SABATO 15 E DOMENICA 16 OTTOBRE VIAGGIO … · Il parco archeologico dell’antica città romana di...

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SABATO 15 E DOMENICA 16 OTTOBRE VIAGGIO CULTURALE IN LUNIGIANA A LUNI, SARZANA E PONTREMOLI Il viaggio di ottobre ci porterà in quella parte della Lunigiana che si estende lungo il fiume Magra. Qui i resti di Luni, la città romana che da il nome al territorio, ci parlano ancora del loro fasto e della loro ricchezza. Ecco poi Pontremoli, a raccogliere uno dei casi più interessanti del megalitismo europeo, le statue steli che qui si sono conservate in maniera clamorosa e il loro significato attende ancora di essere spiegato del tutto, e Sarzana, erede del passato lunense e testimone della fase tardo medievale e rinascimentale della zona. Qui si ammira la Croce di Maestro Guglielmo, del 1138, la più antica croce dipinta italiana. Il parco archeologico dell’antica città romana di Luni si trova al confine tra Liguria e Toscana, dove è possibile scoprirei resti di quella che fu una potente città marittima. Il toponimo Luni si deve forse a una dea primitiva italica o alla forma a falce del porto cittadino. Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani nella guerra di conquista della penisola italica, divenne famosa per il suo porto, da cui partivano navi cariche di marmo delle Alpi Apuane, legname delle foreste appenniniche, formaggi e vini locali, lodati da Marziale e da Plinio. In epoca augustea, Luni conobbe un ulteriore periodo di splendore, e successivamente in età giulio-claudia, grazie al marmo, si trasformò in città monumentale. Nel V secolo divenne sede vescovile (nel 272 aveva dato anche un Papa, Eutichiano). Da questo momento cominciò la lenta decadenza. Nel 642, le invasioni longobarde portarono la città alla rovina; nel periodo franco fu saccheggiata dai pirati saraceni e nell’860 i Normanni invasero la città distruggendola. Nonostante un periodo di prosperità sotto la guida dei vescovi nel X secolo, l’insalubrità della zona e il progressivo interramento del porto causarono l’emigrazione degli abitanti verso Sarzana e quindi nel 1204 il papa Innocenzo II vi spostò anche la diocesi, segnando la fine della città. Luni rappresenta una tipica fondazione urbana romana, attraversata dal decumano, costituito dalla via Aurelia e dal cardo, che collegava il foro alla zona del porto. Sul foro si trovavano le facciate degli edifici pubblici e religiosi (Capitolium, basilica, ecc.), all’esterno si trovava il bell’anfiteatro. Del periodo medioevale rimangono la cripta, del VIII-IX secolo, e il campanile e la parte absidale della cattedrale romanica di San Marco. Luni e le cave di marmo L’antico fervore edilizio è collegato allo sfruttamento delle cave di marmo apuane, il cui materiale è impiegato sia per la realizzazione di elementi architettonici nei monumenti lunensi, sia per l'esportazione, specie verso Roma. La città sin dalla fondazione appare inserita in una vasta rete di interessi commerciali, dal porto partono infatti le grandi navi lapidarie che trasportano a Ostia e in tutti gli scali mediterranei, i blocchi del prezioso materiale. E’ probabile che l’attività estrattiva si intensifichi dopo il 42 a.C., con Ottaviano e una nuova deduzione di veterani. Durante il regno di Tiberio le cave di marmo diventano di proprietà imperiale e la loro conduzione è affidata a liberti e schiavi . A partire dal regno di Claudio (41-54 d.C.) si realizza un progetto unitario di ridefinizione monumentale del centro cittadino e la città assume dunque una fisionomia fastosa e raffinata. Porticati fiancheggiano le vie selciate con grandi basoli , gli spazi pubblici sono pavimentati con preziose lastre marmoree, fontane e giardini allietano monumenti e residenze private. Imponenti statue in marmo degli imperatori e dei membri delle loro famiglie affollano i porticati e i luoghi dedicati, nella grande piazza del foro due basamenti testimoniano la presenza di monumenti equestri in bronzo. Il clima di generale benessere si protrae anche nei secoli successivi (II e III secolo d.C.). Dalla fine del IV secolo all'abbandono Nel IV secolo anche Luna risente della crisi generale comune al resto dell’impero, localmente aggravata dal crollo degli edifici pubblici e privati a seguito di un terremoto rovinoso. Alcune aree urbane vengono risistemate con interventi anche di notevole entità, spesso reimpiegando materiali architettonici e di arredo degli edifici pubblici distrutti . Riutilizzando le strutture della domus di Oceano, viene edificata una domus ecclesiae poi trasformata, nella seconda metà del V secolo, in Basilica Cristiana. Negli anni successivi l’occupazione militare del generale Narsete nel 552, Luna diviene centro della provincia “Maritima Italorum” bizantina e l’ecclesia viene totalmente rinnovata. Stando alla tradizione storica, durante la conquista della costa dalla Tuscia, il re longobardo Rotari, nel 643, distrugge le mura di Luni e devasta la città. La cronaca devozionale

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SABATO 15 E DOMENICA 16 OTTOBRE

VIAGGIO CULTURALE IN LUNIGIANA A LUNI, SARZANA E PONTREMOLI Il viaggio di ottobre ci porterà in quella parte della Lunigiana che si estende lungo il fiume Magra. Qui i resti di Luni, la città romana che da il nome al territorio, ci parlano ancora del loro fasto e della loro ricchezza. Ecco poi Pontremoli, a raccogliere uno dei casi più interessanti del megalitismo europeo, le statue steli che qui si sono conservate in maniera clamorosa e il loro significato attende ancora di essere spiegato del tutto, e Sarzana, erede del passato lunense e testimone della fase tardo medievale e rinascimentale della zona. Qui si ammira la Croce di Maestro Guglielmo, del 1138, la più antica croce dipinta italiana. Il parco archeologico dell’antica città romana di Luni si trova al confine tra Liguria e Toscana, dove è possibile scoprirei resti di

quella che fu una potente città marittima. Il toponimo Luni si deve forse a una dea primitiva italica o alla forma a falce del porto cittadino. Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani nella guerra di conquista della penisola italica, divenne famosa per il suo porto, da cui partivano navi cariche di marmo delle Alpi Apuane, legname delle foreste appenniniche, formaggi e vini locali, lodati da Marziale e da Plinio. In epoca augustea, Luni conobbe un ulteriore periodo di splendore, e successivamente in età giulio-claudia, grazie al marmo, si trasformò in città monumentale. Nel V secolo divenne sede vescovile (nel 272 aveva dato anche un Papa, Eutichiano). Da questo momento cominciò la lenta decadenza. Nel 642, le invasioni longobarde portarono la città alla rovina; nel periodo franco fu saccheggiata dai pirati saraceni e nell’860 i Normanni invasero la città distruggendola. Nonostante un periodo di prosperità sotto la guida dei vescovi nel X secolo, l’insalubrità della zona e il progressivo

interramento del porto causarono l’emigrazione degli abitanti verso Sarzana e quindi nel 1204 il papa Innocenzo II vi spostò anche la diocesi, segnando la fine della città. Luni rappresenta una tipica fondazione urbana romana, attraversata dal decumano, costituito dalla via Aurelia e dal cardo, che collegava il foro alla zona del porto. Sul foro si trovavano le facciate degli edifici pubblici e religiosi (Capitolium, basilica, ecc.), all’esterno si trovava il bell’anfiteatro. Del periodo medioevale rimangono la cripta, del VIII-IX secolo, e il campanile e la parte absidale della cattedrale romanica di San Marco.

Luni e le cave di marmo L’antico fervore edilizio è collegato allo sfruttamento delle cave di marmo apuane, il cui materiale è impiegato sia per la realizzazione di elementi architettonici nei monumenti lunensi, sia per l'esportazione, specie verso Roma. La città sin dalla fondazione appare inserita in una vasta rete di interessi commerciali, dal porto partono infatti le grandi navi lapidarie che trasportano a Ostia e in tutti gli scali mediterranei, i blocchi del prezioso materiale. E’ probabile che l’attività estrattiva si intensifichi dopo il 42 a.C., con Ottaviano e una nuova deduzione di veterani. Durante il regno di Tiberio le cave di marmo diventano di proprietà imperiale e la loro conduzione è affidata a liberti e schiavi. A partire dal regno di Claudio (41-54 d.C.) si realizza un progetto unitario di ridefinizione monumentale del centro cittadino e la città assume dunque una fisionomia fastosa e raffinata. Porticati fiancheggiano le vie selciate con grandi basoli, gli spazi pubblici sono pavimentati con preziose lastre marmoree, fontane e giardini allietano monumenti e residenze private. Imponenti statue in marmo degli imperatori e dei membri delle loro famiglie affollano i porticati e i luoghi dedicati, nella grande piazza del foro due basamenti testimoniano la presenza di monumenti equestri in bronzo. Il clima di generale benessere si protrae anche

nei secoli successivi (II e III secolo d.C.). Dalla fine del IV secolo all'abbandono Nel IV secolo anche Luna risente della crisi generale comune al resto dell’impero, localmente aggravata dal crollo degli edifici pubblici e privati a seguito di un terremoto rovinoso. Alcune aree urbane vengono risistemate con interventi anche di notevole entità, spesso reimpiegando materiali architettonici e di arredo degli edifici pubblici distrutti. Riutilizzando le strutture della domus di Oceano, viene edificata una domus ecclesiae poi trasformata, nella seconda metà del V secolo, in Basilica Cristiana. Negli anni successivi l’occupazione militare del generale Narsete nel 552, Luna diviene centro della provincia “Maritima

Italorum” bizantina e l’ecclesia viene totalmente rinnovata. Stando alla tradizione storica, durante la conquista della costa dalla Tuscia, il re longobardo Rotari, nel 643, distrugge le mura di Luni e devasta la città. La cronaca devozionale

narra che nel 782 giunge a Luni il famoso Volto Santo, crocifisso ligneo scolpito da Nicodemo d’Arimatea, che custodisce anche l'ampolla del Sangue di Cristo: mentre il simulacro è trasferito a Lucca, la preziosa reliquia rimane nella cattedrale lunense che, in età carolingia, è interessata da una profonda ristrutturazione e risulta dotata della prima cripta semianulare e appunto della camera delle reliquie. Nell’845 Luni

entra a far parte della marca della Tuscia; Prudenzio, vescovo di Troyes, riferisce che Mauri et Sarraceni devastano il litorale da Luni alla Provenza nel corso dell’incursione dell’849, senza incontrare resistenza. Nell’860, proprio nella cattedrale, sono ambientate le fasi salienti della vicenda di Hasting, pirata danese che, fintosi morto, durante la cerimonia funebre celebrata nella chiesa, “risuscitando” dalla bara, mette a saccheggio la città, scambiata per Roma, riducendola in cenere. Nel X secolo Luni è una città marinara della marca obertenga, dotata di una flotta a difesa degli attacchi mussulmani. Alla fine dell’XI secolo, Luna è posta sotto la protezione di Federico Barbarossa e del figlio Enrico VI. I rinvenimenti monetali confermano la vitalità commerciale e gli scambi a testimonianza di un

insediamento ancora produttivo, ma l’impaludamento del portus Lunaee la conseguente malaria provocano il graduale abbandono della pianura sabbiosa, tanto da determinare, nel 1204, il trasferimento della cattedra episcopale a Sarzana. Dante, che soggiorna a Sarzana nel 1306 per conto dei Malaspina, ricorda Luni fra le città morte. Il Museo Archeologico Nazionale di Luni I pannelli d’esordio forniscono informazioni di carattere generale sulla città antica, sulle tecniche di lavorazione del marmo in epoca romana; la fama di Luna era strettamente legata a questo

materiale, come peraltro dimostra il fatto che il marmo di Carrara nell’antichità è denominato appunto “marmo lunense”. Per questo l’esposizione si apre con esemplari di statue in marmo, sia maschili sia femminili. Segue il settore dedicato alla ritrattistica che comprende un solo, eccezionale, esemplare in bronzo e vari ritratti in marmo relativi a personaggi appartenenti alle dinastie imperiali. Il percorso espone poi la produzione vascolare rinvenuta nel corso degli scavi, i contenitori da trasporto per derrate alimentari, i vetri, i laterizi, le terrecotte architettoniche, le lucerne, i bronzi, gli elementi di ornamento in vari materiali, gli strumenti per la toilette ed infine il monetiere. Si sottolinea infatti che a Luni è stato rinvenuto un ampio repertorio di monete che coprono un arco cronologico compreso tra l’età repubblicana e l’alto medioevo.

L'area archeologica La città di Luna presenta un impianto di forma irregolarmente rettangolare, ampio circa 24 ettari, delimitato da mura di cui non si conserva quasi nulla in elevato. Lo spazio interno si articola su terrazzi, oggi appena percepibili, in pendenza verso il mare ed è ripartito in isolati rettangolari creati da assi viari che si intersecano

ortogonalmente con l’anfiteatro posto all’esterno. Gli scavi hanno permesso di

indagare l’area pubblica con il foro vetus, la basilica civile e le tabernae, i templi repubblicani (Capitolium e Grande Tempio della dea Luna), il Foro adjunctus con il tempio imperiale, il Tabularium e piazze con loggiati, diverse residenze urbane, gli edifici da spettacolo (teatro e anfiteatro), la porta e le mura

Occidentali, il cardine e il decumano massimo, il complesso tardo-antico e altomedievale della Cittadella con la Cattedrale di S. Maria.

Pontremoli Definita nel ‘200 da Federico II “l’unica chiave e porta della Toscana”, mostra ancora oggi il fascino del suo glorioso passato. Il borgo fortificato stretto fra i fiumi Magra e Verde è dominato dal Castello del Piagnaro che

controllava l'accesso ai passi Appenninici lungo l'antica via Francigena. La visita al centro storico permette di ammirare ponti, case-torri e fortificazioni medievali, ma

anche raffinati edifici religiosi di età barocca. Il Castello del Piagnaro, edificato a partire dal X secolo ed utilizzato fino all'età Napoleonica

come struttura difensiva, caserma e prigione, fu più volte distrutto e ricostruito: conserva ancora l’imponente mastio tardo medievale e i possenti bastioni seicenteschi.

Il Museo delle statue stele Il castello del Piagnaro a Pontremoli ospita il Museo delle Statue Stele Lunigianesi. La raccolta, di grandissima suggestione, espone e racconta

uno dei fenomeni più importanti della megalitica europea. Le Statue Stele, figure umane maschili e femminili rappresentate in forme astratte, furono scolpite nella pietra arenaria dalle popolazioni vissute tra il IV e il I millennio a.C. e rappresentano ancora oggi un enigma in parte irrisolto. Queste immagini preistoriche e protostoriche sono caratterizzate dalla testa “a cappello di carabiniere” e dal volto a forma di U, classificate dagli archeologi in tre gruppi tipologici (A, B,C); furono realizzate tra l'età del rame e l'età del ferro e hanno attraversato i secoli per giungere fino a noi, subendo nel tempo occultamenti volontari, riusi e reimpieghi che ne hanno spesso modificato la forma e la funzione. Oggi le Statue Stele sono a tutti gli effetti il simbolo identitario della

Lunigiana, la valle del fiume Magra lunga la quale sono distribuiti tutti i ritrovamenti. Il Castello del Piagnaro è situato sulla collina che

domina il centro storico di Pontremoli ed è elemento integrante del sistema difensivo della città assieme alle mura e alle torri che difendevano il borgo medievale. Sorto intorno all’anno mille con funzioni di difesa e di controllo stradale ha rappresentato l’ultimo baluardo della difesa dei cittadini di Pontremoli in svariate occasioni; il suo nome deriva dalle “piagne”, lastre in arenaria utilizzate tradizionalmente in Lunigiana per realizzare i tetti e ancora oggi visibili all'interno della struttura. Dopo un periodo di abbandono è stato completamente recuperato negli ultimi 30 anni grazie a numerose campagne di restauro. Il complesso architettonico attuale, frutto di numerose ricostruzioni e ampliamenti, è caratterizzato da un imponente mastio (inizi del XV secolo) che, collocato nella parte più alta del rilievo, domina l’intera fortificazione. Di fronte al mastio sorge un imponente corpo di fabbrica, utilizzato in passato come caserma. La restante parte del Castello è caratterizzata da strutture difensive sei-settecentesche, attrezzate per l’uso di artiglierie e armi da fuoco, con un’ampia corte circondata possenti bastioni muniti di rampe di collegamento e garitte angolari.

SARZANA Sarzana si trova in territorio ligure, nella bassa val di Magra, dove la statale della Cisa si incontra con la via Aurelia. La città è situata nel cuore della Lunigiana, diretta discendente dell’antica città romana di Luni, che sostituì in quanto ad importanza religiosa all’inizio del XIII secolo. Sarzana ha origini antiche, ricordata già nel primo millennio e una storia affascinante, dominata

da più signori e città , Castruccio Castracani, Spinetta Malaspina, i Pisani, i Visconti, i Genovesi e i Fiorentini e dove Dante soggiornò. La città conserva due castelli, la fortezza Firmafede, di origine pisana e la fortezza di Sarzanello, antica residenza vescovile. Oggi il borgo murato cinquecentesco è quasi rimasto intatto, con le mura e quattro torrioni. Il centro storico si sviluppa lungo le vie Bertoloni e Mazzini, tra Porta Parma e Porta Romana, nell’antico tratto della Via Francigena. Su queste vie e si affacciano numerosi palazzi e chiese. Sfruttando la sua posizione strategica e la sua vocazione commerciale, Sarzana è divenuta nei secoli un centro fiorente e ricco, centro di

interessi politici e religiosi di ampio raggio (dalla Toscana, alla Liguria, alla Lombardia) che ne hanno segnato profondamente la storia e l’aspetto, come testimoniano i numerosi monumenti e opere d’arte. La Cittadella è uno splendido esempio di fortezza Rinascimentale: questa grande fortificazione fu edificata da Lorenzo il Magnifico sull’antica fortezza pisana detta Firmafede e venne poi completata dai Genovesi. Dai bastioni della Cittadella possiamo ammirare l’altra splendida fortezza di Sarzana, la Fortezza di Sarzanello, costruita sul colle che porta lo stesso nome a protezione del borgo e della viabilità storica. Ritornando sulla via principale raggiungiamo in pochi istanti la grande piazza in cui sorge la Cattedrale di Sarzana, dedicata a S. Maria Assunta. Oltre la grande facciata in marmo di Carrara coronata dalle statue dei tre papi Sarzanesi (Eutichiano, Sergio IV, Niccolò V) ammiriamo il grande e solenne interno tardomedievale, scrigno di preziose reliquie (come il

celebre Preziosissimo Sangue) e di alcuni capolavori assoluti, come il Crocifisso del Maestro Guglielmo (la più antica croce dipinta italiana, 1138), le impressionanti pale d’altare marmoree dell’Incoronazione e della Purificazione (XV sec.) e i raffinati dipinti di Domenico Fiasella, il principale pittore della zona detto “Il Sarzana”. Sempre lungo il borgo principale, poco lontano dalla Cattedrale, ecco innalzarsi l’antica pieve di S. Andrea, che conserva ancora il fascino medievale. Nel centro di Sarzana, ecco la grande piazza del Comune dalla forma trapezoidale, nella quale spiccano, tra eleganti palazzi signorili, il monumento ai caduti di C. Fontana e l’epigrafe Dantesca posta proprio sulla facciata del Palazzo Comunale, che ricorda la presenza del sommo poeta a Sarzana nel 1306.

Santo Stefano di Sorano La pieve di Santo Stefano di Sorano a Filattiera è una delle più importanti pievi romaniche della provincia di Massa Carrara. Sorge in una zona strategica, frequentata fin dalla preistoria (nella zona sono state ritrovate ben sette statue stele) e conserva ancora oggi l’impianto del secolo XII, capolavoro architettonico romanico, con un imponente sistema absidale interamente realizzato in ciottoli di arenaria non sbozzati. All'interno della pieve, interamente restaurata, sono conservati numerosi elementi medievali oltre a due statue stele originali (Sorano I e Sorano V). Dopo la fase romana, testimoniata dalla presenza di una "mansio" recentemente indagata archeologicamente, Filattiera fu un importante insediamento militare bizantino, Prima della pieve attuale doveva esistere un'altra chiesa altomedievale (VIII-IX secolo) da cui potrebbe provenire l'Epigrafe di Leodegar (752 d.C., forse un vescovo o un gastaldo longobardo morto nel 752, fautore della cristianizzazione della Lunigiana e della distruzione di molti idoli di pietra, come si legge dalla lapide stessa), oggi nella chiesa di San Giorgio all'interno del borgo. La pieve viene citata indirettamente per la prima volta da Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, nel suo viaggio verso Roma alla fine del X secolo. L'aspetto attuale è frutto di un ampio restauro terminato nel 2000, che ha ripristinato l'aspetto originario. Tutto l'edificio è realizzato con una tecnica molto particolare, con ciottoli di fiume non squadrati e messi in opera con abbondante malta. La pianta è basilicale a tre navate, senza transetto, con la navata centrale maggiore delle altre due e il presbiterio leggermente sopraelevato. Nella controfacciata interna di sinistra, in angolo, le statue stele Sorano I e Sorano V, rinvenute nell'area della chiesa: la Sorano V era reimpiegata come architrave di un piccolo ingresso aperto in facciata e successivamente tamponato. L'interno è sobrio, severo, poco luminoso, con grandi archi a doppia ghiera che poggiano su pilastri rotondi con brevissimi capitelli incisi.

Filetto Filetto è sicuramente il borgo più originale di tutta la Lunigiana per la tipologia dell'impianto urbano di forma quadrilatera mantenutosi inalterato nel corso dei secoli. Le sue origini sono da collegarsi alla presenza del "limes", la difesa bizantina che nel VI/VII secolo interessò gran parte del territorio lunigianese fino alla costa tirrenica. Questo primo nucleo fu gradualmente trasformato in residenza fortificata ad opera dei Malaspina di Malgrate e poi degli Ariberti di Cremona. Di grande bellezza ed interesse la piazza d'armi, le torri, le mura, le monumentali porte cinquecentesche che racchiudono il borgo, gli eleganti portali delle case prospicienti la via centrale. La piazza della Chiesa, dedicata ai SS. Filippo e Giacomo, è il cuore degli ampliamenti cinque-seicenteschi: vi si affacciano il Palazzo marchionale edificato dalla potente famiglia degli Ariberti nel XVII secolo e unito alla chiesa e al borgo da due eleganti loggiati, il Convento dei Frati di S. Giovanni di Dio (o Fatebenefratelli), vasto complesso comprendente chiostro ed ampio orto-giardino racchiuso da mura, dove i monaci coltivavano piante officinali. Attorno al paese è ancora oggi una splendida selva di castagni secolari, nella quale sono state ritrovate ben 11 statue stele Lunigianesi.

Stefano Tomiato