Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima...

441

Transcript of Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima...

Page 1: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè
Page 2: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia di Roma. Vol. 2: Dall'abolizione deire di Roma sino all'unione dell'ItaliaAUTORE: Mommsen, TheodorTRADUTTORE: Quattrini, Antonio GaribaldoCURATORE: Quattrini, Antonio GaribaldoNOTE:

CODICE ISBN E BOOK: 9788828100263

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "Coriolan supplié parles siens" di Nicolas Poussin (1594–1665). - MuséeNicolas Poussin, Les Andelys. - https://commons.wi-kimedia.org/wiki/File:Poussin_Coriolan_Les_Andelys.-jpg. - Pubblico Dominio.

TRATTO DA: 2: \ Dall'abolizione dei re di Roma sinoall'unione dell'Italia! / Teodoro Mommsen - Roma :Aequa, stampa 1938. - 322 p. ; 19 cm. - Fa parte diStoria di Roma / Teodoro Mommsen ; curata e annotata

2

Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia di Roma. Vol. 2: Dall'abolizione deire di Roma sino all'unione dell'ItaliaAUTORE: Mommsen, TheodorTRADUTTORE: Quattrini, Antonio GaribaldoCURATORE: Quattrini, Antonio GaribaldoNOTE:

CODICE ISBN E BOOK: 9788828100263

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "Coriolan supplié parles siens" di Nicolas Poussin (1594–1665). - MuséeNicolas Poussin, Les Andelys. - https://commons.wi-kimedia.org/wiki/File:Poussin_Coriolan_Les_Andelys.-jpg. - Pubblico Dominio.

TRATTO DA: 2: \ Dall'abolizione dei re di Roma sinoall'unione dell'Italia! / Teodoro Mommsen - Roma :Aequa, stampa 1938. - 322 p. ; 19 cm. - Fa parte diStoria di Roma / Teodoro Mommsen ; curata e annotata

2

Page 3: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

da Antonio G. Quattrini.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 ottobre 2017

INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS002020 STORIA / Antica / Roma

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected] Di Mauro (ePub)Ugo Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] F. Traverso (ePub)

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

3

da Antonio G. Quattrini.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 ottobre 2017

INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS002020 STORIA / Antica / Roma

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected] Di Mauro (ePub)Ugo Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] F. Traverso (ePub)

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

3

Page 4: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

4

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

4

Page 5: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Indice generale

SECONDO LIBRODALL'ABOLIZIONE DEI RE DI ROMA SINOALL'UNIONE DELL'ITALIA............................................ 10

PRIMO CAPITOLOCAMBIAMENTO DELLA COSTITUZIONE - LIMITAZIO-NE DI POTERI ALLA MAGISTRATURA SUPREMA........11

1. Antitesi politiche e sociali in Roma........................................ 112. Abolizione della presidenza a vita.......................................... 123. Cacciata dei Tarquini da Roma............................................... 154. Potere consolare...................................................................... 175. Dittatore.................................................................................. 266. Centurie e curie....................................................................... 277. Il senato................................................................................... 308. Il nuovo comune...................................................................... 359. Leggi e decreti......................................................................... 3710. Potere civile e militare.......................................................... 3811. Governo dei patrizi................................................................ 3912. Opposizione dei plebei.......................................................... 43

SECONDO CAPITOLOIL TRIBUNATO DEL POPOLO ED I DECEMVIRI............47

1. Interessi materiali.................................................................... 472. Crescente potere dei capitalisti............................................... 493. Finanze comunali.................................................................... 504. Rapporti fra la questione sociale e politica. ............................ 555. Ritiro sul Monte sacro............................................................. 566. Tribuni popolari ed edili popolari........................................... 597. Intercessione............................................................................ 608. Legislazione............................................................................ 649. Relazioni del tribuno col console............................................ 6510. Importanza politica del tribuno............................................. 6711. Contese ulteriori – Coriolano................................................ 70

5

Indice generale

SECONDO LIBRODALL'ABOLIZIONE DEI RE DI ROMA SINOALL'UNIONE DELL'ITALIA............................................ 10

PRIMO CAPITOLOCAMBIAMENTO DELLA COSTITUZIONE - LIMITAZIO-NE DI POTERI ALLA MAGISTRATURA SUPREMA........11

1. Antitesi politiche e sociali in Roma........................................ 112. Abolizione della presidenza a vita.......................................... 123. Cacciata dei Tarquini da Roma............................................... 154. Potere consolare...................................................................... 175. Dittatore.................................................................................. 266. Centurie e curie....................................................................... 277. Il senato................................................................................... 308. Il nuovo comune...................................................................... 359. Leggi e decreti......................................................................... 3710. Potere civile e militare.......................................................... 3811. Governo dei patrizi................................................................ 3912. Opposizione dei plebei.......................................................... 43

SECONDO CAPITOLOIL TRIBUNATO DEL POPOLO ED I DECEMVIRI............47

1. Interessi materiali.................................................................... 472. Crescente potere dei capitalisti............................................... 493. Finanze comunali.................................................................... 504. Rapporti fra la questione sociale e politica. ............................ 555. Ritiro sul Monte sacro............................................................. 566. Tribuni popolari ed edili popolari........................................... 597. Intercessione............................................................................ 608. Legislazione............................................................................ 649. Relazioni del tribuno col console............................................ 6510. Importanza politica del tribuno............................................. 6711. Contese ulteriori – Coriolano................................................ 70

5

Page 6: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

12. La legge publilia.................................................................... 7313. Legge agraria di Spurio Cassio............................................. 7514. I decemviri............................................................................ 7615. Leggi delle dodici tavole....................................................... 7916. Caduta dei decemviri............................................................ 8017. Ripristino del tribunato......................................................... 83

TERZO CAPITOLOLA PEREQUAZIONE DEI CETI E LA NUOVA ARISTO-CRAZIA..................................................................................87

1. Unione dei plebei.................................................................... 872. Comunanza di matrimonio e d'impieghi................................. 883. Tribuni di guerra con potere consolare................................... 894. Opposizione del patriziato...................................................... 925. Divisione della magistratura................................................... 936. Tentativi di controrivoluzione................................................. 957. Strettezze dei contadini........................................................... 988. Lega contro la nobiltà........................................................... 1019. Annullamento politico del patriziato..................................... 10310. Nobiltà recente.................................................................... 10711. Leggi sestio-licinie.............................................................. 11012. Credito e imposte................................................................ 11313. Influenza del dominio romano sulla prosperità del popolo. 11614. Eguaglianza sociale............................................................. 11715. La formazione di una nuova aristocrazia............................ 11916. Nuova opposizione.............................................................. 12117. Diritti crescenti del popolo.................................................. 12518. Decrescente importanza dei cittadini.................................. 12719. Magistratura e divisione dei consolati. ............................... 12920. Limitazione della dittatura.................................................. 13221. Restrizione del cumulo di cariche....................................... 13222. Senato.................................................................................. 13823. Competenza del senato........................................................ 141

QUARTO CAPITOLOCADUTA DELLA POTENZA ETRUSCA – I CELTI.........147

1. Dominio marittimo etrusco-cartaginese................................ 1472. Caduta della signoria punico-etrusca sui mari. ..................... 149

6

12. La legge publilia.................................................................... 7313. Legge agraria di Spurio Cassio............................................. 7514. I decemviri............................................................................ 7615. Leggi delle dodici tavole....................................................... 7916. Caduta dei decemviri............................................................ 8017. Ripristino del tribunato......................................................... 83

TERZO CAPITOLOLA PEREQUAZIONE DEI CETI E LA NUOVA ARISTO-CRAZIA..................................................................................87

1. Unione dei plebei.................................................................... 872. Comunanza di matrimonio e d'impieghi................................. 883. Tribuni di guerra con potere consolare................................... 894. Opposizione del patriziato...................................................... 925. Divisione della magistratura................................................... 936. Tentativi di controrivoluzione................................................. 957. Strettezze dei contadini........................................................... 988. Lega contro la nobiltà........................................................... 1019. Annullamento politico del patriziato..................................... 10310. Nobiltà recente.................................................................... 10711. Leggi sestio-licinie.............................................................. 11012. Credito e imposte................................................................ 11313. Influenza del dominio romano sulla prosperità del popolo. 11614. Eguaglianza sociale............................................................. 11715. La formazione di una nuova aristocrazia............................ 11916. Nuova opposizione.............................................................. 12117. Diritti crescenti del popolo.................................................. 12518. Decrescente importanza dei cittadini.................................. 12719. Magistratura e divisione dei consolati. ............................... 12920. Limitazione della dittatura.................................................. 13221. Restrizione del cumulo di cariche....................................... 13222. Senato.................................................................................. 13823. Competenza del senato........................................................ 141

QUARTO CAPITOLOCADUTA DELLA POTENZA ETRUSCA – I CELTI.........147

1. Dominio marittimo etrusco-cartaginese................................ 1472. Caduta della signoria punico-etrusca sui mari. ..................... 149

6

Page 7: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

3. Signoria del mare dei Tarentini e dei Siracusani. ..................1514. Caratteri dei Celti.................................................................. 1565. I Celti contro gli Etruschi...................................................... 1616. I Romani attaccano l'Etruria.................................................. 1637. I Celti contro Roma............................................................... 1678. Presa di Roma....................................................................... 1709. Ulteriori conquiste dei Romani nell'Etruria. ......................... 17410. La vera Etruria in pace e in decadenza................................ 178

QUINTO CAPITOLOSOTTOMISSIONE DEI LATINI E DEI CAMPANI ALLA SI-GNORIA DI ROMA.............................................................182

1. L'egemonia di Roma sul Lazio.............................................. 1822. Limitazione dell'uguaglianza................................................ 1843. Riordinamento dei comuni latini........................................... 1874. Espansione di Roma.............................................................. 1895. Crisi interna della lega romano-latina. .................................. 1926. Serrata della lega latina......................................................... 1947. Alleanza................................................................................ 1998. Dominio dei Romani............................................................. 2009. Conquiste dei Sanniti nell'Italia meridionale. ....................... 20210. Relazione dei Sanniti coi Greci........................................... 20611. Confederazione sannitica.................................................... 20912. Sollevazione dei Latini e dei Campani............................... 21313. Sottomissione completa dei Volsci e Campani. ..................216

SESTO CAPITOLOGLI ITALICI CONTRO ROMA..........................................219

1. Guerra tra Sabelli e Tarentini................................................ 2192. Coalizione degli italici contro Roma.................................... 2223. Forche Caudine..................................................................... 2264. Vittorie dei Romani............................................................... 2305. Intervento dei Tarentini......................................................... 2356. Ultima campagna del Sannio................................................ 2407. Dominio dei Romani sull'Italia centrale. ............................... 2458. Nuova guerra sannitico-etrusca............................................. 2499. Ultime lotte nel Sannio......................................................... 255

SETTIMO CAPITOLO

7

3. Signoria del mare dei Tarentini e dei Siracusani. ..................1514. Caratteri dei Celti.................................................................. 1565. I Celti contro gli Etruschi...................................................... 1616. I Romani attaccano l'Etruria.................................................. 1637. I Celti contro Roma............................................................... 1678. Presa di Roma....................................................................... 1709. Ulteriori conquiste dei Romani nell'Etruria. ......................... 17410. La vera Etruria in pace e in decadenza................................ 178

QUINTO CAPITOLOSOTTOMISSIONE DEI LATINI E DEI CAMPANI ALLA SI-GNORIA DI ROMA.............................................................182

1. L'egemonia di Roma sul Lazio.............................................. 1822. Limitazione dell'uguaglianza................................................ 1843. Riordinamento dei comuni latini........................................... 1874. Espansione di Roma.............................................................. 1895. Crisi interna della lega romano-latina. .................................. 1926. Serrata della lega latina......................................................... 1947. Alleanza................................................................................ 1998. Dominio dei Romani............................................................. 2009. Conquiste dei Sanniti nell'Italia meridionale. ....................... 20210. Relazione dei Sanniti coi Greci........................................... 20611. Confederazione sannitica.................................................... 20912. Sollevazione dei Latini e dei Campani............................... 21313. Sottomissione completa dei Volsci e Campani. ..................216

SESTO CAPITOLOGLI ITALICI CONTRO ROMA..........................................219

1. Guerra tra Sabelli e Tarentini................................................ 2192. Coalizione degli italici contro Roma.................................... 2223. Forche Caudine..................................................................... 2264. Vittorie dei Romani............................................................... 2305. Intervento dei Tarentini......................................................... 2356. Ultima campagna del Sannio................................................ 2407. Dominio dei Romani sull'Italia centrale. ............................... 2458. Nuova guerra sannitico-etrusca............................................. 2499. Ultime lotte nel Sannio......................................................... 255

SETTIMO CAPITOLO

7

Page 8: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

RE PIRRO CONTRO ROMA. L'UNIFICAZIONE D'ITALIA...............................................................................................260

1. Relazioni dell'oriente coll'occidente..................................... 2602. Posizione storica di Pirro...................................................... 2633. I precedenti di Pirro............................................................... 2674. Sollevazione degli Italici contro Roma................................. 2715. Distruzione dei Senoni.......................................................... 2746. Rottura tra Roma e Taranto................................................... 2767. Pirro chiamato in Italia.......................................................... 2808. Il primo urto con Pirro.......................................................... 2849. Tentativi di pace.................................................................... 28910. La seconda campagna......................................................... 29311. Condizioni della Sicilia....................................................... 29812. Pirro padrone della Sicilia................................................... 30313. Pirro riparte per l'Italia........................................................ 30714. Ultimi combattimenti in Italia. ............................................ 31015. Condizioni marittime.......................................................... 31416. La flotta romana.................................................................. 31917. Roma e le potenze marittime greche................................... 32318. Cittadinanza originaria romana........................................... 32519. Comunità federali non latine............................................... 33220. Sistema di governo.............................................................. 33421. Divisione e classificazione dei sudditi. ............................... 33622. Moderazione del governo.................................................... 33823. Italia e Italici....................................................................... 34024. I più antichi confini della confederazione italica. ...............34225. Nuova posizione mondiale di Roma................................... 344

OTTAVO CAPITOLODIRITTO – RELIGIONE GUERRA – ECONOMIA PUBBLI-CA NAZIONALITÀ.............................................................346

1. Diritto e polizia..................................................................... 3462. Mitigazione delle antiche leggi............................................. 3493. Cambiamenti nella procedura............................................... 3534. Religione............................................................................... 3575. Ordinamenti militari.............................................................. 3596. Pregi della legione a manipoli............................................... 363

8

RE PIRRO CONTRO ROMA. L'UNIFICAZIONE D'ITALIA...............................................................................................260

1. Relazioni dell'oriente coll'occidente..................................... 2602. Posizione storica di Pirro...................................................... 2633. I precedenti di Pirro............................................................... 2674. Sollevazione degli Italici contro Roma................................. 2715. Distruzione dei Senoni.......................................................... 2746. Rottura tra Roma e Taranto................................................... 2767. Pirro chiamato in Italia.......................................................... 2808. Il primo urto con Pirro.......................................................... 2849. Tentativi di pace.................................................................... 28910. La seconda campagna......................................................... 29311. Condizioni della Sicilia....................................................... 29812. Pirro padrone della Sicilia................................................... 30313. Pirro riparte per l'Italia........................................................ 30714. Ultimi combattimenti in Italia. ............................................ 31015. Condizioni marittime.......................................................... 31416. La flotta romana.................................................................. 31917. Roma e le potenze marittime greche................................... 32318. Cittadinanza originaria romana........................................... 32519. Comunità federali non latine............................................... 33220. Sistema di governo.............................................................. 33421. Divisione e classificazione dei sudditi. ............................... 33622. Moderazione del governo.................................................... 33823. Italia e Italici....................................................................... 34024. I più antichi confini della confederazione italica. ...............34225. Nuova posizione mondiale di Roma................................... 344

OTTAVO CAPITOLODIRITTO – RELIGIONE GUERRA – ECONOMIA PUBBLI-CA NAZIONALITÀ.............................................................346

1. Diritto e polizia..................................................................... 3462. Mitigazione delle antiche leggi............................................. 3493. Cambiamenti nella procedura............................................... 3534. Religione............................................................................... 3575. Ordinamenti militari.............................................................. 3596. Pregi della legione a manipoli............................................... 363

8

Page 9: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

7. Economia sociale e rurale..................................................... 3668. Traffico interno..................................................................... 3689. Commercio marittimo........................................................... 37010. Economia patrimoniale dei Romani.................................... 37411. Il grandioso sviluppo di Roma............................................ 37612. Monete d'argento................................................................. 38113. Diffusione della nazionalità latina...................................... 38214. Penetrazione dell'ellenismo in Italia. .................................. 38415. Roma e i romani di questo tempo....................................... 388

NONO CAPITOLOARTE E SCIENZA...............................................................395

1. Festa popolare romana.......................................................... 3952. Il teatro.................................................................................. 3963. Storiografia............................................................................ 4004. Era Capitolina....................................................................... 4035. Memorie preistoriche romane............................................... 4066. Preistoria ellenica di Roma................................................... 4117. Stesicoro................................................................................ 4128. Timeo.................................................................................... 4149. Giurisprudenza...................................................................... 41710. Lingua................................................................................. 41911. Istruzione............................................................................. 42212. Architettura e plastica......................................................... 42513. Scultura e disegno............................................................... 42914. Carattere dell'arte etrusca.................................................... 43515. Carattere dell'arte latina...................................................... 43816. L'arte romana....................................................................... 440

9

7. Economia sociale e rurale..................................................... 3668. Traffico interno..................................................................... 3689. Commercio marittimo........................................................... 37010. Economia patrimoniale dei Romani.................................... 37411. Il grandioso sviluppo di Roma............................................ 37612. Monete d'argento................................................................. 38113. Diffusione della nazionalità latina...................................... 38214. Penetrazione dell'ellenismo in Italia. .................................. 38415. Roma e i romani di questo tempo....................................... 388

NONO CAPITOLOARTE E SCIENZA...............................................................395

1. Festa popolare romana.......................................................... 3952. Il teatro.................................................................................. 3963. Storiografia............................................................................ 4004. Era Capitolina....................................................................... 4035. Memorie preistoriche romane............................................... 4066. Preistoria ellenica di Roma................................................... 4117. Stesicoro................................................................................ 4128. Timeo.................................................................................... 4149. Giurisprudenza...................................................................... 41710. Lingua................................................................................. 41911. Istruzione............................................................................. 42212. Architettura e plastica......................................................... 42513. Scultura e disegno............................................................... 42914. Carattere dell'arte etrusca.................................................... 43515. Carattere dell'arte latina...................................................... 43816. L'arte romana....................................................................... 440

9

Page 10: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

TEODORO MOMMSEN

STORIA DI ROMACURATA E ANNOTATA DA ANTONIO G. QUATTRINI

SECONDO VOLUME

10

TEODORO MOMMSEN

STORIA DI ROMACURATA E ANNOTATA DA ANTONIO G. QUATTRINI

SECONDO VOLUME

10

Page 11: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

SECONDO LIBRODALL'ABOLIZIONE DEI RE DI ROMA

SINO ALL'UNIONE DELL'ITALIA

Lo scrittore non deve cercare di abba-gliare con la sua storia i lettori amplifi -cando le cose.

POLIBIO

11

SECONDO LIBRODALL'ABOLIZIONE DEI RE DI ROMA

SINO ALL'UNIONE DELL'ITALIA

Lo scrittore non deve cercare di abba-gliare con la sua storia i lettori amplifi -cando le cose.

POLIBIO

11

Page 12: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

PRIMO CAPITOLOCAMBIAMENTO DELLA COSTITUZIONE

- LIMITAZIONE DI POTERI ALLA

MAGISTRATURA SUPREMA

1. Antitesi politiche e sociali in Roma.

Il rigoroso concetto dell'unità e della onnipotenza delcomune in tutte le pubbliche occorrenze, concetto cheforma il cardine di tutte le costituzioni italiche, dava inmano all'unico capo della repubblica, eletto a vita,un'autorità quasi sconfinata, i cui effetti erano certo for-midabili sui nemici esterni, ma pesavano non meno du-ramente sui cittadini. Da ciò gli abusi e gli eccessi a cuiseguivano, come effetti inevitabili, gli sforzi per segnareun limite a quel potere. Ma quel che vi ha di mirabile inquesti tentativi di riforma e in questi rivolgimenti politi-ci si è, che mai si ebbe in animo nè di limitare il poteredello stato, nè di privarlo del necessario organismo, eche non si tentò mai di far prevalere di fronte al comunei così detti diritti naturali dell'individuo; tutta la tempe-sta si riversava unicamente contro la forma della rappre-sentanza comunale. In Roma il grido del partito progres-sista dal tempo dei Tarquini sino al tempo dei Gracchinon è dunque la limitazione del potere dello stato, masolo la limitazione del potere dei magistrati, e anche mi-

12

PRIMO CAPITOLOCAMBIAMENTO DELLA COSTITUZIONE

- LIMITAZIONE DI POTERI ALLA

MAGISTRATURA SUPREMA

1. Antitesi politiche e sociali in Roma.

Il rigoroso concetto dell'unità e della onnipotenza delcomune in tutte le pubbliche occorrenze, concetto cheforma il cardine di tutte le costituzioni italiche, dava inmano all'unico capo della repubblica, eletto a vita,un'autorità quasi sconfinata, i cui effetti erano certo for-midabili sui nemici esterni, ma pesavano non meno du-ramente sui cittadini. Da ciò gli abusi e gli eccessi a cuiseguivano, come effetti inevitabili, gli sforzi per segnareun limite a quel potere. Ma quel che vi ha di mirabile inquesti tentativi di riforma e in questi rivolgimenti politi-ci si è, che mai si ebbe in animo nè di limitare il poteredello stato, nè di privarlo del necessario organismo, eche non si tentò mai di far prevalere di fronte al comunei così detti diritti naturali dell'individuo; tutta la tempe-sta si riversava unicamente contro la forma della rappre-sentanza comunale. In Roma il grido del partito progres-sista dal tempo dei Tarquini sino al tempo dei Gracchinon è dunque la limitazione del potere dello stato, masolo la limitazione del potere dei magistrati, e anche mi-

12

Page 13: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rando a questo scopo mai non si dimenticò che il popolonon deve governare bensì dev'essere governato.

Questa lotta ferveva fra la cittadinanza; accanto adessa però nasceva e cresceva sempre più un altro contra-sto: i non cittadini si affannavano per essere pareggiatiin tutto ai cittadini di fronte alla legge. Da ciò ebberoorigine le agitazioni dei plebei, dei Latini, degli Italici edei liberti, i quali tutti, o avessero già nome di cittadinicome i plebei ed i liberti, o non l'avessero come i Latinie gli Italici, non partecipavano in effetto all'eguaglianzapolitica, e la reclamavano.

Rimaneva una terza antitesi di natura ancora più ge-nerale: l'antitesi tra i facoltosi e i proprietari spossessatio impoveriti. Le condizioni legali e politiche di Romafecero nascere molte tenute rurali, sia di piccoli proprie-tari i quali dipendevano dalla grazia di un ricco sovven-tore, sia di piccoli fittavoli temporanei dipendenti dallagrazia del proprietario del fondo; e in molte manierevennero spogliando moltissimi individui e interi comunidella proprietà fondiaria senza intaccare la libertà perso-nale. Per tal modo il proletariato campagnuolo salì cosìpresto in tanta potenza, che potè prendere non piccolaparte nei destini della repubblica. Il proletariato urbano,per contro, acquistò importanza politica molto più tardi.

2. Abolizione della presidenza a vita. Intorno a queste tre antitesi si aggruppava e si svolgeva

13

rando a questo scopo mai non si dimenticò che il popolonon deve governare bensì dev'essere governato.

Questa lotta ferveva fra la cittadinanza; accanto adessa però nasceva e cresceva sempre più un altro contra-sto: i non cittadini si affannavano per essere pareggiatiin tutto ai cittadini di fronte alla legge. Da ciò ebberoorigine le agitazioni dei plebei, dei Latini, degli Italici edei liberti, i quali tutti, o avessero già nome di cittadinicome i plebei ed i liberti, o non l'avessero come i Latinie gli Italici, non partecipavano in effetto all'eguaglianzapolitica, e la reclamavano.

Rimaneva una terza antitesi di natura ancora più ge-nerale: l'antitesi tra i facoltosi e i proprietari spossessatio impoveriti. Le condizioni legali e politiche di Romafecero nascere molte tenute rurali, sia di piccoli proprie-tari i quali dipendevano dalla grazia di un ricco sovven-tore, sia di piccoli fittavoli temporanei dipendenti dallagrazia del proprietario del fondo; e in molte manierevennero spogliando moltissimi individui e interi comunidella proprietà fondiaria senza intaccare la libertà perso-nale. Per tal modo il proletariato campagnuolo salì cosìpresto in tanta potenza, che potè prendere non piccolaparte nei destini della repubblica. Il proletariato urbano,per contro, acquistò importanza politica molto più tardi.

2. Abolizione della presidenza a vita. Intorno a queste tre antitesi si aggruppava e si svolgeva

13

Page 14: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

la storia interna di Roma e, se si ha da credere legittimal'induzione, anche la storia di tutti gli altri comuni itali-ci, di cui non ci rimane specifico ricordo. E quantunqueil conflitto, che si combatteva entro la sfera della primi-tiva comunità politica al fine di limitare il potere deimagistrati, la lotta tra coloro che per privilegio godeva-no l'eguaglianza civica e coloro che ne erano esclusi, einfine le gare sociali tra i possidenti e i nullatenenti va-riamente si mescolassero e s'incrociassero tra loro, espesso partorissero strane alleanze, esse sono però sem-pre tre antitesi di natura essenzialmente diversa.

Siccome la riforma di Servio, che sotto l'aspetto mili-tare metteva alla pari il domiciliato ed il cittadino, nac-que, come pare, più per considerazioni amministrativeche per intento politico e per forza di parti, così la sideve considerare come frutto della prima antitesi, diquella che ha per oggetto la limitazione del potere dellamagistratura e si deve riconoscere come il fatto, da cuiebbero origine le crisi interne e le riforme costituzionalidel comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè l'abolizio-ne della dignità regia. La singolare coincidenza che lastessa riforma costituzionale avviene, con circostanzeanaloghe, in tutto il mondo greco-italico, ci prova evi-dentissimamente che tale cambiamento era portato dalnaturale corso delle cose. Non a Roma soltanto, ma in

14

la storia interna di Roma e, se si ha da credere legittimal'induzione, anche la storia di tutti gli altri comuni itali-ci, di cui non ci rimane specifico ricordo. E quantunqueil conflitto, che si combatteva entro la sfera della primi-tiva comunità politica al fine di limitare il potere deimagistrati, la lotta tra coloro che per privilegio godeva-no l'eguaglianza civica e coloro che ne erano esclusi, einfine le gare sociali tra i possidenti e i nullatenenti va-riamente si mescolassero e s'incrociassero tra loro, espesso partorissero strane alleanze, esse sono però sem-pre tre antitesi di natura essenzialmente diversa.

Siccome la riforma di Servio, che sotto l'aspetto mili-tare metteva alla pari il domiciliato ed il cittadino, nac-que, come pare, più per considerazioni amministrativeche per intento politico e per forza di parti, così la sideve considerare come frutto della prima antitesi, diquella che ha per oggetto la limitazione del potere dellamagistratura e si deve riconoscere come il fatto, da cuiebbero origine le crisi interne e le riforme costituzionalidel comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè l'abolizio-ne della dignità regia. La singolare coincidenza che lastessa riforma costituzionale avviene, con circostanzeanaloghe, in tutto il mondo greco-italico, ci prova evi-dentissimamente che tale cambiamento era portato dalnaturale corso delle cose. Non a Roma soltanto, ma in

14

Page 15: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

egual modo anche presso gli altri Latini, come presso iSabelli, gli Etruschi e gli Apuli, e in generale in tutti glistati italici, come posteriormente anche presso le repub-bliche greche, troviamo sostituiti agli antichi presidentia vita, presidenti annuali. In quanto al paese dei Lucani,è provato che in tempo di pace esso si reggeva a popoloe che solo per la guerra i magistrati nominavano un re,cioè un magistrato simile al dittatore romano; anche icomuni urbani sabellici, come ad esempio Capua ePompei, ubbidivano più tardi ad un «curatore comuna-le» (medix tuticus), che durava in carica un solo anno, enoi dobbiamo supporre che simili istituzioni abbianoesistito anche presso gli altri comuni popolari ed urbanid'Italia. Inutile dunque sarebbe indagare sottilmente imotivi per cui, in Roma, ai re sottentrassero i consoli;l'organismo dell'antica società greca ed italica ci spiegaquasi con una certa necessità naturale, che ha in sè lesue ragioni, la limitazione della presidenza vitalizia delcomune a un termine più breve, il quale d'ordinario fu diun anno. Quanto più semplice ed intima deve poi rico-noscersi la causa di questa mutazione, tanto più varie nepotevano essere le occasioni; si poteva dopo la morte diun signore statuire per legge, come pare che il senato ro-mano volesse fare dopo la morte di Romolo, che a nes-sun altro si concedesse la signoria vitalizia; o il signorepoteva egli stesso abdicare volontariamente, come èfama che avesse in animo di fare il re Servio Tullio, o ilpopolo poteva insorgere contro un reggente tirannico,cacciarlo e abolirne il nome; e questa fu appunto la fine

15

egual modo anche presso gli altri Latini, come presso iSabelli, gli Etruschi e gli Apuli, e in generale in tutti glistati italici, come posteriormente anche presso le repub-bliche greche, troviamo sostituiti agli antichi presidentia vita, presidenti annuali. In quanto al paese dei Lucani,è provato che in tempo di pace esso si reggeva a popoloe che solo per la guerra i magistrati nominavano un re,cioè un magistrato simile al dittatore romano; anche icomuni urbani sabellici, come ad esempio Capua ePompei, ubbidivano più tardi ad un «curatore comuna-le» (medix tuticus), che durava in carica un solo anno, enoi dobbiamo supporre che simili istituzioni abbianoesistito anche presso gli altri comuni popolari ed urbanid'Italia. Inutile dunque sarebbe indagare sottilmente imotivi per cui, in Roma, ai re sottentrassero i consoli;l'organismo dell'antica società greca ed italica ci spiegaquasi con una certa necessità naturale, che ha in sè lesue ragioni, la limitazione della presidenza vitalizia delcomune a un termine più breve, il quale d'ordinario fu diun anno. Quanto più semplice ed intima deve poi rico-noscersi la causa di questa mutazione, tanto più varie nepotevano essere le occasioni; si poteva dopo la morte diun signore statuire per legge, come pare che il senato ro-mano volesse fare dopo la morte di Romolo, che a nes-sun altro si concedesse la signoria vitalizia; o il signorepoteva egli stesso abdicare volontariamente, come èfama che avesse in animo di fare il re Servio Tullio, o ilpopolo poteva insorgere contro un reggente tirannico,cacciarlo e abolirne il nome; e questa fu appunto la fine

15

Page 16: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della dignità regia presso i Romani.

3. Cacciata dei Tarquini da Roma.Che per quanto sia ricamata con particolarità poetiche eridotta a leggenda la storia della cacciata dell'ultimoTarquinio detto «Il Superbo», non può certo muoversialcun dubbio ragionevole sulla sostanza di questo fatto.La tradizione accenna in modo credibile alle cause diquesto fatto: avere cioè il re omesso d'interpellare il se-nato e di mantenerlo in numero; avere pronunciato penedi morte e di confische senza consultare i senatori; avereammassato nei propri granai immense provvigioni di ce-reali ed imposto ai cittadini, oltre ogni giusto limite, ca-richi di milizia e di servigi manuali. Prova dell'irritazio-ne del popolo è la promessa formale pronunziata per sèe per i suoi discendenti da ogni romano, di non volerd'ora innanzi tollerare alcun re, e l'odio implacabile ched'allora in poi perseguì sempre il nome regio, ma più ditutto la disposizione che il Rex sacrificulus (che si cre-dette dover creare affinchè gli Dei non si avvedesserodella mancanza del consueto mediatore) non potesse co-prire altro ufficio e che egli fosse bensì il primo, ma an-che il più impotente di tutti gli ufficiali romani.

Coll'ultimo re fu bandita tutta la sua famiglia, provadello strettissimo vincolo che allora teneva ancora insie-me i consorzi gentilizi. La schiatta dei Tarquini si trasfe-rì a Cere, forse antica loro patria, ove recentemente fu

16

della dignità regia presso i Romani.

3. Cacciata dei Tarquini da Roma.Che per quanto sia ricamata con particolarità poetiche eridotta a leggenda la storia della cacciata dell'ultimoTarquinio detto «Il Superbo», non può certo muoversialcun dubbio ragionevole sulla sostanza di questo fatto.La tradizione accenna in modo credibile alle cause diquesto fatto: avere cioè il re omesso d'interpellare il se-nato e di mantenerlo in numero; avere pronunciato penedi morte e di confische senza consultare i senatori; avereammassato nei propri granai immense provvigioni di ce-reali ed imposto ai cittadini, oltre ogni giusto limite, ca-richi di milizia e di servigi manuali. Prova dell'irritazio-ne del popolo è la promessa formale pronunziata per sèe per i suoi discendenti da ogni romano, di non volerd'ora innanzi tollerare alcun re, e l'odio implacabile ched'allora in poi perseguì sempre il nome regio, ma più ditutto la disposizione che il Rex sacrificulus (che si cre-dette dover creare affinchè gli Dei non si avvedesserodella mancanza del consueto mediatore) non potesse co-prire altro ufficio e che egli fosse bensì il primo, ma an-che il più impotente di tutti gli ufficiali romani.

Coll'ultimo re fu bandita tutta la sua famiglia, provadello strettissimo vincolo che allora teneva ancora insie-me i consorzi gentilizi. La schiatta dei Tarquini si trasfe-rì a Cere, forse antica loro patria, ove recentemente fu

16

Page 17: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

scoperta la loro tomba. In luogo della signoria d'unuomo eletto a vita si misero poi a capo del comune ro-mano due signori annuali. Questo è ciò che si può, concertezza, ritenere per istorico nell'importante avveni-mento(1).

È naturale che in una repubblica vasta come la roma-na il regio potere, particolarmente quando fu concentra-to per molte generazioni nella medesima dinastia, do-vesse presentarsi meglio preparato a resistere e che per-ciò la lotta ne riuscisse più aspra e più lunga che neglistati minori; ma non vi è alcun sicuro indizio che vi siimmischiassero altri stati. La grande guerra coll'Etruria,che unicamente a causa della confusione cronologicanegli annali è riportata così prossima alla cacciata deiTarquini, non può considerarsi come un interventodell'Etruria a favore di un compatriota danneggiato in

1 La celebre leggenda dei primi tempi della repubblica si manifesta da sestessa favolosa in moltissime parti; molte circostanze furono architettatesui soprannomi (Brutus, Poplicola, Scaevola); e persino le parti che hannoun'apparenza più storica si rivelano, dietro più matura riflessione, supposteed inventate. Tra queste vi è la circostanza che Bruto fosse capitano dellacavalleria (tribunus celerum) e che come tale proponesse al popolo il ple-biscito della cacciata dei Tarquini; secondo la più antica costituzione è af-fatto impossibile che un semplice ufficiale abbia avuta la facoltà di convo-care le curie, mentre non aveva simile facoltà nemmeno l'alter ego del re.Tutta questa storia fu evidentemente creata allo scopo di dare una base dilegalità alla repubblica romana. L'equivoco, in cui sdrucciolò l'annalistache primo prese a raccontar la tradizione e che accordò al tribunus cele-rum la facoltà di convocare le curie, si fonda sulla combinazione d'identitàdel regio tribunus celerum col comandante della cavalleria (magister equi-tum) assegnato al dittatore, il quale aveva realmente il diritto di convocarele centurie.

17

scoperta la loro tomba. In luogo della signoria d'unuomo eletto a vita si misero poi a capo del comune ro-mano due signori annuali. Questo è ciò che si può, concertezza, ritenere per istorico nell'importante avveni-mento(1).

È naturale che in una repubblica vasta come la roma-na il regio potere, particolarmente quando fu concentra-to per molte generazioni nella medesima dinastia, do-vesse presentarsi meglio preparato a resistere e che per-ciò la lotta ne riuscisse più aspra e più lunga che neglistati minori; ma non vi è alcun sicuro indizio che vi siimmischiassero altri stati. La grande guerra coll'Etruria,che unicamente a causa della confusione cronologicanegli annali è riportata così prossima alla cacciata deiTarquini, non può considerarsi come un interventodell'Etruria a favore di un compatriota danneggiato in

1 La celebre leggenda dei primi tempi della repubblica si manifesta da sestessa favolosa in moltissime parti; molte circostanze furono architettatesui soprannomi (Brutus, Poplicola, Scaevola); e persino le parti che hannoun'apparenza più storica si rivelano, dietro più matura riflessione, supposteed inventate. Tra queste vi è la circostanza che Bruto fosse capitano dellacavalleria (tribunus celerum) e che come tale proponesse al popolo il ple-biscito della cacciata dei Tarquini; secondo la più antica costituzione è af-fatto impossibile che un semplice ufficiale abbia avuta la facoltà di convo-care le curie, mentre non aveva simile facoltà nemmeno l'alter ego del re.Tutta questa storia fu evidentemente creata allo scopo di dare una base dilegalità alla repubblica romana. L'equivoco, in cui sdrucciolò l'annalistache primo prese a raccontar la tradizione e che accordò al tribunus cele-rum la facoltà di convocare le curie, si fonda sulla combinazione d'identitàdel regio tribunus celerum col comandante della cavalleria (magister equi-tum) assegnato al dittatore, il quale aveva realmente il diritto di convocarele centurie.

17

Page 18: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma, pel semplice motivo che, malgrado la segnalatavittoria degli Etruschi, essi non restaurarono in Roma ladignità reale, nè vi ricondussero i Tarquini.

4. Potere consolare.Se noi siamo all'oscuro circa le storiche coincidenze diquesto importante avvenimento, possiamo per buonasorte sapere più chiaramente in che consistesse la rifor-ma della costituzione. Il potere regio non fu affatto abo-lito, e ne abbiamo una prova nel fatto, che durante la va-canza, tanto prima che dopo la riforma, si procedevaalla nomina di un «interrè»; in luogo d'un re nominato avita, ve n'erano due annuali, che si chiamavano generali(praetores) o giudici (iudices) od anche soltanto colle-ghi (consules)(2). Il principio della collegialità, che piùtardi diede il nome definitivo e più comune ai due re an-nuali, ci si presenta qui con una forma tutta sua propriaed originale. Il supremo potere non era deferito ad en-trambi i consoli insieme, ma ciascuno lo esercitava perproprio conto così pienamente, come se l'avesse tenutoad esercitare il re, e sebbene da principio le competenzefossero divise e un console assumesse il comandodell'esercito e l'altro l'amministrazione della giustizia,tale divisione non era in nessun modo obbligatoria aven-do ciascuno la facoltà d'ingerirsi legalmente in ognitempo nelle attribuzioni dell'altro; in caso di conflitto si2 Consules sono coloro che ballano e saltano insieme, come praesul il pre-

corritore saltante, exul colui che salta fuori (δ ἐκπησών), insula il saltodentro, come il macigno che cade nel mare.

18

Roma, pel semplice motivo che, malgrado la segnalatavittoria degli Etruschi, essi non restaurarono in Roma ladignità reale, nè vi ricondussero i Tarquini.

4. Potere consolare.Se noi siamo all'oscuro circa le storiche coincidenze diquesto importante avvenimento, possiamo per buonasorte sapere più chiaramente in che consistesse la rifor-ma della costituzione. Il potere regio non fu affatto abo-lito, e ne abbiamo una prova nel fatto, che durante la va-canza, tanto prima che dopo la riforma, si procedevaalla nomina di un «interrè»; in luogo d'un re nominato avita, ve n'erano due annuali, che si chiamavano generali(praetores) o giudici (iudices) od anche soltanto colle-ghi (consules)(2). Il principio della collegialità, che piùtardi diede il nome definitivo e più comune ai due re an-nuali, ci si presenta qui con una forma tutta sua propriaed originale. Il supremo potere non era deferito ad en-trambi i consoli insieme, ma ciascuno lo esercitava perproprio conto così pienamente, come se l'avesse tenutoad esercitare il re, e sebbene da principio le competenzefossero divise e un console assumesse il comandodell'esercito e l'altro l'amministrazione della giustizia,tale divisione non era in nessun modo obbligatoria aven-do ciascuno la facoltà d'ingerirsi legalmente in ognitempo nelle attribuzioni dell'altro; in caso di conflitto si2 Consules sono coloro che ballano e saltano insieme, come praesul il pre-

corritore saltante, exul colui che salta fuori (δ ἐκπησών), insula il saltodentro, come il macigno che cade nel mare.

18

Page 19: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ricorreva ad un turno misurato a mesi od a giorni.Solo là dove il supremo potere si opponeva al supremopotere e l'un collega proibiva ciò che l'altro comandava,le sentenze consolari si neutralizzavano.Questa istituzione dei due supremi magistrati, in cui o siraddoppian le forze o nel conflitto si eliminano – istitu-zione caratteristica e tutta propria dei Romani o megliodei Latini, che nella sua idea originale si è realizzatanella repubblica romana, e di cui invano si cercherebbeun riscontro in un altro grande stato – nacque manifesta-mente dagli sforzi per mantenere il regio potere nellasua piena e legale integrità e non per dividere la dignitàreale e trasferirla da un individuo ad un collegio, ma sistudiò unicamente di raddoppiarla e così, ove occorres-se, lasciare che si eliminasse da sè. Lo stesso avvennerelativamente alla durata, per la quale del resto costitui-va un freno legale l'antico interregno di cinque giorni. Icapi ordinari del comune erano obbligati a rimanere nel-la loro carica non oltre un anno intero, a partire dal gior-no del loro insediamento(3); e cessavano di essere magi-strati dopo decorso questo termine, come l'interrè dopo

3 Il giorno dell'insediamento non coincideva col principio dell'anno (1°marzo) e in generale non era fisso. Secondo questo si regolava il giornodell'uscita, eccettuato il caso che un console fosse stato eletto espressa-mente in luogo d'uno uscito (consul suffectus) e allora esso subentrava neidiritti e quindi anche nel termine dell'uscita. Pare però che siffatte sostitu-zioni succedessero nei tempi antichi solo quando l'uno dei consoli era usci-to di carica; non si riscontrano collegi di consoli sostitutori sotto la repub-blica meno remota. L'anno ufficiale d'un console si componeva quindid'ordinario delle diseguali metà di due anni civili.

19

ricorreva ad un turno misurato a mesi od a giorni.Solo là dove il supremo potere si opponeva al supremopotere e l'un collega proibiva ciò che l'altro comandava,le sentenze consolari si neutralizzavano.Questa istituzione dei due supremi magistrati, in cui o siraddoppian le forze o nel conflitto si eliminano – istitu-zione caratteristica e tutta propria dei Romani o megliodei Latini, che nella sua idea originale si è realizzatanella repubblica romana, e di cui invano si cercherebbeun riscontro in un altro grande stato – nacque manifesta-mente dagli sforzi per mantenere il regio potere nellasua piena e legale integrità e non per dividere la dignitàreale e trasferirla da un individuo ad un collegio, ma sistudiò unicamente di raddoppiarla e così, ove occorres-se, lasciare che si eliminasse da sè. Lo stesso avvennerelativamente alla durata, per la quale del resto costitui-va un freno legale l'antico interregno di cinque giorni. Icapi ordinari del comune erano obbligati a rimanere nel-la loro carica non oltre un anno intero, a partire dal gior-no del loro insediamento(3); e cessavano di essere magi-strati dopo decorso questo termine, come l'interrè dopo

3 Il giorno dell'insediamento non coincideva col principio dell'anno (1°marzo) e in generale non era fisso. Secondo questo si regolava il giornodell'uscita, eccettuato il caso che un console fosse stato eletto espressa-mente in luogo d'uno uscito (consul suffectus) e allora esso subentrava neidiritti e quindi anche nel termine dell'uscita. Pare però che siffatte sostitu-zioni succedessero nei tempi antichi solo quando l'uno dei consoli era usci-to di carica; non si riscontrano collegi di consoli sostitutori sotto la repub-blica meno remota. L'anno ufficiale d'un console si componeva quindid'ordinario delle diseguali metà di due anni civili.

19

Page 20: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

il decorso dei cinque giorni. Mediante questo intervallodell'ufficio supremo, cessava per il console la irrespon-sabilità di fatto che copriva il re.È ben vero che nella repubblica romana anche il re erasoggetto e non superiore alla legge, ma siccome, giustail concetto romano, il supremo giudice non poteva essercitato innanzi a se stesso, il re poteva anche commettereun delitto, giacchè per esso non v'era nè tribunale nèpena. Commettendo invece il console un omicidio o undelitto d'alto tradimento verso la patria, esso era protettodalla sua carica finchè essa durava; trascorso il termine,era soggetto al tribunale criminale ordinario come qua-lunque altro cittadino. A questi principali e sostanzialicambiamenti si aggiunsero altre limitazioni subordinatee più esterne. Il diritto che aveva il re di far lavoraresenza compenso i suoi campi dai cittadini, e la particola-re condizione di clientela, in cui devono essere stati te-nuti i domiciliati di fronte al re, cessarono di loro naturacolla cessazione della perpetuità della carica. Se fino al-lora incombevano al re non solo la revisione e la deci-sione della causa nei processi criminali come nelle penepecuniarie e corporali, ma anche la decisione se il con-dannato potesse o no avanzare ricorso di grazia, ora lalegge valeria (245 = 509 di Roma) stabiliva che il con-sole dovesse sempre ammettere l'appello del condannatoquando non si trattasse di sentenze pronunciate secondole leggi marziali e che portassero pena di morte o puni-zioni corporali; disposizione che con una legge posterio-

20

il decorso dei cinque giorni. Mediante questo intervallodell'ufficio supremo, cessava per il console la irrespon-sabilità di fatto che copriva il re.È ben vero che nella repubblica romana anche il re erasoggetto e non superiore alla legge, ma siccome, giustail concetto romano, il supremo giudice non poteva essercitato innanzi a se stesso, il re poteva anche commettereun delitto, giacchè per esso non v'era nè tribunale nèpena. Commettendo invece il console un omicidio o undelitto d'alto tradimento verso la patria, esso era protettodalla sua carica finchè essa durava; trascorso il termine,era soggetto al tribunale criminale ordinario come qua-lunque altro cittadino. A questi principali e sostanzialicambiamenti si aggiunsero altre limitazioni subordinatee più esterne. Il diritto che aveva il re di far lavoraresenza compenso i suoi campi dai cittadini, e la particola-re condizione di clientela, in cui devono essere stati te-nuti i domiciliati di fronte al re, cessarono di loro naturacolla cessazione della perpetuità della carica. Se fino al-lora incombevano al re non solo la revisione e la deci-sione della causa nei processi criminali come nelle penepecuniarie e corporali, ma anche la decisione se il con-dannato potesse o no avanzare ricorso di grazia, ora lalegge valeria (245 = 509 di Roma) stabiliva che il con-sole dovesse sempre ammettere l'appello del condannatoquando non si trattasse di sentenze pronunciate secondole leggi marziali e che portassero pena di morte o puni-zioni corporali; disposizione che con una legge posterio-

20

Page 21: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

re (di epoca non precisata ma emanata prima dell'anno303 = 451) fu estesa anche ai casi di gravi multe pecu-niarie. In prova di che, quando il console comparivacome giudice e non come duce, i littori consolari depo-nevano le scuri, che essi portavano sui fasci in forza del-la giurisdizione criminale demandata al loro signore.Il console che non lasciasse libero corso all'appello, nonera però dalla legge minacciato d'altro che dell'infamia,la quale, secondo le condizioni di quei tempi, non sitraeva dietro altra conseguenza che la macchia morale,per cui tutt'al più le deposizioni di un tal uomo senzanome non avevano più alcuna fede. E anche qui ravvi-siamo, nel fondo, la medesima idea, che era cioè legal-mente impossibile limitare l'antico potere regio e che ilimiti posti, in conseguenza della rivoluzione, all'investi-to del supremo potere comunale, tutto ben considerato,non hanno che un valore storico e morale. Se quindi ilconsole agisce entro i limiti dell'antica competenza re-gia, egli può bensì commettere un'ingiustizia, ma non undelitto, e non soggiace perciò al giudice punitore.Le stesse tendenze di restrizione si manifestarono nellagiurisdizione civile; poichè fu, verosimilmente, inquell'epoca che venne mutato in obbligo il diritto, cheavevano i magistrati, di potere, dopo stabilito il punto dicontroversia, delegare ad un privato l'esame dello statodella cosa. A questo scopo si erano, secondo ogni proba-bilità, statuite norme generali sul modo con cui i consolipotessero trasmettere il loro parere a luogotenenti o a

21

re (di epoca non precisata ma emanata prima dell'anno303 = 451) fu estesa anche ai casi di gravi multe pecu-niarie. In prova di che, quando il console comparivacome giudice e non come duce, i littori consolari depo-nevano le scuri, che essi portavano sui fasci in forza del-la giurisdizione criminale demandata al loro signore.Il console che non lasciasse libero corso all'appello, nonera però dalla legge minacciato d'altro che dell'infamia,la quale, secondo le condizioni di quei tempi, non sitraeva dietro altra conseguenza che la macchia morale,per cui tutt'al più le deposizioni di un tal uomo senzanome non avevano più alcuna fede. E anche qui ravvi-siamo, nel fondo, la medesima idea, che era cioè legal-mente impossibile limitare l'antico potere regio e che ilimiti posti, in conseguenza della rivoluzione, all'investi-to del supremo potere comunale, tutto ben considerato,non hanno che un valore storico e morale. Se quindi ilconsole agisce entro i limiti dell'antica competenza re-gia, egli può bensì commettere un'ingiustizia, ma non undelitto, e non soggiace perciò al giudice punitore.Le stesse tendenze di restrizione si manifestarono nellagiurisdizione civile; poichè fu, verosimilmente, inquell'epoca che venne mutato in obbligo il diritto, cheavevano i magistrati, di potere, dopo stabilito il punto dicontroversia, delegare ad un privato l'esame dello statodella cosa. A questo scopo si erano, secondo ogni proba-bilità, statuite norme generali sul modo con cui i consolipotessero trasmettere il loro parere a luogotenenti o a

21

Page 22: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

successori. Se al re era stata lasciata illimitata facoltà discegliersi dei luogotenenti senza però esservi obbligato,al console, invece, era stato limitato e legalmente circo-scritto il diritto della trasmissione dei poteri in duplicemodo. In primo luogo coll'insediamento dell'interrè,cessarono essenzialmente quelle cariche sulle quali si ri-verberava lo stesso splendore che circondava il re, comeera stata quella del governatore della città per l'ammini-strazione della giustizia, e quella del generale della ca-valleria per il comando dell'esercito; che se anche poi sinominava un governatore della città, quando entrambi iconsoli lasciavano la città per assistere alla festa latina,ciò non avveniva che per le poche ore della loro assen-za.Anche il diritto di mandato, durante l'epoca in cui i con-soli risiedevano in città, fu probabilmente limitato subi-to dopo l'introduzione di questa carica, cosicchè al con-sole era prescritto il mandato solo per certi casi e proibi-to per certi altri.Come si è detto, tutto l'ordinamento giuridico era ordi-nato secondo tale massima. Il console poteva, senzadubbio, esercitare la giurisdizione criminale anche neiprocessi capitali, in modo da sottomettere la sua senten-za al comune, e questo la confermasse o rigettasse, ma,come si è visto, egli non ha mai esercitato questo diritto,forse non l'ha potuto esercitare ed ha forse pronunciatouna condanna solo quando, per un motivo qualunque,era escluso l'appello. Si evitava il conflitto immediato

22

successori. Se al re era stata lasciata illimitata facoltà discegliersi dei luogotenenti senza però esservi obbligato,al console, invece, era stato limitato e legalmente circo-scritto il diritto della trasmissione dei poteri in duplicemodo. In primo luogo coll'insediamento dell'interrè,cessarono essenzialmente quelle cariche sulle quali si ri-verberava lo stesso splendore che circondava il re, comeera stata quella del governatore della città per l'ammini-strazione della giustizia, e quella del generale della ca-valleria per il comando dell'esercito; che se anche poi sinominava un governatore della città, quando entrambi iconsoli lasciavano la città per assistere alla festa latina,ciò non avveniva che per le poche ore della loro assen-za.Anche il diritto di mandato, durante l'epoca in cui i con-soli risiedevano in città, fu probabilmente limitato subi-to dopo l'introduzione di questa carica, cosicchè al con-sole era prescritto il mandato solo per certi casi e proibi-to per certi altri.Come si è detto, tutto l'ordinamento giuridico era ordi-nato secondo tale massima. Il console poteva, senzadubbio, esercitare la giurisdizione criminale anche neiprocessi capitali, in modo da sottomettere la sua senten-za al comune, e questo la confermasse o rigettasse, ma,come si è visto, egli non ha mai esercitato questo diritto,forse non l'ha potuto esercitare ed ha forse pronunciatouna condanna solo quando, per un motivo qualunque,era escluso l'appello. Si evitava il conflitto immediato

22

Page 23: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

fra il più alto magistrato della repubblica e la repubblicastessa e il processo criminale veniva ordinato in modoche il supremo potere del comune, pur restando compe-tente in teoria, si esplicava per mezzo di necessari rap-presentanti, scelti dal comune stesso. Sono questi rap-presentanti i due giudici non stabili per i reati di ribellio-ne e alto tradimento (duoviri perduellionis) ed i due sta-bili questori per i giudizi di parricidio (quaestores parri-cidii).Probabilmente qualche cosa di simile accadeva già du-rante la monarchia, quando il re si faceva rappresentarein tali processi; ma la stabilità di quest'ultima istituzionee il principio di collegialità espresse in entrambe, appar-tengono alla repubblica. L'istituzione dei questori è puresalita a grande importanza quando, per la prima volta,presso i due magistrati stabili superiori, apparvero dueassistenti, nominati ciascuno da ogni magistrato supe-riore nell'entrare in carica, e quindi uscenti con lui, lacui posizione quindi era ordinata, come la stessa magi-stratura superiore, secondo i principî della stabilità, del-la collegialità e dell'annualità.Questa non è ancora la bassa magistratura, almeno nelsenso che la repubblica annette alla condizione di questimagistrati, in quanto i commissari non risultano dallaelezione del comune, ma è il punto di partenza dell'isti-tuzione della magistratura inferiore, che più tardi si svi-luppò così variamente.

23

fra il più alto magistrato della repubblica e la repubblicastessa e il processo criminale veniva ordinato in modoche il supremo potere del comune, pur restando compe-tente in teoria, si esplicava per mezzo di necessari rap-presentanti, scelti dal comune stesso. Sono questi rap-presentanti i due giudici non stabili per i reati di ribellio-ne e alto tradimento (duoviri perduellionis) ed i due sta-bili questori per i giudizi di parricidio (quaestores parri-cidii).Probabilmente qualche cosa di simile accadeva già du-rante la monarchia, quando il re si faceva rappresentarein tali processi; ma la stabilità di quest'ultima istituzionee il principio di collegialità espresse in entrambe, appar-tengono alla repubblica. L'istituzione dei questori è puresalita a grande importanza quando, per la prima volta,presso i due magistrati stabili superiori, apparvero dueassistenti, nominati ciascuno da ogni magistrato supe-riore nell'entrare in carica, e quindi uscenti con lui, lacui posizione quindi era ordinata, come la stessa magi-stratura superiore, secondo i principî della stabilità, del-la collegialità e dell'annualità.Questa non è ancora la bassa magistratura, almeno nelsenso che la repubblica annette alla condizione di questimagistrati, in quanto i commissari non risultano dallaelezione del comune, ma è il punto di partenza dell'isti-tuzione della magistratura inferiore, che più tardi si svi-luppò così variamente.

23

Page 24: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Nello stesso modo le decisioni nei processi civili furonosottratte al magistrato superiore, in quanto che il dirittodel re di trasmettere un singolo processo al giudizio diun luogotenente, venne trasformato nel dovere del con-sole di delegare la decisione della sentenza, dopo cheera stata stabilita la legittimazione delle parti e l'oggettodell'accusa, ad un privato scelto da lui.Nello stesso modo si lasciò bensì ai consoli l'importanteamministrazione del tesoro e dell'archivio dello stato,ma subito, o almeno ben presto, furono loro aggiuntistabili assistenti, ed anzi quegli stessi questori, che do-vevano obbedir loro in questa sfera d'azione, ma senzala cui cooperazione i consoli non potevano assolutamen-te agire.Quando invece non esistevano tali prescrizioni, era ne-cessario che il capo del comune si intromettesse perso-nalmente; così, per esempio, nell'istruzione del proces-so, egli non poteva assolutamente farsi sostituire.Questa doppia restrizione nel diritto consolare esistevaper il governo cittadino, e cioè per l'amministrazionedella giustizia e l'amministrazione della cassa. Come co-mandante supremo il console conservava invece il dirit-to di delegare tutti o alcuni affari a lui sottoposti.Questo diverso modo di trattare l'argomento della sosti-tuzione civile e militare fu causa che, entro la sfera delgoverno propriamente detto della repubblica romana, di-venne assolutamente impossibile un'autorità vicariale

24

Nello stesso modo le decisioni nei processi civili furonosottratte al magistrato superiore, in quanto che il dirittodel re di trasmettere un singolo processo al giudizio diun luogotenente, venne trasformato nel dovere del con-sole di delegare la decisione della sentenza, dopo cheera stata stabilita la legittimazione delle parti e l'oggettodell'accusa, ad un privato scelto da lui.Nello stesso modo si lasciò bensì ai consoli l'importanteamministrazione del tesoro e dell'archivio dello stato,ma subito, o almeno ben presto, furono loro aggiuntistabili assistenti, ed anzi quegli stessi questori, che do-vevano obbedir loro in questa sfera d'azione, ma senzala cui cooperazione i consoli non potevano assolutamen-te agire.Quando invece non esistevano tali prescrizioni, era ne-cessario che il capo del comune si intromettesse perso-nalmente; così, per esempio, nell'istruzione del proces-so, egli non poteva assolutamente farsi sostituire.Questa doppia restrizione nel diritto consolare esistevaper il governo cittadino, e cioè per l'amministrazionedella giustizia e l'amministrazione della cassa. Come co-mandante supremo il console conservava invece il dirit-to di delegare tutti o alcuni affari a lui sottoposti.Questo diverso modo di trattare l'argomento della sosti-tuzione civile e militare fu causa che, entro la sfera delgoverno propriamente detto della repubblica romana, di-venne assolutamente impossibile un'autorità vicariale

24

Page 25: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

(pro magistratu), e che i veri e propri ufficiali urbaninon poterono farsi sostituire da non impiegati; i sostitutipoi (pro consule, pro praetore, pro quaestore) sonoesclusi da ogni sfera d'azione entro il comune propria-mente detto.Il diritto di nominare il successore poi non lo aveva il re,ma l'interrè. Sotto questo aspetto il console veniva pa-reggiato a quest'ultimo; nel caso però che egli non aves-se esercitato questo diritto, tornava ad esservi, come pri-ma, un interrè, e la necessaria continuità dell'ufficio per-sisteva anche nel regime repubblicano. Con simile vin-colo la nomina dei supremi magistrati ordinari era incerto qual modo materialmente trasferita al comune, senon che, praticamente, vi era però ancora una notevoledifferenza tra quel diritto di proposizione ed il formalediritto di nomina. Il console, che presiedeva all'elezione,non solo esercitava a rigor di termini tale ufficio, ma inforza del suo diritto, pari in sostanza a quello del re, po-teva, ad esempio, escludere qualche candidato e non te-ner conto dei voti che si raccogliessero a suo favore; neiprimi tempi poteva ancora restringere l'elezione ad unalista di candidati da lui stesso composta, e ciò che viaveva di più importante era la circostanza che il comu-ne, malgrado il diritto di proposizione, non aveva asso-lutamente quello di destituire il console, come per ne-cessaria conseguenza l'avrebbe dovuta avere, se esso loavesse effettivamente nominato. Anzi, essendo il suc-cessore anche in quel tempo nominato soltanto dal suo

25

(pro magistratu), e che i veri e propri ufficiali urbaninon poterono farsi sostituire da non impiegati; i sostitutipoi (pro consule, pro praetore, pro quaestore) sonoesclusi da ogni sfera d'azione entro il comune propria-mente detto.Il diritto di nominare il successore poi non lo aveva il re,ma l'interrè. Sotto questo aspetto il console veniva pa-reggiato a quest'ultimo; nel caso però che egli non aves-se esercitato questo diritto, tornava ad esservi, come pri-ma, un interrè, e la necessaria continuità dell'ufficio per-sisteva anche nel regime repubblicano. Con simile vin-colo la nomina dei supremi magistrati ordinari era incerto qual modo materialmente trasferita al comune, senon che, praticamente, vi era però ancora una notevoledifferenza tra quel diritto di proposizione ed il formalediritto di nomina. Il console, che presiedeva all'elezione,non solo esercitava a rigor di termini tale ufficio, ma inforza del suo diritto, pari in sostanza a quello del re, po-teva, ad esempio, escludere qualche candidato e non te-ner conto dei voti che si raccogliessero a suo favore; neiprimi tempi poteva ancora restringere l'elezione ad unalista di candidati da lui stesso composta, e ciò che viaveva di più importante era la circostanza che il comu-ne, malgrado il diritto di proposizione, non aveva asso-lutamente quello di destituire il console, come per ne-cessaria conseguenza l'avrebbe dovuta avere, se esso loavesse effettivamente nominato. Anzi, essendo il suc-cessore anche in quel tempo nominato soltanto dal suo

25

Page 26: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

predecessore e un magistrato effettivo non ripetendogiammai il suo diritto da un magistrato tuttavia in cari-ca, fu mantenuta inviolabilmente in vigore, anche du-rante l'epoca consolare, l'antica ed importante massimadel romano ius pubblico, che il supremo magistrato delcomune fosse assolutamente irremovibile. La nominadei sacerdoti, finalmente, che spettava al re, non fu la-sciata ai consoli, ma si volle che i collegi dei sacerdoti sicompletassero fra loro, e che la nomina delle vergini diVesta e quella dei sacerdoti particolari si facesse dal col-legio dei pontefici, cui fu commesso anche l'eserciziodella giurisdizione quasi padronale del comune sulle ve-stali. Allo scopo di poter compiere questi atti, il collegiosi elesse, probabilmente in quel tempo, un presidente, ilpontefice massimo. Questa separazione del supremo po-tere sacro dal supremo potere civile, mentre l'accennato«Re sagrificatore» non era stato investito nè del poteresacro nè civile del regno, ma n'ebbe solamente il titolo,e la posizione semi-magistrale del nuovo sommo sacer-dote, uscente dal carattere del sacerdozio romano, sonole particolarità più segnalate e di maggior conseguenzadi questa rivoluzione tendente particolarmente alla limi-tazione del potere dei magistrati nell'interesse dell'ari-stocrazia. Che il console sino d'allora, anche nell'appa-renza esteriore, fosse inferiore all'ufficio reale circonda-to di maestà e di terrore, che gli fosse tolto il nome di ree l'ordinazione dei sacerdoti, nonchè levata dai fasci deisuoi littori la scure, già è stato detto; ora aggiungeremo,che il console, invece del mantello reale di porpora, si

26

predecessore e un magistrato effettivo non ripetendogiammai il suo diritto da un magistrato tuttavia in cari-ca, fu mantenuta inviolabilmente in vigore, anche du-rante l'epoca consolare, l'antica ed importante massimadel romano ius pubblico, che il supremo magistrato delcomune fosse assolutamente irremovibile. La nominadei sacerdoti, finalmente, che spettava al re, non fu la-sciata ai consoli, ma si volle che i collegi dei sacerdoti sicompletassero fra loro, e che la nomina delle vergini diVesta e quella dei sacerdoti particolari si facesse dal col-legio dei pontefici, cui fu commesso anche l'eserciziodella giurisdizione quasi padronale del comune sulle ve-stali. Allo scopo di poter compiere questi atti, il collegiosi elesse, probabilmente in quel tempo, un presidente, ilpontefice massimo. Questa separazione del supremo po-tere sacro dal supremo potere civile, mentre l'accennato«Re sagrificatore» non era stato investito nè del poteresacro nè civile del regno, ma n'ebbe solamente il titolo,e la posizione semi-magistrale del nuovo sommo sacer-dote, uscente dal carattere del sacerdozio romano, sonole particolarità più segnalate e di maggior conseguenzadi questa rivoluzione tendente particolarmente alla limi-tazione del potere dei magistrati nell'interesse dell'ari-stocrazia. Che il console sino d'allora, anche nell'appa-renza esteriore, fosse inferiore all'ufficio reale circonda-to di maestà e di terrore, che gli fosse tolto il nome di ree l'ordinazione dei sacerdoti, nonchè levata dai fasci deisuoi littori la scure, già è stato detto; ora aggiungeremo,che il console, invece del mantello reale di porpora, si

26

Page 27: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

distingueva dal comune cittadino soltanto per l'orlo por-porino del suo manto, e che, mentre il re usciva in pub-blico regolarmente in cocchio, il console doveva unifor-marsi all'uso comune e nell'interno della città andare apiedi, a pari di qualunque altro cittadino. Ma queste li-mitazioni della pienezza e dei segni esteriori del potereerano applicati propriamente al solo capo ordinario delcomune.

5. Dittatore.In via straordinaria, invece dei due capi eletti dal comu-ne ne veniva talora nominato uno solo, il signore del po-polo (magister populi) o dittatore (dictator). Il comunenon esercitava alcuna influenza in questa elezione, laquale si faceva unicamente da uno dei consoli tempora-nei e non la poteva impedire nè il collega, nè qualunquealtra autorità. L'appello contro le decisioni del consolevaleva soltanto come in antico l'appello contro le sen-tenze del re: cioè, quando egli spontaneamente l'assenti-va. Appena nominato il dittatore, tutti gli altri uffici per-devano i loro poteri di pieno diritto ed erano intieramen-te a lui soggetti. La durata in carica del dittatore era in-vece limitata alla durata in carica del console che lo ave-va nominato ed aveva comunque il limite massimo disei mesi. Il dittatore era tenuto a nominare un mastrodella cavalleria, e venendo nominato il dittatore partico-larmente quando interne agitazioni o pericoli di guerrarendevano necessaria la chiamata sotto le armi della mi-

27

distingueva dal comune cittadino soltanto per l'orlo por-porino del suo manto, e che, mentre il re usciva in pub-blico regolarmente in cocchio, il console doveva unifor-marsi all'uso comune e nell'interno della città andare apiedi, a pari di qualunque altro cittadino. Ma queste li-mitazioni della pienezza e dei segni esteriori del potereerano applicati propriamente al solo capo ordinario delcomune.

5. Dittatore.In via straordinaria, invece dei due capi eletti dal comu-ne ne veniva talora nominato uno solo, il signore del po-polo (magister populi) o dittatore (dictator). Il comunenon esercitava alcuna influenza in questa elezione, laquale si faceva unicamente da uno dei consoli tempora-nei e non la poteva impedire nè il collega, nè qualunquealtra autorità. L'appello contro le decisioni del consolevaleva soltanto come in antico l'appello contro le sen-tenze del re: cioè, quando egli spontaneamente l'assenti-va. Appena nominato il dittatore, tutti gli altri uffici per-devano i loro poteri di pieno diritto ed erano intieramen-te a lui soggetti. La durata in carica del dittatore era in-vece limitata alla durata in carica del console che lo ave-va nominato ed aveva comunque il limite massimo disei mesi. Il dittatore era tenuto a nominare un mastrodella cavalleria, e venendo nominato il dittatore partico-larmente quando interne agitazioni o pericoli di guerrarendevano necessaria la chiamata sotto le armi della mi-

27

Page 28: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lizia cittadina, si combinava la nomina del mastro dellacavalleria costituzionalmente con quella del dittatore. Ingenerale rimasero adunque i consoli, come lo furono ire, supremi amministratori, giudici e duci; ed anche sot-to i rapporti religiosi non era già il re sagrificatore nomi-nato solo perchè rimanesse il nome regio nel rituale, sib-bene il console, quegli che orava e sagrificava per la re-pubblica, ed in suo nome, coll'assistenza degli auguri,esplorava il volere degli dei. Pel caso di necessità si te-neva inoltre aperta una via attraverso la quale far rivive-re in ogni istante la piena ed illimitata autorità regia,senza interpellare preventivamente il comune, togliendodi mezzo tutte le limitazioni statuite dalla collegialità etutte le altre particolari restrizioni di potere. Così fusciolto in modo originale, veramente romano, con acu-tezza e semplicità, da uomini di stato senza nome, chefurono gli autori di questa rivoluzione, il problema dimantenere la regia autorità di diritto e di limitarla di fat-to.

6. Centurie e curie.Col cambiamento della costituzione il comune acquistòimportantissimi diritti, quello cioè di designare ognianno i capi della repubblica e quello di decidere, in ulti-ma istanza, della vita e della morte del cittadino. Maquesto comune non poteva più essere il consorzio esisti-to fino allora, essendo il patriziato divenuto di fatto unacasta aristocratica. La forza del popolo consisteva nella

28

lizia cittadina, si combinava la nomina del mastro dellacavalleria costituzionalmente con quella del dittatore. Ingenerale rimasero adunque i consoli, come lo furono ire, supremi amministratori, giudici e duci; ed anche sot-to i rapporti religiosi non era già il re sagrificatore nomi-nato solo perchè rimanesse il nome regio nel rituale, sib-bene il console, quegli che orava e sagrificava per la re-pubblica, ed in suo nome, coll'assistenza degli auguri,esplorava il volere degli dei. Pel caso di necessità si te-neva inoltre aperta una via attraverso la quale far rivive-re in ogni istante la piena ed illimitata autorità regia,senza interpellare preventivamente il comune, togliendodi mezzo tutte le limitazioni statuite dalla collegialità etutte le altre particolari restrizioni di potere. Così fusciolto in modo originale, veramente romano, con acu-tezza e semplicità, da uomini di stato senza nome, chefurono gli autori di questa rivoluzione, il problema dimantenere la regia autorità di diritto e di limitarla di fat-to.

6. Centurie e curie.Col cambiamento della costituzione il comune acquistòimportantissimi diritti, quello cioè di designare ognianno i capi della repubblica e quello di decidere, in ulti-ma istanza, della vita e della morte del cittadino. Maquesto comune non poteva più essere il consorzio esisti-to fino allora, essendo il patriziato divenuto di fatto unacasta aristocratica. La forza del popolo consisteva nella

28

Page 29: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

«moltitudine», a cui già appartenevano molti uominiragguardevoli e possenti. Poteva essere tollerabile chequesta moltitudine venisse esclusa dall'assemblea comu-nale sebbene essa concorresse al pagamento delle comu-ni gravezze, fintantochè tale assemblea non ebbe alcunaessenziale ingerenza nell'indirizzo del governo e finchèil regio potere, in grazia appunto dell'alta e libera suasfera d'azione, non si mostrò molto meno formidabile aicittadini che ai domiciliati stabili, e mantenne sostan-zialmente, in tutti gli ordini sociali, l'eguaglianza in fac-cia alla legge. Ma questo stato di cose non poteva più alungo durare dacchè il comune stesso cominciò ad occu-parsi delle elezioni regolari e a pronunciare delle risolu-zioni, e allorchè il supremo magistrato, da signore delcomune, scese ad essere il suo commissario tempora-neo; e molto meno poi poteva durare dopo una rivolu-zione che mutava la forma dello stato, e che non avreb-be potuto compiersi se non coll'accordo e col consensodei patrizi e dei domiciliati stabili. Si faceva sempre piùpotentemente sentire la necessità di un'ampliazione diquesto comune, che seguì nel più ampio modo, mentrefurono assunti nelle curie, e quindi parificati agli antichicittadini, tutti i plebei, vale a dire tutti i non-cittadini chenon erano nè schiavi nè cittadini di comuni stranieri chegodessero il diritto d'ospitalità. A questa assemblea cu-riale, che fino allora era stata di fatto e di diritto la pri-ma autorità dello stato, furono poi contemporaneamentetolte tutte le prerogative accordatele dalla costituzione;soltanto negli atti di pura formalità o di diritto privato,

29

«moltitudine», a cui già appartenevano molti uominiragguardevoli e possenti. Poteva essere tollerabile chequesta moltitudine venisse esclusa dall'assemblea comu-nale sebbene essa concorresse al pagamento delle comu-ni gravezze, fintantochè tale assemblea non ebbe alcunaessenziale ingerenza nell'indirizzo del governo e finchèil regio potere, in grazia appunto dell'alta e libera suasfera d'azione, non si mostrò molto meno formidabile aicittadini che ai domiciliati stabili, e mantenne sostan-zialmente, in tutti gli ordini sociali, l'eguaglianza in fac-cia alla legge. Ma questo stato di cose non poteva più alungo durare dacchè il comune stesso cominciò ad occu-parsi delle elezioni regolari e a pronunciare delle risolu-zioni, e allorchè il supremo magistrato, da signore delcomune, scese ad essere il suo commissario tempora-neo; e molto meno poi poteva durare dopo una rivolu-zione che mutava la forma dello stato, e che non avreb-be potuto compiersi se non coll'accordo e col consensodei patrizi e dei domiciliati stabili. Si faceva sempre piùpotentemente sentire la necessità di un'ampliazione diquesto comune, che seguì nel più ampio modo, mentrefurono assunti nelle curie, e quindi parificati agli antichicittadini, tutti i plebei, vale a dire tutti i non-cittadini chenon erano nè schiavi nè cittadini di comuni stranieri chegodessero il diritto d'ospitalità. A questa assemblea cu-riale, che fino allora era stata di fatto e di diritto la pri-ma autorità dello stato, furono poi contemporaneamentetolte tutte le prerogative accordatele dalla costituzione;soltanto negli atti di pura formalità o di diritto privato,

29

Page 30: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

riguardanti singoli individui, quindi trattandosi dellapromessa di fedeltà da farsi al console od al dittatoredopo la loro entrata in carica, appunto come si faceva alre, e della dispensa legale necessaria per l'arrogazione epel testamento, l'assemblea delle curie doveva conserva-re la competenza finora posseduta, ma in avvenire nonavrebbe avuta la facoltà di eseguire alcun atto politicopropriamente detto. L'ordinamento delle curie venne inqualche modo sradicato in quanto che esso si fondavasull'ordinamento gentilizio, e questo non si trovava chenell'antica borghesia. Accettando i plebei nelle curie, sipermise loro naturalmente di diritto, ciò che avevano giàprima posseduto di fatto, cioè di costituirsi in famiglie estirpi, ma la tradizione stabilisce, ed è del resto assai fa-cile a comprendersi, che solo una parte dei plebei pro-gredì fino alla costituzione gentilizia, e che quindi lanuova assemblea delle curie, in contraddizione colla suanatura originaria, contava numerosi membri che non ap-partenevano ad alcuna stirpe.Tutti i diritti politici, tanto la decisione sull'appello invia di grazia nella procedura criminale, ciò che in so-stanza era un processo politico, quanto l'elezione deimagistrati e l'adozione o la reiezione delle leggi, furonodemandati all'adunanza dei chiamati alle armi o le furo-no attribuiti come nuovo acquisto, così che colla parte-cipazione agli oneri comuni le centurie acquistarono an-che i diritti comuni. Le scarse concessioni della costitu-zione serviana, tra le quali era principalissima il diritto

30

riguardanti singoli individui, quindi trattandosi dellapromessa di fedeltà da farsi al console od al dittatoredopo la loro entrata in carica, appunto come si faceva alre, e della dispensa legale necessaria per l'arrogazione epel testamento, l'assemblea delle curie doveva conserva-re la competenza finora posseduta, ma in avvenire nonavrebbe avuta la facoltà di eseguire alcun atto politicopropriamente detto. L'ordinamento delle curie venne inqualche modo sradicato in quanto che esso si fondavasull'ordinamento gentilizio, e questo non si trovava chenell'antica borghesia. Accettando i plebei nelle curie, sipermise loro naturalmente di diritto, ciò che avevano giàprima posseduto di fatto, cioè di costituirsi in famiglie estirpi, ma la tradizione stabilisce, ed è del resto assai fa-cile a comprendersi, che solo una parte dei plebei pro-gredì fino alla costituzione gentilizia, e che quindi lanuova assemblea delle curie, in contraddizione colla suanatura originaria, contava numerosi membri che non ap-partenevano ad alcuna stirpe.Tutti i diritti politici, tanto la decisione sull'appello invia di grazia nella procedura criminale, ciò che in so-stanza era un processo politico, quanto l'elezione deimagistrati e l'adozione o la reiezione delle leggi, furonodemandati all'adunanza dei chiamati alle armi o le furo-no attribuiti come nuovo acquisto, così che colla parte-cipazione agli oneri comuni le centurie acquistarono an-che i diritti comuni. Le scarse concessioni della costitu-zione serviana, tra le quali era principalissima il diritto

30

Page 31: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

consentito all'esercito di dare il suo voto adesivo nelcaso d'una guerra offensiva, ottennero a questo modo unsì ampio svolgimento, che le curie furono per sempre edintieramente eclissate dall'assemblea delle centurie e cheprevalse la consuetudine di considerare quell'assembleacome la maestà del popolo sovrano. Anche inquest'assemblea non v'erano discussioni se non nel casoche il magistrato o parlasse egli stesso spontaneamenteo invitasse altri a parlare; ben inteso che nelle caused'appello si dovevano sentire ambedue le parti, ma lamaggioranza pura e semplice delle centurie decideva.Poichè nell'assemblea delle curie tutti coloro che aveva-no diritto al voto erano uguali, cosicchè l'accettazionedei plebei nelle curie avrebbe dovuto condurre alla de-mocrazia, si comprende dunque che le votazioni politi-che furono sottratte alle curie; l'assemblea delle centurienon metteva la preponderanza nelle mani dei nobili; mala metteva in quelle dei facoltosi, e il diritto di prevota-zione, che spesso decideva definitivamente, era nellemani dei cavalieri, cioè dei ricchi, ma mantenne anchele sue prerogative essenziali, cioè il diritto di nominarel'interrè, e quello di sancire o di respingere le delibera-zioni del comune.

7. Il senato.Queste attribuzioni vennero anzi aumentate con la rifor-ma della costituzione, poichè, d'allora in poi, anche lanomina degli uffici comunali, e quella della elezione co-

31

consentito all'esercito di dare il suo voto adesivo nelcaso d'una guerra offensiva, ottennero a questo modo unsì ampio svolgimento, che le curie furono per sempre edintieramente eclissate dall'assemblea delle centurie e cheprevalse la consuetudine di considerare quell'assembleacome la maestà del popolo sovrano. Anche inquest'assemblea non v'erano discussioni se non nel casoche il magistrato o parlasse egli stesso spontaneamenteo invitasse altri a parlare; ben inteso che nelle caused'appello si dovevano sentire ambedue le parti, ma lamaggioranza pura e semplice delle centurie decideva.Poichè nell'assemblea delle curie tutti coloro che aveva-no diritto al voto erano uguali, cosicchè l'accettazionedei plebei nelle curie avrebbe dovuto condurre alla de-mocrazia, si comprende dunque che le votazioni politi-che furono sottratte alle curie; l'assemblea delle centurienon metteva la preponderanza nelle mani dei nobili; mala metteva in quelle dei facoltosi, e il diritto di prevota-zione, che spesso decideva definitivamente, era nellemani dei cavalieri, cioè dei ricchi, ma mantenne anchele sue prerogative essenziali, cioè il diritto di nominarel'interrè, e quello di sancire o di respingere le delibera-zioni del comune.

7. Il senato.Queste attribuzioni vennero anzi aumentate con la rifor-ma della costituzione, poichè, d'allora in poi, anche lanomina degli uffici comunali, e quella della elezione co-

31

Page 32: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

munale, erano sottoposte all'approvazione del senato;solo in casi di appello non si ricorse mai, a quel che sap-piamo, alla sua sanzione, poichè siccome si trattava del-la grazia al colpevole, quando questa veniva concessadall'assemblea del popolo sovrano, non si poteva parlaredi un probabile annullamento di quest'atto.Però, se con l'abolizione dell'autorità reale, i diritti costi-tuzionali del senato patrizio furono piuttosto aumentatiche diminuiti, pure ebbe luogo un ampliamento del se-nato, in coincidenza con l'abolizione della monarchia.Per questa ampliamento anche i plebei furono accoltinel senato, ed accadde conseguentemente una completariforma di questa assemblea.Da antichissimi tempi il senato non fungeva mai solo edesclusivamente, ma in forma di consiglio di stato; e seprobabilmente già al tempo dei re non era consideratocome anti-costituzionale il fatto che in certi casi anche inon-senatori partecipassero all'assemblea, si stabilì infi-ne che al senato patrizio (patres), si aggiungesse un nu-mero di inscritti non-patrizi (conscripti).Naturalmente questo non era un pareggiamento: i plebeinel senato non diventavano senatori, nè membri dellacavalleria, non si chiamavano padri, ma erano soltantocoscritti, e non avevano alcun diritto alla sciarpa rossa,distintivo della dignità senatoria. Inoltre essi rimaseronon solo incondizionatamente esclusi dall'eserciziodell'autorità competente al senato, ma dovevano anche,

32

munale, erano sottoposte all'approvazione del senato;solo in casi di appello non si ricorse mai, a quel che sap-piamo, alla sua sanzione, poichè siccome si trattava del-la grazia al colpevole, quando questa veniva concessadall'assemblea del popolo sovrano, non si poteva parlaredi un probabile annullamento di quest'atto.Però, se con l'abolizione dell'autorità reale, i diritti costi-tuzionali del senato patrizio furono piuttosto aumentatiche diminuiti, pure ebbe luogo un ampliamento del se-nato, in coincidenza con l'abolizione della monarchia.Per questa ampliamento anche i plebei furono accoltinel senato, ed accadde conseguentemente una completariforma di questa assemblea.Da antichissimi tempi il senato non fungeva mai solo edesclusivamente, ma in forma di consiglio di stato; e seprobabilmente già al tempo dei re non era consideratocome anti-costituzionale il fatto che in certi casi anche inon-senatori partecipassero all'assemblea, si stabilì infi-ne che al senato patrizio (patres), si aggiungesse un nu-mero di inscritti non-patrizi (conscripti).Naturalmente questo non era un pareggiamento: i plebeinel senato non diventavano senatori, nè membri dellacavalleria, non si chiamavano padri, ma erano soltantocoscritti, e non avevano alcun diritto alla sciarpa rossa,distintivo della dignità senatoria. Inoltre essi rimaseronon solo incondizionatamente esclusi dall'eserciziodell'autorità competente al senato, ma dovevano anche,

32

Page 33: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

quando si trattava solo di un consiglio (consilium),ascoltare tacendo l'interpellanza rivolta ai patrizi, e sol-tanto far conoscere la loro opinione allontanandosi, ciòche la superba nobiltà chiamava «votare coi piedi» (pe-dibus in sententiam ire, pedari).Tuttavia i plebei non solo trovavano, mediante la nuovacostituzione, la loro via nel mercato, ma anche nellacasa comunale, e con ciò il primo e più difficile passoper l'eguaglianza di diritto era fatto.Del resto gli ordinamenti che riguardavano il senato nonmutarono molto. Tra i membri patrizi ebbe luogo prestouna distinzione di grado, così che quelli che erano indi-cati per il supremo ufficio comunale, o che l'avevano giàcoperto una volta, avevano la precedenza nella lista, evenivano interpellati durante la votazione. E ben prestola posizione del primo di essi, il presidente del consiglio(princeps senatus), divenne un posto onorifico molto in-vidiato.Invece il console fungente era considerato, come mem-bro del senato, tanto poco quanto il re, e il suo voto noncontava.Le elezioni nel consiglio, tanto nel più ristretto limitepatrizio, come fra i coscritti, avevano luogo per mezzodei consoli, come già prima per mezzo dei re; solo che,se forse il re nella rappresentanza delle singole stirpi nelconsiglio aveva pure avuto qualche riguardo rispetto aiplebei, presso i quali l'ordinamento delle stirpi era svi-

33

quando si trattava solo di un consiglio (consilium),ascoltare tacendo l'interpellanza rivolta ai patrizi, e sol-tanto far conoscere la loro opinione allontanandosi, ciòche la superba nobiltà chiamava «votare coi piedi» (pe-dibus in sententiam ire, pedari).Tuttavia i plebei non solo trovavano, mediante la nuovacostituzione, la loro via nel mercato, ma anche nellacasa comunale, e con ciò il primo e più difficile passoper l'eguaglianza di diritto era fatto.Del resto gli ordinamenti che riguardavano il senato nonmutarono molto. Tra i membri patrizi ebbe luogo prestouna distinzione di grado, così che quelli che erano indi-cati per il supremo ufficio comunale, o che l'avevano giàcoperto una volta, avevano la precedenza nella lista, evenivano interpellati durante la votazione. E ben prestola posizione del primo di essi, il presidente del consiglio(princeps senatus), divenne un posto onorifico molto in-vidiato.Invece il console fungente era considerato, come mem-bro del senato, tanto poco quanto il re, e il suo voto noncontava.Le elezioni nel consiglio, tanto nel più ristretto limitepatrizio, come fra i coscritti, avevano luogo per mezzodei consoli, come già prima per mezzo dei re; solo che,se forse il re nella rappresentanza delle singole stirpi nelconsiglio aveva pure avuto qualche riguardo rispetto aiplebei, presso i quali l'ordinamento delle stirpi era svi-

33

Page 34: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

luppato solo imperfettamente, più tardi questa conside-razione mancò del tutto, e così andò sempre più dimi-nuendo il rapporto del senato con l'ordinamento dellestirpi.Nulla si sa di una possibile limitazione dei consoli eleg-gibili, nel senso che essi non avrebbero dovuto accoglie-re nel senato un determinato numero di plebei, nè eranecessario tale ordinamento, poichè i consoli stessi ap-partenevano alla nobiltà. Invece dalla sua origine, pro-babilmente, il console, conformemente alla sua posizio-ne, è assai meno libero e più legato dalle condizioni diclasse e dall'osservanza per ciò che riguarda i senatori,che non il re. Specialmente la regola che l'investitura delconsolato porti con sè necessariamente l'entrata a vitanel senato, se, ciò che pure accadeva ancora in quel tem-po, il console non era ancora membro di esso al momen-to della sua elezione, si deve essere già stabilita per di-ritto di consuetudine.Così pure sembra sia sorto presto l'uso di non occupare,appena avvenuta la vacanza, i posti di senatori, manell'occasione del censimento, quindi dopo quattr'anni,di rivedere e di completare la lista del senato; nella qualcosa era contenuta anche una abbastanza importante li-mitazione delle autorità che si occupavano dell'elezione.Il complessivo numero dei senatori rimase quello cheera, e nel numero vi furono compresi i coscritti; dal qualfatto si può dedurre anche il restringersi numerico del

34

luppato solo imperfettamente, più tardi questa conside-razione mancò del tutto, e così andò sempre più dimi-nuendo il rapporto del senato con l'ordinamento dellestirpi.Nulla si sa di una possibile limitazione dei consoli eleg-gibili, nel senso che essi non avrebbero dovuto accoglie-re nel senato un determinato numero di plebei, nè eranecessario tale ordinamento, poichè i consoli stessi ap-partenevano alla nobiltà. Invece dalla sua origine, pro-babilmente, il console, conformemente alla sua posizio-ne, è assai meno libero e più legato dalle condizioni diclasse e dall'osservanza per ciò che riguarda i senatori,che non il re. Specialmente la regola che l'investitura delconsolato porti con sè necessariamente l'entrata a vitanel senato, se, ciò che pure accadeva ancora in quel tem-po, il console non era ancora membro di esso al momen-to della sua elezione, si deve essere già stabilita per di-ritto di consuetudine.Così pure sembra sia sorto presto l'uso di non occupare,appena avvenuta la vacanza, i posti di senatori, manell'occasione del censimento, quindi dopo quattr'anni,di rivedere e di completare la lista del senato; nella qualcosa era contenuta anche una abbastanza importante li-mitazione delle autorità che si occupavano dell'elezione.Il complessivo numero dei senatori rimase quello cheera, e nel numero vi furono compresi i coscritti; dal qualfatto si può dedurre anche il restringersi numerico del

34

Page 35: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

patriziato nell'assemblea(4).L'immediata riforma della costituzione, a quanto pare,non andò più in là. E specialmente nella posizione delsenato non venne introdotto alcun legale mutamento;esso rimase esclusivamente patrizio.Nel comune romano rimase per quanto fu possibile, an-che dopo il cambiamento della monarchia in repubblica,ogni cosa sul piede antico; la rivoluzione romana è stata,quanto lo può essere una rivoluzione, conservativa, enon rimosse nè capovolse alcuno degli elementi costitu-tivi del comune. Questo fu significativo pel carattere ditutto il movimento. La cacciata dei Tarquini non puòdirsi l'opera d'un popolo spinto da passione ed ebbrod'entusiasmo di libertà, come parrebbe leggendo le de-clamatorie e falsate narrazioni che ne abbiamo, ma fuinvece la conseguenza del concorso di due grandi partitipolitici, già in lotta fra loro, e chiaramente presaghi didover continuare in quel conflitto, dei partiti, cioè, dellavecchia cittadinanza e dei domiciliati. Questi due partiti,mossi, come i Tories ed i Whigs in Inghilterra nel 1688,dal comune pericolo di aver trasformata la repubblicanel dispotismo d'una sovranità individuale, si unironomomentaneamente e subito dopo tornarono a separarsi. Ivecchi cittadini sentivano di non poter liberarsi dallamonarchia senza il concorso dei neo-cittadini, e questi4 Non si può considerare come fatto storico che i primi consoli accettassero

centosessantaquattro plebei nel senato, esso è piuttosto una testimonianzache gli ulteriori annalisti romani non furono capaci di indicare oltre a cen-totrentasei stirpi nobili (MOMMSEN, Ricerche romane, I, pag. 121).

35

patriziato nell'assemblea(4).L'immediata riforma della costituzione, a quanto pare,non andò più in là. E specialmente nella posizione delsenato non venne introdotto alcun legale mutamento;esso rimase esclusivamente patrizio.Nel comune romano rimase per quanto fu possibile, an-che dopo il cambiamento della monarchia in repubblica,ogni cosa sul piede antico; la rivoluzione romana è stata,quanto lo può essere una rivoluzione, conservativa, enon rimosse nè capovolse alcuno degli elementi costitu-tivi del comune. Questo fu significativo pel carattere ditutto il movimento. La cacciata dei Tarquini non puòdirsi l'opera d'un popolo spinto da passione ed ebbrod'entusiasmo di libertà, come parrebbe leggendo le de-clamatorie e falsate narrazioni che ne abbiamo, ma fuinvece la conseguenza del concorso di due grandi partitipolitici, già in lotta fra loro, e chiaramente presaghi didover continuare in quel conflitto, dei partiti, cioè, dellavecchia cittadinanza e dei domiciliati. Questi due partiti,mossi, come i Tories ed i Whigs in Inghilterra nel 1688,dal comune pericolo di aver trasformata la repubblicanel dispotismo d'una sovranità individuale, si unironomomentaneamente e subito dopo tornarono a separarsi. Ivecchi cittadini sentivano di non poter liberarsi dallamonarchia senza il concorso dei neo-cittadini, e questi4 Non si può considerare come fatto storico che i primi consoli accettassero

centosessantaquattro plebei nel senato, esso è piuttosto una testimonianzache gli ulteriori annalisti romani non furono capaci di indicare oltre a cen-totrentasei stirpi nobili (MOMMSEN, Ricerche romane, I, pag. 121).

35

Page 36: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sapevano di non essere allora in grado di strappare ad untratto il timone della cosa pubblica dalle mani della vec-chia cittadinanza. Tali transazioni tra partiti opposti si li-mitano per necessità a minime concessioni reciprocheottenute a forza di laboriose contrattazioni, e lascianopoi che il tempo decida in qual modo tornino ad equili-brarsi gli elementi costitutivi e come questi vengano aconnettersi o ad osteggiarsi. Perciò si corre rischio dinon riconoscere l'importanza della prima rivoluzione ro-mana se non si vuol vedere in essa che le immediate in-novazioni o, per esempio, solo il cambiamento della du-rata dell'ufficio del supremo magistrato; anche in questocaso le successive e immediate conseguenze furono sen-za confronto la cosa principale e di ben maggiore im-portanza di quel che gli stessi suoi autori immaginasse-ro.

8. Il nuovo comune.Fu questo il tempo in cui, per dirla brevemente, nacquela cittadinanza romana nel più lato senso della parola.Fin qui i plebei erano stati dei semplici domiciliati inRoma, che concorrevano bensì nel pagamento delle gra-vezze e nel sostenere gli altri pesi dello stato, ma che di-nanzi alla legge non erano considerati che come fore-stieri tollerati, non giudicandosi necessario di introdurreuna formale differenza tra essi e gli stranieri effettivi.Ora essi furono iscritti nei registri delle curie, e, sebbene

36

sapevano di non essere allora in grado di strappare ad untratto il timone della cosa pubblica dalle mani della vec-chia cittadinanza. Tali transazioni tra partiti opposti si li-mitano per necessità a minime concessioni reciprocheottenute a forza di laboriose contrattazioni, e lascianopoi che il tempo decida in qual modo tornino ad equili-brarsi gli elementi costitutivi e come questi vengano aconnettersi o ad osteggiarsi. Perciò si corre rischio dinon riconoscere l'importanza della prima rivoluzione ro-mana se non si vuol vedere in essa che le immediate in-novazioni o, per esempio, solo il cambiamento della du-rata dell'ufficio del supremo magistrato; anche in questocaso le successive e immediate conseguenze furono sen-za confronto la cosa principale e di ben maggiore im-portanza di quel che gli stessi suoi autori immaginasse-ro.

8. Il nuovo comune.Fu questo il tempo in cui, per dirla brevemente, nacquela cittadinanza romana nel più lato senso della parola.Fin qui i plebei erano stati dei semplici domiciliati inRoma, che concorrevano bensì nel pagamento delle gra-vezze e nel sostenere gli altri pesi dello stato, ma che di-nanzi alla legge non erano considerati che come fore-stieri tollerati, non giudicandosi necessario di introdurreuna formale differenza tra essi e gli stranieri effettivi.Ora essi furono iscritti nei registri delle curie, e, sebbene

36

Page 37: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

fossero ancor lungi dall'eguaglianza politica ed i vecchicittadini fossero ancor sempre i soli eleggibili alle cari-che civiche e alle dignità sacerdotali, e ad essi esclusiva-mente fossero riservati gli usufrutti civici, per esempioquello del pascolo comunale, il primo passo e il più ar-duo per ottenere la completa eguaglianza era fatto dac-chè i plebei non solo servivano nelle milizie comunali,ma avevano anche voto nei comizi e nel senato, e dac-chè la testa e le spalle anche dell'infimo domiciliato,erano garantite mercè il diritto d'appello, come quelledel più illustre patrizio.Conseguenza di questa effettiva fusione fra patrizi e ple-bei nella nuova comune cittadinanza romana fu la tra-sformazione delle antiche casate cittadine in una nobiltàdi nascita, cui fin da principio fu dato un carattere d'ari-stocrazia esclusiva e assurdamente privilegiatacoll'esclusione dei plebei da tutti gli uffici comunali e datutte le dignità sacerdotali del comune, mentre però siaccordava loro l'accesso agli uffici della milizia e dei se-natori, e colla legale impossibilità, mantenuta con unastrana pertinacia, di contrarre matrimoni tra antichi cit-tadini e plebei.Un'altra conseguenza della nuova fusione cittadina deveesser stata un più chiaro ordinamento del diritto di do-micilio in Roma tanto rispetto ai federati latini, quantorispetto ad altri stati.Non tanto pel diritto di votazione nelle centurie, riserva-

37

fossero ancor lungi dall'eguaglianza politica ed i vecchicittadini fossero ancor sempre i soli eleggibili alle cari-che civiche e alle dignità sacerdotali, e ad essi esclusiva-mente fossero riservati gli usufrutti civici, per esempioquello del pascolo comunale, il primo passo e il più ar-duo per ottenere la completa eguaglianza era fatto dac-chè i plebei non solo servivano nelle milizie comunali,ma avevano anche voto nei comizi e nel senato, e dac-chè la testa e le spalle anche dell'infimo domiciliato,erano garantite mercè il diritto d'appello, come quelledel più illustre patrizio.Conseguenza di questa effettiva fusione fra patrizi e ple-bei nella nuova comune cittadinanza romana fu la tra-sformazione delle antiche casate cittadine in una nobiltàdi nascita, cui fin da principio fu dato un carattere d'ari-stocrazia esclusiva e assurdamente privilegiatacoll'esclusione dei plebei da tutti gli uffici comunali e datutte le dignità sacerdotali del comune, mentre però siaccordava loro l'accesso agli uffici della milizia e dei se-natori, e colla legale impossibilità, mantenuta con unastrana pertinacia, di contrarre matrimoni tra antichi cit-tadini e plebei.Un'altra conseguenza della nuova fusione cittadina deveesser stata un più chiaro ordinamento del diritto di do-micilio in Roma tanto rispetto ai federati latini, quantorispetto ad altri stati.Non tanto pel diritto di votazione nelle centurie, riserva-

37

Page 38: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

to agli abitanti, quanto pel diritto dell'appello che dove-va bensì essere accordato ai plebei, ma che non dovevaessere esteso ai viaggiatori ed agli stranieri, si riconobbela necessità di ridurre a più precisa formula le condizio-ni per l'acquisto del diritto plebeo e di determinare cosìnuovamente i caratteri dell'aumentata cittadinanza inconfronto di quelli, che d'allora in poi ne dovevano ri-manere esclusi.Così a quest'epoca si riporta, nel senso e nello spirito delpopolo, tanto l'odioso contrapposto di patrizi e plebei,come pure l'assoluta e superba separazione tra i civesromani e gli stranieri. Ma l'antitesi tra le due classi citta-dine era di sua natura transitoria: duratura e profonda in-vece era l'antitesi politica; ed il sentimento dell'unitàdello stato e dell'incipiente sua grandezza fu in tal modoradicato nel cuore della nazione, e crebbe tanto gagliar-do e prevalente, da poter a mano a mano affievolire ladivergenza delle classi e poscia travolgerla seco e can-cellarla.

9. Leggi e decreti.Questo fu altresì il tempo in cui si separarono le due for-me del potere, la legge e il decreto. Quest'antitesi, a dirvero, è fondata sull'intimo ed originario carattere dellostato romano, perchè presso i Romani anche la podestàregale era soggetta e non superiore alla legge. Ma laprofonda e pratica venerazione che i Romani, come tuttii popoli forniti di senso politico, professavano al princi-

38

to agli abitanti, quanto pel diritto dell'appello che dove-va bensì essere accordato ai plebei, ma che non dovevaessere esteso ai viaggiatori ed agli stranieri, si riconobbela necessità di ridurre a più precisa formula le condizio-ni per l'acquisto del diritto plebeo e di determinare cosìnuovamente i caratteri dell'aumentata cittadinanza inconfronto di quelli, che d'allora in poi ne dovevano ri-manere esclusi.Così a quest'epoca si riporta, nel senso e nello spirito delpopolo, tanto l'odioso contrapposto di patrizi e plebei,come pure l'assoluta e superba separazione tra i civesromani e gli stranieri. Ma l'antitesi tra le due classi citta-dine era di sua natura transitoria: duratura e profonda in-vece era l'antitesi politica; ed il sentimento dell'unitàdello stato e dell'incipiente sua grandezza fu in tal modoradicato nel cuore della nazione, e crebbe tanto gagliar-do e prevalente, da poter a mano a mano affievolire ladivergenza delle classi e poscia travolgerla seco e can-cellarla.

9. Leggi e decreti.Questo fu altresì il tempo in cui si separarono le due for-me del potere, la legge e il decreto. Quest'antitesi, a dirvero, è fondata sull'intimo ed originario carattere dellostato romano, perchè presso i Romani anche la podestàregale era soggetta e non superiore alla legge. Ma laprofonda e pratica venerazione che i Romani, come tuttii popoli forniti di senso politico, professavano al princi-

38

Page 39: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pio dell'autorità, generò quella memoranda tesi del dirit-to romano pubblico e privato, che qualsiasi comando delmagistrato, ancorchè non fondato sulla legge, dovesseesser valido, almeno finchè il magistrato durava in eser-cizio della sua carica, quantunque dovesse cessared'aver vigore quando l'autore di esso fosse uscito d'uffi-cio.È chiaro che sino a che i magistrati furono eletti a vita ladifferenza fra la legge e il decreto dovesse effettivamen-te essere quasi nulla, e però l'attività legislativadell'assemblea comunale non potesse trovare alcunosvolgimento. Viceversa essa ebbe continue occasioni disvolgersi, dacchè le signorie si rinnovavano e si mutava-no ogni anno; e non rimase senza pratica importanza ilprincipio che, se una signoria nella decisione di una cau-sa trascorreva a qualche legale nullità, la signoria suc-cessiva poteva ordinare che si ripigliasse una nuovaistruzione della causa.

10. Potere civile e militare.È finalmente in questi tempi che la potestà civile comin-ciò a distinguersi dall'autorità militare. Nella prima im-pera la legge, nell'altra domina la scure; nell'una aveva-no vigore le limitazioni statali dell'appello e della rego-lare distribuzione o delegazione dei poteri, nell'altra uncomandante aveva libero ed assoluto imperio come pri-ma il re(5).5 Non sarà superfluo osservare che anche l'iudicium legitimum come il

39

pio dell'autorità, generò quella memoranda tesi del dirit-to romano pubblico e privato, che qualsiasi comando delmagistrato, ancorchè non fondato sulla legge, dovesseesser valido, almeno finchè il magistrato durava in eser-cizio della sua carica, quantunque dovesse cessared'aver vigore quando l'autore di esso fosse uscito d'uffi-cio.È chiaro che sino a che i magistrati furono eletti a vita ladifferenza fra la legge e il decreto dovesse effettivamen-te essere quasi nulla, e però l'attività legislativadell'assemblea comunale non potesse trovare alcunosvolgimento. Viceversa essa ebbe continue occasioni disvolgersi, dacchè le signorie si rinnovavano e si mutava-no ogni anno; e non rimase senza pratica importanza ilprincipio che, se una signoria nella decisione di una cau-sa trascorreva a qualche legale nullità, la signoria suc-cessiva poteva ordinare che si ripigliasse una nuovaistruzione della causa.

10. Potere civile e militare.È finalmente in questi tempi che la potestà civile comin-ciò a distinguersi dall'autorità militare. Nella prima im-pera la legge, nell'altra domina la scure; nell'una aveva-no vigore le limitazioni statali dell'appello e della rego-lare distribuzione o delegazione dei poteri, nell'altra uncomandante aveva libero ed assoluto imperio come pri-ma il re(5).5 Non sarà superfluo osservare che anche l'iudicium legitimum come il

39

Page 40: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Fu stabilito che tanto il comandante quanto l'esercitonon dovessero, per massima, porre giammai, come tali,il piede nella città propriamente detta. Non era espressa-mente proibito, ma era nello spirito della costituzione,che leggi organiche e durature non si potessero emanareche sotto il reggimento ordinario del potere civile; avve-niva certo che un console, posto in non cale questo prin-cipio, radunasse i suoi soldati nel campo a comizi citta-dini e le determinazioni che vi si prendevano, non eranoa dir vero giuridicamente nulle, ma l'opinione riprovavaquesta pratica, che tosto rimaneva senza effetto come sefosse stata effettivamente vietata. L'antitesi fra i Quiritie i soldati si andava sempre più radicando negli animidei cittadini.

11. Governo dei patrizi.Ma affinchè questi corollari della nuova forma repubbli-cana potessero maturare, richiedevasi l'opera del tempo.Per quanto vivamente i posteri li abbiano descritti è pos-sibile che a coloro che videro compiersi la rivoluzione,questa apparisse sotto altro aspetto.I neo-cittadini acquistarono, è vero, il diritto di cittadi-nanza e la nuova borghesia ottenne estesi diritti nei co-mizi, ma il diritto del veto del senato, che quasi comeun'alta camera stava compatto di fronte ai comizi, to-

quod imperium continetur è basato sull'imperium del pubblico ufficiale eche la differenza consiste soltanto in ciò che in quello l'imperium è limitatoalla lex e in questo è libero.

40

Fu stabilito che tanto il comandante quanto l'esercitonon dovessero, per massima, porre giammai, come tali,il piede nella città propriamente detta. Non era espressa-mente proibito, ma era nello spirito della costituzione,che leggi organiche e durature non si potessero emanareche sotto il reggimento ordinario del potere civile; avve-niva certo che un console, posto in non cale questo prin-cipio, radunasse i suoi soldati nel campo a comizi citta-dini e le determinazioni che vi si prendevano, non eranoa dir vero giuridicamente nulle, ma l'opinione riprovavaquesta pratica, che tosto rimaneva senza effetto come sefosse stata effettivamente vietata. L'antitesi fra i Quiritie i soldati si andava sempre più radicando negli animidei cittadini.

11. Governo dei patrizi.Ma affinchè questi corollari della nuova forma repubbli-cana potessero maturare, richiedevasi l'opera del tempo.Per quanto vivamente i posteri li abbiano descritti è pos-sibile che a coloro che videro compiersi la rivoluzione,questa apparisse sotto altro aspetto.I neo-cittadini acquistarono, è vero, il diritto di cittadi-nanza e la nuova borghesia ottenne estesi diritti nei co-mizi, ma il diritto del veto del senato, che quasi comeun'alta camera stava compatto di fronte ai comizi, to-

quod imperium continetur è basato sull'imperium del pubblico ufficiale eche la differenza consiste soltanto in ciò che in quello l'imperium è limitatoalla lex e in questo è libero.

40

Page 41: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

glieva loro ogni libertà d'azione e, non potendo fare as-soluta opposizione alle deliberazioni loro, li stancavacon rinvii e lungaggini.La nobiltà se non aveva molto perduto ad amministrareda sola lo stato, si avvantaggiò decisamente sotto altrirapporti. Il re usciva bensì dalla classe dei patrizi comeil console, ma se la sua posizione eccezionale lo innal-zava al di sopra dei patrizi e dei plebei, e s'egli potevafacilmente trovarsi nel caso d'inclinare verso la plebe edi far assegnamento sulla moltitudine per umiliare la no-biltà, il console all'opposto, non entrando nella signoriache per breve tempo e non essendo così prima, comedopo aver avuta la magistratura, nulla più che un nobile,il quale oggi comandava al patrizio, a cui domani avreb-be dovuto obbedire, non poteva trovarsi al di sopra dellasfera, in cui d'ordinario si trovava, e in lui il nobile do-veva prevalere assai più del magistrato.E se anche talvolta, per caso, qualche patrizio avversoalla prevalenza dell'aristocrazia perveniva alla primamagistratura, il suo potere era sempre controbilanciatodai sacerdoti penetrati dall'aspro spirito aristocratico edal potere del suo collega, e all'uopo agevolmente so-speso col chiamare la dittatura; ad ogni modo gli man-cava quel che più importa, cioè il primo elemento delpotere politico: il tempo.Il capo d'una repubblica, qualunque sia il potere che glivenga largito, non riuscirà ad afferrare la somma delle

41

glieva loro ogni libertà d'azione e, non potendo fare as-soluta opposizione alle deliberazioni loro, li stancavacon rinvii e lungaggini.La nobiltà se non aveva molto perduto ad amministrareda sola lo stato, si avvantaggiò decisamente sotto altrirapporti. Il re usciva bensì dalla classe dei patrizi comeil console, ma se la sua posizione eccezionale lo innal-zava al di sopra dei patrizi e dei plebei, e s'egli potevafacilmente trovarsi nel caso d'inclinare verso la plebe edi far assegnamento sulla moltitudine per umiliare la no-biltà, il console all'opposto, non entrando nella signoriache per breve tempo e non essendo così prima, comedopo aver avuta la magistratura, nulla più che un nobile,il quale oggi comandava al patrizio, a cui domani avreb-be dovuto obbedire, non poteva trovarsi al di sopra dellasfera, in cui d'ordinario si trovava, e in lui il nobile do-veva prevalere assai più del magistrato.E se anche talvolta, per caso, qualche patrizio avversoalla prevalenza dell'aristocrazia perveniva alla primamagistratura, il suo potere era sempre controbilanciatodai sacerdoti penetrati dall'aspro spirito aristocratico edal potere del suo collega, e all'uopo agevolmente so-speso col chiamare la dittatura; ad ogni modo gli man-cava quel che più importa, cioè il primo elemento delpotere politico: il tempo.Il capo d'una repubblica, qualunque sia il potere che glivenga largito, non riuscirà ad afferrare la somma delle

41

Page 42: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cose se non rimane in ufficio per lungo tempo, poichè lacondizione più necessaria d'ogni dominio è la durata. Inconseguenza di ciò, l'influenza del senato, la quale,come quella di un corpo politico vitalizio, non deve es-sere stata indifferente sin dai tempi dei re, acquistò,quando sottentrarono le signorie annuali, una così gran-de importanza, che, avendo preso effettivamente la dire-zione ed il governo della cosa pubblica e ridotto il su-premo magistrato a non essere altro se non e il suo pre-sidente e l'esecutore dei suoi voleri, capovolse di nettole condizioni dello stato. Ogni proposta da farsi al co-mune, sia per essere accettata, sia per essere rigettata,era prima esaminata in senato; la cui approvazione, se-condo gli ordini costitutivi, non era già necessaria, mal'uso e l'opinione volevano che non se ne potesse, impu-nemente, fare a meno.Nè meno imperiosamente richiedeva la consuetudine,che si rispettasse il voto del senato in materia d'impor-tanti negoziati e trattati coi popoli stranieri, nell'ammini-strazione e nella distribuzione dei beni comunali, e ingenerale per qualunque disposizione dovesse avere con-seguenze durabili oltre il periodo della magistraturatemporanea: cosicchè al console altro non rimaneva chel'indirizzo degli affari ordinari, l'istruzione dei processicivili ed il comando in guerra.L'innovazione di maggior conseguenza era quella percui, nè al console nè al dittatore, quantunque questi fos-se investito d'illimitato potere in ogni altra materia, era

42

cose se non rimane in ufficio per lungo tempo, poichè lacondizione più necessaria d'ogni dominio è la durata. Inconseguenza di ciò, l'influenza del senato, la quale,come quella di un corpo politico vitalizio, non deve es-sere stata indifferente sin dai tempi dei re, acquistò,quando sottentrarono le signorie annuali, una così gran-de importanza, che, avendo preso effettivamente la dire-zione ed il governo della cosa pubblica e ridotto il su-premo magistrato a non essere altro se non e il suo pre-sidente e l'esecutore dei suoi voleri, capovolse di nettole condizioni dello stato. Ogni proposta da farsi al co-mune, sia per essere accettata, sia per essere rigettata,era prima esaminata in senato; la cui approvazione, se-condo gli ordini costitutivi, non era già necessaria, mal'uso e l'opinione volevano che non se ne potesse, impu-nemente, fare a meno.Nè meno imperiosamente richiedeva la consuetudine,che si rispettasse il voto del senato in materia d'impor-tanti negoziati e trattati coi popoli stranieri, nell'ammini-strazione e nella distribuzione dei beni comunali, e ingenerale per qualunque disposizione dovesse avere con-seguenze durabili oltre il periodo della magistraturatemporanea: cosicchè al console altro non rimaneva chel'indirizzo degli affari ordinari, l'istruzione dei processicivili ed il comando in guerra.L'innovazione di maggior conseguenza era quella percui, nè al console nè al dittatore, quantunque questi fos-se investito d'illimitato potere in ogni altra materia, era

42

Page 43: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

concesso di porre mano nel pubblico tesoro senzal'assenso del senato e nelle forme da esso consentite.Il senato imponendo ai consoli il dovere di demandarel'amministrazione della cassa comunale, di cui durantel'epoca precedente i re avevano avuto, o avrebbero potu-to avere il governo, a due pubblici uffiziali subalterni,nominati bensì dai consoli, ma, come ben si comprende,dipendenti dal senato molto più che non i consoli, tras-se, di fatto, interamente a sè la direzione del pubblico te-soro.Questo diritto del senato romano di disporre del denarodello stato può, nei suoi effetti, servir benissimo di raf-fronto al diritto di stanziare le spese e di votare le impo-ste nelle monarchie costituzionali dei nostri tempi.Mutata così, e quasi capovolta la posizione politica delsupremo magistrato e del suo consiglio, veniva naturalela conseguenza che, nel fatto, avessero a limitarsi i casidi ammissione e di esclusione dei membri del senato.Se da antico tempo era venuta rafforzandosi la consue-tudine di considerare le cariche senatorie come vitalizie,forse anche come ereditarie per diritto di nascita, o ac-quistabili dopo aver tenuto certi uffici pubblici, cresciu-ta l'importanza del senato, i titoli per aver posto tra i se-natori dovettero di necessità determinarsi più chiara-mente, e l'uso dovette pigliar forza d'un vero diritto con-suetudinario.Le conseguenze si offrono naturalmente. La prima ed

43

concesso di porre mano nel pubblico tesoro senzal'assenso del senato e nelle forme da esso consentite.Il senato imponendo ai consoli il dovere di demandarel'amministrazione della cassa comunale, di cui durantel'epoca precedente i re avevano avuto, o avrebbero potu-to avere il governo, a due pubblici uffiziali subalterni,nominati bensì dai consoli, ma, come ben si comprende,dipendenti dal senato molto più che non i consoli, tras-se, di fatto, interamente a sè la direzione del pubblico te-soro.Questo diritto del senato romano di disporre del denarodello stato può, nei suoi effetti, servir benissimo di raf-fronto al diritto di stanziare le spese e di votare le impo-ste nelle monarchie costituzionali dei nostri tempi.Mutata così, e quasi capovolta la posizione politica delsupremo magistrato e del suo consiglio, veniva naturalela conseguenza che, nel fatto, avessero a limitarsi i casidi ammissione e di esclusione dei membri del senato.Se da antico tempo era venuta rafforzandosi la consue-tudine di considerare le cariche senatorie come vitalizie,forse anche come ereditarie per diritto di nascita, o ac-quistabili dopo aver tenuto certi uffici pubblici, cresciu-ta l'importanza del senato, i titoli per aver posto tra i se-natori dovettero di necessità determinarsi più chiara-mente, e l'uso dovette pigliar forza d'un vero diritto con-suetudinario.Le conseguenze si offrono naturalmente. La prima ed

43

Page 44: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

essenziale condizione d'ogni governo aristocratico è chela pienezza del potere dello stato non risieda in un soloindividuo, sibbene in una corporazione; ora si era im-possessata del governo una corporazione essenzialmentenobile, cioè il senato, ed il potere esecutivo non solo erarimasto alla nobiltà, ma ancora interamente subordinatoalla corporazione.Sedevano, a dir vero, nel consiglio moltissimi uomininon nobili; se non che, essendo essi inetti a coprire cari-che, quindi esclusi da ogni partecipazione effettiva algoverno, avevano per conseguenza anche nel senato unaparte subordinata ed inoltre erano tenuti in una pecunia-ria dipendenza dalla corporazione in grazia dell'impor-tante concessione dell'uso del pascolo comunale.Il formale illimitato diritto dei consoli patrizi di rivederee di modificare, almeno ogni quattr'anni, la lista dei se-natori, quantunque non avesse il minimo effetto sullanobiltà, poteva benissimo servire i suoi interessi; il ple-beo, veduto di mal occhio, poteva, in forza di questo di-ritto di epurazione, essere tenuto lontano dal senato eanche esserne escluso. È dunque assolutamente confor-me al vero che l'immediata conseguenza della rivoluzio-ne fu lo stabilimento del governo aristocratico; ma non èquesta tutta la verità.

12. Opposizione dei plebei.Quand'anche la maggior parte dei contemporanei della

44

essenziale condizione d'ogni governo aristocratico è chela pienezza del potere dello stato non risieda in un soloindividuo, sibbene in una corporazione; ora si era im-possessata del governo una corporazione essenzialmentenobile, cioè il senato, ed il potere esecutivo non solo erarimasto alla nobiltà, ma ancora interamente subordinatoalla corporazione.Sedevano, a dir vero, nel consiglio moltissimi uomininon nobili; se non che, essendo essi inetti a coprire cari-che, quindi esclusi da ogni partecipazione effettiva algoverno, avevano per conseguenza anche nel senato unaparte subordinata ed inoltre erano tenuti in una pecunia-ria dipendenza dalla corporazione in grazia dell'impor-tante concessione dell'uso del pascolo comunale.Il formale illimitato diritto dei consoli patrizi di rivederee di modificare, almeno ogni quattr'anni, la lista dei se-natori, quantunque non avesse il minimo effetto sullanobiltà, poteva benissimo servire i suoi interessi; il ple-beo, veduto di mal occhio, poteva, in forza di questo di-ritto di epurazione, essere tenuto lontano dal senato eanche esserne escluso. È dunque assolutamente confor-me al vero che l'immediata conseguenza della rivoluzio-ne fu lo stabilimento del governo aristocratico; ma non èquesta tutta la verità.

12. Opposizione dei plebei.Quand'anche la maggior parte dei contemporanei della

44

Page 45: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rivoluzione abbia potuto credere che, in conseguenzadella cacciata dei re, i plebei fossero caduti sotto un piùrigido dispotismo, noi, posteri e consci delle ultime con-seguenze di questo fatto, possiamo già vedervi i germidella nascente libertà.Ciò che guadagnarono i patrizi non andò perduto per ilcomune, ma solo per il potere del magistrato; il comune,a dir vero, non guadagnò sulle prime che pochi, limita-tissimi diritti, di gran lunga meno pratici e manifesti deidiritti acquistati dalla nobiltà e dei quali forse uno sumille avrà saputo sentire il pregio; ma in essi era la gua-rentigia dell'avvenire. Fino allora i domiciliati eranonulla politicamente, gli originari cittadini tutto; entrati idomiciliati nella società comunale, gli originari si viderovinti; giacchè per quanto mancasse ancora ai primi diottenere la piena eguaglianza civile, è però sempre laprima breccia più che l'occupazione dell'ultimo baluardoche decide della resa della fortezza.Perciò, a buon diritto, il comune romano datava la suaesistenza politica dal consolato.Benchè, dunque, la rivoluzione repubblicana, malgradola immediata prevalenza dei patrizi, possa con ragionechiamarsi una vittoria dei domiciliati ossia della plebe,essa anche sotto quest'ultimo aspetto non aveva però as-solutamente il carattere, che noi oggi siamo abituati adefinire democratico.Senza dubbio, dopo la cacciata dei re venne a sedere in

45

rivoluzione abbia potuto credere che, in conseguenzadella cacciata dei re, i plebei fossero caduti sotto un piùrigido dispotismo, noi, posteri e consci delle ultime con-seguenze di questo fatto, possiamo già vedervi i germidella nascente libertà.Ciò che guadagnarono i patrizi non andò perduto per ilcomune, ma solo per il potere del magistrato; il comune,a dir vero, non guadagnò sulle prime che pochi, limita-tissimi diritti, di gran lunga meno pratici e manifesti deidiritti acquistati dalla nobiltà e dei quali forse uno sumille avrà saputo sentire il pregio; ma in essi era la gua-rentigia dell'avvenire. Fino allora i domiciliati eranonulla politicamente, gli originari cittadini tutto; entrati idomiciliati nella società comunale, gli originari si viderovinti; giacchè per quanto mancasse ancora ai primi diottenere la piena eguaglianza civile, è però sempre laprima breccia più che l'occupazione dell'ultimo baluardoche decide della resa della fortezza.Perciò, a buon diritto, il comune romano datava la suaesistenza politica dal consolato.Benchè, dunque, la rivoluzione repubblicana, malgradola immediata prevalenza dei patrizi, possa con ragionechiamarsi una vittoria dei domiciliati ossia della plebe,essa anche sotto quest'ultimo aspetto non aveva però as-solutamente il carattere, che noi oggi siamo abituati adefinire democratico.Senza dubbio, dopo la cacciata dei re venne a sedere in

45

Page 46: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

senato un numero maggiore di plebei che non prima; mail puro merito personale, senza l'appoggio della nascita edelle ricchezze, rendeva più facile l'ammissione degliuomini nuovi sotto i re, che non sotto i patrizi.Era poi cosa naturale che il regnante ceto signorile, do-vendo pur ammettere i plebei in senato, vi chiamasse asedere non già gli uomini più ragguardevoli, ma di pre-ferenza i capi delle più ricche e distinte famiglie plebee,le quali naturalmente avranno posto ogni studio per con-servarsi gelosamente una tale distinzione.Così, dove fra i cittadini primitivi aveva avuto luogo lapiena eguaglianza di diritto, invece appena inaugurata larepubblica, fra i neo-cittadini, ossia gli antichi semplicidimoranti, si creò uno scisma, col dividersi delle casateammesse in senato e privilegiate, dalla negletta moltitu-dine.Nondimeno la vera podestà comunale pervenne, in forzadell'ordinamento delle centurie, a quella classe, che, perla riforma dei rami della milizia e delle imposte compiu-ta da Servio, sosteneva principalmente le gravezze dellostato, cioè fra i domiciliati; e tra essi non già ai grossipossidenti nè ai giornalieri, ma alla classe media fra icoltivatori; ed anche in questa combinazione erano fa-voriti i cittadini primitivi, perchè essi, sebbene minori innumero, possedevano però tanti voti quanti ne avevano ineo cittadini.Mentre per tal modo fu messa la scure alle radici della

46

senato un numero maggiore di plebei che non prima; mail puro merito personale, senza l'appoggio della nascita edelle ricchezze, rendeva più facile l'ammissione degliuomini nuovi sotto i re, che non sotto i patrizi.Era poi cosa naturale che il regnante ceto signorile, do-vendo pur ammettere i plebei in senato, vi chiamasse asedere non già gli uomini più ragguardevoli, ma di pre-ferenza i capi delle più ricche e distinte famiglie plebee,le quali naturalmente avranno posto ogni studio per con-servarsi gelosamente una tale distinzione.Così, dove fra i cittadini primitivi aveva avuto luogo lapiena eguaglianza di diritto, invece appena inaugurata larepubblica, fra i neo-cittadini, ossia gli antichi semplicidimoranti, si creò uno scisma, col dividersi delle casateammesse in senato e privilegiate, dalla negletta moltitu-dine.Nondimeno la vera podestà comunale pervenne, in forzadell'ordinamento delle centurie, a quella classe, che, perla riforma dei rami della milizia e delle imposte compiu-ta da Servio, sosteneva principalmente le gravezze dellostato, cioè fra i domiciliati; e tra essi non già ai grossipossidenti nè ai giornalieri, ma alla classe media fra icoltivatori; ed anche in questa combinazione erano fa-voriti i cittadini primitivi, perchè essi, sebbene minori innumero, possedevano però tanti voti quanti ne avevano ineo cittadini.Mentre per tal modo fu messa la scure alle radici della

46

Page 47: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cittadinanza primitiva ed alla sua nobiltà di schiatta eposta la prima pietra per le fondamenta della nuova cit-tadinanza, in quest'ultima venivano a raccogliersi le gra-vezze fondiarie e la preponderanza dei possessi edell'anzianità, e già cominciavano a scorgervisi i princi-pî d'una nuova nobiltà, fondata prima di tutto sulla effet-tiva considerazione delle famiglie. Nè in altro modo po-teva manifestarsi più chiaramente il carattere conserva-tore della repubblica romana che in questo singolarissi-mo fatto, che la stessa rivoluzione repubblicana tracciòle prime linee per un nuovo ordine politico egualmenteconservatore ed egualmente aristocratico.

47

cittadinanza primitiva ed alla sua nobiltà di schiatta eposta la prima pietra per le fondamenta della nuova cit-tadinanza, in quest'ultima venivano a raccogliersi le gra-vezze fondiarie e la preponderanza dei possessi edell'anzianità, e già cominciavano a scorgervisi i princi-pî d'una nuova nobiltà, fondata prima di tutto sulla effet-tiva considerazione delle famiglie. Nè in altro modo po-teva manifestarsi più chiaramente il carattere conserva-tore della repubblica romana che in questo singolarissi-mo fatto, che la stessa rivoluzione repubblicana tracciòle prime linee per un nuovo ordine politico egualmenteconservatore ed egualmente aristocratico.

47

Page 48: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

SECONDO CAPITOLOIL TRIBUNATO DEL POPOLO

ED I DECEMVIRI

1. Interessi materiali.Col nuovo ordinamento della repubblica la casta degliantichi originari (vecchia borghesia) era pervenuta le-galmente al pieno possesso del potere politico. Gover-nando per mezzo del primo magistrato, ridotto ad esserepoco più che un loro ufficiale, sicuri della preminenza insenato, in possesso esclusivo di tutte le cariche civili esacerdotali, versati essi soli nella scienza delle cose di-vine ed umane, ed esperti di tutti i maneggi politici, pre-ponderanti nella grande assemblea elettorale e influentinel comune pel numeroso partito di uomini o accomo-danti per indole, o devoti per ragione di clientela alleantiche casate, e finalmente autorizzati a rivedere ed acassare ogni deliberazione del comune, i patrizi potero-no conservarsi ancora lungamente nella signoria di fatto,appunto perchè avevano in tempo rinunciato all'esclusi-vo potere legale.I plebei dovevano, certo, sentire acerbamente la loro su-bordinazione politica; ma il patriziato non aveva per al-lora, senza dubbio, molto a temere dalla posizione poli-tica, se avesse saputo tener lontana dall'arena politica lamoltitudine, che altro non cerca se non un'equa ammini-strazione e la tutela dei suoi interessi materiali.

48

SECONDO CAPITOLOIL TRIBUNATO DEL POPOLO

ED I DECEMVIRI

1. Interessi materiali.Col nuovo ordinamento della repubblica la casta degliantichi originari (vecchia borghesia) era pervenuta le-galmente al pieno possesso del potere politico. Gover-nando per mezzo del primo magistrato, ridotto ad esserepoco più che un loro ufficiale, sicuri della preminenza insenato, in possesso esclusivo di tutte le cariche civili esacerdotali, versati essi soli nella scienza delle cose di-vine ed umane, ed esperti di tutti i maneggi politici, pre-ponderanti nella grande assemblea elettorale e influentinel comune pel numeroso partito di uomini o accomo-danti per indole, o devoti per ragione di clientela alleantiche casate, e finalmente autorizzati a rivedere ed acassare ogni deliberazione del comune, i patrizi potero-no conservarsi ancora lungamente nella signoria di fatto,appunto perchè avevano in tempo rinunciato all'esclusi-vo potere legale.I plebei dovevano, certo, sentire acerbamente la loro su-bordinazione politica; ma il patriziato non aveva per al-lora, senza dubbio, molto a temere dalla posizione poli-tica, se avesse saputo tener lontana dall'arena politica lamoltitudine, che altro non cerca se non un'equa ammini-strazione e la tutela dei suoi interessi materiali.

48

Page 49: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

E noi vediamo, di fatto, che nei primi tempi dopo la cac-ciata dei re non poche provvidenze furono prese cheavevano il solo scopo di guadagnare il popolo al nuovogoverno aristocratico, specialmente tutelandone gli inte-ressi.Così furono ridotti i dazi nei porti di mare; si fecero perconto del pubblico erario grosse incette di cereali e di-venne monopolio dello stato il commercio del sale, perpoter somministrare ai cittadini frumento e sale a prezzimodici, e finalmente si prolungò d'un giorno la festa po-polare. Fa parte di queste provvidenze la disposizionegià accennata relativa alle multe, tendente non solo aporre in generale dei limiti al pericoloso diritto che ave-vano i magistrati di imporne, ma che era anche, in modosignificativo, particolarmente diretta a tutelare il povero.Poichè, se al magistrato era vietato di condannare, senzalasciar campo all'appello, nello stesso giorno, il medesi-mo individuo, a una multa superiore a due pecore e atrenta buoi, non si sa spiegare siffatta singolare massimase non col supporre che pel piccolo possidente di pochepecore si fosse trovato necessario di stabilire un massi-mo molto inferiore a quello stabilito pel ricco possidentedi mandre bovine – riguardo alla ricchezza o alla pover-tà dei multati, che potrebbe servire di norma anche allemoderne legislazioni.Ma queste provvidenze non toccano che la superficiedel problema sociale; la vera e profonda corrente scorre

49

E noi vediamo, di fatto, che nei primi tempi dopo la cac-ciata dei re non poche provvidenze furono prese cheavevano il solo scopo di guadagnare il popolo al nuovogoverno aristocratico, specialmente tutelandone gli inte-ressi.Così furono ridotti i dazi nei porti di mare; si fecero perconto del pubblico erario grosse incette di cereali e di-venne monopolio dello stato il commercio del sale, perpoter somministrare ai cittadini frumento e sale a prezzimodici, e finalmente si prolungò d'un giorno la festa po-polare. Fa parte di queste provvidenze la disposizionegià accennata relativa alle multe, tendente non solo aporre in generale dei limiti al pericoloso diritto che ave-vano i magistrati di imporne, ma che era anche, in modosignificativo, particolarmente diretta a tutelare il povero.Poichè, se al magistrato era vietato di condannare, senzalasciar campo all'appello, nello stesso giorno, il medesi-mo individuo, a una multa superiore a due pecore e atrenta buoi, non si sa spiegare siffatta singolare massimase non col supporre che pel piccolo possidente di pochepecore si fosse trovato necessario di stabilire un massi-mo molto inferiore a quello stabilito pel ricco possidentedi mandre bovine – riguardo alla ricchezza o alla pover-tà dei multati, che potrebbe servire di norma anche allemoderne legislazioni.Ma queste provvidenze non toccano che la superficiedel problema sociale; la vera e profonda corrente scorre

49

Page 50: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

invece in senso inverso.Col rimaneggiamento della costituzione politica si iniziòuna vasta rivoluzione nell'economia pubblica e privatadei Romani.Il regime dei re, probabilmente, non aveva favorito laprevalenza de' capitali, e aveva invece promosso conogni mezzo l'aumento delle proprietà agrarie; il nuovogoverno aristocratico invece, pare che sin dall'inizio ab-bia avuto di mira la distruzione delle classi medie, especialmente della piccola proprietà favorendo da unlato il sorgere di una classe dominante di grossi proprie-tari e capitalisti e dall'altro di un proletariato agricolo.

2. Crescente potere dei capitalisti.La riduzione dei dazi nei porti di mare, benchè in gene-rale debba essere stata una misura accetta al popolo, riu-scì vantaggiosa particolarmente al grosso commercio.Ma assai più dovevano avvantaggiarsi i capitalisti del si-stema di amministrazione indiretta, introdotto in moltirami del pubblico erario.È difficile dire quali siano i primi ed originari fonda-menti di questo sistema; ma se anche lo si volesse far ri-salire al tempo dei re, è certo che, dopo l'instituzione delconsolato, sia pel frequente succedersi dei magistrati,sia per la crescente estensione dell'attività finanziariadell'erario, come ad esempio la compra e la vendita delsale e delle granaglie, esso doveva studiare vivamente

50

invece in senso inverso.Col rimaneggiamento della costituzione politica si iniziòuna vasta rivoluzione nell'economia pubblica e privatadei Romani.Il regime dei re, probabilmente, non aveva favorito laprevalenza de' capitali, e aveva invece promosso conogni mezzo l'aumento delle proprietà agrarie; il nuovogoverno aristocratico invece, pare che sin dall'inizio ab-bia avuto di mira la distruzione delle classi medie, especialmente della piccola proprietà favorendo da unlato il sorgere di una classe dominante di grossi proprie-tari e capitalisti e dall'altro di un proletariato agricolo.

2. Crescente potere dei capitalisti.La riduzione dei dazi nei porti di mare, benchè in gene-rale debba essere stata una misura accetta al popolo, riu-scì vantaggiosa particolarmente al grosso commercio.Ma assai più dovevano avvantaggiarsi i capitalisti del si-stema di amministrazione indiretta, introdotto in moltirami del pubblico erario.È difficile dire quali siano i primi ed originari fonda-menti di questo sistema; ma se anche lo si volesse far ri-salire al tempo dei re, è certo che, dopo l'instituzione delconsolato, sia pel frequente succedersi dei magistrati,sia per la crescente estensione dell'attività finanziariadell'erario, come ad esempio la compra e la vendita delsale e delle granaglie, esso doveva studiare vivamente

50

Page 51: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'interposta attività degli speculatori e gettare la base diquegli appalti pubblici, che nel procedere dei tempi, fu-rono di sì grave conseguenza e di tanto danno alla re-pubblica romana. Lo stato abbandonò a poco a poco tut-te le fonti della rendita pubblica e tutta la complicazionedei pagamenti e dei negozi comunali nelle mani dei me-diatori, i quali versavano o ricevevano una determinatasomma in conto e poscia agivano come per proprio inte-resse. Era naturale che a queste contrattazioni non po-tessero prendere parte che i capitalisti più importanti, esiccome lo stato doveva richiedere ampie garanzie reali,così potevano partecipare agli appalti soltanto i grossipossidenti di beni stabili; per cui si formò una classe diappaltatori di dazi e di fornitori che, arricchiti rapida-mente, venivano acquistando una sempre maggiore pre-valenza nello stato, cui avevano l'aria di servire, enell'assurdo e sterile fondamento della loro supremazia,basata sul monopolio del danaro, essi possono ben para-gonarsi ai nostri moderni speculatori di borsa.

3. Finanze comunali.Ma prima di tutto e nel modo più sensibile si chiarì ilcambiato indirizzo dell'amministrazione finanziaria deibeni comunali, che mirava quasi apertamente all'annien-tamento materiale e morale delle classi medie. L'uso delpascolo comunale, e in generale dei beni dello stato, eradi sua natura un privilegio dei cittadini; senza violazionedel diritto formale non si poteva quindi concedere asso-

51

l'interposta attività degli speculatori e gettare la base diquegli appalti pubblici, che nel procedere dei tempi, fu-rono di sì grave conseguenza e di tanto danno alla re-pubblica romana. Lo stato abbandonò a poco a poco tut-te le fonti della rendita pubblica e tutta la complicazionedei pagamenti e dei negozi comunali nelle mani dei me-diatori, i quali versavano o ricevevano una determinatasomma in conto e poscia agivano come per proprio inte-resse. Era naturale che a queste contrattazioni non po-tessero prendere parte che i capitalisti più importanti, esiccome lo stato doveva richiedere ampie garanzie reali,così potevano partecipare agli appalti soltanto i grossipossidenti di beni stabili; per cui si formò una classe diappaltatori di dazi e di fornitori che, arricchiti rapida-mente, venivano acquistando una sempre maggiore pre-valenza nello stato, cui avevano l'aria di servire, enell'assurdo e sterile fondamento della loro supremazia,basata sul monopolio del danaro, essi possono ben para-gonarsi ai nostri moderni speculatori di borsa.

3. Finanze comunali.Ma prima di tutto e nel modo più sensibile si chiarì ilcambiato indirizzo dell'amministrazione finanziaria deibeni comunali, che mirava quasi apertamente all'annien-tamento materiale e morale delle classi medie. L'uso delpascolo comunale, e in generale dei beni dello stato, eradi sua natura un privilegio dei cittadini; senza violazionedel diritto formale non si poteva quindi concedere asso-

51

Page 52: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lutamente ad un plebeo l'uso del pascolo comunale. Masiccome, astrazione fatta del passaggio dei beni comu-nali in mano dei privati sia per vendite sia per assegna-zioni, la legge romana non riconosceva nei singoli citta-dini un vero e incontestabile diritto di usufrutto sui men-zionati beni, così dipendeva esclusivamente dall'arbitriodel re, fin tanto che i beni comunali rimanevano tali, diconcederne o limitarne l'uso e non v'ha alcun dubbio,che esso si sia spesso valso di questa sua facoltà, o perlo meno della sua autorità in favore di plebei.Senonchè colla proclamazione della repubblica vennead acquistare nuova forza il principio che l'uso del pa-scolo comunale spettasse ai soli cittadini di buon diritto,ch'è quanto dire ai patrizi; e sebbene il senato facessepoi, come prima facevano i re, delle eccezioni in favoredelle cospicue case plebee ammesse nella sua consocia-zione, erano però esclusi da simile beneficio i piccoliproprietari plebei e i giornalieri, i quali sentivano ap-punto più urgentemente il bisogno del pascolo.Occorre notare che, fino ai tempi di cui discorriamo, siera sempre pagata una imposta pei capi di bestiame chesi mandavano sul pascolo comunale, imposta abbastan-za modica per ravvisare un privilegio nel diritto di farpascere il bestiame su quei fondi, ma che malgrado lasua modicità procacciava alla cassa del comuneun'entrata abbastanza considerevole.I questori patrizi, a cui era commessa l'esazione di que-

52

lutamente ad un plebeo l'uso del pascolo comunale. Masiccome, astrazione fatta del passaggio dei beni comu-nali in mano dei privati sia per vendite sia per assegna-zioni, la legge romana non riconosceva nei singoli citta-dini un vero e incontestabile diritto di usufrutto sui men-zionati beni, così dipendeva esclusivamente dall'arbitriodel re, fin tanto che i beni comunali rimanevano tali, diconcederne o limitarne l'uso e non v'ha alcun dubbio,che esso si sia spesso valso di questa sua facoltà, o perlo meno della sua autorità in favore di plebei.Senonchè colla proclamazione della repubblica vennead acquistare nuova forza il principio che l'uso del pa-scolo comunale spettasse ai soli cittadini di buon diritto,ch'è quanto dire ai patrizi; e sebbene il senato facessepoi, come prima facevano i re, delle eccezioni in favoredelle cospicue case plebee ammesse nella sua consocia-zione, erano però esclusi da simile beneficio i piccoliproprietari plebei e i giornalieri, i quali sentivano ap-punto più urgentemente il bisogno del pascolo.Occorre notare che, fino ai tempi di cui discorriamo, siera sempre pagata una imposta pei capi di bestiame chesi mandavano sul pascolo comunale, imposta abbastan-za modica per ravvisare un privilegio nel diritto di farpascere il bestiame su quei fondi, ma che malgrado lasua modicità procacciava alla cassa del comuneun'entrata abbastanza considerevole.I questori patrizi, a cui era commessa l'esazione di que-

52

Page 53: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sta imposta, usavano molta indulgenza ed a poco a pocola lasciarono andare in disuso.Fino ad allora si erano, a mano a mano, fatte assegna-zioni e distribuzioni di terre, particolarmente quandocolle nuove conquiste si erano aggiunti nuovi poderi alpubblico demanio, e in queste assegnazioni si era sem-pre avuto riguardo ai più poveri, fossero essi cittadini osemplici domiciliati nella città. Non s'incorporavano alpascolo comunale che le sole terre le quali non si presta-vano all'agricoltura. Dopo la rivoluzione non si ebbe, adir vero, il coraggio di sopprimere ad un tratto questeassegnazioni, e molto meno di assegnare le terre ai ric-chi, ma le distribuzioni si fecero più rare e più limitate,e invece si lasciò prevalere il rovinoso sistemadell'occupazione, vale a dire, si tollerò che i beni delpubblico demanio rimanessero ai primi occupanti e ailoro legittimi successori non già in piena proprietà, eneppure in formale affitto a tempo determinato, ma inusufrutto speciale, in modo che lo stato aveva il dirittodi richiamarli a sua voglia, coll'obbligo però al posses-sore di versare nella cassa pubblica la decima del granoo il quinto del prodotto dell'olio e del vino.Questo favore di concessione non era altro che il suac-cennato «precarium» applicato al demanio dello stato,ed è probabile che questa combinazione fosse già in pra-tica ancor prima quale misura transitoria pel tempo in-termedio tra l'acquisto dei nuovi fondi comunali e laloro distribuzione e assegnazione ai coltivatori poveri.

53

sta imposta, usavano molta indulgenza ed a poco a pocola lasciarono andare in disuso.Fino ad allora si erano, a mano a mano, fatte assegna-zioni e distribuzioni di terre, particolarmente quandocolle nuove conquiste si erano aggiunti nuovi poderi alpubblico demanio, e in queste assegnazioni si era sem-pre avuto riguardo ai più poveri, fossero essi cittadini osemplici domiciliati nella città. Non s'incorporavano alpascolo comunale che le sole terre le quali non si presta-vano all'agricoltura. Dopo la rivoluzione non si ebbe, adir vero, il coraggio di sopprimere ad un tratto questeassegnazioni, e molto meno di assegnare le terre ai ric-chi, ma le distribuzioni si fecero più rare e più limitate,e invece si lasciò prevalere il rovinoso sistemadell'occupazione, vale a dire, si tollerò che i beni delpubblico demanio rimanessero ai primi occupanti e ailoro legittimi successori non già in piena proprietà, eneppure in formale affitto a tempo determinato, ma inusufrutto speciale, in modo che lo stato aveva il dirittodi richiamarli a sua voglia, coll'obbligo però al posses-sore di versare nella cassa pubblica la decima del granoo il quinto del prodotto dell'olio e del vino.Questo favore di concessione non era altro che il suac-cennato «precarium» applicato al demanio dello stato,ed è probabile che questa combinazione fosse già in pra-tica ancor prima quale misura transitoria pel tempo in-termedio tra l'acquisto dei nuovi fondi comunali e laloro distribuzione e assegnazione ai coltivatori poveri.

53

Page 54: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Sotto il reggimento aristocratico queste precarie occupa-zioni non solo si fecero di lunga durata, ma, ciò che èpeggio, non furono ammessi a questo irregolare modod'acquisto che i privilegiati e i loro favoriti, e ad aggra-vare il disordine, le decime e le quinte si riscuotevanocolla stessa trascuratezza con cui già si riscuoteva la tas-sa del pascolo. Così un triplice colpo percosse la mediae la piccola possidenza; l'una e l'altra perdettero l'uso deifondi comunali, essendo mancato all'erario il regolaregettito delle rendite fondiarie, si accentuò il peso dellepubbliche gravezze; e per ultimo si lasciarono andare indisuso le distribuzioni delle terre, che fino allora eranostate pel proletariato agricolo un perenne smaltitoio qua-si come al giorno d'oggi sarebbe un ben ordinato e vastosistema di emigrazione.Oltre a ciò le grandi proprietà territoriali, che probabil-mente cominciarono a formarsi in questo periodo, re-spinsero i piccoli coltivatori per sostituirvi il lavoro deiservi della gleba.Questa rivoluzione agraria diede alle classi medie uncrollo di gran lunga più rovinoso ed irreparabile che tut-te insieme le usurpazioni politiche di cui si è fatto cen-no.Le lunghe guerre non sempre combattute felicemente, leconseguenti gravose imposte e la continua necessità del-le prestazioni personali diedero l'ultimo colpo e finironoper strappare il piccolo proprietario dalla sua terra e lo

54

Sotto il reggimento aristocratico queste precarie occupa-zioni non solo si fecero di lunga durata, ma, ciò che èpeggio, non furono ammessi a questo irregolare modod'acquisto che i privilegiati e i loro favoriti, e ad aggra-vare il disordine, le decime e le quinte si riscuotevanocolla stessa trascuratezza con cui già si riscuoteva la tas-sa del pascolo. Così un triplice colpo percosse la mediae la piccola possidenza; l'una e l'altra perdettero l'uso deifondi comunali, essendo mancato all'erario il regolaregettito delle rendite fondiarie, si accentuò il peso dellepubbliche gravezze; e per ultimo si lasciarono andare indisuso le distribuzioni delle terre, che fino allora eranostate pel proletariato agricolo un perenne smaltitoio qua-si come al giorno d'oggi sarebbe un ben ordinato e vastosistema di emigrazione.Oltre a ciò le grandi proprietà territoriali, che probabil-mente cominciarono a formarsi in questo periodo, re-spinsero i piccoli coltivatori per sostituirvi il lavoro deiservi della gleba.Questa rivoluzione agraria diede alle classi medie uncrollo di gran lunga più rovinoso ed irreparabile che tut-te insieme le usurpazioni politiche di cui si è fatto cen-no.Le lunghe guerre non sempre combattute felicemente, leconseguenti gravose imposte e la continua necessità del-le prestazioni personali diedero l'ultimo colpo e finironoper strappare il piccolo proprietario dalla sua terra e lo

54

Page 55: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ridussero servo, se non schiavo, del creditore divenutosuo padrone, o nel miglior dei casi per ridurlo ad esserenulla più che un fittavolo o colono dei suoi creditori.I capitalisti ai quali, con questa riforma, si apriva unnuovo campo per aumentare senza sforzo e pericolo iloro lucri, ampliavano in questo modo le loro proprietào lasciavano al contadino, la cui persona ed i cui fondierano devoluti ad essi in forza della legge sui debiti, ilnome di proprietario ed il possesso di fatto.Quest'ultimo caso era il più frequente ed il più rovinoso,perchè, se pareva che concedesse un respiro ai singolidebitori e ne sospendesse la estrema rovina, la posizioneprecaria dei coltivatori, i quali sempre e in tutto dipen-devano dalla volontà dei ricchi creditori e non avevanoche i pesi della proprietà, minacciava invece di demora-lizzare e di annientare politicamente tutta la classe rura-le.L'intenzione del legislatore che, ordinando l'immediatopassaggio della proprietà al creditore invece del vincoloipotecario, mirava a prevenire il sopraccarico dei debitie ad imporre gli oneri fiscali sui veri proprietari deibeni, venne elusa per effetto del rigoroso sistema delcredito personale, che certamente sarà stato proficuo aicommercianti, ma riuscì rovinoso ai contadini.Se la libera ripartizione del suolo aveva sempre fattopresentire il pericolo d'un proletariato agricolo sopracca-rico di debiti, le condizioni economiche, accrescendo

55

ridussero servo, se non schiavo, del creditore divenutosuo padrone, o nel miglior dei casi per ridurlo ad esserenulla più che un fittavolo o colono dei suoi creditori.I capitalisti ai quali, con questa riforma, si apriva unnuovo campo per aumentare senza sforzo e pericolo iloro lucri, ampliavano in questo modo le loro proprietào lasciavano al contadino, la cui persona ed i cui fondierano devoluti ad essi in forza della legge sui debiti, ilnome di proprietario ed il possesso di fatto.Quest'ultimo caso era il più frequente ed il più rovinoso,perchè, se pareva che concedesse un respiro ai singolidebitori e ne sospendesse la estrema rovina, la posizioneprecaria dei coltivatori, i quali sempre e in tutto dipen-devano dalla volontà dei ricchi creditori e non avevanoche i pesi della proprietà, minacciava invece di demora-lizzare e di annientare politicamente tutta la classe rura-le.L'intenzione del legislatore che, ordinando l'immediatopassaggio della proprietà al creditore invece del vincoloipotecario, mirava a prevenire il sopraccarico dei debitie ad imporre gli oneri fiscali sui veri proprietari deibeni, venne elusa per effetto del rigoroso sistema delcredito personale, che certamente sarà stato proficuo aicommercianti, ma riuscì rovinoso ai contadini.Se la libera ripartizione del suolo aveva sempre fattopresentire il pericolo d'un proletariato agricolo sopracca-rico di debiti, le condizioni economiche, accrescendo

55

Page 56: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tutte le gravezze e togliendo tutti i sussidi alla piccolaproprietà, dovevano spargere con spaventosa rapidità lamiseria e la disperazione fra la classe media dei contadi-ni.

4. Rapporti fra la questione sociale e politica.L'antitesi dei ricchi e dei poveri che nacque fra questecomplicazioni economiche, non coincide in alcun modocon quella dei patrizi e dei plebei. Quand'anche la mag-gior parte delle case patrizie fosse dotata di lauti patri-moni, non era però naturalmente scarso neppure il nu-mero delle famiglie ricche e ragguardevoli di sangueplebeo e poichè da quando il senato, che fino ai primitempi della repubblica contava nel suo seno una buonametà di senatori plebei, ebbe tratto a sè il maneggio delpubblico erario e delle imposte, escludendone persino imagistrati patrizi, tutti i vantaggi economici, ad ottenerei quali si usavano e si abusavano i privilegi politici delpatriziato, riuscirono, come è facile ad immaginare, perintero a profitto dei ricchi, e tanto più grave se ne river-sò la pressione sulla moltitudine, in quanto che il fioredella plebe era stato ammesso in senato, ed era perciòpassato dalla classe degli oppressi a quella degli oppres-sori.Ma perciò appunto il primato politico dei patrizi diven-ne a lungo andare insostenibile. Se essi avessero saputogovernare con giustizia e se avessero protetto le classimedie, come tentarono di fare alcuni consoli usciti dal

56

tutte le gravezze e togliendo tutti i sussidi alla piccolaproprietà, dovevano spargere con spaventosa rapidità lamiseria e la disperazione fra la classe media dei contadi-ni.

4. Rapporti fra la questione sociale e politica.L'antitesi dei ricchi e dei poveri che nacque fra questecomplicazioni economiche, non coincide in alcun modocon quella dei patrizi e dei plebei. Quand'anche la mag-gior parte delle case patrizie fosse dotata di lauti patri-moni, non era però naturalmente scarso neppure il nu-mero delle famiglie ricche e ragguardevoli di sangueplebeo e poichè da quando il senato, che fino ai primitempi della repubblica contava nel suo seno una buonametà di senatori plebei, ebbe tratto a sè il maneggio delpubblico erario e delle imposte, escludendone persino imagistrati patrizi, tutti i vantaggi economici, ad ottenerei quali si usavano e si abusavano i privilegi politici delpatriziato, riuscirono, come è facile ad immaginare, perintero a profitto dei ricchi, e tanto più grave se ne river-sò la pressione sulla moltitudine, in quanto che il fioredella plebe era stato ammesso in senato, ed era perciòpassato dalla classe degli oppressi a quella degli oppres-sori.Ma perciò appunto il primato politico dei patrizi diven-ne a lungo andare insostenibile. Se essi avessero saputogovernare con giustizia e se avessero protetto le classimedie, come tentarono di fare alcuni consoli usciti dal

56

Page 57: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

loro grembo, quantunque senza buon esito, vista la stre-mata autorità della magistratura, i nobili di razza avreb-bero potuto ancora lungamente conservare l'esclusivopossesso delle loro dignità.Se il vecchio patriziato, seguendo un'altra via, avesseaccomunato pienamente i suoi diritti coi più ricchi e di-stinti plebei accordando loro, ad esempio, non solol'ammissione in senato, ma anche i diritti del patriziato,le due classi congiunte in una sola avrebbero potuto an-cora per lungo tempo tenere il dominio ed esercitare im-punemente il monopolio delle pubbliche ricchezze. Manon si prese nè l'uno nè l'altro partito; la grettezza e lacecità, che sono gli speciali ed inseparabili attributid'ogni vera aristocrazia, non si smentirono neppure aRoma e lacerarono la potente repubblica con discordiesenza costrutto, senza scopo e senza gloria.

5. Ritiro sul Monte sacro.La prima crisi che dobbiamo studiare, non fu già l'operadel ceto respinto ad una secondaria posizione politica,sibbene quella degli angariati contadini. I rimaneggiatiannali fanno succedere la grande rivoluzione political'anno 244 = 510, la sociale negli anni 259 = 495 e 260= 494.Benchè di fatto, la prima sommossa sociale abbia dovu-to tener dietro assai presto al rivolgimento politico, dacui uscì la repubblica, sembra nondimeno che l'interval-

57

loro grembo, quantunque senza buon esito, vista la stre-mata autorità della magistratura, i nobili di razza avreb-bero potuto ancora lungamente conservare l'esclusivopossesso delle loro dignità.Se il vecchio patriziato, seguendo un'altra via, avesseaccomunato pienamente i suoi diritti coi più ricchi e di-stinti plebei accordando loro, ad esempio, non solol'ammissione in senato, ma anche i diritti del patriziato,le due classi congiunte in una sola avrebbero potuto an-cora per lungo tempo tenere il dominio ed esercitare im-punemente il monopolio delle pubbliche ricchezze. Manon si prese nè l'uno nè l'altro partito; la grettezza e lacecità, che sono gli speciali ed inseparabili attributid'ogni vera aristocrazia, non si smentirono neppure aRoma e lacerarono la potente repubblica con discordiesenza costrutto, senza scopo e senza gloria.

5. Ritiro sul Monte sacro.La prima crisi che dobbiamo studiare, non fu già l'operadel ceto respinto ad una secondaria posizione politica,sibbene quella degli angariati contadini. I rimaneggiatiannali fanno succedere la grande rivoluzione political'anno 244 = 510, la sociale negli anni 259 = 495 e 260= 494.Benchè di fatto, la prima sommossa sociale abbia dovu-to tener dietro assai presto al rivolgimento politico, dacui uscì la repubblica, sembra nondimeno che l'interval-

57

Page 58: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lo tra l'uno e l'altro fatto sia stato più lungo.La rigida applicazione del diritto dei creditori contro idebitori – come narrano gli annali – suscitò l'irritazionedi tutta la classe dei contadini. E quando l'anno 259 =495 corse il bando per una leva, onde sostenere unaguerra difficile, gli uomini iscritti per prendere le arminon risposero all'appello, cosicchè il console Publio Ser-vilio dovette temporaneamente sospendere l'applicazio-ne delle odiose leggi contro i debitori, ordinare che ve-nissero posti in libertà i carcerati per debiti e che non siavesse a procedere ad ulteriori arresti. Allora soltanto icontadini accorsero e presero parte alla guerra ed allavittoria. Ritornati dalle armi, la pace, ch'essi avevanoconquistato col sangue fece loro ritrovare le carceri e lecatene. Con spietata severità il secondo console AppioClaudio applicò la legge sui debitori, e il suo collega, acui i contadini che avevano militato sotto di lui, si vol-sero implorando assistenza, non ebbe il coraggio di op-porvisi. Pareva che si fosse introdotta la collegialità nel-la suprema magistratura non già per la protezione delpopolo, ma per facilitare lo spergiuro e il dispotismo; sidovette fare di necessità virtù e tollerare ciò che non sipoteva cambiare. Ma quando l'anno seguente si rinnovòla guerra, le parole del console più non valsero. I conta-dini si piegarono solo al dittatore Manio Valerio sia pertimore del suo assoluto potere, sia per fiducia nei suoisentimenti popolari.I Valerii appartenevano ad una di quelle antiche nobili

58

lo tra l'uno e l'altro fatto sia stato più lungo.La rigida applicazione del diritto dei creditori contro idebitori – come narrano gli annali – suscitò l'irritazionedi tutta la classe dei contadini. E quando l'anno 259 =495 corse il bando per una leva, onde sostenere unaguerra difficile, gli uomini iscritti per prendere le arminon risposero all'appello, cosicchè il console Publio Ser-vilio dovette temporaneamente sospendere l'applicazio-ne delle odiose leggi contro i debitori, ordinare che ve-nissero posti in libertà i carcerati per debiti e che non siavesse a procedere ad ulteriori arresti. Allora soltanto icontadini accorsero e presero parte alla guerra ed allavittoria. Ritornati dalle armi, la pace, ch'essi avevanoconquistato col sangue fece loro ritrovare le carceri e lecatene. Con spietata severità il secondo console AppioClaudio applicò la legge sui debitori, e il suo collega, acui i contadini che avevano militato sotto di lui, si vol-sero implorando assistenza, non ebbe il coraggio di op-porvisi. Pareva che si fosse introdotta la collegialità nel-la suprema magistratura non già per la protezione delpopolo, ma per facilitare lo spergiuro e il dispotismo; sidovette fare di necessità virtù e tollerare ciò che non sipoteva cambiare. Ma quando l'anno seguente si rinnovòla guerra, le parole del console più non valsero. I conta-dini si piegarono solo al dittatore Manio Valerio sia pertimore del suo assoluto potere, sia per fiducia nei suoisentimenti popolari.I Valerii appartenevano ad una di quelle antiche nobili

58

Page 59: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

famiglie che consideravano il governo della repubblicacome un dovere ed un onore e non già come una pre-benda.La vittoria si dichiarò ancora per le insegne romane;quando i vittoriosi ritornarono ai propri focolari, e il dit-tatore presentò al senato le sue proposte di riforma, essefurono respinte colla più pertinace opposizione.L'esercito si trovava, come era uso, ancora unito dinanzialle porte della città. Quando gli fu riportata la notiziadel rifiuto, scoppiò il temporale che da lungo tempo an-dava addensandosi, e lo spirito di corpo e la coesionedegli ordini militari trascinarono anche i pusillanimi egli indifferenti. L'esercito abbandonò il suo duce el'accampamento, e, condotto dai comandanti delle legio-ni e dai tribuni militari, per la maggior parte plebei, sidiresse in buon ordine verso Crustumeria, sita tra il Te-vere e l'Aniene, dove occupò un colle e si accinse a fon-dare una nuova città plebea in quella fertilissima partedell'agro romano.Questa marcia valse a chiarire con piena evidenza ancheai più tenaci oppressori della plebe come una simileguerra cittadina dovesse necessariamente finire anchecolla loro rovina economica; il senato cedette.Il dittatore si interpose per un accomodamento; i cittadi-ni rientrarono in città, la concordia venne apparente-mente ristabilita.Il popolo chiamò d'allora in poi Manio Valerio col nome

59

famiglie che consideravano il governo della repubblicacome un dovere ed un onore e non già come una pre-benda.La vittoria si dichiarò ancora per le insegne romane;quando i vittoriosi ritornarono ai propri focolari, e il dit-tatore presentò al senato le sue proposte di riforma, essefurono respinte colla più pertinace opposizione.L'esercito si trovava, come era uso, ancora unito dinanzialle porte della città. Quando gli fu riportata la notiziadel rifiuto, scoppiò il temporale che da lungo tempo an-dava addensandosi, e lo spirito di corpo e la coesionedegli ordini militari trascinarono anche i pusillanimi egli indifferenti. L'esercito abbandonò il suo duce el'accampamento, e, condotto dai comandanti delle legio-ni e dai tribuni militari, per la maggior parte plebei, sidiresse in buon ordine verso Crustumeria, sita tra il Te-vere e l'Aniene, dove occupò un colle e si accinse a fon-dare una nuova città plebea in quella fertilissima partedell'agro romano.Questa marcia valse a chiarire con piena evidenza ancheai più tenaci oppressori della plebe come una simileguerra cittadina dovesse necessariamente finire anchecolla loro rovina economica; il senato cedette.Il dittatore si interpose per un accomodamento; i cittadi-ni rientrarono in città, la concordia venne apparente-mente ristabilita.Il popolo chiamò d'allora in poi Manio Valerio col nome

59

Page 60: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

di Massimo (Maximus) e disse «sacro» il monte al di làdell'Aniene.In questa rivoluzione, scoppiata senza preordinazioni econdotta a termine dalle moltitudini senza spargimentodi sangue e ricordata sempre con compiacenza e con or-goglio dai cittadini, si rivela qualche cosa che tocca ilsublime.Le sue conseguenze furono sentite per molti secoli e daessa trasse origine il tribunato del popolo.

6. Tribuni popolari ed edili popolari.Oltre i provvedimenti transitori e specialmente quelliper la soppressione della dura legge sui debiti, e dellafondazione di parecchie colonie, per migliorare la sortedi un gran numero di contadini, il dittatore riuscì pure afar votare una legge, che fu giurata da ogni singolomembro del comune affine di assicurare l'amnistia aicittadini che avevano infranto il giuramento prestato alleinsegne; essa fu deposta poscia in un tempio sotto lasorveglianza e la custodia di due ufficiali eletti espressa-mente tra la plebe, i quali furono nominati «padroni dicasa» (aediles). Questa legge poneva al fianco dei dueconsoli patrizi due tribuni plebei, i quali dovevano esse-re eletti dalle curie.L'autorità tribunizia nulla poteva contro l'imperio (impe-rium) militare, contro il potere assoluto del dittatore equello dei consoli fuori della città; ma esso era indipen-

60

di Massimo (Maximus) e disse «sacro» il monte al di làdell'Aniene.In questa rivoluzione, scoppiata senza preordinazioni econdotta a termine dalle moltitudini senza spargimentodi sangue e ricordata sempre con compiacenza e con or-goglio dai cittadini, si rivela qualche cosa che tocca ilsublime.Le sue conseguenze furono sentite per molti secoli e daessa trasse origine il tribunato del popolo.

6. Tribuni popolari ed edili popolari.Oltre i provvedimenti transitori e specialmente quelliper la soppressione della dura legge sui debiti, e dellafondazione di parecchie colonie, per migliorare la sortedi un gran numero di contadini, il dittatore riuscì pure afar votare una legge, che fu giurata da ogni singolomembro del comune affine di assicurare l'amnistia aicittadini che avevano infranto il giuramento prestato alleinsegne; essa fu deposta poscia in un tempio sotto lasorveglianza e la custodia di due ufficiali eletti espressa-mente tra la plebe, i quali furono nominati «padroni dicasa» (aediles). Questa legge poneva al fianco dei dueconsoli patrizi due tribuni plebei, i quali dovevano esse-re eletti dalle curie.L'autorità tribunizia nulla poteva contro l'imperio (impe-rium) militare, contro il potere assoluto del dittatore equello dei consoli fuori della città; ma esso era indipen-

60

Page 61: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dente rispetto al potere ordinario civile, a quel poterecioè, che i consoli esercitavano in città, senza che perquesto potesse dirsi avvenuta una divisione di poteri.Ma i tribuni ottennero il diritto di annullare, medianteprotesta, qualsiasi ordine emesso da un magistrato con-tro il cittadino che da quell'ordine si ritenesse leso neipropri diritti, e fu loro accordata la facoltà di pronuncia-re essi stessi illimitatamente sentenze in materia crimi-nale e di difenderle poscia al cospetto dell'adunanza delpopolo, qualora fosse stato interposto l'appello. Vale adire appunto il diritto di intercessione, o il cosidettoveto tribunizio. A questa facoltà ben presto se ne ag-giunse un'altra, quella di parlare al popolo su qual si fos-se argomento e di ottenerne delle deliberazioni.

7. Intercessione.Il potere dei tribuni comprendeva prima di tutto il dirittodi arrestare a loro volontà l'andamento dell'amministra-zione e l'esecuzione delle sentenze, la facoltà di interve-nire affinchè il coscritto si sottraesse impunemente allaleva, d'impedire o di far cessare l'arresto del debitorecondannato, l'arresto durante l'istruttoria ed altre similiprerogative.Affinchè quest'assistenza legale non fosse resa vana perl'assenza dei difensori della plebe, fu stabilito che il tri-buno non passasse mai la notte fuori di città e che tenes-se aperta la porta della sua casa giorno e notte. Inoltreera in potere del tribunato popolare di sospendere con

61

dente rispetto al potere ordinario civile, a quel poterecioè, che i consoli esercitavano in città, senza che perquesto potesse dirsi avvenuta una divisione di poteri.Ma i tribuni ottennero il diritto di annullare, medianteprotesta, qualsiasi ordine emesso da un magistrato con-tro il cittadino che da quell'ordine si ritenesse leso neipropri diritti, e fu loro accordata la facoltà di pronuncia-re essi stessi illimitatamente sentenze in materia crimi-nale e di difenderle poscia al cospetto dell'adunanza delpopolo, qualora fosse stato interposto l'appello. Vale adire appunto il diritto di intercessione, o il cosidettoveto tribunizio. A questa facoltà ben presto se ne ag-giunse un'altra, quella di parlare al popolo su qual si fos-se argomento e di ottenerne delle deliberazioni.

7. Intercessione.Il potere dei tribuni comprendeva prima di tutto il dirittodi arrestare a loro volontà l'andamento dell'amministra-zione e l'esecuzione delle sentenze, la facoltà di interve-nire affinchè il coscritto si sottraesse impunemente allaleva, d'impedire o di far cessare l'arresto del debitorecondannato, l'arresto durante l'istruttoria ed altre similiprerogative.Affinchè quest'assistenza legale non fosse resa vana perl'assenza dei difensori della plebe, fu stabilito che il tri-buno non passasse mai la notte fuori di città e che tenes-se aperta la porta della sua casa giorno e notte. Inoltreera in potere del tribunato popolare di sospendere con

61

Page 62: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

una sola parola la deliberazione del comune, il quale,d'altra parte, in virtù del suo potere sovrano, avrebbe po-tuto riprendere senz'altro i privilegi concessi alla plebe.Ma questi diritti sarebbero stati inefficaci se al tribunopopolare non fosse stata concessa un'immediata e incon-testabile autorità contro colui che di questi diritti non sicurava, cioè il magistrato prevaricatore.Questa autorità gli derivava dal giuramento fatto dallaplebe sul monte sacro di proteggere ora e sempre daogni offesa, per sè e per i suoi successori, il tribuno, edal fatto che ogni manomissione alla sua autorità fosseconsiderata un crimine degno di morte, e l'esecuzione diquesta giustizia criminale non veniva affidata ai magi-strati del comune, ma a quelli della plebe.In forza di questo suo ufficio di giudice, il tribuno pote-va chiedere conto ad ogni cittadino, e specialmente alconsole, del proprio operato; e se questi non si fossepresentato volontariamente, poteva farlo arrestare, farloinquisire, o concedergli libertà a mezzo di cauzione, efarlo poi condannare a morte o alla multa. A questo sco-po i due edili del popolo fiancheggiavano il tribuno,specialmente per ottenere l'arresto, per cui anche ad essiera assicurata la libertà dal giuramento generale dei ple-bei.Oltre a ciò gli edili, come i tribuni, avevano competenzadi giudizio, e non solo nei reati minimi espiabili conmulte.

62

una sola parola la deliberazione del comune, il quale,d'altra parte, in virtù del suo potere sovrano, avrebbe po-tuto riprendere senz'altro i privilegi concessi alla plebe.Ma questi diritti sarebbero stati inefficaci se al tribunopopolare non fosse stata concessa un'immediata e incon-testabile autorità contro colui che di questi diritti non sicurava, cioè il magistrato prevaricatore.Questa autorità gli derivava dal giuramento fatto dallaplebe sul monte sacro di proteggere ora e sempre daogni offesa, per sè e per i suoi successori, il tribuno, edal fatto che ogni manomissione alla sua autorità fosseconsiderata un crimine degno di morte, e l'esecuzione diquesta giustizia criminale non veniva affidata ai magi-strati del comune, ma a quelli della plebe.In forza di questo suo ufficio di giudice, il tribuno pote-va chiedere conto ad ogni cittadino, e specialmente alconsole, del proprio operato; e se questi non si fossepresentato volontariamente, poteva farlo arrestare, farloinquisire, o concedergli libertà a mezzo di cauzione, efarlo poi condannare a morte o alla multa. A questo sco-po i due edili del popolo fiancheggiavano il tribuno,specialmente per ottenere l'arresto, per cui anche ad essiera assicurata la libertà dal giuramento generale dei ple-bei.Oltre a ciò gli edili, come i tribuni, avevano competenzadi giudizio, e non solo nei reati minimi espiabili conmulte.

62

Page 63: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Se si appellava contro la sentenza tribunizia o edilizia,l'appello non andava all'assemblea cittadina, con la qua-le gli ufficiali della plebe non erano autorizzati a tratta-re, ma a quella dei plebei, che in questo caso si riunivaper curie e deliberava definitivamente per mezzo dellavotazione.Questo procedere era veramente più un atto di forza chedi diritto, specialmente quando veniva applicato a unnon plebeo, come doveva essere quasi sempre il caso.Non si poteva accordare, nè con la lettera, nè con lo spi-rito della costituzione, che il patrizio dovesse rendereconto di sè ad autorità che non presiedevano alla cittadi-nanza, ma ad una associazione formata nel seno d'unacittadinanza stessa, e che egli fosse costretto ad appella-re, invece che alla cittadinanza, a questa medesima asso-ciazione.Senza dubbio questa fu in origine la giustizia di Lynch;ma l'autodifesa si eseguiva certamente in forma legale, edopo il riconoscimento legale del tribuno popolare, furiconosciuta come stabile e di diritto.Secondo l'intenzione del legislatore, questa nuova giuri-sprudenza dei tribunali e degli edili, e l'assemblead'appello dell'assemblea dei plebei, che ne risultava, fusenza dubbio annessa alle leggi, come la giurisprudenzadei consoli e dei questori, e il diritto d'appello delle cen-turie.Ma le idee giuridiche intorno ai delitti di stato ed alle

63

Se si appellava contro la sentenza tribunizia o edilizia,l'appello non andava all'assemblea cittadina, con la qua-le gli ufficiali della plebe non erano autorizzati a tratta-re, ma a quella dei plebei, che in questo caso si riunivaper curie e deliberava definitivamente per mezzo dellavotazione.Questo procedere era veramente più un atto di forza chedi diritto, specialmente quando veniva applicato a unnon plebeo, come doveva essere quasi sempre il caso.Non si poteva accordare, nè con la lettera, nè con lo spi-rito della costituzione, che il patrizio dovesse rendereconto di sè ad autorità che non presiedevano alla cittadi-nanza, ma ad una associazione formata nel seno d'unacittadinanza stessa, e che egli fosse costretto ad appella-re, invece che alla cittadinanza, a questa medesima asso-ciazione.Senza dubbio questa fu in origine la giustizia di Lynch;ma l'autodifesa si eseguiva certamente in forma legale, edopo il riconoscimento legale del tribuno popolare, furiconosciuta come stabile e di diritto.Secondo l'intenzione del legislatore, questa nuova giuri-sprudenza dei tribunali e degli edili, e l'assemblead'appello dell'assemblea dei plebei, che ne risultava, fusenza dubbio annessa alle leggi, come la giurisprudenzadei consoli e dei questori, e il diritto d'appello delle cen-turie.Ma le idee giuridiche intorno ai delitti di stato ed alle

63

Page 64: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pene per ribellione alle leggi erano così poco ferme e iloro confini legali così incerti, anzi così indeterminabili,che ogni giurisdizione esercitata su queste materie di-sputatissime portava già inevitabilmente in se stessa lanecessità e la confessione di un non so che di arbitrario.Peggio poi dacchè l'idea del diritto venne deformandosie intorbidandosi nel conflitto delle varie classi, e ai capilegali delle due fazioni furono attribuiti poteri giurisdi-zionali che, e per la natura e per la sfera d'azione, con-trastavano fra essi, per cui non si poteva evitare chequesta doppia giurisdizione politica sempre più decli-nasse in una podestà arbitraria.E la medesima arbitrarietà colpiva particolarmente ilmagistrato. Secondo le ragioni di stato dei Romani, ilmagistrato non poteva essere soggetto ad alcuna giuri-sdizione fino a che rimaneva in carica, e nemmeno usci-to egli era sindacabile per la sua opera di magistrato.Quando fu sancito il diritto d'appello, non si ebbe il co-raggio di deviare da questa massima. Ma coll'istituzionedel tribunato si venne a stabilire una giurisdizione chedoveva sorvegliare e sindacare ogni magistrato e duran-te e dopo l'esercizio delle sue funzioni. Tale sindacatoera tanto più minaccioso in quanto per legge non eranostabilite nè le colpe, nè le punizioni.Le istituzioni plebee hanno avuto parte alla giurisdizio-ne civile solo in quanto la nomina dei giurati era sottrat-ta ai consoli nei processi di libertà così importanti per la

64

pene per ribellione alle leggi erano così poco ferme e iloro confini legali così incerti, anzi così indeterminabili,che ogni giurisdizione esercitata su queste materie di-sputatissime portava già inevitabilmente in se stessa lanecessità e la confessione di un non so che di arbitrario.Peggio poi dacchè l'idea del diritto venne deformandosie intorbidandosi nel conflitto delle varie classi, e ai capilegali delle due fazioni furono attribuiti poteri giurisdi-zionali che, e per la natura e per la sfera d'azione, con-trastavano fra essi, per cui non si poteva evitare chequesta doppia giurisdizione politica sempre più decli-nasse in una podestà arbitraria.E la medesima arbitrarietà colpiva particolarmente ilmagistrato. Secondo le ragioni di stato dei Romani, ilmagistrato non poteva essere soggetto ad alcuna giuri-sdizione fino a che rimaneva in carica, e nemmeno usci-to egli era sindacabile per la sua opera di magistrato.Quando fu sancito il diritto d'appello, non si ebbe il co-raggio di deviare da questa massima. Ma coll'istituzionedel tribunato si venne a stabilire una giurisdizione chedoveva sorvegliare e sindacare ogni magistrato e duran-te e dopo l'esercizio delle sue funzioni. Tale sindacatoera tanto più minaccioso in quanto per legge non eranostabilite nè le colpe, nè le punizioni.Le istituzioni plebee hanno avuto parte alla giurisdizio-ne civile solo in quanto la nomina dei giurati era sottrat-ta ai consoli nei processi di libertà così importanti per la

64

Page 65: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

plebe, e le sentenze venivano date per mezzo dei dieciuomini eletti a ciò (iudices, decemviri, più tardi decem-viri litibus iudicandis).

8. Legislazione.A questa doppia giurisdizione s'aggiunge pure la con-correnza nell'iniziativa legislatrice. Il diritto di adunarela plebe e di ottenerne le deliberazioni apparteneva aitribuni. E questo diritto era loro concesso in modo cosìassoluto, che il diritto autonomo di riunione e di delibe-razione della plebe era legalmente assicurato da ogni in-tervento dei magistrati del comune.Certamente era necessaria e condizionata premessa delriconoscimento giuridico della plebe il fatto che i tribuninon potessero venire impediti a far eleggere i proprisuccessori dall'assemblea della plebe, e ad ottenere permezzo di questa la conferma della loro sentenza crimi-nale: diritto che fu loro in particolar modo assicuratodalla legge icilia (262 = 492), la quale minacciava seve-ra punizione a chiunque interrompesse il tribuno cheparlava al popolo, o comandasse alla moltitudine disciogliersi. Con questo si ottenne evidentemente chenessuno potesse impedire al tribuno di mettere ai votianche proposte che non riguardassero la sola confermadei suoi giudizi. Questi «placiti della moltitudine» (ple-biscita) non erano, a dir vero, validi plebisciti, ma daprincipio erano non molto meglio delle deliberazionidelle nostre assemblee popolari; ma siccome la differen-

65

plebe, e le sentenze venivano date per mezzo dei dieciuomini eletti a ciò (iudices, decemviri, più tardi decem-viri litibus iudicandis).

8. Legislazione.A questa doppia giurisdizione s'aggiunge pure la con-correnza nell'iniziativa legislatrice. Il diritto di adunarela plebe e di ottenerne le deliberazioni apparteneva aitribuni. E questo diritto era loro concesso in modo cosìassoluto, che il diritto autonomo di riunione e di delibe-razione della plebe era legalmente assicurato da ogni in-tervento dei magistrati del comune.Certamente era necessaria e condizionata premessa delriconoscimento giuridico della plebe il fatto che i tribuninon potessero venire impediti a far eleggere i proprisuccessori dall'assemblea della plebe, e ad ottenere permezzo di questa la conferma della loro sentenza crimi-nale: diritto che fu loro in particolar modo assicuratodalla legge icilia (262 = 492), la quale minacciava seve-ra punizione a chiunque interrompesse il tribuno cheparlava al popolo, o comandasse alla moltitudine disciogliersi. Con questo si ottenne evidentemente chenessuno potesse impedire al tribuno di mettere ai votianche proposte che non riguardassero la sola confermadei suoi giudizi. Questi «placiti della moltitudine» (ple-biscita) non erano, a dir vero, validi plebisciti, ma daprincipio erano non molto meglio delle deliberazionidelle nostre assemblee popolari; ma siccome la differen-

65

Page 66: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

za tra comizi centuriati e tributi era più nella forma chenella sostanza, così la fazione plebea cominciò ad agi-tarsi perchè i plebisciti fossero riconosciuti come deci-sioni autonome della cittadinanza e ottennero che, adesempio, venisse con questo mezzo approvata la leggeicilia. I tribuni del popolo erano quindi istituiti affinchèservissero di scudo e di protezione ai privati, di guida edi direzione a tutti; essi erano investiti d'un illimitatopotere giudiziario nella giurisdizione criminale affine dipoter dar forza al loro comando; la loro persona era di-chiarata intangibile (sacrosancti) avendo il popolo e cia-scun cittadino individualmente fatto giuramento per sè epe' suoi figli di difendere il tribuno, e colui che gli met-teva le mani addosso non era soltanto considerato comeincorso nella vendetta degli dei, ma dichiarato fuori leg-ge e bandito dalla società umana.

9. Relazioni del tribuno col console.I tribuni del popolo (tribuni plebes) sorsero dai tribunidi guerra e trassero da questi il loro nome, ma in linea didiritto non hanno nulla da fare con essi; anzi in quantoal potere, i consoli ed i tribuni del popolo sono eguali.L'appello del console al tribuno ed il diritto d'interces-sione del tribuno contro il console è assolutamenteeguale all'appello del console al console e all'interces-sione del console contro l'altro; ed entrambi non sonoche una applicazione della generica tesi legale, che tradue aventi il medesimo diritto il vietante prevale

66

za tra comizi centuriati e tributi era più nella forma chenella sostanza, così la fazione plebea cominciò ad agi-tarsi perchè i plebisciti fossero riconosciuti come deci-sioni autonome della cittadinanza e ottennero che, adesempio, venisse con questo mezzo approvata la leggeicilia. I tribuni del popolo erano quindi istituiti affinchèservissero di scudo e di protezione ai privati, di guida edi direzione a tutti; essi erano investiti d'un illimitatopotere giudiziario nella giurisdizione criminale affine dipoter dar forza al loro comando; la loro persona era di-chiarata intangibile (sacrosancti) avendo il popolo e cia-scun cittadino individualmente fatto giuramento per sè epe' suoi figli di difendere il tribuno, e colui che gli met-teva le mani addosso non era soltanto considerato comeincorso nella vendetta degli dei, ma dichiarato fuori leg-ge e bandito dalla società umana.

9. Relazioni del tribuno col console.I tribuni del popolo (tribuni plebes) sorsero dai tribunidi guerra e trassero da questi il loro nome, ma in linea didiritto non hanno nulla da fare con essi; anzi in quantoal potere, i consoli ed i tribuni del popolo sono eguali.L'appello del console al tribuno ed il diritto d'interces-sione del tribuno contro il console è assolutamenteeguale all'appello del console al console e all'interces-sione del console contro l'altro; ed entrambi non sonoche una applicazione della generica tesi legale, che tradue aventi il medesimo diritto il vietante prevale

66

Page 67: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sull'imperante.I tribuni hanno in comune con i consoli, sebbene ne fos-se stato aumentato il numero, anche l'annua durata dellaloro carica, che, pei tribuni, scade sempre il dieci di di-cembre, e così la temporanea inamovibilità, e appuntodello stesso modo la caratteristica collegialità, che era lapienezza del potere nelle mani di ciascun console e diciascun tribuno, e che nelle collisioni nel seno del colle-gio non conta i voti ma fa sempre prevalere il No al Sì –per cui in caso di dissenso il «veto» d'un solo tribunobasta di fronte all'opposizione di tutti gli altri suoi colle-ghi, e viceversa, quand'egli accusa, ciascuno dei suoicolleghi può mettervi il suo «veto». Tanto i consoliquanto i tribuni hanno una piena e doppia giurisdizionecriminale, e a quel modo che i consoli hanno per ciò aloro fianco i due questori, i tribuni hanno i due edili(6).I consoli sono necessariamente patrizi, i tribuni necessa-

6 Che gli edili plebei siano formati sui questori patrizi nel modo che i tribu-ni plebei lo sono sui consoli patrizi è chiaro a vedersi, sia relativamenteall'amministrazione dalla giustizia criminale, dove solo la tendenza delledue magistrature e non già la competenza pare sia stata diversa, quanto re-lativamente alla mansione dell'archivio. Per gli edili è il tempio di Cerereciò che il tempio di Saturno è pei questori, onde trassero il nome. Signifi-cativa è la prescrizione della legge del 305, che i senatoconsulti debbanoessere consegnati agli edili nel tempio di Cerere, mentre i medesimi, se-guendo l'antico notorio uso e più tardi dopo il componimento della lottadelle classi, erano rimessi ai questori per la loro conservazione nel tempiodi Saturno. È possibile che la plebe abbia avuto per qualche tempo unapropria cassa e che gli edili l'abbiano amministrata, e a giudicare dal modocome questi dispongono delle multe a loro pagate, pare persino verosimile,ma non lo si potrebbe provare con sicurezza.

67

sull'imperante.I tribuni hanno in comune con i consoli, sebbene ne fos-se stato aumentato il numero, anche l'annua durata dellaloro carica, che, pei tribuni, scade sempre il dieci di di-cembre, e così la temporanea inamovibilità, e appuntodello stesso modo la caratteristica collegialità, che era lapienezza del potere nelle mani di ciascun console e diciascun tribuno, e che nelle collisioni nel seno del colle-gio non conta i voti ma fa sempre prevalere il No al Sì –per cui in caso di dissenso il «veto» d'un solo tribunobasta di fronte all'opposizione di tutti gli altri suoi colle-ghi, e viceversa, quand'egli accusa, ciascuno dei suoicolleghi può mettervi il suo «veto». Tanto i consoliquanto i tribuni hanno una piena e doppia giurisdizionecriminale, e a quel modo che i consoli hanno per ciò aloro fianco i due questori, i tribuni hanno i due edili(6).I consoli sono necessariamente patrizi, i tribuni necessa-

6 Che gli edili plebei siano formati sui questori patrizi nel modo che i tribu-ni plebei lo sono sui consoli patrizi è chiaro a vedersi, sia relativamenteall'amministrazione dalla giustizia criminale, dove solo la tendenza delledue magistrature e non già la competenza pare sia stata diversa, quanto re-lativamente alla mansione dell'archivio. Per gli edili è il tempio di Cerereciò che il tempio di Saturno è pei questori, onde trassero il nome. Signifi-cativa è la prescrizione della legge del 305, che i senatoconsulti debbanoessere consegnati agli edili nel tempio di Cerere, mentre i medesimi, se-guendo l'antico notorio uso e più tardi dopo il componimento della lottadelle classi, erano rimessi ai questori per la loro conservazione nel tempiodi Saturno. È possibile che la plebe abbia avuto per qualche tempo unapropria cassa e che gli edili l'abbiano amministrata, e a giudicare dal modocome questi dispongono delle multe a loro pagate, pare persino verosimile,ma non lo si potrebbe provare con sicurezza.

67

Page 68: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

riamente plebei, gli uni e gli altri eletti da tutta la cittadi-nanza, ma i primi come generali eletti dalle centurie, isecondi, mancando loro l'imperium, nell'assemblea nonmilitare delle curie. Quelli hanno un potere più esteso,questi lo hanno più assoluto, giacchè al loro divieto edai loro giudizi è giocoforza che s'arrenda il console, maalle sentenze consolari non è tenuto d'assoggettarsi il tri-buno. Il potere tribunizio è quindi la copia del potereconsolare, ma esso è nondimeno nello stesso tempo ilsuo contrapposto. Il potere dei consoli è essenzialmentepositivo, quello dei tribuni è essenzialmente negativo.Solo i consoli sono magistrati, cioè sovrani, ed essi sol-tanto si mostrano in pubblico colle insegne e col seguitospettanti al capo della repubblica. Il tribuno non è magi-strato, in prova di che esso siede in uno sgabello inveceche sulla sedia curule; non lo precedono i littori; il suomanto non ha il lembo fregiato di porpora e non ostentaalcuno dei segni distintivi della magistratura, e persinoin senato non ha nè seggio nè voto.In questa meravigliosa instituzione fu così, nel modopiù aspro e reciso, messo in contrasto l'assoluto divieto el'assoluto impero; e la contesa fu composta in modo chela concordia tra i ricchi ed i poveri ne venne legalmentee con ordinamenti stabili perpetuata.

10. Importanza politica del tribuno.Ma che cosa si ottenne coll'infrangere l'unità del comu-ne, coll'esporre i magistrati ad un vessante sindacato e

68

riamente plebei, gli uni e gli altri eletti da tutta la cittadi-nanza, ma i primi come generali eletti dalle centurie, isecondi, mancando loro l'imperium, nell'assemblea nonmilitare delle curie. Quelli hanno un potere più esteso,questi lo hanno più assoluto, giacchè al loro divieto edai loro giudizi è giocoforza che s'arrenda il console, maalle sentenze consolari non è tenuto d'assoggettarsi il tri-buno. Il potere tribunizio è quindi la copia del potereconsolare, ma esso è nondimeno nello stesso tempo ilsuo contrapposto. Il potere dei consoli è essenzialmentepositivo, quello dei tribuni è essenzialmente negativo.Solo i consoli sono magistrati, cioè sovrani, ed essi sol-tanto si mostrano in pubblico colle insegne e col seguitospettanti al capo della repubblica. Il tribuno non è magi-strato, in prova di che esso siede in uno sgabello inveceche sulla sedia curule; non lo precedono i littori; il suomanto non ha il lembo fregiato di porpora e non ostentaalcuno dei segni distintivi della magistratura, e persinoin senato non ha nè seggio nè voto.In questa meravigliosa instituzione fu così, nel modopiù aspro e reciso, messo in contrasto l'assoluto divieto el'assoluto impero; e la contesa fu composta in modo chela concordia tra i ricchi ed i poveri ne venne legalmentee con ordinamenti stabili perpetuata.

10. Importanza politica del tribuno.Ma che cosa si ottenne coll'infrangere l'unità del comu-ne, coll'esporre i magistrati ad un vessante sindacato e

68

Page 69: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

col lasciarli in balìa di tutte le passioni del momento,cosicchè al cenno d'un solo dei capi dell'opposizione,messi a vigilare sull'antitrono, il governo poteva essereparalizzato nel momento più pericoloso, e per l'autoriz-zata concorrenza delle opposte giurisdizioni dei magi-strati l'amministrazione della giustizia criminale venivaquasi per necessità sbalzata dalla sfera del diritto a quel-la della politica, e così guasta e sformata per sempre? Èbensì vero che il tribunato non ha contribuito diretta-mente all'uguaglianza politica delle classi, ma esso funondimeno un'arma efficace in mano dei plebei allor-quando questi chiesero, poco dopo l'istituzione del tribu-nato, l'ammissione alle cariche comunali. Esso non futanto imposto al ceto che godeva i privilegi politici,quanto ai ricchi possidenti e capitalisti; esso doveva as-sicurare al popolino una retta amministrazione della giu-stizia e curare una più equa e umana amministrazioneeconomica.Esso non ha raggiunto questo scopo e non poteva rag-giungerlo.Il tribuno poteva bensì reprimere ingiurie particolari edimpedire eccessi, che avrebbero potuto suscitare lo sde-gno popolare, ma il disordine non era da ricercarsinell'ingiuria che usurpasse le forme della legalità, sibbe-ne nella vera legalità che era ingiusta; ora come potevail tribuno arrestare regolarmente la ordinaria ammini-strazione della giustizia? E supponendo che lo avessepotuto, il vantaggio sarebbe stato di poco momento, se

69

col lasciarli in balìa di tutte le passioni del momento,cosicchè al cenno d'un solo dei capi dell'opposizione,messi a vigilare sull'antitrono, il governo poteva essereparalizzato nel momento più pericoloso, e per l'autoriz-zata concorrenza delle opposte giurisdizioni dei magi-strati l'amministrazione della giustizia criminale venivaquasi per necessità sbalzata dalla sfera del diritto a quel-la della politica, e così guasta e sformata per sempre? Èbensì vero che il tribunato non ha contribuito diretta-mente all'uguaglianza politica delle classi, ma esso funondimeno un'arma efficace in mano dei plebei allor-quando questi chiesero, poco dopo l'istituzione del tribu-nato, l'ammissione alle cariche comunali. Esso non futanto imposto al ceto che godeva i privilegi politici,quanto ai ricchi possidenti e capitalisti; esso doveva as-sicurare al popolino una retta amministrazione della giu-stizia e curare una più equa e umana amministrazioneeconomica.Esso non ha raggiunto questo scopo e non poteva rag-giungerlo.Il tribuno poteva bensì reprimere ingiurie particolari edimpedire eccessi, che avrebbero potuto suscitare lo sde-gno popolare, ma il disordine non era da ricercarsinell'ingiuria che usurpasse le forme della legalità, sibbe-ne nella vera legalità che era ingiusta; ora come potevail tribuno arrestare regolarmente la ordinaria ammini-strazione della giustizia? E supponendo che lo avessepotuto, il vantaggio sarebbe stato di poco momento, se

69

Page 70: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

non si chiudevano le voragini che ingoiavano le sostan-ze del popolo, le ingiuste imposizioni, il pessimo siste-ma del credito, la malaugurata usurpazione dei beni deldemanio. Contro questo sconcio nessuno osava far mot-to, evidentemente perchè i ricchi plebei non erano menointeressati dei patrizi a lasciar continuare simili abusi.Così fu istituita questa singolare magistratura, di cuichiara e comprensibile appariva alla moltitudine la favo-revole protezione, ma a cui però non fu dato di vincereil punto della necessaria riforma economica.Essa non prova altrimenti una profonda sapienza politi-ca, ma è piuttosto un cattivo compromesso tra la riccanobiltà e la moltitudine priva di consiglio e di guida.Si disse che il tribunato del popolo abbia preservatoRoma dalla tirannide. Quand'anche ciò fosse vero, pocoimporterebbe; il cambiamento della forma di governo insè non è una sciagura per un popolo, e per il popolo ro-mano fu anzi una sciagura che la monarchia sia stata in-trodotta troppo tardi, dopo che già erano esaurite le for-ze fisiche e morali della nazione.Ma anche ciò non è nemmeno conforme al vero come cene fa buona prova il fatto che gli stati italici, d'ordinario,non offrivano ai tiranni terreno opportuno, come invecedi tiranni furono fecondi gli stati ellenici. Non è difficilescoprire la ragione di questa differenza: la tirannide è daper tutto la conseguenza del suffragio universale e gliItalici hanno tenuto più lungamente dei Greci i cittadini

70

non si chiudevano le voragini che ingoiavano le sostan-ze del popolo, le ingiuste imposizioni, il pessimo siste-ma del credito, la malaugurata usurpazione dei beni deldemanio. Contro questo sconcio nessuno osava far mot-to, evidentemente perchè i ricchi plebei non erano menointeressati dei patrizi a lasciar continuare simili abusi.Così fu istituita questa singolare magistratura, di cuichiara e comprensibile appariva alla moltitudine la favo-revole protezione, ma a cui però non fu dato di vincereil punto della necessaria riforma economica.Essa non prova altrimenti una profonda sapienza politi-ca, ma è piuttosto un cattivo compromesso tra la riccanobiltà e la moltitudine priva di consiglio e di guida.Si disse che il tribunato del popolo abbia preservatoRoma dalla tirannide. Quand'anche ciò fosse vero, pocoimporterebbe; il cambiamento della forma di governo insè non è una sciagura per un popolo, e per il popolo ro-mano fu anzi una sciagura che la monarchia sia stata in-trodotta troppo tardi, dopo che già erano esaurite le for-ze fisiche e morali della nazione.Ma anche ciò non è nemmeno conforme al vero come cene fa buona prova il fatto che gli stati italici, d'ordinario,non offrivano ai tiranni terreno opportuno, come invecedi tiranni furono fecondi gli stati ellenici. Non è difficilescoprire la ragione di questa differenza: la tirannide è daper tutto la conseguenza del suffragio universale e gliItalici hanno tenuto più lungamente dei Greci i cittadini

70

Page 71: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

non possidenti esclusi dalle assemblee comunali. Nessu-no vorrà negare che il tribunato del popolo non sia statodi qualche giovamento; esso costrinse l'opposizione allevie legali e stornò più d'una catastrofe; ma non si vorrànemmeno disconoscere, che là, dove si appalesò utile,esso servì a cose ben diverse da quelle per le quali erastato instituito.L'audace esperimento di concedere ai capi dell'opposi-zione un veto costituzionale e di investirli della facoltàdi farlo valere illimitatamente, fu un ripiego impostodalla necessità, per cui lo stato fu scardinato, e la tristemalattia sociale fu prolungata con inutili palliativi.

11. Contese ulteriori – Coriolano.Intanto si era organizzata la guerra intestina e questa se-guiva il suo corso. I partiti coi loro rispettivi capi stava-no di fronte, pronti a battagliare: l'uno voleva vedere ri-stretto il potere dei consoli ed esteso quello dei tribuni,l'altro pretendeva la soppressione del tribunato; l'insu-bordinazione resa legalmente impunita, il rifiuto di pre-starsi alla difesa della patria, le querele per le multe e lepunizioni inflitte, dirette particolarmente contro impie-gati che avessero leso i diritti del comune o ne avesseroincontrato la disapprovazione, erano le armi dei plebei,alle quali i nobili opponevano la forza e le pratiche coinemici esterni, e, all'occasione, anche il pugnaledell'assassino. Più volte i partiti si azzuffarono nelle vie,e dalle due parti si violarono le sacre persone dei magi-

71

non possidenti esclusi dalle assemblee comunali. Nessu-no vorrà negare che il tribunato del popolo non sia statodi qualche giovamento; esso costrinse l'opposizione allevie legali e stornò più d'una catastrofe; ma non si vorrànemmeno disconoscere, che là, dove si appalesò utile,esso servì a cose ben diverse da quelle per le quali erastato instituito.L'audace esperimento di concedere ai capi dell'opposi-zione un veto costituzionale e di investirli della facoltàdi farlo valere illimitatamente, fu un ripiego impostodalla necessità, per cui lo stato fu scardinato, e la tristemalattia sociale fu prolungata con inutili palliativi.

11. Contese ulteriori – Coriolano.Intanto si era organizzata la guerra intestina e questa se-guiva il suo corso. I partiti coi loro rispettivi capi stava-no di fronte, pronti a battagliare: l'uno voleva vedere ri-stretto il potere dei consoli ed esteso quello dei tribuni,l'altro pretendeva la soppressione del tribunato; l'insu-bordinazione resa legalmente impunita, il rifiuto di pre-starsi alla difesa della patria, le querele per le multe e lepunizioni inflitte, dirette particolarmente contro impie-gati che avessero leso i diritti del comune o ne avesseroincontrato la disapprovazione, erano le armi dei plebei,alle quali i nobili opponevano la forza e le pratiche coinemici esterni, e, all'occasione, anche il pugnaledell'assassino. Più volte i partiti si azzuffarono nelle vie,e dalle due parti si violarono le sacre persone dei magi-

71

Page 72: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

strati.Molte famiglie cittadine emigrarono cercando nei comu-ni vicini un soggiorno più pacifico.Prova dell'ardente patriottismo del popolo non è giàl'essersi data tale costituzione, ma l'averla saputa tollera-re, e l'avere, a dispetto di tali sconci, mantenuto e difesoil comune in mezzo alle scosse più violente.Il più notorio avvenimento di questi conflitti è l'episodiodi Gneo Marcio, nobile valoroso, il quale fu detto Co-riolano per aver preso d'assalto Corioli. Mosso a sdegnodal rifiuto delle centurie di conferirgli il consolato,avrebbe proposto l'anno 263 = 491, la sospensione,come alcuni narrano, della vendita del frumento dellostato sino a che il popolo, affamato, avesse rinunciato altribunato; altri sostengono ch'egli proponesse senz'altrodi sospendere la potestà tribunizia. Chiamato dai tribunia giudizio capitale avrebbe lasciato la città, ma solo perritornarvi alla testa di un esercito di Volsci; se non chesul punto di conquistare Roma ai nemici della sua pa-tria, tocco il cuore dalle severe parole della madre sua,avrebbe espiato il primo tradimento con un altro, ed am-bedue con la morte.Non sapremmo dire quanto vi sia di vero in questa sto-ria, ma la tradizione, di cui l'ingenuo orgoglio degli an-nalisti romani ha fatto una gloria patria, è antica, ed essascopre la profonda turpitudine morale e politica di que-ste lotte di classe.

72

strati.Molte famiglie cittadine emigrarono cercando nei comu-ni vicini un soggiorno più pacifico.Prova dell'ardente patriottismo del popolo non è giàl'essersi data tale costituzione, ma l'averla saputa tollera-re, e l'avere, a dispetto di tali sconci, mantenuto e difesoil comune in mezzo alle scosse più violente.Il più notorio avvenimento di questi conflitti è l'episodiodi Gneo Marcio, nobile valoroso, il quale fu detto Co-riolano per aver preso d'assalto Corioli. Mosso a sdegnodal rifiuto delle centurie di conferirgli il consolato,avrebbe proposto l'anno 263 = 491, la sospensione,come alcuni narrano, della vendita del frumento dellostato sino a che il popolo, affamato, avesse rinunciato altribunato; altri sostengono ch'egli proponesse senz'altrodi sospendere la potestà tribunizia. Chiamato dai tribunia giudizio capitale avrebbe lasciato la città, ma solo perritornarvi alla testa di un esercito di Volsci; se non chesul punto di conquistare Roma ai nemici della sua pa-tria, tocco il cuore dalle severe parole della madre sua,avrebbe espiato il primo tradimento con un altro, ed am-bedue con la morte.Non sapremmo dire quanto vi sia di vero in questa sto-ria, ma la tradizione, di cui l'ingenuo orgoglio degli an-nalisti romani ha fatto una gloria patria, è antica, ed essascopre la profonda turpitudine morale e politica di que-ste lotte di classe.

72

Page 73: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

D'egual natura è la sorpresa del Campidoglio da parted'una schiera di fuggiaschi politici capitanati da AppioErdonio avvenuta l'anno 294 = 460; essi chiamaronosotto le armi gli schiavi e solo dopo un vivo combatti-mento e coll'aiuto degli accorsi Tuscolani fu possibilealla milizia romana disperdere la banda catilinaria.Lo stesso carattere di fanatica irritazione hanno altri av-venimenti di quel tempo, la cui vera importanza storica,stante l'alterazione delle leggende gentilizie, non si sa-prebbe qui stabilire; così la preponderanza della genteFabia, la quale dal 269 = 485 al 275 = 479 aveva sempreavuto uno dei suoi al consolato, la reazione contro diessi, la loro emigrazione da Roma e la loro distruzionesul Cremera (277 = 477) per opera degli Etruschi.Forse è connessa con questi dissensi la soppressione deldiritto spettante sino allora al magistrato di proporre isuoi successori almeno per uno dei posti (verso l'anno273 = 481).Ancora più odioso fu l'assassinio del tribuno del popoloGneo Genucio, al quale era bastato l'animo di porre inistato di accusa due consoli e che, il mattino del giornodestinato al giudizio, fu trovato morto nel proprio letto(281 = 473).L'immediata conseguenza di questo delitto fu la leggepublilia (283 = 471); che a dir vero passò solo in forzadi un plebiscito, ma che la nobiltà non ebbe il coraggiodi respingere, e rimane tuttavia una delle più importanti

73

D'egual natura è la sorpresa del Campidoglio da parted'una schiera di fuggiaschi politici capitanati da AppioErdonio avvenuta l'anno 294 = 460; essi chiamaronosotto le armi gli schiavi e solo dopo un vivo combatti-mento e coll'aiuto degli accorsi Tuscolani fu possibilealla milizia romana disperdere la banda catilinaria.Lo stesso carattere di fanatica irritazione hanno altri av-venimenti di quel tempo, la cui vera importanza storica,stante l'alterazione delle leggende gentilizie, non si sa-prebbe qui stabilire; così la preponderanza della genteFabia, la quale dal 269 = 485 al 275 = 479 aveva sempreavuto uno dei suoi al consolato, la reazione contro diessi, la loro emigrazione da Roma e la loro distruzionesul Cremera (277 = 477) per opera degli Etruschi.Forse è connessa con questi dissensi la soppressione deldiritto spettante sino allora al magistrato di proporre isuoi successori almeno per uno dei posti (verso l'anno273 = 481).Ancora più odioso fu l'assassinio del tribuno del popoloGneo Genucio, al quale era bastato l'animo di porre inistato di accusa due consoli e che, il mattino del giornodestinato al giudizio, fu trovato morto nel proprio letto(281 = 473).L'immediata conseguenza di questo delitto fu la leggepublilia (283 = 471); che a dir vero passò solo in forzadi un plebiscito, ma che la nobiltà non ebbe il coraggiodi respingere, e rimane tuttavia una delle più importanti

73

Page 74: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

che conosca la storia romana.

12. La legge publilia.Due delle più importanti innovazioni, l'introduzionedell'assemblea popolare delle tribù e il pareggiamentodel plebiscito con la legge deliberata dall'intero comune,si riferiscono, quella certamente, questa probabilmente,alla proposta del tribuno popolare Volerone Publio (283= 471). Finora la plebe aveva deliberato per curie; quin-di, in queste sue assemblee speciali, in parte si votavasolo per persona, senza distinzione del patrimonio e del-la residenza, in parte i clienti delle grandi famiglie nobi-li avevano votato insieme all'assemblea dei plebei, inconseguenza dell'unità dei membri gentilizi, che era nel-la natura dell'assemblea curiale.Tanto l'una quanto l'altra circostanza dava alla nobiltàoccasione di esercitare un'influenza su questa assem-blea, e specialmente di dirigere l'elezione dei tribuni; maentrambe caddero con la nuova maniera di votare perquartieri.Di questi ne erano stati formati quattro nella costituzio-ne serviana, che abbracciavano ugualmente la città e lacampagna. Più tardi, forse nell'anno 259 = 495, il comu-ne romano si era diviso in venti distretti, dei quali i pri-mi quattro comprendevano la città e il suo immediatoterritorio, gli altri sedici la campagna ossia i distrettigentilizi dell'antico agro romano.

74

che conosca la storia romana.

12. La legge publilia.Due delle più importanti innovazioni, l'introduzionedell'assemblea popolare delle tribù e il pareggiamentodel plebiscito con la legge deliberata dall'intero comune,si riferiscono, quella certamente, questa probabilmente,alla proposta del tribuno popolare Volerone Publio (283= 471). Finora la plebe aveva deliberato per curie; quin-di, in queste sue assemblee speciali, in parte si votavasolo per persona, senza distinzione del patrimonio e del-la residenza, in parte i clienti delle grandi famiglie nobi-li avevano votato insieme all'assemblea dei plebei, inconseguenza dell'unità dei membri gentilizi, che era nel-la natura dell'assemblea curiale.Tanto l'una quanto l'altra circostanza dava alla nobiltàoccasione di esercitare un'influenza su questa assem-blea, e specialmente di dirigere l'elezione dei tribuni; maentrambe caddero con la nuova maniera di votare perquartieri.Di questi ne erano stati formati quattro nella costituzio-ne serviana, che abbracciavano ugualmente la città e lacampagna. Più tardi, forse nell'anno 259 = 495, il comu-ne romano si era diviso in venti distretti, dei quali i pri-mi quattro comprendevano la città e il suo immediatoterritorio, gli altri sedici la campagna ossia i distrettigentilizi dell'antico agro romano.

74

Page 75: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

A queste tribù si aggiunse, come ventunesima, la Cru-stumeria, probabilmente subito, per effetto della leggepublilia e per ottenere la necessaria disparità del com-plessivo numero dei voti, e d'allora in poi le assembleeparziali della plebe non ebbero più luogo per curie, maper tribù.In queste sezioni, le quali tutte si fondavano sul posses-so fondiario, votavano esclusivamente i proprietari, masenza differenza di estensione delle proprietà, e cosìcome abitavano insieme nei borghi e villaggi; dunquequesta riunione di tribù, che del resto era esteriormenteimitata da quella delle curie, era propriamente un'assem-blea di ceto medio indipendente: da un lato, infatti, i li-berti e i clienti ne erano esclusi, come persone non pro-prietari, e dall'altro, il grande proprietario non vi erapreponderante, come nelle centurie.Quest'assemblea della plebe (concilium plebis), non eraun'assemblea cittadina generale, nè un'assemblea curialedella plebe, poichè essa non escludeva solo i patrizi, maanche i plebei non proprietari; tuttavia quella plebe eraabbastanza forte per ottenere che la sua deliberazionefosse legalmente pareggiata a quella delle centurie, pur-chè fosse stata prima approvata da tutto il senato.È certo che questa norma era legalmente stabilita giàprima della promulgazione delle dodici tavole; se fu in-trodotta in occasione del plebiscito publilio, non si po-trebbe ora stabilire. Così pure rimane incerto se

75

A queste tribù si aggiunse, come ventunesima, la Cru-stumeria, probabilmente subito, per effetto della leggepublilia e per ottenere la necessaria disparità del com-plessivo numero dei voti, e d'allora in poi le assembleeparziali della plebe non ebbero più luogo per curie, maper tribù.In queste sezioni, le quali tutte si fondavano sul posses-so fondiario, votavano esclusivamente i proprietari, masenza differenza di estensione delle proprietà, e cosìcome abitavano insieme nei borghi e villaggi; dunquequesta riunione di tribù, che del resto era esteriormenteimitata da quella delle curie, era propriamente un'assem-blea di ceto medio indipendente: da un lato, infatti, i li-berti e i clienti ne erano esclusi, come persone non pro-prietari, e dall'altro, il grande proprietario non vi erapreponderante, come nelle centurie.Quest'assemblea della plebe (concilium plebis), non eraun'assemblea cittadina generale, nè un'assemblea curialedella plebe, poichè essa non escludeva solo i patrizi, maanche i plebei non proprietari; tuttavia quella plebe eraabbastanza forte per ottenere che la sua deliberazionefosse legalmente pareggiata a quella delle centurie, pur-chè fosse stata prima approvata da tutto il senato.È certo che questa norma era legalmente stabilita giàprima della promulgazione delle dodici tavole; se fu in-trodotta in occasione del plebiscito publilio, non si po-trebbe ora stabilire. Così pure rimane incerto se

75

Page 76: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'aumento del numero dei tribuni da due a quattro fossestato stabilito da questa legge o anteriormente.

13. Legge agraria di Spurio Cassio.Con maggior portata ed efficacia di tutte queste provvi-denze di parte fu concertato il tentativo di Spurio Cassioper frenare l'onnipotenza economica dei ricchi e toglierein tal modo la vera sorgente del male. Costui era patrizioe nessuno lo superava nella sua classe nè per nobiltà nèper fama; dopo due trionfi, nel terzo consolato (268 =486) egli fece la proposta di misurare i beni comunali edi appaltarli in parte in pro' del pubblico tesoro ed inparte di dividerli fra i cittadini poveri. Con siffatta pro-posta egli intendeva levare di mano al senato la facoltàdi disporre dei dominî pubblici, e, facendo assegnamen-to sull'appoggio della borghesia, tentò di porre fine alturpe abuso delle usurpazioni.Certo dovette credere che i suoi pregi personali potesse-ro far riconoscere la giustizia e la saggezza della propo-sta anche tra il fluttuare delle passioni e della viltà: mas'ingannò. I nobili si sollevarono come un sol uomo, iplebei ricchi si misero dalla parte loro; il popolo minutoera malcontento perchè Spurio Cassio voleva, comel'imponevano i patti della lega e l'equità, che nella divi-sione avessero parte anche i federati latini. Cassio do-vette morire. Vi ha del vero nell'accusa che egli volessearrogarsi un potere sovrano, perchè di fatti egli prese atutelare quasi come i re la libera plebe contro la casta a

76

l'aumento del numero dei tribuni da due a quattro fossestato stabilito da questa legge o anteriormente.

13. Legge agraria di Spurio Cassio.Con maggior portata ed efficacia di tutte queste provvi-denze di parte fu concertato il tentativo di Spurio Cassioper frenare l'onnipotenza economica dei ricchi e toglierein tal modo la vera sorgente del male. Costui era patrizioe nessuno lo superava nella sua classe nè per nobiltà nèper fama; dopo due trionfi, nel terzo consolato (268 =486) egli fece la proposta di misurare i beni comunali edi appaltarli in parte in pro' del pubblico tesoro ed inparte di dividerli fra i cittadini poveri. Con siffatta pro-posta egli intendeva levare di mano al senato la facoltàdi disporre dei dominî pubblici, e, facendo assegnamen-to sull'appoggio della borghesia, tentò di porre fine alturpe abuso delle usurpazioni.Certo dovette credere che i suoi pregi personali potesse-ro far riconoscere la giustizia e la saggezza della propo-sta anche tra il fluttuare delle passioni e della viltà: mas'ingannò. I nobili si sollevarono come un sol uomo, iplebei ricchi si misero dalla parte loro; il popolo minutoera malcontento perchè Spurio Cassio voleva, comel'imponevano i patti della lega e l'equità, che nella divi-sione avessero parte anche i federati latini. Cassio do-vette morire. Vi ha del vero nell'accusa che egli volessearrogarsi un potere sovrano, perchè di fatti egli prese atutelare quasi come i re la libera plebe contro la casta a

76

Page 77: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cui egli apparteneva. La sua legge fu seppellita con lui,ma il suo spettro, d'allora in poi, affacciavasi incessante-mente alla memoria dei ricchi e senza posa sorgeva con-tro essi, fino a che per le continue lotte la repubblica sisfasciò.

14. I decemviri. Allora fu fatto un altro tentativo per togliere di mezzo ilpotere tribunizio assicurando al popolo in un modo piùlegale e più efficace l'eguaglianza di diritto. Il tribunodel popolo Gaio Terentilio Arsa propose (292 = 462) lanomina di una commissione composta di cinque membriper la formazione d'un codice comune, che in avveniredovesse servire di norma ai consoli nell'esercizio delloro potere giudiziario. Passarono dieci anni prima chesi desse esecuzione a questa proposta – anni della piùviolenta lotta tra le varie classi della repubblica e per so-prappiù travagliati da guerre esterne e da disordini inter-ni. Con pertinacia eguale da ambedue le parti, la fazioneche governava si opponeva alla sanzione della legge, e ilcomune nominava sempre gli stessi tribuni.Si tentò col mezzo di altre concessioni di scongiurare laprocella, e l'anno 297 = 457 fu accordato l'aumento deitribuni da cinque a dieci – concessione, a dir vero, nonmolto profittevole.Nell'anno seguente l'Aventino, fino allora boschetto sa-cro e inabitato, fu, in forza d'un plebiscito icilico, che

77

cui egli apparteneva. La sua legge fu seppellita con lui,ma il suo spettro, d'allora in poi, affacciavasi incessante-mente alla memoria dei ricchi e senza posa sorgeva con-tro essi, fino a che per le continue lotte la repubblica sisfasciò.

14. I decemviri. Allora fu fatto un altro tentativo per togliere di mezzo ilpotere tribunizio assicurando al popolo in un modo piùlegale e più efficace l'eguaglianza di diritto. Il tribunodel popolo Gaio Terentilio Arsa propose (292 = 462) lanomina di una commissione composta di cinque membriper la formazione d'un codice comune, che in avveniredovesse servire di norma ai consoli nell'esercizio delloro potere giudiziario. Passarono dieci anni prima chesi desse esecuzione a questa proposta – anni della piùviolenta lotta tra le varie classi della repubblica e per so-prappiù travagliati da guerre esterne e da disordini inter-ni. Con pertinacia eguale da ambedue le parti, la fazioneche governava si opponeva alla sanzione della legge, e ilcomune nominava sempre gli stessi tribuni.Si tentò col mezzo di altre concessioni di scongiurare laprocella, e l'anno 297 = 457 fu accordato l'aumento deitribuni da cinque a dieci – concessione, a dir vero, nonmolto profittevole.Nell'anno seguente l'Aventino, fino allora boschetto sa-cro e inabitato, fu, in forza d'un plebiscito icilico, che

77

Page 78: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

venne registrato fra i privilegi giurati del comune, divisotra le classi dei cittadini più poveri per fabbricarvi casedi cui essi avrebbero potuto conservare e trasmettere ilpossesso.Il popolo accettava questi pegni di conciliazione, manon cessava dall'insistere per avere il codice. Finalmen-te, nell'anno 300 = 454, si venne ad un accordo: il sena-to cedette su questo punto e fu decisa la compilazionedel codice.Per tale lavoro dovevano essere scelti, in via straordina-ria, dieci membri delle centurie, i quali, nel tempo stes-so, dovevano fungere da supremi magistrati in luogo deiconsoli (decemviri consulari imperio legibus scribun-dis), e a questo posto non dovevano essere eleggibilisolo i patrizi, ma anche i plebei. Questi furono dichiara-ti, così, per la prima volta, eleggibili ad un ufficio pub-blico, sia pure straordinario.Fu questo un primo passo innanzi verso la piena ugua-glianza politica, e fu pagato colla soppressione del tribu-nato popolare, e con la sospensione del diritto di appelloper la durata del decemvirato. I decemviri si obbligaro-no soltanto a non toccare le libertà giurate del comune.Prima però fu mandata un'ambasceria in Grecia per ri-portarne le leggi di Solone ed altre leggi greche, e, solodopo il ritorno di essa, furono scelti i decemviri perl'anno 303 = 451.Ma benchè si potessero eleggere anche i plebei, la scelta

78

venne registrato fra i privilegi giurati del comune, divisotra le classi dei cittadini più poveri per fabbricarvi casedi cui essi avrebbero potuto conservare e trasmettere ilpossesso.Il popolo accettava questi pegni di conciliazione, manon cessava dall'insistere per avere il codice. Finalmen-te, nell'anno 300 = 454, si venne ad un accordo: il sena-to cedette su questo punto e fu decisa la compilazionedel codice.Per tale lavoro dovevano essere scelti, in via straordina-ria, dieci membri delle centurie, i quali, nel tempo stes-so, dovevano fungere da supremi magistrati in luogo deiconsoli (decemviri consulari imperio legibus scribun-dis), e a questo posto non dovevano essere eleggibilisolo i patrizi, ma anche i plebei. Questi furono dichiara-ti, così, per la prima volta, eleggibili ad un ufficio pub-blico, sia pure straordinario.Fu questo un primo passo innanzi verso la piena ugua-glianza politica, e fu pagato colla soppressione del tribu-nato popolare, e con la sospensione del diritto di appelloper la durata del decemvirato. I decemviri si obbligaro-no soltanto a non toccare le libertà giurate del comune.Prima però fu mandata un'ambasceria in Grecia per ri-portarne le leggi di Solone ed altre leggi greche, e, solodopo il ritorno di essa, furono scelti i decemviri perl'anno 303 = 451.Ma benchè si potessero eleggere anche i plebei, la scelta

78

Page 79: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cadde soltanto sui patrizi, così potente era ancora la no-biltà; e appena nel 304 = 450, quando fu necessaria unanuova elezione, vennero eletti pure alcuni plebei, e furo-no i primi magistrati non nobili che abbia avuto il comu-ne romano.Considerando queste misure nella loro connessione sipuò difficilmente attribuire alle medesime altro scopooltre quello che il potere consolare venisse, d'ora innan-zi, limitato dalla legge scritta anzichè dall'opposizionetribunizia. Da ambe le parti, a quanto pare, era nata lapersuasione che le cose non potessero durare in questomodo, e che la continuazione dell'anarchia mettesse inpericolo di perdizione la repubblica senza recare alcunsostanziale vantaggio nè all'uno nè all'altro partito. Gliuomini assennati dovettero riconoscere che l'ingerenzadei tribuni nell'amministrazione pubblica, e la loro atti-vità nel sindacare e nell'accusare, riuscivano in tuttoperniciose alla repubblica, e che l'unico vantaggio realerecato dal tribunato al popolo era una certa tutela controla parzialità dei magistrati giudiziari, dei quali, quasi amodo di una corte di cassazione, frenava l'arbitrio. Certoche allora, quando i plebei chiesero un codice di leggiscritte, fu dai patrizi risposto che in tal caso la protezio-ne tribunizia sarebbe stata superflua; osservazione allaquale pare che ambedue le parti si accomodassero. Nonci vien detto con chiarezza, e forse nemmeno allora fuchiaramente prestabilito, come le cose si sarebbero com-poste dopo la compilazione del codice; se non che era

79

cadde soltanto sui patrizi, così potente era ancora la no-biltà; e appena nel 304 = 450, quando fu necessaria unanuova elezione, vennero eletti pure alcuni plebei, e furo-no i primi magistrati non nobili che abbia avuto il comu-ne romano.Considerando queste misure nella loro connessione sipuò difficilmente attribuire alle medesime altro scopooltre quello che il potere consolare venisse, d'ora innan-zi, limitato dalla legge scritta anzichè dall'opposizionetribunizia. Da ambe le parti, a quanto pare, era nata lapersuasione che le cose non potessero durare in questomodo, e che la continuazione dell'anarchia mettesse inpericolo di perdizione la repubblica senza recare alcunsostanziale vantaggio nè all'uno nè all'altro partito. Gliuomini assennati dovettero riconoscere che l'ingerenzadei tribuni nell'amministrazione pubblica, e la loro atti-vità nel sindacare e nell'accusare, riuscivano in tuttoperniciose alla repubblica, e che l'unico vantaggio realerecato dal tribunato al popolo era una certa tutela controla parzialità dei magistrati giudiziari, dei quali, quasi amodo di una corte di cassazione, frenava l'arbitrio. Certoche allora, quando i plebei chiesero un codice di leggiscritte, fu dai patrizi risposto che in tal caso la protezio-ne tribunizia sarebbe stata superflua; osservazione allaquale pare che ambedue le parti si accomodassero. Nonci vien detto con chiarezza, e forse nemmeno allora fuchiaramente prestabilito, come le cose si sarebbero com-poste dopo la compilazione del codice; se non che era

79

Page 80: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

presumibile l'intenzione che i decemviri, nell'atto diuscire d'ufficio, dovessero proporre al popolo di rinun-ziare alla tutela tribunizia e di lasciar fare ai consoli, orache questi non potevano più giudicare ad arbitrio, maerano legati dalla legge scritta.

15. Leggi delle dodici tavole.Se questo è proprio stato il disegno degli statisti romani,non se ne potrebbe negare la saviezza; ma resta a vederese gli animi, tanto acerbamente eccitati da ambe le parti,avrebbero potuto accettare un tal componimento. I de-cemviri dell'anno 303 = 451 portarono il codice che ave-vano compilato, innanzi al popolo che lo accettò; onde ilcodice fu inciso sopra dieci tavole di rame ed affisso nelforo sulla tribuna dinanzi alla curia. Sembrando poi es-sere necessario un supplemento, si nominarono perl'anno 304 = 450 nuovi decemviri, i quali aggiunsero al-tre due tavole. Così nacque il primo ed unico codice ro-mano: la legge delle dodici tavole. Nacque da un com-promesso delle parti contendenti, ed appunto per ciònon può aver contenuto alcuna importante modificazio-ne all'esistente diritto che uscisse dalla sfera delle misu-re di convenienza e di poliza. Persino negli affari di cre-dito non fu introdotta altra modificazione se non quellache fissava il massimo degli interessi al 10%, e per cuigli usurai furono minacciati di dura pena: pena, giovanotare, molto più aspra per l'usura che non per il furto. Ilprocesso per debiti rimase, almeno nei suoi tratti carat-

80

presumibile l'intenzione che i decemviri, nell'atto diuscire d'ufficio, dovessero proporre al popolo di rinun-ziare alla tutela tribunizia e di lasciar fare ai consoli, orache questi non potevano più giudicare ad arbitrio, maerano legati dalla legge scritta.

15. Leggi delle dodici tavole.Se questo è proprio stato il disegno degli statisti romani,non se ne potrebbe negare la saviezza; ma resta a vederese gli animi, tanto acerbamente eccitati da ambe le parti,avrebbero potuto accettare un tal componimento. I de-cemviri dell'anno 303 = 451 portarono il codice che ave-vano compilato, innanzi al popolo che lo accettò; onde ilcodice fu inciso sopra dieci tavole di rame ed affisso nelforo sulla tribuna dinanzi alla curia. Sembrando poi es-sere necessario un supplemento, si nominarono perl'anno 304 = 450 nuovi decemviri, i quali aggiunsero al-tre due tavole. Così nacque il primo ed unico codice ro-mano: la legge delle dodici tavole. Nacque da un com-promesso delle parti contendenti, ed appunto per ciònon può aver contenuto alcuna importante modificazio-ne all'esistente diritto che uscisse dalla sfera delle misu-re di convenienza e di poliza. Persino negli affari di cre-dito non fu introdotta altra modificazione se non quellache fissava il massimo degli interessi al 10%, e per cuigli usurai furono minacciati di dura pena: pena, giovanotare, molto più aspra per l'usura che non per il furto. Ilprocesso per debiti rimase, almeno nei suoi tratti carat-

80

Page 81: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

teristici, rigido e crudele come era prima. E ancor menos'introdussero cambiamenti nelle relazioni e nei dirittipolitici; la differenza tra i cittadini che pagavano le tassee i nullatenenti, l'invalidità del matrimonio tra nobili eplebei furono riconfermate nel nuovo codice urbano, eallo scopo di stabilire un limite negli arbitrii dei magi-strati e una tutela per i cittadini, fu prescritto espressa-mente che la legge più recente dovesse sempre prevaleresulla più antica, e che nessun plebiscito potesse promuo-versi contro un singolo cittadino. Ciò che merita la mas-sima attenzione è l'esclusione dell'appello in affari capi-tali ai comizi tributi, mentre fu mantenuto l'appello allecenturie: fatto che non si saprebbe spiegare altrimenti senon supponendo che si avesse di mira la soppressionedel potere tribunizio e quindi anche quella dei processicriminali tribunizi. L'essenziale importanza politica delcodice era non tanto nella sostanza delle disposizioni,quanto nell'obbligo che veniva di necessità imposto aiconsoli di amministrare la giustizia secondo prestabiliteforme di procedura e comuni norme di diritto, e nellapubblica affissione del codice delle leggi, per cuil'amministrazione della giustizia fu assoggettata al con-trollo del pubblico ed il console fu costretto a rendere atutti indistintamente eguale giustizia.

16. Caduta dei decemviri.La fine del decemvirato è oscura. Il codice urbano eraterminato; non restava ai decemviri che pubblicare le ul-

81

teristici, rigido e crudele come era prima. E ancor menos'introdussero cambiamenti nelle relazioni e nei dirittipolitici; la differenza tra i cittadini che pagavano le tassee i nullatenenti, l'invalidità del matrimonio tra nobili eplebei furono riconfermate nel nuovo codice urbano, eallo scopo di stabilire un limite negli arbitrii dei magi-strati e una tutela per i cittadini, fu prescritto espressa-mente che la legge più recente dovesse sempre prevaleresulla più antica, e che nessun plebiscito potesse promuo-versi contro un singolo cittadino. Ciò che merita la mas-sima attenzione è l'esclusione dell'appello in affari capi-tali ai comizi tributi, mentre fu mantenuto l'appello allecenturie: fatto che non si saprebbe spiegare altrimenti senon supponendo che si avesse di mira la soppressionedel potere tribunizio e quindi anche quella dei processicriminali tribunizi. L'essenziale importanza politica delcodice era non tanto nella sostanza delle disposizioni,quanto nell'obbligo che veniva di necessità imposto aiconsoli di amministrare la giustizia secondo prestabiliteforme di procedura e comuni norme di diritto, e nellapubblica affissione del codice delle leggi, per cuil'amministrazione della giustizia fu assoggettata al con-trollo del pubblico ed il console fu costretto a rendere atutti indistintamente eguale giustizia.

16. Caduta dei decemviri.La fine del decemvirato è oscura. Il codice urbano eraterminato; non restava ai decemviri che pubblicare le ul-

81

Page 82: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

time due tavole e lasciare poi il posto alla magistraturaordinaria.Ma essi indugiavano, e, col pretesto che la legge non eraancora ultimata, continuarono nel loro ufficio anchedopo passato l'anno, ciò che secondo le leggi costituzio-nali di Roma era possibile, poichè il magistrato, ancor-chè eletto temporaneamente, non perdeva la podestà checolla formale rinunzia all'ufficio. Si narra che la partemoderata della aristocrazia, capitanata dai Valeri e dagliOrazii, tentasse di ottenere con la forza, in senato, la di-missione dei decemviri, ma il loro capo Appio Claudio,rigido assertore dei privilegi gentilizi, che ora parevavolgere a demagogo, ottenne presso la maggior parte deisenatori la preponderanza ed anche il popolo vi si rasse-gnò. Fu eseguita senza contrarietà la leva di un doppioesercito, e si iniziò la guerra contro i Volsci ed i Sabini.Fu in quei giorni trovato morto presso il campo, assassi-nato, dicevasi, per mandato dei decemviri, l'antico tribu-no del popolo Lucio Siccio Dentato, il più valoroso cit-tadino di Roma, il quale aveva combattuto in centoventibattaglie, e portava sul suo corpo quarantacinque onore-voli cicatrici.Questo fatto aveva commosso gli animi a sdegno; ilquale traboccò in aperta ribellione per l'ingiusta senten-za pronunciata da Appio contro la figlia del centurioneLucio Virginio, fidanzata al già tribuno del popolo Lu-cio Icilio, sentenza che rapì ai suoi genitori la figlia, e la

82

time due tavole e lasciare poi il posto alla magistraturaordinaria.Ma essi indugiavano, e, col pretesto che la legge non eraancora ultimata, continuarono nel loro ufficio anchedopo passato l'anno, ciò che secondo le leggi costituzio-nali di Roma era possibile, poichè il magistrato, ancor-chè eletto temporaneamente, non perdeva la podestà checolla formale rinunzia all'ufficio. Si narra che la partemoderata della aristocrazia, capitanata dai Valeri e dagliOrazii, tentasse di ottenere con la forza, in senato, la di-missione dei decemviri, ma il loro capo Appio Claudio,rigido assertore dei privilegi gentilizi, che ora parevavolgere a demagogo, ottenne presso la maggior parte deisenatori la preponderanza ed anche il popolo vi si rasse-gnò. Fu eseguita senza contrarietà la leva di un doppioesercito, e si iniziò la guerra contro i Volsci ed i Sabini.Fu in quei giorni trovato morto presso il campo, assassi-nato, dicevasi, per mandato dei decemviri, l'antico tribu-no del popolo Lucio Siccio Dentato, il più valoroso cit-tadino di Roma, il quale aveva combattuto in centoventibattaglie, e portava sul suo corpo quarantacinque onore-voli cicatrici.Questo fatto aveva commosso gli animi a sdegno; ilquale traboccò in aperta ribellione per l'ingiusta senten-za pronunciata da Appio contro la figlia del centurioneLucio Virginio, fidanzata al già tribuno del popolo Lu-cio Icilio, sentenza che rapì ai suoi genitori la figlia, e la

82

Page 83: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dichiarò serva e senza diritto, ciò che spinse il padre adimmergere coram populo il pugnale nel petto della pro-pria figlia per toglierla all'inevitabile disonore. Mentrela folla, attonita per l'inaudito caso, stava contemplandoil cadavere della bella vergine, il decemviro comandòalle sue guardie di tradurre dinanzi al suo tribunale il pa-dre e lo sposo per rendergli ragione dell'essersi ribellatial suo potere e alla inappellabile sua sentenza. Questodiede il tracollo alla bilancia. Protetti dalla frementemoltitudine, il padre e lo sposo della vergine si sottrag-gono ai birri del despota e, mentre in Roma il senato tre-ma e vacilla, i due sventurati, accompagnati da gran nu-mero di testimoni dell'orrendo fatto, si mostrano nei duecampi. Narrano il caso inaudito; tutti riconosconol'immenso vuoto lasciato dalla mancanza della protezio-ne tribunizia per la sicurezza del diritto; ed i figli ripeto-no ciò che avevano fatto i loro padri. Un'altra volta glieserciti abbandonano i loro duci, attraversano la cittàserbando gli ordini della milizia e si recano di nuovo sulMonte sacro, ove eleggono i tribuni. I decemviri rifiuta-no, sulle prime, di deporre la carica; onde l'esercito ac-compagnato dai suoi tribuni torna in città e si accampasull'Aventino. Finalmente, quando la guerra civile giàstava per prorompere e in ogni momento potevano perle vie cominciare le stragi, i decemviri cedono l'usurpatoe disonorato potere, e Lucio Valerio e Marco Orazio sifrappongono mediatori per un secondo accomodamento,in forza del quale venne ripristinato il tribunato del po-polo. Le accuse contro i decemviri terminarono con la

83

dichiarò serva e senza diritto, ciò che spinse il padre adimmergere coram populo il pugnale nel petto della pro-pria figlia per toglierla all'inevitabile disonore. Mentrela folla, attonita per l'inaudito caso, stava contemplandoil cadavere della bella vergine, il decemviro comandòalle sue guardie di tradurre dinanzi al suo tribunale il pa-dre e lo sposo per rendergli ragione dell'essersi ribellatial suo potere e alla inappellabile sua sentenza. Questodiede il tracollo alla bilancia. Protetti dalla frementemoltitudine, il padre e lo sposo della vergine si sottrag-gono ai birri del despota e, mentre in Roma il senato tre-ma e vacilla, i due sventurati, accompagnati da gran nu-mero di testimoni dell'orrendo fatto, si mostrano nei duecampi. Narrano il caso inaudito; tutti riconosconol'immenso vuoto lasciato dalla mancanza della protezio-ne tribunizia per la sicurezza del diritto; ed i figli ripeto-no ciò che avevano fatto i loro padri. Un'altra volta glieserciti abbandonano i loro duci, attraversano la cittàserbando gli ordini della milizia e si recano di nuovo sulMonte sacro, ove eleggono i tribuni. I decemviri rifiuta-no, sulle prime, di deporre la carica; onde l'esercito ac-compagnato dai suoi tribuni torna in città e si accampasull'Aventino. Finalmente, quando la guerra civile giàstava per prorompere e in ogni momento potevano perle vie cominciare le stragi, i decemviri cedono l'usurpatoe disonorato potere, e Lucio Valerio e Marco Orazio sifrappongono mediatori per un secondo accomodamento,in forza del quale venne ripristinato il tribunato del po-polo. Le accuse contro i decemviri terminarono con la

83

Page 84: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

condanna dei due rei principali Appio Claudio e SpurioOppio, che si tolsero la vita nel carcere; gli altri otto fu-rono mandati in esilio; i loro beni vennero confiscati apro' della repubblica. L'assennato e moderato tribunoMarco Duilio, usando prudentemente del suo veto, im-pedì ogni ulteriore persecuzione giuridica.

17. Ripristino del tribunato.Tale la storia, la quale, come al solito, ci rappresenta ifatti trascurando le cause. Non pare verosimile che lasola causa che provocò la restaurazione della podestàtribunizia sia stata qualche riprovevole azione di uno deidecemviri. Dopo la caduta dei re e l'introduzione del tri-bunato popolare, il decemvirato fu la terza grande vitto-ria della plebe, ed è abbastanza spiegabile la esacerba-zione del partito dominante contro l'istituzione e controAppio Claudio, capo della plebe. I plebei avevano otte-nuto con ciò il passivo diritto di elezione al supremo uf-ficio e il codice civile; e non erano essi quelli che ave-vano interesse di rivoltarsi contro la nuova magistraturae di restaurare, con la forza delle armi, il governo conso-lare, schiettamente patrizio.Questo scopo si dovette avere solo dal partito dei nobili;e se i decemviri patrizi-plebei hanno fatto il tentativo dimantenersi in carica al di là del termine fissato, furonocerto i nobili che non avevano trascurato di far notarecome anche alla plebe fossero stati diminuiti i dirittigiurati, e fosse stato tolto il tribunato.

84

condanna dei due rei principali Appio Claudio e SpurioOppio, che si tolsero la vita nel carcere; gli altri otto fu-rono mandati in esilio; i loro beni vennero confiscati apro' della repubblica. L'assennato e moderato tribunoMarco Duilio, usando prudentemente del suo veto, im-pedì ogni ulteriore persecuzione giuridica.

17. Ripristino del tribunato.Tale la storia, la quale, come al solito, ci rappresenta ifatti trascurando le cause. Non pare verosimile che lasola causa che provocò la restaurazione della podestàtribunizia sia stata qualche riprovevole azione di uno deidecemviri. Dopo la caduta dei re e l'introduzione del tri-bunato popolare, il decemvirato fu la terza grande vitto-ria della plebe, ed è abbastanza spiegabile la esacerba-zione del partito dominante contro l'istituzione e controAppio Claudio, capo della plebe. I plebei avevano otte-nuto con ciò il passivo diritto di elezione al supremo uf-ficio e il codice civile; e non erano essi quelli che ave-vano interesse di rivoltarsi contro la nuova magistraturae di restaurare, con la forza delle armi, il governo conso-lare, schiettamente patrizio.Questo scopo si dovette avere solo dal partito dei nobili;e se i decemviri patrizi-plebei hanno fatto il tentativo dimantenersi in carica al di là del termine fissato, furonocerto i nobili che non avevano trascurato di far notarecome anche alla plebe fossero stati diminuiti i dirittigiurati, e fosse stato tolto il tribunato.

84

Page 85: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Se alla nobiltà riuscì di allontanare i decemviri, è purefacilmente concepibile che, dopo la caduta di essi, laplebe si mettesse nuovamente in armi, per garantire a sestessa, tanto i risultati della precedente rivoluzione del260, come anche quelli di questo moto recente, e le leg-gi valerie-orazie del 305 = 449, non si possono com-prendere che come compromesso in questo conflitto.Il nuovo componimento riuscì, come era naturale, dipieno vantaggio ai plebei e ridusse in più angusti limitiil potere dei nobili. Il codice urbano, estorto alla nobiltà,le cui ultime due tavole furono pubblicate posteriormen-te, venne conservato nel rimaneggiamento dello stato, ei consoli furono costretti ad adeguarvisi. Le tribù perdet-tero con ciò, senza dubbio la giurisdizione nei processicapitali, ma in compenso fu decretato che, in avvenire,ogni magistrato, quindi anche il dittatore, all'atto dellasua nomina, dovesse obbligarsi a concedere l'appello;colui che nominasse un magistrato senza farsi carico diquesta prescrizione era condannato nel capo.Del resto, il dittatore conservava tutto il potere e il tribu-no, in ispecial modo, non poteva annullare le sue dispo-sizioni come annullava quelle dei consoli. Rimaneva aitribuni la facoltà di decretare illimitate multe pecuniariee di portare tali decreti innanzi ai comizi tributi, e conciò essi avevano un mezzo più che sufficiente per annul-lare la consistenza politica d'un avversario. Un'altra no-vità fu quella di accordare ai tribuni ed ai comizi tributiuna influenza nell'amministrazione e nelle finanze. Ven-

85

Se alla nobiltà riuscì di allontanare i decemviri, è purefacilmente concepibile che, dopo la caduta di essi, laplebe si mettesse nuovamente in armi, per garantire a sestessa, tanto i risultati della precedente rivoluzione del260, come anche quelli di questo moto recente, e le leg-gi valerie-orazie del 305 = 449, non si possono com-prendere che come compromesso in questo conflitto.Il nuovo componimento riuscì, come era naturale, dipieno vantaggio ai plebei e ridusse in più angusti limitiil potere dei nobili. Il codice urbano, estorto alla nobiltà,le cui ultime due tavole furono pubblicate posteriormen-te, venne conservato nel rimaneggiamento dello stato, ei consoli furono costretti ad adeguarvisi. Le tribù perdet-tero con ciò, senza dubbio la giurisdizione nei processicapitali, ma in compenso fu decretato che, in avvenire,ogni magistrato, quindi anche il dittatore, all'atto dellasua nomina, dovesse obbligarsi a concedere l'appello;colui che nominasse un magistrato senza farsi carico diquesta prescrizione era condannato nel capo.Del resto, il dittatore conservava tutto il potere e il tribu-no, in ispecial modo, non poteva annullare le sue dispo-sizioni come annullava quelle dei consoli. Rimaneva aitribuni la facoltà di decretare illimitate multe pecuniariee di portare tali decreti innanzi ai comizi tributi, e conciò essi avevano un mezzo più che sufficiente per annul-lare la consistenza politica d'un avversario. Un'altra no-vità fu quella di accordare ai tribuni ed ai comizi tributiuna influenza nell'amministrazione e nelle finanze. Ven-

85

Page 86: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ne tolta l'amministrazione della cassa di guerra ai conso-li e data a due pagatori, (quaestores), i quali furono perla prima volta nominati nell'anno 307 = 447 dai tribuni edai loro comizi, ma scelti fra i nobili; queste elezioniall'ufficio di questore furono i primi plebisciti ai qualivenisse accordata incontestabile forza di legge, e aquest'uopo si dovette concedere ai tribuni anche il dirittoaugurale.Di maggior conseguenza fu la concessione fatta ai tribu-ni di un voto consultivo in senato. Veramente pareva alsenato cosa disdicevole alla sua dignità l'ammettere i tri-buni nella sala delle adunanze; fu quindi loro assegnatouno sgabello sull'uscio, dal quale potessero assistere allediscussioni. Ma non si poteva ormai più impedire che itribuni prendessero la parola contro qualunque decretodel senato che a loro non piacesse, e che venisse for-mandosi il nuovo principio, che acquistò forza solo coltempo, che qualsiasi senatoconsulto o plebiscito potesseessere sospeso da un semplice veto di un tribuno.E finalmente, per garantirsi contro ogni supposizione ofalsificazione, fu ordinato che i senatoconsulti venisserocustoditi non solo nel tempio di Saturno dai questori ur-bani che appartenevano ai patrizi, ma anche dagli ediliplebei nel tempio di Cerere. Così questa lotta, comincia-ta per sopprimere il potere tribunizio, terminò invececollo stabilire definitivamente ai tribuni il diritto tanto dicassare, dietro appello dei gravati, i singoli atti del go-verno, quanto di infirmare a loro talento ogni decisione

86

ne tolta l'amministrazione della cassa di guerra ai conso-li e data a due pagatori, (quaestores), i quali furono perla prima volta nominati nell'anno 307 = 447 dai tribuni edai loro comizi, ma scelti fra i nobili; queste elezioniall'ufficio di questore furono i primi plebisciti ai qualivenisse accordata incontestabile forza di legge, e aquest'uopo si dovette concedere ai tribuni anche il dirittoaugurale.Di maggior conseguenza fu la concessione fatta ai tribu-ni di un voto consultivo in senato. Veramente pareva alsenato cosa disdicevole alla sua dignità l'ammettere i tri-buni nella sala delle adunanze; fu quindi loro assegnatouno sgabello sull'uscio, dal quale potessero assistere allediscussioni. Ma non si poteva ormai più impedire che itribuni prendessero la parola contro qualunque decretodel senato che a loro non piacesse, e che venisse for-mandosi il nuovo principio, che acquistò forza solo coltempo, che qualsiasi senatoconsulto o plebiscito potesseessere sospeso da un semplice veto di un tribuno.E finalmente, per garantirsi contro ogni supposizione ofalsificazione, fu ordinato che i senatoconsulti venisserocustoditi non solo nel tempio di Saturno dai questori ur-bani che appartenevano ai patrizi, ma anche dagli ediliplebei nel tempio di Cerere. Così questa lotta, comincia-ta per sopprimere il potere tribunizio, terminò invececollo stabilire definitivamente ai tribuni il diritto tanto dicassare, dietro appello dei gravati, i singoli atti del go-verno, quanto di infirmare a loro talento ogni decisione

86

Page 87: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dei poteri costituiti dello stato.Con i più sacri giuramenti e con tutto ciò che la religio-ne offriva di più reverendo fu assicurata tanto la personadei tribuni quanto la non interrotta durata ed il numerocompiuto del loro collegio.E d'allora in poi a Roma non fu fatto più alcun tentativoper sopprimere questa magistratura.

87

dei poteri costituiti dello stato.Con i più sacri giuramenti e con tutto ciò che la religio-ne offriva di più reverendo fu assicurata tanto la personadei tribuni quanto la non interrotta durata ed il numerocompiuto del loro collegio.E d'allora in poi a Roma non fu fatto più alcun tentativoper sopprimere questa magistratura.

87

Page 88: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

TERZO CAPITOLOLA PEREQUAZIONE DEI CETIE LA NUOVA ARISTOCRAZIA

1. Unione dei plebei.Sembra che i sommovimenti a cui diede occasione il tri-bunato siano nati dalle sproporzioni sociali e non dallepolitiche, e vi sono buone ragioni per credere che unaparte dei ricchi plebei assunti in senato non fosse menoostile a quelle novità che i patrizi; poichè i privilegi,contro i quali i tumulti erano diretti, tornavano anche aloro vantaggio; e sebbene sotto altro rispetto essi si tro-vassero lasciati da parte, non sarà loro sembrato quelloessere tempo opportuno per far valere i loro diritti e par-tecipare alle magistrature quando tutto il senato era mi-nacciato della perdita delle sue speciali prerogative eco-nomiche.Così si spiega come durante i primi cinquant'anni dellarepubblica non sia stato mosso un passo che direttamen-te accennasse alla parificazione politica dei ceti. Maquesta lega dei patrizi con i ricchi plebei non offrivaperò garanzia di lunga durata.Non vi è dubbio che una parte delle più illustri famiglieplebee fosse, fin da principio, associata al partito dellarivoluzione, sia per sentimento di equità verso i loroconsorti, sia in grazia della naturale consociazione di

88

TERZO CAPITOLOLA PEREQUAZIONE DEI CETIE LA NUOVA ARISTOCRAZIA

1. Unione dei plebei.Sembra che i sommovimenti a cui diede occasione il tri-bunato siano nati dalle sproporzioni sociali e non dallepolitiche, e vi sono buone ragioni per credere che unaparte dei ricchi plebei assunti in senato non fosse menoostile a quelle novità che i patrizi; poichè i privilegi,contro i quali i tumulti erano diretti, tornavano anche aloro vantaggio; e sebbene sotto altro rispetto essi si tro-vassero lasciati da parte, non sarà loro sembrato quelloessere tempo opportuno per far valere i loro diritti e par-tecipare alle magistrature quando tutto il senato era mi-nacciato della perdita delle sue speciali prerogative eco-nomiche.Così si spiega come durante i primi cinquant'anni dellarepubblica non sia stato mosso un passo che direttamen-te accennasse alla parificazione politica dei ceti. Maquesta lega dei patrizi con i ricchi plebei non offrivaperò garanzia di lunga durata.Non vi è dubbio che una parte delle più illustri famiglieplebee fosse, fin da principio, associata al partito dellarivoluzione, sia per sentimento di equità verso i loroconsorti, sia in grazia della naturale consociazione di

88

Page 89: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tutti quelli che si vedevano esclusi dal potere, sia final-mente perchè compresero che a lungo andare era inevi-tabile fare concessioni alla moltitudine, e che tali con-cessioni, usate con buon avvedimento, avrebbero avutoper risultato la soppressione dei diritti particolari del pa-triziato, e avrebbero procacciato all'aristocrazia plebeala preponderanza decisiva nello stato.Quando questa persuasione fosse penetrata, come nonpoteva mancare, in un maggior numero di famiglie, equando l'aristocrazia plebea si fosse messa alla testa delsuo ceto per osteggiare la nobiltà di origine, essa nel tri-bunato veniva a trovare un mezzo legale per condurre eregolare la guerra civile, e poteva combattere mercè ilcrescente impoverimento della moltitudine nuove batta-glie sociali, per costringere il patriziato ad accettare ipatti e per aprirsi l'adito alla magistratura, frapponendosimediatrice fra i due opposti partiti.Questa naturale inclinazione dei partiti si manifestò irre-sistibile subito dopo la caduta dei decemviri. Si era inquella occasione pienamente chiarita l'impossibilità disopprimere il tribunato popolare; l'aristocrazia plebeanon poteva far nulla di meglio che impadronirsi di que-sta possente leva e servirsene affine di far cessare l'infe-riorità politica del proprio ceto.

2. Comunanza di matrimonio e d'impieghi.Per conoscere come fossero deboli i mezzi di cui dispo-

89

tutti quelli che si vedevano esclusi dal potere, sia final-mente perchè compresero che a lungo andare era inevi-tabile fare concessioni alla moltitudine, e che tali con-cessioni, usate con buon avvedimento, avrebbero avutoper risultato la soppressione dei diritti particolari del pa-triziato, e avrebbero procacciato all'aristocrazia plebeala preponderanza decisiva nello stato.Quando questa persuasione fosse penetrata, come nonpoteva mancare, in un maggior numero di famiglie, equando l'aristocrazia plebea si fosse messa alla testa delsuo ceto per osteggiare la nobiltà di origine, essa nel tri-bunato veniva a trovare un mezzo legale per condurre eregolare la guerra civile, e poteva combattere mercè ilcrescente impoverimento della moltitudine nuove batta-glie sociali, per costringere il patriziato ad accettare ipatti e per aprirsi l'adito alla magistratura, frapponendosimediatrice fra i due opposti partiti.Questa naturale inclinazione dei partiti si manifestò irre-sistibile subito dopo la caduta dei decemviri. Si era inquella occasione pienamente chiarita l'impossibilità disopprimere il tribunato popolare; l'aristocrazia plebeanon poteva far nulla di meglio che impadronirsi di que-sta possente leva e servirsene affine di far cessare l'infe-riorità politica del proprio ceto.

2. Comunanza di matrimonio e d'impieghi.Per conoscere come fossero deboli i mezzi di cui dispo-

89

Page 90: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

neva la nobiltà patrizia di fronte alla concordia dellaplebe, basta il fatto, che le due pretese fondamentali delpatriziato, la nullità del matrimonio contratto tra patrizie plebei, e l'incapacità di questi ultimi ad esercitare lemagistrature, appena quattro anni dopo la rivoluzionedei decemviri, furono alla prima occasione poste da can-to, per lo meno come principii. L'anno 309 = 445 la leg-ge canuleia prescriveva che il matrimonio tra patrizi eabitanti fosse considerato matrimonio legittimo romano,e che i figli dovessero seguire la condizione del padre.

3. Tribuni di guerra con potere consolare.Oltre ciò, nel tempo stesso, fu stabilito che le centurie,invece dei consoli, eleggessero tribuni di guerra con po-tere consolare(7) e di durata consolare – ordinariamente7 L'ipotesi, che a rigor di diritto si accordasse il pieno impero ai tribuni con-

solari patrizi e solo l'impero militare ai plebei, fa nascere molte questioniche non possono soddisfacentemente risolversi, come ad esempio, checosa succedesse pel caso, come poteva legalmente avvenire, che non fos-sero stati eletti se non plebei, ed oltre a ciò, pecca contro la tesi fondamen-tale del diritto costituzionale dei Romani, che cioè l'impero, o, per dir me-glio, il diritto di comandare al privato a nome del pubblico è essenzialmen-te indivisibile e non soffre altra limitazione fuorchè quella di territorio. Viè un distretto di tribunale civile ed uno di tribunale militare; in quest'ulti-mo l'appello e le altre norme della procedura civile non fanno rigore; visono magistrati, come ad esempio i proconsoli, che non hanno giurisdizio-ne se non nel circondario militare; ma nello stretto senso giuridico nonv'ha magistrato colla sola giurisdizione politica, come non ve ne ha che ab-bia la sola giurisdizione militare. Nel suo circondario il proconsole, preci-samente come il console, è nello stesso tempo supremo comandante e su-premo giudice, e può condurre i processi non solo fra i non-cittadini e isoldati, ma ancora fra cittadini. E anche quando colla creazione della pre-tura nacque l'idea della diversa competenza pei magistrati maggiori (magi-

90

neva la nobiltà patrizia di fronte alla concordia dellaplebe, basta il fatto, che le due pretese fondamentali delpatriziato, la nullità del matrimonio contratto tra patrizie plebei, e l'incapacità di questi ultimi ad esercitare lemagistrature, appena quattro anni dopo la rivoluzionedei decemviri, furono alla prima occasione poste da can-to, per lo meno come principii. L'anno 309 = 445 la leg-ge canuleia prescriveva che il matrimonio tra patrizi eabitanti fosse considerato matrimonio legittimo romano,e che i figli dovessero seguire la condizione del padre.

3. Tribuni di guerra con potere consolare.Oltre ciò, nel tempo stesso, fu stabilito che le centurie,invece dei consoli, eleggessero tribuni di guerra con po-tere consolare(7) e di durata consolare – ordinariamente7 L'ipotesi, che a rigor di diritto si accordasse il pieno impero ai tribuni con-

solari patrizi e solo l'impero militare ai plebei, fa nascere molte questioniche non possono soddisfacentemente risolversi, come ad esempio, checosa succedesse pel caso, come poteva legalmente avvenire, che non fos-sero stati eletti se non plebei, ed oltre a ciò, pecca contro la tesi fondamen-tale del diritto costituzionale dei Romani, che cioè l'impero, o, per dir me-glio, il diritto di comandare al privato a nome del pubblico è essenzialmen-te indivisibile e non soffre altra limitazione fuorchè quella di territorio. Viè un distretto di tribunale civile ed uno di tribunale militare; in quest'ulti-mo l'appello e le altre norme della procedura civile non fanno rigore; visono magistrati, come ad esempio i proconsoli, che non hanno giurisdizio-ne se non nel circondario militare; ma nello stretto senso giuridico nonv'ha magistrato colla sola giurisdizione politica, come non ve ne ha che ab-bia la sola giurisdizione militare. Nel suo circondario il proconsole, preci-samente come il console, è nello stesso tempo supremo comandante e su-premo giudice, e può condurre i processi non solo fra i non-cittadini e isoldati, ma ancora fra cittadini. E anche quando colla creazione della pre-tura nacque l'idea della diversa competenza pei magistrati maggiori (magi-

90

Page 91: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nel numero di sei, quanti erano i tribuni per ogni legio-ne. Seguendo l'antico diritto ogni cittadino soggetto allacoscrizione, o domiciliato, poteva aspirare ad avere ungrado nella milizia, ed era per tal modo aperta la via tan-to ai patrizi quanto ai plebei per giungere ugualmentealla suprema magistratura.Qui sorge naturalmente la domanda, quale interesse ipatrizi potessero avere, giacchè avevano dovuto rinun-ciare all'esclusivo possesso della suprema magistraturaed erano stati costretti a cedere nel rifiuto del titolo aiplebei, a concedere loro invece il consolato in questaforma singolare(8).

stratus maiores), questa idea comincia a mostrarsi nel fatto prima che neldiritto. Il pretore urbano è, a dir vero, prima di tutto supremo giudice, maesso può anche convocare le centurie e comandare l'esercito; in città la su-prema amministrazione ed il supremo comando sono devoluti al console,ma egli funziona anche nell'emancipazione e nell’adozione in qualità digran giudice – la caratteristica indivisibilità della suprema magistratura fusempre conservata con gran rigore di tutti e in tutte le occasioni. Perciò èda credere che la giurisdizione, tanto civile quanto militare, o, per lasciarda parte codeste astrazioni estranee in tutto al diritto romano di quel tem-po, la podestà annessa al loro ufficio venisse accordata virtualmente nonmeno ai tribuni consolari plebei che ai patrizi. Ma assai verosimile è l'opi-nione di BECKER (Manuale, 2, 2, 137), che quegli stessi motivi, i quali inprocesso di tempo fecero sorgere accanto al consolato comune l'esclusivapretura patrizia, abbiano già durante il tribunato consolare contribuito adescludere dall’esercizio della giurisdizione civile i membri plebei del col-legio, almeno sino a che venne predisposta, appunto col mezzo del tribu-nato consolare, la divisione effettiva di competenza tra i consoli ed i preto-ri.

8 Per difendere l'opinione, che la nobiltà si sia ostinata ad escludere i plebeiper scrupolo religioso, bisognerebbe ignorare il carattere fondamentaledella religione romana e riportare a quei tempi antichi l'antitesi affatto mo-derna tra la chiesa e lo stato. L'ammettere un neo-cittadino nella funzione

91

nel numero di sei, quanti erano i tribuni per ogni legio-ne. Seguendo l'antico diritto ogni cittadino soggetto allacoscrizione, o domiciliato, poteva aspirare ad avere ungrado nella milizia, ed era per tal modo aperta la via tan-to ai patrizi quanto ai plebei per giungere ugualmentealla suprema magistratura.Qui sorge naturalmente la domanda, quale interesse ipatrizi potessero avere, giacchè avevano dovuto rinun-ciare all'esclusivo possesso della suprema magistraturaed erano stati costretti a cedere nel rifiuto del titolo aiplebei, a concedere loro invece il consolato in questaforma singolare(8).

stratus maiores), questa idea comincia a mostrarsi nel fatto prima che neldiritto. Il pretore urbano è, a dir vero, prima di tutto supremo giudice, maesso può anche convocare le centurie e comandare l'esercito; in città la su-prema amministrazione ed il supremo comando sono devoluti al console,ma egli funziona anche nell'emancipazione e nell’adozione in qualità digran giudice – la caratteristica indivisibilità della suprema magistratura fusempre conservata con gran rigore di tutti e in tutte le occasioni. Perciò èda credere che la giurisdizione, tanto civile quanto militare, o, per lasciarda parte codeste astrazioni estranee in tutto al diritto romano di quel tem-po, la podestà annessa al loro ufficio venisse accordata virtualmente nonmeno ai tribuni consolari plebei che ai patrizi. Ma assai verosimile è l'opi-nione di BECKER (Manuale, 2, 2, 137), che quegli stessi motivi, i quali inprocesso di tempo fecero sorgere accanto al consolato comune l'esclusivapretura patrizia, abbiano già durante il tribunato consolare contribuito adescludere dall’esercizio della giurisdizione civile i membri plebei del col-legio, almeno sino a che venne predisposta, appunto col mezzo del tribu-nato consolare, la divisione effettiva di competenza tra i consoli ed i preto-ri.

8 Per difendere l'opinione, che la nobiltà si sia ostinata ad escludere i plebeiper scrupolo religioso, bisognerebbe ignorare il carattere fondamentaledella religione romana e riportare a quei tempi antichi l'antitesi affatto mo-derna tra la chiesa e lo stato. L'ammettere un neo-cittadino nella funzione

91

Page 92: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Per rispondere a questa domanda si deve tener presenteche per il conseguimento della suprema magistraturadella repubblica, seguendo l'antichissimo costume, oc-correva avere il diritto a certe distinzioni gentilizie,come quella di appendere nella sala di famiglia il ritrattodi un antenato consolare, e di esporlo pubblicamentenelle occasioni solenni; così l'onore del trionfo era con-dizionato legalmente all'investitura del supremo potere enon veniva concesso ad un ufficiale, che non lo avevaamministrato egli stesso.È tanto facile comprendere quanto è difficile spiegare,che il ceto signorile dominante si lasciasse sfuggire dal-le mani più facilmente la somma direzione delle cose,che non le ereditarie prerogative onorifiche annesse algoverno; e perciò è probabile che, venuto il tempo in cuiil patriziato devette rassegnarsi a cedere parte del gover-no ai plebei, esso non volesse nominare il sommo magi-strato della repubblica, nè dargli il legale insediamentosul trono curule, ma avesse l'aria di considerarlo unsemplice ufficiale di stato maggiore, la cui distinzione

religiosa del comune doveva senza dubbio parere un sacrilegio all'ortodos-so romano; ma anche il più rigido credente non dubitò mai, che non si po-tesse ottenere la piena eguaglianza religiosa coll'ammissione nel corpo po-litico; ammissione, che dipendeva dallo stato. Tutti gli scrupoli di coscien-za, di cui non si vuol negare la sincerità, dovevano cessare appena si fossefatto alle moltitudini plebee quello che era stato fatto ad Appio Claudio,cioè appena si concedesse loro il patriziato. È tanto poco conforme alla ve-rità, che la nobiltà ripugnasse ad accordare l'eguaglianza cittadina per nonturbare le coscienze timorate, che essa anzi non rifuggì dallo scandalo diammettere persino i neo-cittadini alle pubbliche cerimonie per poter ricu-sare l'assoluta uguaglianza ai cittadini di Roma.

92

Per rispondere a questa domanda si deve tener presenteche per il conseguimento della suprema magistraturadella repubblica, seguendo l'antichissimo costume, oc-correva avere il diritto a certe distinzioni gentilizie,come quella di appendere nella sala di famiglia il ritrattodi un antenato consolare, e di esporlo pubblicamentenelle occasioni solenni; così l'onore del trionfo era con-dizionato legalmente all'investitura del supremo potere enon veniva concesso ad un ufficiale, che non lo avevaamministrato egli stesso.È tanto facile comprendere quanto è difficile spiegare,che il ceto signorile dominante si lasciasse sfuggire dal-le mani più facilmente la somma direzione delle cose,che non le ereditarie prerogative onorifiche annesse algoverno; e perciò è probabile che, venuto il tempo in cuiil patriziato devette rassegnarsi a cedere parte del gover-no ai plebei, esso non volesse nominare il sommo magi-strato della repubblica, nè dargli il legale insediamentosul trono curule, ma avesse l'aria di considerarlo unsemplice ufficiale di stato maggiore, la cui distinzione

religiosa del comune doveva senza dubbio parere un sacrilegio all'ortodos-so romano; ma anche il più rigido credente non dubitò mai, che non si po-tesse ottenere la piena eguaglianza religiosa coll'ammissione nel corpo po-litico; ammissione, che dipendeva dallo stato. Tutti gli scrupoli di coscien-za, di cui non si vuol negare la sincerità, dovevano cessare appena si fossefatto alle moltitudini plebee quello che era stato fatto ad Appio Claudio,cioè appena si concedesse loro il patriziato. È tanto poco conforme alla ve-rità, che la nobiltà ripugnasse ad accordare l'eguaglianza cittadina per nonturbare le coscienze timorate, che essa anzi non rifuggì dallo scandalo diammettere persino i neo-cittadini alle pubbliche cerimonie per poter ricu-sare l'assoluta uguaglianza ai cittadini di Roma.

92

Page 93: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

doveva essere puramente personale.E perciò non si concedeva mai al tribuno di guerral'onore del trionfo, perchè tale onore era annesso e con-nesso alla suprema carica del comune.

4. Opposizione del patriziato.Ma nonostante queste umiliazioni, a cui soggiacevano iplebei, i privilegi gentilizi, in quanto essi avesseroun'importanza politica, venivano legalmente annullatidalla nuova istituzione, e se la nobiltà romana fosse sta-ta veramente degna del suo nome, avrebbe dovuto ri-nunziare allora alla lotta. Ma essa non lo fece. Una saviaresistenza, fondata sulle leggi, riusciva ormai impossibi-le: ma si poteva ancora tergiversare e cavillare, prolun-gando il conflitto colle sottigliezze delle formalità, e,come suol dirsi, coi piccoli mezzi. Per quanto una siffat-ta maniera d'opporsi allo spirito dei tempi fosse pocodegna e poco prudente, nondimeno, sotto un certo aspet-to, conduceva a risultati molto importanti. Infatti, sequesta fu la cagione che protrasse ancora per un secolole guerre intestine, e che in fine procurò al popolo con-cessioni che esso non avrebbe potuto ottenere se tuttal'aristocrazia romana fosse rimasta unita e concorde, fualtresì la cagione per cui i nobili, a dispetto delle leggi,si mantennero ancora di fatto, per molte generazioni,alla direzione esclusiva del governo.Le armi della resistenza, di cui si valeva il patriziato in

93

doveva essere puramente personale.E perciò non si concedeva mai al tribuno di guerral'onore del trionfo, perchè tale onore era annesso e con-nesso alla suprema carica del comune.

4. Opposizione del patriziato.Ma nonostante queste umiliazioni, a cui soggiacevano iplebei, i privilegi gentilizi, in quanto essi avesseroun'importanza politica, venivano legalmente annullatidalla nuova istituzione, e se la nobiltà romana fosse sta-ta veramente degna del suo nome, avrebbe dovuto ri-nunziare allora alla lotta. Ma essa non lo fece. Una saviaresistenza, fondata sulle leggi, riusciva ormai impossibi-le: ma si poteva ancora tergiversare e cavillare, prolun-gando il conflitto colle sottigliezze delle formalità, e,come suol dirsi, coi piccoli mezzi. Per quanto una siffat-ta maniera d'opporsi allo spirito dei tempi fosse pocodegna e poco prudente, nondimeno, sotto un certo aspet-to, conduceva a risultati molto importanti. Infatti, sequesta fu la cagione che protrasse ancora per un secolole guerre intestine, e che in fine procurò al popolo con-cessioni che esso non avrebbe potuto ottenere se tuttal'aristocrazia romana fosse rimasta unita e concorde, fualtresì la cagione per cui i nobili, a dispetto delle leggi,si mantennero ancora di fatto, per molte generazioni,alla direzione esclusiva del governo.Le armi della resistenza, di cui si valeva il patriziato in

93

Page 94: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

questo conflitto, erano tanto varie e molteplici, quantovarie e molteplici le angustie e le difficoltà politiche. In-vece di risolvere, una volta per sempre, la questione del-la ammissione o dell'esclusione dei cittadini, si concede-va ciò che non si poteva negare, ma di volta in volta, peruna sola elezione; e così ogni anno si rinfocolava dacca-po la lotta per sapere se si dovessero eleggere piuttostoconsoli patrizi, o tribuni militari tolti da ambo i ceti; efra le arti di cui meglio si valeva il patriziato la principa-le era quella di tirare in lungo le cose e stancare gli av-versari.

5. Divisione della magistratura.Il sommo potere, conservato fino a questi tempi indivi-so, venne sminuzzato perchè, moltiplicando i punti diattrito e di resistenza, si potesse ritardare l'inevitabilecaduta.Perciò fino dal 319 = 435, due stimatori (censores) no-minati dalle centurie tra i nobili, e non come i consoliper un solo anno, ma per diciotto mesi, vennero incari-cati di compilare il bilancio e il registro dei cittadini edelle imposte: operazioni che fino a quei tempi eranostate compiute dai consoli. Questa nuova magistraturadei censori divenne a poco a poco il palladio del partitopatrizio, non tanto per la sua ingerenza nelle materieeconomiche, quanto pel diritto, che era connesso colleattribuzioni censuarie, di occupare i posti vacanti nel se-nato tra i cavalieri, e di escludere dalle liste del senato,

94

questo conflitto, erano tanto varie e molteplici, quantovarie e molteplici le angustie e le difficoltà politiche. In-vece di risolvere, una volta per sempre, la questione del-la ammissione o dell'esclusione dei cittadini, si concede-va ciò che non si poteva negare, ma di volta in volta, peruna sola elezione; e così ogni anno si rinfocolava dacca-po la lotta per sapere se si dovessero eleggere piuttostoconsoli patrizi, o tribuni militari tolti da ambo i ceti; efra le arti di cui meglio si valeva il patriziato la principa-le era quella di tirare in lungo le cose e stancare gli av-versari.

5. Divisione della magistratura.Il sommo potere, conservato fino a questi tempi indivi-so, venne sminuzzato perchè, moltiplicando i punti diattrito e di resistenza, si potesse ritardare l'inevitabilecaduta.Perciò fino dal 319 = 435, due stimatori (censores) no-minati dalle centurie tra i nobili, e non come i consoliper un solo anno, ma per diciotto mesi, vennero incari-cati di compilare il bilancio e il registro dei cittadini edelle imposte: operazioni che fino a quei tempi eranostate compiute dai consoli. Questa nuova magistraturadei censori divenne a poco a poco il palladio del partitopatrizio, non tanto per la sua ingerenza nelle materieeconomiche, quanto pel diritto, che era connesso colleattribuzioni censuarie, di occupare i posti vacanti nel se-nato tra i cavalieri, e di escludere dalle liste del senato,

94

Page 95: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della cavalleria e della cittadinanza, singole persone.Ne' primordi però la censura non aveva quell'alta impor-tanza che venne acquistando in seguito. Anche nella co-stituzione della questura l'anno 333 = 421 occorsero tra-sformazioni nel medesimo senso. Vi erano in quel tem-po quattro questori, due dei quali delegati dai consoli adamministrare l'erario della città, e due eletti dalle tribùper pagare il soldo e le spese della milizia, ma tutti equattro scelti fra il ceto patrizio.Pare che i nobili tentassero di trasferire la nomina deiquestori urbani dai consoli alle centurie, giacchè, nonpotendo più assicurarsi l'esclusivo possesso del consola-to, tentavano di sminuirne l'importanza e di conservarealla loro casta, colla nomina dei censori e dei questoripatrizi, il monopolio del bilancio e dell'erario pubblico.Ma se pur questo fu lo scopo dei patrizi, certo è che ilfatto andò a rovescio. Fu bensì tolta ai consoli la facoltàdi nominare i questori urbani, ma la stessa facoltà nonfu trasferita alle centurie, anzi fu data ai comizi tributicome quella riguardante la nomina dei questori di guer-ra. Il che condusse ad una novità di ben altro momento,giacchè il comune, valendosi del fatto che i due questoridi guerra erano più ufficiali militari che civili, ne trassela conseguenza, che i plebei, come erano atti a coprire ilposto di tribuno militare, potessero esserlo a coprirequello di questore; onde per la prima volta, oltre il dirit-to attivo dell'elezione, acquistarono anche il passivo.Questo fatto fu giudicato una grave sconfitta dei patrizi

95

della cavalleria e della cittadinanza, singole persone.Ne' primordi però la censura non aveva quell'alta impor-tanza che venne acquistando in seguito. Anche nella co-stituzione della questura l'anno 333 = 421 occorsero tra-sformazioni nel medesimo senso. Vi erano in quel tem-po quattro questori, due dei quali delegati dai consoli adamministrare l'erario della città, e due eletti dalle tribùper pagare il soldo e le spese della milizia, ma tutti equattro scelti fra il ceto patrizio.Pare che i nobili tentassero di trasferire la nomina deiquestori urbani dai consoli alle centurie, giacchè, nonpotendo più assicurarsi l'esclusivo possesso del consola-to, tentavano di sminuirne l'importanza e di conservarealla loro casta, colla nomina dei censori e dei questoripatrizi, il monopolio del bilancio e dell'erario pubblico.Ma se pur questo fu lo scopo dei patrizi, certo è che ilfatto andò a rovescio. Fu bensì tolta ai consoli la facoltàdi nominare i questori urbani, ma la stessa facoltà nonfu trasferita alle centurie, anzi fu data ai comizi tributicome quella riguardante la nomina dei questori di guer-ra. Il che condusse ad una novità di ben altro momento,giacchè il comune, valendosi del fatto che i due questoridi guerra erano più ufficiali militari che civili, ne trassela conseguenza, che i plebei, come erano atti a coprire ilposto di tribuno militare, potessero esserlo a coprirequello di questore; onde per la prima volta, oltre il dirit-to attivo dell'elezione, acquistarono anche il passivo.Questo fatto fu giudicato una grave sconfitta dei patrizi

95

Page 96: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

e come una grande vittoria dei plebei perchè nella vota-zione per l'elezione dei questori civili e militari veniva-no in tutto pareggiati patrizi e plebei. Così il patriziato,malgrado la tenacissima resistenza, andava sempre piùperdendo terreno, e a misura che scemava la sua poten-za, cresceva la sua irritazione.

6. Tentativi di controrivoluzione.Esso, infatti, tentò parecchie volte di manomettere leistituzioni legalmente assicurate alla comunità, benchèquesti tentativi si possano considerare piuttosto comeatti di una impotente vendetta che calcolate mosse diparte.Di tale specie è il processo contro Melio. Spurio Melio,dovizioso plebeo, in tempo di grande carestia (315 =439) vendette il frumento a tal prezzo, che il patrizioprefetto dell'annona, un Gaio Minucio, n'ebbe sdegno evergogna. Costui perciò elevò contro di lui l'accusad'aspirare al potere regio, su quali indizi, non è possibiledire: perchè non è credibile che un uomo il quale nonera nemmeno potuto pervenire alla dignità tribunizia ab-bia pensato seriamente alla monarchia. Tuttavia la cosavenne trattata con tutta serietà, perchè lo spettro dellamonarchia ha sempre prodotto sulla moltitudine diRoma l'effetto che produce sulle masse in Inghilterra lospettro del papato.Tito Quinzio Capitolino, che per la prima volta era per-

96

e come una grande vittoria dei plebei perchè nella vota-zione per l'elezione dei questori civili e militari veniva-no in tutto pareggiati patrizi e plebei. Così il patriziato,malgrado la tenacissima resistenza, andava sempre piùperdendo terreno, e a misura che scemava la sua poten-za, cresceva la sua irritazione.

6. Tentativi di controrivoluzione.Esso, infatti, tentò parecchie volte di manomettere leistituzioni legalmente assicurate alla comunità, benchèquesti tentativi si possano considerare piuttosto comeatti di una impotente vendetta che calcolate mosse diparte.Di tale specie è il processo contro Melio. Spurio Melio,dovizioso plebeo, in tempo di grande carestia (315 =439) vendette il frumento a tal prezzo, che il patrizioprefetto dell'annona, un Gaio Minucio, n'ebbe sdegno evergogna. Costui perciò elevò contro di lui l'accusad'aspirare al potere regio, su quali indizi, non è possibiledire: perchè non è credibile che un uomo il quale nonera nemmeno potuto pervenire alla dignità tribunizia ab-bia pensato seriamente alla monarchia. Tuttavia la cosavenne trattata con tutta serietà, perchè lo spettro dellamonarchia ha sempre prodotto sulla moltitudine diRoma l'effetto che produce sulle masse in Inghilterra lospettro del papato.Tito Quinzio Capitolino, che per la prima volta era per-

96

Page 97: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

venuto al consolato, nominò l'ottuagenario Lucio Quin-zio Cincinnato dittatore senza appello, contravvenendocosì alle leggi giurate. Citato in giudizio, Melio mostròdi volersi sottrarre al tribunale, e il mastro dei cavalieridel dittatore, un Gaio Servilio Avala, lo uccise di propriamano. La casa dell'estinto fu rasa dalle fondamenta; ilfrumento, che si trovò nei suoi granai, distribuito gratui-tamente al popolo, e quelli che macchinavano di vendi-care la sua morte furono tolti di mezzo segretamente.Questo vergognoso assassinio, che prova la credula ce-cità del popolo e la crudele malvagità dei patrizi, passòimpunito; ma se il patriziato, con ciò, ebbe l'intento disoffocare il diritto di appello, aveva violato invano leleggi, e versato inutilmente sangue innocente.Meglio di tutti gli altri mezzi servivano ai patrizi, per iloro intrighi, i brogli elettorali e l'inganno dei sacerdoti.Quanto perfidi debbano essere stati i maneggi del patri-ziato nelle elezioni, lo possiamo argomentare dalle ne-cessità, in cui si fu fin dal 322 = 432, di fare una leggespeciale contro i brogli elettorali, legge che non portòperò alcun giovamento. Quando non si poteva influiresugli elettori colla corruzione o colle minaccie, suben-travano i direttori patrizi delle elezioni e ammettevano,per esempio, un gran numero di candidati plebei, inmodo che i voti dell'opposizione si disperdessero, ovve-ro omettevano nelle liste dei candidati i nomi di coloroche la maggioranza aveva intenzione di eleggere. Semalgrado tutto ciò riusciva un'elezione poco gradita, si

97

venuto al consolato, nominò l'ottuagenario Lucio Quin-zio Cincinnato dittatore senza appello, contravvenendocosì alle leggi giurate. Citato in giudizio, Melio mostròdi volersi sottrarre al tribunale, e il mastro dei cavalieridel dittatore, un Gaio Servilio Avala, lo uccise di propriamano. La casa dell'estinto fu rasa dalle fondamenta; ilfrumento, che si trovò nei suoi granai, distribuito gratui-tamente al popolo, e quelli che macchinavano di vendi-care la sua morte furono tolti di mezzo segretamente.Questo vergognoso assassinio, che prova la credula ce-cità del popolo e la crudele malvagità dei patrizi, passòimpunito; ma se il patriziato, con ciò, ebbe l'intento disoffocare il diritto di appello, aveva violato invano leleggi, e versato inutilmente sangue innocente.Meglio di tutti gli altri mezzi servivano ai patrizi, per iloro intrighi, i brogli elettorali e l'inganno dei sacerdoti.Quanto perfidi debbano essere stati i maneggi del patri-ziato nelle elezioni, lo possiamo argomentare dalle ne-cessità, in cui si fu fin dal 322 = 432, di fare una leggespeciale contro i brogli elettorali, legge che non portòperò alcun giovamento. Quando non si poteva influiresugli elettori colla corruzione o colle minaccie, suben-travano i direttori patrizi delle elezioni e ammettevano,per esempio, un gran numero di candidati plebei, inmodo che i voti dell'opposizione si disperdessero, ovve-ro omettevano nelle liste dei candidati i nomi di coloroche la maggioranza aveva intenzione di eleggere. Semalgrado tutto ciò riusciva un'elezione poco gradita, si

97

Page 98: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

consultavano allora i sacerdoti per sapere se in occasio-ne dell'adunanza elettorale non ci fosse stata qualchenullità o negli auspici o nelle altre cerimonie religiose; ei sacerdoti non mancavano di scoprirla. A questo modo,non curando le conseguenze e dimenticando il savioesempio degli avi, si lasciava radicare la massima, cheal collegio sacerdotale dei periti competesse il diritto dicassare atti pubblici, fossero leggi ovvero elezioni, incausa di omesse formalità religiose. Così facendo, av-venne che malgrado la massima legalmente stabilita findall'anno 333 = 421, malgrado fin da quel tempo fossestata legalmente riconosciuta l'eleggibilità dei plebei, laprima elezione plebea alla questura non si fece di fattose non l'anno 345 = 409 e non si riuscì prima del 354 =400 ad ottenere l'elezione d'un plebeo al tribunato con-solare di guerra.Questa è una prova che la soppressione legale dei privi-legi del patriziato non aveva ancora uguagliato effettiva-mente l'aristocrazia plebea coll'aristocrazia dinastica.Parecchie cause concorsero a questo risultato. La tenaceresistenza della nobiltà poteva essere, in un momento dicommozione, più facilmente rovesciata per un principio,che combattuta e contenuta durevolmente colle elezioniannuali; ma la causa principale era l'intestina disunionedei maggiorenti dell'aristocrazia plebea e della classedei contadini. Il ceto medio, i cui voti erano di grandepeso nei comizi, non si sentiva inclinato a portare allealte cariche preferibilmente i più ragguardevoli neo-

98

consultavano allora i sacerdoti per sapere se in occasio-ne dell'adunanza elettorale non ci fosse stata qualchenullità o negli auspici o nelle altre cerimonie religiose; ei sacerdoti non mancavano di scoprirla. A questo modo,non curando le conseguenze e dimenticando il savioesempio degli avi, si lasciava radicare la massima, cheal collegio sacerdotale dei periti competesse il diritto dicassare atti pubblici, fossero leggi ovvero elezioni, incausa di omesse formalità religiose. Così facendo, av-venne che malgrado la massima legalmente stabilita findall'anno 333 = 421, malgrado fin da quel tempo fossestata legalmente riconosciuta l'eleggibilità dei plebei, laprima elezione plebea alla questura non si fece di fattose non l'anno 345 = 409 e non si riuscì prima del 354 =400 ad ottenere l'elezione d'un plebeo al tribunato con-solare di guerra.Questa è una prova che la soppressione legale dei privi-legi del patriziato non aveva ancora uguagliato effettiva-mente l'aristocrazia plebea coll'aristocrazia dinastica.Parecchie cause concorsero a questo risultato. La tenaceresistenza della nobiltà poteva essere, in un momento dicommozione, più facilmente rovesciata per un principio,che combattuta e contenuta durevolmente colle elezioniannuali; ma la causa principale era l'intestina disunionedei maggiorenti dell'aristocrazia plebea e della classedei contadini. Il ceto medio, i cui voti erano di grandepeso nei comizi, non si sentiva inclinato a portare allealte cariche preferibilmente i più ragguardevoli neo-

98

Page 99: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nobili fino a tanto che le proprie domande venivano la-sciate insoddisfatte dall'aristocrazia plebea e dalla patri-zia.

7. Strettezze dei contadini.Durante queste lotte politiche, le questioni sociali ave-vano sostato o venivano trattate più fiaccamente. Dac-chè l'aristocrazia plebea si era impossessata del tribuna-to per raggiungere il suo scopo, non si era parlato seria-mente nè delle terre demaniali, nè della riforma del cre-dito pubblico, benchè non si mancasse nè di nuovi terri-tori conquistati nè di contadini che andavano impove-rendo o che erano già ridotti all'indigenza.Si erano bensì fatte delle distribuzioni di terreni partico-larmente nei territorii di confine nuovamente acquistati,come nel territorio ardeatino (312 = 442), in quello labi-cano (336 = 418), in quello di Veio (361 = 393); maqueste assegnazioni, oltrechè scarse ed insufficienti, fu-rono fatte piuttosto per cause militari che per venire inaiuto dei contadini.È ben vero che qualcuno dei tribuni fece il tentativo diriproporre la legge di Cassio; Spurio Mecilio e SpurioMetilio riparlarono l'anno 337 = 417 di dividere tutte leterre dello stato, ma la loro proposta andò a vuoto – cir-costanza che ci dà il carattere proprio della situazionedelle cose – per l'opposizione dei loro propri colleghi,cioè dell'aristocrazia plebea.

99

nobili fino a tanto che le proprie domande venivano la-sciate insoddisfatte dall'aristocrazia plebea e dalla patri-zia.

7. Strettezze dei contadini.Durante queste lotte politiche, le questioni sociali ave-vano sostato o venivano trattate più fiaccamente. Dac-chè l'aristocrazia plebea si era impossessata del tribuna-to per raggiungere il suo scopo, non si era parlato seria-mente nè delle terre demaniali, nè della riforma del cre-dito pubblico, benchè non si mancasse nè di nuovi terri-tori conquistati nè di contadini che andavano impove-rendo o che erano già ridotti all'indigenza.Si erano bensì fatte delle distribuzioni di terreni partico-larmente nei territorii di confine nuovamente acquistati,come nel territorio ardeatino (312 = 442), in quello labi-cano (336 = 418), in quello di Veio (361 = 393); maqueste assegnazioni, oltrechè scarse ed insufficienti, fu-rono fatte piuttosto per cause militari che per venire inaiuto dei contadini.È ben vero che qualcuno dei tribuni fece il tentativo diriproporre la legge di Cassio; Spurio Mecilio e SpurioMetilio riparlarono l'anno 337 = 417 di dividere tutte leterre dello stato, ma la loro proposta andò a vuoto – cir-costanza che ci dà il carattere proprio della situazionedelle cose – per l'opposizione dei loro propri colleghi,cioè dell'aristocrazia plebea.

99

Page 100: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Vi furono anche alcuni del patriziato che pensarono divenire in soccorso alla crescente miseria delle moltitudi-ni; ma non con miglior successo di quello che aveva fat-to Spurio Cassio. Patrizio al pari di questi, e come questiragguardevole per fama e per valore personale, si feceinnanzi Marco Manlio, il salvatore del Campidoglio du-rante l’assedio dei Galli, come propugnatore del popolominuto, a cui trovavasi legato e per l'affetto dei suoicommilitoni e per l'acerbo dispetto contro il suo rivale,il festeggiato duce e capo del partito dei magnati, MarcoFurio Camillo.Un valoroso ufficiale doveva essere condotto in prigioneper debiti; Manlio si presentò suo mallevadore e lo ri-scattò col suo denaro; nello stesso tempo pose in venditai suoi beni dichiarando che sino a tanto che egli avesseun palmo di terreno non avrebbe tollerato simili ingiu-stizie.Ciò fu più che sufficiente per eccitare l'odio di tutti ipartigiani del governo, patrizi e plebei, contro questopericoloso novatore. Il processo per alto tradimento,l’accusa della meditata restaurazione della dignità regialanciata con quel funesto fascino proprio delle frasi ste-reotipate dai partiti, agirono sulla cieca moltitudine. Laplebe condannò a morte Manlio, e a lui nulla valse lasua gloria se non a far che il popolo, per pronunciare ilgiudizio, si radunasse in luogo onde i votanti non potes-sero vedere la rocca, muto testimonio che l'uomo, ilquale ora si gettava al carnefice, aveva liberata la patria

100

Vi furono anche alcuni del patriziato che pensarono divenire in soccorso alla crescente miseria delle moltitudi-ni; ma non con miglior successo di quello che aveva fat-to Spurio Cassio. Patrizio al pari di questi, e come questiragguardevole per fama e per valore personale, si feceinnanzi Marco Manlio, il salvatore del Campidoglio du-rante l’assedio dei Galli, come propugnatore del popolominuto, a cui trovavasi legato e per l'affetto dei suoicommilitoni e per l'acerbo dispetto contro il suo rivale,il festeggiato duce e capo del partito dei magnati, MarcoFurio Camillo.Un valoroso ufficiale doveva essere condotto in prigioneper debiti; Manlio si presentò suo mallevadore e lo ri-scattò col suo denaro; nello stesso tempo pose in venditai suoi beni dichiarando che sino a tanto che egli avesseun palmo di terreno non avrebbe tollerato simili ingiu-stizie.Ciò fu più che sufficiente per eccitare l'odio di tutti ipartigiani del governo, patrizi e plebei, contro questopericoloso novatore. Il processo per alto tradimento,l’accusa della meditata restaurazione della dignità regialanciata con quel funesto fascino proprio delle frasi ste-reotipate dai partiti, agirono sulla cieca moltitudine. Laplebe condannò a morte Manlio, e a lui nulla valse lasua gloria se non a far che il popolo, per pronunciare ilgiudizio, si radunasse in luogo onde i votanti non potes-sero vedere la rocca, muto testimonio che l'uomo, ilquale ora si gettava al carnefice, aveva liberata la patria

100

Page 101: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dall'estremo pericolo (370 = 384).Mentre così si soffocavano i tentativi delle riforme ap-pena che se ne mostrasse indizio, la sproporzione eco-nomica si faceva sempre più evidente, poichè da unaparte le possessioni demaniali, in grazia delle guerre ul-timate felicemente, sempre più si estendevano, dall'altrai contadini sempre più affondavano nei debiti e nella mi-seria, particolarmente per la disastrosa guerra controVejo (348 = 406 – 358 = 396) e per l'incendio della ca-pitale dopo l'improvviso attacco dei Galli (364 = 390).Allorchè, fervendo la guerra con Veio si riconobbe lanecessità di prolungare il servizio dei soldati, e di tenerlisotto le armi non solo durante l'estate, come fin qui siera praticato, ma anche durante l'inverno, e quando icontadini, prevedendo la totale rovina della loro posizio-ne economica, erano in procinto di rifiutare il loro as-senso per la dichiarazione di guerra, il senato, veramen-te, si decise a fare una importante concessione: esso ca-ricò il soldo, che fino allora i distretti avevano raccoltodietro ripartizione, sulla cassa dello stato, cioè sulla ren-dita delle imposizioni indirette e dei beni pubblici (348= 406). E per il solo caso che la cassa dello stato si tro-vasse momentaneamente esausta, s'imponeva per il sol-do dei soldati una contribuzione generale (tributum),che era però considerata come prestito forzato e che piùtardi era restituita dalla cassa dello stato. La disposizio-ne era giusta e savia, ma siccome non venne ad essadato l'essenziale fondamento, cioè la corrispondente

101

dall'estremo pericolo (370 = 384).Mentre così si soffocavano i tentativi delle riforme ap-pena che se ne mostrasse indizio, la sproporzione eco-nomica si faceva sempre più evidente, poichè da unaparte le possessioni demaniali, in grazia delle guerre ul-timate felicemente, sempre più si estendevano, dall'altrai contadini sempre più affondavano nei debiti e nella mi-seria, particolarmente per la disastrosa guerra controVejo (348 = 406 – 358 = 396) e per l'incendio della ca-pitale dopo l'improvviso attacco dei Galli (364 = 390).Allorchè, fervendo la guerra con Veio si riconobbe lanecessità di prolungare il servizio dei soldati, e di tenerlisotto le armi non solo durante l'estate, come fin qui siera praticato, ma anche durante l'inverno, e quando icontadini, prevedendo la totale rovina della loro posizio-ne economica, erano in procinto di rifiutare il loro as-senso per la dichiarazione di guerra, il senato, veramen-te, si decise a fare una importante concessione: esso ca-ricò il soldo, che fino allora i distretti avevano raccoltodietro ripartizione, sulla cassa dello stato, cioè sulla ren-dita delle imposizioni indirette e dei beni pubblici (348= 406). E per il solo caso che la cassa dello stato si tro-vasse momentaneamente esausta, s'imponeva per il sol-do dei soldati una contribuzione generale (tributum),che era però considerata come prestito forzato e che piùtardi era restituita dalla cassa dello stato. La disposizio-ne era giusta e savia, ma siccome non venne ad essadato l'essenziale fondamento, cioè la corrispondente

101

Page 102: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

vendita dei beni demaniali a pro' della cassa dello stato,così per sopperire all'aumentato peso del servizio si do-vette far ancora troppe volte ricorso alle suaccennatecontribuzioni, le quali, benchè non fossero giuridica-mente considerate come imposizioni, sebbene come an-ticipazioni, rovinavano però ugualmente i piccoli pro-prietari.

8. Lega contro la nobiltà.A queste complicazioni, per cui la nobiltà plebea si ve-deva tuttavia esclusa dall'eguaglianza dei diritti politici,ed i poveri contadini si trovavano più deboli di frontealla federazione economica delle classi superiori, nonparve difficile di portare rimedio con un compromesso.A tale effetto i tribuni del popolo Gaio Licinio e LucioSestio fecero al comune le seguenti proposte: da un latostabilire, sopprimendo il tribunato consolare, che uno al-meno dei due consoli dovesse essere scelto tra i plebei,e aprire a questi la via ad uno dei tre grandi collegi sa-cerdotali, a quello dei conservatori degli oracoli (duovi-ri prima, e poscia decemviri sacris faciundis) da aumen-tarsi fino a dieci membri; dall'altro lato, quanto all'usodelle terre pubbliche, non permettere ad alcun cittadinodi condurre sui pascoli comunali più di cento buoi e dicinquecento pecore, e non lasciare che alcuno pigliassepossesso d'uno spazio di terreno superiore ai cinquecen-to iugeri sui fondi pubblici destinati all'occupazione; ob-bligando oltre ciò i possidenti ad assumere fra i loro col-

102

vendita dei beni demaniali a pro' della cassa dello stato,così per sopperire all'aumentato peso del servizio si do-vette far ancora troppe volte ricorso alle suaccennatecontribuzioni, le quali, benchè non fossero giuridica-mente considerate come imposizioni, sebbene come an-ticipazioni, rovinavano però ugualmente i piccoli pro-prietari.

8. Lega contro la nobiltà.A queste complicazioni, per cui la nobiltà plebea si ve-deva tuttavia esclusa dall'eguaglianza dei diritti politici,ed i poveri contadini si trovavano più deboli di frontealla federazione economica delle classi superiori, nonparve difficile di portare rimedio con un compromesso.A tale effetto i tribuni del popolo Gaio Licinio e LucioSestio fecero al comune le seguenti proposte: da un latostabilire, sopprimendo il tribunato consolare, che uno al-meno dei due consoli dovesse essere scelto tra i plebei,e aprire a questi la via ad uno dei tre grandi collegi sa-cerdotali, a quello dei conservatori degli oracoli (duovi-ri prima, e poscia decemviri sacris faciundis) da aumen-tarsi fino a dieci membri; dall'altro lato, quanto all'usodelle terre pubbliche, non permettere ad alcun cittadinodi condurre sui pascoli comunali più di cento buoi e dicinquecento pecore, e non lasciare che alcuno pigliassepossesso d'uno spazio di terreno superiore ai cinquecen-to iugeri sui fondi pubblici destinati all'occupazione; ob-bligando oltre ciò i possidenti ad assumere fra i loro col-

102

Page 103: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tivatori un numero di proletari proporzionato a quellodei servi della gleba; e infine procacciare ai debitori unafacilitazione col diffalcare dal capitale gli interessi paga-ti e con lo stabilire termini fissi per la restituzione. Latendenza di tali disposizioni era chiara e palese. Essemiravano a strappare dalle mani dei nobili l'esclusivopossesso delle cariche curuli e degli annessi privilegiereditari, ciò che non si credeva di poter raggiungere inmodo soddisfacente che, escludendo, per legge, i nobilidal secondo posto di console; dovevano liberare i mem-bri plebei del senato dalla posizione subordinata nellaquale si trovavano come muti ascoltatori, in modo chealmeno coloro che avevano rivestita la dignità consola-re, acquistassero con ciò il diritto di esporre il loro pare-re con i consolari patrizi, prima di tutti gli altri senatoripatrizi.Esse dovevano inoltre togliere alla nobiltà l'esclusivopossesso delle dignità sacerdotali; si lasciò, per buoneragioni, che gli antichi sacerdozi latini degli auguri e deipontefici rimanessero ai cittadini originari; ma si co-strinsero a dividere coi cittadini avventizi il terzo grandecollegio appartenente in origine ad un culto straniero.Esse dovevano finalmente procurare al popolo minuto lapartecipazione dell'usufrutto dei beni comunali; ai debi-tori alleviamento, ai proletari disoccupati lavoro.La soppressione dei privilegi, la riforma sociale, l'egua-glianza politica erano le tre grandi idee che dovevano

103

tivatori un numero di proletari proporzionato a quellodei servi della gleba; e infine procacciare ai debitori unafacilitazione col diffalcare dal capitale gli interessi paga-ti e con lo stabilire termini fissi per la restituzione. Latendenza di tali disposizioni era chiara e palese. Essemiravano a strappare dalle mani dei nobili l'esclusivopossesso delle cariche curuli e degli annessi privilegiereditari, ciò che non si credeva di poter raggiungere inmodo soddisfacente che, escludendo, per legge, i nobilidal secondo posto di console; dovevano liberare i mem-bri plebei del senato dalla posizione subordinata nellaquale si trovavano come muti ascoltatori, in modo chealmeno coloro che avevano rivestita la dignità consola-re, acquistassero con ciò il diritto di esporre il loro pare-re con i consolari patrizi, prima di tutti gli altri senatoripatrizi.Esse dovevano inoltre togliere alla nobiltà l'esclusivopossesso delle dignità sacerdotali; si lasciò, per buoneragioni, che gli antichi sacerdozi latini degli auguri e deipontefici rimanessero ai cittadini originari; ma si co-strinsero a dividere coi cittadini avventizi il terzo grandecollegio appartenente in origine ad un culto straniero.Esse dovevano finalmente procurare al popolo minuto lapartecipazione dell'usufrutto dei beni comunali; ai debi-tori alleviamento, ai proletari disoccupati lavoro.La soppressione dei privilegi, la riforma sociale, l'egua-glianza politica erano le tre grandi idee che dovevano

103

Page 104: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

prender forma colle misure suaccennate. Invano si sfor-zavano i patrizi di combattere con ogni mezzo, ancheestremo, questi progetti di legge: la stessa dittatura, lostesso vecchio eroe Camillo, riuscirono a ritardare, manon ad impedire la loro effettuazione.Anche il popolo avrebbe volentieri diviso le proposte;che importava al popolo il consolato o l'ufficio dei con-servatori degli oracoli? Ciò che ad esso importava eral'alleviamento del peso dei debiti e la liberazione del ter-reno comunale! Ma i notabili della plebe non erano po-polari; essi riunirono tutte le proposte in un solo proget-to di legge, che dopo lunghissimi contrasti durati, dico-no, undici anni, venne finalmente votato dal senatol'anno 387 = 367.

9. Annullamento politico del patriziato.Con l'elezione del primo console non patrizio, che caddesu uno dei promotori di questa riforma, Lucio Sestio La-terano, già tribuno del popolo, la nobiltà ereditaria cessòdi fatto e di diritto di aver posto fra le politiche istituzio-ni di Roma.Se dopo l'adozione di queste leggi l'instancabile propu-gnatore del patriziato, Marco Furio Camillo, fondò aipiedi del Campidoglio, su un piano elevato che domina-va l'antica piazza ove si adunavano i cittadini a comizio,un tempio dedicato alla Concordia, in cui spesso si rac-coglieva il senato, è naturale credere che il fiero patrizio

104

prender forma colle misure suaccennate. Invano si sfor-zavano i patrizi di combattere con ogni mezzo, ancheestremo, questi progetti di legge: la stessa dittatura, lostesso vecchio eroe Camillo, riuscirono a ritardare, manon ad impedire la loro effettuazione.Anche il popolo avrebbe volentieri diviso le proposte;che importava al popolo il consolato o l'ufficio dei con-servatori degli oracoli? Ciò che ad esso importava eral'alleviamento del peso dei debiti e la liberazione del ter-reno comunale! Ma i notabili della plebe non erano po-polari; essi riunirono tutte le proposte in un solo proget-to di legge, che dopo lunghissimi contrasti durati, dico-no, undici anni, venne finalmente votato dal senatol'anno 387 = 367.

9. Annullamento politico del patriziato.Con l'elezione del primo console non patrizio, che caddesu uno dei promotori di questa riforma, Lucio Sestio La-terano, già tribuno del popolo, la nobiltà ereditaria cessòdi fatto e di diritto di aver posto fra le politiche istituzio-ni di Roma.Se dopo l'adozione di queste leggi l'instancabile propu-gnatore del patriziato, Marco Furio Camillo, fondò aipiedi del Campidoglio, su un piano elevato che domina-va l'antica piazza ove si adunavano i cittadini a comizio,un tempio dedicato alla Concordia, in cui spesso si rac-coglieva il senato, è naturale credere che il fiero patrizio

104

Page 105: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

riconoscesse ormai nel fatto compiuto la fine d'una con-tesa che si era anche troppo prolungata. La consacrazio-ne religiosa della nuova concordia del comune fu l'ulti-mo atto pubblico del vecchio guerriero e uomo di stato,e la nobile fine della sua gloriosa carriera. Egli non siera interamente ingannato; quelle fra le vecchie fami-glie, che meglio intendevano i segni dei tempi, riguarda-vano come perduti i privilegi esclusivi del patriziato e siaccontentavano ormai di dividere il potere coll'aristocra-zia plebea. Ma nella maggioranza dei patrizi la incorreg-gibile nobiltà non smentì i principii. In forza del privile-gio, che i propugnatori della legittimità si sono attribuiti,di ubbidire alle leggi soltanto quando esse coincidonocogli interessi del loro partito, i nobili romani si permi-sero ancora parecchie volte, con aperta violazione delseguìto componimento, di far eleggere due consoli patri-zi; ma quando per rappresaglia di una simile elezione,fattasi l'anno 411 = 343, il popolo, nell'anno successivo,decise formalmente di autorizzare la nomina di due ple-bei ad entrambe le cariche di console, i patrizi capironola minaccia contenuta in siffatta decisione, e in seguito,benchè forse l'abbiano desiderato, non hanno osato maipiù tentare d'invadere il secondo posto di console. Inegual modo la nobiltà si ferì colle proprie mani tentan-do, in occasione delle leggi sestio-licinie, di conservarecon meschine tergiversazioni qualche briciola degli anti-chi privilegi.Col pretesto che la sola nobiltà conosceva la giurispru-

105

riconoscesse ormai nel fatto compiuto la fine d'una con-tesa che si era anche troppo prolungata. La consacrazio-ne religiosa della nuova concordia del comune fu l'ulti-mo atto pubblico del vecchio guerriero e uomo di stato,e la nobile fine della sua gloriosa carriera. Egli non siera interamente ingannato; quelle fra le vecchie fami-glie, che meglio intendevano i segni dei tempi, riguarda-vano come perduti i privilegi esclusivi del patriziato e siaccontentavano ormai di dividere il potere coll'aristocra-zia plebea. Ma nella maggioranza dei patrizi la incorreg-gibile nobiltà non smentì i principii. In forza del privile-gio, che i propugnatori della legittimità si sono attribuiti,di ubbidire alle leggi soltanto quando esse coincidonocogli interessi del loro partito, i nobili romani si permi-sero ancora parecchie volte, con aperta violazione delseguìto componimento, di far eleggere due consoli patri-zi; ma quando per rappresaglia di una simile elezione,fattasi l'anno 411 = 343, il popolo, nell'anno successivo,decise formalmente di autorizzare la nomina di due ple-bei ad entrambe le cariche di console, i patrizi capironola minaccia contenuta in siffatta decisione, e in seguito,benchè forse l'abbiano desiderato, non hanno osato maipiù tentare d'invadere il secondo posto di console. Inegual modo la nobiltà si ferì colle proprie mani tentan-do, in occasione delle leggi sestio-licinie, di conservarecon meschine tergiversazioni qualche briciola degli anti-chi privilegi.Col pretesto che la sola nobiltà conosceva la giurispru-

105

Page 106: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

denza, allorchè la magistratura suprema si dovette acco-munare ai plebei, fu separata dal consolato l'amministra-zione della giustizia e le venne delegato un apposito ter-zo console o pretore, come fu comunemente poi chia-mato.Per la sorveglianza del mercato e per gli annessi ufficidi polizia, come ancora per l'ordinamento della festadella città, furono nominati due edili i quali, dalla lorogiurisdizione senatoria, affine di distinguerli dai plebei,furono detti edili curuli (aediles curules).Ma l'edilità curule divenne tosto accessibile ai plebei inmodo che ogni anno si scambiavano gli edili curuli no-bili e plebei.L'anno 398 = 356 fu inoltre schiusa ai plebei la via alladittatura, come sino dall'anno prima che comparissero leleggi sestio-licinie (386 = 368) essi ottennero la dignitàdi mastro di cavalleria, l'anno 403 = 351 la censoria,l'anno 417 = 337 la pretura: anzi di quel tempo (415 =339) la nobiltà fu legalmente esclusa da uno dei posti dicensore, come era accaduto prima rispetto al consolato.Non si dava alcuna importanza alle proteste di un augu-re patrizio che avesse trovato nell'elezione di un dittato-re plebeo (427 = 327) dei vizi segreti, invisibili ad occhiprofani, nè si badò più all'opposizione del censore patri-zio, il quale fino allora (474 = 280) non aveva permessoal suo collega plebeo di fare il solenne sacrifizio, colquale si chiudeva il censimento. Queste sofisticherie ad

106

denza, allorchè la magistratura suprema si dovette acco-munare ai plebei, fu separata dal consolato l'amministra-zione della giustizia e le venne delegato un apposito ter-zo console o pretore, come fu comunemente poi chia-mato.Per la sorveglianza del mercato e per gli annessi ufficidi polizia, come ancora per l'ordinamento della festadella città, furono nominati due edili i quali, dalla lorogiurisdizione senatoria, affine di distinguerli dai plebei,furono detti edili curuli (aediles curules).Ma l'edilità curule divenne tosto accessibile ai plebei inmodo che ogni anno si scambiavano gli edili curuli no-bili e plebei.L'anno 398 = 356 fu inoltre schiusa ai plebei la via alladittatura, come sino dall'anno prima che comparissero leleggi sestio-licinie (386 = 368) essi ottennero la dignitàdi mastro di cavalleria, l'anno 403 = 351 la censoria,l'anno 417 = 337 la pretura: anzi di quel tempo (415 =339) la nobiltà fu legalmente esclusa da uno dei posti dicensore, come era accaduto prima rispetto al consolato.Non si dava alcuna importanza alle proteste di un augu-re patrizio che avesse trovato nell'elezione di un dittato-re plebeo (427 = 327) dei vizi segreti, invisibili ad occhiprofani, nè si badò più all'opposizione del censore patri-zio, il quale fino allora (474 = 280) non aveva permessoal suo collega plebeo di fare il solenne sacrifizio, colquale si chiudeva il censimento. Queste sofisticherie ad

106

Page 107: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

altro non servivano se non a provare il malumore deinobili.Finalmente la legge publilia del 415 = 339 e la leggemenia, che non comparve prima della metà del quintosecolo, tolsero ai patrizi il diritto di confermare o di ri-gettare le deliberazioni delle centurie, diritto che senzadubbio avranno di rado osato esercitare, in modo chesarà stata per loro una necessità di approvare anticipata-mente ogni deliberazione delle medesime, fossero leggio elezioni.Le famiglie patrizie mantennero, come è facile immagi-nare, assai più lungamente i loro privilegi religiosi; anzinon fu mai fatta innovazione di sorta in parecchi di queiprivilegi che non avevano importanza politica, come,per esempio, il diritto esclusivo di elezione ai tre supre-mi uffici dei flamini, alla carica di sommo sacerdote, ealla confraternita dei saltatori.Troppo importanti erano invece i due collegi dei ponte-fici e degli auguri, ai quali era annessa la conoscenzadella legge ed una grande influenza sui tribunali e suicomizi, perchè potessero durare in esclusivo patrimoniodei patrizi: la legge ogulnia dell'anno 454 = 300 schiu-deva anche ai plebei l'ingresso nei detti collegi aumen-tando il numero dei pontefici e quello degli auguri da seia nove e dividendo nei due collegi i posti in numeroeguale tra patrizi e plebei.L'ultima conclusione della lotta durata duecento anni, fu

107

altro non servivano se non a provare il malumore deinobili.Finalmente la legge publilia del 415 = 339 e la leggemenia, che non comparve prima della metà del quintosecolo, tolsero ai patrizi il diritto di confermare o di ri-gettare le deliberazioni delle centurie, diritto che senzadubbio avranno di rado osato esercitare, in modo chesarà stata per loro una necessità di approvare anticipata-mente ogni deliberazione delle medesime, fossero leggio elezioni.Le famiglie patrizie mantennero, come è facile immagi-nare, assai più lungamente i loro privilegi religiosi; anzinon fu mai fatta innovazione di sorta in parecchi di queiprivilegi che non avevano importanza politica, come,per esempio, il diritto esclusivo di elezione ai tre supre-mi uffici dei flamini, alla carica di sommo sacerdote, ealla confraternita dei saltatori.Troppo importanti erano invece i due collegi dei ponte-fici e degli auguri, ai quali era annessa la conoscenzadella legge ed una grande influenza sui tribunali e suicomizi, perchè potessero durare in esclusivo patrimoniodei patrizi: la legge ogulnia dell'anno 454 = 300 schiu-deva anche ai plebei l'ingresso nei detti collegi aumen-tando il numero dei pontefici e quello degli auguri da seia nove e dividendo nei due collegi i posti in numeroeguale tra patrizi e plebei.L'ultima conclusione della lotta durata duecento anni, fu

107

Page 108: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

la legge del dittatore Q. Ortensio (465 = 289 – 468 =286), che invece del pareggiamento condizionato, stabilìquello incondizionato delle deliberazioni dell'assemblearepubblicana e della plebe. Così si erano mutate le cir-costanze in modo che quella parte della cittadinanza chegià aveva posseduto, sola, il diritto di votazione, d'ora inpoi non era nemmeno più interpellata nelle votazioniobbligatorie per tutta la cittadinanza complessiva.

10. Nobiltà recente.La lotta tra le famiglie patrizie e la plebe giungeva conciò, sostanzialmente, al termine.Se la nobiltà, dei suoi tanti diritti, conservava ancoraquello, senza dubbio importante, di votare per prima neicomizi e nelle centurie, e in parte, in conseguenza diquesto diritto di prelazione, si manteneva in possesso diuno dei posti di console e di censore, essa era poi d'altraparte esclusa per legge dal tribunato, dalla edilità ple-bea, dalla seconda carica del consolato e dalla secondadi censore. Quasi a giusta punizione della malintesa etenace sua opposizione, gli antichi privilegi del patrizia-to si erano per esso trasformati in altrettante umiliazioni.Però il patriziato romano, ridotto a poco più d'un nomevuoto di senso, non si rassegnò a morire. Quanto menoera grande l'importanza e la potenza lasciata ai patrizi,tanto più cresceva e s'inaspriva il loro orgoglio tradizio-nale. L'esclusività, che è il vero carattere della nobiltà,

108

la legge del dittatore Q. Ortensio (465 = 289 – 468 =286), che invece del pareggiamento condizionato, stabilìquello incondizionato delle deliberazioni dell'assemblearepubblicana e della plebe. Così si erano mutate le cir-costanze in modo che quella parte della cittadinanza chegià aveva posseduto, sola, il diritto di votazione, d'ora inpoi non era nemmeno più interpellata nelle votazioniobbligatorie per tutta la cittadinanza complessiva.

10. Nobiltà recente.La lotta tra le famiglie patrizie e la plebe giungeva conciò, sostanzialmente, al termine.Se la nobiltà, dei suoi tanti diritti, conservava ancoraquello, senza dubbio importante, di votare per prima neicomizi e nelle centurie, e in parte, in conseguenza diquesto diritto di prelazione, si manteneva in possesso diuno dei posti di console e di censore, essa era poi d'altraparte esclusa per legge dal tribunato, dalla edilità ple-bea, dalla seconda carica del consolato e dalla secondadi censore. Quasi a giusta punizione della malintesa etenace sua opposizione, gli antichi privilegi del patrizia-to si erano per esso trasformati in altrettante umiliazioni.Però il patriziato romano, ridotto a poco più d'un nomevuoto di senso, non si rassegnò a morire. Quanto menoera grande l'importanza e la potenza lasciata ai patrizi,tanto più cresceva e s'inaspriva il loro orgoglio tradizio-nale. L'esclusività, che è il vero carattere della nobiltà,

108

Page 109: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

non era ancora propria dei patrizi ai tempi dei re, el'ammissione di nuove famiglie in questo ceto non eracosa troppo rara; ma nessun esempio ne troviamo piùnei tempi repubblicani e il ceto dei patrizi deve averchiuso le sue liste proprio intorno a quei tempi, in cuiesso aveva perduto gli ultimi suoi privilegi politici. Lasuperbia dei «Ramni» sopravvisse per secoli all'ultimodei loro privilegi ed anche a Roma le famiglie patrizie dinuova ammissione si sentivano obbligate di ricomperarecoll'alterigia quanto loro mancava per difetto di antenati.Fra tutte le famiglie patrizie romane nessuna ha piùenergicamente e pertinacemente combattuto affine di«tirare il consolato fuori del fango plebeo» quanto lacasa Claudia; e, allorchè ognuno dovette proprio con-vincersi dell'impossibilità di questa restaurazione, nes-suna altra famiglia se ne mostrò più indignata e più af-flitta; ben è vero che questa zelantissima fra le case pa-trizie era di nuova data in confronto dei Valeri e deiQuinzi e persino di fronte ai Giuli ed ai Fabi, anzi perquanto ci consta, era fra tutte le famiglie patrizie la piùrecente.Per ben comprendere la storia di Roma del quinto e delsesto secolo non si deve dimenticare questa nobiltà im-bronciata, la quale, a dir vero, null'altro poteva fare senon indispettire sè e altrui; ma che ad ogni modo lo fececon tutte le forze.Alcuni anni dopo la legge ogulnia (458 = 296) accaddeun memorabile caso di questo genere: una dama patrizia

109

non era ancora propria dei patrizi ai tempi dei re, el'ammissione di nuove famiglie in questo ceto non eracosa troppo rara; ma nessun esempio ne troviamo piùnei tempi repubblicani e il ceto dei patrizi deve averchiuso le sue liste proprio intorno a quei tempi, in cuiesso aveva perduto gli ultimi suoi privilegi politici. Lasuperbia dei «Ramni» sopravvisse per secoli all'ultimodei loro privilegi ed anche a Roma le famiglie patrizie dinuova ammissione si sentivano obbligate di ricomperarecoll'alterigia quanto loro mancava per difetto di antenati.Fra tutte le famiglie patrizie romane nessuna ha piùenergicamente e pertinacemente combattuto affine di«tirare il consolato fuori del fango plebeo» quanto lacasa Claudia; e, allorchè ognuno dovette proprio con-vincersi dell'impossibilità di questa restaurazione, nes-suna altra famiglia se ne mostrò più indignata e più af-flitta; ben è vero che questa zelantissima fra le case pa-trizie era di nuova data in confronto dei Valeri e deiQuinzi e persino di fronte ai Giuli ed ai Fabi, anzi perquanto ci consta, era fra tutte le famiglie patrizie la piùrecente.Per ben comprendere la storia di Roma del quinto e delsesto secolo non si deve dimenticare questa nobiltà im-bronciata, la quale, a dir vero, null'altro poteva fare senon indispettire sè e altrui; ma che ad ogni modo lo fececon tutte le forze.Alcuni anni dopo la legge ogulnia (458 = 296) accaddeun memorabile caso di questo genere: una dama patrizia

109

Page 110: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

maritata ad un illustre plebeo pervenuto alle più alte di-gnità dello stato, fu, per questo matrimonio, espulsa datutti i circoli delle dame nobili, anzi esclusa persino dal-la festa della Pudicizia, cosicchè ne venne che a Roma,da quel tempo in poi, si venerassero due dee della casti-tà, una patrizia, l'altra plebea.È bensì vero che siffatte velleità assai poco importavanoe che la miglior parte del patriziato si tenne, anche in se-guito, affatto lontana da queste spiacevoli beghe; ma unsentimento d'amarezza deve essere rimasto in ambo leparti, e se la lotta sostenuta dal popolo contro le case pa-trizie fu per sè stessa una necessità politica, e diremoanche una necessità morale, le alterne vicende di questoconflitto, le inutili scaramucce di retroguardia dopo labattaglia decisiva, quanto le sciocche contese di premi-nenza e di rango, hanno scossa e scompaginata, senzaalcun profitto, la pubblica e la privata vita della repub-blica romana.Malgrado tutto ciò, in sostanza, si era raggiunto uno de-gli scopi del compromesso dell'anno 387 = 367: la sop-pressione del patriziato. Bisogna ora vedere se la stessacosa si può dire degli altri due evidenti scopi di quelgrande atto, e se il nuovo ordine di cose, da esso inaugu-rato, abbia recato un vero rimedio alla malattia sociale,e ristabilita l'eguaglianza politica.Ambedue questi scopi ci si mostrano fra loro connessi;poichè se le pressioni economiche avessero logorato il

110

maritata ad un illustre plebeo pervenuto alle più alte di-gnità dello stato, fu, per questo matrimonio, espulsa datutti i circoli delle dame nobili, anzi esclusa persino dal-la festa della Pudicizia, cosicchè ne venne che a Roma,da quel tempo in poi, si venerassero due dee della casti-tà, una patrizia, l'altra plebea.È bensì vero che siffatte velleità assai poco importavanoe che la miglior parte del patriziato si tenne, anche in se-guito, affatto lontana da queste spiacevoli beghe; ma unsentimento d'amarezza deve essere rimasto in ambo leparti, e se la lotta sostenuta dal popolo contro le case pa-trizie fu per sè stessa una necessità politica, e diremoanche una necessità morale, le alterne vicende di questoconflitto, le inutili scaramucce di retroguardia dopo labattaglia decisiva, quanto le sciocche contese di premi-nenza e di rango, hanno scossa e scompaginata, senzaalcun profitto, la pubblica e la privata vita della repub-blica romana.Malgrado tutto ciò, in sostanza, si era raggiunto uno de-gli scopi del compromesso dell'anno 387 = 367: la sop-pressione del patriziato. Bisogna ora vedere se la stessacosa si può dire degli altri due evidenti scopi di quelgrande atto, e se il nuovo ordine di cose, da esso inaugu-rato, abbia recato un vero rimedio alla malattia sociale,e ristabilita l'eguaglianza politica.Ambedue questi scopi ci si mostrano fra loro connessi;poichè se le pressioni economiche avessero logorato il

110

Page 111: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ceto medio e ridotta la cittadinanza ad un piccolo nume-ro di ricchi e ad un miserabile proletariato, veniva conciò nello stesso tempo distrutta l'eguaglianza cittadina,e, in quanto alla possibilità e alla realtà, la repubblica.La conservazione e l'accrescimento della classe media,particolarmente dei campagnuoli, era quindi per ognipatriota e per ogni statista romano non solo un fatto im-portante, ma senza confronto il più importante di tutti. Iplebei che furono chiamati al governo andavano debito-ri, per una buona parte, dei nuovi loro diritti ai poveriproletari, e perciò erano sotto l'aspetto politico e moraleparticolarmente obbligati a prestar loro aiuto per quantofosse possibile con provvedimenti governativi.

11. Leggi sestio-licinie.Osserviamo prima di tutto se nella parte della legislazio-ne del 387 = 367 si contenga un rimedio atto a sanare imali sopra accennati. È evidente che la disposizione infavore dei liberi giornalieri non poteva bastare a togliereo restringere l'abuso degli schiavi adibiti nelle grandifattorie e assicurare ai liberi proletari per lo meno unaparte del lavoro: non può negarsi però che per giungerea questo intento non si poteva andare troppo innanzicolle leggi senza scuotere le fondamenta dell'ordine so-ciale di quei tempi, e senza portare un colpo che si sa-rebbe sentito oltre la sfera economica.Nella questione dei beni demaniali, invece, sarebbe sta-to possibile ai legislatori introdurre utili cambiamenti;

111

ceto medio e ridotta la cittadinanza ad un piccolo nume-ro di ricchi e ad un miserabile proletariato, veniva conciò nello stesso tempo distrutta l'eguaglianza cittadina,e, in quanto alla possibilità e alla realtà, la repubblica.La conservazione e l'accrescimento della classe media,particolarmente dei campagnuoli, era quindi per ognipatriota e per ogni statista romano non solo un fatto im-portante, ma senza confronto il più importante di tutti. Iplebei che furono chiamati al governo andavano debito-ri, per una buona parte, dei nuovi loro diritti ai poveriproletari, e perciò erano sotto l'aspetto politico e moraleparticolarmente obbligati a prestar loro aiuto per quantofosse possibile con provvedimenti governativi.

11. Leggi sestio-licinie.Osserviamo prima di tutto se nella parte della legislazio-ne del 387 = 367 si contenga un rimedio atto a sanare imali sopra accennati. È evidente che la disposizione infavore dei liberi giornalieri non poteva bastare a togliereo restringere l'abuso degli schiavi adibiti nelle grandifattorie e assicurare ai liberi proletari per lo meno unaparte del lavoro: non può negarsi però che per giungerea questo intento non si poteva andare troppo innanzicolle leggi senza scuotere le fondamenta dell'ordine so-ciale di quei tempi, e senza portare un colpo che si sa-rebbe sentito oltre la sfera economica.Nella questione dei beni demaniali, invece, sarebbe sta-to possibile ai legislatori introdurre utili cambiamenti;

111

Page 112: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ma ciò che si fece è evidente che non bastò.Il nuovo regolamento demaniale permetteva l'uso delpascolo comune con numerose greggi e l'occupazione difondi pubblici non destinati al pascolo in una misuratroppo lauta e nello stesso tempo abbandonava ai ricchiuna considerevolissima e, potrebbe dirsi, sproporzionataparte della rendita demaniale dando coll'ultima disposi-zione una sanzione legale al possesso dei fondi pubblici– benchè per legge soggetti alla decima e revocabili avolontà – e così riconosceva e confermava tutto questosistema di occupazioni.E di più si deve considerare che la nuova legislazionenon provvedeva nè a correggere i difetti delle preesi-stenti provvidenze per la esazione della tassa del pasco-lo e delle decime, provvidenze che la pratica aveva di-mostrato insufficienti, e che avrebbero dovuto essererafforzate con sanzioni penali; nè a disporre una rigoro-sa ricognizione dei possessi pubblici; nè ad istituire unamagistratura che curasse l'esecuzione delle leggi.La spartizione delle terre pubbliche, parte fino adun'equa misura fra i possidenti, e parte tra i proletariplebei, ma in piena proprietà sia per gli uni che per glialtri; l'abolizione del vizioso sistema dell'occupazione ela creazione di un magistrato che procedesse in avvenireall'immediata ripartizione delle terre, le quali in proces-so di tempo fossero cadute in pubblico dominio, eranoprovvedimenti tanto chiaramente indicati dalle circo-

112

ma ciò che si fece è evidente che non bastò.Il nuovo regolamento demaniale permetteva l'uso delpascolo comune con numerose greggi e l'occupazione difondi pubblici non destinati al pascolo in una misuratroppo lauta e nello stesso tempo abbandonava ai ricchiuna considerevolissima e, potrebbe dirsi, sproporzionataparte della rendita demaniale dando coll'ultima disposi-zione una sanzione legale al possesso dei fondi pubblici– benchè per legge soggetti alla decima e revocabili avolontà – e così riconosceva e confermava tutto questosistema di occupazioni.E di più si deve considerare che la nuova legislazionenon provvedeva nè a correggere i difetti delle preesi-stenti provvidenze per la esazione della tassa del pasco-lo e delle decime, provvidenze che la pratica aveva di-mostrato insufficienti, e che avrebbero dovuto essererafforzate con sanzioni penali; nè a disporre una rigoro-sa ricognizione dei possessi pubblici; nè ad istituire unamagistratura che curasse l'esecuzione delle leggi.La spartizione delle terre pubbliche, parte fino adun'equa misura fra i possidenti, e parte tra i proletariplebei, ma in piena proprietà sia per gli uni che per glialtri; l'abolizione del vizioso sistema dell'occupazione ela creazione di un magistrato che procedesse in avvenireall'immediata ripartizione delle terre, le quali in proces-so di tempo fossero cadute in pubblico dominio, eranoprovvedimenti tanto chiaramente indicati dalle circo-

112

Page 113: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stanze, che non si può attribuire a difetto di previdenza,se vennero lasciati in disparte.E qui non si può fare a meno di ricordare come l'aristo-crazia plebea, cioè appunto una parte di quella classeche in fatto aveva il privilegio di usufrutto dei pubblicipossessi, fosse quella, la quale aveva proposto la nuovariforma e come anzi uno degli autori di questa nuova ri-forma, Gaio Licinio Stolone, si trovasse fra i primi con-dannati per aver oltrepassato la misura massima di terre-no.Non si può quindi liberarsi dal dubbio, se i legislatoriabbiano operato lealmente o se invece non abbiano, abello studio, evitato lo scioglimento più equo e più natu-rale della infausta questione dei beni pubblici.Con tutto ciò non si vuol negare che le prescrizioni delleleggi licinie, quantunque manchevoli, non potessero riu-scire, e non riuscissero in fatto, di non lieve vantaggio alpiccolo possidente ed al giornaliere.E si deve inoltre riconoscere, che appena dopo la pro-mulgazione della legge, i magistrati avranno dovuto vi-gilare con severità e assai più efficacemente di prima,sulla disposizione che stabiliva la massima estensioneoccupabile. Infatti più d'una volta essi pronunciaronodure pene contro i grossi possessori di gregge e controgli ingiusti occupatori di beni pubblici.

113

stanze, che non si può attribuire a difetto di previdenza,se vennero lasciati in disparte.E qui non si può fare a meno di ricordare come l'aristo-crazia plebea, cioè appunto una parte di quella classeche in fatto aveva il privilegio di usufrutto dei pubblicipossessi, fosse quella, la quale aveva proposto la nuovariforma e come anzi uno degli autori di questa nuova ri-forma, Gaio Licinio Stolone, si trovasse fra i primi con-dannati per aver oltrepassato la misura massima di terre-no.Non si può quindi liberarsi dal dubbio, se i legislatoriabbiano operato lealmente o se invece non abbiano, abello studio, evitato lo scioglimento più equo e più natu-rale della infausta questione dei beni pubblici.Con tutto ciò non si vuol negare che le prescrizioni delleleggi licinie, quantunque manchevoli, non potessero riu-scire, e non riuscissero in fatto, di non lieve vantaggio alpiccolo possidente ed al giornaliere.E si deve inoltre riconoscere, che appena dopo la pro-mulgazione della legge, i magistrati avranno dovuto vi-gilare con severità e assai più efficacemente di prima,sulla disposizione che stabiliva la massima estensioneoccupabile. Infatti più d'una volta essi pronunciaronodure pene contro i grossi possessori di gregge e controgli ingiusti occupatori di beni pubblici.

113

Page 114: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

12. Credito e imposte.Anche all'ordinamento delle imposte e del credito si ri-volse, in questi tempi, la pubblica attenzione, e si pensò,più di quanto non si fosse pensato prima, e si pensassedopo, se mai fosse possibile, con provvidenze di leggi,sanare le piaghe della miseria popolare.La tassa del cinque per cento sul valore attribuito alloschiavo da emanciparsi, ordinata colla legge dell'anno397 = 357, eccezion fatta del freno ch'essa poneva alnon desiderabile aumento del numero dei liberti, fu laprima imposta romana stabilita effettivamente sui ricchi.Con eguale intento si cercavano i modi per rianimare ilcredito. Si rinnovarono le leggi contro gli usurai cheerano già state scritte nelle dodici tavole, e poco a pocosi resero più rigorose, talchè il massimo degli interessifu ridotto gradualmente dal 10 (anno 397 = 357) al cin-que per cento (anno 407 = 347) per l'anno composto didodici mesi, e finalmente l'anno 412 = 342 venne asso-lutamente vietato ogni interesse.Quest'ultima dissennata legge fu tenuta in vigore pro-forma; ma, come è ben naturale, non fu messa in prati-ca. L'interesse venuto in uso dopo questo tempo eradell'uno per cento al mese, che, secondo le condizionipecuniarie dell'antichità, poteva ragguagliarsi, press'apoco, al cinque o al sei per cento d'oggi, e che già inquel tempo sarà stato considerato come il massimo degliinteressi permessi. Era proibito d'intentare cause per la

114

12. Credito e imposte.Anche all'ordinamento delle imposte e del credito si ri-volse, in questi tempi, la pubblica attenzione, e si pensò,più di quanto non si fosse pensato prima, e si pensassedopo, se mai fosse possibile, con provvidenze di leggi,sanare le piaghe della miseria popolare.La tassa del cinque per cento sul valore attribuito alloschiavo da emanciparsi, ordinata colla legge dell'anno397 = 357, eccezion fatta del freno ch'essa poneva alnon desiderabile aumento del numero dei liberti, fu laprima imposta romana stabilita effettivamente sui ricchi.Con eguale intento si cercavano i modi per rianimare ilcredito. Si rinnovarono le leggi contro gli usurai cheerano già state scritte nelle dodici tavole, e poco a pocosi resero più rigorose, talchè il massimo degli interessifu ridotto gradualmente dal 10 (anno 397 = 357) al cin-que per cento (anno 407 = 347) per l'anno composto didodici mesi, e finalmente l'anno 412 = 342 venne asso-lutamente vietato ogni interesse.Quest'ultima dissennata legge fu tenuta in vigore pro-forma; ma, come è ben naturale, non fu messa in prati-ca. L'interesse venuto in uso dopo questo tempo eradell'uno per cento al mese, che, secondo le condizionipecuniarie dell'antichità, poteva ragguagliarsi, press'apoco, al cinque o al sei per cento d'oggi, e che già inquel tempo sarà stato considerato come il massimo degliinteressi permessi. Era proibito d'intentare cause per la

114

Page 115: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

restituzione di somme maggiori, e sarà forse anche stataconcessa in questo caso la rivendicazione giudiziaria.Del resto, non di rado, venivano tratti dinanzi al tribuna-le del popolo notori usurai e condannati assai volentieridalle tribù a dure pene.Di maggiore importanza ancora fu il mutamento delprocesso per debiti introdotto dalla legge petelia (428 o441 = 326 o 313), la quale concedeva ad ogni debitore,che affermasse con giuramento la sua capacità di pagaree cedesse le sue sostanze, la libertà personale, sopprime-va in parte la sommaria procedura esecutiva fino allorain uso per i debiti dipendenti da prestiti, e stabiliva chenessun cittadino romano potesse esser tratto in servitù senon in forza d'una sentenza dei giurati.È chiaro che tutti questi temperamenti avranno potutomitigare in qualche modo le esistenti sproporzioni eco-nomiche, ma non potevano sopprimerle.L'istituzione d'una commissione bancaria pel riordina-mento delle condizioni del credito e per la somministra-zione di sovvenzioni alla cassa del tesoro nell'anno 402= 352, la disposizione che prescrive i pagamenti legali atermini stabiliti, dell'anno 467 = 287, quando il popolo,non essendosi potuto mettere d'accordo con i suoi avver-sari e ottenere facilitazioni per pagare i suoi debiti, si ri-trasse sul Gianicolo e non fu ridonata la pace al comuneche in seguito ad un attacco di nemici esterni assai op-portunamente sopravvenuto, provano il perdurare delle

115

restituzione di somme maggiori, e sarà forse anche stataconcessa in questo caso la rivendicazione giudiziaria.Del resto, non di rado, venivano tratti dinanzi al tribuna-le del popolo notori usurai e condannati assai volentieridalle tribù a dure pene.Di maggiore importanza ancora fu il mutamento delprocesso per debiti introdotto dalla legge petelia (428 o441 = 326 o 313), la quale concedeva ad ogni debitore,che affermasse con giuramento la sua capacità di pagaree cedesse le sue sostanze, la libertà personale, sopprime-va in parte la sommaria procedura esecutiva fino allorain uso per i debiti dipendenti da prestiti, e stabiliva chenessun cittadino romano potesse esser tratto in servitù senon in forza d'una sentenza dei giurati.È chiaro che tutti questi temperamenti avranno potutomitigare in qualche modo le esistenti sproporzioni eco-nomiche, ma non potevano sopprimerle.L'istituzione d'una commissione bancaria pel riordina-mento delle condizioni del credito e per la somministra-zione di sovvenzioni alla cassa del tesoro nell'anno 402= 352, la disposizione che prescrive i pagamenti legali atermini stabiliti, dell'anno 467 = 287, quando il popolo,non essendosi potuto mettere d'accordo con i suoi avver-sari e ottenere facilitazioni per pagare i suoi debiti, si ri-trasse sul Gianicolo e non fu ridonata la pace al comuneche in seguito ad un attacco di nemici esterni assai op-portunamente sopravvenuto, provano il perdurare delle

115

Page 116: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

strettezze.Sarebbe però grande ingiustizia il ritenere inutile e vanolo studio che gli statisti romani posero a frenare l'impo-verimento del medio ceto, pel motivo che mali radicalinon si curano con palliativi. Questa, veramente, è unadelle accuse che la perfidia non predica mai senza suc-cesso alla semplicità popolana; ma non è per questo unerrore meno grossolano.Si potrebbe piuttosto invertire l'argomento e domandarese la demagogia, già sino da quei tempi, non si fosse im-padronita di questa grande questione e se occorresseroveramente rimedi così violenti e così pericolosi, comefu appunto quello d'ordinare la deduzione degli interessigià pagati dal capitale dovuto.I documenti, che ci sono pervenuti, non bastano per de-cidere ora da che parte fosse il torto e la ragione; maquello che ne sappiamo ci basta per poter affermare cheil medio ceto domiciliato in città si trovava ancora esempre più in istato di penuria economica e di perpetuaminaccia, e che nelle alte classi non mancava la volontà,benchè poco fruttuosa, di aiutare i poveri debitori conleggi proibitive dell'usura e proroghe legali di pagamen-to; ma che d'altra parte il governo aristocratico continua-va ad essere troppo debole verso i propri membri e trop-po preoccupato degli speciali interessi della classe dacui esso usciva, per recare giovamento coll'unico mezzoefficace di cui avrebbe potuto disporre, cioè coll'abolire

116

strettezze.Sarebbe però grande ingiustizia il ritenere inutile e vanolo studio che gli statisti romani posero a frenare l'impo-verimento del medio ceto, pel motivo che mali radicalinon si curano con palliativi. Questa, veramente, è unadelle accuse che la perfidia non predica mai senza suc-cesso alla semplicità popolana; ma non è per questo unerrore meno grossolano.Si potrebbe piuttosto invertire l'argomento e domandarese la demagogia, già sino da quei tempi, non si fosse im-padronita di questa grande questione e se occorresseroveramente rimedi così violenti e così pericolosi, comefu appunto quello d'ordinare la deduzione degli interessigià pagati dal capitale dovuto.I documenti, che ci sono pervenuti, non bastano per de-cidere ora da che parte fosse il torto e la ragione; maquello che ne sappiamo ci basta per poter affermare cheil medio ceto domiciliato in città si trovava ancora esempre più in istato di penuria economica e di perpetuaminaccia, e che nelle alte classi non mancava la volontà,benchè poco fruttuosa, di aiutare i poveri debitori conleggi proibitive dell'usura e proroghe legali di pagamen-to; ma che d'altra parte il governo aristocratico continua-va ad essere troppo debole verso i propri membri e trop-po preoccupato degli speciali interessi della classe dacui esso usciva, per recare giovamento coll'unico mezzoefficace di cui avrebbe potuto disporre, cioè coll'abolire

116

Page 117: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

affatto il sistema di occupazione dei beni dello stato, li-berando in tal modo i governanti dal rimprovero di trar-re partito dalla misera condizione dei governati.

13. Influenza del dominio romano sulla prosperi-tà del popolo.

Un aiuto più efficace di quello che volesse o potesseprocacciare il governo venne alle classi medie dai suc-cessi politici della repubblica e dalla dominazione, che apoco a poco andava stabilendosi, dei Romani sull'Italia.Le molte e ragguardevoli colonie, che si fondarono perassicurare la nuova signoria, colonie che furono per lamaggior parte popolate nel quinto secolo, procuraronoal proletariato agricolo, parte mercè i cresciuti proventidell'agricoltura, e parte mercè l'emigrazione della popo-lazione nelle colonie, un notevole alleviamento per co-loro che rimasero.L'aumento delle imposte indirette e straordinarie, e ingenerale la prospera situazione delle finanze del comunefacevano sì, che ben di rado si sentisse ancora la neces-sità di obbligare i contadini ad anticipare, sotto forma diprestito forzoso, il pagamento delle tasse.Quand'anche si voglia credere che le antiche piccoleproprietà fossero a quei tempi già irremissibilmente per-dute, la diminuzione sempre crescente della media ric-chezza romana doveva trasformare i primi grandi pro-prietari in contadini, e aumentare così il numero dei

117

affatto il sistema di occupazione dei beni dello stato, li-berando in tal modo i governanti dal rimprovero di trar-re partito dalla misera condizione dei governati.

13. Influenza del dominio romano sulla prosperi-tà del popolo.

Un aiuto più efficace di quello che volesse o potesseprocacciare il governo venne alle classi medie dai suc-cessi politici della repubblica e dalla dominazione, che apoco a poco andava stabilendosi, dei Romani sull'Italia.Le molte e ragguardevoli colonie, che si fondarono perassicurare la nuova signoria, colonie che furono per lamaggior parte popolate nel quinto secolo, procuraronoal proletariato agricolo, parte mercè i cresciuti proventidell'agricoltura, e parte mercè l'emigrazione della popo-lazione nelle colonie, un notevole alleviamento per co-loro che rimasero.L'aumento delle imposte indirette e straordinarie, e ingenerale la prospera situazione delle finanze del comunefacevano sì, che ben di rado si sentisse ancora la neces-sità di obbligare i contadini ad anticipare, sotto forma diprestito forzoso, il pagamento delle tasse.Quand'anche si voglia credere che le antiche piccoleproprietà fossero a quei tempi già irremissibilmente per-dute, la diminuzione sempre crescente della media ric-chezza romana doveva trasformare i primi grandi pro-prietari in contadini, e aumentare così il numero dei

117

Page 118: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

membri componenti il ceto medio. I nobili dovetteropreferire un'altra industria, l'occupazione e il dissoda-mento dei vasti terreni di nuovo acquisto; le ricchezze,che in gran copia affluivano a Roma in grazia dellaguerra e del commercio, devono aver fatto diminuire lamisura dell'interesse; e certo la crescente popolazionedella città tornò di vantaggio agli agricoltori in tutto ilLazio; un savio sistema d'incorporazione riunì un grannumero di comuni limitrofi, fino allora soggetti al co-mune di Roma, rinforzando così particolarmente il cetomedio; e infine le stupende vittorie ed i meravigliosisuccessi fecero tacere le ire di parte; e sebbene i conta-dini si trovassero ancora angustiati e le cause del lorodisagio non fossero rimosse, pure si deve convenire che,sullo scorcio di questo periodo, il ceto medio romano sidovette trovare in una situazione di gran lunga meno de-pressa che nel primo secolo dopo la cacciata dei re.

14. Eguaglianza sociale.Con la riforma dell'anno 387 = 367, come venne svol-gendosi in processo di tempo, si giunse infine ad ottene-re, almeno sotto un certo aspetto, l'eguaglianza civile, oper dir meglio, questa eguaglianza venne restaurata.Come nelle prime età di Roma, allorquando i patrizi for-mavano di fatto tutto il corpo della cittadinanza, essiavevano avuto, senza distinzione alcuna, eguali diritti edeguali doveri, così nel periodo storico in cui siamo giun-ti, non v'era di fronte alla legge alcuna differenza arbi-

118

membri componenti il ceto medio. I nobili dovetteropreferire un'altra industria, l'occupazione e il dissoda-mento dei vasti terreni di nuovo acquisto; le ricchezze,che in gran copia affluivano a Roma in grazia dellaguerra e del commercio, devono aver fatto diminuire lamisura dell'interesse; e certo la crescente popolazionedella città tornò di vantaggio agli agricoltori in tutto ilLazio; un savio sistema d'incorporazione riunì un grannumero di comuni limitrofi, fino allora soggetti al co-mune di Roma, rinforzando così particolarmente il cetomedio; e infine le stupende vittorie ed i meravigliosisuccessi fecero tacere le ire di parte; e sebbene i conta-dini si trovassero ancora angustiati e le cause del lorodisagio non fossero rimosse, pure si deve convenire che,sullo scorcio di questo periodo, il ceto medio romano sidovette trovare in una situazione di gran lunga meno de-pressa che nel primo secolo dopo la cacciata dei re.

14. Eguaglianza sociale.Con la riforma dell'anno 387 = 367, come venne svol-gendosi in processo di tempo, si giunse infine ad ottene-re, almeno sotto un certo aspetto, l'eguaglianza civile, oper dir meglio, questa eguaglianza venne restaurata.Come nelle prime età di Roma, allorquando i patrizi for-mavano di fatto tutto il corpo della cittadinanza, essiavevano avuto, senza distinzione alcuna, eguali diritti edeguali doveri, così nel periodo storico in cui siamo giun-ti, non v'era di fronte alla legge alcuna differenza arbi-

118

Page 119: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

traria nell'allargata cittadinanza.Non vi è dubbio che le gradazioni prodotte dall'età,dall'avvedutezza, dalla coltura dello spirito e dalle ric-chezze, dominassero anche in questo tempo la vita re-pubblicana; ma lo spirito dei cittadini e la politica delgoverno s'adopravano in modo che queste differenze ri-saltassero il meno possibile.L'indole del governo romano tendeva a formare cittadinivigorosi e forti, ma non permetteva che emergessero uo-mini di genio.La coltura dei Romani non progrediva di pari passo conlo svolgersi e col crescere delle forze dello stato, e perun cotal istinto politico di chi teneva il governo, essa erapiuttosto frenata che promossa.Non si poteva impedire che vi fossero dei ricchi e deipoveri; ma, come in una vera città villereccia, il padronedel fondo guidava egli stesso l'aratro non altrimenti cheil giornaliero, e la regola della buona economia, di vive-re con parsimonia osservando sopra ogni cosa la massi-ma di non lasciare infruttifero nessun capitale, era mes-sa in pratica anche dai ricchi.Cosicchè, ad eccezione della saliera e della patena deisagrifizi, in nessuna casa romana di quel tempo si vede-va vasellame d'argento. E ciò non era poco. Se ne vedo-no gli effetti nei meravigliosi successi che coronarono lapolitica estera dei Romani nei soli cento anni corsidall'ultima guerra contro Veio sino alla guerra contro

119

traria nell'allargata cittadinanza.Non vi è dubbio che le gradazioni prodotte dall'età,dall'avvedutezza, dalla coltura dello spirito e dalle ric-chezze, dominassero anche in questo tempo la vita re-pubblicana; ma lo spirito dei cittadini e la politica delgoverno s'adopravano in modo che queste differenze ri-saltassero il meno possibile.L'indole del governo romano tendeva a formare cittadinivigorosi e forti, ma non permetteva che emergessero uo-mini di genio.La coltura dei Romani non progrediva di pari passo conlo svolgersi e col crescere delle forze dello stato, e perun cotal istinto politico di chi teneva il governo, essa erapiuttosto frenata che promossa.Non si poteva impedire che vi fossero dei ricchi e deipoveri; ma, come in una vera città villereccia, il padronedel fondo guidava egli stesso l'aratro non altrimenti cheil giornaliero, e la regola della buona economia, di vive-re con parsimonia osservando sopra ogni cosa la massi-ma di non lasciare infruttifero nessun capitale, era mes-sa in pratica anche dai ricchi.Cosicchè, ad eccezione della saliera e della patena deisagrifizi, in nessuna casa romana di quel tempo si vede-va vasellame d'argento. E ciò non era poco. Se ne vedo-no gli effetti nei meravigliosi successi che coronarono lapolitica estera dei Romani nei soli cento anni corsidall'ultima guerra contro Veio sino alla guerra contro

119

Page 120: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Pirro. Nel quale periodo la nobiltà aveva ceduto il passoalle classi agricole di modo che la morte di Fabio, di pu-rissimo sangue patrizio, fu pianta da tutto il popolo sen-za distinzione: da patrizi e da plebei, non meno dellamorte del plebeo Decio; nè si vedeva la dignità consola-re cadere come per diritto naturale nelle mani dei piùricchi fra i patrizi, e un povero agricoltore della Sabina,Manio Curio, dopo aver vinto Pirro in battaglia campalee cacciatolo d'Italia, non cessò per questo d'essere unsemplice contadino e di coltivare egli stesso il suo cam-po per cavarne il pane.

15. La formazione di una nuova aristocrazia.A proposito di questa magnifica eguaglianza repubblica-na occorre notare che essa fu, più che altro, una egua-glianza di forme e quasi in tutto politica; e che sotto visi trovava già un'aristocrazia sociale, che venne costi-tuendosi in questi tempi, ma che fin dall'epoca antece-dente preesisteva spiccatissima.Già da gran tempo le casate ricche e notabili, non aggre-gate al patriziato, si erano divise dal popolo, e, ammessea partecipare dei diritti senatori, venivano accostandosiai vecchi nobili, seguendo una politica diversa e spessocontraria di quella a cui era portata la plebe. Le leggi li-cinie avevano soppressa ogni differenza gerarchica tra ledue aristocrazie, ma quanto al vero popolano esso nonaveva avuto altro effetto che quello di abolire il princi-pio che escludeva di pieno diritto il plebeo dal parteci-

120

Pirro. Nel quale periodo la nobiltà aveva ceduto il passoalle classi agricole di modo che la morte di Fabio, di pu-rissimo sangue patrizio, fu pianta da tutto il popolo sen-za distinzione: da patrizi e da plebei, non meno dellamorte del plebeo Decio; nè si vedeva la dignità consola-re cadere come per diritto naturale nelle mani dei piùricchi fra i patrizi, e un povero agricoltore della Sabina,Manio Curio, dopo aver vinto Pirro in battaglia campalee cacciatolo d'Italia, non cessò per questo d'essere unsemplice contadino e di coltivare egli stesso il suo cam-po per cavarne il pane.

15. La formazione di una nuova aristocrazia.A proposito di questa magnifica eguaglianza repubblica-na occorre notare che essa fu, più che altro, una egua-glianza di forme e quasi in tutto politica; e che sotto visi trovava già un'aristocrazia sociale, che venne costi-tuendosi in questi tempi, ma che fin dall'epoca antece-dente preesisteva spiccatissima.Già da gran tempo le casate ricche e notabili, non aggre-gate al patriziato, si erano divise dal popolo, e, ammessea partecipare dei diritti senatori, venivano accostandosiai vecchi nobili, seguendo una politica diversa e spessocontraria di quella a cui era portata la plebe. Le leggi li-cinie avevano soppressa ogni differenza gerarchica tra ledue aristocrazie, ma quanto al vero popolano esso nonaveva avuto altro effetto che quello di abolire il princi-pio che escludeva di pieno diritto il plebeo dal parteci-

120

Page 121: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pare al governo, lasciando sussistere ancora ostacoli dif-ficilissimi se non impossibili a superarsi.Ad ogni modo, per l'una e l'altra via, fu rinsanguato inRoma il ceto signorile, e il governo rimase essenzial-mente aristocratico anche dopo le riforme, senza cheperciò la repubblica cessasse di essere un vero comuned'agricoltori, in cui il ricco proprietario ben poco si dif-ferenziava nelle esteriorità sociali dal povero fittavolo,col quale egli parlava come ad un suo pari; e nondimenol'aristocrazia era tanto saldamente in possesso dell'indi-rizzo sociale, che un uomo di scarsa fortuna poteva assaipiù agevolmente primeggiare in città che nel suo villag-gio. Si vuol riconoscere provvidissima, e sommamenteutile innovazione introdotta dalla riforma, per la qualeanche il più povero cittadino poteva essere chiamato allasuprema magistratura; si deve però notare che questeelezioni d'uomini dell'ultima classe del popolo(9) nonerano solo una rara eccezione, ma che esse possono ri-guardarsi, almeno rispetto ai tempi che chiudono questoperiodo, non già come un portato naturale della costitu-zione, ma come la conseguenza d'una lotta e d'una op-

9 La povertà dei consolari di questi tempi, tanto vantata nelle raccolted'aneddoti delle età recenti, il più delle volte si risolve in una difettosa in-terpretazione dei fatti antichi e nella ignoranza sia dell'antica parsimonia,che assai bene si congiunge colla ricchezza, sia del vecchio e lodevolissi-mo costume di celebrare con sottoscrizioni e collette d'un soldo i funeralidegli uomini benemeriti; ciò che è tutt'altra cosa che una sepoltura per ca-rità. Anche l'inconsulta interpretazione de' soprannomi, che riempie di tan-te frivolezze la storia romana, ebbe la sua buona parte nell'esagerare questiparticolari (Serranus).

121

pare al governo, lasciando sussistere ancora ostacoli dif-ficilissimi se non impossibili a superarsi.Ad ogni modo, per l'una e l'altra via, fu rinsanguato inRoma il ceto signorile, e il governo rimase essenzial-mente aristocratico anche dopo le riforme, senza cheperciò la repubblica cessasse di essere un vero comuned'agricoltori, in cui il ricco proprietario ben poco si dif-ferenziava nelle esteriorità sociali dal povero fittavolo,col quale egli parlava come ad un suo pari; e nondimenol'aristocrazia era tanto saldamente in possesso dell'indi-rizzo sociale, che un uomo di scarsa fortuna poteva assaipiù agevolmente primeggiare in città che nel suo villag-gio. Si vuol riconoscere provvidissima, e sommamenteutile innovazione introdotta dalla riforma, per la qualeanche il più povero cittadino poteva essere chiamato allasuprema magistratura; si deve però notare che questeelezioni d'uomini dell'ultima classe del popolo(9) nonerano solo una rara eccezione, ma che esse possono ri-guardarsi, almeno rispetto ai tempi che chiudono questoperiodo, non già come un portato naturale della costitu-zione, ma come la conseguenza d'una lotta e d'una op-

9 La povertà dei consolari di questi tempi, tanto vantata nelle raccolted'aneddoti delle età recenti, il più delle volte si risolve in una difettosa in-terpretazione dei fatti antichi e nella ignoranza sia dell'antica parsimonia,che assai bene si congiunge colla ricchezza, sia del vecchio e lodevolissi-mo costume di celebrare con sottoscrizioni e collette d'un soldo i funeralidegli uomini benemeriti; ciò che è tutt'altra cosa che una sepoltura per ca-rità. Anche l'inconsulta interpretazione de' soprannomi, che riempie di tan-te frivolezze la storia romana, ebbe la sua buona parte nell'esagerare questiparticolari (Serranus).

121

Page 122: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

posizione.

16. Nuova opposizione.In ogni governo aristocratico sorge naturale un'opposi-zione. E come l'uguaglianza politica e formale delleclassi non aveva avuto altro effetto che di modificarel'aristocrazia creando un nuovo ceto signorile, che nonsolo aveva raccolta l'eredità dell'antico patriziato, mache anzi si era innestato su di esso e vi veniva crescendoin intima congiunzione, così anche l’opposizione nonpoteva che mantenersi, e seguire quasi per contrappostol'esempio della raddoppiata nobiltà.Infatti ora l'esclusione politica non colpiva più le classidei cittadini avventizi, ma l'uomo del popolo; ond'è chela nuova opposizione si levò dapprima come a rappre-sentare il popolo minuto, e poi specialmente i piccolipossidenti rurali; e come la nuova nobiltà si univa al pa-triziato, così le prime prove di questa nuova opposizionesi confondono con le ultime lotte contro i privilegi patri-zi.I primi nomi che troviamo nelle liste di questi nuovi ca-pipopolo romani sono Manio Curio (console per gli anni464, 479 e 480 = 290, 275, 274; censore 482 = 273), eGaio Fabrizio (console 472, 476, 481 = 282, 278, 273,censore 479 = 275), ambedue nè nobili nè agiati, ambe-due sorti a combattere il principio aristocratico che vole-va opporre un limite alle rielezioni per la suprema magi-

122

posizione.

16. Nuova opposizione.In ogni governo aristocratico sorge naturale un'opposi-zione. E come l'uguaglianza politica e formale delleclassi non aveva avuto altro effetto che di modificarel'aristocrazia creando un nuovo ceto signorile, che nonsolo aveva raccolta l'eredità dell'antico patriziato, mache anzi si era innestato su di esso e vi veniva crescendoin intima congiunzione, così anche l’opposizione nonpoteva che mantenersi, e seguire quasi per contrappostol'esempio della raddoppiata nobiltà.Infatti ora l'esclusione politica non colpiva più le classidei cittadini avventizi, ma l'uomo del popolo; ond'è chela nuova opposizione si levò dapprima come a rappre-sentare il popolo minuto, e poi specialmente i piccolipossidenti rurali; e come la nuova nobiltà si univa al pa-triziato, così le prime prove di questa nuova opposizionesi confondono con le ultime lotte contro i privilegi patri-zi.I primi nomi che troviamo nelle liste di questi nuovi ca-pipopolo romani sono Manio Curio (console per gli anni464, 479 e 480 = 290, 275, 274; censore 482 = 273), eGaio Fabrizio (console 472, 476, 481 = 282, 278, 273,censore 479 = 275), ambedue nè nobili nè agiati, ambe-due sorti a combattere il principio aristocratico che vole-va opporre un limite alle rielezioni per la suprema magi-

122

Page 123: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stratura dello stato, ambedue chiamati tre volte dal votodei cittadini a governare la repubblica, ambedue nellaqualità di tribuni, di consoli e di censori, avversari deiprivilegi patrizi e rappresentanti il ceto dei piccoli con-tadini contro la crescente superbia delle casate signorili.Già i futuri partiti si venivano profilando, ma fin qui gliinteressi del partito cedevano ancora dinanzi all'interes-se generale. Appio Claudio e Manio Curio erano i capidelle due opposte fazioni e personalmente si osteggiava-no con grande veemenza; e nondimeno con savio consi-glio e con forte braccio vinsero insieme il re Pirro. GaioFabrizio nella sua censura punì Publio Cornelio Rufinoperchè pensava e viveva aristocraticamente, ma questonon gli impedì di farlo eleggere, in grazia della notoriasua virtù militare, suo collega nel consolato. Già gli ele-menti della discordia si affacciavano, ma gli avversarinon si lasciavano ancora trascinare dalle passioni di cuigià provavano il morso.Abbiamo già narrato la fine delle contese tra i cittadinioriginari e gli avventizi, i molteplici tentativi, coronatida felici successi, per rafforzare il ceto medio, i primiindizi della formazione d'un nuovo partito aristocraticoe di un nuovo partito democratico che si venivano for-mando in grembo all'eguaglianza politica delle classi.Rimane ancora da esporre come in mezzo a questi cam-biamenti si sostituisse il nuovo regime, e la posizioneche dopo l'abolizione del patriziato politico preserol'uno di fronte all'altro i tre elementi del comune repub-

123

stratura dello stato, ambedue chiamati tre volte dal votodei cittadini a governare la repubblica, ambedue nellaqualità di tribuni, di consoli e di censori, avversari deiprivilegi patrizi e rappresentanti il ceto dei piccoli con-tadini contro la crescente superbia delle casate signorili.Già i futuri partiti si venivano profilando, ma fin qui gliinteressi del partito cedevano ancora dinanzi all'interes-se generale. Appio Claudio e Manio Curio erano i capidelle due opposte fazioni e personalmente si osteggiava-no con grande veemenza; e nondimeno con savio consi-glio e con forte braccio vinsero insieme il re Pirro. GaioFabrizio nella sua censura punì Publio Cornelio Rufinoperchè pensava e viveva aristocraticamente, ma questonon gli impedì di farlo eleggere, in grazia della notoriasua virtù militare, suo collega nel consolato. Già gli ele-menti della discordia si affacciavano, ma gli avversarinon si lasciavano ancora trascinare dalle passioni di cuigià provavano il morso.Abbiamo già narrato la fine delle contese tra i cittadinioriginari e gli avventizi, i molteplici tentativi, coronatida felici successi, per rafforzare il ceto medio, i primiindizi della formazione d'un nuovo partito aristocraticoe di un nuovo partito democratico che si venivano for-mando in grembo all'eguaglianza politica delle classi.Rimane ancora da esporre come in mezzo a questi cam-biamenti si sostituisse il nuovo regime, e la posizioneche dopo l'abolizione del patriziato politico preserol'uno di fronte all'altro i tre elementi del comune repub-

123

Page 124: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

blicano, la cittadinanza, la magistratura e il senato.La cittadinanza, nelle ordinarie sue assemblee, si man-tenne, dopo la riforma, come già era prima, la supremaautorità nella repubblica ed il legittimo sovrano; solo fustabilito per legge, che, meno le decisioni demandateuna volta per sempre alle centurie, in ispecial modo perle elezioni dei consoli e dei censori, la votazione per tri-bù dovesse esser valida come quella per centurie.Questa provvidenza, a quanto pare, era già stabilita nellalegge valeria del 305 = 449, estesa poi dalla publilia del415 = 339 e che l'ortensia del 467 = 287 stabilì perl'assemblea speciale.Essa, a dir vero, non consacrava un cambiamento radi-cale, poichè gli stessi individui erano chiamati a votarein ambedue le assemblee; ma non si può passare sottosilenzio che, nei comizi tributi, i votanti erano affattoeguali tra loro, nei comizi centuriati invece l'efficaciadel diritto di votare si graduava secondo il censo del vo-tante; quindi sotto tale rispetto questo era un primo pas-so democratico verso il livellamento delle classi.Di molto maggior momento fu l'altra novità che trovia-mo verso la fine di quest'epoca, quando l'antichissimacondizione del diritto di votare, cioè quella del domici-lio, fu per la prima volta messa in dubbio.Appio Claudio, il più audace degli innovatori che si co-nosca nella storia romana, riformò, durante la sua censu-ra (442 = 312), senza domandarne l'autorizzazione al se-

124

blicano, la cittadinanza, la magistratura e il senato.La cittadinanza, nelle ordinarie sue assemblee, si man-tenne, dopo la riforma, come già era prima, la supremaautorità nella repubblica ed il legittimo sovrano; solo fustabilito per legge, che, meno le decisioni demandateuna volta per sempre alle centurie, in ispecial modo perle elezioni dei consoli e dei censori, la votazione per tri-bù dovesse esser valida come quella per centurie.Questa provvidenza, a quanto pare, era già stabilita nellalegge valeria del 305 = 449, estesa poi dalla publilia del415 = 339 e che l'ortensia del 467 = 287 stabilì perl'assemblea speciale.Essa, a dir vero, non consacrava un cambiamento radi-cale, poichè gli stessi individui erano chiamati a votarein ambedue le assemblee; ma non si può passare sottosilenzio che, nei comizi tributi, i votanti erano affattoeguali tra loro, nei comizi centuriati invece l'efficaciadel diritto di votare si graduava secondo il censo del vo-tante; quindi sotto tale rispetto questo era un primo pas-so democratico verso il livellamento delle classi.Di molto maggior momento fu l'altra novità che trovia-mo verso la fine di quest'epoca, quando l'antichissimacondizione del diritto di votare, cioè quella del domici-lio, fu per la prima volta messa in dubbio.Appio Claudio, il più audace degli innovatori che si co-nosca nella storia romana, riformò, durante la sua censu-ra (442 = 312), senza domandarne l'autorizzazione al se-

124

Page 125: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nato o al popolo, la lista dei cittadini in modo che l'indi-viduo senza domicilio venne compreso in una delle tribùa sua scelta, e poscia assunto, secondo le sue sostanze,nella corrispondente centuria.Senonchè questa innovazione precorreva troppo lo spiri-to del tempo per poter essere accettata durevolmente edinteramente. Uno dei successori di Appio, il famoso vin-citore dei Sanniti, Quinto Fabio Rulliano, si prese pocodopo, mentre era censore (450 = 304), l'assunto non giàdi cassare del tutto la riforma d'Appio, ma di restringerlain tali limiti, che nei comizi la prevalenza fosse assicu-rata di fatto ai domiciliati ed ai ricchi.A tale scopo egli fece iscrivere i censiti non domiciliati,che non erano d'origine pura (liberti) e che non possede-vano più di 30.000 sesterzi, nelle quattro tribù urbane, lequali, in quest'occasione, passarono dal primo all'ultimorango.Le tribù rurali per contro, il cui numero nel tempo checorse dall'anno 367 al 513 = 387 al 241 era andato apoco a poco crescendo, cosicchè da diciassette giunseroa trentuna e perciò divennero sempre più preponderantinei comizi, furono riservate per legge a tutti i liberi cit-tadini aventi domicilio, le cui sostanze superassero lamisura suaccennata. Nelle centurie fu conservato il pa-reggiamento dei domiciliati e dei non-domiciliati nati-liberi, conforme l'aveva introdotto Appio. Così furonoassestate le cose in modo che nei comizi tributi i domi-

125

nato o al popolo, la lista dei cittadini in modo che l'indi-viduo senza domicilio venne compreso in una delle tribùa sua scelta, e poscia assunto, secondo le sue sostanze,nella corrispondente centuria.Senonchè questa innovazione precorreva troppo lo spiri-to del tempo per poter essere accettata durevolmente edinteramente. Uno dei successori di Appio, il famoso vin-citore dei Sanniti, Quinto Fabio Rulliano, si prese pocodopo, mentre era censore (450 = 304), l'assunto non giàdi cassare del tutto la riforma d'Appio, ma di restringerlain tali limiti, che nei comizi la prevalenza fosse assicu-rata di fatto ai domiciliati ed ai ricchi.A tale scopo egli fece iscrivere i censiti non domiciliati,che non erano d'origine pura (liberti) e che non possede-vano più di 30.000 sesterzi, nelle quattro tribù urbane, lequali, in quest'occasione, passarono dal primo all'ultimorango.Le tribù rurali per contro, il cui numero nel tempo checorse dall'anno 367 al 513 = 387 al 241 era andato apoco a poco crescendo, cosicchè da diciassette giunseroa trentuna e perciò divennero sempre più preponderantinei comizi, furono riservate per legge a tutti i liberi cit-tadini aventi domicilio, le cui sostanze superassero lamisura suaccennata. Nelle centurie fu conservato il pa-reggiamento dei domiciliati e dei non-domiciliati nati-liberi, conforme l'aveva introdotto Appio. Così furonoassestate le cose in modo che nei comizi tributi i domi-

125

Page 126: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ciliati rimanessero preponderanti e che nei comizi cen-turiati, in cui, mercè i già esistenti privilegi dei maggioricensiti, non occorreva prendere tante precauzioni, i li-berti non potessero recare nocumento.Con questa assennata e moderata misura d'un uomo, ilquale per le sue gesta e più ancora per questo fatto fucon ragione chiamato «il grande» (maximus), venne dauna parte esteso il dovere della difesa della patria, comevoleva l'equità, anche ai cittadini non domiciliati, d'altraparte fu messo un freno alle crescenti forze degli schia-vi, accorgimento purtroppo indispensabile in uno statoche ammette la schiavitù.Uno speciale tribunale dei costumi, che a poco a pocoveniva associandosi all'ufficio destinato a formare l'esti-mo delle sostanze e l'anagrafe dei cittadini, escludevad'altronde dalla cittadinanza tutti gli individui notoria-mente indegni di appartenervi, e consacrava alla societàcivile la primitiva purezza morale e politica.

17. Diritti crescenti del popolo.In quanto alle attribuzioni dei comizi esse indicavano divolersi allargare, ma progredivano non di meno assaigradatamente.Con questa tendenza va in certo qual modo di conserval'aumento dei magistrati scelti per elezione popolare: esi deve a questo proposito notare particolarmente chefino dal 392 = 332 i tribuni militari d'una legione, e fino

126

ciliati rimanessero preponderanti e che nei comizi cen-turiati, in cui, mercè i già esistenti privilegi dei maggioricensiti, non occorreva prendere tante precauzioni, i li-berti non potessero recare nocumento.Con questa assennata e moderata misura d'un uomo, ilquale per le sue gesta e più ancora per questo fatto fucon ragione chiamato «il grande» (maximus), venne dauna parte esteso il dovere della difesa della patria, comevoleva l'equità, anche ai cittadini non domiciliati, d'altraparte fu messo un freno alle crescenti forze degli schia-vi, accorgimento purtroppo indispensabile in uno statoche ammette la schiavitù.Uno speciale tribunale dei costumi, che a poco a pocoveniva associandosi all'ufficio destinato a formare l'esti-mo delle sostanze e l'anagrafe dei cittadini, escludevad'altronde dalla cittadinanza tutti gli individui notoria-mente indegni di appartenervi, e consacrava alla societàcivile la primitiva purezza morale e politica.

17. Diritti crescenti del popolo.In quanto alle attribuzioni dei comizi esse indicavano divolersi allargare, ma progredivano non di meno assaigradatamente.Con questa tendenza va in certo qual modo di conserval'aumento dei magistrati scelti per elezione popolare: esi deve a questo proposito notare particolarmente chefino dal 392 = 332 i tribuni militari d'una legione, e fino

126

Page 127: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dal 443 = 311 i tribuni in ognuna delle quattro prime le-gioni non erano più eletti dal generale, ma dai cittadini.Durante quest'epoca i comizi non cercarono di mettermano nel potere amministrativo, e solo, come era giu-sto, tennero saldamente fermo il diritto di dichiarare laguerra, e in ispecial modo anche nel caso, in cui dopouna lunga tregua, conchiusa in luogo d'un trattato dipace, si fosse incominciata, se non di diritto, almeno difatto, una guerra nuova (427 = 327). In ogni altro casonon si portava innanzi ai comizi alcuna controversia am-ministrativa, a meno che i magistrati non venissero fraloro a conflitto, e che uno di essi non deferisse la que-stione al giudizio del popolo, come avvenne l'anno 305= 449, quando dal senato non furono concessi i meritationori del trionfo ai duci del partito popolare Lucio Vale-rio e Marco Orazio, ed al primo dittatore plebeo GaioMarcio Rutilo l'anno 398 = 356; come avvenne quando iconsoli dell'anno 459 = 295 non potevano mettersid'accordo sulle reciproche loro competenze; come av-venne l'anno 364 = 390 quando il senato decise di con-segnare lo sleale ambasciatore ai Galli ed un tribunoconsolare se ne appellò ai comizi – e questo fu il primocaso che una determinazione del senato venisse cassatadal popolo; e Roma dovette subirne una dura espiazio-ne.Il governo in questioni difficili ed odiose abbandonavavolentieri la questione ai comizi; e così fece allorchèCere, dopo che il popolo le aveva dichiarato la guerra, e

127

dal 443 = 311 i tribuni in ognuna delle quattro prime le-gioni non erano più eletti dal generale, ma dai cittadini.Durante quest'epoca i comizi non cercarono di mettermano nel potere amministrativo, e solo, come era giu-sto, tennero saldamente fermo il diritto di dichiarare laguerra, e in ispecial modo anche nel caso, in cui dopouna lunga tregua, conchiusa in luogo d'un trattato dipace, si fosse incominciata, se non di diritto, almeno difatto, una guerra nuova (427 = 327). In ogni altro casonon si portava innanzi ai comizi alcuna controversia am-ministrativa, a meno che i magistrati non venissero fraloro a conflitto, e che uno di essi non deferisse la que-stione al giudizio del popolo, come avvenne l'anno 305= 449, quando dal senato non furono concessi i meritationori del trionfo ai duci del partito popolare Lucio Vale-rio e Marco Orazio, ed al primo dittatore plebeo GaioMarcio Rutilo l'anno 398 = 356; come avvenne quando iconsoli dell'anno 459 = 295 non potevano mettersid'accordo sulle reciproche loro competenze; come av-venne l'anno 364 = 390 quando il senato decise di con-segnare lo sleale ambasciatore ai Galli ed un tribunoconsolare se ne appellò ai comizi – e questo fu il primocaso che una determinazione del senato venisse cassatadal popolo; e Roma dovette subirne una dura espiazio-ne.Il governo in questioni difficili ed odiose abbandonavavolentieri la questione ai comizi; e così fece allorchèCere, dopo che il popolo le aveva dichiarato la guerra, e

127

Page 128: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

prima che questa cominciasse di fatto, chiese la pace(401 = 553), e successivamente allorchè il senato desi-derava di rifiutare la pace chiesta umilmente dai Sanniti,ma temendo l'odiosità della dichiarazione, la lasciò alpopolo (436 = 318).Solamente verso la fine di questo periodo troviamo an-che negli affari amministrativi l'ingerenza dei comizi tri-buti ragguardevolmente accresciuta, e notiamo che sidomandava il loro avviso anche in occasione di trattatidi pace e di alleanza; è verosimile che ciò si riferiscaalla legge ortensia del 467 = 287.

18. Decrescente importanza dei cittadini.Del resto, malgrado simile allargamento nella compe-tenza dei comizi, l'influenza pratica di queste assembleesugli affari dello stato cominciò anzi a scemare sulloscorcio di quest'epoca. L'estensione dei confini romanisottrasse alle primitive assemblee il naturale loro ele-mento. Un'adunanza degli abitanti del comune potevaagevolmente raccogliersi in numero completo e sapereassai bene ciò che volesse anche senza discussione; ma icittadini romani vennero intorno a questi tempi a forma-re meglio uno stato che un comune.Certo, in casi straordinari poteva manifestarsi nella vo-tazione uno spirito vigoroso ed indipendente: ma neicasi ordinari i comizi, tanto pel loro modo di composi-zione quanto per il modo di procedere alle votazioni, di-

128

prima che questa cominciasse di fatto, chiese la pace(401 = 553), e successivamente allorchè il senato desi-derava di rifiutare la pace chiesta umilmente dai Sanniti,ma temendo l'odiosità della dichiarazione, la lasciò alpopolo (436 = 318).Solamente verso la fine di questo periodo troviamo an-che negli affari amministrativi l'ingerenza dei comizi tri-buti ragguardevolmente accresciuta, e notiamo che sidomandava il loro avviso anche in occasione di trattatidi pace e di alleanza; è verosimile che ciò si riferiscaalla legge ortensia del 467 = 287.

18. Decrescente importanza dei cittadini.Del resto, malgrado simile allargamento nella compe-tenza dei comizi, l'influenza pratica di queste assembleesugli affari dello stato cominciò anzi a scemare sulloscorcio di quest'epoca. L'estensione dei confini romanisottrasse alle primitive assemblee il naturale loro ele-mento. Un'adunanza degli abitanti del comune potevaagevolmente raccogliersi in numero completo e sapereassai bene ciò che volesse anche senza discussione; ma icittadini romani vennero intorno a questi tempi a forma-re meglio uno stato che un comune.Certo, in casi straordinari poteva manifestarsi nella vo-tazione uno spirito vigoroso ed indipendente: ma neicasi ordinari i comizi, tanto pel loro modo di composi-zione quanto per il modo di procedere alle votazioni, di-

128

Page 129: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pendevano in parte dall'individualità del presidente e dalcaso, in parte erano abbandonati nelle mani dei cittadinidomiciliati a Roma.È perciò chiarissimo, che le assemblee dei cittadini, chenei primi due secoli della repubblica ebbero una grandee pratica importanza, vennero a poco a poco diventandoun mero strumento in mano del presidente, e senza dub-bio uno strumento molto pericoloso, perchè molti eranoi magistrati che potevano ottenere la presidenza e perchèogni risoluzione del comune era considerata comel'espressione legale del volere del popolo in ultimaistanza.Del resto pare che in quel tempo non si attribuisse anco-ra molta importanza all'ampliazione dei diritti costitu-zionali dei cittadini, essendo essi di fatto incapacissimidi avere una propria volontà ed una propria azione e nonessendo ancora sorta in Roma una vera demagogia, laquale, se fosse esistita fin d'allora, si sarebbe provatanon ad ampliare i diritti dei cittadini, ma a trascinare lediscussioni politiche dinanzi ai comizi; mentre invece,per tutto questo periodo, si rimase fermi alle antichenorme, per le quali soltanto il magistrato aveva il dirittodi apporre il veto a qualsiasi dibattimento ed emenda-mento. È perciò che questo disordine introdotto nellacostituzione non apparve sulle prime malefico; perchègli antichi comizi si tenevano sostanzialmente lontani daogni ingerenza amministrativa e restavano passivi, nonimmischiandosi quasi mai nel governo, neppure con sol-

129

pendevano in parte dall'individualità del presidente e dalcaso, in parte erano abbandonati nelle mani dei cittadinidomiciliati a Roma.È perciò chiarissimo, che le assemblee dei cittadini, chenei primi due secoli della repubblica ebbero una grandee pratica importanza, vennero a poco a poco diventandoun mero strumento in mano del presidente, e senza dub-bio uno strumento molto pericoloso, perchè molti eranoi magistrati che potevano ottenere la presidenza e perchèogni risoluzione del comune era considerata comel'espressione legale del volere del popolo in ultimaistanza.Del resto pare che in quel tempo non si attribuisse anco-ra molta importanza all'ampliazione dei diritti costitu-zionali dei cittadini, essendo essi di fatto incapacissimidi avere una propria volontà ed una propria azione e nonessendo ancora sorta in Roma una vera demagogia, laquale, se fosse esistita fin d'allora, si sarebbe provatanon ad ampliare i diritti dei cittadini, ma a trascinare lediscussioni politiche dinanzi ai comizi; mentre invece,per tutto questo periodo, si rimase fermi alle antichenorme, per le quali soltanto il magistrato aveva il dirittodi apporre il veto a qualsiasi dibattimento ed emenda-mento. È perciò che questo disordine introdotto nellacostituzione non apparve sulle prime malefico; perchègli antichi comizi si tenevano sostanzialmente lontani daogni ingerenza amministrativa e restavano passivi, nonimmischiandosi quasi mai nel governo, neppure con sol-

129

Page 130: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lecitazioni o censure.

19. Magistratura e divisione dei consolati.La limitazione del potere della suprema magistraturanon fu proprio la materia delle contestazioni tra i nuovie i vecchi cittadini, ma ne fu però una delle principaliconseguenze.All'inizio della lotta di classe, e più propriamente quan-do cominciò il conflitto per l'ammissione dei nuovi cit-tadini al più alto grado del potere, il consolato sostan-zialmente era ancora l'unica ed indivisibile potestà rega-le, e al console spettava, come in antico al re, la nominadi tutti gli impiegati subalterni. Ma quando la lotta eragià presso al termine, noi troviamo che le più importantiattribuzioni, come l'amministrazione della giustizia, lagiurisdizione sulle strade, le elezioni dei senatori e deicavalieri, il censimento, il maneggio dell'erario pubbli-co, erano state staccate dal consolato ed erano passate afunzionari che venivano nominati dai comizi, come lostesso console, e che erano considerati piuttosto vicini alconsole, che da lui dipendenti.Il consolato, che nei primi tempi della repubblica era lasola magistratura comunale ordinaria, alla fine di questoperiodo non era più nemmeno assolutamente la prima:giusta i nuovi ordini e la gerarchia consuetudinaria dellecariche comunali, il consolato prevaleva bensì sulla pre-tura, sull'edilità e sulla questura, ma si considerava

130

lecitazioni o censure.

19. Magistratura e divisione dei consolati.La limitazione del potere della suprema magistraturanon fu proprio la materia delle contestazioni tra i nuovie i vecchi cittadini, ma ne fu però una delle principaliconseguenze.All'inizio della lotta di classe, e più propriamente quan-do cominciò il conflitto per l'ammissione dei nuovi cit-tadini al più alto grado del potere, il consolato sostan-zialmente era ancora l'unica ed indivisibile potestà rega-le, e al console spettava, come in antico al re, la nominadi tutti gli impiegati subalterni. Ma quando la lotta eragià presso al termine, noi troviamo che le più importantiattribuzioni, come l'amministrazione della giustizia, lagiurisdizione sulle strade, le elezioni dei senatori e deicavalieri, il censimento, il maneggio dell'erario pubbli-co, erano state staccate dal consolato ed erano passate afunzionari che venivano nominati dai comizi, come lostesso console, e che erano considerati piuttosto vicini alconsole, che da lui dipendenti.Il consolato, che nei primi tempi della repubblica era lasola magistratura comunale ordinaria, alla fine di questoperiodo non era più nemmeno assolutamente la prima:giusta i nuovi ordini e la gerarchia consuetudinaria dellecariche comunali, il consolato prevaleva bensì sulla pre-tura, sull'edilità e sulla questura, ma si considerava

130

Page 131: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

come inferiore al censore, a cui, oltre l'importantissimoramo delle finanze, era commessa la compilazione delleliste dei cittadini, dei cavalieri e dei senatori e con ciòun assoluto sindacato morale su tutto il comune in gene-rale e su ciascun cittadino in particolare, dall'infimo po-polano al più ragguardevole. Il concetto dei limiti delpotere della suprema magistratura, ossia dell'idea dellacompetenza, che sembrava non potersi accordare conquella della magistratura secondo l'antica ragion di statoromana, veniva sempre più acquistando forma e consi-stenza, e distruggeva l'antico dogma dell'impero uno eindivisibile.Questo processo analitico del potere cominciò collacreazione di cariche eguali contrastanti, come quelladella questura ed ebbe il compimento colle leggi licinie(387 = 367), le quali ripartivano la somma delle cose frai tre primi magistrati della repubblica in modo che aiprimi due rimase l'amministrazione e la guerra, e al ter-zo la giustizia.Ma si andò più oltre. Sebbene i due consoli fossero intutto pareggiati, cosicchè in ogni faccenda ognuno diessi aveva eguale ingerenza, essi però fin dai primi tem-pi, come è naturale, avevano in pratica divisi gli affari(provinciae) fra loro.Questa divisione dapprima avveniva in seguito ad ac-cordo spontaneo, o, in difetto, decideva la sorte; ma apoco a poco gli altri poteri della repubblica s'ingerivano

131

come inferiore al censore, a cui, oltre l'importantissimoramo delle finanze, era commessa la compilazione delleliste dei cittadini, dei cavalieri e dei senatori e con ciòun assoluto sindacato morale su tutto il comune in gene-rale e su ciascun cittadino in particolare, dall'infimo po-polano al più ragguardevole. Il concetto dei limiti delpotere della suprema magistratura, ossia dell'idea dellacompetenza, che sembrava non potersi accordare conquella della magistratura secondo l'antica ragion di statoromana, veniva sempre più acquistando forma e consi-stenza, e distruggeva l'antico dogma dell'impero uno eindivisibile.Questo processo analitico del potere cominciò collacreazione di cariche eguali contrastanti, come quelladella questura ed ebbe il compimento colle leggi licinie(387 = 367), le quali ripartivano la somma delle cose frai tre primi magistrati della repubblica in modo che aiprimi due rimase l'amministrazione e la guerra, e al ter-zo la giustizia.Ma si andò più oltre. Sebbene i due consoli fossero intutto pareggiati, cosicchè in ogni faccenda ognuno diessi aveva eguale ingerenza, essi però fin dai primi tem-pi, come è naturale, avevano in pratica divisi gli affari(provinciae) fra loro.Questa divisione dapprima avveniva in seguito ad ac-cordo spontaneo, o, in difetto, decideva la sorte; ma apoco a poco gli altri poteri della repubblica s'ingerivano

131

Page 132: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

in questa annuale ripartizione del compito consolare.Divenne consuetudine che il senato, ogni anno, discu-tesse su questo argomento, e sebbene esso non s'arro-gasse d'imporre a ciascuno dei due magistrati equipol-lenti una speciale sfera d'azione, ottenne peròun'influenza decisiva anche in questa materia interve-nendo col consiglio e colla preghiera a stabilire le attri-buzioni personali dei due consoli. In casi estremi il se-nato ricorse anche all'espediente, pericoloso però, e chevediamo ben di rado arrischiato, di provocare un plebi-scito, il quale decideva definitivamente.Inoltre i consoli vennero dispensati dall'assumersi la re-sponsabilità delle più gravi decisioni, come, ad esempio,dei trattati di pace; per i quali furono obbligati di rivol-gersi al senato, e a condurre tali pratiche secondo leistruzioni che ricevevano da questa assemblea, la qualeper giunta, se le cose volgevano alla peggio, poteva an-che sospendere i consoli dall'ufficio, in quanto, in virtùdi una consuetudine che non ebbe mai la sanzione diuna legge espressa, ma che non fu mai contraddetta infatto, la proclamazione della dittatura dipendeva soltan-to da una dichiarazione senatoria e al senato quindi toc-cava anche implicitamente la designazione dell'uomoche doveva meritare questo atto di pubblica fiducia, seb-bene, secondo le formalità della legge, il console pro-nunciasse la nomina del dittatore.

132

in questa annuale ripartizione del compito consolare.Divenne consuetudine che il senato, ogni anno, discu-tesse su questo argomento, e sebbene esso non s'arro-gasse d'imporre a ciascuno dei due magistrati equipol-lenti una speciale sfera d'azione, ottenne peròun'influenza decisiva anche in questa materia interve-nendo col consiglio e colla preghiera a stabilire le attri-buzioni personali dei due consoli. In casi estremi il se-nato ricorse anche all'espediente, pericoloso però, e chevediamo ben di rado arrischiato, di provocare un plebi-scito, il quale decideva definitivamente.Inoltre i consoli vennero dispensati dall'assumersi la re-sponsabilità delle più gravi decisioni, come, ad esempio,dei trattati di pace; per i quali furono obbligati di rivol-gersi al senato, e a condurre tali pratiche secondo leistruzioni che ricevevano da questa assemblea, la qualeper giunta, se le cose volgevano alla peggio, poteva an-che sospendere i consoli dall'ufficio, in quanto, in virtùdi una consuetudine che non ebbe mai la sanzione diuna legge espressa, ma che non fu mai contraddetta infatto, la proclamazione della dittatura dipendeva soltan-to da una dichiarazione senatoria e al senato quindi toc-cava anche implicitamente la designazione dell'uomoche doveva meritare questo atto di pubblica fiducia, seb-bene, secondo le formalità della legge, il console pro-nunciasse la nomina del dittatore.

132

Page 133: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

20. Limitazione della dittatura.Più a lungo che al consolato fu mantenuto alla dittatural'antica unità e onnipotenza di comando; benchè, comemagistratura straordinaria, la dittatura avesse, ed era bennaturale, fin da principio una competenza speciale, talecompetenza era però meno determinata dalla legge per ildittatore che per il console.Senonchè anche questa unità sintetica del pieno poterefu a poco a poco penetrata dal nuovo concetto di compe-tenza, che andava insinuandosi nella vita politica deiRomani. Per la prima volta nell'anno 391 = 363 trovia-mo un dittatore nominato espressamente per scrupoloreligioso a compiere una cerimonia religiosa; e sebbenequesto dittatore, non curandosi della speciale occasionedella sua nomina, e agendo in conformità dell'antica co-stituzione, assumesse il comando dell'esercito, noi nontroviamo più questo ardimento nei magistrati, che ven-nero assai frequentemente, dal 403 = 351 in poi, assuntialla dittatura con un mandato limitato, e possiamo ac-certarci che, d'allora in poi, anche i dittatori si conside-rarono obbligati a non uscire dalla speciale competenzaloro assegnata.

21. Restrizione del cumulo di cariche.Infine altre cagioni ragguardevolissime di una crescentelimitazione e ripartizione dell'autorità dei magistrati sivogliono riconoscere nel divieto (412 = 342) di cumula-

133

20. Limitazione della dittatura.Più a lungo che al consolato fu mantenuto alla dittatural'antica unità e onnipotenza di comando; benchè, comemagistratura straordinaria, la dittatura avesse, ed era bennaturale, fin da principio una competenza speciale, talecompetenza era però meno determinata dalla legge per ildittatore che per il console.Senonchè anche questa unità sintetica del pieno poterefu a poco a poco penetrata dal nuovo concetto di compe-tenza, che andava insinuandosi nella vita politica deiRomani. Per la prima volta nell'anno 391 = 363 trovia-mo un dittatore nominato espressamente per scrupoloreligioso a compiere una cerimonia religiosa; e sebbenequesto dittatore, non curandosi della speciale occasionedella sua nomina, e agendo in conformità dell'antica co-stituzione, assumesse il comando dell'esercito, noi nontroviamo più questo ardimento nei magistrati, che ven-nero assai frequentemente, dal 403 = 351 in poi, assuntialla dittatura con un mandato limitato, e possiamo ac-certarci che, d'allora in poi, anche i dittatori si conside-rarono obbligati a non uscire dalla speciale competenzaloro assegnata.

21. Restrizione del cumulo di cariche.Infine altre cagioni ragguardevolissime di una crescentelimitazione e ripartizione dell'autorità dei magistrati sivogliono riconoscere nel divieto (412 = 342) di cumula-

133

Page 134: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

re in un solo individuo l'esercizio di più cariche curuliordinarie, e nel contemporaneo provvedimento che ini-biva, nei casi ordinari, allo stesso cittadino di esercitaredi nuovo un ufficio, già da lui coperto, prima che fossedecorso un decennio, e, infine, nella posteriore disposi-zione per cui la censura, divenuta di fatto il primo uffi-cio della repubblica, non poteva essere amministrata perla seconda volta dallo stesso cittadino (489 = 265).Nondimeno, perchè il governo si sentiva ancora tantoforte da non aver affatto a temere dagli uomini di cui siserviva, e da poter valersi, senza gelosia alcuna, anchedei più abili, occorreva spesso che valorosi ufficiali ve-nissero prosciolti da quelle limitazioni(10): e in questitempi si vedono dei casi, come quello di Quinto FabioRulliano, che non contando più di ventotto anni di etàera già stato nominato console cinque volte, e quello diMarco Valerio Corvo (384-483 = 370-271), che dopoaver amministrati sei consolati, il primo all'età di anniventitrè, l'ultimo di anni settantadue, e dopo essere stato10 Coloro che vorranno esaminare i registri consolari prima e dopo l'anno

412 = 432 non dubiteranno dell'esistenza della legge sulla rielezione alconsolato, poichè per quanto sia cosa ordinaria prima del detto anno di ve-dere ricoperta quella carica dallo stesso individuo, particolarmente dopotre o quattr'anni, altrettanto più frequenti sono nel progresso di tempogl'intervalli di dieci anni e più. Vi sono però molte eccezioni, principal-mente correndo i difficili anni di guerra dal 434 al 443 = 320-311. Si os-servava per contro con maggior rigore la legge sull'incompatibilità del cu-mulo di impieghi. Non v'ha esempio attendibile di cumulo di due o tre ca-riche curuli ordinarie (LIV. 39, 39, 4) cioè consolato, pretura, edilità curule,bensì di altre cariche, come p. e. l'edilità curule col maestrato di cavalleria(LIV. 23, 24, 30); la pretura colla censura (fast. cap. a. 501); la pretura colladittatura (LIV. 8, 12); il consolato colla dittatura (LIV. 8, 12).

134

re in un solo individuo l'esercizio di più cariche curuliordinarie, e nel contemporaneo provvedimento che ini-biva, nei casi ordinari, allo stesso cittadino di esercitaredi nuovo un ufficio, già da lui coperto, prima che fossedecorso un decennio, e, infine, nella posteriore disposi-zione per cui la censura, divenuta di fatto il primo uffi-cio della repubblica, non poteva essere amministrata perla seconda volta dallo stesso cittadino (489 = 265).Nondimeno, perchè il governo si sentiva ancora tantoforte da non aver affatto a temere dagli uomini di cui siserviva, e da poter valersi, senza gelosia alcuna, anchedei più abili, occorreva spesso che valorosi ufficiali ve-nissero prosciolti da quelle limitazioni(10): e in questitempi si vedono dei casi, come quello di Quinto FabioRulliano, che non contando più di ventotto anni di etàera già stato nominato console cinque volte, e quello diMarco Valerio Corvo (384-483 = 370-271), che dopoaver amministrati sei consolati, il primo all'età di anniventitrè, l'ultimo di anni settantadue, e dopo essere stato10 Coloro che vorranno esaminare i registri consolari prima e dopo l'anno

412 = 432 non dubiteranno dell'esistenza della legge sulla rielezione alconsolato, poichè per quanto sia cosa ordinaria prima del detto anno di ve-dere ricoperta quella carica dallo stesso individuo, particolarmente dopotre o quattr'anni, altrettanto più frequenti sono nel progresso di tempogl'intervalli di dieci anni e più. Vi sono però molte eccezioni, principal-mente correndo i difficili anni di guerra dal 434 al 443 = 320-311. Si os-servava per contro con maggior rigore la legge sull'incompatibilità del cu-mulo di impieghi. Non v'ha esempio attendibile di cumulo di due o tre ca-riche curuli ordinarie (LIV. 39, 39, 4) cioè consolato, pretura, edilità curule,bensì di altre cariche, come p. e. l'edilità curule col maestrato di cavalleria(LIV. 23, 24, 30); la pretura colla censura (fast. cap. a. 501); la pretura colladittatura (LIV. 8, 12); il consolato colla dittatura (LIV. 8, 12).

134

Page 135: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

per tre generazioni il presidio dei contadini e lo spaven-to dei nemici, morì centenne.Mentre dunque la magistratura romana per un processoche si faceva sempre più aspro e sempre più decisivo,passava dal grado d'assoluta signoria a quello di unacommissione di determinate faccende comunali, l'anticacontro-magistratura, il tribunato popolare, veniva nellostesso tempo e nello stesso modo soccombendo ad unatrasformazione piuttosto intima e sostanziale che visibi-le ed esteriore.Ciò riusciva comodo alla repubblica per un doppio sco-po. Si era trovato sulle prime, e accettato, questo singo-lar modo di proteggere il povero e l'inerme con un'assi-stenza legalmente rivoluzionaria (auxilium) control'ultrapotenza dei magistrati; lo stesso rimedio fu posciaapplicato a toglier di mezzo la disuguaglianza di dirittofra i cittadini ed abolire i privilegi delle famiglie patri-zie. Quest'ultima applicazione ebbe felice successo.L'originario scopo del tribunato però era, se si considerain se stesso, piuttosto una idealità democratica che unapolitica possibilità; ma nella pratica era tanto odiosoall'aristocrazia plebea, nelle cui mani doveva pervenire,come era infatti pervenuto, l'esercizio di questo potere, etanto incompatibile ai nuovi ordini del comune, nati dallegale livellamento dei ceti, e già inclini, forse più chein antico, all'aristocrazia, quanto era stato odioso daprincipio alla libertà originaria, e quanto era riuscito in-conciliabile coll'antica costituzione consolare e patrizia.

135

per tre generazioni il presidio dei contadini e lo spaven-to dei nemici, morì centenne.Mentre dunque la magistratura romana per un processoche si faceva sempre più aspro e sempre più decisivo,passava dal grado d'assoluta signoria a quello di unacommissione di determinate faccende comunali, l'anticacontro-magistratura, il tribunato popolare, veniva nellostesso tempo e nello stesso modo soccombendo ad unatrasformazione piuttosto intima e sostanziale che visibi-le ed esteriore.Ciò riusciva comodo alla repubblica per un doppio sco-po. Si era trovato sulle prime, e accettato, questo singo-lar modo di proteggere il povero e l'inerme con un'assi-stenza legalmente rivoluzionaria (auxilium) control'ultrapotenza dei magistrati; lo stesso rimedio fu posciaapplicato a toglier di mezzo la disuguaglianza di dirittofra i cittadini ed abolire i privilegi delle famiglie patri-zie. Quest'ultima applicazione ebbe felice successo.L'originario scopo del tribunato però era, se si considerain se stesso, piuttosto una idealità democratica che unapolitica possibilità; ma nella pratica era tanto odiosoall'aristocrazia plebea, nelle cui mani doveva pervenire,come era infatti pervenuto, l'esercizio di questo potere, etanto incompatibile ai nuovi ordini del comune, nati dallegale livellamento dei ceti, e già inclini, forse più chein antico, all'aristocrazia, quanto era stato odioso daprincipio alla libertà originaria, e quanto era riuscito in-conciliabile coll'antica costituzione consolare e patrizia.

135

Page 136: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ma invece di sopprimere il tribunato si preferì convertir-lo da una macchina di opposizione ad un organo di go-verno, associando all'esercizio del potere i tribuni delpopolo, i quali in origine erano sempre stati esclusi daogni partecipazione all'amministrazione, e non erano nèmagistrati nè membri del senato. Se fino da principioessi erano eguali ai consoli nella giurisdizione, e se findalle prime fasi della lotta tra le due classi opposte, essi,come i consoli, si arrogarono l'iniziativa legislativa, essiottennero in quest'altro periodo storico, e, sebbene nonpossa accertarsene l'anno, verosimilmente nel momentostesso che si concepì l'uguaglianza dei ceti, o poco ap-presso, una posizione pari a quella dei consoli di frontealla vera autorità governativa, che era il senato.Fino allora essi avevano assistito ai dibattimenti del se-nato sedendo su uno sgabello posto sull'uscio; ora essiottennero di sedere nel senato stesso accanto agli altripubblici ufficiali ed il diritto di prendere la parola neidibattimenti. Se rimase loro interdetto il diritto di vota-re, non era questa se non un'applicazione della massimafondamentale della ragione di stato dei Romani, in forzadella quale davano il voto soltanto coloro che non eranoincaricati del potere esecutivo, e quindi tutti i funzionaripubblici avevano bensì seggio, ma non potevano avervoce deliberativa al consiglio di stato durante l'anno del-le loro funzioni.Ma le cose non rimasero nemmeno in questi termini. Itribuni ottennero il caratteristico privilegio che spettava

136

Ma invece di sopprimere il tribunato si preferì convertir-lo da una macchina di opposizione ad un organo di go-verno, associando all'esercizio del potere i tribuni delpopolo, i quali in origine erano sempre stati esclusi daogni partecipazione all'amministrazione, e non erano nèmagistrati nè membri del senato. Se fino da principioessi erano eguali ai consoli nella giurisdizione, e se findalle prime fasi della lotta tra le due classi opposte, essi,come i consoli, si arrogarono l'iniziativa legislativa, essiottennero in quest'altro periodo storico, e, sebbene nonpossa accertarsene l'anno, verosimilmente nel momentostesso che si concepì l'uguaglianza dei ceti, o poco ap-presso, una posizione pari a quella dei consoli di frontealla vera autorità governativa, che era il senato.Fino allora essi avevano assistito ai dibattimenti del se-nato sedendo su uno sgabello posto sull'uscio; ora essiottennero di sedere nel senato stesso accanto agli altripubblici ufficiali ed il diritto di prendere la parola neidibattimenti. Se rimase loro interdetto il diritto di vota-re, non era questa se non un'applicazione della massimafondamentale della ragione di stato dei Romani, in forzadella quale davano il voto soltanto coloro che non eranoincaricati del potere esecutivo, e quindi tutti i funzionaripubblici avevano bensì seggio, ma non potevano avervoce deliberativa al consiglio di stato durante l'anno del-le loro funzioni.Ma le cose non rimasero nemmeno in questi termini. Itribuni ottennero il caratteristico privilegio che spettava

136

Page 137: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ai supremi magistrati e che nella classe degli ufficiali or-dinari era concesso esclusivamente ai consoli ed ai pre-tori: il diritto cioè di adunare il senato, di interpellarlo edi provocarne una deliberazione(11).E questo era ben naturale: i capi dell'aristocrazia plebeadovevano esser posti in senato a pari dei capi della ari-stocrazia patrizia dacchè il regime era passato dalla no-biltà d'origine all'aristocrazia unita.Ma mentre questo collegio dell'opposizione, originaria-mente escluso da ogni ingerenza negli affari ammini-strativi, era in quel tempo divenuto, precipuamente pergli affari propriamente urbani, una seconda supremamagistratura esecutiva ed uno dei più consueti ed idoneiorgani del governo, vale a dire del senato, onde dirigerei cittadini, e anzitutto per impedire i trascorsi dei magi-strati, esso fu, per quel che riguarda il suo scopo partico-lare ed originario, assorbito e praticamente distrutto.Questo provvedimento era imposto dalla necessità. Perquanto evidenti si mostrassero i vizi dell'ordinamentoaristocratico, per quanto crescessero insieme, da unaparte la prepotenza delle classi elevate, dall'altra la de-viazione del tribunato dal suo antico scopo, era impossi-bile che non si fosse avvertita l'impossibilità di reggerelungamente il governo di fronte ad un'autorità che nonmirava ad un risultato definitivo, e solo si limitava a te-

11 Per questa ragione i dispacci destinati al senato si indirizzavano ai conso-li, ai pretori, ai tribuni del popolo ed al senato (CIC., Ad fam. 15, 2 ed altro-ve).

137

ai supremi magistrati e che nella classe degli ufficiali or-dinari era concesso esclusivamente ai consoli ed ai pre-tori: il diritto cioè di adunare il senato, di interpellarlo edi provocarne una deliberazione(11).E questo era ben naturale: i capi dell'aristocrazia plebeadovevano esser posti in senato a pari dei capi della ari-stocrazia patrizia dacchè il regime era passato dalla no-biltà d'origine all'aristocrazia unita.Ma mentre questo collegio dell'opposizione, originaria-mente escluso da ogni ingerenza negli affari ammini-strativi, era in quel tempo divenuto, precipuamente pergli affari propriamente urbani, una seconda supremamagistratura esecutiva ed uno dei più consueti ed idoneiorgani del governo, vale a dire del senato, onde dirigerei cittadini, e anzitutto per impedire i trascorsi dei magi-strati, esso fu, per quel che riguarda il suo scopo partico-lare ed originario, assorbito e praticamente distrutto.Questo provvedimento era imposto dalla necessità. Perquanto evidenti si mostrassero i vizi dell'ordinamentoaristocratico, per quanto crescessero insieme, da unaparte la prepotenza delle classi elevate, dall'altra la de-viazione del tribunato dal suo antico scopo, era impossi-bile che non si fosse avvertita l'impossibilità di reggerelungamente il governo di fronte ad un'autorità che nonmirava ad un risultato definitivo, e solo si limitava a te-

11 Per questa ragione i dispacci destinati al senato si indirizzavano ai conso-li, ai pretori, ai tribuni del popolo ed al senato (CIC., Ad fam. 15, 2 ed altro-ve).

137

Page 138: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ner a bada con fallaci promesse gli angariati proletari, eche nel tempo stesso era sostanzialmente sovversiva earmata d'un vero potere anarchico, come quella che po-teva paralizzare l'autorità dei magistrati, anzi tutta laforza dello stato.Ma la fede nell'ideale, da cui ha origine tutta la potenzae tutta l'impotenza della democrazia, si era negli animidei Romani interamente incarnata nel tribunato popola-re, e non occorre di richiamare alla memoria Cola diRienzo per riconoscere che, per quanto scarsi fossero ivantaggi che il popolo minuto ritraeva da quella istitu-zione, essa non avrebbe potuto venire abolita senza unaspaventevole rivoluzione. Perciò, con sottile avvedi-mento civile, studiarono di ridurla all'impotenza, con imezzi che meno dessero nell'occhio alla moltitudine.Il nome di questa magistratura, necessariamente sovver-siva, rimaneva però sempre, anche dopo questi tempera-menti, come una vera contraddizione in una repubblicagovernata dalle alte classi, e poteva, in processo di tem-po, divenire un'arma pericolosa e penetrante in mano diun partito che mirasse a mutare lo stato; ma nei tempi dicui parliamo l'aristocrazia era ancora così forte, e cosìinteramente in possesso del tribunato, che invano si cer-cherebbe un caso d'opposizione collegiale dei tribunicontro il senato; anzi il governo respinse sempre senzasforzo ogni tentativo d'opposizione fatto da qualche tri-buno, e d'ordinario si valse della opposizione dello stes-so tribunato.

138

ner a bada con fallaci promesse gli angariati proletari, eche nel tempo stesso era sostanzialmente sovversiva earmata d'un vero potere anarchico, come quella che po-teva paralizzare l'autorità dei magistrati, anzi tutta laforza dello stato.Ma la fede nell'ideale, da cui ha origine tutta la potenzae tutta l'impotenza della democrazia, si era negli animidei Romani interamente incarnata nel tribunato popola-re, e non occorre di richiamare alla memoria Cola diRienzo per riconoscere che, per quanto scarsi fossero ivantaggi che il popolo minuto ritraeva da quella istitu-zione, essa non avrebbe potuto venire abolita senza unaspaventevole rivoluzione. Perciò, con sottile avvedi-mento civile, studiarono di ridurla all'impotenza, con imezzi che meno dessero nell'occhio alla moltitudine.Il nome di questa magistratura, necessariamente sovver-siva, rimaneva però sempre, anche dopo questi tempera-menti, come una vera contraddizione in una repubblicagovernata dalle alte classi, e poteva, in processo di tem-po, divenire un'arma pericolosa e penetrante in mano diun partito che mirasse a mutare lo stato; ma nei tempi dicui parliamo l'aristocrazia era ancora così forte, e cosìinteramente in possesso del tribunato, che invano si cer-cherebbe un caso d'opposizione collegiale dei tribunicontro il senato; anzi il governo respinse sempre senzasforzo ogni tentativo d'opposizione fatto da qualche tri-buno, e d'ordinario si valse della opposizione dello stes-so tribunato.

138

Page 139: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

22. Senato.Dopo il pareggiamento delle classi era il senato che, difatto, governava la repubblica, e la governava quasi sen-za opposizione alcuna.La composizione di questo corpo si era interamente mu-tata. Il diritto del supremo magistrato di chiamare i citta-dini a sedere in senato, e di cancellare i senatori, non fumai esercitato nella sua piena e legale rigidezza; e certonon lo fu mai dopo che venne abolita la dignità reale.Antico deve essere stato il costume di non spogliare isenatori delle loro cariche nel senato se non all'epocadella revisione delle liste comunali, e cioè di cinque incinque anni.Un altro passo per l'emancipazione del senato dal poteredei supremi magistrati fu fatto quando l'ufficio di com-pilare queste liste venne sottratto all'autorità consolare, eaffidato ad un magistrato inferiore, cioè ai censori.Certamente, o allora o subito dopo, anche il diritto deifunzionari incaricati della compilazione della lista, ditralasciare alcuni senatori per qualche colpa che si pote-va rimproverare loro e di escluderli anche dal senato,venne se non addirittura introdotto, almeno formulatopiù severamente(12), e con ciò fu istituito quel particolare12 Questo diritto, come pure gli altri simili relativi alla lista dei cavalieri e

dei cittadini, non erano legalmente e formalmente attribuiti ai censori, maerano di fatto, fin dalle origini, di loro competenza. Il diritto di cittadinan-za è concesso dal comune, non dal censore, ma colui al quale questi nonindica nell'elenco dei votanti nessun posto o un posto inferiore, non perde

139

22. Senato.Dopo il pareggiamento delle classi era il senato che, difatto, governava la repubblica, e la governava quasi sen-za opposizione alcuna.La composizione di questo corpo si era interamente mu-tata. Il diritto del supremo magistrato di chiamare i citta-dini a sedere in senato, e di cancellare i senatori, non fumai esercitato nella sua piena e legale rigidezza; e certonon lo fu mai dopo che venne abolita la dignità reale.Antico deve essere stato il costume di non spogliare isenatori delle loro cariche nel senato se non all'epocadella revisione delle liste comunali, e cioè di cinque incinque anni.Un altro passo per l'emancipazione del senato dal poteredei supremi magistrati fu fatto quando l'ufficio di com-pilare queste liste venne sottratto all'autorità consolare, eaffidato ad un magistrato inferiore, cioè ai censori.Certamente, o allora o subito dopo, anche il diritto deifunzionari incaricati della compilazione della lista, ditralasciare alcuni senatori per qualche colpa che si pote-va rimproverare loro e di escluderli anche dal senato,venne se non addirittura introdotto, almeno formulatopiù severamente(12), e con ciò fu istituito quel particolare12 Questo diritto, come pure gli altri simili relativi alla lista dei cavalieri e

dei cittadini, non erano legalmente e formalmente attribuiti ai censori, maerano di fatto, fin dalle origini, di loro competenza. Il diritto di cittadinan-za è concesso dal comune, non dal censore, ma colui al quale questi nonindica nell'elenco dei votanti nessun posto o un posto inferiore, non perde

139

Page 140: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tribunale di costumi sul quale posò specialmente l'altaautorità dei censori.Però tali fatti potevano (dovendo i due censori essere inquesto concordi) ben servire ad allontanare alcune per-sonalità che non facevano onore all'assemblea o che era-no ostili allo spirito in essa dominante, ma non potevanostabilire, con questo, la sua dipendenza dalla magistratu-ra.La legge ovinia, adottata come pare verso la metà diquesto periodo, e verosimilmente subito dopo le leggi li-cinie, limitava ancora più decisamente il diritto dei con-soli di costituire il senato a loro talento, accordando acolui, che era stato edile, curule, pretore, o console,provvisoriamente voce e seggio in senato, e obbligandoi censori, che entravano in ufficio, a registrare formal-mente questi aspiranti nella lista dei senatori o di esclu-derveli solo per quei motivi che bastano per giustificare

il diritto di cittadinanza, ma non può esercitare i suoi diritti politici, oppureli può esercitare solo all'infimo posto fino alla compilazione di una nuovalista. Lo stesso avviene del senato: colui che è tralasciato nella lista, dalcensore ne viene separato, fintanto che la lista relativa è valida; accade an-che che l'ufficiale presidente la rigetta e rimetta in forza la lista precedente.Quindi è chiaro che non importava tanto sapere, ciò che i censori potevanoliberamente e legalmente fare, ma ciò che la loro autorità poteva su quegliufficiali che, secondo le loro liste, avevano diritto alle cariche. Si com-prende per questo come tale competenza aumentasse gradatamente, ecome, con la crescente consolidazione della nobiltà, tali esclusioni pren-dessero quasi la forma di deliberazioni giuridiche e venissero rispettatecome tali. Riguardo alla compilazione della lista del senato, ha senza dub-bio coadiuvato essenzialmente anche il plebiscito della legge ovinia, laquale stabiliva che i censori dovessero accettare nel senato, da tutte le clas-si della repubblica, i cittadini migliori.

140

tribunale di costumi sul quale posò specialmente l'altaautorità dei censori.Però tali fatti potevano (dovendo i due censori essere inquesto concordi) ben servire ad allontanare alcune per-sonalità che non facevano onore all'assemblea o che era-no ostili allo spirito in essa dominante, ma non potevanostabilire, con questo, la sua dipendenza dalla magistratu-ra.La legge ovinia, adottata come pare verso la metà diquesto periodo, e verosimilmente subito dopo le leggi li-cinie, limitava ancora più decisamente il diritto dei con-soli di costituire il senato a loro talento, accordando acolui, che era stato edile, curule, pretore, o console,provvisoriamente voce e seggio in senato, e obbligandoi censori, che entravano in ufficio, a registrare formal-mente questi aspiranti nella lista dei senatori o di esclu-derveli solo per quei motivi che bastano per giustificare

il diritto di cittadinanza, ma non può esercitare i suoi diritti politici, oppureli può esercitare solo all'infimo posto fino alla compilazione di una nuovalista. Lo stesso avviene del senato: colui che è tralasciato nella lista, dalcensore ne viene separato, fintanto che la lista relativa è valida; accade an-che che l'ufficiale presidente la rigetta e rimetta in forza la lista precedente.Quindi è chiaro che non importava tanto sapere, ciò che i censori potevanoliberamente e legalmente fare, ma ciò che la loro autorità poteva su quegliufficiali che, secondo le loro liste, avevano diritto alle cariche. Si com-prende per questo come tale competenza aumentasse gradatamente, ecome, con la crescente consolidazione della nobiltà, tali esclusioni pren-dessero quasi la forma di deliberazioni giuridiche e venissero rispettatecome tali. Riguardo alla compilazione della lista del senato, ha senza dub-bio coadiuvato essenzialmente anche il plebiscito della legge ovinia, laquale stabiliva che i censori dovessero accettare nel senato, da tutte le clas-si della repubblica, i cittadini migliori.

140

Page 141: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'esclusione d'un senatore effettivo. Il numero di questisenatori provenienti dalle magistrature era senza dubbiodi gran lunga insufficiente a mantenere il senato nel nu-mero normale di trecento, e non lo si poteva lasciare in-completo, particolarmente per la circostanza che la listadei senatori era nello stesso tempo la lista dei giurati.Rimaneva quindi ancora un vasto campo di azione al di-ritto elettorale censorio: questi senatori (Senatores pe-darii) scelti per elezione censoria, e non già per aver ri-vestito una carica, – i quali erano spesso cittadini, cheavevano coperto un posto comunale non curule, e che sierano segnalati per valore personale, che avevano uccisoun nemico in battaglia, o salvata la vita ad un cittadino –prendevano parte bensì alla votazione, ma non ai dibat-timenti.Il nerbo del senato adunque, e quella parte di esso in cuisi concentrava il governo e l'amministrazione, non si ap-poggiava più, dopo la legge ovinia, sull'arbitraria desi-gnazione d'un magistrato, ma indirettamente sull'elezio-ne e sul suffragio popolare; e se il comune di Roma nonera su questa via pervenuto veramente alla grande istitu-zione dei nostri tempi, al governo popolare rappresenta-tivo, le si era però approssimato: giacchè la totalità deisenatori, che non parlavano, offriva una massa compattadi membri capaci ed autorizzati a giudicare, ma silen-ziosi; cosa tanto necessaria quanto difficile ad ottenersinelle assemblee cui è affidato il regime dello stato.

141

l'esclusione d'un senatore effettivo. Il numero di questisenatori provenienti dalle magistrature era senza dubbiodi gran lunga insufficiente a mantenere il senato nel nu-mero normale di trecento, e non lo si poteva lasciare in-completo, particolarmente per la circostanza che la listadei senatori era nello stesso tempo la lista dei giurati.Rimaneva quindi ancora un vasto campo di azione al di-ritto elettorale censorio: questi senatori (Senatores pe-darii) scelti per elezione censoria, e non già per aver ri-vestito una carica, – i quali erano spesso cittadini, cheavevano coperto un posto comunale non curule, e che sierano segnalati per valore personale, che avevano uccisoun nemico in battaglia, o salvata la vita ad un cittadino –prendevano parte bensì alla votazione, ma non ai dibat-timenti.Il nerbo del senato adunque, e quella parte di esso in cuisi concentrava il governo e l'amministrazione, non si ap-poggiava più, dopo la legge ovinia, sull'arbitraria desi-gnazione d'un magistrato, ma indirettamente sull'elezio-ne e sul suffragio popolare; e se il comune di Roma nonera su questa via pervenuto veramente alla grande istitu-zione dei nostri tempi, al governo popolare rappresenta-tivo, le si era però approssimato: giacchè la totalità deisenatori, che non parlavano, offriva una massa compattadi membri capaci ed autorizzati a giudicare, ma silen-ziosi; cosa tanto necessaria quanto difficile ad ottenersinelle assemblee cui è affidato il regime dello stato.

141

Page 142: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

23. Competenza del senato.La competenza del senato rimase, rispetto alla sua for-ma, quasi la stessa. Esso si studiava di non dare presa alpartito d'opposizione ed all'ambizione con riforme im-popolari e con violazioni manifeste della costituzione, esebbene non favorisse l'ingerenza dei comizi, non si op-pose però che essa si estendesse in senso democratico.Ma se i cittadini acquistarono con ciò l'apparenza delpotere, il senato ne serbò la sostanza: una influenza pre-ponderante sulla legislazione, sulle elezioni dei magi-strati e su tutto l'indirizzo del governo.Ogni nuovo disegno di legge era preventivamente di-scusso in senato; e nessun magistrato avrebbe mai osatosottoporre ai comizi un progetto senza il parere o controil parere del senato; e quando pure ciò avvenisse, il se-nato aveva pronti all'uopo moltissimi rimedi per soffo-care, sul nascere, una molesta proposta, o per sventarlapoi, sia frapponendo l'intercessione dei magistrati, siafacendo intervenire una nullità rituale per mezzo dei sa-cerdoti; e in casi estremi esso, come prima autorità am-ministrativa, aveva in mano la facoltà dell'esecuzionenon meno che quella della non esecuzione dei plebisciti.Il senato si attribuiva, col tacito consenso del comune,anche il diritto di sciogliere dalle leggi in casi urgenti,riservata la ratifica del popolo, – riserva, che da princi-pio non vantaggiava molto il senato, ma che a poco apoco si ridusse a una semplice formalità, tanto che in

142

23. Competenza del senato.La competenza del senato rimase, rispetto alla sua for-ma, quasi la stessa. Esso si studiava di non dare presa alpartito d'opposizione ed all'ambizione con riforme im-popolari e con violazioni manifeste della costituzione, esebbene non favorisse l'ingerenza dei comizi, non si op-pose però che essa si estendesse in senso democratico.Ma se i cittadini acquistarono con ciò l'apparenza delpotere, il senato ne serbò la sostanza: una influenza pre-ponderante sulla legislazione, sulle elezioni dei magi-strati e su tutto l'indirizzo del governo.Ogni nuovo disegno di legge era preventivamente di-scusso in senato; e nessun magistrato avrebbe mai osatosottoporre ai comizi un progetto senza il parere o controil parere del senato; e quando pure ciò avvenisse, il se-nato aveva pronti all'uopo moltissimi rimedi per soffo-care, sul nascere, una molesta proposta, o per sventarlapoi, sia frapponendo l'intercessione dei magistrati, siafacendo intervenire una nullità rituale per mezzo dei sa-cerdoti; e in casi estremi esso, come prima autorità am-ministrativa, aveva in mano la facoltà dell'esecuzionenon meno che quella della non esecuzione dei plebisciti.Il senato si attribuiva, col tacito consenso del comune,anche il diritto di sciogliere dalle leggi in casi urgenti,riservata la ratifica del popolo, – riserva, che da princi-pio non vantaggiava molto il senato, ma che a poco apoco si ridusse a una semplice formalità, tanto che in

142

Page 143: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

progresso di tempo non si pensava nemmeno più di do-mandar il plebiscito sanatorio.In quanto alle elezioni passarono di fatto al senato quel-le che prima dovevano farsi dal magistrato, e che aveva-no una importanza politica; in questo modo il senato siarrogò, come abbiamo già detto, il diritto di eleggere ildittatore.Si doveva senza dubbio procedere con maggiore riguar-do per le nomine spettanti ai comizi, ai quali non si po-teva togliere il diritto di conferire gl'impieghi comunali;ma si vegliava attentamente, come abbiamo già notato,affinchè queste elezioni non trascendessero fino ad ap-portare innovazioni nell'attribuzione delle competenze epiù specialmente nell'assegnare le provincie ai generaliper le eventuali guerre. Una parte notevole delle nominepervenne nelle mani del senato in forza del concetto dicompetenza nuovamente introdotto e anche come conse-guenza del diritto accordato al senato di dispensare dalleleggi. Abbiamo già fatto cenno all'influenza che il sena-to esercitava sulla assegnazione degli affari, e partico-larmente per quella dei consoli. Una delle più importantiapplicazioni del diritto di dispensa era il proscioglimen-to del magistrato dal termine legale della sua carica,cosa che, a dir vero, come contraria alle leggi fonda-mentali del comune, secondo la ragione di stato dei Ro-mani, non poteva verificarsi nel territorio della città pro-priamente detta. Ma fuori del medesimo aveva pieno vi-gore in quanto che il console ed il pretore, ai quali era

143

progresso di tempo non si pensava nemmeno più di do-mandar il plebiscito sanatorio.In quanto alle elezioni passarono di fatto al senato quel-le che prima dovevano farsi dal magistrato, e che aveva-no una importanza politica; in questo modo il senato siarrogò, come abbiamo già detto, il diritto di eleggere ildittatore.Si doveva senza dubbio procedere con maggiore riguar-do per le nomine spettanti ai comizi, ai quali non si po-teva togliere il diritto di conferire gl'impieghi comunali;ma si vegliava attentamente, come abbiamo già notato,affinchè queste elezioni non trascendessero fino ad ap-portare innovazioni nell'attribuzione delle competenze epiù specialmente nell'assegnare le provincie ai generaliper le eventuali guerre. Una parte notevole delle nominepervenne nelle mani del senato in forza del concetto dicompetenza nuovamente introdotto e anche come conse-guenza del diritto accordato al senato di dispensare dalleleggi. Abbiamo già fatto cenno all'influenza che il sena-to esercitava sulla assegnazione degli affari, e partico-larmente per quella dei consoli. Una delle più importantiapplicazioni del diritto di dispensa era il proscioglimen-to del magistrato dal termine legale della sua carica,cosa che, a dir vero, come contraria alle leggi fonda-mentali del comune, secondo la ragione di stato dei Ro-mani, non poteva verificarsi nel territorio della città pro-priamente detta. Ma fuori del medesimo aveva pieno vi-gore in quanto che il console ed il pretore, ai quali era

143

Page 144: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

prorogato il tempo della durata, continuavano a rimane-re in carica come proconsole o propretore (pro consule,pro praetore) anche dopo finito il tempo loro.Questa importante facoltà di proroga, essenzialmentepari a quella delle nomine, spettava assolutamente al co-mune in via di diritto, e nei suoi primordi anche di fatto;ma sino dal 447 = 307, e da quell'anno in poi, il coman-do ai supremi duci fu regolarmente prorogato con unsemplice senatoconsulto.Si aggiunge a ciò, per ultimo, la possente e prudente in-fluenza dell'aristocrazia sulle elezioni, colla quale nonsempre, ma d'ordinario, le medesime si facevano caderesu candidati benvisi al governo.In quanto all'amministrazione, tutto ciò che riguardavala guerra, la pace e le alleanze, la fondazione di colonie,le assegnazioni di terreni, le pubbliche costruzioni e ingenerale tutti gli affari di notevole importanza e partico-larmente tutto il ramo delle finanze, dipendeva esclusi-vamente dal senato.Il senato era quello che di anno in anno dava ai magi-strati le direttive generali nell'attribuzione delle loro sfe-re d'affari e nella limitazione delle truppe e dei danari damettersi a disposizione di essi; ad esso finalmente si ri-correva da ogni parte in tutti i casi d'importanza; ad ec-cezione del console, gli amministratori del pubblico te-soro non potevano fare pagamenti a nessun impiegato ea nessun privato se non dopo deliberazione del senato.

144

prorogato il tempo della durata, continuavano a rimane-re in carica come proconsole o propretore (pro consule,pro praetore) anche dopo finito il tempo loro.Questa importante facoltà di proroga, essenzialmentepari a quella delle nomine, spettava assolutamente al co-mune in via di diritto, e nei suoi primordi anche di fatto;ma sino dal 447 = 307, e da quell'anno in poi, il coman-do ai supremi duci fu regolarmente prorogato con unsemplice senatoconsulto.Si aggiunge a ciò, per ultimo, la possente e prudente in-fluenza dell'aristocrazia sulle elezioni, colla quale nonsempre, ma d'ordinario, le medesime si facevano caderesu candidati benvisi al governo.In quanto all'amministrazione, tutto ciò che riguardavala guerra, la pace e le alleanze, la fondazione di colonie,le assegnazioni di terreni, le pubbliche costruzioni e ingenerale tutti gli affari di notevole importanza e partico-larmente tutto il ramo delle finanze, dipendeva esclusi-vamente dal senato.Il senato era quello che di anno in anno dava ai magi-strati le direttive generali nell'attribuzione delle loro sfe-re d'affari e nella limitazione delle truppe e dei danari damettersi a disposizione di essi; ad esso finalmente si ri-correva da ogni parte in tutti i casi d'importanza; ad ec-cezione del console, gli amministratori del pubblico te-soro non potevano fare pagamenti a nessun impiegato ea nessun privato se non dopo deliberazione del senato.

144

Page 145: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Solo nel trattamento degli affari correnti e nell'ammini-strazione giudiziaria e militare il supremo collegio go-vernativo non s'ingeriva; l'aristocrazia romana avevatroppo buon senso e troppo giudizio per voler cambiareil governo della repubblica in una tutela esercitata daciascun magistrato e lo strumento in una macchina.È evidente che questo nuovo reggimento del senato,malgrado tutti i riguardi per le esistenti forme, riuscivaad un compiuto sconvolgimento dell'antica repubblica.La stasi ed il torpore della libertà attiva dei cittadini,l'abbassamento dei magistrati, scaduti all'ufficio di pre-sidenti e di commissari esecutivi, la trasformazione deidue poteri costituzionali in un semplice collegio assolu-tamente consultivo, che, sebbene nelle più modeste for-me, divenne il governo centrale del comune, erano es-senzialmente prove di rivoluzione e di usurpazione.Se però la storia giustifica tutte le rivoluzioni e tutte leusurpazioni, quand'esse si presentano al suo tribunale,dimostrando che fecero e solo poterono fare buon usodel potere, anche in questo caso il giudizio della storiadeve riconoscere che il senato romano ha compreso atempo il suo grande compito e lo ha adeguatamentecompiuto.Chiamato dal libero suffragio della nazione, non dalsemplice caso della nascita, riconfermato di cinque incinque anni dal severo tribunale dei buoni costumi,composto da uomini meritevolissimi, nominati a vita e

145

Solo nel trattamento degli affari correnti e nell'ammini-strazione giudiziaria e militare il supremo collegio go-vernativo non s'ingeriva; l'aristocrazia romana avevatroppo buon senso e troppo giudizio per voler cambiareil governo della repubblica in una tutela esercitata daciascun magistrato e lo strumento in una macchina.È evidente che questo nuovo reggimento del senato,malgrado tutti i riguardi per le esistenti forme, riuscivaad un compiuto sconvolgimento dell'antica repubblica.La stasi ed il torpore della libertà attiva dei cittadini,l'abbassamento dei magistrati, scaduti all'ufficio di pre-sidenti e di commissari esecutivi, la trasformazione deidue poteri costituzionali in un semplice collegio assolu-tamente consultivo, che, sebbene nelle più modeste for-me, divenne il governo centrale del comune, erano es-senzialmente prove di rivoluzione e di usurpazione.Se però la storia giustifica tutte le rivoluzioni e tutte leusurpazioni, quand'esse si presentano al suo tribunale,dimostrando che fecero e solo poterono fare buon usodel potere, anche in questo caso il giudizio della storiadeve riconoscere che il senato romano ha compreso atempo il suo grande compito e lo ha adeguatamentecompiuto.Chiamato dal libero suffragio della nazione, non dalsemplice caso della nascita, riconfermato di cinque incinque anni dal severo tribunale dei buoni costumi,composto da uomini meritevolissimi, nominati a vita e

145

Page 146: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

non dipendenti dalla scadenza del mandato o dal vacil-lante favore del popolo, ordinato in un corpo concorde,e, dopo l'uguaglianza dei ceti, chiuso, il quale ammette-va però e comprendeva tutte le intelligenze politiche e lapratica ragion di stato, disponeva senza limiti in tutte lequestioni finanziarie e nella direzione della politica este-ra, dominava compiutamente il potere esecutivo in gra-zia della breve sua durata e in grazia della intercessionetribunizia divenutagli, col cessare della lotta di classe,alleata sommessa, il senato romano era la più nobileespressione della nazione per la sua coesione e la suapolitica, per l'unione e per l'amor patrio, per la forza edil coraggio, la prima corporazione di tutti i tempi – «unaassemblea di re» che aveva talento di combinare l'ener-gia dispotica coi sacrifici repubblicani.Mai uno stato fu rappresentato all'estero con maggiorfermezza e dignità di quanto lo fu Roma ai tempi mi-gliori del suo senato.Non possiamo certamente ignorare che, nell'amministra-zione interna, l'aristocrazia del denaro e del suolo, rap-presentata in senato per eccellenza, procedesse con par-zialità negli affari che si riferivano a' suoi interessi parti-colari, e che la prudenza e l'energia del collegio soventenon furono impiegate a prò dello stato. Però la grandemassima, scaturita dalle difficili lotte, per le quali tutti icittadini romani erano eguali davanti alla legge nei dirit-ti e nei doveri, e la conseguente apertura della carrierapolitica, cioè l'ammissione di ciascuno nel senato, man-

146

non dipendenti dalla scadenza del mandato o dal vacil-lante favore del popolo, ordinato in un corpo concorde,e, dopo l'uguaglianza dei ceti, chiuso, il quale ammette-va però e comprendeva tutte le intelligenze politiche e lapratica ragion di stato, disponeva senza limiti in tutte lequestioni finanziarie e nella direzione della politica este-ra, dominava compiutamente il potere esecutivo in gra-zia della breve sua durata e in grazia della intercessionetribunizia divenutagli, col cessare della lotta di classe,alleata sommessa, il senato romano era la più nobileespressione della nazione per la sua coesione e la suapolitica, per l'unione e per l'amor patrio, per la forza edil coraggio, la prima corporazione di tutti i tempi – «unaassemblea di re» che aveva talento di combinare l'ener-gia dispotica coi sacrifici repubblicani.Mai uno stato fu rappresentato all'estero con maggiorfermezza e dignità di quanto lo fu Roma ai tempi mi-gliori del suo senato.Non possiamo certamente ignorare che, nell'amministra-zione interna, l'aristocrazia del denaro e del suolo, rap-presentata in senato per eccellenza, procedesse con par-zialità negli affari che si riferivano a' suoi interessi parti-colari, e che la prudenza e l'energia del collegio soventenon furono impiegate a prò dello stato. Però la grandemassima, scaturita dalle difficili lotte, per le quali tutti icittadini romani erano eguali davanti alla legge nei dirit-ti e nei doveri, e la conseguente apertura della carrierapolitica, cioè l'ammissione di ciascuno nel senato, man-

146

Page 147: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tennero accanto allo splendore dei successi militari e po-litici la pubblica e la nazionale armonia togliendo alladifferenza dei ceti quell'amarezza e quell'astiosità, cheavevano inasprito le lotte tra i patrizi ed i plebei; e poi-chè la felice tendenza della politica estera richiedevache i ricchi si mantenessero in forza ancora per un altrosecolo senza dover opprimere il ceto medio, il popoloromano ha potuto, più lungamente di quello che suol es-sere concesso ad un popolo, portare a compimento nelsuo senato la più grandiosa di tutte le opere umane: unsavio e felice governo nazionale.

147

tennero accanto allo splendore dei successi militari e po-litici la pubblica e la nazionale armonia togliendo alladifferenza dei ceti quell'amarezza e quell'astiosità, cheavevano inasprito le lotte tra i patrizi ed i plebei; e poi-chè la felice tendenza della politica estera richiedevache i ricchi si mantenessero in forza ancora per un altrosecolo senza dover opprimere il ceto medio, il popoloromano ha potuto, più lungamente di quello che suol es-sere concesso ad un popolo, portare a compimento nelsuo senato la più grandiosa di tutte le opere umane: unsavio e felice governo nazionale.

147

Page 148: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

QUARTO CAPITOLOCADUTA DELLA POTENZA

ETRUSCA – I CELTI

1. Dominio marittimo etrusco-cartaginese.Dopo aver esposto come si venisse svolgendo la costitu-zione romana durante i due primi secoli della repubbli-ca, la storia esterna di Roma e d'Italia ci riconduce alprincipio di quest'epoca.Allorchè i Tarquini furono scacciati da Roma, la potenzaetrusca toccava il suo apogeo. I Toschi e i Cartaginesi,loro stretti alleati, tenevano senza contrasto la signoriadel mare Tirreno. Benchè Massalia (Marsiglia), in mez-zo a continue difficili lotte, si mantenesse libera e forte,i porti del mare della Campania e del paese dei Volsciinvece, e dopo la battaglia d'Alalia anche la Corsica,erano venuti in potere degli Etruschi. I figli del generalecartaginese Magone fondarono in Sardegna, colla totaleconquista dell'isola, (verso l'anno 260 = 494) la grandez-za della loro famiglia e al tempo stesso quella della loropatria, ed i Fenici, favoriti dalle discordie intestine dellecolonie elleniche, mantenevano senza gravi difficoltà laloro signoria sulla metà occidentale della Sicilia. Leflotte etrusche signoreggiavano l'Adriatico ed i corsaritoschi spargevano il terrore fin nei mari del levante.Sembra che intorno a quei tempi la potenza degli Etru-

148

QUARTO CAPITOLOCADUTA DELLA POTENZA

ETRUSCA – I CELTI

1. Dominio marittimo etrusco-cartaginese.Dopo aver esposto come si venisse svolgendo la costitu-zione romana durante i due primi secoli della repubbli-ca, la storia esterna di Roma e d'Italia ci riconduce alprincipio di quest'epoca.Allorchè i Tarquini furono scacciati da Roma, la potenzaetrusca toccava il suo apogeo. I Toschi e i Cartaginesi,loro stretti alleati, tenevano senza contrasto la signoriadel mare Tirreno. Benchè Massalia (Marsiglia), in mez-zo a continue difficili lotte, si mantenesse libera e forte,i porti del mare della Campania e del paese dei Volsciinvece, e dopo la battaglia d'Alalia anche la Corsica,erano venuti in potere degli Etruschi. I figli del generalecartaginese Magone fondarono in Sardegna, colla totaleconquista dell'isola, (verso l'anno 260 = 494) la grandez-za della loro famiglia e al tempo stesso quella della loropatria, ed i Fenici, favoriti dalle discordie intestine dellecolonie elleniche, mantenevano senza gravi difficoltà laloro signoria sulla metà occidentale della Sicilia. Leflotte etrusche signoreggiavano l'Adriatico ed i corsaritoschi spargevano il terrore fin nei mari del levante.Sembra che intorno a quei tempi la potenza degli Etru-

148

Page 149: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

schi sia andata crescendo anche sul continente. Era perl'Etruria di massima importanza la conquista del paeselatino, poichè i soli Latini si inserivano tra l'antico terri-torio etrusco, le città volsce che si trovavano nella clien-tela toscana, e i possedimenti etruschi della Campania.Il forte baluardo della potenza romana fino a quei giorniera stato sufficiente a proteggere il Lazio e a mantenereinviolato il confine del Tevere contro l'Etruria. Ma allor-chè, profittando del disordine e della debolezza in cuiera caduta Roma dopo la cacciata dei Tarquini, tutta lalega tosca sotto re Lars Porsena di Clusium (Chiusi) rin-novò, con maggiori forze di prima, l'aggressione, essanon vi trovò la solita resistenza; Roma fu costretta a ca-pitolare e durante la pace non solo cedette ai limitroficomuni toschi (dicono nel 247 = 507) tutti i possedi-menti sulla riva destra del Tevere – perdendo così di fat-to l'esclusivo dominio del fiume – ma consegnò anche alvincitore tutte le sue armi, e promise di non servirsi daallora in poi del ferro se non pel vomero. Pareva ormaivicino il momento in cui tutta l'Italia si sarebbe trovatariunita sotto il dominio etrusco.Ma il servaggio, che la lega punico-etrusca minacciavaai Greci ed agli Italici, fu per fortuna dell'umanità stor-nato, mercè l'intimo ravvicinamento di questi due popo-li, destinati a far causa comune e per l'affinità delleschiatte e per la necessità di difendersi dai medesimi ne-mici. L'esercito etrusco, che dopo la caduta di Romaaveva messo piede nel Lazio, trovò sotto le mura di Ari-

149

schi sia andata crescendo anche sul continente. Era perl'Etruria di massima importanza la conquista del paeselatino, poichè i soli Latini si inserivano tra l'antico terri-torio etrusco, le città volsce che si trovavano nella clien-tela toscana, e i possedimenti etruschi della Campania.Il forte baluardo della potenza romana fino a quei giorniera stato sufficiente a proteggere il Lazio e a mantenereinviolato il confine del Tevere contro l'Etruria. Ma allor-chè, profittando del disordine e della debolezza in cuiera caduta Roma dopo la cacciata dei Tarquini, tutta lalega tosca sotto re Lars Porsena di Clusium (Chiusi) rin-novò, con maggiori forze di prima, l'aggressione, essanon vi trovò la solita resistenza; Roma fu costretta a ca-pitolare e durante la pace non solo cedette ai limitroficomuni toschi (dicono nel 247 = 507) tutti i possedi-menti sulla riva destra del Tevere – perdendo così di fat-to l'esclusivo dominio del fiume – ma consegnò anche alvincitore tutte le sue armi, e promise di non servirsi daallora in poi del ferro se non pel vomero. Pareva ormaivicino il momento in cui tutta l'Italia si sarebbe trovatariunita sotto il dominio etrusco.Ma il servaggio, che la lega punico-etrusca minacciavaai Greci ed agli Italici, fu per fortuna dell'umanità stor-nato, mercè l'intimo ravvicinamento di questi due popo-li, destinati a far causa comune e per l'affinità delleschiatte e per la necessità di difendersi dai medesimi ne-mici. L'esercito etrusco, che dopo la caduta di Romaaveva messo piede nel Lazio, trovò sotto le mura di Ari-

149

Page 150: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cia un duro ostacolo ai vittoriosi suoi progressi nei soc-corsi opportunamente giunti da Cuma, i cui abitanti ac-corsero in difesa degli Aricini (248 = 506). Non sappia-mo come terminasse la lotta, e ignoriamo affatto seRoma fin d'allora rompesse la rovinosa e vergognosapace; certo è che i Toschi anche questa volta non potero-no stabilmente mantenersi sulla sinistra riva del Tevere.

2. Caduta della signoria punico-etrusca sui mari.Senonchè la nazione ellenica non tardò a trovarsi impe-gnata in una lotta ben più vasta e risolutiva contro i bar-bari dell'occidente e contro quelli dell'oriente. Era que-sta l'epoca delle guerre persiane. La situazione in cui iTirii si trovavano rispetto a Serse trascinò Cartagine aseguire la politica persiana, e coi Cartaginesi vi furonotratti anche gli Etruschi.Fu questa una delle più grandiose combinazioni politi-che, la quale rovesciava nello stesso tempo sulla Greciale schiere asiatiche e sulla Sicilia le puniche, allo scopodi cancellare con un sol colpo la libertà e la civiltà dallafaccia della terra.La vittoria arrise agli Elleni. La battaglia presso Salami-na (274 = 480) salvò e vendicò l'Ellade propriamentedetta; e nello stesso giorno – come è fama – i signori diSiracusa e di Agrigento, Gelone e Terone, vinsero pres-so Imera così compiutamente l'esercito del generale car-taginese Amilcare, figlio di Magone, che in quella gior-

150

cia un duro ostacolo ai vittoriosi suoi progressi nei soc-corsi opportunamente giunti da Cuma, i cui abitanti ac-corsero in difesa degli Aricini (248 = 506). Non sappia-mo come terminasse la lotta, e ignoriamo affatto seRoma fin d'allora rompesse la rovinosa e vergognosapace; certo è che i Toschi anche questa volta non potero-no stabilmente mantenersi sulla sinistra riva del Tevere.

2. Caduta della signoria punico-etrusca sui mari.Senonchè la nazione ellenica non tardò a trovarsi impe-gnata in una lotta ben più vasta e risolutiva contro i bar-bari dell'occidente e contro quelli dell'oriente. Era que-sta l'epoca delle guerre persiane. La situazione in cui iTirii si trovavano rispetto a Serse trascinò Cartagine aseguire la politica persiana, e coi Cartaginesi vi furonotratti anche gli Etruschi.Fu questa una delle più grandiose combinazioni politi-che, la quale rovesciava nello stesso tempo sulla Greciale schiere asiatiche e sulla Sicilia le puniche, allo scopodi cancellare con un sol colpo la libertà e la civiltà dallafaccia della terra.La vittoria arrise agli Elleni. La battaglia presso Salami-na (274 = 480) salvò e vendicò l'Ellade propriamentedetta; e nello stesso giorno – come è fama – i signori diSiracusa e di Agrigento, Gelone e Terone, vinsero pres-so Imera così compiutamente l'esercito del generale car-taginese Amilcare, figlio di Magone, che in quella gior-

150

Page 151: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nata stessa la guerra fu finita, e i Fenici, i quali alloranon avevano ancora progettato di soggiogare tutta la Si-cilia, fecero ritorno alla politica difensiva, ch'essi aveva-no seguito fino a quel tempo.Sono ancora conservate alcune grandi monete d'argento,coniate coi gioielli offerti da Damareta, moglie di Gelo-ne, e da altre nobili dame siracusane per sostenere que-sta guerra, e le più lontane età ricordano con riconoscen-za il clemente e valoroso re di Siracusa e la magnificavittoria cantata da Simonide.Prima conseguenza di questa umiliazione di Cartagine,fu la caduta del primato marittimo dei suoi alleati etru-schi. Già Anassilao, signore di Reggio e di Zancle, ave-va chiuso lo stretto siciliano ai loro corsari mercè unaflotta permanente (verso il 272 = 482).I Cumani e Gerone di Siracusa riportarono pochi annidopo una definitiva vittoria presso Cuma contro il navi-glio tirreno (280 = 474), in aiuto del quale i Cartaginesiinvano tentarono di accorrere.È questa la vittoria cantata da Pindaro nella sua primaode pitica ed esiste ancora l'elmo etrusco, che Geronespedì ad Olimpia coll'iscrizione: «Gerone Deinomeneo ei Siracusani a Zeus spoglia tirrena da Cuma».

151

nata stessa la guerra fu finita, e i Fenici, i quali alloranon avevano ancora progettato di soggiogare tutta la Si-cilia, fecero ritorno alla politica difensiva, ch'essi aveva-no seguito fino a quel tempo.Sono ancora conservate alcune grandi monete d'argento,coniate coi gioielli offerti da Damareta, moglie di Gelo-ne, e da altre nobili dame siracusane per sostenere que-sta guerra, e le più lontane età ricordano con riconoscen-za il clemente e valoroso re di Siracusa e la magnificavittoria cantata da Simonide.Prima conseguenza di questa umiliazione di Cartagine,fu la caduta del primato marittimo dei suoi alleati etru-schi. Già Anassilao, signore di Reggio e di Zancle, ave-va chiuso lo stretto siciliano ai loro corsari mercè unaflotta permanente (verso il 272 = 482).I Cumani e Gerone di Siracusa riportarono pochi annidopo una definitiva vittoria presso Cuma contro il navi-glio tirreno (280 = 474), in aiuto del quale i Cartaginesiinvano tentarono di accorrere.È questa la vittoria cantata da Pindaro nella sua primaode pitica ed esiste ancora l'elmo etrusco, che Geronespedì ad Olimpia coll'iscrizione: «Gerone Deinomeneo ei Siracusani a Zeus spoglia tirrena da Cuma».

151

Page 152: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

3. Signoria del mare dei Tarentini e dei Siracusa-ni.

Mentre questi mirabili successi contro i Cartaginesi econtro gli Etruschi innalzavano Siracusa a capitanare lecittà greche della Sicilia, la dorica Taranto sorse e preseincontestabilmente il primo posto dopo la cadutadell'achea Sibari, che quasi coincide col tempo dellacacciata dei re da Roma (243 = 511).La terribile sconfitta che i Tarentini toccarono dagli Ia-pigi (280 = 474), la più micidiale che fino allora avessesofferto l'esercito greco, non fece che ridestare, comel'invasione dei Persiani nell'Ellade, l'energia dello spiritonazionale e fonderla in un possente organismo democra-tico.Da allora in avanti i Cartaginesi e gli Etruschi non ten-gono più il dominio dei mari, che passa ai Tarentini nelmare Adriatico e nel Ionio, ed ai Massalioti ed ai Sira-cusani nel Tirreno.Questi ultimi principalmente frenarono e costrinsero inconfini sempre più angusti la pirateria etrusca. Appenadopo la vittoria riportata presso Cuma, Gerone avevaoccupato l'isola Enaria (Ischia) e interrotta così la comu-nicazione tra gli Etruschi campani e quelli del settentrio-ne. Per finirla affatto coi corsari toschi fu verso l'anno302 = 452 fatta un'apposita spedizione da Siracusa, laquale mise a sacco l'isola di Corsica, devastò le costeetrusche e occupò l'isola d'Etalia (Elba). E sebbene non

152

3. Signoria del mare dei Tarentini e dei Siracusa-ni.

Mentre questi mirabili successi contro i Cartaginesi econtro gli Etruschi innalzavano Siracusa a capitanare lecittà greche della Sicilia, la dorica Taranto sorse e preseincontestabilmente il primo posto dopo la cadutadell'achea Sibari, che quasi coincide col tempo dellacacciata dei re da Roma (243 = 511).La terribile sconfitta che i Tarentini toccarono dagli Ia-pigi (280 = 474), la più micidiale che fino allora avessesofferto l'esercito greco, non fece che ridestare, comel'invasione dei Persiani nell'Ellade, l'energia dello spiritonazionale e fonderla in un possente organismo democra-tico.Da allora in avanti i Cartaginesi e gli Etruschi non ten-gono più il dominio dei mari, che passa ai Tarentini nelmare Adriatico e nel Ionio, ed ai Massalioti ed ai Sira-cusani nel Tirreno.Questi ultimi principalmente frenarono e costrinsero inconfini sempre più angusti la pirateria etrusca. Appenadopo la vittoria riportata presso Cuma, Gerone avevaoccupato l'isola Enaria (Ischia) e interrotta così la comu-nicazione tra gli Etruschi campani e quelli del settentrio-ne. Per finirla affatto coi corsari toschi fu verso l'anno302 = 452 fatta un'apposita spedizione da Siracusa, laquale mise a sacco l'isola di Corsica, devastò le costeetrusche e occupò l'isola d'Etalia (Elba). E sebbene non

152

Page 153: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

possa dirsi che sia stata sradicata dappertutto e intera-mente la pirateria etrusco-cartaginese – come ce lo pro-va l'esempio di Anzio, che, a quanto pare, rimase unnido di corsari fino al principio del quinto secolo dellafondazione di Roma – per lo meno si vede che la pos-sente Siracusa sorgeva come forte baluardo contro glialleati Toschi e Fenici.Certo vi fu un momento in cui parve che la potenza sira-cusana dovesse essere distrutta dagli Ateniesi, e infattila spedizione navale contro Siracusa nel corso dellaguerra del Peloponneso (339 al 341 = 415 al 513) venneappoggiata dagli Etruschi, antichi amici commercialid'Atene, con tre vascelli da cinquanta remi.Ma la vittoria, come è noto, toccò ai Dori tanto in occi-dente come in oriente.Dopo l'ignominiosa fine della spedizione attica, Siracu-sa divenne incontrastabilmente la prima potenza maritti-ma greca; tanto che gli uomini di stato, i quali ne regge-vano le sorti, cominciarono ad aspirare al dominio dellaSicilia, dell'Italia meridionale e dei due mari italici;mentre dall'altro canto i Cartaginesi, i quali vedevanoallora gravemente minacciato il loro dominio in Sicilia,cominciarono a maturare il disegno di domare i Siracu-sani e di soggiogare tutta l'isola. Non possiamo qui nar-rare nè il decadimento degli stati minori della Sicilia, nèl'accrescersi della potenza cartaginese in quell'isola,conseguenza delle lotte che abbiamo accennato.

153

possa dirsi che sia stata sradicata dappertutto e intera-mente la pirateria etrusco-cartaginese – come ce lo pro-va l'esempio di Anzio, che, a quanto pare, rimase unnido di corsari fino al principio del quinto secolo dellafondazione di Roma – per lo meno si vede che la pos-sente Siracusa sorgeva come forte baluardo contro glialleati Toschi e Fenici.Certo vi fu un momento in cui parve che la potenza sira-cusana dovesse essere distrutta dagli Ateniesi, e infattila spedizione navale contro Siracusa nel corso dellaguerra del Peloponneso (339 al 341 = 415 al 513) venneappoggiata dagli Etruschi, antichi amici commercialid'Atene, con tre vascelli da cinquanta remi.Ma la vittoria, come è noto, toccò ai Dori tanto in occi-dente come in oriente.Dopo l'ignominiosa fine della spedizione attica, Siracu-sa divenne incontrastabilmente la prima potenza maritti-ma greca; tanto che gli uomini di stato, i quali ne regge-vano le sorti, cominciarono ad aspirare al dominio dellaSicilia, dell'Italia meridionale e dei due mari italici;mentre dall'altro canto i Cartaginesi, i quali vedevanoallora gravemente minacciato il loro dominio in Sicilia,cominciarono a maturare il disegno di domare i Siracu-sani e di soggiogare tutta l'isola. Non possiamo qui nar-rare nè il decadimento degli stati minori della Sicilia, nèl'accrescersi della potenza cartaginese in quell'isola,conseguenza delle lotte che abbiamo accennato.

153

Page 154: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Per quello che riguarda l'Etruria, fu Dionisio, il nuovosignore di Siracusa, (governò dal 348 al 387 = 406 al367) quello che diresse contro di essa i colpi più formi-dabili. Questo re, il quale aveva in animo vasti disegni,fondò la nuova potenza coloniale prima di tutto nelmare italico che bagna l'oriente, e le cui acque più set-tentrionali allora, per la prima volta, furono assoggettatead una potenza greca. Dionisio occupò e colonizzò ver-so l'anno 367 = 387 sulla costa illirica il porto di Lisso el'isola Issa, sulla costa italica gli approdi d'Ancona, Nu-mana ed Adria; e non solo «i fossi di Filisto», che furo-no senza dubbio un canale scavato alla foce del Po dalnoto storico e amico di Dionisio, il quale scontò inAdria gli anni del suo esilio (368 = 386), conservaronoil ricordo della signoria siracusana in questa lontana re-gione, ma risale secondo ogni probabilità a quest'epocaanche la cambiata denominazione dello stesso golfoorientale, che d'allora in poi invece dell'antico nome diseno ionio prese quello derivato da Adria che ancoraoggi conserva(13).Non contento di queste lontane aggressioni contro i pos-sedimenti e le relazioni commerciali degli Etruschi nelmare d'oriente, Dionisio colpì la potenza toscana proprio

13 Ecateo (morto dopo l'anno 257 di Roma) ed Erodoto (270 sino dopo il345) conoscevano Atria, in greco Ἀδρίας e Ἀτρία (Adria) solamentecome il delta del Po e il mare che lo bagna (O. MÜLLER, Etruschi, I, pag.140; geogr. graeci min., ed C. MÜLLER, I. p. 23). La denominazione di mareAdriatico acquistò un più vasto significato solo col Periplo del cosiddettoSCILACE verso l'anno 418 della città di Roma.

154

Per quello che riguarda l'Etruria, fu Dionisio, il nuovosignore di Siracusa, (governò dal 348 al 387 = 406 al367) quello che diresse contro di essa i colpi più formi-dabili. Questo re, il quale aveva in animo vasti disegni,fondò la nuova potenza coloniale prima di tutto nelmare italico che bagna l'oriente, e le cui acque più set-tentrionali allora, per la prima volta, furono assoggettatead una potenza greca. Dionisio occupò e colonizzò ver-so l'anno 367 = 387 sulla costa illirica il porto di Lisso el'isola Issa, sulla costa italica gli approdi d'Ancona, Nu-mana ed Adria; e non solo «i fossi di Filisto», che furo-no senza dubbio un canale scavato alla foce del Po dalnoto storico e amico di Dionisio, il quale scontò inAdria gli anni del suo esilio (368 = 386), conservaronoil ricordo della signoria siracusana in questa lontana re-gione, ma risale secondo ogni probabilità a quest'epocaanche la cambiata denominazione dello stesso golfoorientale, che d'allora in poi invece dell'antico nome diseno ionio prese quello derivato da Adria che ancoraoggi conserva(13).Non contento di queste lontane aggressioni contro i pos-sedimenti e le relazioni commerciali degli Etruschi nelmare d'oriente, Dionisio colpì la potenza toscana proprio

13 Ecateo (morto dopo l'anno 257 di Roma) ed Erodoto (270 sino dopo il345) conoscevano Atria, in greco Ἀδρίας e Ἀτρία (Adria) solamentecome il delta del Po e il mare che lo bagna (O. MÜLLER, Etruschi, I, pag.140; geogr. graeci min., ed C. MÜLLER, I. p. 23). La denominazione di mareAdriatico acquistò un più vasto significato solo col Periplo del cosiddettoSCILACE verso l'anno 418 della città di Roma.

154

Page 155: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nel cuore prendendo d'assalto e mandando a sacco il ric-co scalo di Cere, la città di Pirgi (369 = 385), che daquel tempo più non si riebbe.Quando poi, morto Dionisio, le discordie intestine di Si-racusa lasciarono più libero campo ai Cartaginesi, ondela flotta punica potè riprendere, e, salvo poche e breviinterruzioni, conservare la preponderanza nelle acquedel Tirreno, gli Etruschi non si sentirono meno minac-ciati da questo aumentare delle forze africane, e in provanoi abbiamo che diciotto navi da guerra etrusche venne-ro in aiuto di Agatocle di Siracusa quand'egli nel 444 =310 s'armava per muovere contro Cartagine.Gli Etruschi temevano probabilmente per la Corsica,che allora, a quanto pare, era tuttavia in loro possesso.Questo fatto prova lo scioglimento dell'antica federazio-ne tosco-fenicia, la quale durava ancora ai tempi d'Ari-stotele (dal 370 al 342 = 384 al 412); ma con ciò non fuimpedita la decadenza marittima etrusca.Questa rapida decadenza della potenza marittima degliEtruschi non si potrebbe spiegare, se non si sapesse, cheappunto nell'epoca in cui i Greci della Sicilia li aggredi-rono per mare, essi erano travagliati da ogni parte, an-che per terra, da durissime prove.Al tempo in cui vennero date le battaglie di Salamina,d'Imera e di Cuma, fu combattuta, secondo narrano gliannali romani, un'aspra guerra tra Roma e Veio, la qualedurò parecchi anni (dal 271 al 280 = 483 al 474). Ai Ro-

155

nel cuore prendendo d'assalto e mandando a sacco il ric-co scalo di Cere, la città di Pirgi (369 = 385), che daquel tempo più non si riebbe.Quando poi, morto Dionisio, le discordie intestine di Si-racusa lasciarono più libero campo ai Cartaginesi, ondela flotta punica potè riprendere, e, salvo poche e breviinterruzioni, conservare la preponderanza nelle acquedel Tirreno, gli Etruschi non si sentirono meno minac-ciati da questo aumentare delle forze africane, e in provanoi abbiamo che diciotto navi da guerra etrusche venne-ro in aiuto di Agatocle di Siracusa quand'egli nel 444 =310 s'armava per muovere contro Cartagine.Gli Etruschi temevano probabilmente per la Corsica,che allora, a quanto pare, era tuttavia in loro possesso.Questo fatto prova lo scioglimento dell'antica federazio-ne tosco-fenicia, la quale durava ancora ai tempi d'Ari-stotele (dal 370 al 342 = 384 al 412); ma con ciò non fuimpedita la decadenza marittima etrusca.Questa rapida decadenza della potenza marittima degliEtruschi non si potrebbe spiegare, se non si sapesse, cheappunto nell'epoca in cui i Greci della Sicilia li aggredi-rono per mare, essi erano travagliati da ogni parte, an-che per terra, da durissime prove.Al tempo in cui vennero date le battaglie di Salamina,d'Imera e di Cuma, fu combattuta, secondo narrano gliannali romani, un'aspra guerra tra Roma e Veio, la qualedurò parecchi anni (dal 271 al 280 = 483 al 474). Ai Ro-

155

Page 156: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

mani toccarono gravi sconfitte, e rimase memorabile losterminio dei Fabi (277 = 477), i quali in seguito alle in-terne discordie dello stato si erano volontariamente esi-liati dalla capitale e avevano assunto la difesa dei confi-ni verso l'Etruria, dove sul ruscello Cremera tutti i Fabiatti alle armi furono uccisi.Ma l'armistizio di 400 mesi, che in luogo della pacemise un termine alla guerra, fu favorevole ai Romani,giacchè avendo gli Etruschi rinunciato al possesso di Fi-dene ed al territorio conquistato sulla sponda destra delTevere, le cose si ricondussero allo stato in cui si trova-vano ai tempi dei re.Non si può ben determinare fino a qual punto questaguerra fra gli Etruschi e i Romani si debba riguardarecome connessa colle guerre greco-persiane e siculo-car-taginesi; ma fossero o non fossero stati i Romani gli al-leati dei vincitori di Salamina e d'Imera, tanto gli inte-ressi come le conseguenze stabiliscono, tra gli uni e glialtri, una stretta relazione.Come i Latini, così anche i Sanniti piombarono sugliEtruschi nella Campania, i quali, appena furono isolatidalla madre patria in seguito alla battaglia di Cuma, sitrovavano già troppo deboli per resistere agli attacchidei montanari sabellici. Capua, della colonia meridiona-le degli Etruschi, cadde nel 330 = 424 nelle mani deiSanniti e la popolazione tosca fu, subito dopo l'espugna-zione, sterminata o scacciata.

156

mani toccarono gravi sconfitte, e rimase memorabile losterminio dei Fabi (277 = 477), i quali in seguito alle in-terne discordie dello stato si erano volontariamente esi-liati dalla capitale e avevano assunto la difesa dei confi-ni verso l'Etruria, dove sul ruscello Cremera tutti i Fabiatti alle armi furono uccisi.Ma l'armistizio di 400 mesi, che in luogo della pacemise un termine alla guerra, fu favorevole ai Romani,giacchè avendo gli Etruschi rinunciato al possesso di Fi-dene ed al territorio conquistato sulla sponda destra delTevere, le cose si ricondussero allo stato in cui si trova-vano ai tempi dei re.Non si può ben determinare fino a qual punto questaguerra fra gli Etruschi e i Romani si debba riguardarecome connessa colle guerre greco-persiane e siculo-car-taginesi; ma fossero o non fossero stati i Romani gli al-leati dei vincitori di Salamina e d'Imera, tanto gli inte-ressi come le conseguenze stabiliscono, tra gli uni e glialtri, una stretta relazione.Come i Latini, così anche i Sanniti piombarono sugliEtruschi nella Campania, i quali, appena furono isolatidalla madre patria in seguito alla battaglia di Cuma, sitrovavano già troppo deboli per resistere agli attacchidei montanari sabellici. Capua, della colonia meridiona-le degli Etruschi, cadde nel 330 = 424 nelle mani deiSanniti e la popolazione tosca fu, subito dopo l'espugna-zione, sterminata o scacciata.

156

Page 157: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Certo che questa invasione di montanari recò non lievedanno anche ai Greci della Campania, i quali si sentiva-no alla loro volta indeboliti e isolati; cosicchè la stessaCuma cedette alle armi sabelliche nel 334 = 420. Ciònonpertanto gli Elleni si difesero e resistettero, partico-larmente in Napoli, forse coll'aiuto dei Siracusani, men-tre il nome etrusco scomparve per sempre dalla Campa-nia ed è gran fatto, se qualche comune etrusco soprav-visse al naufragio trascinando una misera ed obliata esi-stenza. Ma nell'Italia settentrionale avvennero in queltempo cose di assai maggior importanza. Una nuovagente dalle Alpi scendeva a valle: erano i Celti, e il loroprimo impeto si abbattè sugli Etruschi.

4. Caratteri dei Celti.La gente celtica, detta anche galata o gallica, sortì dallamadre comune doti diverse da quelle che ebbero le stirpisorelle italiche, germaniche ed elleniche. Essa, benchèricca di solidi pregi, e forse più brillanti che solidi, man-ca di quell'indole morale e di quel senso politico su cuisi basa fermamente, nelle vicende della natura umana,tutto ciò che vi è di buono e di grande.Cicerone dice che il libero Celto considerava come ver-gognoso il coltivare la terra colle proprie braccia. I Celtipreferivano la vita pastorale all'agricola, e persino negliubertosi piani del Po coltivavano di preferenza l'indu-stria dell'ingrassare maiali, nutrendosi delle carni delleloro greggi e vivendo con queste giorno e notte nei

157

Certo che questa invasione di montanari recò non lievedanno anche ai Greci della Campania, i quali si sentiva-no alla loro volta indeboliti e isolati; cosicchè la stessaCuma cedette alle armi sabelliche nel 334 = 420. Ciònonpertanto gli Elleni si difesero e resistettero, partico-larmente in Napoli, forse coll'aiuto dei Siracusani, men-tre il nome etrusco scomparve per sempre dalla Campa-nia ed è gran fatto, se qualche comune etrusco soprav-visse al naufragio trascinando una misera ed obliata esi-stenza. Ma nell'Italia settentrionale avvennero in queltempo cose di assai maggior importanza. Una nuovagente dalle Alpi scendeva a valle: erano i Celti, e il loroprimo impeto si abbattè sugli Etruschi.

4. Caratteri dei Celti.La gente celtica, detta anche galata o gallica, sortì dallamadre comune doti diverse da quelle che ebbero le stirpisorelle italiche, germaniche ed elleniche. Essa, benchèricca di solidi pregi, e forse più brillanti che solidi, man-ca di quell'indole morale e di quel senso politico su cuisi basa fermamente, nelle vicende della natura umana,tutto ciò che vi è di buono e di grande.Cicerone dice che il libero Celto considerava come ver-gognoso il coltivare la terra colle proprie braccia. I Celtipreferivano la vita pastorale all'agricola, e persino negliubertosi piani del Po coltivavano di preferenza l'indu-stria dell'ingrassare maiali, nutrendosi delle carni delleloro greggi e vivendo con queste giorno e notte nei

157

Page 158: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

querceti.I Celti non sono affezionati alla propria terra al pari de-gli Italici e dei Germani; piace loro, invece, convivere incittà e borgate, le quali crebbero in estensione e in im-portanza prima, a quanto pare, ne' paesi celtici che nellastessa Italia.La loro costituzione civile è imperfetta; non solo l'unitànazionale vi è appena abbozzata da un debole vincolofederativo, come in origine presso tutte le nazioni, maanche in ciascuna comunità mancano lo spirito di con-cordia, di fermezza politica, di coesione civica e i desi-deri e i concetti che ne sono la conseguenza.Il solo ordinamento, a cui si adattano, è il militare, nelquale i legami della disciplina tolgono a ciascun indivi-duo la grave fatica di dirigersi da se stesso. «Le piùspiccate qualità della gente celtica – dice il loro storicoThierry – sono il valore personale, in cui si mostrano su-periori a tutti i popoli; un carattere fermo, impetuoso,accessibile a qualunque impressione, molta intelligenza,ma nello stesso tempo moltissima volubilità; nessunaperseveranza, renitenza alla disciplina e all'ordine, mil-lanteria e discordia eterna, conseguenza d'una vanitàsconfinata».Catone il vecchio dice, più laconicamente, pressochè lostesso: «I Celti di due cose fanno gran conto: combatte-re e far dello spirito»(14).

14 «Pleraque Gallia duas res industriosissime persequitur: rem militarem et

158

querceti.I Celti non sono affezionati alla propria terra al pari de-gli Italici e dei Germani; piace loro, invece, convivere incittà e borgate, le quali crebbero in estensione e in im-portanza prima, a quanto pare, ne' paesi celtici che nellastessa Italia.La loro costituzione civile è imperfetta; non solo l'unitànazionale vi è appena abbozzata da un debole vincolofederativo, come in origine presso tutte le nazioni, maanche in ciascuna comunità mancano lo spirito di con-cordia, di fermezza politica, di coesione civica e i desi-deri e i concetti che ne sono la conseguenza.Il solo ordinamento, a cui si adattano, è il militare, nelquale i legami della disciplina tolgono a ciascun indivi-duo la grave fatica di dirigersi da se stesso. «Le piùspiccate qualità della gente celtica – dice il loro storicoThierry – sono il valore personale, in cui si mostrano su-periori a tutti i popoli; un carattere fermo, impetuoso,accessibile a qualunque impressione, molta intelligenza,ma nello stesso tempo moltissima volubilità; nessunaperseveranza, renitenza alla disciplina e all'ordine, mil-lanteria e discordia eterna, conseguenza d'una vanitàsconfinata».Catone il vecchio dice, più laconicamente, pressochè lostesso: «I Celti di due cose fanno gran conto: combatte-re e far dello spirito»(14).

14 «Pleraque Gallia duas res industriosissime persequitur: rem militarem et

158

Page 159: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Queste qualità di buoni soldati e di cattivi cittadini cispiegano la loro singolarità storica: avere i Celti scossotutti gli stati e non averne fondato alcuno. Ovunque litroviamo pronti a migrare, cioè a marciare; ai fondi sta-bili preferiscono i beni mobili, l'oro ad ogni altra cosa;esercitano l'arte della guerra come bande organizzate dipredoni o quasi professione mercenaria, e a dir vero contale successo, che lo stesso storico romano Sallustio la-scia ai Celti, nel maneggio dell'armi, il vanto sopra i Ro-mani.Ed essi sono i veri lanzichenecchi dell'antichità; e, con-forme ce li rappresentano le immagini e le descrizioni,erano grandi, ben nerboruti della persona, avevano ca-pelli incolti, baffi lunghi – all'opposto dei Greci e deiRomani, i quali si tagliavano i capelli e si radevano ibaffi – erano coperti di mantelli ricamati e screziati, chenon di rado gettavano via nel fervore della battaglia.Portavano un largo cerchio d'oro al collo, privi di elmo enon portavano alcuna specie d'arme da getto, ma eranoinvece muniti di uno smisurato scudo e d'una lunga dagamal temprata, d'un pugnale e d'una lancia; tutte questearmi erano guarnite d'oro, essendo abili a lavorare i me-talli. Per acquistare rinomanza tutto ad essi serviva, per-sino le ferite riportate, che non di rado espressamente al-largavano per ostentare una più appariscente cicatrice.D'ordinario combattevano a piedi, ma alcune schiere an-che a cavallo, e allora ogni cavaliere libero era seguito

argute loqui». (CATO, Orig., 1, II fr., 2, Jordan).

159

Queste qualità di buoni soldati e di cattivi cittadini cispiegano la loro singolarità storica: avere i Celti scossotutti gli stati e non averne fondato alcuno. Ovunque litroviamo pronti a migrare, cioè a marciare; ai fondi sta-bili preferiscono i beni mobili, l'oro ad ogni altra cosa;esercitano l'arte della guerra come bande organizzate dipredoni o quasi professione mercenaria, e a dir vero contale successo, che lo stesso storico romano Sallustio la-scia ai Celti, nel maneggio dell'armi, il vanto sopra i Ro-mani.Ed essi sono i veri lanzichenecchi dell'antichità; e, con-forme ce li rappresentano le immagini e le descrizioni,erano grandi, ben nerboruti della persona, avevano ca-pelli incolti, baffi lunghi – all'opposto dei Greci e deiRomani, i quali si tagliavano i capelli e si radevano ibaffi – erano coperti di mantelli ricamati e screziati, chenon di rado gettavano via nel fervore della battaglia.Portavano un largo cerchio d'oro al collo, privi di elmo enon portavano alcuna specie d'arme da getto, ma eranoinvece muniti di uno smisurato scudo e d'una lunga dagamal temprata, d'un pugnale e d'una lancia; tutte questearmi erano guarnite d'oro, essendo abili a lavorare i me-talli. Per acquistare rinomanza tutto ad essi serviva, per-sino le ferite riportate, che non di rado espressamente al-largavano per ostentare una più appariscente cicatrice.D'ordinario combattevano a piedi, ma alcune schiere an-che a cavallo, e allora ogni cavaliere libero era seguito

argute loqui». (CATO, Orig., 1, II fr., 2, Jordan).

159

Page 160: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

da due scudieri egualmente a cavallo; ebbero presto car-ri da battaglia come i Libii e gli Elleni de' più antichitempi. Parecchi tratti ricordano i cavalieri del medio-evo; più di tutto il duello, che era estraneo ai Romani edai Greci. E non solo in guerra essi solevano sfidare asingolar combattimento il nemico dopo d'averlo scherni-to e beffeggiato con gesti e parole, ma combattevanonelle pompose loro armature all'ultimo sangue anche intempo di pace.È naturale che dopo le battaglie e le parate non mancas-sero gazzarre e banchetti.I Celti conducevano questa maniera di vita vagabonda esoldatesca, la quale tra continue lotte ed azioni, comesoglion dirsi, eroiche, compiute sotto il proprio e sottol'altrui vessillo, li disseminava dall'Irlanda e dalla Spa-gna sino all'Asia minore. Ma qualunque cosa intrapren-dessero, si dissolveva come la neve a primavera, cosic-chè in nessun luogo si trova un grande stato, in nessunluogo una cultura creata dai Celti.Così ci dipingono gli antichi questa nazione, sulla cuiorigine non abbiamo che congetture. Usciti dallo stessoalveo, donde vennero le popolazioni elleniche, italiche egermaniche(15) i Celti, provenienti anch'essi dalla madre15 Valenti etimologisti vogliono sostenere che l'affinità dei Celti cogli Italici

sia maggiore persino di quella degli Italici cogli Elleni, e pretendono che ilramo del grande albero, onde derivarono i popoli occidentali e meridionalid'Europa di schiatta indo-germanica, si dividesse primieramente in Grecied Italo-Celti, e che lungo tempo dopo quest'ultimo ramo si separasse inItalici e in Celti. Tale supposizione, considerata geograficamente, pare

160

da due scudieri egualmente a cavallo; ebbero presto car-ri da battaglia come i Libii e gli Elleni de' più antichitempi. Parecchi tratti ricordano i cavalieri del medio-evo; più di tutto il duello, che era estraneo ai Romani edai Greci. E non solo in guerra essi solevano sfidare asingolar combattimento il nemico dopo d'averlo scherni-to e beffeggiato con gesti e parole, ma combattevanonelle pompose loro armature all'ultimo sangue anche intempo di pace.È naturale che dopo le battaglie e le parate non mancas-sero gazzarre e banchetti.I Celti conducevano questa maniera di vita vagabonda esoldatesca, la quale tra continue lotte ed azioni, comesoglion dirsi, eroiche, compiute sotto il proprio e sottol'altrui vessillo, li disseminava dall'Irlanda e dalla Spa-gna sino all'Asia minore. Ma qualunque cosa intrapren-dessero, si dissolveva come la neve a primavera, cosic-chè in nessun luogo si trova un grande stato, in nessunluogo una cultura creata dai Celti.Così ci dipingono gli antichi questa nazione, sulla cuiorigine non abbiamo che congetture. Usciti dallo stessoalveo, donde vennero le popolazioni elleniche, italiche egermaniche(15) i Celti, provenienti anch'essi dalla madre15 Valenti etimologisti vogliono sostenere che l'affinità dei Celti cogli Italici

sia maggiore persino di quella degli Italici cogli Elleni, e pretendono che ilramo del grande albero, onde derivarono i popoli occidentali e meridionalid'Europa di schiatta indo-germanica, si dividesse primieramente in Grecied Italo-Celti, e che lungo tempo dopo quest'ultimo ramo si separasse inItalici e in Celti. Tale supposizione, considerata geograficamente, pare

160

Page 161: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

patria orientale, sono senza dubbio penetrati in Europa,ove fin dalle età più antiche giunsero al mare d'occiden-te, presero dimora principalmente nella Francia d'oggidì,si spostarono verso il settentrione nelle isole britanni-che, varcarono verso mezzodì i Pirenei combattendocolle popolazioni iberiche pel possesso della penisola.Ma la loro prima grande migrazione aveva dilagato gi-rando lungo le pendici settentrionali dell'Alpi, e solodalle regioni occidentali cominciarono essi ad effettuarein masse più ridotte e con direzione opposta quelle cala-te, che li condussero oltre l'Alpi e oltre l'Emo, e persinoattraverso il Bosforo, per cui divennero lo spavento ditutte le nazioni civili dell'antichità e tali rimasero permolti secoli, finchè le vittorie di Cesare e la difesa dellefrontiere organizzata da Augusto non ruppero le loroforze.La leggenda patria sulle emigrazioni, di cui andiamo de-bitori particolarmente a Livio, narra in questa forma leinvasioni repressive, che avvennero poi(16). La federazio-

molto ammissibile, tanto più che i fatti storici, pervenuti a nostra cognizio-ne, possono forse essere colla medesima accordati; giacchè può benissimoessere stato greco-celtico-italico tutto ciò, che fin qui fu riguardato comefrutto della civiltà greco-italica. Dopo tutto noi non abbiamo alcun datosulla più antica coltura celtica. Ma ad ogni modo l'investigazione etimolo-gica non pare ancora arrivata al punto che possa guidarci nel labirinto dellapiù antica storia dei popoli.

16 LIVIO, 5, 34, e GIUSTINO, 24, 4, narrano la leggenda, ed anche CESARE, B. g.,6, 24, mostra d'averla conosciuta. La coincidenza della migrazione di Bel-loveso colla fondazione di Massalia, per cui quella migrazione venne cro-nologicamente fissata alla metà del secondo secolo della fondazione diRoma, non appartiene certo alla leggenda originaria, naturalmente senza

161

patria orientale, sono senza dubbio penetrati in Europa,ove fin dalle età più antiche giunsero al mare d'occiden-te, presero dimora principalmente nella Francia d'oggidì,si spostarono verso il settentrione nelle isole britanni-che, varcarono verso mezzodì i Pirenei combattendocolle popolazioni iberiche pel possesso della penisola.Ma la loro prima grande migrazione aveva dilagato gi-rando lungo le pendici settentrionali dell'Alpi, e solodalle regioni occidentali cominciarono essi ad effettuarein masse più ridotte e con direzione opposta quelle cala-te, che li condussero oltre l'Alpi e oltre l'Emo, e persinoattraverso il Bosforo, per cui divennero lo spavento ditutte le nazioni civili dell'antichità e tali rimasero permolti secoli, finchè le vittorie di Cesare e la difesa dellefrontiere organizzata da Augusto non ruppero le loroforze.La leggenda patria sulle emigrazioni, di cui andiamo de-bitori particolarmente a Livio, narra in questa forma leinvasioni repressive, che avvennero poi(16). La federazio-

molto ammissibile, tanto più che i fatti storici, pervenuti a nostra cognizio-ne, possono forse essere colla medesima accordati; giacchè può benissimoessere stato greco-celtico-italico tutto ciò, che fin qui fu riguardato comefrutto della civiltà greco-italica. Dopo tutto noi non abbiamo alcun datosulla più antica coltura celtica. Ma ad ogni modo l'investigazione etimolo-gica non pare ancora arrivata al punto che possa guidarci nel labirinto dellapiù antica storia dei popoli.

16 LIVIO, 5, 34, e GIUSTINO, 24, 4, narrano la leggenda, ed anche CESARE, B. g.,6, 24, mostra d'averla conosciuta. La coincidenza della migrazione di Bel-loveso colla fondazione di Massalia, per cui quella migrazione venne cro-nologicamente fissata alla metà del secondo secolo della fondazione diRoma, non appartiene certo alla leggenda originaria, naturalmente senza

161

Page 162: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ne gallica, alla cui testa si trovava già a quei tempi,come più tardi ai tempi di Cesare, il paese dei Biturigi(intorno a Bourges) regnando il re Ambiato, avrebbemandati fuori due grandi sciami d'armati, capitanati dadue nipoti del re. L'orda capitana di Sigoveso, passato ilReno, si sarebbe inoltrata nella Selva Nera. L'altro scia-me, guidato da Belloveso, varcate le Alpi Graie (il Pic-colo S. Bernardo), sarebbe disceso nella valle del Po.

5. I Celti contro gli Etruschi.Da Sigoveso deriverebbe la colonia gallica sul Danubiomedio, da Belloveso la più antica colonia celtica nellaLombardia odierna, il paese degli Insubri colla capitaleMediolanum (Milano). Nè andò molto, che sarebbe ca-lata in Italia un'altra torma, la quale avrebbe fondato lagente dei Cenomani e fabbricate le città di Brixia (Bre-

indicazione di tempo, bensì a posteriori combinazioni dei cronologisti, enon merita alcuna fede. È probabile, che anche in tempi più antichi sienoavvenute incursioni e migrazioni isolate, ma non si può fissare la grandeinvasione dei Celti nell'Italia settentrionale prima del decadimento dellapotenza etrusca, vale a dire, non prima della seconda metà del terzo secolodi Roma. E così, badando alle sagaci disquisizioni di Wickham e di Cra-mer, non si saprebbe porre in dubbio, che la marcia di Belloveso e la calatad'Annibale non avvenissero attraverso le Alpi Cozie (Monginevro) e attra-verso il paese dei Taurini, ma sibbene attraverso le Alpi Graie (il PiccoloS. Bernardo) e attraverso il paese dei Salassi; Livio accenna il nome delmonte, non seguendo la leggenda, ma sibbene la supposizione. Non vo-gliamo esaminare se i Boi italici sieno fatti discendere in Italia pel varcopiù orientale delle Alpi Pennine dietro una qualche memoria rimasta nellaleggenda tradizionale, ovvero soltanto per una preconcetta idea della con-nessione di questa tribù con quelli dei Boi abitanti a settentrione del Danu-bio.

162

ne gallica, alla cui testa si trovava già a quei tempi,come più tardi ai tempi di Cesare, il paese dei Biturigi(intorno a Bourges) regnando il re Ambiato, avrebbemandati fuori due grandi sciami d'armati, capitanati dadue nipoti del re. L'orda capitana di Sigoveso, passato ilReno, si sarebbe inoltrata nella Selva Nera. L'altro scia-me, guidato da Belloveso, varcate le Alpi Graie (il Pic-colo S. Bernardo), sarebbe disceso nella valle del Po.

5. I Celti contro gli Etruschi.Da Sigoveso deriverebbe la colonia gallica sul Danubiomedio, da Belloveso la più antica colonia celtica nellaLombardia odierna, il paese degli Insubri colla capitaleMediolanum (Milano). Nè andò molto, che sarebbe ca-lata in Italia un'altra torma, la quale avrebbe fondato lagente dei Cenomani e fabbricate le città di Brixia (Bre-

indicazione di tempo, bensì a posteriori combinazioni dei cronologisti, enon merita alcuna fede. È probabile, che anche in tempi più antichi sienoavvenute incursioni e migrazioni isolate, ma non si può fissare la grandeinvasione dei Celti nell'Italia settentrionale prima del decadimento dellapotenza etrusca, vale a dire, non prima della seconda metà del terzo secolodi Roma. E così, badando alle sagaci disquisizioni di Wickham e di Cra-mer, non si saprebbe porre in dubbio, che la marcia di Belloveso e la calatad'Annibale non avvenissero attraverso le Alpi Cozie (Monginevro) e attra-verso il paese dei Taurini, ma sibbene attraverso le Alpi Graie (il PiccoloS. Bernardo) e attraverso il paese dei Salassi; Livio accenna il nome delmonte, non seguendo la leggenda, ma sibbene la supposizione. Non vo-gliamo esaminare se i Boi italici sieno fatti discendere in Italia pel varcopiù orientale delle Alpi Pennine dietro una qualche memoria rimasta nellaleggenda tradizionale, ovvero soltanto per una preconcetta idea della con-nessione di questa tribù con quelli dei Boi abitanti a settentrione del Danu-bio.

162

Page 163: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

scia) e di Verona.D'allora in poi gli avventurieri celtici si riversarono con-tinuamente dalle Alpi nel bel paese d'Italia. Le genti cel-tiche colle liguri, tolsero agli Etruschi una città dopol'altra, sino a che l'intera riva sinistra del Po si trovò inloro balìa. Dopo la presa della ricca città etrusca di Mel-pum (verosimilmente nelle vicinanze di Milano), per lacui espugnazione i Celti già stanziati nella valle del Po,si erano uniti con altre tribù calate di fresco d'oltralpe(358 = 396), questi nuovi venuti si trasferirono sulla rivadestra del fiume e cominciarono a molestare gli Umbri egli Etruschi nelle loro antiche sedi. Erano questi novelliaggressori, particolarmente i Boi, penetrati in Italia,come si pretende, per un'altra via, varcando il montePennino (il grande S. Bernardo); essi presero dimora inquel paese che oggi si chiama Romagna, ove l'antica cit-tà degli Etruschi detta Felsina, dai nuovi padroni ribat-tezzata in Bononia, divenne la loro capitale.Capitarono finalmente i Senoni, l'ultima grand'orda cel-tica che abbia varcato le Alpi; essi stabilirono le lorosedi sulle rive del mare Adriatico da Rimini ad Ancona.Ma alcuni gruppi di celti debbono essere penetrati finnel cuore dell'Umbria, anzi fino ai confini dell'Etruriapropriamente detta, poichè si son trovate presso Todi,sul Tevere superiore, inscrizioni lapidarie in lingua celti-ca.I confini dell'Etruria s'andavano sempre più restringen-

163

scia) e di Verona.D'allora in poi gli avventurieri celtici si riversarono con-tinuamente dalle Alpi nel bel paese d'Italia. Le genti cel-tiche colle liguri, tolsero agli Etruschi una città dopol'altra, sino a che l'intera riva sinistra del Po si trovò inloro balìa. Dopo la presa della ricca città etrusca di Mel-pum (verosimilmente nelle vicinanze di Milano), per lacui espugnazione i Celti già stanziati nella valle del Po,si erano uniti con altre tribù calate di fresco d'oltralpe(358 = 396), questi nuovi venuti si trasferirono sulla rivadestra del fiume e cominciarono a molestare gli Umbri egli Etruschi nelle loro antiche sedi. Erano questi novelliaggressori, particolarmente i Boi, penetrati in Italia,come si pretende, per un'altra via, varcando il montePennino (il grande S. Bernardo); essi presero dimora inquel paese che oggi si chiama Romagna, ove l'antica cit-tà degli Etruschi detta Felsina, dai nuovi padroni ribat-tezzata in Bononia, divenne la loro capitale.Capitarono finalmente i Senoni, l'ultima grand'orda cel-tica che abbia varcato le Alpi; essi stabilirono le lorosedi sulle rive del mare Adriatico da Rimini ad Ancona.Ma alcuni gruppi di celti debbono essere penetrati finnel cuore dell'Umbria, anzi fino ai confini dell'Etruriapropriamente detta, poichè si son trovate presso Todi,sul Tevere superiore, inscrizioni lapidarie in lingua celti-ca.I confini dell'Etruria s'andavano sempre più restringen-

163

Page 164: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

do dalla parte di settentrione; e intorno alla metà delquarto secolo, ad oriente, la nazione tosca si trovò giàdel tutto circoscritta a quel territorio, che d'allora in poiha portato il suo nome e lo porta ancora.

6. I Romani attaccano l'Etruria.Sotto l'impeto quasi contemporaneo di questi attacchi,che quasi in virtù d'un disegno premeditato erano mossida popoli così lontani e diversi – Siracusani, Latini,Sanniti e Celti – la nazione etrusca, che con fortuna cosìmeravigliosa e rapida s'era distesa sul Lazio, sulla Cam-pania e lungo le coste dei due mari d'Italia, con più rapi-da e irresistibile vicenda rovinò in frantumi.La perdita del primato marittimo e la servitù della Cam-pania coincidono colle vittoriose invasioni degli Insubrie dei Cenomani sul Po; e proprio intorno a questi anni iRomani, che pochi secoli prima erano stati umiliati epoco men che ridotti in servitù da Porsena, osarono af-frontare per la prima volta apertamente ed assalire gliEtruschi.L'armistizio conchiuso con Veio l'anno 280 = 474 avevaridonato loro ciò che essi avevano perduto e rimesso so-stanzialmente lo stato delle cose come si era trovato frale due nazioni al tempo dei re.Spirato l'armistizio nel 309 = 445, ricominciarono i tu-multi guerreschi; ma essi non erano altro che scaramuc-cie presso i confini, per far bottino, senza un notevole ri-

164

do dalla parte di settentrione; e intorno alla metà delquarto secolo, ad oriente, la nazione tosca si trovò giàdel tutto circoscritta a quel territorio, che d'allora in poiha portato il suo nome e lo porta ancora.

6. I Romani attaccano l'Etruria.Sotto l'impeto quasi contemporaneo di questi attacchi,che quasi in virtù d'un disegno premeditato erano mossida popoli così lontani e diversi – Siracusani, Latini,Sanniti e Celti – la nazione etrusca, che con fortuna cosìmeravigliosa e rapida s'era distesa sul Lazio, sulla Cam-pania e lungo le coste dei due mari d'Italia, con più rapi-da e irresistibile vicenda rovinò in frantumi.La perdita del primato marittimo e la servitù della Cam-pania coincidono colle vittoriose invasioni degli Insubrie dei Cenomani sul Po; e proprio intorno a questi anni iRomani, che pochi secoli prima erano stati umiliati epoco men che ridotti in servitù da Porsena, osarono af-frontare per la prima volta apertamente ed assalire gliEtruschi.L'armistizio conchiuso con Veio l'anno 280 = 474 avevaridonato loro ciò che essi avevano perduto e rimesso so-stanzialmente lo stato delle cose come si era trovato frale due nazioni al tempo dei re.Spirato l'armistizio nel 309 = 445, ricominciarono i tu-multi guerreschi; ma essi non erano altro che scaramuc-cie presso i confini, per far bottino, senza un notevole ri-

164

Page 165: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sultato nè per l'una nè per l'altra parte. L'Etruria era an-cora troppo potente perchè Roma potesse pensare ad at-taccarla seriamente.Solo la fellonia dei Fidenati, i quali scacciarono la guar-nigione romana, assassinarono gli ambasciatori e si sot-tomisero al re dei Veienti, Lars Tolumnio, fu cagioned'una guerra di maggior momento, la quale terminò feli-cemente per i Romani.Il re Tolumnio cadde in battaglia per mano del consoleromano Aulo Cornelio Cosso (326 = 428). Fidene fuespugnata, e nel 329 = 425, venne firmato un altro armi-stizio di duecento mesi. Durante questo, le condizionidell'Etruria si aggravavano sempre più e le armi celtichegià si approssimavano alle colonie sulla riva destra delPo, che fino allora erano state rispettate.Quando nell'anno 346 = 408, l'armistizio venne a scade-re, i Romani, decisi ad arrischiare una guerra di conqui-sta e a tentare l'espugnazione di Veio, corsero alle armi.Il racconto delle battaglie contro i Veienti, i Capenati e iFalisci, e dell'assedio di Veio, che durò, secondo lafama, dieci anni come quello di Troia, non merita pienafede.La tradizione e la poesia si sono impadronite di questiavvenimenti e ben a ragione, perchè in questa guerra sicombattè con una pertinacia insolita e per un premiofino allora sconosciuto.

165

sultato nè per l'una nè per l'altra parte. L'Etruria era an-cora troppo potente perchè Roma potesse pensare ad at-taccarla seriamente.Solo la fellonia dei Fidenati, i quali scacciarono la guar-nigione romana, assassinarono gli ambasciatori e si sot-tomisero al re dei Veienti, Lars Tolumnio, fu cagioned'una guerra di maggior momento, la quale terminò feli-cemente per i Romani.Il re Tolumnio cadde in battaglia per mano del consoleromano Aulo Cornelio Cosso (326 = 428). Fidene fuespugnata, e nel 329 = 425, venne firmato un altro armi-stizio di duecento mesi. Durante questo, le condizionidell'Etruria si aggravavano sempre più e le armi celtichegià si approssimavano alle colonie sulla riva destra delPo, che fino allora erano state rispettate.Quando nell'anno 346 = 408, l'armistizio venne a scade-re, i Romani, decisi ad arrischiare una guerra di conqui-sta e a tentare l'espugnazione di Veio, corsero alle armi.Il racconto delle battaglie contro i Veienti, i Capenati e iFalisci, e dell'assedio di Veio, che durò, secondo lafama, dieci anni come quello di Troia, non merita pienafede.La tradizione e la poesia si sono impadronite di questiavvenimenti e ben a ragione, perchè in questa guerra sicombattè con una pertinacia insolita e per un premiofino allora sconosciuto.

165

Page 166: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Fu questa la prima volta che un esercito romano stette incampo di continuo, estate e inverno, e che rimase sottole bandiere finchè non fu raggiunto lo scopo prefisso; laprima volta che il comune pagò coll'erario pubblico glistipendi dei soldati.Ma fu questa anche la prima volta che i Romani si pro-posero di assoggettare una gente straniera, e che osaro-no piantare le tende oltre i confini del Lazio. La lotta fuviolenta, l'esito non dubbio.I Romani trovarono alleati nei Latini e negli Ernici, nonmeno desiderosi dei Romani di vedere umiliati quei mi-nacciosi vicini: Veio invece fu abbandonata dalle legheetrusche e appena le più vicine città di Carena, Falera eTarquinia le inviarono gli aiuti pattuiti.L'invasione celtica, che in questi anni stessi travagliaval'Etruria settentrionale, basterebbe già a spiegarel'abbandono di Veio; ma è fama inoltre, e non vi è piùnulla che renda poco credibile questa voce raccolta daglistorici, che discordie intestine, e più precisamentel'opposizione dei governi oligarchici delle città etruschecontro il nome regio conservato e ristabilito a Veio, fos-sero la principale cagione della negligenza delle leghetosche nella guerra contro Roma.Se tutta la nazione degli Etruschi avesse voluto o potutoprender parte alla lotta, sarebbe riuscito impossibile alcomune di Roma, coi poveri mezzi che allora si cono-scevano per espugnare fortezze, prendere una grande e

166

Fu questa la prima volta che un esercito romano stette incampo di continuo, estate e inverno, e che rimase sottole bandiere finchè non fu raggiunto lo scopo prefisso; laprima volta che il comune pagò coll'erario pubblico glistipendi dei soldati.Ma fu questa anche la prima volta che i Romani si pro-posero di assoggettare una gente straniera, e che osaro-no piantare le tende oltre i confini del Lazio. La lotta fuviolenta, l'esito non dubbio.I Romani trovarono alleati nei Latini e negli Ernici, nonmeno desiderosi dei Romani di vedere umiliati quei mi-nacciosi vicini: Veio invece fu abbandonata dalle legheetrusche e appena le più vicine città di Carena, Falera eTarquinia le inviarono gli aiuti pattuiti.L'invasione celtica, che in questi anni stessi travagliaval'Etruria settentrionale, basterebbe già a spiegarel'abbandono di Veio; ma è fama inoltre, e non vi è piùnulla che renda poco credibile questa voce raccolta daglistorici, che discordie intestine, e più precisamentel'opposizione dei governi oligarchici delle città etruschecontro il nome regio conservato e ristabilito a Veio, fos-sero la principale cagione della negligenza delle leghetosche nella guerra contro Roma.Se tutta la nazione degli Etruschi avesse voluto o potutoprender parte alla lotta, sarebbe riuscito impossibile alcomune di Roma, coi poveri mezzi che allora si cono-scevano per espugnare fortezze, prendere una grande e

166

Page 167: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

forte città; la quale, lasciata in abbandono e isolata, pro-lungò la sua difesa fino al 358 = 396, e non cedette cheal genio eroico di Marco Furio Camillo, il primo capita-no che aprì ai Romani la brillante e pericolosa via delleconquiste straniere.Dell'entusiasmo suscitato in Roma dal grande avveni-mento abbiamo una prova nel costume conservato daiRomani, per lunghissimo tempo, di chiudere i giuochidella festa pubblica colla parodia della «vendita deiVeienti». Per questo spettacolo si prendeva il più me-schino sgangherato vecchio che fosse possibile trovare,lo si avvolgeva in un mantello di porpora, ornato di gio-ielli d'oro e figurava per ultima scena qual «re deiVeienti» tra gli oggetti del bottino, che, fra i dileggi, era-no messi all'incanto.La città fu distrutta, il suolo maledetto a perpetuo deser-to. Falera e Capena s'affrettarono a far la pace; la pos-sente Volsinio, che durante l'agonia di Veio si era tenutanella neutralità statuita dalla lega e che impugnò le armidopo la presa di questa città, si piegò dopo pochi anni(363 = 391) essa pure alla pace.Sarà forse un sincronismo elegiaco la credenza che i dueantemurali della nazione etrusca, Melpum e Veio sianocaduti nello stesso giorno, l'uno sotto le armi dei Celti,l'altro sotto quelle dei Romani; ma ciò non toglie che visi debba ad ogni modo riconoscere una profonda veritàstorica. La doppia aggressione al settentrione e al mez-

167

forte città; la quale, lasciata in abbandono e isolata, pro-lungò la sua difesa fino al 358 = 396, e non cedette cheal genio eroico di Marco Furio Camillo, il primo capita-no che aprì ai Romani la brillante e pericolosa via delleconquiste straniere.Dell'entusiasmo suscitato in Roma dal grande avveni-mento abbiamo una prova nel costume conservato daiRomani, per lunghissimo tempo, di chiudere i giuochidella festa pubblica colla parodia della «vendita deiVeienti». Per questo spettacolo si prendeva il più me-schino sgangherato vecchio che fosse possibile trovare,lo si avvolgeva in un mantello di porpora, ornato di gio-ielli d'oro e figurava per ultima scena qual «re deiVeienti» tra gli oggetti del bottino, che, fra i dileggi, era-no messi all'incanto.La città fu distrutta, il suolo maledetto a perpetuo deser-to. Falera e Capena s'affrettarono a far la pace; la pos-sente Volsinio, che durante l'agonia di Veio si era tenutanella neutralità statuita dalla lega e che impugnò le armidopo la presa di questa città, si piegò dopo pochi anni(363 = 391) essa pure alla pace.Sarà forse un sincronismo elegiaco la credenza che i dueantemurali della nazione etrusca, Melpum e Veio sianocaduti nello stesso giorno, l'uno sotto le armi dei Celti,l'altro sotto quelle dei Romani; ma ciò non toglie che visi debba ad ogni modo riconoscere una profonda veritàstorica. La doppia aggressione al settentrione e al mez-

167

Page 168: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

zodì e la espugnazione delle due fortezze furono il prin-cipio della fine della grande nazione etrusca.

7. I Celti contro Roma.Parve però per un momento che i due popoli, dalla cuiunione, benchè fortuita, l'Etruria vedeva minacciata lasua esistenza, dovessero invece indebolirsi combattendotra loro e che la nascente potenza di Roma dovesse essapure venir schiacciata dai barbari stranieri.La soverchia baldanza e il poco accorgimento dei Ro-mani attirarono su di loro questo turbine, contrarioall'andamento naturale della politica.Le schiere celtiche, che dopo la presa di Melpum aveva-no passato il Po, inondarono rapidamente l'Italia setten-trionale e si spinsero non solo sulla sponda destra delfiume lungo il mare Adriatico, ma anche nella veraEtruria al di quà dell'Appennino. Intorno ai tempi, in cuicompivasi l'espugnazione di Veio (363 = 391) i Senoniceltici avevano piantato il campo dinanzi a Clusium(Chiusi sul confine toscano) nel cuore dell'Etruria, e gliEtruschi erano avviliti per modo che l'oppressa città sivolse per aiuto ai distruttori di Veio.Sarebbe stato forse ottimo consiglio accordare l'aiuto eridurre così sotto la dipendenza di Roma i Galli con learmi e gli Etruschi col soccorso prestato loro; ma un in-tervento di tanta conseguenza, che avrebbe costretto iRomani a cominciare e sostenere una guerra grossa ai

168

zodì e la espugnazione delle due fortezze furono il prin-cipio della fine della grande nazione etrusca.

7. I Celti contro Roma.Parve però per un momento che i due popoli, dalla cuiunione, benchè fortuita, l'Etruria vedeva minacciata lasua esistenza, dovessero invece indebolirsi combattendotra loro e che la nascente potenza di Roma dovesse essapure venir schiacciata dai barbari stranieri.La soverchia baldanza e il poco accorgimento dei Ro-mani attirarono su di loro questo turbine, contrarioall'andamento naturale della politica.Le schiere celtiche, che dopo la presa di Melpum aveva-no passato il Po, inondarono rapidamente l'Italia setten-trionale e si spinsero non solo sulla sponda destra delfiume lungo il mare Adriatico, ma anche nella veraEtruria al di quà dell'Appennino. Intorno ai tempi, in cuicompivasi l'espugnazione di Veio (363 = 391) i Senoniceltici avevano piantato il campo dinanzi a Clusium(Chiusi sul confine toscano) nel cuore dell'Etruria, e gliEtruschi erano avviliti per modo che l'oppressa città sivolse per aiuto ai distruttori di Veio.Sarebbe stato forse ottimo consiglio accordare l'aiuto eridurre così sotto la dipendenza di Roma i Galli con learmi e gli Etruschi col soccorso prestato loro; ma un in-tervento di tanta conseguenza, che avrebbe costretto iRomani a cominciare e sostenere una guerra grossa ai

168

Page 169: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

confini nordici dei Toschi, non entrava ancora nella sfe-ra della loro politica.Così altro partito non rimaneva se non quello di astener-si da ogni intromissione. Ma con poco senno si rifiutaro-no le truppe ausiliarie e si mandarono ambasciatori iquali, con senno anche minore, credettero di poter im-paurire i Celti con le frasi, e quando queste a nulla val-sero, di poter ledere impunemente il diritto delle gentiavendo da fare con barbari.Si posero dunque gli ambasciatori romani nelle file de-gli Etruschi di Chiusi, prendendo parte ad un combatti-mento e uno di essi colpì e trasse di cavallo un condot-tiero dei Galli.I barbari si condussero in questa circostanza con mode-razione e avvedutezza. Innanzi tutto chiesero alla repub-blica romana la consegna dei temerari violatori del dirit-to delle genti, e il senato era disposto a rassegnarsi allagiusta domanda, senonchè nel popolo prevalse alla ripa-razione dovuta agli stranieri la compassione dei compa-trioti; i cittadini ricusarono di accordare soddisfazione,anzi si pretende che i valorosi ambasciatori furono perfi-no nominati tribuni consolari per l'anno 364 = 390(17),che doveva esser segnato con nota funesta negli annaliromani. Allora il Brenno, cioè il re dell'esercito dei Gal-li, levò l'assedio di Chiusi e tutta l'armata, che si fa

17 Cioè, stando al computo comunemente adottato, 390 anni prima di Cristo;ma la presa di Roma cade nel primo anno della olimpiade 98a = 388 anniprima di Cristo, e fu così notata solo per lo spostamento dell'era romana.

169

confini nordici dei Toschi, non entrava ancora nella sfe-ra della loro politica.Così altro partito non rimaneva se non quello di astener-si da ogni intromissione. Ma con poco senno si rifiutaro-no le truppe ausiliarie e si mandarono ambasciatori iquali, con senno anche minore, credettero di poter im-paurire i Celti con le frasi, e quando queste a nulla val-sero, di poter ledere impunemente il diritto delle gentiavendo da fare con barbari.Si posero dunque gli ambasciatori romani nelle file de-gli Etruschi di Chiusi, prendendo parte ad un combatti-mento e uno di essi colpì e trasse di cavallo un condot-tiero dei Galli.I barbari si condussero in questa circostanza con mode-razione e avvedutezza. Innanzi tutto chiesero alla repub-blica romana la consegna dei temerari violatori del dirit-to delle genti, e il senato era disposto a rassegnarsi allagiusta domanda, senonchè nel popolo prevalse alla ripa-razione dovuta agli stranieri la compassione dei compa-trioti; i cittadini ricusarono di accordare soddisfazione,anzi si pretende che i valorosi ambasciatori furono perfi-no nominati tribuni consolari per l'anno 364 = 390(17),che doveva esser segnato con nota funesta negli annaliromani. Allora il Brenno, cioè il re dell'esercito dei Gal-li, levò l'assedio di Chiusi e tutta l'armata, che si fa

17 Cioè, stando al computo comunemente adottato, 390 anni prima di Cristo;ma la presa di Roma cade nel primo anno della olimpiade 98a = 388 anniprima di Cristo, e fu così notata solo per lo spostamento dell'era romana.

169

Page 170: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ascendere a 170.000 uomini, si volse verso Roma. Simi-li calate in paesi lontani e ignoti erano pei Galli faciliimprese, poichè essi procedevano innanzi come bandearmate di emigranti senza darsi pensiero di retroguardiee di assicurarsi la ritirata. D'altra parte a Roma non sicredeva al pericolo che poteva cagionare una così subi-tanea e possente invasione.Non prima che i Galli avessero passato il Tevere e nonfossero distanti che una ventina di chilometri dalle portedella città, sul fiumicello Allia, si mosse il 18 luglio 364= 390 un esercito romano per sbarrare loro la via.E anche allora credendo i Romani di andare ad affronta-re non un esercito, ma torme di predoni, condotte daduci non sperimentati, procedettero innanzi presuntuosie temerari.Camillo si era ritirato dalle pubbliche cariche a cagionedelle contese tra le classi della popolazione.Perchè rafforzare un campo, perchè pensare ad assicura-re la ritirata, se coloro contro i quali si doveva combat-tere, altro non erano che dei selvaggi?Ma questi selvaggi erano uomini che disprezzavano lamorte, e il cui modo di combattere era per gli Italici nonmeno nuovo che terribile. Armati di daghe, con un furi-bondo impeto i Celti si slanciarono sulla falange romanaed al primo urto la scompigliarono.La rotta non solo fu completa, ma la precipitosa fuga dei

170

ascendere a 170.000 uomini, si volse verso Roma. Simi-li calate in paesi lontani e ignoti erano pei Galli faciliimprese, poichè essi procedevano innanzi come bandearmate di emigranti senza darsi pensiero di retroguardiee di assicurarsi la ritirata. D'altra parte a Roma non sicredeva al pericolo che poteva cagionare una così subi-tanea e possente invasione.Non prima che i Galli avessero passato il Tevere e nonfossero distanti che una ventina di chilometri dalle portedella città, sul fiumicello Allia, si mosse il 18 luglio 364= 390 un esercito romano per sbarrare loro la via.E anche allora credendo i Romani di andare ad affronta-re non un esercito, ma torme di predoni, condotte daduci non sperimentati, procedettero innanzi presuntuosie temerari.Camillo si era ritirato dalle pubbliche cariche a cagionedelle contese tra le classi della popolazione.Perchè rafforzare un campo, perchè pensare ad assicura-re la ritirata, se coloro contro i quali si doveva combat-tere, altro non erano che dei selvaggi?Ma questi selvaggi erano uomini che disprezzavano lamorte, e il cui modo di combattere era per gli Italici nonmeno nuovo che terribile. Armati di daghe, con un furi-bondo impeto i Celti si slanciarono sulla falange romanaed al primo urto la scompigliarono.La rotta non solo fu completa, ma la precipitosa fuga dei

170

Page 171: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Romani sull'opposta riva del fiume per mettersi in salvodai barbari che li incalzavano alle spalle, sospinse lamaggior parte dell'esercito disfatto e senza ordine sullasponda destra del Tevere ed a Veio.

8. Presa di Roma.Così, senza alcuna necessità, si abbandonava la capitale;le poche truppe rimastevi, e quelle che dopo la sconfittavi si ripararono, non bastavano a guarnirne le mura, e tregiorni dopo la battaglia i vincitori entravano in Romaper le porte indifese.Se vi fossero entrati il primo giorno, come avrebberopotuto, non la sola città, ma anche lo stato sarebbe statoperduto; il breve intervallo bastò per porre al sicuro oper seppellire le cose sacre, e, ciò che più importava, peroccupare e guarnire scarsamente di provvigioni la rocca,dalla quale si allontanarono tutti coloro che non eranoatti alle armi, poichè non vi era pane abbastanza per tut-ti.La moltitudine degli inermi si sbandò nelle città vicine;ma parecchi, e particolarmente molti illustri vegliardi,non vollero sopravvivere alla rovina della città e attese-ro nelle loro case la morte per mano dei barbari. I qualigiunsero, massacrarono e saccheggiarono tutto ciò chetrovarono di vivo e di buono, e infine appiccarono ilfuoco a tutti gli angoli della città sotto gli occhi del pre-sidio romano chiuso nella rocca.

171

Romani sull'opposta riva del fiume per mettersi in salvodai barbari che li incalzavano alle spalle, sospinse lamaggior parte dell'esercito disfatto e senza ordine sullasponda destra del Tevere ed a Veio.

8. Presa di Roma.Così, senza alcuna necessità, si abbandonava la capitale;le poche truppe rimastevi, e quelle che dopo la sconfittavi si ripararono, non bastavano a guarnirne le mura, e tregiorni dopo la battaglia i vincitori entravano in Romaper le porte indifese.Se vi fossero entrati il primo giorno, come avrebberopotuto, non la sola città, ma anche lo stato sarebbe statoperduto; il breve intervallo bastò per porre al sicuro oper seppellire le cose sacre, e, ciò che più importava, peroccupare e guarnire scarsamente di provvigioni la rocca,dalla quale si allontanarono tutti coloro che non eranoatti alle armi, poichè non vi era pane abbastanza per tut-ti.La moltitudine degli inermi si sbandò nelle città vicine;ma parecchi, e particolarmente molti illustri vegliardi,non vollero sopravvivere alla rovina della città e attese-ro nelle loro case la morte per mano dei barbari. I qualigiunsero, massacrarono e saccheggiarono tutto ciò chetrovarono di vivo e di buono, e infine appiccarono ilfuoco a tutti gli angoli della città sotto gli occhi del pre-sidio romano chiuso nella rocca.

171

Page 172: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ma i Celti non conoscevano l'arte dell'assediare, e lungoe difficile riuscì loro il blocco della scoscesa rocca, poi-chè le vettovaglie occorrenti al loro grande numero sipotevano procacciare solo col mezzo di scorrerie, allequali le milizie cittadine dei popoli latini, segnatamentequelle di Ardea, spesso con coraggio e buon successo siopponevano.Nondimeno i Celti resistettero con un'energia senzaesempio, quando si voglia tener conto delle loro condi-zioni, per lo spazio di sette mesi ai piedi della rocca, egià le vettovaglie cominciavano a scarseggiare ai Roma-ni, che erano stati salvati da una sorpresa dei nemici inuna notte oscura solo per lo schiamazzo delle sacre ochenel tempio capitolino, e pel fortuito svegliarsi del valo-roso Marco Manlio.In questo momento i Celti ebbero avviso d'un'invasionefatta dai Veneti nel paese dei Senoni, posto sul Po, cheessi avevano conquistato, e ciò li decise ad accettarel'offerto prezzo di riscatto per la loro ritirata.Il modo derisorio, con cui fu gettato sulla bilancia ilbrando gallico, affinchè esso pure fosse contrappesatodall'oro romano, indicava chiaramente lo stato dellecose.Il ferro dei barbari aveva vinto, ma la vittoria vendutaperdette ogni frutto.La terribile catastrofe della sconfitta e dell'incendio, il18 luglio, ed il fiumicello Allia, il luogo ove furono sot-

172

Ma i Celti non conoscevano l'arte dell'assediare, e lungoe difficile riuscì loro il blocco della scoscesa rocca, poi-chè le vettovaglie occorrenti al loro grande numero sipotevano procacciare solo col mezzo di scorrerie, allequali le milizie cittadine dei popoli latini, segnatamentequelle di Ardea, spesso con coraggio e buon successo siopponevano.Nondimeno i Celti resistettero con un'energia senzaesempio, quando si voglia tener conto delle loro condi-zioni, per lo spazio di sette mesi ai piedi della rocca, egià le vettovaglie cominciavano a scarseggiare ai Roma-ni, che erano stati salvati da una sorpresa dei nemici inuna notte oscura solo per lo schiamazzo delle sacre ochenel tempio capitolino, e pel fortuito svegliarsi del valo-roso Marco Manlio.In questo momento i Celti ebbero avviso d'un'invasionefatta dai Veneti nel paese dei Senoni, posto sul Po, cheessi avevano conquistato, e ciò li decise ad accettarel'offerto prezzo di riscatto per la loro ritirata.Il modo derisorio, con cui fu gettato sulla bilancia ilbrando gallico, affinchè esso pure fosse contrappesatodall'oro romano, indicava chiaramente lo stato dellecose.Il ferro dei barbari aveva vinto, ma la vittoria vendutaperdette ogni frutto.La terribile catastrofe della sconfitta e dell'incendio, il18 luglio, ed il fiumicello Allia, il luogo ove furono sot-

172

Page 173: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

terrate le cose sacre e quello ove fu reso vano il tentati-vo della sorpresa – tutte le particolarità di questo inaudi-to avvenimento passarono dalla mente dei contempora-nei nella fantasia dei posteri, e noi possiamo a stentorenderci ragione, che siano effettivamente già trascorsiduemila anni dacchè le memorabili oche si dimostraro-no più vigili delle sentinelle.Con tutto ciò, per quanto a Roma si ordinasse che, veri-ficandosi altre invasioni di Celti, non dovesse aver forzaalcuno dei privilegi legali che esentavano dal serviziomilitare; per quanto si adottasse il sistema di contare glianni secondo l'era nuova dall'espugnazione della città;per quanto questo avvenimento risuonasse in tutto ilmondo civile di quell'epoca e avesse trovato posto perfi-no negli annali greci, la battaglia sull'Allia, con le rovi-ne che la seguirono, non merita di essere registrata parti-colarmente come un avvenimento storico di grave con-seguenza. Essa non cambia in nulla le condizioni politi-che.Partiti che furono i Galli coll'oro del riscatto, che unaleggenda di data posteriore e male immaginata pretendesia stato riportato a Roma da Camillo, raccoltisi di nuo-vo i fuggiaschi intorno alle rovine della loro patria, stor-nato per le nobili esortazioni di Camillo l'insano proget-to di alcuni stolti che volevano trasportare a Veio la ca-pitale, riappariscono in fretta e senz'ordine le case inmezzo alle macerie – le contrade anguste e tortuose diRoma hanno questa origine – ed ecco Roma risorta

173

terrate le cose sacre e quello ove fu reso vano il tentati-vo della sorpresa – tutte le particolarità di questo inaudi-to avvenimento passarono dalla mente dei contempora-nei nella fantasia dei posteri, e noi possiamo a stentorenderci ragione, che siano effettivamente già trascorsiduemila anni dacchè le memorabili oche si dimostraro-no più vigili delle sentinelle.Con tutto ciò, per quanto a Roma si ordinasse che, veri-ficandosi altre invasioni di Celti, non dovesse aver forzaalcuno dei privilegi legali che esentavano dal serviziomilitare; per quanto si adottasse il sistema di contare glianni secondo l'era nuova dall'espugnazione della città;per quanto questo avvenimento risuonasse in tutto ilmondo civile di quell'epoca e avesse trovato posto perfi-no negli annali greci, la battaglia sull'Allia, con le rovi-ne che la seguirono, non merita di essere registrata parti-colarmente come un avvenimento storico di grave con-seguenza. Essa non cambia in nulla le condizioni politi-che.Partiti che furono i Galli coll'oro del riscatto, che unaleggenda di data posteriore e male immaginata pretendesia stato riportato a Roma da Camillo, raccoltisi di nuo-vo i fuggiaschi intorno alle rovine della loro patria, stor-nato per le nobili esortazioni di Camillo l'insano proget-to di alcuni stolti che volevano trasportare a Veio la ca-pitale, riappariscono in fretta e senz'ordine le case inmezzo alle macerie – le contrade anguste e tortuose diRoma hanno questa origine – ed ecco Roma risorta

173

Page 174: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nell'antica e maestosa sua grandezza; e non è inverosi-mile che questo avvenimento abbia potentemente contri-buito, benchè non immediatamente, a togliere all'anta-gonismo, che regnava tra l'Etruria e Roma, alquanto del-la sua asprezza, e a stringere maggiormente i vincoli diconcordia che già esistevano tra Roma e il Lazio.La lotta tra Galli e Romani, dissimile da quella traRoma e l'Etruria, ovvero tra Roma ed il Sannio, non èl'urto di due potenze politiche, che pattuiscono e stipula-no tra loro, ma è piuttosto paragonabile alle catastrofinaturali, dopo le quali l'organismo, se non è distrutto, ri-prende tosto il suo equilibrio. I Galli sono ritornati nelLazio parecchie altre volte; l'anno 387 = 367 quandoCamillo li sconfisse presso Alba – e questa fu l'ultimavittoria dell'antico eroe, il quale era stato sei volte tribu-no consolare di guerra, cinque volte dittatore ed avea sa-lito quattro volte in trionfo il Campidoglio; l'anno 393 =361, quando il dittatore Tito Quinzio Penno pose il cam-po di fronte a loro, vicino al ponte sull'Aniene, alla di-stanza d'uno scarso miglio dalla città; ma le schiere gal-liche andarono nella Campania prima di venire a batta-glia; nel 394 = 360 allorchè il dittatore Quinto ServilioAala combattè dinanzi alla porta Collina colle schiereche ritornavano dalla Campania; nell'anno 396 = 358 al-lorchè il dittatore Gaio Sulpizio Petico li sconfisse; nel404 = 350 in cui passarono perfino l'inverno accampatisul monte Albano, e battagliarono sulla spiaggia coi pi-rati greci pel bottino, fin tanto che Lucio Furio Camillo

174

nell'antica e maestosa sua grandezza; e non è inverosi-mile che questo avvenimento abbia potentemente contri-buito, benchè non immediatamente, a togliere all'anta-gonismo, che regnava tra l'Etruria e Roma, alquanto del-la sua asprezza, e a stringere maggiormente i vincoli diconcordia che già esistevano tra Roma e il Lazio.La lotta tra Galli e Romani, dissimile da quella traRoma e l'Etruria, ovvero tra Roma ed il Sannio, non èl'urto di due potenze politiche, che pattuiscono e stipula-no tra loro, ma è piuttosto paragonabile alle catastrofinaturali, dopo le quali l'organismo, se non è distrutto, ri-prende tosto il suo equilibrio. I Galli sono ritornati nelLazio parecchie altre volte; l'anno 387 = 367 quandoCamillo li sconfisse presso Alba – e questa fu l'ultimavittoria dell'antico eroe, il quale era stato sei volte tribu-no consolare di guerra, cinque volte dittatore ed avea sa-lito quattro volte in trionfo il Campidoglio; l'anno 393 =361, quando il dittatore Tito Quinzio Penno pose il cam-po di fronte a loro, vicino al ponte sull'Aniene, alla di-stanza d'uno scarso miglio dalla città; ma le schiere gal-liche andarono nella Campania prima di venire a batta-glia; nel 394 = 360 allorchè il dittatore Quinto ServilioAala combattè dinanzi alla porta Collina colle schiereche ritornavano dalla Campania; nell'anno 396 = 358 al-lorchè il dittatore Gaio Sulpizio Petico li sconfisse; nel404 = 350 in cui passarono perfino l'inverno accampatisul monte Albano, e battagliarono sulla spiaggia coi pi-rati greci pel bottino, fin tanto che Lucio Furio Camillo

174

Page 175: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'anno seguente ne li scacciò – avvenimento raccontatoin Atene dal contemporaneo Aristotile (370-432 = 384-322).Ma per quanto simili incursioni predatorie fossero mole-ste e terribili, esse si devono riguardare piuttosto comeinfortuni che come avvenimenti storici; e il più vitale ri-sultato di queste fu che i Romani considerarono se stes-si, e furono considerati nei paesi esteri, come il baluardodelle nazioni civili d'Italia contro le aggressioni dei bar-bari – concetto che servì d'aiuto, più di quel che si cre-da, alla posteriore loro posizione mondiale.

9. Ulteriori conquiste dei Romani nell'Etruria.Occupata Roma dai Galli, i Toschi ne approfittarono perassalire Veio: ma essendovisi presentati con forze insuf-ficienti, se ne tornarono senza alcun successo.Partiti i barbari, il Lazio piombò addosso all'Etruria contutto il peso delle sue forze. Dopo replicate sconfittecadde in mano dei Romani tutta l'Etruria meridionale,che si estendeva fino ai monti Cimini. I conquistati terri-tori di Veio, Capena e Falera, furono tosto divisi in quat-tro nuove tribù di cittadini (367 = 387) e ne furono ga-rantiti i confini verso settentrione mediante la costruzio-ne delle piazze forti di Sutri (371 = 383) e di Nepete(381 = 373).Questo fertile paese, abitato da coloni romani, procedet-te rapidamente verso la più completa romanizzazione.

175

l'anno seguente ne li scacciò – avvenimento raccontatoin Atene dal contemporaneo Aristotile (370-432 = 384-322).Ma per quanto simili incursioni predatorie fossero mole-ste e terribili, esse si devono riguardare piuttosto comeinfortuni che come avvenimenti storici; e il più vitale ri-sultato di queste fu che i Romani considerarono se stes-si, e furono considerati nei paesi esteri, come il baluardodelle nazioni civili d'Italia contro le aggressioni dei bar-bari – concetto che servì d'aiuto, più di quel che si cre-da, alla posteriore loro posizione mondiale.

9. Ulteriori conquiste dei Romani nell'Etruria.Occupata Roma dai Galli, i Toschi ne approfittarono perassalire Veio: ma essendovisi presentati con forze insuf-ficienti, se ne tornarono senza alcun successo.Partiti i barbari, il Lazio piombò addosso all'Etruria contutto il peso delle sue forze. Dopo replicate sconfittecadde in mano dei Romani tutta l'Etruria meridionale,che si estendeva fino ai monti Cimini. I conquistati terri-tori di Veio, Capena e Falera, furono tosto divisi in quat-tro nuove tribù di cittadini (367 = 387) e ne furono ga-rantiti i confini verso settentrione mediante la costruzio-ne delle piazze forti di Sutri (371 = 383) e di Nepete(381 = 373).Questo fertile paese, abitato da coloni romani, procedet-te rapidamente verso la più completa romanizzazione.

175

Page 176: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Verso l'anno 396 = 358 le vicine città etrusche, Tarqui-nia, Cere e Falera, tentarono bensì di solevarsi contro leviolenze dei Romani, e quale fosse l'esasperazione de-stata da essi nell'Etruria ce lo mostra il massacro fattonel foro di Tarquinia dei 307 romani, che nella primacampagna erano stati fatti prigionieri, ma era l'esaspera-zione dell'impotenza. Cere, che per essere la più prossi-ma a Roma, aveva dovuto soffrire più delle altre città, fucostretta a cedere (403 = 351) la metà del suo territorioa Roma, e a staccarsi con quel poco paese che le rimasedalla lega etrusca, per rassegnarsi ad una condizione didipendenza sotto il comune di Roma.Non parve però opportuno conferire a questo comune,composto di gente d'origine diversa dalla romana, e po-sta a maggior distanza, il pieno diritto di cittadinanza ro-mana, come si era praticato coi comuni latini e volscipiù vicini ed affini; si conferì quindi al comune di Cereil diritto di cittadinanza romana senza il diritto attivo epassivo di elezione (civitas sine suffragio), e questa fu laprima forma di sudditanza che secondo la costituzione sitrovi nella storia romana; per cui uno stato, fino allorarettosi a proprio arbitrio, fu cambiato in un comune di-pendente, ma con propria amministrazione. Non trascor-se molto tempo (411 = 433) che anche Falera, la qualesotto la denominazione tosca aveva conservata l'origina-ria sua nazionalità latina, si staccò dalla lega etrusca efece alleanza perpetua con Roma, e così, sia in unmodo, sia nell'altro, tutta l'Etruria meridionale venne as-

176

Verso l'anno 396 = 358 le vicine città etrusche, Tarqui-nia, Cere e Falera, tentarono bensì di solevarsi contro leviolenze dei Romani, e quale fosse l'esasperazione de-stata da essi nell'Etruria ce lo mostra il massacro fattonel foro di Tarquinia dei 307 romani, che nella primacampagna erano stati fatti prigionieri, ma era l'esaspera-zione dell'impotenza. Cere, che per essere la più prossi-ma a Roma, aveva dovuto soffrire più delle altre città, fucostretta a cedere (403 = 351) la metà del suo territorioa Roma, e a staccarsi con quel poco paese che le rimasedalla lega etrusca, per rassegnarsi ad una condizione didipendenza sotto il comune di Roma.Non parve però opportuno conferire a questo comune,composto di gente d'origine diversa dalla romana, e po-sta a maggior distanza, il pieno diritto di cittadinanza ro-mana, come si era praticato coi comuni latini e volscipiù vicini ed affini; si conferì quindi al comune di Cereil diritto di cittadinanza romana senza il diritto attivo epassivo di elezione (civitas sine suffragio), e questa fu laprima forma di sudditanza che secondo la costituzione sitrovi nella storia romana; per cui uno stato, fino allorarettosi a proprio arbitrio, fu cambiato in un comune di-pendente, ma con propria amministrazione. Non trascor-se molto tempo (411 = 433) che anche Falera, la qualesotto la denominazione tosca aveva conservata l'origina-ria sua nazionalità latina, si staccò dalla lega etrusca efece alleanza perpetua con Roma, e così, sia in unmodo, sia nell'altro, tutta l'Etruria meridionale venne as-

176

Page 177: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

soggettandosi alla supremazia romana.In quanto a Tarquinia e all'Etruria settentrionale i Roma-ni d'ordinario si accontentarono di tenerle legate con untrattato di pace per il lungo periodo di 400 mesi (403 =351).E così i popoli dell'Italia settentrionale, che finora si era-no logorati in continuo e disordinato conflitto, si veniva-no a mano a mano assestando in modo più durevole edin più stabili confini.Le calate dei barbari dalle Alpi cessarono sia per la di-sperata difesa degli Etruschi nella loro più rimpiccolitapatria e per la vigorosa resistenza dei potenti Romani,sia anche in conseguenza dei cambiamenti avvenuti alsettentrione delle Alpi, dei quali non abbiamo notizia.Fra l'Alpi e l'Appennino, sino agli Abruzzi, erano rima-sti i Celti quasi ovunque o dominanti o padroni, partico-larmente del paese piano e dei ricchi pascoli; ma l'ordi-namento delle loro colonie era fiacco e superficiale, e illoro dominio non gettò profonde radici nel suolo con-quistato, non mirando essi in nessun modo ad assicurar-sene il possesso assoluto.Come stessero le cose nelle Alpi e come i sopravvenutiCelti in questa regione si mescolassero con più anticheschiatte etrusche e di altre origini, le nostre incerte noti-zie delle nazionalità dei successivi popoli alpini non ciconsentono alcun giudizio.

177

soggettandosi alla supremazia romana.In quanto a Tarquinia e all'Etruria settentrionale i Roma-ni d'ordinario si accontentarono di tenerle legate con untrattato di pace per il lungo periodo di 400 mesi (403 =351).E così i popoli dell'Italia settentrionale, che finora si era-no logorati in continuo e disordinato conflitto, si veniva-no a mano a mano assestando in modo più durevole edin più stabili confini.Le calate dei barbari dalle Alpi cessarono sia per la di-sperata difesa degli Etruschi nella loro più rimpiccolitapatria e per la vigorosa resistenza dei potenti Romani,sia anche in conseguenza dei cambiamenti avvenuti alsettentrione delle Alpi, dei quali non abbiamo notizia.Fra l'Alpi e l'Appennino, sino agli Abruzzi, erano rima-sti i Celti quasi ovunque o dominanti o padroni, partico-larmente del paese piano e dei ricchi pascoli; ma l'ordi-namento delle loro colonie era fiacco e superficiale, e illoro dominio non gettò profonde radici nel suolo con-quistato, non mirando essi in nessun modo ad assicurar-sene il possesso assoluto.Come stessero le cose nelle Alpi e come i sopravvenutiCelti in questa regione si mescolassero con più anticheschiatte etrusche e di altre origini, le nostre incerte noti-zie delle nazionalità dei successivi popoli alpini non ciconsentono alcun giudizio.

177

Page 178: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Solamente i Reti, come qui si chiamavano, nel paeseche ora è dei Grigioni e dei Tirolesi, possono con proba-bilità considerarsi di stirpe etrusca. Gli Umbri si man-tennero nelle valli degli Appennini; i Veneti dalla diver-sa lingua nella parte nord-est della valle del Po; suimonti, verso occidente, si mantennero le schiatte liguriestendendosi sino a Pisa e ad Arezzo, e dividendo ilvero paese dei Celti dall'Etruria.Questi abitavano soltanto la pianura centrale; a setten-trione del Po gli Insubri ed i Cenomani, a mezzodì i Boi;sulla riva del mare Adriatico, da Rimini sino a Ancona,nel così detto paese dei Galli (ager Gallicus) i Senoni,senza far cenno di altre piccole popolazioni.Ma come le colonie di Efeso e di Mileto continuaronoad esistere sotto i sovrani di Persia, così anche in questopaese continuarono ad aver vita, almeno in parte, le co-lonie etrusche.Così la città di Mantova, difesa dal lago che la circonda,rimase fino ai tempi degli imperatori una città etrusca, ecosì si deve ritenere che anche Adria sul Po, ove fu rin-venuta una gran copia di vasi etruschi, continuasse adessere sotto la dominazione etrusca; e la descrizione to-pografica del litorale, pervenutaci sotto il nome di Scila-ce, che fu compilata verso l'anno 418 = 336, nomina ilpaese d'Adria e di Spina come paese tosco.E solo in questo modo si spiega, come i corsari etruschipotessero infestare e rendere malsicuro il mare Adriati-

178

Solamente i Reti, come qui si chiamavano, nel paeseche ora è dei Grigioni e dei Tirolesi, possono con proba-bilità considerarsi di stirpe etrusca. Gli Umbri si man-tennero nelle valli degli Appennini; i Veneti dalla diver-sa lingua nella parte nord-est della valle del Po; suimonti, verso occidente, si mantennero le schiatte liguriestendendosi sino a Pisa e ad Arezzo, e dividendo ilvero paese dei Celti dall'Etruria.Questi abitavano soltanto la pianura centrale; a setten-trione del Po gli Insubri ed i Cenomani, a mezzodì i Boi;sulla riva del mare Adriatico, da Rimini sino a Ancona,nel così detto paese dei Galli (ager Gallicus) i Senoni,senza far cenno di altre piccole popolazioni.Ma come le colonie di Efeso e di Mileto continuaronoad esistere sotto i sovrani di Persia, così anche in questopaese continuarono ad aver vita, almeno in parte, le co-lonie etrusche.Così la città di Mantova, difesa dal lago che la circonda,rimase fino ai tempi degli imperatori una città etrusca, ecosì si deve ritenere che anche Adria sul Po, ove fu rin-venuta una gran copia di vasi etruschi, continuasse adessere sotto la dominazione etrusca; e la descrizione to-pografica del litorale, pervenutaci sotto il nome di Scila-ce, che fu compilata verso l'anno 418 = 336, nomina ilpaese d'Adria e di Spina come paese tosco.E solo in questo modo si spiega, come i corsari etruschipotessero infestare e rendere malsicuro il mare Adriati-

178

Page 179: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

co sino oltre la metà del quinto secolo, e il motivo percui non soltanto Dionigi di Siracusa stabilì sulle coste diquel mare delle colonie, ma Atene stessa sin dal 429 =325, come lo prova un prezioso documento da poco sco-perto, determinò la fondazione di una colonia sul mareAdriatico a difesa dei navigatori contro i corsari tirreni.Ma sia che qui rimanesse più o meno l'elemento etrusco,esso non consisteva che in disgregati frantumi nelle ulti-me reliquie della primitiva potenza, e alla nazione etru-sca nessuna utilità veniva dal fatto, che sulle spondeadriatiche qualche tosco si procacciasse ancora guada-gni o col pacifico commercio o col corseggiare sulmare.Da questi semi-liberi Etruschi però uscirono, come biso-gna credere, i rudimenti di quella civiltà che noi trovia-mo più tardi presso i Celti, e in generale presso i popolidelle Alpi.E qui si deve notare che le schiere dei Celti, stabilite neipiani lombardi, per quanto narra il cosiddetto Scilace,già avevano rinunziato alla vita guerresca, e vi avevanopreso stabile dimora, e noteremo nello stesso tempo chenon solo i Celti lombardi, ma i popoli delle Alpi, sindove oggi è la Stiria, derivarono dagli Etruschi i primor-di dei mestieri e delle arti e così pure l'alfabeto.

10. La vera Etruria in pace e in decadenza.Limitatissimi rimasero quindi i confini degli Etruschi

179

co sino oltre la metà del quinto secolo, e il motivo percui non soltanto Dionigi di Siracusa stabilì sulle coste diquel mare delle colonie, ma Atene stessa sin dal 429 =325, come lo prova un prezioso documento da poco sco-perto, determinò la fondazione di una colonia sul mareAdriatico a difesa dei navigatori contro i corsari tirreni.Ma sia che qui rimanesse più o meno l'elemento etrusco,esso non consisteva che in disgregati frantumi nelle ulti-me reliquie della primitiva potenza, e alla nazione etru-sca nessuna utilità veniva dal fatto, che sulle spondeadriatiche qualche tosco si procacciasse ancora guada-gni o col pacifico commercio o col corseggiare sulmare.Da questi semi-liberi Etruschi però uscirono, come biso-gna credere, i rudimenti di quella civiltà che noi trovia-mo più tardi presso i Celti, e in generale presso i popolidelle Alpi.E qui si deve notare che le schiere dei Celti, stabilite neipiani lombardi, per quanto narra il cosiddetto Scilace,già avevano rinunziato alla vita guerresca, e vi avevanopreso stabile dimora, e noteremo nello stesso tempo chenon solo i Celti lombardi, ma i popoli delle Alpi, sindove oggi è la Stiria, derivarono dagli Etruschi i primor-di dei mestieri e delle arti e così pure l'alfabeto.

10. La vera Etruria in pace e in decadenza.Limitatissimi rimasero quindi i confini degli Etruschi

179

Page 180: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dopo la perdita fatta dei loro possessi nella Campania edi tutto il paese a settentrione dell'Appennino e a mez-zodì della selva cimina; passati erano per sempre i tempidella loro grandezza e vani riuscivano gli sforzi per rial-zarsi.In istrettissima relazione con questa esterna decadenzadella nazione si trova il disfacimento interno di cui sen-za dubbio già da molto tempo esistevano i germi.Gli scrittori greci di quei tempi narrano largamente dellosmisurato sfarzo della vita etrusca; poeti della bassa Ita-lia, del quinto secolo della città, cantano il vino tirreno,e gli storiografi della medesima età, Timeo e Teopompo,fanno quadri dei costumi delle donne e della tavola de-gli Etruschi, che non la cedono per nulla alla più sfrena-ta depravazione bizantina e francese.Per quanto incredibili siano i particolari di questa narra-zione, deve ammettersi però, come meritevole di fede,almeno ciò che vi si accenna rispetto agli abbominevolispettacoli delle lotte dei gladiatori, che furono poscia ilcancro di Roma e dell'ultima epoca antica; spettacoliche ebbero origine presso gli Etruschi.Simili costumi non lasciano alcun dubbio intorno allaprofonda corruzione della nazione. Ed anche le sue con-dizioni politiche ne portano l'impronta. Fin dove giun-gono le scarse nostre memorie noi troviamo nell'Etruria,come nel medesimo tempo in Roma, prevalenti le ten-denze aristocratiche; ma esse vi si mostrano più aspre e

180

dopo la perdita fatta dei loro possessi nella Campania edi tutto il paese a settentrione dell'Appennino e a mez-zodì della selva cimina; passati erano per sempre i tempidella loro grandezza e vani riuscivano gli sforzi per rial-zarsi.In istrettissima relazione con questa esterna decadenzadella nazione si trova il disfacimento interno di cui sen-za dubbio già da molto tempo esistevano i germi.Gli scrittori greci di quei tempi narrano largamente dellosmisurato sfarzo della vita etrusca; poeti della bassa Ita-lia, del quinto secolo della città, cantano il vino tirreno,e gli storiografi della medesima età, Timeo e Teopompo,fanno quadri dei costumi delle donne e della tavola de-gli Etruschi, che non la cedono per nulla alla più sfrena-ta depravazione bizantina e francese.Per quanto incredibili siano i particolari di questa narra-zione, deve ammettersi però, come meritevole di fede,almeno ciò che vi si accenna rispetto agli abbominevolispettacoli delle lotte dei gladiatori, che furono poscia ilcancro di Roma e dell'ultima epoca antica; spettacoliche ebbero origine presso gli Etruschi.Simili costumi non lasciano alcun dubbio intorno allaprofonda corruzione della nazione. Ed anche le sue con-dizioni politiche ne portano l'impronta. Fin dove giun-gono le scarse nostre memorie noi troviamo nell'Etruria,come nel medesimo tempo in Roma, prevalenti le ten-denze aristocratiche; ma esse vi si mostrano più aspre e

180

Page 181: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

più funeste. L'abolizione dei re, che sembra già avvenu-ta in tutte le città etrusche verso l'epoca dell'assedio diVeio, fece sorgere in ciascuna città un regime di patrizi,che si trovava ben poco limitato dal rilassato legamedella confederazione. Assai di rado si riuscì a riuniretutte le città etrusche, anche quando si trattava della di-fesa del paese, e non si potrebbero in alcun modo para-gonare gli effetti dell'egemonia nominale di Volsinii col-la potente energia che la nazione latina acquistò sottol'impulso del governo di Roma.La lotta contro il privilegio, per cui gli originari cittadinioccupavano tutte le cariche dello stato e godevano tutti ibeni pubblici, – lotta che avrebbe finito col mandaresossopra anche lo stato romano se i successi ottenutiall'estero non gli avessero procacciato i mezzi di appa-gare in qualche modo le esigenze degli oppressi proleta-ri a spese di popoli stranieri, e di schiudere altre vie agliambiziosi – questa lotta contro la casta tirannica e, ciòche nell'Etruria è di speciale importanza, contro il mo-nopolio sacerdotale delle famiglie gentilizie, deve averportato all'Etruria l'ultimo crollo politico, economico emorale. Mentre le masse impoverivano, immense fortu-ne, particolarmente in beni stabili, si concentravano nel-le mani di pochi nobili; le rivoluzioni sociali, che ne de-rivavano, accrescevano la miseria, cui esse avrebberovoluto rimediare, e vedendosi il governo centralenell'impotenza di provvedere, non rimase agli angustiatiaristocratici altro partito da prendere se non quello di

181

più funeste. L'abolizione dei re, che sembra già avvenu-ta in tutte le città etrusche verso l'epoca dell'assedio diVeio, fece sorgere in ciascuna città un regime di patrizi,che si trovava ben poco limitato dal rilassato legamedella confederazione. Assai di rado si riuscì a riuniretutte le città etrusche, anche quando si trattava della di-fesa del paese, e non si potrebbero in alcun modo para-gonare gli effetti dell'egemonia nominale di Volsinii col-la potente energia che la nazione latina acquistò sottol'impulso del governo di Roma.La lotta contro il privilegio, per cui gli originari cittadinioccupavano tutte le cariche dello stato e godevano tutti ibeni pubblici, – lotta che avrebbe finito col mandaresossopra anche lo stato romano se i successi ottenutiall'estero non gli avessero procacciato i mezzi di appa-gare in qualche modo le esigenze degli oppressi proleta-ri a spese di popoli stranieri, e di schiudere altre vie agliambiziosi – questa lotta contro la casta tirannica e, ciòche nell'Etruria è di speciale importanza, contro il mo-nopolio sacerdotale delle famiglie gentilizie, deve averportato all'Etruria l'ultimo crollo politico, economico emorale. Mentre le masse impoverivano, immense fortu-ne, particolarmente in beni stabili, si concentravano nel-le mani di pochi nobili; le rivoluzioni sociali, che ne de-rivavano, accrescevano la miseria, cui esse avrebberovoluto rimediare, e vedendosi il governo centralenell'impotenza di provvedere, non rimase agli angustiatiaristocratici altro partito da prendere se non quello di

181

Page 182: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

domandare l'aiuto dei Romani, come si fece in Arezzol'anno 453 = 301 e in Volsinii l'anno 488 = 266.I Romani accorsero e tolsero via il disordine, ma neltempo stesso anche l'indipendenza. I nervi del popoloetrusco vennero spezzati fin dai tristi giorni di Veio e diMelpum; da allora in poi fu fatto talvolta qualche vigo-roso tentativo per rompere il giogo di Roma, ma gliEtruschi, ogni volta che arrischiarono queste riscosse, vifurono spinti da incitamenti esterni, da un'altra schiattaitalica: dai Sanniti.

182

domandare l'aiuto dei Romani, come si fece in Arezzol'anno 453 = 301 e in Volsinii l'anno 488 = 266.I Romani accorsero e tolsero via il disordine, ma neltempo stesso anche l'indipendenza. I nervi del popoloetrusco vennero spezzati fin dai tristi giorni di Veio e diMelpum; da allora in poi fu fatto talvolta qualche vigo-roso tentativo per rompere il giogo di Roma, ma gliEtruschi, ogni volta che arrischiarono queste riscosse, vifurono spinti da incitamenti esterni, da un'altra schiattaitalica: dai Sanniti.

182

Page 183: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

QUINTO CAPITOLOSOTTOMISSIONE DEI LATINI

E DEI CAMPANI ALLA SIGNORIADI ROMA

1. L'egemonia di Roma sul Lazio.La grande opera dell'epoca dei re fu quella di assicurare,sotto forma di primato federale, la signoria di Roma sulLazio.Naturalmente poi il cambiamento degli ordinamenti po-litici di Roma, non poteva compiersi senza influire note-volmente tanto sull'egemonia romana nel Lazio, quantosull'ordinamento interno dei comuni latini: il che ci èconfermato dalle tradizioni. La leggenda della vittoria,che avrebbe riportato contro i Latini sulle rive del lagoRegillo il dittatore o console Aulo Postumio (255?-258?= 499-496) coll'aiuto dei Dioscuri narrato con così bril-lanti colori, e meglio ancora la rinnovazione della legaperpetua tra Roma ed il Lazio per opera di Spurio Cas-sio nel suo secondo consolato (261 = 493), prova il tur-bamento che la rivoluzione di Roma produsse nella con-federazione romano-latina.Ma questi racconti non ci forniscono il menomo schiari-mento sul punto principale, cioè sulle relazioni legalidella nuova repubblica romana colla confederazione la-tina, e tutto quello che ne sappiamo ci è pervenuto senza

183

QUINTO CAPITOLOSOTTOMISSIONE DEI LATINI

E DEI CAMPANI ALLA SIGNORIADI ROMA

1. L'egemonia di Roma sul Lazio.La grande opera dell'epoca dei re fu quella di assicurare,sotto forma di primato federale, la signoria di Roma sulLazio.Naturalmente poi il cambiamento degli ordinamenti po-litici di Roma, non poteva compiersi senza influire note-volmente tanto sull'egemonia romana nel Lazio, quantosull'ordinamento interno dei comuni latini: il che ci èconfermato dalle tradizioni. La leggenda della vittoria,che avrebbe riportato contro i Latini sulle rive del lagoRegillo il dittatore o console Aulo Postumio (255?-258?= 499-496) coll'aiuto dei Dioscuri narrato con così bril-lanti colori, e meglio ancora la rinnovazione della legaperpetua tra Roma ed il Lazio per opera di Spurio Cas-sio nel suo secondo consolato (261 = 493), prova il tur-bamento che la rivoluzione di Roma produsse nella con-federazione romano-latina.Ma questi racconti non ci forniscono il menomo schiari-mento sul punto principale, cioè sulle relazioni legalidella nuova repubblica romana colla confederazione la-tina, e tutto quello che ne sappiamo ci è pervenuto senza

183

Page 184: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

determinazione di tempo e lo possiamo qui accennaresolo con approssimativa verosimiglianza.È nella natura del primato politico di mutarsi a poco apoco in signoria solo per l'intima gravitazione dei fatti, el'egemonia di Roma sul Lazio non fa eccezione.Quest'egemonia fu sulle prime fondata in una perfettaparità di diritto tra lo stato romano da un lato e la confe-derazione latina dall'altro; ma questa parità di diritto nonpoteva sempre, e particolarmente nella condotta dellaguerra e nell'ordinamento de' paesi conquistati, essereapplicata rigorosamente senza distruggere di fatto l'ege-monia.In base all'originaria costituzione federale non solo ve-niva, secondo ogni verosimiglianza, garantito tanto aRoma quanto al Lazio il diritto di dichiarare la guerra edi conchiudere trattati con paesi esteri, che è come dire,la principale indipendenza dello stato, ma nel caso d'unaguerra federale, tanto Roma quanto il Lazio fornivanoun eguale contingente, d'ordinario ciascuno un esercitodi due legioni, ossia di 8400 uomini(18), ma il comandosupremo lo assumeva il generale romano, il quale dipropria scelta eleggeva poi i comandanti superiori in ra-gione di sei condottieri (tribuni militum) per ciascunadelle quattro divisioni dell'esercito. Nel caso di vittoriasi divideva in parti eguali tra Roma e la confederazioneil bottino mobile e il paese conquistato, e, se era neces-18 La originaria parità dei due eserciti è dimostrata da LIVIO, 1,52, 8,14, e da

DIONISIO, 8,15, ma più evidentemente ancora da POLIB., 6,26.

184

determinazione di tempo e lo possiamo qui accennaresolo con approssimativa verosimiglianza.È nella natura del primato politico di mutarsi a poco apoco in signoria solo per l'intima gravitazione dei fatti, el'egemonia di Roma sul Lazio non fa eccezione.Quest'egemonia fu sulle prime fondata in una perfettaparità di diritto tra lo stato romano da un lato e la confe-derazione latina dall'altro; ma questa parità di diritto nonpoteva sempre, e particolarmente nella condotta dellaguerra e nell'ordinamento de' paesi conquistati, essereapplicata rigorosamente senza distruggere di fatto l'ege-monia.In base all'originaria costituzione federale non solo ve-niva, secondo ogni verosimiglianza, garantito tanto aRoma quanto al Lazio il diritto di dichiarare la guerra edi conchiudere trattati con paesi esteri, che è come dire,la principale indipendenza dello stato, ma nel caso d'unaguerra federale, tanto Roma quanto il Lazio fornivanoun eguale contingente, d'ordinario ciascuno un esercitodi due legioni, ossia di 8400 uomini(18), ma il comandosupremo lo assumeva il generale romano, il quale dipropria scelta eleggeva poi i comandanti superiori in ra-gione di sei condottieri (tribuni militum) per ciascunadelle quattro divisioni dell'esercito. Nel caso di vittoriasi divideva in parti eguali tra Roma e la confederazioneil bottino mobile e il paese conquistato, e, se era neces-18 La originaria parità dei due eserciti è dimostrata da LIVIO, 1,52, 8,14, e da

DIONISIO, 8,15, ma più evidentemente ancora da POLIB., 6,26.

184

Page 185: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sario costruirvi fortezze o stabilirvi colonie, non solo lepopolazioni di ciascuna colonia ed i presidii di ciascunafortezza venivano composti promiscuamente di coloniromani e di coloni federali, ma il comune di nuova fon-dazione veniva accolto come stato federale sovrano nel-la lega latina e gli si accordava di sedere e di prender laparola nella dieta latina.

2. Limitazione dell'uguaglianza.Queste disposizioni che, applicate a rigore, avrebberoannullato la sostanza dell'egemonia, non possono averavuto in pratica che poca importanza, fors'anche sin daiprimi tempi dei re; nell'epoca della repubblica poi, essedevono aver subìto un cambiamento anche nella forma,sempre più sfavorevole per la confederazione in modoche l'egemonia di Roma si afferma maggiormente.La federazione, non può dubitarsene, perdette primad'ogni altro il diritto di far la guerra e di conchiuderetrattati con stati esteri(19). Questi diritti sovrani rimaseroper sempre a Roma. Gli ufficiali superiori dell'esercitofederale furono da quel tempo in poi scelti dal supremocapitano romano e scelti, se non esclusivamente, di pre-ferenza tra i cittadini romani(20). Per contro non si poteva

19 DIONISIO, 8,15, dice chiaramente che nei trattati federali, conchiusi più tar-di tra Roma ed il Lazio, fu assolutamente proibito ai comuni latini di mo-bilitare le loro truppe e di mandarle sole al campo.

20 Questi ufficiali superiori latini sono i dodici praefecti sociorum, che a seia sei soprintendono ad ambedue le alae dei contingenti federali nel modoche i dodici tribuni da guerra sopraintendono a sei a sei due legioni

185

sario costruirvi fortezze o stabilirvi colonie, non solo lepopolazioni di ciascuna colonia ed i presidii di ciascunafortezza venivano composti promiscuamente di coloniromani e di coloni federali, ma il comune di nuova fon-dazione veniva accolto come stato federale sovrano nel-la lega latina e gli si accordava di sedere e di prender laparola nella dieta latina.

2. Limitazione dell'uguaglianza.Queste disposizioni che, applicate a rigore, avrebberoannullato la sostanza dell'egemonia, non possono averavuto in pratica che poca importanza, fors'anche sin daiprimi tempi dei re; nell'epoca della repubblica poi, essedevono aver subìto un cambiamento anche nella forma,sempre più sfavorevole per la confederazione in modoche l'egemonia di Roma si afferma maggiormente.La federazione, non può dubitarsene, perdette primad'ogni altro il diritto di far la guerra e di conchiuderetrattati con stati esteri(19). Questi diritti sovrani rimaseroper sempre a Roma. Gli ufficiali superiori dell'esercitofederale furono da quel tempo in poi scelti dal supremocapitano romano e scelti, se non esclusivamente, di pre-ferenza tra i cittadini romani(20). Per contro non si poteva

19 DIONISIO, 8,15, dice chiaramente che nei trattati federali, conchiusi più tar-di tra Roma ed il Lazio, fu assolutamente proibito ai comuni latini di mo-bilitare le loro truppe e di mandarle sole al campo.

20 Questi ufficiali superiori latini sono i dodici praefecti sociorum, che a seia sei soprintendono ad ambedue le alae dei contingenti federali nel modoche i dodici tribuni da guerra sopraintendono a sei a sei due legioni

185

Page 186: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pretendere, nè prima nè poi, da tutta insieme la confede-razione latina, un più numeroso contingente di quellofornito da Roma, e così il supremo capitano romano eratenuto ad evitare che si sparpagliassero i contingenti la-tini, e che il contingente di ogni stato della federazioneformasse unito una particolare divisione dell'esercito co-mandata dal duce nominato dal rispettivo comune(21).Il diritto della confederazione latina, di dividere in partieguali il bottino mobile e le terre conquistate, fu conser-vato nelle sue forme; nondimeno i principali vantaggidelle guerre pervenivano, senza dubbio, fin dai primitempi allo stato dirigente. E persino nella fondazionedelle piazze forti federali, o delle cosiddette colonie lati-ne, si prendevano d'ordinario in buon numero coloni ro-mani e spesso soltanto romani: i quali, quand'anche perla loro nuova posizione, perdendo la primitiva cittadi-nanza, diventassero membri d'un comune federale, con-servavano però nel paese di nuova creazione una viva e

dell'esercito romano. Che il console nominasse i prefetti dei soci, come finda principio nominava i tribuni, lo dice POLIB., 6, 26, 5. Essendo, secondol'antica massima che qualsiasi ascritto alla milizia possa divenire uffiziale,concesso legalmente al supremo capitano dell'esercito sia di destinare unlatino al comando d'una legione romana come un romano al comando diuna legione latina, avvenne nel fatto, che i tribuni militum fossero tutti ro-mani senza eccezione, e i praefecti sociorum fossero anch'essi, almenonella maggior parte dei casi, romani.

21 Questi sono i praefecti turmarum o praefecti cohortium (POLIB., 6,21,5;LIV., 25,14; SALLUST., Iug.. 69 e in a. 1). Come i consoli romani eranod'ordinario anche supremi capitani, così nelle città vassalle i capi del co-mune erano, come è naturale, posti spesso alla testa dei contingenti comu-nali (LIV., 23,19, ORELLI inscr. 7022). Anche il nome ordinario delle autori-tà latine (praetores) li qualifica ufficiali.

186

pretendere, nè prima nè poi, da tutta insieme la confede-razione latina, un più numeroso contingente di quellofornito da Roma, e così il supremo capitano romano eratenuto ad evitare che si sparpagliassero i contingenti la-tini, e che il contingente di ogni stato della federazioneformasse unito una particolare divisione dell'esercito co-mandata dal duce nominato dal rispettivo comune(21).Il diritto della confederazione latina, di dividere in partieguali il bottino mobile e le terre conquistate, fu conser-vato nelle sue forme; nondimeno i principali vantaggidelle guerre pervenivano, senza dubbio, fin dai primitempi allo stato dirigente. E persino nella fondazionedelle piazze forti federali, o delle cosiddette colonie lati-ne, si prendevano d'ordinario in buon numero coloni ro-mani e spesso soltanto romani: i quali, quand'anche perla loro nuova posizione, perdendo la primitiva cittadi-nanza, diventassero membri d'un comune federale, con-servavano però nel paese di nuova creazione una viva e

dell'esercito romano. Che il console nominasse i prefetti dei soci, come finda principio nominava i tribuni, lo dice POLIB., 6, 26, 5. Essendo, secondol'antica massima che qualsiasi ascritto alla milizia possa divenire uffiziale,concesso legalmente al supremo capitano dell'esercito sia di destinare unlatino al comando d'una legione romana come un romano al comando diuna legione latina, avvenne nel fatto, che i tribuni militum fossero tutti ro-mani senza eccezione, e i praefecti sociorum fossero anch'essi, almenonella maggior parte dei casi, romani.

21 Questi sono i praefecti turmarum o praefecti cohortium (POLIB., 6,21,5;LIV., 25,14; SALLUST., Iug.. 69 e in a. 1). Come i consoli romani eranod'ordinario anche supremi capitani, così nelle città vassalle i capi del co-mune erano, come è naturale, posti spesso alla testa dei contingenti comu-nali (LIV., 23,19, ORELLI inscr. 7022). Anche il nome ordinario delle autori-tà latine (praetores) li qualifica ufficiali.

186

Page 187: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

reverente predilezione per la città madre, fatto che, evi-dentemente, minacciava sempre più l'eguaglianza fede-rativa.Invece i diritti che i patti federali garantivano in ognicittà della confederazione ad ogni cittadino di uno deicomuni federali, non furono limitati. Essi consistevanoprincipalmente nella perfetta eguaglianza per l'acquistodi beni mobili e stabili, nel commercio, nei matrimoni,nei testamenti, nella libera scelta del domicilio, così checolui che godeva della cittadinanza in una delle città fe-derali, era non solo legalmente autorizzato a stabilirsi inqualsiasi altra città della confederazione, ma vi godeva,come cittadino (municeps), ad eccezione della eleggibi-lità, tutti i diritti privati e politici, e adempiva agli obbli-ghi, e dava persino il suo voto, sebbene limitato,nell'adunanza comunale convocata per distretti(22).Queste saranno state nel primo tempo della repubblicale relazioni del comune romano colla confederazione la-tina, senza che si possa ora distinguere ciò che risale aleggi più antiche, e ciò che si riferisce alla revisione delpatto federale del 261 = 493.

22 Questa specie di domiciliati non era inscritta una volta per sempre comegli effettivi cittadini in un dato distretto elettorale, ma prima d'ogni vota-zione decideva la sorte in quale distretto territoriale i domiciliati dovesserovotare per quella volta. Per quanto ne risulta sostanzialmente, fu accordatoai Latini un voto nelle assemblee delle tribù romane. I domiciliati non pos-sono aver votato nelle centurie, perchè la prima condizione del diritto divotazione nelle centurie era quella di avere un posto fisso in qualche tribù.Essi vi avranno quindi preso parte nelle curie, giacchè nelle medesime po-tevano votare anche i plebei.

187

reverente predilezione per la città madre, fatto che, evi-dentemente, minacciava sempre più l'eguaglianza fede-rativa.Invece i diritti che i patti federali garantivano in ognicittà della confederazione ad ogni cittadino di uno deicomuni federali, non furono limitati. Essi consistevanoprincipalmente nella perfetta eguaglianza per l'acquistodi beni mobili e stabili, nel commercio, nei matrimoni,nei testamenti, nella libera scelta del domicilio, così checolui che godeva della cittadinanza in una delle città fe-derali, era non solo legalmente autorizzato a stabilirsi inqualsiasi altra città della confederazione, ma vi godeva,come cittadino (municeps), ad eccezione della eleggibi-lità, tutti i diritti privati e politici, e adempiva agli obbli-ghi, e dava persino il suo voto, sebbene limitato,nell'adunanza comunale convocata per distretti(22).Queste saranno state nel primo tempo della repubblicale relazioni del comune romano colla confederazione la-tina, senza che si possa ora distinguere ciò che risale aleggi più antiche, e ciò che si riferisce alla revisione delpatto federale del 261 = 493.

22 Questa specie di domiciliati non era inscritta una volta per sempre comegli effettivi cittadini in un dato distretto elettorale, ma prima d'ogni vota-zione decideva la sorte in quale distretto territoriale i domiciliati dovesserovotare per quella volta. Per quanto ne risulta sostanzialmente, fu accordatoai Latini un voto nelle assemblee delle tribù romane. I domiciliati non pos-sono aver votato nelle centurie, perchè la prima condizione del diritto divotazione nelle centurie era quella di avere un posto fisso in qualche tribù.Essi vi avranno quindi preso parte nelle curie, giacchè nelle medesime po-tevano votare anche i plebei.

187

Page 188: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

3. Riordinamento dei comuni latini.Con qualche maggiore sicurezza possiamo indicarecome un'altra novità introdotta nel diritto federale la ri-forma dell'ordinamento dei singoli comuni della confe-derazione latina sul modello della costituzione consolareromana e metterla in corrispondenza con questa: perchè,sebbene i diversi comuni abbiano potuto benissimo, in-dipendentemente gli uni dagli altri, abolire la dignità re-gia, la conforme applicazione del tanto caratteristicoprincipio collegiale(23) e l'eguale denominazione dei nuo-

23 È noto che i comuni latini erano ordinariamente retti da due pretori. Inmolti di questi comuni troviamo però anche magistrati unici i quali assu-mevano il titolo di dittatori, – così in Alba (ORELLI-HENZEN, inscr. 2293), inLanuvio (CIC., pro Mil., 10,27; 17,45, ASCONIO, in Mil., p. 32, ORELLI, n.3786, 6086) in Compitum (ORELLI, 3324), in Nomento (ORELLI, 208, 6138,7032; confr. HENZEN, Bullett., 1858, p. 169), e in Aricia (ORELLI, n. 1455); aquesto si aggiunge il simile dittatore nella civitas sine suffragio, Cere,(ORELLI, 112). Tutte queste cariche o sacerdozi derivati da uffici, hanno ladurata d'un anno (ORELLI, 208) – e LIVIO 9,43 definisce i pretori e i dittatoridelle repubbliche del tutto spente, come ad esempio il dittatore d'Alba,come segue: Anagninis magistratibus praeter quam sacrorum curationeinterdictum. – Anche la narrazione di Macro e degli annalisti che da lui at-tinsero, che Alba sin dal tempo della sua caduta non fosse più retta da re,ma da dittatori annuali (DIONISIO, 5,74; PLUTARCO, Romul., 27; LIV., 1,23), èprobabilmente una induzione, concepita dietro l'instituzione da lui cono-sciuta dell'annuale dittatura sacerdotale d'Alba, simile senza dubbio a quel-la di Nomentum, nella quale instituzione avrà d'altronde avuto ingerenza laposizione democratica del suo promotore. È tuttavia incerto, se la conclu-sione sia valida e l'abolizione dell'autorità regia in Roma non potesse averposteriormente cagionato il cambiamento della dittatura d'Alba in una cari-ca annuale, ancorchè Alba, al tempo della sua caduta, fosse retta da domi-natori perpetui. Tutte queste magistrature latine concordano essenzialmen-te tanto nella sostanza quanto nei nomi coll'ordinamento stabilito in Romadalla rivoluzione in modo che non è abbastanza chiarito dalla sola egua-glianza delle fondamentali condizioni politiche.

188

3. Riordinamento dei comuni latini.Con qualche maggiore sicurezza possiamo indicarecome un'altra novità introdotta nel diritto federale la ri-forma dell'ordinamento dei singoli comuni della confe-derazione latina sul modello della costituzione consolareromana e metterla in corrispondenza con questa: perchè,sebbene i diversi comuni abbiano potuto benissimo, in-dipendentemente gli uni dagli altri, abolire la dignità re-gia, la conforme applicazione del tanto caratteristicoprincipio collegiale(23) e l'eguale denominazione dei nuo-

23 È noto che i comuni latini erano ordinariamente retti da due pretori. Inmolti di questi comuni troviamo però anche magistrati unici i quali assu-mevano il titolo di dittatori, – così in Alba (ORELLI-HENZEN, inscr. 2293), inLanuvio (CIC., pro Mil., 10,27; 17,45, ASCONIO, in Mil., p. 32, ORELLI, n.3786, 6086) in Compitum (ORELLI, 3324), in Nomento (ORELLI, 208, 6138,7032; confr. HENZEN, Bullett., 1858, p. 169), e in Aricia (ORELLI, n. 1455); aquesto si aggiunge il simile dittatore nella civitas sine suffragio, Cere,(ORELLI, 112). Tutte queste cariche o sacerdozi derivati da uffici, hanno ladurata d'un anno (ORELLI, 208) – e LIVIO 9,43 definisce i pretori e i dittatoridelle repubbliche del tutto spente, come ad esempio il dittatore d'Alba,come segue: Anagninis magistratibus praeter quam sacrorum curationeinterdictum. – Anche la narrazione di Macro e degli annalisti che da lui at-tinsero, che Alba sin dal tempo della sua caduta non fosse più retta da re,ma da dittatori annuali (DIONISIO, 5,74; PLUTARCO, Romul., 27; LIV., 1,23), èprobabilmente una induzione, concepita dietro l'instituzione da lui cono-sciuta dell'annuale dittatura sacerdotale d'Alba, simile senza dubbio a quel-la di Nomentum, nella quale instituzione avrà d'altronde avuto ingerenza laposizione democratica del suo promotore. È tuttavia incerto, se la conclu-sione sia valida e l'abolizione dell'autorità regia in Roma non potesse averposteriormente cagionato il cambiamento della dittatura d'Alba in una cari-ca annuale, ancorchè Alba, al tempo della sua caduta, fosse retta da domi-natori perpetui. Tutte queste magistrature latine concordano essenzialmen-te tanto nella sostanza quanto nei nomi coll'ordinamento stabilito in Romadalla rivoluzione in modo che non è abbastanza chiarito dalla sola egua-glianza delle fondamentali condizioni politiche.

188

Page 189: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

vi re annuali nella nuova costituzione romana e nelle al-tre costituzioni del Lazio rivelano, evidentemente,un'esterna connessione, e si deve ritenere che, dopo lacacciata dei Tarquini da Roma, gli ordinamenti comuna-li qualche volta siano stati riveduti secondo lo schemadella costituzione consolare.Questa uniformità delle costituzioni latine con quelledella città primeggiante può esser certo avvenuta inun'epoca più recente; ma l'intima verosimiglianza vor-rebbe piuttosto che la nobiltà romana, una volta ottenutain casa propria la stessa riforma della costituzione ancheai comuni della confederazione latina, e che, malgradol'ostinata resistenza, che minacciò persino la continuitàdella lega romano-latina – resistenza formata in partedai Tarquini discacciati, in parte dalle famiglie regie edai partiti degli altri comuni del Lazio – abbia finalmen-te introdotto in tutto il Lazio il dominio dei nobili.Il minaccioso sviluppo della potenza etrusca, avvenutoappunto intorno a questi tempi, le continue incursionidei Veienti, la guerra di Porsena, devono avere grande-mente contribuito a persuadere la nazione latina di man-tenere l'antica forma dell'unione con Roma, di continua-re a riconoscerne la supremazia, e, per evitare più gravipericoli, di chinare il capo anche alla riforma della costi-tuzione comunale, riforma del resto già da lunga manopreparata, e forse anche di rassegnarsi a vedere mag-giormente estesi i diritti dell'egemonia romana.

189

vi re annuali nella nuova costituzione romana e nelle al-tre costituzioni del Lazio rivelano, evidentemente,un'esterna connessione, e si deve ritenere che, dopo lacacciata dei Tarquini da Roma, gli ordinamenti comuna-li qualche volta siano stati riveduti secondo lo schemadella costituzione consolare.Questa uniformità delle costituzioni latine con quelledella città primeggiante può esser certo avvenuta inun'epoca più recente; ma l'intima verosimiglianza vor-rebbe piuttosto che la nobiltà romana, una volta ottenutain casa propria la stessa riforma della costituzione ancheai comuni della confederazione latina, e che, malgradol'ostinata resistenza, che minacciò persino la continuitàdella lega romano-latina – resistenza formata in partedai Tarquini discacciati, in parte dalle famiglie regie edai partiti degli altri comuni del Lazio – abbia finalmen-te introdotto in tutto il Lazio il dominio dei nobili.Il minaccioso sviluppo della potenza etrusca, avvenutoappunto intorno a questi tempi, le continue incursionidei Veienti, la guerra di Porsena, devono avere grande-mente contribuito a persuadere la nazione latina di man-tenere l'antica forma dell'unione con Roma, di continua-re a riconoscerne la supremazia, e, per evitare più gravipericoli, di chinare il capo anche alla riforma della costi-tuzione comunale, riforma del resto già da lunga manopreparata, e forse anche di rassegnarsi a vedere mag-giormente estesi i diritti dell'egemonia romana.

189

Page 190: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

4. Espansione di Roma.Consolidata così e cresciuta in vigoria, la nazione latinasi sentì in grado non solo di mantenere da ogni parte isuoi confini, ma anche di allargarli.Abbiamo già notato che gli Etruschi tennero solo perbreve tempo la supremazia sul Lazio e che le condizionidi questo paese non tardarono a ridursi allo stato in cuiesso si trovava al tempo dei re, e da questo lato non simutarono nè si estesero i confini se non più d'un secolodopo la cacciata dei re. Il Lazio, nei primi tempi repub-blicani, così come ai tempi dei re, si volse più volentieri,o meglio quasi esclusivamente, alla conquista dei popolifinitimi, di oriente e mezzogiorno, cioè dei Sabini cheoccupavano le terre fra il Tevere e l'Aniene, degli Equisull'Aniene superiore, e dei Volsci sulla costa del mareTirreno.Quanto rapidamente il paese dei Sabini venisse ridottoalla dipendenza di Roma lo dimostra la posizione in cuilo troviamo nei tempi successivi.Durante le guerre sannitiche eserciti romani traversava-no la Sabina come un paese compiutamente e da lungotempo pacificato; e quanto alla lingua la Sabina sostituìmolto presto, e certo molto prima che non i paesi deiVolsci, il proprio dialetto col dialetto romano.Pare che l'occupazione della Sabina per parte dei Roma-ni non incontrasse che lieve difficoltà; e dagli stessi an-nali risulta la debolissima parte che i Sabini presero alla

190

4. Espansione di Roma.Consolidata così e cresciuta in vigoria, la nazione latinasi sentì in grado non solo di mantenere da ogni parte isuoi confini, ma anche di allargarli.Abbiamo già notato che gli Etruschi tennero solo perbreve tempo la supremazia sul Lazio e che le condizionidi questo paese non tardarono a ridursi allo stato in cuiesso si trovava al tempo dei re, e da questo lato non simutarono nè si estesero i confini se non più d'un secolodopo la cacciata dei re. Il Lazio, nei primi tempi repub-blicani, così come ai tempi dei re, si volse più volentieri,o meglio quasi esclusivamente, alla conquista dei popolifinitimi, di oriente e mezzogiorno, cioè dei Sabini cheoccupavano le terre fra il Tevere e l'Aniene, degli Equisull'Aniene superiore, e dei Volsci sulla costa del mareTirreno.Quanto rapidamente il paese dei Sabini venisse ridottoalla dipendenza di Roma lo dimostra la posizione in cuilo troviamo nei tempi successivi.Durante le guerre sannitiche eserciti romani traversava-no la Sabina come un paese compiutamente e da lungotempo pacificato; e quanto alla lingua la Sabina sostituìmolto presto, e certo molto prima che non i paesi deiVolsci, il proprio dialetto col dialetto romano.Pare che l'occupazione della Sabina per parte dei Roma-ni non incontrasse che lieve difficoltà; e dagli stessi an-nali risulta la debolissima parte che i Sabini presero alla

190

Page 191: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

disperata resistenza degli Equi e dei Volsci, e, ciò che èpiù importante, nella Sabina non s'incontrarono piazzeforti, come invece ne troviamo in gran numero partico-larmente nel piano dei Volsci.Questa facilità di occupare la Sabina si potrebbe forseattribuire alla singolare coincidenza che, intorno a questitempi, le schiere sabine si erano sparse nella bassa Ita-lia, dove, furono talmente attirate dalla fertilità ed ame-nità del paese posto tra le rive del Tiferno e del Voltur-no, che appena, a quanto pare, si curarono di contenderela loro patria ai Romani.Assai più vigorosa e tenace fu la resistenza opposta da-gli Equi e dai Volsci. Noi non ci attarderemo a narrare inqueste pagine le guerre che ogni anno si rinnovavano traquesti due popoli, raccontate nella cronaca romana inmodo da non distinguere la più insignificante scorreriadalla guerra devastatrice, ed il cui nesso storico è com-pletamente trascurato; ci limiteremo ad accennare i du-revoli successi. È agevole rilevare dallo studio dei fatti,quanto ai Romani ed ai Latini stesse a cuore di separareprima di ogni altra cosa gli Equi dai Volsci e di assicu-rarsi le vie di comunicazione. In questa contrada i Latinifecero i primi passi fuori del loro confine e fondarono lepiù antiche piazze forti federali, le così dette colonie la-tine, Velitrae, nella pianura sotto i monti albani, proba-bilmente nel 260 = 294, Suessa nella pianura pontinia,Norba sui monti (si suppone nel 262 = 492) e Signia rin-forzata nel 259 = 495, tutte situate nei punti di comuni-

191

disperata resistenza degli Equi e dei Volsci, e, ciò che èpiù importante, nella Sabina non s'incontrarono piazzeforti, come invece ne troviamo in gran numero partico-larmente nel piano dei Volsci.Questa facilità di occupare la Sabina si potrebbe forseattribuire alla singolare coincidenza che, intorno a questitempi, le schiere sabine si erano sparse nella bassa Ita-lia, dove, furono talmente attirate dalla fertilità ed ame-nità del paese posto tra le rive del Tiferno e del Voltur-no, che appena, a quanto pare, si curarono di contenderela loro patria ai Romani.Assai più vigorosa e tenace fu la resistenza opposta da-gli Equi e dai Volsci. Noi non ci attarderemo a narrare inqueste pagine le guerre che ogni anno si rinnovavano traquesti due popoli, raccontate nella cronaca romana inmodo da non distinguere la più insignificante scorreriadalla guerra devastatrice, ed il cui nesso storico è com-pletamente trascurato; ci limiteremo ad accennare i du-revoli successi. È agevole rilevare dallo studio dei fatti,quanto ai Romani ed ai Latini stesse a cuore di separareprima di ogni altra cosa gli Equi dai Volsci e di assicu-rarsi le vie di comunicazione. In questa contrada i Latinifecero i primi passi fuori del loro confine e fondarono lepiù antiche piazze forti federali, le così dette colonie la-tine, Velitrae, nella pianura sotto i monti albani, proba-bilmente nel 260 = 294, Suessa nella pianura pontinia,Norba sui monti (si suppone nel 262 = 492) e Signia rin-forzata nel 259 = 495, tutte situate nei punti di comuni-

191

Page 192: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cazione tra i paesi degli Equi e dei Volsci(24).E ancora più compiutamente fu raggiunto lo scopocoll'accesso degli Ernici nella lega dei Latini e dei Ro-mani (268 = 486), per la quale i Volsci rimasero intera-mente isolati e la lega si procurò così un baluardo controle genti sabelliche che occuparono le terre verso mezzo-giorno e verso oriente: non è difficile comprendere lacausa per cui, a questo piccolo popolo, si accordassepiena parità cogli altri due, sia nel consiglio, sia nellaspartizione del bottino. Da quel tempo i deboli Equi nonoffrivano alcun pericolo, e bastava, di tanto in tanto, difar contro di loro una scorreria e a metterne a sacco ilterritorio.Con maggiore energia resistettero i Volsci, il cui paesefu conquistato lentamente col mezzo di castelli, attornoai quali, a mano a mano che si andava guadagnando ter-reno, sorsero città. A Velletri tennero dietro Suessa Po-mezia, Ardea (312 = 442) e, cosa di non poca meravi-glia, l'estrema Circei (fondata o per lo meno fortificatanel 311 = 443), di modo che, fino a tanto che duraronoin libertà Anzio e Terracina, le comunicazioni con la piùmeridionale fortezza latina non avranno potuto esseremantenute che per mare.Si erano fatti parecchi tentativi per occupare Anzio e visi riuscì nel 287 = 467; ma nell'anno 295 = 459 la città

24 Secondo ogni apparenza, Velitrae, benchè situata nella pianura, è di origi-ne volsca, e quindi colonia latina; Cora, invece, sulle montagne dei Volsci,è di origine latina.

192

cazione tra i paesi degli Equi e dei Volsci(24).E ancora più compiutamente fu raggiunto lo scopocoll'accesso degli Ernici nella lega dei Latini e dei Ro-mani (268 = 486), per la quale i Volsci rimasero intera-mente isolati e la lega si procurò così un baluardo controle genti sabelliche che occuparono le terre verso mezzo-giorno e verso oriente: non è difficile comprendere lacausa per cui, a questo piccolo popolo, si accordassepiena parità cogli altri due, sia nel consiglio, sia nellaspartizione del bottino. Da quel tempo i deboli Equi nonoffrivano alcun pericolo, e bastava, di tanto in tanto, difar contro di loro una scorreria e a metterne a sacco ilterritorio.Con maggiore energia resistettero i Volsci, il cui paesefu conquistato lentamente col mezzo di castelli, attornoai quali, a mano a mano che si andava guadagnando ter-reno, sorsero città. A Velletri tennero dietro Suessa Po-mezia, Ardea (312 = 442) e, cosa di non poca meravi-glia, l'estrema Circei (fondata o per lo meno fortificatanel 311 = 443), di modo che, fino a tanto che duraronoin libertà Anzio e Terracina, le comunicazioni con la piùmeridionale fortezza latina non avranno potuto esseremantenute che per mare.Si erano fatti parecchi tentativi per occupare Anzio e visi riuscì nel 287 = 467; ma nell'anno 295 = 459 la città

24 Secondo ogni apparenza, Velitrae, benchè situata nella pianura, è di origi-ne volsca, e quindi colonia latina; Cora, invece, sulle montagne dei Volsci,è di origine latina.

192

Page 193: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ricuperò di nuovo la sua libertà, e non fu che dopol'incendio dei Galli e dopo una guerra accanita di tredicianni (dal 365 = 389 al 377 = 377) che i Romani riusciro-no a conquistarla unitamente al territorio pontino, ilquale colla fondazione delle piazze forti di Satricum,poco distante da Anzio (369 = 385) e di Setia (371 =383) fortificata nel 375 = 379 fu assicurato e, nell'anno371 e seguenti, diviso in lotti agrari e distretti cittadini.Da quel tempo in poi i Volsci si sono ribellati ancoraqualche volta, ma non hanno mai più potuto sostenereuna guerra contro Roma.

5. Crisi interna della lega romano-latina.Ma quanto più erano decisivi i successi che si riportava-no dalla lega dei Romani, dei Latini e degli Ernici con-tro gli Etruschi, i Sabini, gli Equi ed i Volsci, tanto piùriusciva difficile conservare la concordia tra i federati.Le cagioni dei dissensi si debbono ricercare parte nellagià notata preponderanza di Roma, che veniva crescen-do per forza di interna necessità, ma che per questo noncessava di riuscire gravosa al Lazio; parte in alcuneodiose intemperanze a cui si lasciava andare la città ege-monica. E nel numero di queste porremo specialmentela vituperevole sentenza arbitrale fra gli Aricini ed i Ru-tuli di Ardea (308 = 446), in cui i Romani, chiamati adecidere come arbitri per un territorio contestato postosul confine tra i due comuni, se ne impossessarono.

193

ricuperò di nuovo la sua libertà, e non fu che dopol'incendio dei Galli e dopo una guerra accanita di tredicianni (dal 365 = 389 al 377 = 377) che i Romani riusciro-no a conquistarla unitamente al territorio pontino, ilquale colla fondazione delle piazze forti di Satricum,poco distante da Anzio (369 = 385) e di Setia (371 =383) fortificata nel 375 = 379 fu assicurato e, nell'anno371 e seguenti, diviso in lotti agrari e distretti cittadini.Da quel tempo in poi i Volsci si sono ribellati ancoraqualche volta, ma non hanno mai più potuto sostenereuna guerra contro Roma.

5. Crisi interna della lega romano-latina.Ma quanto più erano decisivi i successi che si riportava-no dalla lega dei Romani, dei Latini e degli Ernici con-tro gli Etruschi, i Sabini, gli Equi ed i Volsci, tanto piùriusciva difficile conservare la concordia tra i federati.Le cagioni dei dissensi si debbono ricercare parte nellagià notata preponderanza di Roma, che veniva crescen-do per forza di interna necessità, ma che per questo noncessava di riuscire gravosa al Lazio; parte in alcuneodiose intemperanze a cui si lasciava andare la città ege-monica. E nel numero di queste porremo specialmentela vituperevole sentenza arbitrale fra gli Aricini ed i Ru-tuli di Ardea (308 = 446), in cui i Romani, chiamati adecidere come arbitri per un territorio contestato postosul confine tra i due comuni, se ne impossessarono.

193

Page 194: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Peggio quando in Ardea, a cagione appunto di questasentenza, scoppiarono contese intestine, e il popolo vo-leva darsi ai Volsci a dispetto dei nobili che tenevanoper Roma; i Romani, approfittando di simili discordie,mandarono coloni romani nella città, fra i quali venneroripartiti i terreni degli avversari di Roma (312 = 442).Ma la causa principale, per cui la lega si andava allen-tando e tendeva a sciogliersi, era la rassegnata sottomis-sione dei comuni nemici; vinti questi e venuto meno ilbisogno di reciproco soccorso, i Romani procedetteromeno riguardosi nell'egemonia e i Latini più tenaci nelmantenere i loro diritti. Ma la cagione ultima, che pro-dusse un'aperta rottura tra i Latini e gli Ernici da un latoed i Romani dall'altro, fu l'indebolimento di Roma dopol'incendio dei Galli, e l'occupazione definitiva, e la ri-partizione del territorio pontino da parte dei Romani; enon corsero molti anni da questi avvenimenti che gli an-tichi federati si trovarono di fronte sul campo di batta-glia. Già antecedentemente un gran numero di volontarilatini avevano preso parte all'ultima disperata lotta degliAnziati; ora fu necessario ricorrere alla forza delle armiper sottomettere le più ragguardevoli città latine: Lanu-vium (371 = 383), Preneste (372-374-400 = 382-380-354), Tusculum (373 = 381) Tibur (394-400 = 360-354)e persino alcune fortezze costruite dalla lega romano-latina nel paese dei Volsci, come Velletri e Circei; anzi iTiburtini non si peritarono neppure di fare, in odio aRoma, causa comune con i Galli quand'essi fecero

194

Peggio quando in Ardea, a cagione appunto di questasentenza, scoppiarono contese intestine, e il popolo vo-leva darsi ai Volsci a dispetto dei nobili che tenevanoper Roma; i Romani, approfittando di simili discordie,mandarono coloni romani nella città, fra i quali venneroripartiti i terreni degli avversari di Roma (312 = 442).Ma la causa principale, per cui la lega si andava allen-tando e tendeva a sciogliersi, era la rassegnata sottomis-sione dei comuni nemici; vinti questi e venuto meno ilbisogno di reciproco soccorso, i Romani procedetteromeno riguardosi nell'egemonia e i Latini più tenaci nelmantenere i loro diritti. Ma la cagione ultima, che pro-dusse un'aperta rottura tra i Latini e gli Ernici da un latoed i Romani dall'altro, fu l'indebolimento di Roma dopol'incendio dei Galli, e l'occupazione definitiva, e la ri-partizione del territorio pontino da parte dei Romani; enon corsero molti anni da questi avvenimenti che gli an-tichi federati si trovarono di fronte sul campo di batta-glia. Già antecedentemente un gran numero di volontarilatini avevano preso parte all'ultima disperata lotta degliAnziati; ora fu necessario ricorrere alla forza delle armiper sottomettere le più ragguardevoli città latine: Lanu-vium (371 = 383), Preneste (372-374-400 = 382-380-354), Tusculum (373 = 381) Tibur (394-400 = 360-354)e persino alcune fortezze costruite dalla lega romano-latina nel paese dei Volsci, come Velletri e Circei; anzi iTiburtini non si peritarono neppure di fare, in odio aRoma, causa comune con i Galli quand'essi fecero

194

Page 195: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

un'altra irruzione nel paese.Non ne derivò, comunque, una generale insurrezione, eRoma riuscì a signoreggiare senza troppa difficoltà lecittà che avevano iniziato la lotta; Tusculum fu persinocostretta a rinunciare alla sua indipendenza politica edaggregata al consorzio cittadino di Roma (373 = 381)(civitas sine suffragio) – e questo fu il primo caso cheun'intera cittadinanza s'incorporasse nella repubblica ro-mana – mentre però le vennero lasciate le sue mura e lefu conservata, di fatto, una certa indipendenza comuna-le.Più aspra fu la lotta contro gli Ernici (dal 392 al 396 =362 al 358), in cui perì Lucio Genucio, primo supremoduce consolare della classe plebea; ma in questa lottavinsero ancora i Romani.La crisi ebbe fine l'anno 396 = 358 colla rinnovazionedei trattati tra Roma, la lega latina e l'ernica. Non se neconosce il tenore, ma non può dubitarsi che le due con-federazioni non si siano assoggettate un'altra voltaall'egemonia romana sottoponendosi, secondo ogni ap-parenza, a condizioni più gravi di prima. L'istituzione didue nuove tribù di cittadini nel territorio pontino, avve-nuta nello stesso anno prova chiaramente il rapido incre-mento della potenza romana.

6. Serrata della lega latina.Evidentemente connessa con la crisi delle relazioni tra

195

un'altra irruzione nel paese.Non ne derivò, comunque, una generale insurrezione, eRoma riuscì a signoreggiare senza troppa difficoltà lecittà che avevano iniziato la lotta; Tusculum fu persinocostretta a rinunciare alla sua indipendenza politica edaggregata al consorzio cittadino di Roma (373 = 381)(civitas sine suffragio) – e questo fu il primo caso cheun'intera cittadinanza s'incorporasse nella repubblica ro-mana – mentre però le vennero lasciate le sue mura e lefu conservata, di fatto, una certa indipendenza comuna-le.Più aspra fu la lotta contro gli Ernici (dal 392 al 396 =362 al 358), in cui perì Lucio Genucio, primo supremoduce consolare della classe plebea; ma in questa lottavinsero ancora i Romani.La crisi ebbe fine l'anno 396 = 358 colla rinnovazionedei trattati tra Roma, la lega latina e l'ernica. Non se neconosce il tenore, ma non può dubitarsi che le due con-federazioni non si siano assoggettate un'altra voltaall'egemonia romana sottoponendosi, secondo ogni ap-parenza, a condizioni più gravi di prima. L'istituzione didue nuove tribù di cittadini nel territorio pontino, avve-nuta nello stesso anno prova chiaramente il rapido incre-mento della potenza romana.

6. Serrata della lega latina.Evidentemente connessa con la crisi delle relazioni tra

195

Page 196: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma ed il Lazio è la serrata della lega latina avvenutaverso l'anno 370 = 384(25), sebbene non si possa assicu-rare con certezza se fosse conseguenza, o, come pare piùverosimile, causa della sollevazione del Lazio controRoma, di cui abbiamo fatto cenno.In base al diritto allora vigente tutte le città sovrane,25 Nella lista delle trenta città federali latine, la sola che posse-

diamo e che ci fu tramandata da DIONISIO 5,61, sono nominatigli Ardeati, gli Aricini, i Bovillani, i Bubentani (d'ignota posi-zione), i Corani, i Corventani (d'ignota posizione), i Circeien-si, i Coriolani, i Corbinti, i Cabani (forse i Cabensi al montealbano, Bull. dell'Inst., 1861, p. 205); i Fortini (posizioneignota), i Gabini, i Laurentini, i Lanuvini, i Lavinati, i Labica-ni, i Nomentani, i Norbani, i Prenestini, i Pedani, i Querquetu-lani (d'ignota posizione), i Satricani, gli Scaptini, i Setini, iTelleni (d'ignota posizione), i Tiburtini, i Tusculani, i Tolerini(di ignota posizione), e i Veliterni. Le menzioni, che per inci-denza, si fanno di comuni aggregati, come ad esempiod'Ardea (LIV. 32,1), di Bovillae, Gabii, Labici (CIC., proPlanc., 9,32), Lanuvium (LIV., 41,16), Laurentum, (LIV. 37,3)s'accordano con questa lista. DIONISIO la inserì nella sua storiaquando giunse a parlare della dichiarazione di guerra del La-zio contro Roma, nell'anno 266 = 488, e quindi non si scostòdal vero, se, come fece il Niebuhr, la considerò desunta dallanotoria rinnovazione della lega dell'anno 261 = 493. Senonchèper la circostanza che nella detta lista, compilata nell'ordinedell'alfabeto latino, la lettera g collocata al posto che all'epocadelle leggi delle dodici tavole essa per certo non occupava an-cora, e che, secondo ogni apparenza non occupò innanzi alquinto secolo (V. i miei Dialetti della bassa Italia), è necessa-rio che la medesima sia attinta ad una sorgente di molto piùrecente; ciò che vi ha di più semplice si è che vi si riconosce

196

Roma ed il Lazio è la serrata della lega latina avvenutaverso l'anno 370 = 384(25), sebbene non si possa assicu-rare con certezza se fosse conseguenza, o, come pare piùverosimile, causa della sollevazione del Lazio controRoma, di cui abbiamo fatto cenno.In base al diritto allora vigente tutte le città sovrane,25 Nella lista delle trenta città federali latine, la sola che posse-

diamo e che ci fu tramandata da DIONISIO 5,61, sono nominatigli Ardeati, gli Aricini, i Bovillani, i Bubentani (d'ignota posi-zione), i Corani, i Corventani (d'ignota posizione), i Circeien-si, i Coriolani, i Corbinti, i Cabani (forse i Cabensi al montealbano, Bull. dell'Inst., 1861, p. 205); i Fortini (posizioneignota), i Gabini, i Laurentini, i Lanuvini, i Lavinati, i Labica-ni, i Nomentani, i Norbani, i Prenestini, i Pedani, i Querquetu-lani (d'ignota posizione), i Satricani, gli Scaptini, i Setini, iTelleni (d'ignota posizione), i Tiburtini, i Tusculani, i Tolerini(di ignota posizione), e i Veliterni. Le menzioni, che per inci-denza, si fanno di comuni aggregati, come ad esempiod'Ardea (LIV. 32,1), di Bovillae, Gabii, Labici (CIC., proPlanc., 9,32), Lanuvium (LIV., 41,16), Laurentum, (LIV. 37,3)s'accordano con questa lista. DIONISIO la inserì nella sua storiaquando giunse a parlare della dichiarazione di guerra del La-zio contro Roma, nell'anno 266 = 488, e quindi non si scostòdal vero, se, come fece il Niebuhr, la considerò desunta dallanotoria rinnovazione della lega dell'anno 261 = 493. Senonchèper la circostanza che nella detta lista, compilata nell'ordinedell'alfabeto latino, la lettera g collocata al posto che all'epocadelle leggi delle dodici tavole essa per certo non occupava an-cora, e che, secondo ogni apparenza non occupò innanzi alquinto secolo (V. i miei Dialetti della bassa Italia), è necessa-rio che la medesima sia attinta ad una sorgente di molto piùrecente; ciò che vi ha di più semplice si è che vi si riconosce

196

Page 197: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

fondate da Roma e dal Lazio, erano entrate nel noverodei comuni aventi diritto di prender parte alla festa fede-rale e alla dieta, mentre al contrario fu cancellato dallalista dei membri federali ogni comune che fosse incor-porato con un'altra città e quindi considerato come sta-tualmente abolito.

l'elenco di quei luoghi, che di poi furono considerati qualimembri regolari della lega latina, e che Dionisio, uso a prag-matizzare, rappresenta l'originaria esistenza dei medesimi. Sideve inoltre osservare, che la ricordata lista non menziona al-cun comune non-latino, nemmeno Cere, ma comprende sol-tanto luoghi di esclusiva origine latina o popolati con colonielatine – se pure non si volesse, contro ogni ragione, far valerecome eccezioni Corbo e Corioli. Se confrontiamo con questoregistro quello delle colonie latine ritroviamo nella lista diDionisio tra le nove colonie fondate nell'anno 372 = 382, chesono Suessa Pometia, Signia, Velitrae, Norba, Ardea, Circei(361 = 393), Satricum (369 = 385), Sutrio (371 = 383), Nepe-te (371 = 383), Setia (373 = 381).

Delle tre ultime, quasi contemporanee, possono bene le due etru-sche datare da un'epoca posteriore a Setia, poichè la fondazio-ne di ciascuna città richiedeva un certo tempo, e la nostra listanon può essere priva di piccole inesattezze.

Ammesso ciò, l'elenco contiene tutte le colonie complessivamen-te elencate fino all'anno 373 = 381 compreso Satrico, distruttonel 377 = 377 e Velitrae privata del diritto latino nel 316 =438, le quali furono presto cancellate entrambe dalla lista;mancano soltanto Suessa Pometia, distrutta certamente primadell'anno 372 = 382, e Signia, forse perchè nel testo di Dioni-sio, che contiene solo ventinove nomi, dopo Σητίνων, fu di-menticato Σηγνίνων.

E in compiuta armonia colla medesima non sono compresi in

197

fondate da Roma e dal Lazio, erano entrate nel noverodei comuni aventi diritto di prender parte alla festa fede-rale e alla dieta, mentre al contrario fu cancellato dallalista dei membri federali ogni comune che fosse incor-porato con un'altra città e quindi considerato come sta-tualmente abolito.

l'elenco di quei luoghi, che di poi furono considerati qualimembri regolari della lega latina, e che Dionisio, uso a prag-matizzare, rappresenta l'originaria esistenza dei medesimi. Sideve inoltre osservare, che la ricordata lista non menziona al-cun comune non-latino, nemmeno Cere, ma comprende sol-tanto luoghi di esclusiva origine latina o popolati con colonielatine – se pure non si volesse, contro ogni ragione, far valerecome eccezioni Corbo e Corioli. Se confrontiamo con questoregistro quello delle colonie latine ritroviamo nella lista diDionisio tra le nove colonie fondate nell'anno 372 = 382, chesono Suessa Pometia, Signia, Velitrae, Norba, Ardea, Circei(361 = 393), Satricum (369 = 385), Sutrio (371 = 383), Nepe-te (371 = 383), Setia (373 = 381).

Delle tre ultime, quasi contemporanee, possono bene le due etru-sche datare da un'epoca posteriore a Setia, poichè la fondazio-ne di ciascuna città richiedeva un certo tempo, e la nostra listanon può essere priva di piccole inesattezze.

Ammesso ciò, l'elenco contiene tutte le colonie complessivamen-te elencate fino all'anno 373 = 381 compreso Satrico, distruttonel 377 = 377 e Velitrae privata del diritto latino nel 316 =438, le quali furono presto cancellate entrambe dalla lista;mancano soltanto Suessa Pometia, distrutta certamente primadell'anno 372 = 382, e Signia, forse perchè nel testo di Dioni-sio, che contiene solo ventinove nomi, dopo Σητίνων, fu di-menticato Σηγνίνων.

E in compiuta armonia colla medesima non sono compresi in

197

Page 198: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Si tenne per altro fermo, secondo il costume latino, ilnumero fisso di trenta comuni federali, in modo, chedelle città, che entravano nella federazione, non aveva-no mai il diritto di votare nè più nè meno di trenta e cosìnon prendevano parte alla votazione molti comuni en-trati più tardi nella lega, o trascurati per la loro poca im-portanza, o per falli commessi.La confederazione si componeva quindi, verso l'anno370 = 384, come segue: dei luoghi antichi latini, ad ec-cezione di alcuni scomparsi o di ignota posizione, eranoancora autonomi col diritto di votazione Nomentum, po-sto tra il Tevere e l'Aniene; Tibur, Gabii, Scaptia, Labi-ci(26), Pedum e Preneste tra l'Aniene e li monte Albano;

quella lista tutti i luoghi, i quali, come Ostia, Antemnae, Alba,furono fusi colla repubblica romana prima del 370 = 384,mentre continuarono a figurarvi tutti quelli che, come Tuscu-lum, Lanuvium, Velitrae, debbono aver perduta la loro sovra-nità più tardi. Quanto alla lista fornita da Plinio contenentetrentadue luoghi, che tutti scomparvero ai suoi tempi, e cheuna volta prendevano parte alla festa d'Alba, se ne eccettuiotto, che furono anche nella lista di Dionisio, poichè i Cusue-tani di Plinio pare che siano i Caventani di Dionisio, ne ri-mangono ventiquattro quasi affatto ignoti, e tra questi vi sa-ranno stati senza dubbio in parte quei diciassette comuni sen-za voto, onde il maggior numero si sarà composto dei più anti-chi membri del consorzio della festa d'Alba in seguito ripristi-nati, in parte altri membri della lega eclissatisi o dalla medesi-ma espulsi, fra i quali si deve prima d'ogni altro annoverare ilcomune principale d'Alba nominato anche da Plinio.

26 LIVIO, 4,47, narra, a dir vero, che Labici divenne colonia verso l'anno 336.Ma, astrazion fatta dal silenzio serbato a tal proposito da DIODORO (13,16),

198

Si tenne per altro fermo, secondo il costume latino, ilnumero fisso di trenta comuni federali, in modo, chedelle città, che entravano nella federazione, non aveva-no mai il diritto di votare nè più nè meno di trenta e cosìnon prendevano parte alla votazione molti comuni en-trati più tardi nella lega, o trascurati per la loro poca im-portanza, o per falli commessi.La confederazione si componeva quindi, verso l'anno370 = 384, come segue: dei luoghi antichi latini, ad ec-cezione di alcuni scomparsi o di ignota posizione, eranoancora autonomi col diritto di votazione Nomentum, po-sto tra il Tevere e l'Aniene; Tibur, Gabii, Scaptia, Labi-ci(26), Pedum e Preneste tra l'Aniene e li monte Albano;

quella lista tutti i luoghi, i quali, come Ostia, Antemnae, Alba,furono fusi colla repubblica romana prima del 370 = 384,mentre continuarono a figurarvi tutti quelli che, come Tuscu-lum, Lanuvium, Velitrae, debbono aver perduta la loro sovra-nità più tardi. Quanto alla lista fornita da Plinio contenentetrentadue luoghi, che tutti scomparvero ai suoi tempi, e cheuna volta prendevano parte alla festa d'Alba, se ne eccettuiotto, che furono anche nella lista di Dionisio, poichè i Cusue-tani di Plinio pare che siano i Caventani di Dionisio, ne ri-mangono ventiquattro quasi affatto ignoti, e tra questi vi sa-ranno stati senza dubbio in parte quei diciassette comuni sen-za voto, onde il maggior numero si sarà composto dei più anti-chi membri del consorzio della festa d'Alba in seguito ripristi-nati, in parte altri membri della lega eclissatisi o dalla medesi-ma espulsi, fra i quali si deve prima d'ogni altro annoverare ilcomune principale d'Alba nominato anche da Plinio.

26 LIVIO, 4,47, narra, a dir vero, che Labici divenne colonia verso l'anno 336.Ma, astrazion fatta dal silenzio serbato a tal proposito da DIODORO (13,16),

198

Page 199: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Corbio, Tusculum, Bovillae, Aricia, Corioli e Lanuviumpresso il monte Albano e finalmente Laurentum e Lavi-nium nella pianura costiera. Vi si aggiungevano le colo-nie istituite da Roma e dalla lega latina: Ardea postanell'antico territorio dei Rutuli; Velitrae, Satricum, Cora,Norba, Signia, Setia e Circei nel paese dei Volsci. Inol-tre diciassette altri luoghi, di cui non si conoscono concertezza i nomi, avevano il diritto di concorrere alla fe-sta dei Latini senza avere quello della votazione. D'allo-ra in poi la confederazione latina rimase inalterabile, li-mitata nei quarantasette luoghi di cui si componeva,trenta dei quali avevano suffragio; i comuni latini istitui-ti più tardi, come Satrium, Nepete, Anzio, Cales, Terra-cina non sono entrati nella confederazione, nè i comunilatini spogliati più tardi dell'autonomia, come Tusculume Satricum, furono cancellati dalla lista.Con questa serrata della lega si connette anche la deter-minazione geografica della estensione del Lazio. Fintan-to che la confederazione latina era ancora aperta si eraallargato anche il confine del Lazio con la fondazione dinuove città federali; come le più giovani colonie latinenon prendevano alcuna parte alla festa d'Alba, esse non

Labici non poteva esser divenuta nè una colonia cittadina giacchè la cittànon era situata sulla costa e perchè ancora più tardi la troviamo in possessodell'autonomia, nè una colonia latina, poichè nel Lazio primitivo non siebbe esempio d'una colonia latina, e, tenendo conto del carattere di taliistituzioni, non vi poteva nemmeno essere. È probabile, che in questo luo-go di Livio, come in altri sia stato scambiato il comune assegnamento cit-tadino coll'assegnamento coloniale perchè parlando della misura del suolodiviso si accenna a due iugeri.

199

Corbio, Tusculum, Bovillae, Aricia, Corioli e Lanuviumpresso il monte Albano e finalmente Laurentum e Lavi-nium nella pianura costiera. Vi si aggiungevano le colo-nie istituite da Roma e dalla lega latina: Ardea postanell'antico territorio dei Rutuli; Velitrae, Satricum, Cora,Norba, Signia, Setia e Circei nel paese dei Volsci. Inol-tre diciassette altri luoghi, di cui non si conoscono concertezza i nomi, avevano il diritto di concorrere alla fe-sta dei Latini senza avere quello della votazione. D'allo-ra in poi la confederazione latina rimase inalterabile, li-mitata nei quarantasette luoghi di cui si componeva,trenta dei quali avevano suffragio; i comuni latini istitui-ti più tardi, come Satrium, Nepete, Anzio, Cales, Terra-cina non sono entrati nella confederazione, nè i comunilatini spogliati più tardi dell'autonomia, come Tusculume Satricum, furono cancellati dalla lista.Con questa serrata della lega si connette anche la deter-minazione geografica della estensione del Lazio. Fintan-to che la confederazione latina era ancora aperta si eraallargato anche il confine del Lazio con la fondazione dinuove città federali; come le più giovani colonie latinenon prendevano alcuna parte alla festa d'Alba, esse non

Labici non poteva esser divenuta nè una colonia cittadina giacchè la cittànon era situata sulla costa e perchè ancora più tardi la troviamo in possessodell'autonomia, nè una colonia latina, poichè nel Lazio primitivo non siebbe esempio d'una colonia latina, e, tenendo conto del carattere di taliistituzioni, non vi poteva nemmeno essere. È probabile, che in questo luo-go di Livio, come in altri sia stato scambiato il comune assegnamento cit-tadino coll'assegnamento coloniale perchè parlando della misura del suolodiviso si accenna a due iugeri.

199

Page 200: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

erano considerate nemmeno geograficamente come par-te del Lazio, perciò continuarono bensì Ardea e Circei adirsi città latine, non così Sutrium e Terracina.Ma i luoghi dotati del diritto latino dopo il 370 = 384non solo non erano ammessi a far parte della comunan-za federale, ma erano anche tenuti divisi gli uni dagli al-tri per rapporto al diritto privato, in quanto che ad ognu-no era bensì permessa la comunanza di commercio, eprobabilmente anche di matrimonio (commercium etconnubium) col comune di Roma, ma non cogli altri co-muni latini, così ad esempio, il cittadino di Sutrium po-teva possedere un campo in Roma, ma non in Preneste;e poteva generare figli legittimi con una romana, manon con una tiburtina(27).

7. Alleanza. Se poi sino a questi tempi era stata concessa sufficientelibertà entro la confederazione e, ad esempio, s'era potu-ta formare una lega separata degli antichi sei comuni la-tini Aricia, Tusculum, Tibur, Lanuvium, Cora e Lauren-tum, e dei due recenti Ardea e Suessa Pomezia al fine diraggrupparsi intorno al sacro luogo della Diana aricina,non si trova però nei tempi successivi, e certo non può

27 Questa limitazione dell'antica piena comunanza del diritto latino avvennea dir vero prima della rinnovazione del trattato del 416 = 338 (LIV., 8,14);siccome però il sistema d'isolamento, di cui essa è una parte essenziale, co-minciò prima per le colonie latine, che furono istituite dopo il 370 = 384 eche solo nel 416 = 338 fu generalizzato, così si credette bene di far questainnovazione.

200

erano considerate nemmeno geograficamente come par-te del Lazio, perciò continuarono bensì Ardea e Circei adirsi città latine, non così Sutrium e Terracina.Ma i luoghi dotati del diritto latino dopo il 370 = 384non solo non erano ammessi a far parte della comunan-za federale, ma erano anche tenuti divisi gli uni dagli al-tri per rapporto al diritto privato, in quanto che ad ognu-no era bensì permessa la comunanza di commercio, eprobabilmente anche di matrimonio (commercium etconnubium) col comune di Roma, ma non cogli altri co-muni latini, così ad esempio, il cittadino di Sutrium po-teva possedere un campo in Roma, ma non in Preneste;e poteva generare figli legittimi con una romana, manon con una tiburtina(27).

7. Alleanza. Se poi sino a questi tempi era stata concessa sufficientelibertà entro la confederazione e, ad esempio, s'era potu-ta formare una lega separata degli antichi sei comuni la-tini Aricia, Tusculum, Tibur, Lanuvium, Cora e Lauren-tum, e dei due recenti Ardea e Suessa Pomezia al fine diraggrupparsi intorno al sacro luogo della Diana aricina,non si trova però nei tempi successivi, e certo non può

27 Questa limitazione dell'antica piena comunanza del diritto latino avvennea dir vero prima della rinnovazione del trattato del 416 = 338 (LIV., 8,14);siccome però il sistema d'isolamento, di cui essa è una parte essenziale, co-minciò prima per le colonie latine, che furono istituite dopo il 370 = 384 eche solo nel 416 = 338 fu generalizzato, così si credette bene di far questainnovazione.

200

Page 201: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

essere effetto del caso, alcun altro esempio di simili le-ghe speciali che avrebbero potuto indebolire la egemo-nia romana.E così si può far risalire a quest'epoca l'ulteriore riformadelle costituzioni comunali latine, e il compiuto loro pa-reggiamento alla costituzione di Roma; poichè se, qualnecessario elemento della magistratura latina, noi tro-viamo poi accanto ai due pretori i due edili incaricatidella polizia stradale e del foro, non meno chedall'annessavi giurisdizione, simile istituzione di ufficidi polizia urbana, avvenuta evidentemente ad un tratto eper impulso del potere esecutivo in tutti i comuni fede-rati, non ebbe vita prima dell'istituzione dell'edilità cu-rule in Roma l'anno 387 = 367, ma verosimilmente ver-so quel tempo.Questa disposizione fu senza dubbio il primo atto di unaserie di altre disposizioni tutorie, che dovevano mutaregli ordinamenti comunali della lega in senso aristocrati-co e di polizia.

8. Dominio dei Romani.Dopo la caduta di Veio e dopo la conquista del territoriopontino, Roma si sentiva abbastanza forte per raccoglie-re con più ferma mano le redini dell'egemonia, e comin-ciò col dare alle città latine di nuova fondazione una po-sizione così dipendente, che furono ridotte di fatto aduna vera sudditanza. A quell'epoca (406 = 348) i Carta-

201

essere effetto del caso, alcun altro esempio di simili le-ghe speciali che avrebbero potuto indebolire la egemo-nia romana.E così si può far risalire a quest'epoca l'ulteriore riformadelle costituzioni comunali latine, e il compiuto loro pa-reggiamento alla costituzione di Roma; poichè se, qualnecessario elemento della magistratura latina, noi tro-viamo poi accanto ai due pretori i due edili incaricatidella polizia stradale e del foro, non meno chedall'annessavi giurisdizione, simile istituzione di ufficidi polizia urbana, avvenuta evidentemente ad un tratto eper impulso del potere esecutivo in tutti i comuni fede-rati, non ebbe vita prima dell'istituzione dell'edilità cu-rule in Roma l'anno 387 = 367, ma verosimilmente ver-so quel tempo.Questa disposizione fu senza dubbio il primo atto di unaserie di altre disposizioni tutorie, che dovevano mutaregli ordinamenti comunali della lega in senso aristocrati-co e di polizia.

8. Dominio dei Romani.Dopo la caduta di Veio e dopo la conquista del territoriopontino, Roma si sentiva abbastanza forte per raccoglie-re con più ferma mano le redini dell'egemonia, e comin-ciò col dare alle città latine di nuova fondazione una po-sizione così dipendente, che furono ridotte di fatto aduna vera sudditanza. A quell'epoca (406 = 348) i Carta-

201

Page 202: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ginesi col trattato di commercio conchiuso con Roma siobbligavano di non recare danno alcuno ai Latini che sitrovavano sotto il dominio romano e particolarmentealle città marittime, Ardea, Antium, Circei, Terracina;ma se poi una delle città latine si staccasse dalla lega ro-mana, era data facoltà ai Fenici di attaccarla; e se percaso essi l'avessero espugnata, era convenuto, che nondovessero raderla al suolo, ma consegnarla ai Romani.Da ciò si comprende con quali modi il comune romanoavesse saputo stringere a sè le sue città tutelate, ed aqual pericolo si esponesse una città che avesse osatosottrarsi al dominio del suo protettore.Veramente rimaneva ancora nella confederazione latina,se non a quella degli Ernici, l'antico formale diritto allaterza parte del bottino fatto in guerra e così pure parec-chie altre reliquie dell'originaria eguaglianza di diritto:ma le prerogative che s'andavano perdendo erano im-portanti abbastanza per dar ragione dell'inasprimentoche in quest'epoca si manifestava nei Latini riguardo aiRomani. Non solo in tutti gli eserciti che osteggiavanoRoma, si incontravano in gran numero profughi latinicombattenti sotto le insegne straniere contro la loro cittàegemonica, ma nell'anno 405 = 349 la stessa assembleafederale latina decise di rifiutare ai Romani il contingen-te.Secondo tutte le apparenze vi era da prevedere fra nonmolto un'altra sollevazione di tutta la confederazione la-

202

ginesi col trattato di commercio conchiuso con Roma siobbligavano di non recare danno alcuno ai Latini che sitrovavano sotto il dominio romano e particolarmentealle città marittime, Ardea, Antium, Circei, Terracina;ma se poi una delle città latine si staccasse dalla lega ro-mana, era data facoltà ai Fenici di attaccarla; e se percaso essi l'avessero espugnata, era convenuto, che nondovessero raderla al suolo, ma consegnarla ai Romani.Da ciò si comprende con quali modi il comune romanoavesse saputo stringere a sè le sue città tutelate, ed aqual pericolo si esponesse una città che avesse osatosottrarsi al dominio del suo protettore.Veramente rimaneva ancora nella confederazione latina,se non a quella degli Ernici, l'antico formale diritto allaterza parte del bottino fatto in guerra e così pure parec-chie altre reliquie dell'originaria eguaglianza di diritto:ma le prerogative che s'andavano perdendo erano im-portanti abbastanza per dar ragione dell'inasprimentoche in quest'epoca si manifestava nei Latini riguardo aiRomani. Non solo in tutti gli eserciti che osteggiavanoRoma, si incontravano in gran numero profughi latinicombattenti sotto le insegne straniere contro la loro cittàegemonica, ma nell'anno 405 = 349 la stessa assembleafederale latina decise di rifiutare ai Romani il contingen-te.Secondo tutte le apparenze vi era da prevedere fra nonmolto un'altra sollevazione di tutta la confederazione la-

202

Page 203: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tina, proprio mentre si affacciava la minaccia di una col-lisione con un'altra nazione italica che era in grado di af-frontare le forze riunite dei latini.Dopo la sottomissione dei Volsci nessuna popolazioneragguardevole ostacolava ai Romani il passo verso mez-zogiorno. Le loro legioni si avvicinavano a grandi passial Liri. Sino dal 397 = 357 essi lottarono felicemente coiPrivernati, nel 409 = 345 con gli Aurunci, cui fu toltaSora posta sul Liri. Gli eserciti romani già si trovavanosui confini dei Sanniti, e la lega amichevole, che le duepiù valorose e più potenti nazioni italiche avevano con-chiuso tra loro l'anno 400, era come il segnale precurso-re della lotta che stava per accendersi per la signoriasull'Italia, e che colla imminente crisi della lega latinadoveva scoppiare minacciosa.

9. Conquiste dei Sanniti nell'Italia meridionale.La nazione sannitica, che verso l'epoca della cacciatadei Tarquini da Roma era già da lungo tempo in posses-so dei monti sorgenti tra la pianura dell'Apulia e quelladella Campania, dominando l'una e l'altra, era allorafronteggiata e chiusa entro i suoi confini da un lato daiDauni – epoca della potenza e del fiorire della città diArpi – e dall'altra dai Greci e dagli Etruschi.Ma l'eclissamento della potenza etrusca, verificatosiverso lo scorcio del terzo secolo, la decadenza delle co-lonie greche nel quarto secolo, le schiusero la via verso

203

tina, proprio mentre si affacciava la minaccia di una col-lisione con un'altra nazione italica che era in grado di af-frontare le forze riunite dei latini.Dopo la sottomissione dei Volsci nessuna popolazioneragguardevole ostacolava ai Romani il passo verso mez-zogiorno. Le loro legioni si avvicinavano a grandi passial Liri. Sino dal 397 = 357 essi lottarono felicemente coiPrivernati, nel 409 = 345 con gli Aurunci, cui fu toltaSora posta sul Liri. Gli eserciti romani già si trovavanosui confini dei Sanniti, e la lega amichevole, che le duepiù valorose e più potenti nazioni italiche avevano con-chiuso tra loro l'anno 400, era come il segnale precurso-re della lotta che stava per accendersi per la signoriasull'Italia, e che colla imminente crisi della lega latinadoveva scoppiare minacciosa.

9. Conquiste dei Sanniti nell'Italia meridionale.La nazione sannitica, che verso l'epoca della cacciatadei Tarquini da Roma era già da lungo tempo in posses-so dei monti sorgenti tra la pianura dell'Apulia e quelladella Campania, dominando l'una e l'altra, era allorafronteggiata e chiusa entro i suoi confini da un lato daiDauni – epoca della potenza e del fiorire della città diArpi – e dall'altra dai Greci e dagli Etruschi.Ma l'eclissamento della potenza etrusca, verificatosiverso lo scorcio del terzo secolo, la decadenza delle co-lonie greche nel quarto secolo, le schiusero la via verso

203

Page 204: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'occidente e verso il mezzodì, e allora i Sanniti calaronoa sciami successivi sino ai mari meridionali italici e sispinsero anche oltre mare.Essi arrivarono prima nel piano che dà sul golfo ove,dall'inizio del quarto secolo in poi, si udiva pronunciareil nome dei Campani; qui sconfissero gli Etruschi, batte-rono i Greci togliendo ai primi Capua (330 = 424), ed aisecondi Cuma (334 = 420).Verso quest'epoca, e forse poco prima, apparvero nellaMagna Grecia i Lucani, i quali al principio del quartosecolo di Roma si trovarono in lotta coi Terinei e coiTurini, e si stabilirono molto prima del 364 = 390 nellagreca Laos.Il loro bando di guerra sommava allora a 30.000 fanti e4000 cavalieri. Non prima del quarto secolo è fatto cen-no della speciale confederazione dei Brettii(28) che, di-versamente dalle altre schiatte sabelliche, si erano di-sgiunti dai Lucani non come una colonia, ma nella lottae mescolati con molti elementi stranieri.I Greci della bassa Italia si sforzavano di difendersidall'invasione dei barbari; la lega delle città achee fu ri-costituita nel 361 = 393, e fu stabilito che, quando unadelle città federali fosse assalita dai Lucani, tutte doves-sero mettere in campo i loro eserciti, e che i condottieridi quelle che non inviassero il contingente, fossero mes-28 Lo stesso nome è antichissimo, anzi il più antico degli abitanti delle Cala-

brie dei nostri giorni (ANTIOCO, f. 5 Müll.). La nota derivazione è senzadubbio un'invenzione.

204

l'occidente e verso il mezzodì, e allora i Sanniti calaronoa sciami successivi sino ai mari meridionali italici e sispinsero anche oltre mare.Essi arrivarono prima nel piano che dà sul golfo ove,dall'inizio del quarto secolo in poi, si udiva pronunciareil nome dei Campani; qui sconfissero gli Etruschi, batte-rono i Greci togliendo ai primi Capua (330 = 424), ed aisecondi Cuma (334 = 420).Verso quest'epoca, e forse poco prima, apparvero nellaMagna Grecia i Lucani, i quali al principio del quartosecolo di Roma si trovarono in lotta coi Terinei e coiTurini, e si stabilirono molto prima del 364 = 390 nellagreca Laos.Il loro bando di guerra sommava allora a 30.000 fanti e4000 cavalieri. Non prima del quarto secolo è fatto cen-no della speciale confederazione dei Brettii(28) che, di-versamente dalle altre schiatte sabelliche, si erano di-sgiunti dai Lucani non come una colonia, ma nella lottae mescolati con molti elementi stranieri.I Greci della bassa Italia si sforzavano di difendersidall'invasione dei barbari; la lega delle città achee fu ri-costituita nel 361 = 393, e fu stabilito che, quando unadelle città federali fosse assalita dai Lucani, tutte doves-sero mettere in campo i loro eserciti, e che i condottieridi quelle che non inviassero il contingente, fossero mes-28 Lo stesso nome è antichissimo, anzi il più antico degli abitanti delle Cala-

brie dei nostri giorni (ANTIOCO, f. 5 Müll.). La nota derivazione è senzadubbio un'invenzione.

204

Page 205: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

si a morte.Se non che la stessa unione della Magna Grecia a nullapiù serviva quando il signore di Siracusa, Dionigi il vec-chio, fece causa comune con gli Italici contro i propricompatrioti.Mentre Dionigi toglieva al naviglio della Magna Greciala signoria dei mari italici, gli Italici occupavano e di-struggevano una dopo l'altra le città greche, e non parecredibile quanto breve spazio di tempo occorse per de-vastare e spopolare quella fiorente accolta di città. Soloa pochi luoghi greci venne fatto, come ad esempio a Na-poli, di conservare con gran fatica, e piuttosto col mezzodi trattati che per forza d'armi, se non altro la loro esi-stenza e la loro nazionalità. Del tutto indipendente e po-tente si serbò la sola Taranto, in grazia della sua posizio-ne geografica, più segregata, e della sua prontezza acombattere, mantenuta viva per interminabili pugne coiMessapi, quantunque anch'essa fosse continuamente co-stretta a guerreggiare coi Lucani per la propria esistenzaed a cercare alleati e mercenari nella madre patria.Al tempo in cui Veio ed il paese pontino caddero sottola signoria romana, le schiere sannitiche avevano già oc-cupato tutta la bassa Italia, eccettuate poche colonie gre-che che vivevano isolate ed il litorale pugliese-messapi-co.La descrizione delle coste, compilata in lingua grecaverso l'anno 418 = 336, assegna ai veri Sanniti colle loro

205

si a morte.Se non che la stessa unione della Magna Grecia a nullapiù serviva quando il signore di Siracusa, Dionigi il vec-chio, fece causa comune con gli Italici contro i propricompatrioti.Mentre Dionigi toglieva al naviglio della Magna Greciala signoria dei mari italici, gli Italici occupavano e di-struggevano una dopo l'altra le città greche, e non parecredibile quanto breve spazio di tempo occorse per de-vastare e spopolare quella fiorente accolta di città. Soloa pochi luoghi greci venne fatto, come ad esempio a Na-poli, di conservare con gran fatica, e piuttosto col mezzodi trattati che per forza d'armi, se non altro la loro esi-stenza e la loro nazionalità. Del tutto indipendente e po-tente si serbò la sola Taranto, in grazia della sua posizio-ne geografica, più segregata, e della sua prontezza acombattere, mantenuta viva per interminabili pugne coiMessapi, quantunque anch'essa fosse continuamente co-stretta a guerreggiare coi Lucani per la propria esistenzaed a cercare alleati e mercenari nella madre patria.Al tempo in cui Veio ed il paese pontino caddero sottola signoria romana, le schiere sannitiche avevano già oc-cupato tutta la bassa Italia, eccettuate poche colonie gre-che che vivevano isolate ed il litorale pugliese-messapi-co.La descrizione delle coste, compilata in lingua grecaverso l'anno 418 = 336, assegna ai veri Sanniti colle loro

205

Page 206: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

«cinque lingue» il paese posto tra l'uno e l'altro mare, estabilisce sul Tirreno, accanto ad essi, verso settentrionei Campani, verso mezzodì i Lucani, tra i quali in questocaso, come altre volte vanno compresi i Brettii, cui ap-partiene già tutta la costa da Paestum sul mar Tirrenosino a Turi sul mar Jonio.E di fatti, chi faccia il paragone di quanto le due grandinazioni d'Italia, cioè la latina e la sannitica, avevano ac-quistato prima che venissero al grande urto, apparirannole conquiste fatte dai Sanniti molto più estese e più bril-lanti di quelle fatte dai Romani.Ma il carattere di simili conquiste era essenzialmente di-verso. Partendo dal forte centro urbano che il Lazio pos-sedeva nella città di Roma, la signoria di questa schiattasi era andata estendendo lentamente da tutti i lati, man-tenendosi veramente entro confini assai angusti se si raf-frontano con quelli delle conquiste sannitiche, ma radi-candosi profondamente là dove metteva il piede, sia colfondare piazze forti al modo dei Romani, col corrispon-dente diritto federale, sia colla compiuta romanizzazio-ne del territorio conquistato.Nel Sannio invece le cose andavano diversamente. Nonv'era presso i Sanniti un comune dirigente e perciò nonesisteva una politica conquistatrice.Mentre la conquista del territorio veiente e pontino fuper Roma un effettivo aumento di potenza, il Sannio,dopo la fondazione delle città nella Campania e della

206

«cinque lingue» il paese posto tra l'uno e l'altro mare, estabilisce sul Tirreno, accanto ad essi, verso settentrionei Campani, verso mezzodì i Lucani, tra i quali in questocaso, come altre volte vanno compresi i Brettii, cui ap-partiene già tutta la costa da Paestum sul mar Tirrenosino a Turi sul mar Jonio.E di fatti, chi faccia il paragone di quanto le due grandinazioni d'Italia, cioè la latina e la sannitica, avevano ac-quistato prima che venissero al grande urto, apparirannole conquiste fatte dai Sanniti molto più estese e più bril-lanti di quelle fatte dai Romani.Ma il carattere di simili conquiste era essenzialmente di-verso. Partendo dal forte centro urbano che il Lazio pos-sedeva nella città di Roma, la signoria di questa schiattasi era andata estendendo lentamente da tutti i lati, man-tenendosi veramente entro confini assai angusti se si raf-frontano con quelli delle conquiste sannitiche, ma radi-candosi profondamente là dove metteva il piede, sia colfondare piazze forti al modo dei Romani, col corrispon-dente diritto federale, sia colla compiuta romanizzazio-ne del territorio conquistato.Nel Sannio invece le cose andavano diversamente. Nonv'era presso i Sanniti un comune dirigente e perciò nonesisteva una politica conquistatrice.Mentre la conquista del territorio veiente e pontino fuper Roma un effettivo aumento di potenza, il Sannio,dopo la fondazione delle città nella Campania e della

206

Page 207: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

confederazione lucana e bruzia, fu piuttosto indebolitoche rafforzato, perchè ogni schiera, la quale andasse intraccia di nuova dimora, trovata che l'avesse, vi si stabi-liva e non si curava d'altro.

10. Relazione dei Sanniti coi Greci.Le tribù sannite occupavano una vastità di territoriosproporzionato al loro numero, senza curarsi poi di ap-propriarsene compiutamente e in tutta la sua estensione,e lasciando continuare in una certa autonomia, benchèinfiacchite e spesso in istato di dipendenza, le città gre-che di maggiore considerazione, come Taranto, Turi,Crotone, Metaponto, Eraclea, Reggio, Napoli, e tolle-rando gli Elleni anche nel territorio della federazione,poichè Cuma, Posidonia, Laos, Hipponion, come ci in-segnano le monete e la suaccennata descrizione del lito-rale, rimasero sempre città greche anche sotto la signo-ria sannitica.Così si formarono popolazioni miste, come i bilinguiBrutii, i quali, oltre gli elementi sannitici, accolsero ele-menti ellenici e persino reliquie degli antichi autoctoni;e vi è ragione di credere che questa miscela di stirpi di-verse ebbe luogo anche nella Lucania e nella stessaCampania.Al pericoloso fascino della civiltà ellenica non potevasottrarsi nemmeno la nazione sannitica; e meno che al-trove nella Campania, dove Napoli non tardò ad entrare

207

confederazione lucana e bruzia, fu piuttosto indebolitoche rafforzato, perchè ogni schiera, la quale andasse intraccia di nuova dimora, trovata che l'avesse, vi si stabi-liva e non si curava d'altro.

10. Relazione dei Sanniti coi Greci.Le tribù sannite occupavano una vastità di territoriosproporzionato al loro numero, senza curarsi poi di ap-propriarsene compiutamente e in tutta la sua estensione,e lasciando continuare in una certa autonomia, benchèinfiacchite e spesso in istato di dipendenza, le città gre-che di maggiore considerazione, come Taranto, Turi,Crotone, Metaponto, Eraclea, Reggio, Napoli, e tolle-rando gli Elleni anche nel territorio della federazione,poichè Cuma, Posidonia, Laos, Hipponion, come ci in-segnano le monete e la suaccennata descrizione del lito-rale, rimasero sempre città greche anche sotto la signo-ria sannitica.Così si formarono popolazioni miste, come i bilinguiBrutii, i quali, oltre gli elementi sannitici, accolsero ele-menti ellenici e persino reliquie degli antichi autoctoni;e vi è ragione di credere che questa miscela di stirpi di-verse ebbe luogo anche nella Lucania e nella stessaCampania.Al pericoloso fascino della civiltà ellenica non potevasottrarsi nemmeno la nazione sannitica; e meno che al-trove nella Campania, dove Napoli non tardò ad entrare

207

Page 208: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

in amichevole commercio cogli immigranti, e dove ilcielo stesso pareva concorrere ad umanizzare i barbari.Nola, Nuceria, Teanum, benchè popolate unicamente diSanniti, adottarono modi greci e greca costituzione ur-bana, tanto più che l'ordinamento sannitico, per tribù,difficilmente poteva adattarsi alle condizioni della nuo-va società.Le città sannitiche della Campania cominciarono a bat-ter moneta, in parte con iscrizioni greche; Capua, mercèil commercio e l'agricoltura, venne in tanta prosperità ecrebbe in tanta grandezza che occupò il secondo postotra le città d'Italia, e il primo per lusso e ricchezze.La profonda scostumatezza, in cui, secondo ciò che nar-rano gli antichi, questa città superò tutte le altre d'Italia,si riscontra particolarmente negli arruolamenti militari enei combattimenti dei gladiatori. In nessun luogo trova-vano gli arruolatori tanta affluenza come verso questametropoli dalla civiltà corrotta; mentre Capua non sape-va mettersi al sicuro contro gli attacchi dei Sanniti,l'armeggiante gioventù della Campania, capitanata dacondottieri scelti da essa, affluiva in gran numero princi-palmente in Sicilia.Di quanta importanza queste valanghe di soldateschefossero per le sorti d'Italia, diremo in seguito; esse cimostrano la corruzione dei costumi campani non menodei combattimenti dei gladiatori che ebbero ugualmentein Capua, se non la loro origine, per lo meno il loro per-

208

in amichevole commercio cogli immigranti, e dove ilcielo stesso pareva concorrere ad umanizzare i barbari.Nola, Nuceria, Teanum, benchè popolate unicamente diSanniti, adottarono modi greci e greca costituzione ur-bana, tanto più che l'ordinamento sannitico, per tribù,difficilmente poteva adattarsi alle condizioni della nuo-va società.Le città sannitiche della Campania cominciarono a bat-ter moneta, in parte con iscrizioni greche; Capua, mercèil commercio e l'agricoltura, venne in tanta prosperità ecrebbe in tanta grandezza che occupò il secondo postotra le città d'Italia, e il primo per lusso e ricchezze.La profonda scostumatezza, in cui, secondo ciò che nar-rano gli antichi, questa città superò tutte le altre d'Italia,si riscontra particolarmente negli arruolamenti militari enei combattimenti dei gladiatori. In nessun luogo trova-vano gli arruolatori tanta affluenza come verso questametropoli dalla civiltà corrotta; mentre Capua non sape-va mettersi al sicuro contro gli attacchi dei Sanniti,l'armeggiante gioventù della Campania, capitanata dacondottieri scelti da essa, affluiva in gran numero princi-palmente in Sicilia.Di quanta importanza queste valanghe di soldateschefossero per le sorti d'Italia, diremo in seguito; esse cimostrano la corruzione dei costumi campani non menodei combattimenti dei gladiatori che ebbero ugualmentein Capua, se non la loro origine, per lo meno il loro per-

208

Page 209: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

fezionamento. Qui era uso che persino durante il pastovi fossero combattimenti di gladiatori e se ne proporzio-nava il numero al rango degli ospiti.Questa depravazione della più ragguardevole città san-nitica, che ha senza dubbio una stretta dipendenza daicostumi che vi lasciarono gli Etruschi, doveva riuscirefunesta a tutta la nazione, ond'è che la nobiltà dellaCampania, sebbene accoppiasse alla profonda corruzio-ne un valore cavalleresco e un'elevata coltura intellet-tuale, non poteva però giammai essere per la sua nazio-ne ciò che la nobiltà romana era per la nazione latina.E come sui Campani, benchè con minor forza, l'influen-za ellenica agiva sui Lucani e sui Bruzi. Gli oggetti tro-vati negli scavi di tutti questi paesi provano come in essisi coltivasse l'arte greca con lusso barbaro; i ricchi gio-ielli d'oro e d'ambra, i magnifici vasi dipinti, quali noi lidissotterriamo dalle tombe, fanno presentire quanto inquesto paese si fosse già deviato dagli antichi costumidegli avi. Altre traccie troviamo nella scrittura; l'arte an-tica nazionale, portata dal settentrione, fu dai Lucani edai Bruzi abbandonata e sostituita colla greca, mentrenella Campania l'alfabeto nazionale e così anche la lin-gua si sviluppavano spontanei a maggior chiarezza e fi-nezza sotto la civile influenza che vi ebbe la filosofiagreca.

209

fezionamento. Qui era uso che persino durante il pastovi fossero combattimenti di gladiatori e se ne proporzio-nava il numero al rango degli ospiti.Questa depravazione della più ragguardevole città san-nitica, che ha senza dubbio una stretta dipendenza daicostumi che vi lasciarono gli Etruschi, doveva riuscirefunesta a tutta la nazione, ond'è che la nobiltà dellaCampania, sebbene accoppiasse alla profonda corruzio-ne un valore cavalleresco e un'elevata coltura intellet-tuale, non poteva però giammai essere per la sua nazio-ne ciò che la nobiltà romana era per la nazione latina.E come sui Campani, benchè con minor forza, l'influen-za ellenica agiva sui Lucani e sui Bruzi. Gli oggetti tro-vati negli scavi di tutti questi paesi provano come in essisi coltivasse l'arte greca con lusso barbaro; i ricchi gio-ielli d'oro e d'ambra, i magnifici vasi dipinti, quali noi lidissotterriamo dalle tombe, fanno presentire quanto inquesto paese si fosse già deviato dagli antichi costumidegli avi. Altre traccie troviamo nella scrittura; l'arte an-tica nazionale, portata dal settentrione, fu dai Lucani edai Bruzi abbandonata e sostituita colla greca, mentrenella Campania l'alfabeto nazionale e così anche la lin-gua si sviluppavano spontanei a maggior chiarezza e fi-nezza sotto la civile influenza che vi ebbe la filosofiagreca.

209

Page 210: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

11. Confederazione sannitica.Il solo paese originario dei Sanniti rimase immune daqueste innovazioni: le quali per quanto fossero belle enaturali, contribuirono però assai ad allentare semprepiù il legame dell'unità nazionale già poco saldo sindall'origine.L'influenza dello spirito greco ha recato non lieve dannoalla schiatta sannitica. I civili «Filelleni» della Campa-nia si assuefecero, come gli stessi Elleni, a tremare di-nanzi alle rozze tribù delle montagne, le quali dal cantoloro non cessavano di corseggiare nella Campania e dimolestare i degeneri loro coloni. Roma era uno statochiuso, che disponeva delle forze di tutto il Lazio; i sud-diti possono aver mormorato, ma ubbidivano. La schiat-ta sannitica era dispersa e sbriciolata per vaste terre, e laconfederazione nell'antico Sannio aveva bensì conserva-ti intatti i costumi ed il valore degli avi, ma d'altra partel'aveva rotta intieramente con gli altri popoli e colonisannitici.Questo dissenso fra Sanniti della pianura ed i Sannitiabitatori della montagna fu, di fatti, quello che condussei Romani oltre il Liri.I Sidicini in Teano, i Campani in Capua, chiesero l'aiutodei Romani (411 = 343) contro i loro propri connaziona-li, i quali con sempre nuove orde sottomettevano a tribu-to il paese e minacciavano di prendervi anche stabile di-mora.

210

11. Confederazione sannitica.Il solo paese originario dei Sanniti rimase immune daqueste innovazioni: le quali per quanto fossero belle enaturali, contribuirono però assai ad allentare semprepiù il legame dell'unità nazionale già poco saldo sindall'origine.L'influenza dello spirito greco ha recato non lieve dannoalla schiatta sannitica. I civili «Filelleni» della Campa-nia si assuefecero, come gli stessi Elleni, a tremare di-nanzi alle rozze tribù delle montagne, le quali dal cantoloro non cessavano di corseggiare nella Campania e dimolestare i degeneri loro coloni. Roma era uno statochiuso, che disponeva delle forze di tutto il Lazio; i sud-diti possono aver mormorato, ma ubbidivano. La schiat-ta sannitica era dispersa e sbriciolata per vaste terre, e laconfederazione nell'antico Sannio aveva bensì conserva-ti intatti i costumi ed il valore degli avi, ma d'altra partel'aveva rotta intieramente con gli altri popoli e colonisannitici.Questo dissenso fra Sanniti della pianura ed i Sannitiabitatori della montagna fu, di fatti, quello che condussei Romani oltre il Liri.I Sidicini in Teano, i Campani in Capua, chiesero l'aiutodei Romani (411 = 343) contro i loro propri connaziona-li, i quali con sempre nuove orde sottomettevano a tribu-to il paese e minacciavano di prendervi anche stabile di-mora.

210

Page 211: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Al rifiuto del chiesto aiuto, l'ambasciata della Campaniaoffrì la sottomissione del suo paese alla signoria diRoma, e ad un simile allettamento i Romani non seppe-ro resistere. In seguito a ciò s'inviarono ambasciatori ro-mani ai Sanniti per comunicar loro il nuovo acquisto, in-vitandoli a rispettare il territorio della potenza amica.Dopo ciò non è più possibile tener dietro ai fatti nei loroparticolari(29); noi sappiamo soltanto che tra Roma ed il

29 Nessuna parte degli annali romani è forse più svisata di quel-lo che sia la narrazione della prima guerra sannitico-latina,come la si trova, o come la si trovò in Livio, in Dionisio, inAppiano. Essa è press'a poco come segue: Dopo che ambeduei consoli furono entrati nella Campania l'anno 411 = 343 ilconsole Marco Valerio Corvo riportò sulle prime al MonteGauro una difficile e sanguinosa vittoria sui Sanniti; poi ancheil collega Aulo Cornelio Cosso ottenne un secondo successodopo essersi sottratto ad una sconfitta, in una gola, col sacrifi-cio d'un distaccamento capitanato dal tribuno di guerra PublioDecio. La terza e decisiva battaglia fu combattuta all'ingressodel passo Caudino presso Suessula dai due consoli; i Sannitifurono completamente battuti – si raccolsero sul campo di bat-taglia quarantamila scudi – e costretti a far pace, nella quale iRomani si tennero Capua, datasi loro spontaneamente, e la-sciarono per contro Teano ai Sanniti (413 = 341). Vennero fe-licitazioni da ogni parte, persino da Cartagine. I Latini, che sierano rifiutati di mandare il contingente e che pareva si armas-sero contro Roma, volsero le loro armi contro i Peligni invecedi volgerle contro Roma, mentre i Romani erano diversamenteoccupati in primo luogo per una congiura militare del presidiorimasto nella Campania (412 = 342), poi per l'espugnazione diPriverno (413 = 341) e per la guerra contro gli Anziati. Ma a

211

Al rifiuto del chiesto aiuto, l'ambasciata della Campaniaoffrì la sottomissione del suo paese alla signoria diRoma, e ad un simile allettamento i Romani non seppe-ro resistere. In seguito a ciò s'inviarono ambasciatori ro-mani ai Sanniti per comunicar loro il nuovo acquisto, in-vitandoli a rispettare il territorio della potenza amica.Dopo ciò non è più possibile tener dietro ai fatti nei loroparticolari(29); noi sappiamo soltanto che tra Roma ed il

29 Nessuna parte degli annali romani è forse più svisata di quel-lo che sia la narrazione della prima guerra sannitico-latina,come la si trova, o come la si trovò in Livio, in Dionisio, inAppiano. Essa è press'a poco come segue: Dopo che ambeduei consoli furono entrati nella Campania l'anno 411 = 343 ilconsole Marco Valerio Corvo riportò sulle prime al MonteGauro una difficile e sanguinosa vittoria sui Sanniti; poi ancheil collega Aulo Cornelio Cosso ottenne un secondo successodopo essersi sottratto ad una sconfitta, in una gola, col sacrifi-cio d'un distaccamento capitanato dal tribuno di guerra PublioDecio. La terza e decisiva battaglia fu combattuta all'ingressodel passo Caudino presso Suessula dai due consoli; i Sannitifurono completamente battuti – si raccolsero sul campo di bat-taglia quarantamila scudi – e costretti a far pace, nella quale iRomani si tennero Capua, datasi loro spontaneamente, e la-sciarono per contro Teano ai Sanniti (413 = 341). Vennero fe-licitazioni da ogni parte, persino da Cartagine. I Latini, che sierano rifiutati di mandare il contingente e che pareva si armas-sero contro Roma, volsero le loro armi contro i Peligni invecedi volgerle contro Roma, mentre i Romani erano diversamenteoccupati in primo luogo per una congiura militare del presidiorimasto nella Campania (412 = 342), poi per l'espugnazione diPriverno (413 = 341) e per la guerra contro gli Anziati. Ma a

211

Page 212: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Sannio, sia dopo una prima campagna, sia senza unaprecedente guerra, fu stipulato un compromesso per cuii Romani ebbero le mani libere per agire contro Capua, iSanniti contro Teano ed i Volsci sul Liri superiore. Che iSanniti vi acconsentissero lo dimostrano i grandi sforziche, appunto in quel tempo fecero i Tarentini per libe-

questo punto cambiano repentinamente e in modo strano lecondizioni delle due parti. I Latini, i quali avevano domandatoinvano la cittadinanza romana e l'abilitazione al consolato, sisollevarono contro Roma in unione coi Sidicini, i quali aveva-no indarno offerto ai Romani la loro sottomissione e non sape-vano dove dare col capo per salvarsi dai Sanniti, e coi Campa-ni ormai stanchi della signoria romana. Solo i Laurenti nel La-zio ed i cavalieri campani tenevano dalla parte dei Romani, iquali dal canto loro trovarono aiuto presso i Peligni ed i San-niti. L'esercito latino irruppe nel Sannio; il romano-sanniticodopo entrato nella Campania, passando accanto al lago Fucinoe poi vicino al Lazio, combattè la battaglia decisiva contro iLatini ed i Campani uniti alle falde del Vesuvio, battaglia vin-ta finalmente dal console Tito Manlio Imperioso dopo aver ri-condotta la vacillante disciplina delle sue truppe persino collacondanna a morte del proprio figlio, vincitore, ma violatoredei suoi ordini; e dopo che il suo collega Publio Decio Mureaveva pacificato gli dei col sacrificio della sua persona e coglisforzi dell'ultima riserva. Ma soltanto una seconda battaglia,che dette il console Manlio ai Latini ed ai Campani presso Tri-fanum, mise fine alla guerra; il Lazio e Capua si sottomisero eperdettero una parte del loro territorio.

Agli avveduti non isfuggirà che questa narrazione è piena di as-surdità di ogni specie. Impossibile il guerreggiare degli Anzia-ti dopo la loro sottomissione del 377 = 377 (LIV. 6,33); laguerra dei soli Latini contro i Peligni in assoluta opposizione

212

Sannio, sia dopo una prima campagna, sia senza unaprecedente guerra, fu stipulato un compromesso per cuii Romani ebbero le mani libere per agire contro Capua, iSanniti contro Teano ed i Volsci sul Liri superiore. Che iSanniti vi acconsentissero lo dimostrano i grandi sforziche, appunto in quel tempo fecero i Tarentini per libe-

questo punto cambiano repentinamente e in modo strano lecondizioni delle due parti. I Latini, i quali avevano domandatoinvano la cittadinanza romana e l'abilitazione al consolato, sisollevarono contro Roma in unione coi Sidicini, i quali aveva-no indarno offerto ai Romani la loro sottomissione e non sape-vano dove dare col capo per salvarsi dai Sanniti, e coi Campa-ni ormai stanchi della signoria romana. Solo i Laurenti nel La-zio ed i cavalieri campani tenevano dalla parte dei Romani, iquali dal canto loro trovarono aiuto presso i Peligni ed i San-niti. L'esercito latino irruppe nel Sannio; il romano-sanniticodopo entrato nella Campania, passando accanto al lago Fucinoe poi vicino al Lazio, combattè la battaglia decisiva contro iLatini ed i Campani uniti alle falde del Vesuvio, battaglia vin-ta finalmente dal console Tito Manlio Imperioso dopo aver ri-condotta la vacillante disciplina delle sue truppe persino collacondanna a morte del proprio figlio, vincitore, ma violatoredei suoi ordini; e dopo che il suo collega Publio Decio Mureaveva pacificato gli dei col sacrificio della sua persona e coglisforzi dell'ultima riserva. Ma soltanto una seconda battaglia,che dette il console Manlio ai Latini ed ai Campani presso Tri-fanum, mise fine alla guerra; il Lazio e Capua si sottomisero eperdettero una parte del loro territorio.

Agli avveduti non isfuggirà che questa narrazione è piena di as-surdità di ogni specie. Impossibile il guerreggiare degli Anzia-ti dopo la loro sottomissione del 377 = 377 (LIV. 6,33); laguerra dei soli Latini contro i Peligni in assoluta opposizione

212

Page 213: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rarsi dei loro vicini sabellici; ma anche i Romani aveva-no dei buoni motivi per mettersi al più presto possibiled'accordo coi Sanniti, poichè il prossimo passaggio sottola signoria romana del paese posto a mezzogiorno delLazio cambiò in aperta sollevazione il fermento che dalungo tempo esisteva nell'animo dei Latini.

colle condizioni contenute nei trattati tra Roma ed il Lazio; lamarcia inaudita dell'esercito romano per recarsi a Capua pas-sando sul territorio dei Marsi e dei Sanniti mentre tutto il La-zio era in armi contro Roma; per non parlare della relazionenon meno confusa che sentimentale della rivolta militare del412 = 342 e delle storielle del condottiero della medesima, co-stretto ad accettare tale compito, Tito Quinzio dalla mano rat-trappita, il Götz di Berlichingen dei Romani. E ancora più so-spette sono forse le ripetizioni: così ad esempio, quanto narra-si del tribuno di guerra Publio Decio è una copia dell'animosoatto di Marco Calpurnio Fiamma nella prima guerra punica;così è ripetuta nell'anno 425 = 329 l'espugnazione di Privernoper opera di Gaio Plauzio e solo questa è registrata nei fastitrionfali; così il sacrifizio della vita di Publio Decio avvenutanotoriamente per suo figlio l'anno 459 = 295. In questo capito-lo degli annali tutta la narrazione rivela che fu scritta inun'altra epoca e da mano diversa di quella che scrisse le rela-zioni annaliste d'altri tempi, giudicate degne di maggior fede;la narrazione è traboccante di artificiosi quadri di battaglie, dielaborati aneddoti, come ad esempio quello del pretore di Se-tia il quale si rompe il collo sui gradini della casa comunaleperchè fu così ardito da ambire il consolato; e così diversianeddoti costruiti sul soprannome dato a Tito Manlio; è pienadi particolarità e digressioni archeologiche in parte anche as-sai arrischiate, come ad esempio presso LIV. 1,52 la storia del-la legione, (ond'è manifestamente un nuovo frammento la no-

213

rarsi dei loro vicini sabellici; ma anche i Romani aveva-no dei buoni motivi per mettersi al più presto possibiled'accordo coi Sanniti, poichè il prossimo passaggio sottola signoria romana del paese posto a mezzogiorno delLazio cambiò in aperta sollevazione il fermento che dalungo tempo esisteva nell'animo dei Latini.

colle condizioni contenute nei trattati tra Roma ed il Lazio; lamarcia inaudita dell'esercito romano per recarsi a Capua pas-sando sul territorio dei Marsi e dei Sanniti mentre tutto il La-zio era in armi contro Roma; per non parlare della relazionenon meno confusa che sentimentale della rivolta militare del412 = 342 e delle storielle del condottiero della medesima, co-stretto ad accettare tale compito, Tito Quinzio dalla mano rat-trappita, il Götz di Berlichingen dei Romani. E ancora più so-spette sono forse le ripetizioni: così ad esempio, quanto narra-si del tribuno di guerra Publio Decio è una copia dell'animosoatto di Marco Calpurnio Fiamma nella prima guerra punica;così è ripetuta nell'anno 425 = 329 l'espugnazione di Privernoper opera di Gaio Plauzio e solo questa è registrata nei fastitrionfali; così il sacrifizio della vita di Publio Decio avvenutanotoriamente per suo figlio l'anno 459 = 295. In questo capito-lo degli annali tutta la narrazione rivela che fu scritta inun'altra epoca e da mano diversa di quella che scrisse le rela-zioni annaliste d'altri tempi, giudicate degne di maggior fede;la narrazione è traboccante di artificiosi quadri di battaglie, dielaborati aneddoti, come ad esempio quello del pretore di Se-tia il quale si rompe il collo sui gradini della casa comunaleperchè fu così ardito da ambire il consolato; e così diversianeddoti costruiti sul soprannome dato a Tito Manlio; è pienadi particolarità e digressioni archeologiche in parte anche as-sai arrischiate, come ad esempio presso LIV. 1,52 la storia del-la legione, (ond'è manifestamente un nuovo frammento la no-

213

Page 214: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

12. Sollevazione dei Latini e dei Campani.Ad eccezione di Laurento, tutte le città di origine latina,e persino i Tusculani assunti nei vincoli di cittadini ro-mani, presero le armi contro Roma, mentre al contrariole colonie romane nel Lazio, eccettuata Velletri, si ten-nero ferme nella lega romana. Che i Capuani, ad ontadella sottomissione fatta poco innanzi spontaneamenteai Romani, cogliessero la prima occasione per liberarsidi nuovo dalla signoria di Roma, e che malgrado l'oppo-sizione della parte degli ottimati, che tenevasi strettaalla lega con Roma, la città facesse causa comune collaconfederazione latina, che i Volsci riconoscessero inquesta sollevazione latina l'ultima possibilità di ricon-quistare la loro libertà e dessero mano all'armi, sonocose ben naturali; mentre le città volsche ancora indi-pendenti, come Fundi e Formia, e gli Ernici e l'aristocra-zia della Campania non presero parte a questa solleva-

tizia, a quanto pare sommamente apocrifa, sui manipoli delsecondo Tarquinio composti di Romani e di Latini); l'interpre-tazione contradittoria del trattato tra Capua e Roma (V. la miaopera sulle monete romane, p. 333 A. 122); le formule del sa-crificio votivo; il denaro della Campania; la lega laurentina; idue jugeri bina iugera nelle assegnazioni. Fra tali circostanzeè degna di considerazione quella che Diodoro, il quale seguealtre e spesso più antiche relazioni, non sa assolutamente nulladi tutti questi avvenimenti, se eccettui l'ultima battaglia pressoTrifanum, la quale d'altronde male combina coll'ulteriore rac-conto, che secondo la giustizia poetica dovrebbe finire collamorte di Decio.

214

12. Sollevazione dei Latini e dei Campani.Ad eccezione di Laurento, tutte le città di origine latina,e persino i Tusculani assunti nei vincoli di cittadini ro-mani, presero le armi contro Roma, mentre al contrariole colonie romane nel Lazio, eccettuata Velletri, si ten-nero ferme nella lega romana. Che i Capuani, ad ontadella sottomissione fatta poco innanzi spontaneamenteai Romani, cogliessero la prima occasione per liberarsidi nuovo dalla signoria di Roma, e che malgrado l'oppo-sizione della parte degli ottimati, che tenevasi strettaalla lega con Roma, la città facesse causa comune collaconfederazione latina, che i Volsci riconoscessero inquesta sollevazione latina l'ultima possibilità di ricon-quistare la loro libertà e dessero mano all'armi, sonocose ben naturali; mentre le città volsche ancora indi-pendenti, come Fundi e Formia, e gli Ernici e l'aristocra-zia della Campania non presero parte a questa solleva-

tizia, a quanto pare sommamente apocrifa, sui manipoli delsecondo Tarquinio composti di Romani e di Latini); l'interpre-tazione contradittoria del trattato tra Capua e Roma (V. la miaopera sulle monete romane, p. 333 A. 122); le formule del sa-crificio votivo; il denaro della Campania; la lega laurentina; idue jugeri bina iugera nelle assegnazioni. Fra tali circostanzeè degna di considerazione quella che Diodoro, il quale seguealtre e spesso più antiche relazioni, non sa assolutamente nulladi tutti questi avvenimenti, se eccettui l'ultima battaglia pressoTrifanum, la quale d'altronde male combina coll'ulteriore rac-conto, che secondo la giustizia poetica dovrebbe finire collamorte di Decio.

214

Page 215: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

zione, per motivi che ci sono ignoti.La situazione dei Romani era difficile; le legioni, cheavevano passato il Liri e occupavano la Campania, era-no tagliate fuori dall'insurrezione dei Latini e dei Volscie la vittoria sola poteva salvarle.La battaglia campale fu combattuta (414 = 340) pressoTrifano (tra Minturno, Suessa e Sinuessa); il consoleTito Manlio Imperioso Torquato riportò sugli alleati lati-ni e campani una compiuta vittoria. Nei due anni che se-guirono, le singole città dei Latini e dei Volsci, che an-cora esistevano, furono ridotte all'ubbidienza sia permezzo di accordi, sia per forza d'armi e tutto il paesevenne così sotto la signoria dei Romani.Conseguenza della vittoria fu lo scioglimento della legalatina. Essa fu trasformata da confederazione politica edindipendente in semplice consorzio religioso festivo; gliantichi diritti della confederazione ad un massimo dellaleva e ad una parte del bottino di guerra cessarono affat-to, o, dove si mantennero, presero il carattere di conces-sione e di favore.Invece del solo trattato tra Roma da un lato e la confe-derazione latina dall'altro, si conchiusero trattati perpe-tui tra Roma ed i singoli comuni della confederazione.L'isolamento dei comuni tra loro, che per quelli fondatidopo l'anno 370 = 384 era già stato stabilito prima, fuesteso a tutta la nazione latina. In tutto il resto fu lascia-ta a ciascun comune, come pel passato, la sua autono-

215

zione, per motivi che ci sono ignoti.La situazione dei Romani era difficile; le legioni, cheavevano passato il Liri e occupavano la Campania, era-no tagliate fuori dall'insurrezione dei Latini e dei Volscie la vittoria sola poteva salvarle.La battaglia campale fu combattuta (414 = 340) pressoTrifano (tra Minturno, Suessa e Sinuessa); il consoleTito Manlio Imperioso Torquato riportò sugli alleati lati-ni e campani una compiuta vittoria. Nei due anni che se-guirono, le singole città dei Latini e dei Volsci, che an-cora esistevano, furono ridotte all'ubbidienza sia permezzo di accordi, sia per forza d'armi e tutto il paesevenne così sotto la signoria dei Romani.Conseguenza della vittoria fu lo scioglimento della legalatina. Essa fu trasformata da confederazione politica edindipendente in semplice consorzio religioso festivo; gliantichi diritti della confederazione ad un massimo dellaleva e ad una parte del bottino di guerra cessarono affat-to, o, dove si mantennero, presero il carattere di conces-sione e di favore.Invece del solo trattato tra Roma da un lato e la confe-derazione latina dall'altro, si conchiusero trattati perpe-tui tra Roma ed i singoli comuni della confederazione.L'isolamento dei comuni tra loro, che per quelli fondatidopo l'anno 370 = 384 era già stato stabilito prima, fuesteso a tutta la nazione latina. In tutto il resto fu lascia-ta a ciascun comune, come pel passato, la sua autono-

215

Page 216: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

mia e la sua immunità.Gli altri antichi comuni latini, come pure le colonie, per-dettero completamente la loro indipendenza e con formediverse entravano nella lega delle città romane.Nella più ragguardevole città dei Volsci, in Antium, piùforte per terra che per mare, furono inviati coloni roma-ni, e gli antichi cittadini furono obbligati non solo a ce-dere ai nuovi venuti le terre occorrenti, ma anche ad en-trare a far parte del vincolo della cittadinanza romana(416 = 338). Pochi anni dopo (425 = 329) coloni romanisi recarono anche nella seconda importante città dei Vol-sci, a Terracina, e qui pure gli antichi cittadini furono ocacciati o incorporati nel nuovo comune. Lanuvio, Ari-cia, Nomentum, Pedum, perdettero la loro indipendenzae divennero comuni romani. Le mura di Velletri furonoabbattute, il senato fu scacciato o internato nell'Etruriaromana, e la città fu probabilmente costituita secondo ildiritto di Cere, in comune vassallo. Una parte dei terreniconquistati, per esempio quella dei senatori, fu divisa trai cittadini romani; con queste speciali assegnazioni,coincide l'istituzione di altre due tribù cittadine avvenu-ta nell'anno 422 = 332. Quanto fosse profondamentesentito in Roma l'immenso pregio del successo ottenuto,lo prova la statua innalzata nel foro romano al vittoriosoconsole dell'anno 416 = 338 Gaio Lenio, e gli ornamentidella tribuna degli oratori nel foro, con i rostri delle in-servibili galere d'Anzio.

216

mia e la sua immunità.Gli altri antichi comuni latini, come pure le colonie, per-dettero completamente la loro indipendenza e con formediverse entravano nella lega delle città romane.Nella più ragguardevole città dei Volsci, in Antium, piùforte per terra che per mare, furono inviati coloni roma-ni, e gli antichi cittadini furono obbligati non solo a ce-dere ai nuovi venuti le terre occorrenti, ma anche ad en-trare a far parte del vincolo della cittadinanza romana(416 = 338). Pochi anni dopo (425 = 329) coloni romanisi recarono anche nella seconda importante città dei Vol-sci, a Terracina, e qui pure gli antichi cittadini furono ocacciati o incorporati nel nuovo comune. Lanuvio, Ari-cia, Nomentum, Pedum, perdettero la loro indipendenzae divennero comuni romani. Le mura di Velletri furonoabbattute, il senato fu scacciato o internato nell'Etruriaromana, e la città fu probabilmente costituita secondo ildiritto di Cere, in comune vassallo. Una parte dei terreniconquistati, per esempio quella dei senatori, fu divisa trai cittadini romani; con queste speciali assegnazioni,coincide l'istituzione di altre due tribù cittadine avvenu-ta nell'anno 422 = 332. Quanto fosse profondamentesentito in Roma l'immenso pregio del successo ottenuto,lo prova la statua innalzata nel foro romano al vittoriosoconsole dell'anno 416 = 338 Gaio Lenio, e gli ornamentidella tribuna degli oratori nel foro, con i rostri delle in-servibili galere d'Anzio.

216

Page 217: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

13. Sottomissione completa dei Volsci e Campani.In ugual modo, sebbene con forme diverse, fu introdottae consolidata la signorìa romana nel paese meridionaledei Volsci, e nel territorio dei Campani: Fundi, Formiae,Capua, Cuma e parecchie altre città di minore importan-za divennero comuni romani vassalli con amministra-zione autonoma.Al fine di assicurarsi di Capua, come della più ragguar-devole città, si promosse la scissura già esistente tra lanobiltà ed il comune e s'introdusse, nell'interesse deiRomani, la revisione e il controllo dell'amministrazionecomunale.Lo stesso trattamento toccò a Privernum, i cui cittadini,sostenuti dal temerario partigiano Vitruvio Vacco daFondi, ebbero l'onore di combattere l'ultima battagliaper la libertà latina, che finì coll'assalto dato alla città(425 = 329) e con l'esecuzione capitale di Vacco nel car-cere romano.Allo scopo di formare e propagare in questi paesi unapropria popolazione romana, si distribuirono i territoriconquistati in guerra, e particolarmente quelli di Priver-num e di Falerno in tanta copia di lotti ai cittadini roma-ni, che pochi anni dopo, anche qui, poterono essere isti-tuite due nuove tribù romane (436 = 318). L'erezione didue piazze forti come colonie di diritto latino assicurò lanuova conquista. Queste furono Cales (420 = 334) nellapianura della Campania, da cui potevano essere domina-

217

13. Sottomissione completa dei Volsci e Campani.In ugual modo, sebbene con forme diverse, fu introdottae consolidata la signorìa romana nel paese meridionaledei Volsci, e nel territorio dei Campani: Fundi, Formiae,Capua, Cuma e parecchie altre città di minore importan-za divennero comuni romani vassalli con amministra-zione autonoma.Al fine di assicurarsi di Capua, come della più ragguar-devole città, si promosse la scissura già esistente tra lanobiltà ed il comune e s'introdusse, nell'interesse deiRomani, la revisione e il controllo dell'amministrazionecomunale.Lo stesso trattamento toccò a Privernum, i cui cittadini,sostenuti dal temerario partigiano Vitruvio Vacco daFondi, ebbero l'onore di combattere l'ultima battagliaper la libertà latina, che finì coll'assalto dato alla città(425 = 329) e con l'esecuzione capitale di Vacco nel car-cere romano.Allo scopo di formare e propagare in questi paesi unapropria popolazione romana, si distribuirono i territoriconquistati in guerra, e particolarmente quelli di Priver-num e di Falerno in tanta copia di lotti ai cittadini roma-ni, che pochi anni dopo, anche qui, poterono essere isti-tuite due nuove tribù romane (436 = 318). L'erezione didue piazze forti come colonie di diritto latino assicurò lanuova conquista. Queste furono Cales (420 = 334) nellapianura della Campania, da cui potevano essere domina-

217

Page 218: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

te Teano e Capua, e Fregellae (426 = 328) che assicura-va il passaggio del Liri. Ambedue queste colonie eranostraordinariamente forti e non tardarono a fiorire mal-grado gli impedimenti frapposti dai Sidicini allo svilup-po di Cales e dei Sanniti a quello di Fregellae. Ed anchea Sora si mandava un presidio romano di che, i Sanniti,ai quali questo distretto era stato lasciato in forza deltrattato, con ragione, ma indarno, si lamentavano. Romaprogrediva animosa verso la sua mèta nella energica egrandiosa sua politica, più che sul campo di battaglia,coll'assicurarsi i paesi conquistati avviluppandoli politi-camente e militarmente in una rete indissolubile.Che i Sanniti non vedessero di buon occhio i minacciosiprogressi dei Romani è cosa naturale, e non mancaronodi attraversare i loro disegni, ma essi trascurarono peròin questo tempo, quando forse era ancora possibile,d'impedire loro la via a nuove conquiste, colla risolutez-za voluta dalle circostanze. Pare, a dir vero, ch'essi ab-biano espugnata Teano dopo il trattato con Roma, e chevi abbiano posto un grosso presidio; poichè mentre que-sta città chiese prima aiuto a Capua ed a Roma contro ilSannio, nelle lotte combattute poi, sorse quale antemu-rale della potenza sannitica dalla parte d'occidente.I Sanniti si estendevano sul Liri superiore conquistandoterreno e logorando il paese, ma non si curarono di fis-sarvi stabile dimora. Così distrussero Fregellae città deiVolsci e in questo modo vi facilitarono appunto la fon-dazione della colonia romana portando lo spavento a

218

te Teano e Capua, e Fregellae (426 = 328) che assicura-va il passaggio del Liri. Ambedue queste colonie eranostraordinariamente forti e non tardarono a fiorire mal-grado gli impedimenti frapposti dai Sidicini allo svilup-po di Cales e dei Sanniti a quello di Fregellae. Ed anchea Sora si mandava un presidio romano di che, i Sanniti,ai quali questo distretto era stato lasciato in forza deltrattato, con ragione, ma indarno, si lamentavano. Romaprogrediva animosa verso la sua mèta nella energica egrandiosa sua politica, più che sul campo di battaglia,coll'assicurarsi i paesi conquistati avviluppandoli politi-camente e militarmente in una rete indissolubile.Che i Sanniti non vedessero di buon occhio i minacciosiprogressi dei Romani è cosa naturale, e non mancaronodi attraversare i loro disegni, ma essi trascurarono peròin questo tempo, quando forse era ancora possibile,d'impedire loro la via a nuove conquiste, colla risolutez-za voluta dalle circostanze. Pare, a dir vero, ch'essi ab-biano espugnata Teano dopo il trattato con Roma, e chevi abbiano posto un grosso presidio; poichè mentre que-sta città chiese prima aiuto a Capua ed a Roma contro ilSannio, nelle lotte combattute poi, sorse quale antemu-rale della potenza sannitica dalla parte d'occidente.I Sanniti si estendevano sul Liri superiore conquistandoterreno e logorando il paese, ma non si curarono di fis-sarvi stabile dimora. Così distrussero Fregellae città deiVolsci e in questo modo vi facilitarono appunto la fon-dazione della colonia romana portando lo spavento a

218

Page 219: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

due altre città volsche, Fabrateria (Ceccano) e Luca(d'ignota posizione), che seguendo l'esempio di Capua,si diedero spontaneamente ai Romani (424 = 330). Laconfederazione sannitica insomma si portò in modo chela conquista della Campania per parte dei Romani venneconsiderata un fatto compiuto prima ancora che i Sannitisi risolvessero seriamente ad opporvisi, di che furonocausa, senza dubbio, in parte le guerre combattute inquel tempo dai Sanniti contro gli Elleni italici, ma inparte anche la fiacca e sconnessa politica della confede-razione sannitica.

219

due altre città volsche, Fabrateria (Ceccano) e Luca(d'ignota posizione), che seguendo l'esempio di Capua,si diedero spontaneamente ai Romani (424 = 330). Laconfederazione sannitica insomma si portò in modo chela conquista della Campania per parte dei Romani venneconsiderata un fatto compiuto prima ancora che i Sannitisi risolvessero seriamente ad opporvisi, di che furonocausa, senza dubbio, in parte le guerre combattute inquel tempo dai Sanniti contro gli Elleni italici, ma inparte anche la fiacca e sconnessa politica della confede-razione sannitica.

219

Page 220: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

SESTO CAPITOLOGLI ITALICI CONTRO ROMA

1. Guerra tra Sabelli e Tarentini.Mentre i Romani combattevano sulle sponde del Liri edel Volturno, altre guerre sconvolgevano il sud-est dellapenisola.Sempre più gravemente minacciata dalle popolazionidei Lucani e dei Messapi, e diffidando con ragione delleproprie armi, la ricca repubblica commerciale di Taran-to, con buone parole e meglio con oro di buona lega,seppe tirare a sè condottieri e capitani di ventura delproprio paese.Il re degli spartani Archidamo, venuto in aiuto dei suicompatriotti alla testa d'un forte esercito, perì sotto learmi dei Lucani lo stesso giorno in cui Filippo vinse labattaglia di Cheronea (416 = 338). I superstiziosi Grecipensarono che la sua morte fosse avvenuta in espiazionedel saccheggio del tempio di Delfi, a cui Archidamo coisuoi aveva partecipato diciannove anni prima.A lui successe un più potente capitano, Alessandro ilMolosso, fratello d'Olimpia, madre di Alessandro ilgrande.Unitamente alle schiere da lui condotte Alessandro tras-se sotto le sue insegne i contingenti delle città greche,particolarmente quelle di Taranto e di Metaponto, oltre i

220

SESTO CAPITOLOGLI ITALICI CONTRO ROMA

1. Guerra tra Sabelli e Tarentini.Mentre i Romani combattevano sulle sponde del Liri edel Volturno, altre guerre sconvolgevano il sud-est dellapenisola.Sempre più gravemente minacciata dalle popolazionidei Lucani e dei Messapi, e diffidando con ragione delleproprie armi, la ricca repubblica commerciale di Taran-to, con buone parole e meglio con oro di buona lega,seppe tirare a sè condottieri e capitani di ventura delproprio paese.Il re degli spartani Archidamo, venuto in aiuto dei suicompatriotti alla testa d'un forte esercito, perì sotto learmi dei Lucani lo stesso giorno in cui Filippo vinse labattaglia di Cheronea (416 = 338). I superstiziosi Grecipensarono che la sua morte fosse avvenuta in espiazionedel saccheggio del tempio di Delfi, a cui Archidamo coisuoi aveva partecipato diciannove anni prima.A lui successe un più potente capitano, Alessandro ilMolosso, fratello d'Olimpia, madre di Alessandro ilgrande.Unitamente alle schiere da lui condotte Alessandro tras-se sotto le sue insegne i contingenti delle città greche,particolarmente quelle di Taranto e di Metaponto, oltre i

220

Page 221: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Pediculi (che abitavano intorno a Rubi, ora Ruvo), iquali, come i Greci, si vedevano minacciati dalla gentesabellica; finalmente gli stessi esiliati lucani, il cui rag-guardevole numero ci fa ritenere che forti dissensi inter-ni straziassero la federazione lucana.In tal modo Alessandro si vide presto superiore di forzeai nemici. Cosenza, che era, come pare, la sede della fe-derazione dei Sabelli stabiliti nella Magna Grecia, caddenelle sue mani. Invano accorsero i Sanniti in aiuto deiLucani; Alessandro sconfisse presso Pesto (Paestum) iloro eserciti uniti, vinse i Dauni a Siponto (Sipontum), iMessapi al sud-est della penisola; e così resosi padronedall'uno all'altro mare era in procinto di stendere lamano ai Romani per attaccare di concerto con essi iSanniti nelle loro sedi originarie.Ma questi successi, più fortunati di quello che si era pre-veduto, preoccuparono i Tarentini, per cui si venne allemani tra la sospettosa repubblica ed il suo capitano, che,venuto in Italia al soldo dei Tarentini, minacciava di vo-ler fondare un regno ellenico in occidente, come suo ni-pote già maturava il pensiero di fondare un regno grecoin oriente.Alessandro ebbe sulle prime propizia la fortuna; egli tol-se Eraclea ai Tarentini, restaurò Turio (Thurii) e pareche avesse invitato con un proclama tutti gli altri Greciitalici a mettersi sotto la sua protezione contro i Tarenti-ni, e nello stesso tempo si sforzasse di metter pace tra i

221

Pediculi (che abitavano intorno a Rubi, ora Ruvo), iquali, come i Greci, si vedevano minacciati dalla gentesabellica; finalmente gli stessi esiliati lucani, il cui rag-guardevole numero ci fa ritenere che forti dissensi inter-ni straziassero la federazione lucana.In tal modo Alessandro si vide presto superiore di forzeai nemici. Cosenza, che era, come pare, la sede della fe-derazione dei Sabelli stabiliti nella Magna Grecia, caddenelle sue mani. Invano accorsero i Sanniti in aiuto deiLucani; Alessandro sconfisse presso Pesto (Paestum) iloro eserciti uniti, vinse i Dauni a Siponto (Sipontum), iMessapi al sud-est della penisola; e così resosi padronedall'uno all'altro mare era in procinto di stendere lamano ai Romani per attaccare di concerto con essi iSanniti nelle loro sedi originarie.Ma questi successi, più fortunati di quello che si era pre-veduto, preoccuparono i Tarentini, per cui si venne allemani tra la sospettosa repubblica ed il suo capitano, che,venuto in Italia al soldo dei Tarentini, minacciava di vo-ler fondare un regno ellenico in occidente, come suo ni-pote già maturava il pensiero di fondare un regno grecoin oriente.Alessandro ebbe sulle prime propizia la fortuna; egli tol-se Eraclea ai Tarentini, restaurò Turio (Thurii) e pareche avesse invitato con un proclama tutti gli altri Greciitalici a mettersi sotto la sua protezione contro i Tarenti-ni, e nello stesso tempo si sforzasse di metter pace tra i

221

Page 222: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Greci e le popolazioni sabelliche.Ma i grandiosi suoi piani trovarono poco appoggio pres-so i degeneri e disanimati Greci, e il cambiamento diparte impostogli dalla necessità, alienò da lui parte diquei Lucani che fino allora gli era stata favorevole. Eglicadde presso Pandosia per mano d'un esule lucano (422= 332)(30).Colla sua morte le cose tornarono poco meno chenell'antico stato.Le città greche si videro di nuovo smembrate e ridotte alpunto di proteggersi dai nemici col mezzo di trattati, ditributi, o coll'aiuto straniero; così ad esempio Crotonenel 430 = 324 respinse i Bruzi coll'aiuto venutole da Si-racusa. Le genti sannitiche ebbero di nuovo il primato,e, non avendo da temere i Greci, poterono rivolgere iloro pensieri alla Campania ed al Lazio.Ma in questo breve tempo si era verificato un mutamen-to notevolissimo. La confederazione latina era spezzata,e fiaccata l'ultima resistenza dei Volsci, la più bella partedella penisola, il paese dei Campani, si trovava in pos-sesso incontrastato e saldo dei Romani, e così la secon-da città d'Italia posta sotto la clientela romana.

30 È necessario ricordare che quanto noi sappiamo d'Archidamo e d'Alessan-dro, lo abbiamo da annali greci, e che il sincronismo della storia greca edella romana per la presente epoca non è stabilito che per approssimazio-ne. Occorre quindi guardarsi dal voler seguire nei minuti particolari la con-nessione che nell'insieme riesce evidente, degli avvenimenti che si svolgo-no nell'Italia occidentale e orientale.

222

Greci e le popolazioni sabelliche.Ma i grandiosi suoi piani trovarono poco appoggio pres-so i degeneri e disanimati Greci, e il cambiamento diparte impostogli dalla necessità, alienò da lui parte diquei Lucani che fino allora gli era stata favorevole. Eglicadde presso Pandosia per mano d'un esule lucano (422= 332)(30).Colla sua morte le cose tornarono poco meno chenell'antico stato.Le città greche si videro di nuovo smembrate e ridotte alpunto di proteggersi dai nemici col mezzo di trattati, ditributi, o coll'aiuto straniero; così ad esempio Crotonenel 430 = 324 respinse i Bruzi coll'aiuto venutole da Si-racusa. Le genti sannitiche ebbero di nuovo il primato,e, non avendo da temere i Greci, poterono rivolgere iloro pensieri alla Campania ed al Lazio.Ma in questo breve tempo si era verificato un mutamen-to notevolissimo. La confederazione latina era spezzata,e fiaccata l'ultima resistenza dei Volsci, la più bella partedella penisola, il paese dei Campani, si trovava in pos-sesso incontrastato e saldo dei Romani, e così la secon-da città d'Italia posta sotto la clientela romana.

30 È necessario ricordare che quanto noi sappiamo d'Archidamo e d'Alessan-dro, lo abbiamo da annali greci, e che il sincronismo della storia greca edella romana per la presente epoca non è stabilito che per approssimazio-ne. Occorre quindi guardarsi dal voler seguire nei minuti particolari la con-nessione che nell'insieme riesce evidente, degli avvenimenti che si svolgo-no nell'Italia occidentale e orientale.

222

Page 223: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Mentre i Greci e i Sanniti si azzuffavano, Roma si eraquasi senza contrasto elevata a tale solida potenza, chenessuno dei popoli della penisola aveva di per sè la for-za di scrollarla. Tutti erano ormai minacciati dal perico-lo di cadere sotto il giogo dei Romani e solo uno sforzocomune poteva forse ancora spezzare le catene primache si ribadissero.Ma la chiaroveggenza, il coraggio, la rassegnazione ne-cessari per formare e mantenere una simile coalizionecomposta di tanti comuni popolari e urbani, sino alloraper la massima parte nemici e stranieri gli uni agli altri,non si poterono trovare nello stesso tempo, o si trovaro-no solo quando era già troppo tardi.

2. Coalizione degli italici contro Roma.Da quando si era sfasciata la potenza degli Etruschi, es'erano indebolite le repubbliche italo-greche, la confe-derazione sannitica era, senza dubbio, dopo Roma, lapiù ragguardevole potenza in Italia e nello stesso tempoquella che prima e più immediatamente delle altre eraminacciata dalle usurpazioni romane.Ad essa toccava dunque il primo posto ed il maggiorpeso nella guerra per la libertà e per la nazionalità chegli Italici dovevano intraprendere contro Roma. Essapoteva fare assegnamento sulle piccole popolazioni sa-belliche dei Vestini, dei Frentani, dei Marruccini e di al-tri minori distretti che vivevano in rurale isolamento fra

223

Mentre i Greci e i Sanniti si azzuffavano, Roma si eraquasi senza contrasto elevata a tale solida potenza, chenessuno dei popoli della penisola aveva di per sè la for-za di scrollarla. Tutti erano ormai minacciati dal perico-lo di cadere sotto il giogo dei Romani e solo uno sforzocomune poteva forse ancora spezzare le catene primache si ribadissero.Ma la chiaroveggenza, il coraggio, la rassegnazione ne-cessari per formare e mantenere una simile coalizionecomposta di tanti comuni popolari e urbani, sino alloraper la massima parte nemici e stranieri gli uni agli altri,non si poterono trovare nello stesso tempo, o si trovaro-no solo quando era già troppo tardi.

2. Coalizione degli italici contro Roma.Da quando si era sfasciata la potenza degli Etruschi, es'erano indebolite le repubbliche italo-greche, la confe-derazione sannitica era, senza dubbio, dopo Roma, lapiù ragguardevole potenza in Italia e nello stesso tempoquella che prima e più immediatamente delle altre eraminacciata dalle usurpazioni romane.Ad essa toccava dunque il primo posto ed il maggiorpeso nella guerra per la libertà e per la nazionalità chegli Italici dovevano intraprendere contro Roma. Essapoteva fare assegnamento sulle piccole popolazioni sa-belliche dei Vestini, dei Frentani, dei Marruccini e di al-tri minori distretti che vivevano in rurale isolamento fra

223

Page 224: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

le loro montagne, ma che non sarebbero stati restii acorrere alle armi, quando richiesti da una schiatta affine,in difesa dell'onore comune.Di maggiore importanza sarebbe stato l'aiuto degli Elle-ni stanziati nella Campania e nella Magna Grecia, e par-ticolarmente quello dei Tarentini, dei possenti Lucani edei Bruzii; ma la fiacchezza e la trascuratezza dei dema-goghi che signoreggiavano a Taranto, l'impaccio, in cuisi trovava avvolta la città per gli affari di Sicilia, le di-scordie intestine della confederazione lucana, e più ditutto le secolari e profonde inimicizie degli Ellenidell'Italia inferiore coi Lucani loro oppressori, lasciava-no appena sperare che Taranto e la Lucania si potesserounire insieme coi Sanniti.Dai Marsi e dai Sabini, come i più prossimi ai Romani,e già da lungo tempo rappacificati con Roma, non si po-tevano attendere che fiacchi soccorsi o la neutralità; iPugliesi, antichi ed inaspriti avversarii dei Sabelli, eranoi naturali alleati dei Romani. Vi era viceversa da credereche, ottenutosi un primo successo, gli Etruschi si unireb-bero alla confederazione, e in questo caso si poteva per-sino sperare una sollevazione nel Lazio e nel paese deiVolsci e degli Ernici.Ma prima d'ogni altra cosa era necessario che i Sanniti,questi Etoli d'Italia, in cui la forza nazionale non era an-cora fiaccata, acquistassero la coscienza del proprio va-lore e ponessero nella lotta diseguale una perseveranza,

224

le loro montagne, ma che non sarebbero stati restii acorrere alle armi, quando richiesti da una schiatta affine,in difesa dell'onore comune.Di maggiore importanza sarebbe stato l'aiuto degli Elle-ni stanziati nella Campania e nella Magna Grecia, e par-ticolarmente quello dei Tarentini, dei possenti Lucani edei Bruzii; ma la fiacchezza e la trascuratezza dei dema-goghi che signoreggiavano a Taranto, l'impaccio, in cuisi trovava avvolta la città per gli affari di Sicilia, le di-scordie intestine della confederazione lucana, e più ditutto le secolari e profonde inimicizie degli Ellenidell'Italia inferiore coi Lucani loro oppressori, lasciava-no appena sperare che Taranto e la Lucania si potesserounire insieme coi Sanniti.Dai Marsi e dai Sabini, come i più prossimi ai Romani,e già da lungo tempo rappacificati con Roma, non si po-tevano attendere che fiacchi soccorsi o la neutralità; iPugliesi, antichi ed inaspriti avversarii dei Sabelli, eranoi naturali alleati dei Romani. Vi era viceversa da credereche, ottenutosi un primo successo, gli Etruschi si unireb-bero alla confederazione, e in questo caso si poteva per-sino sperare una sollevazione nel Lazio e nel paese deiVolsci e degli Ernici.Ma prima d'ogni altra cosa era necessario che i Sanniti,questi Etoli d'Italia, in cui la forza nazionale non era an-cora fiaccata, acquistassero la coscienza del proprio va-lore e ponessero nella lotta diseguale una perseveranza,

224

Page 225: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

che lasciasse agli altri popoli il tempo ad un nobile pu-dore, alla riflessione, a raccogliere i mezzi, e allora unsolo successo fortunato avrebbe potuto far divampareattorno a Roma l'incendio della guerra e della solleva-zione. La storia deve rendere al generoso popolo sannitola testimonianza che esso ha avuto la coscienza del pro-prio dovere e che lo ha pienamente compiuto.Già da parecchi anni tra il Sannio e Roma nascevanotratto tratto contese per i continui soprusi che i Romanisi permettevano sul Liri, tra i quali l'ultimo e quello dimaggior momento fu la fondazione di Fregellae (426 =328). Nondimeno furono i Greci stabiliti nella Campa-nia quelli che fornirono l'occasione per venire alle mani.La città di Neapoli che dominava anche le isole grechenel golfo dopo che Cuma e Capua erano diventate roma-ne, era il solo comune entro il territorio greco non anco-ra soggiogato e nulla più premeva ai Romani della suasottomissione.Informati i Tarentini ed i Sanniti del progetto dei Roma-ni d'impadronirsi di questa città, decisero di prevenirli; ese in grazia della loro lontananza e della loro lentezza iTarentini non furono pronti ad eseguire tale risoluzione,i Sanniti non ristettero dal mettervi piede stabilendoviun forte presidio.I Romani dichiararono tosto la guerra: di nome ai Nea-politi, di fatto però ai Sanniti (427 = 327) e assediaronoNeapoli.

225

che lasciasse agli altri popoli il tempo ad un nobile pu-dore, alla riflessione, a raccogliere i mezzi, e allora unsolo successo fortunato avrebbe potuto far divampareattorno a Roma l'incendio della guerra e della solleva-zione. La storia deve rendere al generoso popolo sannitola testimonianza che esso ha avuto la coscienza del pro-prio dovere e che lo ha pienamente compiuto.Già da parecchi anni tra il Sannio e Roma nascevanotratto tratto contese per i continui soprusi che i Romanisi permettevano sul Liri, tra i quali l'ultimo e quello dimaggior momento fu la fondazione di Fregellae (426 =328). Nondimeno furono i Greci stabiliti nella Campa-nia quelli che fornirono l'occasione per venire alle mani.La città di Neapoli che dominava anche le isole grechenel golfo dopo che Cuma e Capua erano diventate roma-ne, era il solo comune entro il territorio greco non anco-ra soggiogato e nulla più premeva ai Romani della suasottomissione.Informati i Tarentini ed i Sanniti del progetto dei Roma-ni d'impadronirsi di questa città, decisero di prevenirli; ese in grazia della loro lontananza e della loro lentezza iTarentini non furono pronti ad eseguire tale risoluzione,i Sanniti non ristettero dal mettervi piede stabilendoviun forte presidio.I Romani dichiararono tosto la guerra: di nome ai Nea-politi, di fatto però ai Sanniti (427 = 327) e assediaronoNeapoli.

225

Page 226: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Da qualche tempo i Greci della Campania mal si rasse-gnavano a tollerare il turbamento de' commerci e l'occu-pazione straniera; ed i Romani, che in ogni modo si ado-pravano per allontanare, conducendo pratiche separate,gli stati di secondo e di terz'ordine della lega che natu-ralmente andava preparandosi con gran premura, appenai Greci si mostrarono inclini alle trattative, offrironoloro le più vantaggiose condizioni: piena eguaglianza didiritto, esenzione della milizia di terra, federazione sulpiede di eguaglianza e pace perpetua. Su queste basi fuconchiuso il trattato coi Neapoliti (428 = 326), dopoch'essi si furono liberati con l'astuzia del presidio deiSanniti.Le città sabelliche poste a mezzodì del Volturno, Nola,Nocera, Ercolano, Pompei, al principio della guerra te-nevano pel Sannio; ma loro posizione geografica assaiesposta, e i maneggi dei Romani, i quali mettevano inopera ogni mezzo per attrarre colla possente levadell'astuzia e dell'interesse alla loro parte la fazione de-gli ottimati, e che avevano un potente aiuto nell'esempiodi Capua, fecero sì che tutte le città, che sopra menzio-nammo, non tardarono lungo tempo, dopo il caso diNeapoli, o di allearsi a Roma, o almeno a dichiararsineutrali.Un successo ancora più importante riuscì ai Romani diconseguire nella Lucania. Anche qui il popolo, seguen-do il suo giusto istinto, propendeva per l'alleanza sanni-tica, ma siccome la lega coi Sanniti implicava anche la

226

Da qualche tempo i Greci della Campania mal si rasse-gnavano a tollerare il turbamento de' commerci e l'occu-pazione straniera; ed i Romani, che in ogni modo si ado-pravano per allontanare, conducendo pratiche separate,gli stati di secondo e di terz'ordine della lega che natu-ralmente andava preparandosi con gran premura, appenai Greci si mostrarono inclini alle trattative, offrironoloro le più vantaggiose condizioni: piena eguaglianza didiritto, esenzione della milizia di terra, federazione sulpiede di eguaglianza e pace perpetua. Su queste basi fuconchiuso il trattato coi Neapoliti (428 = 326), dopoch'essi si furono liberati con l'astuzia del presidio deiSanniti.Le città sabelliche poste a mezzodì del Volturno, Nola,Nocera, Ercolano, Pompei, al principio della guerra te-nevano pel Sannio; ma loro posizione geografica assaiesposta, e i maneggi dei Romani, i quali mettevano inopera ogni mezzo per attrarre colla possente levadell'astuzia e dell'interesse alla loro parte la fazione de-gli ottimati, e che avevano un potente aiuto nell'esempiodi Capua, fecero sì che tutte le città, che sopra menzio-nammo, non tardarono lungo tempo, dopo il caso diNeapoli, o di allearsi a Roma, o almeno a dichiararsineutrali.Un successo ancora più importante riuscì ai Romani diconseguire nella Lucania. Anche qui il popolo, seguen-do il suo giusto istinto, propendeva per l'alleanza sanni-tica, ma siccome la lega coi Sanniti implicava anche la

226

Page 227: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pace con Taranto e parecchi dei reggenti della Lucanianon trovavano il loro conto nel far cessare le lucrosescorrerie de' predoni, così riuscì ai Romani di stringereuna lega colla Lucania che fu di grandissima importan-za, perchè con essa si dava molto da fare ai Tarentini esi rendevano disponibili contro il Sannio tutte le forzedei Romani.

3. Forche Caudine.Il Sannio rimaneva così interamente isolato; soltanto al-cuni dei distretti montuosi orientali gli mandarono con-tingenti. Coll'anno 428 = 326 cominciò la guerra entrolo stesso paese sannitico ed i Romani occuparono alcunecittà ai confini della Campania, come Rufrae (tra Vena-fro e Teano) e Allifae. Negli anni seguenti gli esercitiromani, combattendo e saccheggiando, traversarono ilSannio nel territorio dei Vestini, e s'inoltrarono sinoall'Apulia, ove furono accolti a braccia aperte, riportan-do ovunque i più decisivi vantaggi.I Sanniti si perdettero d'animo; rimandarono i prigionie-ri romani, e insieme ad essi il cadavere del capo del par-tito della guerra Brutulo Papio – il quale aveva prevenu-to i carnefici romani – dopo che la repubblica sanniticaebbe deliberato di domandare la pace al nemico, e, me-diante la consegna del più valoroso loro duce, sperandodi ottenere più miti condizioni.Ma non essendo stato accolto dal popolo di Roma l'umi-

227

pace con Taranto e parecchi dei reggenti della Lucanianon trovavano il loro conto nel far cessare le lucrosescorrerie de' predoni, così riuscì ai Romani di stringereuna lega colla Lucania che fu di grandissima importan-za, perchè con essa si dava molto da fare ai Tarentini esi rendevano disponibili contro il Sannio tutte le forzedei Romani.

3. Forche Caudine.Il Sannio rimaneva così interamente isolato; soltanto al-cuni dei distretti montuosi orientali gli mandarono con-tingenti. Coll'anno 428 = 326 cominciò la guerra entrolo stesso paese sannitico ed i Romani occuparono alcunecittà ai confini della Campania, come Rufrae (tra Vena-fro e Teano) e Allifae. Negli anni seguenti gli esercitiromani, combattendo e saccheggiando, traversarono ilSannio nel territorio dei Vestini, e s'inoltrarono sinoall'Apulia, ove furono accolti a braccia aperte, riportan-do ovunque i più decisivi vantaggi.I Sanniti si perdettero d'animo; rimandarono i prigionie-ri romani, e insieme ad essi il cadavere del capo del par-tito della guerra Brutulo Papio – il quale aveva prevenu-to i carnefici romani – dopo che la repubblica sanniticaebbe deliberato di domandare la pace al nemico, e, me-diante la consegna del più valoroso loro duce, sperandodi ottenere più miti condizioni.Ma non essendo stato accolto dal popolo di Roma l'umi-

227

Page 228: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

le e quasi supplichevole preghiera (432 = 322), i Sannitiripresero le armi sotto il loro nuovo duce Gavio Ponzio,e si disposero a difendersi disperatamente.L'esercito romano che, capitanato da entrambi i consolidel seguente anno 433 = 321 Spurio Postumio e Tito Ve-turio, era accampato presso Calazia (tra Caserta e Mad-daloni), ebbe notizia, confermata da gran numero di pri-gionieri, che i Sanniti avevano stretto d'assedio Luceria,e che questa città, da cui dipendeva il possesso dell'Apu-lia, era in grave pericolo.Si levarono in fretta gli alloggiamenti. Per arrivare intempo non si poteva prendere che una via, la quale attra-versava il territorio nemico, là dove in continuazionedella via Appia fu poscia costruita la via romana che daCapua, per Benevento, sbocca verso l'Apulia. Questa viaconduceva tra i monti che stanno presso le attuali borga-te di Arpaia e Montesarchio e riusciva ad un fondo valleacquitrinoso, circondato da alte e scoscese colline selvo-se, da cui non si poteva nè entrare nè uscire che per golee forre anguste. Qui i Sanniti s'erano posti in imboscata.I Romani, che s'erano inoltrati senza incontrare ostacolinella valle, trovarono sbarrato con una trincea di alberiabbattuti e saldamente difeso il capo della valle dal qua-le dovevano uscire. Tornando indietro si accorsero chel'ingresso era sbarrato nello stesso modo e videro ad untempo le creste dei monti coronarsi di coorti sannitiche.Troppo tardi compresero i Romani di essersi lasciati

228

le e quasi supplichevole preghiera (432 = 322), i Sannitiripresero le armi sotto il loro nuovo duce Gavio Ponzio,e si disposero a difendersi disperatamente.L'esercito romano che, capitanato da entrambi i consolidel seguente anno 433 = 321 Spurio Postumio e Tito Ve-turio, era accampato presso Calazia (tra Caserta e Mad-daloni), ebbe notizia, confermata da gran numero di pri-gionieri, che i Sanniti avevano stretto d'assedio Luceria,e che questa città, da cui dipendeva il possesso dell'Apu-lia, era in grave pericolo.Si levarono in fretta gli alloggiamenti. Per arrivare intempo non si poteva prendere che una via, la quale attra-versava il territorio nemico, là dove in continuazionedella via Appia fu poscia costruita la via romana che daCapua, per Benevento, sbocca verso l'Apulia. Questa viaconduceva tra i monti che stanno presso le attuali borga-te di Arpaia e Montesarchio e riusciva ad un fondo valleacquitrinoso, circondato da alte e scoscese colline selvo-se, da cui non si poteva nè entrare nè uscire che per golee forre anguste. Qui i Sanniti s'erano posti in imboscata.I Romani, che s'erano inoltrati senza incontrare ostacolinella valle, trovarono sbarrato con una trincea di alberiabbattuti e saldamente difeso il capo della valle dal qua-le dovevano uscire. Tornando indietro si accorsero chel'ingresso era sbarrato nello stesso modo e videro ad untempo le creste dei monti coronarsi di coorti sannitiche.Troppo tardi compresero i Romani di essersi lasciati

228

Page 229: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

trarre in errore da uno strattagemma e che i Sanniti nonli aspettavano già presso Luceria, sibbene nelle fatalistrette di Caudio. Si combattè, ma senza speranza disuccesso e senza scopo; l'esercito romano era nell'asso-luta impossibilità di ordinarsi e difendersi e fu vintocompiutamente senza combattere.Solo goffi retoricanti poterono immaginare che il capita-no dei Sanniti fosse in dubbio di scegliere tra il riman-dare sano e salvo l'esercito romano e lo sterminarlo; eglinon poteva far nulla di meglio che accettare l'offerta ca-pitolazione e far prigioniero l'esercito romano, nel qualeerano riunite tutte le forze attive della repubblica con idue duci supremi.A Gavio Ponzio si apriva la via alla Campania ed al La-zio, e nelle condizioni di allora, in cui i Volsci e gli Er-nici e la massima parte dei Latini l'avrebbero accolto abraccia aperte, avrebbe messo in gravissimo pericoloRoma.Ma invece di prendere questo partito e di stipulare unaconvenzione militare, Gavio Ponzio pensò di poter met-ter fine ad ogni contesa con un buon trattato di pace, siache egli dividesse la dissennata smania dei confederatiper la pace, onde l'anno prima fu vittima Brutulo Papio,sia che non fosse più in grado di resistere al partito cheogni giorno più avversava la guerra, il che gli mandò amale una vittoria che non aveva avuto l'eguale.Le condizioni proposte erano abbastanza moderate:

229

trarre in errore da uno strattagemma e che i Sanniti nonli aspettavano già presso Luceria, sibbene nelle fatalistrette di Caudio. Si combattè, ma senza speranza disuccesso e senza scopo; l'esercito romano era nell'asso-luta impossibilità di ordinarsi e difendersi e fu vintocompiutamente senza combattere.Solo goffi retoricanti poterono immaginare che il capita-no dei Sanniti fosse in dubbio di scegliere tra il riman-dare sano e salvo l'esercito romano e lo sterminarlo; eglinon poteva far nulla di meglio che accettare l'offerta ca-pitolazione e far prigioniero l'esercito romano, nel qualeerano riunite tutte le forze attive della repubblica con idue duci supremi.A Gavio Ponzio si apriva la via alla Campania ed al La-zio, e nelle condizioni di allora, in cui i Volsci e gli Er-nici e la massima parte dei Latini l'avrebbero accolto abraccia aperte, avrebbe messo in gravissimo pericoloRoma.Ma invece di prendere questo partito e di stipulare unaconvenzione militare, Gavio Ponzio pensò di poter met-ter fine ad ogni contesa con un buon trattato di pace, siache egli dividesse la dissennata smania dei confederatiper la pace, onde l'anno prima fu vittima Brutulo Papio,sia che non fosse più in grado di resistere al partito cheogni giorno più avversava la guerra, il che gli mandò amale una vittoria che non aveva avuto l'eguale.Le condizioni proposte erano abbastanza moderate:

229

Page 230: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma facesse atterrare le piazze forti di Cales e di Fre-gellae costruite contro il tenore dei trattati, e rinnovassela federazione d'eguaglianza col Sannio.Accettate che ebbero i duci romani queste condizioni dicui garentirono la fedele esecuzione con seicento ostag-gi scelti tra la cavalleria e col giuramento prestato daisupremi capitani e da tutti gli ufficiali dello stato mag-giore, l'esercito romano fu lasciato partire illeso ma di-sonorato, giacchè l'esercito sannitico, ebbro della vitto-ria, non potè essere indotto a risparmiare agli odiati ne-mici la riprovevole cerimonia della deposizione dellearmi e di passare sotto la forca.Ma il senato romano non curando il giuramento degliufficiali e la sorte degli ostaggi, cassò la capitolazione esi limitò a consegnare ai nemici coloro che l'avevanoconclusa, come i soli personalmente responsabili dellasua esecuzione.Alla storia imparziale poco deve importare che la scien-za casistica dei giureconsulti e della pretoria romananon abbia con ciò rispettata la lettera del diritto o che ilsenato abbia risolutamente rotto i patti; ma a considerarequesto fatto sotto il rispetto morale e politico non pareche esso debba riuscire a biasimo dei Romani.Poco importa se il generale fosse o non fosse autorizza-to, secondo la formale ragion di stato, a conchiudere lapace senza riservarne la ratificazione alla repubblica; e adir vero, secondo lo spirito e la pratica della costituzio-

230

Roma facesse atterrare le piazze forti di Cales e di Fre-gellae costruite contro il tenore dei trattati, e rinnovassela federazione d'eguaglianza col Sannio.Accettate che ebbero i duci romani queste condizioni dicui garentirono la fedele esecuzione con seicento ostag-gi scelti tra la cavalleria e col giuramento prestato daisupremi capitani e da tutti gli ufficiali dello stato mag-giore, l'esercito romano fu lasciato partire illeso ma di-sonorato, giacchè l'esercito sannitico, ebbro della vitto-ria, non potè essere indotto a risparmiare agli odiati ne-mici la riprovevole cerimonia della deposizione dellearmi e di passare sotto la forca.Ma il senato romano non curando il giuramento degliufficiali e la sorte degli ostaggi, cassò la capitolazione esi limitò a consegnare ai nemici coloro che l'avevanoconclusa, come i soli personalmente responsabili dellasua esecuzione.Alla storia imparziale poco deve importare che la scien-za casistica dei giureconsulti e della pretoria romananon abbia con ciò rispettata la lettera del diritto o che ilsenato abbia risolutamente rotto i patti; ma a considerarequesto fatto sotto il rispetto morale e politico non pareche esso debba riuscire a biasimo dei Romani.Poco importa se il generale fosse o non fosse autorizza-to, secondo la formale ragion di stato, a conchiudere lapace senza riservarne la ratificazione alla repubblica; e adir vero, secondo lo spirito e la pratica della costituzio-

230

Page 231: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ne, era fuor di dubbio, che qualunque trattato, il qualenon fosse assolutamente militare, dovesse riguardarsi dicompetenza del potere civile.Era ben altro l'errore del capitano dei Sanniti, il qualeaveva lasciata ai consoli la scelta tra il salvare l'esercitoe i loro poteri, che non l'errore dei consoli, i quali nonebbero la magnanimità di respingere assolutamente que-sta tentazione.E se il senato romano rifiutò di sanzionare questo tratta-to, faceva cosa giusta e necessaria. Nessuna grande na-zione cede ciò che possiede se non costrettavi da supre-ma necessità; tutti i trattati di cessione sono prove di ne-cessità e non obblighi morali. Se ogni popolo ripone ilproprio onore nel lacerare colla forza delle armi i trattatiumilianti, come poteva l'onore imporre ai Romani dirassegnarsi ad un trattato come quello di Caudio, a cuifu costretto da una violenza morale un infelice capitano,o di rassegnarvisi nel momento stesso, nel quale la ver-gogna del patito vituperio era resa ancora più cocentedal pieno sentimento della propria forza?

4. Vittorie dei Romani.Questo trattato di Caudio non fu già il principio di quel-la tranquillità, che i fanatici del partito pacifico tra iSanniti stoltamente avevano sperato, ma invece riaccesee rese più ostinata la guerra essendo dall'una parte edall'altra cresciute le cause dell'odio pel rimpianto di es-

231

ne, era fuor di dubbio, che qualunque trattato, il qualenon fosse assolutamente militare, dovesse riguardarsi dicompetenza del potere civile.Era ben altro l'errore del capitano dei Sanniti, il qualeaveva lasciata ai consoli la scelta tra il salvare l'esercitoe i loro poteri, che non l'errore dei consoli, i quali nonebbero la magnanimità di respingere assolutamente que-sta tentazione.E se il senato romano rifiutò di sanzionare questo tratta-to, faceva cosa giusta e necessaria. Nessuna grande na-zione cede ciò che possiede se non costrettavi da supre-ma necessità; tutti i trattati di cessione sono prove di ne-cessità e non obblighi morali. Se ogni popolo ripone ilproprio onore nel lacerare colla forza delle armi i trattatiumilianti, come poteva l'onore imporre ai Romani dirassegnarsi ad un trattato come quello di Caudio, a cuifu costretto da una violenza morale un infelice capitano,o di rassegnarvisi nel momento stesso, nel quale la ver-gogna del patito vituperio era resa ancora più cocentedal pieno sentimento della propria forza?

4. Vittorie dei Romani.Questo trattato di Caudio non fu già il principio di quel-la tranquillità, che i fanatici del partito pacifico tra iSanniti stoltamente avevano sperato, ma invece riaccesee rese più ostinata la guerra essendo dall'una parte edall'altra cresciute le cause dell'odio pel rimpianto di es-

231

Page 232: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sersi lasciata sfuggire di mano l'occasione propizia, perl'accusa di mancata fede, pel vilipeso onore dell'armi eper l'abbandono degli ostaggi.Gli ufficiali romani rinviati ai Sanniti furono da questirifiutati perchè essi, oltre l'innata generosità, che li ren-deva ripugnanti a sfogare la loro vendetta su quegli infe-lici, accettando queste vittime espiatrici avrebbero am-messo in faccia ai Romani, che la convenzione potevaobbligare coloro soltanto che avevano data la promessacon giuramento e non Roma.I generosi Sanniti rispettarono persino gli ostaggi, cuisecondo la legge marziale doveva darsi morte, e volserotosto i loro pensieri alle armi. Si impossessarono di Lu-ceria, e presero d'assalto Fregellae (434 = 320) primache i Romani avessero riordinato l'esercito venuto pocomeno che allo scioglimento. Quello ch'essi avrebberopotuto ottenere, se non avessero lasciato passare il mo-mento propizio, ce lo prova il passaggio dei Satricani(31)

alla parte dei Sanniti. Ma le forze di Roma non eranoscemate, ma soltanto momentaneamente paralizzate. Lavergogna e il disdegno aggiungevano stimoli alla virtù eRoma raccoglieva tutte le sue forze, e alla testa del nuo-vo esercito, qual supremo capitano, poneva Lucio Papi-rio Cursore, soldato non meno che condottiero di speri-mentato valore.

31 Non si tratta degli abitanti di Satrico presso Anzio, ma quelli di una cittàpure dei Volsci, presso Arpino, allora costituita come comune romano,senza diritto di voto.

232

sersi lasciata sfuggire di mano l'occasione propizia, perl'accusa di mancata fede, pel vilipeso onore dell'armi eper l'abbandono degli ostaggi.Gli ufficiali romani rinviati ai Sanniti furono da questirifiutati perchè essi, oltre l'innata generosità, che li ren-deva ripugnanti a sfogare la loro vendetta su quegli infe-lici, accettando queste vittime espiatrici avrebbero am-messo in faccia ai Romani, che la convenzione potevaobbligare coloro soltanto che avevano data la promessacon giuramento e non Roma.I generosi Sanniti rispettarono persino gli ostaggi, cuisecondo la legge marziale doveva darsi morte, e volserotosto i loro pensieri alle armi. Si impossessarono di Lu-ceria, e presero d'assalto Fregellae (434 = 320) primache i Romani avessero riordinato l'esercito venuto pocomeno che allo scioglimento. Quello ch'essi avrebberopotuto ottenere, se non avessero lasciato passare il mo-mento propizio, ce lo prova il passaggio dei Satricani(31)

alla parte dei Sanniti. Ma le forze di Roma non eranoscemate, ma soltanto momentaneamente paralizzate. Lavergogna e il disdegno aggiungevano stimoli alla virtù eRoma raccoglieva tutte le sue forze, e alla testa del nuo-vo esercito, qual supremo capitano, poneva Lucio Papi-rio Cursore, soldato non meno che condottiero di speri-mentato valore.

31 Non si tratta degli abitanti di Satrico presso Anzio, ma quelli di una cittàpure dei Volsci, presso Arpino, allora costituita come comune romano,senza diritto di voto.

232

Page 233: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

L'esercito fu diviso: una metà si volse alla volta di Luce-ria per la Sabina e il litorale adriatico; l'altra metà attra-versò il Sannio per riuscire alla stessa città, e, secondatoda felici combattimenti, respingeva dinanzi a sè l'eserci-to sannitico. I due eserciti si ricongiunsero sotto le muradi Luceria, il cui assedio fu condotto col massimo rigoreperchè nella città si trovavano prigionieri i cavalieri ro-mani. I Pugliesi, e più particolarmente gli Arpani presta-rono ai Romani un importante aiuto, segnatamente coltrasporto dei viveri.I Sanniti, per liberare Luceria dall'assedio, arrischiaronouna battaglia e la perdettero; dopo di che la città si arre-se ai Romani (435 = 319). Papirio ebbe la doppia conso-lazione di liberare gli ostaggi già creduti immolati e direndere alla guarnigione sannitica di Luceria la parigliadelle forche caudine. Negli anni seguenti (435-437 =319-317) la guerra fu combattuta più nei paesi limitrofiche nel Sannio(32). I Romani punirono prima gli alleatidei Sanniti nell'Apulia e nel Frentano e strinsero nuoveleghe coi Teanesi di Apulia e coi Canusini. Al tempostesso Satrico fu ridotta in servitù e duramente punitadella sua slealtà. La guerra si ridusse quindi verso laCampania, dove i Romani conquistarono la città di Sati-cula (forse S. Agata dei Goti) sulle frontiere del Sannio(438 = 316).Ma dopo questo successo parve che la fortuna della

32 È inverosimile che tra i Romani ed i Sanniti abbia durato per più di dueanni (436-437) un armistizio formale.

233

L'esercito fu diviso: una metà si volse alla volta di Luce-ria per la Sabina e il litorale adriatico; l'altra metà attra-versò il Sannio per riuscire alla stessa città, e, secondatoda felici combattimenti, respingeva dinanzi a sè l'eserci-to sannitico. I due eserciti si ricongiunsero sotto le muradi Luceria, il cui assedio fu condotto col massimo rigoreperchè nella città si trovavano prigionieri i cavalieri ro-mani. I Pugliesi, e più particolarmente gli Arpani presta-rono ai Romani un importante aiuto, segnatamente coltrasporto dei viveri.I Sanniti, per liberare Luceria dall'assedio, arrischiaronouna battaglia e la perdettero; dopo di che la città si arre-se ai Romani (435 = 319). Papirio ebbe la doppia conso-lazione di liberare gli ostaggi già creduti immolati e direndere alla guarnigione sannitica di Luceria la parigliadelle forche caudine. Negli anni seguenti (435-437 =319-317) la guerra fu combattuta più nei paesi limitrofiche nel Sannio(32). I Romani punirono prima gli alleatidei Sanniti nell'Apulia e nel Frentano e strinsero nuoveleghe coi Teanesi di Apulia e coi Canusini. Al tempostesso Satrico fu ridotta in servitù e duramente punitadella sua slealtà. La guerra si ridusse quindi verso laCampania, dove i Romani conquistarono la città di Sati-cula (forse S. Agata dei Goti) sulle frontiere del Sannio(438 = 316).Ma dopo questo successo parve che la fortuna della

32 È inverosimile che tra i Romani ed i Sanniti abbia durato per più di dueanni (436-437) un armistizio formale.

233

Page 234: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

guerra volesse di nuovo variare. I Sanniti trassero allaloro parte i Nucerini (438 = 316) e poco dopo i Nolani;sul Liri superiore i Sorani scacciarono il presidio roma-no (439 = 315); si stava maturando una sollevazione de-gli Ausoni, la quale minacciava l'importante città di Ca-les; e tutti quelli che avversavano i Romani erano venutiin grandi speranze e gli animi si mostrarono accesi findentro Capua.Un esercito sannitico entrò nella Campania e mise ilcampo alle porte della città colla speranza di incoraggia-re colla sua presenza il popolo e il partito dell'indipen-denza (440 = 314).Ma i Romani attaccarono subito Sora e, battuto l'eserci-to sannitico che s'era mosso per liberarla (440 = 314), lapresero nuovamente.L'agitazione fra gli Ausoni fu repressa con inesorabileseverità prima che rompesse in aperta ribellione, e unapposito dittatore fu contemporaneamente nominato perfare i processi politici contro i capi del partito sanniticoin Capua e per giudicarli, in modo che i più ragguarde-voli fra essi si diedero volontariamente la morte per noncadere nelle mani del carnefice romano (440 = 314).L'esercito sannitico accampato sotto Capua, fu battuto ecostretto a lasciare la Campania; i Romani, inseguendocon impeto i nemici, passarono il Matese e si attendaro-no nell'inverno del 440 innanzi a Boviano capitale delSannio. La città di Nola fu abbandonata dai confederati,

234

guerra volesse di nuovo variare. I Sanniti trassero allaloro parte i Nucerini (438 = 316) e poco dopo i Nolani;sul Liri superiore i Sorani scacciarono il presidio roma-no (439 = 315); si stava maturando una sollevazione de-gli Ausoni, la quale minacciava l'importante città di Ca-les; e tutti quelli che avversavano i Romani erano venutiin grandi speranze e gli animi si mostrarono accesi findentro Capua.Un esercito sannitico entrò nella Campania e mise ilcampo alle porte della città colla speranza di incoraggia-re colla sua presenza il popolo e il partito dell'indipen-denza (440 = 314).Ma i Romani attaccarono subito Sora e, battuto l'eserci-to sannitico che s'era mosso per liberarla (440 = 314), lapresero nuovamente.L'agitazione fra gli Ausoni fu repressa con inesorabileseverità prima che rompesse in aperta ribellione, e unapposito dittatore fu contemporaneamente nominato perfare i processi politici contro i capi del partito sanniticoin Capua e per giudicarli, in modo che i più ragguarde-voli fra essi si diedero volontariamente la morte per noncadere nelle mani del carnefice romano (440 = 314).L'esercito sannitico accampato sotto Capua, fu battuto ecostretto a lasciare la Campania; i Romani, inseguendocon impeto i nemici, passarono il Matese e si attendaro-no nell'inverno del 440 innanzi a Boviano capitale delSannio. La città di Nola fu abbandonata dai confederati,

234

Page 235: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

e i Romani furono abbastanza perspicaci per staccareper sempre questa città dal partito sannitico col mezzodel favorevolissimo trattato d'alleanza, simile a quellogià conchiuso con Napoli (441 = 313). Fregellae, chedal tempo della catastrofe avvenuta presso Caudio erarimasta nelle mani del partito antiromano, e il suo prin-cipale castello situato nel paese sul Liri, ricaddero final-mente in potere di Roma, dopo otto anni che i Sanniti liavevano presi (441 = 313); duecento dei più distinti cit-tadini del partito nazionale furono condotti a Roma edecapitati nel foro ad ammonimento di tutti coloro cheavversavano Roma.L'Apulia e la Campania caddero nel modo stesso inmano dei Romani. Per assicurarvisi stabilmente Romavi fondò negli anni dal 440 al 442 = 314 al 312 nuovefortezze: Luceria nell'Apulia, ove in grazia dell'espostaed isolata sua posizione fu mandata a stabile presidiouna mezza legione; indi Pontiae (le isole Pontine) affinedi assicurare le acque della Campania; Saticula sul con-fine campano sannitico quale antemurale contro il San-nio; finalmente Interamna (presso Monte Cassino) eSuessa Aurunca (Sessa) sulla via da Roma a Capua.Oltre a ciò furono guarnite di presidi Calazia, Sora edaltre piazze d'importanza militare. La grande strada mi-litare da Roma a Capua, fatta selciare dal censore AppioClaudio l'anno 442 = 312, e l'argine fatto da lui costruireattraverso le paludi pontine, posero l'ultimo suggelloalla conquista della Campania.

235

e i Romani furono abbastanza perspicaci per staccareper sempre questa città dal partito sannitico col mezzodel favorevolissimo trattato d'alleanza, simile a quellogià conchiuso con Napoli (441 = 313). Fregellae, chedal tempo della catastrofe avvenuta presso Caudio erarimasta nelle mani del partito antiromano, e il suo prin-cipale castello situato nel paese sul Liri, ricaddero final-mente in potere di Roma, dopo otto anni che i Sanniti liavevano presi (441 = 313); duecento dei più distinti cit-tadini del partito nazionale furono condotti a Roma edecapitati nel foro ad ammonimento di tutti coloro cheavversavano Roma.L'Apulia e la Campania caddero nel modo stesso inmano dei Romani. Per assicurarvisi stabilmente Romavi fondò negli anni dal 440 al 442 = 314 al 312 nuovefortezze: Luceria nell'Apulia, ove in grazia dell'espostaed isolata sua posizione fu mandata a stabile presidiouna mezza legione; indi Pontiae (le isole Pontine) affinedi assicurare le acque della Campania; Saticula sul con-fine campano sannitico quale antemurale contro il San-nio; finalmente Interamna (presso Monte Cassino) eSuessa Aurunca (Sessa) sulla via da Roma a Capua.Oltre a ciò furono guarnite di presidi Calazia, Sora edaltre piazze d'importanza militare. La grande strada mi-litare da Roma a Capua, fatta selciare dal censore AppioClaudio l'anno 442 = 312, e l'argine fatto da lui costruireattraverso le paludi pontine, posero l'ultimo suggelloalla conquista della Campania.

235

Page 236: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Sempre più chiaro si manifestava l'intento dei Romani;si trattava di assoggettarsi tutta l'Italia, che d'anno inanno veniva sempre più avviluppata dalla rete delle stra-de e dalle fortezze romane. Il Sannio era già dai due latipreso in mezzo dai Romani; la linea da Roma a Luceriagià separava l'Italia settentrionale dalla meridionale,come una volta le piazze forti di Cora e di Norba aveva-no separato i Volsci e gli Equi; e come allora sugli Erni-ci, Roma si appoggiava ora sugli Arpani.Gli Italici potevano essere sicuri che la loro libertà eraperduta se il Sannio soccombeva, che non v'era un gior-no da perdere, e che bisognava accorrere subito con tut-te le forze unite in aiuto di que' valorosi montanari, iquali già da quindici anni sostenevano l'ineguale lottacontro i Romani.

5. Intervento dei Tarentini.I Tarentini sarebbero stati i più naturali alleati dei Sanni-ti, ma la fatalità che pendeva sul Sannio e in generalesull'Italia, volle che in quel momento decisivo la bilan-cia che doveva dare il tratto ai destini futuri, stesse nellemani di codesti Ateniesi italici.Dal giorno in cui Taranto si era ridotta alla più perfettademocrazia, la costituzione, che per l'antica sua originedorica era rigidamente aristocratica, venne con incredi-bile rapidità corrompendosi, e la educazione e le quoti-diane occupazioni del popolo tarentino, più industrioso

236

Sempre più chiaro si manifestava l'intento dei Romani;si trattava di assoggettarsi tutta l'Italia, che d'anno inanno veniva sempre più avviluppata dalla rete delle stra-de e dalle fortezze romane. Il Sannio era già dai due latipreso in mezzo dai Romani; la linea da Roma a Luceriagià separava l'Italia settentrionale dalla meridionale,come una volta le piazze forti di Cora e di Norba aveva-no separato i Volsci e gli Equi; e come allora sugli Erni-ci, Roma si appoggiava ora sugli Arpani.Gli Italici potevano essere sicuri che la loro libertà eraperduta se il Sannio soccombeva, che non v'era un gior-no da perdere, e che bisognava accorrere subito con tut-te le forze unite in aiuto di que' valorosi montanari, iquali già da quindici anni sostenevano l'ineguale lottacontro i Romani.

5. Intervento dei Tarentini.I Tarentini sarebbero stati i più naturali alleati dei Sanni-ti, ma la fatalità che pendeva sul Sannio e in generalesull'Italia, volle che in quel momento decisivo la bilan-cia che doveva dare il tratto ai destini futuri, stesse nellemani di codesti Ateniesi italici.Dal giorno in cui Taranto si era ridotta alla più perfettademocrazia, la costituzione, che per l'antica sua originedorica era rigidamente aristocratica, venne con incredi-bile rapidità corrompendosi, e la educazione e le quoti-diane occupazioni del popolo tarentino, più industrioso

236

Page 237: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ed agiato che d'alta levatura, e composto nella massimaparte di barcaiuoli, di pescatori e d'artieri, allontanavanotutti i gravi pensieri della vita, o li addormentavano col-le arguzie e colla rumorosa e affaccendata operosità, dimodo che la loro mente fluttuava incerta dalla più gran-diosa temerarietà di propositi e dalla più spontanea ele-vazione di idee alla più vergognosa leggerezza ed ai piùpuerili capricci.E non sarà inopportuno ricordare qui, a proposito diquanto appunto notammo quando si trattò dell'essere onon essere di nazioni dotate di grandi e belle qualità e diantica fama, come Platone, il quale venne a Taranto cir-ca sessant'anni prima di questa epoca, trovasse, secondoch'egli narra, nell'occasione della festa di Dionisio, tuttala città ubbriaca, e come la farsa parodista, la così detta«Tragedia burlesca» fosse stata inventata in Taranto ap-punto all'epoca della grande guerra sannitica. Ad aggra-vare questa abitudine di vita scioperata e di poesia buf-fonesca, che pare essere stata propria dei colti ed ele-ganti Tarentini, si aggiungeva la tentennante, petulante ecieca politica dei demagoghi di Taranto, i quali si mo-stravano attivi là dove nulla c'era da fare e si eclissavanoquando li chiamava il più evidente loro interesse.Allorchè, dopo la catastrofe caudina, i Romani e i San-niti si trovavano alle prese nell'Apulia, i Tarentini invia-rono ambasciatori che intimarono ad ambe le parti dicessare dalle ostilità (434 = 320).

237

ed agiato che d'alta levatura, e composto nella massimaparte di barcaiuoli, di pescatori e d'artieri, allontanavanotutti i gravi pensieri della vita, o li addormentavano col-le arguzie e colla rumorosa e affaccendata operosità, dimodo che la loro mente fluttuava incerta dalla più gran-diosa temerarietà di propositi e dalla più spontanea ele-vazione di idee alla più vergognosa leggerezza ed ai piùpuerili capricci.E non sarà inopportuno ricordare qui, a proposito diquanto appunto notammo quando si trattò dell'essere onon essere di nazioni dotate di grandi e belle qualità e diantica fama, come Platone, il quale venne a Taranto cir-ca sessant'anni prima di questa epoca, trovasse, secondoch'egli narra, nell'occasione della festa di Dionisio, tuttala città ubbriaca, e come la farsa parodista, la così detta«Tragedia burlesca» fosse stata inventata in Taranto ap-punto all'epoca della grande guerra sannitica. Ad aggra-vare questa abitudine di vita scioperata e di poesia buf-fonesca, che pare essere stata propria dei colti ed ele-ganti Tarentini, si aggiungeva la tentennante, petulante ecieca politica dei demagoghi di Taranto, i quali si mo-stravano attivi là dove nulla c'era da fare e si eclissavanoquando li chiamava il più evidente loro interesse.Allorchè, dopo la catastrofe caudina, i Romani e i San-niti si trovavano alle prese nell'Apulia, i Tarentini invia-rono ambasciatori che intimarono ad ambe le parti dicessare dalle ostilità (434 = 320).

237

Page 238: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Questa intromissione diplomatica in una lotta decisivaper l'Italia non poteva essere ragionevolmente conside-rata che come prova della ferma decisione presa da Ta-ranto di uscire dallo stato di passività, in cui si era finoallora tenuta.E veramente era il caso di metter mano ai fatti, perquanto riuscisse difficile e pericoloso ai Tarentini di in-traprendere una guerra; giacchè l'indirizzo democraticoaveva ridotto le forze dello stato quasi intieramente allamarineria, la quale, col sussidio del numeroso navigliomercantile, assicurava a Taranto il primo posto fra le po-tenze marittime della Magna Grecia, mentre l'esercito diterra, in cui stava tutta l'importanza per la guerra sanniti-ca, era composto quasi tutto di mercenari ed era in pienadecadenza. Per tutte queste cose non era facile, per la re-pubblica tarentina, prendere parte alla lotta tra Roma edil Sannio anche senza tener conto degli intrighi, per lomeno molesti, in cui la politica romana aveva saputo av-viluppare i Tarentini coi Lucani.Se non che con una risoluta volontà tutte queste difficol-tà non erano poi insuperabili, tanto è vero che ambeduele parti avversarie giudicarono l'invito degli ambasciato-ri tarentini come il principio d'una politica più attiva.I Sanniti, come quelli che erano meno forti, si mostraro-no disposti a fare onore all'invito degli ambasciatori; iRomani invece risposero all'intimazione dando il segna-le della battaglia.

238

Questa intromissione diplomatica in una lotta decisivaper l'Italia non poteva essere ragionevolmente conside-rata che come prova della ferma decisione presa da Ta-ranto di uscire dallo stato di passività, in cui si era finoallora tenuta.E veramente era il caso di metter mano ai fatti, perquanto riuscisse difficile e pericoloso ai Tarentini di in-traprendere una guerra; giacchè l'indirizzo democraticoaveva ridotto le forze dello stato quasi intieramente allamarineria, la quale, col sussidio del numeroso navigliomercantile, assicurava a Taranto il primo posto fra le po-tenze marittime della Magna Grecia, mentre l'esercito diterra, in cui stava tutta l'importanza per la guerra sanniti-ca, era composto quasi tutto di mercenari ed era in pienadecadenza. Per tutte queste cose non era facile, per la re-pubblica tarentina, prendere parte alla lotta tra Roma edil Sannio anche senza tener conto degli intrighi, per lomeno molesti, in cui la politica romana aveva saputo av-viluppare i Tarentini coi Lucani.Se non che con una risoluta volontà tutte queste difficol-tà non erano poi insuperabili, tanto è vero che ambeduele parti avversarie giudicarono l'invito degli ambasciato-ri tarentini come il principio d'una politica più attiva.I Sanniti, come quelli che erano meno forti, si mostraro-no disposti a fare onore all'invito degli ambasciatori; iRomani invece risposero all'intimazione dando il segna-le della battaglia.

238

Page 239: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Il senno e l'onore avrebbero imposto ai Tarentini di farseguire all'arrogante intimazione fatta dai loro amba-sciatori l'immediata dichiarazione di guerra a Roma, maa Taranto si difettava appunto di senno e d'onore e vi sitrattavano assai puerilmente gli affari della più alta im-portanza.La dichiarazione di guerra non ebbe luogo: e si preferìinvece impegnarsi a sostenere la fazione oligarchica del-le città siciliane per avversare Agatocle siracusano, cheera già stato al servizio di Taranto e vi era caduto in di-sgrazia, e, seguendo l'esempio di Sparta, si spedì unaflotta in Sicilia, che avrebbe potuto rendere migliori ser-vigi nelle acque della Campania (440 = 314).Di maggiore energia dettero prova i popoli a settentrio-ne e nel cuore d'Italia, scossi, come pare, dalla fondazio-ne della fortezza di Luceria. I primi a muoversi furonogli Etruschi (443 = 311), il cui trattato d'armistizio, con-cluso nel 403 = 351, era scaduto già da alcuni anni. Su-tri, città romana confinaria, ebbe a sostenere un assediodi due anni e nei frequenti combattimenti, che avvenne-ro sotto le sue mura, erano d'ordinario i Romani quelliche ne andavano colla peggio, finchè il console perl'anno 444 = 310 Quinto Fabio Rulliano, generale speri-mentato nelle guerre sannitiche, non solo procurò la pre-ponderanza alle armi dei Romani nell'Etruria romana,ma penetrò audacemente anche nel paese degli Etruschi,fino allora rimasto straniero ai Romani in grazia delladiversità della lingua e delle poche comunicazioni. Il

239

Il senno e l'onore avrebbero imposto ai Tarentini di farseguire all'arrogante intimazione fatta dai loro amba-sciatori l'immediata dichiarazione di guerra a Roma, maa Taranto si difettava appunto di senno e d'onore e vi sitrattavano assai puerilmente gli affari della più alta im-portanza.La dichiarazione di guerra non ebbe luogo: e si preferìinvece impegnarsi a sostenere la fazione oligarchica del-le città siciliane per avversare Agatocle siracusano, cheera già stato al servizio di Taranto e vi era caduto in di-sgrazia, e, seguendo l'esempio di Sparta, si spedì unaflotta in Sicilia, che avrebbe potuto rendere migliori ser-vigi nelle acque della Campania (440 = 314).Di maggiore energia dettero prova i popoli a settentrio-ne e nel cuore d'Italia, scossi, come pare, dalla fondazio-ne della fortezza di Luceria. I primi a muoversi furonogli Etruschi (443 = 311), il cui trattato d'armistizio, con-cluso nel 403 = 351, era scaduto già da alcuni anni. Su-tri, città romana confinaria, ebbe a sostenere un assediodi due anni e nei frequenti combattimenti, che avvenne-ro sotto le sue mura, erano d'ordinario i Romani quelliche ne andavano colla peggio, finchè il console perl'anno 444 = 310 Quinto Fabio Rulliano, generale speri-mentato nelle guerre sannitiche, non solo procurò la pre-ponderanza alle armi dei Romani nell'Etruria romana,ma penetrò audacemente anche nel paese degli Etruschi,fino allora rimasto straniero ai Romani in grazia delladiversità della lingua e delle poche comunicazioni. Il

239

Page 240: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

passaggio per la foresta ciminia, che nessun esercito ro-mano aveva sino allora varcata, ed il saccheggio del ric-co territorio rimasto sempre intatto e salvo dalle miseriedella guerra guerreggiata, fecero accorrere sotto le armil'Etruria tutta, ed il governo di Roma, disapprovata que-sta inconsueta spedizione, non essendo giunto in tempoper vietare al temerario duce di oltrepassare i confini,per far fronte all'inatteso urto di tutte le forze etrusche,raccolse in tutta fretta nuove legioni.Ma una definitiva vittoria ottenuta a tempo da Rullianonella battaglia combattuta sulle rive del lago Vadimone,di cui il popolo serbò lunga ricordanza, mutò l'incautoinizio della campagna in una celebrata azione eroica, efiaccò la resistenza degli Etruschi.Dissimili dai Sanniti, i quali ormai da diciotto anni com-battevano con forze ineguali, tre delle più potenti cittàetrusche Perusia, Cortona, e Arretium, si accontentaronosubito dopo la prima sconfitta, di negoziare una pace se-parata di trecento mesi (444 = 310), e così nel seguenteanno ne conclusero una di quattrocento mesi quei diTarquinia (446 = 308) dopo che i Romani ebbero ripor-tata presso Perusia una seconda vittoria su altri Etruschi.Dopo questi avvenimenti anche le altre città si astennerodal guerreggiare, e in tutta l'Etruria per il momento furo-no deposte le armi.

240

passaggio per la foresta ciminia, che nessun esercito ro-mano aveva sino allora varcata, ed il saccheggio del ric-co territorio rimasto sempre intatto e salvo dalle miseriedella guerra guerreggiata, fecero accorrere sotto le armil'Etruria tutta, ed il governo di Roma, disapprovata que-sta inconsueta spedizione, non essendo giunto in tempoper vietare al temerario duce di oltrepassare i confini,per far fronte all'inatteso urto di tutte le forze etrusche,raccolse in tutta fretta nuove legioni.Ma una definitiva vittoria ottenuta a tempo da Rullianonella battaglia combattuta sulle rive del lago Vadimone,di cui il popolo serbò lunga ricordanza, mutò l'incautoinizio della campagna in una celebrata azione eroica, efiaccò la resistenza degli Etruschi.Dissimili dai Sanniti, i quali ormai da diciotto anni com-battevano con forze ineguali, tre delle più potenti cittàetrusche Perusia, Cortona, e Arretium, si accontentaronosubito dopo la prima sconfitta, di negoziare una pace se-parata di trecento mesi (444 = 310), e così nel seguenteanno ne conclusero una di quattrocento mesi quei diTarquinia (446 = 308) dopo che i Romani ebbero ripor-tata presso Perusia una seconda vittoria su altri Etruschi.Dopo questi avvenimenti anche le altre città si astennerodal guerreggiare, e in tutta l'Etruria per il momento furo-no deposte le armi.

240

Page 241: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

6. Ultima campagna del Sannio.Mentre ciò avveniva nell'Etruria, le armi nel Sannio nonriposavano.La campagna del 443 = 311 si era limitata, come le pre-cedenti, all'assedio e all'espugnazione di alcuni castellisanniti, ma nel seguente anno la guerra si fece più viva.La pericolosa posizione di Rulliano nell'Etruria e le vocisparse d'una disfatta dell'esercito romano nel settentrio-ne animarono i Sanniti a nuovi sforzi e il console roma-no Gaio Marcio Rutilo fu da essi vinto e gravemente fe-rito.Ma il rapido cambiamento delle sorti in Etruria spensele rinascenti speranze.Ricompariva Lucio Papirio Cursore alla testa delle le-gioni romane inviate contro i Sanniti, il quale fu ancoravincitore in una grande e decisiva battaglia (445 = 309),in cui i federati avevano impiegate le ultime loro forze.Il nerbo del loro esercito, che si componeva delle schie-re dalle sopravvesti screziate e dagli scudi d'oro e diquelle dalle sopravvesti bianche e dagli scudi d'argento,fu distrutto in questa giornata e d'allora in poi le splendi-de armature sannitiche ornavano nelle grandi solennitàle botteghe lungo il foro romano.La miseria andava sempre più aumentando, sempre piùvenivano meno le speranze nella continuazione dellalotta. Nell'anno seguente (446 = 308) gli Etruschi depo-sero le armi e, dopo essere contemporaneamente investi-

241

6. Ultima campagna del Sannio.Mentre ciò avveniva nell'Etruria, le armi nel Sannio nonriposavano.La campagna del 443 = 311 si era limitata, come le pre-cedenti, all'assedio e all'espugnazione di alcuni castellisanniti, ma nel seguente anno la guerra si fece più viva.La pericolosa posizione di Rulliano nell'Etruria e le vocisparse d'una disfatta dell'esercito romano nel settentrio-ne animarono i Sanniti a nuovi sforzi e il console roma-no Gaio Marcio Rutilo fu da essi vinto e gravemente fe-rito.Ma il rapido cambiamento delle sorti in Etruria spensele rinascenti speranze.Ricompariva Lucio Papirio Cursore alla testa delle le-gioni romane inviate contro i Sanniti, il quale fu ancoravincitore in una grande e decisiva battaglia (445 = 309),in cui i federati avevano impiegate le ultime loro forze.Il nerbo del loro esercito, che si componeva delle schie-re dalle sopravvesti screziate e dagli scudi d'oro e diquelle dalle sopravvesti bianche e dagli scudi d'argento,fu distrutto in questa giornata e d'allora in poi le splendi-de armature sannitiche ornavano nelle grandi solennitàle botteghe lungo il foro romano.La miseria andava sempre più aumentando, sempre piùvenivano meno le speranze nella continuazione dellalotta. Nell'anno seguente (446 = 308) gli Etruschi depo-sero le armi e, dopo essere contemporaneamente investi-

241

Page 242: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ta per mare e per terra, nel medesimo anno con favore-voli condizioni si diede ai Romani Nuceria, ultima cittàdella Campania che tenesse ancora per i Sanniti.Questi trovarono bensì negli Umbri dell'Italia settentrio-nale, nei Marsi e nei Peligni dell'Italia centrale nuovi al-leati e persino gli Ernici accorsero numerosi spontanea-mente sotto le loro insegne; ma ciò che avrebbe potutoessere di gran peso nella bilancia a danno di Roma se gliEtruschi fossero stati ancora in armi, non fece ora senon aumentare i successi dei Romani senza render lavittoria veramente più difficile.Agli Umbri, che si apprestavano a correre su Roma,Rulliano sbarrò la via sul Tevere superiore coll'esercitodestinato contro il Sannio senza che i fiaccati Sanniti lopotessero impedire, e questo bastò per disperdere la levain massa degli Umbri.Allora il nembo della guerra si scaricò di nuovo sull'Ita-lia centrale. Furono vinti i Peligni e i Marsi, e benchè lealtre schiatte sabelliche rimanessero, se non altro dinome, nemiche dei Romani, il Sannio si vedeva da quellato a poco a poco effettivamente isolato.Ma inaspettatamente venne ai Sanniti un aiuto dal terri-torio del Tevere.La confederazione degli Ernici, chiamata a giustificarsiverso Roma del fatto che fra i prigionieri di guerra san-nitici si trovassero militi ad essa appartenenti, dichiaròla guerra ai Romani (448 = 306), più per disperazione

242

ta per mare e per terra, nel medesimo anno con favore-voli condizioni si diede ai Romani Nuceria, ultima cittàdella Campania che tenesse ancora per i Sanniti.Questi trovarono bensì negli Umbri dell'Italia settentrio-nale, nei Marsi e nei Peligni dell'Italia centrale nuovi al-leati e persino gli Ernici accorsero numerosi spontanea-mente sotto le loro insegne; ma ciò che avrebbe potutoessere di gran peso nella bilancia a danno di Roma se gliEtruschi fossero stati ancora in armi, non fece ora senon aumentare i successi dei Romani senza render lavittoria veramente più difficile.Agli Umbri, che si apprestavano a correre su Roma,Rulliano sbarrò la via sul Tevere superiore coll'esercitodestinato contro il Sannio senza che i fiaccati Sanniti lopotessero impedire, e questo bastò per disperdere la levain massa degli Umbri.Allora il nembo della guerra si scaricò di nuovo sull'Ita-lia centrale. Furono vinti i Peligni e i Marsi, e benchè lealtre schiatte sabelliche rimanessero, se non altro dinome, nemiche dei Romani, il Sannio si vedeva da quellato a poco a poco effettivamente isolato.Ma inaspettatamente venne ai Sanniti un aiuto dal terri-torio del Tevere.La confederazione degli Ernici, chiamata a giustificarsiverso Roma del fatto che fra i prigionieri di guerra san-nitici si trovassero militi ad essa appartenenti, dichiaròla guerra ai Romani (448 = 306), più per disperazione

242

Page 243: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

che per matura riflessione.Alcuni dei più ragguardevoli comuni ernici si astennerosin da principio dal prendere parte alla guerra, ma la cit-tà di Anagnia, la più importante tra le erniche, corsesenz'altro all'armi. Sotto il rispetto militare la posizionedei Romani era in quel momento, coll'insurrezione erni-ca alle spalle dell'esercito che trovavasi occupatonell'assedio delle fortezze sannitiche, sommamente dif-ficile. Ancora una volta sorrise la fortuna delle armi aiSanniti; Sora e Calazia vennero in poter loro. Ma gliAnagnini soggiacquero più presto che non lo si aspettas-se alla forza delle milizie mandate contro loro da Roma,le quali, con questa opportunità, aprirono la via ancheall'esercito che trovavasi nel Sannio. Tutto era perduto.I Sanniti chiesero la pace, ma indarno; non v'era ancormodo di mettersi d'accordo. Solo colla campagna del449 = 305 si giunse ad una decisione finale. I due eser-citi consolari romani entrarono nel Sannio, l'uno capita-nato da Tiberio Minucio e dopo la di lui morte da MarcoFulvio, partendo dalla Campania e passando attraverso igioghi dei monti; l'altro condotto da Lucio Postumio ve-nendo dal mare Adriatico, e rimontando il Tiferno perriunirsi a Boviano, capitale del Sannio.Qui fu riportata una decisiva vittoria, fu fatto prigionie-ro il generale dei Sanniti Stazio Gellio ed espugnata Bo-viano.La presa della principale piazza forte mise fine alla

243

che per matura riflessione.Alcuni dei più ragguardevoli comuni ernici si astennerosin da principio dal prendere parte alla guerra, ma la cit-tà di Anagnia, la più importante tra le erniche, corsesenz'altro all'armi. Sotto il rispetto militare la posizionedei Romani era in quel momento, coll'insurrezione erni-ca alle spalle dell'esercito che trovavasi occupatonell'assedio delle fortezze sannitiche, sommamente dif-ficile. Ancora una volta sorrise la fortuna delle armi aiSanniti; Sora e Calazia vennero in poter loro. Ma gliAnagnini soggiacquero più presto che non lo si aspettas-se alla forza delle milizie mandate contro loro da Roma,le quali, con questa opportunità, aprirono la via ancheall'esercito che trovavasi nel Sannio. Tutto era perduto.I Sanniti chiesero la pace, ma indarno; non v'era ancormodo di mettersi d'accordo. Solo colla campagna del449 = 305 si giunse ad una decisione finale. I due eser-citi consolari romani entrarono nel Sannio, l'uno capita-nato da Tiberio Minucio e dopo la di lui morte da MarcoFulvio, partendo dalla Campania e passando attraverso igioghi dei monti; l'altro condotto da Lucio Postumio ve-nendo dal mare Adriatico, e rimontando il Tiferno perriunirsi a Boviano, capitale del Sannio.Qui fu riportata una decisiva vittoria, fu fatto prigionie-ro il generale dei Sanniti Stazio Gellio ed espugnata Bo-viano.La presa della principale piazza forte mise fine alla

243

Page 244: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

guerra che aveva durato ventidue anni. I Sanniti sgom-brarono le città di Sora e di Arpinum e mandarono am-basciatori a Roma per chiedere la pace. Il loro esempiofu seguito dalle schiatte sabelliche dei Narsi, dei Mar-ruccini, dei Peligni, dei Frentani, dei Vestini, dei Picenti.Le condizioni concesse da Roma erano sopportabili; sichiesero bensì cessioni di territorio, come ad esempiodai Peligni, ma per quanto consta non furono di moltorilievo.L'antica alleanza fu rinnovata fra gli stati sabellici ed iRomani (450 = 304).Fu verosimilmente verso quello stesso tempo e qualeconseguenza della pace sannitica che fu trattata la paceanche tra Roma e Taranto. Le due città, a dir vero, nonerano uscite apertamente in campo l'una contro l'altra; iTarentini si erano mantenuti dal principio alla fine dellalunga lotta tra Romani e Sanniti passivi spettatori e ave-vano solo continuato la lotta in lega coi Salentini controi Lucani confederati dei Romani.Avevano bensì i Tarentini lasciato sospettare ancora unavolta, negli ultimi anni della guerra sannitica, di volersiintromettere più concludentemente; ma da un lato la tri-ste posizione, in cui i continui attacchi dei Lucani li ave-vano ridotti, e dall'altro la persuasione crescente, che iltotale soggiogamento del Sannio minacciava anche lapropria indipendenza, li aveva decisi, malgrado le tristiesperienze fatte con Alessandro, di affidare di nuovo la

244

guerra che aveva durato ventidue anni. I Sanniti sgom-brarono le città di Sora e di Arpinum e mandarono am-basciatori a Roma per chiedere la pace. Il loro esempiofu seguito dalle schiatte sabelliche dei Narsi, dei Mar-ruccini, dei Peligni, dei Frentani, dei Vestini, dei Picenti.Le condizioni concesse da Roma erano sopportabili; sichiesero bensì cessioni di territorio, come ad esempiodai Peligni, ma per quanto consta non furono di moltorilievo.L'antica alleanza fu rinnovata fra gli stati sabellici ed iRomani (450 = 304).Fu verosimilmente verso quello stesso tempo e qualeconseguenza della pace sannitica che fu trattata la paceanche tra Roma e Taranto. Le due città, a dir vero, nonerano uscite apertamente in campo l'una contro l'altra; iTarentini si erano mantenuti dal principio alla fine dellalunga lotta tra Romani e Sanniti passivi spettatori e ave-vano solo continuato la lotta in lega coi Salentini controi Lucani confederati dei Romani.Avevano bensì i Tarentini lasciato sospettare ancora unavolta, negli ultimi anni della guerra sannitica, di volersiintromettere più concludentemente; ma da un lato la tri-ste posizione, in cui i continui attacchi dei Lucani li ave-vano ridotti, e dall'altro la persuasione crescente, che iltotale soggiogamento del Sannio minacciava anche lapropria indipendenza, li aveva decisi, malgrado le tristiesperienze fatte con Alessandro, di affidare di nuovo la

244

Page 245: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

loro sorte ad un capitano di ventura.Chiamato, venne il principe spartano Cleonimo con cin-quemila mercenari, ai quali aggiunse una schiera diegual forza racimolata in Italia e aumentata fino a22.000 uomini col contingente dei Messapi, delle picco-le città greche e particolarmente coll'esercito dei cittadi-ni Tarentini.Con questo esercito egli costrinse i Lucani a far la pacecon Taranto e ad istituire un governo devoto ai Sanniti,per cui certo fu loro fatto il sagrifizio di Metaponto.Quando ciò avvenne i Sanniti erano ancora in armi; nul-la impediva allo spartano di accorrere in loro aiuto e dimettere il suo esercito e la sua strategia a servizio dellalibertà dei popoli e delle città italiche. Ma Taranto nonagì come in un caso simile avrebbe fatto Roma, e ilprincipe Cleonimo non era nè un Alessandro, nè un Pir-ro.Egli non s'affrettò a cominciare una guerra che promet-teva più sconfitte che bottino, ma fece piuttosto causacomune coi Lucani contro Metaponto, città che predile-geva come residenza e di là accennò ad una spedizionecontro Agatocle da Siracusa e alla liberazione dei Grecisiciliani.Allora i Sanniti fecero la pace e, quando libera da questaguerra, Roma cominciò a volgere più liberamente la suaattenzione al sud-est della penisola, allorchè per esem-pio nell'anno 447 = 307 una schiera di truppe romane

245

loro sorte ad un capitano di ventura.Chiamato, venne il principe spartano Cleonimo con cin-quemila mercenari, ai quali aggiunse una schiera diegual forza racimolata in Italia e aumentata fino a22.000 uomini col contingente dei Messapi, delle picco-le città greche e particolarmente coll'esercito dei cittadi-ni Tarentini.Con questo esercito egli costrinse i Lucani a far la pacecon Taranto e ad istituire un governo devoto ai Sanniti,per cui certo fu loro fatto il sagrifizio di Metaponto.Quando ciò avvenne i Sanniti erano ancora in armi; nul-la impediva allo spartano di accorrere in loro aiuto e dimettere il suo esercito e la sua strategia a servizio dellalibertà dei popoli e delle città italiche. Ma Taranto nonagì come in un caso simile avrebbe fatto Roma, e ilprincipe Cleonimo non era nè un Alessandro, nè un Pir-ro.Egli non s'affrettò a cominciare una guerra che promet-teva più sconfitte che bottino, ma fece piuttosto causacomune coi Lucani contro Metaponto, città che predile-geva come residenza e di là accennò ad una spedizionecontro Agatocle da Siracusa e alla liberazione dei Grecisiciliani.Allora i Sanniti fecero la pace e, quando libera da questaguerra, Roma cominciò a volgere più liberamente la suaattenzione al sud-est della penisola, allorchè per esem-pio nell'anno 447 = 307 una schiera di truppe romane

245

Page 246: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sottoponeva a tributo il paese dei Salentini, o piuttostovi faceva un'esplorazione, obbedendo ad ordini superio-ri, il condottiero spartano si imbarcò coi suoi mercenarie approdò di sorpresa all'isola di Corcira, eccellente po-sizione per esercitare la pirateria sia contro la Grecia, siacontro l'Italia.Abbandonati in tal modo dal loro condottiero, e nellostesso tempo privi dei loro confederati nell'Italia centra-le, non rimaneva ormai ai Tarentini ed ai loro alleati ita-lici, i Lucani e i Salentini, che sollecitare un accordocon Roma, che sembra essere stato concesso a sopporta-bili condizioni.Poco dopo (451 = 303) i Salentini coll'aiuto dei Romanirespinsero un'irruzione di Cleonimo, che sbarcato sulterritorio salentino aveva posto l'assedio ad Uria.

7. Dominio dei Romani sull'Italia centrale.Roma ebbe piena vittoria e ne trasse tutto il profitto.Non per magnanimità del vincitore, chè i Romani nonconoscevano questo nobile sentimento, ma fu per pru-denza e manifesto calcolo che ai Sanniti, ai Tarentini ein generale a tutte le altre più lontane popolazioni furo-no imposte moderate condizioni. Prima di tutto non trat-tavasi tanto di costringere con soverchia fretta l'Italiameridionale a riconoscere solennemente la supremaziaromana, quanto di compiere la conquista dell'Italia cen-trale, di cui erano state poste le fondamenta colla costru-

246

sottoponeva a tributo il paese dei Salentini, o piuttostovi faceva un'esplorazione, obbedendo ad ordini superio-ri, il condottiero spartano si imbarcò coi suoi mercenarie approdò di sorpresa all'isola di Corcira, eccellente po-sizione per esercitare la pirateria sia contro la Grecia, siacontro l'Italia.Abbandonati in tal modo dal loro condottiero, e nellostesso tempo privi dei loro confederati nell'Italia centra-le, non rimaneva ormai ai Tarentini ed ai loro alleati ita-lici, i Lucani e i Salentini, che sollecitare un accordocon Roma, che sembra essere stato concesso a sopporta-bili condizioni.Poco dopo (451 = 303) i Salentini coll'aiuto dei Romanirespinsero un'irruzione di Cleonimo, che sbarcato sulterritorio salentino aveva posto l'assedio ad Uria.

7. Dominio dei Romani sull'Italia centrale.Roma ebbe piena vittoria e ne trasse tutto il profitto.Non per magnanimità del vincitore, chè i Romani nonconoscevano questo nobile sentimento, ma fu per pru-denza e manifesto calcolo che ai Sanniti, ai Tarentini ein generale a tutte le altre più lontane popolazioni furo-no imposte moderate condizioni. Prima di tutto non trat-tavasi tanto di costringere con soverchia fretta l'Italiameridionale a riconoscere solennemente la supremaziaromana, quanto di compiere la conquista dell'Italia cen-trale, di cui erano state poste le fondamenta colla costru-

246

Page 247: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

zione di strade militari e con le fortezze già fondate nel-la Campania e nell'Apulia durante l'ultima guerra, e ve-nendo con ciò a separare gli Italici stabiliti nel setten-trione da quelli del mezzogiorno della penisola, riducen-doli a due masse segregate militarmente l'una dall'altra.A ciò, senza lasciarsi distrarre da altre imprese, mirava-no i Romani subito dopo la guerra sannitica. E prima ditutto si colse la propizia occasione per sciogliere la legadegli Equi e degli Ernici e distruggere con ciò l'ultimareliquia delle antiche confederazioni che nella regionetiberina erano state per lungo tempo rivali e socie dellostato romano.Nello stesso anno in cui fece la pace col Sannio (450 =304), il console Publio Sempronio Sofo combattè congli Equi; sottomise quaranta paesi in cinquanta giorni etutto il territorio, ad eccezione della stretta ma aspra val-le montana che ancora porta l'antico nome popolare, Ci-colano, divenne possedimento romano, e qui, sulla rivasettentrionale del lago Fucino, venne fondata l'annodopo la fortezza di Alba, munita di una guarnigione di6000 uomini, che fu l'antemurale contro i bellicosi Mar-si e la fortezza dell'Italia media; e due anni più tardi fu-rono fondate Turano e, più vicino a Roma, Carseoli, en-trambi comuni federali secondo il diritto latino.Il fatto che degli Ernici, almeno Anagni abbia preso par-te nell'ultimo periodo alla guerra sannitica, offrì il desi-derato pretesto per sciogliere gli antichi patti della lega.

247

zione di strade militari e con le fortezze già fondate nel-la Campania e nell'Apulia durante l'ultima guerra, e ve-nendo con ciò a separare gli Italici stabiliti nel setten-trione da quelli del mezzogiorno della penisola, riducen-doli a due masse segregate militarmente l'una dall'altra.A ciò, senza lasciarsi distrarre da altre imprese, mirava-no i Romani subito dopo la guerra sannitica. E prima ditutto si colse la propizia occasione per sciogliere la legadegli Equi e degli Ernici e distruggere con ciò l'ultimareliquia delle antiche confederazioni che nella regionetiberina erano state per lungo tempo rivali e socie dellostato romano.Nello stesso anno in cui fece la pace col Sannio (450 =304), il console Publio Sempronio Sofo combattè congli Equi; sottomise quaranta paesi in cinquanta giorni etutto il territorio, ad eccezione della stretta ma aspra val-le montana che ancora porta l'antico nome popolare, Ci-colano, divenne possedimento romano, e qui, sulla rivasettentrionale del lago Fucino, venne fondata l'annodopo la fortezza di Alba, munita di una guarnigione di6000 uomini, che fu l'antemurale contro i bellicosi Mar-si e la fortezza dell'Italia media; e due anni più tardi fu-rono fondate Turano e, più vicino a Roma, Carseoli, en-trambi comuni federali secondo il diritto latino.Il fatto che degli Ernici, almeno Anagni abbia preso par-te nell'ultimo periodo alla guerra sannitica, offrì il desi-derato pretesto per sciogliere gli antichi patti della lega.

247

Page 248: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

La sorte toccata ad Anagni ed agli altri piccoli comuniernici, i quali avevano preso parte agli ultimi sforzi dellaguerra sannitica, fu naturalmente di gran lunga più duradi quella, che una generazione prima, in uguali circo-stanze, era toccata ai comuni latini. Tutte queste cittàperdettero l'autonomia e dovettero accontentarsi dei di-ritti passivi della cittadinanza romana; su una parte delloro territorio posto sull'alto Trero (Sacco) fu inoltre sta-bilita una nuova tribù cittadina e contemporaneamenteun'altra sull'Aniene inferiore (455 = 299).Rincresceva soltanto che anche i tre più ragguardevolicomuni dopo Anagni, cioè Aletrium, Verulae e Ferenti-no non si fossero essi pure staccati; poichè avendo essicortesemente declinata l'offerta di entrare spontanea-mente nei vincoli della cittadinanza romana e non tro-vando alcun pretesto per costringerveli, fu giocoforzalasciar loro non solo l'autonomia, ma anche il diritto fe-derativo e quello di comunanza di matrimoni, e cosìconservare ancora un'ombra dell'antica lega ernica.In quella parte del paese dei Volsci, posseduta fino allo-ra dai Sanniti, non si era costretti a simili riguardi. QuiArpino era stata soggiogata, Frusino ridotta d'un terzodel suo contado, e sull'alto Liri, non lungi da Fregellae,la città volsca di Sora, la quale già prima aveva ricevutopresidio romano, fu trasformata in piazza forte latina, emunita di una legione di 4000 uomini.Così fu compiutamente soggiogato l'antico paese dei

248

La sorte toccata ad Anagni ed agli altri piccoli comuniernici, i quali avevano preso parte agli ultimi sforzi dellaguerra sannitica, fu naturalmente di gran lunga più duradi quella, che una generazione prima, in uguali circo-stanze, era toccata ai comuni latini. Tutte queste cittàperdettero l'autonomia e dovettero accontentarsi dei di-ritti passivi della cittadinanza romana; su una parte delloro territorio posto sull'alto Trero (Sacco) fu inoltre sta-bilita una nuova tribù cittadina e contemporaneamenteun'altra sull'Aniene inferiore (455 = 299).Rincresceva soltanto che anche i tre più ragguardevolicomuni dopo Anagni, cioè Aletrium, Verulae e Ferenti-no non si fossero essi pure staccati; poichè avendo essicortesemente declinata l'offerta di entrare spontanea-mente nei vincoli della cittadinanza romana e non tro-vando alcun pretesto per costringerveli, fu giocoforzalasciar loro non solo l'autonomia, ma anche il diritto fe-derativo e quello di comunanza di matrimoni, e cosìconservare ancora un'ombra dell'antica lega ernica.In quella parte del paese dei Volsci, posseduta fino allo-ra dai Sanniti, non si era costretti a simili riguardi. QuiArpino era stata soggiogata, Frusino ridotta d'un terzodel suo contado, e sull'alto Liri, non lungi da Fregellae,la città volsca di Sora, la quale già prima aveva ricevutopresidio romano, fu trasformata in piazza forte latina, emunita di una legione di 4000 uomini.Così fu compiutamente soggiogato l'antico paese dei

248

Page 249: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Volsci e si progrediva di buon passo alla sua romanizza-zione.Nel paese che divide il Sannio dall'Etruria furono co-struite due strade militari ed entrambe munite di nuovefortezze. La settentrionale, che fu poi detta via Flaminia,dominava la linea del Tevere; essa conduceva attraversoOtricoli, alleata di Roma, a Narnia, nome con cui i Ro-mani ribattezzarono l'antica fortezza umbra di Nequi-num (455 = 299) quando vi stabilirono una colonia mili-tare.La meridionale, che poi fu detta via Valeria, passavalungo il lago Fucino per Carseoli e Alba, le quali duepiazze ebbero esse pure delle colonie (451-453 = 303-301), Alba specialmente, come quella che era la chiavedel paese dei Marsi, ricevette una guarnigione di 6000uomini. Le piccole popolazioni, sul cui territorio avve-nivano queste innovazioni, come gli Umbri, i quali di-fendevano tenacemente Nequinum, gli Equi che attacca-vano ancora una volta Alba, i Marsi che investivanoCarseoli, non potevano arrestare il corso della fortunaromana, ond'è, che quelle due solidissime sbarre siavanzavano quasi senza trovare ostacoli tra il Sannio el'Etruria.Abbiamo già fatto cenno delle grandi istituzioni stradalie fortificazioni per assicurare lo stabile possessodell'Apulia e più d'ogni altro quello della Campania.Allo stesso modo il Sannio fu avviluppato dalla rete del-

249

Volsci e si progrediva di buon passo alla sua romanizza-zione.Nel paese che divide il Sannio dall'Etruria furono co-struite due strade militari ed entrambe munite di nuovefortezze. La settentrionale, che fu poi detta via Flaminia,dominava la linea del Tevere; essa conduceva attraversoOtricoli, alleata di Roma, a Narnia, nome con cui i Ro-mani ribattezzarono l'antica fortezza umbra di Nequi-num (455 = 299) quando vi stabilirono una colonia mili-tare.La meridionale, che poi fu detta via Valeria, passavalungo il lago Fucino per Carseoli e Alba, le quali duepiazze ebbero esse pure delle colonie (451-453 = 303-301), Alba specialmente, come quella che era la chiavedel paese dei Marsi, ricevette una guarnigione di 6000uomini. Le piccole popolazioni, sul cui territorio avve-nivano queste innovazioni, come gli Umbri, i quali di-fendevano tenacemente Nequinum, gli Equi che attacca-vano ancora una volta Alba, i Marsi che investivanoCarseoli, non potevano arrestare il corso della fortunaromana, ond'è, che quelle due solidissime sbarre siavanzavano quasi senza trovare ostacoli tra il Sannio el'Etruria.Abbiamo già fatto cenno delle grandi istituzioni stradalie fortificazioni per assicurare lo stabile possessodell'Apulia e più d'ogni altro quello della Campania.Allo stesso modo il Sannio fu avviluppato dalla rete del-

249

Page 250: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

le fortezze romane ad una maggiore distanza versooriente e verso occidente. È degno di nota il fatto che iRomani, stimando l'Etruria meno forte che le altre partid'Italia, non reputarono necessario di assicurarsi i passiattraverso la foresta ciminia costruendovi una strada mi-litare e piantandovi, come solevano, guarnigioni e for-tezze.La fortezza di confine, Sutri, rimase come il passato ilpunto estremo della linea militare romana, e Roma si li-mitò a far tenere dai comuni limitrofi, in buono stato,per uso militare, la strada che da quel punto conducevaad Arretium(33).

8. Nuova guerra sannitico-etrusca.La generosa nazione sannitica si accorse che la pace, acui si era rassegnata, riusciva più rovinosa che non fossela più sfortunata guerra, e non tardò a riprendere le armi.Nell'Italia superiore i Celti ricominciavano appunto a ri-svegliarsi dopo un lungo torpore, e parecchie città etru-sche benchè sparse ed isolate, guerreggiavano tuttavia33 Le operazioni eseguite durante la campagna del 537 = 217, e più partico-

larmente ancora la costruzione della via da Arretium a Bononia (567 =187) provano, che la via da Roma ad Arretium esisteva già prima diquest'epoca. Essa non doveva essere però ancora una via militare romana,poichè a giudicare dalla posteriore sua denominazione di «Via Cassia»essa non può essere stata costruita come Via consularis prima del 583 =171; poichè tra Spurio Cassio, console negli anni 252, 261, 268 = 502,493, 486, a cui, naturalmente, non si deve pensare, e Gaio Cassio Longino,console del 583 = 171, non vi fu alcun altro Cassio negli annali consolaridi Roma.

250

le fortezze romane ad una maggiore distanza versooriente e verso occidente. È degno di nota il fatto che iRomani, stimando l'Etruria meno forte che le altre partid'Italia, non reputarono necessario di assicurarsi i passiattraverso la foresta ciminia costruendovi una strada mi-litare e piantandovi, come solevano, guarnigioni e for-tezze.La fortezza di confine, Sutri, rimase come il passato ilpunto estremo della linea militare romana, e Roma si li-mitò a far tenere dai comuni limitrofi, in buono stato,per uso militare, la strada che da quel punto conducevaad Arretium(33).

8. Nuova guerra sannitico-etrusca.La generosa nazione sannitica si accorse che la pace, acui si era rassegnata, riusciva più rovinosa che non fossela più sfortunata guerra, e non tardò a riprendere le armi.Nell'Italia superiore i Celti ricominciavano appunto a ri-svegliarsi dopo un lungo torpore, e parecchie città etru-sche benchè sparse ed isolate, guerreggiavano tuttavia33 Le operazioni eseguite durante la campagna del 537 = 217, e più partico-

larmente ancora la costruzione della via da Arretium a Bononia (567 =187) provano, che la via da Roma ad Arretium esisteva già prima diquest'epoca. Essa non doveva essere però ancora una via militare romana,poichè a giudicare dalla posteriore sua denominazione di «Via Cassia»essa non può essere stata costruita come Via consularis prima del 583 =171; poichè tra Spurio Cassio, console negli anni 252, 261, 268 = 502,493, 486, a cui, naturalmente, non si deve pensare, e Gaio Cassio Longino,console del 583 = 171, non vi fu alcun altro Cassio negli annali consolaridi Roma.

250

Page 251: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

contro Roma, alternando brevi armistizi ad accaniticombattimenti, ma senza alcun tangibile risultato.L'Italia centrale era ancora tutta in gran fermento e inparecchi luoghi le popolazioni si erano apertamente ri-bellate a Roma. Le fortezze erano tuttora in costruzionee non era ancora sbarrata ogni via di comunicazione tral'Etruria ed il Sannio.Forse non era ancora troppo tardi per salvare la libertàma non v'era tempo da perdere. Le difficoltà di una ri-scossa crescevano, e le forze con cui tentarla diminuiva-no quanto più si prolungava lo stato di pace. Non eranotrascorsi più di cinque anni che s'erano posate le armi, eancora dovevano sanguinare tutte le ferite che ventidueanni di guerra avevano cagionato ai contadini del San-nio, quando la confederazione sannitica nell'anno 456 =298 ruppe di nuovo le ostilità.L'ultima guerra era stata decisa principalmente dallalega della Lucania con Roma e dalla conseguente ina-zione di Taranto nell'interesse di Roma. Ond'è che i San-niti, più accorti questa volta, prima d'ogni altra cosa sivolsero con tutte le forze contro i Lucani, portarono alpotere un governo che seguisse la loro parte e conchiu-sero con essi una lega.Era naturale che i Romani dichiarassero subito la guer-ra, ed i Sanniti altro non desideravano. Valga a provarelo spirito di quel popolo la dichiarazione fatta dal gover-no sannitico agli ambasciatori romani, che esso non sa-

251

contro Roma, alternando brevi armistizi ad accaniticombattimenti, ma senza alcun tangibile risultato.L'Italia centrale era ancora tutta in gran fermento e inparecchi luoghi le popolazioni si erano apertamente ri-bellate a Roma. Le fortezze erano tuttora in costruzionee non era ancora sbarrata ogni via di comunicazione tral'Etruria ed il Sannio.Forse non era ancora troppo tardi per salvare la libertàma non v'era tempo da perdere. Le difficoltà di una ri-scossa crescevano, e le forze con cui tentarla diminuiva-no quanto più si prolungava lo stato di pace. Non eranotrascorsi più di cinque anni che s'erano posate le armi, eancora dovevano sanguinare tutte le ferite che ventidueanni di guerra avevano cagionato ai contadini del San-nio, quando la confederazione sannitica nell'anno 456 =298 ruppe di nuovo le ostilità.L'ultima guerra era stata decisa principalmente dallalega della Lucania con Roma e dalla conseguente ina-zione di Taranto nell'interesse di Roma. Ond'è che i San-niti, più accorti questa volta, prima d'ogni altra cosa sivolsero con tutte le forze contro i Lucani, portarono alpotere un governo che seguisse la loro parte e conchiu-sero con essi una lega.Era naturale che i Romani dichiarassero subito la guer-ra, ed i Sanniti altro non desideravano. Valga a provarelo spirito di quel popolo la dichiarazione fatta dal gover-no sannitico agli ambasciatori romani, che esso non sa-

251

Page 252: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rebbe in grado di garentire la loro inviolabilità se i Ro-mani avessero messo piede sul suolo sannitico.La guerra s'accese dunque nuovamente (456 = 298) ementre un secondo esercito combatteva nell'Etruria, ilgrande esercito romano attraversava il Sannio e obbliga-va i Lucani alla pace e ad inviare ostaggi a Roma.L'anno seguente entrambi i consoli furono in grado divolgere le loro armi contro il Sannio; Rulliano riportòuna vittoria presso Tiferno, il suo fedele compagnod'armi Publio Decio Mure presso Malevento, e per lospazio di cinque mesi i due eserciti romani rimasero ac-campati nel paese nemico. Ciò fu loro possibile perchègli stati etruschi avevano per proprio conto intavolatodelle trattative di pace con Roma.I Sanniti, i quali dovevano avere riposta la possibilitàdella vittoria contro Roma unicamente nell'unione ditutta l'Italia, fecero ogni sforzo per istornare la rovinosapace separata tra l'Etruria e Roma; e solo quando final-mente il loro duce Gellio Ignazio offrì agli Etruschi diandare a soccorrerli nel loro proprio paese, il consigliofederale etrusco assentì a perseverare ed a ricorrereun'altra volta alla fortuna delle armi.Il Sannio impiegò gli ultimi sforzi per mettere in campoad un tempo tre eserciti; uno riservato alla difesa delproprio territorio, il secondo doveva penetrare nellaCampania, il terzo, più numeroso degli altri, era destina-to a soccorrere l'Etruria. Questo esercito, condotto dallo

252

rebbe in grado di garentire la loro inviolabilità se i Ro-mani avessero messo piede sul suolo sannitico.La guerra s'accese dunque nuovamente (456 = 298) ementre un secondo esercito combatteva nell'Etruria, ilgrande esercito romano attraversava il Sannio e obbliga-va i Lucani alla pace e ad inviare ostaggi a Roma.L'anno seguente entrambi i consoli furono in grado divolgere le loro armi contro il Sannio; Rulliano riportòuna vittoria presso Tiferno, il suo fedele compagnod'armi Publio Decio Mure presso Malevento, e per lospazio di cinque mesi i due eserciti romani rimasero ac-campati nel paese nemico. Ciò fu loro possibile perchègli stati etruschi avevano per proprio conto intavolatodelle trattative di pace con Roma.I Sanniti, i quali dovevano avere riposta la possibilitàdella vittoria contro Roma unicamente nell'unione ditutta l'Italia, fecero ogni sforzo per istornare la rovinosapace separata tra l'Etruria e Roma; e solo quando final-mente il loro duce Gellio Ignazio offrì agli Etruschi diandare a soccorrerli nel loro proprio paese, il consigliofederale etrusco assentì a perseverare ed a ricorrereun'altra volta alla fortuna delle armi.Il Sannio impiegò gli ultimi sforzi per mettere in campoad un tempo tre eserciti; uno riservato alla difesa delproprio territorio, il secondo doveva penetrare nellaCampania, il terzo, più numeroso degli altri, era destina-to a soccorrere l'Etruria. Questo esercito, condotto dallo

252

Page 253: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stesso Ignazio, passando pel paese dei Marsi e per quel-lo degli Umbri che favorivano la lega, arrivò nell'Etruriasenza incontrare ostacoli (458 = 296). Nel frattempo iRomani s'impossessarono di alcune piazze forti nel San-nio, e annullarono l'influenza del partito sannitico nellaLucania; ma non riuscirono ad impedire la marciadell'esercito capitanato da Ignazio.Quando giunse la notizia a Roma, che ai Sanniti era riu-scito di rendere vani tutti gli immensi sforzi compiutiper tener separati gli Italici del settentrione da quelli delmezzogiorno, che l'apparizione delle schiere sannitichenell'Etruria era divenuta il segnale di una generale solle-vazione contro Roma, che i comuni etruschi si affretta-vano a far partire le proprie milizie e che di più assolda-vano genti galliche, allora anche Roma si commosse; siformarono delle coorti di liberti e di ammogliati, e datutti si comprendeva che l'ora della decisione era immi-nente.Ma l'anno 458 = 296 passò, a quanto pare, in preparativie marcie. Per il seguente 459 = 295 i Romani misero iloro migliori generali Publio Decio Mure ed il vecchioQuinto Fabio Rulliano alla testa dell'esercito d'Etruria,rinforzato da tutte le truppe che erano superflue nellaCampania, sommanti a 60.000 uomini, per un terzo anti-chi cittadini Romani; oltre a ciò fu ordinata una doppiariserva, la prima presso Faleria, l'altra sotto le mura del-la capitale.

253

stesso Ignazio, passando pel paese dei Marsi e per quel-lo degli Umbri che favorivano la lega, arrivò nell'Etruriasenza incontrare ostacoli (458 = 296). Nel frattempo iRomani s'impossessarono di alcune piazze forti nel San-nio, e annullarono l'influenza del partito sannitico nellaLucania; ma non riuscirono ad impedire la marciadell'esercito capitanato da Ignazio.Quando giunse la notizia a Roma, che ai Sanniti era riu-scito di rendere vani tutti gli immensi sforzi compiutiper tener separati gli Italici del settentrione da quelli delmezzogiorno, che l'apparizione delle schiere sannitichenell'Etruria era divenuta il segnale di una generale solle-vazione contro Roma, che i comuni etruschi si affretta-vano a far partire le proprie milizie e che di più assolda-vano genti galliche, allora anche Roma si commosse; siformarono delle coorti di liberti e di ammogliati, e datutti si comprendeva che l'ora della decisione era immi-nente.Ma l'anno 458 = 296 passò, a quanto pare, in preparativie marcie. Per il seguente 459 = 295 i Romani misero iloro migliori generali Publio Decio Mure ed il vecchioQuinto Fabio Rulliano alla testa dell'esercito d'Etruria,rinforzato da tutte le truppe che erano superflue nellaCampania, sommanti a 60.000 uomini, per un terzo anti-chi cittadini Romani; oltre a ciò fu ordinata una doppiariserva, la prima presso Faleria, l'altra sotto le mura del-la capitale.

253

Page 254: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

La piazza d'armi degli Italici era l'Umbria, ove conver-gevano le strade provenienti dai paesi dei Galli, degliEtruschi e dei Sabelli, ed alla volta dell'Umbria, lungo ledue rive del Tevere, diressero anche i consoli le loromaggiori forze, mentre la prima riserva moveva neltempo stesso verso l'Etruria con l'intento di spaventaregli Etruschi e far che richiamassero, per difendersidall'incursione, le loro truppe dai luoghi ove si doveva-no decidere le sorti della guerra.Il primo scontro non fu fortunato per i Romani: la loroavanguardia fu battuta dalle truppe congiunte dei Galli edei Sanniti nel territorio di Chiusi. Ma la diversione adanno dell'Etruria conseguì il suo intento; meno genero-si dei Sanniti, i quali avevano attraversate le rovine delleloro città per non mancare alla posta, e per prender partealla battaglia definitiva, una gran parte delle milizieetrusche, alla notizia che la riserva dei Romani avevafatto irruzione in Etruria, abbandonò l'esercito federale.Ond'è che le file degli alleati erano assai diradate allor-chè si venne alla battaglia decisiva presso Sentinum, sulpendio orientale dell'Appennino.Ciò non ostante la vittoria fu lungamente e vivamentecontrastata. Sull'ala destra dei Romani, dove alla testadelle due legioni combatteva Rulliano contro l'esercitosannitico, la battaglia rimase lungamente indecisa; sullasinistra, comandata da Publio Decio, la cavalleria roma-na fu messa in iscompiglio dai carri di guerra dei Galli,e già anche le legioni cominciavano a piegare.

254

La piazza d'armi degli Italici era l'Umbria, ove conver-gevano le strade provenienti dai paesi dei Galli, degliEtruschi e dei Sabelli, ed alla volta dell'Umbria, lungo ledue rive del Tevere, diressero anche i consoli le loromaggiori forze, mentre la prima riserva moveva neltempo stesso verso l'Etruria con l'intento di spaventaregli Etruschi e far che richiamassero, per difendersidall'incursione, le loro truppe dai luoghi ove si doveva-no decidere le sorti della guerra.Il primo scontro non fu fortunato per i Romani: la loroavanguardia fu battuta dalle truppe congiunte dei Galli edei Sanniti nel territorio di Chiusi. Ma la diversione adanno dell'Etruria conseguì il suo intento; meno genero-si dei Sanniti, i quali avevano attraversate le rovine delleloro città per non mancare alla posta, e per prender partealla battaglia definitiva, una gran parte delle milizieetrusche, alla notizia che la riserva dei Romani avevafatto irruzione in Etruria, abbandonò l'esercito federale.Ond'è che le file degli alleati erano assai diradate allor-chè si venne alla battaglia decisiva presso Sentinum, sulpendio orientale dell'Appennino.Ciò non ostante la vittoria fu lungamente e vivamentecontrastata. Sull'ala destra dei Romani, dove alla testadelle due legioni combatteva Rulliano contro l'esercitosannitico, la battaglia rimase lungamente indecisa; sullasinistra, comandata da Publio Decio, la cavalleria roma-na fu messa in iscompiglio dai carri di guerra dei Galli,e già anche le legioni cominciavano a piegare.

254

Page 255: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Allora il console voltosi al sacerdote Marco Livio gliimpose di votare agli dei infernali la testa del duce ro-mano e l’esercito nemico, e, gettandosi nel folto delleschiere galliche, cercò e trovò la morte. Questa eroicadisperazione del grand'uomo, dell'amato duce, portò isuoi frutti. I pavidi, che già avevano volto le spalle, sifermarono, i più valorosi si precipitarono sulle orme delgenerale nelle file nemiche per vendicarlo o per morirecon lui; e in buon momento, giunse sulla travagliata alasinistra, speditovi da Rulliano, il consolare Lucio Sci-pione alla testa della riserva.La valente cavalleria campana che percosse i Galli aifianchi e alle spalle, diede il tracollo alla bilancia; i Gal-li si diedero alla fuga e finalmente piegarono anche iSanniti, il cui duce Ignazio cadde all'ingresso del cam-po. Novemila cadaveri di Romani coprivano il campo dibattaglia, ma la vittoria riportata a sì caro prezzo valevaun simile sacrifizio. L'esercito della lega si sciolse e conesso si sciolse la federazione stessa; l'Umbria cadde inpotere dei Romani, i Galli si dispersero, e i resti deiSanniti si ritirarono ancora in buon ordine nel loro paeseattraversando gli Abruzzi.La Campania invasa dai Sanniti mentre ferveva la guer-ra nell'Etruria, fu senza molte difficoltà rioccupata daiRomani dopo la fine della campagna del nord.Nel seguente anno (460 = 294) l'Etruria chiese la pace;Volsinii, Perusia, Arretium e in generale tutte le città

255

Allora il console voltosi al sacerdote Marco Livio gliimpose di votare agli dei infernali la testa del duce ro-mano e l’esercito nemico, e, gettandosi nel folto delleschiere galliche, cercò e trovò la morte. Questa eroicadisperazione del grand'uomo, dell'amato duce, portò isuoi frutti. I pavidi, che già avevano volto le spalle, sifermarono, i più valorosi si precipitarono sulle orme delgenerale nelle file nemiche per vendicarlo o per morirecon lui; e in buon momento, giunse sulla travagliata alasinistra, speditovi da Rulliano, il consolare Lucio Sci-pione alla testa della riserva.La valente cavalleria campana che percosse i Galli aifianchi e alle spalle, diede il tracollo alla bilancia; i Gal-li si diedero alla fuga e finalmente piegarono anche iSanniti, il cui duce Ignazio cadde all'ingresso del cam-po. Novemila cadaveri di Romani coprivano il campo dibattaglia, ma la vittoria riportata a sì caro prezzo valevaun simile sacrifizio. L'esercito della lega si sciolse e conesso si sciolse la federazione stessa; l'Umbria cadde inpotere dei Romani, i Galli si dispersero, e i resti deiSanniti si ritirarono ancora in buon ordine nel loro paeseattraversando gli Abruzzi.La Campania invasa dai Sanniti mentre ferveva la guer-ra nell'Etruria, fu senza molte difficoltà rioccupata daiRomani dopo la fine della campagna del nord.Nel seguente anno (460 = 294) l'Etruria chiese la pace;Volsinii, Perusia, Arretium e in generale tutte le città

255

Page 256: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

unite nella lega contro Roma promisero un armistizio diquattrocento mesi.

9. Ultime lotte nel Sannio.Ma i Sanniti pensavano diversamente. Essi si appresta-vano ad una disperata difesa con quel coraggio di uomi-ni liberi, che, se non può far violenza alla fortuna, la puòfare arrossire. Allorchè i due eserciti consolari nel 460 =294 invasero il Sannio, essi trovarono ovunque la massi-ma resistenza; anzi Marco Atilio fu sconfitto presso Lu-ceria e i Sanniti poterono penetrare nella Campania edevastare il territorio della colonia romana a Interamnaposta sul Liri.L'anno seguente Lucio Papirio Cursore, figlio dell'eroeimmortalatosi nella prima guerra sannitica, e SpurioCarvilio, dettero presso Aquilonia una grande battagliacampale all'esercito sannitico, di cui i 16.000 dalle so-pravvesti bianche formavano il fiore ed avevano giuratodi preferire la morte alla fuga.Ma l'inesorabile destino non bada nè a giuramenti nè adisperate preghiere; i Romani vinsero ed assaltarono lefortezze, nelle quali i Sanniti si erano rifugiati colle lororicchezze. Ma persino dopo questa grave sconfitta lalega sannitica si difese per molti anni nelle sue fortezzee nelle sue montagne con una perseveranza senza esem-pio contro i suoi nemici, che sempre più crescevano inpotenza, e riportò ancora qualche vantaggio.

256

unite nella lega contro Roma promisero un armistizio diquattrocento mesi.

9. Ultime lotte nel Sannio.Ma i Sanniti pensavano diversamente. Essi si appresta-vano ad una disperata difesa con quel coraggio di uomi-ni liberi, che, se non può far violenza alla fortuna, la puòfare arrossire. Allorchè i due eserciti consolari nel 460 =294 invasero il Sannio, essi trovarono ovunque la massi-ma resistenza; anzi Marco Atilio fu sconfitto presso Lu-ceria e i Sanniti poterono penetrare nella Campania edevastare il territorio della colonia romana a Interamnaposta sul Liri.L'anno seguente Lucio Papirio Cursore, figlio dell'eroeimmortalatosi nella prima guerra sannitica, e SpurioCarvilio, dettero presso Aquilonia una grande battagliacampale all'esercito sannitico, di cui i 16.000 dalle so-pravvesti bianche formavano il fiore ed avevano giuratodi preferire la morte alla fuga.Ma l'inesorabile destino non bada nè a giuramenti nè adisperate preghiere; i Romani vinsero ed assaltarono lefortezze, nelle quali i Sanniti si erano rifugiati colle lororicchezze. Ma persino dopo questa grave sconfitta lalega sannitica si difese per molti anni nelle sue fortezzee nelle sue montagne con una perseveranza senza esem-pio contro i suoi nemici, che sempre più crescevano inpotenza, e riportò ancora qualche vantaggio.

256

Page 257: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Fu necessario ricorrere un'altra volta al possente bracciodel vecchio Rulliano contro di essa (462 = 292), e GavioPonzio, forse figlio del vincitore di Caudio, riportò peril suo popolo un'ultima vittoria, che i Romani vendica-rono sopra di lui facendolo morire in carcere quandopoco dopo cadde prigioniero (463 = 291).Allora l'Italia tutta si quietò, poichè la guerra promossada Falerii nel 461 = 293 non merita nemmeno il nome diguerra. Si saranno bensì dal Sannio rivolti bramosisguardi su Taranto, la sola che fosse ancora in grado diprestare soccorso; ma fu speranza vana; il soccorso nonvenne. Furono le medesime cause di prima che impose-ro a Taranto l'inazione; il malgoverno all'interno, e lanuova dedizione dei Lucani a Roma nell'anno 456 =298; cui si deve aggiungere il timore non infondato deidisegni d'Agatocle da Siracusa, il quale allora trovavasiall'apogeo della sua potenza e incominciava a rivolgere isuoi pensieri verso l'Italia.Intorno all'anno 455 = 299 egli prese ferma dimora aCorcira, di dove Cleonimo era stato scacciato da Deme-trio Poliorcete e ora minacciava i Tarentini tanto dalmare Adriatico quanto dal Jonio. La cessione dell'isola aPirro, re dell'Epiro, avvenuta nel 459 = 295, rimossenella massima parte quelle inquietudini; ma gli affari diCorcira continuavano ad occupare la mente dei Tarenti-ni, e come essi concorsero nell'anno 464 = 290 a difen-dere il re Pirro nel possesso dell'isola contro Demetrio,così Agatocle non cessava d'inquietare colla sua politica

257

Fu necessario ricorrere un'altra volta al possente bracciodel vecchio Rulliano contro di essa (462 = 292), e GavioPonzio, forse figlio del vincitore di Caudio, riportò peril suo popolo un'ultima vittoria, che i Romani vendica-rono sopra di lui facendolo morire in carcere quandopoco dopo cadde prigioniero (463 = 291).Allora l'Italia tutta si quietò, poichè la guerra promossada Falerii nel 461 = 293 non merita nemmeno il nome diguerra. Si saranno bensì dal Sannio rivolti bramosisguardi su Taranto, la sola che fosse ancora in grado diprestare soccorso; ma fu speranza vana; il soccorso nonvenne. Furono le medesime cause di prima che impose-ro a Taranto l'inazione; il malgoverno all'interno, e lanuova dedizione dei Lucani a Roma nell'anno 456 =298; cui si deve aggiungere il timore non infondato deidisegni d'Agatocle da Siracusa, il quale allora trovavasiall'apogeo della sua potenza e incominciava a rivolgere isuoi pensieri verso l'Italia.Intorno all'anno 455 = 299 egli prese ferma dimora aCorcira, di dove Cleonimo era stato scacciato da Deme-trio Poliorcete e ora minacciava i Tarentini tanto dalmare Adriatico quanto dal Jonio. La cessione dell'isola aPirro, re dell'Epiro, avvenuta nel 459 = 295, rimossenella massima parte quelle inquietudini; ma gli affari diCorcira continuavano ad occupare la mente dei Tarenti-ni, e come essi concorsero nell'anno 464 = 290 a difen-dere il re Pirro nel possesso dell'isola contro Demetrio,così Agatocle non cessava d'inquietare colla sua politica

257

Page 258: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

italica i Tarentini.Morto Agatocle (465 = 289) e tramontata con lui la po-tenza dei Siracusani in Italia, era già troppo tardi perchèTaranto potesse opporsi ai Romani.Il Sannio, stanco della lotta che durava da trentasetteanni, aveva conchiuso la pace col console romano Ma-nio Curio Dentato l'anno prima (464 = 290), e rinnovata,per forma, la lega con Roma. E questa volta ancora,come nella pace del 450 = 304, i Romani non imposeroa quella valorosa nazione nessuna condizione ingiuriosae umiliante, e pare che non si esigessero nemmeno ces-sioni di territorio. La ragion di stato dei Romani preferi-va seguire la via sino allora battuta e stringere semprepiù e sempre più fortemente a Roma il litorale dellaCampania e dell'Adriatico prima di dar forma al pensie-ro della conquista immediata del paese interno.La Campania era veramente già da lungo tempo ridottain soggezione, ma la perspicace politica dei Romani ri-conobbe la necessità di due nuove fortezze litoraneeonde assicurarsi della costa della Campania e furono co-struite Minturno e Sinuessa (459 = 295), alle cui nuovepopolazioni fu accordato, secondo l'esistente massimaper le colonie litorali, il pieno diritto dei cittadini roma-ni.Con maggiore energia si procedeva ad allargare la si-gnoria romana sull'Italia centrale. Come la sottomissio-ne degli Equi e degli Ernici fu l'immediata conseguenza

258

italica i Tarentini.Morto Agatocle (465 = 289) e tramontata con lui la po-tenza dei Siracusani in Italia, era già troppo tardi perchèTaranto potesse opporsi ai Romani.Il Sannio, stanco della lotta che durava da trentasetteanni, aveva conchiuso la pace col console romano Ma-nio Curio Dentato l'anno prima (464 = 290), e rinnovata,per forma, la lega con Roma. E questa volta ancora,come nella pace del 450 = 304, i Romani non imposeroa quella valorosa nazione nessuna condizione ingiuriosae umiliante, e pare che non si esigessero nemmeno ces-sioni di territorio. La ragion di stato dei Romani preferi-va seguire la via sino allora battuta e stringere semprepiù e sempre più fortemente a Roma il litorale dellaCampania e dell'Adriatico prima di dar forma al pensie-ro della conquista immediata del paese interno.La Campania era veramente già da lungo tempo ridottain soggezione, ma la perspicace politica dei Romani ri-conobbe la necessità di due nuove fortezze litoraneeonde assicurarsi della costa della Campania e furono co-struite Minturno e Sinuessa (459 = 295), alle cui nuovepopolazioni fu accordato, secondo l'esistente massimaper le colonie litorali, il pieno diritto dei cittadini roma-ni.Con maggiore energia si procedeva ad allargare la si-gnoria romana sull'Italia centrale. Come la sottomissio-ne degli Equi e degli Ernici fu l'immediata conseguenza

258

Page 259: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della prima guerra sannitica, così alla fine della secondasi aggiunse quella dei Sabini.Lo stesso capitano che alla fine soggiogò i Sanniti, Ma-nio Curio, spezzò nello stesso anno (464 = 290) la lorobreve resistenza e costrinse i Sabini ad una sottomissio-ne definitiva. Gran parte del territorio sottomesso fu su-bito occupato dai vincitori e distribuito fra i cittadini ro-mani; e agli altri comuni di Cure, Reate, Amiterno, Nur-sia fu imposto il diritto di sudditanza romana (civitassine suffragio).Non furono fondate qui nuove città federali con gli stes-si diritti, ed il territorio venne posto invece sotto l'imme-diata sovranità di Roma, la quale così si estendeva finoall'Appennino e ai monti umbri.Ma già questo limite non pareva sufficiente: l'ultimaguerra aveva chiaramente dimostrato che la signoria ro-mana sull'Italia centrale era possibile soltanto se andavada mare a mare.Lo stabilirsi dei Romani al di là dell'Appennino, inco-minciò colla costruzione della poderosa fortezza di Ha-tria (Atri) nell'anno 465 = 239, prossima al mare e pietradi confine del potente cuneo che separa l'Italia setten-trionale dalla meridionale.In egual modo e di maggiore importanza fu la costruzio-ne di Venusia (463 = 291) dove fu posto il ragguardevo-le contingente di 20.000 coloni. Questa città, posta aiconfini tra il Sannio, l'Apulia e la Lucania, in una fortis-

259

della prima guerra sannitica, così alla fine della secondasi aggiunse quella dei Sabini.Lo stesso capitano che alla fine soggiogò i Sanniti, Ma-nio Curio, spezzò nello stesso anno (464 = 290) la lorobreve resistenza e costrinse i Sabini ad una sottomissio-ne definitiva. Gran parte del territorio sottomesso fu su-bito occupato dai vincitori e distribuito fra i cittadini ro-mani; e agli altri comuni di Cure, Reate, Amiterno, Nur-sia fu imposto il diritto di sudditanza romana (civitassine suffragio).Non furono fondate qui nuove città federali con gli stes-si diritti, ed il territorio venne posto invece sotto l'imme-diata sovranità di Roma, la quale così si estendeva finoall'Appennino e ai monti umbri.Ma già questo limite non pareva sufficiente: l'ultimaguerra aveva chiaramente dimostrato che la signoria ro-mana sull'Italia centrale era possibile soltanto se andavada mare a mare.Lo stabilirsi dei Romani al di là dell'Appennino, inco-minciò colla costruzione della poderosa fortezza di Ha-tria (Atri) nell'anno 465 = 239, prossima al mare e pietradi confine del potente cuneo che separa l'Italia setten-trionale dalla meridionale.In egual modo e di maggiore importanza fu la costruzio-ne di Venusia (463 = 291) dove fu posto il ragguardevo-le contingente di 20.000 coloni. Questa città, posta aiconfini tra il Sannio, l'Apulia e la Lucania, in una fortis-

259

Page 260: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sima posizione sulla grande strada tra Taranto ed il San-nio, era destinata ad esser la Bastiglia delle popolazionidi quelle regioni, e prima di tutto ad interrompere i con-tatti tra i due più potenti nemici di Roma nell'Italia meri-dionale. Nello stesso tempo anche la strada meridionaleche Appio Claudio aveva condotta fino a Capua, fu di làprolungata fino a Venusia.Così si estese il territorio romano, chiuso e compostocioè esclusivamente di comuni di diritto romano o lati-no, alla fine delle guerre sannitiche: a settentrione finoalla selva Ciminia, a oriente fino agli Abruzzi, a sudfino a Capua, mentre i due posti avanzati di Luceria e diVenusia, situati ad oriente e a mezzogiorno delle linee dicontatto degli avversari, lo isolavano in ogni direzione.Roma non era ormai soltanto la prima, ma era diventatagià la potenza dominante sulla penisola, allorquandosullo scorcio del quinto secolo quelle nazioni, che il fa-vore degli dei ed il proprio valore avevano chiamatociascuna nel proprio paese a primeggiare, cominciaronoad avvicinarsi le une alle altre e nel consiglio e sui cam-pi di battaglia, e, come in Olimpia i vincitori delle elimi-natorie si affrontavano tra loro per combattere una se-conda e più seria battaglia, così ora si preparavanoall'ultima e decisiva prova in una più grande arena, Car-tagine, la Macedonia e Roma.

260

sima posizione sulla grande strada tra Taranto ed il San-nio, era destinata ad esser la Bastiglia delle popolazionidi quelle regioni, e prima di tutto ad interrompere i con-tatti tra i due più potenti nemici di Roma nell'Italia meri-dionale. Nello stesso tempo anche la strada meridionaleche Appio Claudio aveva condotta fino a Capua, fu di làprolungata fino a Venusia.Così si estese il territorio romano, chiuso e compostocioè esclusivamente di comuni di diritto romano o lati-no, alla fine delle guerre sannitiche: a settentrione finoalla selva Ciminia, a oriente fino agli Abruzzi, a sudfino a Capua, mentre i due posti avanzati di Luceria e diVenusia, situati ad oriente e a mezzogiorno delle linee dicontatto degli avversari, lo isolavano in ogni direzione.Roma non era ormai soltanto la prima, ma era diventatagià la potenza dominante sulla penisola, allorquandosullo scorcio del quinto secolo quelle nazioni, che il fa-vore degli dei ed il proprio valore avevano chiamatociascuna nel proprio paese a primeggiare, cominciaronoad avvicinarsi le une alle altre e nel consiglio e sui cam-pi di battaglia, e, come in Olimpia i vincitori delle elimi-natorie si affrontavano tra loro per combattere una se-conda e più seria battaglia, così ora si preparavanoall'ultima e decisiva prova in una più grande arena, Car-tagine, la Macedonia e Roma.

260

Page 261: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

SETTIMO CAPITOLORE PIRRO CONTRO ROMA.L'UNIFICAZIONE D'ITALIA

1. Relazioni dell'oriente coll'occidente.Ai tempi in cui Roma era l'incontrastata padrona delmondo, i Greci, per far dispetto ai Romani, loro padroni,solevano attribuire la grandezza di Roma alla febbre chetrasse alla tomba Alessandro il Macedone in Babilonial'11 giugno 431 = 323Non riuscendo loro sopportabile ripensare a quello cheera avvenuto, si consolavano coll'immaginare quello chesarebbe potuto avvenire, se il gran re, volte le sue mireall'occidente, come pare ne avesse avuto l'intenzionepoco prima di morire, si fosse dato a contendere con lesue flotte il dominio dei mari ai Cartaginesi, e con i suoieserciti la signoria della terra ai Romani.Non è impossibile che Alessandro meditasse simile im-presa e non occorre ricordare, che per un autocrate, inpossesso di grandi forze armate di terra e di mare, nonesistono limiti alle sue aspirazioni di dominio.Era veramente un compito degno di un gran re dell'Ella-de quello di difendere gli Elleni della Sicilia dalla pres-sione cartaginese e i Tarentini dalla minaccia romana, li-berando inoltre il commercio tra i due mari dalla pirate-ria.

261

SETTIMO CAPITOLORE PIRRO CONTRO ROMA.L'UNIFICAZIONE D'ITALIA

1. Relazioni dell'oriente coll'occidente.Ai tempi in cui Roma era l'incontrastata padrona delmondo, i Greci, per far dispetto ai Romani, loro padroni,solevano attribuire la grandezza di Roma alla febbre chetrasse alla tomba Alessandro il Macedone in Babilonial'11 giugno 431 = 323Non riuscendo loro sopportabile ripensare a quello cheera avvenuto, si consolavano coll'immaginare quello chesarebbe potuto avvenire, se il gran re, volte le sue mireall'occidente, come pare ne avesse avuto l'intenzionepoco prima di morire, si fosse dato a contendere con lesue flotte il dominio dei mari ai Cartaginesi, e con i suoieserciti la signoria della terra ai Romani.Non è impossibile che Alessandro meditasse simile im-presa e non occorre ricordare, che per un autocrate, inpossesso di grandi forze armate di terra e di mare, nonesistono limiti alle sue aspirazioni di dominio.Era veramente un compito degno di un gran re dell'Ella-de quello di difendere gli Elleni della Sicilia dalla pres-sione cartaginese e i Tarentini dalla minaccia romana, li-berando inoltre il commercio tra i due mari dalla pirate-ria.

261

Page 262: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Le ambasciate italiche, come quella dei Bruzi, dei Luca-ni, degli Etruschi(34), le quali insieme con molte altre ac-corse da ogni parte del mondo in Babilonia, dovevanoavere contribuito non poco a far conoscere le condizionidella penisola e ad avviarvi delle relazioni.Cartagine, intimamente legata per tante ragioni conl'oriente, non poteva non attirare l'attenzione del grandeuomo, ed è probabile ch'egli pensasse, fra tant'altre cose,anche di convertire la supremazia nominale del re deiPersi sulla colonia di Tiro in un dominio effettivo; diche dovevano aver avuto sospetto i Cartaginesi, come celo prova la spia fenicia che essi mantenevano alla cortedi Alessandro.Tuttavia, o sogni o fermi disegni che fossero questi, il remorì senza aver messo mano agli affari d'occidente equei pensieri discesero con lui nella tomba.Il solo Alessandro, e per brevissimi anni, tenne raccoltanelle sue mani tutta la luce intellettuale dell'ellenismo,tutta la forza materiale dell'oriente. Nè può dirsi, che

34 La notizia che anche i Romani mandassero ambasciatori ad Alessandro inBabilonia risale a Clitarco (PLIN., H. nat., 3, 5, 57), da cui senza dubbio at-tinsero gli altri testimoni (ARISTO e ASCLEPIADE in ARRIANO, 7, 15, 5;MEMNONE, c. 25). Clitarco era certamente contemporaneo di questi avveni-menti, ma nondimeno la sua biografia di Alessandro pare piuttosto un ro-manzo storico che una storia; e il silenzio dei biografi più autorevoli(ARRIANO, o. c., in altri luoghi; LIV., 9, 18), e i particolari della relazione diClitarco intieramente romanzesca, come ad esempio il serto d'oro offertodai Romani ad Alessandro e la sua predilezione della futura grandezza diRoma, consigliano a relegare questo racconto fra quei tanti ornamenti, cheClitarco ha tessuto nella storia.

262

Le ambasciate italiche, come quella dei Bruzi, dei Luca-ni, degli Etruschi(34), le quali insieme con molte altre ac-corse da ogni parte del mondo in Babilonia, dovevanoavere contribuito non poco a far conoscere le condizionidella penisola e ad avviarvi delle relazioni.Cartagine, intimamente legata per tante ragioni conl'oriente, non poteva non attirare l'attenzione del grandeuomo, ed è probabile ch'egli pensasse, fra tant'altre cose,anche di convertire la supremazia nominale del re deiPersi sulla colonia di Tiro in un dominio effettivo; diche dovevano aver avuto sospetto i Cartaginesi, come celo prova la spia fenicia che essi mantenevano alla cortedi Alessandro.Tuttavia, o sogni o fermi disegni che fossero questi, il remorì senza aver messo mano agli affari d'occidente equei pensieri discesero con lui nella tomba.Il solo Alessandro, e per brevissimi anni, tenne raccoltanelle sue mani tutta la luce intellettuale dell'ellenismo,tutta la forza materiale dell'oriente. Nè può dirsi, che

34 La notizia che anche i Romani mandassero ambasciatori ad Alessandro inBabilonia risale a Clitarco (PLIN., H. nat., 3, 5, 57), da cui senza dubbio at-tinsero gli altri testimoni (ARISTO e ASCLEPIADE in ARRIANO, 7, 15, 5;MEMNONE, c. 25). Clitarco era certamente contemporaneo di questi avveni-menti, ma nondimeno la sua biografia di Alessandro pare piuttosto un ro-manzo storico che una storia; e il silenzio dei biografi più autorevoli(ARRIANO, o. c., in altri luoghi; LIV., 9, 18), e i particolari della relazione diClitarco intieramente romanzesca, come ad esempio il serto d'oro offertodai Romani ad Alessandro e la sua predilezione della futura grandezza diRoma, consigliano a relegare questo racconto fra quei tanti ornamenti, cheClitarco ha tessuto nella storia.

262

Page 263: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

con la sua morte andasse perduta l'opera di tutta la brevesua vita: la diffusione dell'ellenismo in oriente; mal'impero, appena messo insieme, andò ben tosto in fran-tumi, e tra le incessanti contese dei diversi stati che sivenivano formando dalle rovine della monarchia ales-sandrina, la propaganda della coltura greca in oriente, senon fu abbandonata, rimase però indebolita e rallentata.Il mareggiare continuo delle guerre e delle sommossenon permise nè agli stati greci nè agli asiatico-egizi diprovarsi a fermare il piede in occidente e di volgere leloro forze contro i Cartaginesi o contro i Romani.Il sistema degli stati d'oriente e quello degli stati occi-dentali si reggevano l'uno accanto all'altro senza che po-liticamente venissero a contrapporsi, il che può, con piùstretta verità, dirsi di Roma, la quale rimase affattoestranea alle complicazioni dell'età dei diadochi(35). Tral'uno e l'altro mondo stabilirono solo relazioni economi-che; così, ad esempio, la repubblica di Rodi, che tenevail primo posto tra gli stati marittimi della Grecia e inquel tempo di guerre incessanti era come la mediatriceuniversale del commercio, concluse l'anno 448 = 306 untrattato con Roma, quale poteva conchiudersi tra un po-polo di mercanti e i padroni delle marine di Cere e dellaCampania.

35 Διάδοχος, successore, e per antonomasia i successori di Alessandro. Nellinguaggio medico s'usa «diadoche», per sottentramento d'un maleall'altro. Potrà dunque dirsi, come già dissero i Greci, pel succedersi d'unadinastia ad un'altra.

263

con la sua morte andasse perduta l'opera di tutta la brevesua vita: la diffusione dell'ellenismo in oriente; mal'impero, appena messo insieme, andò ben tosto in fran-tumi, e tra le incessanti contese dei diversi stati che sivenivano formando dalle rovine della monarchia ales-sandrina, la propaganda della coltura greca in oriente, senon fu abbandonata, rimase però indebolita e rallentata.Il mareggiare continuo delle guerre e delle sommossenon permise nè agli stati greci nè agli asiatico-egizi diprovarsi a fermare il piede in occidente e di volgere leloro forze contro i Cartaginesi o contro i Romani.Il sistema degli stati d'oriente e quello degli stati occi-dentali si reggevano l'uno accanto all'altro senza che po-liticamente venissero a contrapporsi, il che può, con piùstretta verità, dirsi di Roma, la quale rimase affattoestranea alle complicazioni dell'età dei diadochi(35). Tral'uno e l'altro mondo stabilirono solo relazioni economi-che; così, ad esempio, la repubblica di Rodi, che tenevail primo posto tra gli stati marittimi della Grecia e inquel tempo di guerre incessanti era come la mediatriceuniversale del commercio, concluse l'anno 448 = 306 untrattato con Roma, quale poteva conchiudersi tra un po-polo di mercanti e i padroni delle marine di Cere e dellaCampania.

35 Διάδοχος, successore, e per antonomasia i successori di Alessandro. Nellinguaggio medico s'usa «diadoche», per sottentramento d'un maleall'altro. Potrà dunque dirsi, come già dissero i Greci, pel succedersi d'unadinastia ad un'altra.

263

Page 264: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Persino le relazioni che esistevano naturalmente tra lecolonie italiche e la Grecia, come tra Taranto e Spartasua madre patria, non contribuivano che in modo affattosecondario alle spedizioni di compagnie mercenarie, chedall'Ellade, in quei tempi mercato generale di soldati diventura, si facevano, come per altri paesi, anche perl'Italia e principalmente per Taranto. Queste spedizioninon erano, a dir vero, che affari di commercio, e sebbe-ne Sparta d'ordinario somministrasse ai Tarentini i capi-tani per le guerre d'Italia, non trascorse perciò a nes-sun'ostilità contro gli Italici, allo stesso modo che nellaguerra della indipendenza americana gli stati della Ger-mania non entrarono in alcuna lotta cogli stati dell'unio-ne benchè vendessero i propri sudditi agli avversari.

2. Posizione storica di Pirro.Pirro, re d'Epiro, non era che un condottiero avventuro-so. Benchè egli facesse risalire la sua genealogia fino adEaco e ad Achille, e non gli mancasse la possibilità,quando fosse stato d'indole più riposata, di vivere e mo-rire come «Re» d'un piccolo popolo montanaro sottol'alto dominio dei Macedoni, e, anche, forse, indipen-dente, Pirro ciò non per tanto non fu più che un cavalie-re di ventura.Non mancò chi lo volle paragonare ad Alessandro ilMacedone; e veramente non può negarsi ch'egli medi-tasse la fondazione di un regno ellenico d'occidente, dicui l'Epiro, la Magna Grecia e la Sicilia avrebbero for-

264

Persino le relazioni che esistevano naturalmente tra lecolonie italiche e la Grecia, come tra Taranto e Spartasua madre patria, non contribuivano che in modo affattosecondario alle spedizioni di compagnie mercenarie, chedall'Ellade, in quei tempi mercato generale di soldati diventura, si facevano, come per altri paesi, anche perl'Italia e principalmente per Taranto. Queste spedizioninon erano, a dir vero, che affari di commercio, e sebbe-ne Sparta d'ordinario somministrasse ai Tarentini i capi-tani per le guerre d'Italia, non trascorse perciò a nes-sun'ostilità contro gli Italici, allo stesso modo che nellaguerra della indipendenza americana gli stati della Ger-mania non entrarono in alcuna lotta cogli stati dell'unio-ne benchè vendessero i propri sudditi agli avversari.

2. Posizione storica di Pirro.Pirro, re d'Epiro, non era che un condottiero avventuro-so. Benchè egli facesse risalire la sua genealogia fino adEaco e ad Achille, e non gli mancasse la possibilità,quando fosse stato d'indole più riposata, di vivere e mo-rire come «Re» d'un piccolo popolo montanaro sottol'alto dominio dei Macedoni, e, anche, forse, indipen-dente, Pirro ciò non per tanto non fu più che un cavalie-re di ventura.Non mancò chi lo volle paragonare ad Alessandro ilMacedone; e veramente non può negarsi ch'egli medi-tasse la fondazione di un regno ellenico d'occidente, dicui l'Epiro, la Magna Grecia e la Sicilia avrebbero for-

264

Page 265: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

mato il nerbo, e che avrebbe avuto la signoria sui duemari italici, respingendo Roma e Cartagine a confonder-si col mondo barbarico, che cingeva come un nebbiosoorizzonte la serena sfera degli stati ellenici. Concettoquesto, grande e audace non meno di quello che condus-se il re di Macedonia oltre l'Ellesponto.Ma non è solo il diverso risultato che distingue la spedi-zione orientale dalla spedizione occidentale. Alessandrocol suo esercito macedone, dove sotto di lui servivanobuon numero di illustri ufficiali superiori, poteva esserbenissimo paragonato al gran re; ma il re d'Epiro, che, inquanto alle forze, stava alla Macedonia come all'incircastarebbe ora l'Assia alla Prussia, non riuscì a riunire in-torno a sè un esercito che potesse esser degno di questonome, se non reclutando mercenari e mendicando al-leanze, che si fondavano su effimere combinazioni poli-tiche.Alessandro invase la Persia da conquistatore, Pirro ven-ne in Italia come capitano al soldo d'una federazione distati di secondo ordine; Alessandro lasciò il suo paeseereditario, sicuro da ogni attacco mercè la compiutasoggezione della Grecia e il ragguardevole esercito la-sciatovi sotto gli ordini di Antipatro; Pirro non aveva al-tra garanzia per la integrità del suo territorio che la paro-la d'un vicino sospetto.Per entrambi i conquistatori, nel caso che la loro impre-sa riuscisse, era necessario abbandonare la patria, la

265

mato il nerbo, e che avrebbe avuto la signoria sui duemari italici, respingendo Roma e Cartagine a confonder-si col mondo barbarico, che cingeva come un nebbiosoorizzonte la serena sfera degli stati ellenici. Concettoquesto, grande e audace non meno di quello che condus-se il re di Macedonia oltre l'Ellesponto.Ma non è solo il diverso risultato che distingue la spedi-zione orientale dalla spedizione occidentale. Alessandrocol suo esercito macedone, dove sotto di lui servivanobuon numero di illustri ufficiali superiori, poteva esserbenissimo paragonato al gran re; ma il re d'Epiro, che, inquanto alle forze, stava alla Macedonia come all'incircastarebbe ora l'Assia alla Prussia, non riuscì a riunire in-torno a sè un esercito che potesse esser degno di questonome, se non reclutando mercenari e mendicando al-leanze, che si fondavano su effimere combinazioni poli-tiche.Alessandro invase la Persia da conquistatore, Pirro ven-ne in Italia come capitano al soldo d'una federazione distati di secondo ordine; Alessandro lasciò il suo paeseereditario, sicuro da ogni attacco mercè la compiutasoggezione della Grecia e il ragguardevole esercito la-sciatovi sotto gli ordini di Antipatro; Pirro non aveva al-tra garanzia per la integrità del suo territorio che la paro-la d'un vicino sospetto.Per entrambi i conquistatori, nel caso che la loro impre-sa riuscisse, era necessario abbandonare la patria, la

265

Page 266: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

quale non poteva essere il centro di gravità del nuovostato; ma sarebbe riuscito assai meno difficile trapianta-re la sede della monarchia macedone in Babilonia, chefondare una dinastia militare a Taranto o a Siracusa.Perchè era affatto impossibile ridurre la democrazia del-le repubbliche greche, per quanto da molti anni quasi inagonia, alle strette forme d'uno stato militare.Filippo sapeva bene cosa si facesse quando non volle in-corporare le repubbliche greche nel suo regno. In orien-te invece non si doveva temere alcuna opposizione na-zionale; in quelle vaste regioni vivevano da lungo tempoclassi dominanti e classi serve, le une presso le altre, e ilmutar padrone riusciva, alle varie moltitudini, indiffe-rente e talvolta desiderato.In occidente era ben possibile vincere i Romani, i Sanni-ti, i Cartaginesi, ma nessun conquistatore avrebbe potu-to mutare gli Italici in altrettanti fellah egiziani, o ridur-re i contadini romani a livellarii d'una baronia ellenica.Tutto ben considerato, la propria potenza, gli alleati, leforze degli avversari, il concetto del macedone, guarda-to sotto ogni aspetto, ci si presenta come un'impresa ese-guibile, quello dell'epirota come un'impresa impossibile;l'uno ci appare come il compimento d'una grande mis-sione storica, l'altro come un memorabile errore; l'unocome la pietra fondamentale di un nuovo sistema di statie di una nuova fase di civiltà, l'altro come un puro epi-sodio storico.

266

quale non poteva essere il centro di gravità del nuovostato; ma sarebbe riuscito assai meno difficile trapianta-re la sede della monarchia macedone in Babilonia, chefondare una dinastia militare a Taranto o a Siracusa.Perchè era affatto impossibile ridurre la democrazia del-le repubbliche greche, per quanto da molti anni quasi inagonia, alle strette forme d'uno stato militare.Filippo sapeva bene cosa si facesse quando non volle in-corporare le repubbliche greche nel suo regno. In orien-te invece non si doveva temere alcuna opposizione na-zionale; in quelle vaste regioni vivevano da lungo tempoclassi dominanti e classi serve, le une presso le altre, e ilmutar padrone riusciva, alle varie moltitudini, indiffe-rente e talvolta desiderato.In occidente era ben possibile vincere i Romani, i Sanni-ti, i Cartaginesi, ma nessun conquistatore avrebbe potu-to mutare gli Italici in altrettanti fellah egiziani, o ridur-re i contadini romani a livellarii d'una baronia ellenica.Tutto ben considerato, la propria potenza, gli alleati, leforze degli avversari, il concetto del macedone, guarda-to sotto ogni aspetto, ci si presenta come un'impresa ese-guibile, quello dell'epirota come un'impresa impossibile;l'uno ci appare come il compimento d'una grande mis-sione storica, l'altro come un memorabile errore; l'unocome la pietra fondamentale di un nuovo sistema di statie di una nuova fase di civiltà, l'altro come un puro epi-sodio storico.

266

Page 267: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

L'opera di Alessandro sopravvisse al suo autore ancor-chè egli fosse morto prematuramente; Pirro prima dimorire vide cogli occhi propri crollare tutto il suo edifi-cio. Furono due audaci e grandi nature d'uomini; ma Pir-ro non era che il primo capitano del suo tempo, Alessan-dro era innanzi tutto, e principalmente, il più grande ge-nio politico dell'epoca; e se la perspicacia di distinguereil possibile dall'impossibile è quella che differenzia glieroi dagli avventurieri, è forza annoverare Pirro fra que-sti ultimi e non si può metterlo a paragone di Alessandrosuo parente e maggiore, come non si saprebbe parago-nare il connestabile di Borbone a Luigi XI.Eppure il nome dell'epirota risveglia in noi un certo sen-so di meraviglia, e quasi esercita sulle menti un fascino,che ben si spiega, sia per la cavalleresca e seducente suapersonalità, sia perchè egli fu il primo greco che si mi-surasse coi Romani sui campi di battaglia.Da Pirro cominciano quelle relazioni tra Roma e l'Elladea cui è dovuto tutto l'indirizzo successivo della antica ci-viltà, e che perciò sono anche uno dei principali fattoridella civiltà moderna.La lotta tra falangi e coorti, tra eserciti mercenari e mili-zie nazionali, tra monarchia militare e governo senato-rio, tra il genio personale e la forza nazionale – questalotta tra Roma e l'ellenismo fu prima combattuta nellebattaglie tra Pirro e i duci romani; e sebbene la partesoccombente abbia più volte e con gran pertinacia rin-

267

L'opera di Alessandro sopravvisse al suo autore ancor-chè egli fosse morto prematuramente; Pirro prima dimorire vide cogli occhi propri crollare tutto il suo edifi-cio. Furono due audaci e grandi nature d'uomini; ma Pir-ro non era che il primo capitano del suo tempo, Alessan-dro era innanzi tutto, e principalmente, il più grande ge-nio politico dell'epoca; e se la perspicacia di distinguereil possibile dall'impossibile è quella che differenzia glieroi dagli avventurieri, è forza annoverare Pirro fra que-sti ultimi e non si può metterlo a paragone di Alessandrosuo parente e maggiore, come non si saprebbe parago-nare il connestabile di Borbone a Luigi XI.Eppure il nome dell'epirota risveglia in noi un certo sen-so di meraviglia, e quasi esercita sulle menti un fascino,che ben si spiega, sia per la cavalleresca e seducente suapersonalità, sia perchè egli fu il primo greco che si mi-surasse coi Romani sui campi di battaglia.Da Pirro cominciano quelle relazioni tra Roma e l'Elladea cui è dovuto tutto l'indirizzo successivo della antica ci-viltà, e che perciò sono anche uno dei principali fattoridella civiltà moderna.La lotta tra falangi e coorti, tra eserciti mercenari e mili-zie nazionali, tra monarchia militare e governo senato-rio, tra il genio personale e la forza nazionale – questalotta tra Roma e l'ellenismo fu prima combattuta nellebattaglie tra Pirro e i duci romani; e sebbene la partesoccombente abbia più volte e con gran pertinacia rin-

267

Page 268: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

novato l'appello alla decisione delle armi, ogni provanovella altro non fece che confermare il già pronunziatogiudizio.Ma se i Greci rimasero soccombenti nel campo e nellacuria, fuori della politica venne loro assicurata un'incon-trastabile superiorità; il che già faceva presentire, che lavittoria riportata da Roma sugli Elleni sarebbe stata di-versa da quella da essi riportata sui Galli e sui Fenici,ma che ad ogni modo la magìa d'Afrodite non cominciaad operare se non quando la lancia è spezzata e l'elmo elo scudo sono messi da parte.

3. I precedenti di Pirro.Il re Pirro era figlio di Eacide, signore dei Molossi (po-poli stabiliti nel paese ove ora sorge Janina), il quale, ri-sparmiato da Alessandro perchè suo parente e suo fede-le, fu dopo la morte di lui sbalzato nel vortice dellaguerra per la successione della Macedonia, onde primane perdette il regno, poi la vita (441 = 313). Suo figlio,che aveva allora sei anni, fu salvato da Glaucia, signoredei Taulanti illirici e, ancora adolescente, combattendosila guerra pel possesso della Macedonia, fu da DemetrioPoliorcete riposto nel suo principato (447 = 307) che dinuovo perdette pochi anni appresso pel riacquistato pre-dominio della frazione a lui contraria (452 = 302);ond'è, ch'egli come principe fuoruscito cominciò, al se-guito dei capitani macedoni, la sua carriera militare. Benpresto si fece notare per le personali sue qualità. Com-

268

novato l'appello alla decisione delle armi, ogni provanovella altro non fece che confermare il già pronunziatogiudizio.Ma se i Greci rimasero soccombenti nel campo e nellacuria, fuori della politica venne loro assicurata un'incon-trastabile superiorità; il che già faceva presentire, che lavittoria riportata da Roma sugli Elleni sarebbe stata di-versa da quella da essi riportata sui Galli e sui Fenici,ma che ad ogni modo la magìa d'Afrodite non cominciaad operare se non quando la lancia è spezzata e l'elmo elo scudo sono messi da parte.

3. I precedenti di Pirro.Il re Pirro era figlio di Eacide, signore dei Molossi (po-poli stabiliti nel paese ove ora sorge Janina), il quale, ri-sparmiato da Alessandro perchè suo parente e suo fede-le, fu dopo la morte di lui sbalzato nel vortice dellaguerra per la successione della Macedonia, onde primane perdette il regno, poi la vita (441 = 313). Suo figlio,che aveva allora sei anni, fu salvato da Glaucia, signoredei Taulanti illirici e, ancora adolescente, combattendosila guerra pel possesso della Macedonia, fu da DemetrioPoliorcete riposto nel suo principato (447 = 307) che dinuovo perdette pochi anni appresso pel riacquistato pre-dominio della frazione a lui contraria (452 = 302);ond'è, ch'egli come principe fuoruscito cominciò, al se-guito dei capitani macedoni, la sua carriera militare. Benpresto si fece notare per le personali sue qualità. Com-

268

Page 269: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

battè le ultime campagne di Antigono sotto la scuola diquesto ex generale di Alessandro, che si compiacevascoprendo nel giovanetto il guerriero nato, a cui, secon-do ciò che pronosticava il vecchio condottiero, nonmancava che l'età per essere fin d'allora il primo soldatodel suo tempo.L'infelice battaglia presso Isso lo condusse ostaggio inAlessandria alla corte del fondatore della dinastia deiLagidi, dove con le ardite e risolute sue maniere, con lasua indole soldatesca, sprezzante di tutto quello che nons'attenesse al mestiere delle armi, seppe attirarsi nonsolo l'attenzione del Tolomeo, sagace estimatore di uo-mini, ma per la sua maschia bellezza, che non era dimi-nuita dal fiero aspetto e dal grave portamento, anche lasimpatia delle donne del re.Il temerario Demetrio stava appunto in quei giorni riten-tando di farsi un nuovo regno, e questa volta s'era rivol-to alla Macedonia coll'intento, ben naturale, di muoveredi là per rinnovare l'impero di Alessandro.Bisognava imbrigliare que' vasti disegni e tener occupa-to Demetrio nei suoi stati; il Lagide, che da fine politicosapeva trar partito dai carattere ardenti come era quellodel giovane epirota, non solo fece cosa ben accetta allaregina Berenice sua moglie, ma provvide anche ai casisuoi sposando al giovane principe la principessa Antigo-ne sua figliastra, e proteggendo con la potente sua in-fluenza l'amato «figliastro», perchè potesse ritornare in

269

battè le ultime campagne di Antigono sotto la scuola diquesto ex generale di Alessandro, che si compiacevascoprendo nel giovanetto il guerriero nato, a cui, secon-do ciò che pronosticava il vecchio condottiero, nonmancava che l'età per essere fin d'allora il primo soldatodel suo tempo.L'infelice battaglia presso Isso lo condusse ostaggio inAlessandria alla corte del fondatore della dinastia deiLagidi, dove con le ardite e risolute sue maniere, con lasua indole soldatesca, sprezzante di tutto quello che nons'attenesse al mestiere delle armi, seppe attirarsi nonsolo l'attenzione del Tolomeo, sagace estimatore di uo-mini, ma per la sua maschia bellezza, che non era dimi-nuita dal fiero aspetto e dal grave portamento, anche lasimpatia delle donne del re.Il temerario Demetrio stava appunto in quei giorni riten-tando di farsi un nuovo regno, e questa volta s'era rivol-to alla Macedonia coll'intento, ben naturale, di muoveredi là per rinnovare l'impero di Alessandro.Bisognava imbrigliare que' vasti disegni e tener occupa-to Demetrio nei suoi stati; il Lagide, che da fine politicosapeva trar partito dai carattere ardenti come era quellodel giovane epirota, non solo fece cosa ben accetta allaregina Berenice sua moglie, ma provvide anche ai casisuoi sposando al giovane principe la principessa Antigo-ne sua figliastra, e proteggendo con la potente sua in-fluenza l'amato «figliastro», perchè potesse ritornare in

269

Page 270: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

patria (458 = 296).Così rimesso nel retaggio paterno tutti si strinsero intor-no a lui. I valorosi Epiroti, gli Albanesi di quei tempi,rinfocolando la tradizionale fedeltà con nuovo entusia-smo, pendevano ai cenni dell'animoso giovane, cui die-dero il soprannome di «Aquilotto».Durante i tumulti e le guerre che in Macedonia (457 =297) tennero dietro alla morte di Cassandro, l'epirota, al-largato il suo territorio, e occupato a poco a poco il lito-rale del golfo ambracico, l'isola Corcira, una parte delterritorio macedone, con non piccola meraviglia deglistessi Macedoni, tenne testa al re Demetrio con forze digran lunga inferiori alle sue.E quando Demetrio, per i suoi errori, precipitò dal tronomacedone, la dignità reale fu spontaneamente offerta alcavalleresco suo rivale e congiunto, che dopo tutto eradegli Alessandridi (476 = 278).Infatti nessuno più di Pirro era degno di cingere la coro-na di Filippo e di Alessandro. In un tempo di profondadepravazione, nel quale il titolo al principato e la sovra-nità cominciavano a parer sinonimo di vituperio, il ca-rattere di Pirro, temperato, senza macchia, doveva bril-lare rapidamente.Egli che, come Alessandro, conservava in mezzo agliamici il cuore aperto e aveva saputo preservarsi dalletentazioni del dispotismo orientale e dall'aria sultanescacosì odiosa ai Macedoni, come Alessandro, era ricono-

270

patria (458 = 296).Così rimesso nel retaggio paterno tutti si strinsero intor-no a lui. I valorosi Epiroti, gli Albanesi di quei tempi,rinfocolando la tradizionale fedeltà con nuovo entusia-smo, pendevano ai cenni dell'animoso giovane, cui die-dero il soprannome di «Aquilotto».Durante i tumulti e le guerre che in Macedonia (457 =297) tennero dietro alla morte di Cassandro, l'epirota, al-largato il suo territorio, e occupato a poco a poco il lito-rale del golfo ambracico, l'isola Corcira, una parte delterritorio macedone, con non piccola meraviglia deglistessi Macedoni, tenne testa al re Demetrio con forze digran lunga inferiori alle sue.E quando Demetrio, per i suoi errori, precipitò dal tronomacedone, la dignità reale fu spontaneamente offerta alcavalleresco suo rivale e congiunto, che dopo tutto eradegli Alessandridi (476 = 278).Infatti nessuno più di Pirro era degno di cingere la coro-na di Filippo e di Alessandro. In un tempo di profondadepravazione, nel quale il titolo al principato e la sovra-nità cominciavano a parer sinonimo di vituperio, il ca-rattere di Pirro, temperato, senza macchia, doveva bril-lare rapidamente.Egli che, come Alessandro, conservava in mezzo agliamici il cuore aperto e aveva saputo preservarsi dalletentazioni del dispotismo orientale e dall'aria sultanescacosì odiosa ai Macedoni, come Alessandro, era ricono-

270

Page 271: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sciuto per il primo tattico dei suoi tempi, e sembrava ilre fatto apposta per i liberi contadini della Macedonia, iquali, benchè stremati e immiseriti, si mantenevano lon-tani dalla decadenza dei costumi e immuni dalla viltàgenerale, che il governo dei diadochi aveva introdottonella Grecia e nell'Asia.Ma l'orgoglio nazionale, smisurato tra i Macedoni, percui il più meschino principotto del paese era preferito alpiù prode straniero, la dissennata avversione dell'eserci-to macedone per qualsiasi generale che non fosse lorocompaesano, avversione che già aveva perduto il piùgran capitano della scuola di Alessandro, Eumene daCardia, minavano la signoria del principe epirota.Così Pirro, vedendo di non poter reggere la Macedoniasenza far violenza ai sentimenti dei Macedoni, ed essen-do troppo debole, o forse troppo generoso per regnarecontro il desiderio del popolo, dopo sette mesi abbando-nò il regno al suo mal governo nazionale, e tornò ai suoifidi Epiroti (476 = 278).Ma l'uomo che aveva portato la corona di Alessandro, ilcognato di Demetrio, il genero del Lagide e d'Agatocleda Siracusa, il valentissimo stratega, che scriveva libri etrattati scientifici sull'arte della guerra, non poteva certa-mente rassegnarsi a passare la vita a rivedere, a un datotempo dell'anno, i conti del reale amministratore del be-stiame, e tra i capi tribù de' suoi valorosi Epiroti che ve-nivano a offrirgli i consueti tributi in buoi e in pecore, a

271

sciuto per il primo tattico dei suoi tempi, e sembrava ilre fatto apposta per i liberi contadini della Macedonia, iquali, benchè stremati e immiseriti, si mantenevano lon-tani dalla decadenza dei costumi e immuni dalla viltàgenerale, che il governo dei diadochi aveva introdottonella Grecia e nell'Asia.Ma l'orgoglio nazionale, smisurato tra i Macedoni, percui il più meschino principotto del paese era preferito alpiù prode straniero, la dissennata avversione dell'eserci-to macedone per qualsiasi generale che non fosse lorocompaesano, avversione che già aveva perduto il piùgran capitano della scuola di Alessandro, Eumene daCardia, minavano la signoria del principe epirota.Così Pirro, vedendo di non poter reggere la Macedoniasenza far violenza ai sentimenti dei Macedoni, ed essen-do troppo debole, o forse troppo generoso per regnarecontro il desiderio del popolo, dopo sette mesi abbando-nò il regno al suo mal governo nazionale, e tornò ai suoifidi Epiroti (476 = 278).Ma l'uomo che aveva portato la corona di Alessandro, ilcognato di Demetrio, il genero del Lagide e d'Agatocleda Siracusa, il valentissimo stratega, che scriveva libri etrattati scientifici sull'arte della guerra, non poteva certa-mente rassegnarsi a passare la vita a rivedere, a un datotempo dell'anno, i conti del reale amministratore del be-stiame, e tra i capi tribù de' suoi valorosi Epiroti che ve-nivano a offrirgli i consueti tributi in buoi e in pecore, a

271

Page 272: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rinnovargli sull'altare di Giove il giuramento di fedeltà eripetere egli stesso la promessa di mantenere le leggi, e,per rinsaldar i patti, a banchettare poi tutta la notte conloro.Se per lui non v'era posto sul trono macedone, nemmenopoteva rimanere impotente nella sua patria; egli potevaessere il primo, e quindi non era possibile che si rasse-gnasse a rimaner secondo. Così rivolse i suoi sguardi e isuoi pensieri altrove. I re, che si disputavano il possessodella Macedonia, benchè per tutte le altre cose fosserosempre in contrasto, non tardarono a trovare l'accordonell'agevolare il volontario allontanamento di così peri-coloso competitore.Dal canto suo, Pirro, era sicuro che i suoi fidi Epiroti loavrebbero seguito ovunque egli li avesse condotti.Le condizioni d'Italia erano appunto, in quel tempo, talida far credere possibile l'impresa, che quaranta anni pri-ma aveva tentato Alessandro d'Epiro, parente di Pirro,cugino di suo padre, e che allora forse andava macchi-nando anche suo suocero Agatocle, e per questo Pirrodecise di rinunciare ai suoi disegni sulla Macedonia e difondare per sè e per la nazione ellenica un nuovo regnoin occidente.

4. Sollevazione degli Italici contro Roma.L'armistizio di cui godeva l'Italia per la pace fatta colSannio nel 464 = 290 fu di breve durata. Questa volta

272

rinnovargli sull'altare di Giove il giuramento di fedeltà eripetere egli stesso la promessa di mantenere le leggi, e,per rinsaldar i patti, a banchettare poi tutta la notte conloro.Se per lui non v'era posto sul trono macedone, nemmenopoteva rimanere impotente nella sua patria; egli potevaessere il primo, e quindi non era possibile che si rasse-gnasse a rimaner secondo. Così rivolse i suoi sguardi e isuoi pensieri altrove. I re, che si disputavano il possessodella Macedonia, benchè per tutte le altre cose fosserosempre in contrasto, non tardarono a trovare l'accordonell'agevolare il volontario allontanamento di così peri-coloso competitore.Dal canto suo, Pirro, era sicuro che i suoi fidi Epiroti loavrebbero seguito ovunque egli li avesse condotti.Le condizioni d'Italia erano appunto, in quel tempo, talida far credere possibile l'impresa, che quaranta anni pri-ma aveva tentato Alessandro d'Epiro, parente di Pirro,cugino di suo padre, e che allora forse andava macchi-nando anche suo suocero Agatocle, e per questo Pirrodecise di rinunciare ai suoi disegni sulla Macedonia e difondare per sè e per la nazione ellenica un nuovo regnoin occidente.

4. Sollevazione degli Italici contro Roma.L'armistizio di cui godeva l'Italia per la pace fatta colSannio nel 464 = 290 fu di breve durata. Questa volta

272

Page 273: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

furono i Lucani, a prendere l'iniziativa di una nuova fe-derazione contro la dominazione dei Romani.Convien ricordare che i Lucani avevano seguito le partidi Roma, e tenuto in rispetto i Tarentini durante le guer-re sannitiche, contribuendo con ciò alla vittoria diRoma, la quale, in compenso, aveva abbandonato ai Lu-cani tutte le città greche comprese nel loro territorio.Così, appena conchiusa la pace, essi strinsero alleanzacoi Bruzi, per ridurre ad ubbidienza l'una dopo l'altra lecittà lasciate a loro discrezione.I Turini, replicatamente assaliti e messi alle strette dalgenerale dei Lucani Stenio Statilio, si rivolsero al senatoromano per aiuti, allo stesso modo che i Campani ave-vano invocato l'aiuto contro i Sanniti e senza dubbio aprezzo anch'essi della libertà e dell'indipendenza. E poi-chè dopo la fondazione di Venusia più che l'aiuto deiLucani, a Roma era indispensabile l'alleanza con i Turi-ni, il senato aderì alla loro richiesta ed intimò agli ag-gressori di non assaltare la città, che si era data ai Ro-mani. Vedendosi così ingannati dai loro possenti alleati,che si attribuivano anche quella parte di preda bellicache ad essi era stata assegnata, i Lucani ed i Bruzi ini-ziarono pratiche per un'intesa col partito che nel Sannioe in Taranto parteggiava per la guerra, con lo scopo diformare una nuova lega di Italici, e allorchè i Romaniinviarono loro un'ambasciata per ammonirli a cessarequei maneggi, essi trattennero prigionieri gli ambascia-tori e cominciarono la guerra coll'assaltare Turio (verso

273

furono i Lucani, a prendere l'iniziativa di una nuova fe-derazione contro la dominazione dei Romani.Convien ricordare che i Lucani avevano seguito le partidi Roma, e tenuto in rispetto i Tarentini durante le guer-re sannitiche, contribuendo con ciò alla vittoria diRoma, la quale, in compenso, aveva abbandonato ai Lu-cani tutte le città greche comprese nel loro territorio.Così, appena conchiusa la pace, essi strinsero alleanzacoi Bruzi, per ridurre ad ubbidienza l'una dopo l'altra lecittà lasciate a loro discrezione.I Turini, replicatamente assaliti e messi alle strette dalgenerale dei Lucani Stenio Statilio, si rivolsero al senatoromano per aiuti, allo stesso modo che i Campani ave-vano invocato l'aiuto contro i Sanniti e senza dubbio aprezzo anch'essi della libertà e dell'indipendenza. E poi-chè dopo la fondazione di Venusia più che l'aiuto deiLucani, a Roma era indispensabile l'alleanza con i Turi-ni, il senato aderì alla loro richiesta ed intimò agli ag-gressori di non assaltare la città, che si era data ai Ro-mani. Vedendosi così ingannati dai loro possenti alleati,che si attribuivano anche quella parte di preda bellicache ad essi era stata assegnata, i Lucani ed i Bruzi ini-ziarono pratiche per un'intesa col partito che nel Sannioe in Taranto parteggiava per la guerra, con lo scopo diformare una nuova lega di Italici, e allorchè i Romaniinviarono loro un'ambasciata per ammonirli a cessarequei maneggi, essi trattennero prigionieri gli ambascia-tori e cominciarono la guerra coll'assaltare Turio (verso

273

Page 274: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'anno 496 = 258) e nel tempo stesso coll'esortare allafederazione e alla difesa dell'indipendenza comune nonsolo i Sanniti e i Tarentini, ma anche gli Italici del nord,gli Etruschi, gli Umbri e i Galli.Si mosse di fatti la federazione etrusca e assoldò nume-rose schiere galliche. L'esercito romano, capitanato dalpretore Lucio Cecilio, accorso in aiuto degli Arretini,che si erano conservati fedeli, fu distrutto sotto le muradi Arretium dai Senoni venuti al soldo degli Etruschi; ri-mase ucciso sul campo di battaglia il pretore stesso con13.000 dei suoi (470 = 284).I Senoni erano anch'essi, allora, tra gli alleati di Roma: iRomani mandarono perciò ambasciatori a lamentarsiperchè impiegavano disertori contro Roma e ad esigerela gratuita restituzione de' prigionieri. Ma per ordine delloro capo Britomaris, il quale aveva da vendicare suiRomani la morte del padre, i Senoni uccisero gli amba-sciatori e si dichiararono senz'altro per gli Etruschi.Tutta l'Italia settentrionale, Etruschi, Umbri, Galli, silevò in armi e si potevano aspettare grandi cose se anchei paesi meridionali avessero colto il momento e si fosse-ro dichiarati contro Roma anche i popoli che rimaneva-no fra i due belligeranti.Pare infatti che i Sanniti, pronti sempre a combattere perla libertà, avessero mosso guerra ai Romani, ma, infiac-chiti e serrati da tutte le parti come essi erano, potevanoriuscire di poco o nessun vantaggio alla lega, e Taranto,

274

l'anno 496 = 258) e nel tempo stesso coll'esortare allafederazione e alla difesa dell'indipendenza comune nonsolo i Sanniti e i Tarentini, ma anche gli Italici del nord,gli Etruschi, gli Umbri e i Galli.Si mosse di fatti la federazione etrusca e assoldò nume-rose schiere galliche. L'esercito romano, capitanato dalpretore Lucio Cecilio, accorso in aiuto degli Arretini,che si erano conservati fedeli, fu distrutto sotto le muradi Arretium dai Senoni venuti al soldo degli Etruschi; ri-mase ucciso sul campo di battaglia il pretore stesso con13.000 dei suoi (470 = 284).I Senoni erano anch'essi, allora, tra gli alleati di Roma: iRomani mandarono perciò ambasciatori a lamentarsiperchè impiegavano disertori contro Roma e ad esigerela gratuita restituzione de' prigionieri. Ma per ordine delloro capo Britomaris, il quale aveva da vendicare suiRomani la morte del padre, i Senoni uccisero gli amba-sciatori e si dichiararono senz'altro per gli Etruschi.Tutta l'Italia settentrionale, Etruschi, Umbri, Galli, silevò in armi e si potevano aspettare grandi cose se anchei paesi meridionali avessero colto il momento e si fosse-ro dichiarati contro Roma anche i popoli che rimaneva-no fra i due belligeranti.Pare infatti che i Sanniti, pronti sempre a combattere perla libertà, avessero mosso guerra ai Romani, ma, infiac-chiti e serrati da tutte le parti come essi erano, potevanoriuscire di poco o nessun vantaggio alla lega, e Taranto,

274

Page 275: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

come al solito, esitava.Mentre i loro nemici conducevano pratiche per nuovealleanze, stipulavano trattati per sussidi e raccoglievanogente mercenaria, i Romani agivano.

5. Distruzione dei Senoni.I Senoni furono i primi ad accorgersi che grave pericolofosse quello di battersi con i Romani.Il console Publio Cornelio Dolabello invase il loro terri-torio alla testa d'un potente esercito: gli abitanti che nonvennero passati a fil di spada, furono scacciati dal paesee la gente dei Senoni fu cancellata dalla lista delle na-zioni italiche (471 = 283).La cacciata di tutto un popolo non è inverosimile se sipensi che i Senoni vivevano principalmente di pastori-zia; ed è probabile che i Senoni, cacciati dall'Italia, con-corsero ad ingrossare quelle torme galliche, che pocodopo invasero le regioni danubiane, la Macedonia, laGrecia e l'Asia minore.Spaventati e mossi a sdegno da questa improvvisa cata-strofe, i Boi, che erano i più vicini ed affini ai Senoni, siunirono immediatamente agli Etruschi, che continuava-no ancora la guerra, e i mercenari Senoni, che erano nel-le loro file, combatterono i Romani non più come genteassoldata, ma come vendicatori disperati della loro pa-tria.

275

come al solito, esitava.Mentre i loro nemici conducevano pratiche per nuovealleanze, stipulavano trattati per sussidi e raccoglievanogente mercenaria, i Romani agivano.

5. Distruzione dei Senoni.I Senoni furono i primi ad accorgersi che grave pericolofosse quello di battersi con i Romani.Il console Publio Cornelio Dolabello invase il loro terri-torio alla testa d'un potente esercito: gli abitanti che nonvennero passati a fil di spada, furono scacciati dal paesee la gente dei Senoni fu cancellata dalla lista delle na-zioni italiche (471 = 283).La cacciata di tutto un popolo non è inverosimile se sipensi che i Senoni vivevano principalmente di pastori-zia; ed è probabile che i Senoni, cacciati dall'Italia, con-corsero ad ingrossare quelle torme galliche, che pocodopo invasero le regioni danubiane, la Macedonia, laGrecia e l'Asia minore.Spaventati e mossi a sdegno da questa improvvisa cata-strofe, i Boi, che erano i più vicini ed affini ai Senoni, siunirono immediatamente agli Etruschi, che continuava-no ancora la guerra, e i mercenari Senoni, che erano nel-le loro file, combatterono i Romani non più come genteassoldata, ma come vendicatori disperati della loro pa-tria.

275

Page 276: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Un poderoso esercito etrusco-gallico mosse controRoma per vendicare sulla capitale dei nemici lo stermi-nio dei Senoni e per distruggere Roma più compiuta-mente di quello che aveva già fatto il Brenno condottie-ro di quegli stessi Senoni. Senonchè l'esercito alleato fudai Romani interamente battuto al passaggio del Teverenelle vicinanze del lago Vadimone (471 = 283). Gli al-leati ritentarono la sorte dell'armi l'anno appresso, masconfitti di nuovo in una battaglia campale presso Popu-lonia, i Boi uscirono dalla federazione e fecero la pacecon i Romani (472 = 282). Così fu rotto il più saldo epoderoso anello della lega, i Galli; e vinta la lega, primaancora ch'essa si fosse consolidata, Roma ebbe le manilibere per volgersi contro l'Italia meridionale, dove neglianni che corsero dal 469 = 285 al 471 = 283 la guerra siera condotta fiaccamente.Se fino allora l'esercito romano, assai ridotto, s'era so-stenuto a stento in Turio contro i Lucani ed i Bruzi, nel472 = 282 comparve il console Gaio Fabricio Luscinoalla testa d'un altro poderoso esercito dinanzi la città, laliberò, sconfisse i Lucani in una grande battaglia e feceprigioniero il loro duce Statilio. Le più piccole città gre-che non doriche, che riconoscevano nei Romani i loroliberatori, si diedero a questi spontaneamente; presidiiromani rimasero nelle più importanti piazze forti, in Lo-cri, Crotone, Turio, e particolarmente in Reggio, sullaquale ultima città pareva che anche Cartagine avessequalche disegno.

276

Un poderoso esercito etrusco-gallico mosse controRoma per vendicare sulla capitale dei nemici lo stermi-nio dei Senoni e per distruggere Roma più compiuta-mente di quello che aveva già fatto il Brenno condottie-ro di quegli stessi Senoni. Senonchè l'esercito alleato fudai Romani interamente battuto al passaggio del Teverenelle vicinanze del lago Vadimone (471 = 283). Gli al-leati ritentarono la sorte dell'armi l'anno appresso, masconfitti di nuovo in una battaglia campale presso Popu-lonia, i Boi uscirono dalla federazione e fecero la pacecon i Romani (472 = 282). Così fu rotto il più saldo epoderoso anello della lega, i Galli; e vinta la lega, primaancora ch'essa si fosse consolidata, Roma ebbe le manilibere per volgersi contro l'Italia meridionale, dove neglianni che corsero dal 469 = 285 al 471 = 283 la guerra siera condotta fiaccamente.Se fino allora l'esercito romano, assai ridotto, s'era so-stenuto a stento in Turio contro i Lucani ed i Bruzi, nel472 = 282 comparve il console Gaio Fabricio Luscinoalla testa d'un altro poderoso esercito dinanzi la città, laliberò, sconfisse i Lucani in una grande battaglia e feceprigioniero il loro duce Statilio. Le più piccole città gre-che non doriche, che riconoscevano nei Romani i loroliberatori, si diedero a questi spontaneamente; presidiiromani rimasero nelle più importanti piazze forti, in Lo-cri, Crotone, Turio, e particolarmente in Reggio, sullaquale ultima città pareva che anche Cartagine avessequalche disegno.

276

Page 277: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

La distruzione dei Senoni aveva dato in mano ai Roma-ni un ragguardevole tratto del litorale adriatico. Ora, inprevisione della guerra contro Taranto, che già covavasotto le ceneri, e dell'invasione degli Epiroti già minac-ciante, si presero con sollecitudine le necessarie misureper stabilire saldamente il possesso di quella regione co-stiera e per signoreggiare il mare Adriatico.Verso l'anno 471 = 283 fu istituita una colonia cittadinanel porto di Sena (Senigallia), antica città capitale delpaese dei Senoni, e nello stesso tempo un naviglio ro-mano veleggiò dal mare Tirreno verso levante per mo-strarsi nelle acque dell'Adriatico e assicurare colà i nuo-vi possedimenti romani.

6. Rottura tra Roma e Taranto.Dal trattato del 450 = 304 in poi i Tarentini avevano vis-suto in pace con Roma. Essi erano stati testimoni dellalunga agonia dei Sanniti e della repentina distruzionedei Senoni, avevano lasciato che si compisse la fonda-zione di Venusia, Hatria e Sena, avevano tollerato i pre-sidii di Turio e di Reggio senza protestare. Ma quando ilnaviglio romano nel suo viaggio dal Tirreno all'Adriati-co arrivò nel golfo di Taranto e diede fondo nel portodella città amica, traboccò lo sdegno da lungo tempofrenato; nell'adunanza dei cittadini i demagoghi richia-marono alla memoria del popolo gli antichi trattati chenon concedevano alle navi da guerra romane di spinger-si ad oriente del promontorio Lacinio; furibonda, con-

277

La distruzione dei Senoni aveva dato in mano ai Roma-ni un ragguardevole tratto del litorale adriatico. Ora, inprevisione della guerra contro Taranto, che già covavasotto le ceneri, e dell'invasione degli Epiroti già minac-ciante, si presero con sollecitudine le necessarie misureper stabilire saldamente il possesso di quella regione co-stiera e per signoreggiare il mare Adriatico.Verso l'anno 471 = 283 fu istituita una colonia cittadinanel porto di Sena (Senigallia), antica città capitale delpaese dei Senoni, e nello stesso tempo un naviglio ro-mano veleggiò dal mare Tirreno verso levante per mo-strarsi nelle acque dell'Adriatico e assicurare colà i nuo-vi possedimenti romani.

6. Rottura tra Roma e Taranto.Dal trattato del 450 = 304 in poi i Tarentini avevano vis-suto in pace con Roma. Essi erano stati testimoni dellalunga agonia dei Sanniti e della repentina distruzionedei Senoni, avevano lasciato che si compisse la fonda-zione di Venusia, Hatria e Sena, avevano tollerato i pre-sidii di Turio e di Reggio senza protestare. Ma quando ilnaviglio romano nel suo viaggio dal Tirreno all'Adriati-co arrivò nel golfo di Taranto e diede fondo nel portodella città amica, traboccò lo sdegno da lungo tempofrenato; nell'adunanza dei cittadini i demagoghi richia-marono alla memoria del popolo gli antichi trattati chenon concedevano alle navi da guerra romane di spinger-si ad oriente del promontorio Lacinio; furibonda, con-

277

Page 278: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

forme il costume dei pirati, la moltitudine si scagliòall'arrembaggio delle navi romane, le quali, sorpreseall'improvviso, soggiacquero dopo una violenta lotta;cinque navi furono prese, la ciurma uccisa o vendutacome schiava; lo stesso ammiraglio romano perì nellazuffa. Solo la follia e la somma incoscienza d'un gover-no popolare possono spiegare questi eccessi vituperosi.I trattati, di cui si volle tener conto, erano antichissimi ecaduti in disuso; è poi evidente che, per lo meno dopo lafondazione di Hatria e di Sena, essi non avevano più al-cuna forza e che perciò i Romani s'erano condotti collenavi nel golfo in piena buona fede e contandosull'alleanza dei Tarentini – anzi era nel loro interesse,come lo prova la piega che presero successivamente lecose, di non dare a Taranto alcun appiglio per una di-chiarazione di guerra.Se il governo tarentino voleva dichiarare la guerra aRoma, esso non doveva far altro che quello che avrebbedovuto fare da lungo tempo, e se per rompere la legapreferiva il pretesto della violazione dei trattati anzichèrivelare la vera causa, non si sarebbe potuto biasimare,giacchè la diplomazia ha sempre ritenuto disdicevolechiamare le cose col loro vero nome; che, invece di inti-mare all'ammiraglio di abbandonare la fonda, si sia ag-gredita a mano armata la flotta, fu un fatto non menodissennato che barbaro, una di quelle terribili barbariedella civiltà, in cui cessa improvvisamente ogni control-lo del morale e ci si rivela nuda l'atroce bassezza, quasi

278

forme il costume dei pirati, la moltitudine si scagliòall'arrembaggio delle navi romane, le quali, sorpreseall'improvviso, soggiacquero dopo una violenta lotta;cinque navi furono prese, la ciurma uccisa o vendutacome schiava; lo stesso ammiraglio romano perì nellazuffa. Solo la follia e la somma incoscienza d'un gover-no popolare possono spiegare questi eccessi vituperosi.I trattati, di cui si volle tener conto, erano antichissimi ecaduti in disuso; è poi evidente che, per lo meno dopo lafondazione di Hatria e di Sena, essi non avevano più al-cuna forza e che perciò i Romani s'erano condotti collenavi nel golfo in piena buona fede e contandosull'alleanza dei Tarentini – anzi era nel loro interesse,come lo prova la piega che presero successivamente lecose, di non dare a Taranto alcun appiglio per una di-chiarazione di guerra.Se il governo tarentino voleva dichiarare la guerra aRoma, esso non doveva far altro che quello che avrebbedovuto fare da lungo tempo, e se per rompere la legapreferiva il pretesto della violazione dei trattati anzichèrivelare la vera causa, non si sarebbe potuto biasimare,giacchè la diplomazia ha sempre ritenuto disdicevolechiamare le cose col loro vero nome; che, invece di inti-mare all'ammiraglio di abbandonare la fonda, si sia ag-gredita a mano armata la flotta, fu un fatto non menodissennato che barbaro, una di quelle terribili barbariedella civiltà, in cui cessa improvvisamente ogni control-lo del morale e ci si rivela nuda l'atroce bassezza, quasi

278

Page 279: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

per ammonirci contro la puerile credenza che la civiltàvalga a sradicare dalla natura umana l'elemento bestiale.E, quasi che queste atrocità non fossero bastate, i Taren-tini attaccarono, dopo quest'atto eroico, la città di Turio,il cui presidio romano, preso alla sprovvista, capitolò(nell'inverno del 472 = 282), e punirono duramente que-gli abitanti per essersi dati ai barbari, e per aver diserta-to il partito degli Elleni, come se quegli stessi Turininon fossero stati molte volte da Taranto abbandonati aiLucani, per salvarsi dai quali, appunto, erano stati co-stretti a gettarsi nelle braccia dei Romani.Quelli che i Greci chiamavano barbari usarono per altrotanta moderazione che, computate le loro forze e le in-giurie patite, non si può a meno di meravigliarsene.Si deve però considerare che a Roma tornava opportunolasciar sussistere quanto più largamente fosse possibilela neutralità di Taranto, e gli uomini, che in senato ma-neggiavano la politica, non assentirono perciò alle pro-poste fatte da alcuni senatori, sotto il primo naturale im-peto di sdegno, di dichiarare subito la guerra ai Tarenti-ni.Tutto al contrario da parte dei Romani si misero innanzidomande piene di moderazione, le quali appena bastas-sero a salvare l'onore di Roma, offrendosi di conservarela pace se si liberassero i prigionieri, si restituisse Turioe si consegnassero i provocatori dell'aggressione dellaflotta.

279

per ammonirci contro la puerile credenza che la civiltàvalga a sradicare dalla natura umana l'elemento bestiale.E, quasi che queste atrocità non fossero bastate, i Taren-tini attaccarono, dopo quest'atto eroico, la città di Turio,il cui presidio romano, preso alla sprovvista, capitolò(nell'inverno del 472 = 282), e punirono duramente que-gli abitanti per essersi dati ai barbari, e per aver diserta-to il partito degli Elleni, come se quegli stessi Turininon fossero stati molte volte da Taranto abbandonati aiLucani, per salvarsi dai quali, appunto, erano stati co-stretti a gettarsi nelle braccia dei Romani.Quelli che i Greci chiamavano barbari usarono per altrotanta moderazione che, computate le loro forze e le in-giurie patite, non si può a meno di meravigliarsene.Si deve però considerare che a Roma tornava opportunolasciar sussistere quanto più largamente fosse possibilela neutralità di Taranto, e gli uomini, che in senato ma-neggiavano la politica, non assentirono perciò alle pro-poste fatte da alcuni senatori, sotto il primo naturale im-peto di sdegno, di dichiarare subito la guerra ai Tarenti-ni.Tutto al contrario da parte dei Romani si misero innanzidomande piene di moderazione, le quali appena bastas-sero a salvare l'onore di Roma, offrendosi di conservarela pace se si liberassero i prigionieri, si restituisse Turioe si consegnassero i provocatori dell'aggressione dellaflotta.

279

Page 280: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Questi patti furono recati a Taranto da un'ambasciata ro-mana (473 = 281) e nel tempo stesso, per commentarcoi fatti le parole, entrava nel Sannio un esercito romanosotto il comando del console Lucio Emilio.I Tarentini potevano accettare le onorate condizioni sen-za perdere la loro indipendenza, e certo a Roma, doveera noto l'umore bellicoso della ricca città mercantile,doveva credersi possibile un accomodamento. Ma il ten-tativo per conservare la pace andò a vuoto – sia perl'opposizione di quei Tarentini, che vedevano la necessi-tà di mettere un termine, quanto più presto fosse possi-bile, colla forza delle armi alla potenza di Roma, sia perl'indisciplina della plebe, che con la solita arroganzagreca giunse persino a mettere le mani addosso alle per-sone degli ambasciatori.Il console invase allora il territorio tarentino, ma, invecedi cominciare subito le ostilità, offrì un'altra volta lapace alle stesse condizioni. Essendo stata respinta anchequesta offerta, incominciò a devastare villaggi e campa-gne e fugò le milizie urbane, ma lasciò andare liberisenza riscatto i più ragguardevoli prigionieri; ciò chemostra come non fosse ancora perduta ogni speranzache i disagi della guerra potessero dare il sopravvento alpartito aristocratico nella città, il quale inclinava allapace. Questa moderazione nasceva dall'avvedimento deiRomani, i quali avrebbero voluto evitare ad ogni costoche la città si desse agli Epiroti. I disegni di re Pirrosull'Italia non erano più un segreto. Già gli era stata spe-

280

Questi patti furono recati a Taranto da un'ambasciata ro-mana (473 = 281) e nel tempo stesso, per commentarcoi fatti le parole, entrava nel Sannio un esercito romanosotto il comando del console Lucio Emilio.I Tarentini potevano accettare le onorate condizioni sen-za perdere la loro indipendenza, e certo a Roma, doveera noto l'umore bellicoso della ricca città mercantile,doveva credersi possibile un accomodamento. Ma il ten-tativo per conservare la pace andò a vuoto – sia perl'opposizione di quei Tarentini, che vedevano la necessi-tà di mettere un termine, quanto più presto fosse possi-bile, colla forza delle armi alla potenza di Roma, sia perl'indisciplina della plebe, che con la solita arroganzagreca giunse persino a mettere le mani addosso alle per-sone degli ambasciatori.Il console invase allora il territorio tarentino, ma, invecedi cominciare subito le ostilità, offrì un'altra volta lapace alle stesse condizioni. Essendo stata respinta anchequesta offerta, incominciò a devastare villaggi e campa-gne e fugò le milizie urbane, ma lasciò andare liberisenza riscatto i più ragguardevoli prigionieri; ciò chemostra come non fosse ancora perduta ogni speranzache i disagi della guerra potessero dare il sopravvento alpartito aristocratico nella città, il quale inclinava allapace. Questa moderazione nasceva dall'avvedimento deiRomani, i quali avrebbero voluto evitare ad ogni costoche la città si desse agli Epiroti. I disegni di re Pirrosull'Italia non erano più un segreto. Già gli era stata spe-

280

Page 281: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dita da Taranto un'ambasceria e ne era ritornata senza al-cuna conclusione, avendo il re chiesto più di quanto essapotesse accordare. Bisognava risolversi. Che le milizieurbane non fossero buone ad altro che fuggire innanzi aiRomani, i Tarentini lo dovevano sapere per certa scien-za; non rimaneva dunque altra scelta: o la pace conRoma, la quale continuava a mostrarsi propensa a con-cedere eque condizioni, o accettare il trattato che Pirrostesso avrebbe dettato – che in sostanza è quanto dire lascelta tra l'umiliarsi al primato dei Romani o accettare latirannide di un soldato greco.

7. Pirro chiamato in Italia.Nella città i partiti si pareggiavano; ma prevalsero final-mente i patriotti, e, oltre la buona ragione di darsi – se lanecessità voleva che Taranto avesse un padrone – piut-tosto ad un greco che ad un barbaro, certo contribuì nonpoco anche il timore dei demagoghi, che Roma, malgra-do la moderazione impostale in quel momento dalle cir-costanze, non avrebbe a tempo opportuno tralasciato divendicare gli obbrobri commessi dalla plebaglia di Ta-ranto.La città dunque preferì l'alleanza di Pirro, che fu gridatosupremo capitano delle truppe dei Tarentini e degli altriItalioti in armi contro Roma, a cui fu inoltre accordato ildiritto di metter guarnigione in Taranto.Non è necessario aggiungere come toccasse alla città di

281

dita da Taranto un'ambasceria e ne era ritornata senza al-cuna conclusione, avendo il re chiesto più di quanto essapotesse accordare. Bisognava risolversi. Che le milizieurbane non fossero buone ad altro che fuggire innanzi aiRomani, i Tarentini lo dovevano sapere per certa scien-za; non rimaneva dunque altra scelta: o la pace conRoma, la quale continuava a mostrarsi propensa a con-cedere eque condizioni, o accettare il trattato che Pirrostesso avrebbe dettato – che in sostanza è quanto dire lascelta tra l'umiliarsi al primato dei Romani o accettare latirannide di un soldato greco.

7. Pirro chiamato in Italia.Nella città i partiti si pareggiavano; ma prevalsero final-mente i patriotti, e, oltre la buona ragione di darsi – se lanecessità voleva che Taranto avesse un padrone – piut-tosto ad un greco che ad un barbaro, certo contribuì nonpoco anche il timore dei demagoghi, che Roma, malgra-do la moderazione impostale in quel momento dalle cir-costanze, non avrebbe a tempo opportuno tralasciato divendicare gli obbrobri commessi dalla plebaglia di Ta-ranto.La città dunque preferì l'alleanza di Pirro, che fu gridatosupremo capitano delle truppe dei Tarentini e degli altriItalioti in armi contro Roma, a cui fu inoltre accordato ildiritto di metter guarnigione in Taranto.Non è necessario aggiungere come toccasse alla città di

281

Page 282: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

far le spese di guerra. Pirro, in cambio, promise di nonrimanere in Italia più del tempo necessario per compierel'impresa, riservandosi, com'è naturale, in cuor suo digiudicare a suo senno quanto e come egli dovesse rima-nervi.Ciò non pertanto poco mancò che non gli sfuggisse dal-le mani la preda. Mentre gli ambasciatori tarentini – iquali senza dubbio dovevano essere i caporioni del par-tito della guerra – si trovavano ancora in Epiro, gli umo-ri nella città, che in quei giorni era messa alle strette daiRomani, mutarono, e già il supremo comando era statodeferito ad Agis, che parteggiava per i Romani, quandoil ritorno dell'ambasceria, apportatrice del concluso con-tratto ed accompagnata da Cinea, fido ministro di Pirro,ricondusse il partito della guerra al governo.Non passò molto che una mano più ferma afferrò il ti-mone dello stato e mise fine a questo deplorevole tergi-versare. Nell'autunno del 473 = 281 sbarcò Milone, ge-nerale di Pirro, alla testa di 3000 Epiroti e occupò la cit-tadella di Taranto, ed al principio del 474 = 280 gli ten-ne dietro il re stesso dopo una traversata procellosa, cheera costata numerose vittime.Pirro condusse a Taranto un esercito ragguardevole, macomposto di variatissimi elementi, parte truppe indige-ne, Molossi, Tesproti, Caoni, Ambracesi, parte fanteriamacedone e cavalleria tessalica cedutagli per trattato dalre Tolomeo il macedone, parte anche gente raccoglitic-

282

far le spese di guerra. Pirro, in cambio, promise di nonrimanere in Italia più del tempo necessario per compierel'impresa, riservandosi, com'è naturale, in cuor suo digiudicare a suo senno quanto e come egli dovesse rima-nervi.Ciò non pertanto poco mancò che non gli sfuggisse dal-le mani la preda. Mentre gli ambasciatori tarentini – iquali senza dubbio dovevano essere i caporioni del par-tito della guerra – si trovavano ancora in Epiro, gli umo-ri nella città, che in quei giorni era messa alle strette daiRomani, mutarono, e già il supremo comando era statodeferito ad Agis, che parteggiava per i Romani, quandoil ritorno dell'ambasceria, apportatrice del concluso con-tratto ed accompagnata da Cinea, fido ministro di Pirro,ricondusse il partito della guerra al governo.Non passò molto che una mano più ferma afferrò il ti-mone dello stato e mise fine a questo deplorevole tergi-versare. Nell'autunno del 473 = 281 sbarcò Milone, ge-nerale di Pirro, alla testa di 3000 Epiroti e occupò la cit-tadella di Taranto, ed al principio del 474 = 280 gli ten-ne dietro il re stesso dopo una traversata procellosa, cheera costata numerose vittime.Pirro condusse a Taranto un esercito ragguardevole, macomposto di variatissimi elementi, parte truppe indige-ne, Molossi, Tesproti, Caoni, Ambracesi, parte fanteriamacedone e cavalleria tessalica cedutagli per trattato dalre Tolomeo il macedone, parte anche gente raccoglitic-

282

Page 283: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cia assoldata nell'Etolia, nell'Acarnania e nell'Atamania;in tutto 20.000 falangisti, 20.000 sagittari, 500 frombo-lieri, 3000 cavalieri e 20 elefanti; esercito che non erainferiore a quello, col quale cinquant'anni prima Ales-sandro aveva passato l'Ellesponto.Quando giunse il re, gli affari della lega non erano trop-po bene avviati. Vero è che il console romano, allorchèinvece della milizia tarentina si vide di fronte i soldati diMilone, smesso il pensiero di attaccare Taranto, si era ri-tirato nell'Apulia; ma, ad eccezione del territorio di Ta-ranto, i Romani signoreggiavano in tutta l'Italia.La lega non aveva nell'Italia meridionale alcun esercitopronto contro di essa, e anche nell'alta Italia gli Etru-schi, i soli che rimanessero ancora in armi, non avevanoraccolto nell'ultima campagna altro che sconfitte (473 =281). Gli alleati avevano dato al re, prima ancora ch'eglis'imbarcasse, il supremo comando di tutte le loro truppe,e dichiarato di poter porre in campo un esercito di350.000 fanti e 20.000 cavalli; ma tra queste millanteriee i fatti correva una grandissima differenza.Il grande esercito, di cui si era dato il comando a Pirro,restava ancora da crearsi e per ora non si poteva fare as-segnamento che sulle forze di Taranto. Il re ordinòl'arruolamento di un esercito italico di mercenari pagaticoll'oro di Taranto e chiamò ad iscriversi tutti gli uominidella città atti alle armi. Ma i Tarentini non avevano in-teso il trattato in quel modo. Essi credevano di aver

283

cia assoldata nell'Etolia, nell'Acarnania e nell'Atamania;in tutto 20.000 falangisti, 20.000 sagittari, 500 frombo-lieri, 3000 cavalieri e 20 elefanti; esercito che non erainferiore a quello, col quale cinquant'anni prima Ales-sandro aveva passato l'Ellesponto.Quando giunse il re, gli affari della lega non erano trop-po bene avviati. Vero è che il console romano, allorchèinvece della milizia tarentina si vide di fronte i soldati diMilone, smesso il pensiero di attaccare Taranto, si era ri-tirato nell'Apulia; ma, ad eccezione del territorio di Ta-ranto, i Romani signoreggiavano in tutta l'Italia.La lega non aveva nell'Italia meridionale alcun esercitopronto contro di essa, e anche nell'alta Italia gli Etru-schi, i soli che rimanessero ancora in armi, non avevanoraccolto nell'ultima campagna altro che sconfitte (473 =281). Gli alleati avevano dato al re, prima ancora ch'eglis'imbarcasse, il supremo comando di tutte le loro truppe,e dichiarato di poter porre in campo un esercito di350.000 fanti e 20.000 cavalli; ma tra queste millanteriee i fatti correva una grandissima differenza.Il grande esercito, di cui si era dato il comando a Pirro,restava ancora da crearsi e per ora non si poteva fare as-segnamento che sulle forze di Taranto. Il re ordinòl'arruolamento di un esercito italico di mercenari pagaticoll'oro di Taranto e chiamò ad iscriversi tutti gli uominidella città atti alle armi. Ma i Tarentini non avevano in-teso il trattato in quel modo. Essi credevano di aver

283

Page 284: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

comperata la vittoria col loro denaro, come si comperaqualsiasi altra merce, e poichè invece il re voleva co-stringerli a guadagnarsela combattendo, riguardarono lacosa come una specie di lesione di contratto.E tanto si erano rallegrati, appena giunto Milone con isuoi, di vedersi liberi dalla molestia della vita militare,altrettanto parve loro duro dover di nuovo iscriversi nel-le milizie di Pirro, sicchè si dovette perfino minacciarela pena capitale contro i renitenti.Allora, tutti d'accordo a rimpiangere la pace e a dar ra-gione a chi la consigliava; anzi furono tentati, o parvealmeno che si volessero tentare, accordi con Roma. Pir-ro, che sospettava queste ostilità, prese d'allora in poi atrattare Taranto come paese conquistato, mandò i soldatia quartiere nelle case dei cittadini, sospese le adunanzedel popolo e i convegni politici (συσσίτια) che erano inbuon numero, fece chiudere i teatri, sbarrare le passeg-giate, e alle porte della città mise di guardia i suoi Epi-roti.Degli uomini di governo, parecchi furono mandati comeostaggi oltre mare, altri si sottrassero all'esilio fuggendopresso i Romani.Parvero necessarie queste severe precauzioni perchè nonsi poteva aver nessuna fede nella costanza dei Tarentini.Dopo di che il re, padrone davvero di quella ricchissimacittà, si sentì in grado di iniziare le sue operazioni strate-giche.

284

comperata la vittoria col loro denaro, come si comperaqualsiasi altra merce, e poichè invece il re voleva co-stringerli a guadagnarsela combattendo, riguardarono lacosa come una specie di lesione di contratto.E tanto si erano rallegrati, appena giunto Milone con isuoi, di vedersi liberi dalla molestia della vita militare,altrettanto parve loro duro dover di nuovo iscriversi nel-le milizie di Pirro, sicchè si dovette perfino minacciarela pena capitale contro i renitenti.Allora, tutti d'accordo a rimpiangere la pace e a dar ra-gione a chi la consigliava; anzi furono tentati, o parvealmeno che si volessero tentare, accordi con Roma. Pir-ro, che sospettava queste ostilità, prese d'allora in poi atrattare Taranto come paese conquistato, mandò i soldatia quartiere nelle case dei cittadini, sospese le adunanzedel popolo e i convegni politici (συσσίτια) che erano inbuon numero, fece chiudere i teatri, sbarrare le passeg-giate, e alle porte della città mise di guardia i suoi Epi-roti.Degli uomini di governo, parecchi furono mandati comeostaggi oltre mare, altri si sottrassero all'esilio fuggendopresso i Romani.Parvero necessarie queste severe precauzioni perchè nonsi poteva aver nessuna fede nella costanza dei Tarentini.Dopo di che il re, padrone davvero di quella ricchissimacittà, si sentì in grado di iniziare le sue operazioni strate-giche.

284

Page 285: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

8. Il primo urto con Pirro.Non ignoravano i Romani l'importanza della lotta chestava per cominciare. Anch'essi, innanzi tutto, volleroaccertarsi della fede dei confederati, o, come meglioavrebbero potuto chiamarsi, dei sudditi: così si manda-rono presidii romani a guardia delle città dubbie, e i capidel partito dell'indipendenza furono catturati e dannatidel capo; in tal modo appunto furono spacciati alcunisenatori di Preneste.I preparativi per sostenere la lotta furono grandi: si de-cretò una tassa di guerra; si chiamarono alle armi tutti icontingenti di quanti sudditi e confederati aveva la re-pubblica non eccettuati nemmeno i proletari che pur era-no esenti, per legge, dal servizio militare. Un esercitoromano restò nella capitale come riserva. Un secondoesercito, capitanato dal console Tiberio Coruncanio, en-trò nell'Etruria e tenne in rispetto Vulci e Volsinii.Il contingente principale era naturalmente destinato allabassa Italia; se ne sollecitava quanto era possibile la par-tenza per affrontare il re Pirro prima ch'egli si fossemosso da Taranto e impedire che i Sanniti e gli altri po-poli dell'Italia meridionale, armati contro Roma, potes-sero congiungersi coll'esercito regio. Le guarnigioni ro-mane, di stanza nelle città greche dell'Italia meridionale,dovevano intanto tentare di ritardare l'avanzata di Pirro.Frattanto la ribellione delle truppe di stanza in Reggio –800 Campani e 400 Sidicini comandati da un Decio,

285

8. Il primo urto con Pirro.Non ignoravano i Romani l'importanza della lotta chestava per cominciare. Anch'essi, innanzi tutto, volleroaccertarsi della fede dei confederati, o, come meglioavrebbero potuto chiamarsi, dei sudditi: così si manda-rono presidii romani a guardia delle città dubbie, e i capidel partito dell'indipendenza furono catturati e dannatidel capo; in tal modo appunto furono spacciati alcunisenatori di Preneste.I preparativi per sostenere la lotta furono grandi: si de-cretò una tassa di guerra; si chiamarono alle armi tutti icontingenti di quanti sudditi e confederati aveva la re-pubblica non eccettuati nemmeno i proletari che pur era-no esenti, per legge, dal servizio militare. Un esercitoromano restò nella capitale come riserva. Un secondoesercito, capitanato dal console Tiberio Coruncanio, en-trò nell'Etruria e tenne in rispetto Vulci e Volsinii.Il contingente principale era naturalmente destinato allabassa Italia; se ne sollecitava quanto era possibile la par-tenza per affrontare il re Pirro prima ch'egli si fossemosso da Taranto e impedire che i Sanniti e gli altri po-poli dell'Italia meridionale, armati contro Roma, potes-sero congiungersi coll'esercito regio. Le guarnigioni ro-mane, di stanza nelle città greche dell'Italia meridionale,dovevano intanto tentare di ritardare l'avanzata di Pirro.Frattanto la ribellione delle truppe di stanza in Reggio –800 Campani e 400 Sidicini comandati da un Decio,

285

Page 286: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

campano anch'esso – sottrasse ai Romani quell'impor-tante città, senza però darla in possesso al re. Giacchè,sebbene non si potesse dubitare che l'odio nazionale deiCampani contro i Romani avesse avuto parte in questasommossa, Pirro, venuto d'oltre mare per soccorrere eproteggere gli Elleni, non poteva accogliere nella legaquei predoni, che avevano fatto strage dei loro ospitireggini nelle proprie case; ond'è che i disertori di Reg-gio strinsero accordi coi loro soci di casta e di misfatti,coi Mamertini, Campani anch'essi e mercenari d'Agato-cle, i quali si erano nello stesso modo impossessati diMessana sulla opposta sponda della Sicilia e mettevanoper proprio conto a ferro e a sacco le città greche vicine:Crotone, ove i Mamertini sterminarono la guarnigioneromana, e Caulonia, che essi distrussero.Riuscì invece egregiamente ai Romani il disegnod'impedire l'unione dei Lucani e dei Sanniti con Pirrogettando un piccolo corpo di truppe sulle frontiere dellaLucania e valendosi della guarnigione di Venusia, intan-to che il grande esercito, composto come pare di quattrolegioni, e ingrossato di un proporzionato numero ditruppe federali che lo faceva salire almeno a 50.000 uo-mini, sotto il console Publio Levino, moveva contro Pir-ro.Questi si era accampato con le proprie truppe e conquelle dei Tarentini tra le città d'Eraclea e quelle di Pan-dosia(36) per proteggere la colonia tarentina di Eraclea36 Presso l'odierna Anglona, da non confondersi con la più nota città di que-

286

campano anch'esso – sottrasse ai Romani quell'impor-tante città, senza però darla in possesso al re. Giacchè,sebbene non si potesse dubitare che l'odio nazionale deiCampani contro i Romani avesse avuto parte in questasommossa, Pirro, venuto d'oltre mare per soccorrere eproteggere gli Elleni, non poteva accogliere nella legaquei predoni, che avevano fatto strage dei loro ospitireggini nelle proprie case; ond'è che i disertori di Reg-gio strinsero accordi coi loro soci di casta e di misfatti,coi Mamertini, Campani anch'essi e mercenari d'Agato-cle, i quali si erano nello stesso modo impossessati diMessana sulla opposta sponda della Sicilia e mettevanoper proprio conto a ferro e a sacco le città greche vicine:Crotone, ove i Mamertini sterminarono la guarnigioneromana, e Caulonia, che essi distrussero.Riuscì invece egregiamente ai Romani il disegnod'impedire l'unione dei Lucani e dei Sanniti con Pirrogettando un piccolo corpo di truppe sulle frontiere dellaLucania e valendosi della guarnigione di Venusia, intan-to che il grande esercito, composto come pare di quattrolegioni, e ingrossato di un proporzionato numero ditruppe federali che lo faceva salire almeno a 50.000 uo-mini, sotto il console Publio Levino, moveva contro Pir-ro.Questi si era accampato con le proprie truppe e conquelle dei Tarentini tra le città d'Eraclea e quelle di Pan-dosia(36) per proteggere la colonia tarentina di Eraclea36 Presso l'odierna Anglona, da non confondersi con la più nota città di que-

286

Page 287: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

(474 = 280). I Romani, preceduti dalla loro cavalleria,forzarono il passaggio del Liri e ingaggiarono la batta-glia con un'impetuosa e fortunata carica di cavalleria; ilre, che era a capo dei suoi cavalieri, cadde; di che scora-ti i cavalieri greci cedettero il passo agli squadroni ne-mici.Pirro s'era frattanto posto alla testa dei suoi fanti e avevaricominciato una battaglia più decisiva. Per ben settevolte le legioni rinnovarono con le falangi il ferocecombattimento, che durava ancora accanito quando cad-de Megacle, uno dei migliori ufficiali del re.Siccome costui, in questa micidiale giornata, aveva in-dossata l'armatura del re, l'esercito credette per la secon-da volta che Pirro fosse morto, i Greci tentennarono eLevino, credendo di tenere in pugno la vittoria, spinsetutta la cavalleria contro il fianco dei nemici. Ma il re,percorrendo a capo scoperto le file dei suoi e rinfiam-mandone il coraggio, ordinava che gli elefanti, tenuti inriserva, fossero lanciati contro la cavalleria romana. Icavalli si impaurirono, i soldati non sapevano come ac-costarsi ai furenti animali e le torme volsero il tergo, e,rovesciandosi insieme colle inseguenti belve sulle fileserrate della cavalleria romana, la misero in scompiglio;gli elefanti e l'abile cavalleria tessalica fecero strage deifuggitivi.Se un prode soldato romano, Gaio Minucio, primo asta-

sto nome nel territorio di Cosenza.

287

(474 = 280). I Romani, preceduti dalla loro cavalleria,forzarono il passaggio del Liri e ingaggiarono la batta-glia con un'impetuosa e fortunata carica di cavalleria; ilre, che era a capo dei suoi cavalieri, cadde; di che scora-ti i cavalieri greci cedettero il passo agli squadroni ne-mici.Pirro s'era frattanto posto alla testa dei suoi fanti e avevaricominciato una battaglia più decisiva. Per ben settevolte le legioni rinnovarono con le falangi il ferocecombattimento, che durava ancora accanito quando cad-de Megacle, uno dei migliori ufficiali del re.Siccome costui, in questa micidiale giornata, aveva in-dossata l'armatura del re, l'esercito credette per la secon-da volta che Pirro fosse morto, i Greci tentennarono eLevino, credendo di tenere in pugno la vittoria, spinsetutta la cavalleria contro il fianco dei nemici. Ma il re,percorrendo a capo scoperto le file dei suoi e rinfiam-mandone il coraggio, ordinava che gli elefanti, tenuti inriserva, fossero lanciati contro la cavalleria romana. Icavalli si impaurirono, i soldati non sapevano come ac-costarsi ai furenti animali e le torme volsero il tergo, e,rovesciandosi insieme colle inseguenti belve sulle fileserrate della cavalleria romana, la misero in scompiglio;gli elefanti e l'abile cavalleria tessalica fecero strage deifuggitivi.Se un prode soldato romano, Gaio Minucio, primo asta-

sto nome nel territorio di Cosenza.

287

Page 288: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

to della quarta legione, non fosse riuscito a ferire un ele-fante e a porre così in scompiglio le truppe inseguenti,tutto l'esercito romano sarebbe stato distrutto; ma questofatto lasciò tempo agli avanzi dell'esercito romano di ri-parare oltre il Liri.La perdita fu assai grave: 7000 Romani tra morti e feritifurono trovati dai vincitori sul campo di battaglia, 2000fatti prigionieri; i Romani stessi confessarono una perdi-ta di 15.000 uomini compresi i feriti portati fuori dellamischia. Ma non furono minori le perdite dell'esercito diPirro; circa 4000 dei suoi migliori coprivano il campo dibattaglia e parecchi de' suoi più valorosi ufficiali supe-riori si trovavano fra i morti.Se si considera che le sue perdite, per la maggior partedi vecchi soldati di mestiere, erano assai più difficili aripararsi che quelle delle milizie romane, e che egli do-veva la sua vittoria, più che ad altro, alla sorpresa cagio-nata dall'attacco degli elefanti, sorpresa che non si sa-rebbe potuta rinnovare con eguale successo, il re, daquel giudizioso capitano che era, può senza dubbio averparagonata questa vittoria ad una sconfitta, sebbenedeve credersi ch'egli non sia stato così malaccorto dapubblicare, come poi novellarono i poeti romani, quelsuo giudizio nell'iscrizione dedicatoria posta in Tarantosotto il suo dono votivo. Sotto l'aspetto politico, i sagri-fizi fatti per ottenere la vittoria non dovevano però sem-brare sproporzionati; giacchè per Pirro era un vantaggioinapprezzabile l'aver vinto i Romani alla prima batta-

288

to della quarta legione, non fosse riuscito a ferire un ele-fante e a porre così in scompiglio le truppe inseguenti,tutto l'esercito romano sarebbe stato distrutto; ma questofatto lasciò tempo agli avanzi dell'esercito romano di ri-parare oltre il Liri.La perdita fu assai grave: 7000 Romani tra morti e feritifurono trovati dai vincitori sul campo di battaglia, 2000fatti prigionieri; i Romani stessi confessarono una perdi-ta di 15.000 uomini compresi i feriti portati fuori dellamischia. Ma non furono minori le perdite dell'esercito diPirro; circa 4000 dei suoi migliori coprivano il campo dibattaglia e parecchi de' suoi più valorosi ufficiali supe-riori si trovavano fra i morti.Se si considera che le sue perdite, per la maggior partedi vecchi soldati di mestiere, erano assai più difficili aripararsi che quelle delle milizie romane, e che egli do-veva la sua vittoria, più che ad altro, alla sorpresa cagio-nata dall'attacco degli elefanti, sorpresa che non si sa-rebbe potuta rinnovare con eguale successo, il re, daquel giudizioso capitano che era, può senza dubbio averparagonata questa vittoria ad una sconfitta, sebbenedeve credersi ch'egli non sia stato così malaccorto dapubblicare, come poi novellarono i poeti romani, quelsuo giudizio nell'iscrizione dedicatoria posta in Tarantosotto il suo dono votivo. Sotto l'aspetto politico, i sagri-fizi fatti per ottenere la vittoria non dovevano però sem-brare sproporzionati; giacchè per Pirro era un vantaggioinapprezzabile l'aver vinto i Romani alla prima batta-

288

Page 289: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

glia. Pirro aveva dato prova, anche in questo nuovo ci-mento, della sua fortuna e della sua sapienza militare, ese qualche cosa avesse potuto ispirare l'unione e l'ener-gia alla agonizzante lega degli Italici, doveva farlo lavittoria d'Eraclea. Ma anche materialmente i vantaggiottenuti con questa vittoria furono importanti e durevoli.I Romani perdettero la Lucania, avendo Levino dovutorichiamare le truppe che la guardavano, e ritirarsinell'Apulia. Così Bruzi, Lucani e Sanniti poterono senzacontrasto unirsi a Pirro. Ad eccezione di Reggio, che ge-meva sotto l'oppressione dei disertori campani, tutte lecittà greche si diedero a Pirro, anzi Locri gli consegnò ilpresidio romano; perchè erano tutti sicuri, e non a torto,che egli non le abbandonerebbe in balia degli Italici.Così i Greci non meno che i Sabelli passarono a Pirro;ma non andò più oltre il moto prodotto dalla vittoriad'Eraclea.I Latini non mostrarono invece alcuna inclinazione di li-berarsi col mezzo di un sovrano straniero dal dominio,quantunque pesante, dei Romani.Venusia, sebbene fosse allora circondata da nemici, ten-ne fermo per Roma.Il cavalleresco re dopo aver onorati e premiati per il lorovalore i prigionieri romani fatti sul Liri, seguendo il co-stume greco offrì loro di prenderli ai suoi stipendi; maebbe presto ad accorgersi che non aveva da fare conmercenari ma con un popolo; non ne trovò uno solo,

289

glia. Pirro aveva dato prova, anche in questo nuovo ci-mento, della sua fortuna e della sua sapienza militare, ese qualche cosa avesse potuto ispirare l'unione e l'ener-gia alla agonizzante lega degli Italici, doveva farlo lavittoria d'Eraclea. Ma anche materialmente i vantaggiottenuti con questa vittoria furono importanti e durevoli.I Romani perdettero la Lucania, avendo Levino dovutorichiamare le truppe che la guardavano, e ritirarsinell'Apulia. Così Bruzi, Lucani e Sanniti poterono senzacontrasto unirsi a Pirro. Ad eccezione di Reggio, che ge-meva sotto l'oppressione dei disertori campani, tutte lecittà greche si diedero a Pirro, anzi Locri gli consegnò ilpresidio romano; perchè erano tutti sicuri, e non a torto,che egli non le abbandonerebbe in balia degli Italici.Così i Greci non meno che i Sabelli passarono a Pirro;ma non andò più oltre il moto prodotto dalla vittoriad'Eraclea.I Latini non mostrarono invece alcuna inclinazione di li-berarsi col mezzo di un sovrano straniero dal dominio,quantunque pesante, dei Romani.Venusia, sebbene fosse allora circondata da nemici, ten-ne fermo per Roma.Il cavalleresco re dopo aver onorati e premiati per il lorovalore i prigionieri romani fatti sul Liri, seguendo il co-stume greco offrì loro di prenderli ai suoi stipendi; maebbe presto ad accorgersi che non aveva da fare conmercenari ma con un popolo; non ne trovò uno solo,

289

Page 290: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

fosse romano o latino, disposto ad accettare l'offerta.

9. Tentativi di pace.Pirro offrì ai Romani la pace. Egli era un guerriero trop-po avveduto per non conoscere le difficoltà della sua po-sizione, ed un uomo di stato troppo profondo per nonapprofittare del momento favorevole alle trattative,quando ogni cosa pareva volgersi a suo favore.Sperava che sotto la prima impressione di una così gran-de sconfitta, Roma si sarebbe indotta a riconoscerel'indipendenza delle città greco-italiche e ad acconsenti-re alla ricostituzione degli stati di secondo e di terzo or-dine, posti fra Roma e le città greche, i quali avrebberopoi formato una lega dipendente dalla nuova potenzagreca; poichè queste erano le sue pretese: sottrarre allasoggezione dei Romani tutte le città greche, e quindi an-che quelle della Campania e della Lucania, e restituire aiSanniti, ai Dauni, ai Lucani, ai Bruzi il territorio, cheloro era stato tolto, il che importava la cessione di Luce-ria e di Venusia.Benchè dovesse sembrargli difficile l'evitare un nuovourto con Roma, egli desiderava di ritentare la prova sol-tanto dopo che gli Elleni occidentali fossero stati unitisotto una sola signoria e la Sicilia vinta e l'Africa con-quistata.Munito di queste istruzioni il tessalo Cinea, fidato mini-stro di Pirro, si portò a Roma.

290

fosse romano o latino, disposto ad accettare l'offerta.

9. Tentativi di pace.Pirro offrì ai Romani la pace. Egli era un guerriero trop-po avveduto per non conoscere le difficoltà della sua po-sizione, ed un uomo di stato troppo profondo per nonapprofittare del momento favorevole alle trattative,quando ogni cosa pareva volgersi a suo favore.Sperava che sotto la prima impressione di una così gran-de sconfitta, Roma si sarebbe indotta a riconoscerel'indipendenza delle città greco-italiche e ad acconsenti-re alla ricostituzione degli stati di secondo e di terzo or-dine, posti fra Roma e le città greche, i quali avrebberopoi formato una lega dipendente dalla nuova potenzagreca; poichè queste erano le sue pretese: sottrarre allasoggezione dei Romani tutte le città greche, e quindi an-che quelle della Campania e della Lucania, e restituire aiSanniti, ai Dauni, ai Lucani, ai Bruzi il territorio, cheloro era stato tolto, il che importava la cessione di Luce-ria e di Venusia.Benchè dovesse sembrargli difficile l'evitare un nuovourto con Roma, egli desiderava di ritentare la prova sol-tanto dopo che gli Elleni occidentali fossero stati unitisotto una sola signoria e la Sicilia vinta e l'Africa con-quistata.Munito di queste istruzioni il tessalo Cinea, fidato mini-stro di Pirro, si portò a Roma.

290

Page 291: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

L'esperto negoziatore – che i contemporanei paragona-vano a Demostene, per quanto un retore può essere pa-ragonato ad un uomo di stato, il servo d'un re ad un capodi popolo – aveva ordine di mostrare in tutti i modi ilpregio grandissimo, in cui il vincitore di Eraclea tenevai suoi vinti, di lasciar credere che il re stesso avrebbe de-siderato di venire a Roma, di inclinare gli animi in favo-re del suo signore colle lodi, che suonano così graditesulle labbra del nemico, colle lusinghe e, data l'occasio-ne, coi doni distribuiti a proposito; in breve, di speri-mentare con i Romani tutti gli artifizi della politica raffi-nata per cui erano celebri le corti di Alessandria ed'Antiochia.Il senato era perplesso. Parecchi tra i senatori ritenevanoche la prudenza consigliasse di non spingere le coseall'estremo e di aspettare che il pericoloso rivale si tro-vasse impacciato in mezzo a quel viluppo di alleanze, ofosse comunque scomparso dalla scena del mondo. Mail vecchio e cieco consolare Appio Claudio (censore del442 = 312, console del 447 = 307 e del 458 = 296), ilquale da lungo tempo viveva lontano dai pubblici affari,fattosi in questo momento supremo condurre in senato,trasfuse, con parole di fuoco, l'incrollabile energia dellasua possente natura nell'animo della nuova generazione.Si prese quindi la decisione di dare al re la superba ri-sposta, che s'udì allora per la prima volta e che divennepoi massima di stato: Roma non tratterà sino a che unesercito straniero accampa sul suolo d’Italia.

291

L'esperto negoziatore – che i contemporanei paragona-vano a Demostene, per quanto un retore può essere pa-ragonato ad un uomo di stato, il servo d'un re ad un capodi popolo – aveva ordine di mostrare in tutti i modi ilpregio grandissimo, in cui il vincitore di Eraclea tenevai suoi vinti, di lasciar credere che il re stesso avrebbe de-siderato di venire a Roma, di inclinare gli animi in favo-re del suo signore colle lodi, che suonano così graditesulle labbra del nemico, colle lusinghe e, data l'occasio-ne, coi doni distribuiti a proposito; in breve, di speri-mentare con i Romani tutti gli artifizi della politica raffi-nata per cui erano celebri le corti di Alessandria ed'Antiochia.Il senato era perplesso. Parecchi tra i senatori ritenevanoche la prudenza consigliasse di non spingere le coseall'estremo e di aspettare che il pericoloso rivale si tro-vasse impacciato in mezzo a quel viluppo di alleanze, ofosse comunque scomparso dalla scena del mondo. Mail vecchio e cieco consolare Appio Claudio (censore del442 = 312, console del 447 = 307 e del 458 = 296), ilquale da lungo tempo viveva lontano dai pubblici affari,fattosi in questo momento supremo condurre in senato,trasfuse, con parole di fuoco, l'incrollabile energia dellasua possente natura nell'animo della nuova generazione.Si prese quindi la decisione di dare al re la superba ri-sposta, che s'udì allora per la prima volta e che divennepoi massima di stato: Roma non tratterà sino a che unesercito straniero accampa sul suolo d’Italia.

291

Page 292: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

E perchè alle parole rispondessero i fatti, si cacciò tostol'ambasciatore dalla città.L'ambasceria era fallita, e l'esperto negoziatore invece diaffascinare i Romani colla sua eloquenza si era piuttostolasciato imporre della maschia fermezza ch'essi mostra-vano dopo una così grave sconfitta. Tanto che, tornato aPirro, disse che in Roma ogni cittadino gli era parso unre; cosa naturale, dacchè il cortigiano greco aveva allo-ra, per la prima volta, conosciuto un popolo libero.Pirro il quale, mentre si conducevano queste trattative,aveva posto piede nella Campania, saputo che era svani-ta ogni speranza d'accordo, deliberò di correre subito suRoma per vedere se gli riuscisse di dar mano agli Etru-schi, scuotere gli alleati di Roma e minacciare la stessacittà.Ma sui Romani il timore non ebbe forza più delle blan-dizie.Subito dopo la battaglia d'Eraclea, al grido del banditoreche chiamava i cittadini a farsi iscrivere in luogo degliestinti, i giovani accorsero in folla a dare il nome.Alla testa delle due legioni levate di nuovo e delle trup-pe ritirate dalla Lucania, Levino, più forte di prima, se-guiva le mosse del re; egli assicurò Capua contro ognitentativo di Pirro e mandò a monte ogni suo tentativo distringere relazione con Napoli.L'attitudine dei Romani era così ferma, che, eccettuati i

292

E perchè alle parole rispondessero i fatti, si cacciò tostol'ambasciatore dalla città.L'ambasceria era fallita, e l'esperto negoziatore invece diaffascinare i Romani colla sua eloquenza si era piuttostolasciato imporre della maschia fermezza ch'essi mostra-vano dopo una così grave sconfitta. Tanto che, tornato aPirro, disse che in Roma ogni cittadino gli era parso unre; cosa naturale, dacchè il cortigiano greco aveva allo-ra, per la prima volta, conosciuto un popolo libero.Pirro il quale, mentre si conducevano queste trattative,aveva posto piede nella Campania, saputo che era svani-ta ogni speranza d'accordo, deliberò di correre subito suRoma per vedere se gli riuscisse di dar mano agli Etru-schi, scuotere gli alleati di Roma e minacciare la stessacittà.Ma sui Romani il timore non ebbe forza più delle blan-dizie.Subito dopo la battaglia d'Eraclea, al grido del banditoreche chiamava i cittadini a farsi iscrivere in luogo degliestinti, i giovani accorsero in folla a dare il nome.Alla testa delle due legioni levate di nuovo e delle trup-pe ritirate dalla Lucania, Levino, più forte di prima, se-guiva le mosse del re; egli assicurò Capua contro ognitentativo di Pirro e mandò a monte ogni suo tentativo distringere relazione con Napoli.L'attitudine dei Romani era così ferma, che, eccettuati i

292

Page 293: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Greci della bassa Italia, nessun ragguardevole stato fe-derale osò staccarsi dalla lega. Pirro allora si diresseverso Roma.Attraversando il ricco paese, di cui con meraviglia am-mirava la fiorente condizione, Pirro venne sopra Fregel-lae, che sorprese, forzò il passaggio del Liri ed arrivòsino ad Anagni.Nessun esercito gli si fece incontro, ma da per tutto lecittà del Lazio gli chiudevano le porte in faccia, e Levi-no, partendo dalla Campania, lo seguiva passo passo,mentre il console Tiberio Coruncanio, il quale aveva op-portunamente conchiuso con gli Etruschi un trattato dipace, s'avvicinava da settentrione a capo d'un secondoesercito, e in Roma stava pronto un esercito di riservacomandato dal dittatore Gneo Domizio Calvino. Cosìstando le cose non era possibile arrischiare alcun tentati-vo, e al re non rimaneva altro da fare che ritirarsi.Egli indugiò ancora qualche tempo nella Campania, manon gli si offrì alcuna occasione per indurre i nemici abattaglia campale.Venuto l'inverno il re sgombrò il territorio nemico, difronte ai due eserciti consolari, che si erano riuniti, e,acquartierato il suo esercito nelle città confederate, se netornò a Taranto. Allora anche i Romani cessarono leloro operazioni; l'esercito prese alloggiamento pressoFirmum nel Picentino, ove per ordine del senato le le-gioni che erano state battute sul Liri accamparono per

293

Greci della bassa Italia, nessun ragguardevole stato fe-derale osò staccarsi dalla lega. Pirro allora si diresseverso Roma.Attraversando il ricco paese, di cui con meraviglia am-mirava la fiorente condizione, Pirro venne sopra Fregel-lae, che sorprese, forzò il passaggio del Liri ed arrivòsino ad Anagni.Nessun esercito gli si fece incontro, ma da per tutto lecittà del Lazio gli chiudevano le porte in faccia, e Levi-no, partendo dalla Campania, lo seguiva passo passo,mentre il console Tiberio Coruncanio, il quale aveva op-portunamente conchiuso con gli Etruschi un trattato dipace, s'avvicinava da settentrione a capo d'un secondoesercito, e in Roma stava pronto un esercito di riservacomandato dal dittatore Gneo Domizio Calvino. Cosìstando le cose non era possibile arrischiare alcun tentati-vo, e al re non rimaneva altro da fare che ritirarsi.Egli indugiò ancora qualche tempo nella Campania, manon gli si offrì alcuna occasione per indurre i nemici abattaglia campale.Venuto l'inverno il re sgombrò il territorio nemico, difronte ai due eserciti consolari, che si erano riuniti, e,acquartierato il suo esercito nelle città confederate, se netornò a Taranto. Allora anche i Romani cessarono leloro operazioni; l'esercito prese alloggiamento pressoFirmum nel Picentino, ove per ordine del senato le le-gioni che erano state battute sul Liri accamparono per

293

Page 294: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

castigo tutto l'inverno sotto le tende.

10. La seconda campagna.Così finì la campagna del 474 = 280. La pace separatache l'Etruria s'indusse a conchiudere proprio nel mo-mento decisivo, e l'inattesa ritirata del re che mandò infumo le esagerate speranze dei confederati italici, di-strussero in gran parte l'impressione prodotta dalla vitto-ria d'Eraclea.I Greco-Italici cominciarono a lamentarsi per le spesedella guerra e più ancora per la poca disciplina dei mer-cenari acquartierati presso di loro, ed il re, stanco ormaidel querulo sindacato e del contegno inconsiderato e im-belle dei suoi alleati, cominciò ad accorgersi che, mal-grado tutti i successi della tattica, il compito toccatogliin sorte era politicamente impossibile. L'arrivo d'unaambasceria romana composta di tre consolari, tra i qualiera il vincitore di Turio, Gaio Fabricio, ridestò per unmomento in lui le speranze di pace; ma si venne subitoin chiaro che essa non aveva altro incarico che quello ditrattare il riscatto e lo scambio dei prigionieri.Pirro negò tale baratto, ma licenziò sulla parola d'onoretutti i prigionieri affinchè potessero assistere alla festadei saturnali. In seguito, la puntualità del ritorno dei pri-gionieri e la resistenza di Fabrizio ai tentativi di corru-zione furono celebrati con tante lodi, che ci provanopiuttosto la corruttela dei tempi sopravvenuti che la ono-

294

castigo tutto l'inverno sotto le tende.

10. La seconda campagna.Così finì la campagna del 474 = 280. La pace separatache l'Etruria s'indusse a conchiudere proprio nel mo-mento decisivo, e l'inattesa ritirata del re che mandò infumo le esagerate speranze dei confederati italici, di-strussero in gran parte l'impressione prodotta dalla vitto-ria d'Eraclea.I Greco-Italici cominciarono a lamentarsi per le spesedella guerra e più ancora per la poca disciplina dei mer-cenari acquartierati presso di loro, ed il re, stanco ormaidel querulo sindacato e del contegno inconsiderato e im-belle dei suoi alleati, cominciò ad accorgersi che, mal-grado tutti i successi della tattica, il compito toccatogliin sorte era politicamente impossibile. L'arrivo d'unaambasceria romana composta di tre consolari, tra i qualiera il vincitore di Turio, Gaio Fabricio, ridestò per unmomento in lui le speranze di pace; ma si venne subitoin chiaro che essa non aveva altro incarico che quello ditrattare il riscatto e lo scambio dei prigionieri.Pirro negò tale baratto, ma licenziò sulla parola d'onoretutti i prigionieri affinchè potessero assistere alla festadei saturnali. In seguito, la puntualità del ritorno dei pri-gionieri e la resistenza di Fabrizio ai tentativi di corru-zione furono celebrati con tante lodi, che ci provanopiuttosto la corruttela dei tempi sopravvenuti che la ono-

294

Page 295: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

revolezza dei tempi di cui parliamo.Nella primavera del 475 = 279 Pirro, ripresa ancoral'offensiva, entrò nell'Apulia, dove l'esercito romanomosse ad incontrarlo.Sperando di dare una buona scossa al primato romano inquesti paesi, il re offrì una seconda battaglia; nè i Roma-ni la rifiutarono. L'urto avvenne presso Ausculum(Ascoli Satriano). Sotto la bandiera di Pirro combatteva-no, oltre i suoi soldati epiroti e macedoni, i mercenariitalici e i militi di Taranto – che pigliavano nome dailoro scudi bianchi – e gli alleati Lucani, Bruzi e Sanniti,in tutto 70.000 fanti, de' quali 16.000 Greci ed Epiroti,più 8000 cavalieri e 19 elefanti.In quella giornata si trovavano, con i Romani, i Latini, iCampani, i Volsci, i Sanniti, gli Umbri, i Marruccini, iPeligni, i Frentani e gli Arpani; tutti insieme più di70.000 uomini anch'essi, tra i quali 20.000 cittadini ro-mani, e 8000 cavalieri. Entrambe le parti avevano fatticambiamenti negli ordini di battaglia. Pirro, riconosciuticolla sua pronta perspicacia i vantaggi della disposizio-ne in manipoli, adottata dai Romani, aveva sostituitosulle ali, alla lunga fronte delle falangi, un allineamentointercalato per manipoli, copiato dagli ordini delle coortiromane, e, forse per motivi non meno politici che mili-tari, aveva mescolato tra le divisioni delle proprie gentile coorti dei Tarentini e dei Sanniti; nel centro si trova-va, sola e serrata, la falange epirota.

295

revolezza dei tempi di cui parliamo.Nella primavera del 475 = 279 Pirro, ripresa ancoral'offensiva, entrò nell'Apulia, dove l'esercito romanomosse ad incontrarlo.Sperando di dare una buona scossa al primato romano inquesti paesi, il re offrì una seconda battaglia; nè i Roma-ni la rifiutarono. L'urto avvenne presso Ausculum(Ascoli Satriano). Sotto la bandiera di Pirro combatteva-no, oltre i suoi soldati epiroti e macedoni, i mercenariitalici e i militi di Taranto – che pigliavano nome dailoro scudi bianchi – e gli alleati Lucani, Bruzi e Sanniti,in tutto 70.000 fanti, de' quali 16.000 Greci ed Epiroti,più 8000 cavalieri e 19 elefanti.In quella giornata si trovavano, con i Romani, i Latini, iCampani, i Volsci, i Sanniti, gli Umbri, i Marruccini, iPeligni, i Frentani e gli Arpani; tutti insieme più di70.000 uomini anch'essi, tra i quali 20.000 cittadini ro-mani, e 8000 cavalieri. Entrambe le parti avevano fatticambiamenti negli ordini di battaglia. Pirro, riconosciuticolla sua pronta perspicacia i vantaggi della disposizio-ne in manipoli, adottata dai Romani, aveva sostituitosulle ali, alla lunga fronte delle falangi, un allineamentointercalato per manipoli, copiato dagli ordini delle coortiromane, e, forse per motivi non meno politici che mili-tari, aveva mescolato tra le divisioni delle proprie gentile coorti dei Tarentini e dei Sanniti; nel centro si trova-va, sola e serrata, la falange epirota.

295

Page 296: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

I Romani, dal canto loro, per difendersi contro gli ele-fanti, avevano armato una specie di carri da guerra, daiquali sporgevano, raccomandati a sbarre di ferro, bracie-ri ardenti ed aste munite di pungoli di ferro, che si pote-vano abbassare ed alzare secondo il bisogno – e che for-se furono i primi embrioni di quei ponti d'arrembaggio,che poi vennero tanto in voga nella prima guerra punica.Prestando fede alla relazione greca, che ci sembra menoparziale della romana, la quale nondimeno si deve con-sultare anch'essa, il primo giorno i Greci avrebbero avu-to la peggio, poichè non vennero a capo nè di distenderela loro fanteria sulle sponde scoscese e mollicce del fiu-me, ove furono costretti a cominciare la battaglia, nè dispingere innanzi la cavalleria e gli elefanti.Nel secondo giorno, invece, Pirro prevenne i Romanisul terreno sodo e aperto, e così, senza perdite, sboccòalla pianura, dove potè ordinare con comodo le sue fa-langi. Invano i Romani si precipitarono con le loro da-ghe sui sarissofori; la falange resistette imperturbabilead ogni assalto, ma neppure essa potè mettere in rotta lelegioni romane. Soltanto dopo che la numerosa scortadegli elefanti ebbe schiacciati colle frecce e con le pietrei Romani che combattevano attorno ai carri e dopo che,tagliate le corregge dei gioghi, gli elefanti poteronoslanciarsi contro la fanteria nemica, questa cominciò atentennare.I guardiani dei carri, datisi alla fuga, dettero il segnale

296

I Romani, dal canto loro, per difendersi contro gli ele-fanti, avevano armato una specie di carri da guerra, daiquali sporgevano, raccomandati a sbarre di ferro, bracie-ri ardenti ed aste munite di pungoli di ferro, che si pote-vano abbassare ed alzare secondo il bisogno – e che for-se furono i primi embrioni di quei ponti d'arrembaggio,che poi vennero tanto in voga nella prima guerra punica.Prestando fede alla relazione greca, che ci sembra menoparziale della romana, la quale nondimeno si deve con-sultare anch'essa, il primo giorno i Greci avrebbero avu-to la peggio, poichè non vennero a capo nè di distenderela loro fanteria sulle sponde scoscese e mollicce del fiu-me, ove furono costretti a cominciare la battaglia, nè dispingere innanzi la cavalleria e gli elefanti.Nel secondo giorno, invece, Pirro prevenne i Romanisul terreno sodo e aperto, e così, senza perdite, sboccòalla pianura, dove potè ordinare con comodo le sue fa-langi. Invano i Romani si precipitarono con le loro da-ghe sui sarissofori; la falange resistette imperturbabilead ogni assalto, ma neppure essa potè mettere in rotta lelegioni romane. Soltanto dopo che la numerosa scortadegli elefanti ebbe schiacciati colle frecce e con le pietrei Romani che combattevano attorno ai carri e dopo che,tagliate le corregge dei gioghi, gli elefanti poteronoslanciarsi contro la fanteria nemica, questa cominciò atentennare.I guardiani dei carri, datisi alla fuga, dettero il segnale

296

Page 297: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della rotta, che però non costò molte vittime, poichè ifuggiaschi rientrarono al campo vicino. Che poi, mentreferveva la gran battaglia, un manipolo di Arpani, stacca-tosi dall'esercito romano, abbia assaltato e bruciato ilcampo degli Epiroti, che era stato lasciato con pocaguardia, è cosa che non troviamo ricordata che dallacronaca romana; ma ad ogni modo i Romani hanno so-stenuto a torto che la battaglia sia rimasta indecisa.Le due relazioni sono anzi d'accordo nel dire che l'eser-cito romano si ritirò di là dal fiume lasciando Pirro pa-drone del campo di battaglia. Morirono, secondo la rela-zione greca, 6000 Romani e 3505 Greci(37); tra i feriti sitrovava il re stesso, a cui un giavellotto aveva passato ilbraccio mentre egli, come era solito, combatteva nel piùfitto della mischia.Certo questa fu un'altra vittoria di Pirro; ma gli allorinon portarono frutto, e il fatto procacciò onore al recome buon capitano e come prode soldato, ma nei ri-spetti politici non lo avvicinò d'un passo alla sua mèta.Pirro abbisognava d'uno splendido trionfo, che determi-nasse lo sterminio dell'esercito romano, per dare occa-sione e spinta ai tentennanti alleati di Roma di dichiarar-si per lui; ma siccome l'esercito e la lega di Roma rima-

37 Queste cifre sembrano degne di fede. La cronaca romana parla di 15.000morti e feriti da ciascuna parte ed un racconto posteriore vuole persino,che i Romani avessero avuto 5.000 morti ed i Greci 20.000. Serva questofatto a provare, con un esempio in cui abbiamo a mano i dati originali diraffronto, la poca fede che meritano le cifre degli annalisti.

297

della rotta, che però non costò molte vittime, poichè ifuggiaschi rientrarono al campo vicino. Che poi, mentreferveva la gran battaglia, un manipolo di Arpani, stacca-tosi dall'esercito romano, abbia assaltato e bruciato ilcampo degli Epiroti, che era stato lasciato con pocaguardia, è cosa che non troviamo ricordata che dallacronaca romana; ma ad ogni modo i Romani hanno so-stenuto a torto che la battaglia sia rimasta indecisa.Le due relazioni sono anzi d'accordo nel dire che l'eser-cito romano si ritirò di là dal fiume lasciando Pirro pa-drone del campo di battaglia. Morirono, secondo la rela-zione greca, 6000 Romani e 3505 Greci(37); tra i feriti sitrovava il re stesso, a cui un giavellotto aveva passato ilbraccio mentre egli, come era solito, combatteva nel piùfitto della mischia.Certo questa fu un'altra vittoria di Pirro; ma gli allorinon portarono frutto, e il fatto procacciò onore al recome buon capitano e come prode soldato, ma nei ri-spetti politici non lo avvicinò d'un passo alla sua mèta.Pirro abbisognava d'uno splendido trionfo, che determi-nasse lo sterminio dell'esercito romano, per dare occa-sione e spinta ai tentennanti alleati di Roma di dichiarar-si per lui; ma siccome l'esercito e la lega di Roma rima-

37 Queste cifre sembrano degne di fede. La cronaca romana parla di 15.000morti e feriti da ciascuna parte ed un racconto posteriore vuole persino,che i Romani avessero avuto 5.000 morti ed i Greci 20.000. Serva questofatto a provare, con un esempio in cui abbiamo a mano i dati originali diraffronto, la poca fede che meritano le cifre degli annalisti.

297

Page 298: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sero in piedi, siccome l'oste greca, di cui Pirro era l'ani-ma e l'unità, si trovava per la sua ferita inabile per moltotempo a guerreggiare, così egli dovette rassegnarsi aconsiderare la campagna come perduta e a riprendere iquartieri d'inverno.Il re svernò in Taranto; i Romani questa volta nell'Apu-lia. Sempre più chiaramente si manifestava che i mezzi,sui quali poteva contare il re per rifare il suo esercito,non uguagliavano quelli dei Romani, e che, quanto allapolitica, la rilassata recalcitrante lega italo-greca nonpoteva in nessun modo paragonarsi alla simmachia ro-mana fondata su basi solide e profonde.La tattica greca, la novità degli arnesi di guerra che iGreci impiegavano, l'impeto delle loro mosse, il geniodel grande capitano che li guidava, potevano forse otte-nere altre vittorie come quella di Eraclea e di Ascoli, maogni nuova vittoria avrebbe logorato l'esercito vittorio-so; ed era evidente che i Romani, dopo la giornatad'Ascoli, si sentivano già più forti, e attendevano concoraggiosa pazienza la loro volta di vincere.Questa guerra non rassomigliava alle guerre di raffinatadestrezza che si combattevano dai principi greci: in que-sta guerra tutte le combinazioni strategiche riuscivanovane di fronte alla piena e poderosa energia della mili-zia. Pirro s'accorse dello stato delle cose; sazio di vince-re senza frutto, disprezzando i suoi alleati, egli non mi-rava più che a garantire contro i barbari i suoi clienti per

298

sero in piedi, siccome l'oste greca, di cui Pirro era l'ani-ma e l'unità, si trovava per la sua ferita inabile per moltotempo a guerreggiare, così egli dovette rassegnarsi aconsiderare la campagna come perduta e a riprendere iquartieri d'inverno.Il re svernò in Taranto; i Romani questa volta nell'Apu-lia. Sempre più chiaramente si manifestava che i mezzi,sui quali poteva contare il re per rifare il suo esercito,non uguagliavano quelli dei Romani, e che, quanto allapolitica, la rilassata recalcitrante lega italo-greca nonpoteva in nessun modo paragonarsi alla simmachia ro-mana fondata su basi solide e profonde.La tattica greca, la novità degli arnesi di guerra che iGreci impiegavano, l'impeto delle loro mosse, il geniodel grande capitano che li guidava, potevano forse otte-nere altre vittorie come quella di Eraclea e di Ascoli, maogni nuova vittoria avrebbe logorato l'esercito vittorio-so; ed era evidente che i Romani, dopo la giornatad'Ascoli, si sentivano già più forti, e attendevano concoraggiosa pazienza la loro volta di vincere.Questa guerra non rassomigliava alle guerre di raffinatadestrezza che si combattevano dai principi greci: in que-sta guerra tutte le combinazioni strategiche riuscivanovane di fronte alla piena e poderosa energia della mili-zia. Pirro s'accorse dello stato delle cose; sazio di vince-re senza frutto, disprezzando i suoi alleati, egli non mi-rava più che a garantire contro i barbari i suoi clienti per

298

Page 299: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

abbandonare l'Italia, ove l'onore militare gli impediva difermarsi ancora. E già poteva prevedersi, che coll'impa-ziente suo carattere egli avrebbe afferrato il primo prete-sto per liberarsi dall'ingrato impegno, quando gli affaridi Sicilia gli offrirono il destro di allontanarsi dall'Italia.

11. Condizioni della Sicilia.Dopo la morte d'Agatocle (465 = 289) venne meno aiGreci della Sicilia ogni forza direttiva. Mentre in ciascu-na città si avvicendavano al governo inetti demagoghi epiù inetti tiranni, i Cartaginesi, che da lungo tempo oc-cupavano la punta occidentale dell'isola, venivano che-tamente allargando il loro dominio.Ma dopo ch'essi ebbero posto piede in Agrigento, cre-dettero venuto il tempo di correre apertamente alla mètaa cui miravano da secoli, e impadronirsi di tutta l'isola; eperò si volsero direttamente contro Siracusa.Questa città, che aveva già conteso con i suoi eserciti econ le sue flotte il possesso dell'isola a Cartagine, a ca-gione delle discordie intestine e del debole governo, eracaduta così in basso che appena poteva sperare di difen-dersi dietro le sue mura, e però dovette volgersi a cerca-re soccorsi stranieri che nessuno, fuori di re Pirro, pote-va accordarle.Pirro era genero d'Agatocle; suo figlio Alessandro, allo-ra diciottenne, era nipote di Agatocle; entrambi per san-gue e per grandezza d'animo erano gli eredi naturali dei

299

abbandonare l'Italia, ove l'onore militare gli impediva difermarsi ancora. E già poteva prevedersi, che coll'impa-ziente suo carattere egli avrebbe afferrato il primo prete-sto per liberarsi dall'ingrato impegno, quando gli affaridi Sicilia gli offrirono il destro di allontanarsi dall'Italia.

11. Condizioni della Sicilia.Dopo la morte d'Agatocle (465 = 289) venne meno aiGreci della Sicilia ogni forza direttiva. Mentre in ciascu-na città si avvicendavano al governo inetti demagoghi epiù inetti tiranni, i Cartaginesi, che da lungo tempo oc-cupavano la punta occidentale dell'isola, venivano che-tamente allargando il loro dominio.Ma dopo ch'essi ebbero posto piede in Agrigento, cre-dettero venuto il tempo di correre apertamente alla mètaa cui miravano da secoli, e impadronirsi di tutta l'isola; eperò si volsero direttamente contro Siracusa.Questa città, che aveva già conteso con i suoi eserciti econ le sue flotte il possesso dell'isola a Cartagine, a ca-gione delle discordie intestine e del debole governo, eracaduta così in basso che appena poteva sperare di difen-dersi dietro le sue mura, e però dovette volgersi a cerca-re soccorsi stranieri che nessuno, fuori di re Pirro, pote-va accordarle.Pirro era genero d'Agatocle; suo figlio Alessandro, allo-ra diciottenne, era nipote di Agatocle; entrambi per san-gue e per grandezza d'animo erano gli eredi naturali dei

299

Page 300: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

vasti disegni del signore di Siracusa; e se mai Siracusanon poteva più reggersi a libertà, almeno poteva trovareun compenso col diventare metropoli del grande regnoellenico occidentale.I Siracusani si offrirono spontaneamente a Pirro, comedue anni innanzi i Tarentini, e alle stesse condizioni (in-torno al 475 = 279). Così, per singolare riscontro dicose, pareva che tutto concorresse ad aiutare i vasti dise-gni del re degli Epiroti, che aveva fondato tutto il suopiano sul possesso di Taranto e di Siracusa.Questa unione dei Greci italici e siciliani sotto lo stessosignore ebbe per effetto immediato di far più intimal'unione dei loro avversari.I Cartaginesi ed i Romani trasformarono presto i loroantichi trattati di commercio in una lega offensiva e di-fensiva contro Pirro (475 = 279). Si convenne che, sePirro avesse messo piede sul territorio di uno dei confe-derati, l'altro avrebbe mandato pronti soccorsi e pagatele truppe ausiliarie; che Cartagine somministrerebbe lenavi di trasporto e assisterebbe i Romani anche collaflotta, senza obbligo però di arrischiare l'equipaggio infunzioni di terra; finalmente i due alleati promisero dinon accordarsi con Pirro separatamente.Lo scopo della convenzione, da parte dei Romani, eraquello di mettersi in condizioni di attaccare Taranto e ditagliare a Pirro le comunicazioni con la sua patria, ciòche non era possibile senza il concorso della flotta puni-

300

vasti disegni del signore di Siracusa; e se mai Siracusanon poteva più reggersi a libertà, almeno poteva trovareun compenso col diventare metropoli del grande regnoellenico occidentale.I Siracusani si offrirono spontaneamente a Pirro, comedue anni innanzi i Tarentini, e alle stesse condizioni (in-torno al 475 = 279). Così, per singolare riscontro dicose, pareva che tutto concorresse ad aiutare i vasti dise-gni del re degli Epiroti, che aveva fondato tutto il suopiano sul possesso di Taranto e di Siracusa.Questa unione dei Greci italici e siciliani sotto lo stessosignore ebbe per effetto immediato di far più intimal'unione dei loro avversari.I Cartaginesi ed i Romani trasformarono presto i loroantichi trattati di commercio in una lega offensiva e di-fensiva contro Pirro (475 = 279). Si convenne che, sePirro avesse messo piede sul territorio di uno dei confe-derati, l'altro avrebbe mandato pronti soccorsi e pagatele truppe ausiliarie; che Cartagine somministrerebbe lenavi di trasporto e assisterebbe i Romani anche collaflotta, senza obbligo però di arrischiare l'equipaggio infunzioni di terra; finalmente i due alleati promisero dinon accordarsi con Pirro separatamente.Lo scopo della convenzione, da parte dei Romani, eraquello di mettersi in condizioni di attaccare Taranto e ditagliare a Pirro le comunicazioni con la sua patria, ciòche non era possibile senza il concorso della flotta puni-

300

Page 301: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ca; da parte dei Cartaginesi era quello di trattenere il rein Italia per poter effettuare, senza contrasti, i loro dise-gni su Siracusa(38).Le due repubbliche alleate dovevano perciò, prima ditutto, pensare a vigilare il mare tra l'Italia e la Sicilia.Una flotta cartaginese forte di centoventi vele, lasciato ilporto d'Ostia, ove, come pare, l'ammiraglio Magone chela comandava si era recato per conchiudere il trattato, sidiresse verso il Faro.I Mamertini, i quali per le crudeltà commesse contro iGreci di Messina, non potevano aspettar da Pirro, quan-do egli fosse padrone della Sicilia e dell'Italia, che unagiustissima vendetta, si dettero ai Romani ed ai Cartagi-nesi, e assicurarono loro il litorale siciliano dello stretto.Gli alleati avrebbero voluto impossessarsi anche di Reg-gio che sorge sulla spiaggia aperta, ma Roma non pote-va assolutamente perdonare ai disertori che occupavanoquella città, ed un tentativo combinato tra Romani eCartaginesi per impadronirsene a mano armata, andò avuoto.Dal Faro la flotta cartaginese veleggiò per Siracusa el'assediò dal lato del mare nello stesso tempo che un

38 I Romani posteriori e con essi gli storici più recenti interpretano i pattidella lega in modo da lasciare ai Romani la lode d'aver voluto escluderel'aiuto cartaginese in Italia. Questa sarebbe stata una stoltezza, i fatti dico-no il contrario. Se Magone non approdò a Ostia, non è perchè i patti vi siopponessero, ma semplicemente perchè il Lazio non era minacciato da Pir-ro, e quindi non occorreva l'aiuto cartaginese; tanto è vero che dinanzi aReggio i Cartaginesi combatterono senza dubbio per Roma.

301

ca; da parte dei Cartaginesi era quello di trattenere il rein Italia per poter effettuare, senza contrasti, i loro dise-gni su Siracusa(38).Le due repubbliche alleate dovevano perciò, prima ditutto, pensare a vigilare il mare tra l'Italia e la Sicilia.Una flotta cartaginese forte di centoventi vele, lasciato ilporto d'Ostia, ove, come pare, l'ammiraglio Magone chela comandava si era recato per conchiudere il trattato, sidiresse verso il Faro.I Mamertini, i quali per le crudeltà commesse contro iGreci di Messina, non potevano aspettar da Pirro, quan-do egli fosse padrone della Sicilia e dell'Italia, che unagiustissima vendetta, si dettero ai Romani ed ai Cartagi-nesi, e assicurarono loro il litorale siciliano dello stretto.Gli alleati avrebbero voluto impossessarsi anche di Reg-gio che sorge sulla spiaggia aperta, ma Roma non pote-va assolutamente perdonare ai disertori che occupavanoquella città, ed un tentativo combinato tra Romani eCartaginesi per impadronirsene a mano armata, andò avuoto.Dal Faro la flotta cartaginese veleggiò per Siracusa el'assediò dal lato del mare nello stesso tempo che un

38 I Romani posteriori e con essi gli storici più recenti interpretano i pattidella lega in modo da lasciare ai Romani la lode d'aver voluto escluderel'aiuto cartaginese in Italia. Questa sarebbe stata una stoltezza, i fatti dico-no il contrario. Se Magone non approdò a Ostia, non è perchè i patti vi siopponessero, ma semplicemente perchè il Lazio non era minacciato da Pir-ro, e quindi non occorreva l'aiuto cartaginese; tanto è vero che dinanzi aReggio i Cartaginesi combatterono senza dubbio per Roma.

301

Page 302: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

grosse esercito punico ne tentava l'espugnazione da par-te di terra (476 = 278). Era urgente il bisogno che Pirrogiungesse in Siracusa, e nondimeno le cose d'Italia nongli permettevano ancora d'allontanarsene.I due consoli dell'anno 476 = 278, Gaio Fabricio Lusci-no e Quinto Emilio Papo, entrambi capitani sperimenta-ti, avevano cominciata la nuova campagna con energia,e sebbene fino allora i Romani non avessero, in questaguerra, toccato che sconfitte, non erano già essi, ma ivincitori che si sentivano svigoriti e desideravano lapace per ottenere un conveniente accomodamento.Di fatti, avendo il console Fabricio fatto consegnare alre un tristo, che gli si era offerto, contro compenso, diavvelenare Pirro, il re in segno di riconoscenza, liberòsenza riscatto tutti i prigionieri romani, e a ricambiare lamagnanimità dei valorosi suoi avversari, propose lorospontaneamente la pace a patti assai equi e favorevoli.Pare che Cinea si recasse a Roma una seconda volta, epare anche che Cartagine fosse in gran timore di vedersiabbandonata da Roma. Ma il senato non si lasciò rimuo-vere e ripetè la sua prima risposta. Dopo ciò, per impe-dire che Siracusa cadesse nelle mani dei Cartaginesi,null'altro poteva fare Pirro che abbandonare i suoi alleatiitalici e limitarsi, per il momento, al possesso dei piùimportanti porti di mare e particolarmente di Taranto edi Locri. Invano i Lucani e i Sanniti lo supplicarono dinon abbandonarli; invano i Tarentini gli ingiunsero di

302

grosse esercito punico ne tentava l'espugnazione da par-te di terra (476 = 278). Era urgente il bisogno che Pirrogiungesse in Siracusa, e nondimeno le cose d'Italia nongli permettevano ancora d'allontanarsene.I due consoli dell'anno 476 = 278, Gaio Fabricio Lusci-no e Quinto Emilio Papo, entrambi capitani sperimenta-ti, avevano cominciata la nuova campagna con energia,e sebbene fino allora i Romani non avessero, in questaguerra, toccato che sconfitte, non erano già essi, ma ivincitori che si sentivano svigoriti e desideravano lapace per ottenere un conveniente accomodamento.Di fatti, avendo il console Fabricio fatto consegnare alre un tristo, che gli si era offerto, contro compenso, diavvelenare Pirro, il re in segno di riconoscenza, liberòsenza riscatto tutti i prigionieri romani, e a ricambiare lamagnanimità dei valorosi suoi avversari, propose lorospontaneamente la pace a patti assai equi e favorevoli.Pare che Cinea si recasse a Roma una seconda volta, epare anche che Cartagine fosse in gran timore di vedersiabbandonata da Roma. Ma il senato non si lasciò rimuo-vere e ripetè la sua prima risposta. Dopo ciò, per impe-dire che Siracusa cadesse nelle mani dei Cartaginesi,null'altro poteva fare Pirro che abbandonare i suoi alleatiitalici e limitarsi, per il momento, al possesso dei piùimportanti porti di mare e particolarmente di Taranto edi Locri. Invano i Lucani e i Sanniti lo supplicarono dinon abbandonarli; invano i Tarentini gli ingiunsero di

302

Page 303: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

compiere il suo dovere di generale o di restituire loro lacittà. Ai lamenti ed ai rimproveri il re rispose con pro-messe o con aspri rifiuti.Lasciato Milone a Taranto, e Alessandro, suo figlio, aLocri, Pirro s'imbarcò nella primavera dell'anno 476 =278 colla maggior parte delle sue truppe a Taranto edrizzò la prora verso Siracusa.Dopo la partenza di Pirro i Romani ebbero mano liberain Italia, ove nessuno osava loro resistere in campoaperto, e i loro avversari da per tutto si asserragliavanoentro le mura o riparavano ai monti e alle foreste.Pure la lotta non volse al termine così presto come sisperava, sia per la natura di queste guerre di montagna edi assedi, sia per le terribili perdite dei Romani, come loprova il censimento dal 473 = 281 al 479 = 275, che re-gistra una diminuzione di 17.000 cittadini.Nell'anno 476 = 278 riuscì al console Gaio Fabricio diindurre la ragguardevole colonia tarentina di Eraclea aduna pace separata, che le fu concessa a favorevolissimecondizioni.Durante la campagna del 477 = 277 si andò guerreg-giando nel Sannio, dove una volta i Romani assalendo,alla spensierata, delle alture trincerate ebbero a soffriregravi perdite. La guerra si portò quindi nell'Italia meri-dionale, ove furono battuti i Lucani e i Brettii.Milone invece, partendo da Taranto, riuscì a prevenire i

303

compiere il suo dovere di generale o di restituire loro lacittà. Ai lamenti ed ai rimproveri il re rispose con pro-messe o con aspri rifiuti.Lasciato Milone a Taranto, e Alessandro, suo figlio, aLocri, Pirro s'imbarcò nella primavera dell'anno 476 =278 colla maggior parte delle sue truppe a Taranto edrizzò la prora verso Siracusa.Dopo la partenza di Pirro i Romani ebbero mano liberain Italia, ove nessuno osava loro resistere in campoaperto, e i loro avversari da per tutto si asserragliavanoentro le mura o riparavano ai monti e alle foreste.Pure la lotta non volse al termine così presto come sisperava, sia per la natura di queste guerre di montagna edi assedi, sia per le terribili perdite dei Romani, come loprova il censimento dal 473 = 281 al 479 = 275, che re-gistra una diminuzione di 17.000 cittadini.Nell'anno 476 = 278 riuscì al console Gaio Fabricio diindurre la ragguardevole colonia tarentina di Eraclea aduna pace separata, che le fu concessa a favorevolissimecondizioni.Durante la campagna del 477 = 277 si andò guerreg-giando nel Sannio, dove una volta i Romani assalendo,alla spensierata, delle alture trincerate ebbero a soffriregravi perdite. La guerra si portò quindi nell'Italia meri-dionale, ove furono battuti i Lucani e i Brettii.Milone invece, partendo da Taranto, riuscì a prevenire i

303

Page 304: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Romani in un tentativo di prendere Crotone di sorpresa,e gli Epiroti fecero anche una sortita fortunata control'esercito assediante. Ma alla fine il console, con unostrattagemma, riuscì ad allontanare il presidio da Croto-ne e occupare la città rimasta senza difesa (477 = 277).Di maggiore importanza fu il fatto dei Locresi, i qualiavevano, l'anno innanzi, consegnato al re la guarnigioneromana, e ora, espiando tradimento con tradimento, tru-cidarono gli Epiroti, per cui tutta la costa meridionale,ad eccezione di Reggio e di Taranto, venne in potere deiRomani. Malgrado tutti questi successi, nel complessonon si era guadagnato molto. L'Italia inferiore era damolto tempo indifesa; Pirro non poteva dirsi vinto fino ache Taranto si trovava in suo potere, perchè gli rimane-vano i mezzi per rinnovare la guerra a suo talento; nè iRomani potevano pensare a scacciarlo con un assedio.Giacchè, oltre la considerazione che i Romani, in fattod'assedi, dopo che Filippo il Macedone e Demetrio Po-liorcete avevano cambiata la strategia nella guerra difortezze, dovevano trovarsi inferiori ad un esperto e ri-soluto capitano greco, mancavano anche di un sufficien-te naviglio; e sebbene i Cartaginesi avessero per trattatopromesso di aiutare i Romani sul mare, i fatti di Sicilianon volgevano così propizi per essi, da lasciar loro lapossibilità di mantenere quella promessa.

12. Pirro padrone della Sicilia.Lo sbarco di Pirro nell'isola, compiuto felicemente ad

304

Romani in un tentativo di prendere Crotone di sorpresa,e gli Epiroti fecero anche una sortita fortunata control'esercito assediante. Ma alla fine il console, con unostrattagemma, riuscì ad allontanare il presidio da Croto-ne e occupare la città rimasta senza difesa (477 = 277).Di maggiore importanza fu il fatto dei Locresi, i qualiavevano, l'anno innanzi, consegnato al re la guarnigioneromana, e ora, espiando tradimento con tradimento, tru-cidarono gli Epiroti, per cui tutta la costa meridionale,ad eccezione di Reggio e di Taranto, venne in potere deiRomani. Malgrado tutti questi successi, nel complessonon si era guadagnato molto. L'Italia inferiore era damolto tempo indifesa; Pirro non poteva dirsi vinto fino ache Taranto si trovava in suo potere, perchè gli rimane-vano i mezzi per rinnovare la guerra a suo talento; nè iRomani potevano pensare a scacciarlo con un assedio.Giacchè, oltre la considerazione che i Romani, in fattod'assedi, dopo che Filippo il Macedone e Demetrio Po-liorcete avevano cambiata la strategia nella guerra difortezze, dovevano trovarsi inferiori ad un esperto e ri-soluto capitano greco, mancavano anche di un sufficien-te naviglio; e sebbene i Cartaginesi avessero per trattatopromesso di aiutare i Romani sul mare, i fatti di Sicilianon volgevano così propizi per essi, da lasciar loro lapossibilità di mantenere quella promessa.

12. Pirro padrone della Sicilia.Lo sbarco di Pirro nell'isola, compiuto felicemente ad

304

Page 305: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

onta della flotta cartaginese, vi aveva cambiato a un trat-to l'aspetto delle cose. Pirro liberò tosto Siracusadall'assedio, ridusse in breve tempo in suo potere tutte lecittà greche e come capo della confederazione sicula ri-tolse ai Cartaginesi quasi tutte le loro conquiste. Fra tan-to rivolgimento di fortuna, non senza difficoltà, e mi-nacciati e combattuti senza posa, i Cartaginesi riusciro-no appena a mantenersi a Lilibeo, e i Mamertini in Mes-sana sotto l'egida della flotta punica, che allora domina-va senza contrasto il Mediterraneo.A questo punto, badando al tenore del trattato del 475 =279, sarebbe stato più agevole a Roma di prestare soc-corso ai Cartaginesi in Sicilia, che a questi colla loroflotta di aiutare Roma ad espugnare Taranto; ma pareche i due alleati non si curassero troppo di assicurarsireciprocamente l'aiuto.Cartagine aveva offerto soccorso ai Romani soltanto al-lora che lo stringente pericolo di Roma era già passato; iRomani, dal canto loro, non avevano fatto nulla per im-pedire la partenza del re dall'Italia e la caduta della po-tenza cartaginese in Sicilia. Anzi, in aperta violazionedel trattato, Cartagine aveva perfino fatto pratiche perun accordo separato con Pirro, offrendogli di rinunciarea tutte le conquiste siciliane purchè le fosse lasciato ilpossesso del Lilibeo, di fornire al re denaro e navi daguerra, le quali come è naturale, dovevano servire agliEpiroti per tornare in Italia e rinnovare la guerra controRoma.

305

onta della flotta cartaginese, vi aveva cambiato a un trat-to l'aspetto delle cose. Pirro liberò tosto Siracusadall'assedio, ridusse in breve tempo in suo potere tutte lecittà greche e come capo della confederazione sicula ri-tolse ai Cartaginesi quasi tutte le loro conquiste. Fra tan-to rivolgimento di fortuna, non senza difficoltà, e mi-nacciati e combattuti senza posa, i Cartaginesi riusciro-no appena a mantenersi a Lilibeo, e i Mamertini in Mes-sana sotto l'egida della flotta punica, che allora domina-va senza contrasto il Mediterraneo.A questo punto, badando al tenore del trattato del 475 =279, sarebbe stato più agevole a Roma di prestare soc-corso ai Cartaginesi in Sicilia, che a questi colla loroflotta di aiutare Roma ad espugnare Taranto; ma pareche i due alleati non si curassero troppo di assicurarsireciprocamente l'aiuto.Cartagine aveva offerto soccorso ai Romani soltanto al-lora che lo stringente pericolo di Roma era già passato; iRomani, dal canto loro, non avevano fatto nulla per im-pedire la partenza del re dall'Italia e la caduta della po-tenza cartaginese in Sicilia. Anzi, in aperta violazionedel trattato, Cartagine aveva perfino fatto pratiche perun accordo separato con Pirro, offrendogli di rinunciarea tutte le conquiste siciliane purchè le fosse lasciato ilpossesso del Lilibeo, di fornire al re denaro e navi daguerra, le quali come è naturale, dovevano servire agliEpiroti per tornare in Italia e rinnovare la guerra controRoma.

305

Page 306: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Era però troppo chiaro che, conservando Lilibeo e allon-tanando il re, Cartagine avrebbe sùbito riacquistatonell'isola quel posto che essa teneva prima dello sbarcodegli Epiroti; le città greche, abbandonate a se stesse,nulla potevano, e il perduto terreno era facile a riconqui-starsi.Perciò Pirro respinse le perfide proposte, e decise di for-marsi una flotta. Soltanto la leggerezza e il poco accor-gimento hanno poi biasimato questo proposito, il qualenon solo rispondeva ad una necessità, ma, per i mezziche offriva il paese, poteva facilmente effettuarsi. Anchea non voler considerare che uno stato, il quale compren-deva l'Ambracia, Taranto e Siracusa, non poteva esserealtro che una potenza marittima, Pirro aveva bisogno diuna flotta per espugnare Lilibeo, per proteggere Tarantoe infine per attaccare Cartagine in Africa, come prima edopo lo fecero con grande successo Agatocle, Regolo,Scipione.Pirro non fu mai vicino alla sua mèta come nell'estatedel 478 = 276 quando si vedeva dinanzi Cartagine umi-liata, la Sicilia raccolta sotto la sua signoria, Taranto,porta d'Italia, saldamente nelle sue mani, e quando laflotta da lui creata e che doveva legare insieme tutti isuoi possessi, assicurare i suoi acquisti e servirgli per al-tre imprese, stava ancorata nel porto di Siracusa pronta asalpare.Il lato debole di tutti i disegni di Pirro era la sua difetto-

306

Era però troppo chiaro che, conservando Lilibeo e allon-tanando il re, Cartagine avrebbe sùbito riacquistatonell'isola quel posto che essa teneva prima dello sbarcodegli Epiroti; le città greche, abbandonate a se stesse,nulla potevano, e il perduto terreno era facile a riconqui-starsi.Perciò Pirro respinse le perfide proposte, e decise di for-marsi una flotta. Soltanto la leggerezza e il poco accor-gimento hanno poi biasimato questo proposito, il qualenon solo rispondeva ad una necessità, ma, per i mezziche offriva il paese, poteva facilmente effettuarsi. Anchea non voler considerare che uno stato, il quale compren-deva l'Ambracia, Taranto e Siracusa, non poteva esserealtro che una potenza marittima, Pirro aveva bisogno diuna flotta per espugnare Lilibeo, per proteggere Tarantoe infine per attaccare Cartagine in Africa, come prima edopo lo fecero con grande successo Agatocle, Regolo,Scipione.Pirro non fu mai vicino alla sua mèta come nell'estatedel 478 = 276 quando si vedeva dinanzi Cartagine umi-liata, la Sicilia raccolta sotto la sua signoria, Taranto,porta d'Italia, saldamente nelle sue mani, e quando laflotta da lui creata e che doveva legare insieme tutti isuoi possessi, assicurare i suoi acquisti e servirgli per al-tre imprese, stava ancorata nel porto di Siracusa pronta asalpare.Il lato debole di tutti i disegni di Pirro era la sua difetto-

306

Page 307: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sa politica interna. Egli reggeva la Sicilia come avevaveduto Tolomeo reggere l'Egitto; non rispettava le costi-tuzioni dei comuni, nominava a suo talento i suoi fidi agovernare le città, eleggeva, in luogo dei giurati del pae-se, i suoi cortigiani all'ufficio di giudici, pronunciava asuo arbitrio confische, esilii, pene capitali perfino controcoloro che avevano vivamente promosso la sua venutain Sicilia, metteva presidii nelle città e dominava in Si-cilia non come il capo della lega nazionale, ma come re.Benchè, secondo le idee dell'oriente ellenico, egli possaessersi creduto un principe buono e savio – e forse loera in fatto – i Greci sopportavano con tutta l'impazien-za d'un popolo disabituato ad ogni disciplina, in una lun-ga agonia di libertà, questo trasferimento dell'autocraziadei diadochi in Siracusa; nè andò molto che allo stolidopopolo parve più sopportabile il giogo cartaginese che ilnuovo governo militare.Le più ragguardevoli città strinsero lega con i Cartagine-si e perfino coi Mamertini; un forte esercito cartaginesericomparve nell'isola, e, aiutato ovunque dai Greci, fecerapidi progressi. La fortuna delle battaglie, fu, veramen-te, come sempre, favorevole all'Aquilotto; ma era chia-ro, ormai, che gli isolani avevano preso in odio il loro li-beratore, ed era facile prevedere quello che avrebbe po-tuto e dovuto avvenire quando il re si assentasse dallaSicilia.

307

sa politica interna. Egli reggeva la Sicilia come avevaveduto Tolomeo reggere l'Egitto; non rispettava le costi-tuzioni dei comuni, nominava a suo talento i suoi fidi agovernare le città, eleggeva, in luogo dei giurati del pae-se, i suoi cortigiani all'ufficio di giudici, pronunciava asuo arbitrio confische, esilii, pene capitali perfino controcoloro che avevano vivamente promosso la sua venutain Sicilia, metteva presidii nelle città e dominava in Si-cilia non come il capo della lega nazionale, ma come re.Benchè, secondo le idee dell'oriente ellenico, egli possaessersi creduto un principe buono e savio – e forse loera in fatto – i Greci sopportavano con tutta l'impazien-za d'un popolo disabituato ad ogni disciplina, in una lun-ga agonia di libertà, questo trasferimento dell'autocraziadei diadochi in Siracusa; nè andò molto che allo stolidopopolo parve più sopportabile il giogo cartaginese che ilnuovo governo militare.Le più ragguardevoli città strinsero lega con i Cartagine-si e perfino coi Mamertini; un forte esercito cartaginesericomparve nell'isola, e, aiutato ovunque dai Greci, fecerapidi progressi. La fortuna delle battaglie, fu, veramen-te, come sempre, favorevole all'Aquilotto; ma era chia-ro, ormai, che gli isolani avevano preso in odio il loro li-beratore, ed era facile prevedere quello che avrebbe po-tuto e dovuto avvenire quando il re si assentasse dallaSicilia.

307

Page 308: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

13. Pirro riparte per l'Italia.A questo primo ed essenzialissimo errore, Pirro ne ag-giunse un altro: andò colla flotta a Taranto invece di an-dare a Lilibeo. Con gli umori che allora correvano in Si-cilia, era troppo evidente la necessità di sradicare com-pletamente dall'isola i Cartaginesi e togliere così ai mal-contenti l'ultimo aiuto prima di distrarre le sue forzenell'impresa d'Italia, dove non v'era alcun pericolo im-minente; poichè Taranto era abbastanza sicura e non sidoveva far troppo assegnamento sugli altri confederati,che già erano stati lasciati in abbandono.Non è difficile però comprendere come l'indole soldate-sca di Pirro lo traesse a cancellare, con una brillanteriapparizione, la partenza poco onorevole dell'anno 476= 278 e come il suo cuore sanguinasse quando gli giun-sero i lamenti dei Lucani e dei Sanniti.Ma imprese come quelle immaginate da Pirro, possonoessere portate a compimento soltanto da nature ferree,capaci di resistere al sentimento della compassione epersino a quello dell'onore, e tale non era la natura diPirro.L'infausto imbarco avvenne sulla fine dell'anno 478 =276. Per via la nuova flotta siracusana ebbe a sostenereun formidabile combattimento con quella cartaginese, evi perdette un gran numero di navi.La partenza del re e la notizia di questo primo sinistrobastarono per rovesciare il regno siculo. Tutte le città si

308

13. Pirro riparte per l'Italia.A questo primo ed essenzialissimo errore, Pirro ne ag-giunse un altro: andò colla flotta a Taranto invece di an-dare a Lilibeo. Con gli umori che allora correvano in Si-cilia, era troppo evidente la necessità di sradicare com-pletamente dall'isola i Cartaginesi e togliere così ai mal-contenti l'ultimo aiuto prima di distrarre le sue forzenell'impresa d'Italia, dove non v'era alcun pericolo im-minente; poichè Taranto era abbastanza sicura e non sidoveva far troppo assegnamento sugli altri confederati,che già erano stati lasciati in abbandono.Non è difficile però comprendere come l'indole soldate-sca di Pirro lo traesse a cancellare, con una brillanteriapparizione, la partenza poco onorevole dell'anno 476= 278 e come il suo cuore sanguinasse quando gli giun-sero i lamenti dei Lucani e dei Sanniti.Ma imprese come quelle immaginate da Pirro, possonoessere portate a compimento soltanto da nature ferree,capaci di resistere al sentimento della compassione epersino a quello dell'onore, e tale non era la natura diPirro.L'infausto imbarco avvenne sulla fine dell'anno 478 =276. Per via la nuova flotta siracusana ebbe a sostenereun formidabile combattimento con quella cartaginese, evi perdette un gran numero di navi.La partenza del re e la notizia di questo primo sinistrobastarono per rovesciare il regno siculo. Tutte le città si

308

Page 309: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rifiutarono di somministrare uomini e denaro al re as-sente e lo splendido stato si sfasciò in un tempo più bre-ve di quello che era bastato alla sua rapida formazione;colpa in parte del re stesso, che aveva messo a troppodura prova la fedeltà e l'amore dei suoi nuovi sudditi, inparte del popolo, cui mancò l'animo di rinunciare, perbreve tempo, alla libertà per salvare la nazionalità.Col regno insulare cadde anche l'impresa di Pirro; ilgran sogno di tutta la sua vita si era dissipato senza la-sciargli un filo di speranza; e d'ora in poi egli non è piùche un avventuriero, il quale sente di essere stato gran-de, e di non essere più nulla, e che va guerreggiandonon per giungere ad uno scopo, ma per stordirsi conquel terribile giuoco di dadi, e per incontrare, se gli vienfatto, la morte del soldato nel tumulto d'una battaglia.Arrivato alle coste italiche il re fece un tentativo per im-possessarsi di Reggio; ma i Campani, aiutati dai Ma-mertini, respinsero l'attacco e nell'ardore della mischia,sotto le mura della città, fu ferito il re stesso nell'atto chebalzava di sella un ufficiale nemico. Gli riuscì invece disorprendere Locri, e vendicata duramente sugli abitantila strage della guarnigione epirota, saccheggiò il riccotesoro del tempio di Proserpina per rifornire il suo erarioche trovavasi esausto. Così arrivò Pirro a Taranto, dicesicon 20.000 fanti e 3000 cavalieri. Ma non erano più gliesperimentati veterani d'una volta, e gli Italici non salu-tarono più in essi i loro liberatori; la fiducia e la speran-za, con cui era stato accolto il re cinque anni prima, era-

309

rifiutarono di somministrare uomini e denaro al re as-sente e lo splendido stato si sfasciò in un tempo più bre-ve di quello che era bastato alla sua rapida formazione;colpa in parte del re stesso, che aveva messo a troppodura prova la fedeltà e l'amore dei suoi nuovi sudditi, inparte del popolo, cui mancò l'animo di rinunciare, perbreve tempo, alla libertà per salvare la nazionalità.Col regno insulare cadde anche l'impresa di Pirro; ilgran sogno di tutta la sua vita si era dissipato senza la-sciargli un filo di speranza; e d'ora in poi egli non è piùche un avventuriero, il quale sente di essere stato gran-de, e di non essere più nulla, e che va guerreggiandonon per giungere ad uno scopo, ma per stordirsi conquel terribile giuoco di dadi, e per incontrare, se gli vienfatto, la morte del soldato nel tumulto d'una battaglia.Arrivato alle coste italiche il re fece un tentativo per im-possessarsi di Reggio; ma i Campani, aiutati dai Ma-mertini, respinsero l'attacco e nell'ardore della mischia,sotto le mura della città, fu ferito il re stesso nell'atto chebalzava di sella un ufficiale nemico. Gli riuscì invece disorprendere Locri, e vendicata duramente sugli abitantila strage della guarnigione epirota, saccheggiò il riccotesoro del tempio di Proserpina per rifornire il suo erarioche trovavasi esausto. Così arrivò Pirro a Taranto, dicesicon 20.000 fanti e 3000 cavalieri. Ma non erano più gliesperimentati veterani d'una volta, e gli Italici non salu-tarono più in essi i loro liberatori; la fiducia e la speran-za, con cui era stato accolto il re cinque anni prima, era-

309

Page 310: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

no svanite, e gli alleati difettavano di uomini e di dena-ro.Per recar soccorso ai Sanniti, sul cui territorio i Romaniavevano passato l'inverno del 478-9 = 276-5, e che era-no gravemente minacciati, il re si mise in campagna nel-la primavera del 479 = 275 e costrinse il console ManioCurio ad accettare battaglia nel campo Arusino, pressoBenevento, prima ch'egli potesse riunirsi col suo collegache accorreva dalla Lucania.Ma la divisione che doveva attaccare di fianco i Roma-ni, la notte innanzi smarritasi tra i boschi, mancò al mo-mento decisivo e dopo un fiero combattimento furonoancora gli elefanti a decidere la battaglia, ma questa vol-ta a favore dei Romani; giacchè, spaventati dai sagittariche custodivano il campo, retrocessero verso le file de-gli Epiroti.Restarono ai Romani il campo di battaglia, 1300 prigio-nieri, quattro elefanti – i primi che si vedessero a Roma– e un ricchissimo bottino, il cui prezzo bastò poscia acostruir l'acquedotto che da Tivoli conduceva a Romal’acqua dell'Aniene. Pirro, ridotto senza mezzi, non po-tendo coll’esercito stremato tener più la campagna, sivolse per aiuto al re di Macedonia e d'Asia, che lo avevaaiutato per venire in Italia; ma siccome egli non avevapiù credito nemmeno nella sua patria, gli fu risposto conun rifiuto.Di che sdegnato, e disperando di venire a capo

310

no svanite, e gli alleati difettavano di uomini e di dena-ro.Per recar soccorso ai Sanniti, sul cui territorio i Romaniavevano passato l'inverno del 478-9 = 276-5, e che era-no gravemente minacciati, il re si mise in campagna nel-la primavera del 479 = 275 e costrinse il console ManioCurio ad accettare battaglia nel campo Arusino, pressoBenevento, prima ch'egli potesse riunirsi col suo collegache accorreva dalla Lucania.Ma la divisione che doveva attaccare di fianco i Roma-ni, la notte innanzi smarritasi tra i boschi, mancò al mo-mento decisivo e dopo un fiero combattimento furonoancora gli elefanti a decidere la battaglia, ma questa vol-ta a favore dei Romani; giacchè, spaventati dai sagittariche custodivano il campo, retrocessero verso le file de-gli Epiroti.Restarono ai Romani il campo di battaglia, 1300 prigio-nieri, quattro elefanti – i primi che si vedessero a Roma– e un ricchissimo bottino, il cui prezzo bastò poscia acostruir l'acquedotto che da Tivoli conduceva a Romal’acqua dell'Aniene. Pirro, ridotto senza mezzi, non po-tendo coll’esercito stremato tener più la campagna, sivolse per aiuto al re di Macedonia e d'Asia, che lo avevaaiutato per venire in Italia; ma siccome egli non avevapiù credito nemmeno nella sua patria, gli fu risposto conun rifiuto.Di che sdegnato, e disperando di venire a capo

310

Page 311: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dell'impresa contro Roma, lasciato un presidio a Taran-to, tornò quell'anno stesso (479 = 275) nella sua Grecia,dove poteva ancora sperare qualche felice avventura as-sai meglio che in Italia, i cui destini avevano ormai pre-so un indirizzo costante e fatale. E di fatti egli in brevericonquistò non solo tutto il paese sottratto ai suoi domi-nii, ma ritentò un'altra volta, e non indarno, di riprende-re la corona della Macedonia.Ma incapace di schermirsi contro la fredda e astuta poli-tica di Antigono Gonata, e di frenare il suo carattere,vide ancora una volta fallire la sua ultima impresa, e finìper perdere la vita in una meschina scaramuccia nellevie d'Argo (482-272).

14. Ultimi combattimenti in Italia.La guerra in Italia ebbe fine con la battaglia di Beneven-to: le ultime convulsioni del partito nazionale s'andaro-no a poco a poco calmando. Finchè il principe dellaguerra, colui che aveva osato di afferrare con saldamano le redini del destino, rimase in vita, egli tenne oc-cupata, ancorchè assente, la forte rocca di Taranto. Ebenchè, partito Pirro, la fazione che voleva la pace aves-se di nuovo rialzato il capo tra i Tarentini, Milone, chegovernava in nome del re, non se ne diede troppo pen-siero e lasciò che i partigiani di Roma, i quali avevanofabbricato un loro castello nel territorio di Taranto, cele-brassero a nome della repubblica la pace con Roma,senza perciò aprire le porte della città.

311

dell'impresa contro Roma, lasciato un presidio a Taran-to, tornò quell'anno stesso (479 = 275) nella sua Grecia,dove poteva ancora sperare qualche felice avventura as-sai meglio che in Italia, i cui destini avevano ormai pre-so un indirizzo costante e fatale. E di fatti egli in brevericonquistò non solo tutto il paese sottratto ai suoi domi-nii, ma ritentò un'altra volta, e non indarno, di riprende-re la corona della Macedonia.Ma incapace di schermirsi contro la fredda e astuta poli-tica di Antigono Gonata, e di frenare il suo carattere,vide ancora una volta fallire la sua ultima impresa, e finìper perdere la vita in una meschina scaramuccia nellevie d'Argo (482-272).

14. Ultimi combattimenti in Italia.La guerra in Italia ebbe fine con la battaglia di Beneven-to: le ultime convulsioni del partito nazionale s'andaro-no a poco a poco calmando. Finchè il principe dellaguerra, colui che aveva osato di afferrare con saldamano le redini del destino, rimase in vita, egli tenne oc-cupata, ancorchè assente, la forte rocca di Taranto. Ebenchè, partito Pirro, la fazione che voleva la pace aves-se di nuovo rialzato il capo tra i Tarentini, Milone, chegovernava in nome del re, non se ne diede troppo pen-siero e lasciò che i partigiani di Roma, i quali avevanofabbricato un loro castello nel territorio di Taranto, cele-brassero a nome della repubblica la pace con Roma,senza perciò aprire le porte della città.

311

Page 312: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ma quando, dopo la morte di Pirro, comparve nel portodi Taranto una flotta cartaginese, e Milone s'accorse chei cittadini congiuravano per consegnare la città ai Carta-ginesi, egli preferì di cedere la rocca al console romanoLucio Papirio (482 = 272) e in tal modo patteggiare persè ed i suoi la libertà di partire.Questa fu per i Romani un'immensa fortuna. Dopo gliesperimenti fatti da Filippo dinanzi a Perinto e Bisanzio,da Demetrio sotto Rodi, da Pirro a Lilibeo, si può ragio-nevolmente dubitare, se con la strategia di quei tempisarebbe stato possibile ai Romani di espugnare una cittàregolarmente fortificata e difesa, e col libero accessodalla parte del mare; e nessuno può dire come sarebberoriuscite le cose se Taranto avesse potuto diventare peiFenici in Italia, ciò che per essi era stato Lilibeo in Sici-lia.Ma il fatto non si poteva ormai mutare. L'ammiragliocartaginese vedendo la rocca in mano ai Romani dichia-rò di essere venuto a Taranto solamente per aiutare, a te-nore del trattato, gli alleati nell'espugnare la città, e ri-partì alla volta dell'Africa; e l'ambasciata dei Romani,mandata a Cartagine per domandare schiarimenti e perprotestare contro la tentata occupazione di Taranto, nonottenne che giuramenti e proteste, ad altro non essersipensato mai, che a fare opera di leali confederati.I Tarentini ottennero dai Romani, a richiesta, come pare,dei loro emigrati, di conservare l'autonomia, ma dovet-

312

Ma quando, dopo la morte di Pirro, comparve nel portodi Taranto una flotta cartaginese, e Milone s'accorse chei cittadini congiuravano per consegnare la città ai Carta-ginesi, egli preferì di cedere la rocca al console romanoLucio Papirio (482 = 272) e in tal modo patteggiare persè ed i suoi la libertà di partire.Questa fu per i Romani un'immensa fortuna. Dopo gliesperimenti fatti da Filippo dinanzi a Perinto e Bisanzio,da Demetrio sotto Rodi, da Pirro a Lilibeo, si può ragio-nevolmente dubitare, se con la strategia di quei tempisarebbe stato possibile ai Romani di espugnare una cittàregolarmente fortificata e difesa, e col libero accessodalla parte del mare; e nessuno può dire come sarebberoriuscite le cose se Taranto avesse potuto diventare peiFenici in Italia, ciò che per essi era stato Lilibeo in Sici-lia.Ma il fatto non si poteva ormai mutare. L'ammiragliocartaginese vedendo la rocca in mano ai Romani dichia-rò di essere venuto a Taranto solamente per aiutare, a te-nore del trattato, gli alleati nell'espugnare la città, e ri-partì alla volta dell'Africa; e l'ambasciata dei Romani,mandata a Cartagine per domandare schiarimenti e perprotestare contro la tentata occupazione di Taranto, nonottenne che giuramenti e proteste, ad altro non essersipensato mai, che a fare opera di leali confederati.I Tarentini ottennero dai Romani, a richiesta, come pare,dei loro emigrati, di conservare l'autonomia, ma dovet-

312

Page 313: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tero consegnare le armi e le navi e veder rase le muradella città. Nello stesso anno che Taranto divenne roma-na, si sottomisero finalmente anche i Sanniti, i Lucanied i Brettii, i quali ultimi dovettero cedere la metà dellaricca foresta della Sila tanto importante per le costruzio-ni navali.Finalmente la banda, che da dieci anni tiranneggiava lacittà di Reggio, scontò i suoi delitti meritamente punitae come sleale a Roma e spergiura alle bandiere e comecolpevole dell'assassinio dei cittadini di Reggio e delpresidio di Crotone. A questo modo Roma si atteggiavaa tutrice e vindice degli Elleni contro i barbari; tanto èvero, che il nuovo signore di Siracusa, Gerone, aiutò iRomani, che erano in campo sotto Reggio, mandandoloro vettovaglie e uomini e movendo nel tempo stesso ed'accordo con loro una spedizione contro i Mamertini diMessana, complici e quasi concittadini degli assassini diReggio.L'assedio di Messana andò molto per le lunghe; Reggioinvece fu dai Romani presa d'assalto nel 484 = 270 mal-grado la valorosa e pertinace difesa dei ribelli. Coloroche furono fatti prigionieri, vennero flagellati e decapi-tati nel foro romano, gli antichi abitanti di Reggio ri-chiamati, e, per quanto fu possibile, rimessi in possessodei loro beni. Così nell'anno 484 = 270 fu ridottaall'ubbidienza tutta l'Italia.I soli Sanniti, i più ostinati avversari di Roma, continua-

313

tero consegnare le armi e le navi e veder rase le muradella città. Nello stesso anno che Taranto divenne roma-na, si sottomisero finalmente anche i Sanniti, i Lucanied i Brettii, i quali ultimi dovettero cedere la metà dellaricca foresta della Sila tanto importante per le costruzio-ni navali.Finalmente la banda, che da dieci anni tiranneggiava lacittà di Reggio, scontò i suoi delitti meritamente punitae come sleale a Roma e spergiura alle bandiere e comecolpevole dell'assassinio dei cittadini di Reggio e delpresidio di Crotone. A questo modo Roma si atteggiavaa tutrice e vindice degli Elleni contro i barbari; tanto èvero, che il nuovo signore di Siracusa, Gerone, aiutò iRomani, che erano in campo sotto Reggio, mandandoloro vettovaglie e uomini e movendo nel tempo stesso ed'accordo con loro una spedizione contro i Mamertini diMessana, complici e quasi concittadini degli assassini diReggio.L'assedio di Messana andò molto per le lunghe; Reggioinvece fu dai Romani presa d'assalto nel 484 = 270 mal-grado la valorosa e pertinace difesa dei ribelli. Coloroche furono fatti prigionieri, vennero flagellati e decapi-tati nel foro romano, gli antichi abitanti di Reggio ri-chiamati, e, per quanto fu possibile, rimessi in possessodei loro beni. Così nell'anno 484 = 270 fu ridottaall'ubbidienza tutta l'Italia.I soli Sanniti, i più ostinati avversari di Roma, continua-

313

Page 314: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

rono, malgrado il formale trattato di pace, la guerra ri-dotta a brigantaggio, tanto che nell'anno 485 = 369 funecessario mandare contr'essi entrambi i consoli.Ma anche il più generoso coraggio e la più eroica dispe-razione, a lungo andare, vengono meno alle moltitudini;il ferro ed il patibolo ricondussero alla fine la tranquilli-tà anche nelle montagne sannitiche.Per assicurare questi immensi acquisti furono fondateparecchie nuove colonie: Pesto e Cosa (481 = 273) acontrollo della Lucania, Benevento (486 = 268) ed Eser-nia (verso il 491 = 263), simili a bastiglie per i Sanniti;Arimino (486 = 268) e nel Piceno Firmo (verso il 490 =264) e Castronovo, posti avanzati contro i Galli; inquest'ultimo fu posta una colonia di cittadini romani;venne inoltre continuata la grande strada meridionalesino ai porti di Taranto e di Brundisio, che la politica ro-mana aveva scelto ad umiliare Taranto e succedere aquel ricchissimo emporio.Nel costruire queste nuove fortezze e le strade s'ebbeancora da combattere contro le piccole popolazioni, dicui con quelle opere si sminuivano o tagliavano i territo-ri; per questa ragione si guerreggiò con i Picentini (485-486 = 269-268) buon numero dei quali fu trasferito neidintorni di Salerno; con i Salentini (487-488 = 267-266), e coi Sassinati Umbri (487-488 = 267-266), i qua-li, a quanto pare, avevano occupato il territorio di Ari-mino dopo la cacciata dei Senoni.

314

rono, malgrado il formale trattato di pace, la guerra ri-dotta a brigantaggio, tanto che nell'anno 485 = 369 funecessario mandare contr'essi entrambi i consoli.Ma anche il più generoso coraggio e la più eroica dispe-razione, a lungo andare, vengono meno alle moltitudini;il ferro ed il patibolo ricondussero alla fine la tranquilli-tà anche nelle montagne sannitiche.Per assicurare questi immensi acquisti furono fondateparecchie nuove colonie: Pesto e Cosa (481 = 273) acontrollo della Lucania, Benevento (486 = 268) ed Eser-nia (verso il 491 = 263), simili a bastiglie per i Sanniti;Arimino (486 = 268) e nel Piceno Firmo (verso il 490 =264) e Castronovo, posti avanzati contro i Galli; inquest'ultimo fu posta una colonia di cittadini romani;venne inoltre continuata la grande strada meridionalesino ai porti di Taranto e di Brundisio, che la politica ro-mana aveva scelto ad umiliare Taranto e succedere aquel ricchissimo emporio.Nel costruire queste nuove fortezze e le strade s'ebbeancora da combattere contro le piccole popolazioni, dicui con quelle opere si sminuivano o tagliavano i territo-ri; per questa ragione si guerreggiò con i Picentini (485-486 = 269-268) buon numero dei quali fu trasferito neidintorni di Salerno; con i Salentini (487-488 = 267-266), e coi Sassinati Umbri (487-488 = 267-266), i qua-li, a quanto pare, avevano occupato il territorio di Ari-mino dopo la cacciata dei Senoni.

314

Page 315: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

E con queste provvidenze Roma estese la sua signoriasu tutta l'Italia meridionale, dall'Appennino al mar Io-nio.

15. Condizioni marittime.Prima di esaminare l'ordinamento politico, col quale daRoma veniva governata l'Italia così unita, ci rimangonoda considerare le condizione marittime nel quarto e nelquinto secolo.In quell'età due erano, in sostanza, le città che si dispu-tavano la signoria del mare d'occidente: Siracusa e Car-tagine. Ma quest'ultima, malgrado i successi favorevoliche per qualche tempo avevano ottenuto sul mare Dioni-gi (dal 348 al 369 = 406 al 385), Agatocle (dal 437 al465 = 317 al 289) e Pirro (dal 476 al 478 = 278 al 276),veniva acquistando sempre maggiore prevalenza sullarivale, che rapidamente declinava, fino a non aver piùche una marineria di second'ordine.In quanto all'Etruria, la sua importanza marittima era fi-nita del tutto; la Corsica, rimasta per lungo tempo sottola dominazione etrusca, venne, se non in possesso deiCartaginesi, certo sotto la loro signoria marittima. Ta-ranto, che per qualche tempo si era pure sostenuta, dopol'occupazione dei Romani non diede più segni di vita. Ivalorosi Massalioti durarono bensì padroni del propriomare, ma non presero una parte diretta negli avvenimen-ti che mutavano le sorti d'Italia.

315

E con queste provvidenze Roma estese la sua signoriasu tutta l'Italia meridionale, dall'Appennino al mar Io-nio.

15. Condizioni marittime.Prima di esaminare l'ordinamento politico, col quale daRoma veniva governata l'Italia così unita, ci rimangonoda considerare le condizione marittime nel quarto e nelquinto secolo.In quell'età due erano, in sostanza, le città che si dispu-tavano la signoria del mare d'occidente: Siracusa e Car-tagine. Ma quest'ultima, malgrado i successi favorevoliche per qualche tempo avevano ottenuto sul mare Dioni-gi (dal 348 al 369 = 406 al 385), Agatocle (dal 437 al465 = 317 al 289) e Pirro (dal 476 al 478 = 278 al 276),veniva acquistando sempre maggiore prevalenza sullarivale, che rapidamente declinava, fino a non aver piùche una marineria di second'ordine.In quanto all'Etruria, la sua importanza marittima era fi-nita del tutto; la Corsica, rimasta per lungo tempo sottola dominazione etrusca, venne, se non in possesso deiCartaginesi, certo sotto la loro signoria marittima. Ta-ranto, che per qualche tempo si era pure sostenuta, dopol'occupazione dei Romani non diede più segni di vita. Ivalorosi Massalioti durarono bensì padroni del propriomare, ma non presero una parte diretta negli avvenimen-ti che mutavano le sorti d'Italia.

315

Page 316: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Delle altre città marittime non si faceva quasi alcun con-to.A questa superiorità di Cartagine non potè sottrarsi nem-meno Roma, che vedeva anch'essa nei suoi mari domi-nare navi straniere.Nei suoi antichissimi primordi Roma era stata certamen-te una città marinara; nè mai fu così dimentica delle suetradizioni, nè sì incauta, anche nel colmo della sua for-tuna, da trascurare la marineria da guerra e non pensareche alle forze terrestri.Nelle selve latine crescevano alberi adattissimi alle co-struzioni navali e migliori di quelli tanto celebratidell'Italia meridionale, e i cantieri di Roma, sempre ingran faccende, bastano a provare come il senato nonavesse mai smesso il pensiero di dotare Roma di unaflotta. Ma per tutto il tempo che durarono le guerre, chediremmo domestiche ed intestine, per la cacciata dei re,o per le gelosie della federazione latina, i Romani nonavevano agio di guardare troppo al mare, e peggio fudurante le guerre infelicemente combattute contro gliEtruschi e i Celti. Volte le cose in meglio, Roma pensòdi assicurarsi tutt'intorno il paese italico e quindi non sicurò di conservare e di accrescere il proprio naviglio.Fino alla fine del quarto secolo, si trova appena qualchericordo di navi da guerra romane, come per esempioquello della nave che portò a Delfo il dono votivo, presotra le spoglie opime dei Veienti (360 = 394).

316

Delle altre città marittime non si faceva quasi alcun con-to.A questa superiorità di Cartagine non potè sottrarsi nem-meno Roma, che vedeva anch'essa nei suoi mari domi-nare navi straniere.Nei suoi antichissimi primordi Roma era stata certamen-te una città marinara; nè mai fu così dimentica delle suetradizioni, nè sì incauta, anche nel colmo della sua for-tuna, da trascurare la marineria da guerra e non pensareche alle forze terrestri.Nelle selve latine crescevano alberi adattissimi alle co-struzioni navali e migliori di quelli tanto celebratidell'Italia meridionale, e i cantieri di Roma, sempre ingran faccende, bastano a provare come il senato nonavesse mai smesso il pensiero di dotare Roma di unaflotta. Ma per tutto il tempo che durarono le guerre, chediremmo domestiche ed intestine, per la cacciata dei re,o per le gelosie della federazione latina, i Romani nonavevano agio di guardare troppo al mare, e peggio fudurante le guerre infelicemente combattute contro gliEtruschi e i Celti. Volte le cose in meglio, Roma pensòdi assicurarsi tutt'intorno il paese italico e quindi non sicurò di conservare e di accrescere il proprio naviglio.Fino alla fine del quarto secolo, si trova appena qualchericordo di navi da guerra romane, come per esempioquello della nave che portò a Delfo il dono votivo, presotra le spoglie opime dei Veienti (360 = 394).

316

Page 317: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

I marinai d'Anzio intanto avranno continuato su navi ar-mate i loro commerci, e saranno forse anche usciti acorseggiare, e il «corsaro tirreno» Postumio, preso daTimoleone verso l'anno 415 = 339, ha tutta l'aria d'esse-re stato un Anziate. Ma non può credersi che gli Anziatifossero considerati tra le potenze marittime di quell'età,e, quando pur lo fossero, considerato lo stato di guerratra Anzio e Roma, questa marina non va attribuita aiRomani.Di quanto fosse minima la potenza marittima di Romaintorno all'anno 404 = 350 lo dimostra il saccheggio del-le coste latine per opera di una flotta greca, di quei Gre-ci, che, come pare, stazionavano in Sicilia (405 = 349),mentre bande celte, minacciando ferro e fuoco, taglieg-giavano il paese latino. L'anno appresso 406 = 348, ecerto sotto la immediata influenza di questi gravi incon-venienti, fu conchiuso un trattato di commercio e di na-vigazione tra il comune di Roma e i Fenici di Cartagine,nel quale trattato l'una e l'altra parte stipulò per sè e pergli alleati e dipendenti. Questo è il più antico documentodella storia romana che ci sia pervenuto, benchè il testoche abbiamo sia in greco(39).I Romani dovettero promettere di non navigare, salvo incasi di necessità, nelle acque del promontorio Her-maeum (Capo Bon) sulla costa libica; essi n'ebbero in

39 Nella Cronologia romana del Mommsen a pagina 320 e seg. è contenutala prova, che il documento comunicato da POLIBIO, 3,22, non appartieneall'anno 245 = 509, sibbene al 406 = 348.

317

I marinai d'Anzio intanto avranno continuato su navi ar-mate i loro commerci, e saranno forse anche usciti acorseggiare, e il «corsaro tirreno» Postumio, preso daTimoleone verso l'anno 415 = 339, ha tutta l'aria d'esse-re stato un Anziate. Ma non può credersi che gli Anziatifossero considerati tra le potenze marittime di quell'età,e, quando pur lo fossero, considerato lo stato di guerratra Anzio e Roma, questa marina non va attribuita aiRomani.Di quanto fosse minima la potenza marittima di Romaintorno all'anno 404 = 350 lo dimostra il saccheggio del-le coste latine per opera di una flotta greca, di quei Gre-ci, che, come pare, stazionavano in Sicilia (405 = 349),mentre bande celte, minacciando ferro e fuoco, taglieg-giavano il paese latino. L'anno appresso 406 = 348, ecerto sotto la immediata influenza di questi gravi incon-venienti, fu conchiuso un trattato di commercio e di na-vigazione tra il comune di Roma e i Fenici di Cartagine,nel quale trattato l'una e l'altra parte stipulò per sè e pergli alleati e dipendenti. Questo è il più antico documentodella storia romana che ci sia pervenuto, benchè il testoche abbiamo sia in greco(39).I Romani dovettero promettere di non navigare, salvo incasi di necessità, nelle acque del promontorio Her-maeum (Capo Bon) sulla costa libica; essi n'ebbero in

39 Nella Cronologia romana del Mommsen a pagina 320 e seg. è contenutala prova, che il documento comunicato da POLIBIO, 3,22, non appartieneall'anno 245 = 509, sibbene al 406 = 348.

317

Page 318: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cambio la libertà di traffico nella Sicilia cartaginesecome se fossero indigeni, e il diritto di vendere le loromerci in Africa e in Sardegna ai prezzi che sarebberostati stabiliti da pubblici ufficiali e garantiti dalla repub-blica cartaginese.Pare che a Cartagine venisse assicurato commercio libe-ro almeno in Roma e forse anche in tutto il Lazio, sottocondizione di non usar violenza ai comuni latini dipen-denti da Roma e di non pernottare sul territorio latinonel caso che divenissero nemici, nè di costruirvi fortez-ze e di non corseggiare nell'interno del paese(40). È vero-simile che all'istessa epoca, appartenga anche il trattatotra Roma e Taranto, a cui fu accennato, che già nel 472= 282 si citava come di antica origine; a tenore del qualei Romani si sarebbero obbligati – nè si sa quali compen-si i Tarentini offrissero in cambio – di non navigare ad

40 Su questo celebre trattato giova conoscere quello che diceva il Mommsennelle due prime edizioni, dove si parlava di due trattati. Ecco il primo te-sto: «e lo prova ancora più chiaramente il trattato rinnovato con Cartaginee con Tiro verosimilmente sotto l'immediata influenza di questi scabrosiavvenimenti verificatisi l'anno susseguente 406. Col medesimo non solo fudi nuovo proibito ai Romani di navigare nel mare orientale, ma anche inSardegna e in Spagna, ove il trattato concluso cinquant'anni prima permet-teva ai Romani di recarsi liberamente o per lo meno non lo vietava; essiconservarono quindi l'accesso libero per Cartagine e per la Sicilia cartagi-nese. Chiaro presentasi dopo ciò il cambiamento delle cose avvenuto nelmare Mediterraneo. I Romani si adattarono alla signoria marittima deiCartaginesi e al loro sistema proibitivo affine di assicurare le loro coste ele antiche ed importanti loro relazioni con la Sicilia, e si accomodaronoanche all'esclusione delle piazze commerciali della Spagna e dell'oriente,limitando la loro navigazione per trattato nell'angusto spazio delle acqued'Italia e della Sicilia».

318

cambio la libertà di traffico nella Sicilia cartaginesecome se fossero indigeni, e il diritto di vendere le loromerci in Africa e in Sardegna ai prezzi che sarebberostati stabiliti da pubblici ufficiali e garantiti dalla repub-blica cartaginese.Pare che a Cartagine venisse assicurato commercio libe-ro almeno in Roma e forse anche in tutto il Lazio, sottocondizione di non usar violenza ai comuni latini dipen-denti da Roma e di non pernottare sul territorio latinonel caso che divenissero nemici, nè di costruirvi fortez-ze e di non corseggiare nell'interno del paese(40). È vero-simile che all'istessa epoca, appartenga anche il trattatotra Roma e Taranto, a cui fu accennato, che già nel 472= 282 si citava come di antica origine; a tenore del qualei Romani si sarebbero obbligati – nè si sa quali compen-si i Tarentini offrissero in cambio – di non navigare ad

40 Su questo celebre trattato giova conoscere quello che diceva il Mommsennelle due prime edizioni, dove si parlava di due trattati. Ecco il primo te-sto: «e lo prova ancora più chiaramente il trattato rinnovato con Cartaginee con Tiro verosimilmente sotto l'immediata influenza di questi scabrosiavvenimenti verificatisi l'anno susseguente 406. Col medesimo non solo fudi nuovo proibito ai Romani di navigare nel mare orientale, ma anche inSardegna e in Spagna, ove il trattato concluso cinquant'anni prima permet-teva ai Romani di recarsi liberamente o per lo meno non lo vietava; essiconservarono quindi l'accesso libero per Cartagine e per la Sicilia cartagi-nese. Chiaro presentasi dopo ciò il cambiamento delle cose avvenuto nelmare Mediterraneo. I Romani si adattarono alla signoria marittima deiCartaginesi e al loro sistema proibitivo affine di assicurare le loro coste ele antiche ed importanti loro relazioni con la Sicilia, e si accomodaronoanche all'esclusione delle piazze commerciali della Spagna e dell'oriente,limitando la loro navigazione per trattato nell'angusto spazio delle acqued'Italia e della Sicilia».

318

Page 319: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

oriente del capo Lacinio, così che venivano completa-mente esclusi dal bacino orientale del Mediterraneo.Queste erano vere sconfitte poco meno dannose di quel-la subìta sull'Allia, e pare che un tal giudizio ne facesseanche il senato romano, poichè nessuna altra cosa mo-strò avere più a cuore, appena avviate le cose di Romain Italia, che di restaurare la marineria, caduta così inbasso dopo gli umilianti trattati con Taranto e con Carta-gine.E innanzi tutto si pensò di popolare con colonie romanele più considerevoli città del litorale, come si fece ap-punto, probabilmente in quegli anni, con Pirgi porto diCere, e l'anno 416 = 338 con Anzio sulla costa latina,con Terracina l'anno 425 = 328, coll'isola di Ponza nel441 = 313. E poichè prima di queste erano già state fon-date le colonie di Ostia, d'Ardea e di Circei, così conqueste ultime disposizioni tutte le terre ragguardevoliposte sul mare del Lazio divennero colonie latine o cit-tadine; più lungi sulla costa della Campania e della Lu-cania, Minturno e Sinuessa nell'anno 459 = 205, Pesto eCosa nel 481 = 273, e sul litorale Adriatico Sena Gallicae Castronovo verso l'anno 471 = 283, Ariminum l'anno486 = 268, e ultima l'occupazione di Brundisium subitodopo la fine della guerra pirrica.Nella maggior parte di queste città, nelle colonie cittadi-ne o marittime(41) i giovani erano dispensati dal servizio41 Queste erano Pirgi, Ostia, Anzio, Terracina, Minturno, Sinuessa, Sena

Gallica, e Castro-novo.

319

oriente del capo Lacinio, così che venivano completa-mente esclusi dal bacino orientale del Mediterraneo.Queste erano vere sconfitte poco meno dannose di quel-la subìta sull'Allia, e pare che un tal giudizio ne facesseanche il senato romano, poichè nessuna altra cosa mo-strò avere più a cuore, appena avviate le cose di Romain Italia, che di restaurare la marineria, caduta così inbasso dopo gli umilianti trattati con Taranto e con Carta-gine.E innanzi tutto si pensò di popolare con colonie romanele più considerevoli città del litorale, come si fece ap-punto, probabilmente in quegli anni, con Pirgi porto diCere, e l'anno 416 = 338 con Anzio sulla costa latina,con Terracina l'anno 425 = 328, coll'isola di Ponza nel441 = 313. E poichè prima di queste erano già state fon-date le colonie di Ostia, d'Ardea e di Circei, così conqueste ultime disposizioni tutte le terre ragguardevoliposte sul mare del Lazio divennero colonie latine o cit-tadine; più lungi sulla costa della Campania e della Lu-cania, Minturno e Sinuessa nell'anno 459 = 205, Pesto eCosa nel 481 = 273, e sul litorale Adriatico Sena Gallicae Castronovo verso l'anno 471 = 283, Ariminum l'anno486 = 268, e ultima l'occupazione di Brundisium subitodopo la fine della guerra pirrica.Nella maggior parte di queste città, nelle colonie cittadi-ne o marittime(41) i giovani erano dispensati dal servizio41 Queste erano Pirgi, Ostia, Anzio, Terracina, Minturno, Sinuessa, Sena

Gallica, e Castro-novo.

319

Page 320: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

delle legioni, come quelli che erano destinati soltanto aguardia delle coste marine. Nel tempo stesso i privilegiben ponderati, con cui si gratificavano i Greci della bas-sa Italia in confronto dei loro vicini sabellici, e special-mente i favori accordati alle più importanti comunità,come a Neapoli, a Reggio, a Locri, a Turio, ad Eraclea,e l'eguale esenzione dalla leva per l'esercito di terra,concessa alle condizioni esposte, formavano il compi-mento della rete che i Romani tesero e assicuraronotutt'intorno ai lidi d'Italia.

16. La flotta romana.Ma gli uomini di stato che allora reggevano la cosa pub-blica riconobbero, e le posteriori generazioni avrebberopotuto prenderne esempio, che tutte queste fortificazionilitoranee e guardia-coste erano di poco momento senzauna marineria da guerra che potesse tenere in rispetto inemici. Dopo la sottomissione di Anzio (416 = 338),quante galee vi si trovarono atte alla guerra venneroriarmate negli arsenali di Roma per formare un primonucleo di flotta, ed il provvedimento preso in quellostesso tempo, che gli Anziati non potessero attendereneppure al traffico marittimo(42), prova chiaramente42 Questa notizia è esatta (LIV., 8,14: interdictum mari Antiati populo est) e

in sè credibile; Anzio non era abitata solo da coloni, ma anche dai cittadinioriginari educati nell'odio contro Roma, benchè paiono contraddirla le re-lazioni greche, le quali ci narrano che Alessandro Magno (morto nel 431)e Demetrio (morto nel 471) mandassero rimostranze ai Romani per la pira-teria degli Anziati. Ma la prima relazione è dello stesso conio e forse dellastessa sorgente di quella che ricorda l'ambasciata romana spedita in Babi-

320

delle legioni, come quelli che erano destinati soltanto aguardia delle coste marine. Nel tempo stesso i privilegiben ponderati, con cui si gratificavano i Greci della bas-sa Italia in confronto dei loro vicini sabellici, e special-mente i favori accordati alle più importanti comunità,come a Neapoli, a Reggio, a Locri, a Turio, ad Eraclea,e l'eguale esenzione dalla leva per l'esercito di terra,concessa alle condizioni esposte, formavano il compi-mento della rete che i Romani tesero e assicuraronotutt'intorno ai lidi d'Italia.

16. La flotta romana.Ma gli uomini di stato che allora reggevano la cosa pub-blica riconobbero, e le posteriori generazioni avrebberopotuto prenderne esempio, che tutte queste fortificazionilitoranee e guardia-coste erano di poco momento senzauna marineria da guerra che potesse tenere in rispetto inemici. Dopo la sottomissione di Anzio (416 = 338),quante galee vi si trovarono atte alla guerra venneroriarmate negli arsenali di Roma per formare un primonucleo di flotta, ed il provvedimento preso in quellostesso tempo, che gli Anziati non potessero attendereneppure al traffico marittimo(42), prova chiaramente42 Questa notizia è esatta (LIV., 8,14: interdictum mari Antiati populo est) e

in sè credibile; Anzio non era abitata solo da coloni, ma anche dai cittadinioriginari educati nell'odio contro Roma, benchè paiono contraddirla le re-lazioni greche, le quali ci narrano che Alessandro Magno (morto nel 431)e Demetrio (morto nel 471) mandassero rimostranze ai Romani per la pira-teria degli Anziati. Ma la prima relazione è dello stesso conio e forse dellastessa sorgente di quella che ricorda l'ambasciata romana spedita in Babi-

320

Page 321: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

quanto i Romani sì sentissero ancora deboli sul mare, ecome la loro politica marittima fosse ancora all'infanziaquand'essi occuparono le fortezze del litorale.Entrate che furono poi le città greche del mezzodì nellaclientela romana (Neapoli per prima nel 428 = 326) lenavi da guerra, che ognuna si era obbligata di fornire aiRomani come contingente federale, servirono se non al-tro ad ingrossare quel primo nucleo, intorno a cui venivaformandosi la flotta romana.Nell'anno 443 = 311 furono oltre a ciò, per deliberazio-ne pubblica presa appositamente, eletti due ammiragli(duoviri navales). Le forze di mare cominciarono nellaguerra con i Sanniti a dar mano a quelle di terra concor-rendo all'espugnazione di Nuceria. E forse si deve riferi-re a questi tempi anche la famosa spedizione d'una flottaromana di venticinque vele per trasportare una coloniain Corsica, della quale spedizione parla Teofrasto nellasua «Storia delle piante», l'anno 447 = 307.Il nuovo trattato concluso con Cartagine l'anno 448 =306 prova però quanto fosse scarso il frutto di questemisure. Mentre i capitoli del primo trattato dell'anno406 = 348 che si riferivano all'Italia e alla Sicilia, furonoconservati nel nuovo trattato, venne in esso vietato ai

lonia. Pare meno inverosimile che Demetrio Poliorcete abbia fatto un de-creto contro la pirateria nel mare Tirreno, che però egli non aveva mai ve-duto; e non è nemmeno incredibile che gli Anziati abbiano per qualchetempo continuato anche dopo avuta la cittadinanza romana la loro anticaindustria; ma anche la seconda narrazione non merita gran fede.

321

quanto i Romani sì sentissero ancora deboli sul mare, ecome la loro politica marittima fosse ancora all'infanziaquand'essi occuparono le fortezze del litorale.Entrate che furono poi le città greche del mezzodì nellaclientela romana (Neapoli per prima nel 428 = 326) lenavi da guerra, che ognuna si era obbligata di fornire aiRomani come contingente federale, servirono se non al-tro ad ingrossare quel primo nucleo, intorno a cui venivaformandosi la flotta romana.Nell'anno 443 = 311 furono oltre a ciò, per deliberazio-ne pubblica presa appositamente, eletti due ammiragli(duoviri navales). Le forze di mare cominciarono nellaguerra con i Sanniti a dar mano a quelle di terra concor-rendo all'espugnazione di Nuceria. E forse si deve riferi-re a questi tempi anche la famosa spedizione d'una flottaromana di venticinque vele per trasportare una coloniain Corsica, della quale spedizione parla Teofrasto nellasua «Storia delle piante», l'anno 447 = 307.Il nuovo trattato concluso con Cartagine l'anno 448 =306 prova però quanto fosse scarso il frutto di questemisure. Mentre i capitoli del primo trattato dell'anno406 = 348 che si riferivano all'Italia e alla Sicilia, furonoconservati nel nuovo trattato, venne in esso vietato ai

lonia. Pare meno inverosimile che Demetrio Poliorcete abbia fatto un de-creto contro la pirateria nel mare Tirreno, che però egli non aveva mai ve-duto; e non è nemmeno incredibile che gli Anziati abbiano per qualchetempo continuato anche dopo avuta la cittadinanza romana la loro anticaindustria; ma anche la seconda narrazione non merita gran fede.

321

Page 322: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Romani non solo di navigare nelle acque orientali, maanche di spingersi nel mare Atlantico, di cui nel vecchiotrattato non si parlava, e di trafficare coi sudditi cartagi-nesi in Sardegna e in Africa, cosa che prima era conces-sa, e fors'anche di prendere stabile dimora in Corsica(43),cosicchè non rimanevano aperti ai commerci di Romaaltri paesi fuori della Sicilia cartaginese e di Cartaginestessa.In tutto questo ci si manifesta la crescente gelosia dellapotenza che allora dominava il mare, e a cui dava ombral'estendersi della signoria dei Romani a tanti lidi. Carta-gine costrinse i Romani a rassegnarsi al sistema proibiti-vo ed a lasciarsi escludere dagli scali di commercio sìnel levante che nell'occidente, giacchè il trattato relega-va la loro navigazione entro l'angusto spazio del Medi-terraneo occidentale.E Roma consentì probabilmente a queste dure condizio-ni sia per non esporre le sue spiagge al saccheggio, siaper assicurare le antiche e importanti relazioni commer-ciali colla Sicilia. E forse è opportuno riferire quel chesi racconta del premio accordato per pubblico decreto adun marinaio fenicio, il quale sacrificò la propria nave43 SERVIO (Eneide, 4,628) dice essersi patteggiato nei trattati romano-cartagi-

nesi, che nessun romano dovesse porre piede nel suolo cartaginese, nessuncartaginese nel suolo romano; la Corsica dovesse rimanere neutrale fra idue popoli (ut neque Romani ad litora Carthaginiensium accederent ne-que Carthaginienses ad litora Romanorum – Corsica esset media interRomanos et Carthaginienses). Cosa che appare conforme a quanto si dissecirca gli impedimenti posti in questo trattato alla colonizzazione della Cor-sica.

322

Romani non solo di navigare nelle acque orientali, maanche di spingersi nel mare Atlantico, di cui nel vecchiotrattato non si parlava, e di trafficare coi sudditi cartagi-nesi in Sardegna e in Africa, cosa che prima era conces-sa, e fors'anche di prendere stabile dimora in Corsica(43),cosicchè non rimanevano aperti ai commerci di Romaaltri paesi fuori della Sicilia cartaginese e di Cartaginestessa.In tutto questo ci si manifesta la crescente gelosia dellapotenza che allora dominava il mare, e a cui dava ombral'estendersi della signoria dei Romani a tanti lidi. Carta-gine costrinse i Romani a rassegnarsi al sistema proibiti-vo ed a lasciarsi escludere dagli scali di commercio sìnel levante che nell'occidente, giacchè il trattato relega-va la loro navigazione entro l'angusto spazio del Medi-terraneo occidentale.E Roma consentì probabilmente a queste dure condizio-ni sia per non esporre le sue spiagge al saccheggio, siaper assicurare le antiche e importanti relazioni commer-ciali colla Sicilia. E forse è opportuno riferire quel chesi racconta del premio accordato per pubblico decreto adun marinaio fenicio, il quale sacrificò la propria nave43 SERVIO (Eneide, 4,628) dice essersi patteggiato nei trattati romano-cartagi-

nesi, che nessun romano dovesse porre piede nel suolo cartaginese, nessuncartaginese nel suolo romano; la Corsica dovesse rimanere neutrale fra idue popoli (ut neque Romani ad litora Carthaginiensium accederent ne-que Carthaginienses ad litora Romanorum – Corsica esset media interRomanos et Carthaginienses). Cosa che appare conforme a quanto si dissecirca gli impedimenti posti in questo trattato alla colonizzazione della Cor-sica.

322

Page 323: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

per attirare su un banco di sabbia una nave romana, chelo andava seguendo sull'oceano Atlantico.I Romani non poterono allora far altro che piegarsi allanecessità, senza però astenersi dall'usare ogni mezzo peraccrescere e rafforzare la loro marineria e toglierla daquello stato d'impotenza in cui si trovava.Un provvedimento efficace riuscì la creazione dei quat-tro provveditori della flotta (Quaestores classici) decre-tata l'anno 487 = 267. Il primo di questi magistrati ebbela sua dimora in Ostia, e come dire alla porta marittimadella città di Roma; il secondo fu destinato a vigilare daCales, allora capitale della Campania romana, sui portidella Campania e della Magna Grecia; il terzo da Arimi-no sui porti transappennini; non ci giunse notizia dove ilquarto provveditore esercitasse il suo ufficio. Questinuovi ufficiali non erano incaricati soltanto di sorveglia-re le coste, ma di mettere insieme e di ordinare una ma-rineria da guerra per difenderle.In tal modo il senato romano manifestava la sua inten-zione di voler conquistare anche sul mare libertà e po-tenza, sia col sottrarre ad altri porti dipendenti da Romale clientele marittime di Taranto, sia col chiuderel'accesso al mare Adriatico alle flotte provenientidall'Epiro, sia col sottrarsi alla supremazia cartaginese.Già le relazioni di Roma con Cartagine durante l'ultimaguerra italica, ci danno qualche indizio di questo piano.Il timore di Pirro indusse un'altra volta – e non l'ultima –

323

per attirare su un banco di sabbia una nave romana, chelo andava seguendo sull'oceano Atlantico.I Romani non poterono allora far altro che piegarsi allanecessità, senza però astenersi dall'usare ogni mezzo peraccrescere e rafforzare la loro marineria e toglierla daquello stato d'impotenza in cui si trovava.Un provvedimento efficace riuscì la creazione dei quat-tro provveditori della flotta (Quaestores classici) decre-tata l'anno 487 = 267. Il primo di questi magistrati ebbela sua dimora in Ostia, e come dire alla porta marittimadella città di Roma; il secondo fu destinato a vigilare daCales, allora capitale della Campania romana, sui portidella Campania e della Magna Grecia; il terzo da Arimi-no sui porti transappennini; non ci giunse notizia dove ilquarto provveditore esercitasse il suo ufficio. Questinuovi ufficiali non erano incaricati soltanto di sorveglia-re le coste, ma di mettere insieme e di ordinare una ma-rineria da guerra per difenderle.In tal modo il senato romano manifestava la sua inten-zione di voler conquistare anche sul mare libertà e po-tenza, sia col sottrarre ad altri porti dipendenti da Romale clientele marittime di Taranto, sia col chiuderel'accesso al mare Adriatico alle flotte provenientidall'Epiro, sia col sottrarsi alla supremazia cartaginese.Già le relazioni di Roma con Cartagine durante l'ultimaguerra italica, ci danno qualche indizio di questo piano.Il timore di Pirro indusse un'altra volta – e non l'ultima –

323

Page 324: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

le due grandi città a stringer fra loro un'alleanza offensi-va; ma la freddezza e la slealtà d'entrambe le parti, i ten-tativi fatti dai Cartaginesi per metter piede in Reggio ein Taranto, e la fretta con cui i Romani, appena finita laguerra, occuparono Brindisi, provano palesamentequanto già fossero antagonistici gli interessi dei due sta-ti.

17. Roma e le potenze marittime greche.Era perciò ben naturale che Roma, per rafforzarsi controCartagine, cercasse di attrarre a sè gli stati marittimi el-lenici. Con Massalia durava tuttavia l'antica relazioneamichevole. Il dono votivo mandato da Roma a Delfodopo l'espugnazione di Veio si conservava nella tesore-ria dei Massalioti. Quando Roma fu presa dai Celti, inMassalia si fece una colletta per gli incendiati, e l'erariopubblico dette per primo l'esempio; per gratitudine diquesto gesto il senato romano accordò loro nelle pubbli-che feste sul foro un posto d'onore presso la tribuna se-natoria (graecostasis).Della stessa natura sono i trattati di commercio e dibuon vicinato conchiusi dai Romani con Rodi versol'anno 448 = 306, e poco dopo con Apollonia, ragguar-devole città commerciale posta sulla costa dell'Epiro, eprincipalmente l'avvicinamento di Roma e di Siracusa,che per Cartagine era già una minaccia, e che seguì ap-pena terminata la guerra pirrica.

324

le due grandi città a stringer fra loro un'alleanza offensi-va; ma la freddezza e la slealtà d'entrambe le parti, i ten-tativi fatti dai Cartaginesi per metter piede in Reggio ein Taranto, e la fretta con cui i Romani, appena finita laguerra, occuparono Brindisi, provano palesamentequanto già fossero antagonistici gli interessi dei due sta-ti.

17. Roma e le potenze marittime greche.Era perciò ben naturale che Roma, per rafforzarsi controCartagine, cercasse di attrarre a sè gli stati marittimi el-lenici. Con Massalia durava tuttavia l'antica relazioneamichevole. Il dono votivo mandato da Roma a Delfodopo l'espugnazione di Veio si conservava nella tesore-ria dei Massalioti. Quando Roma fu presa dai Celti, inMassalia si fece una colletta per gli incendiati, e l'erariopubblico dette per primo l'esempio; per gratitudine diquesto gesto il senato romano accordò loro nelle pubbli-che feste sul foro un posto d'onore presso la tribuna se-natoria (graecostasis).Della stessa natura sono i trattati di commercio e dibuon vicinato conchiusi dai Romani con Rodi versol'anno 448 = 306, e poco dopo con Apollonia, ragguar-devole città commerciale posta sulla costa dell'Epiro, eprincipalmente l'avvicinamento di Roma e di Siracusa,che per Cartagine era già una minaccia, e che seguì ap-pena terminata la guerra pirrica.

324

Page 325: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Se dunque non può dirsi che la potenza dei Romani sulmare crescesse in proporzione delle loro forze di terra,perchè veramente la loro marineria era assai lontana dalrispondere all'importanza geografica e commerciale del-lo stato, tuttavia essa cominciò in questi tempi a dar se-gno di risorgere da quella decadenza in cui era piombataintorno al quarto secolo; nè si può dar torto ai Fenici, seconsiderando i grandi mezzi che abbondavano in Italia,cominciavano a vigilare con gelosa preoccupazione lenuove ambizioni di Roma.E veramente si avvicinava il momento risolutivo per lasignoria dei mari italici, ora che il dominio del territoriosi era affermato.Per la prima volta l'Italia si sentiva congiunta in un solcorpo sotto la signoria di Roma. Quali fossero i diritti,che la repubblica dominatrice toglieva alle altre comuni-tà italiche e riservava a sè, quale idea di diritto pubbliconascesse da questo primato di Roma, non è cosa che sitrovi espressa chiaramente in alcun antico testo, anzi sidirebbe quasi che, anche allora, mancassero parole e ter-mini propri per significare in modo generale la nuova si-tuazione d'Italia(44).44 La clausola che il popolo soggetto si obbliga di conservare amichevol-

mente la maestà del popolo romano (maiestatem populi Romani comiterconservare) è certamente la designazione tecnica di questa mitissima for-ma di sudditanza, ma v'è da credere che tali frasi siano state trovate inun'epoca molto posteriore (CIC., pro Balbo, 16, 35). Anche la designazionedel diritto privato della clientela per quanto, appunto nella sua indetermi-natezza (DIG., 49, 15, 7, 1), indichi coscientemente la condizione, difficil-mente può essere stata in modo ufficiale applicata in tempo più remoto

325

Se dunque non può dirsi che la potenza dei Romani sulmare crescesse in proporzione delle loro forze di terra,perchè veramente la loro marineria era assai lontana dalrispondere all'importanza geografica e commerciale del-lo stato, tuttavia essa cominciò in questi tempi a dar se-gno di risorgere da quella decadenza in cui era piombataintorno al quarto secolo; nè si può dar torto ai Fenici, seconsiderando i grandi mezzi che abbondavano in Italia,cominciavano a vigilare con gelosa preoccupazione lenuove ambizioni di Roma.E veramente si avvicinava il momento risolutivo per lasignoria dei mari italici, ora che il dominio del territoriosi era affermato.Per la prima volta l'Italia si sentiva congiunta in un solcorpo sotto la signoria di Roma. Quali fossero i diritti,che la repubblica dominatrice toglieva alle altre comuni-tà italiche e riservava a sè, quale idea di diritto pubbliconascesse da questo primato di Roma, non è cosa che sitrovi espressa chiaramente in alcun antico testo, anzi sidirebbe quasi che, anche allora, mancassero parole e ter-mini propri per significare in modo generale la nuova si-tuazione d'Italia(44).44 La clausola che il popolo soggetto si obbliga di conservare amichevol-

mente la maestà del popolo romano (maiestatem populi Romani comiterconservare) è certamente la designazione tecnica di questa mitissima for-ma di sudditanza, ma v'è da credere che tali frasi siano state trovate inun'epoca molto posteriore (CIC., pro Balbo, 16, 35). Anche la designazionedel diritto privato della clientela per quanto, appunto nella sua indetermi-natezza (DIG., 49, 15, 7, 1), indichi coscientemente la condizione, difficil-mente può essere stata in modo ufficiale applicata in tempo più remoto

325

Page 326: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

I diritti evidentemente riservati alla repubblica dominan-te erano solo quelli di far guerra o pace, di stipulare trat-tati, e di batter moneta; cosicchè nessun'altra comunitàitalica poteva nè dichiarar guerra a stati esteri, nè trattarcon essi, nè tener zecca aperta; mentre i trattati che larepubblica romana stipulava, e le guerre ch'ella intima-va, impegnavano tutte le altre comunità italiche, eugualmente aveva corso obbligatorio in tutta Italia lamoneta d'argento dei Romani.Pare che, quanto all'apparenza e alle forme, i diritti delcomune dominante non andassero più in là. Ma il verosi è, che all'esercizio di quei diritti politici era di neces-sità congiunto un diritto, e quasi diremmo un'autorità, digrandissima importanza.

18. Cittadinanza originaria romana.Le relazioni degli Italici con Roma erano estremamentedisuguali da popolo a popolo e da uomo a uomo; e peroè necessario distinguere, oltre i cittadini originari diRoma, tre diverse classi di sudditi. La vera cittadinanzaromana godeva tutti quei diritti che era possibile daresenza distruggere il concetto d'una repubblica urbana ed'un comune locale. Il vecchio territorio civico, in virtùdelle successive assegnazioni, era stato esteso in modoche facevano parte del territorio agricolo romano l'Etru-ria meridionale fino a Cere e Faleri, i territori tolti agliErnici del Sacco e dell'Aniene, gran parte della Sabina e

allo stesso.

326

I diritti evidentemente riservati alla repubblica dominan-te erano solo quelli di far guerra o pace, di stipulare trat-tati, e di batter moneta; cosicchè nessun'altra comunitàitalica poteva nè dichiarar guerra a stati esteri, nè trattarcon essi, nè tener zecca aperta; mentre i trattati che larepubblica romana stipulava, e le guerre ch'ella intima-va, impegnavano tutte le altre comunità italiche, eugualmente aveva corso obbligatorio in tutta Italia lamoneta d'argento dei Romani.Pare che, quanto all'apparenza e alle forme, i diritti delcomune dominante non andassero più in là. Ma il verosi è, che all'esercizio di quei diritti politici era di neces-sità congiunto un diritto, e quasi diremmo un'autorità, digrandissima importanza.

18. Cittadinanza originaria romana.Le relazioni degli Italici con Roma erano estremamentedisuguali da popolo a popolo e da uomo a uomo; e peroè necessario distinguere, oltre i cittadini originari diRoma, tre diverse classi di sudditi. La vera cittadinanzaromana godeva tutti quei diritti che era possibile daresenza distruggere il concetto d'una repubblica urbana ed'un comune locale. Il vecchio territorio civico, in virtùdelle successive assegnazioni, era stato esteso in modoche facevano parte del territorio agricolo romano l'Etru-ria meridionale fino a Cere e Faleri, i territori tolti agliErnici del Sacco e dell'Aniene, gran parte della Sabina e

allo stesso.

326

Page 327: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tutta la pianura pontina. Questi cittadini domiciliati fuoridi Roma non avevano un proprio ordinamento comunaleed una amministrazione propria, e sul loro territorio sor-gevano soltanto piccoli mercati (fora et conciliabula); inposizione non molto diversa si trovavano i cittadini tra-piantati nelle colonie marittime già menzionate; ad essirimase pure l'assoluto diritto di cittadinanza romana e laloro amministrazione autonoma contava poco.Pare che verso la fine di questo periodo il comune diRoma abbia incominciato a conceder ai prossimi comu-ni cittadini passivi, di uguale e di affine nazionalità, ildiritto di cittadinanza assoluta; ciò che prima di tutti ot-tenne probabilmente Tuscolo(45), e lo stesso accadde for-se per gli altri comuni di cittadinanza passiva nel Laziopropriamente detto, e questo principio fu quindi estesoalle città sabine, le quali, senza dubbio, erano già allorasostanzialmente latinizzate, ed avevano date sufficientiprove della loro fedeltà nell'ultima grave guerra.A queste città, anche dopo il loro ingresso nella lega cit-tadina romana, rimase la limitata amministrazione auto-noma, che già godevano nel loro precedente ordinamen-to giuridico. I singoli comuni esistenti nell'interno dellapiena cittadinanza romana furono originati assai più daqueste città che non dalle colonie marittime, e così conl'andar del tempo da essi fu formato l'ordinamento mu-45 È verosimile che Tuscolo, appena ottenuto il diritto di cittadinanza passi-

va, lo cambiò subito col diritto di cittadinanza assoluta, e probabilmente èin questo senso e non in quello che la città venne chiamata da CICERONE

(pro Mur. 8, 19) municipium antiquissimum.

327

tutta la pianura pontina. Questi cittadini domiciliati fuoridi Roma non avevano un proprio ordinamento comunaleed una amministrazione propria, e sul loro territorio sor-gevano soltanto piccoli mercati (fora et conciliabula); inposizione non molto diversa si trovavano i cittadini tra-piantati nelle colonie marittime già menzionate; ad essirimase pure l'assoluto diritto di cittadinanza romana e laloro amministrazione autonoma contava poco.Pare che verso la fine di questo periodo il comune diRoma abbia incominciato a conceder ai prossimi comu-ni cittadini passivi, di uguale e di affine nazionalità, ildiritto di cittadinanza assoluta; ciò che prima di tutti ot-tenne probabilmente Tuscolo(45), e lo stesso accadde for-se per gli altri comuni di cittadinanza passiva nel Laziopropriamente detto, e questo principio fu quindi estesoalle città sabine, le quali, senza dubbio, erano già allorasostanzialmente latinizzate, ed avevano date sufficientiprove della loro fedeltà nell'ultima grave guerra.A queste città, anche dopo il loro ingresso nella lega cit-tadina romana, rimase la limitata amministrazione auto-noma, che già godevano nel loro precedente ordinamen-to giuridico. I singoli comuni esistenti nell'interno dellapiena cittadinanza romana furono originati assai più daqueste città che non dalle colonie marittime, e così conl'andar del tempo da essi fu formato l'ordinamento mu-45 È verosimile che Tuscolo, appena ottenuto il diritto di cittadinanza passi-

va, lo cambiò subito col diritto di cittadinanza assoluta, e probabilmente èin questo senso e non in quello che la città venne chiamata da CICERONE

(pro Mur. 8, 19) municipium antiquissimum.

327

Page 328: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nicipale romano. Quindi la cittadinanza romana assolutasi sarà estesa a quest'epoca: a settentrione fino in prossi-mità di Cere, a oriente fino all'Appennino, a mezzogior-no fino a Terracina, benchè naturalmente non si possaparlare qui propriamente di un confine, mentre un certonumero di città alleate secondo il diritto romano latino,come Tibur, Preneste, Signia, Norba e Circei, si trovava-no entro questi confini, e parte si trovavano al di fuori diessi; gli abitanti di Minturno, Sinuessa, quelli del territo-rio di Falerno, di Sena Gallica e di altri luoghi godevanopure del pieno diritto di cittadinanza, mentre altre fami-glie di cittadini romani, o isolate o riunite in villaggi,probabilmente si trovavano già disperse per tutta Italia.Fra i comuni soggetti stanno i cittadini passivi (civessine suffragio), i quali, meno il diritto attivo e passivo dielezione, erano uguali ai veri cittadini nei diritti e neidoveri. La loro protezione giuridica era regolata dalledecisioni dei comizi romani e dalle norme pronunciateper essi dal pretore romano, pure serbando come fonda-mento di tutto ciò gli ordinamenti durati fino allora. Ligiudicava il pretore romano oppure il prefetto in suavece e nei singoli comuni.Alle città meglio collocate, a Capua, per esempio, rima-se l'amministrazione autonoma, e così pure l'uso dellapropria lingua e gli impiegati delle imposte e del censi-mento. Ai comuni di minore importanza, come peresempio a Cere, fu tolta anche l'amministrazione pro-pria, e questa senza dubbio era la forma più opprimente

328

nicipale romano. Quindi la cittadinanza romana assolutasi sarà estesa a quest'epoca: a settentrione fino in prossi-mità di Cere, a oriente fino all'Appennino, a mezzogior-no fino a Terracina, benchè naturalmente non si possaparlare qui propriamente di un confine, mentre un certonumero di città alleate secondo il diritto romano latino,come Tibur, Preneste, Signia, Norba e Circei, si trovava-no entro questi confini, e parte si trovavano al di fuori diessi; gli abitanti di Minturno, Sinuessa, quelli del territo-rio di Falerno, di Sena Gallica e di altri luoghi godevanopure del pieno diritto di cittadinanza, mentre altre fami-glie di cittadini romani, o isolate o riunite in villaggi,probabilmente si trovavano già disperse per tutta Italia.Fra i comuni soggetti stanno i cittadini passivi (civessine suffragio), i quali, meno il diritto attivo e passivo dielezione, erano uguali ai veri cittadini nei diritti e neidoveri. La loro protezione giuridica era regolata dalledecisioni dei comizi romani e dalle norme pronunciateper essi dal pretore romano, pure serbando come fonda-mento di tutto ciò gli ordinamenti durati fino allora. Ligiudicava il pretore romano oppure il prefetto in suavece e nei singoli comuni.Alle città meglio collocate, a Capua, per esempio, rima-se l'amministrazione autonoma, e così pure l'uso dellapropria lingua e gli impiegati delle imposte e del censi-mento. Ai comuni di minore importanza, come peresempio a Cere, fu tolta anche l'amministrazione pro-pria, e questa senza dubbio era la forma più opprimente

328

Page 329: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della sudditanza.Pure, come già si è notato, alla fine di questo periodo, simostra la tendenza di incorporare questi comuni, inquanto essi erano latini di fatto, nella cittadinanza asso-luta. La classe più favorita e più considerata fra i comu-ni soggetti, era quella delle città latine, le quali ottenne-ro un forte incremento fra i comuni autonomi fondatidentro e anche fuori d'Italia, cioè fra le cosiddette colo-nie latine, e si accrebbero sempre mediante nuove fon-dazioni di questa specie. Questi nuovi comuni cittadini,di origine romana, ma di diritto latino, divennero sem-pre più i veri sostegni della signoria romana in Italia.Questi Latini non erano coloro con i quali si combattèsulle sponde del lago Regillo e presso Trifano, non gliantichi membri della lega d'Alba, che da principio si sti-mavano eguali se non migliori ai Romani, e che, comelo provano le severissime misure di sicurezza prese con-tro Preneste nei primordi della guerra pirrica, e le lun-ghe contese che si agitavano particolarmente con quellidell'accennata città, trovavano grave il giogo della si-gnoria romana. L'antico Lazio era stato già assorbito daRoma, e contava solo pochi comuni indipendenti, politi-camente di nessuna importanza, ad eccezione di Prene-ste e di Tibur. Il Lazio del più tardo periodo repubblica-no si componeva quasi esclusivamente dei comuni, iquali sino dalla loro origine avevano imparato a riguar-dar Roma come la loro metropoli, anzi come madre pa-tria, e sorgenti in mezzo a paesi di lingue e di costumi

329

della sudditanza.Pure, come già si è notato, alla fine di questo periodo, simostra la tendenza di incorporare questi comuni, inquanto essi erano latini di fatto, nella cittadinanza asso-luta. La classe più favorita e più considerata fra i comu-ni soggetti, era quella delle città latine, le quali ottenne-ro un forte incremento fra i comuni autonomi fondatidentro e anche fuori d'Italia, cioè fra le cosiddette colo-nie latine, e si accrebbero sempre mediante nuove fon-dazioni di questa specie. Questi nuovi comuni cittadini,di origine romana, ma di diritto latino, divennero sem-pre più i veri sostegni della signoria romana in Italia.Questi Latini non erano coloro con i quali si combattèsulle sponde del lago Regillo e presso Trifano, non gliantichi membri della lega d'Alba, che da principio si sti-mavano eguali se non migliori ai Romani, e che, comelo provano le severissime misure di sicurezza prese con-tro Preneste nei primordi della guerra pirrica, e le lun-ghe contese che si agitavano particolarmente con quellidell'accennata città, trovavano grave il giogo della si-gnoria romana. L'antico Lazio era stato già assorbito daRoma, e contava solo pochi comuni indipendenti, politi-camente di nessuna importanza, ad eccezione di Prene-ste e di Tibur. Il Lazio del più tardo periodo repubblica-no si componeva quasi esclusivamente dei comuni, iquali sino dalla loro origine avevano imparato a riguar-dar Roma come la loro metropoli, anzi come madre pa-tria, e sorgenti in mezzo a paesi di lingue e di costumi

329

Page 330: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

diversi, erano vincolati alla capitale dalla comunanzadella lingua, delle leggi e dei costumi. Simili a piccolitiranni dei paesi circonvicini, erano costretti a tenersiuniti con Roma per la propria esistenza, come i postiavanzati si tengono al grosso dell'esercito, poichè, infine, dai crescenti vantaggi materiali dei cittadini romanitraevano pur essi grandissimo utile, giacchè, mercè laloro parità politica con i Romani, sebbene limitata, tene-vano, ad esempio, come usuari, una parte dei beni de-maniali, ed era loro permesso, come ai cittadini romani,di concorrere agli appalti dello stato.Nemmeno qui furono evitate interamente le conseguen-ze dell'indipendenza loro concessa. Inscrizioni venusinedell'epoca repubblicana ed altre beneventane(46), venuteda poco alla luce, ci apprendono che Venusia ha avuto,come Roma, la sua plebe e i suoi tribuni del popolo, eche ufficiali superiori di Benevento, almeno all'epocadella guerra di Annibale, portavano il titolo di console.Entrambi questi comuni appartengono alle più recentifra le colonie latine di antico diritto. Si vede da questeiscrizioni quali esigenze si destassero in esse alla metàdel quinto secolo quando incominciavano già a sentiremal volentieri il loro diritto di alleanza subordinato aiRomani, dei quali, sotto ogni aspetto, si consideravanopari, e già tendevano all'eguaglianza assoluta.Perciò il senato si affaccendava ad opprimere quant'era

46 V. Cervio A. f. cosol dedicavit e Iunonei Quiritei sacra. C. Falcilius L. f.consol dedicavit.

330

diversi, erano vincolati alla capitale dalla comunanzadella lingua, delle leggi e dei costumi. Simili a piccolitiranni dei paesi circonvicini, erano costretti a tenersiuniti con Roma per la propria esistenza, come i postiavanzati si tengono al grosso dell'esercito, poichè, infine, dai crescenti vantaggi materiali dei cittadini romanitraevano pur essi grandissimo utile, giacchè, mercè laloro parità politica con i Romani, sebbene limitata, tene-vano, ad esempio, come usuari, una parte dei beni de-maniali, ed era loro permesso, come ai cittadini romani,di concorrere agli appalti dello stato.Nemmeno qui furono evitate interamente le conseguen-ze dell'indipendenza loro concessa. Inscrizioni venusinedell'epoca repubblicana ed altre beneventane(46), venuteda poco alla luce, ci apprendono che Venusia ha avuto,come Roma, la sua plebe e i suoi tribuni del popolo, eche ufficiali superiori di Benevento, almeno all'epocadella guerra di Annibale, portavano il titolo di console.Entrambi questi comuni appartengono alle più recentifra le colonie latine di antico diritto. Si vede da questeiscrizioni quali esigenze si destassero in esse alla metàdel quinto secolo quando incominciavano già a sentiremal volentieri il loro diritto di alleanza subordinato aiRomani, dei quali, sotto ogni aspetto, si consideravanopari, e già tendevano all'eguaglianza assoluta.Perciò il senato si affaccendava ad opprimere quant'era

46 V. Cervio A. f. cosol dedicavit e Iunonei Quiritei sacra. C. Falcilius L. f.consol dedicavit.

330

Page 331: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

possibile, nei loro diritti e privilegi, questi comuni latini,ed a trasformare la loro posizione di alleati in quella disudditi, almeno per tutto quello che poteva senza toglie-re la barriera esistente fra quelli e i comuni non latinid'Italia.L'abolizione della lega dei comuni latini, come purequella dell'uguaglianza giuridica d'un tempo e la perditadei più importanti diritti politici, sono già stati narrati.Con la compiuta sottomissione d'Italia si fece un passoavanti e si cominciò pure a limitare i diritti individualidei singoli e specialmente quelli relativi alla libertà diandare e venire.Per il comune di Arimino, fondato nell'anno 486 = 268,come pure per tutti i comuni autonomi fondati più tardi,questo privilegio venne limitato, di fronte ai primitivisudditi, all'uguaglianza del diritto privato e a quello deicittadini romani in quanto al commercio, cambiamentodi domicilio e diritto di successione(47).47 Secondo la testimonianza di CICERONE (pro Caec., 35) Silla

diede ai Volterrani l'antico diritto di Arimino, cioè, aggiungel'oratore, il diritto delle dodici colonie che non avevano la cit-tadinanza romana, ma che avevano pieno commercium coiRomani. Poche cose hanno suscitato tanti dibattiti come la de-rivazione di questo diritto delle dodici città; eppure la cosa èsemplice. In Italia e nella Gallia cisalpina, furono, senza con-tarne alcune presto sparite, fondate in tutto trentaquattro colo-nie latine.

Nel passo che si esamina si parla evidentemente delle dodici più recenti, chesono: Arimino, Benevento, Firmo, Esernia, Brundisio, Spoleto, Cremona,Piacentia, Copia, Valentia, Bononia, Aquileia; e siccome Arimino è la più

331

possibile, nei loro diritti e privilegi, questi comuni latini,ed a trasformare la loro posizione di alleati in quella disudditi, almeno per tutto quello che poteva senza toglie-re la barriera esistente fra quelli e i comuni non latinid'Italia.L'abolizione della lega dei comuni latini, come purequella dell'uguaglianza giuridica d'un tempo e la perditadei più importanti diritti politici, sono già stati narrati.Con la compiuta sottomissione d'Italia si fece un passoavanti e si cominciò pure a limitare i diritti individualidei singoli e specialmente quelli relativi alla libertà diandare e venire.Per il comune di Arimino, fondato nell'anno 486 = 268,come pure per tutti i comuni autonomi fondati più tardi,questo privilegio venne limitato, di fronte ai primitivisudditi, all'uguaglianza del diritto privato e a quello deicittadini romani in quanto al commercio, cambiamentodi domicilio e diritto di successione(47).47 Secondo la testimonianza di CICERONE (pro Caec., 35) Silla

diede ai Volterrani l'antico diritto di Arimino, cioè, aggiungel'oratore, il diritto delle dodici colonie che non avevano la cit-tadinanza romana, ma che avevano pieno commercium coiRomani. Poche cose hanno suscitato tanti dibattiti come la de-rivazione di questo diritto delle dodici città; eppure la cosa èsemplice. In Italia e nella Gallia cisalpina, furono, senza con-tarne alcune presto sparite, fondate in tutto trentaquattro colo-nie latine.

Nel passo che si esamina si parla evidentemente delle dodici più recenti, chesono: Arimino, Benevento, Firmo, Esernia, Brundisio, Spoleto, Cremona,Piacentia, Copia, Valentia, Bononia, Aquileia; e siccome Arimino è la più

331

Page 332: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Verso questo tempo fu probabilmente anche limitato ildiritto concesso prima ai comuni latini fondati prece-dentemente, per il quale ogni cittadino, che si trasferissea Roma, vi poteva acquistare l'assoluta cittadinanza; eper le colonie latine, fondate più tardi, questo dirittovenne elargito solo a coloro che nella loro patria eranogiunti alla suprema carica della repubblica.Qui appare chiara la compiuta trasformazione della po-sizione di Roma. Perchè fino a quando essa rimase ilprimo, ma pur sempre uno dei tanti comuni italici,l'accesso all'illimitato diritto di cittadinanza romana ve-niva considerato come un progresso per il comune acco-gliente, e l'acquisto di questo diritto di cittadinanza erastato facilitato in tutti i modi ai non cittadini, anzi qual-che volta era stato loro imposto come punizione. Madacchè il comune romano imperò su tutti, le condizionisi invertirono; il comune romano cominciò a conservaregelosamente il suo diritto di cittadinanza, e fece cosìcessare l'antica libertà di andare e venire, benchè gli uo-

antica delle dodici e quella per la quale questo nuovo ordinamento fu perprima attuato, fu la prima colonia romana fondata fuori d'Italia – così il di-ritto urbano di queste colonie si chiama propriamente diritto ariminese.Con ciò venne anche a provarsi quello che già per altri motivi poteva cre-dersi, cioè che tutte le colonie istituite in Italia (in più vasto senso) dopo lafondazione di Aquileia si annoverano nel numero delle colonie cittadine.Noi non potremmo segnare con precisione di quanto i diritti delle più re-centi città latine fossero stati ristretti in confronto di quelli delle città piùantiche. Se poi la comunanza del matrimonio, come non è inverosimile,senza però che sia indubbiamente provato, era proprio un articolo fonda-mentale dell'originaria eguaglianza federativa tra Roma ed il Lazio, è certoche essa non fu più accordata alle più recenti colonie latine.

332

Verso questo tempo fu probabilmente anche limitato ildiritto concesso prima ai comuni latini fondati prece-dentemente, per il quale ogni cittadino, che si trasferissea Roma, vi poteva acquistare l'assoluta cittadinanza; eper le colonie latine, fondate più tardi, questo dirittovenne elargito solo a coloro che nella loro patria eranogiunti alla suprema carica della repubblica.Qui appare chiara la compiuta trasformazione della po-sizione di Roma. Perchè fino a quando essa rimase ilprimo, ma pur sempre uno dei tanti comuni italici,l'accesso all'illimitato diritto di cittadinanza romana ve-niva considerato come un progresso per il comune acco-gliente, e l'acquisto di questo diritto di cittadinanza erastato facilitato in tutti i modi ai non cittadini, anzi qual-che volta era stato loro imposto come punizione. Madacchè il comune romano imperò su tutti, le condizionisi invertirono; il comune romano cominciò a conservaregelosamente il suo diritto di cittadinanza, e fece cosìcessare l'antica libertà di andare e venire, benchè gli uo-

antica delle dodici e quella per la quale questo nuovo ordinamento fu perprima attuato, fu la prima colonia romana fondata fuori d'Italia – così il di-ritto urbano di queste colonie si chiama propriamente diritto ariminese.Con ciò venne anche a provarsi quello che già per altri motivi poteva cre-dersi, cioè che tutte le colonie istituite in Italia (in più vasto senso) dopo lafondazione di Aquileia si annoverano nel numero delle colonie cittadine.Noi non potremmo segnare con precisione di quanto i diritti delle più re-centi città latine fossero stati ristretti in confronto di quelli delle città piùantiche. Se poi la comunanza del matrimonio, come non è inverosimile,senza però che sia indubbiamente provato, era proprio un articolo fonda-mentale dell'originaria eguaglianza federativa tra Roma ed il Lazio, è certoche essa non fu più accordata alle più recenti colonie latine.

332

Page 333: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

mini politici di quest'epoca fossero abbastanza intelli-genti da aprire legalmente, almeno ai più insigni uominidei comuni soggetti, l'accesso al diritto di cittadinanzaromana.Anche i Latini, quindi, ebbero a sperimentare cheRoma, dopo aver principalmente col mezzo loro sotto-messa l'Italia, non aveva ora più, come prima, bisognodi loro.

19. Comunità federali non latine.Le relazioni poi tra Roma e le comunità federate chenon avevano il diritto latino, andavano soggette, com'èfacile ad immaginare, alle più svariate norme, appuntocome le speciali convenzioni federative, da cui nasceva-no.Parecchie di queste eterne leghe, come ad esempio quel-la dei comuni ernici e quelle di Napoli, di Nola, d'Era-clea, garantivano diritti larghissimi, specialmente inconfronto del modo con cui erano governate altre comu-nità, che pur erano legate a Roma da patti federali, iquali però, come ad esempio quelli di Taranto e del San-nio, dovevano condurre ad un quasi assoluto dispoti-smo.Del resto si deve credere, che fu una massima generaledi politica dichiarar sciolti di diritto e annullati di fattotutti i consorzi particolari tra i popoli italiani, come giàerano state sciolte le federazioni tra i Latini e quella de-

333

mini politici di quest'epoca fossero abbastanza intelli-genti da aprire legalmente, almeno ai più insigni uominidei comuni soggetti, l'accesso al diritto di cittadinanzaromana.Anche i Latini, quindi, ebbero a sperimentare cheRoma, dopo aver principalmente col mezzo loro sotto-messa l'Italia, non aveva ora più, come prima, bisognodi loro.

19. Comunità federali non latine.Le relazioni poi tra Roma e le comunità federate chenon avevano il diritto latino, andavano soggette, com'èfacile ad immaginare, alle più svariate norme, appuntocome le speciali convenzioni federative, da cui nasceva-no.Parecchie di queste eterne leghe, come ad esempio quel-la dei comuni ernici e quelle di Napoli, di Nola, d'Era-clea, garantivano diritti larghissimi, specialmente inconfronto del modo con cui erano governate altre comu-nità, che pur erano legate a Roma da patti federali, iquali però, come ad esempio quelli di Taranto e del San-nio, dovevano condurre ad un quasi assoluto dispoti-smo.Del resto si deve credere, che fu una massima generaledi politica dichiarar sciolti di diritto e annullati di fattotutti i consorzi particolari tra i popoli italiani, come giàerano state sciolte le federazioni tra i Latini e quella de-

333

Page 334: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

gli Ernici, di cui parla la tradizione; e questa massimadovette essere rigorosamente applicata a tutte le altre le-ghe, di modo che nessuna comunità italiana conservò lafacoltà di stabilire relazioni politiche con altre comunità,come non era neppure concessa la libertà di connubiotra i cittadini di comunità diverse, e la facoltà di consul-tare e di prendere deliberazioni comuni.Si sarà inoltre posto ogni cura perchè le forze materialidi tutte le comunità italiche, in modi vari, secondo i casie le diverse costituzioni, fossero messe tutte a disposi-zione del comune egemonico.Sebbene continuassero sempre a considerarsi come par-te integrante ed essenziale dell'esercito romano, i militi-cittadini da un lato e dall'altro i contingenti di «nome la-tino», e sebbene con ciò si volesse conservare all'eserci-to il suo carattere nazionale, furono nondimeno chiamatiad ingrossarlo non solo i cittadini passivi romani, maanche le comunità federate non latine, le quali erano ob-bligate, come le città greche, a fornire navi da guerra,oppure a dar milizie di leva, in proporzione dei registriche tenevano nota di tutti gli Italici (formula togato-rum). Nello stesso modo subito dopo la conquista, o apoco a poco, uguale obbligo deve esser stato prescrittoper i comuni apuli, sabellici ed etruschi.Pare che questa misura del contingente sia stata stabilitadappertutto secondo norme fisse come quelle del contin-gente latino, senza però che Roma si legasse le mani, nè

334

gli Ernici, di cui parla la tradizione; e questa massimadovette essere rigorosamente applicata a tutte le altre le-ghe, di modo che nessuna comunità italiana conservò lafacoltà di stabilire relazioni politiche con altre comunità,come non era neppure concessa la libertà di connubiotra i cittadini di comunità diverse, e la facoltà di consul-tare e di prendere deliberazioni comuni.Si sarà inoltre posto ogni cura perchè le forze materialidi tutte le comunità italiche, in modi vari, secondo i casie le diverse costituzioni, fossero messe tutte a disposi-zione del comune egemonico.Sebbene continuassero sempre a considerarsi come par-te integrante ed essenziale dell'esercito romano, i militi-cittadini da un lato e dall'altro i contingenti di «nome la-tino», e sebbene con ciò si volesse conservare all'eserci-to il suo carattere nazionale, furono nondimeno chiamatiad ingrossarlo non solo i cittadini passivi romani, maanche le comunità federate non latine, le quali erano ob-bligate, come le città greche, a fornire navi da guerra,oppure a dar milizie di leva, in proporzione dei registriche tenevano nota di tutti gli Italici (formula togato-rum). Nello stesso modo subito dopo la conquista, o apoco a poco, uguale obbligo deve esser stato prescrittoper i comuni apuli, sabellici ed etruschi.Pare che questa misura del contingente sia stata stabilitadappertutto secondo norme fisse come quelle del contin-gente latino, senza però che Roma si legasse le mani, nè

334

Page 335: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

potesse in caso di bisogno chiamare maggior numero disoldati.Questi contingenti riuscivano nel tempo stesso un'impo-sta indiretta, poichè ad ogni comune correva l'obbligo didare il soldo e l'equipaggiamento ai suoi militi. Non sen-za motivo furono quindi assegnate di preferenza le piùdispendiose prestazioni di guerra ai comuni latini e aifederali non latini, la marineria di guerra fu lasciata acarico delle città greche, e nella cavalleria furono am-messi, almeno col volger del tempo, i federati in triplaproporzione dei cittadini romani, mentre che per la fan-teria fu mantenuta, almeno per lungo tempo, l'anticamassima, che il contingente federale non dovesse maisuperare di numero l'esercito cittadino.

20. Sistema di governo.Con le scarse notizie che ce ne giunsero non potremmospecificare il sistema, col quale questo edificio fu con-nesso e tenuto insieme. E non sapremmo, nemmeno perapprossimazione, fissare la proporzione numerica, in cuistavano le tre classi di sudditi tra loro e in confronto deicittadini originari(48), e così non si conosce che imperfet-48 Ci duole di non essere in grado di poter chiarire soddisfacentemente que-

ste proporzioni numeriche. Si possono calcolare a 20.000 i cittadini romaniatti a portare armi negli ultimi tempi dei re. Ma dalla caduta d'Alba sinoalla conquista di Veio il territorio della città di Roma non fu allargato e conquesto s'accorda perfettamente il fatto, che dalla prima instituzione deiventun distretti dell'anno 259 = 495, sino all'anno 367 = 387, nel quale in-tervallo non s'allargarono notevolmente i confini della repubblica, trovia-mo che non venne istituita alcuna nuova tribù cittadina. Quand'anche si

335

potesse in caso di bisogno chiamare maggior numero disoldati.Questi contingenti riuscivano nel tempo stesso un'impo-sta indiretta, poichè ad ogni comune correva l'obbligo didare il soldo e l'equipaggiamento ai suoi militi. Non sen-za motivo furono quindi assegnate di preferenza le piùdispendiose prestazioni di guerra ai comuni latini e aifederali non latini, la marineria di guerra fu lasciata acarico delle città greche, e nella cavalleria furono am-messi, almeno col volger del tempo, i federati in triplaproporzione dei cittadini romani, mentre che per la fan-teria fu mantenuta, almeno per lungo tempo, l'anticamassima, che il contingente federale non dovesse maisuperare di numero l'esercito cittadino.

20. Sistema di governo.Con le scarse notizie che ce ne giunsero non potremmospecificare il sistema, col quale questo edificio fu con-nesso e tenuto insieme. E non sapremmo, nemmeno perapprossimazione, fissare la proporzione numerica, in cuistavano le tre classi di sudditi tra loro e in confronto deicittadini originari(48), e così non si conosce che imperfet-48 Ci duole di non essere in grado di poter chiarire soddisfacentemente que-

ste proporzioni numeriche. Si possono calcolare a 20.000 i cittadini romaniatti a portare armi negli ultimi tempi dei re. Ma dalla caduta d'Alba sinoalla conquista di Veio il territorio della città di Roma non fu allargato e conquesto s'accorda perfettamente il fatto, che dalla prima instituzione deiventun distretti dell'anno 259 = 495, sino all'anno 367 = 387, nel quale in-tervallo non s'allargarono notevolmente i confini della repubblica, trovia-mo che non venne istituita alcuna nuova tribù cittadina. Quand'anche si

335

Page 336: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tamente la distribuzione geografica di queste categorienelle diverse regioni italiche. I concetti che servirono dibase a quest'edificio sono invece così chiari, che non oc-corre spendervi intorno troppe parole.Prima di tutto fu esteso il territorio del comune domi-nante alla maggior distanza possibile per non scardinare

voglia tener conto dell'aumento che potevano dare l'eccedenza delle nasci-te sulle morti, le immigrazioni e le manumissioni, nondimeno è assoluta-mente impossibile, che su un angusto territorio di appena trenta migliaquadrate si annoverassero tanti viventi quanti ce ne darebbero le indicazio-ni dei censimenti, secondo le quali il numero dei cittadini romani atti allearmi nella seconda metà del terzo secolo stava tra i 104.000 e i 150.000uomini, anzi per prendere un dato preciso, ammontava nell'anno 362 = 392a 152.573. Queste cifre parranno piuttosto sproporzionate agli 84.700 cit-tadini del censo serviano, e in generale all'antica lista censuaria, che risalesino a quattro lustri da Servio Tullio. I grandi acquisti territoriali e le in-corporazioni di intere comunità nel comune di Roma, per cui il ruolo deicittadini dovette accrescersi rapidamente e notevolmente, cominciaronosolo nella seconda metà del quarto secolo. Merita fede la tradizione, in sècredibile, che intorno all'anno 416 = 338 si numerassero 165.000 cittadiniromani, colla quale tradizione coincide il fatto, che dieci anni prima, quan-do fu chiamata alle armi tutta la milizia contro i Latini e i Galli, il primobando di guerra dette dieci legioni, che è come dire 50.000 uomini. Dopole ragguardevoli ampliazioni territoriali nell'Etruria, nel Lazio e nellaCampania si calcolavano nel quinto secolo 250.000 cittadini atti alle armi,e poco innanzi che scoppiasse la prima guerra punica, da 280 a 290.000.Queste indicazioni numeriche ci sembrano abbastanza veridiche, ma perun altro motivo non possiamo dar loro un gran valore storico; giacchè inquei computi sono senza dubbio compresi coi cittadini originari romani i«cittadini senza suffragio», come ad esempio i Ceriti ed i Campani, i quali,a parlar più propriamente, s'avrebbero da noverare tra i sudditi, e Romapoteva certo fare assegnamento sui contingenti dei Latini, non compresinel novero dei cittadini romani, assai più che sulle legioni campane. Se lanotizia dataci da LIVIO 23, 5, che Capua potesse armare 30.000 fanti e4.000 cavalieri, nè c'è motivo di dubitarne, è tolta dai ruoli censuarii roma-ni, si possono fare ascendere a 50.000 circa i cittadini passivi atti alle armi,dei quali certo i Campani formavano la massa principale, come ce lo dice

336

tamente la distribuzione geografica di queste categorienelle diverse regioni italiche. I concetti che servirono dibase a quest'edificio sono invece così chiari, che non oc-corre spendervi intorno troppe parole.Prima di tutto fu esteso il territorio del comune domi-nante alla maggior distanza possibile per non scardinare

voglia tener conto dell'aumento che potevano dare l'eccedenza delle nasci-te sulle morti, le immigrazioni e le manumissioni, nondimeno è assoluta-mente impossibile, che su un angusto territorio di appena trenta migliaquadrate si annoverassero tanti viventi quanti ce ne darebbero le indicazio-ni dei censimenti, secondo le quali il numero dei cittadini romani atti allearmi nella seconda metà del terzo secolo stava tra i 104.000 e i 150.000uomini, anzi per prendere un dato preciso, ammontava nell'anno 362 = 392a 152.573. Queste cifre parranno piuttosto sproporzionate agli 84.700 cit-tadini del censo serviano, e in generale all'antica lista censuaria, che risalesino a quattro lustri da Servio Tullio. I grandi acquisti territoriali e le in-corporazioni di intere comunità nel comune di Roma, per cui il ruolo deicittadini dovette accrescersi rapidamente e notevolmente, cominciaronosolo nella seconda metà del quarto secolo. Merita fede la tradizione, in sècredibile, che intorno all'anno 416 = 338 si numerassero 165.000 cittadiniromani, colla quale tradizione coincide il fatto, che dieci anni prima, quan-do fu chiamata alle armi tutta la milizia contro i Latini e i Galli, il primobando di guerra dette dieci legioni, che è come dire 50.000 uomini. Dopole ragguardevoli ampliazioni territoriali nell'Etruria, nel Lazio e nellaCampania si calcolavano nel quinto secolo 250.000 cittadini atti alle armi,e poco innanzi che scoppiasse la prima guerra punica, da 280 a 290.000.Queste indicazioni numeriche ci sembrano abbastanza veridiche, ma perun altro motivo non possiamo dar loro un gran valore storico; giacchè inquei computi sono senza dubbio compresi coi cittadini originari romani i«cittadini senza suffragio», come ad esempio i Ceriti ed i Campani, i quali,a parlar più propriamente, s'avrebbero da noverare tra i sudditi, e Romapoteva certo fare assegnamento sui contingenti dei Latini, non compresinel novero dei cittadini romani, assai più che sulle legioni campane. Se lanotizia dataci da LIVIO 23, 5, che Capua potesse armare 30.000 fanti e4.000 cavalieri, nè c'è motivo di dubitarne, è tolta dai ruoli censuarii roma-ni, si possono fare ascendere a 50.000 circa i cittadini passivi atti alle armi,dei quali certo i Campani formavano la massa principale, come ce lo dice

336

Page 337: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma, che era e doveva rimanere una repubblica urba-na. Quando poi il sistema di effettiva incorporazionenella città toccò i confini, che le erano assegnati dallapossibilità dell'effettiva coesistenza urbana, confini chefurono forse anche troppo allargati, le comunità chevennero successivamente aggregandosi alla città diRoma, furono costrette a rassegnarsi ad una condizionedi sudditanza, poichè non è possibile contenere nei ter-mini di semplice egemonia le relazioni di superiorità edi subordinazione nell'assestamento interno d'uno stato.Così venne formandosi a fianco di una classe di cittadinidominanti una seconda classe di cittadini sudditi, nongià per ingordigia di potere e istinto dispotico dei Ro-mani, ma per l'irresistibile forza delle cose.

21. Divisione e classificazione dei sudditi.Nè può negarsi del resto, che fra le arti della signoria ro-mana non eccellesse quella di dividere i sudditi, come sifece sciogliendo le federazioni italiche, istituendo grannumero di comunità di poco conto e graduando il pesodel dominio secondo le diverse classi dei sudditi.Nel modo stesso che Catone, per sua confessione, go-vernava la sua famiglia in modo da non permettere chegli schiavi fossero in troppa concordia fra loro, e anzi sistudiava di mantener vivi i dissidi e le gare, così facevaanche Roma; il mezzo non era bello, ma era efficace.

chiaramente POLIBIO, 2, 24, 14; ma infine questi non sono numeri abbastan-za sicuri per farvi sopra ulteriori combinazioni.

337

Roma, che era e doveva rimanere una repubblica urba-na. Quando poi il sistema di effettiva incorporazionenella città toccò i confini, che le erano assegnati dallapossibilità dell'effettiva coesistenza urbana, confini chefurono forse anche troppo allargati, le comunità chevennero successivamente aggregandosi alla città diRoma, furono costrette a rassegnarsi ad una condizionedi sudditanza, poichè non è possibile contenere nei ter-mini di semplice egemonia le relazioni di superiorità edi subordinazione nell'assestamento interno d'uno stato.Così venne formandosi a fianco di una classe di cittadinidominanti una seconda classe di cittadini sudditi, nongià per ingordigia di potere e istinto dispotico dei Ro-mani, ma per l'irresistibile forza delle cose.

21. Divisione e classificazione dei sudditi.Nè può negarsi del resto, che fra le arti della signoria ro-mana non eccellesse quella di dividere i sudditi, come sifece sciogliendo le federazioni italiche, istituendo grannumero di comunità di poco conto e graduando il pesodel dominio secondo le diverse classi dei sudditi.Nel modo stesso che Catone, per sua confessione, go-vernava la sua famiglia in modo da non permettere chegli schiavi fossero in troppa concordia fra loro, e anzi sistudiava di mantener vivi i dissidi e le gare, così facevaanche Roma; il mezzo non era bello, ma era efficace.

chiaramente POLIBIO, 2, 24, 14; ma infine questi non sono numeri abbastan-za sicuri per farvi sopra ulteriori combinazioni.

337

Page 338: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

E una più larga e generale applicazione di questo politi-co accorgimento fu fatta colla ricostituzione di quanteerano le comunità vassalle sullo stesso tipo di Roma, inmodo che il governo dei municipi rimanesse affidatoalle famiglie nobili e ricche, le quali naturalmente ven-nero a trovarsi in più o meno recisa opposizione con lemoltitudini, e che tanto a cagione dei loro interessi eco-nomici, quanto della loro situazione politica nel comu-ne, non potevano far altro che appoggiarsi su Roma.Ne abbiamo chiarissimo esempio nel modo con cui ven-nero assestate le cose a Capua, la quale, siccome parevala sola fra le città italiane che potesse competere conRoma, così fu trattata fin da principio colla più previ-dente diffidenza.Della nobiltà capuana si fece sotto ogni aspetto un corpoprivilegiato; tribunali speciali, luoghi distinti per racco-gliersi a consulta, e persino larghi assegni sull'erariodella comunità; v'erano mille e seicento pensionari, aciascuno dei quali si dovevano pagare 450 stateri. Furo-no questi cavalieri campani quelli che, tenendosi fuoridalla grande sollevazione latino-sabellica del 414 = 340,in gran parte ebbero il merito di farla fallire; furono leloro buone spade che decisero nel 459 = 295, la vittoriadi Sentino contro i Galli venuti in soccorso della legaitalica mentre invece i fanti campani furono i primi nellaguerra pirrica a rivoltarsi contro Roma togliendole Reg-gio.

338

E una più larga e generale applicazione di questo politi-co accorgimento fu fatta colla ricostituzione di quanteerano le comunità vassalle sullo stesso tipo di Roma, inmodo che il governo dei municipi rimanesse affidatoalle famiglie nobili e ricche, le quali naturalmente ven-nero a trovarsi in più o meno recisa opposizione con lemoltitudini, e che tanto a cagione dei loro interessi eco-nomici, quanto della loro situazione politica nel comu-ne, non potevano far altro che appoggiarsi su Roma.Ne abbiamo chiarissimo esempio nel modo con cui ven-nero assestate le cose a Capua, la quale, siccome parevala sola fra le città italiane che potesse competere conRoma, così fu trattata fin da principio colla più previ-dente diffidenza.Della nobiltà capuana si fece sotto ogni aspetto un corpoprivilegiato; tribunali speciali, luoghi distinti per racco-gliersi a consulta, e persino larghi assegni sull'erariodella comunità; v'erano mille e seicento pensionari, aciascuno dei quali si dovevano pagare 450 stateri. Furo-no questi cavalieri campani quelli che, tenendosi fuoridalla grande sollevazione latino-sabellica del 414 = 340,in gran parte ebbero il merito di farla fallire; furono leloro buone spade che decisero nel 459 = 295, la vittoriadi Sentino contro i Galli venuti in soccorso della legaitalica mentre invece i fanti campani furono i primi nellaguerra pirrica a rivoltarsi contro Roma togliendole Reg-gio.

338

Page 339: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Un altro documento importante per provare come Romaconoscesse l'arte di approfittare delle lotte intestine deisuoi sudditi, dando nel proprio interesse favore agli otti-mati, lo troviamo nel modo con cui assestò Volsiniil'anno 489 = 265. In questa città, come a Roma, pare chedopo le solite lotte tra antichi e nuovi cittadini, si fossestabilita la eguaglianza politica delle due classi. Ma glianziani ricorsero al senato romano pregandolo di restau-rare gli antichi ordinamenti della città; ciò che a coloroche reggevano allora Volsinii, parve, come era veramen-te, caso di alto tradimento, di cui furono chiamati a di-scolparsi coloro che avevano promosso quella praticacon Roma.Il senato sostenne gli anziani, e come quei di Volsiniinon seppero adattarsi a quella intromissione, i Romaninon solo abolirono gli ordinamenti coi quali allora sireggeva Volsinii, ma rasero al suolo la città che era statacapitale dell'Etruria; esempio tremendo che mostravaagli Italici quello che significasse la signoria di Roma.

22. Moderazione del governo.Va però notato che il senato romano aveva troppo sennoper non sentire come non vi fosse altra via per renderedurevole l'assoluto potere, che la moderazione di quelliche la usano. Perciò alle comunità venute in soggezionedi Roma, in luogo dell'indipendenza che avevano perdu-ta, o fu accordato il pieno diritto della cittadinanza ro-mana, o una certa maniera di regime proprio, che riuni-

339

Un altro documento importante per provare come Romaconoscesse l'arte di approfittare delle lotte intestine deisuoi sudditi, dando nel proprio interesse favore agli otti-mati, lo troviamo nel modo con cui assestò Volsiniil'anno 489 = 265. In questa città, come a Roma, pare chedopo le solite lotte tra antichi e nuovi cittadini, si fossestabilita la eguaglianza politica delle due classi. Ma glianziani ricorsero al senato romano pregandolo di restau-rare gli antichi ordinamenti della città; ciò che a coloroche reggevano allora Volsinii, parve, come era veramen-te, caso di alto tradimento, di cui furono chiamati a di-scolparsi coloro che avevano promosso quella praticacon Roma.Il senato sostenne gli anziani, e come quei di Volsiniinon seppero adattarsi a quella intromissione, i Romaninon solo abolirono gli ordinamenti coi quali allora sireggeva Volsinii, ma rasero al suolo la città che era statacapitale dell'Etruria; esempio tremendo che mostravaagli Italici quello che significasse la signoria di Roma.

22. Moderazione del governo.Va però notato che il senato romano aveva troppo sennoper non sentire come non vi fosse altra via per renderedurevole l'assoluto potere, che la moderazione di quelliche la usano. Perciò alle comunità venute in soggezionedi Roma, in luogo dell'indipendenza che avevano perdu-ta, o fu accordato il pieno diritto della cittadinanza ro-mana, o una certa maniera di regime proprio, che riuni-

339

Page 340: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

va, a una larva d'autonomia, i vantaggi reali di parteci-pare alla grandezza militare e politica di Roma, e soprat-tutto di avere una liberissima costituzione comunale; everamente negli stati federali d'Italia non si trova indiziod'una comunità d'iloti.Per questo Roma, fin da principio, rinunciò con una ma-gnanimità, di cui non v'ha esempio nella storia, al piùodioso di tutti i diritti politici, quello d'imporre gravezzeai sudditi. Tutt'al più si può supporre che sarà stata postaqualche imposizione sui paesi celtici soggetti a Roma,ma entro la confederazione italica non esisteva alcun co-mune tributario. Per lo stesso motivo, se fu imposto atutti i soci e sudditi il dovere di concorrere alla difesadello stato, non ne furono esentati i cittadini del comunedominante, anzi, in proporzione numerica, essi ne furo-no gravati assai più degli altri, e i federati del Lazio piùche i soci italici e i cittadini romani che non avevano di-ritto di suffragio; ond'è che poi, nel ripartire le predebelliche, parve giusto che prima venisse Roma, poscia iLatini, ultimi gli altri.A vigilare quelle moltitudini di comuni soggetti, perchèmantenessero le milizie al completo e le inviassero atempo, il governo romano provvedeva o col mezzo deiquattro questori della flotta, o estendendo la giurisdizio-ne del censimento romano a tutte le comunità italiane.Ai questori della flotta oltre gli ordinari uffici, fu datoincarico di riscuotere le rendite dei nuovi dominii pub-

340

va, a una larva d'autonomia, i vantaggi reali di parteci-pare alla grandezza militare e politica di Roma, e soprat-tutto di avere una liberissima costituzione comunale; everamente negli stati federali d'Italia non si trova indiziod'una comunità d'iloti.Per questo Roma, fin da principio, rinunciò con una ma-gnanimità, di cui non v'ha esempio nella storia, al piùodioso di tutti i diritti politici, quello d'imporre gravezzeai sudditi. Tutt'al più si può supporre che sarà stata postaqualche imposizione sui paesi celtici soggetti a Roma,ma entro la confederazione italica non esisteva alcun co-mune tributario. Per lo stesso motivo, se fu imposto atutti i soci e sudditi il dovere di concorrere alla difesadello stato, non ne furono esentati i cittadini del comunedominante, anzi, in proporzione numerica, essi ne furo-no gravati assai più degli altri, e i federati del Lazio piùche i soci italici e i cittadini romani che non avevano di-ritto di suffragio; ond'è che poi, nel ripartire le predebelliche, parve giusto che prima venisse Roma, poscia iLatini, ultimi gli altri.A vigilare quelle moltitudini di comuni soggetti, perchèmantenessero le milizie al completo e le inviassero atempo, il governo romano provvedeva o col mezzo deiquattro questori della flotta, o estendendo la giurisdizio-ne del censimento romano a tutte le comunità italiane.Ai questori della flotta oltre gli ordinari uffici, fu datoincarico di riscuotere le rendite dei nuovi dominii pub-

340

Page 341: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

blici, e di accertarsi se fossero a ruolo tutti i contingentidei nuovi soci. Furono questi i primi ufficiali romani,che per legge avessero sede e giurisdizione fuori diRoma, e che di necessità si trovassero frapposti tra il se-nato romano e le comunità italiche.I supremi magistrati d'ogni comunità italica(49), sottoqualunque nome venissero, erano obbligati, come ce loprovano le costituzioni municipali che poi si venneroconsolidando, a fare ogni quattro o cinque anni il censi-mento, istituzione che certo doveva ricevere l'iniziativada Roma, e che non poteva aver altro scopo se non quel-lo di fornire al senato un quadro compendioso delle for-ze militari e delle pubbliche ricchezze di tutta Italia incorrispondenza al censimento romano.

23. Italia e Italici.Con questa unione militare e amministrativa di tutte legenti viventi di qua dall'Appennino sino al capo Japigi-co e allo stretto di Reggio, comincia a stabilirsi e a di-vulgarsi anche un nome nuovo e comune a tutte questepopolazioni, quello cioè di «uomini togati», che è la piùantica designazione dei Romani e degli Italici, la qualeoriginariamente si trovò usata dai Greci, e che posciavenne generalmente adottata.Le diverse nazioni, che abitavano la grande penisola,49 E non solo in ogni comunità latina; poichè la censura e il cosiddetto perio-

do quinquennale si riscontrano indubbiamente anche presso le comunità, lacui costituzione non risponde al tipo latino.

341

blici, e di accertarsi se fossero a ruolo tutti i contingentidei nuovi soci. Furono questi i primi ufficiali romani,che per legge avessero sede e giurisdizione fuori diRoma, e che di necessità si trovassero frapposti tra il se-nato romano e le comunità italiche.I supremi magistrati d'ogni comunità italica(49), sottoqualunque nome venissero, erano obbligati, come ce loprovano le costituzioni municipali che poi si venneroconsolidando, a fare ogni quattro o cinque anni il censi-mento, istituzione che certo doveva ricevere l'iniziativada Roma, e che non poteva aver altro scopo se non quel-lo di fornire al senato un quadro compendioso delle for-ze militari e delle pubbliche ricchezze di tutta Italia incorrispondenza al censimento romano.

23. Italia e Italici.Con questa unione militare e amministrativa di tutte legenti viventi di qua dall'Appennino sino al capo Japigi-co e allo stretto di Reggio, comincia a stabilirsi e a di-vulgarsi anche un nome nuovo e comune a tutte questepopolazioni, quello cioè di «uomini togati», che è la piùantica designazione dei Romani e degli Italici, la qualeoriginariamente si trovò usata dai Greci, e che posciavenne generalmente adottata.Le diverse nazioni, che abitavano la grande penisola,49 E non solo in ogni comunità latina; poichè la censura e il cosiddetto perio-

do quinquennale si riscontrano indubbiamente anche presso le comunità, lacui costituzione non risponde al tipo latino.

341

Page 342: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

devono avere per la prima volta avvertito la loro unità, edevono essersi sentite congiungere fra loro da una forzanaturale, sia per contrapporsi agli Elleni, sia, e ciò anchepiù di frequente e più risolutamente, per difendersi con-tro i Celti; poichè se pure accadeva talvolta che qualchecomune italiano facesse causa comune con i barbaricontro Roma e cercasse d'approfittare di questa occasio-ne per ricuperare la perduta indipendenza, il sentimentonazionale alla lunga prevaleva.Nel modo che il paese gallico, sino nei più tardi tempi,ci si presenta come la legale antitesi del paese italico,anche gli uomini togati sono così chiamati per antitesi aiceltici «uomini bracati» (bracati); ed è possibile che perottenere l'accentramento di tutte le forze militari d'Italianelle proprie mani, Roma abbia, in tutte le pratiche, fat-to valere principalmente, come causa o come pretesto, lanecessità di difendersi contro le invasioni celtiche.Così durante le lunghe e ripetute guerre, nelle quali iRomani si mettevano alla testa della difesa nazionale, eobbligarono poi gli Etruschi, i Latini, i Sabelli, gli Apulie gli Elleni a concorrervi secondo le loro forze e dentro iloro confini di volta in volta assegnati, quella unità, chesino allora era stata vacillante, e più che altro virtuale,acquistava una saldezza definita e basata sul diritto pub-blico, e il nome d'Italia, che in origine, anzi sino al quin-to secolo, gli autori greci davano solo a quell'ultimo cor-no della penisola che oggi si chiama Calabria, come puòvedersi in Aristotile, venne esteso a tutte le regioni abi-

342

devono avere per la prima volta avvertito la loro unità, edevono essersi sentite congiungere fra loro da una forzanaturale, sia per contrapporsi agli Elleni, sia, e ciò anchepiù di frequente e più risolutamente, per difendersi con-tro i Celti; poichè se pure accadeva talvolta che qualchecomune italiano facesse causa comune con i barbaricontro Roma e cercasse d'approfittare di questa occasio-ne per ricuperare la perduta indipendenza, il sentimentonazionale alla lunga prevaleva.Nel modo che il paese gallico, sino nei più tardi tempi,ci si presenta come la legale antitesi del paese italico,anche gli uomini togati sono così chiamati per antitesi aiceltici «uomini bracati» (bracati); ed è possibile che perottenere l'accentramento di tutte le forze militari d'Italianelle proprie mani, Roma abbia, in tutte le pratiche, fat-to valere principalmente, come causa o come pretesto, lanecessità di difendersi contro le invasioni celtiche.Così durante le lunghe e ripetute guerre, nelle quali iRomani si mettevano alla testa della difesa nazionale, eobbligarono poi gli Etruschi, i Latini, i Sabelli, gli Apulie gli Elleni a concorrervi secondo le loro forze e dentro iloro confini di volta in volta assegnati, quella unità, chesino allora era stata vacillante, e più che altro virtuale,acquistava una saldezza definita e basata sul diritto pub-blico, e il nome d'Italia, che in origine, anzi sino al quin-to secolo, gli autori greci davano solo a quell'ultimo cor-no della penisola che oggi si chiama Calabria, come puòvedersi in Aristotile, venne esteso a tutte le regioni abi-

342

Page 343: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tate dalla gente togata.

24. I più antichi confini della confederazione itali-ca.

I più antichi confini della grande federazione militare,capitanata da Roma, che è quanto dire della nuova Ita-lia, sui lidi occidentali, non giungevano alla focedell'Arno, fermandosi a un di presso ove ora sorge Li-vorno(50) e sui lidi orientali toccavano l'Esino poco sopraAncona; i luoghi situati fuori di questi confini, coloniz-zati da Italici, come Sena Gallica e Ariminum al di làdell'Appennino, e Messana in Sicilia, erano considerati,nella geografia politica, come fuori d'Italia, quantunquefossero ammessi, come Ariminum, nella confederazio-ne, o fossero, come Sena, comunità col diritto di cittadi-nanza romana.Tanto meno poi potevano riguardarsi come paesi italiciquelli abitati dai Celti posti oltre l'Appennino, benchèforse alcuni di quei paesi fossero già fin da allora nellaclientela di Roma.La nuova Italia era quindi divenuta una unità politica egià si avviava a divenire un'unità nazionale.La dominante nazionalità latina si era già assimilati i

50 Questi antichissimi confini sono verosimilmente indicati dai due piccoliluoghi ad fines, posti l'uno a settentrione d'Arezzo, sulla via di Firenze,l'altro sulla costa non lungi da Livorno. Il ruscello e la valle di Vada, al-quanto più verso mezzodì, si chiamano ancora adesso fiume della Fine,valle della Fine (TARGIONI-TOZZETTI, Viaggi, 4, 430).

343

tate dalla gente togata.

24. I più antichi confini della confederazione itali-ca.

I più antichi confini della grande federazione militare,capitanata da Roma, che è quanto dire della nuova Ita-lia, sui lidi occidentali, non giungevano alla focedell'Arno, fermandosi a un di presso ove ora sorge Li-vorno(50) e sui lidi orientali toccavano l'Esino poco sopraAncona; i luoghi situati fuori di questi confini, coloniz-zati da Italici, come Sena Gallica e Ariminum al di làdell'Appennino, e Messana in Sicilia, erano considerati,nella geografia politica, come fuori d'Italia, quantunquefossero ammessi, come Ariminum, nella confederazio-ne, o fossero, come Sena, comunità col diritto di cittadi-nanza romana.Tanto meno poi potevano riguardarsi come paesi italiciquelli abitati dai Celti posti oltre l'Appennino, benchèforse alcuni di quei paesi fossero già fin da allora nellaclientela di Roma.La nuova Italia era quindi divenuta una unità politica egià si avviava a divenire un'unità nazionale.La dominante nazionalità latina si era già assimilati i

50 Questi antichissimi confini sono verosimilmente indicati dai due piccoliluoghi ad fines, posti l'uno a settentrione d'Arezzo, sulla via di Firenze,l'altro sulla costa non lungi da Livorno. Il ruscello e la valle di Vada, al-quanto più verso mezzodì, si chiamano ancora adesso fiume della Fine,valle della Fine (TARGIONI-TOZZETTI, Viaggi, 4, 430).

343

Page 344: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Latini ed i Volsci, ed aveva disseminate numerose colo-nie per tutta Italia; al solo sviluppo di questi germi sideve se, col volger degli anni, la lingua latina divennel'idioma di tutte le genti che avevano il diritto di vestirela toga. Che poi i Romani, già fin da allora, si rendesse-ro chiara ragione dello scopo a cui miravano, ce lo pro-va la loro costante consuetudine di estendere il nome la-tino a tutta la confederazione italica soggetta a sommini-strare milizie(51).Ciò che oggi si può riconoscere in questo grandioso edi-fizio politico rivela ancora l'alto senno di quegli innomi-nati architetti che ne posero le fondamenta; e la meravi-gliosa solidità di questa confederazione, che pur compo-sta di tanti e così diversi elementi ha resistito alla provadelle più gravi scosse, dà alla grande opera dei Romanila più desiderabile testimonianza di lode, quella del suc-cesso.

51 Senza dubbio ciò non si riscontra nell'uso della lingua propriamente uffi-ciale. La più compiuta designazione degli Italici si trova nella legge agra-ria del 643 lin. 21: (ceivis) Romanus sociumve nominisve Latini, quibus exformula togatorum (milites in terra Italiae imperare solent); come pure visi trova distinto lin. 29 dal Latinus il peregrinus. Nella deliberazione poidel senato sui baccanali del 568 = 186 è detto: ne quis ceivis Romanusneve nominis Latini neve socium quisquam. Ma nell'uso consueto di questetre citazioni troviamo molto spesso omessa la seconda o la terza, e ricorda-ti presso i Romani ora solo gli uomini Latini nominis, ora soli i socii(WEISSENBORN a LIV., 22, 50, 6), senza che la frase abbia perciò una diversasignificazione. La designazione homines nominis Latini ac socii Italici(SALLUST., Iug., 40), per quanto sia in se stessa esatta, non si riscontranell'uso della lingua legale, che conosce bensì un'Italia, ma non degli itali-ci.

344

Latini ed i Volsci, ed aveva disseminate numerose colo-nie per tutta Italia; al solo sviluppo di questi germi sideve se, col volger degli anni, la lingua latina divennel'idioma di tutte le genti che avevano il diritto di vestirela toga. Che poi i Romani, già fin da allora, si rendesse-ro chiara ragione dello scopo a cui miravano, ce lo pro-va la loro costante consuetudine di estendere il nome la-tino a tutta la confederazione italica soggetta a sommini-strare milizie(51).Ciò che oggi si può riconoscere in questo grandioso edi-fizio politico rivela ancora l'alto senno di quegli innomi-nati architetti che ne posero le fondamenta; e la meravi-gliosa solidità di questa confederazione, che pur compo-sta di tanti e così diversi elementi ha resistito alla provadelle più gravi scosse, dà alla grande opera dei Romanila più desiderabile testimonianza di lode, quella del suc-cesso.

51 Senza dubbio ciò non si riscontra nell'uso della lingua propriamente uffi-ciale. La più compiuta designazione degli Italici si trova nella legge agra-ria del 643 lin. 21: (ceivis) Romanus sociumve nominisve Latini, quibus exformula togatorum (milites in terra Italiae imperare solent); come pure visi trova distinto lin. 29 dal Latinus il peregrinus. Nella deliberazione poidel senato sui baccanali del 568 = 186 è detto: ne quis ceivis Romanusneve nominis Latini neve socium quisquam. Ma nell'uso consueto di questetre citazioni troviamo molto spesso omessa la seconda o la terza, e ricorda-ti presso i Romani ora solo gli uomini Latini nominis, ora soli i socii(WEISSENBORN a LIV., 22, 50, 6), senza che la frase abbia perciò una diversasignificazione. La designazione homines nominis Latini ac socii Italici(SALLUST., Iug., 40), per quanto sia in se stessa esatta, non si riscontranell'uso della lingua legale, che conosce bensì un'Italia, ma non degli itali-ci.

344

Page 345: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

25. Nuova posizione mondiale di Roma.Dal momento in cui le fila non meno sottili che forti diquesta rete di strade, di federazioni, di colonie, di dirittigraduali, che tutti avviluppò i popoli italici, furono tutteraccolte nelle mani del comune di Roma, questi ne deri-vò una grande potenza e nel sistema degli stati mediter-ranei subentrò a Taranto, alla Lucania e alle altre piccolee secondarie repubbliche, che le ultime guerre avevanocancellato dal rango di potenza.Questa nuova posizione di Roma, si direbbe che vennequasi solennemente riconosciuta dalle ambascerie chel'anno 481 = 273 Alessandria inviò a Roma e che Romaricambiò l'anno stesso, ambascerie che sebbene non do-vessero trattare che di relazioni commerciali fra l'Italia el'Egitto, furono certo un avviamento ad un'alleanza poli-tica.Era il tempo in cui Cartagine lottava col governo egizioper il possesso della Cirenaica, e già prevedeva di dovertra poco cozzare con Roma per la Sicilia, e la Macedo-nia disputava all'Egitto l'egemonia sulla Grecia e in bre-ve avrebbe dovuto contendere con Roma per la signoriadell'Adriatico; non poteva quindi supporsi che le nuovetempeste, che da ogni parte s'andavano addensando, nonfacessero capo a Roma, e Roma come padrona d'Italia,non fosse trascinata nella vasta arena, che le vittorie e idisegni di Alessandro Magno avevano lasciata apertaalle gare dei suoi successori.

345

25. Nuova posizione mondiale di Roma.Dal momento in cui le fila non meno sottili che forti diquesta rete di strade, di federazioni, di colonie, di dirittigraduali, che tutti avviluppò i popoli italici, furono tutteraccolte nelle mani del comune di Roma, questi ne deri-vò una grande potenza e nel sistema degli stati mediter-ranei subentrò a Taranto, alla Lucania e alle altre piccolee secondarie repubbliche, che le ultime guerre avevanocancellato dal rango di potenza.Questa nuova posizione di Roma, si direbbe che vennequasi solennemente riconosciuta dalle ambascerie chel'anno 481 = 273 Alessandria inviò a Roma e che Romaricambiò l'anno stesso, ambascerie che sebbene non do-vessero trattare che di relazioni commerciali fra l'Italia el'Egitto, furono certo un avviamento ad un'alleanza poli-tica.Era il tempo in cui Cartagine lottava col governo egizioper il possesso della Cirenaica, e già prevedeva di dovertra poco cozzare con Roma per la Sicilia, e la Macedo-nia disputava all'Egitto l'egemonia sulla Grecia e in bre-ve avrebbe dovuto contendere con Roma per la signoriadell'Adriatico; non poteva quindi supporsi che le nuovetempeste, che da ogni parte s'andavano addensando, nonfacessero capo a Roma, e Roma come padrona d'Italia,non fosse trascinata nella vasta arena, che le vittorie e idisegni di Alessandro Magno avevano lasciata apertaalle gare dei suoi successori.

345

Page 346: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

OTTAVO CAPITOLODIRITTO – RELIGIONE

GUERRA – ECONOMIA PUBBLICANAZIONALITÀ

1. Diritto e polizia.La più importante e sostanziale innovazione, che s'intro-dusse in questi tempi, in conseguenza dello svolgersi deldiritto politico del comune romano, fu il singolare sin-dacato de' costumi, che lo stato e i suoi ufficiali comin-ciarono ad esercitare sulla vita dei privati cittadini.L'origine prima di questa ingerenza non si deve cercaretanto negli anatemi minacciati dalla religione controcerti atti, anatemi che nei tempi antichi erano quasi unamaniera di polizia sacra, quanto nel diritto che la supre-ma magistratura aveva di punire con multe (multae) co-loro che non si conformavano alle leggi dell'ordine.Per tutte le multe che implicassero un carico maggioredi quello di due pecore e di trenta buoi, o, dopo che lemulte in bestiame, per pubblica deliberazione del 324 =430, furono convertite in denaro, per tutte le multe chesuperassero 3020 assi di libra fu riservata, subito dopola cacciata dei re, la decisione al comune in grado di ap-pello, e con ciò la procedura per le multe venne ad ac-quistare una importanza che non aveva avuto fino allo-ra.

346

OTTAVO CAPITOLODIRITTO – RELIGIONE

GUERRA – ECONOMIA PUBBLICANAZIONALITÀ

1. Diritto e polizia.La più importante e sostanziale innovazione, che s'intro-dusse in questi tempi, in conseguenza dello svolgersi deldiritto politico del comune romano, fu il singolare sin-dacato de' costumi, che lo stato e i suoi ufficiali comin-ciarono ad esercitare sulla vita dei privati cittadini.L'origine prima di questa ingerenza non si deve cercaretanto negli anatemi minacciati dalla religione controcerti atti, anatemi che nei tempi antichi erano quasi unamaniera di polizia sacra, quanto nel diritto che la supre-ma magistratura aveva di punire con multe (multae) co-loro che non si conformavano alle leggi dell'ordine.Per tutte le multe che implicassero un carico maggioredi quello di due pecore e di trenta buoi, o, dopo che lemulte in bestiame, per pubblica deliberazione del 324 =430, furono convertite in denaro, per tutte le multe chesuperassero 3020 assi di libra fu riservata, subito dopola cacciata dei re, la decisione al comune in grado di ap-pello, e con ciò la procedura per le multe venne ad ac-quistare una importanza che non aveva avuto fino allo-ra.

346

Page 347: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

L'elastico e vago concetto di contravvenzione contro ilbuon ordine poteva abbracciare tutto quello che si voles-se comprendervi; e la gravezza delle multe poteva ac-crescerne a dismisura l'efficacia. Quanto fosse arbitrariala procedura per le multe può dedursi dal fatto che veni-va considerata come una mitigazione la massima di nonpoter pareggiare colla multa la metà della sostanza delmultato, quando per legge non fosse stata determinata lamulta in una somma fissa.A questo ciclo giuridico appartengono le leggi di poliziadi cui il comune romano, sino dai primi tempi, era forni-to a gran dovizia. Le leggi delle dodici tavole vietavanodi far ungere il cadavere da gente prezzolata, di colloca-re sotto il cadavere più di un cuscino, di ornarlo con piùdi tre coperte purpuree, di decorarlo d'oro e di coronesvolazzanti, d'impiegare per il rogo legname lavorato, diprofumarlo e d'aspergerlo con incenso e vino mirrato; li-mitavano tutt'al più a dieci i suonatori di flauto nei con-vogli funebri e interdicevano le prefiche ed i banchettifunebri. Fu questa, in certo qual modo, la più antica leg-ge romana contro le spese voluttuarie: si aggiungono leleggi contro gli abusi dell'usufrutto dei pascoli pubblici,contro la sproporzionata appropriazione di terre del pub-blico demanio occupabili e contro l'usura del denaro,leggi nate durante le contese delle caste.Ma più di queste o simili leggi, le quali almeno defini-vano la contravvenzione e spesso anche la misura dellapena, era piena di gravi conseguenze la facoltà concessa

347

L'elastico e vago concetto di contravvenzione contro ilbuon ordine poteva abbracciare tutto quello che si voles-se comprendervi; e la gravezza delle multe poteva ac-crescerne a dismisura l'efficacia. Quanto fosse arbitrariala procedura per le multe può dedursi dal fatto che veni-va considerata come una mitigazione la massima di nonpoter pareggiare colla multa la metà della sostanza delmultato, quando per legge non fosse stata determinata lamulta in una somma fissa.A questo ciclo giuridico appartengono le leggi di poliziadi cui il comune romano, sino dai primi tempi, era forni-to a gran dovizia. Le leggi delle dodici tavole vietavanodi far ungere il cadavere da gente prezzolata, di colloca-re sotto il cadavere più di un cuscino, di ornarlo con piùdi tre coperte purpuree, di decorarlo d'oro e di coronesvolazzanti, d'impiegare per il rogo legname lavorato, diprofumarlo e d'aspergerlo con incenso e vino mirrato; li-mitavano tutt'al più a dieci i suonatori di flauto nei con-vogli funebri e interdicevano le prefiche ed i banchettifunebri. Fu questa, in certo qual modo, la più antica leg-ge romana contro le spese voluttuarie: si aggiungono leleggi contro gli abusi dell'usufrutto dei pascoli pubblici,contro la sproporzionata appropriazione di terre del pub-blico demanio occupabili e contro l'usura del denaro,leggi nate durante le contese delle caste.Ma più di queste o simili leggi, le quali almeno defini-vano la contravvenzione e spesso anche la misura dellapena, era piena di gravi conseguenze la facoltà concessa

347

Page 348: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ad ogni magistrato, avente giurisdizione, di decretaremulte per fatti contro il buon ordine e di portare la cosadinanzi al comune se le multe raggiungevano i limitidell'appello e il multato non si rassegnava alla pena.E già volgente il quinto secolo, procedendo su questavia, uomini e donne venivano condannati quasi comecriminali sia per scostumatezza, sia per l'incetta el'ammassamento dei grani, sia per malie e per altre simi-li cose. Di riscontro, e per intima connessione con que-sto corso d'idee, si stabiliva la quasi giurisdizione deicensori, sorta appunto in quel tempo, i quali dell'autoritàloro conferita per formare il censo romano e il ruolo deicittadini si valevano anche per imporre, a proprio arbi-trio, tasse suntuarie, che appena nella forma differivanodalle pene contro il lusso, e per diminuire o togliere i di-ritti politici ed onorifici a quei cittadini intemerati che,accusati d'aver commesso azioni scandalose, venivanogiudicati degni di biasimo. A quale estremo sino d'alloravenisse spinta questa inquisitrice tutela lo prova il fattoche simili pene furono imposte a chi trascurasse la colti-vazione del proprio campo, e che un uomo, Publio Cor-nelio Rufino (console 464 = 290 e 477 = 277) fu daicensori dell'anno 479 = 275 cancellato dalla lista dei se-natori perchè possedeva suppellettili d'argento pel valo-re di 3360 sesterzi. Ben è vero, che in forza della massi-ma generale riguardante le disposizioni dei magistrati, idecreti dei censori non avevano forza di legge oltre iltempo in cui questi magistrati rimanevano in carica,

348

ad ogni magistrato, avente giurisdizione, di decretaremulte per fatti contro il buon ordine e di portare la cosadinanzi al comune se le multe raggiungevano i limitidell'appello e il multato non si rassegnava alla pena.E già volgente il quinto secolo, procedendo su questavia, uomini e donne venivano condannati quasi comecriminali sia per scostumatezza, sia per l'incetta el'ammassamento dei grani, sia per malie e per altre simi-li cose. Di riscontro, e per intima connessione con que-sto corso d'idee, si stabiliva la quasi giurisdizione deicensori, sorta appunto in quel tempo, i quali dell'autoritàloro conferita per formare il censo romano e il ruolo deicittadini si valevano anche per imporre, a proprio arbi-trio, tasse suntuarie, che appena nella forma differivanodalle pene contro il lusso, e per diminuire o togliere i di-ritti politici ed onorifici a quei cittadini intemerati che,accusati d'aver commesso azioni scandalose, venivanogiudicati degni di biasimo. A quale estremo sino d'alloravenisse spinta questa inquisitrice tutela lo prova il fattoche simili pene furono imposte a chi trascurasse la colti-vazione del proprio campo, e che un uomo, Publio Cor-nelio Rufino (console 464 = 290 e 477 = 277) fu daicensori dell'anno 479 = 275 cancellato dalla lista dei se-natori perchè possedeva suppellettili d'argento pel valo-re di 3360 sesterzi. Ben è vero, che in forza della massi-ma generale riguardante le disposizioni dei magistrati, idecreti dei censori non avevano forza di legge oltre iltempo in cui questi magistrati rimanevano in carica,

348

Page 349: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

vale a dire non più di cinque anni, e potevano a piaci-mento dei nuovi censori essere o non essere rinnovati;ma simile giurisdizione morale riuscì nondimeno d'unaimportanza enorme, tanto che la censura, dopo esserestata uno degli ultimi uffici della repubblica, divenneper grado e per influenza il primo. Il governo senatoriofaceva grandissimo assegnamento sulla doppia poliziadel comune e de' suoi ufficiali investiti di poteri nonmeno estesi che arbitrari. Questa autorità, come qualsia-si ordinamento dispotico, ha fatto molto bene ed ha ca-gionato molto danno, nè noi contraddiremmo chi consi-derasse prevalente il male; solo non si dimentichi come,tenendo conto di quella moralità, esterna, se si vuole,ma ad ogni modo austera ed energica, e di quell'ardentesentimento cittadino, che contrassegnano questo tempo,si debba convenire, che le istituzioni romane sono statepreservate dagli ordinari abusi, e che, sebbene esse ab-biano umiliata la libertà individuale, hanno però alta-mente e solidamente mantenuto l'amore al pubblicobene, e l'antica austerità e rigidezza dei costumi privati edell'ordine civile del comune romano.

2. Mitigazione delle antiche leggi.Nello stesso tempo viene con lentezza sì, ma abbastanzapalesemente, manifestandosi nello sviluppo del dirittoromano una tendenza all'umanità e alla modernità.Il maggior numero delle disposizioni delle dodici tavole,che concordano colla legge di Solone, e possono quindi,

349

vale a dire non più di cinque anni, e potevano a piaci-mento dei nuovi censori essere o non essere rinnovati;ma simile giurisdizione morale riuscì nondimeno d'unaimportanza enorme, tanto che la censura, dopo esserestata uno degli ultimi uffici della repubblica, divenneper grado e per influenza il primo. Il governo senatoriofaceva grandissimo assegnamento sulla doppia poliziadel comune e de' suoi ufficiali investiti di poteri nonmeno estesi che arbitrari. Questa autorità, come qualsia-si ordinamento dispotico, ha fatto molto bene ed ha ca-gionato molto danno, nè noi contraddiremmo chi consi-derasse prevalente il male; solo non si dimentichi come,tenendo conto di quella moralità, esterna, se si vuole,ma ad ogni modo austera ed energica, e di quell'ardentesentimento cittadino, che contrassegnano questo tempo,si debba convenire, che le istituzioni romane sono statepreservate dagli ordinari abusi, e che, sebbene esse ab-biano umiliata la libertà individuale, hanno però alta-mente e solidamente mantenuto l'amore al pubblicobene, e l'antica austerità e rigidezza dei costumi privati edell'ordine civile del comune romano.

2. Mitigazione delle antiche leggi.Nello stesso tempo viene con lentezza sì, ma abbastanzapalesemente, manifestandosi nello sviluppo del dirittoromano una tendenza all'umanità e alla modernità.Il maggior numero delle disposizioni delle dodici tavole,che concordano colla legge di Solone, e possono quindi,

349

Page 350: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

con ragione, essere considerate come innovazioni mate-riali, porta questa impronta; così la guarentigia del libe-ro diritto di associazione e dell'autonomia delle unioni,che per tal modo si andavano formando; la legge dei li-miti confinari, sui quali era proibito far passare l'aratro;la mitigazione delle condanne per furti, secondo la qualesi lasciava al ladro, non preso in flagrante, la facoltà diredimersi col restituire al danneggiato un valore doppiodi quello dell'oggetto rubato.Nello stesso senso, ma solo un secolo più tardi, vennemitigata la procedura contro i debitori colla legge pete-lia. La libera disposizione delle sostanze, che già l'anti-chissimo diritto romano accordava al proprietario duran-te la vita, ma che in caso di morte era stata condizionataal consenso del comune, fu liberata anche da questo vin-colo, dopo che la legge delle dodici tavole o l'interpreta-zione della medesima consentì al testamento privato lastessa forza che prima avevano soltanto quelli confer-mati nelle curie; fu questo un gran passo per demolire iconsorzi gentilizi e per inserire la piena libertà indivi-duale nel diritto di proprietà. La tremenda e assoluta so-vranità paterna fu dalla legge limitata in modo che il fi-glio, venduto tre volte dal padre, non ritornava più sottola sua podestà, ma doveva essere d'ora innanzi libero.Questa legge, per una interpretazione giuridica, in con-trasto con lo spirito del diritto romano, fu allargata finoall'idea dell'emancipazione, colla quale il padre rinun-ciava spontaneamente alla podestà sul figlio.

350

con ragione, essere considerate come innovazioni mate-riali, porta questa impronta; così la guarentigia del libe-ro diritto di associazione e dell'autonomia delle unioni,che per tal modo si andavano formando; la legge dei li-miti confinari, sui quali era proibito far passare l'aratro;la mitigazione delle condanne per furti, secondo la qualesi lasciava al ladro, non preso in flagrante, la facoltà diredimersi col restituire al danneggiato un valore doppiodi quello dell'oggetto rubato.Nello stesso senso, ma solo un secolo più tardi, vennemitigata la procedura contro i debitori colla legge pete-lia. La libera disposizione delle sostanze, che già l'anti-chissimo diritto romano accordava al proprietario duran-te la vita, ma che in caso di morte era stata condizionataal consenso del comune, fu liberata anche da questo vin-colo, dopo che la legge delle dodici tavole o l'interpreta-zione della medesima consentì al testamento privato lastessa forza che prima avevano soltanto quelli confer-mati nelle curie; fu questo un gran passo per demolire iconsorzi gentilizi e per inserire la piena libertà indivi-duale nel diritto di proprietà. La tremenda e assoluta so-vranità paterna fu dalla legge limitata in modo che il fi-glio, venduto tre volte dal padre, non ritornava più sottola sua podestà, ma doveva essere d'ora innanzi libero.Questa legge, per una interpretazione giuridica, in con-trasto con lo spirito del diritto romano, fu allargata finoall'idea dell'emancipazione, colla quale il padre rinun-ciava spontaneamente alla podestà sul figlio.

350

Page 351: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Nel diritto matrimoniale fu permesso il matrimonio civi-le, e siccome la piena autorità maritale era necessaria-mente congiunta con la vera podestà civile non menoche con la vera podestà religiosa nell'ammettere, in luo-go di matrimonio, l'unione conclusa senza la sanzionereligiosa, vi era in ciò un avviamento alla diminuzionedell'autorità maritale. L'imposta sui celibi (aes uxo-rium), colla quale Camillo inaugurò il suo ufficio dicensore nell'anno 351 = 403, fu il principio d'un obbligolegale alla vita matrimoniale.Più profonde furono le novità giuridiche che s'introdus-sero nell'ordinamento dei giudizi; materia la quale più siattiene alla politica, ed è perciò più soggetta a cambia-mento.Prima di tutto parleremo dell'importantissima limitazio-ne dell'arbitrio del giudice supremo, che fu la conse-guenza della pubblicazione d'una legge scritta, per cui ilgiudice venne obbligato a render giustizia tanto nellecause civili come nelle criminali non più secondo le in-certe e arcane formule consuetudinarie, ma secondo lalegge scritta (303-304 = 451-450).Da quando, nell'anno 387 = 367, i giudizi furono esclu-sivamente affidati ad un nuovo ufficiale romano, che pi-gliò posto fra gli altri magistrati, e nel tempo stesso daquando venne istituita in Roma una speciale inquisizio-ne di polizia la quale, ad imitazione di Roma, venne poiripetuta in tutti i comuni del Lazio, l'amministrazione

351

Nel diritto matrimoniale fu permesso il matrimonio civi-le, e siccome la piena autorità maritale era necessaria-mente congiunta con la vera podestà civile non menoche con la vera podestà religiosa nell'ammettere, in luo-go di matrimonio, l'unione conclusa senza la sanzionereligiosa, vi era in ciò un avviamento alla diminuzionedell'autorità maritale. L'imposta sui celibi (aes uxo-rium), colla quale Camillo inaugurò il suo ufficio dicensore nell'anno 351 = 403, fu il principio d'un obbligolegale alla vita matrimoniale.Più profonde furono le novità giuridiche che s'introdus-sero nell'ordinamento dei giudizi; materia la quale più siattiene alla politica, ed è perciò più soggetta a cambia-mento.Prima di tutto parleremo dell'importantissima limitazio-ne dell'arbitrio del giudice supremo, che fu la conse-guenza della pubblicazione d'una legge scritta, per cui ilgiudice venne obbligato a render giustizia tanto nellecause civili come nelle criminali non più secondo le in-certe e arcane formule consuetudinarie, ma secondo lalegge scritta (303-304 = 451-450).Da quando, nell'anno 387 = 367, i giudizi furono esclu-sivamente affidati ad un nuovo ufficiale romano, che pi-gliò posto fra gli altri magistrati, e nel tempo stesso daquando venne istituita in Roma una speciale inquisizio-ne di polizia la quale, ad imitazione di Roma, venne poiripetuta in tutti i comuni del Lazio, l'amministrazione

351

Page 352: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

della giustizia divenne più pronta e più sicura.Gli ufficiali di polizia o edili, che menzioniamo, aveva-no, come è naturale, anche una giurisdizione loro pro-pria, e però giudicavano ordinariamente in tutte le con-troversie sorte su contratti di vendita conchiusi sullepiazze, e principalmente sui mercati di bestiame e dischiavi, e nel modo stesso pronunciavano, come giudicidi primo grado, sulla applicazione delle multe, e conse-guentemente avevano il diritto, quanto più indetermina-to nei rispetti giuridici tanto più importante nei rispettipolitici, d'infliggere pene pecuniarie.Uguali facoltà, sebbene non si esercitassero che tra unasfera inferiore e specialmente contro la bassa gente, era-no accordate ai «tre uomini della notte» o ai «tre delsangue» (tres viri nocturni o capitales), incaricati dellapolizia notturna, degli incendi e della sicurezza e dellasorveglianza sulle esecuzioni, alle quali attribuzioni siaggiunse subito una certa giurisdizione sommaria. In-tanto, crescendo sempre più in vastità il territorio dellostato, si sentì la necessità, sia per rispetto a chi esercita-va la suprema magistratura giudiziaria, sia per rispettoai popoli, di delegare nei luoghi più lontani da Roma, ealmeno per le cause civili di poca importanza, giudiciaventi la necessaria competenza: il che si doveva fare,per legge, nei comuni abitati da sudditi a cui non eraconcessa che la passiva cittadinanza romana, ma che,secondo ogni verosimiglianza, fu poscia esteso ai comu-

352

della giustizia divenne più pronta e più sicura.Gli ufficiali di polizia o edili, che menzioniamo, aveva-no, come è naturale, anche una giurisdizione loro pro-pria, e però giudicavano ordinariamente in tutte le con-troversie sorte su contratti di vendita conchiusi sullepiazze, e principalmente sui mercati di bestiame e dischiavi, e nel modo stesso pronunciavano, come giudicidi primo grado, sulla applicazione delle multe, e conse-guentemente avevano il diritto, quanto più indetermina-to nei rispetti giuridici tanto più importante nei rispettipolitici, d'infliggere pene pecuniarie.Uguali facoltà, sebbene non si esercitassero che tra unasfera inferiore e specialmente contro la bassa gente, era-no accordate ai «tre uomini della notte» o ai «tre delsangue» (tres viri nocturni o capitales), incaricati dellapolizia notturna, degli incendi e della sicurezza e dellasorveglianza sulle esecuzioni, alle quali attribuzioni siaggiunse subito una certa giurisdizione sommaria. In-tanto, crescendo sempre più in vastità il territorio dellostato, si sentì la necessità, sia per rispetto a chi esercita-va la suprema magistratura giudiziaria, sia per rispettoai popoli, di delegare nei luoghi più lontani da Roma, ealmeno per le cause civili di poca importanza, giudiciaventi la necessaria competenza: il che si doveva fare,per legge, nei comuni abitati da sudditi a cui non eraconcessa che la passiva cittadinanza romana, ma che,secondo ogni verosimiglianza, fu poscia esteso ai comu-

352

Page 353: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ni più lontani, abitati da cittadini originari di Roma(52).Così cominciò a nascere e a svolgersi, accanto alla veragiurisdizione romana, un'altra giurisdizione romana mu-nicipale.

3. Cambiamenti nella procedura.Nella procedura civile, che secondo le idee di quel tem-po abbracciava anche la massima parte dei delitti com-messi contro privati, divenne, coll'abolizione della regiapodestà, una massima indeclinabile di diritto la separa-zione della procedura tendente a stabilire la questione didiritto innanzi al magistrato (ius) e la decisione dellamedesima pronunziata da un privato nominato dal magi-strato (iudicium). A questa separazione deve il dirittoprivato romano la logica e pratica sua acutezza e la suaprecisione(53).

52 A questi si riferisce quanto narra LIVIO 9, 20, sul riordinamento della colo-nia d'Anzio vent'anni dopo la sua fondazione e si presenta facile alla men-te, che, se si poteva benissimo imporre all'Ostiense di concludere tutte lesue liti in Roma, non si poteva assolutamente pretendere lo stesso da queldi Anzio e di Sena.

53 V'è l'abitudine di lodare senza riserva il popolo romano come privilegiatonella giurisprudenza e di considerare il suo eccellente sistema giuridicocome un mistico dono del cielo, che è un artificio per giustificarci dinanzia noi stessi del nessun conto che merita il nostro diritto. Uno sguardosull'instabile e non sviluppato diritto criminale romano basterà a persuade-re dell'insussistenza di queste nebbiose idee anche coloro, cui sembrassetroppo ovvia la sentenza che un popolo sano ha un diritto sano, un popoloammalato ne ha uno ammalato. Astrazione fatta dalle condizioni politichee più generali, da cui dipende appunto la giurisprudenza più d'ogni altrofatto sociale, si vuol cercare l'eccellenza del diritto civile romano partico-larmente in due cose: primo nella circostanza che il querelante e l'accusato

353

ni più lontani, abitati da cittadini originari di Roma(52).Così cominciò a nascere e a svolgersi, accanto alla veragiurisdizione romana, un'altra giurisdizione romana mu-nicipale.

3. Cambiamenti nella procedura.Nella procedura civile, che secondo le idee di quel tem-po abbracciava anche la massima parte dei delitti com-messi contro privati, divenne, coll'abolizione della regiapodestà, una massima indeclinabile di diritto la separa-zione della procedura tendente a stabilire la questione didiritto innanzi al magistrato (ius) e la decisione dellamedesima pronunziata da un privato nominato dal magi-strato (iudicium). A questa separazione deve il dirittoprivato romano la logica e pratica sua acutezza e la suaprecisione(53).

52 A questi si riferisce quanto narra LIVIO 9, 20, sul riordinamento della colo-nia d'Anzio vent'anni dopo la sua fondazione e si presenta facile alla men-te, che, se si poteva benissimo imporre all'Ostiense di concludere tutte lesue liti in Roma, non si poteva assolutamente pretendere lo stesso da queldi Anzio e di Sena.

53 V'è l'abitudine di lodare senza riserva il popolo romano come privilegiatonella giurisprudenza e di considerare il suo eccellente sistema giuridicocome un mistico dono del cielo, che è un artificio per giustificarci dinanzia noi stessi del nessun conto che merita il nostro diritto. Uno sguardosull'instabile e non sviluppato diritto criminale romano basterà a persuade-re dell'insussistenza di queste nebbiose idee anche coloro, cui sembrassetroppo ovvia la sentenza che un popolo sano ha un diritto sano, un popoloammalato ne ha uno ammalato. Astrazione fatta dalle condizioni politichee più generali, da cui dipende appunto la giurisprudenza più d'ogni altrofatto sociale, si vuol cercare l'eccellenza del diritto civile romano partico-larmente in due cose: primo nella circostanza che il querelante e l'accusato

353

Page 354: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Nel processo di proprietà la decisione sullo stato delpossesso, abbandonata nei primi tempi all'illimitato ar-bitrio del magistrato, fu a poco a poco assoggettata anorme legali, e stabilito accanto al diritto di proprietà, ildiritto di possesso, per cui la piena facoltà del magistra-to fu sottoposta ad un'altra importante restrizione. Nellaprocedura criminale il tribunale popolare, che fino alloranon era stato che una istanza di grazia, venne trasforma-to, per legge, in istanza di appello.Se l'accusato era condannato dal magistrato dopo esserestato interrogato (quaestio) e si appellava al popolo, laquestione si dibatteva in tre adunanze comunali; il magi-strato giudicante giustificava la sentenza pronunciata, eperciò rispetto a quella causa, si presentava come pub-blico accusatore; soltanto nella quarta tornata si racco-glievano i voti (anquisitio) e il popolo confermava o ri-gettava la sentenza. Non erano concesse le attenuanti.Lo stesso spirito repubblicano è rivelato dalle normegiuridiche, che la persona del cittadino debba essere in-violabile in casa sua, e che il suo arresto non può averluogo se non fuori della medesima; che si eviti l'arresto

furono obbligati a motivare e a formulare in modo chiaro la citazione acomparire in giudizio e la replica; secondo, che per il legale svolgimentodel diritto si creò un ufficio permanente e lo si pose in continuo contattocolle necessità pratiche. Colla prima misura i Romani tolsero di mezzo lecavillazioni dei giureconsulti; colla seconda, per quanto fu possibile, impe-dirono l'intervento degli inetti fabbricatori di leggi, e coll'una e coll'altrasoddisfecero, per quanto soddisfare si può, ai due supremi e contraddittoripostulati della giurisprudenza, che cioè il diritto rimanga sempre fermo, eche sia sempre adeguato alla necessità del tempo.

354

Nel processo di proprietà la decisione sullo stato delpossesso, abbandonata nei primi tempi all'illimitato ar-bitrio del magistrato, fu a poco a poco assoggettata anorme legali, e stabilito accanto al diritto di proprietà, ildiritto di possesso, per cui la piena facoltà del magistra-to fu sottoposta ad un'altra importante restrizione. Nellaprocedura criminale il tribunale popolare, che fino alloranon era stato che una istanza di grazia, venne trasforma-to, per legge, in istanza di appello.Se l'accusato era condannato dal magistrato dopo esserestato interrogato (quaestio) e si appellava al popolo, laquestione si dibatteva in tre adunanze comunali; il magi-strato giudicante giustificava la sentenza pronunciata, eperciò rispetto a quella causa, si presentava come pub-blico accusatore; soltanto nella quarta tornata si racco-glievano i voti (anquisitio) e il popolo confermava o ri-gettava la sentenza. Non erano concesse le attenuanti.Lo stesso spirito repubblicano è rivelato dalle normegiuridiche, che la persona del cittadino debba essere in-violabile in casa sua, e che il suo arresto non può averluogo se non fuori della medesima; che si eviti l'arresto

furono obbligati a motivare e a formulare in modo chiaro la citazione acomparire in giudizio e la replica; secondo, che per il legale svolgimentodel diritto si creò un ufficio permanente e lo si pose in continuo contattocolle necessità pratiche. Colla prima misura i Romani tolsero di mezzo lecavillazioni dei giureconsulti; colla seconda, per quanto fu possibile, impe-dirono l'intervento degli inetti fabbricatori di leggi, e coll'una e coll'altrasoddisfecero, per quanto soddisfare si può, ai due supremi e contraddittoripostulati della giurisprudenza, che cioè il diritto rimanga sempre fermo, eche sia sempre adeguato alla necessità del tempo.

354

Page 355: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

durante l'inquisizione, e che si debba concedere a qua-lunque cittadino, accusato e non ancora condannato,dietro rinunzia al suo diritto di cittadino, di sottrarsi alleconseguenze della condanna in quanto esse non riguar-dino la sua sostanza, ma solo la sua persona – normeche, a dir vero, non furono formulate come leggi e chequindi non legavano necessariamente le mani al magi-strato accusatore, ma che colla loro pressione morale,particolarmente rispetto alla limitazione della pena dimorte, sono state della massima influenza.Se però il diritto criminale romano ci empie di meravi-glia per il suo vigoroso spirito civico e i crescenti sforziverso un concetto più umano della pena, esso ebbe inve-ce molto a soffrire in pratica per le conseguenza perni-ciose delle lotte di classe, che appunto in quel tempo siagitavano.La giurisdizione criminale di prima istanza, comune atutti gli ufficiali della repubblica, che fu una conseguen-za dell'antagonismo delle caste, creando una concorren-za di giudizi, produsse nella procedura corrispondente ladeplorevole assenza d'una stabile autorità che istruisse iprocessi, e praticasse una seria investigazione prelimi-nare.E posto che l'ultima istanza criminale innanzi al popoloera, formalmente e costituzionalmente, una procedura digrazia, nè mai, benchè poi fosse diventata obbligatoria,si negò questa sua origine, i giudici pronunciavano le

355

durante l'inquisizione, e che si debba concedere a qua-lunque cittadino, accusato e non ancora condannato,dietro rinunzia al suo diritto di cittadino, di sottrarsi alleconseguenze della condanna in quanto esse non riguar-dino la sua sostanza, ma solo la sua persona – normeche, a dir vero, non furono formulate come leggi e chequindi non legavano necessariamente le mani al magi-strato accusatore, ma che colla loro pressione morale,particolarmente rispetto alla limitazione della pena dimorte, sono state della massima influenza.Se però il diritto criminale romano ci empie di meravi-glia per il suo vigoroso spirito civico e i crescenti sforziverso un concetto più umano della pena, esso ebbe inve-ce molto a soffrire in pratica per le conseguenza perni-ciose delle lotte di classe, che appunto in quel tempo siagitavano.La giurisdizione criminale di prima istanza, comune atutti gli ufficiali della repubblica, che fu una conseguen-za dell'antagonismo delle caste, creando una concorren-za di giudizi, produsse nella procedura corrispondente ladeplorevole assenza d'una stabile autorità che istruisse iprocessi, e praticasse una seria investigazione prelimi-nare.E posto che l'ultima istanza criminale innanzi al popoloera, formalmente e costituzionalmente, una procedura digrazia, nè mai, benchè poi fosse diventata obbligatoria,si negò questa sua origine, i giudici pronunciavano le

355

Page 356: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sentenze piuttosto a loro arbitrio che secondo le leggiscritte; e ciò non già per abuso o prevaricazione, ma incerto qual modo conformandosi allo spirito costituzio-nale: tanto più che s'aggiungeva l'esempio pregiudizie-vole delle procedure di polizia per condannare a penepecuniarie, procedure che nella loro forma avevano unagrandissima somiglianza colle criminali.Così il processo criminale presso i Romani rimase affat-to privo di norme direttive e fondamentali, e s'abbassòfino a diventare lo strumento e il tranello dei partiti poli-tici; ciò che tanto meno apparirà giustificabile, in quantola procedura si formò veramente e si applicò prima ditutto a veri delitti politici, sebbene in seguito venissesperimentata anche contro delitti comuni, come per gliomicidi e per l'incendio doloso. Si aggiunga la lentezzae la difficoltà di questa procedura, che la rendevano nonadatta ai rimedi spicciativi; ciò che generò, coll'aiuto delsuperbo disprezzo repubblicano per tutti coloro che nonerano membri del comune, la mala consuetudine di tol-lerare, accanto alla procedura ordinaria e formale, unaprocedura criminale sommaria contro gli schiavi egl'individui di bassa condizione.Anche da questo lato le preoccupazioni politiche e pas-sionali offuscarono le ispirazioni naturali, e contribuiro-no potentemente a sviare i Romani dal cercare e dalcompiere una ferma e morale idea dell'amministrazionedella giustizia.

356

sentenze piuttosto a loro arbitrio che secondo le leggiscritte; e ciò non già per abuso o prevaricazione, ma incerto qual modo conformandosi allo spirito costituzio-nale: tanto più che s'aggiungeva l'esempio pregiudizie-vole delle procedure di polizia per condannare a penepecuniarie, procedure che nella loro forma avevano unagrandissima somiglianza colle criminali.Così il processo criminale presso i Romani rimase affat-to privo di norme direttive e fondamentali, e s'abbassòfino a diventare lo strumento e il tranello dei partiti poli-tici; ciò che tanto meno apparirà giustificabile, in quantola procedura si formò veramente e si applicò prima ditutto a veri delitti politici, sebbene in seguito venissesperimentata anche contro delitti comuni, come per gliomicidi e per l'incendio doloso. Si aggiunga la lentezzae la difficoltà di questa procedura, che la rendevano nonadatta ai rimedi spicciativi; ciò che generò, coll'aiuto delsuperbo disprezzo repubblicano per tutti coloro che nonerano membri del comune, la mala consuetudine di tol-lerare, accanto alla procedura ordinaria e formale, unaprocedura criminale sommaria contro gli schiavi egl'individui di bassa condizione.Anche da questo lato le preoccupazioni politiche e pas-sionali offuscarono le ispirazioni naturali, e contribuiro-no potentemente a sviare i Romani dal cercare e dalcompiere una ferma e morale idea dell'amministrazionedella giustizia.

356

Page 357: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

4. Religione. Più difficile è il seguire le fasi dello sviluppo delle ideereligiose di quest'epoca. Può dirsi, in genere, che i Ro-mani rimasero alla semplice pietà dei loro antenati edegualmente lontani dalla superstizione e dalla miscre-denza.Quanto fosse ancor viva, alla fine di quest'epoca, l'ideadella spiritualizzazione di tutto ciò che occorre nella vitaterrena, che è il concetto fondamentale della religionedei Romani, lo prova il nuovo nume Argentino (Argen-tinus) apparso nell'anno 485 = 269, probabilmente in se-guito all'introduzione delle monete correnti d'argento,nume che, per naturale concessione, si disse prole diEsculano (Aesculanus), il Cupreo.Le relazioni colle religioni straniere continuarono comeper lo innanzi, ma anche in queste relazioni, anzi spe-cialmente in esse, si riconosce crescente l'influenza elle-nica. Intorno a questi tempi soltanto cominciarono adinnalzarsi nella stessa Roma tempi agli dei ellenici. Ilpiù antico fu il tempio dei Dioscuri, che venne votatonella battaglia sulle rive del lago Regillo e consacrato il15 luglio 269 = 485. La leggenda che vi si riferisce, nar-rando come due giovani di bellezza e di statura sovru-mana fossero stati veduti combattere sul campo di batta-glia nelle file de' Romani, e che immediatamente dopola battaglia, abbeverando i loro cavalli grondanti di su-dore alla fonte di Giuturna nel foro romano, annunzias-

357

4. Religione. Più difficile è il seguire le fasi dello sviluppo delle ideereligiose di quest'epoca. Può dirsi, in genere, che i Ro-mani rimasero alla semplice pietà dei loro antenati edegualmente lontani dalla superstizione e dalla miscre-denza.Quanto fosse ancor viva, alla fine di quest'epoca, l'ideadella spiritualizzazione di tutto ciò che occorre nella vitaterrena, che è il concetto fondamentale della religionedei Romani, lo prova il nuovo nume Argentino (Argen-tinus) apparso nell'anno 485 = 269, probabilmente in se-guito all'introduzione delle monete correnti d'argento,nume che, per naturale concessione, si disse prole diEsculano (Aesculanus), il Cupreo.Le relazioni colle religioni straniere continuarono comeper lo innanzi, ma anche in queste relazioni, anzi spe-cialmente in esse, si riconosce crescente l'influenza elle-nica. Intorno a questi tempi soltanto cominciarono adinnalzarsi nella stessa Roma tempi agli dei ellenici. Ilpiù antico fu il tempio dei Dioscuri, che venne votatonella battaglia sulle rive del lago Regillo e consacrato il15 luglio 269 = 485. La leggenda che vi si riferisce, nar-rando come due giovani di bellezza e di statura sovru-mana fossero stati veduti combattere sul campo di batta-glia nelle file de' Romani, e che immediatamente dopola battaglia, abbeverando i loro cavalli grondanti di su-dore alla fonte di Giuturna nel foro romano, annunzias-

357

Page 358: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sero la grande vittoria riportata, non ha assolutamenteun'impronta romana, ed è, senza dubbio, poetizzata sinonei particolari, ad imitazione dell'eguale epifania deiDioscuri nella famosa giornata combattuta circa un se-colo prima sulle rive del fiume Sagra tra i Crotoniati e iLocresi.Così all'Apollo delfico non solo si mandavano legazioni,come usavano tutti i popoli posti sotto l'influenza dellaciviltà greca, o per rendergli grazie di riportate vittorie,come dopo la conquista di Veio gli si offriva la decimaparte del bottino (360 = 394), ma gli fu anche consacra-to un tempio nella città (323 = 431 rinnovato nel 401 =353)Lo stesso avvenne verso la fine di questo periodo inonore di Afrodite (459 = 295), la quale si confuse in unmodo enigmatico con Venere, l'antica dea dei giardinidei Romani(54); lo stesso per Asklapios o Aesculapius,chiamato da Epidauro nel Peloponneso e condotto so-lennemente a Roma (463 = 291).Nei momenti di pericolo si udirono bensì a volte lamentie censure per l'introduzione di superstizioni straniere,probabilmente dell'aruspicina etrusca (326 = 428), ma imagistrati non lasciarono in seguito di opporvisi.Nell'Etruria, invece, il monopolio teologico della nobil-tà, lo stupido fatalismo, la vuota e frivola misticità,54 Venere ci appare per la prima volta col nome di Afrodite, di poi appostole,

in occasione della dedica del tempio consacratole in quest'anno (LIVIO, 10,31; BECKER, Topografia, p. 472).

358

sero la grande vittoria riportata, non ha assolutamenteun'impronta romana, ed è, senza dubbio, poetizzata sinonei particolari, ad imitazione dell'eguale epifania deiDioscuri nella famosa giornata combattuta circa un se-colo prima sulle rive del fiume Sagra tra i Crotoniati e iLocresi.Così all'Apollo delfico non solo si mandavano legazioni,come usavano tutti i popoli posti sotto l'influenza dellaciviltà greca, o per rendergli grazie di riportate vittorie,come dopo la conquista di Veio gli si offriva la decimaparte del bottino (360 = 394), ma gli fu anche consacra-to un tempio nella città (323 = 431 rinnovato nel 401 =353)Lo stesso avvenne verso la fine di questo periodo inonore di Afrodite (459 = 295), la quale si confuse in unmodo enigmatico con Venere, l'antica dea dei giardinidei Romani(54); lo stesso per Asklapios o Aesculapius,chiamato da Epidauro nel Peloponneso e condotto so-lennemente a Roma (463 = 291).Nei momenti di pericolo si udirono bensì a volte lamentie censure per l'introduzione di superstizioni straniere,probabilmente dell'aruspicina etrusca (326 = 428), ma imagistrati non lasciarono in seguito di opporvisi.Nell'Etruria, invece, il monopolio teologico della nobil-tà, lo stupido fatalismo, la vuota e frivola misticità,54 Venere ci appare per la prima volta col nome di Afrodite, di poi appostole,

in occasione della dedica del tempio consacratole in quest'anno (LIVIO, 10,31; BECKER, Topografia, p. 472).

358

Page 359: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

l'astrologia e la vaticinazione avranno a poco a pocoraggiunto quel grado d'importanza, in cui più tardi li tro-viamo, mentre la nazione corrompevasi in una nullitàpolitica e infradiciava in una neghittosa opulenza.Non consta che nel sacerdozio s'introducessero cambia-menti radicali. L'aumentata applicazione delle multeprocessuali alle spese di culto religioso, che riscontria-mo intorno all'anno 465 = 289, ci prova l'aumentare del-le pubbliche spese per le cerimonie religiose, conse-guenza necessaria dell'accresciuto numero delle divinitàe dei templi mantenuti dallo stato.Abbiamo già notato come nel calore della lotta fra le va-rie classi di cittadini si cominciasse a concedere ai colle-gi religiosi un maggior grado d'influenza, e come ad essisi ricorresse per trovare modo di render nulli atti politi-ci, onde ne venne offesa e scossa la fede popolare, e siconcesse al clero una perniciosissima ingerenza nei pub-blici affari.

5. Ordinamenti militari.Nelle cose guerresche avvenne in questo tempo un com-plesso rivolgimento. All'antichissimo ordinamentogreco-italico dell'esercito, che doveva consistere, comeai tempi omerici, nella scelta dei più valenti e dei più ro-busti militi, i quali d'ordinario combattevano a cavallo eformavano una distinta prima fila, fu sostituita, verso lafine dei tempi dei re, la legione, l'antica falange dorica

359

l'astrologia e la vaticinazione avranno a poco a pocoraggiunto quel grado d'importanza, in cui più tardi li tro-viamo, mentre la nazione corrompevasi in una nullitàpolitica e infradiciava in una neghittosa opulenza.Non consta che nel sacerdozio s'introducessero cambia-menti radicali. L'aumentata applicazione delle multeprocessuali alle spese di culto religioso, che riscontria-mo intorno all'anno 465 = 289, ci prova l'aumentare del-le pubbliche spese per le cerimonie religiose, conse-guenza necessaria dell'accresciuto numero delle divinitàe dei templi mantenuti dallo stato.Abbiamo già notato come nel calore della lotta fra le va-rie classi di cittadini si cominciasse a concedere ai colle-gi religiosi un maggior grado d'influenza, e come ad essisi ricorresse per trovare modo di render nulli atti politi-ci, onde ne venne offesa e scossa la fede popolare, e siconcesse al clero una perniciosissima ingerenza nei pub-blici affari.

5. Ordinamenti militari.Nelle cose guerresche avvenne in questo tempo un com-plesso rivolgimento. All'antichissimo ordinamentogreco-italico dell'esercito, che doveva consistere, comeai tempi omerici, nella scelta dei più valenti e dei più ro-busti militi, i quali d'ordinario combattevano a cavallo eformavano una distinta prima fila, fu sostituita, verso lafine dei tempi dei re, la legione, l'antica falange dorica

359

Page 360: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

degli armati di tutto punto (opliti), disposti probabil-mente in file di otto uomini, che d'allora in poi diventò ilnerbo della battaglia, mentre i cavalieri disposti alle ali,per combattere secondo i casi a cavallo o a piedi, forma-vano più specialmente la riserva.Da simile ordinamento derivò, all'incirca nel medesimotempo, in Macedonia la falange dei sarissofori ed in Ita-lia la legione dei manipoli; quella col rendere più serratee più numerose le file, questa col farle più snodate emoltiplicabili, mediante la divisione dell'antica legionedi 8400 uomini in due legioni uguali di 4200 uominiciascuna.L'antica falange dorica aveva posto lo studio principalenel combattere a corpo a corpo col brando e principal-mente coll'asta, e nella battaglia considerava le armi dagetto come secondarie. Nella legione a manipoli, la lan-cia ferma in pugno, fu riservata per la terza linea e alleprime due linee invece fu data un'arma da gettare, nuovae propria degli Italici, il pilo, ch'era un'asta di legno,quadrangolare o cilindrica, lunga quattro braccia e mez-zo, munita di una punta di ferro triangolare o quadran-golare. Questo pilo, originariamente, deve essere statoimpiegato a difesa delle trincee che cingevano il campo;ma non tardò a passare dall'ultima linea alle due prime,dalle quali veniva, quando esse correvano al cozzo, lan-ciato contro le file nemiche alla distanza da dieci a ventipassi.

360

degli armati di tutto punto (opliti), disposti probabil-mente in file di otto uomini, che d'allora in poi diventò ilnerbo della battaglia, mentre i cavalieri disposti alle ali,per combattere secondo i casi a cavallo o a piedi, forma-vano più specialmente la riserva.Da simile ordinamento derivò, all'incirca nel medesimotempo, in Macedonia la falange dei sarissofori ed in Ita-lia la legione dei manipoli; quella col rendere più serratee più numerose le file, questa col farle più snodate emoltiplicabili, mediante la divisione dell'antica legionedi 8400 uomini in due legioni uguali di 4200 uominiciascuna.L'antica falange dorica aveva posto lo studio principalenel combattere a corpo a corpo col brando e principal-mente coll'asta, e nella battaglia considerava le armi dagetto come secondarie. Nella legione a manipoli, la lan-cia ferma in pugno, fu riservata per la terza linea e alleprime due linee invece fu data un'arma da gettare, nuovae propria degli Italici, il pilo, ch'era un'asta di legno,quadrangolare o cilindrica, lunga quattro braccia e mez-zo, munita di una punta di ferro triangolare o quadran-golare. Questo pilo, originariamente, deve essere statoimpiegato a difesa delle trincee che cingevano il campo;ma non tardò a passare dall'ultima linea alle due prime,dalle quali veniva, quando esse correvano al cozzo, lan-ciato contro le file nemiche alla distanza da dieci a ventipassi.

360

Page 361: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Il brando acquistò nel tempo stesso un'importanza digran lunga maggiore di quella che potesse avere la cortadaga dei falangisti, in quanto la gettata dei pili era diret-ta solo a schiudere la via all'attacco che si faceva colbrando in pugno.Dove poi la falange si gettava tutta ad un tempo sul ne-mico e l'urtava come se fosse una sola gigantesca lancia,nella nuova legione italica, le più piccole unità, che sitrovavano anche nel sistema della falange, ma indissolu-bilmente e strettamente congiunte nell'ordine di batta-glia, si snodavano e si separavano le une dalle altre.Il quadrato, che prima avanzava fitto e serrato, si scin-deva in tre divisioni, quella degli astati, quella dei prin-cipi e quella dei triari, le quali si ordinavano su non piùdi quattro file e presentavano una fronte distinta in diecigruppi (manipuli), di modo che tra ogni due linee e ognidue manipoli rimaneva un notevole spazio.Questo ritrarsi dallo sforzo complessivo, e persino delleminori unità tattiche, per lasciar luogo alla singolar ten-zone e all'urto d'uomo contro uomo, era una continua-zione ed un effetto dell'organismo, per cui tutta la legio-ne aveva una meravigliosa individualità, come può de-dursi dall'importanza dell'attacco a corpo a corpo e adarmi corte.In modo caratteristico venne formandosi anche il siste-ma dei trinceramenti dei campi militari; il luogo, doveun corpo di militi si accampava, fosse anche per una

361

Il brando acquistò nel tempo stesso un'importanza digran lunga maggiore di quella che potesse avere la cortadaga dei falangisti, in quanto la gettata dei pili era diret-ta solo a schiudere la via all'attacco che si faceva colbrando in pugno.Dove poi la falange si gettava tutta ad un tempo sul ne-mico e l'urtava come se fosse una sola gigantesca lancia,nella nuova legione italica, le più piccole unità, che sitrovavano anche nel sistema della falange, ma indissolu-bilmente e strettamente congiunte nell'ordine di batta-glia, si snodavano e si separavano le une dalle altre.Il quadrato, che prima avanzava fitto e serrato, si scin-deva in tre divisioni, quella degli astati, quella dei prin-cipi e quella dei triari, le quali si ordinavano su non piùdi quattro file e presentavano una fronte distinta in diecigruppi (manipuli), di modo che tra ogni due linee e ognidue manipoli rimaneva un notevole spazio.Questo ritrarsi dallo sforzo complessivo, e persino delleminori unità tattiche, per lasciar luogo alla singolar ten-zone e all'urto d'uomo contro uomo, era una continua-zione ed un effetto dell'organismo, per cui tutta la legio-ne aveva una meravigliosa individualità, come può de-dursi dall'importanza dell'attacco a corpo a corpo e adarmi corte.In modo caratteristico venne formandosi anche il siste-ma dei trinceramenti dei campi militari; il luogo, doveun corpo di militi si accampava, fosse anche per una

361

Page 362: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sola notte, veniva sempre rafforzato da una cinta regola-re e trasformato quasi in una fortezza.Pochi cambiamenti si fecero nella cavalleria, che anchenel sistema della legione e dei manipoli non occupavache il secondo posto come nel sistema della falange.In complesso non venne mutato neppure il sistema degliufficiali, soltanto che alla testa delle due legioni venneromessi tanti tribuni militari quanti ne comandavano pri-ma l'esercito complessivo. Perciò il numero degli uffi-ciali fu raddoppiato. Ma è di quel tempo la separazionedegli ufficiali subalterni i quali, alla testa dei manipolidovevano, come i semplici soldati, meritarsi con l'armain pugno, il loro grado e che passavano poi a mano amano dai manipoli inferiori a quelli superiori. Questigradi, in processo di tempo devono avere acquistataun'importanza crescente, poichè vediamo che, se primala nomina tanto degli ufficiali subalterni quanto dei su-periori era lasciata all'arbitrio del supremo capitano,dall'anno 392 = 362 in poi, la nomina di una parte degliufficiali superiori venne riservata al popolo.Infine, anche l'antica disciplina militare fu conservataoltremodo severa. Tanto nei primi tempi come in quellidi cui parliamo, il supremo duce aveva facoltà di farmozzare il capo a chiunque servisse nel suo campo e difar battere con le verghe tanto l'ufficiale di stato mag-giore quanto il semplice milite. Simili pene non veniva-no pronunciate solo per delitti comuni, ma anche quan-

362

sola notte, veniva sempre rafforzato da una cinta regola-re e trasformato quasi in una fortezza.Pochi cambiamenti si fecero nella cavalleria, che anchenel sistema della legione e dei manipoli non occupavache il secondo posto come nel sistema della falange.In complesso non venne mutato neppure il sistema degliufficiali, soltanto che alla testa delle due legioni venneromessi tanti tribuni militari quanti ne comandavano pri-ma l'esercito complessivo. Perciò il numero degli uffi-ciali fu raddoppiato. Ma è di quel tempo la separazionedegli ufficiali subalterni i quali, alla testa dei manipolidovevano, come i semplici soldati, meritarsi con l'armain pugno, il loro grado e che passavano poi a mano amano dai manipoli inferiori a quelli superiori. Questigradi, in processo di tempo devono avere acquistataun'importanza crescente, poichè vediamo che, se primala nomina tanto degli ufficiali subalterni quanto dei su-periori era lasciata all'arbitrio del supremo capitano,dall'anno 392 = 362 in poi, la nomina di una parte degliufficiali superiori venne riservata al popolo.Infine, anche l'antica disciplina militare fu conservataoltremodo severa. Tanto nei primi tempi come in quellidi cui parliamo, il supremo duce aveva facoltà di farmozzare il capo a chiunque servisse nel suo campo e difar battere con le verghe tanto l'ufficiale di stato mag-giore quanto il semplice milite. Simili pene non veniva-no pronunciate solo per delitti comuni, ma anche quan-

362

Page 363: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

do un ufficiale si fosse permesso di trasgredire l'ordinericevuto, o quando un corpo di truppa si fosse lasciatosorprendere, o si fosse sbandato.Il nuovo ordinamento dell'esercito esigeva però unascuola militare assai più seria e più continuata della fa-lange, in cui il centro della massa teneva insieme ordi-nati anche gli inesperti.Se con tutto ciò non venne a costituirsi una vera classemilitare e se l'esercito continuò a rimanere una miliziadi cittadini, si venne però, con questi sforzi d'ordina-mento tecnico, introducendo la novità che i militi nonfossero più classificati secondo la loro sostanza, ma chesi cominciasse ad ordinarli secondo gli anni di servizio.Il coscritto romano entrava nel corpo dei rorari (rorarii),armati alla leggera, che combattevano fuori di squadra eil più delle volte come frombolieri; a grado a grado daquesto corpo era promosso alla prima, poi alla secondalinea, fino a che i soldati sperimentati e i veterani si tro-vavano infine raccolti nel corpo dei triari, limitato pernumero, ma che per animo, aspetto e disciplina servissedi paragone a tutto l'esercito.

6. Pregi della legione a manipoli.L'eccellenza di questi ordinamenti militari, cagioneprincipalissima della grandezza della repubblica roma-na, fu il frutto dei tre grandi principii militari: della ri-serva; della combinazione tattica della pugna a corpo a

363

do un ufficiale si fosse permesso di trasgredire l'ordinericevuto, o quando un corpo di truppa si fosse lasciatosorprendere, o si fosse sbandato.Il nuovo ordinamento dell'esercito esigeva però unascuola militare assai più seria e più continuata della fa-lange, in cui il centro della massa teneva insieme ordi-nati anche gli inesperti.Se con tutto ciò non venne a costituirsi una vera classemilitare e se l'esercito continuò a rimanere una miliziadi cittadini, si venne però, con questi sforzi d'ordina-mento tecnico, introducendo la novità che i militi nonfossero più classificati secondo la loro sostanza, ma chesi cominciasse ad ordinarli secondo gli anni di servizio.Il coscritto romano entrava nel corpo dei rorari (rorarii),armati alla leggera, che combattevano fuori di squadra eil più delle volte come frombolieri; a grado a grado daquesto corpo era promosso alla prima, poi alla secondalinea, fino a che i soldati sperimentati e i veterani si tro-vavano infine raccolti nel corpo dei triari, limitato pernumero, ma che per animo, aspetto e disciplina servissedi paragone a tutto l'esercito.

6. Pregi della legione a manipoli.L'eccellenza di questi ordinamenti militari, cagioneprincipalissima della grandezza della repubblica roma-na, fu il frutto dei tre grandi principii militari: della ri-serva; della combinazione tattica della pugna a corpo a

363

Page 364: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

corpo colla battaglia a distanza, e dell'altra combinazio-ne tattica della offesa e della difesa.Il sistema della riserva, già accennato nell'impiego dellacavalleria, fu poi compiutamente sviluppato colla divi-sione dell'esercito in tre corpi e col tenere in serbo lascelta schiera dei veterani per l'ultimo e decisivo urto.Se con la falange ellenica si toccò quasi la perfezione ri-spetto all'urto e al combatter da vicino, e se con le squa-dre della cavalleria orientale, armata di faretra e di gia-vellotti, si perfezionò il combattere a distanza, può dirsi,e con tutta ragione, che, con la combinazione del pesan-te giavellotto col brando, trovata dai Romani, si ottennelo stesso effetto che nelle guerre moderne produssel'introduzione del fucile a baionetta; la gettata dei piliprecedeva il combattimento col brando, appunto comeora la scarica del fucile precede l'attacco alla baionetta.Infine il perfezionato sistema degli accampamenti per-metteva ai Romani di unire insieme ai vantaggi dellaguerra d'assedio e della guerra offensiva, e secondo lecircostanze, di rifiutare o di dare battaglia; e inquest'ultimo caso di combatterla sotto i valli del campocome se fossero sotto le mura d'una fortezza. Ed eccoperchè un proverbio romano dice: il Romano vince stan-do tranquillamente seduto.È evidente che questi nuovi ordinamenti erano una rifor-ma sostanziale ed un vero perfezionamento romano, oper lo meno italico, dell'antica tattica della falange elle-

364

corpo colla battaglia a distanza, e dell'altra combinazio-ne tattica della offesa e della difesa.Il sistema della riserva, già accennato nell'impiego dellacavalleria, fu poi compiutamente sviluppato colla divi-sione dell'esercito in tre corpi e col tenere in serbo lascelta schiera dei veterani per l'ultimo e decisivo urto.Se con la falange ellenica si toccò quasi la perfezione ri-spetto all'urto e al combatter da vicino, e se con le squa-dre della cavalleria orientale, armata di faretra e di gia-vellotti, si perfezionò il combattere a distanza, può dirsi,e con tutta ragione, che, con la combinazione del pesan-te giavellotto col brando, trovata dai Romani, si ottennelo stesso effetto che nelle guerre moderne produssel'introduzione del fucile a baionetta; la gettata dei piliprecedeva il combattimento col brando, appunto comeora la scarica del fucile precede l'attacco alla baionetta.Infine il perfezionato sistema degli accampamenti per-metteva ai Romani di unire insieme ai vantaggi dellaguerra d'assedio e della guerra offensiva, e secondo lecircostanze, di rifiutare o di dare battaglia; e inquest'ultimo caso di combatterla sotto i valli del campocome se fossero sotto le mura d'una fortezza. Ed eccoperchè un proverbio romano dice: il Romano vince stan-do tranquillamente seduto.È evidente che questi nuovi ordinamenti erano una rifor-ma sostanziale ed un vero perfezionamento romano, oper lo meno italico, dell'antica tattica della falange elle-

364

Page 365: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nica, e se si trova già qualche cenno del sistema delle ri-serve e dell'individuazione delle minori divisionidell'esercito anche presso i più recenti strateghi greci, eparticolarmente presso Senofonte, non se ne può dedur-re altra conseguenza se non ch'essi pure si accorsero deidifetti dell'antico sistema; ma senza però potervi trovarerimedio.La legione a manipoli appare compiutamente ordinatanella guerra di Pirro; ma non si saprebbe dire con preci-sione quando ciò sia avvenuto, in quali circostanze, setutto ad un tratto, o a poco a poco. Il primo ordinamentotattico affatto diverso dall'antico italo-greco, al quale sitrovarono di fronte i Romani, fu la falange celtica arma-ta di brandi; non è improbabile, che colla divisionedell'esercito e colla fronte a intervalli dei manipoli si siavoluto attutire il primo e più furioso urto del nemico; ciòche infatti riuscì, e con questa supposizione si accorda ilcenno, ripetuto in molte narrazioni, che il più segnalatocapitano romano del tempo dei Galli, Marco Furio Ca-millo, sia stato il riformatore dell'arte della guerra pres-so i Romani.Le successive tradizioni, che si collegano colla guerrasannitica e pirrica, non sono abbastanza degne di fede,nè se ne può tenere conto con sicurezza(55) quantunque

55 Secondo la tradizione i Romani portavano originariamente scudi quadrati,poi tolsero dagli Etruschi lo scudo rotondo degli opliti (clupeus, ἀσπίς) daiSanniti presero lo scudo quadrato recente (scutum, ϑυρεός) ed il verrettone(veru) (SALLUST., Cat. 51, 38; VIRGIL., Aen., 7, 665; FESTO, Ep., v. Samnitesp. 327; MÜLL. e il manuale del MARQUART, 3, 2, 241). Se non che si vuol ri-

365

nica, e se si trova già qualche cenno del sistema delle ri-serve e dell'individuazione delle minori divisionidell'esercito anche presso i più recenti strateghi greci, eparticolarmente presso Senofonte, non se ne può dedur-re altra conseguenza se non ch'essi pure si accorsero deidifetti dell'antico sistema; ma senza però potervi trovarerimedio.La legione a manipoli appare compiutamente ordinatanella guerra di Pirro; ma non si saprebbe dire con preci-sione quando ciò sia avvenuto, in quali circostanze, setutto ad un tratto, o a poco a poco. Il primo ordinamentotattico affatto diverso dall'antico italo-greco, al quale sitrovarono di fronte i Romani, fu la falange celtica arma-ta di brandi; non è improbabile, che colla divisionedell'esercito e colla fronte a intervalli dei manipoli si siavoluto attutire il primo e più furioso urto del nemico; ciòche infatti riuscì, e con questa supposizione si accorda ilcenno, ripetuto in molte narrazioni, che il più segnalatocapitano romano del tempo dei Galli, Marco Furio Ca-millo, sia stato il riformatore dell'arte della guerra pres-so i Romani.Le successive tradizioni, che si collegano colla guerrasannitica e pirrica, non sono abbastanza degne di fede,nè se ne può tenere conto con sicurezza(55) quantunque

55 Secondo la tradizione i Romani portavano originariamente scudi quadrati,poi tolsero dagli Etruschi lo scudo rotondo degli opliti (clupeus, ἀσπίς) daiSanniti presero lo scudo quadrato recente (scutum, ϑυρεός) ed il verrettone(veru) (SALLUST., Cat. 51, 38; VIRGIL., Aen., 7, 665; FESTO, Ep., v. Samnitesp. 327; MÜLL. e il manuale del MARQUART, 3, 2, 241). Se non che si vuol ri-

365

Page 366: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sembri naturale che la lunga guerra sannitica, guerreg-giata quasi sempre fra le montagne, debba aver contri-buito a svolgere l'individualità del soldato romano; e chela lotta contro uno dei primi strateghi della scuola diAlessandro Magno abbia concorso a perfezionare il ser-vizio tecnico dell'esercito romano.

7. Economia sociale e rurale.Nell'economia pubblica il fondamento sociale e politicotanto del comune romano, quanto del nuovo stato, cheintorno a Roma venne formandosi in Italia, rimase sem-pre, come era da principio, l'agricoltura.L'assemblea comunale e l'esercito si componevano dicittadini romani; il terreno che essi, come soldati, aveva-no conquistato col brando se lo assicuravano poicoll'aratro come coloni. Il sovraccarico dei debiti chegravava i medi possidenti fece nascere le terribili crisiinterne del terzo e quarto secolo, che minacciarono dirovinare la giovine repubblica; il rifiorimento degli agri-coltori latini che si ottenne sulla fine del quinto secolo,sia incorporando all'agro romano e assegnando ai coloni

tenere che lo scudo degli opliti, cioè la tattica della falange dorica, fu adot-tato non ad imitazione degli Etruschi, ma direttamente dagli Elleni. Inquanto allo scudo (scutum) si deve ricordare, che questo grande scudo dicuoio di forma cilindrica e curva, è bensì stato sostituito al clipeo piatto dirame quando la falange si divise in manipoli, ma l'indubbia etimologiagreca del vocabolo fa nascere la diffidenza sulla derivazione della cosa daiSanniti. Anche la fionda (funda da σϕενδόνη, come fides da σϕίδη) è per-venuta ai Romani dai Greci. Il pilum è da tutti gli antichi ritenuto di prettainvenzione romana.

366

sembri naturale che la lunga guerra sannitica, guerreg-giata quasi sempre fra le montagne, debba aver contri-buito a svolgere l'individualità del soldato romano; e chela lotta contro uno dei primi strateghi della scuola diAlessandro Magno abbia concorso a perfezionare il ser-vizio tecnico dell'esercito romano.

7. Economia sociale e rurale.Nell'economia pubblica il fondamento sociale e politicotanto del comune romano, quanto del nuovo stato, cheintorno a Roma venne formandosi in Italia, rimase sem-pre, come era da principio, l'agricoltura.L'assemblea comunale e l'esercito si componevano dicittadini romani; il terreno che essi, come soldati, aveva-no conquistato col brando se lo assicuravano poicoll'aratro come coloni. Il sovraccarico dei debiti chegravava i medi possidenti fece nascere le terribili crisiinterne del terzo e quarto secolo, che minacciarono dirovinare la giovine repubblica; il rifiorimento degli agri-coltori latini che si ottenne sulla fine del quinto secolo,sia incorporando all'agro romano e assegnando ai coloni

tenere che lo scudo degli opliti, cioè la tattica della falange dorica, fu adot-tato non ad imitazione degli Etruschi, ma direttamente dagli Elleni. Inquanto allo scudo (scutum) si deve ricordare, che questo grande scudo dicuoio di forma cilindrica e curva, è bensì stato sostituito al clipeo piatto dirame quando la falange si divise in manipoli, ma l'indubbia etimologiagreca del vocabolo fa nascere la diffidenza sulla derivazione della cosa daiSanniti. Anche la fionda (funda da σϕενδόνη, come fides da σϕίδη) è per-venuta ai Romani dai Greci. Il pilum è da tutti gli antichi ritenuto di prettainvenzione romana.

366

Page 367: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

vastissime terre, sia per la riduzione degli interessi el'aumento della popolazione nella città, fu nello stessotempo causa ed effetto del rapido incremento della po-tenza di Roma; e Pirro, perspicacissimo come era, benriconobbe la causa della supremazia politica e militaredei Romani nel florido stato della loro agricoltura.Ma appunto in questi tempi cominciano a formarsinell'agro romano le grosse tenute. Già fino dalle più an-tiche età esistevano bensì latifondi, o almeno tenute, chein paragone della maggior parte delle proprietà, pote-vansi chiamare latifondi, ma essi erano però sempre la-vorati, non a modo di un vasto possedimento, ma comeun'aggregazione di piccole masserie.La più antica traccia d'un accentramento(56) nell'econo-mia rurale la troviamo nella legge dell'anno 387 = 367in cui si contemplano disposizioni che non avrebberopotuto accordarsi col vecchio sistema dell'agricoltura ro-mana, come quella che obbliga il proprietario del fondoad impiegare un numero di braccia libere proporzionatoa quello degli schiavi, ed è notevole che la prima voltache si accenna ai latifondi si parla anche di schiavi,come d'una istituzione essenzialmente connessavi.È ora impossibile indicare in che modo questa novitàcominciasse ad introdursi, ma è possibile che le coloniecartaginesi in Sicilia abbiano servito di modello ai più

56 Anche VARRONE (de r. r., 1, 2, 9) parla schiettamente dell'autore della leggelicinia come d'un coltivatore delle proprie vaste tenute; ma l'aneddoto puòessere stato inventato per spiegare il soprannome.

367

vastissime terre, sia per la riduzione degli interessi el'aumento della popolazione nella città, fu nello stessotempo causa ed effetto del rapido incremento della po-tenza di Roma; e Pirro, perspicacissimo come era, benriconobbe la causa della supremazia politica e militaredei Romani nel florido stato della loro agricoltura.Ma appunto in questi tempi cominciano a formarsinell'agro romano le grosse tenute. Già fino dalle più an-tiche età esistevano bensì latifondi, o almeno tenute, chein paragone della maggior parte delle proprietà, pote-vansi chiamare latifondi, ma essi erano però sempre la-vorati, non a modo di un vasto possedimento, ma comeun'aggregazione di piccole masserie.La più antica traccia d'un accentramento(56) nell'econo-mia rurale la troviamo nella legge dell'anno 387 = 367in cui si contemplano disposizioni che non avrebberopotuto accordarsi col vecchio sistema dell'agricoltura ro-mana, come quella che obbliga il proprietario del fondoad impiegare un numero di braccia libere proporzionatoa quello degli schiavi, ed è notevole che la prima voltache si accenna ai latifondi si parla anche di schiavi,come d'una istituzione essenzialmente connessavi.È ora impossibile indicare in che modo questa novitàcominciasse ad introdursi, ma è possibile che le coloniecartaginesi in Sicilia abbiano servito di modello ai più

56 Anche VARRONE (de r. r., 1, 2, 9) parla schiettamente dell'autore della leggelicinia come d'un coltivatore delle proprie vaste tenute; ma l'aneddoto puòessere stato inventato per spiegare il soprannome.

367

Page 368: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

antichi proprietari romani; e forse con questo metodo dicondurre l'economia rurale coincide l'introduzione delfrumento accanto alla spelta, che Varrone fa risalire aitempi dei decemviri.Più difficile riuscirebbe determinare in qual proporzioneil sistema dei latifondi o delle grandi colture si fosse sta-bilito in questi tempi; e rileviamo soltanto dalle storiedella seconda guerra punica, che questa novità apparivaancora come una eccezione e che i latifondi non aveva-no potuto ancora assorbire in Italia gli agricoltori. Malà, dove i grandi proprietari si sostituivano nelle terreagli agricoltori, spariva l'antica clientela, che era appog-giata sul possesso precario, appunto in quel modo cheoggi la nostra economia rurale è nata per la maggiorparte dalla distruzione dei piccoli poderi, e colla muta-zione dei beni censuari in terre di libero dominio signo-rile.Nè si può mettere in dubbio che fu appunto l'attenuazio-ne di questi nessi rurali ciò che più ha contribuito a peg-giorare lo stato dei minuti agricoltori.

8. Traffico interno.Sul traffico interno degli Italici fra loro mancano tradi-zioni scritte; le sole monete ce ne forniscono qualchechiarimento.Abbiamo già osservato, che, ad eccezione delle cittàgreche e dell'etrusca Populonia, in Italia, durante i primi

368

antichi proprietari romani; e forse con questo metodo dicondurre l'economia rurale coincide l'introduzione delfrumento accanto alla spelta, che Varrone fa risalire aitempi dei decemviri.Più difficile riuscirebbe determinare in qual proporzioneil sistema dei latifondi o delle grandi colture si fosse sta-bilito in questi tempi; e rileviamo soltanto dalle storiedella seconda guerra punica, che questa novità apparivaancora come una eccezione e che i latifondi non aveva-no potuto ancora assorbire in Italia gli agricoltori. Malà, dove i grandi proprietari si sostituivano nelle terreagli agricoltori, spariva l'antica clientela, che era appog-giata sul possesso precario, appunto in quel modo cheoggi la nostra economia rurale è nata per la maggiorparte dalla distruzione dei piccoli poderi, e colla muta-zione dei beni censuari in terre di libero dominio signo-rile.Nè si può mettere in dubbio che fu appunto l'attenuazio-ne di questi nessi rurali ciò che più ha contribuito a peg-giorare lo stato dei minuti agricoltori.

8. Traffico interno.Sul traffico interno degli Italici fra loro mancano tradi-zioni scritte; le sole monete ce ne forniscono qualchechiarimento.Abbiamo già osservato, che, ad eccezione delle cittàgreche e dell'etrusca Populonia, in Italia, durante i primi

368

Page 369: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tre secoli di Roma, non fu coniata alcuna moneta e chein principio ne faceva l'ufficio il bestiame, poi il rame apeso. Fu intorno a quei tempi che, presso gli Italici, alsistema degli scambi in natura si sostituì il sistema mo-netario, e perciò fu giocoforza ricorrere a modelli greci.Se non che le precedenti condizioni dei commerci porta-rono che nell'Italia centrale, invece dell'argento, si stabi-lisse il rame come metallo monetizzabile e che l'unitàmonetaria si accostasse, in que' primordi, all'unità delvalore sino allora in uso, cioè alla libbra di rame; questofu il motivo per cui si usarono monete fuse in luogo diconiate; giacchè nessun punzone sarebbe stato sufficien-te ad ottenere monete così grandi e così pesanti.Sembra però che fin da principio sia stata presa per nor-ma una proporzione fissa tra il rame e l'argento (250 :1), e che la moneta di rame sia stata fusa su questa base,così che per esempio, in Roma, il grosso pezzo di mone-ta di rame, l'asse, in quanto a valore pareggiava unoscrupolo (scrupulum, scripulum) d'argento (= 1/288 dilibbra).È storicamente degno di osservazione che la zecca inItalia è sorta in Roma e precisamente ai tempi dei de-cemviri, i quali trovarono nelle leggi di Solone anche ilprototipo per l'ordinamento della monetazione, e che daRoma si diffuse in molti comuni latini, etruschi, umbri edell'Italia orientale: è questa pure una prova manifestadel primato che Roma teneva in Italia sin dal principio

369

tre secoli di Roma, non fu coniata alcuna moneta e chein principio ne faceva l'ufficio il bestiame, poi il rame apeso. Fu intorno a quei tempi che, presso gli Italici, alsistema degli scambi in natura si sostituì il sistema mo-netario, e perciò fu giocoforza ricorrere a modelli greci.Se non che le precedenti condizioni dei commerci porta-rono che nell'Italia centrale, invece dell'argento, si stabi-lisse il rame come metallo monetizzabile e che l'unitàmonetaria si accostasse, in que' primordi, all'unità delvalore sino allora in uso, cioè alla libbra di rame; questofu il motivo per cui si usarono monete fuse in luogo diconiate; giacchè nessun punzone sarebbe stato sufficien-te ad ottenere monete così grandi e così pesanti.Sembra però che fin da principio sia stata presa per nor-ma una proporzione fissa tra il rame e l'argento (250 :1), e che la moneta di rame sia stata fusa su questa base,così che per esempio, in Roma, il grosso pezzo di mone-ta di rame, l'asse, in quanto a valore pareggiava unoscrupolo (scrupulum, scripulum) d'argento (= 1/288 dilibbra).È storicamente degno di osservazione che la zecca inItalia è sorta in Roma e precisamente ai tempi dei de-cemviri, i quali trovarono nelle leggi di Solone anche ilprototipo per l'ordinamento della monetazione, e che daRoma si diffuse in molti comuni latini, etruschi, umbri edell'Italia orientale: è questa pure una prova manifestadel primato che Roma teneva in Italia sin dal principio

369

Page 370: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

del quarto secolo.E come tutti questi comuni esistevano in perfetta indi-pendenza gli uni accanto agli altri, così ovunque era lo-cale anche il tipo, ed ogni territorio di città costituiva unproprio territorio monetario.Ma i sistemi di monetazione di rame dell'Italia centralee settentrionale si possono classificare in tre gruppi, en-tro i quali pare che abbiano avuto corso, nel traffico co-mune, le stesse monete delle città etrusche ed umbre po-ste a settentrione della selva ciminia, le monete di Romae del Lazio e quelle del litorale orientale.Abbiamo già osservato che la moneta romana si raggua-glia coll'argento secondo il peso; noi troviamo invece lamoneta nel litorale orientale italico in una proporzionedeterminata colla moneta d'argento che era in corso datempo antico nell'Italia meridionale e il cui tipo fu adot-tato anche dagli immigrati italici, come ad esempio daiBruzi, dai Lucani, dai Nolani ed anche dalle colonie la-tine come Cales e Suessa e perfino dagli stessi Romaniper i loro possedimenti nell'Italia meridionale.Quindi, anche il traffico interno italico si sarà diviso suquei paesi, i quali commerciavano fra loro come popolistranieri.

9. Commercio marittimo.Le relazioni di commercio marittimo che esistevano,

370

del quarto secolo.E come tutti questi comuni esistevano in perfetta indi-pendenza gli uni accanto agli altri, così ovunque era lo-cale anche il tipo, ed ogni territorio di città costituiva unproprio territorio monetario.Ma i sistemi di monetazione di rame dell'Italia centralee settentrionale si possono classificare in tre gruppi, en-tro i quali pare che abbiano avuto corso, nel traffico co-mune, le stesse monete delle città etrusche ed umbre po-ste a settentrione della selva ciminia, le monete di Romae del Lazio e quelle del litorale orientale.Abbiamo già osservato che la moneta romana si raggua-glia coll'argento secondo il peso; noi troviamo invece lamoneta nel litorale orientale italico in una proporzionedeterminata colla moneta d'argento che era in corso datempo antico nell'Italia meridionale e il cui tipo fu adot-tato anche dagli immigrati italici, come ad esempio daiBruzi, dai Lucani, dai Nolani ed anche dalle colonie la-tine come Cales e Suessa e perfino dagli stessi Romaniper i loro possedimenti nell'Italia meridionale.Quindi, anche il traffico interno italico si sarà diviso suquei paesi, i quali commerciavano fra loro come popolistranieri.

9. Commercio marittimo.Le relazioni di commercio marittimo che esistevano,

370

Page 371: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

come abbiamo già accennato, tra la Sicilia ed il Lazio,tra l'Etruria e l'Attica e tra l'Adriatico e Taranto durava-no tuttavia, anzi esse appartengono più specialmente aquest'epoca; poichè, sebbene gli indizi di tali relazioni,che d'ordinario si trovano senza indicazione di tempo,siano stati riferiti, stante la complessità delle notizie,quando si parlò del precedente periodo storico, essi cer-tamente si riferiscono anche al periodo presente.E meglio di ogni altra cosa ce ne fanno prova natural-mente le monete. Come si trovano provate le relazionicommerciali tra gli Etruschi e l'Attica, e tra i Siculi e iLatini, dal conio delle monete etrusche d'argento sullabase del tipo attico e dalla introduzione del rame italicoe particolarmente latino in Sicilia, così è provato l'attivotraffico dei Greci della bassa Italia, e specialmente deiTarentini, col litorale dell'Italia orientale dall'accennatoragguaglio delle monete d'argento della Magna Greciacolla moneta di rame picena e apula, per tacere di altrinumerosi indizi.Invece il commercio tra i Latini ed i Greci della Campa-nia, che prima riscontravasi molto attivo, pare che siastato turbato dalla immigrazione sabellica, e che non siariuscito di molta importanza durante i primi centocin-quant'anni della repubblica; il rifiuto dei Sanniti di soc-correre i Romani stanziati in Capua ed in Cuma col lorograno nell'anno della carestia 343 = 411, ci fornirebbeuna traccia delle cambiate relazioni tra il Lazio e laCampania, sino a che nel principio del quinto secolo le

371

come abbiamo già accennato, tra la Sicilia ed il Lazio,tra l'Etruria e l'Attica e tra l'Adriatico e Taranto durava-no tuttavia, anzi esse appartengono più specialmente aquest'epoca; poichè, sebbene gli indizi di tali relazioni,che d'ordinario si trovano senza indicazione di tempo,siano stati riferiti, stante la complessità delle notizie,quando si parlò del precedente periodo storico, essi cer-tamente si riferiscono anche al periodo presente.E meglio di ogni altra cosa ce ne fanno prova natural-mente le monete. Come si trovano provate le relazionicommerciali tra gli Etruschi e l'Attica, e tra i Siculi e iLatini, dal conio delle monete etrusche d'argento sullabase del tipo attico e dalla introduzione del rame italicoe particolarmente latino in Sicilia, così è provato l'attivotraffico dei Greci della bassa Italia, e specialmente deiTarentini, col litorale dell'Italia orientale dall'accennatoragguaglio delle monete d'argento della Magna Greciacolla moneta di rame picena e apula, per tacere di altrinumerosi indizi.Invece il commercio tra i Latini ed i Greci della Campa-nia, che prima riscontravasi molto attivo, pare che siastato turbato dalla immigrazione sabellica, e che non siariuscito di molta importanza durante i primi centocin-quant'anni della repubblica; il rifiuto dei Sanniti di soc-correre i Romani stanziati in Capua ed in Cuma col lorograno nell'anno della carestia 343 = 411, ci fornirebbeuna traccia delle cambiate relazioni tra il Lazio e laCampania, sino a che nel principio del quinto secolo le

371

Page 372: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

armi romane rinnovellarono ed allargarono le antiche re-lazioni.Entrando nei particolari, ci sia ancora permesso di ac-cennare alla notizia conservataci dalla cronaca d'Ardeacome fatto desunto dalla storia del commercio romano,con l'indicazione dell'epoca, ciò che di rado occorre, checioè nell'anno 454 = 300 venne in Ardea, dalla Sicilia, ilprimo barbiere, e di fare altresì menzione dei vasi di ter-ra cotta dipinti, che si spedivano particolarmentedall'Attica come pure da Corcira e dalla Sicilia nella Lu-cania, nella Campania e nell'Etruria, e che servivano didecorazione alle celle mortuarie, articoli di commerciod'oltre mare di cui, più che di ogni altro della stessa spe-cie, noi abbiamo notizie.Questa importazione dev'essere cominciata verso il tem-po della cacciata dei Tarquinii, giacchè i vasi del più an-tico stile, che scarsi si trovano in Italia, debbono esserestati dipinti nella seconda metà del terzo secolo diRoma, mentre quelli dallo stile severo, che vi si trovaro-no in maggior copia, devono aver appartenuto alla pri-ma metà, e quelli di stile perfetto alla seconda metà delquarto secolo, e la sterminata massa degli altri vasi, chespesso si distinguono per magnificenza e per dimensio-ne, ma di rado per finezza di lavoro, si vogliono asse-gnare al secolo che venne di poi.E anche questo costume di ornare le celle mortuarie gliItalici lo derivarono dagli Elleni; ma i Greci, con i mo-

372

armi romane rinnovellarono ed allargarono le antiche re-lazioni.Entrando nei particolari, ci sia ancora permesso di ac-cennare alla notizia conservataci dalla cronaca d'Ardeacome fatto desunto dalla storia del commercio romano,con l'indicazione dell'epoca, ciò che di rado occorre, checioè nell'anno 454 = 300 venne in Ardea, dalla Sicilia, ilprimo barbiere, e di fare altresì menzione dei vasi di ter-ra cotta dipinti, che si spedivano particolarmentedall'Attica come pure da Corcira e dalla Sicilia nella Lu-cania, nella Campania e nell'Etruria, e che servivano didecorazione alle celle mortuarie, articoli di commerciod'oltre mare di cui, più che di ogni altro della stessa spe-cie, noi abbiamo notizie.Questa importazione dev'essere cominciata verso il tem-po della cacciata dei Tarquinii, giacchè i vasi del più an-tico stile, che scarsi si trovano in Italia, debbono esserestati dipinti nella seconda metà del terzo secolo diRoma, mentre quelli dallo stile severo, che vi si trovaro-no in maggior copia, devono aver appartenuto alla pri-ma metà, e quelli di stile perfetto alla seconda metà delquarto secolo, e la sterminata massa degli altri vasi, chespesso si distinguono per magnificenza e per dimensio-ne, ma di rado per finezza di lavoro, si vogliono asse-gnare al secolo che venne di poi.E anche questo costume di ornare le celle mortuarie gliItalici lo derivarono dagli Elleni; ma i Greci, con i mo-

372

Page 373: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

desti loro mezzi e col loro tatto squisito, lo contenneronei giusti limiti, mentre in Italia, con opulenza barbara econ barbaro lusso, se ne fece strabocchevole profusione.Ma è degno di nota, che i paesi in cui si riscontra talesovrabbondanza sono, in Italia, soltanto quelli dove tro-viamo una civiltà semi-ellenica, e chi sa leggere questascrittura storica riconoscerà nelle tombe degli Etruschi edei Campani, dalle quali si rifornirono i nostri musei, ilcommento parlante a quel che ci riferiscono gli antichisulla semiciviltà etrusca e campana soffocata dal rigo-glio delle ricchezze e della pompa. I costumi schietti deiSanniti, invece, si mantennero immuni da tale fasto in-sano; in questo paese la povertà del commercio e dellavita civile ci si manifesta sia per la mancanza di suppel-lettili ceramiche provenienti dalla Grecia ad ornamentodelle celle mortuarie, sia per la mancanza d'una propriamoneta sannitica.E deve sembrarci cosa anche più mirabile che lo stessoLazio, benchè distante dai Greci non più dell'Etruria edella Campania, benchè unito con essi in strettissime re-lazioni, si sia astenuto affatto del costume di ostentareornamenti nei suoi sepolcreti. Anche in ciò si deve rico-noscere l'influenza dei severi costumi romani, o almenodella rigida polizia dei Romani.E dalla polizia repubblicana certo dipendono, per lomeno in virtù della legge sui buoni costumi e del timoredella denuncia censoria, le già accennate proibizioni

373

desti loro mezzi e col loro tatto squisito, lo contenneronei giusti limiti, mentre in Italia, con opulenza barbara econ barbaro lusso, se ne fece strabocchevole profusione.Ma è degno di nota, che i paesi in cui si riscontra talesovrabbondanza sono, in Italia, soltanto quelli dove tro-viamo una civiltà semi-ellenica, e chi sa leggere questascrittura storica riconoscerà nelle tombe degli Etruschi edei Campani, dalle quali si rifornirono i nostri musei, ilcommento parlante a quel che ci riferiscono gli antichisulla semiciviltà etrusca e campana soffocata dal rigo-glio delle ricchezze e della pompa. I costumi schietti deiSanniti, invece, si mantennero immuni da tale fasto in-sano; in questo paese la povertà del commercio e dellavita civile ci si manifesta sia per la mancanza di suppel-lettili ceramiche provenienti dalla Grecia ad ornamentodelle celle mortuarie, sia per la mancanza d'una propriamoneta sannitica.E deve sembrarci cosa anche più mirabile che lo stessoLazio, benchè distante dai Greci non più dell'Etruria edella Campania, benchè unito con essi in strettissime re-lazioni, si sia astenuto affatto del costume di ostentareornamenti nei suoi sepolcreti. Anche in ciò si deve rico-noscere l'influenza dei severi costumi romani, o almenodella rigida polizia dei Romani.E dalla polizia repubblicana certo dipendono, per lomeno in virtù della legge sui buoni costumi e del timoredella denuncia censoria, le già accennate proibizioni

373

Page 374: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

contenute nella legge delle dodici tavole contro le coltriporporine ed i gioielli d'oro nei corredi funebri, e laproibizione di tutte le suppellettili d'argento ad eccezio-ne della saliera e della patera dei sagrifizi, tra gli utensilidomestici; e noi troveremo anche nell'architettura lostesso concetto, contrario ad ogni lusso sia popolare chepatrizio.Ma anche quando si riconosca che Roma, mercè le sueleggi e i costumi del patriziato, conservò più a lungo diVolsinio e di Capua una tale semplicità, non si potrà per-ciò credere che fossero di poco momento i suoi com-merci e le sue industrie, sulle quali, non meno chesull'agricoltura, si fondavano in origine la prosperità diRoma, e che certo avranno sentito il vivificante influssodella nuova potenza a cui veniva assurgendo lo stato.

10. Economia patrimoniale dei Romani.È vero che a Roma non si riuscì ad ottenere la costitu-zione d'una classe media, di un ceto indipendente dioperai e di mercanti. Oltre lo sproporzionato concentra-mento delle ricchezze che non tardò molto a manifestar-si, la causa principale ne era l'economia degli schiavi.Nei tempi antichi era costume, e fu questa una necessa-ria conseguenza della schiavitù, che, in città, le piccolefaccende si eseguissero dagli schiavi i quali venivanoassunti dai loro padroni come operai, o come commessidi negozio, e più spesso dai liberti, cui il padrone som-ministrava il capitale occorrente per la speculazione, ri-

374

contenute nella legge delle dodici tavole contro le coltriporporine ed i gioielli d'oro nei corredi funebri, e laproibizione di tutte le suppellettili d'argento ad eccezio-ne della saliera e della patera dei sagrifizi, tra gli utensilidomestici; e noi troveremo anche nell'architettura lostesso concetto, contrario ad ogni lusso sia popolare chepatrizio.Ma anche quando si riconosca che Roma, mercè le sueleggi e i costumi del patriziato, conservò più a lungo diVolsinio e di Capua una tale semplicità, non si potrà per-ciò credere che fossero di poco momento i suoi com-merci e le sue industrie, sulle quali, non meno chesull'agricoltura, si fondavano in origine la prosperità diRoma, e che certo avranno sentito il vivificante influssodella nuova potenza a cui veniva assurgendo lo stato.

10. Economia patrimoniale dei Romani.È vero che a Roma non si riuscì ad ottenere la costitu-zione d'una classe media, di un ceto indipendente dioperai e di mercanti. Oltre lo sproporzionato concentra-mento delle ricchezze che non tardò molto a manifestar-si, la causa principale ne era l'economia degli schiavi.Nei tempi antichi era costume, e fu questa una necessa-ria conseguenza della schiavitù, che, in città, le piccolefaccende si eseguissero dagli schiavi i quali venivanoassunti dai loro padroni come operai, o come commessidi negozio, e più spesso dai liberti, cui il padrone som-ministrava il capitale occorrente per la speculazione, ri-

374

Page 375: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cevendo una porzione degli utili, non di rado la metà.Le piccole industrie ed il minuto commercio, in Roma,erano senza dubbio in continuo incremento, e vi sonodocumenti i quali attestano come gli artigiani fabbrican-ti di oggetti voluttuari, cominciassero a concentrarsi inRoma; così ad esempio il cofanetto del Ficoroni, vendu-to a Preneste, fu fabbricato a Roma nel quinto secolo daun mastro prenestino(57).Siccome però il ricavo netto, anche delle piccole indu-strie, affluiva per la massima parte nelle casse dellegrandi famiglie, così il ceto industriale e commercialenon guadagnava in proporzione della classe più elevatae non potè proporzionalmente svilupparsi. Anzi, i com-mercianti all'ingrosso ed i maggiori industriali venivanoad essere quasi sempre i proprietari dei latifondi. Da unlato questi ultimi, fin dalle prime età, maneggiavano neltempo stesso i commerci, e accumulavano i capitali, eperciò venivano nelle loro mani i prestiti ipotecari, ilgrosso commercio, le forniture ed i lavori per lo stato.Dall'altro lato, stante la grande importanza morale attri-buita dalla repubblica alla proprietà fondiaria e ai privi-legi politici che vi erano annessi, e che subirono qualcherestrizione soltanto verso la fine di quest'epoca, era sen-za dubbio cosa consueta, che il mercante arricchito fis-

57 La supposizione che l'artefice Novio Plauzio, il quale ha lavorato in Romaa questo cofanetto per la Dindia Macolnia, fosse un campano, è contrad-detta dalle antiche lapidi sepolcrali di Preneste trovate recentemente, e sul-le quali con altri Macolni e Plauzii si legge il nome anche d'un Lucio Mu-gulnio figlio di Plauzio (L. Magolnio Pla. f.). [Cfr. nota 72].

375

cevendo una porzione degli utili, non di rado la metà.Le piccole industrie ed il minuto commercio, in Roma,erano senza dubbio in continuo incremento, e vi sonodocumenti i quali attestano come gli artigiani fabbrican-ti di oggetti voluttuari, cominciassero a concentrarsi inRoma; così ad esempio il cofanetto del Ficoroni, vendu-to a Preneste, fu fabbricato a Roma nel quinto secolo daun mastro prenestino(57).Siccome però il ricavo netto, anche delle piccole indu-strie, affluiva per la massima parte nelle casse dellegrandi famiglie, così il ceto industriale e commercialenon guadagnava in proporzione della classe più elevatae non potè proporzionalmente svilupparsi. Anzi, i com-mercianti all'ingrosso ed i maggiori industriali venivanoad essere quasi sempre i proprietari dei latifondi. Da unlato questi ultimi, fin dalle prime età, maneggiavano neltempo stesso i commerci, e accumulavano i capitali, eperciò venivano nelle loro mani i prestiti ipotecari, ilgrosso commercio, le forniture ed i lavori per lo stato.Dall'altro lato, stante la grande importanza morale attri-buita dalla repubblica alla proprietà fondiaria e ai privi-legi politici che vi erano annessi, e che subirono qualcherestrizione soltanto verso la fine di quest'epoca, era sen-za dubbio cosa consueta, che il mercante arricchito fis-

57 La supposizione che l'artefice Novio Plauzio, il quale ha lavorato in Romaa questo cofanetto per la Dindia Macolnia, fosse un campano, è contrad-detta dalle antiche lapidi sepolcrali di Preneste trovate recentemente, e sul-le quali con altri Macolni e Plauzii si legge il nome anche d'un Lucio Mu-gulnio figlio di Plauzio (L. Magolnio Pla. f.). [Cfr. nota 72].

375

Page 376: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sasse in Roma la sua stabile dimora, colla maggior partedelle sue ricchezze.E dalle prerogative accordate ai liberti che pigliavano inRoma stabile domicilio si può assai bene arguire comela politica romana mirasse a ridurre, in questo modo, lapericolosa classe dei ricchi, non proprietari fondiari.

11. Il grandioso sviluppo di Roma.Ma sebbene in Roma non si fosse, fino da questi tempi,formato un ricco ceto medio cittadino, e meno ancorauna vera classe di capitalisti, la città andava nondimenoprendendo sempre più un aspetto grandioso.E ne è indizio evidente l'accresciuto numero degli schia-vi, che vennero addensandosi nella capitale, di che ab-biamo un primo segno nella gravissima congiuradell'anno 335 = 419, e una prova ancora più chiara nellacrescente moltitudine dei liberti, che a poco a poco sivenne rendendo molesta e pericolosa; il quale fatto nonpuò essere messo in dubbio da chi ricordi la grave impo-sta dell'anno 397 = 357 sulle emancipazioni, e l'altrodella restrizione dei diritti politici degli emancipati av-venuta l'anno 450 = 304.Poichè non era solo per la necessità delle cose, che lamaggior parte dei liberti era obbligata a dedicarsiall'industria ed al commercio, ma presso i Romanil'emancipazione era, come si notò, piuttosto una specu-lazione industriale che un atto di liberalità, giacchè il

376

sasse in Roma la sua stabile dimora, colla maggior partedelle sue ricchezze.E dalle prerogative accordate ai liberti che pigliavano inRoma stabile domicilio si può assai bene arguire comela politica romana mirasse a ridurre, in questo modo, lapericolosa classe dei ricchi, non proprietari fondiari.

11. Il grandioso sviluppo di Roma.Ma sebbene in Roma non si fosse, fino da questi tempi,formato un ricco ceto medio cittadino, e meno ancorauna vera classe di capitalisti, la città andava nondimenoprendendo sempre più un aspetto grandioso.E ne è indizio evidente l'accresciuto numero degli schia-vi, che vennero addensandosi nella capitale, di che ab-biamo un primo segno nella gravissima congiuradell'anno 335 = 419, e una prova ancora più chiara nellacrescente moltitudine dei liberti, che a poco a poco sivenne rendendo molesta e pericolosa; il quale fatto nonpuò essere messo in dubbio da chi ricordi la grave impo-sta dell'anno 397 = 357 sulle emancipazioni, e l'altrodella restrizione dei diritti politici degli emancipati av-venuta l'anno 450 = 304.Poichè non era solo per la necessità delle cose, che lamaggior parte dei liberti era obbligata a dedicarsiall'industria ed al commercio, ma presso i Romanil'emancipazione era, come si notò, piuttosto una specu-lazione industriale che un atto di liberalità, giacchè il

376

Page 377: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

padrone, partecipando agli utili dell'industria e del com-mercio esercitato dai liberti, vi trovava spesso il suo tor-naconto assai meglio che nel diritto a tutta la renditanetta derivante dal lavoro dello schiavo. È chiaro che,perciò, l'aumento delle manumissioni deve aver proce-duto di pari passo coll'aumento dell'attività commercialeed industriale dei Romani.Un altro indizio della crescente importanza, che per po-polazione e per attività andava prendendo la città diRoma, ce lo fornisce anche lo sviluppo della polizia ur-bana. A questi tempi risale certamente, almeno nelle sueprime linee, la divisione della città in quattro distretti dipolizia per opera dei quattro edili. A questi incombevala cura dell'importante, e a un tempo difficile, manuten-zione della rete delle grandi e piccole cloache, che attra-versavano Roma in tutti i sensi, ed anche dei pubbliciedifizi e delle pubbliche piazze; ad essi la cura della sel-ciatura occorrente e della pulizia stradale, dell'abbatti-mento degli edifizi minaccianti rovina, dell'allontana-mento degli animali pericolosi e dei cattivi odori, e cosìdelle vetture, eccettuate le ore serali e notturne.In generale spettava a questi edili mantenere libere lecomunicazioni, provvedere il mercato della capitale conbuoni cereali a prezzo equo, distruggere le derrate noci-ve alla salute, verificare i pesi e le misure, sorvegliare ibagni, le osterie, le case di malaffare.Rispetto all'architettura, durante il periodo dei re, e spe-

377

padrone, partecipando agli utili dell'industria e del com-mercio esercitato dai liberti, vi trovava spesso il suo tor-naconto assai meglio che nel diritto a tutta la renditanetta derivante dal lavoro dello schiavo. È chiaro che,perciò, l'aumento delle manumissioni deve aver proce-duto di pari passo coll'aumento dell'attività commercialeed industriale dei Romani.Un altro indizio della crescente importanza, che per po-polazione e per attività andava prendendo la città diRoma, ce lo fornisce anche lo sviluppo della polizia ur-bana. A questi tempi risale certamente, almeno nelle sueprime linee, la divisione della città in quattro distretti dipolizia per opera dei quattro edili. A questi incombevala cura dell'importante, e a un tempo difficile, manuten-zione della rete delle grandi e piccole cloache, che attra-versavano Roma in tutti i sensi, ed anche dei pubbliciedifizi e delle pubbliche piazze; ad essi la cura della sel-ciatura occorrente e della pulizia stradale, dell'abbatti-mento degli edifizi minaccianti rovina, dell'allontana-mento degli animali pericolosi e dei cattivi odori, e cosìdelle vetture, eccettuate le ore serali e notturne.In generale spettava a questi edili mantenere libere lecomunicazioni, provvedere il mercato della capitale conbuoni cereali a prezzo equo, distruggere le derrate noci-ve alla salute, verificare i pesi e le misure, sorvegliare ibagni, le osterie, le case di malaffare.Rispetto all'architettura, durante il periodo dei re, e spe-

377

Page 378: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

cialmente ai tempi delle grandi conquiste, deve essersifatto assai più che nei due primi secoli della repubblica.I monumenti del fasto regale, come i templi del Campi-doglio e sull'Aventino, e la gran piazza dei giuochi, do-vettero essere per lungo tempo riguardati con orrore daipatrizi non meno che dai cittadini soggetti alle presta-zioni personali; ed è degno di nota che l'edifizio forsepiù ragguardevole dei tempi repubblicani, prima dellaguerra sannitica, fu il tempio di Cerere, opera di SpurioCassio (261 = 493), il quale aveva in animo, dicono, diricondurre Roma alle tradizioni della monarchia.L'aristocrazia, che reggeva il governo della repubblica,stringeva il freno anche al lusso dei privati con una se-verità che certo non avrebbe usata la monarchia, se fos-se durata.Ma, a lungo andare, nemmeno il rigido senato potè por-re argine alle crescenti ed imperiose esigenze del pro-gresso. Appio Claudio fu quegli che nella sua memora-bile censura bandì il vecchio costume contadino di teso-rizzare il denaro seppellendolo, e insegnò ai suoi concit-tadini come si potessero degnamente e fruttuosamenteusare le pubbliche ricchezze. Egli inaugurò il magnificosistema di innalzare edifizi pubblici ad uso comune, iquali anche oggi, colle loro grandi rovine danno a queglistessi, che non hanno mai letto una pagina di storia ro-mana, un meraviglioso concetto della romana grandez-za, e giustificano, se vi ha qualche cosa che possa giusti-ficarli, i successi militari anche sotto l’aspetto della pro-

378

cialmente ai tempi delle grandi conquiste, deve essersifatto assai più che nei due primi secoli della repubblica.I monumenti del fasto regale, come i templi del Campi-doglio e sull'Aventino, e la gran piazza dei giuochi, do-vettero essere per lungo tempo riguardati con orrore daipatrizi non meno che dai cittadini soggetti alle presta-zioni personali; ed è degno di nota che l'edifizio forsepiù ragguardevole dei tempi repubblicani, prima dellaguerra sannitica, fu il tempio di Cerere, opera di SpurioCassio (261 = 493), il quale aveva in animo, dicono, diricondurre Roma alle tradizioni della monarchia.L'aristocrazia, che reggeva il governo della repubblica,stringeva il freno anche al lusso dei privati con una se-verità che certo non avrebbe usata la monarchia, se fos-se durata.Ma, a lungo andare, nemmeno il rigido senato potè por-re argine alle crescenti ed imperiose esigenze del pro-gresso. Appio Claudio fu quegli che nella sua memora-bile censura bandì il vecchio costume contadino di teso-rizzare il denaro seppellendolo, e insegnò ai suoi concit-tadini come si potessero degnamente e fruttuosamenteusare le pubbliche ricchezze. Egli inaugurò il magnificosistema di innalzare edifizi pubblici ad uso comune, iquali anche oggi, colle loro grandi rovine danno a queglistessi, che non hanno mai letto una pagina di storia ro-mana, un meraviglioso concetto della romana grandez-za, e giustificano, se vi ha qualche cosa che possa giusti-ficarli, i successi militari anche sotto l’aspetto della pro-

378

Page 379: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sperità dei popoli.Ad Appio la repubblica va debitrice della prima grandestrada militare, e la città, del primo acquedotto.Seguendo l'esempio di Claudio, il senato romano cinsel'Italia con quella rete di strade e di fortezze, di cui no-tammo a mano a mano la fondazione, e senza le quali,come insegna la storia di tutti gli stati militari, comin-ciando dagli Achemenidi sino al creatore della stradadel Sempione, non può consolidarsi alcuna egemoniamilitare.Seguendo l'esempio di Claudio, Manio Curio fece co-struire il secondo magnifico acquedotto colla somma ri-cavata dalla vendita del bottino fatto nella guerra pirrica(482 = 272) e già da alcuni anni prima (464 = 290), lostesso Curio, col prodotto della guerra contro i Sabini,aveva aperto al fiume Velino, là dove superiormente aTerni le sue acque precipitano nella Nera, quel più largoletto, nel quale scorrono ancora oggi, guadagnando, colprosciugamento della bella valle di Rieti, il terreno peruna grande colonia cittadina e per procacciare a se stes-so anche una modesta tenuta agricola. Opere siffatteeclissavano, anche a giudizio degli uomini di senno,l'infeconda sontuosità dei templi ellenici.Gli stessi costumi subirono, in quest'età, non lievi muta-menti. Ai tempi di Pirro si cominciarono a vedere sullemense romane i primi vassoi d'argento(58) e gli annalisti,

58 Abbiamo già fatto menzione della nota censoria apposta a carico di Publio

379

sperità dei popoli.Ad Appio la repubblica va debitrice della prima grandestrada militare, e la città, del primo acquedotto.Seguendo l'esempio di Claudio, il senato romano cinsel'Italia con quella rete di strade e di fortezze, di cui no-tammo a mano a mano la fondazione, e senza le quali,come insegna la storia di tutti gli stati militari, comin-ciando dagli Achemenidi sino al creatore della stradadel Sempione, non può consolidarsi alcuna egemoniamilitare.Seguendo l'esempio di Claudio, Manio Curio fece co-struire il secondo magnifico acquedotto colla somma ri-cavata dalla vendita del bottino fatto nella guerra pirrica(482 = 272) e già da alcuni anni prima (464 = 290), lostesso Curio, col prodotto della guerra contro i Sabini,aveva aperto al fiume Velino, là dove superiormente aTerni le sue acque precipitano nella Nera, quel più largoletto, nel quale scorrono ancora oggi, guadagnando, colprosciugamento della bella valle di Rieti, il terreno peruna grande colonia cittadina e per procacciare a se stes-so anche una modesta tenuta agricola. Opere siffatteeclissavano, anche a giudizio degli uomini di senno,l'infeconda sontuosità dei templi ellenici.Gli stessi costumi subirono, in quest'età, non lievi muta-menti. Ai tempi di Pirro si cominciarono a vedere sullemense romane i primi vassoi d'argento(58) e gli annalisti,

58 Abbiamo già fatto menzione della nota censoria apposta a carico di Publio

379

Page 380: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sotto l'anno 470 = 284, notano che si cominciarono a so-stituire le tettoie di legno. La nuova capitale d'Italia infi-ne smise a poco a poco il suo aspetto villereccio e sivenne abbellendo.A dir vero, non era ancora invalso il costume di spoglia-re i templi delle città conquistate dei loro ornamenti perarricchirne Roma. Ma sulla tribuna del foro romano giàfacevano mostra di sè i rostri delle galere d'Anzio e neigiorni festivi brillavano sotto i loggiati del foro gli scudidalle intarsiature dorate raccolti sui campi di battagliadel Sannio.I proventi che si ottenevano dalle multe inflitte per delit-ti e trasgressioni, servivano, prima di tutto, per la lastri-catura delle strade nell'interno e fuori della città, o per lacostruzione e l'ornamento dei pubblici edifizi. Alle ba-racche di legno dei macellai, che si schieravano daambo le parti lungo il foro, furono sostituiti i loggiati dipietra dei cambiavalute prima dalla parte palatina, poianche da quella rivolta alle Carine, onde questa piazzadivenne la borsa romana.Sulla rocca e sul foro romano furono collocate le statuedegli uomini celebri defunti, dei re, dei sacerdoti e deglieroi dei tempi favolosi, dell'ospite greco, che, come si

Cornelio Rufino (console del 464, 477 = 290, 277) per le suppellettilid'argento. La strana notizia raccolta da FABIO (in STRABONE, 5, p. 228), che iRomani si fossero per la prima volta lasciati andare alle tentazioni del lus-so dopo la vittoria riportata sui Sabini è, a non dubitarne, nulla più che unaversione dello stesso aneddoto nella storia, giacchè il soggiogamento deiSabini cade appunto nel primo consolato di Rufino.

380

sotto l'anno 470 = 284, notano che si cominciarono a so-stituire le tettoie di legno. La nuova capitale d'Italia infi-ne smise a poco a poco il suo aspetto villereccio e sivenne abbellendo.A dir vero, non era ancora invalso il costume di spoglia-re i templi delle città conquistate dei loro ornamenti perarricchirne Roma. Ma sulla tribuna del foro romano giàfacevano mostra di sè i rostri delle galere d'Anzio e neigiorni festivi brillavano sotto i loggiati del foro gli scudidalle intarsiature dorate raccolti sui campi di battagliadel Sannio.I proventi che si ottenevano dalle multe inflitte per delit-ti e trasgressioni, servivano, prima di tutto, per la lastri-catura delle strade nell'interno e fuori della città, o per lacostruzione e l'ornamento dei pubblici edifizi. Alle ba-racche di legno dei macellai, che si schieravano daambo le parti lungo il foro, furono sostituiti i loggiati dipietra dei cambiavalute prima dalla parte palatina, poianche da quella rivolta alle Carine, onde questa piazzadivenne la borsa romana.Sulla rocca e sul foro romano furono collocate le statuedegli uomini celebri defunti, dei re, dei sacerdoti e deglieroi dei tempi favolosi, dell'ospite greco, che, come si

Cornelio Rufino (console del 464, 477 = 290, 277) per le suppellettilid'argento. La strana notizia raccolta da FABIO (in STRABONE, 5, p. 228), che iRomani si fossero per la prima volta lasciati andare alle tentazioni del lus-so dopo la vittoria riportata sui Sabini è, a non dubitarne, nulla più che unaversione dello stesso aneddoto nella storia, giacchè il soggiogamento deiSabini cade appunto nel primo consolato di Rufino.

380

Page 381: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pretende, interpretò ai decemviri le leggi di Solone, lestatue d'onore ed i monumenti dei consoli insigni cheavevano vinti i Veienti, i Latini, i Sanniti, quelle degliambasciatori che perdettero la vita eseguendo la loromissione, quelle delle ricche matrone che avevano la-sciato il loro patrimonio alla patria e persino quelle deifilosofi e degli eroi celebri della Grecia come ad esem-pio Pitagora e Alcibiade.Così, dopo che la repubblica era diventata una grandepotenza, Roma prese anch'essa l'aspetto di una grandecittà.

12. Monete d'argento.Finalmente anche rispetto alla moneta Roma, come capodella federazione romano italica, entrò a parte del siste-ma greco a quel modo che era stata ammessa, di neces-sità, nel sistema politico del mondo ellenico.Fino a quel tempo i diversi comuni dell'Italia settentrio-nale e media, con poche eccezioni, avevano battuto sol-tanto monete di rame; le città dell'Italia meridionale in-vece, senza eccezione, avevano coniato monete d'argen-to, e tanti erano i tipi ed i sistemi legali delle monetequanti erano in Italia gli stati sovrani. Nell'anno 485 =269 tutte queste zecche si limitarono a coniare monetespicciole, e fu adottato un solo tipo monetario per tuttaItalia, il quale non si coniò più che in Roma. Capua solaconservò una sua propria moneta d'argento sotto un

381

pretende, interpretò ai decemviri le leggi di Solone, lestatue d'onore ed i monumenti dei consoli insigni cheavevano vinti i Veienti, i Latini, i Sanniti, quelle degliambasciatori che perdettero la vita eseguendo la loromissione, quelle delle ricche matrone che avevano la-sciato il loro patrimonio alla patria e persino quelle deifilosofi e degli eroi celebri della Grecia come ad esem-pio Pitagora e Alcibiade.Così, dopo che la repubblica era diventata una grandepotenza, Roma prese anch'essa l'aspetto di una grandecittà.

12. Monete d'argento.Finalmente anche rispetto alla moneta Roma, come capodella federazione romano italica, entrò a parte del siste-ma greco a quel modo che era stata ammessa, di neces-sità, nel sistema politico del mondo ellenico.Fino a quel tempo i diversi comuni dell'Italia settentrio-nale e media, con poche eccezioni, avevano battuto sol-tanto monete di rame; le città dell'Italia meridionale in-vece, senza eccezione, avevano coniato monete d'argen-to, e tanti erano i tipi ed i sistemi legali delle monetequanti erano in Italia gli stati sovrani. Nell'anno 485 =269 tutte queste zecche si limitarono a coniare monetespicciole, e fu adottato un solo tipo monetario per tuttaItalia, il quale non si coniò più che in Roma. Capua solaconservò una sua propria moneta d'argento sotto un

381

Page 382: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nome romano sì, ma su un altro tipo. Il nuovo sistemamonetario era fondato su una proporzione legale dei duemetalli, stabilita da lungo tempo.La comune unità monetaria era il pezzo da dieci assi,ossia il denario, che in rame pesava tre libbre e un terzoromane, in argento 1/72 di libbra romana, poco più delladramma attica. Da principio prevaleva ancora l'anticoconio delle monete di rame, ed è probabile che le primemonete d'argento siano state coniate specialmente per labassa Italia e pel traffico coll'estero.Nel tempo stesso, però, che le vittorie riportate dai Ro-mani sopra il re Pirro e sopra Taranto, e l'ambasceria in-viata dai Romani ad Alessandria avranno cominciato amettere in gravi pensieri gli uomini di stato dell'Ellade,anche l'avveduto commerciante greco avrà guardato connon poco sospetto quelle nuove dramme romane, il cuiconio piatto, uniforme e antiartistico era senza dubbiogretto e senza appariscenza in confronto di quello dellecontemporanee monete di Pirro e dei Siculi, meraviglio-samente belle, ma che nondimeno erano state copiateservilmente dai tipi greci, come solevano fare i barbari,e che, mercè la buona lega e il conio sincero, potevanoreggere, fin da allora, al paragone di qualunque monetagreca.

13. Diffusione della nazionalità latina.Se quindi dalle rivoluzioni degli stati, dalle lotte dei po-

382

nome romano sì, ma su un altro tipo. Il nuovo sistemamonetario era fondato su una proporzione legale dei duemetalli, stabilita da lungo tempo.La comune unità monetaria era il pezzo da dieci assi,ossia il denario, che in rame pesava tre libbre e un terzoromane, in argento 1/72 di libbra romana, poco più delladramma attica. Da principio prevaleva ancora l'anticoconio delle monete di rame, ed è probabile che le primemonete d'argento siano state coniate specialmente per labassa Italia e pel traffico coll'estero.Nel tempo stesso, però, che le vittorie riportate dai Ro-mani sopra il re Pirro e sopra Taranto, e l'ambasceria in-viata dai Romani ad Alessandria avranno cominciato amettere in gravi pensieri gli uomini di stato dell'Ellade,anche l'avveduto commerciante greco avrà guardato connon poco sospetto quelle nuove dramme romane, il cuiconio piatto, uniforme e antiartistico era senza dubbiogretto e senza appariscenza in confronto di quello dellecontemporanee monete di Pirro e dei Siculi, meraviglio-samente belle, ma che nondimeno erano state copiateservilmente dai tipi greci, come solevano fare i barbari,e che, mercè la buona lega e il conio sincero, potevanoreggere, fin da allora, al paragone di qualunque monetagreca.

13. Diffusione della nazionalità latina.Se quindi dalle rivoluzioni degli stati, dalle lotte dei po-

382

Page 383: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

poli per il dominio e per la libertà, che agitarono l'Italiae Roma per tutto il procelloso periodo che va dalla cac-ciata dei Tarquini fino al soggiogamento dei Sanniti edei Greci italici, si volge lo sguardo ai più intimi pene-trali della società umana, in cui pur s'insinua fatalmentel'influsso della politica, noi vi incontriamo ad ogni passogli effetti dei grandi avvenimenti, per cui i Romani rup-pero i legami del regime dinastico e per cui vennero sca-dendo tante civiltà e libertà nazionali per raccogliere tut-te le loro ricchezze su un popolo solo.Sebbene lo storico non debba proporsi di seguire tutte letracce di questa meravigliosa vicenda di casi nella infi-nita varietà delle forme individuali, egli non esorbitaperò dal suo uffizio qualora, impadronendosi dei residuiframmenti delle disperse tradizioni, cerca di trarne, perinduzione, qualche indizio di principali mutamenti cau-sati da sì vasti rivolgimenti nell'intima vita del popoloitalico.E se in questa indagine si assegna il primo posto allabiografia del popolo romano, non si deve credere checiò derivi solo dalle lacune delle tradizioni e della storia,ma piuttosto dalla mutata condizione delle cose, in forzadelle quali la nazionalità latina comincia ad eclissaretutte le altre nazionalità italiche.Abbiamo già notato che in quest'epoca i paesi limitrofi aRoma, come l'Etruria meridionale, la Sabina, il paesedei Volsci e persino la Campania, cominciarono a roma-

383

poli per il dominio e per la libertà, che agitarono l'Italiae Roma per tutto il procelloso periodo che va dalla cac-ciata dei Tarquini fino al soggiogamento dei Sanniti edei Greci italici, si volge lo sguardo ai più intimi pene-trali della società umana, in cui pur s'insinua fatalmentel'influsso della politica, noi vi incontriamo ad ogni passogli effetti dei grandi avvenimenti, per cui i Romani rup-pero i legami del regime dinastico e per cui vennero sca-dendo tante civiltà e libertà nazionali per raccogliere tut-te le loro ricchezze su un popolo solo.Sebbene lo storico non debba proporsi di seguire tutte letracce di questa meravigliosa vicenda di casi nella infi-nita varietà delle forme individuali, egli non esorbitaperò dal suo uffizio qualora, impadronendosi dei residuiframmenti delle disperse tradizioni, cerca di trarne, perinduzione, qualche indizio di principali mutamenti cau-sati da sì vasti rivolgimenti nell'intima vita del popoloitalico.E se in questa indagine si assegna il primo posto allabiografia del popolo romano, non si deve credere checiò derivi solo dalle lacune delle tradizioni e della storia,ma piuttosto dalla mutata condizione delle cose, in forzadelle quali la nazionalità latina comincia ad eclissaretutte le altre nazionalità italiche.Abbiamo già notato che in quest'epoca i paesi limitrofi aRoma, come l'Etruria meridionale, la Sabina, il paesedei Volsci e persino la Campania, cominciarono a roma-

383

Page 384: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nizzarsi e lo prova la quasi assoluta mancanza di monu-menti linguistici degli antichi dialetti popolari, come loprovano le antichissime iscrizioni romane che si rinven-gono in queste regioni. Le molte terre assegnate qua e làper tutta l'Italia a coltivatori romani e le colonie fondatein tutte le regioni italiche erano gli avamposti della stir-pe latina non solamente sotto i rispetti militari, ma an-che sotto quelli della lingua e della nazionalità.Vero è che la politica dei Romani non doveva mirare al-lora, ad estendere il nome latino; anzi pare che il senatoromano abbia favorita e mantenuta la segregazione dellagente latina di fronte alle altre genti italiche, e che nonabbia concesso, senza restrizioni e difficoltà, l'introdu-zione della lingua latina nell'uso ufficiale degli stati di-pendenti da Roma. Ma la necessità delle cose è assai piùpotente di qualsiasi potente governo; e col prevalered'un popolo latino acquistarono tosto il primato in Italiaanche i suoi costumi e la sua favella che cominciarono asostituirsi a quelli delle altre stirpi italiche.

14. Penetrazione dell'ellenismo in Italia.Ad accelerarne la decadenza, si aggiunse nel tempostesso un'altra e diversa preponderanza, quella dei Gre-ci. Era appunto allora il tempo in cui gli Elleni, acqui-stata ormai la piena consapevolezza della loro superiori-tà intellettuale su tutti gli altri popoli, facevano ovunqueuna propaganda irresistibile. E anche l'Italia la subì,come ne fa prova l'Apulia, che dal quinto secolo di

384

nizzarsi e lo prova la quasi assoluta mancanza di monu-menti linguistici degli antichi dialetti popolari, come loprovano le antichissime iscrizioni romane che si rinven-gono in queste regioni. Le molte terre assegnate qua e làper tutta l'Italia a coltivatori romani e le colonie fondatein tutte le regioni italiche erano gli avamposti della stir-pe latina non solamente sotto i rispetti militari, ma an-che sotto quelli della lingua e della nazionalità.Vero è che la politica dei Romani non doveva mirare al-lora, ad estendere il nome latino; anzi pare che il senatoromano abbia favorita e mantenuta la segregazione dellagente latina di fronte alle altre genti italiche, e che nonabbia concesso, senza restrizioni e difficoltà, l'introdu-zione della lingua latina nell'uso ufficiale degli stati di-pendenti da Roma. Ma la necessità delle cose è assai piùpotente di qualsiasi potente governo; e col prevalered'un popolo latino acquistarono tosto il primato in Italiaanche i suoi costumi e la sua favella che cominciarono asostituirsi a quelli delle altre stirpi italiche.

14. Penetrazione dell'ellenismo in Italia.Ad accelerarne la decadenza, si aggiunse nel tempostesso un'altra e diversa preponderanza, quella dei Gre-ci. Era appunto allora il tempo in cui gli Elleni, acqui-stata ormai la piena consapevolezza della loro superiori-tà intellettuale su tutti gli altri popoli, facevano ovunqueuna propaganda irresistibile. E anche l'Italia la subì,come ne fa prova l'Apulia, che dal quinto secolo di

384

Page 385: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma in poi, abbandonato a poco a poco il suo barbaroidioma, chetamente si ellenizzò. Questa espansione del-la lingua e della civiltà greca non avveniva per importa-zione e per la fondazione di nuove colonie, ma piutto-sto, come già si era verificato nella Macedonia enell'Epiro, per la stessa forza di penetrazione della civil-tà la quale pareva seguire a mano a mano i progressi delcommercio continentale dei Tarentini. A prova della ve-rità di questa supposizione basterà osservare che i paesidei Pediculi e dei Dauni, alleati e soci dei Tarentini, siellenizzarono più compiutamente che non quello dei Sa-lentini, il quale, quantunque più vicino a Taranto, nonaveva mai lasciato di essere in contrasto con esso, e chele prime città ellenizzate, come ad esempio Arpi, nonerano in riva al mare.Perchè poi l'ellenismo prevalesse più presto in Apuliache in qualunque altro paese italico, è spiegato in partecon la posizione geografica di quella regione, in partecon la poca saldezza della sua coltura nazionale e in par-te ancora dall'origine delle sue genti, più affini allaschiatta greca di tutte le altre genti italiche che le stava-no a contatto.Ma noi abbiamo già osservato che anche le schiatte sa-belliche meridionali, benchè da principio facessero agara coi tiranni di Siracusa per combattere e sradicarel'ellenismo dalla Magna Grecia, nondimeno a forza diconvivere e di commerciare con i Greci, presero a par-larne la lingua alternandola col proprio dialetto, come

385

Roma in poi, abbandonato a poco a poco il suo barbaroidioma, chetamente si ellenizzò. Questa espansione del-la lingua e della civiltà greca non avveniva per importa-zione e per la fondazione di nuove colonie, ma piutto-sto, come già si era verificato nella Macedonia enell'Epiro, per la stessa forza di penetrazione della civil-tà la quale pareva seguire a mano a mano i progressi delcommercio continentale dei Tarentini. A prova della ve-rità di questa supposizione basterà osservare che i paesidei Pediculi e dei Dauni, alleati e soci dei Tarentini, siellenizzarono più compiutamente che non quello dei Sa-lentini, il quale, quantunque più vicino a Taranto, nonaveva mai lasciato di essere in contrasto con esso, e chele prime città ellenizzate, come ad esempio Arpi, nonerano in riva al mare.Perchè poi l'ellenismo prevalesse più presto in Apuliache in qualunque altro paese italico, è spiegato in partecon la posizione geografica di quella regione, in partecon la poca saldezza della sua coltura nazionale e in par-te ancora dall'origine delle sue genti, più affini allaschiatta greca di tutte le altre genti italiche che le stava-no a contatto.Ma noi abbiamo già osservato che anche le schiatte sa-belliche meridionali, benchè da principio facessero agara coi tiranni di Siracusa per combattere e sradicarel'ellenismo dalla Magna Grecia, nondimeno a forza diconvivere e di commerciare con i Greci, presero a par-larne la lingua alternandola col proprio dialetto, come

385

Page 386: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

avvenne ai Bruzi e ai Nolani, e per lo meno adottaronola scrittura e i costumi dei Greci, come fecero i Lucani euna parte dei Campani.Anche l'Etruria ci manifesta i principi d'una trasforma-zione simile, come ce lo provano le mirabili scoperte deivasi di quest'epoca nei quali essa gareggia con la Cam-pania e con la Lucania; e benchè il Lazio e il Sannio sisiano mantenuti più lontani dall'ellenismo, non mancanoperò, nemmeno in questi paesi, indizi dell'influsso cre-scente della coltura greca.In tutti gli aspetti della vita romana di questi tempi, nel-la legislazione come nelle monete, nelle idee religiosecome nel formarsi delle leggende genealogiche, noi in-contriamo traccie greche, e particolarmente dal princi-pio del quinto secolo, cioè dalla conquista della Campa-nia in poi, l'influenza greca sulle cose romane ci si ma-nifesta con una rapida progressione.La istituzione della tribuna nel foro romano detta grae-costasis, destinata ad accogliere ragguardevoli ospitigreci, particolarmente i Massalioti, notevole anche sottol'aspetto filologico, data già dal quarto secolo.Nel secolo seguente gli annali cominciarono ad indicarei Romani doviziosi con soprannomi greci, come adesempio Philippos o alla romana Philippus, Philon, So-phos, Hypsaeos. Si vengono introducendo costumi gre-ci, come quello, certo ignoto agli Italici, di porre nel sar-cofago iscrizioni in onore del trapassato, del quale co-

386

avvenne ai Bruzi e ai Nolani, e per lo meno adottaronola scrittura e i costumi dei Greci, come fecero i Lucani euna parte dei Campani.Anche l'Etruria ci manifesta i principi d'una trasforma-zione simile, come ce lo provano le mirabili scoperte deivasi di quest'epoca nei quali essa gareggia con la Cam-pania e con la Lucania; e benchè il Lazio e il Sannio sisiano mantenuti più lontani dall'ellenismo, non mancanoperò, nemmeno in questi paesi, indizi dell'influsso cre-scente della coltura greca.In tutti gli aspetti della vita romana di questi tempi, nel-la legislazione come nelle monete, nelle idee religiosecome nel formarsi delle leggende genealogiche, noi in-contriamo traccie greche, e particolarmente dal princi-pio del quinto secolo, cioè dalla conquista della Campa-nia in poi, l'influenza greca sulle cose romane ci si ma-nifesta con una rapida progressione.La istituzione della tribuna nel foro romano detta grae-costasis, destinata ad accogliere ragguardevoli ospitigreci, particolarmente i Massalioti, notevole anche sottol'aspetto filologico, data già dal quarto secolo.Nel secolo seguente gli annali cominciarono ad indicarei Romani doviziosi con soprannomi greci, come adesempio Philippos o alla romana Philippus, Philon, So-phos, Hypsaeos. Si vengono introducendo costumi gre-ci, come quello, certo ignoto agli Italici, di porre nel sar-cofago iscrizioni in onore del trapassato, del quale co-

386

Page 387: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stume il primo esempio che ci sia noto è l'epitaffio diLucio Scipione console nell'anno 456 = 298.Nè meno estraneo all'Italia era il costume d'innalzare inluoghi pubblici, senza il permesso del senato, monu-menti d'onore agli antenati, e il gran novatore AppioClaudio fu il primo a darne l'esempio allorchè nel nuovotempio consacrato a Bellona egli fece appendere scudidi bronzo colle immagini e gli elogi dei suoi maggiori(442 = 312). Dello stesso genere è l'uso introdottonell'anno 461 = 293 di premiare con rami di palme i lot-tatori nei ludi romani, e soprattutto il modo greco dellatavola.Il costume di stare a mensa non seduti su panche comeuna volta, ma sdraiati sopra lettucci; il differire l'ora delpasto principale da mezzodì a due o tre ore dopo; i ma-stri bevitori nei banchetti, che per lo più erano tratti asorte coi dadi tra i convitati e che avevano l'incarico diprescrivere, durante il banchetto, il vino che si dovevabere, come e quando; le canzoni cantate a tavola dagliospiti l'uno dopo l'altro, che in Roma certo non eranoscolii ma canzoni in lode degli antenati – tutte questeusanze non erano originarie di Roma, ma tolte dai Grecigià fino dalle prime età, di che ne è prova il fatto che aitempi di Catone questi costumi erano non solo comuni,ma in parte anche già antiquati e caduti in disuso. Con-viene quindi far risalire la loro introduzione al più tardiin quest'epoca.

387

stume il primo esempio che ci sia noto è l'epitaffio diLucio Scipione console nell'anno 456 = 298.Nè meno estraneo all'Italia era il costume d'innalzare inluoghi pubblici, senza il permesso del senato, monu-menti d'onore agli antenati, e il gran novatore AppioClaudio fu il primo a darne l'esempio allorchè nel nuovotempio consacrato a Bellona egli fece appendere scudidi bronzo colle immagini e gli elogi dei suoi maggiori(442 = 312). Dello stesso genere è l'uso introdottonell'anno 461 = 293 di premiare con rami di palme i lot-tatori nei ludi romani, e soprattutto il modo greco dellatavola.Il costume di stare a mensa non seduti su panche comeuna volta, ma sdraiati sopra lettucci; il differire l'ora delpasto principale da mezzodì a due o tre ore dopo; i ma-stri bevitori nei banchetti, che per lo più erano tratti asorte coi dadi tra i convitati e che avevano l'incarico diprescrivere, durante il banchetto, il vino che si dovevabere, come e quando; le canzoni cantate a tavola dagliospiti l'uno dopo l'altro, che in Roma certo non eranoscolii ma canzoni in lode degli antenati – tutte questeusanze non erano originarie di Roma, ma tolte dai Grecigià fino dalle prime età, di che ne è prova il fatto che aitempi di Catone questi costumi erano non solo comuni,ma in parte anche già antiquati e caduti in disuso. Con-viene quindi far risalire la loro introduzione al più tardiin quest'epoca.

387

Page 388: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ci dà un altro segno del tempo l'erezione nel foro roma-no delle due statue, l'una del più sapiente, l'altra del piùvaloroso tra i Greci, come durante le guerre sanniticheaveva consigliato di fare l'Apollo Pitio, e furono sceltiPitagora ed Alcibiade, il salvatore e l'Annibale degli El-leni occidentali.Quanto fosse comune la conoscenza della lingua grecatra l'aristocrazia romana fin dal quinto secolo, ce lo pro-vano le ambasciate spedite dalla repubblica a Taranto,ove l'oratore romano parlò non certamente nel più purogreco, ma in modo da non dover ricorrere all'interprete,e ce lo prova anche l'invio di Cinea a Roma; nè si puòmettere in dubbio che, dal quinto secolo in poi, i giovaniromani, che si dedicavano agli affari pubblici, non cono-scessero tutti la lingua universale e diplomatica di queltempo.E così l'ellenismo si diffondeva senza contrasto in tuttoil mondo intellettuale nel tempo stesso in cui i Romaniattendevano ad assoggettarsi il mondo politico; e le na-zionalità secondarie, come la sannitica, la celtica, l'etru-sca, incalzate dalle due opposte forze prevalenti, perde-vano ogni giorno sempre più in estensione e in forzacoesiva.

15. Roma e i romani di questo tempo.Ma quando le due grandi nazioni, giunte entrambe alculmine del loro sviluppo naturale, furono costrette ad

388

Ci dà un altro segno del tempo l'erezione nel foro roma-no delle due statue, l'una del più sapiente, l'altra del piùvaloroso tra i Greci, come durante le guerre sanniticheaveva consigliato di fare l'Apollo Pitio, e furono sceltiPitagora ed Alcibiade, il salvatore e l'Annibale degli El-leni occidentali.Quanto fosse comune la conoscenza della lingua grecatra l'aristocrazia romana fin dal quinto secolo, ce lo pro-vano le ambasciate spedite dalla repubblica a Taranto,ove l'oratore romano parlò non certamente nel più purogreco, ma in modo da non dover ricorrere all'interprete,e ce lo prova anche l'invio di Cinea a Roma; nè si puòmettere in dubbio che, dal quinto secolo in poi, i giovaniromani, che si dedicavano agli affari pubblici, non cono-scessero tutti la lingua universale e diplomatica di queltempo.E così l'ellenismo si diffondeva senza contrasto in tuttoil mondo intellettuale nel tempo stesso in cui i Romaniattendevano ad assoggettarsi il mondo politico; e le na-zionalità secondarie, come la sannitica, la celtica, l'etru-sca, incalzate dalle due opposte forze prevalenti, perde-vano ogni giorno sempre più in estensione e in forzacoesiva.

15. Roma e i romani di questo tempo.Ma quando le due grandi nazioni, giunte entrambe alculmine del loro sviluppo naturale, furono costrette ad

388

Page 389: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

incontrarsi nelle loro relazioni, si manifestò subito spic-catamente il più reciso contrasto fra l'una e l'altra, man-cando nella civiltà italica, e soprattutto nella romana,l'elemento dell'individualità se si raffronta coll'infinita,vigorosa, umana varietà dell'ellenismo.Non vi è nella storia romana un'età più rigogliosa diquella che corre dall'istituzione del governo popolaresino alla sottomissione dell'Italia; in quest'età fu fondatala repubblica tanto nelle sue istituzioni interne quantonella sua potenza esteriore; in quest'età fu unificata l'Ita-lia; in questa età furono gettate le fondamenta tradizio-nali del diritto e della storia patria; in quest'età fu trova-to il pilo ed il manipolo, fu cominciata la costruzionedelle strade e dei canali, fu fondata l'economia rurale emonetaria; in quest'età fu fusa la lupa capitolina e fu di-segnato il forzierino del Ficoroni.Ma gli uomini, che portarono le pietre da cui sorse que-sto gigantesco edifizio, gli uomini che le posero insiemee le cementarono, sono scomparsi senza lasciare memo-ria di sè, e le popolazioni italiche non furono più com-piutamente assorbite dalla popolazione romana di quelloche fosse assorbito ogni cittadino romano dal comune diRoma. Nel modo che la tomba si chiude ugualmentesull'uomo notevole e sull'uomo da nulla, così nella seriedei consoli romani passa senza distinzione il gentiluomocomune a fianco del grande uomo di stato.A riunire tutte le scarse memorie, che di quest'epoca

389

incontrarsi nelle loro relazioni, si manifestò subito spic-catamente il più reciso contrasto fra l'una e l'altra, man-cando nella civiltà italica, e soprattutto nella romana,l'elemento dell'individualità se si raffronta coll'infinita,vigorosa, umana varietà dell'ellenismo.Non vi è nella storia romana un'età più rigogliosa diquella che corre dall'istituzione del governo popolaresino alla sottomissione dell'Italia; in quest'età fu fondatala repubblica tanto nelle sue istituzioni interne quantonella sua potenza esteriore; in quest'età fu unificata l'Ita-lia; in questa età furono gettate le fondamenta tradizio-nali del diritto e della storia patria; in quest'età fu trova-to il pilo ed il manipolo, fu cominciata la costruzionedelle strade e dei canali, fu fondata l'economia rurale emonetaria; in quest'età fu fusa la lupa capitolina e fu di-segnato il forzierino del Ficoroni.Ma gli uomini, che portarono le pietre da cui sorse que-sto gigantesco edifizio, gli uomini che le posero insiemee le cementarono, sono scomparsi senza lasciare memo-ria di sè, e le popolazioni italiche non furono più com-piutamente assorbite dalla popolazione romana di quelloche fosse assorbito ogni cittadino romano dal comune diRoma. Nel modo che la tomba si chiude ugualmentesull'uomo notevole e sull'uomo da nulla, così nella seriedei consoli romani passa senza distinzione il gentiluomocomune a fianco del grande uomo di stato.A riunire tutte le scarse memorie, che di quest'epoca

389

Page 390: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

giunsero sino a noi, non ve ne è alcuna che ci sembri piùdegna di rispetto, e nel tempo stesso più caratteristica,dell'epitaffio di Lucio Cornelio Scipione, che fu consolel'anno 456 = 298, e che tre anni più tardi combattè nellagiornata decisiva presso Sentinum. Sul bel sarcofago, dinobile stile dorico, che ancora ottant'anni fa chiudeva leceneri del vincitore dei Sanniti, si legge scolpita la se-guente leggenda:

Cornéliús Lucíus – Scípió Barbátus,Gnaivód patré prognátus, – fórtís vir sapiénsque,Quoiús fórma vírtu – teí parísuma fúit,Consól censór aidílis – queí fuít apúd vos,Taurásiá Císaúna – Sámnió cépit,Subigít omné Loucánam – ópsidésque abdoúcit.

Cornelio Lucio – Scipione Barbato,Generato da Gneo – uomo forte e saggio,La sua bellezza era simile – alla sua virtù,Console, censore, edile, – ei fu presso voi,

390

giunsero sino a noi, non ve ne è alcuna che ci sembri piùdegna di rispetto, e nel tempo stesso più caratteristica,dell'epitaffio di Lucio Cornelio Scipione, che fu consolel'anno 456 = 298, e che tre anni più tardi combattè nellagiornata decisiva presso Sentinum. Sul bel sarcofago, dinobile stile dorico, che ancora ottant'anni fa chiudeva leceneri del vincitore dei Sanniti, si legge scolpita la se-guente leggenda:

Cornéliús Lucíus – Scípió Barbátus,Gnaivód patré prognátus, – fórtís vir sapiénsque,Quoiús fórma vírtu – teí parísuma fúit,Consól censór aidílis – queí fuít apúd vos,Taurásiá Císaúna – Sámnió cépit,Subigít omné Loucánam – ópsidésque abdoúcit.

Cornelio Lucio – Scipione Barbato,Generato da Gneo – uomo forte e saggio,La sua bellezza era simile – alla sua virtù,Console, censore, edile, – ei fu presso voi,

390

Page 391: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Sottomise Taurasia – Cisauna nel Sannio,Soggiogò Lucania tutta – e seco trasse ostaggi.

Quel che qui leggiamo di questo guerriero e uomo distato ad un tempo si sarà detto o potuto dire di moltissi-mi altri, che furono alla testa della repubblica romana;uomini nobili e belli, valorosi e prudenti; ma di nessunosi poteva dir di più. Nè si può far colpa al difetto dellatradizione se fra tutti questi Corneli, Fabi, Papiri e altri,non ci vien fatto di trovare un uomo con risalto di quali-tà proprie ed individuali. Il senatore non doveva riuscirenè migliore nè peggiore di quello che in generale doves-sero essere tutti i senatori; non è affatto necessario nèdesiderabile che un cittadino si levi al disopra degli altrie si distingua coll'ostentazione di un sontuoso vasellamed'argento e di una raffinata coltura greca, e che soverchigli altri nel sapere o nel credito. L'eccesso delle spese edella raffinatezza è punito dai censori, e l'eccellenza del-le qualità personali non è in armonia colla costituzionerepubblicana.La Roma di questi tempi non appartiene ad alcun singo-lare individuo; i cittadini devono essere tra loro egualiaffinchè ciascuno sia uguale ad un re.In questi tempi però, mentre durava la rigorosa repub-blica, già cominciavano ad intravvedersi le nuove gran-dezze della vita individuale, e anche tale tendenza, comela tendenza opposta, porta l'impronta di questa forte età.

391

Sottomise Taurasia – Cisauna nel Sannio,Soggiogò Lucania tutta – e seco trasse ostaggi.

Quel che qui leggiamo di questo guerriero e uomo distato ad un tempo si sarà detto o potuto dire di moltissi-mi altri, che furono alla testa della repubblica romana;uomini nobili e belli, valorosi e prudenti; ma di nessunosi poteva dir di più. Nè si può far colpa al difetto dellatradizione se fra tutti questi Corneli, Fabi, Papiri e altri,non ci vien fatto di trovare un uomo con risalto di quali-tà proprie ed individuali. Il senatore non doveva riuscirenè migliore nè peggiore di quello che in generale doves-sero essere tutti i senatori; non è affatto necessario nèdesiderabile che un cittadino si levi al disopra degli altrie si distingua coll'ostentazione di un sontuoso vasellamed'argento e di una raffinata coltura greca, e che soverchigli altri nel sapere o nel credito. L'eccesso delle spese edella raffinatezza è punito dai censori, e l'eccellenza del-le qualità personali non è in armonia colla costituzionerepubblicana.La Roma di questi tempi non appartiene ad alcun singo-lare individuo; i cittadini devono essere tra loro egualiaffinchè ciascuno sia uguale ad un re.In questi tempi però, mentre durava la rigorosa repub-blica, già cominciavano ad intravvedersi le nuove gran-dezze della vita individuale, e anche tale tendenza, comela tendenza opposta, porta l'impronta di questa forte età.

391

Page 392: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Nella quale non v'ha che un solo uomo, il quale sembristaccarsi dalla folla; ma, anch'egli, non è che l'incarna-zione del pensiero del progresso. Appio Claudio (censo-re del 442 = 312 console del 447 = 307, 458 = 296), fi-glio del pronipote del decemviro, era il nobile più ambi-zioso del suo tempo; egli combattè l'ultima battaglia pergli antichi privilegi del patriziato, e siccome gli ultimisforzi contro l'ammissione dei plebei al consolato eranostati fatti da lui, così aveva combattuto con maggior pas-sione d'ogni altro contro i capi del partito popolare,Manlio Curio e i suoi partigiani. Tuttavia fu AppioClaudio colui che abolì la restrizione del pieno dirittocittadino comunale agli abitanti domiciliati e che fececessare l'antico sistema finanziario.Da Appio Claudio datano non solo gli acquedotti e legrandi strade, ma anche la giurisprudenza romana, l'arteoratoria, la poesia e la grammatica; al suo impulso è do-vuta la compilazione del codice criminale, alle sue curesi attribuiscono i discorsi scritti e le sentenze pitagorichee persino le innovazioni nell'ortografia. Nè in ciò v'èombra di contraddizione.Appio Claudio non era nè aristocratico, nè democratico;era ispirato dall'istinto degli antichi e dei nuovi re patri-zi, dall'istinto dei Tarquini e da quello dei Cesari, fra iquali egli forma l'anello d'unione nell'interregno di cin-quecento anni, pieno di fatti straordinari e di uomini or-dinari.

392

Nella quale non v'ha che un solo uomo, il quale sembristaccarsi dalla folla; ma, anch'egli, non è che l'incarna-zione del pensiero del progresso. Appio Claudio (censo-re del 442 = 312 console del 447 = 307, 458 = 296), fi-glio del pronipote del decemviro, era il nobile più ambi-zioso del suo tempo; egli combattè l'ultima battaglia pergli antichi privilegi del patriziato, e siccome gli ultimisforzi contro l'ammissione dei plebei al consolato eranostati fatti da lui, così aveva combattuto con maggior pas-sione d'ogni altro contro i capi del partito popolare,Manlio Curio e i suoi partigiani. Tuttavia fu AppioClaudio colui che abolì la restrizione del pieno dirittocittadino comunale agli abitanti domiciliati e che fececessare l'antico sistema finanziario.Da Appio Claudio datano non solo gli acquedotti e legrandi strade, ma anche la giurisprudenza romana, l'arteoratoria, la poesia e la grammatica; al suo impulso è do-vuta la compilazione del codice criminale, alle sue curesi attribuiscono i discorsi scritti e le sentenze pitagorichee persino le innovazioni nell'ortografia. Nè in ciò v'èombra di contraddizione.Appio Claudio non era nè aristocratico, nè democratico;era ispirato dall'istinto degli antichi e dei nuovi re patri-zi, dall'istinto dei Tarquini e da quello dei Cesari, fra iquali egli forma l'anello d'unione nell'interregno di cin-quecento anni, pieno di fatti straordinari e di uomini or-dinari.

392

Page 393: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Fino a tanto che Appio Claudio prese parte attiva al go-verno politico egli si mostrò ardito e petulante come unateniese, tanto nella pubblica amministrazione comenella vita privata, non badando a combatter di fronte,come gli pareva meglio, leggi e costumanze; e anchemolti anni dopo che si era ritirato dalla scena politica,questo vegliardo cieco, come fosse risorto dalla tomba,comparso nel momento decisivo in senato, vinse il rePirro e proclamò per primo la egemonia e il predominiodi Roma.Ma quest'uomo di genio nacque troppo presto o troppotardi; gli dei lo acciecarono appunto per la sua prematu-ra sapienza. Non era il genio individuale che imperavasu Roma e da Roma sull'Italia, ma una sola invariabileidea politica propagata da generazione in generazione,nel senato, dove i giovinetti delle famiglie senatorie,condotti dai loro padri alle adunanze, venivano unifor-mando i loro pensieri a quelli dei loro maggiori e si ap-propriavano l'esperienza di cui dovevano continuare lagrande opera. Così si ottenevano quegli uomini, a cuidovevano un giorno succedere, ed i successi immensi,ma a prezzo di immensi sacrifizi, giacchè anche Nike, ladea dei vittoriosi, è seguita dalla propria Nemesi.Nella repubblica romana l'uomo non vale che in forzadelle istituzioni sociali; personalmente non si bada piùal semplice gregario che al capitano; e sotto la rigida os-servanza della disciplina morale e politica rimane soffo-cata ogni particolarità individuale.

393

Fino a tanto che Appio Claudio prese parte attiva al go-verno politico egli si mostrò ardito e petulante come unateniese, tanto nella pubblica amministrazione comenella vita privata, non badando a combatter di fronte,come gli pareva meglio, leggi e costumanze; e anchemolti anni dopo che si era ritirato dalla scena politica,questo vegliardo cieco, come fosse risorto dalla tomba,comparso nel momento decisivo in senato, vinse il rePirro e proclamò per primo la egemonia e il predominiodi Roma.Ma quest'uomo di genio nacque troppo presto o troppotardi; gli dei lo acciecarono appunto per la sua prematu-ra sapienza. Non era il genio individuale che imperavasu Roma e da Roma sull'Italia, ma una sola invariabileidea politica propagata da generazione in generazione,nel senato, dove i giovinetti delle famiglie senatorie,condotti dai loro padri alle adunanze, venivano unifor-mando i loro pensieri a quelli dei loro maggiori e si ap-propriavano l'esperienza di cui dovevano continuare lagrande opera. Così si ottenevano quegli uomini, a cuidovevano un giorno succedere, ed i successi immensi,ma a prezzo di immensi sacrifizi, giacchè anche Nike, ladea dei vittoriosi, è seguita dalla propria Nemesi.Nella repubblica romana l'uomo non vale che in forzadelle istituzioni sociali; personalmente non si bada piùal semplice gregario che al capitano; e sotto la rigida os-servanza della disciplina morale e politica rimane soffo-cata ogni particolarità individuale.

393

Page 394: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Roma si levò a una grandezza meravigliosa, di cui nonv'ha riscontro in alcuna società antica; ma pagò questagrandezza col sacrificio della bella e ricca varietà,dell'agevole spontaneità e della libertà spirituale propriadella vita ellenica.

394

Roma si levò a una grandezza meravigliosa, di cui nonv'ha riscontro in alcuna società antica; ma pagò questagrandezza col sacrificio della bella e ricca varietà,dell'agevole spontaneità e della libertà spirituale propriadella vita ellenica.

394

Page 395: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

NONO CAPITOLOARTE E SCIENZA

1. Festa popolare romana.I progressi delle arti, e specialmente della poesia,nell'evo antico, vanno quasi per necessità di pari passocon i progressi delle pubbliche solennità. La festastraordinaria, colla quale Roma soleva render grazie aglidei, ordinata fin da principio ad imitazione dei Greci, enota sotto il nome di «giuochi romani», o «giuochi mas-simi» crebbe in questo secolo a maggiore onore per du-rata e per varietà di spettacoli.In origine le feste non duravano più di un giorno, ma adogni grande avvenimento prosperamente compiuto perla repubblica, si prolungarono di un giorno, come occor-se negli anni 254 = 500, 260 = 494, 387 = 367, onde aitempi di cui ora si parla la festa durava quattro giorni(59).

59 Quanto narrano della festa latina DIONISIO (6, 95; confr. NIEBUHR, 2, 40) ePLUTARCO che attinse ad un altro passo di DIONISIO (Camill. 42) come, oltrealtre ragioni, lo chiarisce il confronto dell'ultimo passo con LIV. 6, 42 (con-fr. RITSCHL, Parerg. 1, pag. 313) è da intendersi piuttosto dei giuochi roma-ni; – fedele nella sua abitudine di prendere le cose a rovescio Dionisio hamalinteso l'espressione ludi maximi. – Vi era inoltre una tradizione, la qua-le, invece di riportare l'origine della festa popolare, come al solito, al sog-giogamento dei Latini per opera del primo Tarquinio, la faceva risalire allavittoria riportata sui Latini alle sponde del lago Regillo (CICERONE, De div.1, 20, 55. DIONISIO 7, 71). Che le importanti notizie conservate da Fabio siriferiscono veramente alla consueta festa di rendimento di grazia, anzichèad una particolare solennità votiva, lo dimostra l'esplicito riferimento al ri-torno annuale della festa ed all'esattezza della somma per le spese; indica-

395

NONO CAPITOLOARTE E SCIENZA

1. Festa popolare romana.I progressi delle arti, e specialmente della poesia,nell'evo antico, vanno quasi per necessità di pari passocon i progressi delle pubbliche solennità. La festastraordinaria, colla quale Roma soleva render grazie aglidei, ordinata fin da principio ad imitazione dei Greci, enota sotto il nome di «giuochi romani», o «giuochi mas-simi» crebbe in questo secolo a maggiore onore per du-rata e per varietà di spettacoli.In origine le feste non duravano più di un giorno, ma adogni grande avvenimento prosperamente compiuto perla repubblica, si prolungarono di un giorno, come occor-se negli anni 254 = 500, 260 = 494, 387 = 367, onde aitempi di cui ora si parla la festa durava quattro giorni(59).

59 Quanto narrano della festa latina DIONISIO (6, 95; confr. NIEBUHR, 2, 40) ePLUTARCO che attinse ad un altro passo di DIONISIO (Camill. 42) come, oltrealtre ragioni, lo chiarisce il confronto dell'ultimo passo con LIV. 6, 42 (con-fr. RITSCHL, Parerg. 1, pag. 313) è da intendersi piuttosto dei giuochi roma-ni; – fedele nella sua abitudine di prendere le cose a rovescio Dionisio hamalinteso l'espressione ludi maximi. – Vi era inoltre una tradizione, la qua-le, invece di riportare l'origine della festa popolare, come al solito, al sog-giogamento dei Latini per opera del primo Tarquinio, la faceva risalire allavittoria riportata sui Latini alle sponde del lago Regillo (CICERONE, De div.1, 20, 55. DIONISIO 7, 71). Che le importanti notizie conservate da Fabio siriferiscono veramente alla consueta festa di rendimento di grazia, anzichèad una particolare solennità votiva, lo dimostra l'esplicito riferimento al ri-torno annuale della festa ed all'esattezza della somma per le spese; indica-

395

Page 396: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ne crebbe anche l'importanza, giacchè gli edili curuli(387 = 367), fin dalla loro istituzione, ebbero l'incaricodi pensare agli apprestamenti e alla sorveglianza, e conciò essa non venne più riguardata come una festa spe-ciale, celebrata per voto d'un capitano in memoria d'unparticolare avvenimento, ma prese posto tra le ordinariesolennità annuali. Nondimeno il governo non permisemai che lo spettacolo principale, chiamato per antono-masia lo spettacolo, e cioè la corsa delle bighe, si cele-brasse più d'una volta: questo era, anzi, lo spettacolo dichiusura.Negli altri giorni il popolo poteva spassarsi a piacimentonè certo saranno mancati, per prezzo o per diletto, i suo-natori, i ballerini, i funamboli, i cantastorie ed i giullari.

2. Il teatro.Verso l'anno 390 = 364 e, cosa notevole, poco dopo chei ludi dati per cura di pubblici ufficiali erano stati pro-lungati di un giorno, si verificò un'altra novità; nei primitre giorni della festa romana fu dai magistrati fatto in-nalzare entro l'ippodromo un palcoscenico di legno, e, adivertimento del popolo, si eseguirono delle rappresen-tazioni. Perchè le spese non trasmodassero, si stabilì unavolta per sempre, a carico del pubblico erario, la sommadi 200.000 assi per la festa romana; nè mai si superòquesta somma fino al tempo delle guerre puniche.

zioni concordanti esattamente colla notizia somministrata dal falso Asco-nio (p. 142 OR.).

396

Ne crebbe anche l'importanza, giacchè gli edili curuli(387 = 367), fin dalla loro istituzione, ebbero l'incaricodi pensare agli apprestamenti e alla sorveglianza, e conciò essa non venne più riguardata come una festa spe-ciale, celebrata per voto d'un capitano in memoria d'unparticolare avvenimento, ma prese posto tra le ordinariesolennità annuali. Nondimeno il governo non permisemai che lo spettacolo principale, chiamato per antono-masia lo spettacolo, e cioè la corsa delle bighe, si cele-brasse più d'una volta: questo era, anzi, lo spettacolo dichiusura.Negli altri giorni il popolo poteva spassarsi a piacimentonè certo saranno mancati, per prezzo o per diletto, i suo-natori, i ballerini, i funamboli, i cantastorie ed i giullari.

2. Il teatro.Verso l'anno 390 = 364 e, cosa notevole, poco dopo chei ludi dati per cura di pubblici ufficiali erano stati pro-lungati di un giorno, si verificò un'altra novità; nei primitre giorni della festa romana fu dai magistrati fatto in-nalzare entro l'ippodromo un palcoscenico di legno, e, adivertimento del popolo, si eseguirono delle rappresen-tazioni. Perchè le spese non trasmodassero, si stabilì unavolta per sempre, a carico del pubblico erario, la sommadi 200.000 assi per la festa romana; nè mai si superòquesta somma fino al tempo delle guerre puniche.

zioni concordanti esattamente colla notizia somministrata dal falso Asco-nio (p. 142 OR.).

396

Page 397: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Se si fosse speso di più, la differenza dovevano pagarladi tasca propria gli edili, a cui era dato per ufficio la ce-lebrazione di questa grande solennità; ma non è verosi-mile che spesso, e per somme considerevoli, volesserogli edili largheggiare con la loro borsa.Il nuovo palcoscenico rivela col nome l'influenza greca,sotto cui sorse (scaena, σκηνή). Pare che in origineesso non fosse destinato che per suonatori e attori diogni specie, tra cui i danzatori a suon di flauto, e fraquesti gli Etruschi erano tenuti in maggior pregio; ma ilfatto è che una pubblica scena si era aperta, e ben prestovi salirono anche i poeti romani. Giacchè nel Lazio nonmancavano i poeti. Vagabondi latini, o cantastorie (spa-tiatores, grassatores) andavano di città in città, di casain casa, cantando lor frottole (saturae) e accompagnan-dole con balli figurati e suoni di flauto. Il solo metro,che allora si conoscesse, era il saturnio. Queste canzoninon avevano per argomento fatti o azioni determinate,nè pare che ammettessero il dialogo; e le possiamo im-maginare somiglianti alle ballate o tarantelle che si odo-no ancora oggi per le bettole di Roma. Queste canzoninon tardarono a comparire sulle pubbliche scene, e adesse dobbiamo il primo germe del teatro romano.Ma i primordi della poesia scenica, umili in Roma comein ogni altro luogo, furono per di più, fin dal primo ap-parire, colpiti dalla pubblica riprovazione: cosa che me-rita d'essere notata. Già le dodici tavole si erano mostra-te severe contro queste cantafere, e non solo avevano

397

Se si fosse speso di più, la differenza dovevano pagarladi tasca propria gli edili, a cui era dato per ufficio la ce-lebrazione di questa grande solennità; ma non è verosi-mile che spesso, e per somme considerevoli, volesserogli edili largheggiare con la loro borsa.Il nuovo palcoscenico rivela col nome l'influenza greca,sotto cui sorse (scaena, σκηνή). Pare che in origineesso non fosse destinato che per suonatori e attori diogni specie, tra cui i danzatori a suon di flauto, e fraquesti gli Etruschi erano tenuti in maggior pregio; ma ilfatto è che una pubblica scena si era aperta, e ben prestovi salirono anche i poeti romani. Giacchè nel Lazio nonmancavano i poeti. Vagabondi latini, o cantastorie (spa-tiatores, grassatores) andavano di città in città, di casain casa, cantando lor frottole (saturae) e accompagnan-dole con balli figurati e suoni di flauto. Il solo metro,che allora si conoscesse, era il saturnio. Queste canzoninon avevano per argomento fatti o azioni determinate,nè pare che ammettessero il dialogo; e le possiamo im-maginare somiglianti alle ballate o tarantelle che si odo-no ancora oggi per le bettole di Roma. Queste canzoninon tardarono a comparire sulle pubbliche scene, e adesse dobbiamo il primo germe del teatro romano.Ma i primordi della poesia scenica, umili in Roma comein ogni altro luogo, furono per di più, fin dal primo ap-parire, colpiti dalla pubblica riprovazione: cosa che me-rita d'essere notata. Già le dodici tavole si erano mostra-te severe contro queste cantafere, e non solo avevano

397

Page 398: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pronunciato gravi pene contro le canzoni magiche, maanche contro le satiriche, che mettessero in ridicolo uncontadino o venissero cantate innanzi al suo uscio, evietavano persino i piagnistei delle prefiche nei funerali.Ma più severa assai delle leggi così intolleranti contro iprimi vagiti della poesia fu l'opinione pubblica, e la bi-gotta austerità dei Romani pronunciò una specie di sco-munica morale contro un'arte reputata leggera e venale.Il mestiere di poeta – dice Catone – d'ordinario non eratenuto in pregio; se qualcuno lo esercitava, o come tales'introduceva ne' banchetti, era considerato un oziosovagabondo. I danzatori poi, i musicanti e i cantastorie apagamento, erano colpiti da una doppia riprovazione, eper la natura del mestiere e per il disprezzo che colpivatutti coloro che non sapessero guadagnarsi da vivere senon mettendosi a servizio d'altri. Perciò, se si tollerava,come bizzarria di giovinezza, il prender parte alle rap-presentazioni di carattere burlesco con maschera al viso,come ne correva l'uso, il comparire sulla pubblica scenaper mercede o senza maschera si riteneva cosa affattovituperevole, e tanto il cantante quanto il poeta erano,per questo fatto, messi in un fascio col funambulo e colpagliaccio. Simil gente era d'ordinario dichiarata daicensori inabile a servire nell'esercito e a votare nelleadunanze politiche. La direzione del palcoscenico, inol-tre, non solo fu data agli ufficiali incaricati della poliziaurbana – ciò che è già abbastanza significativo – ma èverosimile che, sino da quel tempo, questi avessero uno

398

pronunciato gravi pene contro le canzoni magiche, maanche contro le satiriche, che mettessero in ridicolo uncontadino o venissero cantate innanzi al suo uscio, evietavano persino i piagnistei delle prefiche nei funerali.Ma più severa assai delle leggi così intolleranti contro iprimi vagiti della poesia fu l'opinione pubblica, e la bi-gotta austerità dei Romani pronunciò una specie di sco-munica morale contro un'arte reputata leggera e venale.Il mestiere di poeta – dice Catone – d'ordinario non eratenuto in pregio; se qualcuno lo esercitava, o come tales'introduceva ne' banchetti, era considerato un oziosovagabondo. I danzatori poi, i musicanti e i cantastorie apagamento, erano colpiti da una doppia riprovazione, eper la natura del mestiere e per il disprezzo che colpivatutti coloro che non sapessero guadagnarsi da vivere senon mettendosi a servizio d'altri. Perciò, se si tollerava,come bizzarria di giovinezza, il prender parte alle rap-presentazioni di carattere burlesco con maschera al viso,come ne correva l'uso, il comparire sulla pubblica scenaper mercede o senza maschera si riteneva cosa affattovituperevole, e tanto il cantante quanto il poeta erano,per questo fatto, messi in un fascio col funambulo e colpagliaccio. Simil gente era d'ordinario dichiarata daicensori inabile a servire nell'esercito e a votare nelleadunanze politiche. La direzione del palcoscenico, inol-tre, non solo fu data agli ufficiali incaricati della poliziaurbana – ciò che è già abbastanza significativo – ma èverosimile che, sino da quel tempo, questi avessero uno

398

Page 399: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

straordinario potere sugli artisti teatrali.Dopo la rappresentazione gli ufficiali di polizia, nonsolo giudicavano della capacità degli artisti, e, all'occor-renza, erano larghi di libazioni con gli abili, e di basto-nate con i deficienti – ma tutti gli ufficiali pubblici ave-vano autorità di decretare in ogni tempo ed in ogni luo-go pene corporali e prigionia contro i poeti. Di che nevenne che la danza, la musica e la poesia per le pubbli-che scene, furono abbandonate alle infime classi dei cit-tadini, anzi quasi interamente agli stranieri.La poesia, invero, aveva ancora così poca parte in queigiuochi scenici, da sembrare impossibile che gente stra-niera sia stata allettata ad introdurvi qualche novità.Il contrario accadde nella musica, giacchè, tanto per ilgenere sacro come per il profano, prevalse in Roma lamusica etrusca; e perfino l'arte del flauto, tutta latina egià tenuta in gran pregio dai Romani, fu soverchiata dal-la musica straniera.Non è il caso di parlare di letteratura poetica. Nè lecommedie con le maschere, nè le recitazioni scenichepossono avere avuto propriamente dei testi appositi, mad'ordinario venivano improvvisate dall'attore stesso se-condo il bisogno.In quanto ai lavori letterari di quel tempo non si è trova-ta che una specie di «Opere e giorni» romani, un inse-

399

straordinario potere sugli artisti teatrali.Dopo la rappresentazione gli ufficiali di polizia, nonsolo giudicavano della capacità degli artisti, e, all'occor-renza, erano larghi di libazioni con gli abili, e di basto-nate con i deficienti – ma tutti gli ufficiali pubblici ave-vano autorità di decretare in ogni tempo ed in ogni luo-go pene corporali e prigionia contro i poeti. Di che nevenne che la danza, la musica e la poesia per le pubbli-che scene, furono abbandonate alle infime classi dei cit-tadini, anzi quasi interamente agli stranieri.La poesia, invero, aveva ancora così poca parte in queigiuochi scenici, da sembrare impossibile che gente stra-niera sia stata allettata ad introdurvi qualche novità.Il contrario accadde nella musica, giacchè, tanto per ilgenere sacro come per il profano, prevalse in Roma lamusica etrusca; e perfino l'arte del flauto, tutta latina egià tenuta in gran pregio dai Romani, fu soverchiata dal-la musica straniera.Non è il caso di parlare di letteratura poetica. Nè lecommedie con le maschere, nè le recitazioni scenichepossono avere avuto propriamente dei testi appositi, mad'ordinario venivano improvvisate dall'attore stesso se-condo il bisogno.In quanto ai lavori letterari di quel tempo non si è trova-ta che una specie di «Opere e giorni» romani, un inse-

399

Page 400: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

gnamento che dà il contadino a suo figlio(60) e le già ac-cennate poesie pitagoriche di Appio Claudio, primi indi-zi di imitazione ellenica.Delle poesie di quest'epoca non ci rimase altro che qual-che epitaffio in metro saturnio.

3. Storiografia. Come i primordi della scena romana, così appartengonoa quest'epoca anche i primordi della romana storiogra-fia, tanto della contemporanea registrazione degli avve-nimenti più notevoli, quanto dei racconti convenzionaliche si riferiscono alla storia anteriore di Roma.La storiografia di quest'epoca si fonda sulla lista deiconsoli. La lista che riguarda i tempi più antichi, che eranota agli ultimi storici romani, e che noi pure abbiamosott'occhio, sembra derivata dall'archivio del tempio de-dicato a Giove in Campidoglio, giacchè esso ricorda inomi dei consoli annuali cominciando da Marco Orazio,il quale consacrò quel tempio il 13 settembre dell'annodel suo consolato e serba memoria anche del voto fattosotto i consoli Publio Servilio e Lucio Ebuzio (secondola cronologia ora in corso, l'anno 211 = 463 di Roma) in

60 Se ne è conservato il frammento seguente: Con autunno sec-co, piovosa primavera, fanciullo, gran spelta mieterai.

Non sappiamo, in verità, con qual diritto si stimassero di poi que-sti versi come il più antico monumento di poesia romana(MACROB., Sat. 5, 20, FESTO, Ep., V. Flaminius. p. 93, M. SERV.alle georg. Virg. 1, 101; PLIN., 17, 2, 14).

400

gnamento che dà il contadino a suo figlio(60) e le già ac-cennate poesie pitagoriche di Appio Claudio, primi indi-zi di imitazione ellenica.Delle poesie di quest'epoca non ci rimase altro che qual-che epitaffio in metro saturnio.

3. Storiografia. Come i primordi della scena romana, così appartengonoa quest'epoca anche i primordi della romana storiogra-fia, tanto della contemporanea registrazione degli avve-nimenti più notevoli, quanto dei racconti convenzionaliche si riferiscono alla storia anteriore di Roma.La storiografia di quest'epoca si fonda sulla lista deiconsoli. La lista che riguarda i tempi più antichi, che eranota agli ultimi storici romani, e che noi pure abbiamosott'occhio, sembra derivata dall'archivio del tempio de-dicato a Giove in Campidoglio, giacchè esso ricorda inomi dei consoli annuali cominciando da Marco Orazio,il quale consacrò quel tempio il 13 settembre dell'annodel suo consolato e serba memoria anche del voto fattosotto i consoli Publio Servilio e Lucio Ebuzio (secondola cronologia ora in corso, l'anno 211 = 463 di Roma) in

60 Se ne è conservato il frammento seguente: Con autunno sec-co, piovosa primavera, fanciullo, gran spelta mieterai.

Non sappiamo, in verità, con qual diritto si stimassero di poi que-sti versi come il più antico monumento di poesia romana(MACROB., Sat. 5, 20, FESTO, Ep., V. Flaminius. p. 93, M. SERV.alle georg. Virg. 1, 101; PLIN., 17, 2, 14).

400

Page 401: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

occasione d'una micidiale pestilenza, di conficcare, alcompiersi d'ogni centesimo anno, un chiodo nel murodel tempio capitolino. Più tardi furono i periti e gli scri-bi del comune, cioè i pontefici, quelli che registravanod'ufficio i nomi dei magistrati annui. Essi compilavanodunque, insieme colle loro tabelle mensili, anche una ta-bella annuale, e queste tavole furono poi riassunte sottoil nome di fasti, nome che a rigore indicherebbe un'effe-meride giudiziaria.Quest'ordine non deve essere stato preso molto tempodopo la soppressione dell'autorità regia, poichè la legaleregistrazione dei magistrati annuali divenne una praticad'urgente necessità allo scopo di poter constatare la serienegli atti pubblici; ma quand'anche avesse esistito uncosì antico registro dei magistrati comunali, esso avreb-be dovuto essere distrutto dall'incendio gallico (360 =390); e però le effemeridi del collegio dei pontefici furo-no poscia, in quanto fu possibile, completate colla listaconservata nel Campidoglio, il quale non andò soggettoa quella catastrofe.Non v'è alcun dubbio che la lista dei consoli, giunta finoa noi, sia stata a mano a mano completata nelle cose se-condarie, e particolarmente nelle indicazioni genealogi-che, colle note conservate dalle case patrizie, ma nelcomplesso questo documento si riferisce a dati contem-poranei e degni di fede.Tuttavia essa non può dare che un ragguaglio imperfetto

401

occasione d'una micidiale pestilenza, di conficcare, alcompiersi d'ogni centesimo anno, un chiodo nel murodel tempio capitolino. Più tardi furono i periti e gli scri-bi del comune, cioè i pontefici, quelli che registravanod'ufficio i nomi dei magistrati annui. Essi compilavanodunque, insieme colle loro tabelle mensili, anche una ta-bella annuale, e queste tavole furono poi riassunte sottoil nome di fasti, nome che a rigore indicherebbe un'effe-meride giudiziaria.Quest'ordine non deve essere stato preso molto tempodopo la soppressione dell'autorità regia, poichè la legaleregistrazione dei magistrati annuali divenne una praticad'urgente necessità allo scopo di poter constatare la serienegli atti pubblici; ma quand'anche avesse esistito uncosì antico registro dei magistrati comunali, esso avreb-be dovuto essere distrutto dall'incendio gallico (360 =390); e però le effemeridi del collegio dei pontefici furo-no poscia, in quanto fu possibile, completate colla listaconservata nel Campidoglio, il quale non andò soggettoa quella catastrofe.Non v'è alcun dubbio che la lista dei consoli, giunta finoa noi, sia stata a mano a mano completata nelle cose se-condarie, e particolarmente nelle indicazioni genealogi-che, colle note conservate dalle case patrizie, ma nelcomplesso questo documento si riferisce a dati contem-poranei e degni di fede.Tuttavia essa non può dare che un ragguaglio imperfetto

401

Page 402: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

e approssimativo degli anni del calendario; poichè i con-soli non entravano in ufficio col nuovo anno, e nemme-no in un giorno stabilito una volta per sempre, ma assu-mevano la carica secondo le circostanze ed i frequentiinterregni, che si verificavano tra un consolato e l'altro,erano computati nel calcolo come anni interi. Perciò,quando si fosse voluto calcolare gli anni del calendariosulla base di questa lista dei consoli, sarebbe stato ne-cessario tener conto del giorno in cui la coppia consola-re entrò in ufficio e del giorno in cui ne uscì, aggiungen-dovi il tempo degli interregni, che si fossero frapposti;la qual cosa dev'essere stata fatta molto presto.La lista dei magistrati annuali fu però uniformata alla li-sta annuale del calendario, contrapponendo a piacereuna coppia di consoli ad ogni anno del calendario, edove la lista non bastava, intercalandosi anni di riempi-mento, che nella più recente tabella (varronica) sono no-tati colle cifre 379, 383, 421, 430, 445, 453.Cominciando dall'anno 291 di Roma (= 463 a. C.), la li-sta consolare procede d'accordo col calendario romanonon propriamente in ogni particolare, ma nell'insieme;quindi esso può riguardarsi come cronologicamenteesatto per quanto lo concede la difettosità del calenda-rio. I 47 anni, che precedettero quest'anno, non possonoriscontrarsi con la controprova, ma si vogliono ritenereanche esatti almeno nell'insieme(61).

61 Soltanto i primi dati esposti nella lista riescono sospetti, e può dubitarsiche siano stati inseriti più tardi per arrotondare a 120 il numero degli anni

402

e approssimativo degli anni del calendario; poichè i con-soli non entravano in ufficio col nuovo anno, e nemme-no in un giorno stabilito una volta per sempre, ma assu-mevano la carica secondo le circostanze ed i frequentiinterregni, che si verificavano tra un consolato e l'altro,erano computati nel calcolo come anni interi. Perciò,quando si fosse voluto calcolare gli anni del calendariosulla base di questa lista dei consoli, sarebbe stato ne-cessario tener conto del giorno in cui la coppia consola-re entrò in ufficio e del giorno in cui ne uscì, aggiungen-dovi il tempo degli interregni, che si fossero frapposti;la qual cosa dev'essere stata fatta molto presto.La lista dei magistrati annuali fu però uniformata alla li-sta annuale del calendario, contrapponendo a piacereuna coppia di consoli ad ogni anno del calendario, edove la lista non bastava, intercalandosi anni di riempi-mento, che nella più recente tabella (varronica) sono no-tati colle cifre 379, 383, 421, 430, 445, 453.Cominciando dall'anno 291 di Roma (= 463 a. C.), la li-sta consolare procede d'accordo col calendario romanonon propriamente in ogni particolare, ma nell'insieme;quindi esso può riguardarsi come cronologicamenteesatto per quanto lo concede la difettosità del calenda-rio. I 47 anni, che precedettero quest'anno, non possonoriscontrarsi con la controprova, ma si vogliono ritenereanche esatti almeno nell'insieme(61).

61 Soltanto i primi dati esposti nella lista riescono sospetti, e può dubitarsiche siano stati inseriti più tardi per arrotondare a 120 il numero degli anni

402

Page 403: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Ciò che si riferisce anteriormente all'anno 215 di Roma(539 anni avanti Cristo) non ha alcuna consistenza cro-nologica.

4. Era Capitolina.Non fu stabilita un'era che servisse comunemente; manelle cose di culto si contò dall'anno della consacrazionedel tempio di Giove capitolino, dalla quale decorronoanche i fasti dei magistrati.Accanto al nomi dei magistrati si registravano i più im-portanti avvenimenti accaduti sotto la loro amministra-zione, e con tali notizie contrapposte alla lista dei magi-strati si formò la cronaca romana appunto come quelladel medio evo si formò con le notizie registrate sulla ta-vola pasquale.Notizie isolate di simil genere si riportano sino ai pri-missimi capitoli della tavola annuaria pervenuta sino anoi, come la notizia della istituzione delle 21 tribùl'anno 259 = 495, e quella dell'abbattimento dell'anti-chissimo fico nel foro romano l'anno 260 = 494.Ma l'istituzione di una cronaca formale (liber annalis) acura dei pontefici, e comprendente i nomi di tutti i ma-gistrati ed i più notevoli avvenimenti anno per anno co-stantemente, ebbe principio solo molto più tardi. Primadell'eclissi solare, segnato sotto la data del 5 giugno 351= 403, con cui, secondo ogni verosimiglianza, si è volu-

corsi dalla cacciata dei re all'incendio della città.

403

Ciò che si riferisce anteriormente all'anno 215 di Roma(539 anni avanti Cristo) non ha alcuna consistenza cro-nologica.

4. Era Capitolina.Non fu stabilita un'era che servisse comunemente; manelle cose di culto si contò dall'anno della consacrazionedel tempio di Giove capitolino, dalla quale decorronoanche i fasti dei magistrati.Accanto al nomi dei magistrati si registravano i più im-portanti avvenimenti accaduti sotto la loro amministra-zione, e con tali notizie contrapposte alla lista dei magi-strati si formò la cronaca romana appunto come quelladel medio evo si formò con le notizie registrate sulla ta-vola pasquale.Notizie isolate di simil genere si riportano sino ai pri-missimi capitoli della tavola annuaria pervenuta sino anoi, come la notizia della istituzione delle 21 tribùl'anno 259 = 495, e quella dell'abbattimento dell'anti-chissimo fico nel foro romano l'anno 260 = 494.Ma l'istituzione di una cronaca formale (liber annalis) acura dei pontefici, e comprendente i nomi di tutti i ma-gistrati ed i più notevoli avvenimenti anno per anno co-stantemente, ebbe principio solo molto più tardi. Primadell'eclissi solare, segnato sotto la data del 5 giugno 351= 403, con cui, secondo ogni verosimiglianza, si è volu-

corsi dalla cacciata dei re all'incendio della città.

403

Page 404: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

to indicare l'eclissi effettivamente seguìto il 20 giugno354 = 400, non si trovò registrato nessun eclissi solareche avesse riscontro con calcoli astronomici.Le cifre censuarie contenute negli annali cominciano ameritar fede solo col principio del quinto secolo diRoma e pare che solo dalla seconda metà del quinto se-colo in poi si siano registrati regolarmente, negli annali,i fenomeni miracolosi espiati dal comune.Secondo ogni apparenza il nuovo ordinamento degli an-nali, e, ciò che certo vi si connette, la compilazione del-la più antica lista dei consolati per metterla d'accordocon la cronologia mercè l'inserzione riempitiva dei ne-cessari anni intercalari, fu opera della prima metà delquinto secolo. Ma anche dopo che, per consuetudine, fustabilito che il supremo pontefice dovesse registrare ladurata della guerra, le colonie fondate, le pestilenze, lacarestia, gli eclissi, i portenti, le morti dei sacerdoti e dialtri uomini notevoli, le nuove deliberazioni comunali ei risultati del censo, e che a lui spettasse d'esporre questenote nel suo ufficio ad eterna memoria ed alla vista ditutti, si era ancora ben lungi da una vera storiografia.Quanto povere fossero queste annotazioni, anche sullafine dell'attuale periodo, e quale vasto campo esse la-sciassero all'arbitrio degli annalisti che vennero poi, loprova con inoppugnabile evidenza il confronto delle duerelazioni sulla campagna del 456 = 298, l'una inseritanegli annali, l'altra scritta nell'epitaffio del console Sci-

404

to indicare l'eclissi effettivamente seguìto il 20 giugno354 = 400, non si trovò registrato nessun eclissi solareche avesse riscontro con calcoli astronomici.Le cifre censuarie contenute negli annali cominciano ameritar fede solo col principio del quinto secolo diRoma e pare che solo dalla seconda metà del quinto se-colo in poi si siano registrati regolarmente, negli annali,i fenomeni miracolosi espiati dal comune.Secondo ogni apparenza il nuovo ordinamento degli an-nali, e, ciò che certo vi si connette, la compilazione del-la più antica lista dei consolati per metterla d'accordocon la cronologia mercè l'inserzione riempitiva dei ne-cessari anni intercalari, fu opera della prima metà delquinto secolo. Ma anche dopo che, per consuetudine, fustabilito che il supremo pontefice dovesse registrare ladurata della guerra, le colonie fondate, le pestilenze, lacarestia, gli eclissi, i portenti, le morti dei sacerdoti e dialtri uomini notevoli, le nuove deliberazioni comunali ei risultati del censo, e che a lui spettasse d'esporre questenote nel suo ufficio ad eterna memoria ed alla vista ditutti, si era ancora ben lungi da una vera storiografia.Quanto povere fossero queste annotazioni, anche sullafine dell'attuale periodo, e quale vasto campo esse la-sciassero all'arbitrio degli annalisti che vennero poi, loprova con inoppugnabile evidenza il confronto delle duerelazioni sulla campagna del 456 = 298, l'una inseritanegli annali, l'altra scritta nell'epitaffio del console Sci-

404

Page 405: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

pione(62).Gli storici che seguirono non erano evidentemente ingrado di dare, in qualche modo, una forma leggibile ecoerente a queste notizie tratte dalla cronaca urbana, enoi stessi, quand'anche avessimo sott'occhio la cronacanella sua forma originaria, difficilmente potremmo trar-re da essa prammaticamente la storia del tempo.Cronache urbane non ve n'erano però solo in Roma:ogni città latina aveva i suoi pontefici e i suoi annali,come consta chiaramente di alcune, ad esempio di Ar-dea, di Ameria, di Interamna sul fiume Nera; e con tuttequeste cronache si sarebbe forse potuto ottenere ciò chesi riuscì a fare per la prima epoca del medio evo nelconfronto delle diverse cronache dei chiostri. Ma pur-troppo a Roma, più tardi, si preferì di riempire le lacunecon fiabe e con imitazioni elleniche.Oltre a questi deboli e mal sicuri provvedimenti per te-nere il computo dei tempi e la memoria degli avveni-menti passati, non si può credere che in quest'epoca sisiano conservati documenti, dai quali poter poi trarre di-rettamente la storia romana. Non si trova il menomo in-dizio di cronache private. Solo le case signorili si cura-vano di compilare le tavole genealogiche, importanti an-che sotto i rispetti giuridici, e di far dipingere, a perma-nente memoria, l'albero genealogico sulla parete del ve-

62 Gli annali dicono che Scipione comandò nell'Etruria, il suo collega nelSannio, e che la Lucania si trovò quell'anno federata con Roma; l'epitaffiodice, che Scipione conquistò due città del Sannio e tutta la Lucania.

405

pione(62).Gli storici che seguirono non erano evidentemente ingrado di dare, in qualche modo, una forma leggibile ecoerente a queste notizie tratte dalla cronaca urbana, enoi stessi, quand'anche avessimo sott'occhio la cronacanella sua forma originaria, difficilmente potremmo trar-re da essa prammaticamente la storia del tempo.Cronache urbane non ve n'erano però solo in Roma:ogni città latina aveva i suoi pontefici e i suoi annali,come consta chiaramente di alcune, ad esempio di Ar-dea, di Ameria, di Interamna sul fiume Nera; e con tuttequeste cronache si sarebbe forse potuto ottenere ciò chesi riuscì a fare per la prima epoca del medio evo nelconfronto delle diverse cronache dei chiostri. Ma pur-troppo a Roma, più tardi, si preferì di riempire le lacunecon fiabe e con imitazioni elleniche.Oltre a questi deboli e mal sicuri provvedimenti per te-nere il computo dei tempi e la memoria degli avveni-menti passati, non si può credere che in quest'epoca sisiano conservati documenti, dai quali poter poi trarre di-rettamente la storia romana. Non si trova il menomo in-dizio di cronache private. Solo le case signorili si cura-vano di compilare le tavole genealogiche, importanti an-che sotto i rispetti giuridici, e di far dipingere, a perma-nente memoria, l'albero genealogico sulla parete del ve-

62 Gli annali dicono che Scipione comandò nell'Etruria, il suo collega nelSannio, e che la Lucania si trovò quell'anno federata con Roma; l'epitaffiodice, che Scipione conquistò due città del Sannio e tutta la Lucania.

405

Page 406: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stibolo. In queste tavole, che accennavano anche agli uf-fici tenuti dai personaggi del casato, non trovarono soloun sostegno le tradizioni domestiche, ma dovettero benpresto innestarvisi anche i ricordi biografici.Le orazioni funebri improvvisate, che a Roma non pote-vano mancare per nessun cittadino ragguardevole, e che,secondo il rito, dovevano recitarsi dai più prossimi pa-renti del morto, non si limitavano solo ad elencare levirtù e gli uffici che avevano onorato il defunto, mas'allargavano fino a menzionare le gesta e le virtù deisuoi antenati, le quali apologie gentilizie, fin dai tempipiù antichi, passavano in questo modo, tradizionalmen-te, di generazione in generazione. Così ci furono conser-vate non poche notizie importanti; ma così anche s'intro-dussero nella tradizione pubblica molte falsificazioni emolti sfacciati capovolgimenti di fatti.

5. Memorie preistoriche romane.Come in quest'età si cominciò a tenere qualche nota de-gli avvenimenti contemporanei, e ad aversi qualche cen-no della storia, così è naturale che si facessero, nel tem-po stesso, i primi tentativi per ordinare e compilare lememorie dei tempi precedenti, anche a costo di rima-neggiarle ed alterarle.Le fonti, a cui s'attinse, dovettero essere quelle stesse dacui si sogliono derivare i primordi d'ogni storiografa. Latradizione ora doveva aver conservati e resi popolari i

406

stibolo. In queste tavole, che accennavano anche agli uf-fici tenuti dai personaggi del casato, non trovarono soloun sostegno le tradizioni domestiche, ma dovettero benpresto innestarvisi anche i ricordi biografici.Le orazioni funebri improvvisate, che a Roma non pote-vano mancare per nessun cittadino ragguardevole, e che,secondo il rito, dovevano recitarsi dai più prossimi pa-renti del morto, non si limitavano solo ad elencare levirtù e gli uffici che avevano onorato il defunto, mas'allargavano fino a menzionare le gesta e le virtù deisuoi antenati, le quali apologie gentilizie, fin dai tempipiù antichi, passavano in questo modo, tradizionalmen-te, di generazione in generazione. Così ci furono conser-vate non poche notizie importanti; ma così anche s'intro-dussero nella tradizione pubblica molte falsificazioni emolti sfacciati capovolgimenti di fatti.

5. Memorie preistoriche romane.Come in quest'età si cominciò a tenere qualche nota de-gli avvenimenti contemporanei, e ad aversi qualche cen-no della storia, così è naturale che si facessero, nel tem-po stesso, i primi tentativi per ordinare e compilare lememorie dei tempi precedenti, anche a costo di rima-neggiarle ed alterarle.Le fonti, a cui s'attinse, dovettero essere quelle stesse dacui si sogliono derivare i primordi d'ogni storiografa. Latradizione ora doveva aver conservati e resi popolari i

406

Page 407: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nomi e le leggende di re Numa Pompilio, d'Anco Mar-zio, di Tullo Ostilio, della vittoria riportata sui Latini dare Tarquinio e della cacciata della dinastia dei Tarquinii.La tradizione delle famiglie nobili aggiunse altre notiziefra le quali moltissime, per esempio, si riferiscono allagente Fabia. In altre leggende furono simbolizzate eistoriate antichissime istituzioni popolari, come la santi-tà delle mura nel racconto della morte di Remo; l'aboli-zione della vendetta del sangue nel racconto della finedi re Tazio; il bisogno di statuire il modo di costruire edi levare il ponte di legno nella leggenda d'Orazio Co-clite(63); l'origine dell'appello di grazia nella bella narra-zione degli Orazi e dei Curiazi; la istituzione della ma-numissione e del diritto di cittadinanza dei liberti nellaleggenda della congiura dei Tarquinii e dello schiavoVindicio.Appunto a quest'epoca appartiene la leggenda della fon-dazione della città, destinata a mostrare l'originaria con-nessione di Roma col Lazio e della comune metropolidei Latini con Alba. Sui soprannomi degli illustri roma-ni si fecero amplificazioni e supposizioni storiche; ecosì intorno al nome di Publio Valerio il servo del popo-lo (Poplicola) si raccolse una serie di anneddoti, e mol-tissimi racconti religiosi analoghi a quelli, che milleanni dopo fecero scaturire sullo stesso terreno le mirabi-lia urbis, si raggrupparono intorno al sacro fico e ad al-

63 Questo indirizzo della leggenda si rileva chiaramente da PLINIO il vecchio(N. h., 36, 15, 100).

407

nomi e le leggende di re Numa Pompilio, d'Anco Mar-zio, di Tullo Ostilio, della vittoria riportata sui Latini dare Tarquinio e della cacciata della dinastia dei Tarquinii.La tradizione delle famiglie nobili aggiunse altre notiziefra le quali moltissime, per esempio, si riferiscono allagente Fabia. In altre leggende furono simbolizzate eistoriate antichissime istituzioni popolari, come la santi-tà delle mura nel racconto della morte di Remo; l'aboli-zione della vendetta del sangue nel racconto della finedi re Tazio; il bisogno di statuire il modo di costruire edi levare il ponte di legno nella leggenda d'Orazio Co-clite(63); l'origine dell'appello di grazia nella bella narra-zione degli Orazi e dei Curiazi; la istituzione della ma-numissione e del diritto di cittadinanza dei liberti nellaleggenda della congiura dei Tarquinii e dello schiavoVindicio.Appunto a quest'epoca appartiene la leggenda della fon-dazione della città, destinata a mostrare l'originaria con-nessione di Roma col Lazio e della comune metropolidei Latini con Alba. Sui soprannomi degli illustri roma-ni si fecero amplificazioni e supposizioni storiche; ecosì intorno al nome di Publio Valerio il servo del popo-lo (Poplicola) si raccolse una serie di anneddoti, e mol-tissimi racconti religiosi analoghi a quelli, che milleanni dopo fecero scaturire sullo stesso terreno le mirabi-lia urbis, si raggrupparono intorno al sacro fico e ad al-

63 Questo indirizzo della leggenda si rileva chiaramente da PLINIO il vecchio(N. h., 36, 15, 100).

407

Page 408: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tre reliquie e luoghi memorabili della città. È probabileche fin d'allora esistesse una specie di fondo comune,sul quale si venivano disegnando diverse leggende,come la successione dei sette re, l'indicazione del com-plessivo loro regno di 240 anni, nata senza dubbio da unconto istituito sul numero delle dinastie(64), e non è nep-pure impossibile che fin da allora si cominciassero a in-trodurre simili indicazioni nei registri pubblici.I tratti fondamentali della leggenda, e particolarmente lasemicronologica su cui la leggenda stessa è ordinata, cisi mostrano con così inalterabile persistenza anche nelleposteriori tradizioni, che è forza riconoscere che la so-

64 Si calcolò, come pare, tre dinastie per ogni secolo, arrotondando la cifra di233 1/3 in 240, appunto come fu arrotondata l'epoca tra la cacciata dei re el'incendio della città in 120 anni. In che modo potessero soccorrere allementi umane queste cifre può, per analogia, indovinarsi sugli altri ritmiaritmetici, per esempio da quello su cui fu stabilita la misura della superfi-cie (a).

———(a) Quest'ipotesi del Mommsen, che non poggia su nessun fondamento, nem-

meno sull'invocato ritmo aritmetico, tanto che egli, per farlo tornare, devericorrere all'arrotondamento delle cifre, non ha impedito allo stessoMommsen di servirsene come dato fondamentale negli sviluppi cronologi-ci della sua storia. E una volta per tutte sia detto come la dogmatica sicu-rezza con la quale egli nega, chiamandoli leggende, i primi fatti della sto-ria di Roma, non persuade nessuno.

Romolo, Numa, gli Orazi e Curiazi, Tarquinio, Lucrezia, Porsenna, Orazio Co-clite, sono nomi così profondamente penetrati nell'immaginazione del ge-nere umano, che è cosa molto arrischiata pretendere di distruggerli con untratto di penna.

Questo metodo di negare senza discuterle le più profonde tradizioni storiche,non è un buon metodo e soprattutto un buon metodo razionale, chè un fattostorico poggiante sulla sola tradizione, ha sempre maggior valore cheun'ipotesi, anche se dotta, ma non documentabile.

408

tre reliquie e luoghi memorabili della città. È probabileche fin d'allora esistesse una specie di fondo comune,sul quale si venivano disegnando diverse leggende,come la successione dei sette re, l'indicazione del com-plessivo loro regno di 240 anni, nata senza dubbio da unconto istituito sul numero delle dinastie(64), e non è nep-pure impossibile che fin da allora si cominciassero a in-trodurre simili indicazioni nei registri pubblici.I tratti fondamentali della leggenda, e particolarmente lasemicronologica su cui la leggenda stessa è ordinata, cisi mostrano con così inalterabile persistenza anche nelleposteriori tradizioni, che è forza riconoscere che la so-

64 Si calcolò, come pare, tre dinastie per ogni secolo, arrotondando la cifra di233 1/3 in 240, appunto come fu arrotondata l'epoca tra la cacciata dei re el'incendio della città in 120 anni. In che modo potessero soccorrere allementi umane queste cifre può, per analogia, indovinarsi sugli altri ritmiaritmetici, per esempio da quello su cui fu stabilita la misura della superfi-cie (a).

———(a) Quest'ipotesi del Mommsen, che non poggia su nessun fondamento, nem-

meno sull'invocato ritmo aritmetico, tanto che egli, per farlo tornare, devericorrere all'arrotondamento delle cifre, non ha impedito allo stessoMommsen di servirsene come dato fondamentale negli sviluppi cronologi-ci della sua storia. E una volta per tutte sia detto come la dogmatica sicu-rezza con la quale egli nega, chiamandoli leggende, i primi fatti della sto-ria di Roma, non persuade nessuno.

Romolo, Numa, gli Orazi e Curiazi, Tarquinio, Lucrezia, Porsenna, Orazio Co-clite, sono nomi così profondamente penetrati nell'immaginazione del ge-nere umano, che è cosa molto arrischiata pretendere di distruggerli con untratto di penna.

Questo metodo di negare senza discuterle le più profonde tradizioni storiche,non è un buon metodo e soprattutto un buon metodo razionale, chè un fattostorico poggiante sulla sola tradizione, ha sempre maggior valore cheun'ipotesi, anche se dotta, ma non documentabile.

408

Page 409: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

stanza e la successività di questa narrazione dovetteroessere già fissate prima che cominciasse l'età riflessiva eletteraria.Se già dall'anno 458 = 296 fu collocato presso al sacrofico il gruppo in bronzo, che rappresentava i due gemelliRomolo e Remo alle mammelle della lupa, possiamodire con sicurezza, che i Romani, i quali soggiogarono ilLazio e il Sannio, avevano già udita raccontare l'originedella loro città materna press'a poco come noi la leggia-mo in Livio, ed il letterato siciliano Callia, intorno al465, menziona persino gli aborigeni, cioè gli «origina-ri», primo e ingenuo tentativo di spiegare la provenienzadelle stirpi latine.Del resto è nell'indole della cronaca di aggiungere allastoria la preistoria, risalendo, se non fino all'origine delcielo e della terra, almeno sino alla fondazione del co-mune. D'altra parte è chiaramente provato che la tabelladei pontefici indicava l'anno della fondazione di Roma.Quindi si può aver per fermo, che, quando il collegio deipontefici nella prima metà del quinto secolo, in luogo diregistrare, come sino allora si era usato, le scarse noti-zie, che si limitavano d'ordinario ai nomi dei magistrati,mise mano a redigere una vera cronaca della città, deveavervi introdotta, per la prima volta, anche la storia deire di Roma e della loro cacciata, e, mentre vi registravail 13 settembre 245 = 509 come fosse il giorno dellaconsacrazione del tempio capitolino e insieme dalla fon-dazione della repubblica, si sforzava di porre, se non al-

409

stanza e la successività di questa narrazione dovetteroessere già fissate prima che cominciasse l'età riflessiva eletteraria.Se già dall'anno 458 = 296 fu collocato presso al sacrofico il gruppo in bronzo, che rappresentava i due gemelliRomolo e Remo alle mammelle della lupa, possiamodire con sicurezza, che i Romani, i quali soggiogarono ilLazio e il Sannio, avevano già udita raccontare l'originedella loro città materna press'a poco come noi la leggia-mo in Livio, ed il letterato siciliano Callia, intorno al465, menziona persino gli aborigeni, cioè gli «origina-ri», primo e ingenuo tentativo di spiegare la provenienzadelle stirpi latine.Del resto è nell'indole della cronaca di aggiungere allastoria la preistoria, risalendo, se non fino all'origine delcielo e della terra, almeno sino alla fondazione del co-mune. D'altra parte è chiaramente provato che la tabelladei pontefici indicava l'anno della fondazione di Roma.Quindi si può aver per fermo, che, quando il collegio deipontefici nella prima metà del quinto secolo, in luogo diregistrare, come sino allora si era usato, le scarse noti-zie, che si limitavano d'ordinario ai nomi dei magistrati,mise mano a redigere una vera cronaca della città, deveavervi introdotta, per la prima volta, anche la storia deire di Roma e della loro cacciata, e, mentre vi registravail 13 settembre 245 = 509 come fosse il giorno dellaconsacrazione del tempio capitolino e insieme dalla fon-dazione della repubblica, si sforzava di porre, se non al-

409

Page 410: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

tro per l'apparenza, in connessione la leggenda senzadata, e gli elementi cronologici della storia.Non si può dubitare che in questa prima compilazionedella leggenda sulle origini di Roma non sia entrato an-che un po' di ellenismo. L'attenzione posta nel distin-guere le genti originarie dalle avventizie, l'origine ante-riore accordata alla pastorizia sull'agricoltura, la trasfor-mazione di Romolo nel dio Quirino, recano l'improntaellenica, e non pare introdotta negli ultimi tempi dellapreistoria romana nemmeno quella mescolanza della re-missione della primitiva sapienza pitagorica, con cuivennero offuscate le tanto schiettamente latine figure delpio Numa e della savia Egeria.Una volta su questa via, vennero messe d'accordo con leleggende intorno ai primi tempi di Roma anche le cro-nache genealogiche e gli alberi delle nobili famiglie, at-tribuendo a ciascuna di esse avi illustri dei tempi leg-gendari. Così ad esempio gli Emilii, i Calpurnii, i Pina-rii, i Pomponii, vollero discendere dai quattro figli diNuma: Mamerco, Calpo, Pino e Pompo, e gli Emilii an-che dal figlio di Pitagora Mamerco detto l'«eloquente»(αἱµύλος).Nondimeno, malgrado le reminiscenze elleniche che simanifestano da tutte le parti, questa leggenda preistoricadel comune, non meno che quella delle famiglie, mostraun carattere proprio, e, chi la raffronti con le altre leg-gende letterarie, originale e nazionale, come quella che

410

tro per l'apparenza, in connessione la leggenda senzadata, e gli elementi cronologici della storia.Non si può dubitare che in questa prima compilazionedella leggenda sulle origini di Roma non sia entrato an-che un po' di ellenismo. L'attenzione posta nel distin-guere le genti originarie dalle avventizie, l'origine ante-riore accordata alla pastorizia sull'agricoltura, la trasfor-mazione di Romolo nel dio Quirino, recano l'improntaellenica, e non pare introdotta negli ultimi tempi dellapreistoria romana nemmeno quella mescolanza della re-missione della primitiva sapienza pitagorica, con cuivennero offuscate le tanto schiettamente latine figure delpio Numa e della savia Egeria.Una volta su questa via, vennero messe d'accordo con leleggende intorno ai primi tempi di Roma anche le cro-nache genealogiche e gli alberi delle nobili famiglie, at-tribuendo a ciascuna di esse avi illustri dei tempi leg-gendari. Così ad esempio gli Emilii, i Calpurnii, i Pina-rii, i Pomponii, vollero discendere dai quattro figli diNuma: Mamerco, Calpo, Pino e Pompo, e gli Emilii an-che dal figlio di Pitagora Mamerco detto l'«eloquente»(αἱµύλος).Nondimeno, malgrado le reminiscenze elleniche che simanifestano da tutte le parti, questa leggenda preistoricadel comune, non meno che quella delle famiglie, mostraun carattere proprio, e, chi la raffronti con le altre leg-gende letterarie, originale e nazionale, come quella che

410

Page 411: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

da un lato ebbe corso e credenza nella stessa Roma, edall'altro lato non mira a gettare un ponte tra Roma e laGrecia, ma piuttosto tra Roma e il Lazio.

6. Preistoria ellenica di Roma.Furono i racconti ellenici e la storia poetica che preseroa svolgere il tema della originale affinità tra Roma e laGrecia.Il ciclo delle leggende elleniche reca innegabili provedello sforzo fatto per adattarlo alle notizie biografiche amano a mano ch'esse si andavano allargando, e per for-mare, giovandosi delle numerose relazioni dei viaggicontinentali e marittimi, una geografia drammatizzata.Senonchè, simili combinazioni leggendarie non riesconoquasi mai semplici e schiette. Rarissimo è incontrare unracconto, come quello che troviamo nella più anticaopera storica greca, in cui si faccia menzione di Roma,nella storia siciliana di Antioco da Siracusa, la quale fi-nisce col 330, e narra come un uomo per nome Siculo(Sikelos) siasi recato da Roma in Italia, cioè nella peni-sola Bruzia; racconto che non aveva altro scopo se nonquello di accennare l'affinità delle schiatte romane, sicu-le e bruzie, e che non ricorreva a nessun adornamentoellenico.Nella leggenda ellenica in generale predomina, e colvolger del tempo cresce sempre più, la tendenza di rap-presentare tutto il mondo barbaro come soppiantato dal

411

da un lato ebbe corso e credenza nella stessa Roma, edall'altro lato non mira a gettare un ponte tra Roma e laGrecia, ma piuttosto tra Roma e il Lazio.

6. Preistoria ellenica di Roma.Furono i racconti ellenici e la storia poetica che preseroa svolgere il tema della originale affinità tra Roma e laGrecia.Il ciclo delle leggende elleniche reca innegabili provedello sforzo fatto per adattarlo alle notizie biografiche amano a mano ch'esse si andavano allargando, e per for-mare, giovandosi delle numerose relazioni dei viaggicontinentali e marittimi, una geografia drammatizzata.Senonchè, simili combinazioni leggendarie non riesconoquasi mai semplici e schiette. Rarissimo è incontrare unracconto, come quello che troviamo nella più anticaopera storica greca, in cui si faccia menzione di Roma,nella storia siciliana di Antioco da Siracusa, la quale fi-nisce col 330, e narra come un uomo per nome Siculo(Sikelos) siasi recato da Roma in Italia, cioè nella peni-sola Bruzia; racconto che non aveva altro scopo se nonquello di accennare l'affinità delle schiatte romane, sicu-le e bruzie, e che non ricorreva a nessun adornamentoellenico.Nella leggenda ellenica in generale predomina, e colvolger del tempo cresce sempre più, la tendenza di rap-presentare tutto il mondo barbaro come soppiantato dal

411

Page 412: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

mondo greco, e per lo meno assoggetato ad esso; e que-sto studio di assimilazione non tardò ad involgere nellefile della tradizione greca anche l'occidente. Rispetto poiall'Italia il ciclo di Ercole e degli Argonauti, sebbene giàEcateo (morto dopo il 257 = 497) avesse parlato dellecolonne d'Ercole e condotta la nave d'Argo dal PonteEusino fino all'Atlantico, e di là trattala su per il Nilo, erimenatala nel Mediterraneo, ebbe assai minore impor-tanza del ciclo dei viaggi fatti dai Greci per ritornare inpatria dopo l'espugnazione d'Ilio. Con la prima notiziacrepuscolare dell'Italia si connettono gli errori di Dio-mede sul mare Adriatico, e quelli di Ulisse sul Tirreno,al quale mare sembrano corrispondere, in qualchemodo, le descrizioni fantastiche della leggenda omerica.E veramente i paesi posti sul mare Tirreno sino ai tempidi Alessandro, nel mondo poetico dei Greci parveroquali erano stati descritti nella leggenda d'Ulisse; e lostesso Eforo, che finì col 414 = 340, e il cosiddetto Sci-lace (intorno al 418 = 336) seguirono queste tradizioni.La poesia antica non ricorda alcuna navigazione deiTroiani; e in Omero, Enea, dopo la caduta d'Ilio, regnasui Troiani rimasti in patria.

7. Stesicoro. Stesicoro (122-201 = 632-553), grande fabbricante dimiti, nella sua «Distruzione d'Ilio» immaginò per primola venuta d'Enea in occidente per arricchire poeticamen-

412

mondo greco, e per lo meno assoggetato ad esso; e que-sto studio di assimilazione non tardò ad involgere nellefile della tradizione greca anche l'occidente. Rispetto poiall'Italia il ciclo di Ercole e degli Argonauti, sebbene giàEcateo (morto dopo il 257 = 497) avesse parlato dellecolonne d'Ercole e condotta la nave d'Argo dal PonteEusino fino all'Atlantico, e di là trattala su per il Nilo, erimenatala nel Mediterraneo, ebbe assai minore impor-tanza del ciclo dei viaggi fatti dai Greci per ritornare inpatria dopo l'espugnazione d'Ilio. Con la prima notiziacrepuscolare dell'Italia si connettono gli errori di Dio-mede sul mare Adriatico, e quelli di Ulisse sul Tirreno,al quale mare sembrano corrispondere, in qualchemodo, le descrizioni fantastiche della leggenda omerica.E veramente i paesi posti sul mare Tirreno sino ai tempidi Alessandro, nel mondo poetico dei Greci parveroquali erano stati descritti nella leggenda d'Ulisse; e lostesso Eforo, che finì col 414 = 340, e il cosiddetto Sci-lace (intorno al 418 = 336) seguirono queste tradizioni.La poesia antica non ricorda alcuna navigazione deiTroiani; e in Omero, Enea, dopo la caduta d'Ilio, regnasui Troiani rimasti in patria.

7. Stesicoro. Stesicoro (122-201 = 632-553), grande fabbricante dimiti, nella sua «Distruzione d'Ilio» immaginò per primola venuta d'Enea in occidente per arricchire poeticamen-

412

Page 413: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

te il fondo favoloso della sua patria nativa e adottiva –la Sicilia e la bassa Italia – col contrasto degli eroi troia-ni e degli Elleni.Di qui vengono le prime linee di questa leggenda, chepoi rimasero incancellabili, e principalmente la figura-zione dell'eroe che, recandosi il vecchio padre in collo,fugge col tenero figlio e la moglie attraverso le avvam-panti rovine di Troia; non meno che l'importante identi-ficazione dei Troiani con gli autoctoni siciliani ed italici,la quale si riscontra in modo particolare ed evidente neltrombettiere troiano Miseno, che dà il nome a capo Mi-seno(65).L'antico poeta era indotto a questa similitudine dal senti-mento che i barbari italiani differivano dagli Elleni assaimeno degli altri barbari, e che le relazioni degli Elleni edegli Italici potevano, poeticamente, essere consideratesomiglianti a quelle degli Achei e dei Troiani d'Omero.Poco appresso questa nuova favola troiana venne fon-dendosi colla più antica leggenda di Ulisse, e si allargò atutta l'Italia.Secondo Ellanico (scrisse verso l'anno 350 = 404) Ulis-se ed Enea vennero in Italia passando per il paese tracioe molosso (epirota), dove le donne troiane, venute conloro, ardono le navi, ed Enea fonda la città di Roma

65 Anche le «colonie troiane» in Sicilia, menzionate da Tucidide, dal cosid-detto Scillace e da altri, come pure il cenno presso Ecateo, di Capua fonda-ta da Troiani, si riporteranno a Stesicoro e alla sua identificazione degli au-toctoni italici e siciliani coi Troiani.

413

te il fondo favoloso della sua patria nativa e adottiva –la Sicilia e la bassa Italia – col contrasto degli eroi troia-ni e degli Elleni.Di qui vengono le prime linee di questa leggenda, chepoi rimasero incancellabili, e principalmente la figura-zione dell'eroe che, recandosi il vecchio padre in collo,fugge col tenero figlio e la moglie attraverso le avvam-panti rovine di Troia; non meno che l'importante identi-ficazione dei Troiani con gli autoctoni siciliani ed italici,la quale si riscontra in modo particolare ed evidente neltrombettiere troiano Miseno, che dà il nome a capo Mi-seno(65).L'antico poeta era indotto a questa similitudine dal senti-mento che i barbari italiani differivano dagli Elleni assaimeno degli altri barbari, e che le relazioni degli Elleni edegli Italici potevano, poeticamente, essere consideratesomiglianti a quelle degli Achei e dei Troiani d'Omero.Poco appresso questa nuova favola troiana venne fon-dendosi colla più antica leggenda di Ulisse, e si allargò atutta l'Italia.Secondo Ellanico (scrisse verso l'anno 350 = 404) Ulis-se ed Enea vennero in Italia passando per il paese tracioe molosso (epirota), dove le donne troiane, venute conloro, ardono le navi, ed Enea fonda la città di Roma

65 Anche le «colonie troiane» in Sicilia, menzionate da Tucidide, dal cosid-detto Scillace e da altri, come pure il cenno presso Ecateo, di Capua fonda-ta da Troiani, si riporteranno a Stesicoro e alla sua identificazione degli au-toctoni italici e siciliani coi Troiani.

413

Page 414: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

dandole il nome d'una di queste troiane; Aristotile (370-433 = 384-321) ripete lo stesso racconto, benchè si sfor-zi di dargli un'aria meno assurda riformandolo, e riferen-do come una squadra achea, gettata nella spiaggia latina,fosse stata incendiata dalle schiave troiane, e come daquesti Achei, i quali furono per questa ragione costrettia rimanersi colle loro schiave troiane, siano discesi i La-tini. A questa leggenda venne poi intrecciandosi anchequalche elemento della tradizione indigena, di cui l'atti-vo commercio tra la Sicilia e l'Italia aveva già portato lanotizia fino in Sicilia al più tardi verso la fine diquest'epoca. Infatti il siciliano Callia, che scrisse versol'anno 465 = 289, parlando della fondazione di Roma, cidà un racconto in cui sono fuse insieme le favole d'Ulis-se, di Enea e di Romolo(66). Ma quegli che diè l'ultimatempera al concetto della migrazione troiana fu Timeodi Tauromenio in Sicilia, che finì la sua storia coll'anno492 = 262.

8. Timeo. Egli ci vien narrando come Enea fondasse prima Lavi-nio e vi ponesse la sede dei penati d'Ilio, e poscia edifi-casse Roma; egli deve anche avere innestata l'Elisa diTiro e la Didone della leggenda d'Enea, giacchè secondo

66 Callia pretende che una donna chiamata Rome, fuggita da Ilio a Roma, viabbia sposato Latino re degli aborigeni e che gli partorisse tre figli Romos,Romylos e Telegonos. Quest'ultimo, che si vuol far passare senza dubbiopel fondatore di Tuscolo e di Preneste, appartiene notoriamente al ciclodella leggenda d'Odisseo.

414

dandole il nome d'una di queste troiane; Aristotile (370-433 = 384-321) ripete lo stesso racconto, benchè si sfor-zi di dargli un'aria meno assurda riformandolo, e riferen-do come una squadra achea, gettata nella spiaggia latina,fosse stata incendiata dalle schiave troiane, e come daquesti Achei, i quali furono per questa ragione costrettia rimanersi colle loro schiave troiane, siano discesi i La-tini. A questa leggenda venne poi intrecciandosi anchequalche elemento della tradizione indigena, di cui l'atti-vo commercio tra la Sicilia e l'Italia aveva già portato lanotizia fino in Sicilia al più tardi verso la fine diquest'epoca. Infatti il siciliano Callia, che scrisse versol'anno 465 = 289, parlando della fondazione di Roma, cidà un racconto in cui sono fuse insieme le favole d'Ulis-se, di Enea e di Romolo(66). Ma quegli che diè l'ultimatempera al concetto della migrazione troiana fu Timeodi Tauromenio in Sicilia, che finì la sua storia coll'anno492 = 262.

8. Timeo. Egli ci vien narrando come Enea fondasse prima Lavi-nio e vi ponesse la sede dei penati d'Ilio, e poscia edifi-casse Roma; egli deve anche avere innestata l'Elisa diTiro e la Didone della leggenda d'Enea, giacchè secondo

66 Callia pretende che una donna chiamata Rome, fuggita da Ilio a Roma, viabbia sposato Latino re degli aborigeni e che gli partorisse tre figli Romos,Romylos e Telegonos. Quest'ultimo, che si vuol far passare senza dubbiopel fondatore di Tuscolo e di Preneste, appartiene notoriamente al ciclodella leggenda d'Odisseo.

414

Page 415: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lui Didone fu la fondatrice di Cartagine, e Roma e Car-tagine furono fondate nello stesso anno. Queste supposi-zioni storiche furono ispirate non solo dagli avvenimentiche si andavano predisponendo appunto nel tempo e nelluogo ove Timeo stava scrivendo, ma senza dubbio an-che da relazioni pervenute in Sicilia sui costumi e sugliusi dei Latini; le quali, però, non possono credersi deri-vate dal Lazio, ma saranno state probabilmente il fruttodelle sciocche invenzioni dei vecchi raccoglitori di rap-sodie.Timeo aveva forse udito raccontare dell'antichissimotempio degli dei domestici in Lavinio; ma che queste di-vinità fossero considerate dai Laviniesi come i penatiche gli Eneidi vi avessero recato da Ilio, non può essereche una aggiunta di Timeo, come certo è di sua creazio-ne l'arguto riscontro del cavallo ottobrino dei Romani edel cavallo troiano, non meno che l'esatto inventariodelle reliquie di Lavinio; le quali, secondo un così debo-le testimonio erano mazze di ferro e di rame da araldoed un vaso di terra, proprio di fabbrica troiana.È ben vero che nessuno mai riuscì a vedere queste reli-quie, ma Timeo era uno di quegli storici che di nullasanno dare così precisa ragione quanto di ciò che non siconosce. E non a torto ci ammonì Polibio, il quale cono-sceva l'uomo, di non prestargli fede in nulla, e meno an-cora quando mostra di appoggiare le proprie asserzioni,come in questo caso, su documenti autentici.

415

lui Didone fu la fondatrice di Cartagine, e Roma e Car-tagine furono fondate nello stesso anno. Queste supposi-zioni storiche furono ispirate non solo dagli avvenimentiche si andavano predisponendo appunto nel tempo e nelluogo ove Timeo stava scrivendo, ma senza dubbio an-che da relazioni pervenute in Sicilia sui costumi e sugliusi dei Latini; le quali, però, non possono credersi deri-vate dal Lazio, ma saranno state probabilmente il fruttodelle sciocche invenzioni dei vecchi raccoglitori di rap-sodie.Timeo aveva forse udito raccontare dell'antichissimotempio degli dei domestici in Lavinio; ma che queste di-vinità fossero considerate dai Laviniesi come i penatiche gli Eneidi vi avessero recato da Ilio, non può essereche una aggiunta di Timeo, come certo è di sua creazio-ne l'arguto riscontro del cavallo ottobrino dei Romani edel cavallo troiano, non meno che l'esatto inventariodelle reliquie di Lavinio; le quali, secondo un così debo-le testimonio erano mazze di ferro e di rame da araldoed un vaso di terra, proprio di fabbrica troiana.È ben vero che nessuno mai riuscì a vedere queste reli-quie, ma Timeo era uno di quegli storici che di nullasanno dare così precisa ragione quanto di ciò che non siconosce. E non a torto ci ammonì Polibio, il quale cono-sceva l'uomo, di non prestargli fede in nulla, e meno an-cora quando mostra di appoggiare le proprie asserzioni,come in questo caso, su documenti autentici.

415

Page 416: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Questo retore siciliano, che seppe indicare la tomba diTucidide in Italia e non seppe trovare per Alessandronessuna più alta lode di quella che egli fosse venuto acapo delle sue imprese nell'Asia più presto che Isocratedel suo «panegirico», fu precisamente l'uomo fatto ap-posta per impastare, all'ombra dell'ingenua poesia primi-tiva, questa miscela; a cui il caso dette poi una così stra-na celebrità.Non può però accertarsi che le favole elleniche sulle ori-gini latine siano penetrate subito in Italia, come si eranorapidamente diffuse in Sicilia. Pare che già fino da que-sti tempi vi si fossero divulgate le leggende che si ricol-legavano al ciclo odisseo, e che più tardi troviamo nellastoria della fondazione di varie città latine, come Tusco-lo, Preneste, Anzio, Ardea, Cortona; e che la persuasio-ne, che i Romani discendessero da Troiani o da Troiane,doveva essere già verso la fine di questo periodo storicoradicata in Roma, giacchè le prime relazioni accettatetra Roma e l'oriente greco cominciarono coll'intercessio-ne del senato a favore degli «affini» abitanti d'Ilio, ilqual caso avvenne l'anno 472 = 282.Nondimeno abbiamo la prova che la leggenda d'Eneanon è in Italia molto antica, nel fatto che gli avvenimen-ti in essa riferiti sono, senza confronto, meno localizzatidi quelli dell'Odissea. Ad ogni modo poi, tanto la com-pilazione ultima della leggenda, come l'assestamento diessa con la tradizione indigena romana intorno alle ori-gini delle città non ebbe luogo che nelle età posteriori a

416

Questo retore siciliano, che seppe indicare la tomba diTucidide in Italia e non seppe trovare per Alessandronessuna più alta lode di quella che egli fosse venuto acapo delle sue imprese nell'Asia più presto che Isocratedel suo «panegirico», fu precisamente l'uomo fatto ap-posta per impastare, all'ombra dell'ingenua poesia primi-tiva, questa miscela; a cui il caso dette poi una così stra-na celebrità.Non può però accertarsi che le favole elleniche sulle ori-gini latine siano penetrate subito in Italia, come si eranorapidamente diffuse in Sicilia. Pare che già fino da que-sti tempi vi si fossero divulgate le leggende che si ricol-legavano al ciclo odisseo, e che più tardi troviamo nellastoria della fondazione di varie città latine, come Tusco-lo, Preneste, Anzio, Ardea, Cortona; e che la persuasio-ne, che i Romani discendessero da Troiani o da Troiane,doveva essere già verso la fine di questo periodo storicoradicata in Roma, giacchè le prime relazioni accettatetra Roma e l'oriente greco cominciarono coll'intercessio-ne del senato a favore degli «affini» abitanti d'Ilio, ilqual caso avvenne l'anno 472 = 282.Nondimeno abbiamo la prova che la leggenda d'Eneanon è in Italia molto antica, nel fatto che gli avvenimen-ti in essa riferiti sono, senza confronto, meno localizzatidi quelli dell'Odissea. Ad ogni modo poi, tanto la com-pilazione ultima della leggenda, come l'assestamento diessa con la tradizione indigena romana intorno alle ori-gini delle città non ebbe luogo che nelle età posteriori a

416

Page 417: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

quella di cui ora trattiamo.Mentre pertanto tra i Greci la storiografia, o ciò che al-lora si poteva chiamare storiografia, metteva ogni studioper costruire una preistoria italica, essa non prestavaquasi alcuna attenzione agli avvenimenti contempora-nei, che si compivano nella penisola, ciò che ci dà unasingolare prova dell'affievolimento del senso politico frai Greci e che ci priva d'un sussidio storico su cui avrem-mo potuto contare.Teopompo da Chio (chiuse la sua storia nel 418 = 336)fa appena menzione della presa di Roma per mano deiCelti, e Aristotile, Clitarco, Teofrasto, Eraclito da Ponto(morto verso l'anno 450 = 304) toccano non più che dipassaggio alcuni fatti riguardanti Roma; soltanto conGeronimo da Cardia, il quale come storiografo di Pirrodescrive anche le sue guerre in Italia, la storiografia gre-ca diviene una sorgente anche per la storia romana.

9. Giurisprudenza. Fra tutte le discipline giuridiche la giurisprudenza ac-quistò una ferma base di progresso colla compilazionedelle leggi del comune compiuta negli anni 303-304 =451-450. Questo codice, conosciuto sotto il nome di«Leggi delle dodici tavole» è il più antico scritto roma-no che meriti il nome di codice. Non molto dopodev'essere avvenuta la pubblicazione delle cosiddette«Leggi regie», che sono certo ordinanze quasi tutte di

417

quella di cui ora trattiamo.Mentre pertanto tra i Greci la storiografia, o ciò che al-lora si poteva chiamare storiografia, metteva ogni studioper costruire una preistoria italica, essa non prestavaquasi alcuna attenzione agli avvenimenti contempora-nei, che si compivano nella penisola, ciò che ci dà unasingolare prova dell'affievolimento del senso politico frai Greci e che ci priva d'un sussidio storico su cui avrem-mo potuto contare.Teopompo da Chio (chiuse la sua storia nel 418 = 336)fa appena menzione della presa di Roma per mano deiCelti, e Aristotile, Clitarco, Teofrasto, Eraclito da Ponto(morto verso l'anno 450 = 304) toccano non più che dipassaggio alcuni fatti riguardanti Roma; soltanto conGeronimo da Cardia, il quale come storiografo di Pirrodescrive anche le sue guerre in Italia, la storiografia gre-ca diviene una sorgente anche per la storia romana.

9. Giurisprudenza. Fra tutte le discipline giuridiche la giurisprudenza ac-quistò una ferma base di progresso colla compilazionedelle leggi del comune compiuta negli anni 303-304 =451-450. Questo codice, conosciuto sotto il nome di«Leggi delle dodici tavole» è il più antico scritto roma-no che meriti il nome di codice. Non molto dopodev'essere avvenuta la pubblicazione delle cosiddette«Leggi regie», che sono certo ordinanze quasi tutte di

417

Page 418: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

materia rituale, le quali, fondate sulla consuetudine,vennero volgarizzate sotto forma di decreti regi dal col-legio dei pontefici, autorizzato non già a dettar leggi maa pubblicarle.Oltre a questo, fin dal principio di quell'epoca, sembravenissero registrati regolarmente i più importanti se-nato-consulti, se non tutte le deliberazioni del popolo; edella conservazione di questi decreti troviamo già fattocenno nelle primissime contestazioni delle classi.Mentre la massa delle leggi scritte andava così crescen-do, venivano consolidandosi anche le basi di una giuri-sprudenza propriamente detta. Tanto i magistrati che sicambiavano d'anno in anno, quanto i giurati scelti tra ilpopolo, si trovavano nella necessità di rivolgersi a con-siglieri (auctores) che conoscessero la procedura giudi-ziaria e sapessero suggerire una decisione richiamandoprecedenti, o, se precedenti mancavano, formulando deimotivi ragionati.I pontefici, che erano abituati a vedersi richiedere dalpopolo tanto l'indicazione dei giorni in cui si poteva ren-dere giudizio, quanto la soluzione dei dubbi riferibili alculto divino e ai riti legali, quando ne erano richiesti da-vano consigli e pareri anche su altri punti di diritto, ecosì venivano crescendo e coltivando in seno al lorocollegio la tradizione, su cui si fonda il diritto privatoromano e, sopra ogni altra cosa, le formole delle azionigiuridiche per ciascun fatto.

418

materia rituale, le quali, fondate sulla consuetudine,vennero volgarizzate sotto forma di decreti regi dal col-legio dei pontefici, autorizzato non già a dettar leggi maa pubblicarle.Oltre a questo, fin dal principio di quell'epoca, sembravenissero registrati regolarmente i più importanti se-nato-consulti, se non tutte le deliberazioni del popolo; edella conservazione di questi decreti troviamo già fattocenno nelle primissime contestazioni delle classi.Mentre la massa delle leggi scritte andava così crescen-do, venivano consolidandosi anche le basi di una giuri-sprudenza propriamente detta. Tanto i magistrati che sicambiavano d'anno in anno, quanto i giurati scelti tra ilpopolo, si trovavano nella necessità di rivolgersi a con-siglieri (auctores) che conoscessero la procedura giudi-ziaria e sapessero suggerire una decisione richiamandoprecedenti, o, se precedenti mancavano, formulando deimotivi ragionati.I pontefici, che erano abituati a vedersi richiedere dalpopolo tanto l'indicazione dei giorni in cui si poteva ren-dere giudizio, quanto la soluzione dei dubbi riferibili alculto divino e ai riti legali, quando ne erano richiesti da-vano consigli e pareri anche su altri punti di diritto, ecosì venivano crescendo e coltivando in seno al lorocollegio la tradizione, su cui si fonda il diritto privatoromano e, sopra ogni altra cosa, le formole delle azionigiuridiche per ciascun fatto.

418

Page 419: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Un codice, che raccolse tutte queste azioni, conl'aggiunta di un calendario che indicava i giorni in cui sirendeva giustizia, fu pubblicato da Appio Claudio o dalsuo scrivano Gneo Flavio intorno all'anno 450 = 304.Ma questo tentativo di dare una forma scientifica ad unadisciplina non ancora conscia de' propri principii, rimaselungamente infecondo.Che la conoscenza del diritto e l'insegnamento del me-desimo fosse, fin dai primi tempi, un mezzo per rendersiben accetto al popolo e per pervenire alle pubbliche ca-riche, è cosa naturale, sebbene la narrazione, che il pri-mo pontefice plebeo Publio Sempronio Sofo (consoledell'anno 450 = 304), e il primo sommo pontefice Tibe-rio Coruncanio (console del 474 = 280), dovessero leloro cariche alla conoscenza che avevano della giuri-sprudenza, sia piuttosto una supposizione degli eruditiche una vera tradizione.

10. Lingua. Che il vero periodo di formazione della lingua latina edelle altre lingue italiche fosse già chiuso prima diquest'età e che la lingua latina fosse nelle sue parti so-stanziali già compiuta intorno ai primi anni della repub-blica, ce lo provano le reliquie delle dodici tavole, chesenza dubbio ci pervennero assai rimodernate attraversola tradizione semiorale, ma che ad ogni modo, se con-tengono un gran numero di vocaboli antiquati e di durasintassi, particolarmente per l'omissione del soggetto de-

419

Un codice, che raccolse tutte queste azioni, conl'aggiunta di un calendario che indicava i giorni in cui sirendeva giustizia, fu pubblicato da Appio Claudio o dalsuo scrivano Gneo Flavio intorno all'anno 450 = 304.Ma questo tentativo di dare una forma scientifica ad unadisciplina non ancora conscia de' propri principii, rimaselungamente infecondo.Che la conoscenza del diritto e l'insegnamento del me-desimo fosse, fin dai primi tempi, un mezzo per rendersiben accetto al popolo e per pervenire alle pubbliche ca-riche, è cosa naturale, sebbene la narrazione, che il pri-mo pontefice plebeo Publio Sempronio Sofo (consoledell'anno 450 = 304), e il primo sommo pontefice Tibe-rio Coruncanio (console del 474 = 280), dovessero leloro cariche alla conoscenza che avevano della giuri-sprudenza, sia piuttosto una supposizione degli eruditiche una vera tradizione.

10. Lingua. Che il vero periodo di formazione della lingua latina edelle altre lingue italiche fosse già chiuso prima diquest'età e che la lingua latina fosse nelle sue parti so-stanziali già compiuta intorno ai primi anni della repub-blica, ce lo provano le reliquie delle dodici tavole, chesenza dubbio ci pervennero assai rimodernate attraversola tradizione semiorale, ma che ad ogni modo, se con-tengono un gran numero di vocaboli antiquati e di durasintassi, particolarmente per l'omissione del soggetto de-

419

Page 420: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

terminato, non presentano quelle difficoltà insuperabilidi interpretazione che abbondano nella cantilena dei fra-telli Arvali, e si avvicinano molto più alla favella di Ca-tone che il gergo di quelle antiche litanie.Se i Romani, al principio del settimo secolo, trovavanodifficili a decifrare i documenti del terzo secolo, ciò sideve attribuire senza dubbio al difetto di studi paleogra-fici.In questo tempo, in cui si cominciò a pronunciaresull'applicazione del diritto, e a compilare le leggi, sisarà venuto formando anche lo stile degli affari e degliuffici, il quale, per il lungo rigirare delle formole e deicostrutti convenzionali, per la minuta specificazioned'ogni particolare dei fatti e d'ogni relazione delle cose,per i periodi indeterminabili, se non lo supera, non lacede per nulla allo stile dell'attuale foro inglese che, peracutezza e precisione, è tenuto in gran pregio dagli ini-ziati, mentre i profani, non giungendo a comprendernele finezze, l'ascoltano, secondo le disposizioni dell'ani-mo, con rispetto, con impazienza o con disdegno.In questa medesima epoca cominciò anche una raziona-le elaborazione delle lingue indigene.Al principiare di quest'età gli idiomi sabellico e latinoerano minacciati, come vedemmo, di declinare nel bar-baro, e infatti la soppressione delle desinenze e l'oblite-razione delle vocali e delle più fini consonanti facevano,come nel quinto e sesto secolo della nostra èra avvenne

420

terminato, non presentano quelle difficoltà insuperabilidi interpretazione che abbondano nella cantilena dei fra-telli Arvali, e si avvicinano molto più alla favella di Ca-tone che il gergo di quelle antiche litanie.Se i Romani, al principio del settimo secolo, trovavanodifficili a decifrare i documenti del terzo secolo, ciò sideve attribuire senza dubbio al difetto di studi paleogra-fici.In questo tempo, in cui si cominciò a pronunciaresull'applicazione del diritto, e a compilare le leggi, sisarà venuto formando anche lo stile degli affari e degliuffici, il quale, per il lungo rigirare delle formole e deicostrutti convenzionali, per la minuta specificazioned'ogni particolare dei fatti e d'ogni relazione delle cose,per i periodi indeterminabili, se non lo supera, non lacede per nulla allo stile dell'attuale foro inglese che, peracutezza e precisione, è tenuto in gran pregio dagli ini-ziati, mentre i profani, non giungendo a comprendernele finezze, l'ascoltano, secondo le disposizioni dell'ani-mo, con rispetto, con impazienza o con disdegno.In questa medesima epoca cominciò anche una raziona-le elaborazione delle lingue indigene.Al principiare di quest'età gli idiomi sabellico e latinoerano minacciati, come vedemmo, di declinare nel bar-baro, e infatti la soppressione delle desinenze e l'oblite-razione delle vocali e delle più fini consonanti facevano,come nel quinto e sesto secolo della nostra èra avvenne

420

Page 421: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nelle lingue romane, sempre maggiori progressi. Mapoco dopo nacque una reazione; nell'idioma osco si se-pararono di nuovo i suoni fusi insieme della d e della r,nell'idioma latino i suoni della g e della K e ciascunoprese il proprio segno; l'o e l'u, per le quali nell'alfabetoosco mancavano originariamente segni distinti, e chenell'alfabeto latino, sulle prime, erano separati e minac-ciavano quindi di confondersi, si separarono di nuovo, enell'osco la lettera i si scinde in due segni distinti persuono e per forma; finalmente la scrittura si accosta piùesattamente alla pronuncia, come ad esempio presso iRomani, che sostituivano spessissimo l'r alla s. Le trac-ce cronologiche ci conducono per queste reazioni alquinto secolo: la lettera g latina, per esempio, non esi-steva ancora verso l'anno 300, intorno al 500 sì; il primodella famiglia Papiria, che si chiamò Papirio invece diPapisio, fu il console dell'anno 418 = 336; l'introduzionedella lettera r in luogo della s è attribuita ad AppioClaudio censore del 442 = 312. Non vi è dubbio chel'introduzione d'una pronunzia più fine e più spiccata èin relazione colla crescente influenza della civiltà greca,la quale appunto in quel tempo ci si manifesta in tutti irami della vita italica; e nel modo che le moneted'argento di Capua e di Nola sono molto più perfette chenon i contemporanei assi d'Ardea e di Roma, così pareche anche la scrittura e la lingua siano state regolate conmaggior speditezza e perfezione nel paese campano chenon nel Lazio.

421

nelle lingue romane, sempre maggiori progressi. Mapoco dopo nacque una reazione; nell'idioma osco si se-pararono di nuovo i suoni fusi insieme della d e della r,nell'idioma latino i suoni della g e della K e ciascunoprese il proprio segno; l'o e l'u, per le quali nell'alfabetoosco mancavano originariamente segni distinti, e chenell'alfabeto latino, sulle prime, erano separati e minac-ciavano quindi di confondersi, si separarono di nuovo, enell'osco la lettera i si scinde in due segni distinti persuono e per forma; finalmente la scrittura si accosta piùesattamente alla pronuncia, come ad esempio presso iRomani, che sostituivano spessissimo l'r alla s. Le trac-ce cronologiche ci conducono per queste reazioni alquinto secolo: la lettera g latina, per esempio, non esi-steva ancora verso l'anno 300, intorno al 500 sì; il primodella famiglia Papiria, che si chiamò Papirio invece diPapisio, fu il console dell'anno 418 = 336; l'introduzionedella lettera r in luogo della s è attribuita ad AppioClaudio censore del 442 = 312. Non vi è dubbio chel'introduzione d'una pronunzia più fine e più spiccata èin relazione colla crescente influenza della civiltà greca,la quale appunto in quel tempo ci si manifesta in tutti irami della vita italica; e nel modo che le moneted'argento di Capua e di Nola sono molto più perfette chenon i contemporanei assi d'Ardea e di Roma, così pareche anche la scrittura e la lingua siano state regolate conmaggior speditezza e perfezione nel paese campano chenon nel Lazio.

421

Page 422: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Quanto poco progresso, malgrado le cure che vi si spe-sero intorno, facessero la lingua e l'ortografia romanaalla fine di quest'epoca, lo provano le iscrizioni che ab-biamo della fine del quinto secolo, nelle quali domina ilmassimo arbitrio, particolarmente nell'indicare od omet-tere le lettere m, d e s in fine della parola e la lettera n inmezzo, e così nel distinguere l'o dall'u e l'e dall'i(67); èprobabile che i Sabelli, rispetto alla lingua, fossero inquesto tempo più avanzati, mentre gli Umbri ben pocodovevano aver risentito dalla rigeneratrice influenza el-lenica.

11. Istruzione. In grazia di questo avviamento della giurisprudenza edella grammatica non può non avere preso un notevoleincremento anche l'istruzione elementare, che già, aquanto pare, aveva cominciato nei tempi anteriori.Siccome Omero era il libro greco più antico, e le dodicitavole il più antico libro romano, così essi furono nei67 In entrambi gli epitaffi di Lucio Scipione console dell'anno 456 = 298 e

del console omonimo dell'anno 495 = 259 mancano tutte le lettere m e dnelle desinenze dei casi: vi si trova però una volta Lucion ed un'altra Gnai-vod; vi figurano nel nominativo l'uno accanto all'altro Cornelio e filios;cosol, cesor accanto a consol, censor; aidiles, debet, ploirume (= a pluri-mi), hec (nom. sing.) accanto a aedilis, cepit, quei, hic. Il rotacismo è giàcompiutamente introdotto; si trova duonoro (= a bonorum), ploirume, noncome nella canzone dei Salii foedesum, plusima. Le nostre reliquie epigra-fiche non risalgono in generale oltre il rotacismo: del più antico s non sitrovano che poche traccie, come si rinvennero recentemente honos, labosaccanto a honor e labor, ed i simili pronomi femminili Maio (= a maios,maior) e Mino scoperti recentemente in Preneste sopra lapidi sepolcrali.

422

Quanto poco progresso, malgrado le cure che vi si spe-sero intorno, facessero la lingua e l'ortografia romanaalla fine di quest'epoca, lo provano le iscrizioni che ab-biamo della fine del quinto secolo, nelle quali domina ilmassimo arbitrio, particolarmente nell'indicare od omet-tere le lettere m, d e s in fine della parola e la lettera n inmezzo, e così nel distinguere l'o dall'u e l'e dall'i(67); èprobabile che i Sabelli, rispetto alla lingua, fossero inquesto tempo più avanzati, mentre gli Umbri ben pocodovevano aver risentito dalla rigeneratrice influenza el-lenica.

11. Istruzione. In grazia di questo avviamento della giurisprudenza edella grammatica non può non avere preso un notevoleincremento anche l'istruzione elementare, che già, aquanto pare, aveva cominciato nei tempi anteriori.Siccome Omero era il libro greco più antico, e le dodicitavole il più antico libro romano, così essi furono nei67 In entrambi gli epitaffi di Lucio Scipione console dell'anno 456 = 298 e

del console omonimo dell'anno 495 = 259 mancano tutte le lettere m e dnelle desinenze dei casi: vi si trova però una volta Lucion ed un'altra Gnai-vod; vi figurano nel nominativo l'uno accanto all'altro Cornelio e filios;cosol, cesor accanto a consol, censor; aidiles, debet, ploirume (= a pluri-mi), hec (nom. sing.) accanto a aedilis, cepit, quei, hic. Il rotacismo è giàcompiutamente introdotto; si trova duonoro (= a bonorum), ploirume, noncome nella canzone dei Salii foedesum, plusima. Le nostre reliquie epigra-fiche non risalgono in generale oltre il rotacismo: del più antico s non sitrovano che poche traccie, come si rinvennero recentemente honos, labosaccanto a honor e labor, ed i simili pronomi femminili Maio (= a maios,maior) e Mino scoperti recentemente in Preneste sopra lapidi sepolcrali.

422

Page 423: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

loro paesi la base essenziale dell'insegnamento; ond'èche l'imparare a memoria il catechismo politico-giuridi-co formava una parte principale dell'educazione dei fan-ciulli romani.Accanto ai «maestri di scrittura» (litteratores) vi erano,come è naturale, dal momento che la conoscenza dellalingua greca era divenuta un bisogno per ogni uomo distato e per ogni commerciante, anche maestri di linguagreca (grammatici)(68), in parte pedagoghi schiavi, inparte maestri privati, i quali insegnavano a leggere eparlare la lingua greca nella propria abitazione o si reca-vano in quella dello scolaro.Non occorre dire che il bastone aveva la sua parte anchenell'insegnamento come l'aveva nella disciplina militaree nella polizia(69). Ma in quel tempo l'insegnamento nondoveva avere ancora oltrepassato il grado elementare;tra il Romano colto ed il Romano illetterato non v'era al-cuna notevole differenza nella pubblica estimazione.È cosa notoria che i Romani non si sono segnalati in

68 Litterator e grammaticus equivalevano all'incirca come presso di noi amaestro di scuola e professore; l'ultima denominazione spetta secondol'uso più antico della lingua solo al maestro della lingua greca e non a co-lui che insegna la lingua patria. Litteratus è più recente e designa l'uomocolto e non il maestro di scuola.

69 Una prova ne abbiamo in PLAUTO (Bacch. 431), dove parla della anticabuona educazione infantile romana:

...... quando a casa ritornavi,In farsetto ti sedevi sullo sgabello in faccia al maestro;E se leggendo il libro sbagliavi una sillaba,Egli ti coloriva la gobba come un bavagliolo da bimbo.

423

loro paesi la base essenziale dell'insegnamento; ond'èche l'imparare a memoria il catechismo politico-giuridi-co formava una parte principale dell'educazione dei fan-ciulli romani.Accanto ai «maestri di scrittura» (litteratores) vi erano,come è naturale, dal momento che la conoscenza dellalingua greca era divenuta un bisogno per ogni uomo distato e per ogni commerciante, anche maestri di linguagreca (grammatici)(68), in parte pedagoghi schiavi, inparte maestri privati, i quali insegnavano a leggere eparlare la lingua greca nella propria abitazione o si reca-vano in quella dello scolaro.Non occorre dire che il bastone aveva la sua parte anchenell'insegnamento come l'aveva nella disciplina militaree nella polizia(69). Ma in quel tempo l'insegnamento nondoveva avere ancora oltrepassato il grado elementare;tra il Romano colto ed il Romano illetterato non v'era al-cuna notevole differenza nella pubblica estimazione.È cosa notoria che i Romani non si sono segnalati in

68 Litterator e grammaticus equivalevano all'incirca come presso di noi amaestro di scuola e professore; l'ultima denominazione spetta secondol'uso più antico della lingua solo al maestro della lingua greca e non a co-lui che insegna la lingua patria. Litteratus è più recente e designa l'uomocolto e non il maestro di scuola.

69 Una prova ne abbiamo in PLAUTO (Bacch. 431), dove parla della anticabuona educazione infantile romana:

...... quando a casa ritornavi,In farsetto ti sedevi sullo sgabello in faccia al maestro;E se leggendo il libro sbagliavi una sillaba,Egli ti coloriva la gobba come un bavagliolo da bimbo.

423

Page 424: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

nessun tempo(70) nè nelle scienze matematiche nè nellemeccaniche; ciò che si conferma anche nella storia deltempo, di cui ora ragioniamo, col solo fatto che se nepossa citare con qualche sicurezza, cioè col tentativo deidecemviri di riordinare il calendario.Essi volevano cambiare il loro calendario, che era basa-to sull'antica imperfettissima trieteride, col calendariofondato sulla octaeteride allora in uso nell'Attica, il qua-le conservava il mese lunare di 29 giorni e mezzo, cal-colava però l'anno solare in 365 giorni e un quarto inve-ce di 368 3/4, e, data quindi la comune invariabile lun-ghezza dell'anno di 354 giorni, non vi si inserivano piùogni quattr'anni 59, bensì ogni 8 anni 90 giorni. Allostesso intento i riformatori romani, conservando del re-sto il calendario allora in uso, ebbero intenzione di nonaccorciare nei due anni bisestili del periodo quadrienna-le i mesi intercalari, sibbene i due febbrai ciascuno disette giorni, e di assegnare quindi a questo mese, neglianni bisestili, invece di 29 e 28 giorni, 22 e 21.Ma imprevidenza matematica e scrupoli teologici, parti-colarmente il riguardo dovuto alla festa annuale in onoredel dio Termine, che cadeva appunto in quei giorni difebbraio che si sarebbero dovuti sopprimere, sconcerta-rono l'ideata riforma, dimodochè il mese di febbraiodell'anno bisestile fu di 24 e di 25 giorni, ammontandoquindi il nuovo anno solare romano a giorni 366 1/4. Futrovato in qualche modo un rimedio agli inconvenienti70 [I recenti scavi dimostrano il contrario per quanto riguarda la meccanica].

424

nessun tempo(70) nè nelle scienze matematiche nè nellemeccaniche; ciò che si conferma anche nella storia deltempo, di cui ora ragioniamo, col solo fatto che se nepossa citare con qualche sicurezza, cioè col tentativo deidecemviri di riordinare il calendario.Essi volevano cambiare il loro calendario, che era basa-to sull'antica imperfettissima trieteride, col calendariofondato sulla octaeteride allora in uso nell'Attica, il qua-le conservava il mese lunare di 29 giorni e mezzo, cal-colava però l'anno solare in 365 giorni e un quarto inve-ce di 368 3/4, e, data quindi la comune invariabile lun-ghezza dell'anno di 354 giorni, non vi si inserivano piùogni quattr'anni 59, bensì ogni 8 anni 90 giorni. Allostesso intento i riformatori romani, conservando del re-sto il calendario allora in uso, ebbero intenzione di nonaccorciare nei due anni bisestili del periodo quadrienna-le i mesi intercalari, sibbene i due febbrai ciascuno disette giorni, e di assegnare quindi a questo mese, neglianni bisestili, invece di 29 e 28 giorni, 22 e 21.Ma imprevidenza matematica e scrupoli teologici, parti-colarmente il riguardo dovuto alla festa annuale in onoredel dio Termine, che cadeva appunto in quei giorni difebbraio che si sarebbero dovuti sopprimere, sconcerta-rono l'ideata riforma, dimodochè il mese di febbraiodell'anno bisestile fu di 24 e di 25 giorni, ammontandoquindi il nuovo anno solare romano a giorni 366 1/4. Futrovato in qualche modo un rimedio agli inconvenienti70 [I recenti scavi dimostrano il contrario per quanto riguarda la meccanica].

424

Page 425: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

che derivavano da questo sistema abbandonando il cal-colo del calendario per mesi o per dieci mesi, divenutoimpossibile per l'ineguaglianza dei mesi, adottando in-vece quello per termini di dieci mesi d'un anno solare di365 giorni, o quello del cosiddetto anno di dieci mesi digiorni 304. Oltre di che in Italia venne anche presto inuso specialmente nelle faccende campestri, il calendariorurale, fondato da Eudosso (che fioriva l'anno 386 =368) sull'anno solare egizio di giorni 365 e un quarto.

12. Architettura e plastica.Le opere d'architettura e di plastica, strettamente con-nesse colle scienze meccaniche, danno un'alta idea diciò che anche in questa sfera gli Italici furono in gradodi fare.Noi, a dir vero, non troviamo nemmeno in queste produ-zioni opere originali, ma se per la nota di plagio, che simanifesta in quasi tutte le opere della plastica italiana,ne viene notevolmente diminuita l'importanza artistica,ne cresce d'altrettanto l'importanza storica sia che si vo-gliano desumere da queste opere le più meravigliose te-stimonianze di relazioni di civiltà e di pensiero, dellequali non ci è rimasta alcun'altra traccia, sia che vi sicerchi una certa rappresentazione, e quasi diremmo sta-tistica, delle diverse popolazioni italiche, quand'esse fio-rivano ancora nella pienezza della loro attività le unepresso le altre; dal qual tempo, stante il quasi totale nau-fragio della storia dei popoli italici non romani, non

425

che derivavano da questo sistema abbandonando il cal-colo del calendario per mesi o per dieci mesi, divenutoimpossibile per l'ineguaglianza dei mesi, adottando in-vece quello per termini di dieci mesi d'un anno solare di365 giorni, o quello del cosiddetto anno di dieci mesi digiorni 304. Oltre di che in Italia venne anche presto inuso specialmente nelle faccende campestri, il calendariorurale, fondato da Eudosso (che fioriva l'anno 386 =368) sull'anno solare egizio di giorni 365 e un quarto.

12. Architettura e plastica.Le opere d'architettura e di plastica, strettamente con-nesse colle scienze meccaniche, danno un'alta idea diciò che anche in questa sfera gli Italici furono in gradodi fare.Noi, a dir vero, non troviamo nemmeno in queste produ-zioni opere originali, ma se per la nota di plagio, che simanifesta in quasi tutte le opere della plastica italiana,ne viene notevolmente diminuita l'importanza artistica,ne cresce d'altrettanto l'importanza storica sia che si vo-gliano desumere da queste opere le più meravigliose te-stimonianze di relazioni di civiltà e di pensiero, dellequali non ci è rimasta alcun'altra traccia, sia che vi sicerchi una certa rappresentazione, e quasi diremmo sta-tistica, delle diverse popolazioni italiche, quand'esse fio-rivano ancora nella pienezza della loro attività le unepresso le altre; dal qual tempo, stante il quasi totale nau-fragio della storia dei popoli italici non romani, non

425

Page 426: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

giunse a noi quasi altro documento che questo dei vasi edelle opere plastiche.Ma questa è materia in cui non vi è nulla di nuovo dadire: nondimeno, studiandola, si può con maggiore evi-denza, e su più larghe basi, dimostrare ciò che abbiamogià detto più sopra, che cioè l'influenza greca si sia insi-nuata efficacemente e per diverse vie tra gli Etruschi egli Italici e abbia ravvivato l'arte presso gli uni a unaproduzione più ricca e più lussuosa, presso gli altri adun'imitazione più intelligente e più intima.Abbiamo già osservato come l'architettura di tutti i paesiitalici fosse, fin dai più antichi tempi, impregnata di ele-menti ellenici. Le mura delle città, le costruzioni idrauli-che, e i sepolcri coperti piramidalmente, lo stesso tem-pio toscano, non differiscono dagli antichi edifici greci,o, se ne differiscono, non è certo in alcun che di sostan-ziale.Non vi è traccia, o almeno non giunse a noi alcuna pro-va, che durante quest'epoca presso gli Etruschi l'archi-tettura avesse progredito d'un passo verso la sua perfe-zione; non vi si trova introdotta nè un'essenziale novitànè una creazione originale – a meno che non si volesseconsiderare come tale la pompa dei sepolcreti, di cui cioffre un esempio il cosiddetto mausoleo di Porsena aChiusi, descrittoci da Varrone, che ci sforza a ricordarela portentosità senza scopo delle piramidi egizie.Anche nel Lazio, durante il primo secolo e mezzo della

426

giunse a noi quasi altro documento che questo dei vasi edelle opere plastiche.Ma questa è materia in cui non vi è nulla di nuovo dadire: nondimeno, studiandola, si può con maggiore evi-denza, e su più larghe basi, dimostrare ciò che abbiamogià detto più sopra, che cioè l'influenza greca si sia insi-nuata efficacemente e per diverse vie tra gli Etruschi egli Italici e abbia ravvivato l'arte presso gli uni a unaproduzione più ricca e più lussuosa, presso gli altri adun'imitazione più intelligente e più intima.Abbiamo già osservato come l'architettura di tutti i paesiitalici fosse, fin dai più antichi tempi, impregnata di ele-menti ellenici. Le mura delle città, le costruzioni idrauli-che, e i sepolcri coperti piramidalmente, lo stesso tem-pio toscano, non differiscono dagli antichi edifici greci,o, se ne differiscono, non è certo in alcun che di sostan-ziale.Non vi è traccia, o almeno non giunse a noi alcuna pro-va, che durante quest'epoca presso gli Etruschi l'archi-tettura avesse progredito d'un passo verso la sua perfe-zione; non vi si trova introdotta nè un'essenziale novitànè una creazione originale – a meno che non si volesseconsiderare come tale la pompa dei sepolcreti, di cui cioffre un esempio il cosiddetto mausoleo di Porsena aChiusi, descrittoci da Varrone, che ci sforza a ricordarela portentosità senza scopo delle piramidi egizie.Anche nel Lazio, durante il primo secolo e mezzo della

426

Page 427: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

repubblica, non si fece nell'arte dell'edificare alcun pas-so; e abbiamo anzi notato che dopo l'istituzione della re-pubblica, la pratica di quest'arte non solo non migliorò,ma sembrò decadere. Di fatti non si conosce nemmenoun'opera ragguardevole d'architettura latina appartenentea quell'età, salvo il tempio di Cerere edificato in Romapresso il circo l'anno 261 = 493, il quale, ai tempi degliimperatori, era considerato come paragone dello stile to-scano. Ma verso la fine di quest'epoca un nuovo spiritovenne destandosi nell'architettura italica, e particolar-mente nella romana, con la grandiosa costruzionedell'arco.Noi, veramente, non abbiamo alcuna autorità per affer-mare che l'arco e la volta siano invenzioni italiche. Èbensì provato, che all'epoca della genesi dell'architetturaellenica, gli Elleni non conoscevano ancora l'arco e cheperciò dovettero accontentarsi per i loro templi del sola-io piano e dei tetti ad angolo; ma l'arco può benissimoessere una più recente invenzione degli Elleni nata dallameccanica razionale; e infatti la tradizione greca lo attri-buisce al fisico Democrito (294 = 460, 397 = 357).Quando si riconosca la priorità dei Greci anche nelle co-struzioni arcuate, si può benissimo ritenere ciò che permolti argomenti, e forse con buon fondamento di ragio-ne, molti sostengono, che le volte della cloaca massimaromana e la volta che fu murata per coprire l'antico poz-zo capitolino, il quale in origine aveva una tettoia pira-midale, siano i più antichi edifici conservati, nei quali

427

repubblica, non si fece nell'arte dell'edificare alcun pas-so; e abbiamo anzi notato che dopo l'istituzione della re-pubblica, la pratica di quest'arte non solo non migliorò,ma sembrò decadere. Di fatti non si conosce nemmenoun'opera ragguardevole d'architettura latina appartenentea quell'età, salvo il tempio di Cerere edificato in Romapresso il circo l'anno 261 = 493, il quale, ai tempi degliimperatori, era considerato come paragone dello stile to-scano. Ma verso la fine di quest'epoca un nuovo spiritovenne destandosi nell'architettura italica, e particolar-mente nella romana, con la grandiosa costruzionedell'arco.Noi, veramente, non abbiamo alcuna autorità per affer-mare che l'arco e la volta siano invenzioni italiche. Èbensì provato, che all'epoca della genesi dell'architetturaellenica, gli Elleni non conoscevano ancora l'arco e cheperciò dovettero accontentarsi per i loro templi del sola-io piano e dei tetti ad angolo; ma l'arco può benissimoessere una più recente invenzione degli Elleni nata dallameccanica razionale; e infatti la tradizione greca lo attri-buisce al fisico Democrito (294 = 460, 397 = 357).Quando si riconosca la priorità dei Greci anche nelle co-struzioni arcuate, si può benissimo ritenere ciò che permolti argomenti, e forse con buon fondamento di ragio-ne, molti sostengono, che le volte della cloaca massimaromana e la volta che fu murata per coprire l'antico poz-zo capitolino, il quale in origine aveva una tettoia pira-midale, siano i più antichi edifici conservati, nei quali

427

Page 428: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

sia stato applicato il metodo dell'arco, sembrando piùche verosimile che queste costruzioni con archi non sia-no dell'epoca dei re, ma che appartengano all'epoca re-pubblicana; giacchè all'epoca dei re, anche in Italia, nonsi conoscevano se non tetti piani o acuminati.Ma sia pure quale si voglia l'opinione sull'invenzionedell'arco, ciò non toglie che la sua applicazione in gran-di proporzioni è per la scienza, in generale, e per l'artearchitettonica in particolare tanto importante, quanto laprima invenzione: e nessuno potrà negare che questa ap-plicazione appartenga ai Romani.Col quinto secolo comincia la costruzione delle porte,dei ponti e degli acquedotti basata essenzialmente sul si-stema dell'arco, e questo modo di costruzione conservòd'allora in poi il nome di costruzione romana.Contemporaneo al medesimo è lo sviluppo della formadei templi circolari e delle cupole, ignota ai Greci, e in-vece prediletta ai Romani, specialmente per gli edificiconsacrati alle loro religioni indigene e diverse dallegreche, come ad esempio quella di Vesta(71).

71 La forma circolare del tempio non può certo credersi, come piacque ad al-cuno, copia della più antica casa d'abitazione, che generalmente era di for-ma quadrata. La teologia romana, che venne poi formandosi, pretese trova-re una connessione tra questa forma circolare e l'idea del mondo terraqueoo dell'universo che sfericamente circonda il sole posto nel centro (FEST., v.rutundum, p. 282; PLUTARCO, num. 11; OVID., Fast., 6, 627); fatto sta chequesta forma circolare fu considerata, in ogni tempo, come la più comodae sicura per circondare un determinato spazio e la più adatta per conservarle cose. Questa forma avevano i tesori degli Elleni, rotondo era l'edificiodei granai romani e del tempio dei penati; era naturale che avessero questa

428

sia stato applicato il metodo dell'arco, sembrando piùche verosimile che queste costruzioni con archi non sia-no dell'epoca dei re, ma che appartengano all'epoca re-pubblicana; giacchè all'epoca dei re, anche in Italia, nonsi conoscevano se non tetti piani o acuminati.Ma sia pure quale si voglia l'opinione sull'invenzionedell'arco, ciò non toglie che la sua applicazione in gran-di proporzioni è per la scienza, in generale, e per l'artearchitettonica in particolare tanto importante, quanto laprima invenzione: e nessuno potrà negare che questa ap-plicazione appartenga ai Romani.Col quinto secolo comincia la costruzione delle porte,dei ponti e degli acquedotti basata essenzialmente sul si-stema dell'arco, e questo modo di costruzione conservòd'allora in poi il nome di costruzione romana.Contemporaneo al medesimo è lo sviluppo della formadei templi circolari e delle cupole, ignota ai Greci, e in-vece prediletta ai Romani, specialmente per gli edificiconsacrati alle loro religioni indigene e diverse dallegreche, come ad esempio quella di Vesta(71).

71 La forma circolare del tempio non può certo credersi, come piacque ad al-cuno, copia della più antica casa d'abitazione, che generalmente era di for-ma quadrata. La teologia romana, che venne poi formandosi, pretese trova-re una connessione tra questa forma circolare e l'idea del mondo terraqueoo dell'universo che sfericamente circonda il sole posto nel centro (FEST., v.rutundum, p. 282; PLUTARCO, num. 11; OVID., Fast., 6, 627); fatto sta chequesta forma circolare fu considerata, in ogni tempo, come la più comodae sicura per circondare un determinato spazio e la più adatta per conservarle cose. Questa forma avevano i tesori degli Elleni, rotondo era l'edificiodei granai romani e del tempio dei penati; era naturale che avessero questa

428

Page 429: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Si potrebbe pure aggiungere qualche altra osservazioneanaloga a quelle cui già accennammo fin qui, e notarequalche altro progresso nell'esecuzione dell'opera, se-condario certamente, ma pure meritevole che se ne ten-ga conto. Non vogliamo con ciò parlar di originalità o dipratica artistica; ma l'indistruttibile solidità delle opereromane si manifesta anche nei riquadri di pietra stretta-mente conservati nel lastrico delle vie, nelle solidissimeed imperiture strade militari, nei larghi, forti e risuonantimattoni e nel cemento, di eterna durata, degli edifici.

13. Scultura e disegno.Come l'architettura, e se fosse possibile ancor più diessa, le arti della scultura e del disegno in Italia non tan-to possono dirsi fecondate dall'influenza greca, quantopiuttosto nate da greca semente.Notammo come queste discipline, benchè sorelle minoridell'architettura, già avessero cominciato ad avere qual-che sviluppo in Etruria, almeno fino dai tempi dei re;ma il loro massimo sviluppo in Etruria, e tanto più nelLazio, non fu che a quest'epoca, come ce ne fa testimo-nianza chiarissima il fatto che nei paesi conquistati dai

forma anche il focolare – cioè l'altare di Vesta, e la camera ardente, cioè iltempio di Vesta – non meno che la cisterna ed il parapetto del pozzo (pu-teal). La costruzione rotonda in sè è di origine greco-italica come la qua-drata: quella si appropria al magazzino, questa alla casa d'abitazione. Malo sviluppo architettonico e religioso del semplice tema del tolo (tholusnon tholos) ossia della volta sino a formare un tempio circolare colla cupo-la sostenuta da pilastri e da colonne è d'origine latina.

429

Si potrebbe pure aggiungere qualche altra osservazioneanaloga a quelle cui già accennammo fin qui, e notarequalche altro progresso nell'esecuzione dell'opera, se-condario certamente, ma pure meritevole che se ne ten-ga conto. Non vogliamo con ciò parlar di originalità o dipratica artistica; ma l'indistruttibile solidità delle opereromane si manifesta anche nei riquadri di pietra stretta-mente conservati nel lastrico delle vie, nelle solidissimeed imperiture strade militari, nei larghi, forti e risuonantimattoni e nel cemento, di eterna durata, degli edifici.

13. Scultura e disegno.Come l'architettura, e se fosse possibile ancor più diessa, le arti della scultura e del disegno in Italia non tan-to possono dirsi fecondate dall'influenza greca, quantopiuttosto nate da greca semente.Notammo come queste discipline, benchè sorelle minoridell'architettura, già avessero cominciato ad avere qual-che sviluppo in Etruria, almeno fino dai tempi dei re;ma il loro massimo sviluppo in Etruria, e tanto più nelLazio, non fu che a quest'epoca, come ce ne fa testimo-nianza chiarissima il fatto che nei paesi conquistati dai

forma anche il focolare – cioè l'altare di Vesta, e la camera ardente, cioè iltempio di Vesta – non meno che la cisterna ed il parapetto del pozzo (pu-teal). La costruzione rotonda in sè è di origine greco-italica come la qua-drata: quella si appropria al magazzino, questa alla casa d'abitazione. Malo sviluppo architettonico e religioso del semplice tema del tolo (tholusnon tholos) ossia della volta sino a formare un tempio circolare colla cupo-la sostenuta da pilastri e da colonne è d'origine latina.

429

Page 430: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Galli e dai Sanniti nella grande Etruria nel corso delquarto secolo, non vi è quasi la minima traccia di opereartistiche etrusche.La plastica romana si applicò prima di tutto e particolar-mente ai lavori in terra cotta, rame e oro, materie cheabbondavano agli artisti per le ricche cave d'argilla, perle miniere di rame e pel commercio dell'Etruria. Le im-mense masse di bassorilievi e di statue di terra cotta,con cui erano ornati i frontoni, i tetti e le pareti degli an-tichi templi etruschi, come lo provano i resti che nesono rimasti e lo smercio che l'Etruria ne faceva nel La-zio, ci dimostrano quale sviluppo avesse preso questamaniera di lavorare.Nè con minor attività s'attendeva alla fusione dei metal-li.Artefici etruschi ebbero il coraggio di fondere delle sta-tue colossali in bronzo dell'altezza di cinquanta piedi, edicesi che in Volsinio, la Delfo etrusca, esistessero, in-torno l'anno 489, circa duemila statue di bronzo. Lascultura in marmo invece nell'Etruria, come da per tutto,fiorì molto tempo dopo: oltre le ragioni intime dell'artele era di impedimento anche il difetto di materiale adat-to, poichè allora non erano ancora state scoperte le cavedi marmo di Carrara.Coloro che videro le ricche ed eleganti coppe d'oro tro-vate nelle celle sepolcrali dell'Etruria meridionale, nontroveranno incredibile la notizia che le coppe d'oro tirre-

430

Galli e dai Sanniti nella grande Etruria nel corso delquarto secolo, non vi è quasi la minima traccia di opereartistiche etrusche.La plastica romana si applicò prima di tutto e particolar-mente ai lavori in terra cotta, rame e oro, materie cheabbondavano agli artisti per le ricche cave d'argilla, perle miniere di rame e pel commercio dell'Etruria. Le im-mense masse di bassorilievi e di statue di terra cotta,con cui erano ornati i frontoni, i tetti e le pareti degli an-tichi templi etruschi, come lo provano i resti che nesono rimasti e lo smercio che l'Etruria ne faceva nel La-zio, ci dimostrano quale sviluppo avesse preso questamaniera di lavorare.Nè con minor attività s'attendeva alla fusione dei metal-li.Artefici etruschi ebbero il coraggio di fondere delle sta-tue colossali in bronzo dell'altezza di cinquanta piedi, edicesi che in Volsinio, la Delfo etrusca, esistessero, in-torno l'anno 489, circa duemila statue di bronzo. Lascultura in marmo invece nell'Etruria, come da per tutto,fiorì molto tempo dopo: oltre le ragioni intime dell'artele era di impedimento anche il difetto di materiale adat-to, poichè allora non erano ancora state scoperte le cavedi marmo di Carrara.Coloro che videro le ricche ed eleganti coppe d'oro tro-vate nelle celle sepolcrali dell'Etruria meridionale, nontroveranno incredibile la notizia che le coppe d'oro tirre-

430

Page 431: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ne fossero pregiate persino nell'Attica. E così fu eserci-tata nell'Etruria anche l'arte d'intagliare le pietre dure,sebbene in data più recente.Alle fonti elleniche attingevano anche i disegnatori ed ipittori etruschi, che erano estremamente pratici nel dise-gnare a contorni sul metallo e nel dipingere a una solatinta sulle pareti; del resto essi erano affatto dello stessovalore degli artisti plastici.Se confrontiamo, sotto questi rispetti, cogli Etruschi legenti di stirpe propriamente italica, esse ci parranno aprima vista come antiartistiche. Ma una più attenta os-servazione ci condurrà a riconoscere che, tanto la nazio-ne sabellica quanto la latina, debbono aver avutoun'assai maggior capacità e destrezza per l'arte che nonla nazione etrusca.Veramente nel territorio sabellico propriamente detto,negli Abruzzi, nel Sannio, le opere d'arte sono così scar-se, che si potrebbe dire che manchino affatto, e vi è per-sino difetto di monete.Quelle tribù sabelliche invece, che si erano stabilite sul-le rive del mar Tirreno o del Jonio, non soltanto hannoritratto, mercè una materiale riproduzione, l'arte ellenicacome fecero gli Etruschi, ma l'hanno più o meno oppor-tunamente appropriata al loro paese.Già a Velitrae, dove, malgrado la trasformazione dellacittà in colonia latina e più tardi in comune passivo ro-mano, pare che più a lungo siano durati i costumi e la

431

ne fossero pregiate persino nell'Attica. E così fu eserci-tata nell'Etruria anche l'arte d'intagliare le pietre dure,sebbene in data più recente.Alle fonti elleniche attingevano anche i disegnatori ed ipittori etruschi, che erano estremamente pratici nel dise-gnare a contorni sul metallo e nel dipingere a una solatinta sulle pareti; del resto essi erano affatto dello stessovalore degli artisti plastici.Se confrontiamo, sotto questi rispetti, cogli Etruschi legenti di stirpe propriamente italica, esse ci parranno aprima vista come antiartistiche. Ma una più attenta os-servazione ci condurrà a riconoscere che, tanto la nazio-ne sabellica quanto la latina, debbono aver avutoun'assai maggior capacità e destrezza per l'arte che nonla nazione etrusca.Veramente nel territorio sabellico propriamente detto,negli Abruzzi, nel Sannio, le opere d'arte sono così scar-se, che si potrebbe dire che manchino affatto, e vi è per-sino difetto di monete.Quelle tribù sabelliche invece, che si erano stabilite sul-le rive del mar Tirreno o del Jonio, non soltanto hannoritratto, mercè una materiale riproduzione, l'arte ellenicacome fecero gli Etruschi, ma l'hanno più o meno oppor-tunamente appropriata al loro paese.Già a Velitrae, dove, malgrado la trasformazione dellacittà in colonia latina e più tardi in comune passivo ro-mano, pare che più a lungo siano durati i costumi e la

431

Page 432: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

lingua dei Volsci, si rinvennero delle terrecotte dipinte,di bella e originale fattura. Nella bassa Italia, lasciandoda parte i Lucani, che, a dir vero, si mostrarono pocomeno che insensibili all'influenza artistica degli Elleni,vediamo nella Campania e nei paesi dei Bruzi, i Sabellie gli Elleni fusi intimamente così nella lingua e nella na-zionalità, come nell'arte; tanto è vero che le monetecampane e bruzie appaiono così eguali alle monete con-temporanee greche e reggono così bene al paragone chenon si riesce a distinguerle per altro segno che per laleggenda.È meno notorio, ma non meno certo, che anche il Lazio,se era superato dall'Etruria per la sontuosità e per lagrandiosità delle opere d'arte, non la cedeva quanto allagenialità e alla pratica dell'operare.Manca, è vero, interamente ai Latini l'arte dell'intagliarele pietre dure, con tanta cura coltivata nella lussureg-giante Etruria, e non si trova traccia in nessun luogo chegli artefici latini avessero smerciato i loro lavori all'este-ro come facevano gli orefici ed i lavoratori in terracottadell'Etruria. È vero bensì che i templi latini non erano, alpari degli etruschi, sovraccarichi d'ornamenti di bronzoe di terra cotta, che le celle mortuarie latine non risplen-devano d'oro al pari delle etrusche, ma ciò nonpertanto,chi ben consideri non trova che la bilancia penda a favo-re degli Etruschi.L'invenzione della statua di Giano, che si può attribuire

432

lingua dei Volsci, si rinvennero delle terrecotte dipinte,di bella e originale fattura. Nella bassa Italia, lasciandoda parte i Lucani, che, a dir vero, si mostrarono pocomeno che insensibili all'influenza artistica degli Elleni,vediamo nella Campania e nei paesi dei Bruzi, i Sabellie gli Elleni fusi intimamente così nella lingua e nella na-zionalità, come nell'arte; tanto è vero che le monetecampane e bruzie appaiono così eguali alle monete con-temporanee greche e reggono così bene al paragone chenon si riesce a distinguerle per altro segno che per laleggenda.È meno notorio, ma non meno certo, che anche il Lazio,se era superato dall'Etruria per la sontuosità e per lagrandiosità delle opere d'arte, non la cedeva quanto allagenialità e alla pratica dell'operare.Manca, è vero, interamente ai Latini l'arte dell'intagliarele pietre dure, con tanta cura coltivata nella lussureg-giante Etruria, e non si trova traccia in nessun luogo chegli artefici latini avessero smerciato i loro lavori all'este-ro come facevano gli orefici ed i lavoratori in terracottadell'Etruria. È vero bensì che i templi latini non erano, alpari degli etruschi, sovraccarichi d'ornamenti di bronzoe di terra cotta, che le celle mortuarie latine non risplen-devano d'oro al pari delle etrusche, ma ciò nonpertanto,chi ben consideri non trova che la bilancia penda a favo-re degli Etruschi.L'invenzione della statua di Giano, che si può attribuire

432

Page 433: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

ai Latini, come la divinità stessa, non è goffa, e ha uncarattere originale più di qualsiasi altra produzionedell'arte etrusca.Il bel gruppo della lupa con i gemelli si richiama ad al-tre simili creazioni greche, ma in questa forma essa fucertamente immaginata dai Romani; ed è notevole cheessa apparisca prima sulle monete d'argento coniate daiRomani nella Campania.Nella già nominata Cales, subito dopo la sua fondazio-ne, pare che fosse stata inventata una particolare speciedi stoviglie d'argilla istoriate, che è stata indicata colnome dei maestri e della città, e che fu poi estesa larga-mente nell'Etruria.I piccoli altari di terracotta recentemente scopertisull'Esquilino, sono identici nella forma e nelle decora-zioni precisamente ai doni votivi dei templi campani.Ciò non esclude che pregevoli artefici abbiano lavoratoin Roma, come lo prova l'antichissimo tempio di Cerere.Lo scultore Damofilo, che insieme con Gorgaso ha pla-smato le figure di terracotta colorita per quel tempio,pare che non sia stato altri che il maestro di Zeusi, De-mofilo da Imera (intorno l'anno 300 = 454). Noi possia-mo in queste materie trarre più sicuro giudizio da queirami delle arti plastiche, per i quali ci è possibile di isti-tuire confronti sia con le testimonianze antiche, sia coipropri occhi.Per la scoltura latina in pietra non si trovò quasi altro

433

ai Latini, come la divinità stessa, non è goffa, e ha uncarattere originale più di qualsiasi altra produzionedell'arte etrusca.Il bel gruppo della lupa con i gemelli si richiama ad al-tre simili creazioni greche, ma in questa forma essa fucertamente immaginata dai Romani; ed è notevole cheessa apparisca prima sulle monete d'argento coniate daiRomani nella Campania.Nella già nominata Cales, subito dopo la sua fondazio-ne, pare che fosse stata inventata una particolare speciedi stoviglie d'argilla istoriate, che è stata indicata colnome dei maestri e della città, e che fu poi estesa larga-mente nell'Etruria.I piccoli altari di terracotta recentemente scopertisull'Esquilino, sono identici nella forma e nelle decora-zioni precisamente ai doni votivi dei templi campani.Ciò non esclude che pregevoli artefici abbiano lavoratoin Roma, come lo prova l'antichissimo tempio di Cerere.Lo scultore Damofilo, che insieme con Gorgaso ha pla-smato le figure di terracotta colorita per quel tempio,pare che non sia stato altri che il maestro di Zeusi, De-mofilo da Imera (intorno l'anno 300 = 454). Noi possia-mo in queste materie trarre più sicuro giudizio da queirami delle arti plastiche, per i quali ci è possibile di isti-tuire confronti sia con le testimonianze antiche, sia coipropri occhi.Per la scoltura latina in pietra non si trovò quasi altro

433

Page 434: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

avanzo, che il sarcofago del console Lucio Scipione, la-vorato in stile dorico sullo scorcio di questo periodo; mala sua nobile semplicità vince tutte le opere etrusche disimil genere. Nelle celle mortuarie etrusche si rinvenne-ro parecchi bei bronzi di severo stile, particolarmenteelmi, candelabri ed altri simili suppellettili, ma quale diqueste opere può reggere al paragone della lupa di bron-zo, fusa col danaro raccolto dalle multe, collocata l'anno458 = 296 accanto al fico ruminale nel foro romano, eche ancora oggi è il più bell'ornamento del Campido-glio. Nè si deve credere che i fonditori in metallo latini,non osassero come quelli etruschi, operare in grande,giacchè ci prova il contrario la statua colossale di bron-zo di Giove capitolino, che Spurio Carvilio (consoledell'anno 461 = 293) fece fondere col metallo delle ar-mature sannitiche; essa era così grande che, colla lima-tura ritrattane nel cesellarla, si potè formare la statua delvincitore collocata ai piedi del colosso, il quale si scor-geva sino dai monti d'Alba. Fra le monete fuse in rame,le più belle sono senza dubbio quelle del Lazio meridio-nale; passabili le romane e le umbre; le etrusche quasisenza impronta e spesso di lavoro barbaro. Le pittureeseguite da Gaio Fabio sulle pareti del tempio eretto inCampidoglio nel 452 e dedicato alla Prosperità, sia perdisegno, sia per colorito, ottenevano ancora al tempo diAugusto le lodi di artisti educati alla scuola greca, e glientusiasti per l'arte dei tempi degli imperatori considera-no capolavori pittorici anche i freschi di Cere, e conmaggior enfasi encomiano quelli di Roma, di Lavinia e

434

avanzo, che il sarcofago del console Lucio Scipione, la-vorato in stile dorico sullo scorcio di questo periodo; mala sua nobile semplicità vince tutte le opere etrusche disimil genere. Nelle celle mortuarie etrusche si rinvenne-ro parecchi bei bronzi di severo stile, particolarmenteelmi, candelabri ed altri simili suppellettili, ma quale diqueste opere può reggere al paragone della lupa di bron-zo, fusa col danaro raccolto dalle multe, collocata l'anno458 = 296 accanto al fico ruminale nel foro romano, eche ancora oggi è il più bell'ornamento del Campido-glio. Nè si deve credere che i fonditori in metallo latini,non osassero come quelli etruschi, operare in grande,giacchè ci prova il contrario la statua colossale di bron-zo di Giove capitolino, che Spurio Carvilio (consoledell'anno 461 = 293) fece fondere col metallo delle ar-mature sannitiche; essa era così grande che, colla lima-tura ritrattane nel cesellarla, si potè formare la statua delvincitore collocata ai piedi del colosso, il quale si scor-geva sino dai monti d'Alba. Fra le monete fuse in rame,le più belle sono senza dubbio quelle del Lazio meridio-nale; passabili le romane e le umbre; le etrusche quasisenza impronta e spesso di lavoro barbaro. Le pittureeseguite da Gaio Fabio sulle pareti del tempio eretto inCampidoglio nel 452 e dedicato alla Prosperità, sia perdisegno, sia per colorito, ottenevano ancora al tempo diAugusto le lodi di artisti educati alla scuola greca, e glientusiasti per l'arte dei tempi degli imperatori considera-no capolavori pittorici anche i freschi di Cere, e conmaggior enfasi encomiano quelli di Roma, di Lavinia e

434

Page 435: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

di Ardea.Il disegno su metallo, di cui nel Lazio si ornavano a leg-giadri contorni i forzierini da toletta, e non gli specchiportatili come in Etruria, era nel Lazio molto meno invoga e lo si esercitava quasi esclusivamente in Preneste.Tanto fra gli specchi metallici etruschi, quanto fra i co-fani fabbricati in Preneste certo si trovano preziose ope-re d'arte, ma di tutte le produzioni dell'oreficeria anticanon se ne trova alcuna che più del cofanetto del Ficoro-ni, probabilissimamente costruito in quest'epocanell'officina di un artefice prenestino(72), mostrasse incosì alto grado il tipo della perfezione e portasse im-presso il carattere della più severa e pura bellezza.

14. Carattere dell'arte etrusca.Il carattere generale delle opere d'arte etrusche consiste,quanto all'esecuzione, in una certa barbara sovrabbon-danza nella materia e nello stile, e quanto al concettonell'assoluta mancanza di una propria espressione. Làdove il maestro greco non fa che un leggero abbozzo,l'imitatore etrusco sciupa scolarescamente la propria di-ligenza; invece d'un materiale leggero e delle modesteproporzioni delle opere greche, si scorge nelle etrusche72 Novio Plauzio fuse forse soltanto i piedi ed il gruppo del coperchio; il for-

zierino stesso può essere derivato da un artefice più antico; limitato peròessendo sostanzialmente l'uso di questi forzierini esclusivamente in Prene-ste, esso non potrebbe credersi lavoro che di un artefice di questa città.[Cfr. nota 57. – È qui il caso di notare che la preziosa cista fu donata dalFicoroni al museo Kircheriano; ora è al museo di Villa Giulia, in Roma].

435

di Ardea.Il disegno su metallo, di cui nel Lazio si ornavano a leg-giadri contorni i forzierini da toletta, e non gli specchiportatili come in Etruria, era nel Lazio molto meno invoga e lo si esercitava quasi esclusivamente in Preneste.Tanto fra gli specchi metallici etruschi, quanto fra i co-fani fabbricati in Preneste certo si trovano preziose ope-re d'arte, ma di tutte le produzioni dell'oreficeria anticanon se ne trova alcuna che più del cofanetto del Ficoro-ni, probabilissimamente costruito in quest'epocanell'officina di un artefice prenestino(72), mostrasse incosì alto grado il tipo della perfezione e portasse im-presso il carattere della più severa e pura bellezza.

14. Carattere dell'arte etrusca.Il carattere generale delle opere d'arte etrusche consiste,quanto all'esecuzione, in una certa barbara sovrabbon-danza nella materia e nello stile, e quanto al concettonell'assoluta mancanza di una propria espressione. Làdove il maestro greco non fa che un leggero abbozzo,l'imitatore etrusco sciupa scolarescamente la propria di-ligenza; invece d'un materiale leggero e delle modesteproporzioni delle opere greche, si scorge nelle etrusche72 Novio Plauzio fuse forse soltanto i piedi ed il gruppo del coperchio; il for-

zierino stesso può essere derivato da un artefice più antico; limitato peròessendo sostanzialmente l'uso di questi forzierini esclusivamente in Prene-ste, esso non potrebbe credersi lavoro che di un artefice di questa città.[Cfr. nota 57. – È qui il caso di notare che la preziosa cista fu donata dalFicoroni al museo Kircheriano; ora è al museo di Villa Giulia, in Roma].

435

Page 436: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

una sfoggiata mostra della grandezza e della sontuositàdel lavoro, o anche solo della peregrinità della materia.L'arte etrusca non sa copiare senza cadere nell'esagera-zione; essa scambia la severità con la durezza, la graziacolla mollezza, il terrore coll'orrore, la voluttuosità inlaidezza, e questa tendenza alla degenerazione si fa sem-pre maggiore a misura che la copia più si allontanadall'originale e che l'arte etrusca si trova abbandonata asè stessa.Ancora più rilevante è poi la tenacia con cui gli Etruschiinsistettero riproducendo le forme, una volta introdotte,e operando sempre con lo stesso stile. Sia che in princi-pio gli Elleni, entrati in libere ed amichevoli relazionicogli Etruschi, potessero spargere fra di essi, a tutt'agio,i semi delle belle arti e che in seguito i commerci fra idue popoli fossero divenuti malagevoli e rari per le in-sorte inimicizie, sia che come pare più verosimile, se nedebba attribuire la causa principalmente al rapido deca-dimento, o meglio intorpidimento intellettuale degliEtruschi, il fatto è, che l'arte si fermò nell'Etruria a quel-lo stadio iniziale che aveva raggiunto quando vi penetròper la prima volta – e fu questa la causa riconosciuta or-mai da tutti, per cui l'arte etrusca, figlia non dirozzatadella primitiva arte ellenica, passò per tanti anni comeoriginale, anzi madre dell'arte greca.Più ancora che la sterile tenacia con cui l'Etruria conti-nuò nell'arte lo stile arcaico, quale l'aveva ricevuto ini-

436

una sfoggiata mostra della grandezza e della sontuositàdel lavoro, o anche solo della peregrinità della materia.L'arte etrusca non sa copiare senza cadere nell'esagera-zione; essa scambia la severità con la durezza, la graziacolla mollezza, il terrore coll'orrore, la voluttuosità inlaidezza, e questa tendenza alla degenerazione si fa sem-pre maggiore a misura che la copia più si allontanadall'originale e che l'arte etrusca si trova abbandonata asè stessa.Ancora più rilevante è poi la tenacia con cui gli Etruschiinsistettero riproducendo le forme, una volta introdotte,e operando sempre con lo stesso stile. Sia che in princi-pio gli Elleni, entrati in libere ed amichevoli relazionicogli Etruschi, potessero spargere fra di essi, a tutt'agio,i semi delle belle arti e che in seguito i commerci fra idue popoli fossero divenuti malagevoli e rari per le in-sorte inimicizie, sia che come pare più verosimile, se nedebba attribuire la causa principalmente al rapido deca-dimento, o meglio intorpidimento intellettuale degliEtruschi, il fatto è, che l'arte si fermò nell'Etruria a quel-lo stadio iniziale che aveva raggiunto quando vi penetròper la prima volta – e fu questa la causa riconosciuta or-mai da tutti, per cui l'arte etrusca, figlia non dirozzatadella primitiva arte ellenica, passò per tanti anni comeoriginale, anzi madre dell'arte greca.Più ancora che la sterile tenacia con cui l'Etruria conti-nuò nell'arte lo stile arcaico, quale l'aveva ricevuto ini-

436

Page 437: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

zialmente dalla Grecia, ci prova la manifesta incapacitàdegli Etruschi a condurre le arti belle a perfezione, e larapida decadenza delle buone tradizioni, il poverissimosviluppo di quelle arti plastiche che vennero più tardi, especialmente della scoltura in legno e della fusione delrame applicata alle monete.La stessa cosa ci insegnano i vasi dipinti che si trovanoin gran copia nei sepolcreti etruschi più recentementescoperti. Se questi fossero stati in voga presso gli Etru-schi nel tempo stesso in cui si usavano le lastre metalli-che abbellite di disegni e contorni e le terrecotte dipinte,certo si sarebbe imparato a fabbricarli in gran copia,probabilmente bene; ma nell'epoca in cui cominciò lamoda di questo lusso, non si potè riuscire ad avviarne laproduzione indigena, come lo dimostrano alcuni dei po-chi vasi sui quali si vedono iscrizioni etrusche, e quindibisognò rassegnarsi a comperarne invece di fabbricarne.Anche nello stesso territorio dell'Etruria troviamo unasingolare e profonda antitesi rispetto ai progressidell'arte tra il paese meridionale e settentrionale. Il mag-gior lusso, particolarmente nelle pitture a fresco sullepareti, nelle decorazioni dei templi, negli ornamentid'oro e nei vasi di terra cotta dipinti si trova nell'Etruriameridionale e precisamente nei distretti di Cere, di Tar-quinia, di Vulci; l'Etruria settentrionale le vien dietro agran distanza, a segno tale che, ad esempio, più in sù diChiusi non fu rinvenuta nemmeno una cella mortuariadipinta.

437

zialmente dalla Grecia, ci prova la manifesta incapacitàdegli Etruschi a condurre le arti belle a perfezione, e larapida decadenza delle buone tradizioni, il poverissimosviluppo di quelle arti plastiche che vennero più tardi, especialmente della scoltura in legno e della fusione delrame applicata alle monete.La stessa cosa ci insegnano i vasi dipinti che si trovanoin gran copia nei sepolcreti etruschi più recentementescoperti. Se questi fossero stati in voga presso gli Etru-schi nel tempo stesso in cui si usavano le lastre metalli-che abbellite di disegni e contorni e le terrecotte dipinte,certo si sarebbe imparato a fabbricarli in gran copia,probabilmente bene; ma nell'epoca in cui cominciò lamoda di questo lusso, non si potè riuscire ad avviarne laproduzione indigena, come lo dimostrano alcuni dei po-chi vasi sui quali si vedono iscrizioni etrusche, e quindibisognò rassegnarsi a comperarne invece di fabbricarne.Anche nello stesso territorio dell'Etruria troviamo unasingolare e profonda antitesi rispetto ai progressidell'arte tra il paese meridionale e settentrionale. Il mag-gior lusso, particolarmente nelle pitture a fresco sullepareti, nelle decorazioni dei templi, negli ornamentid'oro e nei vasi di terra cotta dipinti si trova nell'Etruriameridionale e precisamente nei distretti di Cere, di Tar-quinia, di Vulci; l'Etruria settentrionale le vien dietro agran distanza, a segno tale che, ad esempio, più in sù diChiusi non fu rinvenuta nemmeno una cella mortuariadipinta.

437

Page 438: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

Le città etrusche più meridionali, Vejo, Cere, Tarquiniasono quelle che nella tradizione romana passano per icentri primitivi e principali dell'arte etrusca; la setten-trionale Volterra, che aveva il più vasto territorio fra tut-ti i comuni etruschi, era la più remota dalle disciplinedell'arte.Nell'Etruria settentrionale non troviamo indizio neppuredi quella semicoltura greca che si era diffusa nell'Etruriameridionale. Le cause di questa singolare antitesi si pos-sono trovare parte nel fatto che gli Etruschi del mezzodìerano mescolati con molti altri popoli di diversa origine,parte dal diverso grado dell'influenza ellenica che si eraradicata in modo particolare a Cere; ma sia come si vuo-le, il fatto di questa differenza non può mettersi in dub-bio.La conquista della metà meridionale dell'Etruria com-piuta dai Romani molto presto e la sollecita romanizza-zione del territorio riuscirono certo dannose all'arte etru-sca, e le monete di rame, che senza alcun dubbio appar-tengono esclusivamente all'Etruria superiore, ci danno lagiusta misura di quello che l'Etruria, lasciata al propriogenio, ha potuto creare in fatto d'arte.

15. Carattere dell'arte latina.Se dall'Etruria noi volgiamo gli sguardi al Lazio dobbia-mo riconoscere che nemmeno esso ha inventata qualchearte nuova. Era riservato ad un'epoca di coltura molto

438

Le città etrusche più meridionali, Vejo, Cere, Tarquiniasono quelle che nella tradizione romana passano per icentri primitivi e principali dell'arte etrusca; la setten-trionale Volterra, che aveva il più vasto territorio fra tut-ti i comuni etruschi, era la più remota dalle disciplinedell'arte.Nell'Etruria settentrionale non troviamo indizio neppuredi quella semicoltura greca che si era diffusa nell'Etruriameridionale. Le cause di questa singolare antitesi si pos-sono trovare parte nel fatto che gli Etruschi del mezzodìerano mescolati con molti altri popoli di diversa origine,parte dal diverso grado dell'influenza ellenica che si eraradicata in modo particolare a Cere; ma sia come si vuo-le, il fatto di questa differenza non può mettersi in dub-bio.La conquista della metà meridionale dell'Etruria com-piuta dai Romani molto presto e la sollecita romanizza-zione del territorio riuscirono certo dannose all'arte etru-sca, e le monete di rame, che senza alcun dubbio appar-tengono esclusivamente all'Etruria superiore, ci danno lagiusta misura di quello che l'Etruria, lasciata al propriogenio, ha potuto creare in fatto d'arte.

15. Carattere dell'arte latina.Se dall'Etruria noi volgiamo gli sguardi al Lazio dobbia-mo riconoscere che nemmeno esso ha inventata qualchearte nuova. Era riservato ad un'epoca di coltura molto

438

Page 439: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

più tarda trarre dall'idea prima dell'arco, una nuova ar-chitettura essenzialmente diversa dall'ellenica e svilup-pare poscia in armonia colla medesima una nuova scol-tura ed una nuova pittura.L'arte latina non è originale in nessun luogo e spessoessa si mostra povera; ma nell'arte è già un gran meritosaper appropriarsi, mercè un forte sentimento e una sa-via scelta, l'ispirazione e l'esperienza altrui. L'arte latinanon trascese sino al barbarismo, e nelle sue miglioriopere pareggia, nei rispetti tecnici, l'arte greca.Non si vorrà però negare una tal quale dipendenzadell'arte latina dall'etrusca, per lo meno nei suoi primistadi, e Varrone può aver sostenuto con fondamento, chesino all'epoca in cui nel tempio di Cerere si posero dellestatue eseguite da artisti greci, i templi romani erano or-nati soltanto di statue di terra cotta di fabbricazione «to-scana».Ma nondimeno è innegabile che l'immediata influenzadei Greci fu quella che determinò l'arte latina, e ciò sidesume anche da queste stesse statue e dalle monete la-tine di Roma.Perfino l'applicazione del disegno sui metalli, che inEtruria si limitava al solo specchio da gabinetto e nelLazio ai soli forzierini da toletta, prova la diversitàdell'impiego artistico dato da entrambi i paesi. Pare peròche l'arte latina non abbia toccato veramente il suo cul-mine in Roma; gli assi ed i denari romani sono superati

439

più tarda trarre dall'idea prima dell'arco, una nuova ar-chitettura essenzialmente diversa dall'ellenica e svilup-pare poscia in armonia colla medesima una nuova scol-tura ed una nuova pittura.L'arte latina non è originale in nessun luogo e spessoessa si mostra povera; ma nell'arte è già un gran meritosaper appropriarsi, mercè un forte sentimento e una sa-via scelta, l'ispirazione e l'esperienza altrui. L'arte latinanon trascese sino al barbarismo, e nelle sue miglioriopere pareggia, nei rispetti tecnici, l'arte greca.Non si vorrà però negare una tal quale dipendenzadell'arte latina dall'etrusca, per lo meno nei suoi primistadi, e Varrone può aver sostenuto con fondamento, chesino all'epoca in cui nel tempio di Cerere si posero dellestatue eseguite da artisti greci, i templi romani erano or-nati soltanto di statue di terra cotta di fabbricazione «to-scana».Ma nondimeno è innegabile che l'immediata influenzadei Greci fu quella che determinò l'arte latina, e ciò sidesume anche da queste stesse statue e dalle monete la-tine di Roma.Perfino l'applicazione del disegno sui metalli, che inEtruria si limitava al solo specchio da gabinetto e nelLazio ai soli forzierini da toletta, prova la diversitàdell'impiego artistico dato da entrambi i paesi. Pare peròche l'arte latina non abbia toccato veramente il suo cul-mine in Roma; gli assi ed i denari romani sono superati

439

Page 440: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

di gran lunga dalle monete d'argento latine tanto per lafinezza del lavoro quanto pel buon gusto, e così i capo-lavori della pittura e del disegno appartengono di prefe-renza a Preneste, a Lanuvio, ad Ardea.Questa differenza risponde con precisione a quel rigidosentimento della realtà che già notammo esser proprio diRoma, e che difficilmente avrà potuto essere mantenutoin tutta la sua primitiva austerità negli altri paesi del La-zio.

16. L'arte romana.Ma correndo il quinto secolo, e più particolarmente nel-la seconda metà di esso, cominciò a prendere un grandeimpulso anche l'arte romana. È questo il tempo in cuinacque l'architettura dell'arco e delle strade, in cui siprodussero dei capolavori, come la lupa capitolina, incui un personaggio d'una antica casa patrizia non esitò atrattare il pennello per abbellire un tempio di nuova co-struzione, onde n'ebbe il titolo onorifico di «pittore». Nèquesto ravvivarsi delle arti si deve attribuire al caso:ogni grand'epoca scuote e vivifica tutti gli istinti umani;e, per quanto fossero rigidi i costumi romani, per quantofosse gelosa la loro polizia, l'impulso che il comune diRoma provò per il fatto stesso di trovarsi a capo dellapenisola, o, per dir meglio, lo slancio che prese tuttal'Italia appena si sentì per la prima volta unita in un solcorpo, corrisponde tanto chiaramente allo svegliarsidell'arte latina e in particolar modo dell'arte romana,

440

di gran lunga dalle monete d'argento latine tanto per lafinezza del lavoro quanto pel buon gusto, e così i capo-lavori della pittura e del disegno appartengono di prefe-renza a Preneste, a Lanuvio, ad Ardea.Questa differenza risponde con precisione a quel rigidosentimento della realtà che già notammo esser proprio diRoma, e che difficilmente avrà potuto essere mantenutoin tutta la sua primitiva austerità negli altri paesi del La-zio.

16. L'arte romana.Ma correndo il quinto secolo, e più particolarmente nel-la seconda metà di esso, cominciò a prendere un grandeimpulso anche l'arte romana. È questo il tempo in cuinacque l'architettura dell'arco e delle strade, in cui siprodussero dei capolavori, come la lupa capitolina, incui un personaggio d'una antica casa patrizia non esitò atrattare il pennello per abbellire un tempio di nuova co-struzione, onde n'ebbe il titolo onorifico di «pittore». Nèquesto ravvivarsi delle arti si deve attribuire al caso:ogni grand'epoca scuote e vivifica tutti gli istinti umani;e, per quanto fossero rigidi i costumi romani, per quantofosse gelosa la loro polizia, l'impulso che il comune diRoma provò per il fatto stesso di trovarsi a capo dellapenisola, o, per dir meglio, lo slancio che prese tuttal'Italia appena si sentì per la prima volta unita in un solcorpo, corrisponde tanto chiaramente allo svegliarsidell'arte latina e in particolar modo dell'arte romana,

440

Page 441: Rosario Di Mauro (ePub) · del comune di Roma. La prima vittoria di questa anti-chissima opposizione romana fu l'abolizione della per-petuità della presidenza della repubblica, cioè

quanto alla decadenza morale e politica dell'Etrurias'accompagna chiaramente la corruzione e l'impoveri-mento dell'arte etrusca.Con lo stesso modo col quale la prepotente vigoria delpopolo latino sottomise le infiacchite nazioni, essa stam-pò sui bronzi e sui marmi l'incancellabile suo suggello.

FINE DEL SECONDO VOLUME

441

quanto alla decadenza morale e politica dell'Etrurias'accompagna chiaramente la corruzione e l'impoveri-mento dell'arte etrusca.Con lo stesso modo col quale la prepotente vigoria delpopolo latino sottomise le infiacchite nazioni, essa stam-pò sui bronzi e sui marmi l'incancellabile suo suggello.

FINE DEL SECONDO VOLUME

441