Rugantino in Dialetto Romanesco€¦ · e nun faccio er poeta pe mestiere ma pe la farsità de li...

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S i festeggia la repubblica nel segno della au- sterità. La parata militare è dedicata alle forze armate al servizio del paese; però niente carri armati, mezzi blindati, cavalli e soprattut- to frecce tricolori. Ma, se non si sono viste le frecce, sono giunte altre frecciate da parte del capo dello stato, che non ha risparmiato le sue sferzanti bordate alle forze politiche, a comin- ciare da quelle maggiori. Nel suo videomessag- gio le ha bacchettate sostenendo che il primo banco di prova sta nel discutere e confrontarsi tra loro liberamente ma con realismo e senso del limite, senza mettere a rischio la stabilità politica e istituzionale, in una fase così delicata della vita nazionale. Ha poi ribadito l’intenzione di vigilare perché non si scivoli di nuovo verso opposte forzature e rigidità e verso l’inconclu- denza su scelte urgenti e vitali di politica eco- nomica e sociale e su riforme istituzionali più che mai necessarie. Tutto ciò avviene alla vigilia di una nuova verifi- ca elettorale anche se circoscritta alle ammini- strazioni locali. Non dovrebbero esservi, al- meno per il momento, ripercussioni sul piano nazionale; ma è chiaro che il condizionamento delle pressanti difficoltà congiunturali è desti- nato a esercitare un peso predominante su ogni altra emergenza. Nell’immediato dopoguerra si vivevano condizioni disperate, eppure si trovò la forza per ricominciare e porre le basi per il futuro. I costituenti produssero il capolavoro che nei decenni successivi nessuno è riuscito a sfaldare nonostante alcuni ritocchi parziali e numerosi tentativi di modifiche generali. Oggi il tema della parità di genere assume una impor- tanza sempre maggiore anche nella composi- zione delle giunte locali. Ma fu proprio in quel due giugno di sessantasette anni fa che la don- na partecipando al voto fu riconosciuta come soggetto politico. Lillo S. Bruccoleri Io giro er monno senza preconcetti, senza un diploma e senza un medajere e nun faccio er poeta pe mestiere ma pe la farsità de li concetti. Si la giustizzia te pò fà piacere la trovi tutta dentro a sti sonetti: ma si sei troppo pieno de difetti ce troverai sortanto er dispiacere. Sotto la muffa d’ogni situazzione vado cercanno ancora er sentimento: e lo riccojo dietro ogni cantone pe costruicce tutto quer che sento. Perciò combatto ne la confusione contro li draghi e li mulini a vento. Mario Mori Don Chisciotte Cronache romane di Salvatore Taverna TESTATA ORIGINALE DEL 1887, IDEATA DA EDOARDO PERINO Anno 126° NUMERO PROGRESSIVO 12997 MARTEDI’ 11 GIUGNO 2013 Spedizione in abbonamento postale 45 per cento - Art. 2, comma 20, lettera b), legge n. 662 del 1996 SVENAMENTI Un anno euro quaranta E se pò avé in premio un bel libro da leggécce drento, che cià poco sonno Internet: www.rugantino.it Mail: [email protected] SETTIMANALE SATIRICO POLITICO Baccaja ogni martedì Tanto a Roma che fora costa UN EURO C’è poco da rugà, sémo o nun sémo? (G.G. Belli) 100 L’ amichi la chiameno la «lanciatrice»: da pischel- lona ha vinto li campionati juniores de giavellotto e, co ’sto ricordo, ce sguazza tutti li giorni: e ce fa ’na capoccia come ’na palla. Adalgisa, cin- quantenne bona, corpo, faccia e capelli stile Lollo, tosta come er fero, adora annà a ballà du’ vorte a settimana ne le balere der liscio. Giacomo, er marito, postino, nun ce la fa più: è sdrumato. E passa la giornata a infilà le buste ne le cassette e a sfidà cani vogliosi de magnasse le zampone sue gon- fie. Ma lei, er giovedì e er sab- bato, è iremovibbile. Pioggia, vento, toni, estate torida, inverno sibberiano, via in machina verso ’sti casolari der ballo: venti euri, ’na bibbita o du’ bicchieri de vino, un piatto de fettuccine abbonnanti, cro- stata de la nonna co la marmel- lata de scarto che fa schifo. «Sei ’no strazio, ’na tortura, sempre ammosciato, intronato, scojonato, una frana!», se sca- tena Adalgisa. Giacomo, spom- pato dar lavoro, non l’ascorta più. Dieci, quinnici minuti e Adalgisa parte incazzosa: «Me voi dì quarcosa? Nun t’areggi in piedi, pijate le vitamine, caricate cor potassio e magne- sio, gonfiate de carnetina, ma ridiventa com’eri fino a du’ anni fa: er mejo fico der bigon- zo, er superballerino de la sala». Dar ventesimo ar trente- simo minuto Giacomo sa che sta a giocà cor foco: mentre Adalgisa continua a insurtallo se arma de cuscini. La furia de la moje fa er botto: tira, co la sua forza erculea, verso er poveraccio piatti, bicchieri, soprammobbili. Er fijo Giangi, quanno vede er casino, ariva de corsa co un sacco de la mon- nezza e acchiappa tutti li cocci. «Maledetto, voi reagì. Dimme solo quarche cosa e io mollo». Er marito se difenne come pò. Lei: «T’ho mannato sei vorte a lo spedale. Te vòi fà mette li punti puro oggi? Vergognate d’esiste: sei moscio come ’na mozzarella fracica, come un pollo sfracchiato, come ’na signorina pigrozza». Er fijo: «Me tocca fà sparì puro li cor- telli: co mi’ madre nun se sa mai». La repubblica

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Si festeggia la repubblica nel segno della au-sterità. La parata militare è dedicata alle

forze armate al servizio del paese; però nientecarri armati, mezzi blindati, cavalli e soprattut-to frecce tricolori. Ma, se non si sono viste lefrecce, sono giunte altre frecciate da parte delcapo dello stato, che non ha risparmiato le suesferzanti bordate alle forze politiche, a comin-ciare da quelle maggiori. Nel suo videomessag-gio le ha bacchettate sostenendo che il primobanco di prova sta nel discutere e confrontarsitra loro liberamente ma con realismo e sensodel limite, senza mettere a rischio la stabilitàpolitica e istituzionale, in una fase così delicatadella vita nazionale. Ha poi ribadito l’intenzionedi vigilare perché non si scivoli di nuovo versoopposte forzature e rigidità e verso l’inconclu-denza su scelte urgenti e vitali di politica eco-nomica e sociale e su riforme istituzionali piùche mai necessarie.Tutto ciò avviene alla vigilia di una nuova verifi-ca elettorale anche se circoscritta alle ammini-strazioni locali. Non dovrebbero esservi, al-meno per il momento, ripercussioni sul pianonazionale; ma è chiaro che il condizionamentodelle pressanti difficoltà congiunturali è desti-nato a esercitare un peso predominante su ognialtra emergenza. Nell’immediato dopoguerra sivivevano condizioni disperate, eppure si trovòla forza per ricominciare e porre le basi per ilfuturo. I costituenti produssero il capolavoroche nei decenni successivi nessuno è riuscito asfaldare nonostante alcuni ritocchi parziali enumerosi tentativi di modifiche generali. Oggi iltema della parità di genere assume una impor-tanza sempre maggiore anche nella composi-zione delle giunte locali. Ma fu proprio in queldue giugno di sessantasette anni fa che la don-na partecipando al voto fu riconosciuta comesoggetto politico.

Lillo S. Bruccoleri

Io giro er monno senza preconcetti,senza un diploma e senza un medajeree nun faccio er poeta pe mestierema pe la farsità de li concetti.

Si la giustizzia te pò fà piacerela trovi tutta dentro a sti sonetti:ma si sei troppo pieno de difettice troverai sortanto er dispiacere.

Sotto la muffa d’ogni situazzionevado cercanno ancora er sentimento:e lo riccojo dietro ogni cantone

pe costruicce tutto quer che sento.Perciò combatto ne la confusionecontro li draghi e li mulini a vento.

Mario Mori

Don Chisciotte

Cronache romanedi Salvatore Taverna

TESTATA ORIGINALE DEL 1887, IDEATA DA EDOARDO PERINO

Anno 126°NUMERO PROGRESSIVO 12997MARTEDI’ 11 GIUGNO 2013

Spedizione in abbonamento postale45 per cento - Art. 2, comma 20,lettera b), legge n. 662 del 1996

SVENAMENTIUn anno euro quaranta

E se pò avé in premio un bel libro daleggécce drento, che cià poco sonno

Internet: www.rugantino.itMail: [email protected]

SETTIMANALESATIRICO POLITICOBaccaja ogni martedì

Tanto a Roma che fora costa UN EUROC’è poco da rugà, sémo o nun sémo?

(G.G. Belli)

100

L’amichi la chiameno la«lanciatrice»: da pischel-

lona ha vinto li campionatijuniores de giavellotto e, co ’storicordo, ce sguazza tutti ligiorni: e ce fa ’na capocciacome ’na palla. Adalgisa, cin-quantenne bona, corpo, faccia ecapelli stile Lollo, tosta come erfero, adora annà a ballà du’vorte a settimana ne le balereder liscio. Giacomo, er marito,postino, nun ce la fa più: èsdrumato. E passa la giornataa infilà le buste ne le cassette ea sfidà cani vogliosi demagnasse le zampone sue gon-fie. Ma lei, er giovedì e er sab-bato, è iremovibbile. Pioggia,vento, toni, estate torida,inverno sibberiano, via inmachina verso ’sti casolari der

ballo: venti euri, ’na bibbita odu’ bicchieri de vino, un piattode fettuccine abbonnanti, cro-stata de la nonna co la marmel-lata de scarto che fa schifo. «Sei ’no strazio, ’na tortura,sempre ammosciato, intronato,scojonato, una frana!», se sca-tena Adalgisa. Giacomo, spom-pato dar lavoro, non l’ascortapiù. Dieci, quinnici minuti eAdalgisa parte incazzosa: «Mevoi dì quarcosa? Nun t’areggiin piedi, pijate le vitamine,caricate cor potassio e magne-sio, gonfiate de carnetina, maridiventa com’eri fino a du’anni fa: er mejo fico der bigon-zo, er superballerino de lasala». Dar ventesimo ar trente-simo minuto Giacomo sa chesta a giocà cor foco: mentre

Adalgisa continua a insurtallose arma de cuscini. La furia dela moje fa er botto: tira, co lasua forza erculea, verso erpoveraccio piatti, bicchieri,soprammobbili. Er fijo Giangi,quanno vede er casino, ariva decorsa co un sacco de la mon-nezza e acchiappa tutti li cocci.«Maledetto, voi reagì. Dimmesolo quarche cosa e io mollo».Er marito se difenne come pò.Lei: «T’ho mannato sei vorte alo spedale. Te vòi fà mette lipunti puro oggi? Vergognated’esiste: sei moscio come ’namozzarella fracica, come unpollo sfracchiato, come ’nasignorina pigrozza». Er fijo:«Me tocca fà sparì puro li cor-telli: co mi’ madre nun se samai».

La repubblica

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Pagina 2 RUGANTINO Martedì 11 giugno 2013

Li stornelli de la settimanaPIANGO E RIDO

Sapete, l’allegria e la mestizziaso’ sentimenti che nu’ so’ costanti;tutti cercheno sempre la giustizzia,ma le risate vanno co li pianti.S’arimane l’allegriala mestizzia passa via.Si tenghi durotrovi l’amore vero e duraturo.

BULLISMO

Un bullo sopr’ar «tir» sta sur volantee viaggia a un par de metri da la «panda».Annà a la posta è assai snervanteperché c’è sempre un bullo che comanda.Er cazzotto e lo schiaffoneso’ padroni dell’urione.Certo so’ guaiperché chi è matto nu’ se ferma mai.Canta Alfredo Levantesi

Er commenator Arcide Scarapazzi stava afà colazzione ar solito «caffè de la speran-za». Intigneva er cornetto ner cappuccino, lofaceva imbeve come ’na spugna, je dava ermozzico e, ovviamente, sbrodolava er tavo-lino. Grigorio, er gestore der locale, se loguardava, arzava l’occhi ar celo, sbuffava ediceva drento de sé: «Tu guarda si che razzade majale me doveva da capità. Si nun fusseun criente assiduo da mo che l’avrebbemannato affanculo». Poi, pe mantenesse suun piano de cordialità:– È bono, commennatò?– Bono un par de cojoni! So’ vent’anni che

fai er barista e ancora nun te sei imparato afà un cappuccino degno de ’sto nome! Maso’ scemo io che ancora te porto li quadrini,co tutti li bare che ce stanno a Roma!Comunque hai fatto benissimo a chiamallo«caffè de la speranza».– Perché, commennatò?– Perché uno spera tanto de mannà giù

quarche cosa de bono, ma er tutto rimane’na speranza. Guasi guasi domani vado a fàcolazzione da un’antra parte.– Dio lo volesse – barbottò Grigorio.– Come dichi? Strilla forte! Ce lo sai che

nun ce sento bene.– No, dicevo che domattina ve lo fo più

gajardo.– Seh! Sai da quanto tempo me fai ’sta pro-

messa e er giorno doppo m’appioppi lamedesima ciufeca? Eppoi nun t’ariesco asentì. Te l’ho mai ariccontato che meschioppò ’na granata a du’ passi durante lacampagna d’Arbania? Eh, che tempi! Me laso’ vista propio brutta. Quella sì che se pote-va chiamà vita militare.– Sì, me l’avete ariccontato armeno ’na

trentina de vorte. Però, si ve fa piacere, pote-te... («Questo daje che rompe li zebbedei cola guera. E che ce vòi fà, a ’na certa età teparte la brocca e bonanotte»).

– No, si te l’ho già ariccontata è inutile chel’ariprico, tanto tu sei ’na mosciarella cometutti li gioveni d’oggi. –«Me sa che er vaffa sta in partenza» penzò

Grigorio. Ma pe prudenza er vaffa nunpartì.Er commennator Arcide, doppo l’urtima

sbrodolata, ciucciò le tre gocce de cappucci-no che ereno rimaste drento a la tazza, sepulì la bocca e je scappò ’no stranuto chesparpajò mijara de schizzi sur tavolo giàtanto imbrattato.– A proposito, commennatò. Sete ito a

vede la sfilata l’antro giorno?– A fà che?– A vede la sfilata!– E che ce vado a fà? Io so’ incontrario a le

armi! So’ contro la guera! Eppoi, siconnome, le sfilate arientreno ner conto de

Le spese inutili

Data la situazzione der paesequest’anno, ar dua de giugno, li sordati,pieni de patrio orgojo, so’ sfilatia piedi p’ariduce certe spese.

Nun se ponno avantà tale pretese:è inutile mostrà li cararmatie l’aroplani a tanti disperatiche campeno co du’ baiocchi ar mese.

Er capo de lo stato cià raggione:è giusto fà le cose espressamentepe facce sparambià quarche mijone.

Ancora è troppo poco, ma è capaceche un giorno scanzeremo, finarmente,quer che cacciamo p’esportà la pace.

– A commennatò, aiutateme a capì ’nacosa. Perché sete contro la guera, sete controli cararmati, sete contro le sfilate e v’esartatetanto quanno m’ariccontate d’avé partecipa-to a la campagna d’Arbania? Quella nun eraguera l’istesso, anzi più peggio?– Lo vòi propio sapé?

Nun semo più quer popolo d’eroipresenti in tante paggine de storia;mo un trucido che sfoderava boriapò «riposà» sotto un artare e poic’è in cronaca la scena d’un campioneche trucca le partite de pallone.

Nun semo manco più navigatori:mo galleggiamo mejo tra l’imbroji:annamo dritti dritti su li scojioppuro famo còce li motori.Nun c’è più scopo de scoprì l’America,ma de nun fà scoppià ’na crisi isterica.

In quanto a santi poi... lassamo perde!Se dichi «Benvenuto Ci-Ellini»scateni un movimento de quatrinicome gettoni su ’n tappeto verde,indove c’è un crupié – San Raffaele –che se rastrella un sacco de querele.

Nun semo penzatori come prima,perché er penziero nostro s’è spostatosu la filosofia de l’incazzatoche, quanno che nun brontola, biastimacontro er governo o contro chi se sforzade fà crollà le quotazzioni in borza.

Quelli che ce so’ ancora (e semo in tanti)so’ li poeti, autori de rispetto,che scriveno, ruzzanno cor dialetto,curiosità romantiche o piccantico verzi in volo sopra er tenerumeo pronti a dà de frusta ar marcostume.

E ce incontramo un par de vòrte l’annope tené vive in tutte le reggioniquele «parlate» e quele tradizzioniche, come fiori abbraccicati, fannouna collana... messa in bella mostrasur «davanzale» de l’Italia nostra.

Giuseppe Bernasconi

Segua a pagina 3

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Martedì 11 giugno 2013 RUGANTINO Pagina 3

La pantera e li pastori

Un giorno ’na pantera sprovvedutape’ sua disgrazia cade in un fossato;pe’ la botta rimane senza fiato,né trova anima santa che l’aiuta.

Se vede presa a sassi e assai sfottutada un popolo crudele e scostumato;

antri invece co’ modo delicatobuttano cibo là ’ndov’è caduta.

Quarcuno penza ormai che quella è morta,ma all’improviso sorte da quer fossoe fa stragge de tutti li cattivi.

E ’n se dimostra de memoria cortaco’ quelli che nun j’hanno dato addosso

e che so’ stati molto protettivi.

MORALE

Chi nella vita è stato disprezzatodubbio nun c’è che se la lega ar dito,mentre a chi in quarche modo l’ha servitoje resterà pe’ sempre affezzionato.

Autori classici latini e greciFedro tradotto in romanesco da AdelmoQuattrocchi (disegno di Pericle Filipponi)

Caio Giulio Fedro, vissuto nell’età augustea, si ispirò a Esopo, l’inventore della favola. Questo genere lettera-rio è stato ripreso da vari autori, tra cui Jean de La Fontaine (1621-1695). Il nostro Trilussa (Carlo AlbertoSalustri, 1873-1950) ha rimodernato la favola concludendola con una morale tutta sua che si distacca daquella tradizionale. Proponiamo i classici in romanesco sulla scia di Giorgio Carpaneto e Manlio Faggella.

VOCE ROMANARIVISTA BIMESTRALE DI CULTURA, POESIA, DIALETTO, ARTE E TRADIZIONI POPOLARI

Fondata da Giorgio Carpaneto - Direttore Sandro Bari

– Meravija de che, sor Gino? In fonno,conziderato er vate de Milano,li casini tra Sventola e Borzanoe er comico che strilla furibbonno...

chi poteveno fà? Napoletano.– È vero, però er comico iraconnodice che fa ’na stragge, er finimonno!– Fa du’ fatiche: er popolo è sovrano.

– Ma Giorgio ciava detto: «Cittadini,trovate ’n antro, io so’ troppo anziano,ho deciso: farò sortanto er nonno».

– È de parola. Co li... regazzinice vò quarcuno che li pìa pe manoe j’organizza armeno er girotonno.

– Come sarebbe a dì: «So’ esaggerato»?Ma voi l’avete visto er parlamentoner mentre arifaceva er giuramentope comincià er seconno settennato?

Manco ’na lacrima de pentimento!Più lui li sbacchettava scojonatopiù er mejo campionario de lo statoje sbatteva le mano arcicontento.

’Na contentezza senza ’na raggione,’na mucchia de farzoni a bisbijà:«Lassatelo parlà, poro babbione».

Un emicicro senza dignità:nemmanco Giorgio è sceso ne l’androne,hanno ricominciato a intrallazzà.

Er presidente... anzianodi Paolo Zeppilli

– ’Mbè, si me lo dite forzi m’addiventachiara la parte d’ombra che nu’ m’acconzen-te de vede chiaro.– Ahò, e come parli compricato! Chiaro,

scuro! E che cazzo! Comunque mo te chiari-sco er concetto. Io m’esarto, quanno te parlode l’Arbania perché in quer periodo ciavevovent’anni.

– Embè?– Embè, a vent’anni, strano a disse, nun

ciai paura de la morte, nun ciai paura dedormì pertera, nun ciai paura der domani enun te frega gnente dell’antri.– E che me volete convince che mo ciavete

paura de ’ste cose?– A Grigò, allora sei propio stronzo. Io fac-

cio li sarti mortali pe mette ar chiodo unantro giorno de vita. Nun so’ sicuro si doma-ni arivedrò la luce der giorno e tu me venghia pone ’sti quisiti der cavolo. Te faccio unesempio stupido. Tu me chiami commenna-tore, ma nun te chiedi ’sta cazzo de com-menna come me la so’ guadambiata.

– Defatti, a penzacce bene, questo nu’ mel’avete mai ariccontato.– Pe forza! Io nun so’ commennatore

manco pe gnente! È un’invenzione mia, mame dà importanza. Come è importantemostrà li cararmati, fà le missione de pace al’estero, che Dio solo sa quanto costeno, eprotenne de fà campà tanta gente co cinque-cento euri ar mese de penzione. Vabbè,dimme quant’è er cornetto e er cappuccino.– Gnente commennatò. Oggi offre la ditta

perché me sete addiventato ancora più sim-patico.

Aristide Bruni

Segue da pagina 2

E voi credete ancora a la befana,a l’Europa che dice «stamo uniti»?’Na barzelletta! Come li partitiche l’hanno scatenata sta buriana.

Er bello poi che parleno stizziti!’Ndò staveno sti fiji de... ruffianaquanno, ner giro de ’na settimana,se semo ritrovati ripuliti?

So solo ch’aristanno ancora in giro,assieme a quer cantante, co ’na faccia...da schiaffi e più quatrini d’un emiro.

Aricconta l’ennesima fregnaccia,mentre lo «spredde» nun ce dà respiroe magneno sortanto li magnaccia.

Politichi? Razzaccia! Nun o’ cani e nemmanco rosignoli.Conviè er governo fasselo da soli.

Governamose da solidi Giorgio Cameli

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Pagina 4 RUGANTINO Martedì 11 giugno 2013

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Registrazione al tribunale di Roma n. 18082 del 12 aprile 1980

La collaborazione di norma non è retribuita. Il materiale

inviato non si restituisce.

Immezzo a la campagna elettoraleer popolo diventa più mordace,mentre l’omo politico che valerisponne co’ la rima più «sagace»;

eppoi, si cià er talento naturale,nun s’infregna, diventa più «salace»,combatte con impegno «maggistrale»quer che nu’ je sfaciola e nu’ je piace.

Nun s’accoda a li soliti piagnoni:punta dritto a cercasse la vittoriape’ mostrà che cià tanto de cojoni.

Sull’esempio de li padri romanisolo così s’imbocca ne la storia,’ndò nun c’è posto pe’ li ciarlatani.

Scipione l’Africano

Poeti gradiatori: botta e risposta

Forza e coraggio

ROMANITA’Rivista di vita romana diretta da Renato Merlino

e pubblicata da Mirella MiliaccaVia Stefano Oberto, 59 - 00173 Roma - Tel. 06 7213009

Sito web: www.romanita.org

Si ce scrivi e ce pij gusto - tu pe’ noi sei quello giusto

NERONEMensile dell’associazione Roma Rimane Roma

Via Vignale, 7/b - Tel. 06 6247344 - Fax 06 61529154S’impara più cor fà che cor dì!...

... e sul nostro sito web: www.romanesco.it

Sotto ’na mucchia de macerie vecchiese sente ancora er fiottode L’Aquila ferita;co voce affritta «strilla» ’na preghiera:– Vojo risorge,ridateme la vita! –Ma c’è chi nun s’accorge, scorda, sfruttae butta via le perle.

Nun c’è più primavera da tant’annipe L’Aquila ferita.Pare che pure Dio se fa confonneda cert’affanni de l’omminitàe nun risponne a chi domanna aiuto.O forse aspetta un segno de risvejo,l’acuto d’una voce... tante voci;

basta un’oncia de slanciope fà risorge le sorgenti asciutteche mannaveno schizzi de curtura.

Allora che aspettamo? Semo in tantia fasse avanti p’improntà ’na curache ciariporti L’Aquila guarita...Chiamamola crociatao spirito de solidarietà,ma damose da fà:ridamoje la vita!

Il concorso, a tema libero, si articola in due sezioni: a) sonetto e/o composizione a schema libero, massi-mo 32 versi; b) stornello. Il termine per la presentazione degli elaborati scade il 10 giugno 2013 (fa fede iltimbro postale). I premi verranno assegnati dalla giuria tenendo conto della seguente graduatoria: sezio-ne a), primo, secondo e terzo classificato e tre segnalati (al primo la Coppa Rugantino); sezione b), primo,secondo e terzo classificato (al primo la Coppa Romanità). La proclamazione e premiazione dei vincitoridel concorso avrà luogo, come da tradizione, durante l’incontro conviviale di sabato 22 giugno.

69 °Concorso di poesia in dialetto romanesco«San Giovanni 2013»

L’Aquila feritadi Giuseppe Bernasconi

(terzo classificato al premio Collalti)