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SOMMARIO

1 Premessa .....................................................................................4

1.1 La compatibilità idraulica negli strumenti urbanistici............................. 4

1.2 Riferimenti normativi della compatibilità idraulica nel PI ...................... 5

1.3 Pareri emersi dagli Enti competenti per gli aspetti idraulici ................... 9 2 Metodo di valutazione ...............................................................10

2.1 Redazione del Volume A: relazione generale ........................................ 10

2.2 Redazione del Volume B: analisi delle manifestazioni d’interesse........ 10

2.3 Redazione del Volume C: prontuario di compensazione e mitigazione 11 3 Inquadramento geologico-idraulico del Comune di Verona.......12

3.1 Cenni di geologia generale .................................................................... 12

3.2 Inquadramento paleogeografico ........................................................... 13

3.3 Inquadramento geomorfologico............................................................ 15

3.4 Inquadramento climatico e idrologico................................................... 20

3.4.1 Caratterizzazione meteo climatica ..................................................................... 20

3.4.2 Aspetti climatici............................................................................................... 21

3.4.3 Precipitazione ................................................................................................. 21

3.4.4 Analisi delle precipitazioni ................................................................................ 23

3.5 Inquadramento idrogeologico ............................................................... 25

3.5.1 Caratteristiche della falda freatica..................................................................... 26

3.5.2 Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi .............................................................. 27

3.6 Inquadramento idrografico ................................................................... 31

3.6.1 Fiume Adige ................................................................................................... 32

3.7 Le criticità idrauliche definite dal Piano di Assetto idrogeologico dell’Adige ......................................................................................................... 36

3.8 Implementazione dello studio con individuazione di alcune criticità idrauliche puntuali segnalate dagli enti preposti al controllo e alla manutenzione .................................................................................................. 40

3.8.1 VALPANTENA (Ato 6 e 7) ................................................................................. 40

3.8.2 VALSQUARANTO (Ato 7).................................................................................. 42

3.8.3 VAL DI AVESA (Ato 2) ..................................................................................... 43

3.8.4 VAL DI QUINZANO (Ato 2)............................................................................... 43

3.8.5 BASSA VALPOLICELLA (Ato 2) .......................................................................... 43

3.8.6 BORGO TRENTO (Ato 2) .................................................................................. 43

3.8.7 BORGO MILANO (Ato 3) .................................................................................. 44

3.8.8 ZONA CENTRO STORICO (Ato 1)...................................................................... 44

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3.8.9 ZONA VERONA SUD (Ato 4) ............................................................................. 45

3.9 Ciclo idrico integrato a Verona .............................................................. 46

3.10 La compatibilità geologica..................................................................... 49 4 Valutazione di compatibilità idraulica del Piano degli interventi 52

4.1 Cenni sul piano degli interventi ............................................................. 52

4.2 Metodo di valutazione della compatibilità idraulica delle manifestazioni d’interesse ....................................................................................................... 53

4.2.1 Valutazione delle superfici dello stato di fatto dell’area oggetto di studio .............. 53

4.2.2 Valutazione dello stato delle superfici di progetto dell’area oggetto di studio ........ 54

4.2.3 Determinazione del volume d’invaso ................................................................. 55

4.2.4 Studio della fattibilità dei sistemi compensativi e mitigativi necessari al rispetto dell’invarianza idraulica .................................................................................................. 56

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1 Premessa

In seguito all’incarico affidatomi dall’Amministrazione Comunale di Verona, Settore urbanistica, è stato redatto il presente studio di compatibilità idraulica relativo al PI di Verona.

Il piano degli interventi (PI) è lo strumento urbanistico che, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio programmando in modo contestuale la realizzazione di tali interventi, il loro completamento, i servizi connessi e le infrastrutture per la mobilità. 1.1 La compatibilità idraulica negli strumenti urbanistici La Giunta della Regione Veneto, con deliberazione n. 3637 del 13.12.2002 aveva prescritto precise disposizioni da applicare agli strumenti urbanistici generali, alle varianti generali o varianti che comportavano una trasformazione territoriale che possa modificare il regime idraulico per i quali, alla data del 13.12.2002 non era concluso l’iter di adozione e pubblicazione compreso l’eventuale espressione del parere del Comune sulle osservazioni pervenute. Per tali strumenti era quindi richiesta una “Valutazione di compatibilità idraulica” dalla quale si poteva desumere che l’attuale (pre-variante) livello di rischio idraulico non venisse incrementato per effetto delle nuove previsioni urbanistiche. Nello stesso elaborato dovevano esser indicate anche misure “compensative” da introdurre nello strumento urbanistico ai fini del rispetto delle condizioni valutate. Inoltre era stato disposto che tale elaborato dovesse acquisire il parere favorevole dell’Unità Complessa del Genio Civile Regionale competente per territorio. Tale provvedimento aveva anticipato i Piani stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) che le Regioni e le Autorità di bacino avrebbero dovuto adottare conformemente alla legge n. 267 del 3.8.98. Tali Piani infatti contengono l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia nonché le misure medesime. Il fine era quello di evitare l’aggravio delle condizioni del dissesto idraulico di un territorio caratterizzato da una forte urbanizzazione di tipo diffusa. I comuni interessati sono di medio-piccole dimensioni, con tanti piccoli nuclei abitati (frazioni) e con molte abitazioni sparse. In data 10 maggio 2006 la Giunta regionale del Veneto, con deliberazione n. 1322, ha individuato nuove indicazioni per la formazione degli strumenti urbanistici. Infatti si era reso necessario fornire ulteriori indicazioni per ottimizzare la procedura e garantire omogeneità metodologica agli studi di compatibilità idraulica. Inoltre l’entrata in vigore della LR n. 11/2004, nuova disciplina regionale per il governo del territorio, ha modificato sensibilmente l’approccio per la pianificazione urbanistica. Per aggiornare i contenuti e le procedure tale DGR ridefinisce le “Modalità operative ed indicazioni tecniche relative alla Valutazione di Compatibilità Idraulica degli strumenti urbanistici. Inoltre anche il “sistema di competenze” sulla rete idrografica ha subito una modifica d’assetto con l’istituzione dei Distretti Idrografici di Bacino, che superano le storiche competenze territoriali di ciascun Genio Civile e, con la DGR 3260/2002, è stata affidata ai Consorzi di Bonifica la gestione della rete idraulica minore. Con la DGR n. 1841 del 19 giugno 2007e successivamente con la DGR 2948 del 6/10/2009, sono state apportate diverse e puntuali modifiche all’allegato A della DGR n. 1322 del 10 maggio 2006.“

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Lo scopo fondamentale dello studio di compatibilità idraulica è quello di far sì che le valutazioni urbanistiche, sin dalla fase della loro formazione, tengano conto dell’attitudine dei luoghi ad accogliere la nuova edificazione, considerando le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e potenziali, nonché le possibili alterazioni del regime idraulico che le nuove destinazioni o trasformazioni di uso del suolo possono venire a determinare. In sintesi lo studio idraulico deve verificare l’ammissibilità delle previsioni contenute nello strumento urbanistico, prospettando soluzioni corrette dal punto di vista dell’assetto idraulico del territorio. Infatti negli ultimi decenni molti comuni hanno subito quel fenomeno tipico della pianura veneta di progressiva urbanizzazione del territorio, che inizialmente si è sviluppata con caratteristiche residenziali lungo le principali direttrici viarie e nei centri da esse intersecati, ed ora coinvolge anche le aree più esterne aventi una vocazione prettamente agricola. Questa tipologia di sviluppo ha comportato anche la realizzazione di opere infrastrutturali, viarie e di trasporto energetico, che hanno seriamente modificato la struttura del territorio. Conseguentemente si è verificata una forte alterazione nel rapporto tra utilizzo agricolo ed urbano del suolo, a scapito del primo, ed una notevole frammentazione delle proprietà e delle aziende. Purtroppo è pratica comunemente adottata la scarsa manutenzione, se non la chiusura dei fossi e delle scoline di drenaggio, l’eliminazione di ogni genere di vegetazione in fregio ai corsi d’acqua in quanto spazio non produttivo e redditizio e il collettamento delle acque superficiali tramite collettori a sezione chiusa e perfettamente impermeabili rispetto quelli a cielo aperto con ampia sezione. Inoltre, l’urbanizzazione del territorio, pur se non particolarmente intensa, ha comportato anche una sensibile riduzione della possibilità di drenaggio in profondità delle acque meteoriche ed una diminuzione di invaso superficiale a favore del deflusso per scorrimento con conseguente aumento delle portate nei corsi d’acqua. Sono quindi diminuiti drasticamente i tempi di corrivazione sia per i motivi sopra detti che per la diminuzione delle superfici scabre e permeabili, rappresentate dai fossi naturali, sostituite da tubazioni prefabbricate idraulicamente impermeabili e lisce, sia per le sistemazioni dei collettori stessi che tendevano a rettificare il percorso per favorire un veloce smaltimento delle portate e di un più regolare utilizzo agricolo del suolo. Il tutto risulta a scapito dell’efficacia degli interventi di sistemazione idraulica e quindi della sicurezza idraulica del territorio in quanto i collettori, dimensionati per un determinato tipo di entroterra ed adatti a risolvere problematiche di altra natura, non sono più in grado di assolvere al compito a loro assegnato. Risultato finale è che sono in aumento le aree soggette a rischio idraulico in tutto il territorio regionale. 1.2 Riferimenti normativi della compatibilità idraulica nel PI Per questi motivi la Giunta Regionale del Veneto ha ritenuto necessario far redigere per ogni nuovo strumento urbanistico comunale (PAT, PATI o PI) uno studio di compatibilità idraulica che valuti per le nuove previsioni urbanistiche le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e le possibili alterazioni del regime idraulico. La valutazione deve assumere come riferimento tutta l’area interessata dallo strumento urbanistico. Ovviamente il grado di approfondimento e dettaglio della valutazione dovrà essere rapportato all’entità ed alla tipologia delle nuove previsioni urbanistiche (PAT, PATI o PI). In particolare:

1. Essere analizzate le problematiche di carattere idraulico; 2. Individuate le zone di tutela e fasce di rispetto ai fini idraulici ed idrogeologici; 3. Dettate specifiche discipline per non aggravare l’esistente livello di rischio;

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4. Indicate le tipologie compensative da adottare nell’attuazione delle previsioni urbanistiche.

Le misure compensative vengono individuate in questa fase operativa (Piani degli Interventi) con una definizione maggiore rispetto al PAT. Con il presente studio verranno fornite indicazioni che la normativa urbanistica ed edilizia dovrà assumere, volte a garantire una adeguata sicurezza degli insediamenti previsti nei nuovi strumenti urbanistici o delle loro varianti. Varranno le indicazioni e gli studi forniti dai Consorzi di Bonifica e dal genio Civile in sede di PAT. Si riporterà infatti una valutazione delle interferenze che le nuove previsioni urbanistiche hanno con i dissesti idraulici presenti e delle possibili alterazioni del regime idraulico che possono causare:

• si verificheranno in particolare le variazioni di permeabilità e della risposta idrologica; • si individueranno misure compensative atte a favorire la realizzazione di nuovi

volumi di invaso, finalizzate a non modificare il grado di permeabilità del suolo e le modalità di risposta del territorio agli eventi meteorici;

• si prevedranno norme specifiche volte quindi a garantire un’adeguata sicurezza degli insediamenti previsti, regolamentando le attività consentite, gli eventuali limiti e divieti, fornendo indicazioni sulle eventuali opere di mitigazione da porre in essere, sulle modalità costruttive degli interventi.

Si sono individuati i riferimenti chiave per tarare il livello di approfondimento richiesto per il Piano degli Interventi, riportato nello schema seguente, mettendo a confronto la LR 11/2004 all’art. 17 con la Dgr 2948/2009.

Legge Regionale n° 11 del 23/04/2004

Norme per il governo del territorio

Art. 17: Contenuti del pi (stralci)

ALLEGATO A alla Dgr n 2948 del 6/10/2009

Valutazione di compatibilità idraulica per la redazione degli strumenti

urbanistici

Modalità operative e indicazioni tecniche

f) definire le modalità per l'attuazione degli interventi di trasformazione e di conservazione;

Nella valutazione di compatibilità idraulica si deve assumere come riferimento tutta l’area interessata dallo strumento urbanistico in esame, cioè l’intero territorio comunale per i nuovi strumenti urbanistici (…PI), ovvero le aree interessate dalle nuove previsioni urbanistiche, ..

g) individuare le eventuali trasformazioni da assoggettare ad interventi di valorizzazione e sostenibilità ambientale

Il grado di approfondimento e dettaglio della valutazione di compatibilità idraulica dovrà essere rapportato all’entità e, soprattutto, alla tipologia delle nuove previsioni urbanistiche.

k) dettare la normativa di carattere operativo derivante da leggi regionali di altri settori

Per i nuovi strumenti urbanistici, dovranno essere analizzate le problematiche di carattere idraulico, …e dettate le specifiche discipline per non aggravare l’esistente livello di rischio idraulico, fino ad indicare tipologia e consistenza delle misure compensative da adottare nell’attuazione delle previsioni urbanistiche.

Nel corso del complessivo processo approvativo degli interventi urbanistico-edilizi è richiesta con

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progressiva definizione la individuazione puntuale delle misure compensative

Nell’ambito del PI, andando pertanto a localizzare puntualmente le trasformazioni urbanistiche, lo studio avrà lo sviluppo necessario ad individuare le misure compensative ritenute idonee a garantire l’invarianza idraulica con definizione progettuale a livello preliminare/studio di fattibilità.

Per definire tali modalità si sono interpretati alcuni passaggi dalla normativa Dgr 2948/2009:

� Nel PI dovrà essere aggiornato il quadro conoscitivo, e sarà indagato l’intero territorio comunale e in special modo le aree interessate dalle nuove previsioni urbanistiche, da commisurare in relazione all’entità dell’intervento, mediante l’analisi delle problematiche idrauliche per avere un quadro sufficientemente chiaro in modo tale da non aggravare il rischio idraulico attuale.

� Con il PI saranno da indicare la tipologia e consistenza delle misure di compensazione da adottare nelle nuove aree interessate dalle previsioni urbanistiche. Tali modalità dovranno essere indicate in maniera puntuale con una definizione progettuale pari ad una progettazione preliminare/studio di fattibilità.

Il Genio Civile di Verona ha fatto una disamina puntuale della normativa L. 11/2004, emanando una circolare ai Comuni della Provincia di Verona Prot 47250 del 28/01/2009 in cui ha definito che, nell’ambito del PI, si dovranno “individuare le misure compensative ritenute idonee a garantire l’invarianza idraulica con definizione progettuale a livello preliminare/studio di fattibilità, rinviando la progettazione definitiva ai Piani Urbanistici Attuativi”.

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1.3 Pareri emersi dagli Enti competenti per gli aspetti idraulici Il Genio Civile di Verona con il parere n° 659021 del 16/11/2006 in seguito all’esame dei pareri dei Consorzi di Bonifica, delle analisi dei PAI, della Normativa vigente, della valutazione di compatibilità idraulica del PAT, ha dato parere favorevole all’adozione delle soluzioni e misure compensative individuate nella relazione idraulica subordinatamente all’osservanza di alcune prescrizioni che sono state recepite per la parte idraulica dalla presente valutazione per quanto riguarda la componente idraulica. Tali aspetti sono entrati a far parte dei criteri di valutazione e di calcolo riportati nella singola analisi delle manifestazioni d’interesse e sia nel prontuario delle mitigazioni per quanto riguarda gli indirizzi, le direttive e le prescrizioni. Il Parere del Genio Civile che prende spunto il parere dei Consorzi di Bonifica esprime che dovrà essere dimensionato un volume d’invaso che rispetti il volume d’invaso specifico determinato nella Compatibilità idraulica del PAT pari a 487.4 m3/ha di superficie d’intervento. Tale valore sembra essere attribuito a solo alcune ATO del Comune di Verona,: si è ritenuto di tenerne conto nella individuazione dei sistemi di compensazione come riportato nel Volume B.

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2 Metodo di valutazione Il presente studio è stato suddiviso in tre parti:

A. Volume A: è compresa l’analisi delle criticità geologiche e idrauliche del territorio veronese finalizzato ad identificare problematiche che potrebbero interferire con le manifestazioni d’interesse previste dal Piano degli interventi;

B. Volume B: è stata effettuata l’analisi di ogni singola manifestazione d’interesse relativamente alle criticità geologiche idrauliche e definizione delle misure compensative e mitigative necessarie;

C. Volume C: sono stati redatti gli indirizzi, le direttive e le prescrizioni riportati nel “Prontuario delle misure compensative e mitigative”.

2.1 Redazione del Volume A: relazione generale In questo volume si è distinto il lavoro secondo le seguenti fasi:

1. Aggiornamento delle criticità geologiche ed idrauliche rispetto a quanto riportato nel PAT mediante il dialogo intercorso con i diversi Enti competenti sul territorio per le tematiche idrauliche.

2. Confronto con l’Amministrazione comunale per comprendere lo sviluppo del PI e definizione delle diverse manifestazioni d’interesse;

3. Metodo per il calcolo dell’invarianza idraulica e del sistema compensativo proposto

2.2 Redazione del Volume B: analisi delle manifestazioni d’interesse Lo studio è stato articolato in: Valutazione delle caratteristiche:

♦ geomorfologiche,geotecniche e geologiche con individuazione della permeabilità dei terreni (laddove tali caratteristiche possano essere significative ai fini della compatibilità idraulica);

♦ idrografiche ed ideologiche; ♦ delle reti acque bianche, nere e miste; ♦ descrizione della rete idraulica ricettrice; ♦ delle criticità idrauliche.

Descrizione delle manifestazione d’interesse previste nel presente PI. Valutazione delle criticità idrauliche in riferimento alla manifestazione d’interesse:

♦ analisi delle trasformazioni delle superfici delle aree interessate in termini di impermeabilizzazione;

♦ valutazione della criticità idraulica del territorio; ♦ valutazione del rischio e della pericolosità idraulica.

Con il presente studio sono state fornite indicazioni volte a garantire una adeguata sicurezza degli interventi previsti. Si riporta una valutazione delle interferenze che le nuove previsioni urbanistiche hanno con i dissesti idraulici presenti e delle possibili alterazioni del regime idraulico che possono causare.

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Individuazione delle misure compensative e/o di mitigazione Si sono individuate le misure compensative atte a favorire la realizzazione di nuovi volumi di invaso, distinte con la seguente modalità: CASO A: coefficiente di afflusso finale < coefficiente di afflusso iniziale: è una situazione di riqualificazione idraulica per cui può essere asseverato e si prescrivono solo buone pratiche. CASO B: coefficiente di afflusso finale > coefficiente di afflusso iniziale con volume specifico invaso ottenuto < di quello previsto dal PAT (487.4 m³/ha): in tal caso, essendo che il volume specifico d’invaso ottenuto dal calcolo è inferiore a quello previsto dal Parere del Genio Civile relativo alla Compatibilità idraulica dal PAT, si ritiene che debba essere assunto come volume minimo di invaso il volume calcolato con quest’ultimo valore. Si ritiene comunque che il progettista esecutivo dell'intervento potrà richiedere all'Ente competente di utilizzare un volume di invaso inferiore a quello riportato nel presente PI (desunto dal volume specifico d’invaso del PAT), rifacendosi al valore minimo riportato nell’allegato normativo del prontuario di mitigazione del PI, se può dimostrare comunque la coerenza con le prescrizioni della DGR 2948/2009. CASO C: coefficiente di afflusso finale > coefficiente di afflusso iniziale ma con volume specifico invaso ottenuto > di quello previsto dal PAT (487.4 m³/ha): in tal caso il volume specifico d’invaso ottenuto dal calcolo è superiore a quello previsto dal Parere del Genio Civile relativo alla Compatibilità idraulica dal PAT pari a 487.4 m³/ha, per cui si ritiene che debba essere assunto come volume minimo di invaso il volume più cautelativo ottenuto nel presente PI. 2.3 Redazione del Volume C: prontuario di compensazione e mitigazione E’ stato redatto un manuale con le direttive, gli indirizzi e le prescrizioni emerse dall’analisi delle manifestazioni prodotte nel volume B.

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3 Inquadramento geologico-idraulico del Comune di Verona

3.1 Cenni di geologia generale Il Comune di Verona si localizza nel grande conoide dell’Adige, che si è formato ad opera del F. Adige in centinaia di migliaia di anni a seguito della messa in posto di sedimenti fluvioglaciali. Foglio n° 49 "Verona" della Carta Geologica d’Italia. Scala 1:100.000

Il conoide è costituito da due lembi, separati dal solco nel quale scorre il fiume, che risultano terrazzati rispetto al piano di divagazione. Sulla superficie del conoide sono stati individuati alvei talora abbandonati, altre volte sovradimensionati rispetto ai corsi d’acqua che ospitano. Tali alvei costituiscono un’estesa rete di canali intrecciati. Dal punto di vista morfologico il conoide è più elevato e terrazzato rispetto ai sedimenti dell’attuale piano di divagazione dell’Adige. Esso è costituito da depositi alluvionali di natura prevalentemente ghiaiosa. La pianura veronese è costituita in gran parte dal conoide alluvionale deposto dal fiume Adige a partire dal suo sbocco dalle Prealpi, presso Volargne. Ad esso, nella sua parte più occidentale, è saldata una serie di piane fluvioglaciali costruite dai fiumi che in quella porzione di territorio drenavano le acque di fusione del ghiacciaio del Garda (Tartaro, Mincio, ed altri minori). Al conoide fluvioglaciale dell’Adige, come abbiamo anticipato, pervengono in sotterraneo le acque delle altre porzioni di territorio descritte, nonché quelle locali d'infiltrazione meteorica e dei grandi sistemi d'irrigazione agricola, per lo più derivate dall'Adige. La superficie della falda acquifera sotterranea giace a decine di metri dal piano campagna a N-0 di Verona, ma gradualmente si avvicina alla superficie del suolo procedendo verso S-E, sino a fuoriuscirne dove le ghiaie fanno transizione alle sabbie, originando numerose risorgive che ben presto si trasformano in piccoli corsi d'acqua perenni confluenti nei fiumi Tartaro-Tione, Tregnone, Menago e Busse. In particolare, gli interstrati argillosi crescono di numero e di spessore procedendo verso

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S-E, dimodoché la falda acquifera sotterranea, che nella parte settentrionale del conoide può essere ritenuta indifferenziata, in quella centrale e meridionale si suddivide in falde sovrapposte e indipendenti tra loro. Il fenomeno delle risorgive è comune a tutta la Valle Padana, ove danno luogo ad un fitto allineamento detto appunto "linea delle risorgive"; la loro importanza economica è rilevante, specialmente per l'irrigazione e la coltura del riso, ma hanno importanza anche dal punto zoologico e botanico (faune e flore delle zone umide). Il senso di scorrimento della falda, a livello generale va da N-0 verso S-E; 3.2 Inquadramento paleogeografico Per comprendere l’assetto attuale del territorio in esame risulta di primaria importanza conoscere i processi evolutivi che hanno portato alla attuale configurazione geologica, geomorfologica e ambientale. La prima fase che dà origine e controlla la morfologia di un dato territorio e l’ambiente che in esso si può sviluppare è quella legata alla formazione delle rocce che nelle differenti porzioni di quest’area costituiscono il substrato. Non è possibile conoscere intimamente un dato territorio senza averne prima considerato l’evoluzione paleoambientale. La storia di un territorio anche ad un livello geologico è, almeno in parte, il continuo giustapporsi di vicende collegate e che si condizionano reciprocamente. La materia in termini di corpi rocciosi presenti in una data area risulta a sua volta modellata, sbozzata nelle sue linee essenziali dai processi orogenetici che in quella data regione avranno luogo nelle diverse epoche geologiche e che si possono protrarre, come nel caso specifico fino ai giorni nostri. Quest’area già in parte modellata subisce successivamente l’azione dei differenti agenti e processi erosivi e deposizionali che raffinano la configurazione geomorfologica. Tra questi agenti del modellamento del territorio merita di essere citata a parte l’azione umana poiché l’intervento antropico produce notevoli variazioni nel paesaggio. Nel settore più settentrionale la provincia di Verona è caratterizzata da un ambiente tipicamente montano costituito dalle estreme propaggini meridionali del massiccio del Monte Carega e più a Sud dall’ampio Altopiano dei Monti Lessini, la porzione meridionale

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risulta costituita dall’estesa Pianura Veronese (in cui l’opera in oggetto si colloca) a sua volta suddivisibile in aree specifiche con ambienti diversificati. Questo palinsesto già di per se piuttosto vario risulta ulteriormente arricchito dalla presenza ad occidente del Lago di Garda chiuso a Sud dalle colline moreniche costituenti l’ampio anfiteatro morenico benacense la cui superficie variegata racchiude microambienti caratteristici. Sempre ad Occidente il Mincio, l’emissario del lago, fa defluire presso Peschiera del Garda le acque del lago verso Sud attraverso le colline moreniche per raggiungere la provincia di Mantova collegando il bacino lacustre con il Fiume Po e in definitiva con il Mare Adriatico. Ad oriente la provincia termina nel suo settore più settentrionale con la Valle dell’Alpone in cui il substrato stesso del terreno caratterizzato abbondantemente da rocce vulcaniche condiziona la morfologia e la vegetazione.

Anche il substrato roccioso risente intensamente di variazioni in senso Ovest – Est. Le stesse formazioni rocciose hanno spessori e caratteristiche differenti spostandosi dal lago di Garda verso levante. Le ragioni profonde dell’esistenza di tali fasce litologiche ad andamento meridiano ha origini molto lontane nel tempo infatti può essere fatta risalire alle suddivisioni in domini paleogeografici e paleostrutturati che iniziarono a realizzarsi in questa regione ancor prima che essa assumesse la conformazione che noi oggi possiamo osservare. Infatti la suddivisione dell’area in bacini marini e zone di piattaforma avvenuta a partire già dal Triassico superiore ha generato variazioni di ambienti e conseguentemente di litofacies che hanno condizionato la morfologia e l’assetto territoriale e la distribuzione stessa delle risorse fino a i giorni nostri.

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La pianura veronese è costituita da un’area molto ampia che confina a Nord con i rilevi dei Monti Lessini, dei Berici e dei Colli Euganei, a Ovest con l’anfiteatro morenico del Garda, a Sud con l’attuale corso del Po e a Est con il Mare Adriatico. I depositi continentali sopra il substrato roccioso nell’ambito del comune di Verona hanno uno spessore crescenti progressivamente passando dai rilievi collinari verso l’asse costituito orientativamente dal Fiume Po, in cui si ritrovano spessori di circa 3000 metri (Fonti Agip). Nell’area di studio lo spessore dei sedimenti è di circa 200-250 metri. In tali depositi convergono tutte le risorgenze carsiche drenanti dal sistema calcareo carsificato dei Monti Lessini. Gli apporti da parte del sistema lessineo avvengono attraverso circuiti carsici che producono un veloce transito delle acque sotterranee.

Sistema carsico

Monti Lessini

Fiume Adige

3.3 Inquadramento geomorfologico La Provincia di Verona comprende una grande varietà di ambienti caratterizzati da diverse condizioni, geomorfologiche. Alle quote più elevate, nelle zone prealpine e nella parte settentrionale dei Monti Lessini, il terreno, prevalentemente roccioso. Le quote orografiche variano dai 700 ai 2000 m s.l.m.. Il complesso dei medi e bassi Monti Lessini forma una serie di rilievi tabulari, uniformemente inclinati e profondamente incisi, che terminano nella pianura alluvionale. In queste zone le quote vanno dai 100 ai 1200 m s.l.m. L’alta pianura rappresenta l’area di ricarica dell’intero sistema idrogeologico ed è molto importante in quanto sede di una serie di fenomeni naturali (afflussi meteorici, dispersione dei corsi d’acqua ed infiltrazione delle acque irrigue) che consentono la conservazione ed il rinnovamento della risorsa idrica sotterranea. Nella media pianura, costituita da ghiaie e sabbie con digitazioni limose ed argillose che diventano sempre più frequenti da monte a valle, esiste una serie di falde sovrapposte, di cui la prima è generalmente libera e quelle sottostanti in pressione, localizzate negli strati permeabili ghiaiosi e/o sabbiosi intercalati alle lenti argillose dotate invece di bassissima permeabilità. In base alla tessitura dei sedimenti che costituiscono la parte più superficiale del substrato si suddivide classicamente in: alta pianura con prevalenza di ghiaie e ciottoli (dove si colloca la zona di studio), media pianura essenzialmente sabbiosa, bassa pianura a substrato sabbioso-limoso e, infine, pianura costiera caratterizzata da numerosi ambienti e, conseguentemente, facies sedimentarie. Tale elemento geomorfologico risulta assai diverso in epoca moderna da come si presentava durante l’ultima fase glaciale. Infatti, come è noto, in tale periodo, a causa dell’abbassamento del livello marino la pianura risultava molto più ampia rispetto

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all’attuale. Le forme morfologiche che oggi possono essere osservate nelle attuali diverse zone in cui può essere suddivisa la pianura sono, almeno parzialmente, morfologie relitte formatesi ad opera di processi essenzialmente di natura fluviale agenti in un contesto esclusivamente di alta pianura. Nell’alta pianura veronese attuale le morfologie pleistoceniche più caratteristiche ed evidenti sono costituite dai numerosi paleoalvei incisi dai flussi idrici dei corsi d'acqua fluvioglaciali e i terrazzi, con le relative scarpate, prodotti da tali erosioni. Queste incisioni presentano un andamento da N-S (nei settori più occidentali) a NNO-SSE fino a E-W (nelle porzioni Nord orientali del conoide). La struttura del substrato modellato dai paleoalvei è costituita dalla parte più interna e maggiormente elevata da un punto di vista topografico dell’antico conoide dell’Adige. Esso in realtà e costituito da un insieme di grandi paleoconoidi sovrapposti, formati prevalentemente da materiali sciolti ghiaioso – sabbiosi, di origine fluvio-glaciale. Verso Sud tali conoidi si assottigliano rapidamente e i depositi ghiaiosi che li costituiscono lasciano gradualmente il posto a materiali limoso–argillosi e sabbiosi. La superficie topografica nella zona del conoide viene resa più articolata dalla presenza di numerosi deboli rilievi (i cosiddetti “dossi” fluviali) separati fra loro da zone relativamente più depresse, spesso coincidenti con paleoalvei. I dossi, in questo contesto, sono da considerare a loro volta insiemi di barre sabbiose giustapposte separate fra loro dai paleoalvei a costituire un antico pattern di tipo anastomizzato. Il paleoconoide è tagliato nel suo tratto più settentrionale, quasi a ridosso dei monti Lessini da un ampio solco vallivo, ad andamento, nell’insieme, NO-SE, attribuito al Pleistocene superiore – Olocene (SORBINI et alii 1985) e nel quale scorre l’attuale corso del fiume Adige. I limiti di quest’area ribassata, nota come piano di divagazione dell’Adige, sono determinati da scarpate ripide che delimitano terrazzi sopraelevati sulla pianura.

Stralcio della Carta Geomorfologica del Veneto in scala originale 1:250000

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L’altezza di tali scarpate decresce da NW a SE passando, in destra idrografica, da quasi 14 m in prossimità di S. Giovanni Lupatoto a circa 3 m nei pressi di Oppeano. La forte attività erosiva atesina ha portato alla formazione delle scarpate dei terrazzi contestualmente alla costituzione del piano di divagazione dell’Adige. L’insieme dei processi deposizionali che hanno portato alla formazione del conoide si può ritenere quindi concluso circa 8000 anni fa, ben prima quindi dell’esistenza dell’antico abitato di Oppiano. I depositi fluvioglaciali che costiuiscono il conoide sono stati estesamente pedogenizzati con la formazione di paleosuoli arrossati riferibili all’Atlantico. Gli antichi alvei incisi sul conoide attualmente risultano privi di corsi d’acqua significativi o comunque, gli stessi sono, quasi sempre, sovradimensionati rispetto ai fiumi e canali che oggi li percorrono e rimangono sopraelevati rispetto alla pianura su cui attualmente scorre l’Adige. Agli apporti di materiale che nel loro giustapporsi hanno determinato la formazione del paleoconoide è attribuibile una provenienza sia dal ghiacciaio del Garda che, in misura minore, da quello atesino. Il paleoconoide atesino in realtà e costituito da un insieme di grandi paleoconoidi sovrapposti, formati prevalentemente da materiali sciolti ghiaioso – sabbiosi, di origine fluvio-glaciale. Verso Sud tali conoidi si assottigliano rapidamente e i depositi ghiaiosi che li costituiscono lasciano gradualmente il posto a materiali limoso–argillosi e sabbiosi. Il paleoconoide è tagliato nel suo tratto più settentrionale, quasi a ridosso dei monti Lessini da un ampio solco vallivo, ad andamento, nell’insieme, NO-SE, attribuito al Pleistocene superiore – Olocene (SORBINI et alii 1984) e nel quale scorre l’attuale corso del fiume Adige. I limiti di quest’area ribassata, nota come piano di divagazione dell’Adige, sono determinati da scarpate ripide che delimitano terrazzi sopraelevati sulla pianura. L’altezza di tali scarpate decresce da NW a SE passando, in destra idrografica, da quasi 14 m in prossimità di S. Giovanni Lupatoto a circa 3 m nei pressi di Oppeano. L’insieme dei processi deposizionali che hanno portato alla formazione del conoide si può ritenere concluso circa 8000 anni fa. Poco a sud della zona indagata si osservano numerosi tratti di orli di terrazzo di altezza inferiore a tre metri e orli poco evidenti. Tali limiti rappresentano le scapate di paleoalvei. La mancanza di prosecuzione di tali evidenze verso nord è causata dalla loro cancellazione ad opera dell’antropizzazione recente. Si ricorda che i paleoalvei sono da considerare delle zone preferenziali per il deflusso sotterraneo di conseguenza la vicinanza con questo elemento verrà opportunamente considerata in sede di valutazione dei potenziali impatti e criticità dell’area da un punto di vista della litologia profonda e dell’idrogeologia.

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Tavola Morfolitologica del Comune di Verona con la suddivisione in ATO e la localizzazione delle diverse manifestazioni d’interesse (in rosso)

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LEGENDAMANIFESTAZIONI

ELEMENTI MORFOLOGICIAFFIORAMENTO FREATICO

CAVA ABBANDONATA/DISMESSA

CAVA ATTIVA

CONOIDE

DISCARICA

DOLINA

FRANA

TIPOCAMBIO PENDENZA

CRESTA STRETTA

FORRA

SCARPATA FLUVIALE

VALLE CONCA

VALLE V

! GROTTE

PENDEN_A

STRUTT_LTIPO

Certa

Presunta

ROCCE COMPATTE PREVALENTI ALTERNATE A STRATI

ROCCE COMPATTE STRATIFICATE A COMPOSIZIONE CALCAREA PREMINENTE

ROCCE SUPERFICIALMENTE ALTERATE E CON SUBSTRATO COMPATTO A COMPOSIZIONE BASALTICA

ROCCE TENERE A PREVALENTE ATTRITO INTERNO DI ORIGINE VULCANICA E VULCANOCLASTICA

ROCCE TENERE A PREVALENTE ATTRITO INTERNO E COMPOSIZIONE CALCAREA

ROCCE TENERE A PREVALENTE COESIONE DI ORIGINE VULCANICA E VULCANOCLASTICA

ROCCE TENERE A PREVALENTE COESIONE E COMPOSIZIONE CALCARE

MATERIALI SCIOLTI DI DEPOSITO RECENTE ED ATTUALE DELL'ALVEO MOBILE E DELLE AREE DI ESONDAZIONE RECENTE

MATERIALI SCIOLTI DI ALVEO FLUVIALE RECENTE STABILIZZATI

MATERIALI GRANULARI PIÙ O MENO ADDENSATI DEI TERRAZZI FLUVIALI E FLUVIOGLACIALI

MATERIALI ALLUVIONALI E FLUVIOGLACIALI A TESSITURA PREVALENTEMENTE LIMOSO-ARGILLOSA

MATERIALI ALLUVIONALI E FLUVIOGLACIALE A TESSITURA PREVALENTEMENTE SABBIOSA

MATERIALI DI DEPOSITO PALUSTRE A TESSITURA FINE

MATERIALI ALLUVIONALI E FLUVIOGLACIALI A TESSITURA ETEROGENEA

MATERIALI A TESSITURA ETEROGENEA DEI DEPOSITI DI CONOIDE TORRENTIZIA

MATERIALI DELLA COPERTURA DETRITICA ELUVIO-COLLUVIALI

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3.4 Inquadramento climatico e idrologico 3.4.1 Caratterizzazione meteo climatica La Regione Veneto, come le adiacenti, rappresenta un’area di convergenza e smistamento delle masse d’aria che provengono da varie direzioni, dall’Atlantico, dal Mediterraneo, dall’Europa settentrionale a da quella centro-orientale. Gli scambi tra queste masse d’aria, di origine marittima o continentale, secche o umide, fredde o temperate, si verificano per lo più nel senso dei meridiani determinando perciò una continua alternanza di tipi di tempo più o meno differenti. Le circolazioni delle masse d’aria a scala sinottica che coinvolgono in maniera diretta gli strati atmosferici sovrastanti la regione in esame, possono venire sintetizzate nei seguenti tipi fondamentali:

• espansione dell’anticiclone nord-atlantico delle Azzorre che, nel Veneto, si manifesta con afflusso da nord di aria piuttosto fresca o temperata, che può persistere anche per alcuni giorni, e induce situazioni estive di tempo buono;

• irruzioni di masse d’aria continentali dell’anticiclone dell’Europa centro-orientale, tali perturbazioni, che abbassano notevolmente le temperature, inducono situazioni invernali di tempo buono;

• flussi di aria calda e umida associati al ciclone del Centro Atlantico frequenti durante l’intero semestre invernale e che portano tempo perturbato;

• afflusso di masse d’aria fredda di origine atlantica che, verso la fine dell’inverno e durante la primavera, determinano le cosiddette depressioni sottovento dovute all’effetto di barriera esercitato dalle Alpi.

Schematica rappresentazione dell’azione esercitata dall’anticiclone delle Azzorre sul clima del territorio

Italiano Il clima del Veneto, pur rientrando nella tipologia mediterranea, presenta proprie peculiarità, dovute principalmente alla posizione climatologica di transizione soggetta a varie influenze:

• l’azione mitigatrice delle acque mediterranee; • l’effetto orografico della catena alpina; • la continentalità dell’area centro-europea.

In ogni caso mancano alcune delle caratteristiche tipicamente mediterranee quali l’inverno mite (in montagna, ma anche nell’entroterra, prevalgono effetti continentali) e la siccità estiva a causa dei frequenti temporali di tipo termo-convettivo. Si distinguono:

a) le peculiari caratteristiche termiche e pluviometriche della regione alpina con clima montano di tipo centro-europeo;

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b) il carattere continentale della Pianura Veneta, con inverni rigidi. In quest’ultima regione climatica si differenziano due subregioni a clima più mite: quella lacustre nei pressi del Lago di Garda, più limitata, e quella litoranea della fascia costiera adriatica. 3.4.2 Aspetti climatici Gli aspetti climatici descritti nei seguenti paragrafi si riferiscono ai valori di precipitazione , di temperatura, di velocità del vento, classe di stabilità e altezza di rimescolamento nell’area oggetto di studio. Tali aspetti sono importanti in quanto permettono di identificare le direzioni preferenziali di trasporto degli inquinanti volatili dalle sorgenti di emissione ai ricettori e di valutare le capacità diluenti e dispersive dell’atmosfera. Gli aspetti climatici sono alla base delle modellizzazioni per predire il comportamento degli inquinanti ed individuare le situazioni di maggiore o minore criticità. 3.4.3 Precipitazione La precipitazione cumulata nell’anno e nei mesi dell’anno costituisce una variabile meteorologica e climatologia basilare, necessaria per l’analisi dei processi idrologici ed idraulici e per le valutazioni relative alla disponibilità delle risorse idriche. Dai monitoraggi eseguiti, Arpav ha elaborato l’ immagine di seguito riportata in cui sono indicati i dati della precipitazione annuale nel territorio Veneto in cui i dati di precipitazione annuale sono la somma delle rilevazioni della pioggia caduta o dell’equivalente in acqua della neve caduta espresse in mm, effettuate dai pluviometri nel corso dell’anno. Sul Veneto sono operativi 160 pluviometri automatici in telemisura che acquisiscono un dato di precipitazione ogni 5 minuti.

Distribuzione della precipitazione totale annua nel 2009 sul territorio regionale del Veneto (Fonte: Arpav)

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Giorni piovosi nel 2009 sul territorio regionale del Veneto (Fonte: Arpav)

I dati esposti, relativi all’anno 2009, vengono confermati dalla mappa dei valori medi del quinquennio 2004-2008 sviluppata internamente allo Studio scientifico (allegato 1 alla Proposta di Piano di Azione e Risanamento della Qualità dell’Aria intercomunale) svolto dall’Università di Trento. Tale studio ha infatti condotto ai seguenti risultati.

Spazializzazione del dato di precipitazione media annua mediante kriging, utilizzando i dati registrati presso le stazioni Arpav mostrate in figura (estratto da allegato 1 allla Proposta di Piano di Azione e Risanamento della Qualità dell’Aria

intercomunale)

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3.4.4 Analisi delle precipitazioni Per dimensionare o verificare una rete di drenaggio è necessario stimare la quantità di precipitazione che la rete deve smaltire in occasione delle precipitazioni di maggiore intensità. E’ necessario pertanto determinare le curve di possibilità climatica per assegnati tempi di ritorno a partire dalle serie storiche dei dati idrologici disponibili dalle stazioni pluviografiche presenti nei dintorni dell’area oggetto d’intervento. A tale scopo sono stati analizzati i dati relativi a precipitazioni brevi ed intense registrate nelle stazioni pluviografiche di Verona. La serie dei valori massimi annuali di precipitazione di diversa durata sono state regolarizzate secondo gli usuali metodi statistici; in particolare, calcolati media, scarto quadratico medio e coefficiente di asimmetria del campione, col metodo dei momenti sono stati stimati i parametri delle leggi di probabilità usualmente impiegate per interpretare le funzioni di ripartizione dei valori estremi. In questa analisi statistica sono state usate le leggi:

• Legge di Gumbel • Legge lognormale a 2 parametri • Legge gamma a due parametri.

Il buon adattamento delle curve teoriche di probabilità con la distribuzione empirica è stato verificato mediante gli usuali test (del x2, plotting position, ecc.): tutte le leggi ben si adattano a regolarizzare la distribuzione empirica. Si è scelto di adottare la distribuzione di Gumbel che fornisce per i diversi tempi di ritorno valori di precipitazione mediamente più elevati. Determinate le altezze massima di pioggia per tempi di ritorno pari a 2, 5, 10, 20, 25, 50 e 100 anni, sono quindi stati calcolati, tramite regressione lineare mediante il metodo dei minimi quadrati, i parametri della curva di possibilità climatica per la stazione di misura. La curva di possibilità climatica lega le altezze di pioggia alla durata attraverso la relazione

h = atn dove: h è l'altezza di pioggia espressa in mm

t è la durata dell'evento in ore a ed n sono i parametri caratteristici della curva.

Tale curva presenta la concavità rivolta verso il basso poiché con il crescere della durata l'intensità Media della pioggia diminuisce. Nel campo bilogaritmico la curva ha formato lineare con coefficiente angolare pari ad n ed ordinata corrispondente ad un tempo unitario pari ad a. A rigore determinata la parte di curva di possibilità climatica relativa alle durate di pioggia inferiori all’ora, si passa a determinare la parte della curva per le durate superiori all’ora, imponendo però alla nuova monomia una condizione, e precisamente di fornire, per la durata di 1 h, la sessa altezza di precipitazione fornita per la stessa durata dalla monomia già determinata per le durate inferiori. Nel presente caso sono stati utilizzati i parametri orari, essendo le precipitazioni critiche per le successive considerazioni sui volumi di invaso di durata dell’ordine delle ore (generalmente dell’ordine delle 12-18 ore). Nel seguito si riportano le elaborazioni delle piogge orarie fornite dal Centro Meteorologico di Teolo (ARPAV).

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3.5 Inquadramento idrogeologico La rete idrografica superficiale, il deflusso delle acque meteoriche e le condizioni idrogeologiche dell’area in oggetto sono condizionate dalla permeabilità dei depositi presenti nel sottosuolo, dalla loro successione verticale e dalla morfologia della zona. Nello specifico la natura ghiaiosa del primo sottosuolo favorisce l’infiltrazione delle acque meteoriche con evidenza dello scarso afflusso superficiale a favore di un maggiore afflusso sotterraneo. Il corso d’acqua principale è costituito dall’Adige che scorre circa due chilometri a Nord-Est dell’area di intervento. Sulla base dei dati raccolti, relativi alle stratigrafie presenti nell’area di indagine e sulla base di conoscenze dirette, è stato possibile valutare che il sottosuolo dell’area del conoide è costituito da un acquifero freatico costituito da ghiaie sabbiose e da acquiferi artesiani dati da livelli permeabili sabbiosi alternati a livelli impermeabili argillosi e limosi. Questa unità presenta al suo interno un comportamento idrogeologico omogeneo e caratteristiche di permeabilità peculiari evidenziate nella tabella sottostante. L’alimentazione prevalente proviene dai calcari Lessinei che si infiltrano in profondità e poi scaturiscono alimentando il materasso alluvionale presente alla testata del conoide atesino. Gli apporti da parte del sistema lessineo avvengono attraverso circuiti carsici che producono un veloce transito delle acque sotterranee. In corrispondenza della città di Verona si ha il passaggio da un sistema indifferenziato tipico dell’alta pianura veronese con litologie granulari ad un sistema di acquiferi artesiani costituiti da litologie permeabili granulari intervallati da interstrati semipermeabili, impermeabili. Infatti, gli interstrati argillosi crescono di numero e di spessore procedendo verso S-E. La falda acquifera sotterranea, che nella parte settentrionale del conoide può essere ritenuta indifferenziata, in quella centrale e meridionale si suddivide in falde sovrapposte e indipendenti tra loro. In questa ampia fascia esistono condizioni di acquifero freatico indifferenziato talora per oltre 100 metri di profondità; verso oriente alcune intercalazioni limo-argillose tendono a scomporre l’acquifero freatico in un sistema multifalda.

Sistema carsico

Monti Lessini

Fiume Adige

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3.5.1 Caratteristiche della falda freatica I dati utili per la ricostruzione del regime della falda freatica si rilevano dalle isofreatiche riportate nella tavola idrogeologica in cui si evince che: o La piezometria della falda passa da nord al confine comunale con Negrar da una

quota di 54 metri slm al confine sud con San Giovanni Lupatoto a circa 40 metri slm.

o È presente una direzione di deflusso prevalente da NW verso SE per l’area in esame.

Confrontando i dati relativi al periodo compreso tra l’anno 1979 e 2010 si evidenzia che la fase di magra si colloca in marzo aprile e la fase di piena in corrispondenza del mese di settembre. Grazie ai dati forniti da Acque Veronesi sul campo pozzi di Basso Acquar, sull’andamento della falda, si è evidenziato che nel corso del trentennio il valore minimo è risultato di 43,6 metri s.l.m., mentre il valore massimo a 49,4 metri s.l.m., con una escursione della falda di 5,8 metri.

In generale il valore assoluto dell’escursione stagionale del livello della falda osservato risulta in media compreso tra 0,9 e 3,7 metri, con la fase di morbida che si presenta alla fine del periodo estivo. Queste variazioni sono legate ai periodi di siccità e d'irrigazione oltre che agli emungimenti dai pozzi. Il maggior squilibrio dovuto alla continuità dei prelievi civili e industriali e all'assenza di ricarica dell'acquifero coincide generalmente con la fine dell'inverno e l'inizio della primavera; in quel periodo si configura una situazione di relativa crisi che si bilancia durante l’estate. Come si evidenzia nella tavola idrogeologica riportata di seguito la pianura è dotata di una permeabilità da alta ad elevata, mentre la collina e le vallecole infracollinari hanno diverse situazione di permeabilità da bassa a media elevata che verranno discusse nel dettaglio nel volume B in relazione alla diversa collocazione nelle diverse ATO.

Basso Acquar

P1 (2010)

Basso Acquar

P1 (1979)

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3.5.2 Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi Per definire in maniera precisa il grado di vulnerabilità dell’acquifero a livello locale e confermare quanto asserito in precedenza nel PTRC e PTP è stata eseguita una analisi secondo il metodo SINTACS. Il metodo SINTACS è stato realizzato in Italia nell’ambito del CNR –GNDCI (gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche che fa capo al CNR e si ispira al modello americano. I fattori prescelti sono 7:

1. soggiacenza della falda; 2. infiltrazione efficace; 3. effetto di autodepurazione del non saturo; 4. tipologia di copertura del suolo; 5. caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero; 6. conducibilità idraulica dell’acquifero; 7. pendenza della superficie topografica.

Nella carta della permeabilità intrinseca della falda del Piano di Tutela delle Acque redatta a scala regionale il Comune di Verona comprende tutti i gradi di vulnerabilità.

Ciò è in linea con quanto emerso dalla Carta delle fragilità del PAT di Verona come si evince dalla cartografia riportata nella pagina seguente. Si evidenzia che ci sono delle Ato ricadenti in aree ad elevata vulnerabilità, mentre altre sono in ambiti a bassa vulnerabilità. Tali aspetti verranno tenuti presente nella descrizione delle singole manifestazioni d’interesse nelle diverse ATO nel volume B della presente valutazione. La Vulnerabilità Intrinseca degli Acquiferi nel PAT è stata riferita alla diversa classificazione delle unità geoambientali, discriminate sulla base dei seguenti criteri di analisi:

a) composizione litologica del sottosuolo; b) caratteristiche di permeabilità del sottosuolo; c) composizione e spessori degli strati di alterazione e copertura superficiale; d) morfologia; e) dinamica geomorfologica prevalente; f) geoidrologia degli acquiferi.

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UNITA’ DELLE AREE DI PIANURA E DI FONDOVALLE

Vulnerabilità intrinseca elevata. Essa comprende aree caratterizzate: � dalla presenza di alluvioni fluviali e fluvioglaciali a composizione prevalentemente

ghiaiosa e sabbiosa, ad elevata permeabilità primaria. � da strati di alterazione superficiale di scarsa potenza. � da morfologia pianeggiante, con cigli e scarpate di terrazzi alluvionali, alvei e paleoalvei. � da dinamica geomorfologica prevalentemente fluviale e fluvioglaciale. � da presenza di falda libera a profondità inferiore a 10 metri dal piano campagna.

Vulnerabilità intrinseca alta. Essa comprende aree caratterizzate: � dalla presenza di alluvioni fluviali e fluvioglaciali a composizione prevalentemente

ghiaiosa e sabbiosa, ad elevata permeabilità primaria. � da strati di alterazione superficiale di scarsa potenza. � da morfologia pianeggiante, con cigli e scarpate di terrazzi alluvionali, alvei e paleoalvei. � da dinamica geomorfologica prevalente fluviale e fluvioglaciale. � da presenza di falda libera a profondità maggiore di 10 metri dal piano campagna.

Vulnerabilità intrinseca media. Essa comprende aree caratterizzate: � dalla presenza di alluvioni fluviali, fluvioglaciali e torrentizie a composizione litologica

eterogenea (deposito ghiaiosi in matrice argillosa con livelli argillosi e limosi), con permeabilità primaria variabile.

� da tratti di alterazione superficiale in genere cospicui con frazione fine prevalente. � da morfologia subpianeggiante, con cigli e scarpate di terrazzi alluvionali e torrentizi,

presenza di conoidi torrentizie e coltri detritiche di raccordo con i rilievi rocciosi. � da dinamica geomorfologica prevalentemente fluviale fluvioglaciale e torrentizia,

localmente gravitativa. � da presenza di falda principale semilibera con possibili falde sospese

Vulnerabilità intrinseca bassa. Essa comprende aree caratterizzate: � dalla presenza di alluvioni fluviali, fluvioglaciali e torrentizie a composizione litologica

prevalentemente fine (argille e argille limose) con permeabilità primaria bassa. � da strati di alterazione superficiale in genere cospicui con frazione fine prevalente. � da morfologia subpianeggiante, con presenza di conoidi torrentizie e di coltri detritiche

di raccordo con i rilievi rocciosi. � da dinamica geomorfologica prevalentemente fluviale fluvioglaciale e torrentizia,

localmente gravitativa. � da presenza di falda principale confinata o semiconfinata.

UNITA’ DELLE AREE COLLINARI CON SUBSTRATO ROCCIOSO Vulnerabilità intrinseca da alta ad elevata. Essa comprende le aree collinari con rocce carbonatiche affioranti o subaffioranti caratterizzate da permeabilità secondaria, per fratturazione e carsismo, elevata. Gli strati di alterazione superficiale sono poco potenti e discontinui, con coltri detritiche grossolane (detriti di falda e di frana). La morfologia è collinare con versanti dolci interrotti da scarpate rocciose subverticali, presenza di corpi di

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frana e detriti di falda, forme carsiche ipo e epigee. La dinamica geomorfologica prevalente è gravitativa e localmente torrentizia. La circolazione idrica sotterranea è di tipo carsica con acquifero di base profondo ma con possibilità di falde sospese in parte alimentanti sorgenti in quota.

Vulnerabilità intrinseca variabile da bassa ad alta. Essa comprende le aree collinari con rocce vulcaniche e vulcanoclastiche (basalti, ialoclastiti, tufiti) a permeabilità secondaria variabile in funzione del grado di fratturazione. Gli strati di alterazione superficiale sono in genere cospicui ed a composizione argillosa. La morfologia è collinare con versanti dolci, presenza di corpi di frana e detriti di falda. La dinamica geomorfologica prevalente è gravitativa e localmente torrentizia. La circolazione idrica nel sottosuolo avviene per fessurazione del substrato vulcanico (basalti)

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� Tavola della vulnerabilità idrogeologica del Comune di Verona con la suddivisione in ATO e la localizzazione delle diverse manifestazioni d’interesse (in rosso)

Legendavulnerabilità intrinseca bassa

vulnerabilità intrinseca media

vulnerabilità intrinseca alta

vulnerabilità intrinseca elevata

vulnerabilità intriseca da bassa ad alta

vulnerabilità intrinseca da alta ad elevata

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3.6 Inquadramento idrografico Il sistema idrografico è costituito principalmente dalla presenza del fiume Adige che attraversa la città di Verona con il suo percorso meandriforme. Nella zona sono inoltre presenti numerosi canali artificiali quale Canale Agricolo Industriale Camuzzoni, nato alla fine del secolo XIX con la volontà di regimentare le acque dell’Adige; il Canale Alto Agro Veronese, il Canale Giuliari, il Canale Morazzo. A sud dell’area in località Cadidavid e a San Giovanni Lupatoto è presente la zona delle risorgive. Dalla collina convergono diversi corsi d’acqua di tipo perenne o temporaneo con portate dotate di una elevata variabilità nel corso dell’anno coincidenti con le precipitazioni meteoriche e lo scioglimento delle nevi. Di tali aspetti se ne dovrà tenere conto nella singola descrizione delle manifestazioni d’interesse riportate nel volume B.

Tavola della idrografia del Comune di Verona

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3.6.1 Fiume Adige L’Adige, secondo fiume italiano per estensione di bacino imbrifero e terzo per lunghezza d’asta, nasce in Alta Val Venosta a quota 1.550 m s.l.m. e, dopo aver percorso 409 km attraverso Alto Adige, Trentino e Veneto, sfocia nel Mare Adriatico. Il bacino dell’Adige ha una superficie di circa 12.100 km² ed interessa anche una piccola parte di Svizzera: il primo tratto si sviluppa dal lago di Resia a Merano (area drenata pari a 2.670 km²), poi lungo la valle dell’Adige sino a Trento (circa 9.810 km² di area drenata) e da Trento a Verona la valle assume la denominazione di Lagarina (11.100 km² circa). Successivamente e fino ad Albaredo, dove chiude il suo bacino tributario, l’Adige assume carattere di fiume di pianura; poi, per i successivi 110 km, è pensile fino allo sbocco in Adriatico dove sfocia tra la foce del Brenta ed il Delta del Po.

Fiume Adige e relativo bacino idrografico (fonte: Autorità di Bacino del Fiume Adige)

Le quote medie si attestano, nelle valli più interne e settentrionali, tra i 1.300 ed i 1.500 m; nella piana di Bolzano la quota passa a circa 240 m e a 190 m s.l.m. circa a Trento. La larghezza della sezione varia da un minimo di 40 m nel tratto Merano-Bolzano, ad un massimo di 269 m tra i cigli arginali interni a Zevio. La pendenza di fondo, tra il lago di Resia e Borghetto (confine settentrionale della Provincia di Verona) passa dal 53 allo 0,91

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‰, tra Borghetto e le Bocche di Sorio è dell’1,3 ‰, discende allo 0,55 ‰ sino ad Albaredo, allo 0,37 ‰ sino a Legnago, allo 0,20 ‰ sino a Boara Pisani, allo 0,19 ‰ sino a Cavarzere, allo 0,10 ‰ nell'ultimo tronco sino alla foce. Il fiume Adige costituisce un elemento di primo livello nel sistema storico paesaggistico veronese, come in quello naturalistico; fiume che versa in condizioni di cattiva qualità sia per quanto concerne le acque, sia per le rive. Il fiume Adige attraversa la città di Verona con una portata media annua pari a circa 102,6 m³/s. Le portate minime si registrano nei mesi invernali, caratterizzati di precipitazioni a carattere prevalentemente nevoso nella parte montana del bacino; le portate massime sono registrate nei mesi primaverili in cui si risente dello scioglimento delle nevi, come illustrato nella seguente figura tratta dalla Relazione di Arpav “Livelli e portate medie giornaliere del fiume Adige a Verona negli anni 2007-2009”.

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Tavola idrografica e idrogeologica del Comune di Verona con la suddivisione in ATO e la localizzazione delle diverse manifestazioni d’interesse (in rosso)

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3.7 Le criticità idrauliche definite dal Piano di Assetto idrogeologico dell’Adige

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 aprile 2006 è stato approvato il «Piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico del bacino idrografico del fiume Adige - Regione del Veneto», adottato ai sensi dell'articolo 18 della legge 18 maggio 1989, n. 183, dal Comitato istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Adige con deliberazione n. 01/2005 del 15 febbraio 2005. Le norme e le direttive del PAI approvate dall'Autorità di Bacino Nazionale dell'Adige e dall’Autorità di Bacino Interregionale del fiume Fissero - Tartaro – Canalbianco, nonché il Piano di Gestione dei Bacini Idrografici delle Alpi Orientali, nonché i Piani generali di bonifica e di tutela del territorio, nonché le prescrizioni e limitazioni alla trasformabilità specificamente individuate dal PI finalizzate sia a prevenire la pericolosità idraulica nel territorio sia ad impedire la creazione di nuove condizioni di rischio nelle aree vulnerabili, sono di applicazione obbligatoria e vincolante. Il PAI individua e perimetra:

• quattro tipologie di aree a pericolosità idraulica stabilendo per esse prescrizioni relative alla gestione dei patrimoni edilizi,

• aree a rischio elevato e medio da frana e da colata detritica • aree a rischio idraulico di classe R1, R2,R3 e R4

Nelle aree delimitate prevede azioni di mitigazione del rischio e pone normative di attuazione e prescrizioni. Il Rischio idrogeologico (R) è la grandezza che mette in relazione la pericolosità, l’entità degli elementi a rischio (o danno potenziale) e la vulnerabilità degli stessi secondo la relazione di natura qualitativa:

R = P * E * V

Quasi la totalità delle zone analizzate è stata studiata con modelli idraulici mono/bidimensionali a moto vario ed è stata definita la pericolosità idraulica in funzione della probabilità di allagamento dell’area stessa (per eventi di Tr di 30, 100 e 200 anni) in base alle caratteristiche (cioè livelli idrici e velocità dell’acqua) dell’onda di sommersione che caratterizza quel territorio.

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Le classi di pericolosità sono state quindi determinate in funzione del tirante idrico e delle velocità di propagazione nelle aree inondate, quelle del danno potenziale in funzione degli elementi a rischio contenuti. Conseguentemente il rischio idraulico deriva dall’intersezione di pericolo e danno potenziale avendo posto (a favore della sicurezza) la vulnerabilità pari a 1.

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Tavola delle criticità idrauliche del Comune di Verona con la suddivisione in ATO e la localizzazione delle diverse manifestazioni d’interesse (in rosso)

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3.8 Implementazione dello studio con individuazione di alcune criticità idrauliche puntuali segnalate dagli enti preposti al controllo e alla manutenzione

Si sono svolti diversi incontri con i soggetti preposti al controllo e alla manutenzione della rete idrica e idraulica del Comune di Verona dal 2009 inpoi, al fine di individuare altre criticità puntuali al fine di individuare correttamente le strategie, le direttive, gli indirizzi, le prescrizioni, le mitigazioni e quant’altro di utile per ottemperare alla normativa vigente sul tema idraulico. Si precisa che alcuni di questi interventi potrebbero avere nel frattempo già avuto risposta. Si sono incontrati diverse volte i seguenti Enti competenti sul territorio e precisamente:

o Regione Veneto, Genio Civile di Verona, che pur essendo il soggetto direttamente responsabile, ha solo informazioni relative all’asta fluviale del Progno di Negrar;

o Consorzio di Bonifica Veronese: hanno diretta competenza sul territorio occidentale del comune;

o Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta: hanno diretta competenza sul territorio orientale del comune;

o Comune di Verona settore giardini e strade: è stata fornita dai tecnici comunali una dettagliata analisi delle situazioni di criticità distinte nelle diverse aree e frazioni del comune evidenziate nei paragrafi seguenti.

Sono stati forniti i seguenti elementi di criticità idraulica evidenziati nei seguenti paragrafi. 3.8.1 VALPANTENA (Ato 6 e 7) Progno della Valpantena (informazioni tratte da Genio Civile di Verona) (Elemento critico n°1) Per comprendere le problematiche relative a questo corso d’acqua è necessario percorrere il seguente escursus storico delineato nella cartografia riportata:

• Il corso originario della Valpantena era lungo l’asse centrale di massima pendenza e confluiva direttamene nell’Adige tra borgo Venezia e San Michele (tratto verde);

• Prima del ‘900 tutta la bassa Valpantena era soggetta a frequenti e intensi allagamenti ed era sempre più incessante la necessità di bonificare l’area centrale della vallata e impiegarla per la produzione agricola;

• nel corso dei primi anni del secolo ‘900 il progno della Valpantena è stato deviato (in corrispondenza circa dell’azienda “Mangimi Veronesi”) portandolo a ridosso della collina (sul lato ovest della vallata in colore azzurro) per poi farlo deviare in corrispondenza di via Catalani verso est (località Bongiovanna e poi ancora verso sud fino all’Adige a est della frazione di San Michele;

• Negli anni ’30 è stato realizzato uno scolmatore nel tratto finale della vallata (colore rosso) poco a monte di borgo Venezia (con galleria nel tratto sotto Corso Venezia-ferrovia in prossimità dei “Vini Pasqua”), il quale permetteva di far confluire una percentuale di circa il 70% delle portate del Progno della Valpantena direttamente verso sud confluendo a valle del terrazzo fluvioglaciale nella fossa Morandina andando a confluire in Adige. La Fossa Morandina quindi oltre a drenare le acque colaticci emergenti al piede spondale di questo terrazzo, si arricchisce di questa portata nei periodi di piena.

• Est della Negli anni ’70 è stato abbandonato il tratto corso d’acqua sottocollinare ovest e hanno realizzato sul vecchio tratto centrale della vallata il nuovo tratto, ma non è stato seguito il profilo degli argini considerandolo pensile e si sono approfonditi realizzando 3 briglie: ma questi nuovi salti d’acqua sono stati

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eccessivamente abbassati tali da provocare delle aree verso valle in contropendenza da circa Ca’ del Pozzo a via Belviglieri.

• Sono stati rialzati gli argini ma l’acqua in piena in controtendenza rallenta, si innalza il pelo libero e viene a mancare il fattore di sicurezza idraulico.

• I ponti che sono stati dimensionati per gli argini risultano essere troppo bassi rispetto al pelo libero e diventano quindi una trappola per i corpi galleggianti che tendono a fermarsi su questi ostacoli e formare delle vere e proprie dighe generando delle possibili esondazioni;

• Nelle zone topograficamente più depresse si ha la possibile formazione di veri e propri bacini che possono essere soggette a esondazione.

Si sono evidenziate le seguenti soluzioni in parte attuate e in parte in via di realizzazione:

• Nelle aree depresse alzare la quota campagna almeno alla minima quota degli argini esistenti;

• Abbassare le quote dello scolmatore lungo via del Capitel, a partire dalla galleria sotto Corso Venezia-ferrovia, la quale deve essere anche allargata, al fine di intercettare il corso della Valpantena ed eliminando la contropendenza sopradescritta.

Frazione di Nesente (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°2) Nella frazione di Nesente si è evidenziato che la rete di smaltimento delle acque bianche confluisce in pozzi perdenti che sono insufficienti per le quantità di precipitazioni meteoriche sempre più abbondanti e per il progressivo scadimento dell’efficienza di infiltrazione dei pozzi perdenti; quindi in seguito a precipitazioni meteoriche intense la strada che scende da monte diventa quindi un corso d’acqua, e le acque piovane confluiscono verso le abitazioni prospicienti la strada creando veri e propri allagamenti. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: a lungo termine non c’è attualmente nessun progetto per una adeguata rete delle acque bianche, di per sé risolutivo, mentre a breve termine sarebbero da realizzare dei nuovi pozzi perdenti nel sottosuolo o favorire una deviazione dell’acqua bianca nei terreni limitrofi. Frazione di Vendri (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°3) Nella frazione di Vendri si sono individuati i seguenti problemi: dalla frazione defluiva verso valle una rete di acque bianche che correva sul fianco sinistro della strada. In seguito alla costruzione di alcune abitazione è molto probabile che tale rete sia stata interrotta, poiché il fosso che precedentemente riceveva le acque e finiva nei campi appare ora non più alimentato mentre in occasione di precipitazioni intense si ha la fuoriuscita delle acque bianche sulla strada, e le acque piovane confluiscono verso le abitazioni prospicienti la strada creando veri e propri allagamenti. Inoltre la presenza di sorgenti di fondovalle causano anche nelle stagioni invernali l’affioramento di acqua con relativa formazione di ghiaccio. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: sarebbe necessario ripristinare la funzionalità della rete delle acque bianche fino al sistema di smaltimento finale e collettare le aree sorgive sopracitate. Frazione di Quinto (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°4) La rete di smaltimento delle acque bianche (separata dalle acque nere) confluisce in un pozzo perdente che è insufficiente per le quantità di precipitazioni meteoriche sempre più abbondanti e per il progressivo scadimento dell’efficienza di infiltrazione del pozzo

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perdente stesso; quindi in seguito a precipitazioni meteoriche intense la strada che scende da monte diventa quindi un corso d’acqua, e le acque piovane confluiscono sulla strada creando allagamenti ei inverno ghiaccio. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: a lungo termine non c’è attualmente nessun progetto per una adeguata rete delle acque bianche, di per sé risolutivo, mentre a breve termine sarebbero da realizzare dei nuovi pozzi perdenti nel sottosuolo. Frazione di Poiano (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi): (Elemento critico n°5) Nella frazione di Poiano si sono individuati i seguenti problemi: la rete di smaltimento delle acque bianche confluisce in una vasca di antica origine di dimensioni circa 5 x 5 metri e profonda 7-8 metri che per la formazione di una crosta sul fondo non riesce più a svolgere la funzione di smaltimento nel sottosuolo, ma funge ormai da serbatoio. Si originano così seri problemi di zanzare e odori con i relativi e conseguenti disagi. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è stato proposta la realizzazione di un convogliamento delle acque bianche nel Progno della Valpantena, che finora però non è stato ancora studiato con una adeguata progettazione. Frazione di Trezzolano (Elemento critico n°6) E’ stata realizzata una manutenzione della strada con asfaltatura non corretta, in contropendenza rispetto alla situazione precedente: in corrispondenza di Villa Arrighi si hanno frequenti allagamenti in concomitanza con intensi eventi piovosi. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: realizzare le manutenzioni delle strade con la dovuta competenza al fine di non pregiudicare il regolare deflusso delle acque Valpantena (informazioni tratte Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta) Sono state identificate in cartografia delle aree considerate "critiche" poiché povere di scoli, al punto da poter creare, nei periodi di pioggia, allagamenti. 3.8.2 VALSQUARANTO (Ato 7) Progno della Valsquaranto (informazioni tratte dal Genio Civile di Verona) (Elemento critico n°7) Il sistema è denominato Squaranto-Fibbio costituito dai seguenti elementi idrografici:

• Fibbio 2° categoria da terrazze fino a Pigozzo; • Fibbio 3° categoria da Pigozzo a Rocchetta bassa; • Oltre fino alla Pissarotta non è classificato.

Si sono evidenziate diverse occasioni di piena del progno di Squaranto, tale per cui si è ipotizzato la soluzione costituita dalla realizzazione di bacini di laminazione da realizzarsi con cave lungo il percorso. Fino ad oggi non ci sono progetti compiuti in essere. Frazione di Montorio (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°8) Nella frazione di Montorio si sono individuati i seguenti problemi:

o le acque di falda emergono in occasione di piena degli acquiferi per cui le acque tendono a invadere gli scantinati. Gli abitanti normalmente inseriscono delle pompe per il pompaggio della falda che viene immessa nella fognatura che però in tale zona è mista.

o le caditoie delle strade si immettono dentro delle vasche di sollevamento delle acque nere: quando vanno in blocco si ha lo sfioro e l’allagamento dell’area .

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Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è in fase di progettazione (in fase definitiva) la realizzazione di una nuova rete di acque bianche che permetta di collettare le acque raccolte dalle singole abitazioni, con un sistema di rete separate dalle nere. Frazione di Montorio (informazioni tratte Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta) sono state identificate delle aree, situate in zona sud Montorio, che non hanno sofferto di fenomeni gravi di allagamento, ma si sono volute comunque identificare come potenziale bacino di espansione dalle piene nel caso in cui il F. Fibbio e T. Squaranto non fossero in grado di smaltire, tramite la fitta rete di canali irrigui, l'acqua a valle (Verona e S. Martino B.A.). 3.8.3 VAL DI AVESA (Ato 2) Corso d’acqua Lorì (informazioni tratte dal genio Civile di Verona) (Elemento critico n°9) Le problematiche riscontrate lungo questo corso d’acqua sono le seguenti:

• In centro di Avesa appena a valle della sorgente dove è tombinato prima del ponticello, le acque tendono a stagnare causando problemi igienici più che idraulici;

• Ci sono dei tratti tombinati con delle griglie prima dei campi sportivi a Ponte Crescano per la separazione di eventuali corpi solidi: tali griglie però in concomitanza con intense precipitazioni meteoriche si intasano e realizzano facilmente una diga causando la tracimazione.

Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: Per i problemi sopra menzionati diventa necessario operare una seria e continua manutenzione dei tratti descritti. 3.8.4 VAL DI QUINZANO (Ato 2) Progno di Quinzano (informazioni tratte dal genio Civile di Verona) (Elemento critico n°10) Le problematiche riscontrate lungo questo corso d’acqua sono le seguenti:

• In località Maso la sistemazione del versante ha causato problemi sul corso d’acqua. • Nella parte alta della frazione di Quinzano il corso d’acqua è stato per un breve

tratto chiuso da un cancello che rende difficoltosa la manutenzione. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: per i problemi sopra menzionati diventa necessario operare una seria e continua manutenzione dei tratti descritti. 3.8.5 BASSA VALPOLICELLA (Ato 2) Corso d’acqua Novare (informazioni tratte dal genio Civile di Verona) (Elemento critico n°11) La problematica riscontrata lungo questo corso d’acqua è che in prossimità dell’abitato di Parona tra via Brennero e via Valpolicella, si ha difficoltà di deflusso con ristagno di acqua e conseguenti problemi igienici. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: esiste una certa difficoltà di attribuzione delle competenze tra il consorzio di bonifica Adige Garda (con competenza sulla manutenzione), delle aziende prospicienti il corso d’acqua (con distanze in deroga ai 10 metri previsti per legge), ecc. 3.8.6 BORGO TRENTO (Ato 2) Via Prato Santo (Elemento critico n°12) si erano verificati diversi problemi di allagamento derivante dall’assenza di scolo di acque bianche (informazioni tratte da geom. Zardini Soc. Acque Veronesi):

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Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: si è realizzato un serio investimento per risolvere il problema, attuato mediante la realizzazione di uno scolo delle acque bianche confluenti in Adige. 3.8.7 BORGO MILANO (Ato 3) Via Andrea Doria (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°13) La strada ha una depressione topografica centrale che dà luogo alla caratteristica corda molla dove vanno a confluire le acque piovane originando una elevato afflusso rispetto alla capacità del limitrofo impianto di sollevamento di via Caboto, insufficiente a sollevare le acque all’interno della rete delle acque bianche per lo smaltimento finale (comunque anche se potenziato non avrebbe una rete scolante sufficiente ad accettare anche queste portate). Quindi le acque concentrate allagano le strade e negli scantinati lungo gli scivoli dei fabbricati. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: potenziamento della rete delle acque bianche o alla realizzazione di nuovi pozzi perdenti in via A. Doria. Via Cristoforo Colombo (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°14) Durante i temporali vengono trasportate sulla strada foglie e rami che occludono gli scarichi delle caditoie che vengono intasati e non scaricando danno origine ad allagamenti della sede stradale. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: individuare dei sistemi per la pulizia delle caditoie. Tangenziale ovest (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°15) Durante i temporali vengono trasportati sulla strada elementi ghiaiosi provenienti dalle barriere antirumore a lato della strada che vanno ad intasare le bocche di lupo e non scaricando danno origine ad allagamenti temporanei della sede stradale. 3.8.8 ZONA CENTRO STORICO (Ato 1) Via Diaz-Portoni Borsari (Elemento critico n°16) L’area di Portoni Borsari è un’area topograficamente depressa dove convergono le acque provenienti dalle diverse strade. Nell’area non esiste un collettamento delle acque bianche e la rete è mista e tutte le caditoie sono collegate alla rete dell’acqua mista. Nel passato è stata realizzata una vasca sotto le porte e ogni temporale lo sfioro della rete mista confluisce in tale vasca che ha un volume sottodimensionato. La situazione è andata peggiorando negli ultimi tempi sia per l’incremento degli effetti parossistici climatici e sia per la pulizia avvenuta della rete che ah velocizzato il deflusso delle acque miste e quindi caricando la vasca ben oltre la sua capacità di smaltimento nel sottosuolo. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è da realizzare una rete di smaltimento delle acque bianche separate dalle nere con smaltimento nel F. Adige. Via San Alessio - Piazzetta S.to Stefano (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°17) Lungo questa strada, topograficamente depressa non c’è la rete di acqua separata, ma è mista. La fognatura non può ricevere più le acque bianche per cui si ha allagamento dell’area con fuoriuscita dai chiusini. Manca lo scarico in Adige. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è in fase di progetto un sistema di raccolta delle acque bianche (progetto 8M) che a stralci partendo dalla zona di S. Alessio (stralcio 1), si collegherà con questo sistema di vicolo Mustacchi (stralcio 2) e andrà a confluire a

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Veronetta (stralcio 3) e poi far confluire in Adige. Sarà da verificare l’efficacia della nuova rete di acque bianche in corso di realizzazione. Area San Giovanni in Valle (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n°18) Da via Fontana del Ferro, in occasioni di intense piogge e in mancanza della rete delle acque bianche e di non possibilità di ricezione nella rete delle acque nere, le acque scendono da monte lungo via San Giovanni in Valle con effetto torrentizio andando ad attraversare via Santa Maria in Organo e via Santa Maria deviando per vicolo Mustacchi e confluendo nella zona topograficamente più depressa (area della Giarina) dove generano cospicui allagamenti dell’area. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è in fase di progetto un sistema di raccolta delle acque bianche (progetto 8M) che a stralci partendo dalla zona di S. Alessio (stralcio 1), si collegherà con questo sistema di vicolo Mustacchi (stralcio 2) e andrà a confluire a Veronetta (stralcio 3) e poi confluire in Adige. Nel frattempo si cerca di rallentare l’onda di piena mediante la pavimentazione con san pietrini posti sulle strade in pendenza. Sarà da verificare in Via Fontana del Ferro l’efficacia della nuova rete di acque bianche in corso di realizzazione, che potrà modificare o evitare i rimedi proposti di seguito; per quanto è stato possibile determinare finora si prevedono i seguenti rimedi Area lungadige porta Vittoria (ex questura-Museo Sc- Naturali) (Elemento critico n°19) Lungo questa strada, topograficamente depressa non c’è la rete di acqua separata, ma è mista. La fognatura non può ricevere più le acque bianche per cui si ha allagamento dell’area. Manca lo scarico in Adige. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: è da realizzare una rete di smaltimento delle acque bianche separate dalle nere con smaltimento nel F. Adige. Via Torbido (informazioni tratte da Soc. Acque Veronesi) (Elemento critico n20) Durante i temporali vengono trasportate sulla strada foglie e rami che occludono gli scarichi delle bocche da lupo che vengono intasati e non scaricando danno origine ad allagamenti della sede stradale. Si sono evidenziate le seguenti soluzioni: individuare dei sistemi per la pulizia delle caditoie. 3.8.9 ZONA VERONA SUD (Ato 4) Via Tombetta (Elemento critico n°21) Si sono evidenziate diverse problematiche di allagamento dell’area: sarà da verificare l’efficacia della nuova rete di acque bianche in corso di realizzazione,

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3.9 Ciclo idrico integrato a Verona Nel presente paragrafo vengono esposte le caratteristiche del ciclo idrico integrato, inteso come l’insieme della rete acquedottistica, delle reti ad acque nere, bianche e miste e i sistemi per la raccolta delle acque meteoriche. In generale il servizio idrico integrato è governato dall’ AATO Veronese e gestito dalla Società Acque Veronesi S.c.a r.l. Il Comune di Verona rientra nella Zona VR2 –Verona all’interno del Piano di gestione dell’ Ambito Territoriale Ottimale Veronese. La zona VR2 comprende la parte centro-settentrionale della Provincia di Verona, e coincide con i bacini idrografici del Progno di Fumane, del Progno di Negrar e del torrente Valpantena, principali affluenti di sinistra del fiume Adige nel tratto che va dal suo sbocco in Pianura fin subito a valle del comune di Verona. Tutta la zona a nord appartiene alla fascia montana e collinare, mentre la parte di centro sud è situata nella fascia della ricarica degli acquiferi. Infine alcuni comuni ricadono nella fascia di pianura. L'area interessata appartiene dunque quasi interamente al bacino dell'Adige, ad esclusione di alcune aree di modesta dimensione tributarie del sistema Fissero-Tartaro-Canalbianco (comuni di Sona e Povegliano) e comprende i comuni di: Boscochiesanuova, Bussolengo, Buttapietra, Cerro Veronese, Dolcè, Erbezzo, Fumane, Grezzana, Marano di Valpolicella, Negrar, Pescantina, Povegliano Veronese, Roverè Veronese, San Giovanni Lupatoto, San Mauro di Saline, San Pietro in Cariano, Sommacampagna, Sona, S. Anna d'Alfaedo, S. Ambrogio di Valpolicella, Velo Veronese, Verona e Villafranca di Verona.

Agglomerato VR2 così come individuato dalla DGR n. 3856 del 15.12.2009 (fonte:Rapporto Ambientale

dell’aggiornamento di Piano AATO)

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L'Autorità d'Ambito nel corso del mese di novembre 2009 ha avviato le attività di aggiornamento e revisione del Piano d'Ambito attualmente in vigore sul territorio dell'ATO Veronese. Nel mese di febbraio 2010 sono stati redatti ed approvati i due documenti preliminari necessari per l'avvio della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) prevista dal D.Lgs 152/2006 e ss.mm.i., così come recepito dalla DGRV n. 791 del 31 marzo 2009. Allo stato attuale Il PAT – Il Piano d’Assetto del Territorio del Comune di Verona individua nella Relazione Generale e nel Rapporto Ambientale una criticità legata alla carenza delle reti fognarie, che risulta essere assente in porzioni significative dell’area di Verona Sud, e al probabile raggiungimento della capacità di soglia del depuratore del Basso Acquar negli scenari ipotizzati di incremento della popolazione; come conseguenza si avrebbe inquinamento dei suoli e delle falde acquifere (cfr. Relazione Ambientale VAS, pag. 25); a questo si aggiungano le problematiche di impatto ambientale connesse alla presenza del depuratore, confinato oramai all’interno dell’ambito urbano e nell’ambito golenale del fiume Adige. Le acque reflue civili e industriali convogliate tramite la fognatura confluiscono all’impianto di depurazione “Città di Verona”, ubicato in località Basso Acquar. Il trattamento è di tipo biologico a fanghi attivi che rimuove le sostanze inquinanti presenti nel liquame, producendo fanghi recuperabili per gli usi agricoli o utilizzabili per la produzione di combustibile. Il depuratore “Città di Verona” ha una potenzialità attuale di circa 330.000 abitanti equivalenti, che viene utilizzata al limite delle sue possibilità e che verrà estesa nel 2005 a 410.000 abitanti equivalenti a fronte di un potenziamento in corso di realizzazione. Secondo il Bilancio Sociale - Ambientale di A.G.S.M. Verona S.p.A., l’impianto ha funzionato nel 2003 per 365 giorni senza alcun fermo impianto ed ha trattato 31.919.000 metri cubi di liquami con una portata media giornaliera di circa 1.012 litri al secondo, in linea con i valori del 2002. La quantità media trattata è stata di circa 101.000 m³/giorno nei 50 giorni piovosi e di circa 86.000 m³/giorno nei restanti 315 giorni di tempo secco, in conseguenza del fatto che su gran parte del territorio il sistema fognario di Verona raccoglie anche le precipitazioni meteoriche. L’acqua, così depurata viene restituita al corpo idrico recettore, il fiume Adige, nel rispetto dei limiti di legge, per completare il ciclo idrico integrato. La seguente tabella indica i valori medi annui dei principali parametri di qualità dell’acqua immessa nel fiume Adige a valle della depurazione, rispetto ai limiti del D.Lgs. n. 152/1999 e s.m.i., ed il rendimento di depurazione rispetto ai valori in ingresso. Nel volume B, nella trattazione delle singole manifestazioni d’interesse sarà necessario verificare la possibilità di utilizzo della rete delle acque bianche per lo smaltimento, senza andare a caricare la rete delle acque nere o la rete delle acque miste che confluiscono al depuratore consortile. Sarà necessario implementare e investire nella realizzazione di tali reti affinché si possa servire aree in cui risulta problematico la gestione delle acque meteoriche.

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LegendaBIANCA

MISTA

NERA

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3.10 La compatibilità geologica Il piano degli interventi presentato dal Comune di Verona ha indicato delle aree di idoneità con maggior dettaglio rispetto al PAT. esondabilità dei corsi d’acqua e soggiacenza della falda. Tale classificazione prevede la suddivisione del territorio nelle seguenti classi di zonazione AREE IDONEE Non sussistono condizioni di penalizzazione tali da precludere l’edificabilità, quali frane sovraincombenti, movimenti del terreno in atto, falda affiorante o poco profonda, presenza rilevante di terreni a bassa consistenza, possibilità di esondazioni e di dissesto geologico–idraulico. Sono state comprese in questa classe:

• Aree di pianura e di fondovalle, con esclusione delle porzioni interessate da attività di cava e/o di discarica in essere o pregresse, da problematiche idrauliche, da affioramenti freatici o limitata soggiacenza della falda;

• Porzioni subpianeggianti delle dorsali collinari e versanti con pendenza fino al 15° in assenza di coltri di terreno sciolto per spessori significativi.

Nelle aree idonee l’edificabilità e la realizzazione di interventi che modificano l’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico rimane comunque vincolata alla preventiva esecuzione di adeguate indagini secondo quanto previsto dal D.M. 11.03.1988 «Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione» e dal D.M. 14.01.2008 «Norme tecniche per le costruzioni». AREE IDONEE A CONDIZIONE Non sussistono condizioni di penalizzazione tali da precludere l’edificabilità ma vi sono riconosciute condizioni geolitologiche, geomorfologiche, idrogeologiche e idrauliche, per le quali l’edificabilità e la realizzazione di interventi che vadano a modificano l’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico è vincolata, oltre che alla preventiva esecuzione di indagini secondo quanto previsto dal D.M. 11.03.1988 «Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione» e dal D.M. 14.01.2008 «Norme tecniche per le costruzioni», alla verifica di compatibilità rispetto ai specifici fattori condizionanti e alla eventuale programmazione e progettazione di adeguati interventi e/o misure di compensazione dei fattori condizionanti, in base ad adeguate indagini di approfondimento puntuale. Le aree idonee a condizione sono state suddivise nelle seguenti subclassi in riferimento al fattore condizionante preminente:

o Aree idonee a condizione per la presenza di materiali fini e/o torbiere. Si tratta di aree dove i primi metri di sottosuolo sono costituiti in prevalenza da terreni comprimibili a basse caratteristiche geotecniche. Sulla base di indagini specifiche si dovranno pertanto definire con puntualità le caratteristiche stratigrafiche e geotecniche dei terreni di fondazioni, valutando le interazioni opera/terreno di fondazione con particolare riferimento ai cedimenti assoluti e differenziali ipotizzabili; definendo di conseguenza le tipologie fondazionali più idonee anche in riferimento ad eventuali ripercussioni dell’opera in esecuzione sui terreni e le strutture limitrofe.

o Aree idonee a condizione per la presenza di morfologie carsiche. Queste aree corrispondono a zone di dolina generatesi per lo più a seguito di fenomeni carsici e paleocarsici dove le problematiche rivestono sia aspetti geolitologici-geotecnici che di vulnerabilità idrogeologica. In tali aree è opportuna una

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preventiva verifica dell’eventuale presenza di cavità sotterranee che potrebbero determinare problemi di instabilità dell’edificato a seguito di crolli di volte, nonchè l’adozione di adeguati sistemi di depurazione di reflui civili e produttivi nelle zone non servite da reti fognarie.

o Aree idonee a condizione per la presenza di attività di discarica sia attiva che esaurita. In queste aree l’edificabilità è vincolata, oltre che da specifiche norme di settore, dalla verifica delle condizioni di stabilità locale e globale dell’area.

o Aree idonee a condizione per la presenza di attività estrattiva. In queste aree l’edificabilità è vincolata, oltre che da specifiche norme di settore, dalla verifica delle condizioni di stabilità locale e globale dell’area.

o Aree idonee a condizione per problematiche di tipo idraulico. Si tratta delle aree definite dal PAI dell’Autorità di bacino dell’Adige a pericolosità idraulica media e moderata. L’edificabilità è condizionata all’esecuzione di studi idraulici per la definizione di adeguate opere di mitigazione del rischio, fermo restando quanto previsto dalle N.t.A. del PAI stesso.

o Aree idonee a condizione per la ridotta soggiacenza della falda – minore di 5 metri dal p.c. In queste aree dovranno evitare interventi che prevedano la realizzazione di piani interrati. Studi puntuali potranno dimostrare l’effettiva idoneità alla realizzazione degli stessi attraverso l’adozione di sistemi di impermeabilizzazione e la realizzazione di fondazioni speciali o a platea. Eventuali interventi di depressione della falda anche temporanea dovranno essere preventivamente verificati in relazione alle interazioni possibili con terreni e strutture limitrofe, nonché con punti acqua presenti nelle vicinanze quali pozzi e risorgive.

o Aree idonee a condizione per problematiche di versante dovute alla presenza di coltri di terreno sciolto. In riferimento alle caratteristiche geotecniche e geomeccaniche, per gli interventi edificatori e in generale per tutti quelli che possono modificare l’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico, specie se prevedono sbancamenti e riporti; devono essere approfonditamente verificati le possibili interazioni con le condizioni di stabilità locale e globale del versante.

o Aree idonee a condizione per problematiche di versanti dovute ad acclività compresa tra 15° e 30°. In riferimento alle caratteristiche geotecniche e geomeccaniche, per gli interventi edificatori e in generale per tutti quelli che possono modificare l’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico, specie se prevedono sbancamenti e riporti, devono essere approfonditamente verificati le possibili interazioni con le condizioni di stabilità locale e globale del versante.

AREE NON IDONEE Sussistono reali condizioni di forte penalizzazione; Sono ammissibili solo le opere e gli interventi volti alla riparazione e al consolidamento dell’esistente o alla stabilizzazione del dissesto nonché le opere di difesa idrogeologica. Sono state comprese in questa classe:

� le aree di pertinenza dei corsi d’acqua perenni e temporanei, comprese le relative fasce di rispetto idraulico

� le aree definite dal PAI dell’Autorità di bacino dell’Adige a pericolosità idraulica elevata e elevatissima

� le aree degli impluvi collinari e pedecollinari � i versanti collinari ad acclività elevata (maggiore di 30°).

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.

LEGENDAIDONEO

NON IDONEO

CARSISMO

PRESENZA DI CAVA

DETRITO

DISCARICA

ESONDAZIONE

ELEVATA PENDENZA

RIDOTTA SOGGIACENZA DELLA FALDA FREATICA MINORE DI 5 METRI

TORBIERE

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4 Valutazione di compatibilità idraulica del Piano degli interventi

4.1 Cenni sul piano degli interventi Il piano degli interventi presentato dal Comune di Verona nel giugno del 2011, consiste in circa 300 manifestazioni d’interesse presentate dalla popolazione al comune di Verona, in seguito all’emanazione di due Bandi, distinte nelle diverse ATO del Comune di Verona con superfici di intervento assai variabili da un migliaio di metri quadri a diversi ettari. Tali interventi possono essere sia di riqualificazione di edifici esistenti o di aree degradate che di nuovi insediamenti in aree agricole o di completamento di aree urbane. Gli interventi possono inoltre essere solo dei cambi d’uso. Nella presente valutazione di compatibilità idraulica verranno evidenziate le aree sulle quale sono previsti interventi che implicano un peggioramento della permeabilità complessiva dei suoli (misurabile grazie ad un coefficiente detto indifferentemente di “deflusso” o “afflusso”), per le quali risulta necessaria quindi la predisposizione di misure compensative atte a compensare l’aumento dei deflussi superficiali. Il metodo utilizzato per tale valutazione è esplicitato nei capitoli seguenti.

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4.2 Metodo di valutazione della compatibilità idraulica delle manifestazioni

d’interesse Il metodo che si è assunto, riportato nell’allegato B relativamente alla valutazione di ogni manifestazione d’interesse, prevede le seguenti fasi di lavoro:

o Valutazione delle superfici dello stato di fatto dell’area oggetto di studio; o Valutazione delle superfici dello stato di progetto dell’area oggetto di studio; o Valutazione delle criticità geologiche, idrauliche, della vicinanza di corsi d’acqua o

delle reti idriche per valutazione della idoneità idraulica all’intervento: tali aspetti sono stati dovutamente e puntualmente spiegati nell’allegato B per ogni singola manifestazione d’interesse;

o Determinazione del volume d’invaso o Studio della fattibilità dei sistemi compensativi e mitigativi necessari al rispetto

dell’invarianza idraulica in relazione alle diverse criticità geologiche ed idrauliche. 4.2.1 Valutazione delle superfici dello stato di fatto dell’area oggetto di studio Ciò è stato realizzato mediante l’analisi delle ortofoto che hanno permesso di evidenziare la presenza di aree agricole, verdi, fabbricati, strade di accesso, parcheggi, ecc. Per la stima di tali superfici si è impiegato il metodo dell’analisi spettrale 4.2.1.1 Metodo dell’analisi spettrale Per poter definire le differenti superfici di uso del suolo dello stato di fatto si è scelto di fare un’analisi spettrale delle ortofoto a colori. Il contenuto di ogni pixel dell’ortofoto digitale a colori è costituito da 3 valori che esprimono l’intensità radiometrica (luminosa) delle 3 componenti cromatiche principali nel campo del visibile (rosso, verde e blu, Red Green Blue, RGB) della porzione di superficie terrestre rappresentata. Di seguito viene presentato un esempio dell’analisi eseguita in corrispondenza di una manifestazione d’interesse.

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(L’intensità luminosa di ciascuna componente cromatica viene espressa mediante un numero intero da n bit e pertanto compreso tra 0 (il nero) e 2-1 (il bianco). Nel nostro caso si tratta 8 bit per componente cromatica (3*8 =24 bit) e quindi i valori radiometrici di ogni componente cromatica varieranno tra 0 (assenza di questo colore) e 255 (colore saturo). Per l’analisi di tali immagini è stato utilizzato il software Multispec 32. Questo ha permesso di selezionare una combinazione di valori radiometrici di ogni componente cromatica e di riconoscere tale combinazione nel territorio. Per esempio è stato possibile selezionare il colore verde della vegetazione o il grigio degli edifici e delle strade o ancora il colore delle superfici semipermeabili. 4.2.2 Valutazione dello stato delle superfici di progetto dell’area oggetto di studio Per fare questo tipo di valutazione si sono perseguite due strade:

A. Usufruire del progetto redatto (anche se in bozza) dal richiedente della manifestazione d’interesse, Ciò è stato possibile mediante l’invio da parte del Comune a tutti i soggetti interessati (solo ATO 4) di una scheda in cui veniva espressamente richiesta la suddivisione delle superfici d’intervento nello stato di fatto e di progetto nelle seguenti categorie:

Superficie ingombro degli edifici

Altre superfici coperte (m²)

Superficie coperta

destinata a strade

Superficie destinata

a parcheggi asfaltati

Superficie destinata

a parcheggi grigliati

Superficie a verde

Altre superfici permeabili

TOTALE

STATO DI FATTO

STATO DI PROGETTO

B. Calcolare e in base ai criteri dettati dal PI mediante le schede norma e in base agli

indici edificatori le superfici permeabili e impermeabili in cui si suddivideranno gli interventi richiesti, come si evince dalla tabella sotto riportata:

Superficie fondiaria (m²)

Superficie non fondiaria

(Vs) (m²)

ATO Manifestazione d'interesse

Superficie totale del lotto (m²)

70% 30%

Superficie permeabile (verde prevalente in % sul totale della superficie fondiaria)

Superficie impermeabile (parcheggi, strade, superficie coperta in % sul

totale della superficie fondiaria)

Totale permeabile

(m²)

Totale impermeabile

(m²)

Percentuale permeabile/impermeabile

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4.2.3 Determinazione del volume d’invaso Esaminando la trasformazione afflussi-deflussi secondo il metodo concettuale dell’invaso, il coefficiente udometrico (l/s ha) si può calcolare come:

11

/10 )(

⋅⋅⋅=

n

n

w

anpu

ϕ

1) dove p0 è un parametro dipendente dalle unità di misura richieste e dal tipo di bacino, a e n sono i parametri della curva di possibilità pluviometrica, φ il coefficiente di deflusso e w il volume di invaso specifico. Volendo mantenere costante il coefficiente udometrico al variare del coefficiente di deflusso φ, ovvero delle caratteristiche idrologiche delle superfici drenanti, per valutare i volumi d’invaso in grado di modulare il picco di piena, si può scrivere:

n

ww−

=

1

1

00 ϕ

ϕ

2) dove , φ0 e w0

1 rappresentano il coefficiente di deflusso e il volume specifico di invaso prima della trasformazione dell’uso del suolo. Applicando la 2) si ottiene il volume specifico di invaso post operam (in m³/ha) a partire dal volume specifico di invaso ante operam (valori di letteratura) e dai coefficienti di deflusso ante/post operam, questi ultimi ottenuti da una media pesata tra le superfici impermeabili (coefficiente 0.90), le superfici semipermeabili (coefficiente 0.60) e le superficie permeabili (coefficiente 0.20) nel corrispondente stato. 3. Superfici oggetto di variazione della permeabili tà superficiale

3.1. Determinazione del coefficiente di deflusso ante operamSuperfici agricole

Superfici permeabili

Superfici semipermeabili

Superfici impermeabili

Superficietotale

C medio

m² m² m² m² m² .5 34.460 2.000 0 0 36.460 0,11

Superficie totale e coefficiente di afflusso medio 36.460 0,11

3.2. Determinazione del coefficiente di deflusso post operamSuperfici agricole

Superfici permeabili

Superfici semipermeabili

Superfici impermeabili

Superficietotale

C medio

m² m² m² m² m² .5 0 17.501 0 18.959 36.460 0,56

Superficie totale e coefficiente di afflusso medio 36.460 0,56

Volume specifico unitario richiesto per l'invarianz a idraulicaCoefficiente di afflusso ante operam, Φ0 0,11 .

Volume specifico di invaso ante operam, w0 50 m³/ha (rete scolante di superficie poco sviluppata)

Coefficiente di afflusso medio post operam, Φ 0,56 .Volume specifico di invaso post operam, w 428 m³/haVOLUME INVASO 1561,84

ATO

ATO

Si hanno quindi i tre possibili casi discussi nel volume B:

� CASO A: coefficiente di afflusso finale < coefficiente di afflusso iniziale: è una situazione di riqualificazione idraulica per cui si ritiene che l’intervento sarà oggetto

1 Per la determinazione delle componenti di w0 le indicazioni di letteratura porgono, per le zone di bonifica, valori dell’ordine di 100-150 m³/ha comprendendo il velo idrico e il volume dei canali di drenaggio (Datei, 1997), 40-50 m³/ha nel caso di fognature in ambito urbano comprendente i soli invasi di superficie e quelli corrispondenti alle caditoie (Datei, 1997), 10-15 m³/ha di area urbanizzata riferito alla sola componente dei volumi dei piccoli invasi (Paoletti, 1996).

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di una asseverazione che attesti che non comporta una modifica e/o variazione significativa del regime idraulico.

� CASO B: coefficiente di afflusso finale > coefficiente di afflusso iniziale con volume

specifico invaso ottenuto < di quello previsto dal PAT (487.4 m³/ha): in tal caso, essendo che il volume specifico d’invaso ottenuto dal calcolo è inferiore a quello previsto dal Parere del Genio Civile relativo alla Compatibilità idraulica dal PAT, si ritiene che debba essere assunto come volume minimo di invaso il volume calcolato con quest’ultimo valore. Si ritiene comunque che il progettista esecutivo dell'intervento potrà richiedere all'Ente competente di utilizzare un volume di invaso inferiore a quello riportato nel presente PI (desunto dal volume specifico d’invaso del PAT), rifacendosi al valore minimo riportato nell’allegato normativo del prontuario di mitigazione del PI, se può dimostrare comunque la coerenza con le prescrizioni della DGR 2948/2009.

� CASO C: coefficiente di afflusso finale > coefficiente di afflusso iniziale ma con

volume specifico invaso ottenuto > di quello previsto dal PAT (487.4 m³/ha): in tal caso il volume specifico d’invaso ottenuto dal calcolo è superiore a quello previsto dal Parere del Genio Civile relativo alla Compatibilità idraulica dal PAT pari a 487.4 m³/ha, per cui si ritiene che debba essere assunto come volume minimo di invaso il volume più cautelativo ottenuto nel presente PI.

Non si sono analizzate le manifestazioni d’interesse che prevedevano un cambio d’uso; in tal caso si rimanda alla fase progettuale per la sua eventuale asseverazione mediante valutazione tecnica del progettista che attesti che con la realizzazione dell’intervento non si comporta una modifica e/o variazione significativa del regime idraulico.

4.2.4 Studio della fattibilità dei sistemi compensativi e mitigativi necessari al rispetto dell’invarianza idraulica

Infine in base ai risultati emersi dalla valutazione precedente si è stati in grado di definire sistemi compensativi e mitigativi necessari a garantire l’invarianza idraulica. essi sono stati dovutamente illustrati nel Volume C denominato “Prontuario di mitigazione ambientale. Componente idraulica”. Gli interventi di compensazione si sono distinti in tre categorie prevalenti e indicati in relazione alle diverse criticità geologiche e idrauliche:

o Situazioni di interventi ricadenti in aree ad alta vulnerabilità dipendente da elevata permeabilità e soggiacenza > 5 metri;

o Situazioni di interventi ricadenti in aree ad elevata vulnerabilità dipendente da elevata permeabilità e soggiacenza < 5 metri in prossimità di risorgive;

o Situazioni di interventi ricadenti in aree con litologie impermeabili/semipermeabili; o Situazioni di interventi prossimi ad aree a moderata esondabilità; o Situazioni di interventi ricadenti in aree a deflusso difficoltoso; o Situazioni di interventi prossimi ad aree carsiche; o Situazioni di interventi prossimi ad aree di elevata pendenza.

Le opere di compensazione sono state discusse una per una nel prontuario allegato:

1. realizzazione di un volume d’invaso prevalente: si è distinto nelle seguenti tipologie:

o accumulo in vasca laminazione

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o sovradimensionamento delle condotte o bacini e fossi d’infiltrazione o bacino di ritenzione

2. realizzazione di un sistema di smaltimento prevalente delle acque nel sottosuolo; si è distinto nelle seguenti tipologie:

o immissione in pozzi disperdenti (utilizzabile anche come accumulo) o immissione in un corso d’acqua (dopo laminazione in un volume

d’invaso) o mediante trincee drenanti o immissione nella rete delle acque bianche

3. adottare buone pratiche costruttive (pratiche mitigative): o vasca di prima pioggia o recupero acque piovane o realizzazione di tetti verdi o realizzazione di parcheggi grigliati

INVASO PREVALENTE N°

repertorio Superficie intervento

Volume invaso

(metodo invaso)

(m³)

Volume invaso da

PAT (m³)

vasca laminazione

sovradimensionamento delle condotte

bacino di ritenzione

bacino e fosso

d'infiltrazione (2)

SMALTIMENTO PREVALENTE

N° repertorio

Superficie intervento

accumulo e smaltimento

in pozzi disperdenti

(2)

immissione in corso

d'acqua (1)

accumulo e immissione in trincee

drenanti (2)

immissione nella rete acque bianche (1) (3)

BUONE PRATICHE COSTRUTTIVE

N° repertorio

vasca prima

pioggia

recupero acque

piovane

smaltimento con caditoie drenanti (4)

tetti verdi parcheggi grigliati

1) da richiedere autorizzazione all'Ente Gestore 2) verificare il rischio di contaminazione dei corp i idrici sotterranei 3) da verificare il rischio d'inquinamento dei corp i idrici superficiali 4) solo in zone con elevata permeabilità e alta sog giacenza e verificando il rischio d'inquinamento de i corpi idrici sotterranei

La sintesi di tutte le azioni sono state inserite in un file allegato al prontuario di mitigazione al fine di una agevole lettura.