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N. 10 - APRILE 2019 PARROCCHIA ASSUNZIONE BEATA VERGINE MARIA CASTIGLIONE D’ADDA, DIOCESI DI LODI �ronicon

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N. 10 - Aprile 2019

pArrocchiA AssuNzioNe BeAtA VergiNe MAriAcAstiglioNe d’AddA, diocesi di lodi

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Periodico della parrocchia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in Castiglione d’Adda, diocesi di Lodi.www.parrocchiacastiglionedadda.it

N. 10 - Aprile 2019Pro manuscripto

In copertina, Callisto Piazza “Resurrezione di Gesù Cristo”, 1538-1539, affresco, catino absidale, Chiesa di San Lorenzo in Lodi.Utilizzo dell’immagine autorizzato dell’Ufficio BBCC della Curia Vescovile di Lodi.

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Chronicon

Periodico della parrocchia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in Castiglione d’Adda diocesi di Lodiwww.parrocchiacastiglionedadda.it

Contatti:mons. Gabriele Bernardelli, parroco 0377.900.421

[email protected] Luigi Donati, vicario parrocchiale 0377.909.142don Manuel Forchetto, vicario parrocchiale 0377.900.584

[email protected] Abele Uggè, collaboratore pastorale 338.8397.222

[email protected]

Orario Sante Messe:Feriale 8.30 - 18.00Festivo 8.30 (Incoronata); 9.45 (dei ragazzi e delle famiglie); 11.00 (Messa grande); 18.00

Ogni domenica ore 16.30: vespri, catechesi e benedizione eucaristica Ogni giorno ore 8.05: lodi mattutine ore 17.30: recita del santo RosarioOgni martedì ore 20.30 (all’Annunciata): recita della coroncina della Divina MisericordiaOgni giovedì dalle 9.00 alle 11.30 adorazione Eucaristica

per le vocazioni sacerdotali; dalle 20.45 alle 21.45, preghiera personale dinanzi all’Eucaristia con possibilità di confessarsi

Confessioni: ogni giovedì dalle ore 20.45 alle 21.45 ogni sabato dalle ore 16.00 alle ore 18.00

Battesimi: Terza domenica del mese, ore 15.30

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Editoriale Parroco

Cari fedeli, questa frase contenuta nella seconda lettera di San Paolo a Timoteo, è il messaggio che il Parroco vuole indirizzare a tutti: a quanti frequentano regolarmente la chiesa, a coloro che lo fanno saltuariamente, a chi non lo fa mai e anche a quelli che la osteggiano apertamente. “Ricordati che Gesù Cristo è risorto dai morti!” (2Tm 2,8). “Ricordare” significa “conservare nel cuore”. Noi conserviamo nel cuore le cose più care, a cui torniamo volentieri: riportarle alla memoria, che è strettamente colle-gata al cuore, ci fa bene, ci apre alla gratitudine, ci muove alla benevolenza.

1. Ricordare che Gesù è risorto dai morti significa innanzitutto riandare alla Parola del Vangelo, all’annuncio strabiliante che la morte non ha tenuto prigio-niero Colui che ha amato fino alla fine.

Ed è questo il motivo per cui Cristo è risorto. Certo Egli è risorto perché la morte non può tenere prigioniero Dio; Egli è risorto e la Risurrezione è il più grande dei mi-racoli. Tutte cose vere. Ma la Risurrezione di Gesù è la riuscita di una vita interamente intessuta dal filo dell’amore, dal dono di sé. Per cui – come dice il Cantico dei Cantici: “Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo” (Ct 8,7). Nel linguaggio biblico le “grandi acque” sono appunto un modo di esprimere la morte. Ricordare che Gesù Cristo è risorto dai morti, significa anzitutto far risuonare le parole del Vangelo: “Voi cercate tra i morti colui che è vivo. Non è qui. È risorto!” (Lc 24,5).

2. Ricordare che Gesù è risorto dai morti significa poi riferirsi ad un’esperienza.E questa esperienza è quella della Liturgia della Chiesa. Una delle difficoltà in cui

si dibatte la fede oggi è la sua eccessiva intellettualizzazione. Si pensa alla fede come ad una “presa di coscienza”. Certamente la riflessione credente è importantissima, ma non lo è di meno l’“esperienza”. E dove facciamo noi l’esperienza della Resurre-zione di Gesù se non nella Liturgia? Ricordate l’episodio di Emmaus! Gesù, dopo aver spiegato le Scritture ed aver fatto “ardere il cuore” dei due discepoli delusi e fuggia-schi dalla Chiesa, ha spezzato il pane dinanzi ai loro occhi, al che “lo riconobbero”. La celebrazione della Messa è esperienza viva della Risurrezione, perché in essa Gesù, attraverso il ministro ordinato, produce ancora il gesto del riconoscimento. Così il ricordo della Risurrezione diventa non più un fatto intellettuale, ma un evento, un memoriale, a cui io partecipo, non da spettatore, ma da discepolo che sa di entrare in comunione con Colui dal quale è amato.

Esperienza della Risurrezione è anche l’amore che soccorre il fratello. Questa esperienza è strettamente collegata a quella precedente. L’incontro con il Risorto nell’Eucaristia spinge a realizzare “luoghi di Risurrezione” nelle relazioni con i fratelli: là dove la fede agisce per mezzo della carità.

Ricordati che Gesù Cristo è risorto dai morti!

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Editoriale Parroco

3. Ricordarsi che Gesù è risorto dai morti è il sostegno per l’impegno del cristia-no di trasformare il mondo.

L’esperienza della Risurrezione ci rinvia al nostro posto nel mondo. Noi lo abitiamo con questa “memoria” nel cuore. Noi sappiamo che il mondo non va verso la sua di-struzione, ma verso la sua “trasfigurazione”, grazie alla Risurrezione di Gesù. Il nostro impegno, anche se sembra un nulla rispetto alla mole del male presente nel mondo, va in questo senso. Ho già ricordato molte volte che Dio è capace di piegare tutto il male che facciamo noi, in quanto creature deboli e peccaminose, affinché serva a tutto il bene che ha in mente Lui. Noi lavoriamo, ci affatichiamo, soffriamo con questa “memoria” nel cuore, questa certezza che tonifica la nostra fatica e ci fa guardare i nostri fratelli con lo stesso sguardo benevolo di Dio.

4. Ricordare che Gesù è risorto dai morti significa infine guardare alla nostra morte da cristiani.

Ossia avere la certezza che la morte non è “uno stato”, ma un passaggio. Proprio come è avvenuto a Gesù. Noi “entriamo nella morte” – morendo – ma non “restiamo nella morte”. Grazie al Battesimo noi siamo uniti indissolubilmente a Gesù, nell’Euca-ristia la sua vita fluisce copiosa dentro di noi. Ricordarsi che Gesù Cristo è risorto dai morti significa nutrire la certezza – che ha sostenuto per esempio gli ultimi giorni di Santa Teresa di Gesù Bambino – che “non si muore, ma si entra nella vita”.

Buona Pasqua, cari fratelli e sorelle

Il vostro parroco Don Gabriele

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La Pasqua Celebrata in 3 Giorni

Cristo alla Colonna, Bramante, Pinacoteca di Brera.

LA PASQUA CELEBRATA IN TRE GIORNI

PRIMO GIORNO da giovedì sera a venerdì sera: il giorno del crocifisso

Il Giovedì Santo non è solo il giorno dell’istituzione della Santissima Eucaristia, il cui splendore certa-mente s’irradia su tutto il resto e lo attira, per così dire, dentro di sé. Fa parte del Giovedì Santo an-che la notte oscura del Monte degli Ulivi, verso la quale Gesù esce con i suoi discepoli; fa parte di esso la solitudine e l’essere abbandonato di Gesù, che pregando va incontro al buio della morte; fan-no parte di esso il tradimento di Giuda e l’arresto di Gesù, come anche il rinnegamento di Pietro, l’accusa davanti al Sinedrio e la consegna ai paga-ni, a Pilato.

Cerchiamo in quest’ora di capire più profonda-mente qualcosa di questi eventi, perché in essi si svolge il mistero della nostra Redenzione (Bene-detto XVI, omelia del giovedì santo 2012).

ore 21.00 Santa Messa nella Cena del Signore, Lavanda dei piedi, Reposizione della Santissima Eucaristia nella cappella di San Gerolamo. Segue l’adorazione per tutta la notte: prima i giovanissimi (guidata); poi gli adulti (prima guidata, poi personale); (da mezzanotte ingresso solo da via Mons. Carenzi).

ore 8.30 Liturgia delle Ore (Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine).

ore 15.00 Via Crucis ragazzi elementari e medie. ore 21.00 Solenne Azione Liturgica per la Passione e Morte del Signore.

■ Giovedì 18 aprile

■ Venerdì 19 aprile magro e digiuno - colletta per la Terra Santa

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La Pasqua Celebrata in 3 Giorni

Caravaggio, Deposizione dalla croce, Musei Vaticani.

LA PASQUA CELEBRATA IN TRE GIORNI

SECONDO GIORNO da venerdì sera a sabato sera: il giorno del Sepolto

Il mistero terribile del Sabato santo, il suo abisso di silenzio, ha acquistato nel nostro tempo una realtà schiacciante. Giacché questo è il Sabato santo: giorno del nascon-dimento di Dio, giorno di quel paradosso inaudito che noi esprimiamo nel Credo con le parole «disceso agli inferi», disceso dentro il mistero della morte. Il Venerdì santo potevamo ancora guardare il trafitto. Il Sabato santo è vuoto, la pesante pietra del se-polcro nuovo copre il defunto, tutto è passato, la fede sembra essere definitivamente smascherata come fanatismo. Nessun Dio ha salvato questo Gesù che si atteggiava a Figlio suo. (…). Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso: rinchiudendolo nel guscio stantio dei pensieri abitudinari, esiliandolo in una forma di pietà senza contenuto di realtà e perduta nel giro di frasi fatte o di preziosità archeologiche; noi lo abbiamo ucciso attraverso l’ambiguità della nostra vita che ha steso un velo di oscurità anche su di lui: infatti che cosa avrebbe potuto rendere più problematico in questo mondo Dio se non la problematicità della fede e dell’amore dei suoi credenti? L’oscurità di-vina di questo giorno, di questo secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato santo, parla alla nostra coscienza. Anche noi abbiamo a che fare con essa. Ma nonostante tutto essa ha in sé qualcosa di consolante. La morte di Dio in Gesù Cristo è nello stesso tempo espressione della sua radicale solidarietà con noi. Il mistero più

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La Pasqua Celebrata in 3 Giorni

Michelangelo, La Pietà (1498–1499), Basilica di San Pietro, Città del Vaticano.

ore 8.30 Liturgia delle Ore (Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine).

I fedeli visitano la chiesa parrocchiale per venerare il Cristo morto e la Madonna Addolorata.

oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più chiaro di una speranza che non ha confini. E ancora una cosa: solo attraverso il fallimento del Venerdì santo, solo at-traverso il silenzio di morte del Sabato santo, i discepoli poterono essere portati alla comprensione di ciò che era veramente Gesù e di ciò che il suo messaggio stava a significare in realtà. Dio doveva morire per essi perché potesse realmente vivere in essi. L’immagine che si erano formata di Dio, nella quale avevano tentato di costrin-gerlo, doveva essere distrutta perché essi attraverso le macerie della casa diroccata potessero vedere il cielo, lui stesso, che rimane sempre l’infinitamente più grande.

Noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui (J. Ratzinger, Meditazione sul Sabato Santo).

■ Sabato 20 aprile si consiglia di prolungare il digiuno

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La Pasqua Celebrata in 3 Giorni

Bottega cremonese sec. XVII, Resurrezione di Gesù Cristo, olio su tela, secondo quarto del XVII sec., Chiesa di San Bartolomeo Apostolo in Borghetto Lodigia-no (utilizzo dell’immagine auto-rizzata dall’Ufficio BBCC della Curia Vescovile di Lodi).

LA PASQUA CELEBRATA IN TRE GIORNI

TERZO GIORNO da sabato notte a domenica sera: il giorno del Risorto

“Ed ecco ciò che questa notte ci chiama ad annunciare: il palpito del Risorto, Cristo vive! Ed è ciò che cambiò il passo di Maria Maddalena e dell’altra Maria: è ciò che le fa ripartire in fretta e correre a dare la notizia (cfr Mt 28,8); è ciò che le fa tornare sui loro passi e sui loro sguardi; ritornano in città a incontrarsi con gli altri.Come con loro siamo entrati nel sepolcro, così con loro vi invito ad andare, a ritornare in città, a tornare sui nostri passi, sui nostri sguardi. Andiamo con loro ad annunciare la notizia, andiamo… In tutti quei luoghi dove sembra che il sepolcro abbia avuto l’ultima parola e dove sembra che la morte sia stata l’unica soluzione. Andiamo ad annunciare, a condividere, a rivelare che è vero: il Signore è Vivo. E’ vivo e vuole risor-gere in tanti volti che hanno seppellito la speranza, hanno seppellito i sogni, hanno seppellito la dignità. E se non siamo capaci di lasciare che lo Spirito ci conduca per questa strada, allora non siamo cristiani.Andiamo e lasciamoci sorprendere da quest’alba diversa, lasciamoci sorprendere dalla novità che solo Cristo può dare. Lasciamo che la sua tenerezza e il suo amore muovano i nostri passi, lasciamo che il battito del suo cuore trasformi il nostro debole palpito” (dall’omelia di papa Francesco, Veglia Pasquale 2017).

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La Pasqua Celebrata in 3 Giorni

ore 21.30 Solenne Veglia Pasquale (benedizione del fuoco nuovo, del cero, liturgia dalla Parola, liturgia battesimale, liturgia Eucaristica).

ore 8.00 (chiesa parrocchiale) Canto delle Lodi Mattutineore 8.30 Santa Messaore 9.45 Santa Messa dei Ragazziore 11.00 Santa Messa solenne di Pasquaore 17.00 Vesperi solenniore 18.00 Santa Messa vespertina

Sabato 20 aprile

Domenica 21 aprile

CONFESSIONI PASQUALI

■ Sabato 13 aprile ore 10,00, all’Annunciata: per i ragazzi/e elementari e medie.

■ Domenica 14 aprile ore 16.00, all’Annunciata, durante il ritiro: per giovani e adulti.

■ Lunedì 15 aprile ore 18.30, chiesa parrocchiale: per i giovanissimi.

■ Mercoledì 17 aprile ore 10.00 – 12.00 e dalle 16.00 alle 19.00, chiesa parrocchiale: per tutti.

■ Giovedì 18 aprile ore 16.00 – 19.00, chiesa parrocchiale: per tutti.

■ Venerdì 19 aprile ore 10.00 – 12.00; 16.00 – 19.00, chiesa parrocchiale: per tutti.

■ Sabato 20 aprile ore 10.00 – 12.00; 16.00 – 19.00, chiesa parrocchiale: per tutti.

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Esortazione Apostolica Post-Sinodale

CHRISTUS VIVIT DEL SANTO PADRE FRANCESCOai giovani e a tutto il popolo di dio

1. Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime pa-role che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!

2. Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza.

3. A tutti i giovani cristiani scrivo con affetto questa Esortazione apostolica, vale a dire una lettera che richiama alcune convinzioni della nostra fede e, nello stesso tempo, incoraggia a crescere nella santità e nell’impegno per la propria vocazione. Tuttavia, dato che si tratta di una pietra miliare nell’ambito di un cammino sinodale, mi rivolgo contemporaneamente a tutto il Popolo di Dio, ai pastori e ai fedeli, perché la riflessione sui giovani e per i giovani interpella e stimola tutti noi. Pertanto, in alcuni paragrafi par-lerò direttamente ai giovani e in altri proporrò approcci più generali per il discernimento ecclesiale.

4. Mi sono lasciato ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo dell’anno scorso. Non potrò raccogliere qui tutti i contributi, che potrete leggere nel Documento Finale, ma ho cercato di recepire, nella stesura di questa lettera, le propo-ste che mi sembravano più significative. In questo modo, la mia parola sarà arricchita da migliaia di voci di credenti di tutto il mondo che hanno fatto arrivare le loro opinioni al Sinodo. Anche i giovani non credenti, che hanno voluto partecipare con le loro riflessio-ni, hanno proposto questioni che hanno fatto nascere in me nuove domande.

Sarà cura di tutta la parrocchia meditare l’intero testo del Papa, qui ripreso nei primi quattro numeri, allo scopo di sentirci stimolati a continuare l’opera di annuncio del Van-gelo alle giovani generazioni.

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Omelia del Parroco alla Santa Messa della Notte di Natale 2018

1. Oggi vi è nato un SalvatoreSiate i benvenuti, carissimi fedeli ve-

nuti così numerosi per celebrare il Natale dell'anno 2018 nella nostra chiesa parroc-chiale, che è simbolo di unità e di frater-nità.Il centro della parola evangelica che ab-biamo ascoltato in questa notte è questo: “Vi annuncio una grande gioia, oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore”.Vi è nato un Salvatore! Ma ha ancora valo-re questo annuncio per noi? Un Salvatore!

2. “Ma ha ancora valore e significato un "Salvatore" per l’uomo del terzo mil-lennio?

È ancora necessario un "Salvatore" per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l’universo; per l’uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare persino i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell’oceano virtuale di internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la Ter-ra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? l’uomo che si presenta come sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi, quest’uomo del secolo ventunesimo?” (Benedetto XVI, Allocuzione Urbi et Orbi, 25 dicembre 2006).

3. Sembra che non ne abbia più bisogno, ma così non è “Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo tempo di

abbondanza e di consumismo sfrenato. C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolle-ranze e discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali, nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la

Vita di Parrocchia

Notte Natale, particolare del presepio, Chiesa Parrocchiale.

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Vita di Parrocchia

pace per tutti. E che dire di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell’uomo? Che (cosa) fare per aiutare chi è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile nelle relazioni e incapace di assumere stabili responsabilità per il proprio presente e per il proprio fu-turo; (per chi) si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell’alcool o della droga (o del gioco d’azzardo)? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita?” (Ib.)

Sembra che l’umanità, anche quella di casa nostra, non abbia più bisogno di un Salva-tore. Che dire infatti delle famiglie che continuamente di disgregano perché l’amore è stato ridotto ad emozione e non ha più la robustezza di un coinvolgimento definitivo, oblativo, generoso? O di quelle coppie che mettono su casa nell’incertezza, titubanti per anni nell’integrare la giusta quota di rischio basata su un coinvolgimento che come adulti comprenda anche la dimensione istituzionale civile ed ecclesiale? O che dire di quei genitori che, pur generosi, hanno smarrito ogni gerarchia di valori; per i quali tutto è sullo stesso piano e perciò, quando si tratta di scegliere tra i vari impegni, non sono più in grado di far cadere la scelta sui più importanti? O di quei papà e mamme che, pur avendo scelto di far battezzare i propri figli, hanno completamente abdicato al loro do-vere naturale di educarli alla fede, sicché la trasmissione della stessa rischia di interrom-persi, con la conseguenza che questi bambini e ragazzi neppure sanno più che esiste

un Salvatore? O che dire dei giovani che hanno perso ogni baricentro, che vivono senza ideali, accontentandosi di obiettivi di piccolo cabotaggio, ripiegati su stessi, incapaci di mettersi al servizio in maniere costante e generosa? O di quelli che lavo-rano durante la settimana per avere i soldi da spendere nel fine settimana nella tra-sgressione? O di quegli adolescenti e pre-adolescenti che stanno già consumando la loro vita dietro la droga, nella promiscu-ità sessuale, nel turpiloquio, nell’abitudine corrosiva al pensiero negativo, nel peri-coloso approccio al mondo dell’occulto e delle sette, al disimpegno, alla falsità?

“Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto?”.

Notte di Natale, Gesù Bambino, Chiesa Parrocchiale.

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4. È Natale: oggi entra nel mondo "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (ibid., 1,14), proclama l’e-vangelista Giovanni. Oggi, proprio oggi, Cristo viene nuovamente "fra la sua gente" e a chi l’accoglie dà " il potere di diventare figlio di Dio"; offre cioè l’opportunità di vedere la gloria divina e di condividere la gioia dell’Amore, che a Betlemme si è fatto carne per noi. Oggi, anche oggi, "il nostro Salvatore è nato nel mondo", perché sa che abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso, l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte. È proprio lì, nel suo intimo, in quello che la Bibbia chiama il "cuore", che egli ha sempre necessità di essere "sal-vato". E nell’attuale epoca post moderna ha forse ancora più bisogno di un Salvatore, perché più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale. Chi può difenderlo se non Colui che lo ama al punto da sacrificare (se stesso) sulla croce (…) ?” (Ib.)

"Salvator noster": Il nostro Salvatore: questa è la nostra speranza; questo è l’annuncio che la Chiesa fa risuonare anche nell’odierno Natale. Con l’Incarnazione, ricorda il Con-cilio Vaticano II, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (cfr Gaudium et spes, 22). Perciò il Natale del Capo è anche il natale del corpo, come notava il Pon-tefice san Leone Magno. A Betlemme è nato il popolo cristiano, corpo mistico di Cristo nel quale ogni membro è intimamente unito all’altro in una totale solidarietà. Il nostro Salvatore è nato per tutti. Dobbiamo proclamarlo non solo con le parole, ma anche con l’intera nostra vita, dando al mondo la testimonianza di (una) comunità unit(a) ed apert(a), nell(a) qual(e) regna la fraternità e il perdono, l’accoglienza e il servizio recipro-co, la verità, la giustizia e l’amore.

Notte di Natale, durante l'omelia.

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Vita di Parrocchia

Comunità salvata da Cristo. Questa è la vera natura della Chiesa, che si nutre della sua Parola e del suo Corpo eucaristico. Solo riscoprendo il dono ricevuto la Chiesa (e quin-di la nostra comunità parrocchiale) può testimoniare a tutti Cristo Salvatore; lo fa con entusiasmo e passione, nel pieno rispetto di ogni tradizione culturale e religiosa; lo fa con gioia sapendo che Colui che annuncia non toglie nulla di ciò che è autenticamente umano, ma lo porta al suo compimento. In verità, Cristo viene a distruggere soltanto il male, solo il peccato; il resto, tutto il resto Egli eleva e perfeziona. Cristo non ci salva dalla nostra umanità, ma attraverso di essa; non ci salva dal mondo, ma è venuto nel mondo perché il mondo si salvi per mezzo di Lui (cfr Gv 3,17)” (Ib.).

5. Conclusione Voglio concludere facendo mie e chiedendovi di fare vostre le parole che Giovanni

Papini - ateo militante convertito clamorosamente alla fede nel 1921 - scrisse nello stes-so anno della sua conversione, al termine della sua Storia di Cristo:

Gesù, sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. E sarai con noi per sempre… Noi abbia-mo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami, puoi sentire, per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo…Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che lo sanno…Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorger-sene, te che sei la bellezza intera e per-fetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l’unica verità degna d’esser saputa; e chi s’af-fanna dietro la pace cerca te, pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è inesprimibilmente più do-loroso del nostro… La grande esperienza volge alla fine. Gli uomini, allontanandosi dall’Evangelo, hanno trovato la desolazio-ne e la morte. Più d’una promessa e d’una minaccia s’è avverata. Ormai non abbiamo, noi disperati, che la speranza d’un tuo ritor-no… Noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d’ogni impossibile. E tutto l’amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore.

Notte di Natale, bacio a Gesù Bambino.

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Vita di Parrocchia

Omelia del Parroco alla Santa Messa col Te Deum del 31 dicembre 2018

Concelebrazione del 31dicembre 2018.

1. La Messa di ringraziamento per l’anno 2018Ci ha riuniti questa sera, cari fratelli e sorelle, la celebrazione della solennità della

divina Maternità di Maria e il ringraziamento col Te Deum per la conclusione dell’anno civile.

Nell’ottava del Natale abbiamo un pensiero a Colei per la quale il Figlio di Dio è nato nel mondo. Nei primi secoli della vita della Chiesa la riflessione e la preghiera hanno fatto maturare la convinzione che Maria, avendo dato al mondo Cristo, che è la seconda persona della SS. Trinità – Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, come diciamo nel “Credo” – non è solo la Madre dell’uomo Gesù, ma anche del Figlio di Dio, quindi la possiamo chiamare davvero e a ragione “Madre di Dio”. Il Concilio di Efeso, nel 431, definì dogmaticamente la verità di questo fatto, applicando a Maria il termine bellissimo di “Teothokos”, ossia – appunto – Madre di Dio. Eco di questa attribuzione, che fu motivo di gioia per tutta la Chiesa, come ci descrive la cronaca di San Cirillo di Alessandria, è l’antifona, che da quasi due millenni si canta, e che anche noi cantiamo: “Sub tuum praesidum confugimus Sancta Dei Genitrix” – “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”. Come ricorderete, papa Francesco ha chiesto che fosse recitata tutti i giorni del mese di Ottobre, al termine del Rosa-

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rio, per chiedere alla Madre di Dio la protezione sulla Santa Chiesa. Pare, infatti, che questa preghiera sia molto odiosa al diavolo, il quale molto la teme. Chiederò a chi è incaricato di recitare il Rosario in chiesa, prima della Messa, di aggiungere sempre, d’ora in poi, questa preghiera, al termine del Rosario. E distribuirò a tutti coloro che lo recitano privatamente il testo della preghiera, affinché sempre terminino il Rosario con questa antichissima antifona.

2. I motivi per ringraziareIl ringraziamento al Signore per i benefici ricevuti nel corso dell’anno che si chiude,

lo eleviamo innanzitutto con l’Eucaristia, che è il grande rendimento di grazie della Chiesa, per la vita e l’immortalità che ci sono venute grazie alla morte e alla resurre-zione di Gesù, e lo prolungheremo col canto del Te Deum, questo antichissimo inno la cui composizione è attribuita a Sant’Ambrogio e a Sant’Agostino.

Ciascuno di noi ha numerosi motivi per ringraziare Dio: basta volgere lo sguardo a ritroso per rendersi conto della “caterva” di doni ricevuti. Sarebbe bello enumerar-li, anzi raccontarli, ma non ne abbiamo il tempo; ciascuno di noi lo può fare nel suo cuore. Essere capaci di vedere un dono, senza che il ripetersi abituale dello stesso lo trasformi in diritto, rende capaci di gioire e di ringraziare. Come dicevo la notte di Natale, questa società “gaudente e disperata”, appropriandosi dei doni, non li vede più. L’ingratitudine si è resa palese anche tra noi, proprio a Natale: quanta gente – intere famiglie – “non hanno fatto Natale”: a costoro neppure la tenerezza di un Dio che si fa bambino dice più nulla! Questo fatto, mentre spinge la nostra parrocchia ad intensificare l’azione missionaria, mi induce a ricordare a tutti: Dio non voglia, che per insegnarci la lezione, un giorno ci tolga i doni di cui abitualmente ci gratifica.

3. Uno sguardo d’insieme alla vita della Chiesa e specialmente alla vita della no-stra parrocchia.

Come è consuetudine, in questa Messa di fine anno, diamo uno sguardo d’insieme alla vita della Chiesa e specialmente alla vita della nostra parrocchia.

Ringraziamo innanzi tutto per la vitalità della Sposa di Cristo che continua il suo pellegrinaggio tra le prove, che non Le sono mancate – provenienti dall’interno e dall’esterno (come ha ricordato il Papa parlando alla Curia Romana prima di Natale), e le gioie che Le vengono da Dio e dai suoi figli Santi.

Rendiamo grazie per la celebrazione del Sinodo dei Giovani, che ha impegnato la Chiesa universale: ad esso anche alcuni dei nostri giovani si sono preparati parte-cipando al pellegrinaggio che dall’Umbria si è snodato fino a Roma, dove sono stati confermati nella fede dal Santo Padre il Papa, a cui va sempre il nostro pensiero oran-te. Rendiamo grazie anche per la canonizzazione del papa Paolo VI ora sicuro nostro intercessore presso Dio.

L’evento, a lungo preparato, che ha caratterizzato la prima parte dell’anno pasto-rale della nostra parrocchia, e per il quale vogliamo ringraziare, è stato senza dubbio la Missione Parrocchiale. Nonostante l’inclemenza del tempo, sono stati giorni molto intensi, che hanno permesso ai missionari di gettare qualche buon seme: soprattut-

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La benedizione Eucaristica dopo il solenne Te Deum.

to quello dell’amore per la Parola di Dio, che ha visto poi la decisione di ripren-dere in autunno i Centri di Ascolto della Parola suddivisi in nove gruppi, che raggiungono oltre un centinaio di fedeli, tra cui alcuni non praticanti. An-che le lectiones divinae d’Avvento sono state mol-to ben partecipate; forse anche questo è frutto del-la Missione. Un elemento che mi lascia sempre un po’ perplesso è l’incostan-za: non parlo solo della lec-tio ma in genere; si viene una volta, poi si salta, poi si ritorna. La costanza è ne-cessaria per ogni itinerario: senza fatica non si ottiene nulla, neppure nel campo dell’educazione della pro-pria fede.

Altri tre eventi stra-ordinari per cui vogliamo ringraziare sono stati la celebrazione del 150° an-niversario della morte del vescovo mons. Antionio Novasconi, nostro concit-tadino, il Pellegrinaggio in

Terra Santa, intenso e sereno, e l’Assemblea Parrocchiale, durante la quale i vari grup-pi della parrocchia si sono presentati. Ne è nata una sorta di sinfonia: ma è sempre necessario che – per restare nella metafora – gli strumenti provino a suonare insieme trovando gli accordi necessari. Quella dell’unità è una sfida che non possiamo per-metterci di perdere: l’immagine di parrocchia che diamo, infatti, ha un collegamento diretto con l’azione missionaria della stessa: se non ci vogliamo bene e non stiamo uni-ti, come potranno altri decidere di far parte con noi? Vorrei aggiungere anche un’altra domanda: vogliamo davvero bene alla nostra parrocchia? Continuo a ritenere il fatto di andare a Messa con facilità altrove un segno di poco affetto alla propria comunità: è come se in famiglia si tralasciasse con leggerezza di essere presente ai momenti più importanti.

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Non dimentichiamo di ringraziare per la vita ordinaria della parrocchia e dell’o-ratorio, che rappresenta l’aspetto capillare, feriale, che favorisce la crescita della co-munità.

Ringraziamo per i 17 bambini rinati a vita nuova nel Battesimo; per i 33 bambini che per la prima volta si sono accostati al sacramento della riconciliazione; per i 26 bambini che hanno ricevuto per la prima volta il Corpo del Signore; per i 25 ragazzi a cui è stato amministrato il sacramento della Cresima; per i 15 quattordicenni che hanno fatto la professione di fede e i 10 diciottenni che l’hanno rinnovata. Ringraziamo e preghiamo per le nove coppie di fidanzati che si sono unite in matrimonio (5 in parrocchia; 4 fuo-ri). Affidiamo nuovamente al Signore i 56 tra sorelle e fratelli che sono tornati alla sua casa.Rendiamo grazie anche perché continua il graduale risanamento economico dei conti della parrocchia.A tal proposito, vi rendo noto che la disponibilità economica della parrocchia alla data di oggi è pari ad Euro 131.987. Il debito totale residuo è di Euro 197.575, di cui: 183.290 Euro sono relativi al mutuo in essere, che scadrà nel 2016; il restante concerne i fornitori dell’Oratorio e i lavori di manutenzione della chiesa parrocchiale e della zona adiacente alla stessa.

Nell’anno che si sta chiudendo, la nostra parrocchia ha devoluto la somma di 14.930 Euro a favore di opere caritative e di evangelizzazione, attraverso le diverse raccolte per giornate nazionali, diocesane e straordinarie.

4. In te Domine speravi, non confundar in aeternumIn te, o Signore, ho sperato: non sarò confuso in eterno.

Con queste parole si chiude la forma lunga del Te Deum.

La speranza, infatti, non delude. Ed è l’Eucaristia, la comunione alla vita del Signore, che è la radice di questa speranza. A Gesù misericordioso affidiamo l’anno che sta terminando e quello che inizia, certi che sperando in lui mai saremo confusi.

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Omelia del Parroco 1° gennaio 2019 Santa Messa per la Pace

1. Messa per la pace nella solennità di Maria SS. Madre di DioPer una felice consuetudine ci ritroviamo a celebrare insieme questa Messa per la

Pace nella 52° Giornata Mondiale della Pace, istituita da San Paolo VI.Lo facciamo nella solennità di Maria Ss. Madre di Dio.Come dicevo già ieri sera, nei primi secoli della vita della Chiesa la riflessione e la pre-ghiera hanno fatto maturare la convinzione che Maria, avendo dato al mondo Cristo, che è la seconda persona della SS. Trinità – Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, come diciamo nel “Credo” –, non è solo la Madre dell’uomo- Gesù, ma anche del Figlio di Dio, quindi la possiamo chiamare davvero e a ragione “Madre di Dio”. Il Con-cilio di Efeso, nel 431, definì dogmaticamente la verità di questo fatto, applicando a Maria il termine bellissimo di “Teothokos”, ossia – appunto – Madre di Dio. Eco di que-sta attribuzione, che fu motivo di gioia per tutta la Chiesa, come ci descrive la cronaca di San Cirillo di Alessandria, è l’antifona, che da quasi due millenni si canta e che anche noi cantiamo: “Sub tuum praesidum confugimus Sancta Dei Genitrix” – “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da tutti i pericoli, o Vergine gloriosa e benedetta”

2. Il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Pace 2019Saluto cordialmente il Signor Sindaco con i membri del Consiglio Comunale pre-

senti; le autorità militari e i rappresentanti di tutte le associazioni. La circostanza ci offre l’occasione di riflettere brevemente insieme sul messaggio che il Santo Padre il Papa ha inviato ai Capi di Stato e di Governo, alle Organizzazioni internazionali, a tutta la Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà dal titolo: “La buona politica è al servizio della pace” e per cercare qualche applicazione locale.

Già il papa San Paolo VI affermava che: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della na-zione, dell’umanità» (Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46). «A que-sto proposito – dice papa Francesco - meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuễn, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo: Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura» (Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002). Accanto a queste che potremmo chiamare anche le “virtù” del politico, il Papa,

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ricorda i vizi e dice: «Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzio-ne – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di stru-mentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio». Esistono dunque le “virtù” per una politica a favore della pace ed esistono anche i vizi: favorire le prime ed estirpare i secondi può rappresentare davvero un bell’impegno per chi vuole essere o è già impegnato in politica.

Tutto però deve essere collocato all’interno di un progetto. A tal proposito, il Papa afferma che «La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: - la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dol-

Marcia per la Pace 1°gennaio 2019.

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cezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”; - la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; - la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire» (n. 7)

3. La pace come progetto riveste anche caratteristiche locali La pace come progetto riveste anche caratteristiche locali.

Vorrei ricordare una situazione che nuoce gravemente alla pace delle nostre famiglie: ed è quella del gioco d’azzardo. Non è il caso che qui ricordi le ripercussioni familiari e sociali di questa piaga: le conosciamo. La statistica – riferita al 2017 – dice che nel no-stro paese di Castiglione sono stati bruciati 4.730.000 euro in giochi d’azzardo, pari a 1.016 euro a testa, di cui 3.390.000 euro solo per le Slotmachine, ossia le macchinette.

Come pastore di questa comunità faccio appello ai rappresentati della politica locale affinché si affronti con più coraggio questa piaga, riprendendo, per esempio, la pro-posta di venire incontro sotto il profilo fiscale a quanti elimineranno dai loro esercizi commerciali le Slotmachine; oppure, in maniera più radicale – come è stato fatto da altri comuni in Italia – deliberare la proibizione del gioco delle macchinette e derivati nel centro abitato. Gli esercenti di altri comuni che si sono visti raggiunti da questa mi-

Santa Messa per la Pace 1° gennaio 2019.

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sura e hanno fatto appello al Tribunale amministrativo, in genere, hanno perso. Credo sia giunto il tempo di intervenire, usando tutti i mezzi a disposizione: sono troppe le famiglie danneggiate da questo vizio.

La pace come progetto comporta anche il tentativo di impedire in tutti i modi lo spaccio e l’utilizzo delle sostanze stupefacenti. Si tratta di un’altra grande emergenza, che crea disagio alle famiglie, anche a quelle che non vogliono accorgersene. Mi do-mando se non sia possibile concertare tra Comune e Arma dei Carabinieri un vero e proprio progetto di intervento, ossia qualcosa non sporadico, ma pianificato, tenendo abitualmente sotto controllo tutte le zone del paese dove è noto che si spaccia e si consuma la droga. Mi sento però di fare appello anche tutti i cittadini, affinché non si lascino prendere dalla mentalità omertosa: se si vede, si deve denunciare.

Ci sarebbero anche altre emergenze collegate alla costruzione della pace: penso, per esempio, a tante situazioni familiari, in cui la violenza, l’aggressività, la mancanza di rispetto, l’infedeltà, l’abuso di alcool, l’assenza di ordine e di armonia rappresentano altre piaghe sociali. Penso alla grossa questione della denatalità, che inevitabilmente rischia di creare disgregazione del tessuto comunitario, con ripercussioni non lievi sulla serena convivenza. Che cosa è possibile fare? Lascio questa domanda alla coscienza ecclesiale e civile della nostra comunità di uomini e di donne.

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Alla Madre del Si-gnore affidiamo il nostro impegno e i nostri propositi all’inizio di questo nuovo anno.L’Eucaristia che ora celebriamo ritempri le nostre forze, animi il nostro coraggio, stimo-li il nostro fattivo desiderio di bene.

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Omelia tenuta a braccio del Parroco per la solennità dell'Epifania dopo il corteo dei Magi, presente tutta la comunità

1. Un’antica tradizione: l’annuncio del Giorno di PasquaSecondo un’antica tradizione, che risale al tempo in cui la Chiesa, studiando il corso

della luna e identificata la luna nuova di primavera comunicava ai fedeli la data della Pasqua, anche noi abbiamo compiuto questo rito. Voi direte: “Ma ci sono i calendari”. Certo ci sono i calendari, ma il significato teologico e spirituale di questo rito è molto importante perché ci ricorda che la Pasqua è il centro di tutto. E noi la rinnoviamo ogni domenica nella celebrazione dell’Eucaristia. Pasqua ed Eucaristia: avete sentito cantare che ogni domenica è la Pasqua della settimana; da qui l’impegno e la gioia di parteci-pare tutte le domeniche alla Messa.

2. L’Epifania: il cammino dei MagiCelebriamo, dunque, questa grande solennità dell’Epifania. La prima cosa che han-

no fatto i Magi qual è stata? (chiede ai bambini). La prima cosa che hanno visto? (Ri-spondono) “La stella”. Ma l’hanno vista solo i Magi? (Rispondono) “No, tutti”. Bravo! Tutti hanno visto la stella. Ma chi è partito? Solo i Magi. E questo fatto che cosa ci dice? Che per arrivare ad incontrare il nostro tesoro occorre mettersi in viaggio. Bisogna cam-

Epifania, i Magi con il seguito.

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minare. E guardate che non è necessario andare lontano da Castiglione. Infatti si tratta di un viaggio interiore. I Magi si sono staccati dalla loro terra, dalla loro religione, dalle loro certezze, dalla loro cultura e hanno intrapreso un cammino. La prima cosa, dun-que, è staccarci. Se non ci stacchiamo dalla nostra durezza, dai nostri punti di vista… non intraprenderemo mai il nostro cammino. Staccarsi e mettersi in discussione, perché la stella l’han vista in molti, ma solo i Magi si sono messi in cammino.

3. Che cosa hanno visto i Magi quando sono arrivati?Quando sono giunti a Betlemme, che cosa hanno visto i Magi? Un grande re? Forse

loro pensavano di vedere un grande re, un palazzo, delle guardie, una corte… E invece, che cosa hanno visto? (Rispondono) “Un bambino”; “Una grotta”. Sì, un bambino in una mangiatoia. E questo che cosa ci dice? Che cosa ci dice? Ci dice che Dio ci sorprende sempre! Pensavano di vedere un grande e potente re, invece hanno visto un bambino. Dio ci sorprende sempre e ci costringe a rivedere le idee che abbiamo su di Lui.

4. I doni dei MagiTerzo punto: che cosa

hanno fatto i Magi? (Ri-spondono) “Hanno offerto i doni: oro, incenso e mir-ra”. E di che cosa erano se-gno quei doni? Di che cosa erano segno? ... Erano se-gno della loro adorazione. è come se avessero detto a Gesù: “Gesù, io ci sto!”. Ho camminato, mi hai sorpre-so, io ci sto. Ti prendo nel-la mia vita. Non voglio più una vita senza di te. Que-sto hanno detto i Magi a Gesù con i loro doni. Facile da ricordare? Ho cammina-to, mi hai sorpreso, ci sto!

5. Per un’altra viaUltima cosa. Che cosa dice l’ultima parola del Vangelo che don Manuel ha letto?

“Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Vuol dire: si ritorna alla vita di tutti i giorni, ma per un’altra strada. Ho camminato, mi hai sorpreso, ci sto, non ti abbandono più, cambio strada.

Facciamo così la nostra Epifania!

Epifania, le tre corali parrocchiali unite animano la Messa dell'Epifania.

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Istantanee di vita parrocchiale

Unzione degli infermi a don Gino.

Benedizione dei bambini il giorno del B a t t e s i m o del Signore.

Unzione degli infermi

10 febbraio 2019.

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Immagini da una delle lectiones divinae di quaresima, i fedeli.

Immagini da una delle lec-tiones divinae di quaresima, padre Alberto Grandi.

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Una parte del gruppo ministranti nel coro della chiesa parrocchiale.

La cappella di S. Giuseppe nella chiesa parrocchiale

sistemata e addobbata per il 19 marzo 2019.

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Processione col Santo Crocifisso per chiedere al Signore il dono della pioggia

Nella chiesa di S. Bernardino

Monizione del Parroco dettata a braccio all’inizio della celebrazione in chiesa par-rocchialeViviamo questo momento penitenziale, invocando dal Signore il dono della pioggia, tanto necessario ai nostri campi e alla nostra vita. Come ho già avuto modo di dire, non sono sufficienti le riflessioni, i dibattiti e l’assunzione di stili di vita che intendano custo-dire il creato. Noi cristiani possiamo offrire qualche cosa in più, che è la preghiera. Il momento di questa sera non ha nulla di esoterico o di scaramantico, ma è un momento di intensa preghiera dal carattere penitenziale, sapendo, come dice la Scrittura, che Dio fa piovere sui buoni e sui cattivi, per cui noi, riconoscendoci peccatori, invochiamo il suo perdono.

Esortazione del Parroco pronunciata a braccio al termine della processione (chiesa di San Bernardino)

Abbiamo compiuto questo breve percorso accompagnando Gesù Crocifisso. E’ un crocifisso del ‘400 che la nostra comunità parrocchiale ha venerato spesso nei momenti di difficoltà: non solo durante la siccità, ma anche quando il cielo sembrava non volesse più chiudersi. Lo ha venerato anche quando la peste mieteva le sue vittime tra la nostra gente. E così, di generazione in generazione, si ripete ciò che troviamo scritto nel vange-lo di Giovanni – e che leggeremo anche la sera del venerdì santo – laddove l’evangelista – citando il profeta Zaccaria – dice: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno tra-

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fitto”. Sembra una contraddizione, perché davvero noi abbiamo trafitto il Signore. Però non abbiamo un altro luogo ove fissa-re lo sguardo se non sulle piaghe di Colui che abbiamo trafitto. E proprio perché lo abbiamo trafitto e non si è vendicato ma ci ha ripagato col dono di tutto se stesso è l’unico luogo su cui i nostri occhi si posso-no posare con sicurezza, con la certezza di essere avvolti dalla sua misericordia.

Noi lo abbiamo fatto oggi, guardando il Crocifisso, volgendo il nostro sguardo verso di Lui, per chiedere il dono della pioggia. Noi non sappiamo se il Signore ci concederà nei prossimi giorni questo dono, non lo sappiamo. Però abbiamo posto ai suoi piedi questo nostro desiderio, questo nostro bisogno, memori delle parole del Vangelo: “Bus-sate e vi sarà aperto; chiedete e otterrete…”. Noi siamo quelli che credono nell’ef-ficacia della preghiera, che non è però una realtà “automatica”; l’efficacia non significa “automatismo”, ma ci spinge a vivere una fede matura, che è confidenza. Se la fede non diventa confidenza, che supera anche i risultati immediati che vorremmo ottenere con la nostra preghiera, questa fede rimane poco matura. Forse mi aspettavo un po’ di gente in più – benché non siamo in pochi! – questa sera. Ma forse, forse, siamo così at-tanagliati dal secolarismo al punto che non riusciamo più a capire queste cose. So anche che qualcuno è venuto con un po’ di aria di sufficienza. Qualcuno per un po’ di snobi-smo non è venuto affatto. Però noi siamo qui e spero di aver tradotto nei vostri cuori il senso del nostro essere qui. Il Signore fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, fa piovere anche sugli ingrati, dice sempre il Vangelo. Ci accolga il Signore nella sua misericordia. Ci faccia diventare un popolo sensibile, un popolo che sa trovare ancora nella preghiera e nella supplica la sua forza interiore. Un popolo che si stringe intorno alla croce sempre: nei momenti di gioia e nei momenti di sofferenza. Ave, o croce, unica speranza! come dicevano gli antichi, i quali dicevano anche: “Stat crux dum volvitur orbis”. La croce sta ferma, mentre il mondo va avanti nei suoi rivolgimenti. E chi sta ancorato alla croce sta fermo anche lui, altrimenti viene travolto. Chiediamo al Signore di ascoltare la nostra umile preghiera e di introdurci sempre più nel mistero della croce e di farcelo vivere con gratitudine. Ora riceviamo la benedizione con la reliquia della santa Croce e al termine della celebrazione, chi lo desidera potrà venire a baciare il Crocifisso. Nei cesti dei due ministranti possiamo deporre la nostra offerta, frutto dei nostri sacrifici quaresimali, così come abbiamo fatto al termine della Via Crucis dei venerdì di quaresima. Essa sarà de-stinata alla Carità del Vescovo di questa quaresima, che come già sapete consiste nella costruzione di un dormitorio per i senzatetto presso la parrocchia dell’Ausiliatrice in Lodi.

Al termine di Via Garibaldi.

A lato. Suggestiva immagine del crocifisso in chiesa parrocchiale, prima dell'avvio della processione.

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I SACRAMENTI DEI NOSTRI RAGAZZIPrima Confessione: domenica 12 maggio,

ore 15.00, in chiesa parrocchialePrima Comunione: domenica 26 maggio,

ore 11.00, in chiesa parrocchialeCresima: domenica: 2 giugno,

solennità di Pentecoste, ore 18.00, in chiesa parrocchiale.

Vita di Parrocchia

Ripresa del tema dell’anno pastorale Mercoledì 15 maggio, ore 21.00, all’Annunciata: Dalla religione alla fede. Il cammino di Fedor Dostojevskij (1821 / 1881). "... e mi pare che volesse guardarmi nell'anima".

*** Interviene don Pierluigi Bolzoni, parroco di Guardamiglio

Mercoledì 22 maggio, ore 21.00, all’Annunciata: Dalla religione alla fede. La fede che agisce per mezzo della carità. I laici e l’animazione cristiana delle realtà temporali.

*** Interviene il dott. Giuseppe Migliorini, presidente diocesano del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale e presidente della Cooperativa Sociale “Sollicitudo”.

Chiusura Dell’anno CatechisticoDomenica 9 giugno, Solennità di Pen-tecoste, alle ore 10.30: S. Messa di chiusura dell’Anno Catechistico, anima-ta dalle tre corali parrocchiali.

Festa Della Madonna Di San Bernardino Giovedì 16, venerdì 17, sabato 18 maggio, ore 21.00, in San Bernardino: Santo Rosario Domenica 19, ore 11.00 Santa Messa solenne, preceduta dalla benedizione dei mezzi agricoli.

Solenne adorazione eucaristica annuale Giovedì 20 giugno, ore 8.30: S. Messa, esposizione del Santissimo Sacramento fino alle ore 21.00, cele-brazione dei Vespri e benedizione Eucaristica.Venerdì 21 giugno, ore 8.30: S. Messa, esposizione del Santissimo Sacramento fino alle ore 21.00, cele-brazione dei Vespri, adorazione notturna.Sabato 22 giugno, ore 8.30: S. Messa, esposizione del Santissimo Sacramento fino alle ore 17.30, Ve-spri, S. Messa festiva di vigiliaDomenica 23 giugno, Solennità del Corpus Domini, ore 8.30: S. Messa, esposizione del Santissimo Sa-cramento fino alle ore 20.00. Ore 20.30: S. Messa solenne e processione Eucaristica (sono sospese le S. Messe delle ore 9.45, 11.00 e 18.00).

LA VITA DI PARROCCHIA CONTINUA

Mese di MaggioDa giovedì 2 a giovedì 30 maggio, sa-bati e domeniche esclusi: S. Rosario nei cortili, secondo il programma che sarà reso noto.

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Vita di Oratorio

Campo giovanissimi Verona

Dal 27 al 29 dicembre scorso si è svolto a Verona il consueto campo invernale per i gio-vanissimi. In tutto tra giovanissimi e catechisti eravamo in 25, alloggiati presso la casa religiosa San Leonardo. Il campo è stato breve ma intenso, giorni ricchi di incontri e di visite alla città.

Le giornate erano scandite da momenti di preghiera e dalla celebrazione dell’Eucarestia. Il tema del campo era lo scoprire e vivere le proprie emozioni e la propria affettività in modo bello ed equilibrato come ci insegna il vangelo.Ci hanno aiutato in questo percorso oltre ai catechisti, degli educatori “esperti” della diocesi di Verona, con momenti di incontro, dove i ragazzi potevano con semplicità e libertà confrontarsi con gli adulti.

Oltre a questi momenti formativi abbiamo visitato: il duomo del 1200 circa dedicato a Santa Maria Matricolare, dove all’interno è conservata la famosa Pala dell’Assunta di Tiziano; il battistero di S. Giovanni in Fonte, poi di seguito l’Arena, Piazza delle Erbe, e Piazza Bra e tanti altri importanti monumenti.Come al campo invernale dello scorso anno, abbiamo avuto la fortuna di passare un po-meriggio presso l’alloggio casa Nazareth, dove vivono delle suore che ospitano persone con fragilità fisiche e psichiche. Non sono mancate le serate di giochi e divertimento.Abbiamo trascorso giorni all’insegna della preghiera e della riflessione, dell’amicizia e di una buona e bella convivialità!

Filippo Forni

Giovanissimi ed educatori.

I giovanissimi con gli ospiti di Casa Nazareth.

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Vita di Oratorio

“Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo”. Queste le parole di san Giovanni Bosco che sintetizzano la festa nel ricordo di questo santo sacerdote patrono dei giovani. Domenica 27 gennaio è stata celebrata la S. Messa in onore di san Giovan-ni Bosco, dove don Manuel, nell’omelia ha ricordato il grande impegno che Giovanni-no, dopo il sogno fatto a nove anni, si è preso: portare i ragazzi a Dio. La sua missione non è stata per nulla semplice, anzi, don Bosco dovette affrontare parecchie difficoltà; ma a sostenerlo in questa missione è stata la “Maestra”, la Madonna. Attorno a don Bosco, dopo un’iniziale fatica, hanno iniziato a radunarsi la domenica molti poveri, ra-gazzi in cerca di lavoro, orfani o abbandonati della Torino dell’800. Questi giovani, dalla sua testimonianza di vita hanno tratto forza, coraggio e aiuto per affrontare le difficoltà e crescere secondo la Parola del Vangelo nel segno dell’allegria.

Festa di San Giovanni Bosco 2019 Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo

Festa di S. Giovanni Bosco. Pizzata e tombola.

Dopo la celebrazione dell’Eucarestia, i ragazzi hanno partecipato al consueto momen-to della catechesi che anche don Bosco teneva alla domenica per i bambini e i ragazzi. Il pomeriggio è stato animato dalla presenza del Mago Magicus che ha rallegrato i bambini presenti portando un po’ di magia in oratorio. La festa si è prolungata fino a sabato 2 febbraio, dove, insieme alle mamme del gruppo lavoretti e alcuni genitori, è stata organizzata una pizzata e tombolata per tutti i bambini.

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Festa di S. Giovanni Bosco. Al termine della tombolata.

Festa di S. Giovanni Bosco. Momenti di gioco.

Fin dal pomeriggio c’è stato fermento nel preparare la sala polivalente per accogliere i 130 bambini iscritti. Un successo anche per quest’anno, che ha visto coinvolti parecchi bambini, ragazzi ma anche adulti che si sono resi disponibili, chi per una cosa chi per l’altra, a rendere queste giornate speciali. Grazie don Bosco per queste possibilità che ancora ci dai, ricordando nella gioia quanto hai fatto per i tuoi giovani.

Grazie amico di Dio che con la tua vita ci hai donato un esempio da imitare, seguendo sempre la Parola di Gesù, annunciandola con la gioia di chi sa di aver trovato un gran-de tesoro… Dio.

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Come da tradizione, prima del tempo quaresimale, è solito festeggiare il carnevale: in-fatti il termine “carnevale” deriva dal latino carnem levare – ovvero, letteralmente, “pri-varsi della carne” – che si riferiva all’ultimo banchetto che tradizionalmente si teneva l’ultimo giorno prima di entrare nel periodo di Quaresima e quindi nel “martedì grasso” che precedeva il “mercoledì delle ceneri”. Maschere, coriandoli e stelle filanti hanno fatto da cornice a questa festa amata dai più piccoli ma anche dai più grandi. Anche il nostro oratorio ha voluto partecipare alla sfilata per le vie del paese che si è svolta nel pomeriggio di Domenica 3 marzo, naturalmente grazie all’aiuto di chi ha dedicato del proprio tempo per allestire i due carri preparati per l’occasione. Il tema scelto è stato quello dei personaggi della Disney a ricordo dei 90 anni compiuti da Topolino, perso-naggio nato dalla mano del disegnatore più famoso al mondo Walt Disney. Inoltre, una novità ha accompagnato la sfilata: un carro pensato e ideato dai genitori dei bambini che frequentano la scuola dell’infanzia parrocchiale Maddalena di Canossa. Piccoli e grandi astronauti hanno solcato le vie di Castiglione con un carro pensato per spiccare il volo... verso l'infinito e oltre!

Oltre questa bellissima giornata passata insieme, non poteva mancare la tradizionale festa in oratorio il martedì grasso. Molti bambini con i loro genitori si sono presentati nel pomeriggio in oratorio, dove, dopo un primo momento di animazione, il pomeriggio si è prolungato tra lanci di coriandoli e deliziose frittelle. Il pomeriggio di festa si è poi

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Festa di Carnevale

I presenti alla festa di Carnevale.

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concluso con un gioco particolare che ha coinvolto tutti, piccoli e grandi: “Ripulisci l’o-ratorio”. Armati di sacchi e tanta buona volontà i bambini hanno recuperato i coriandoli sparsi per il salone in una gara mozzafiato!! Al termine, la giuria ha assegnato il premio a tutti i concorrenti, visto la buona volontà e l’impegno. e così anche un altro carnevale è volato via.

Rimarranno nei ricordi queste due giornate di giochi e di festa che hanno aperto le porte al grande tempo della Quaresima in attesa della Santa Pasqua.

Vita di Oratorio

I più ... grandi, dopo la sfilata dei carri. Ma il leone ... chi sarà mai.

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Solidarietà - Per te mi spendo

Per_te_mi_spendo, foto di gruppo.

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Vita di Oratorio

Festa dei Cresimandi

“Give me fire – Ricevi il sigillo dello Spirito”

Questo è stato il titolo della festa dei cresimandi, che si è svolta il 17 marzo 2019 al Pala Castellotti di Lodi. Così anche noi di Castiglione d’Adda abbiamo accolto l’invito del no-stro Vescovo Maurizio e abbiamo partecipato a questo appuntamento insieme a tutti i ragazzi della diocesi di Lodi. La festa ha avuto il suo centro attorno al brano degli Atti de-gli Apostoli, dove si racconta l’episodio della Pentecoste, il momento in cui gli apostoli di Gesù hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo. Perciò, attraverso le parole del Vescovo Maurizio e grazie alla testimonianza di un catecumeno africano i cresimandi hanno avuto la possibilità di riflettere quanto sia grande e quale valore abbia nella vita di un cristiano il sacramento della Confermazione, che tra poche settimane loro riceveranno. Infatti, i sette doni dello Spirito Santo, che abbiamo ricordato durante il momento di festa, sono gli strumenti con cui il cristiano porta la testimonianza di Gesù e del suo Vangelo negli ambienti che quotidianamente abita. Non sono mancate nel corso del pomeriggio pa-rentesi più dinamiche, in cui abbiamo potuto vivere anche attraverso il ballo e il canto la bellezza del sacramento della Cresima. Inoltre, per non lasciarci scoraggiare dalle diffi-coltà, che incontriamo lungo il percorso, è venuto in aiuto il bellissimo inno della festa: “HD – una vita ad alta definizione con lo Spirito Santo”. Con Gesù non c’è spazio per le scorciatoie e per le mezze misure, Lui pensa in grande per la vita di ciascuno di noi e per i nostri sogni, dandoci così la possibilità di vivere una “vita ad alta definizione”. Al termine dell’incontro siamo poi tornati a Castiglione, felici per il pomeriggio di festa trascorso insieme a tanti ragazzi della diocesi di Lodi e consapevoli del regalo più prezioso, che ogni cresimando riceverà: il dono dello Spirito Santo.

Laura Torresani

I cresimandi col vescovo Maurizio. I cresimandi di Castiglione con gli altri amici delle parrocchie della diocesi.

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Vita di Oratorio

Pellegrinaggio a Roma dei Quattordicenni in vista della Professione di Fede

ON _ LIFE: SULLE ORME DI PIETRO E PAOLO

Essere on_life e non off_life! Con questo invito il nostro vescovo Maurizio ha esortato i ragazzi della professione di fede (14enni) durante la Messa di apertura del pellegri-naggio a Roma. I ragazzi sono stati invitati a fare in modo che la loro vita non sia spen-ta, non sia ferma su se stessa, chiusa dalle paure e dalle difficoltà della vita moderna bensì frizzante, gioiosa e aperta alla vita; una vita, quindi, non spenta, non OFF_LIFE ma accesa, pronta, ON_LIFE. Abbiamo così iniziato la nostra visita della Città Eterna consapevoli di trasmettere ai luoghi e alle persone incontrate la freschezza e la vitalità del nostro essere cristiani e dopo aver visitato la basilica di San Paolo fuori le mura ci siamo diretti verso i nostri alberghi dove abbiamo trascorsa una serata all’insegna di giochi e divertimento. Il giorno seguente è iniziata la nostra vera e propria visita per Roma tra i Fori e i maggiori monumenti della Roma antica.

Giunti alla basilica di San Giovanni in Laterano, abbiamo celebrato la Messa e i ragazzi sono stati invitati da Don Enrico Bastia, direttore della Pastorale giovanile diocesana, a testimoniare la loro cresima, la loro maturità cristiana come portatori di un profumo inebriante, carico di vita; don Enrico, usando una metafora, ha definito questo profu-mo di Cristo attraverso lo slogan “Acqua di Gio’” per indicare come questo profumo deve essere giovane, spontaneo e che sappia trasmettere la giovinezza della loro età, senza paure o titubanze. La giornata è poi proseguita all’insegna del divertimento e

In piazza San Pietro.

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Vita di Oratorio

dello stupore visitando vie, monumenti e chiese bellissime. La domenica, infine, ultimo giorno del nostro pellegrinaggio, è stata dedicata alla visita di San Pietro e dei luoghi ad essa vicini. Abbiamo cele-brato la Santa messa presso l’altare della Cattedra di San Pietro, sotto la famosissi-ma vetrata raffigurante la colomba, sim-bolo dello Spirito Santo donato da Cristo alla Sua Chiesa. La celebrazione è stata presieduta da S.E.R. Mons. Rino Fisichel-la, originario di Codogno e tuttora Presi-dente del Pontificio Consiglio per la Pro-mozione della Nuova Evangelizzazione. Il Vescovo Fisichella, commentando il brano evangelico del Padre misericordio-so, ha stimolato i ragazzi a non demorde-re nel loro cammino di fede, a non deviare i loro passi dalla strada che hanno iniziato a percorre dopo il sacramento della Cresima, di non sentirsi mai arrivati alla meta finale e di non fermarsi a tappe intermedie, statiche, in cui la loro vocazione viene soffoca-ta dalle paure e dalla vita. Infine, al termine della celebrazione, Mons. Fisichella ha accompagnato i circa trecento ragazzi sulla tomba di Pietro dove essi hanno potuto professare la loro Fede recitando il Credo.

Nella basilica di S. Paolo fuori le Mura col vescovo Maurizio.

I sacerdoti lodigiani che hanno accompaganto i 14enni nella sacrestia della basilica di S. Pietro con Mons. Fisichella.

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Sono state giornate intense e frenetiche ma ricche di divertimento e gioia dove i ragazzi hanno potuto esprimere vera-mente se stessi senza condizionamenti e distrazioni. Al momento delle celebrazio-ni non sembrava ma, alla fine di questo pellegrinaggio, mi sono accorto di quan-to siamo stati fortunati ad aver celebrato nelle tre basiliche papali, poiché abbiamo ripercorso il cammino dei nostri antenati nella fede, là dove tutto è iniziato, là dove i primi apostoli hanno professato la loro fede con la testimonianza e il martirio e, innalzando a Dio il nostro ringraziamento attraverso la celebrazione dell’Eucarestia, penso che abbiamo fatto ciò che i primi testimoni facevano con le prime comunità:

Abbiamo portato Cristo alle genti con la nostra testimonianza e da lui abbiamo attin-to il nostro cibo spirituale.

Matteo Vailati Facchini

Davanti alla basilica di S. Giovanni in Laterano.

Nella basilica di S. Pietro con Mons. Fisichella (si intravede il card. Rivera Carrera di Città del Messico).

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Vita di Oratorio

Sulla scorta della positiva esperienza vis-suta in occasione delle precedenti visite da parte del Gruppo Lavoretti presso l’I-stituto Milani, è stato organizzato, in col-laborazione con le operatrici della casa di riposo, nella giornata di domenica 31 marzo, un laboratorio creativo in oratorio, nel quale bambini ed anziani potessero incontrarsi e “lavorare insieme”.

Trascorrere del tempo insieme, in uno spazio comune, impegnandosi in semplici attività creative, rappresenta indubbia-mente una valida opportunità di appren-dimento intergenerazionale a tutti gli ef-fetti.

Se da una parte gli anziani traggono be-neficio da questa esperienza ed aumen-tano la loro autostima, poiché vengono stimolati dalla curiosità e dalla vivacità dei bambini, dall’altra i bambini, dal can-to loro, apprendono valori di altruismo, apertura, attenzione e rispetto verso l’al-tro, che li aiutano a contrastare l’indiffe-renza che spesso caratterizza la società attuale.

Grazie allora a tutti i partecipanti, anziani, bambini, educatrici , volontari e famiglie dei bambini, che hanno saputo mettersi in gioco con flessibilità, contribuendo a creare un clima caldo e positivo.

Cecilia Coldani

GRUPPO LAVORETTI Anziani e bambini insieme:

un’opportunità educativa innovativa

I ragazzi dei lavoretti con gli ospiti dell'Istituto Milani in oratorio.

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Padre Enrico Uggè e il Sinodo Panamazzonico dei Vescovi”Pubblichiamo una parte dell’articolo

apparso su Mondo e Missione del marzo 2019

Missionari Castiglionesi

Padre Enrico mentre amministra il battesimo.

IL MISSIONARIO dei Sateré Mawé (di Giorgio Bernardelli dal Rio Andirà – Amazzonia Brasile).

Attracca con la barca e sulla sponda compaiono subito i bambini. Del resto è un po’ difficile passare inosservati in un villaggio come Simễo, spuntato all’improvviso dopo l’ennesima ansa del fiume. E lo diventa ancor di più se ci arrivi in compagnia del missionario del Pime che ha cambiato la sorte dei sateré mawé, uno tra i 305 popoli dell’Amazzonia brasiliana. Lodigiano di Castiglione d’Adda, 76 anni compiuti, è dal 1971 che padre Enrico Uggé spende la sua vita tra gli indios della diocesi di Parintins. «Quando arrivai il vescovo Arcangelo Cerqua mi disse: “Ci sono dei villaggi che da più di quarant’anni nessuno visita, vedi tu che cosa riesci a fare…” ». Con una barchetta cominciò a risalire il Rio Andirà da Barreirinha fino alle più piccole comunità. Da allora sono cambiati i motori (oggi un po’ più potenti e veloci, grazie al cielo), ma di villaggi padre Enrico continua ad averne decine, sempre avanti indietro lungo quel fiume. E la sua è una storia emblematica di un po’ tutta la pastorale indigena in Amazzonia e delle sfide intorno alle quali il Sinodo voluto da Papa Francesco sarà chiamato a confrontarsi.

Erano un popolo che stava scomparendo i sateré mawé quando arrivò padre Enrico erano riamasti poco più di un migliaio, abbandonati a se stessi e minacciati da chi

li imbrogliava con qualche amaca in cambio delle loro terre. «C’erano anche grossi problemi di salute – ricorda Uggé -, soprattutto la tubercolosi e il morbillo che uccidevano i bambini. La prima missione per me è stata prendermene cura. Ne parlai anche con un giudice a Parintins che mi rispose: ma sono brasiliani? Sono state parole come queste a spingermi ad amarli sempre di più». Erano già cristiani i sateré mawé e non solo sulla carta. «Avevano delle cappelline di fango e in argilla – racconta il missionario -. Nel Seicento qui i gesuiti avevano dato vita agli aldeamentos, missioni tra gli indios

molto simili alle reduciones (le realtà raccontate dal film Mission, ndr). Dopo però che i gesuiti furono cacciati le presenze missionarie furono sempre sporadiche. Eppure quando sono arrivato io alcuni cantavano ancora le litanie in latino. Un giorno li ho visti frugare nella mia valigetta per la Messa. “Volevamo sapere se eri un missionario vero – mi hanno detto -. Abbiamo visto che nella tua valigetta c’è il necessario, c’è

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Missionari Castiglionesi

Padre Enrico con alcuni ragazzi indigeni.

il calice della Messa: proprio come ci avevano detto i nostri anziani”». Arrivare dove Dio c’è già, ma abita anche dentro tanti aspetti delle loro culture tradizionali. «Mi sono posto subito la questione del significato dei loro riti e delle loro leggende – spiega padre Uggé -. Se io missionario parlo di Dio loro pensano a Tupana, l’essere supremo della loro cultura. E io devo conoscere l’idea che hanno di Dio insieme a tanti altri aspetti della loro visione del mondo. Così con un’anziana andavo di villaggio in villaggio a raccogliere i loro racconti che abbiamo inciso su alcuni nastri. Non pensate però a un’intervista: ci vuole tempo, il momento giusto, perché loro rivivono quello che raccontano». Da questi incontri è cominciata la rinascita dei sateré mawé. «Ho detto loro: la vostra arma non è litigare con il commerciante che vi vende quattro lampadine per un cesto di farina. Dovete imparare a leggere e scrivere, per capire il mondo che arriva dal fiume. All’inizio ho mandato qualche ragazzo a studiare a Barreirinha; poi questi sono diventati i maestri. Con il tuxawa Donato, uno dei loro capi, abbiamo pensato a creare un posto dove i sateré mawé possano sentirsi a casa, studiare la propria lingua ma impare anche tutto ciò che serve loro per sentirsi come gli altri quando vanno in città, senza vergognarsi di essere indios».Ha festeggiato l’anno scorso i trent’anni di vita la Scuola indigena San Pedro, un posto dove si imparano le tecniche agricole ma anche la matematica e il portoghese. Partì con trenta adolescenti; oggi tra gli interni che dormono qui con l’amaca perché il villaggio è troppo lontano e quelli che arrivano ogni mattina con la canoa sono diventati più di duecento. Più o meno la stessa crescita che ha conosciuto il popolo sateré mawé, oggi dieci volte più numeroso di quarant’anni fa. Un passaggio decisivo è avvenuto negli anni Ottanta, quando gli indios del rio Andirà, insieme a padre Uggé, hanno ottenuto dal governo del Brasile il riconoscimento dei diritti delle loro terre.

Oggi la loro è quindi un’area indigena garantita: sulla carta nessuno può venire a sfruttare questo territorio. Ma l’equilibrio resta lo stesso delicato perché ci sono nuove

insidie che oggi si chiamano alcol, droga e tanto altro che arriva comunque fin qui. È proprio il tuxawa Donato a raccontarci la sua preoccupazione per i giovani. «Molti giovani non si rendono conto dei pericoli – spiega -. Finiscono per prendere per oro colato tutto quanto arriva dal fiume e questo non giusto. Non voglio che la mia gente si lasci andare al vizio dell’alcol o al fatalismo». Ecco perché

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Missionari Castiglionesi

la Scuola San Pedro resta un luogo importante. Seguiamo il tuxawa sotto la grande tettoia, dove ci aspettano per la rappresentazione della leggenda del guaranà, il frutto sacro per questa cultura indigena. Ma ci si prepara anche alla tucandeira, il rito di iniziazione maschile per l’ingresso nell’età adulta: una prova di forza e di coraggio che consiste nell’indossare un guanto riempito di formiche velenose, accompagnati da una danza rituale. Anche padre Enrico è accanto agli adolescenti che compiono questo rito. «Hanno fatto degli studi sul veleno: è doloroso ma rafforza il sistema immunitario – commenta -. La stessa scienza si sta accorgendo che c’è una saggezza profonda dentro a queste tradizioni…». La tucandeira più impegnativa – oggi, per questi ragazzi – ha però a che fare con le “formiche” di cui parlava il tuxawa Donato. La sfida del rapporto tra la tradizione e la modernità che si affaccia in Amazzonia, con le sue opportunità ma anche tante contraddizioni. «Gli anziani vengono da me e dicono: le affidiamo i nostri figli – racconta padre Uggé -, noi oggi non riusciamo più a trasmettere i valori della nostra tradizione». Come non lasciarsi schiacciare? Sarà uno dei grandi temi del Sinodo di ottobre, per il quale il missionario del Rio Andirà ha comunque in testa una priorità chiara. La capiamo quando ci porta alla sera in chiesa a celebrare la Messa coi suoi ragazzi; varchiamo la Porta della Misericordia – voluta da padre Enrico perché «il Giubileo doveva arrivare anche tra i sateré mawé» - e inizia la celebrazione su un altare che ha anche il guaranà raffigurato sulla tovaglia. «L’evangelizzazione deve fare un passo più consistente per portare l’eucaristia in queste comunità – spiega -, Gesù ci ha detto: fate questo in memoria di me. Ma se il prete ha decine di villaggi distanti tra loro ore di barca e viene solo qualche volta all’anno come si fa? Dobbiamo trovare una strada. […].

Intanto il missionario del Pime si è portato avanti costruendo tante chiesette in muratura nei villaggi. «Perché l’eucaristia ha bisogno di un posto bello – si infervora -. Certo, anche in una prigione si può dire Messa, ma non siamo al tempo delle catacombe. La gente ha bisogno di vedere la propria fede». Le immagini sulle pareti le dipinge lui con i racconti della vita di Gesù che si intrecciano con i miti dei sateré mawé del resto non sono pescatori anche loro? Senza perdere di vista, però, la novità portata da Gesù; a sostituire il vino dell’eucaristia con il succo del guaranà – per esempio – padre Enrico non ci pensa proprio: «Nemmeno loro lo vogliono. Dicono: Gesù ci ha dato il pane e il vino, se ha fatto così lo rispettiamo. È un segno di unità per tutti i popoli. E poi la Messa non è solo l’offerta di un cibo, è il mistero di Gesù che si compie sulla Croce». Però dal Sinodo lui la svolta di una Chiesa dal volto amazzonico se l’aspetta. «Al Concilio di Gerusalemme Paolo e Pietro discutevano, ma poi si sono detti: bene, che cosa facciamo? Ecco, l’importante è che non finisca dicendo: dobbiamo parlarne ancora… Al Concilio di Efeso c’era un popolo che fremeva fuori quando hanno proclamato Maria come la Theotokos, la Madre di Dio. La stessa attesa c’è oggi in Amazzonia».

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Ricordiamoli

Don Virginio Rho

Nato a Corno Giovine il 20 luglio 1925, è stato ordinato sacerdote il 3 giugno 1950. Vicario parrocchiale al suo paese di origine, nel 1952 è venuto a Castiglione con lo stesso incarico, che ha esercitato per diciannove anni. Nel giugno 1971 è stato nominato parroco di Vittadone e nel luglio 1974 di Mairago. Ha retto questa parrocchia fino al luglio 2011. Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita al paese che gli ha dato i natali, Corno Giovane, in qualità di collaboratore pastorale. E’ passato al Signore il 16 dicembre 2018.

Trascriviamo di seguito il suo testamento spirituale.Nel momento di lasciare questo mondo per venire a Te, Signore, sento il dovere di dirti Grazie.

Grazie, o Signore, per il bel dono della vita. Grazie per il dono della fede in Te. Grazie per essere nato in una famiglia veramente cristiana, formata da buoni genitori che hanno fatto tremendi sacrifici per allevare ben 7 figli. Grazie per il dono della vocazione sacerdotale nata in famiglia e in Parrocchia, animata da ottimi Parroci e Sacerdoti, Suore e persone impegnate in varie attività. Grazie per il breve tempo sacerdotale vissuto nel mio paese di Cornogiovine, assistendo il mio venerato e amato Parroco Mons. A Lazzarini. Un grazie generoso per i quasi 20 anni vissuti nel bel e vivace paese di Castiglione d’Adda, sia nell’oratorio con tanti bravi giovani e ragazzi, come poi nel servizio dell’Incoronata. Qui ho vissuto e gustato veramente il mio Sacerdozio, unito ai vari Parroci e Coadiutori, specialmente nelle belle e varie cerimonie religiose, seguite attivamente dai fedeli. Grazie anche per il breve tempo vissuto a Vittadone. Anche qui ho trovato tanta brava gente. Un grazie per i più di 30 anni vissuti qui a Mairago. Anche qui ho vissuto il mio Sacerdozio donandomi ai fedeli e portandoli a Te, Signore. Mi hanno tanto aiutato. A tutti dico: grazie. Dal cielo pregherò per tutti voi. Ma, o Signore, davanti a tutte queste soddisfazioni ci saranno state delle inadempienze. Signore, mi umilio davanti a Te. Ti chiedo perdono con tutto il cuore. Dimostrami, Signore, la tua misericordia e prendimi nel tuo regno, nel quale ho sempre sperato.

Dele iniquitatem meam

don Virginio Rho

Mairago, 5 agosto 1994

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Musical

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A partire da Sabato 13 AprilePressoBar Oratorio San LuigiCastiglione d'Adda

Orari INFO-POINT “Sister A CasTion”

Sabato 13 Aprile – dalle 18.00 alle 19.00Domenica 14 Aprile – dalle 10.30 alle 12.00Martedì 23 Aprile – dalle 18.00 alle 19.00Sabato 27 Aprile – dalle 18.00 alle 19.00Domenica 28 Aprile – dalle 10.30 alle 12.00Sabato 4 Maggio – dalle 18.00 alle 19.00Domenica 5 Maggio – dalle 10.30 alle 12.00

INFO-POINT & PRENOTAZIONI

INFO-POINT & PRENOTAZIONI

Parrocchia dell'Assunzione della

Gruppo Oratorio

Beata Vergine Maria

San Luigi

LEO - : 333 465 90 64ANGELO - : 335 728 09 65CARLO - : 331 353 70 26

LEO - : 333 465 90 64ANGELO - : 335 728 09 65CARLO - : 331 353 70 26

Parrocchia dell'Assunzione della

SISTERA CasTion

SISTERA CasTion

presentano

Sabato 11 maggio - Ore 20.30

(Ingresso a partire dalle ore 19.45)

Sala Giovanni Paolo II

Oratorio di Castiglione d’Adda

Gruppo Oratorio Beata Vergine Maria

San Luigi

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SUL RETRO ALTRE INFO!VUOI SAPERNE DI PIÙ???

SUL RETRO ALTRE INFO!

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20 gennaio 2019Sofia CremoneSi di Silver e Elisa Gervasi

17 marzo 2019Gabriele SCano di Stefano e Ilaria Museo ed enea DraGoni di Matteo e Chiara Conca

17 febbraio 2019Vittoria luCChini

di Gionatan e Silvia Iachetti

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Giuseppina Raimondi29.07.195226.01.2019

Mario Palazzini30.08.192624.01.2019

Teresa Goldaniga18.03.193326.01.2019

Ferruccio Fiorentini27.03.1954 05.01.2019

Andrea Fusari14.07.193614.01.2019

Antonia Baroni21.12.1938 05.01.2019

Antonio Bianchi19.07.1965 26.12.2018

Giovanni Alberto Molinari 11.03.194026.12.2018

Alfonso Labadini14.09.193611.12.2018

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Angelo Zoppi05.03.195824.03.2019

Luisa Lulli04.07.195724.03.2019

Teresa Ciussani12.11.194320.03.2019

Giuseppa Tavazzi19.11.192313.03.2019

Emilia Bianchi01.06.196214.03.2019

Giulia Domenica Boselli18.11.193824.02.2019

Giacomina Peccenati22.05.192120.02.2019

Mauro Claudio Manzoni24.07.196515.02.2019

Francesco Pedrazzini14.02.193901.02.2019

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