Dio voglio passare ai miei figli? Chi è Dio per me? Ci ha teso un trabocchetto, facendoci dare una serie di risposte che abbiamo elencato copiosamente… ma quella “giusta” ci stava sfuggendo. Non ci è venuto lì per lì in mente che Dio è soprattutto una Persona. E che è risorto! La gioia, la verità, la pace e tutte le altre cose che desideriamo per noi e per gli altri, stanno lì, in quella Persona risorta. E questa Persona non si trasmette, s’incontra. Il seme nei nostri figli non lo mettiamo noi, è già presente in loro; a noi il compito di preparare il terreno più adatto a che il seme cresca rigoglioso, soprattutto con l’esempio e insegnando loro l’ascolto profondo di se stessi, con grande fiducia.

A questo punto, un’altra domanda ci ha spiazzato. Che cosa significa risorgere? Quando in questa vita si può provare un’esperienza che abbia senso nella resurrezione? Faticosamente, col tipico processo del gruppo che riflette su se stesso, prova, corregge, ritenta e alla fine intuisce e coglie, si sono succedute alcune risposte come:

• dopo un grande dolore, accompagnati dal dolore di Cristo e ispirati al suo modello, si sopravvive, ma si migliora anche a un livello profondissimo, quasi molecolare e un intero regno dello spirito si spalanca ai nostri occhi che prima erano ciechi, un regno di gioia;

• oppure nella liturgia penitenziale, nella confessione;

• infine, la più intrigante, nelle relazioni umane.

Nelle relazioni fra due persone può avvenire la creazione di un terzo soggetto che non sarebbe possibile senza l’incontro. Nelle relazioni carnali può nascere un figlio! Nelle relazioni spirituali nasce un progetto comune, che muta l’andamento delle singole vite. Si sacrifica l’individualità, e questo non

Un incontro, una sfida

è indolore, perché si perde autonomia e si devono trovare i compromessi. Ma si risorge nell’unità di disegni prima separati e lontani. Si resta singoli, eppure si diventa qualcosa di diverso nell’unione con l’altro. Dove non arriva l’io arriva il “noi”.

Nelle nostre menti incantate da queste rivelazioni, si è profilata l’immagine del matrimonio come resurrezione quotidiana e terrena. Forse abbiamo avuto un assaggio del matrimonio definitivo con Dio, quando il nostro tempo sarà compiuto e la resurrezione non sarà più solo evocata, ma reale: ciascuno di noi in relazione! Insieme a Dio si formerà un terzo soggetto che saremo ancora noi, ma quanto trasformati!

Il rapporto con i figli, e con tutte le persone che vogliamo far entrare nella nostra vita, ha il potere di evocare questa eco di resurrezione, se abbiamo il coraggio di farci cambiare: un pezzo di Paradiso è possibile ora, in questa vita, nel dono reciproco.

Manuela Masini

Domenica 12 gennaio: incontro destinato ai gruppi famiglia, ai genitori della catechesi e a tutte le famiglie. È il secondo di una terna che ha lo scopo di aiutare i genitori a capire quanto sia importante operare di comune accordo nelle scelte per i figli. Il primo, condotto dal dottor Rambelli, risale a novembre. Il terzo si terrà a marzo. Questo secondo aveva per tema: Scegliere per i propri figli un cammino di fede. Ricchezze e difficoltà. È stato animato dal dott. Ettore Valzania, presidente regionale dell’Ordine francescano secolare. Abbiamo raccolto i pensieri di una partecipante, che si presenta: “Sono diventata atea e anticlericale quando avevo 14 anni e così sono rimasta per circa trent’anni. Nel 2011 sulle orme del catechismo di mia figlia mi sono avvicinata alla religione e alla parrocchia di San Raffaele, attirata dalle persone che vedevo entrare in chiesa sorridenti, come se lì potessi trovare la risposta alle mie domande disperate di felicità e benessere. Ho trovato: un amore smisurato che mi stava aspettando, un cammino da compiere e compagni di strada”.

A ventuno anni, quando ho preso coscienza della mia natura omosessuale, ho subito un grosso disorientamento, che mi ha portato in ospedale. Uscita, mi sono trovata di fronte una lunga strada in salita: l’accettazione di me stessa. Ho perso tutti gli amici, alcuni perché ho rivelato loro la mia natura, altri perché mi vedevano in difficoltà. Ho avuto crisi depressive. Ogni volta era come cadere pesantemente a terra e doversi rialzare. La famiglia ha faticato a starmi vicina e a metabolizzare la mia condizione.

Grazie a Dio, da anni ho iniziato un cammino di fede che cerco di portare avanti con fatica, perché mi sento discriminata dalla Chiesa, pur facendo tesoro di persone e realtà cristiane che per fortuna fanno eccezione.

Racconto la mia storia non per mettermi in mostra, ma perché vorrei fare la mia piccola parte di testimone affinché un giorno l’omosessualità sia trattata all’interno della Chiesa e della società civile con rispetto, dignità, giustizia, trasparenza, senso della bellezza e amore. Vorrei che l’amore di Dio di cui la Chiesa è portatrice, fosse amore concreto anziché accoglienza che tollera a distanza, silenzio che nasconde per vergogna, pietà che compatisce. A volte noi omosessuali sperimentiamo l’amore che ci viene dato come un modo di stare in mezzo agli ultimi con la superiorità di chi comunque appartiene ai primi. Come se per sentirsi “giusti” fosse necessario avere accanto gli “sbagliati”. Per questo disagio ho lasciato comunità cristiane, continuando in solitudine il mio cammino.

Sento che due persone che si amano e si scelgono sono un miracolo, un sacramento, presenza vivente di Cristo, segno della sua bellezza, mistero insondabile. Questo mi sembra vero prima di ogni schema o legge. Ogni anno il mondo festeggia il Natale di Cristo, come abbiamo appena fatto. La sacra famiglia ha bussato e incontrato solo porte chiuse. Allora Gesù è nato in una grotta, un luogo senza nulla, senza neanche porte da chiudere. Mi piace pensare che Gesù non sia capitato per caso in quella grotta aperta, ma se la sia scelta proprio per non chiudere fuori dalla porta nessuno. Oggi

Vocazione omosessuale

dopo 2013 Natali… si può dire che nella Chiesa di Cristo non ci siano porte chiuse?

In questi anni ho seguito un percorso vocazionale per cercare di dare un senso cristiano alla mia vita. Il lavoro che devo compiere è tanto e faticoso, ma poi ogni mattina mi alzo e vedo muri da abbattere anziché una strada da percorrere. Per quanto mi sforzi di superare le barriere dentro me, ne trovo altrettante intorno a me e ne soffro profondamente. Mi è stato detto che seguire Cristo non toglie nulla alla felicità, eppure, anche volendo, nella Chiesa attuale non potrò mai vivere alla luce del sole la mia vocazione. Allora cerco di immaginare qualcosa di bello nel mio futuro e sogno, oltre che una compagna, una realtà dove poter essere tutelata, inserita in contesti che riconoscono anche la mia vocazione, nel rispetto del mistero della forma e dell’unicità.

Sogno una Chiesa che sappia accogliere la persona omosessuale nell’amore di Dio e nel suo mistero, così come Giuseppe ha accolto nella sua vita Maria incinta per opera dello Spirito, andando oltre la tradizione, la legge umana e la legge naturale, perché una gravidanza che sembrava contro natura e biologicamente inspiegabile era invece opera dell’amore di Dio, mistero che nella fede e nell’amore non contraddice ma supera e porta a pienezza la natura stessa dell’uomo. Sogno una Chiesa capace di chiamare l’amore tra due persone con il suo vero nome. Non malattia, perversione, devianza, peccato ma semplicemente quello che è: amore, presenza viva di Cristo, sacramento.

Elisa

Una giovane omosessuale, dopo aver letto l’ultimo numero della nostra lettera, ha ringraziato per l’attenzione prestata dal Papa e dalla nostra comunità al tema che le sta tanto a cuore e ha chiesto di poter raccontare qualcosa di sé. Accogliamo volentieri la sua testimonianza, che interpella la nostra mentalità e i nostri comportamenti.

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Ecco i nostri giovani Suggestioni per la vita

27.12.2013, ore 6.30. Cinquanta ragazzi fra i 16 e 23 anni trascinano insonnoliti valigie e sacchi a pelo. Salgono come un gregge spaurito sul pullman per affrontare un viaggio fuori dalla norma. Cosa regalerà loro Roma? La capitale durante le feste indossa l’abito migliore e si presenta ai viaggiatori al massimo dello splendore. Ma i suoi bellissimi monumenti non sono l’oggetto del viaggio!La loro casa per quattro giorni è la parrocchia “Nostra Signora di Lourdes” a Tor Marancia, dormono sui pavimenti, il loro cibo sono panettoni e pandori avanzati dalle feste e panini ogni giorno sempre più gommosi. Non proprio una “vacanza”... La loro “missione”? Portare sorriso e speranza a piccoli, affamati, anziani, soli, dimenticati, disoccupati.Si tratta di un breve campo, organizzato dal Gruppo di Volontariato del Liceo Scientifico “Einstein” di Rimini, al quale si sono aggregati studenti da altre scuole e anche noi di San Raffaele (dieci per la precisione): tutti animati da spirito di iniziativa e da una grande umiltà, uniti dalla voglia di dare senza chiedere nulla in cambio, con l’obiettivo di “andare nei crocicchi delle periferie umane”. Per quattro giorni la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas e il centro delle Suore Missionarie della Carità sono le realtà di servizio in cui ci spendiamo.Ogni giorno sveglia alle 6:15. Breve colazione, poi gli educatori ci guidano tra fermate di autobus e vagoni di metro, biglietti da obliterare e vicoli romani, in una corsa continua per arrivare a tempo nelle sedi di destinazione. Vestiti da smistare, bambini da rincorrere, piatti e brocche da riempire: questa è la realtà che ci aspetta. Ma la verità è un’altra. Oltre il lavoro manuale che, a dirla tutta, non rappresenta un problema per giovani forti e pieni di energie, c’è ben di più. Ci sono le persone!Bambini con famiglie distrutte alle spalle che, nonostante tutto, sorridono e amano il mondo come solo i piccoli sanno fare. Rom senza un luogo degno

Nessuno commetta l’errore di non fare niente…

di essere chiamato “casa”, confinati in una recinzione metallica, che ci accolgono con un calore e una gentilezza impensabili. Anziani dimenticati negli Ospizi che per un sorriso, una partita a briscola, una canzone improvvisata ritornano per un attimo ventenni condividendo con noi storie sofferte.A fine giornata - il cuore colmo delle esperienze appena vissute – ci aspettano gli incontri e i momenti di condivisione preparati dagli educatori e ispirati alla figura di Padre Pino Puglisi, sacerdote esemplare nella lotta alla criminalità organizzata (ne verrà assassinato), dedito alla pastorale giovanile. Il filo conduttore del campo, infatti, è la “Giustizia” e il percorso è guidato e nutrito con sapienza dalla lettura di testi (stralci di Leggi, citazioni, brani biblici, canzoni...) scelti dagli educatori. Poi, stravolti, tutti a dormire, consapevoli delle poche ore di sonno.

Quattro giorni volati troppo velocemente al termine dei quali non v’era più traccia delle cinquanta persone partite. Al loro posto c’erano cuori pulsanti all’unisono, sguardi complici, risate condivise, lacrime versate insieme, nuove amicizie in un clima di gratuità che ci ha lasciato stupiti e sorpresi. Già, perché fare volontariato non significa solo mettersi in gioco, rimboccarsi le maniche, aprire il proprio cuore per accogliere i sentimenti altrui… È invece un gioco di “dare e avere”, uno scambio senza richieste formali adatte… è la volontà spontanea di regalare un pezzetto di sé agli altri ricevendo in cambio i doni più preziosi di un essere umano: amore e gratitudine che, letti nella fede, acquistano un significato ancora più vero.D’altronde Gesù ci insegna ad amare i poveri, gli ammalati, i soli. In quei quattro giorni, abbiamo sperimentato la potenza rivelatrice della Parola di Dio in un’esperienza che nessuno dimenticherà e che custodiremo nel cuore non come ricordo del passato, ma come consapevolezza di un presente da coltivare

A fine dicembre un gruppetto di Giovanissimi di Azione Cattolica di San Raffaele ha vissuto a Roma un’esperienza molto forte. Una di loro ce la racconta, lasciandoci anche un invito preciso…

giorno per giorno.Molti di noi hanno scelto di continuare a fare volontariato. Questa volta a km zero, nei centri della Provincia di Rimini che vanno incontro ai più bisognosi: senzatetto, bambini, immigrati… Il Campo Roma ha rappresentato un’avventura che ha modificato il punto di vista col quale eravamo soliti guardare la vita e il mondo circostante.Ci permettiamo di rivolgere a tutti un invito. Cerchiamo di non essere “cristiani con le pantofole”, pigri, irrigiditi dalla quotidiana monotonia delle abitudini. Mettiamo in gioco noi stessi senza paure, insicurezze o cali di autostima. Sentiamoci a servizio dei più deboli, di chi non possiede nulla se non un nome e un cognome, talvolta nemmeno quelli. Ci può guidare un pensiero dello scrittore irlandese Edmund Burke: “Nessuno commette un errore più grande di colui che non fa niente, pensando di poter fare poco”!

Valentina Fantoni

Pane sporco“Forse oggi ci farà bene pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto”.

Mentre lancia un monito contro i corrotti, papa Francesco paragona la corruzione a una dipendenza da stupefacente. “Si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!… L’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza”.

Parlando dei “devoti” della corruzione amministrativa, il pontefice ricorda la figura evangelica del “ricco epulone” che “aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne”. A lui “il Signore ha detto: Questa notte dovrai morire”. Il Papa comunque manifesta pietà per “questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti e soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità!”. “Preghiamo per loro!” ha esortato.

Papa Francesco, 8.11.13

FelicitàNoi cristiani non dovremmo dimenticare l’amore per la familiarità quotidiana. Dovremmo sentirci appagati dalla ripetizione di tutto ciò che rende piacevole lo scorrere del tempo: guardare, leggere, scrivere, parlare tra volti cari…

Chi ha tutto ciò è privilegiato. La felicità sta dentro questo fluire consueto, normale, ma pur sempre nuovo delle ore di ogni giorno.

L’agire del buon cristiano è la generosità di chi sacrifica la gioiosa armonia della sua esistenza e affronta lo “sconvolgimento” per amore degli altri, talora esclusi da quest’armonia. Anche papa Francesco invita ad aiutare e comprendere la necessità dei fratelli più deboli e bisognosi.

Maria Brighi Spazi

Tra gli ospiti di Casa Betania ci sono persone che hanno alle spalle storie ed esperienze interessanti. C’è anche chi compone poesie. Raffaele Caragnano, che abita non lontano da “La Brocca”, è uno di loro. Di lui presentiamo La terra, scritta in occasione dello sbarco sulla Luna. La mela e altre che pubblicheremo in seguito, risalgono all’anno della pensione.

La terraLa terra è un’astronave,con lei ruotano sentimenti, affanni, potere,e non si pensa ai valori più belli e nobili.Finiremo tutti in una tombacircondata da qualche fiore,che forse è l’unico a dare un profumo immortale!

Raffaele Caragnano (1969)

La melaLa guardo, la giro, la rigiro.La strofino, rimango ammirato.Sento il suo profumo,Scocco il primo morso!Il sapore mi invita a mangiarla.Quando ho finito rimane solo il torsolo.Lo butto via.E per un attimo mi accorgodi aver distrutto la sua bellezza!

Raffaele Caragnano (2009)