Memoriale - 29 Luglio 1984 - La Boschetta Di Vicchio

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 2 2 9 9  L L u u g g l l i i o o  1 1 9 9 8 8 4 4  La Boschetta di Vicchio B BRE V VE  M ME M MO O R RIA A L LE  PREMESSA Scrivo queste poche righe senza velleità alcuna, solo per provare a mettere in fila idee, pensieri e ragionamenti relativi del delitto del 29 Luglio 1984 in cui persero la vita Pia Rontini e Claudio Stefanacci. Non ho elementi nuovi da presentare: ciò che scrivo è basato solo sui dati reperibili su blog, tv e forum, foto disponibili in rete, test personali, sopralluoghi e parole espresse da persone che, pur essendo completamente estranee ai fatti, hanno visto questi avvenimenti accadere nella loro terra. Ho letto vari blog, l’intero thread dedicato del forum mostrodifirenze.forumup.it , articoli di giornale dell’epoca, commenti, libri, opinioni trovate sul web… e sono arrivato a un’unica conclusione, chiara e indiscutibile: si è detto tutto e il contrario di tutto. Ho letto opinioni completamente contrastanti, dati teoricamente ufficiali che si contraddicono, ricostruzioni improbabili quando non impossibili, conclusioni basate sul nulla e dati palesemente sbagliati. Da questo groviglio ho provato a tirare fuori una soluzione che mi sembrasse lineare e plausibile, ma non è stato facile. Per questa ragione molte delle conclusioni alle quali sono giunto restano evidentemente discutibili. E’ grazie soprattutto ai blog Calibro22 e Insufficenzadiprove, gli unici veramente dettagliati, che ho potuto reperire la gran parte dei dati e delle immagini. Per questa ragione ringrazio sentitamente i rispettivi amministratori che spero non me ne vogliano se ‘rubato’ loro qualche piccola informazione. A buon rendere, semmai sarà possibile. Ovviamente le ricostruzioni sono figlie della mia fervida fantasia, ed è probabile che non corrispondano in alcun modo al vero. Per aggiustare il tiro sarà perciò necessario che chi può smonti o integri queste ricostruzioni in modo da avvicinarsi a un quadro quanto più possibile veritiero. Ci sono tuttavia alcune basi dalle quali parto, opinioni personalissime che non metto in discussione in queste poche righe, che sono le seguenti: per quel che mi riguarda, la serie dei duplici omicidi è stata compiuta da un unico soggetto, maschio, destrimane, che si è servito di un’unica pistola. Mi spingo anche a dire che abbia utilizzato un unico caricatore per ciascun delitto. E, sempre personalissima opinione, non sono ancora del tutto certo che il delitto del 1968 possa essere attribuito al Mostro di Firenze, inteso come la persona che ha sparato alle successive sette coppie di ragazzi (con opzione dubitativa sull’omicidio del 1983 a Giogoli). Per cui nei miei ragionamenti tendo momentaneamente ad escluderlo dalla serie. In ultimo non sono completamente convinto della teoria dei Compagni di Merende  (che oltretutto viene automaticamente esclusa se si accetta la teoria del killer unico) e ho ragionato ipotizzando che non fosse Pietro Pacciani a impugnare la pistola Calibro 22. Per il resto ho sempre argomentato cercando di rimanere quanto più possibile neutrale e prediligendo l’aspetto umano della vicenda, quello delle famiglie straziate da tali scempi e quello

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2299 LLuug g lliioo 11998844 

La Boschetta di Vicchio

BBRREEVVEE MMEEMMOORRIIAALLEE 

PREMESSAScrivo queste poche righe senza velleità alcuna, solo per provare a mettere in fila idee, pensieri eragionamenti relativi del delitto del 29 Luglio 1984 in cui persero la vita Pia Rontini e Claudio

Stefanacci.Non ho elementi nuovi da presentare: ciò che scrivo è basato solo sui dati reperibili su blog, tv eforum, foto disponibili in rete, test personali, sopralluoghi e parole espresse da persone che, puressendo completamente estranee ai fatti, hanno visto questi avvenimenti accadere nella loro terra.Ho letto vari blog, l’intero thread dedicato del forum mostrodifirenze.forumup.it, articoli di giornaledell’epoca, commenti, libri, opinioni trovate sul web… e sono arrivato a un’unica conclusione,chiara e indiscutibile: si è detto tutto e il contrario di tutto. Ho letto opinioni completamentecontrastanti, dati teoricamente ufficiali che si contraddicono, ricostruzioni improbabili quandonon impossibili, conclusioni basate sul nulla e dati palesemente sbagliati. Da questo groviglio hoprovato a tirare fuori una soluzione che mi sembrasse lineare e plausibile, ma non è stato facile.Per questa ragione molte delle conclusioni alle quali sono giunto restano evidentementediscutibili.E’ grazie soprattutto ai blog Calibro22 e Insufficenzadiprove, gli unici veramente dettagliati, che hopotuto reperire la gran parte dei dati e delle immagini. Per questa ragione ringrazio sentitamente irispettivi amministratori che spero non me ne vogliano se ‘rubato’ loro qualche piccolainformazione. A buon rendere, semmai sarà possibile.Ovviamente le ricostruzioni sono figlie della mia fervida fantasia, ed è probabile che noncorrispondano in alcun modo al vero. Per aggiustare il tiro sarà perciò necessario che chi puòsmonti o integri queste ricostruzioni in modo da avvicinarsi a un quadro quanto più possibileveritiero.Ci sono tuttavia alcune basi dalle quali parto, opinioni personalissime che non metto indiscussione in queste poche righe, che sono le seguenti: per quel che mi riguarda, la serie deiduplici omicidi è stata compiuta da un unico soggetto, maschio, destrimane, che si è servito diun’unica pistola. Mi spingo anche a dire che abbia utilizzato un unico caricatore per ciascundelitto. E, sempre personalissima opinione, non sono ancora del tutto certo che il delitto del 1968possa essere attribuito al Mostro di Firenze, inteso come la persona che ha sparato alle successivesette coppie di ragazzi (con opzione dubitativa sull’omicidio del 1983 a Giogoli). Per cui nei mieiragionamenti tendo momentaneamente ad escluderlo dalla serie. In ultimo non sonocompletamente convinto della teoria dei Compagni di Merende (che oltretutto vieneautomaticamente esclusa se si accetta la teoria del killer unico) e ho ragionato ipotizzando che nonfosse Pietro Pacciani a impugnare la pistola Calibro 22.Per il resto ho sempre argomentato cercando di rimanere quanto più possibile neutrale eprediligendo l’aspetto umano della vicenda, quello delle famiglie straziate da tali scempi e quello

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di una terra – quella fiorentina – tenuta in scacco per 20 anni da un pazzo che ha privato i giovanidella libertà di amarsi serenamente.

PIA E CLAUDIOPia Gilda Rontini era nata a Copenaghen il 26 Maggio 1966 e

risiedeva a in Via Carducci a Vicchio di Mugello con lamadre Winnie Kristensen Dalgaard, il padre Renzo e lasorellastra Marzia, figlia del primo matrimonio del padre. Si era diplomata in lingue e, all’inizio del 1984, si era recatain Danimarca, paese natio suo e della madre, per frequentareuna scuola di cucina della durata di quattro mesi.Rientrata in Italia nella primavera del 1984, dal 1’ Luglioaveva iniziato a lavorare presso il bar “La Nuova Spiaggia”,oggi “Baraonda”, situato nei pressi della stazione ferroviariadi Vicchio e gestito da amici di famiglia dei coniugi Rontini.

Svolgeva per lo più il turno serale, fra le 19:00 e le 1:00 dinotte, ma nei giorni di fine mese aveva intensificato lapresenza a causa di un collega in ferie (secondo altre fonti ilcollega era malato). Quanto al suo lavoro, sembra che allasignora Ingrid Von Pflugk Harttung (amica di famigliaconosciuta da Pia durante la permanenza danese di pochimesi prima), Pia abbia confessato di sentirsi scontenta dilavorare in quel locale, perché lo considerava un luogofrequentato da gente di una certa età e di scarso livelloculturale e dove le venivano rivolte battute e doppi sensi anche volgari, come troppo spesso

accade in Toscana.Faceva parte della Vicchio Folk Band, per la quale ricopriva il ruolo di majorette e con la qualegirava paesi e città in occasione delle molteplici esibizioni. In merito sembra che nei primi anni ’80(1982 o 1983) la banda si fosse recata anche a Mercatale Val di Pesa, paese in cui abitava PietroPacciani.Pia si era legata sentimentalmente a Claudio fin dall’adolescenza: stando alle testimonianze nientefaceva pensare che la coppia attraversasse un momento di crisi o che i ragazzi potessero avererelazioni parallele.Il padre di Pia, Renzo, terzogenito dei quattro figli di Ferruccio Rontini, pittore post-macchiaiolodi fama internazionale, era nato il 16 Ottobre 1930. Dopo un primo matrimonio dal quale era natala figlia Marzia (in seguito sposatasi con Giovanni Spinoso, giornalista RAI sfiorato dalle vicendeprocessuali degli anni ‘90), si era sposato nuovamente con Winnie Kristensen, conosciuta inDanimarca mentre vi si trovava per lavoro (per anni è stato capitano di macchina di unacompagnia di navigazione danese), dalla quale aveva avuto la figlia Pia Gilda. Renzo era semprestato molto legato alla figlia, tant’è che dopo la sua scomparsa ha caparbiamente perseverato nellaricerca della verità sul suo assassinio, compromettendo la propria vita su vari fronti. Al momentodel delitto, Renzo Rontini era un meccanico navale estremamente apprezzato, tanto da esserchiamato in quasi tutto il mondo per riparare imbarcazioni in avaria. Questo tipo di lavoro glipermetteva di vivere abbastanza agiatamente, pur mancando di tanto in tanto da casa e recandosisovente a Livorno dove lavorava (sembra che per un periodo sia stato proprietario di un cantierenavale) e aveva alcuni parenti, soprattutto in conseguenza al fatto che il padre vi aveva vissuto alungo. Per sua stessa ammissione, quando possibile, attendeva sua figlia al termine del turno albar per riaccompagnarla a casa, discorrendo nel frattempo con gli amici.

Pia Gilda Rontini

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Claudio Stefanacci era nato a Vicchio il 19 Luglio 1963 ed eraiscritto alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze. Risiedeva con lafamiglia a Vicchio di Mugello lungo Corso del Popolo, nei pressidell’esercizio di elettrodomestici di famiglia, che conduceva incollaborazione con la madre e con i fratelli Luca e Sauro. Eraorfano di padre, vittima di un incidente stradale, e anche per

questa ragione si divideva fra lo studio e l’esercizio di famiglia.Trascorre il tardo pomeriggio del 29 Luglio a casa in compagniadel fratello Sauro, assistendo alle gare olimpiche: dopo cena lostesso fratello esce da casa intorno alle 21:15, secondo alcunetestimonianze incrociando Pia che sta sopraggiungendo, e lasciaClaudio solo in casa ad attendere l’arrivo della fidanzata.Se tali testimonianze corrispondono al vero, Sauro Stefanacci èstata l’ultima persona ad aver visto Pia e Claudio prima chevenissero aggrediti.

SITUAZIONE COMPLESSIVA, GIORNO E LUOGO DEL DELITTOVicchio del Mugello è un piccolo comune dell’Appennino, che vanta i natali di Giotto e BeatoAngelico, oltre ad aver apprezzato il paziente operato di Don Lorenzo Milani.Nel 1984 era un modesto agglomerato di stampo soprattutto rurale, come pressoché tutto ilMugello. Contava circa 6.000 abitanti, suddivisi fra il capoluogo e le frazioni che costellanol’ampio territorio aperto che gli fa da contorno. A livello esclusivamente demografico era vicino aiminimi del secolo, perché negli anni ’60 e ’70 le valli del Mugello si erano progressivamente

spopolate a causa dell’abbandono delle campagne, che i giovani lasciavano alla volta della città,dov’era possibile lavorare con meno fatica, minore orario e maggiore retribuzione. Per questaragione la media anagrafica era un po’ spostata in avanti, le condizioni sociali discrete ma i redditimedi rimanevano relativamente bassi e il costo della vita era ben lontano da quello della vicinaFirenze.

Anche per queste ragioni Vicchio èun luogo che non ha maiconosciuto grandi problemi dicriminalità e malavita, tanto che ilduplice omicidio di Pia e Claudio

resta ancora l’omicidiocontemporaneo più efferato.Nel 1984 a Vicchio paese tutticonoscono tutti, i ragazzi siritrovano al bar “Stellini” di PiazzaGiotto, la piazza centrale. Accantoal bar, sulla destra, c’era (e c’è) ilnegozio di elettrodomestici gestitodalla famiglia Stefanacci, cheabitava a breve distanza dalproprio esercizio, lungo Corso delPopolo, la strada che taglia in due

il paese e lambisce Piazza Giotto, sino a diventare Via Carducci, lungo la quale risiedeva Pia conla propria famiglia.

Piazza Giotto: il bar “Stellini” e, a sinistra, il negozio della famiglia Stefanacci

Claudio Stefanacci

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Il 29 Luglio 1984 è un caldo giorno d’estate, che ha registrato una temperatura massima superioreai 32°, salvo poi ridiscendere intorno i 25° al calar del sole, che tramonta intorno alle 19:40lasciando spazio al crepuscolo, che termina intorno alle 21:15. Non si tratta però di una notte dinovilunio, benché l’oscurità fosse pressoché totale, dato che il ciclo lunare era iniziato il 28 Luglio,giorno precedente al delitto.Sono dunque queste le condizioni che si presentano il 29 luglio alla Boschetta di Vicchio:

temperatura mite e buio pesto. E’ opportuno ricordare che quello del 1984 è a mio parere l’unicodelitto che viene compiuto alla vigilia di un giorno lavorativo: tutti gli altri avvengono di venerdì(1983 e forse 1985), sabato (1974, giugno 1981, 1982) e giovedì (ottobre 1981), vigilia di unosciopero generale. L’unico altro delitto ufficialmente compiuto in un giorno pre-feriale è quellodel 1985 (domenica 8 Settembre) che, anche secondo considerazioni ampiamente trattate da altri,relative soprattutto all’avanzato stato di degrado in cui furono trovati i cadaveri, potrebbe essereda anticiparsi a venerdì o al massimo sabato.La Boschetta di Vicchio si trova a circa 60 metri dalla Strada Provinciale n. 41 denominata‘Sagginalese’, nel tratto compreso fra Ponte a Vicchio e Dicomano, a una distanza di circa 3,2 Kmda Ponte a Vicchio in direzione Dicomano.

Per arrivarvi è necessario percorrere un tratto di strada sterrata, che oggi ha un tracciatoleggermente diverso da quello del 1984, e che inizia con uno spiazzo dov’è possibile fare manovracon un’auto, sia adesso che allora. E’ qui che presumibilmente Claudio ha invertito la rotta dellapropria Panda, percorrendo l’ultimo tratto a retromarcia.La strada sterrata ha lunghezza totale di circa 60 metri e larghezza di circa 3,00 mt, e termina nelpunto in cui era posteggiata l’auto dei ragazzi. Alle spalle c’è solo la folta vegetazione che delimital’adiacente campo agricolo sino a ridosso del bastione della ferrovia, che dista circa 50 metri dalluogo dell’aggressione.In quel punto la strada ferrata è soprelevata rispetto al campo sottostante e s’immette in una brevegalleria della lunghezza totale di circa 180 metri in direzione Vicchio.Circa 30-40 metri più avanti rispetto all’innesto fra la strada sterrata che conduce al luogo deldelitto e la S.P. ‘Sagginalese’, sulla sinistra per chi la percorre verso Dicomano, è presente un’altrastrada sterrata che raggiunge il fiume Sieve, lo guada, e prosegue sulla sponda opposta fra i campisino a raggiungere la S.S. 551 “Traversa del Mugello” all’altezza dell’Azienda Agricola “Il Forteto”,l’attraversa e sale sul versante opposto sino a raggiungere Ampinana, il luogo di cui era originarioPietro Pacciani.

 La S.P. ‘Sagginalese’ come appare

arrivando da Vicchio: a destra

l’ingresso nella piazzola, più avanti a

sinistra la stradina che porta alla Sieve,

dove potrebbe aver parcheggiato il

maniaco.

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 A circa 200 metri dal luogo del delitto, senza ostacoli visivi, è presente un’abitazione posta lungola S.P. ‘Sagginalese’, nella quale al momento del duplice omicidio sembra vivesse un’anzianasignora che era andata a letto verso le 21:00 senza sentire più nulla.Raggiungendo la piazzola, sulla destra per chi la osserva, c’è una collinetta che domina la zona: èda lì che sono state scattate le fotografie dell’epoca che appaiono più alte rispetto all’auto. Il corpo

di Pia viene estratto dall’auto e trascinato nell’attiguo campo di erba medica, a una distanza dicirca 7 metri dal veicolo e una quota di non più di un metro più in basso.Nel 1984 il luogo del delitto era leggermente diverso da come si presenta adesso: dopo averlasciato la provinciale era presente uno spiazzo in cui era possibile fare manovra ma da cui non sivedeva la piazzola dell’aggressione. Da tale spiazzo ripartiva la strada sterrata, che, dopo untratto leggermente curvilineo a destra, si concludeva nel luogo in cui è stata ritrovata la Fiat Pandadi Claudio: la vegetazione era folta e rigogliosa, tanto che l’auto rimaneva seminascosta alla vistadalla provinciale.

Osservando la conformazionedella strada, soprattutto la

parte terminale per come sipresentava nel 1984, si puòconcludere che probabilmenteall’epoca aveva la solafunzione di accogliere coppiein cerca di intimità. Infatti,superata la prima piazzoladalla quale oggi si diparte untratturo che taglia il campo eporta alla vicina casa, ilpercorso terminava (etermina) a ridosso dellavegetazione, senza condurreda nessun’altra parte. Nonserviva (né serve) perconsentire accesso ai campiper i mezzi agricoli, nonproseguiva e non raggiungeva

la ferrovia, distante 50 metri. Non vedo dunque altre funzioni se non quella di riparare da sguardiindiscreti le auto in cerca di intimità.

29 LUGLIO 1984Alle 9:00 del mattino di domenica 29 Luglio 1984 Pia Rontini prende servizio al bar della stazionedi Vicchio, in Via Beato Angelico. Solitamente lavora solo fra le 19:00 e le 1:00, ma inquell’occasione sostituisce un collega e vi si reca anche al mattino, poco dopo le 9:00 (secondoalcune fonti intorno alle 9:10, secondo altre alle 9:30). Smonta alle ore 12:00, con la prospettiva dirientrare alle 17:00 e terminare a tarda notte. Nemmeno sua madre sembra conoscere l’orario dirientro, tant’è che in una deposizione processuale riferisce “non sapevo a che ora sarebbe tornata

  perché mancava questo collega, invece alle 8:05 - 8:10 era a casa”, usando la parola ‘invece’ che fapensare ipotizzasse un rientro più tardo.Intorno alle 13:00 Pia colloquia con la signora Luciana, alla quale racconta di aver acquistato uncostume da bagno giacché due giorni dopo si sarebbe recata al mare sulla riviera romagnola.

Luogo del delitto

La piazzola della Boschetta, pressappoco come appariva nel 1984

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Torna a casa, pranza con i genitori e con lo zio Piero Manetti, sbriga alcune faccende assieme allamadre ed esce intorno alle 16:00 circa per recarsi da Claudio. Prima di uscire il padre le chiede sepuò portargli una birra fresca, e lei lo accontenta, rincasando pochi minuti più tardi in compagniadel fidanzato e con la bibita (arriva probabilmente a piedi in Piazza Giotto, incontra Claudio,compra da bere al bar ‘Stellini’ e torna a casa). Dopodiché i due ragazzi escono nuovamenteintorno alle 16:10.

A questo punto si inserisce la testimonianza del Sig. Bardazzi, meglio specificata di seguito, chesostiene di aver visto Pia e Claudio presso il proprio esercizio (una tavola calda in Loc. La Torre, fraBorgo San Lorenzo e San Piero a Sieve, a 10 km da Vicchio) intorno alle 16:45.Alle 16:50 Pia rientra in casa e si cambial’abito, preparandosi per recarsi a lavoro.Poco dopo viene accompagnata in auto albar dai genitori e dallo zio, che sitrattengono ancora qualche minuto perprendere un caffè, mentre Pia ha giàpreso servizio. Dopodiché la salutano e il

padre accompagna la moglie a casa, perpoi partire alla volta di Livorno doveaccompagna il cognato Piero Manetti.Pia rimane a lavoro fino alle 20:20 circa,quando viene anticipatamente congedatadal proprietario che non ha bisogno di leiper la serata. [Questo dettaglio è daconsiderarsi assai importante, perché contrasta con l’ipotesi di un delitto

 premeditato e architettato per essere eseguito

  proprio quel giorno, attribuendogli uncontorno di maggiore casualità. Va tuttaviaspecificato che, secondo altre testimonianze, Pia aveva cambiato turno scegliendo quello del pomeriggio per cenare con Claudio, ma questa ipotesi non trova molti riscontri. E’ un’ipotesi che potrebbe tuttavia esserecollegata alle parole di tale Manuela, collega di lavoro di Pia, che riferì “non sono stata io a chiedere a PiaRontini di scambiarmi il turno di lavoro ma è stata la Pia Rontini che ha chiesto a me di fargli il turnoserale in modo che lei fosse libera il pomeriggio”]. Sempre intorno alle 20:20 la madre Winnie, “visto che la Pia non tornava da lavorare” (comedichiarerà il 6 Agosto 1984 alle forze dell’ordine), decide di cenare: la ragazza rientra invece pochiminuti più tardi, verso le 20:30, giusto il tempo di raggiungere l’abitazione a piedi.

Dalle parole di Winnie Rontini verrebbe da pensare che attendesse il ritorno della figlia per l’oradella cena, mentre in tribunale, come già detto, aveva usato espressioni che farebbero pensareipotizzasse un rientro più tardo.Inoltre, sempre durante la deposizione processuale, a 10 anni di distanza, parla di rientro intornoalle 20:05-20:10, mentre in un’intervista al giornale La Città del 1’ Agosto 1984 aveva parlato delle20:30, confermando tale orario anche nella deposizione alle forze dell’ordine del 6 Agosto 1984).La ragazza, forse stanca della lunga giornata di lavoro (pare che avesse lavorato molto anche neigiorni precedenti), non sembra intenzionata a uscire: nonostante ciò, su insistenza della madre,intorno alle 21:10 si avvia a piedi e raggiunge l’abitazione di Claudio, che dista poche centinaia dimetri, percorsi probabilmente in meno di cinque minuti.

Qui, secondo alcune testimonianze, incrocia un fratello di Claudio, Sauro, che sta uscendo da casalasciando Claudio solo: non sono, infatti, presenti né la madre né l’altro fratello Luca,rispettivamente a Cesena da alcuni parenti e al mare con gli amici. Da questo momento non cisono più testimonianze sui movimenti dei ragazzi sino al loro rinvenimento.

 Il bar ‘La Nuova Spiaggia’ dove lavorava Pia, oggi ‘Baraonda’

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A questo punto ci sarebbe da domandarsi per quale motivo Pia e Claudio, soli in casa, decidano diuscire per amoreggiare in macchina pur avendo l’abitazione a loro completa disposizione perfarlo. Sembra tuttavia che la madre di Claudio, Romana, avesse parlato di un suo rientro neldopocena, quindi forse temono di essere sorpresi dal suo improvviso ritorno e decidono di uscire.Ciò che è certo è che lasciano l’abitazione probabilmente intorno alle 21:20, salutano forse gli amicial Bar “Stellini” di Piazza Giotto e si dirigono verso La Boschetta - che dista circa 4,5 km – dove

arrivano pressappoco dopo dieci minuti d’auto. Alle 21:30 circa entrano nella strada senza sfondoche conduce a quello che sarà il luogo dell’aggressione: la Fiat Panda 30 Super di Claudio abboccala strada sterrata, fa presumibilmente manovra nello spiazzato immediatamente prossimo alla S.P.‘Sagginalese’, e percorre gli ultimi 30-40 metri a retromarcia, sino a fermarsi a ridosso dellavegetazione, dove la stradina termina. L’auto, a causa della vegetazione, è scarsamente visibileper chi proviene da Dicomano e completamente invisibile – perché coperta dalla collina – per chiarriva da Vicchio. Tuttavia, già dalle ore 21:25 la zona è immersa nella più completa oscurità, percui se non avesse avuto nessuna luce accesa, l’auto sarebbe stata completamente invisibile anche achi fosse provenuto da Dicomano.Intorno alle 21:45 un testimone che sta percorrendo in auto la S.P. ‘Sagginalese’ ode cinque colpi

di arma da fuoco, che riconosce senza ombra di dubbio perché esperto cacciatore. Taletestimonianza è avvalorata anche dalle parole di un'altra persona che, da posizione differente(sembra si trattasse di un contadino che stava lavorando il campo sul lato opposto del fiumeSieve, a bordo di un trattore), conferma di aver udito gli spari intorno alle 21:45. Ed è anche questol’orario al quale, secondo le perizie mediche, potrebbe essersi effettivamente consumato il delitto.Intorno alle 23:00 la madre di Claudio rincasa, notando che la Fiat Panda del figlio non èparcheggiata in P.zza Giotto, dove abitualmente rimane: attende sino alle 23:30 prima ditelefonare a Winnie Rontini, la madre di Pia, alla quale chiede dove si trovino i loro figli, manemmeno lei ne è a conoscenza (in un’intervista al quotidiano La Città del 1’ Agosto 1984 WinnieRontini parla a parti inverse, riferendo di essere uscita intorno alle 23:00 per recarsi in PiazzaGiotto con l’intenzione di parlare con la madre di Claudio). Così, dopo mezzanotte, dapprima sireca al bar per cercare informazioni presso gli amici, poi intorno alle 00:45 denuncia ai Carabinierila scomparsa dei ragazzi e sveglia Piero Becherini, amico di Claudio ed elettricista collaboratoredel loro esercizio di elettrodomestici, il quale inizia la ricerca con l’aiuto di alcuni amici tra cuiAldemaro Stellini, sino a rinvenirli in Loc. La Boschetta intorno alle 3:30 del mattino.Secondo altre testimonianze, invece, la presenza dei cadaveri sarebbe stata segnalata con unatelefonata anonima ricevuta dalle forze dell’ordine a notte fonda: tale circostanza, se vera,aprirebbe all’ipotesi che possa esser stato lo stesso omicida a effettuare la segnalazione. Un’altraeventuale persona che avesse potuto recarsi sul posto, infatti, non avrebbe visto potuto vedere icadaveri se non scendendo dall’auto, perché Claudio era steso sul pianale posteriore e Pia,provenendo dalla strada sterrata, era nascosta dalla vegetazione. E c’è da immaginare cheun’eventuale altra coppia sopraggiunta con l’intento di appartarsi avrebbe fatto manovra eabbandonato il luogo nel momento in cui si fosse accorta che era ‘occupato’.Secondo altre fonti sembra invece che una telefonata anonima abbia raggiunto la Caserma deiCarabinieri di Borgo San Lorenzo intorno alle 3:45 del mattino, avvisando della presenza deicadaveri in Loc. La Boschetta con un’espressione del tipo “venite subito in Vicchio in Loc. LaBoschetta, si son trovati due ragazzi morti!”. Tale espressione lessicale resta tuttavia equivoca, perchéla parola “venite” farebbe pensare che il chiamante si trovasse sul posto (altrimenti avrebbe detto“andate”), circostanza piuttosto improbabile perché, ad eccezione di una ricetrasmittente, nel 1984non era possibile comunicare dal luogo del delitto, e la telefonata sarebbe stato possibileeffettuarla solo da un apparecchio fisso.Secondo altre versioni ai Carabinieri di Borgo San Lorenzo sarebbe stato segnalato un incidentestradale avvenuto in Loc. La Boschetta, che secondo il chiamante – che si qualifica come tal Farina,

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fornaio della zona – avrebbe coinvolto un autocarro. Dalle indagini, tuttavia, non risulterà esserpresente alcun fornaio di nome Farina.Intorno alle 4:10 il luogo è raggiunto dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di Vicchio,cui si aggiunge il Comandante dei Carabinieri di Pontassieve alle 4:20 e il Magistrato PaoloCanessa alle 5:00 circa, che fa delimitare la zona del delitto.

LA TESTIMONIANZA DI BALDO BARDAZZIBaldo Bardazzi è il gestore pressoché trentenne di una tavola calda situata in Loc. La Torre, a duechilometri da Borgo San Lorenzo in direzione San Piero a Sieve, lungo la S.S. 551 ‘Traversa del

 Mugello’, nei pressi della zona industriale. Il locale dista poco più di 10 Km da Vicchio, percorribiliin circa 15 minuti d’auto.Nel pomeriggio del 29 Luglio, intorno alle 16:45, Baldo Bardazzi vede all’interno del propriolocale due ragazzi che successivamente riconoscerà con certezza come Pia e Claudio, i qualiordinano due panini (uno con arista e funghetti, l’altro con le cozze), una birra e una cocacola,consumandoli all’interno del locale.

Nel frattempo, pochi minuti dopo l’arrivo dei ragazzi, un avventore mai visto prima entra eordina una birra, sedendosi ai tavolini esterni e osservando insistentemente la coppia.Bardazzi descriverà l’avventore come una persona alta 175 cm, robusto, la faccia piena e i capellirossicci rasati, leggermente stempiato con la fronte ampia e un grosso anello al dito medio. Stantel’assenza di corse della corriera in quell’orario, supporrà che l’uomo potesse essere arrivato inauto, parcheggiandola lateralmente rispetto al locale giacché non se ne va con nessuna delle autosituate di fronte, nonostante la disponibilità di spazio che ha permesso anche a Claudio diaccostarvi la propria auto.

La descrive come una personadi 45-50 anni, distinta, sola e

ben vestita (con la cravatta),tanto da instillargli il sospettoche potesse trattarsi di unfinanziere in borghese cheosservava l’interno del bar perverificare che venisseroregolarmente emessi gliscontrini e raccomandare alpadre e alla sorella impegnatidietro al banco di emetterli.Tale persona, che Bardazziosserva con attenzione proprioper questa ragione, ordina unabirra e va a sedersi: la sorseggialentamente, almeno finché nonvede i ragazzi alzarsi perpagare il conto alla cassa. Poi labeve tutta d’un fiato e riporta il

calice al banco, rivolgendo loro uno sguardo intenso, truce e cattivo nell’attimo in cui li incrocia.All’interno del locale lavorano Baldo Bardazzi, sua nipote, sua sorella e suo padre. Baldo parleràdi questo evento solo con il padre, tanto che sorella e nipote, impegnate a fare altro, nemmeno siaccorgeranno di tale dinamica. Il giorno seguente, vedendo le foto della coppia uccisa sulgiornale, Bardazzi collegherà l’omicidio a quanto accaduto il giorno precedente, e si presenteràspontaneamente dai carabinieri.

La Tavola Calda di Baldo Bardazzi oggi

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Le forze dell’ordine chiederanno a Bardazzi di partecipare ai funerali delle vittime, con lasperanza di intravedere fra la folla l’avventore distinto che ha insistentemente osservato i ragazzi,ma il gestore della tavola calda non lo riconoscerà fra la marea umana che partecipa alle esequie.

Di Baldo Bardazzi vanno apprezzati l’onestà, la dedizione e la completa disponibilità messa adisposizione nel portare la propria testimonianza, nella speranza di contribuire alle indagini. Le

sue dichiarazioni, rese tre giorni dopo i fatti e durante i vari dibattimenti processuali, non sonomai state contraddittorie, anche se, con il passare del tempo, sono diventate comprensibilmentepiù vaghe e imprecise.In data 1 Agosto 1984 fa mettere a verbale che i due ragazzi, giunti a bordo di una Fiat Pandachiara, entrarono nel locale intorno alle 16:45 e vi si trattennero per una mezzora. Ilriconoscimento avvenne sulla base delle foto pubblicate sul giornale del giorno seguente al delitto,che Bardazzi associò ai due ragazzi entrati nel suo locale il giorno precedente.In seguito, durante il dibattimento del Luglio 1994, dieci anni esatti dopo il delitto, Bardazzi disseche i due ragazzi entrarono nel locale “nel primo pomeriggio, verso le quattro, le tre…” e vi rimasero“una decina di minuti”, pur mantenendo un ampio margine d’incertezza sugli orari, giustificato

dalla notevole distanza temporale trascorsa dall’accadimento dei fatti.Inoltre, nonostante fosse residente in Mugello, Bardazzi mostra scarsa conoscenza delle distanze,parlando di “4-5 km fra Borgo e Vicchio” (in realtà sono sette) e di 1,5 km fra Borgo e il locale(distanza questa giusta).A quei 1,5 Km vanno assommati quelli della lunghezza dell’abitato di Borgo San Lorenzo (circa 2Km) e quelli per raggiungere Vicchio (circa 7 Km) per un totale di poco più di 10 Km, che è ladistanza effettiva che separa Loc. La Torre da Piazza Giotto a Vicchio, percorribile in circa 15minuti di auto.

Il percorso da P.zza Giotto alla Tavola Calda di Baldo Bardazzi, lungo poco più di 10 Km

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In merito agli orari si esprimono anche i genitori di Pia, che sostengono che la ragazza abbialasciato Vicchio intorno alle 16:10 per farvi ritorno vero le 16:50, momento in cui l’hannoaccompagnata al bar per prendere servizio.Ciò che maggiormente contrasta fra le parole di Baldo Bardazzi (che nell’immediato sostiene che iragazzi fossero entrati nel locale intorno alle 16:45 e vi fossero rimasti per una mezzora) e quelledella famiglia Rontini (che sostiene che Pia sia rientrata a casa intorno alle 16:50 per poi essere

accompagnata al bar per le 17:00) è proprio lo scostamento temporale. Infatti, andando a ritrosodalle dichiarazioni dei Rontini, se i ragazzi fossero rientrati a Vicchio alle 16:50 significa chesarebbero partiti da La Torre alle 16:35. Nel caso in cui si fossero trattenuti nel locale una mezzora,vi sarebbero entrati alle 16:05, partendo da Vicchio alle 15:50, mentre Winnie Rontini sostiene chesino alle 16:10 Pia fosse ancora in casa. Di conseguenza, prendendo per buone le parole deiRontini, Pia e Claudio sarebbero rimasti nel locale 10 minuti fra le 16:25 e le 16:35, mentre standoalle parole di Bardazzi Pia sarebbe rientrata a Vicchio alle 17:30, ben mezzora più tardi rispetto almomento in cui avrebbe dovuto prendere servizio al bar.Un’altra perplessità riguarda proprio la destinazione, perché pare apparentemente illogico che Piae Claudio, avendo a disposizione poco più di 40 minuti, abbiano deciso di recarsi oltre Borgo San

Lorenzo, con la prospettiva di trascorrerne 30 in auto, per raggiungere un anonimo locale situatoai margini di una zona industriale lungo la strada statale. Ma si sa, a vent’anni certe piccole folliesono quasi un vanto.D’altro canto, se la persona distinta notata da Bardazzi fosse stata il maniaco significherebbe cheaveva osservato i ragazzi fin da Vicchio (sarebbe stata una circostanza a dir poco incredibilequella di giungere casualmente nello stesso locale pochi minuti dopo il loro arrivo!), per poi farviritorno seguendoli, temporeggiando fino a sera nella speranza che si appartassero. E anche questaipotesi non appare completamente lineare.Per contro va detto che la descrizione resa da Bardazzi si avvicinaad altre fornite in occasione dei delitti, e assomiglia anche adalcuni degli identikit prodotti. Non solo, stando alle dichiarazionidel Comandante dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo del 2maggio 1994, sembra che un uomo del tutto somigliante a quellodescritto da Bardazzi avesse importunato due colleghe di Pia ilsabato della settimana precedente a quella del delitto. Lo stessoBardazzi, in sede di deposizione processuale nel 1994, sostieneche sia stato stilato un identikit sulla base delle sue dichiarazioni,reso pubblico solo molti anni dopo.Va inoltre aggiunto che nel lasso di tempo fra le 16:10 e le 16:50(orari riferiti da Winnie Rontini) sussiste una sorta di “buco”nell’attività della Pia e Claudio, con nessuna testimonianza cheparli di una loro presenza da qualche parte se non quella di BaldoBardazzi. A questo va aggiunto che, nonostante l’eco mediaticodella testimonianza del gestore della tavola calda, nessuno si è maicostituito dicendo “ero io che sorseggiavo una birra quel pomeriggio inquel locale a La Torre”. Questo forse per timore di una possibile indagine approfondita che avrebbeatteso l’eventuale avventore che si fosse fatto avanti, o forse perché davvero quella persona avevaa che fare con le truci vicende del  Mostro di Firenze. Oppure si poteva trattare di uno stalker (altrosoggetto per niente interessato a raccontare della propria presenza nel locale di Bardazzi) che, purimportunando Pia e le sue colleghe, non aveva niente a che fare con il maniaco.Va infine precisato che le parole di Baldo Bardazzi divergono parzialmente da quelle di suopadre, che, quasi ottantenne, venne interrogato durante il processo e sostenne che il signoredistinto bevve una seconda birra, con calma, e che non fu così lesto ad avvicinarsi alla cassa.

 L’identikit reso da Baldo Bardazzi

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Inoltre, pur essendo un dettaglio che non fornisce prova, sembra che Baldo Bardazzi non abbiamai incontrato Renzo Rontini, che, nella sua quasi ossessiva e determinata ricerca della verità habattuto tutte le piste possibili che potessero portare a far luce sull’omicidio di sua figlia.

IL MOSTRO LI PRECEDE O LI SEGUE?

Questa è una domanda a cui non ho saputo dare risposta, o quantomeno non sono riuscito amettere insieme un quadro sufficientemente convincente per costruirmi un’opinione netta.Cominciamo col dire che quella sera la previsione iniziale di Pia non era quella di trovarsi allaBoschetta con il fidanzato: dapprima avrebbe dovuto essere a lavoro al bar, dopodiché,inaspettatamente congedata in anticipo, sarebbe probabilmente rimasta in casa se sua madre nonavesse insistito affinché uscisse. Paradossalmente, se alle parole della ragazza “sono stanca, non hovoglia di uscire” sua madre avesse risposto con “ma certo, rimani in casa stasera!”, quella notte Pia eClaudio non si sarebbero recati alla Boschetta.Questo conferisce un tratto di assoluta casualità alla loro presenza in quel posto e in quelmomento. Potrà dunque essere possibile che la ragazza fosse stata precedentemente individuata

(si ricordino la sua confessione ad un amica di famiglia danese sopra citata, o le parole di unamico di Pia, Mauro Poggiali, che nel 1993 sostenne di aver avuto la sensazione di essereripetutamente seguito da un’auto di colore amaranto mentre accompagnava Pia a casa da lavoro,sebbene il tratto fra il bar e l’abitazione della ragazza fosse di soli 750 metri), ma è difficilmentesostenibile l’ipotesi di un omicidio premeditato proprio per quella sera, come peraltro asserito inseguito da Giancarlo Lotti e più avanti descritto.Le ipotesi sono quindi due: o il mostro si recava sul luogo del delitto attendendo che una qualsiasicoppia si appartasse (si sa per certo che quel posto fosse frequentato anche da altre coppie oltrePia e Claudio), oppure studiava i movimenti dei due ragazzi cercando di capire in anticipo la lorointenzione di appartarsi (o qualcuno studiava la situazione per lui) e procedeva seguendoli fin sul

posto.La prima ipotesi comporta una scelta del tutto casuale delle vittime, la seconda l’individuazionepreliminare della coppia da colpire. Una terza ipotesi, amalgama delle precedenti, è valutata incalce alle prime due.

Iniziamo dalla prima:supponiamo che il maniaco sirechi alla Boschetta intorno alle21:20 di una sera qualsiasi,posteggi l’auto e raggiunga lapiazzola in pochi passi,andando a rimpiattarsi fra lafitta vegetazione prossima alluogo dell’aggressione,attendendo una coppiaqualsiasi. Potrebbe essersinascosto sulla collinetta adestra dell’auto, in modo daosservare dall’alto la coppia, oal margine del campo di erbamedica, nei pressi del punto incui trascinerà in seguito laragazza. Gli inquirenti hannoritenuto quest’ultima ipotesi La fitta vegetazione dove avrebbe potuto nascondersi il maniaco

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più credibile, in quanto c’era uno stretto sentiero, sufficiente appena al passaggio di una persona apiedi, che fiancheggiava la stradina sterrata fino al luogo in cui Claudio parcheggiò la Panda, marimanendo coperto dalla vegetazione che faceva da bordo alla stradina. Ipotizziamo che l’uomoattenda l’arrivo della prima coppia, scelga il momento opportuno, esca dalla vegetazione ecolpisca.Questa ipotesi è basata, come detto, sulla scelta del tutto casuale delle vittime, perché se avesse

studiato anche minimamente le abitudini di Pia e Claudio ne avrebbe desunto che la ragazzalavorava al bar per lo più la sera dopo cena, e quindi la probabilità che si appartassero incampagna nottetempo era piuttosto bassa. Ma la completa casualità nella scelta della coppia lasciapure qualche interrogativo, osservando i sei duplici omicidi che si sono susseguiti negli anni(escludendo il delitto del 1983 che ha coinvolto due uomini): l’assassino ha infatti sempre colpitouna coppia di giovani fidanzati: mai una coppia con relazione extraconiugale, mai una coppia alleprime frequentazioni, mai una coppia sposata presa da improvvisa passione, mai una coppiaoccasionale, mai una coppia con figli (ad eccezione del 1985, ma in questo caso i figli non eranodella coppia, ma di Nadine Mauriot), mai una prostituta con un cliente. E si sa, quando lecircostanze si fanno ripetitive, la casualità si manifesta con minore probabilità.

D’altro canto Pia e Claudio erano probabilmente soliti appartarsi alla Boschetta, e questo èdimostrato dal fatto che Claudio raggiunge la piazzola invertendo la marcia all’inizio del percorso(da cui non si vede la parte terminale, e quindi se fosse stata la prima volta che si fossero appartatilì sarebbe probabilmente entrato a muso avanti) e anche dalle ricerche condotte dall’amico PieroBecherini, che va a scovarli proprio in quel posto.Certo, è anche possibile che il maniaco si nascondesse fra le fronde tutte le sere nella speranza cheprima o poi proprio Claudio e Pia arrivassero, ma la probabilità di tornare a casa con le pive nelsacco era piuttosto elevata. Tutte le sere poi si fa per dire, perché come detto per lo più colpiva neigiorni prefestivi, durante il periodo caldo e con fasi lunari prossime al novilunio (nessuno deidelitti si è verificato in una notte di novilunio, seppur con scostamenti di pochi giorni, da 1 fino aun massimo di 7/8 nel caso del delitto del 1985) per cui l’attesa poteva risultare probabilmentevana. Senza considerare che una persona che con regolarità si reca nello stesso luogo alla stessaora, con il tempo rischia di dare nell’occhio.

Si può ipotizzare anche un mostro “in perlustrazione”, che percorra cioè in auto strade e stradinedi campagna, nelle ore serali, per avvistare coppiette che si appartino, grazie al balenare dei farinelle varie piazzole o all’accendersi della plafoniera nel buio della campagna. Alcuni delitti delmostro, soprattutto quello di Baccaiano del giugno 1982, farebbero pensare proprio che questafosse la sua tattica o almeno una delle sue tattiche. Come detto precedentemente, a fari spenti laPanda di Claudio sarebbe stata invisibile nella notte per chi si fosse trovato a percorrere la stradaprovinciale, ma durante la manovra a marcia indietro o nei momenti in cui la plafoniera eraaccesa, la si sarebbe scorta benissimo. Sempre dall’esame del delitto di Baccaiano, in cui PaoloMainardi fu completamente sorpreso dall’assassino, ci si chiede come abbia potuto il mostroavvicinarsi all’auto del Mainardi facendosi luce con una torcia o qualcosa di simile senza che ilMainardi se ne fosse minimamente accorto. Pertanto diventa molto plausibile lo scenario secondocui il mostro attendeva l’accendersi della plafoniera all’interno dell’auto. In quel modo lui da fuorivedeva benissimo ciò che accadeva dentro, mentre i ragazzi, da dentro, non vedevano nulla diquanto poteva accadere nell’oscurità che avvolgeva la loro auto. Si tratta di un’ipotesi da nonsottovalutare, perché i ragazzi furono uccisi proprio mentre si stavano spogliando, un momentonel quale è plausibile che tengano la plafoniera accesa per vedere come sistemare al meglio i sedili(la Panda era molto versatile da quel punto di vista) e dopo riporre gli abiti.

Va infine ricordato che, per quanto non dimostri niente, l’ipotesi che il maniaco anticipasse levittime è sostenuta anche dal profilo stilato dall’FBI di Quantico, secondo cui “l'aggressore

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  precedeva le sue vittime sulla scena del delitto allo scopo di acquisire una posizione di vantaggio per osservare ed udire le vittime”. Analizziamo ora la seconda ipotesi, quella secondo cui il mostro individua la coppia e la segue. Agiudicare dal momento in cui l’assale (pochi minuti dopo il loro arrivo) c’è da pensare che li abbiaseguiti fin da Vicchio, colpendoli entro 10-15 minuti da quando avevano posteggiato l’auto.

Questo potrebbe significare che ha osservato i movimenti dei ragazzi – o anche solo quelli di Piavisto che Claudio si è trattenuto a casa sino al momento in cui si sono recati alla Boschetta – fin daVicchio. Poteva dunque essersi appostato nei pressi dell’abitazione di Claudio o di Pia, oppurenelle vicinanze del bar dove la ragazza lavorava, a due passi dalla stazione ferroviaria di Vicchio.Personalmente tenderei a valutare meno probabile l’ipotesi che potesse attenderli nei pressi delleabitazioni, per motivi prettamente logistici: la strada su cui si affacciava l’abitazione di Pia, ViaCarducci, è stretta e – oggi – a senso unico in direzione della strada statale. Era dunque rischiosofermare l’auto proprio nei pressi dell’abitazione, perché lo spazio è piuttosto limitato e perché unosconosciuto sarebbe stato quasi sicuramente notato, mentre non si rilevano segnalazioni in talsenso.

Altrettanto vale per l’abitazione di Claudio, perché si trovava a due passi da Piazza Giotto, lapiazza centrale del paese dove ragazzi e amici si ritrovavano. Tutte persone che probabilmenteconoscevano Pia e Claudio, vuoi per il ristretto numero di ragazzi residenti a Vicchio, vuoi ancheperché il negozio presso cui lavorava il ragazzo è proprio accanto al bar. Era perciò altrettantorischioso per un estraneo (sempre che di estraneo si trattasse) aspettare nei pressi della piazzasenza dare nell’occhio.Dunque concluderei, seguendo esclusivamente un personale ragionamento logico, che il posto piùconveniente per osservare i movimenti di Pia potesse essere nei pressi del bar della stazione. Eraevidentemente più facile confondersi fra le persone che gravitano intorno a un bar posto lungo lastrada principale di tutto il Mugello e a due passi da una fermata ferroviaria dove vacanzieri del

finesettimana rientravano dalla Riviera o dalla Versilia, agevolmente raggiungibili con quel treno.Va tuttavia precisato che attendere che Pia uscisse dal bar non significava automaticamente che sisarebbe appartata con Claudio (cosa invece più probabile se avesse aspettato il momento in cuilasciavano le rispettive abitazioni), ma comportava il doversi spostare in altro luogo in attesa che iragazzi uscissero insieme a bordo della Fiat Panda. Oppure recarsi direttamente alla Boschettasperando che sopraggiungessero, come vedremo nella terza ipotesi.Questo castello di ipotesi ruota intorno al fatto che, laddove avesse individuato quella coppia, neconoscesse un minimo le abitudini. Dunque il maniaco potrebbe aver notato Pia che usciva dalbar, essersi spostato in un altro posto non troppo centrale (es. nei pressi di Ponte a Vicchio) e poiaver atteso che la Panda sfilasse per poterla seguire con qualche attimo di ritardo, senzacomparire negli specchietti retrovisori. Oppure qualcuno del luogo, che, vedendo Pia uscire, abbiacomunicato al maniaco “i ragazzi stanno andando alla Boschetta”, ma questo, come dicevamo, nel1984 comportava che ‘osservatore’ e maniaco si trovassero entrambi nei pressi di un apparecchiotelefonico.L’ipotesi che seguisse Pia e Claudio fin sul luogo dell’aggressione chiama in causa anche il luogodove possa aver parcheggiato l’auto. Se si considera che fra l’arrivo dei ragazzi e l’assalto delmaniaco sono probabilmente trascorsi pochi minuti, viene da pensare che si trattasse di un postoabbastanza vicino alla piazzola. Probabilmente il luogo più sicuro e meno visibile era la stradinasterrata che dalla S.P. ‘Sagginalese’ scende alla Sieve, che può essere raggiunto senza essere vistidal luogo dell’aggressione e permette di nascondere opportunamente un’auto.Vanno tuttavia valutate le ipotesi che avesse fermato l’auto a ridosso della Panda di Claudio(illuminando la zona con i fari) e che avesse posteggiato nella prima piazzola che si incontra allaBoschetta, percorrendo l’ultimo tratto a piedi. La prima ipotesi mi sembra la meno verosimile,perché è abbastanza probabile che i ragazzi siano stati colti di sorpresa, e di sicuro un’auto che si

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ferma di fronte alla loro (dalla quale scende qualcuno che si avvicina) annulla il fattore sorpresa.Meno inverosimile invece quella che il mezzo fosse fermo nella prima piazzola: tuttavia, alconfronto con la stradina che scende alla Sieve, quello è un posto ben più visibile dalla strada.Pertanto potrebbe esser stato rischioso fermare l’auto lì, perché se qualcuno fosse passato mentreil maniaco stava operando (com’è effettivamente successo con il testimone che ha udito gli spari)avrebbe potuto riconoscere il modello d’auto, con il rischio di essere successivamente individuata.

Per questa serie di ragioni, a mio parere, l’auto del maniaco era ferma nella stradina sterrata checonduce al guado della Sieve.Il tutto ipotizzando che si spostasse in automobile, perché, se l’avesse fatto con un ciclomotore,qualsiasi posto sarebbe stato buono.

C’è tuttavia una terza ipotesi – amalgama delle precedenti - che personalmente mi appare la piùconvincente, seppur non supportata da alcun riscontro oggettivo. E cioè che il maniaco, scelta lacoppia e osservati i movimenti di Pia, l’abbia effettivamente preceduta sul luogo dell’aggressione,rimpiattandosi nella vegetazione prima che sopraggiungessero. Sostanzialmente, una volta notatoche la ragazza aveva lasciato il bar, potrebbe essersi recato alla Boschetta sperando nell’arrivo

della Fiat Panda celeste che sapeva essere di Claudio e della quale poteva eventualmenteconoscere la targa. Potrebbe aver parcheggiato il mezzo nella stradina che scende alla Sieve e poiessersi nascosto fra le fronde che circondavano la piazzola, in un punto che gli permettesse diosservare l’interno dell’auto: o sulla collinetta a destra, in modo da osservare dall’alto la coppia,oppure al margine del campo di erba medica, nei pressi del punto in cui trascinerà in seguito laragazza. Personalmente propendo per la seconda ipotesi, perché la collinetta a destra permettevasì di posizionarsi più in alto rispetto al piano stradale, ma forse troppo in alto per osservare imovimenti all’interno dell’auto, nascosti dal ‘tetto’ della Panda. Infatti, se si osserva la fotoprecedente, si vedrà che la vegetazione alla base della collinetta è piuttosto bassa, e quindiprobabilmente non sufficiente a nascondere un corpo. Non solo, scendendo dalla collinettaavrebbe avuto un tratto più lungo da percorrere (dovendo anche aggirare l’auto) e avrebbe fattopiù rumore avvicinandosi ai ragazzi, riducendo l’effetto sorpresa.Peraltro la Panda ha raggiunto la piazzola in retromarcia, illuminando la strada con la fioca luceposteriore, che permette a malapena di vedere dove si va: paradossalmente se vi fosse arrivato amarcia avanti, magari con i fari abbaglianti accesi, il maniaco avrebbe maggiormente rischiato diessere visto.A quest’ultima ipotesi potrebbe eventualmente legarsi il presunto rinvenimento – a Badia aBovino, a circa 3 Km di distanza dal luogo del delitto, dove Pacciani aveva in affitto una colonicanegli anni ‘70 - da parte di Flavio Graziano di un tubicino di metallo che conteneva un fogliettocon la scritta “Coppia Vic. FI D35067 ” (in cui FI D35067 è la targa della Panda di Claudio ), scrittocon calligrafia potrebbe essere quella di Pietro Pacciani, aprendo anche all’ipotesi che fossequest’ultimo a individuare le coppie da colpire o da suggerire al materiale esecutore.Questa circostanza – sulla quale personalmente rimango scettico - resta comunque assai fumosa econtroversa (tanto che nel 2003 il PM Canessa chiese il rinvio a giudizio per frode processuale efavoreggiamento per Giovanni Spinoso – cognato di Pia – in concorso proprio con FlavioGraziano, conclusosi con l’assoluzione) e non è chiaro se il foglietto sia originale o scrittosuccessivamente.

In ogni caso Pia e Claudio hanno probabilmente lasciato Piazza Giotto a bordo della Fiat Pandaceleste, percorrendo dapprima Corso del Popolo, proseguendo per Via Carducci e passando difronte alla villa in cui abitava Pia, per poi scendere sino alla S.S. 551 ‘Traversa del Mugello’,imboccarla a sinistra e raggiungere il passaggio a livello, scavalcarlo, proseguire a fianco delcampeggio e oltrepassare la Sieve a Ponte a Vicchio, dopo il quale hanno svoltato a sinistra epercorso la S.P. ‘Sagginalese’ sino alla Boschetta. Circa 4,5 Km in tutto, dieci minuti d’auto.

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POSSIBILE DINAMICA DEL DELITTOStando alle testimonianze di due diverse persone che da posizioni differenti hanno udito gli spariintorno alle 21:45, nonché alle perizie mediche successive al delitto, sembrerebbe plausibile chel’omicidio si sia consumato fra le 21:30 e le 22:00. Questa ipotesi è avvalorata anche dalle parole di

Winnie Rontini, madre di Pia, che in un’intervista al giornale La Città del 1’ Agosto 1984 raccontache la figlia, uscendo da casa intorno alle 21:00, aveva promesso di rientrare dopo un’ora.Altrettanto la madre di Claudio, rientrando intorno alle 23:00, si stupisce di non vederparcheggiata l’auto del figlio, immaginando pertanto un rientro anticipato rispetto a tale orario.E’ realistico quindi ipotizzare che i ragazzi abbiano raggiunto la piazzola intorno alle 21:30,smontando dapprima il sedile posteriore dell’auto e iniziando quindi a spogliarsi. Al momentodell’assalto probabilmente stavano ancora togliendosi i vestiti: Pia infatti indossava slip, reggisenoe camicetta (realisticamente abbottonata), mentre Claudio vestiva tutti gli indumenti ad eccezionedelle scarpe ma compresi i calzini. Anche per queste ragioni ho supposto che fosse accesa laplafoniera interna dell’auto, dettaglio non da poco.

I pantaloni jeans di Pia sono stati rivenuti piegati sotto il sedile destro dell’auto (sostanzialmenteai suoi piedi) assieme ad un paio di espadrillas rosse (realisticamente le sue) e alla borsetta in pellemarrone. I pantaloni Claudio sono stati invece trovati sotto al sedile posteriore smontato ma,secondo alcune tesi, ci sono alcuni particolari che farebbero ipotizzare che al momento dell’assaltopotesse averli indosso e che sia stato il maniaco a toglierli successivamente.

Ipotizziamo quindi una possibile dinamica:

Sono da poco passate le 21:30, Pia e Claudio siedono sui rispettivi sedili anteriori, con la plafoniera accesa.Fuori è buio pesto, non ci sono rumori se non quelli del bosco, nemmeno il gorgoglìo della Sieve che in quel

  punto scorre dolcemente. Il maniaco, che ha atteso il loro arrivo nascosto ai margini del campo di erbamedica, adesso aspetta il momento migliore per colpire e osserva i movimenti della coppia illuminata dallaluce interna dell’auto. Vede senza essere visto. Impugna la solita vecchia Calibro22, con il caricatore pieno eun colpo in canna.

 Il probabile percorso dei ragazzi da P.zza Giotto alla Boschetta, lungo circa 4,5 km

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Claudio apre lo sportello ed esce dall’auto, alza il propriosedile – quello del guidatore – e lo manda a fine corsa, conil poggiatesta contro il parabrezza. E’ semplice spostarlo,basta premere la leva a molla in basso a sinistra e farloruotare in avanti.Rientra in auto, sedendosi su divanetto posteriore,

richiude lo sportello e blocca la serratura dall’interno(quel modello di Fiat Panda non aveva chiusuracentralizzata, per cui il portellone posteriore – rivenutochiuso a chiave – era probabilmente già serrato in

  precedenza), rimanendo con i soli finestrini lievementeabbassati. Il vetro lato guidatore verrà infatti trovatoleggermente aperto mentre quello lato passeggero andràin frantumi al primo colpo esploso. La chiave è nel quadro, pronta per la riaccensione, l’aletta parasole del

 guidatore, per motivi ignoti, è abbassata.Da dietro si concentra sul divanetto posteriore, iniziando a rimuoverlo: è una seduta versatile, che può

essere facilmente smontata e disposta in varie posizioni, basta sfilare i tubi di sostegno dai loro alloggiamentie sistemarla come meglio si

  preferisce, compreso distenderlaa mo’ di futon sul pianale

  posteriore. Ma lui preferisce  piegarla e appoggiarla al latosinistro dell’auto. Poi sposta lacoperta confinandola sotto ilsedile appena smontato,scoprendo la moquette che

mitiga la fredda lamiera. E’all’interno della coperta cheverranno poi rinvenuti unorologio metallico (molto

 probabilmente di Claudio) e unabustina di preservativi vuota.

 Adesso c’è un po’ più di spazio, ePia lo raggiunge compiendo glistessi movimenti: apre losportello, esce, alza il sedile,rientra e chiude la serratura

dall’interno.Entrambi i sedili anteriori sonoalzati, con il poggiatesta controil parabrezza, il divanetto

 posteriore è smontato e lo spazioè ampliato al massimo.Pia è sulla parte destra del

  pianale e Claudio al centro,accanto al sedile piegato: lui sitoglie le scarpe da ginnastica e le

colloca sotto il sedile del guidatore, poi sveste i pantalonie li abbandona nei pressi deldivanetto smontato. Lei si sfila i Modalità di smontaggio del sedile posteriore della Fiat Panda.

 I pantaloni di Pia sotto il sedile destro

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  jeans e toglie le espadrillas, sistemando il tutto sotto il sedile del passeggero, dove già si trova la suaborsetta.La plafoniera è ancora accesa, i ragazzi si stanno spogliando… è in questo momento che il maniaco esce dalnascondiglio e si avvicina al lato destro dell’auto. Era rimpiattato nella vegetazione al limitare del campo dierba medica, perché dalla parte opposta, sulla collinetta, avrebbe avuto più difficoltà a osservare l’internodell’auto e avrebbe fatto maggior rumore scendendo verso la Panda, che oltretutto avrebbe dovuto aggirare

 per posizionarsi nel punto in cui ha sparato.Quando il maniaco si trova in posizione ideale, all’altezzadello sportello destro, esplode il primo colpo che frantuma ilvetro e colpisce Claudio all’emitorace. La ferita non è letale eil proiettile, rallentato dall’impatto con il cristallo, risulta

 poco penetrante, tanto da rimanere tarttenuto sotto la cute.Il maniaco avanza ancora di qualche passo, sino a protendereil braccio all’interno dell’abitacolo, e abbassa la testa per 

  prendere la mira. Spara a 70-80 cm di ragazzi, eabbassandosi appoggia le ginocchia sulla fascia paracolpi

dello sportello destro, mentre con la mano sinistra sistabilizza afferrando il gocciolatoio del tetto dell’auto. I ragazzi non fanno in tempo a rendersi conto di cosa stia accadendo: Pia si volta verso l’aggressoremostrando il pieno volto alla canna e come vede la pistola cerca d’istinto di proteggersi con il bracciosinistro, ma il proiettile la centra allo zigomo destro dopo aver sfiorato l’avambraccio sinistro. Il colpo le fa

 perdere conoscenza e il suo corpo si accascia inerme sul pianale posteriore dell’auto. Un attimo dopo ancheClaudio viene raggiunto da due proiettili sparati in rapida successione: uno lo centra al torace sinistro (per esattezza all’ipocondrio, dal basso verso l’alto come se il busto fosse inclinato indietro, interessando lostomaco, il diaframma ed il polmone, per poi fermarsi nella zona dorsale), l’altro invece va a vuoto e perforail sedile smontato, buca i pantaloni e trapassa il portafogli contenuto nella tasca, dove termina la propria

corsa. Dalla posizione semisdraiata il corpo di Claudio ruota quindi verso destra, forse privo di sensi, ecadendo viene raggiunto da un terzo proiettile, che lo colpisce dietro l’orecchio sinistro. Prosegue la suarotazione fino sormontare parzialmente il cadavere di Pia, assumendo una posizione adagiata sul fiancodestro, pressappoco speculare a quella in cui verrà rinvenuto, con la testa nei pressi dello sportello destro.

 Adesso entrambi i ragazzi, per quanto le perizie mediche suppongano potessero essere ancora vivi (sembrache Claudio abbia avuto quale causa finale di morte il soffocamento da sangue e vomito che ostruirono le vieaeree inferiori, mentre Pia sembrerebbe perita per le coltellate inferte in seguito), versano in statod’incoscienza, dal quale non avranno più modo di riprendersi.

Il maniaco alza la sicura e apre losportello destro dell’auto, entrandonella parte posteriore dell’abitacolo:

spenge la plafoniera e accende la suatorcia. Per sicurezza impugna ancorala pistola e verifica l’effettivo decessodei ragazzi. Sposta il corpo di Claudio,che forse ingombra il passaggio, afferraPia per le caviglie e la sposta. Poitorna sul ragazzo, estrae il coltello e siaccanisce sul corpo, colpendolo 10volte soprattutto sul lato sinistro(linea ascellare, fianco, regione

inguinale, parte alta interna dellacoscia), alla schiena e all’avambracciodestro.Dopodiché torna sulla ragazza: forse Le 4 posizioni possibili del divanetto posteriore della Fiat Panda

 I sedili della Panda completamente abbassati 

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temendo che possa essere ancora viva (come in effetti sembra che fosse, seppur in coma), le infligge duecoltellate orizzontali al collo, il cui sangue imbratta la camicetta e il reggiseno che ancora indossa. Sposta ilcorpo di Claudio ruotandolo sino a poggiare sul fianco sinistro (nel compiere questo movimento i piedi delragazzo poggiano sul pianale, insanguinando i calzini. Dopodiché il maniaco alza le gambe di Claudioafferrandolo per le caviglie - tanto che i suoi calzini risultano leggermente calati - e lo sposta nella posizione

  fetale in cui verrà rinvenuto) e afferra Pia di nuovo per le caviglie, estraendola dall’auto. Nel compiere

questa operazione urta probabilmente il miniregistratore (o walkman) nei pressi dei ragazzi, che infatti cadesopra i vetri infranti, macchiato di sangue.Trascina il corpo inerme verso il campo di erba medica immediatamente prossimo, tirandolo a ritroso per le

  gambe sino al punto in cui verrà rinvenuto. Nello spostamento Pia ha strofinato la parte lombare dellaschiena sul terreno, che infatti mostra segni di trascinamento, che in minima parte interessano anche la

  parte posteriore delle cosce. Non se ne rilevano invece sugli arti superiori, a conferma che la ragazzaindossava ancora la camicetta, probabilmente abbottonata altrimenti nello spostamento sarebbe salita finoalla nuca, con conseguenti lesioni anche alla parte alta della schiena che invece non sono state rilevate.Dopodiché il maniaco le toglie reggiseno e camicetta dalla testa e dal braccio sinistro - che forse per questaragione assume la posizione flessa in cui viene rinvenuto – e sfila il tutto anche dal braccio destro, lasciando

 gli indumenti aggrovigliati nella mano, forse perché il polsino non passava.Taglia gli slip, recide pube e mammella sinistra e li inserisce probabilmente in un contenitore impermeabile(non si rilevano tracce di gocciolamento), poi strappa la catenina dal collo e sfila il pendente a forma dicroce. Dopodiché torna all’auto e chiude lo sportello – se non l’aveva già chiuso – raggiunge la Sieve dove ha

 posteggiato il veicolo, si lava, sale in auto e si allontana.La ragazza verrà rinvenuta nuda, solo con l’orologio al polso sinistro, gli orecchini ai lobi e due anelli allamano sinistra.

La dinamica descritta appare tuttavia incerta e di difficile ricostruzione alla luce dei pochielementi a disposizione. I bossoli rinvenuti sono 5 (4 nell’abitacolo e 1 fuori, a 40 cm dalla ruota

anteriore destra), e altrettanti sono i colpi che i testimoni dicono di aver udito intorno alle 21:45.Per questa ragione ho ipotizzato che Pia sia stata centrata da un solo proiettile, finito sullo zigomodopo aver sfiorato l’avambraccio. Stando tuttavia ad alcune perizie sembrerebbe che all’internodell’abitacolo siano stati esplosi 6 proiettili, 2 dei quali hanno colpito Pia (al volto e uno di striscioall’avambraccio sinistro) e 3 Claudio (2 al torace e 1 dietro l’orecchio sinistro) e 1 a vuoto(terminato sui pantaloni). Non ci sarebbe pertanto corrispondenza fra i colpi esplosi e i bossoli:soprattutto non ci sarebbe corrispondenza fra i proiettili sparati dentro l’abitacolo (5) e i bossoli ivirinvenuti (4), e questo appare strano, perché è improbabile che un bossolo vada smarritoall’interno. A meno che nell’espulsione non sia saltato fuori dal finestrino infranto perdendosinell’erba.

Ho quindi provato a supporre che ilproiettile che ha colpito di striscio Piaall’avambraccio potesse essereterminato su Claudio, ma dall’ipoteticaposizione dei ragazzi (lei a destra e luial centro, come dimostrerebbero lemacchie di sangue dei rispettivi gruppisanguigni) mi è sembrata un po’ unaforzatura. (a meno che, come in seguitodescritto, la palla che sfiora

l’avambraccio non sia la stessa chetermina sull’emitorace). Per questomotivo ho ipotizzato che quel proiettile,dopo aver colpito di strisciol’avambraccio di Pia, abbia proseguito  Il maniaco come potrebbe essere apparso agli occhi dei ragazzi

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sino a centrarle lo zigomo (come se lei, vedendo avvicinarsi l’aggressore, avesse provato aripararsi) ma per confermare questa ipotesi sarebbe necessario valutare la compatibilità fra lalesione all’arto (ed eventualmente alla camicetta, che avendo le maniche lunghe avrebbe dovutoriportare il foro, mentre sembra che così non fosse, forse perché il polsino sinistro era giàsbottonato e alzando l’arto la manica potrebbe essere calata mostrando l’avambraccio nudo) e latraiettoria del proiettile, e questo non sono riuscito a farlo.

Va tuttavia rilevato che Claudio mostrava un ematoma al gluteo destro, pressappoco all’altezzadella tasca che conteneva il portafogli, come se a procurarglielo fosse stato il proiettile: per questaragione alcune tesi suppongono che al momento dell’assalto vestisse ancora i pantaloni e che siastato il maniaco a sfilarli successivamente, abbandonandoli sotto il sedile posteriore smontato.Tale circostanza obbligherebbe a rivedere sia la posizione da cui ha esploso il primo colpo che lasequenza dei colpi successivi, aprendo a una dinamica che riassumerei così: il maniaco esce dalsuo nascondiglio e quando si trova all’altezza della ruota anteriore destra esplode il primo colpo,che frantuma il vetro e centra Pia allo zigomo destro (non sarebbe stato possibile colpirla se nonsparando da quella posizione, perché altrimenti fra lei e la pistola ci sarebbe stata la lamiera fra i

finestrini dell’auto). Dopodiché protende il braccio all’interno dell’abitacolo e spara il secondoproiettile, colpendola all’avambraccio. I tre colpi successivi interessano invece Claudio (due altorace e il terzo dietro l’orecchio sinistro) e quando il suo corpo si accascia sul pianale esplodel’ultimo colpo, centrando il gluteo all’altezza della tasca dei pantaloni che contiene il portafoglio .Tale ipotesi è tuttavia un po’ forzata, anche perché il colpo che perfora i pantaloni e il portafogliorimane trattenuto nella tasca, creando solo un ematoma sul gluteo, ma senza trapassare il tessutointerno dei pantaloni. Circostanza questa che appare piuttosto improbabile, perché la pistolasparava da 80-90 cm di distanza dall’obbiettivo ed eventualmente avrebbe potuto non sfondarenel caso avesse colpito la tasca e il portafoglio con traiettoria molto inclinata.Per contro l’ipotesi che il maniaco possa avergli tolto i pantaloni potrebbe essere supportata daquesta fotografia:

I calzini sono macchiati di sangue con un’impronta che farebbe supporre l’appoggio su superficieinsanguinata, come ad esempio il pianale: il fatto è che le macchie sui talloni non sembranocorrispondere con i talloni stessi, e il calzino destro, all’altezza del tendine della caviglia, sembraabbassato. Queste circostanze potrebbero essersi verificate nel momento in cui il maniaco hasfilato i pantaloni dalle gambe del ragazzo, facendo scendere i calzini per attrito con la stoffa.Quel che è fuori dubbio è che i pantaloni recassero un foro di pistola e che il portafogli fosse

bucato da parte a parte.Altrettanto appare complesso capire se il primo proiettile sparato all’interno dell’abitacolo abbiaraggiunto Pia o Claudio: personalmente ho ipotizzato che abbia centrato Pia perché era più vicinaall’aggressore e perché il modo con cui è stata colpita (“con nettissima direzionalità dall’avantiindietro, con poca obliquità da destra a sinistra e dal basso verso l’alto”) farebbe pensare che fosse stata

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colta di sorpresa, come se si fosse voltata verso il vetroappena frantumato mostrando il pieno volto alla cannadella pistola e provando a pararsi con l’avambraccio. Sealtrimenti il primo colpo avesse centrato Claudio e lei sifosse istintivamente coperta con il braccio, avrebbeprobabilmente anche abbassato il mento verso il petto,

come viene naturale fare. Ma in questo caso,all’esplodere dei proiettili successivi, non sarebbe statopossibile colpirla allo zigomo.D’altra parte, se la palla che l’ha colpita all’avambracciofosse stata “indipendente” rispetto agli altri (nel sensoche non avesse terminato la sua corsa né sul corpo diClaudio né sul suo), forse sarebbe stato possibile trovarlanell’abitacolo, cosa che non mi risulta sia successa. Equesto potrebbe avvalorare l’ipotesi che siano statieffettivamente esplosi 5 colpi, tanti quanti sono i bossoli rinvenuti e quelli uditi dai testimoni.

Meritano tuttavia considerazione anche i due colpi che hanno centrato Claudio al torace: dalleperizie sembra infatti che uno dei due fosse piuttosto superficiale (quello all’emitorace), come selo avesse raggiunto a scarsa velocità dopo aver impattato qualcos’altro, mentre l’altro(all’ipocondrio) avrebbe seguito una traiettoria dal basso verso l’alto, come se il busto del ragazzofosse molto inclinato indietro.Per quanto riguarda il colpo all’emitorace, quello superficiale, l’ipotesi peritale è che sia statorallentato dal cristallo precedentemente frantumato: stando tuttavia al parere di un esperto appareimprobabile che il vetro laterale di una Panda (spessore 3,12 mm) possa attutirne così tantol’energia da renderlo non penetrante. A meno che non sia stato ulteriormente rallentato da altriostacoli incontrati lungo il percorso, ma personalmente non sono riuscito ad individuarnenessuno, se non l’avambraccio di Pia, colpito appena di striscio e quindi non abbastanza daridurne sensibilmente la velocità.

Un’altra ipotesi che giustifichila posizione superficiale di quelproiettile potrebbe essere chela palla abbia penetrato cute etessuto soffice e poi si siafermata sottopelle in uscita, maad oggi forse non è piùpossibile inquadrare concertezza questa eventualità.Resta pertanto apertol’interrogativo su cosa abbiacolpito il proiettile che hainfranto il finestrino: potrebbeessere il torace di Claudio comeil portafogli, oppure lo zigomodi Pia se non il suoavambraccio. Personalmente ho

deciso di propendere verso la prima di queste ipotesi, perché non ho trovato nessuna motivazioneconvincente che giustificasse la posizione superficiale di quella palla, pur non essendoconvincente nemmeno il rallentamento dovuto alla sola frantumazione del vetro. L’unica via perdare risposta certa a questo interrogativo sarebbe stata l’analisi al microscopio delle ogive,individuando quella deformata dall’impatto e con infissi i cristalli del vetro.

 Il portafogli di Claudio forato da parte a parte

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La soluzione esposta prevede tuttavia che uno dei colpi sparati dall’interno dell’abitacolo siaandato a vuoto, ipotesi che a me (assoluto profano in materia) sembrava piuttosto remota, vistoche la distanza fra la pistola e l’obbiettivo era intorno al metro e che il target non era poi cosìpiccolo. Per questa ragione avevo dapprima supposto che il colpo andato a vuoto (quelloterminato sui pantaloni e poi sul portafogli) fosse il primo sparato, esploso fuori dall’auto. Comese la maggior distanza e la scarsa visibilità avessero indotto il maniaco a sparare senza troppa

precisione, badando soprattutto a infrangere il vetro dal quale poi potersi protenderenell’abitacolo.Sono stato tuttavia ammonito dall’esperto, che mi ha spiegato che “i motivi che fanno mancare ilbersaglio derivano anche dal fattore emotivo della situazione che può causare fenomeni che normalmentenon accadono quali per esempio l'esclusione uditiva (sparare, anche al chiuso, senza sentire il colpo né subirne i danni pur risultando privo di protezioni per le orecchie), il non riuscire a muovere i muscoli"piccoli" a causa della vasocostrizione (per cui sparare solo premendo l'indice diviene un'impresa, il campovisivo tende a restringersi, il tempo in genere sembra andare al rallentatore), la situazione in cui ci si trova(movimenti del bersaglio, stato dell'illuminazione), oppure la sorpresa e la necessità di sparare rapidamentesenza avere il tempo di impugnare con comodo l'arma. Anche se nel caso di un omicida che con fanatica

decisione decide di sparare a due poveri giovani come nel caso del Mostro di Firenze, direi che i fattori cheinfluiscono sulla possibilità di piazzare i colpi si riducono al movimento delle vittime, alla luce presente ealla possibilità di trovarsi di mezzo degli ostacoli (sedili, vetri e via dicendo)” In effetti nella sua serie omicidiaria il Mostro di Firenze ha talvolta sparato con maggiorprecisione (Giogoli o Scandicci) mentre talvolta è apparso ben più indeciso (Scopeti).

Secondo alcune fonti la ragazza, oltre a camicetta e reggiseno, stringeva nelle mani anche gli slip,mentre secondo altre le calze. A sensazione direi che le calze non le portasse, sia perché sono statirinvenuti i suoi pantaloni (che non si abbinano granché con le calze nei mesi caldi), sia perché nonfaceva freddo e in ultimo perché di solito le espadrillas si indossavano da scalzi. Quanto agli slip,

non ho trovato alcuna ragione logica affinché li impugnasse, e per questa ragione ho suppostoche, una volta tagliati, siano rimasti sotto il corpo.Camicetta e reggiseno, a giudicaredalle escoriazioni da trascinamento, èprobabile che li indossasse nelmomento in cui è stata estrattadall’auto, tant’è che fra questiindumenti impigliati nella manodestra vengono repertanti ancherametti e foglie secche. D’altro canto la

lesione all’avambraccio sinistro(probabilmente procurata comedicevamo dal proiettile che l’ha colpitadi striscio) non trova riscontro sullacamicetta che, essendo a manichelunghe, avrebbe dovuto essere forata.Questo potrebbe essere imputabile alfatto che al momento dell’aggressionePia si stava svestendo, e forse avevagià sbottonato il polsino sinistro, tanto da esporre l’avambraccio nudo alla canna della pistola.

Vengono inoltre rilevati due aloni sullo sportello destro dell’auto, a un’altezza di 60 cm da terra,che farebbero pensare che il maniaco potesse essersi stabilizzato appoggiandosi con le ginocchia.Da questi segni si è anche dedotta la statura dell’aggressore, quantificata in più di 180 cm. Mi sonopreso la briga di provare realmente tale ipotesi: premesso che la parte che si appoggia non è la

 Il possibile appoggio delle ginocchia sullo sportello

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rotula ma la porzione immediatamente superiore a questa, ho rilevato che una persona alta 180cm lascia segni a circa 45-50 cm da terra (e non 60), ma ovviamente dipende molto dallaconformazione fisica, da quella del terreno sottostante e dalla vicinanza dei piedi rispetto allosportello, che comporta più o meno inclinazione delle gambe.Sono state inoltre rilevate impronte di dita anche sul gocciolatoio dell’auto in corrispondenzadello sportello e sulla parte superiore dello stesso: le prime potrebbero esser state lasciate nel

momento in cui ha abbassato la testa per vedere e sparare all’interno dell’abitacolo (v. fotoprecedente), le seconde in fase di apertura dello sportello, giacché quel modello di Fiat Panda nonaveva la maniglia per aprire ma solo un incavo nella carrozzeria, e una volta fatta scattare laserratura si tende a tirare lo sportello dalla parte alta.Sul pianale posteriore dell’autoe in minor parte su quelloanteriore sono stati rilevatinumerosi frammenti di vetromisti a sangue, a conferma delfatto che il colpo che frantuma

il finestrino è stato sparatodall’esterno verso l’interno.Una minima quantità di pezzidi vetro è stata ritrovata ancheesternamente, caduti forse almomento della chiusura dellosportello.All’interno dell’abitacolovengono anche rinvenuti unatorcia azzurra funzionante maspenta (che potrebbe esserequell’oggetto sul pianaleposteriore sotto i piedi diClaudio che sembra unminiregistratore), un coltello da cucina imbrattato di materia non umana, rivenuto all’internodella tasca dello sportello lato passeggero, al di sotto di un vecchio quotidiano, e macchieematiche in varie parti dell’abitacolo. Le macchie ematiche rilevate, sia nell’abitacolo che suglioggetti, sono tutte di gruppi sanguigni A e 0, appartenenti rispettivamente a Pia e Claudio.Quanto alla fonte d’illuminazione, ho constatato che una torcia, dall’esterno, non permette divedere l’abitacolo con sufficiente chiarezza da sparare con precisione, perché si riflette sul vetro(che era sicuramente alzato, altrimenti non sarebbe andato in frantumi). Per questa ragione hosupposto che abbia osservato e poi colpito i ragazzi grazie alla luce prodotta dalla plafonierainterna, accendendo la torcia solo nella fase terminale delle operazioni, che potrebbe essere primadi colpire Claudio con il coltello (per evitare che luce accesa potesse insospettire un’eventualeseconda auto che fosse sopraggiunta, che avrebbe potuto vedere cosa accadeva all’interno) oprima di praticare le escissioni.Il giorno successivo al delitto il Sig. Pietro Pasquini sta lavando la propria auto in fondo allastrada sterrata che dalla S.P. ‘Sagginalese’ conduce alla Sieve (nel luogo in cui il maniaco potrebbeaver posteggiato la propria auto), quando nota alcune macchie ematiche sulle pietre a bordo delgreto del fiume. Rinviene anche un “percorso” di macchioline lungo lo stradello che dal fiumerisale sino alla piazzola, e decide di informare Luciano Bartolini, intimo amico dei genitori di Pia.Stando a quanto lo stesso Bartolini riferisce a Michele Giuttari – capo delle Squadra Mobile diFirenze – egli si trovava proprio a casa dei coniugi Rontini nel momento in cui Pasquini loinforma delle macchie rinvenute. Decide perciò di avvertire le forze dell’ordine, le quali si recano

Una disegno bruttino che

riproduce la possibile

sequenza dei colpi esplosi

verso Claudio (1,3,5), Pia (2) e

sui pantaloni (4)

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immediatamente sul posto, rilevando che sono già presenti quattro o cinque persone che vengonoindividuate come esperti della scientifica che stanno occupandosi proprio di quelle macchie.Successivamente il professor Pierini esegue una perizia ematologica su alcune pietrerotondeggianti che recano tracce che sembrano di sangue: una volta esaminate, tali tracce nonrisulteranno di tipo ematico.Non è ben chiaro tuttavia se le pietre esaminate dal Professor Pierini siano in effetti quelle rilevate

da Bartolini e Pasquini, tant’è che l’Avv. Pellegrini (legale della famiglia Rontini), al dibattimentoriferisce ‘Questo sasso viene prelevato [dagli uomini della scientifica, immagino] dopo di che non si sache fine faccia’. Le considerazioni sulle macchie di sangue, sempre per ammissione dell’Avv.Pellegrini, ‘vengono fuori al dibattimento, perché ne parla Rontini, quando viene sentito come teste e dice«me l'ha detto Bartolini e Pasquini»’.Ci sono tuttavia alcuni interrogativi che mi sono sorti spontanei apprendendo di questacircostanza. Il primo è come mai il Sig. Pasquini, con tutti i posti dov’era possibile lavare un’auto,si rechi per l’appunto a 100 metri dal luogo in cui poche ore prima erano stati assassinati Pia eClaudio. Inoltre immagino che la zona fosse presidiata dalle forze dell’ordine, e appare strano cheabbia potuto lavare tranquillamente l’auto nel fiume senza che nessuno gli dicesse niente,

alterando un ipotetico luogo in cui il maniaco poteva aver lasciato tracce o addirittura esserpassato per fuggire. Inoltre, se è lo stesso Rontini a tirare fuori il discorso delle pietre, che ne èstato delle indagini degli uomini della scientifica? E, se come dice l’Avv. Pellegrini non si sa chefine faccia la pietra notata da Pasquini e Bartolini, quella esaminata dal Dott. Pierini da dovesbuca?

In seguito ai fatti vengono scarcerati Giovanni Mele e Piero Mucciarini, in quel momento incarcere con l’accusa di essere gli esecutori dei delitti precedenti.

LE PAROLE DI GIANCARLO LOTTIGiancarlo Lotti, soprannominato Katanga, si esprime ripetutamente a riguardo del delitto dellaBoschetta, con testimonianze contrastanti fra loro e talvolta con l’evidenza dei fatti. Diceripetutamente che ‘Pacciani sparò solo all’uomo’ e che ‘ Alla ragazza non fu sparato’ salvo poi ricredersi‘ Mah, di colpi n'è partiti diversi, li avrà presi di certo tutti e due’ e ‘Gli hanno sparato e hanno preso anchelei’. Dapprima dice di non sapere se Vanni e Pacciani abbiano mai fatto un sopralluogo a Vicchio‘Non lo so, non m'hanno detto niente, non son sicuro’ , poi cambia idea ‘Vanni col Pacciani c'è andato’, ealtrettanto si corregge raccontando dell’ordine delle auto durante il viaggio fra San Casciano e LaBoschetta: ‘La sera dell'omicidio si partì da San Casciano, si passò da Firenze, il Girone e da Pontassieve,Pacciani e Vanni andettero avanti, io andai con la mia macchina’ che in seguito diventa ‘ Mi disse anche,noi la strada non si sa bene, vieni anche tu, partimmo e fui io a fare con la mia macchina la strada fino alla

 piazzola di Vicchio’.Si contraddice poi parlando della propria posizione rispetto a Vanni e Pacciani nel momento incui questi stavano compiendo l’aggressione, che varia da ‘Io non ero lì vicino’ a ‘Ero un po’ piùlontano’ passando per ‘Io ero invece a due/tre metri di distanza’ che cresce in ‘Io ero a tre/quattro metri’ per concludersi con ‘Io ero a dieci metri’.Stiamo parlando di Lotti che fa il ‘palo’, un palo che ha il compito di osservare la S.P. ‘Sagginalese’per avvertire Vanni e Pacciani nel caso fosse sopraggiunto qualcuno, ma che invece si trovadistante 50 metri dalla strada, in una posizione dalla quale è impossibile vedere chisopraggiungesse da Vicchio.Lotti formula spontaneamente anche il nome di Filipponeri Toscano, appuntato dei carabinieri inservizio presso la caserma di San Casciano e già indagato per la morte di Renato Malatesta, cheavrebbe segnalato le coppie di Vicchio e Scopeti e fornito i proiettili a Vanni, il quale li facevaavere a Pacciani. In altra occasione Lotti aveva invece affermato di aver spiato la coppia insieme a

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Mario Vanni, sostenendo di essere stato lui a segnalarla. Scende addirittura nei dettagli,raccontando che durante un’osservazione pomeridiana Pia e Claudio si erano accorti della loropresenza e avevano immediatamente abbandonato il luogo, recandosi in seguito al bar dove leilavorava.Va tuttavia precisato che il carabiniere Toscano rientra nelle indagini anche perché detentore diuna pistola Beretta calibro 22 Long Rifle dal 25 febbraio 1975 al 29 settembre 1984.

Nei suoi racconti Lotti sembra assiduo frequentatore della piazzola della Boschetta, raccontando‘Ci sono stato in un primo tempo con la Filippa [Nicoletti, ndr, che in altra occasione racconterà esserecolei che ce l’ha condotto ‘ Mi ci ha portato Filippa Nicoletti perché io la strada non la sapevo’, salvo poiessere contraddetto dalla stessa Filippa, che nel 1997 riferì ‘Il Lotti mi ci ha portato la prima voltaquindi nell'81 e poi successivamente nell'82 e forse in periodi successivi’], poi da solo, poi con il Pucci, poicon il Vanni ed infine con Vanni e Pacciani la sera dell'omicidio’.Katanga accenna anche a una lettera che avrebbe impostato a Vicchio il giorno seguente al delitto,accuratamente preparata da Pacciani ‘  Mi chiamò, s'andò a Mercatale da Pacciani, Pacciani stava

 preparando una lettera, prese un boccaccio, da questo barattolo, tirò fuori qualchecosa, la mise in questabusta, bisognava andare a imbucarla a Vicchio’, destinata a tale Manuela (forse la stessa persona che

aveva testimoniato il cambio turno al bar con Pia) e impostata da Vanni per l’appunto nellacassetta delle poste prossima al bar della stazione dove Pia lavorava. Secondo alcuneinterpretazioni questa lettera poteva contenere parti anatomiche di Pia, costituendo di fatto unprecedente a quella recapitata l’anno successivo alla D.ssa Dalla Monica. Con la differenza che ildestinatario non era un Procuratore della Repubblica ma tale Manuela, collega di Pia (sempresecondo Lotti), e che incomprensibilmente viene impostata da Vicchio per Vicchio, vale a dire cheLotti e Vanni partirono da Mercatale per impostare a Vicchio una lettera probabilmente direttanello stesso paese. Non si comprende come mai non l’abbiano imbucata in una qualsiasi cassettadelle poste incontrata per strada ma abbiano preferito raggiungere il Mugello (e per giuntaimpostare di fronte al bar in cui lavorava Pia). Per dovere di cronaca, si puntualizza che tale busta

non sembra sia mai stata ricevuta da nessuno.Si potrebbe continuare citando le contraddizioni relative al discorso dell’illuminazione, per cuidapprima non avevano nessuna luce mentre nelle successive dichiarazioni la luce c’era, con tantodi descrizione di come Vanni impugnasse la torcia. E potremmo andare ancora avanti.Quello su cui vorrei maggiormente porre l’attenzione, tuttavia, sono le parole che l’11 Marzo 1996Giancarlo Lotti riferisce spontaneamente a Michele Giuttari, in quel momento capo della squadramobile di Firenze, al quale racconta la propria versione dell’omicidio del 1984. Le suedichiarazioni, a mio parere, restano talvolta dubbie e contrastanti: ne riporto di seguito alcuniestratti, corredati delle relative personalissime obiezioni:

“I fatti si sono, quindi, svolti nel seguente modo: La sera prima di andare alla piazzola di Vicchio, incontrai Mario nel piazzone di San Casciano e questi mi disse di tenermi disponibile per la sera successiva per andareinsieme a lui e a Pacciani nella piazzola di Vicchio per guardare la coppietta con la Panda celestina di cui io

 gli avevo parlato nei giorni precedenti”Leggendo questa dichiarazione non si capisce come facesse Mario Vanni a sapere che la serasuccessiva Pia e Claudio si sarebbero recati alla Boschetta, giacché, come ampiamente ribadito, lapresenza dei ragazzi è stata del tutto casuale perché dapprima era previsto che Pia lavorasse,dopodiché solo il consiglio di sua madre Winnie l’ha convinta ad uscire di casa.

“La sera successiva andai all’appuntamento che mi era stato dato per le ore 22 al piazzone di San Casciano

e, prima di partire, Mario mi disse che si andava a Vicchio per un lavoro che lui e Pietro avrebbero dovuto  fare nella piazzola. […] Lungo il tragitto ci fermammo al bar di Galluzzo, che ho già detto, e tutti e trescendemmo per prendere un caffè” 

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Se fossero partiti puntualissimi da San Casciano, e avessero percorso la strada senza soste epassando dal Girone e da Pontassieve come in un’altra occasione aveva sostenuto, sarebberogiunti alla piazzola circa 1 ora e 10 minuti dopo, alle 23:10. A questo lasso di tempo va tuttaviaaggiunto qualche minuto per il caffè, per un totale di circa 1 ora e 15 minuti.Sembra tuttavia che il delitto si sia consumato fra le 21:30 e le 22:00, più di un’ora prima del loroarrivo.

Va inoltre aggiunto, come vedremo poi, che le auto fuggono percorrendo strade sterrate a causadel passaggio a livello chiuso, che, come riferito dallo stesso Lotti e confermato dall’Ing.Rondellini delle Ferrovie dello Stato, aveva le sbarre abbassate intorno alle 23:00, quindi circa 15minuti prima del loro ipotetico arrivo.Lotti dichiara inoltre che rientrano a San Casciano dopo mezzanotte: se fossero ripartiti dallaBoschetta mezz’ora dopo il loro arrivo, alle 23:45, vi sarebbero giunti alle 1:00 di notte, quindiampiamente dopo mezzanotte.E’ evidente quindi che gli orari raccontati da Lotti sono un po’ contrastanti.

NB: il percorso da San Casciano e La Boschetta passando dal Girone e da Pontassieve è lungo circa

55 km.

“Giunti alla piazzola, Vanni e Pacciani entrarono con la macchina dentro la piazzola, mentre io rimasi un po’ in disparte e mi avvicinai a piedi dove erano loro per vedere ciò che facessero. Il Pacciani la macchina la fermò di traverso davanti alla Panda allo scopo di evitare che l’autista di questa potesse scappare; in pratical’aveva “bloccata” non consentendo quindi un’eventuale via di fuga” Secondo questa descrizione Pacciani ferma la propria auto “di traverso” di fronte alla Panda diClaudio: ma se si osservano le fotografie si noterà come sia improbabile posizionare l’auto “ditraverso”, che in linguaggio colloquiale significa perpendicolare o diagonale rispetto all’altra.

“Vidi poi che il Pacciani, che nel frattempo si era avvicinato a piedi alla Panda velocemente è tornato alla propria auto, ha preso la pistola dalla parte destra sotto il sedile e dopo ha raggiunto di corsa la Panda ed hasparato alcuni colpi di pistola” In questo caso non si capisce come mai Pacciani non sia uscito armato dall’auto: forse perverificare che quella fosse effettivamente la coppia che cercavano?Poi torna indietro e prende la pistola, quindi si avvicina di nuovo alla Panda “di corsa”. Ma non sicapisce per quale ragione dovesse correre, visto che l’auto dei ragazzi, per stessa ammissione diLotti, era lì davanti.

“Quindi Mario, che vidi tirar fuori dalla macchina del Pacciani uno spolverino di quelli che si mettono gli

operai per non sporcarsi e che durante il viaggio non aveva addosso, lo indossò e armato di un coltello, tirò fuori la ragazza che ancora era viva perché strillava e la trascinò sul prato chinandosi su di essa e colpendolacon il coltello più volte per come potei vedere dal movimento del suo braccio” Mi ha colpito l’idea di Vanni che indossa un vestito consono al delitto un attimo prima di entrarein azione… ma aldilà di questo, appare improbabile che Pia “strillasse” giacché il primo colporicevuto sembra le abbia fatto perdere i sensi.Dopodiché, secondo questa descrizione, Vanni trascina la ragazza nel prato (prati non ce n’erano)e la colpisce più volte. Pia è stata in realtà colpita al collo da due fendenti da arma da taglio, inferticon tutta probabilità in auto poco prima di essere estratta, e quindi l’espressione “colpendola con ilcoltello più volte” non trova granché riscontro.

Non solo, secondo questa ricostruzione Claudio non subirebbe alcuna coltellata, mentre il suocorpo riporta dieci segni. 

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“Poi li ho fatti partire e con la mia macchina sono andato dietro. Prima di lasciare il posto vidi che Paccianie Vanni scesero al fiume proprio dirimpetto la piazzola e si lavarono le mani ed il coltello. Io rimasi inmacchina e non scesi. Vidi anche che Vanni si levò lo spolverino e lo mise in macchina. Quindi partirono edio andai dietro loro. Dopo pochi minuti presero una strada sterrata che Pietro mi disse bisognava fare per evitare il passaggio a livello ed io andai dietro di loro seguendoli a breve distanza e ricordo che riuscivo avedere poco perché la macchina di Pacciani alzava parecchia polvere. Dopo questo tragitto in terra battuta,

che sarà durato 5/10 minuti, abbiamo ripreso la strada normale verso Dicomano per tornare a casa e li seguiisino a San Casciano dove arrivammo tardi sicuramente dopo la mezzanotte”Lotti usa l’espressione ‘dopo pochi minuti presero una strada sterrata’, ma in realtà quel breve tragittosi percorre in meno di un minuto. Ho personalmente provato a far manovra con l’auto, usciredallo stradello e raggiungere l’imbocco della strada sterrata, compiendo il tutto in circa 50secondi.Inoltre da questa descrizione sembrerebbe che Lotti fosse solo a bordo della propria auto eseguisse la macchina con a bordo Pacciani e Vanni a breve distanza. Questo contrasta con latestimonianza della Signora Frigo, secondo cui la seconda auto (quella di Lotti) era a 200-300 metridalla prima e che Pacciani, che conduceva la prima auto, la occupasse da solo.

Secondo Lotti invece era lui quello solo in auto e la distanza dal veicolo che lo precedeva era cosìpoca da non vedere quasi niente a causa della polvere.

“Chiesi anche a Mario che cosa facevano con la parti della donna che lui aveva tagliato e che io avevo vistoavevano messo in una specie di sacchetto, Mario mi rispose che non me lo poteva dire, però devo dire chequella notte vidi che Pacciani e Vanni si chinarono a qualche metro di distanza dalla Panda e vidi chenascosero qualcosa in quel posto. Ricordo che vi era un fossetto e i due gettarono sopra della terra per coprirequanto vi avevano nascosto”Secondo questa testimonianza le parti escisse sarebbero state messe in un sacchetto e sotterrate apochi metri dall’auto di Claudio. Questa operazione farebbe pensare che in seguito qualcunosarebbe passato a recuperare il sacco, ma personalmente lo considero piuttosto rischioso perchéera evidente che il mancato ritorno a casa di Pia e Claudio avrebbe fatto scattare immediatamentele ricerche, con conseguente attenta perlustrazione del luogo che sarebbe stato reso inaccessibiledalle forze dell’ordine. Quindi la possibilità che qualcun altro trovasse il sacchetto nascosto eranotevole e probabilmente chiunque avesse avuto un po’ di buon senso non si sarebbe preso labriga di sotterrarlo. Quanto a eventuali buche nei pressi del luogo dell’aggressione, va tuttavia precisato che RenzoRontini dichiarò “Pia era morta da quasi un anno e Winnie non era mai andata alla Boschetta, dove fuuccisa. Finalmente si decise. Voleva che quel posto fosse un giardino e non un luogo di morte. Andò con unasua amica e si misero a sistemare. Trovarono un sasso. Sotto c'era questa buca, così precisa che sembrava

 fatta con una paletta, e dentro un letto di paglia”.In ogni caso Lotti non parla né di palette né di paglia, e dalla descrizione di Rontini non si capiscequali fossero le dimensioni della buca, peraltro stranamente scoperta a quasi un anno di distanzadal delitto.

Queste descrizioni dei fatti, rese da Giancarlo Lotti quasi 12 anni dopo il loro accadimento,presentano alcune incongruità rispetto a dati inconfutabili come lo stato o la posizione diritrovamento dei corpi, nonché rispetto alle tempistiche e agli orari.E’ anche sulla base di tale versione dei fatti che si è articolato il processo ai Compagni di Merende che ha portato alla condanna in via definitiva di Mario Vanni e Giancarlo Lotti.

TESTIMONIANZE CAINI-FRIGOCome accennato nel precedente paragrafo, si registrano due diverse testimonianze che riferisconodi aver avvistato le due auto in fuga che, stando a quanto dice Lotti, decisero di fuggire attraversouna strada sterrata a monte della Boschetta a causa del passaggio a livello (lungo la Via S.P.

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‘Sagginalese’ in direzione Dicomano, a circa 600 mt dalla piazzola). Tali testimonianze,rispettivamente dei coniugi Caini e della signora Frigo, vengono rispolverate a circa 10 anni didistanza dai fatti, pur essendo state rese nell’immediato.

Prima di trattarle credo sia tuttavia doverosa una breve premessa, con la quale intendo elencaretutti i dati più o meno oggettivi che fanno da contorno a questa vicenda.

Nel 1984 l’unica linea ferroviaria che collegava Borgo San Lorenzo a Firenze passava daPontassieve, transitando quindi a circa 50 metri dalla Boschetta in direzione Dicomano. Oggi sonoinvece due le tratte ferroviarie che raccordano Borgo San Lorenzo con Firenze: oltre a quellaanzidetta ve n’è un’altra che transita a nord-ovest di Firenze. Tale linea, ripristinata nel 2000, erastata minata dai tedeschi in ritirata nel 1944 ed è rimasta in disarmo per più di 50 anni.In conclusione la tratta ferroviaria che passa nei pressi della Boschetta (linea Borgo San Lorenzo –Vicchio – Dicomano – Pontassieve – Firenze) è stata l’unica a collegare il Mugello con Firenze daldopoguerra sino al nuovo millennio.Si tratta di una linea di bassa percorrenza (oggi 20 convogli al giorno nei giorni festivi), con un

unico binario e treni che si scambiano solo alle stazioni: non è elettrificata e viene utilizzata dalle5:00 alle 21:30 circa, ad eccezione dei giorni festivi estivi, quando vi transitano anche trenipasseggeri da e per la riviera romagnola.Durante i festivi estivi infatti c’era e c’è un treno speciale che parte dal mare e porta sino a Firenze,che adesso ferma a Vicchio poco prima delle 22:00 e che – a memoria mia ed anche a memoria dialtri con cui ho parlato – ha sempre più o meno seguito quell’orario o appena più tardi, anchenegli anni ’80, transitando da Vicchio intorno alle 22:30.Tale circostanza renderebbe vana la motivazione di aggirare i passaggi a livello chiusi alle ore23:00, come raccontato da Lotti, visto che avrebbero dovuto esser chiusi mezz’ora prima. Siregistra tuttavia una testimonianza dell’Ing. Rondellini delle Ferrovie dello Stato che conferma chele sbarre potessero essere abbassate a quell’ora, assecondando le parole di Lotti e contraddicendola mia memoria.D’altro canto, per esperienza diretta, posso dire che quella linea viene spesso utilizzata anchedopo il passaggio dell’ultimo treno passeggeri, per lo più da convogli con macchinari per lamanutenzione della linea o da vagoni che fanno praticantato di guida. Non è perciò da escludereche i passaggi a livello potessero essere chiusi, anche se l’ultimo treno passeggeri era transitatoun’ora prima. E’ anche vero che nel caso di convogli con macchinari o che facessero praticantatonon era possibile prevedere l’ora di chiusura (altrettanto se l’ultimo treno passeggeri fosse stato inritardo) e pertanto Pacciani non avrebbe potuto sapere se in quel momento avrebbe trovato ilpassaggio a livello chiuso.

Un’altra precisazione è relativa alla strada bianca che Lotti racconta di aver seguito, che quandoho effettuato il sopralluogo non era più completamente percorribile perché dopo 1,5 km dalla S.P.‘Sagginalese’ diventava impraticabile: questo non esclude la praticabilità nel 1984, ma serve perprecisare che, nella ricognizione del percorso, non sono riuscito a ricalcarlo esattamente, puravendo transitato sulle due porzioni fin dove era possibile e percorso il tratto di raccordo a piedi.

Il motivo per cui Lotti racconta di aver percorso la strada bianca (passaggio a livello chiuso)rimane di per sé flebile, almeno a mio giudizio, per una serie di motivi.

•  Il primo è che non vedo nessun problema ad attendere in auto che si alzino le sbarre,anziché percorrere una sconnessa strada bianca che comporta un aggravio di tempo dialmeno 10 minuti, senza considerare la maggior possibilità di dare nell’occhio su unastrada secondaria rispetto a transitare lungo la S.P. ‘Sagginalese’.

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•  Il secondo è la ragione per cui non abbiano deciso, anziché andarsene passando daDicomano, di tornare a casa percorrendo l’autostrada, visto che il tempo era lo stesso. Maforse, sempre rifacendosi alle parole di Lotti, dovevano nascondere l’arma nel rudere diPodere Schignano, che si trova lungo la S.P. ‘Sagginalese’ in direzione di Dicomano.

•  Il terzo è la ragione per cui, una volta saliti a San Martino a Scopeto, non siano ridiscesiverso la S.P. ‘Sagginalese’ prendendo la prima strada utile, cioè quella che s’immette nella

provinciale nei pressi di Bovino (dove aveva lavorato Pacciani come contadino) e che passavicino a Podere Schignano, per l’appunto, dove Lotti sostiene fosse stata nascosta la pistolasubito dopo il delitto. Invece, se la mia ricostruzione del luogo di avvistamento dei coniugiCaini è giusta, si sono fatti ancora qualche chilometro di sterrato prima di rientrare sullaprovinciale.

Fatte queste debite premesse, riporto di seguito qualche considerazione sulle testimonianze diFrigo, Caini e Lotti relative ai momenti immediatamente successivi all’aggressione.Come dicevo ho avuto occasione di percorrere la strada che – secondo la ricostruzione processuale– avrebbero seguito le auto di Pacciani e Lotti stando alle testimonianze dei coniugi Frigo-Bertaccini e dei coniugi Martelli-Caini, nonché dalle parole di Lotti stesso al dibattimento.Purtroppo, come già anticipato, il percorso non è più completamente transitabile nella parte amonte della Boschetta, per cui ho dovuto “frazionarlo” in base all’accessibilità.Va anche precisato che, stando alle dichiarazioni di Lotti, al termine del tragitto che ha permessodi ‘scavalcare’ il passaggio a livello, le auto hanno preso di nuovo la direzione di Vicchio perrecarsi a Podere Schignano, dove hanno nascosto la pistola.

La situazione è (ed era) quella rappresentata dalla prossima fotografia, con indicazione del luogodell’aggressione e del passaggio a livello lungo la strada provinciale ‘Sagginalese’ in direzioneDicomano. E’ quello il passaggio a livello che, essendo chiuso, ha obbligato i cosiddetti Compagnidi Merende a imboccare la strada sterrata lungo la quale sono stati visti dai coniugi Frigo-Bertaccinie dai coniugi Martelli-Caini.

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Durante il dibattimento si sostiene che intorno alle 23:00, lasciando la Boschetta, Pacciani, che eradel luogo, sapeva che avrebbero trovato il passaggio a livello con le sbarre abbassate, decidendoquindi di aggirarlo percorrendo il “cavalcavia naturale” a monte della strada provinciale S.P.‘Sagginalese’. Il “cavalcavia naturale” più rapido, per come si presenta adesso, dovrebbe esserequesto: la parte azzurra tratteggiata è quella non più percorribile in auto, ma probabilmente nel1984 era transitabile:

La signora Frigo sostiene di aver visto nei giorni precedenti al 29 Luglio un’auto con alla guida

una persona che anni dopo riconosce in Pacciani, aggirarsi dalle parti della Boschetta. Poi, la nottedel 29 Luglio, sostiene di aver incrociato la stessa auto intorno alle 23:55 (quindi gli orari noncollimerebbero con quelli della chiusura del passaggio a livello dichiarati da Lotti, che sostenevafossero le 23:00) seguita a 200-300 metri di distanza da un’auto rossa. La prima auto, condotta dauna persona che la signora Frigo individua in Pacciani (dieci anni dopo, visto che nel 1984 ancoranon era implicato), avanza a forte velocità e con le sole luci di posizione accese. Una scelta – quelladelle luci – che non trova giustificazione se non che fossero bruciati i fari anabbaglianti e gliabbaglianti, circostanza piuttosto rara a verificarsi. Perché le sole luci di posizione accese non solonon evitano il riconoscimento di chi è alla guida, ma non permettono nemmeno di condurre l’autodove si vuole, perché non si vede un bel nulla (ho provato).

Il tutto avviene a circa 1 km dall’innesto con la strada provinciale ‘Sagginalese’ nei pressi dellaBoschetta, come indicato in una delle foto seguenti. La signora sostiene anche di aver sentito deglispari fra le 22:30 e le 23:00 (a differenza degli altri testimoni che li hanno uditi alle 21:45) e che allaguida di entrambe le auto ci fosse una sola persona.

I coniugi Andrea Caini – Tiziana Martelli intorno alle 23:30-23:45 (poco prima della testimonianzadella signora Frigo, mentre in teoria avrebbe dovuto essere un pochino dopo perché le autoavevano da percorrere il tratto di strada fra i due avvistamenti) sono invece fermi a una fonte,intenti nell’abbeverarsi. Raccontano di aver partecipato a una festa in onore dei genitori dellasignora Martelli in Loc. Santa Margherita (dovrebbe trattarsi del piccolo agglomerato di casesubito sopra la fonte, ma non ho trovato riscontri certi) e sulla strada di ritorno verso Fiesole (doveabitavano) si fermano alla fonte lungo la strada che collega la S.P. ‘Sagginalese’ con San Martino aScopeto perché l’acqua è particolarmente buona.

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Ho indicato l’ipotetico luogo della fonte nella prossima immagine: oggi la strada che sale versoSanta Margherita (sempre che l’agglomerato si chiami effettivamente così) non è praticabile conuna comune auto.

qui vedono sopraggiungere due auto a velocità sostenuta, la seconda delle quali rossa e con le soleluci di posizione accese. Non è più quindi la prima auto ad avere i soli fanalini accesi (come avevasostenuto la signora Frigo) ma la seconda, e non c’è nemmeno da pensare che abbiano invertito laposizione, perché entrambe le testimonianze concordano sul fatto che la seconda fosse di colorerosso. Il luogo in cui i coniugi Caini incrociano le auto potrebbe essere quello segnato nelle fotosottostanti: riporto anche il raffronto fra la foto del dibattimento e quella che potrebbe essere lastessa posizione al giorno d’oggi, secondo la mia personalissima e discutibile opinione. Oggi ionon ho rilevato alcuna fonte, mentre nel 1984 i coniugi Caini sostenevano di essersi fermati per

abbeverarsi.

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Riassumo in questa immagine il percorso ipotetico percorso dalle auto con i luoghi diavvistamento di Frigo e Caini. Il senso di marcia dei veicoli è ANTIORARIO.

Chiarisco che il tempo necessario per compiere tutto il percorso indicato in azzurro a velocitànormale è di circa 15 minuti, per cui nessuna delle testimonianze collimerebbe.

Mi chiedo anche per quale ragione percorressero la strada sterrata a velocità elevata e a fari spenti:non c’era maggior rischio di dare nell’occhio, oltre alla difficoltà a condurre il veicolo?

Rispetto al 1984 non saprei nemmeno dire se la carreggiata sia stata ridotta o meno: perché oggiincrociarsi fra auto è piuttosto complesso e si avanza a passo d’uomo misurando i centimetri.Un altro dettaglio che mi fa riflettere è la testimonianza che sostiene che alla guida dei veicoli cifosse una sola persona. E Vanni dov’era? Forse si era abbassato per non farsi vedere?

Concludo con questa foto, che evidenzia il fabbricato denominato “Podere Schignano” – oggistruttura ricettiva – dove Lotti sostiene fosse stata nascosta la pistola subito dopo il delitto.

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DAL 1984 IN POIIl duplice omicidio del 1984 è quello che, con l’andare del tempo, lascerà maggiore traccianell’immaginario collettivo, forse anche in conseguenza alla determinata e quasi ossessiva ricercadella verità sostenuta da Renzo Rontini, padre di Pia, che vi ha dedicato il resto dei suoi giorni,compromettendo salute, famiglia e finanze.

Il 31 Luglio 1984 si tengono i

funerali dei ragazzi in P.zzaGiotto a Vicchio, dov’è statoappositamente allestito un palco.L’amministrazione Comunale hadeciso il lutto cittadino e i negozihanno le serrande abbassate. Lapiazza è gremita. E’ la piazza sucui si affaccia il bar ‘Stellini’ e ilnegozio di elettrodomestici dellafamiglia Stefanacci, la piazza in

cui Claudio era solito posteggiarela propria auto e dove Piaincontrava gli amici. E anche lapiazza in cui, dieci anni prima,Stefania Pettini trascorreva ipropri momenti di svago.Alla cerimonia partecipa ancheBaldo Bardazzi, la cui presenza èstata richiesta dalle forze

dell’ordine nella speranza che fra i partecipanti riconoscesse il signore distinto che si è seduto alla

sua tavola calda, ma non lo vedrà.E vi partecipa anche tal Francesco, che si definisce bounty-killer  e che chiama il quotidiano LaNazione sostenendo un colloquio di questo tipo, riportato sull’edizione del 6 Agosto 1984:"- Pronto? Sono quello che fa impressione al mostro. Pubblicate che gli do appuntamento. Scrivete: se sei unuomo fatti vedere nella notte tra lunedì e martedì alle una e mezza sul luogo del delitto.- Ma il mostro non si presenterà se saprà che ci sarà la polizia ad attenderlo...- Il mostro, che a me sta un po’ rompendo, non si deve preoccupare, la polizia non verrà, la avverto io.- Ma non teme di essere ucciso? Il maniaco assassino ha già fatto quattordici vittime.- Non ci stanno problemi, io ho un piano ma non vi dico di cosa si tratta sennò lo scrivete.Ottenute rassicurazioni in merito rivelò:

- I l piano è questo: gli tendo un agguato."E ancora, sembra che durante la funzione una donna abbia chiaramente sentito Pacciani che,seduto in un bar, diceva: "Hanno avuto quello che si meritavano", riferendosi alle tristi vicende deidue ragazzi. Ma non si sa dove finisca la suggestione e inizi la realtà.Per un certo periodo i media tengono alta l’attenzione, riportando novità e dettagli relativiall’inchiesta.Si parla di avvistamenti, di testimoni, di indizi, del lavoro della Scientifica (sembra addirittura chefosse stata rinvenuta un’impronta del maniaco all’interno dell’auto “Sull'automobile in cui sono statiuccisi Claudio Stefanacci e Pia Rontini, la tredicesima e la quattordicesima vittima del "mostro", sarebbestata trovata una traccia, una impronta di una scarpa resa nitida perché lasciata nel sangue. Intorno a

questa impronta stanno lavorando gli esperti della Scientifica che minuziosamente setacciano la vetturaazzurra millimetro per millimetro alla ricerca anche di un’eventuale impronta digitale mai lasciata prima”),ma purtroppo non si riesce a identificare l’aggressore. 

 Le esequie di Pia e Claudio in P.zza Giotto a Vicchio

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Chi più di tutti non si dà pace è Renzo Rontini, il padre di Pia: lascia il lavoro e si butta a capofittonella ricerca della verità. Incontra giudici e avvocati, rilascia interviste, frequenta le maggioritrasmissioni televisive. Tiene accesi i fari sulla vicenda, assolda cartomanti e investigatori privati,trasforma la Boschetta in una sorta di mausoleo in nome di Pia e Claudio.Si rivolge anche alle massime autorità delmomento, come lui stesso racconta:

“  Avevo scritto a Pertini [allora Presidentedelle Repubblica, ndr] e al Papa [GiovanniPaolo II, ndr]. Pertini mi disse che si sarebbedato da fare. Il Papa invece non ha risposto. Il

  parroco mi ha detto che forse non ha parlato  perché questi ragazzi erano a fare attiimpuri”.Fra i parenti dei ragazzi colpiti è quelloche più di tutti cerca di portare alla ribaltale truci vicende. Gli altri, per lo più, si

chiudono in un intimo silenzio, forsecercando di dimenticare quelle atrocivicende: tant’è che delle sette aggressionisolo tre recano sul posto una lapide a memoria e fra queste, quella di Stefania e Pasquale è ormaifagocitata dalla vegetazione. Mentre quella di Vicchio, fintanto che Renzo se ne prende cura,diventa sempre più articolata, con due croci in legno dov’era posteggiata l’auto, sovrastate da unarco in metallo, ed una in ferro nel punto in cui sua figlia è stata rinvenuta. Nel 1995 la zona èoggetto di atti vandalici, e in una notte vengono frantumate a calci tutte le croci, sradicate le rose,spaccati i vasi e abbattuti i tralicci. Dapprima la suggestione attribuisce l’operato al maniaco, main seguito è lo stesso Rontini ad attribuire le responsabilità a non meglio definiti "ragazzi di

paese", per ragioni che esulano da sua figlia.Il padre di Pia partecipa a tutte le fasi processuali degli anni ‘90, non salta nemmeno un’udienza esi mette in mostra con la consueta determinazione e tenacia.Assieme alla moglie Winnie si costituisce parte civile al processo dei cosiddetti Compagni di

 Merende, affidandosi all’Avvocato Patrizio Pellegrini, con il quale sostengono la causa dellacolpevolezza degli imputati, facendo tra l’altro riferimento a episodi di cui – almenopubblicamente – non si era mai parlato sino a quel momento. Renzo Rontini e sua moglie Winnie,a dieci anni di distanza, dicono di ricordare di aver ripetutamente visto Mario Vanni aggirarsi neigiorni precedenti al 29 Luglio nei pressi del bar in cui lavorava Pia. Rontini lo ricorda nei pressidella stazione che ‘camminava tra i tigli avanti e indietro’ intorno alle 21:30, orario che loinsospettisce perché non è previsto alcun treno in partenza sino al mattino successivo. Taliavvistamenti, di cui i coniugi Rontini sono assolutamente certi perché avvengono addirittura inmomenti distinti, vengono ricollegati solo quando Vanni appare come teste, dieci anni dopo ilduplice omicidio, lasciando pertanto uno spiraglio di dubbio sul riconoscimento della personavista.Renzo e Winnie tuttavia, anche attraverso l’Avv. Pellegrini, continuano a sostenere fermamentegli avvistamenti dell’ex postino Vanni a Vicchio (ribadiscono le loro posizioni anche dopo averloincontrato in carcere a Pisa), avallando di fatto la teoria dei Compagni di Merende coordinati daPietro Pacciani. Renzo Rontini lo considera l’esecutore materiale (dirà “so che l’assassino di mia figliaé Pietro Pacciani“), basando tuttavia le sue convinzioni su dati che non possono propriamentedefinirsi prove schiaccianti: “Sì, non ho più dubbi, da tempo. Ma non ho mai voluto dirlo apertamente.Ora basta. Furono alcuni elementi a mettermi sulla sua pista. Pacciani ha sempre negato di conoscere illuogo del delitto ma, in realtà, a meno di 200 metri in linea d’aria si trova un podere dove l'ex contadinolavorò per anni. A Vicchio, Pacciani ha una sorella e da diverse persone fu visto in zona con il Vanni. E io

 I coniugi Rontini a una trasmissione di Maurizio Costanzo

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stesso vidi l'ex postino di San Casciano passeggiare davanti al bar dove lavorava mia figlia, almeno trevolte, a tarda sera, prima dell’omicidio. Non solo, a Vicchio Pacciani ha lavorato come tagliatore di pelli” e“La mia sicurezza viene dal fatto che a dirmi chi è il mostro é stato proprio lui, Pacciani. Me lo ha detto inaula, con i suoi sguardi, le occhiate, i gesti. Un giorno più di altri si tradì. Fu quando proiettarono le foto delcorpo di Pia devastato dal maniaco, Pacciani disse: ‘Mi fa pena per quel povero omuccio’. Io non replicai. Ci

 guardammo e allora capii. Capii che il vero mostro era lui". 

Per contro, sembra che durante l’incidente probatorio si fosse dimostrato piuttosto scettico sulletestimonianze di Giancarlo Lotti, pur sostenendo il contrario nelle dichiarazioni rilasciate allastampa.

Nel frattempo la situazione economica va progressivamente peggiorando, si susseguonoinsolvenze e pignoramenti, e la casa viene acquisita per far fronte ai debiti contratti.Il 9 Dicembre 1998, mentre si sta recando a riscuotere l’assegno della sottoscrizione fatta daidipendenti della Questura di Firenze in suo favore grazie alla quale vive, Renzo Rontini siaccascia nei pressi della questura di Firenze, in Via San Gallo, e raggiunge sua figlia.La moglie Winnie, che spesso era comparsa accanto al marito nelle sue numerose apparizioni

pubbliche, sparisce dalla scena e si ritira in privato, continuando tuttavia a vivere a Vicchio diMugello, dove risiede tuttora.

Un ringraziamento particolare a tutti i forumisti di mostrodifirenze.forumup.it, ai quali ho‘rubato’ idee, spunti e riflessioni, e in particolare ad Accent per la sua paziente e

reiterata revisione linguistica, a Reporter per gli spunti che mi hanno permesso di

rivedere alcuni punti nodali, e a MK108 per la sua preziosissima consulenza balistica.