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James Rollins L’ALTARE DELL’EDEN ROMANZO

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James Rollins è stato per vari anni un apprezzato veterinario ma, a un certo punto della sua vita, ha deciso di ante-porre al lavoro le sue tre grandi passioni: la speleologia, le immersioni subacquee e, soprattutto, la scrittura. Fin dal suo esordio, si è segnalato come una delle voci più nuove e convincenti nel campo del romanzo d’avventura; grazie a La mappa di pietra, L’ordine del sole nero, Il marchio di Giuda, La città sepolta, L’ul-timo oracolo e La chiave dell’apocalisse, ha raggiunto un meritatissimo successo di pubblico e di critica. Attualmente vive in California.

In copertina:© Getty Images

Iraq, aprile 2003. Baghdad è stata ap-pena conquistata dall’esercito america-no: la città è nel caos e, mentre i soldati cercano di arginare rapine e saccheggi, alcuni uomini armati irrompono nel giardino zoologico e sottraggono da un laboratorio sotterraneo i risultati di un esperimento rivoluzionario. Le armi, però, non possono proteggerli dalla creatura che, all’improvviso, emerge dall’oscurità...New Orleans, oggi. Un peschereccio naufragato sulle coste della Louisiana, i membri dell’equipaggio scomparsi, sangue ovunque e, nella stiva, un carico clandestino di animali esotici: è questo lo scenario che si presenta alla veteri-naria Lorna Polk, chiamata dall’agente Jack Menard per prestare le prime cure ai preziosi animali. Incuriosita dalle loro singolari anomalie fisiche e dalla loro stupefacente intelligenza, Lorna sospetta subito che siano le cavie di au-daci manipolazioni genetiche. Ma la curiosità si trasforma in terrore quando prima scopre che un feroce giaguaro dai denti a sciabola è fuggito nella palude, e poi si salva per miracolo dall’esplosio-ne che distrugge il peschereccio. Per far luce sulla provenienza di quel misterioso carico, infatti, Jack e Lorna dovranno affrontare un nemico potente e implaca-bile, disposto a tutto pur di nascondere la verità. Perché quegli animali sono gli ignari custodi di un segreto sconvolgen-te, un segreto che risale all’origine stessa della razza umana...

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«Rollins è un maestro dei romanzi d’avventura».Chicago Sun-Times

«Una prosa esplosiva per un thriller mozzafiato e costellato di colpi di scena:

Rollins è il migliore».Library Journal

«Sulla scia di Amazzonia e Artico, Rollins si conferma il miglior autore

di romanzi d’avventura in circolazione».Booklist

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James Rollins è stato per vari anni un apprezzato veterinario ma, a un certo punto della sua vita, ha deciso di ante-porre al lavoro le sue tre grandi passioni: la speleologia, le immersioni subacquee e, soprattutto, la scrittura. Fin dal suo esordio, si è segnalato come una delle voci più nuove e convincenti nel campo del romanzo d’avventura; grazie a La mappa di pietra, L’ordine del sole nero, Il marchio di Giuda, La città sepolta, L’ul-timo oracolo e La chiave dell’apocalisse, ha raggiunto un meritatissimo successo di pubblico e di critica. Attualmente vive in California.

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Iraq, aprile 2003. Baghdad è stata ap-pena conquistata dall’esercito america-no: la città è nel caos e, mentre i soldati cercano di arginare rapine e saccheggi, alcuni uomini armati irrompono nel giardino zoologico e sottraggono da un laboratorio sotterraneo i risultati di un esperimento rivoluzionario. Le armi, però, non possono proteggerli dalla creatura che, all’improvviso, emerge dall’oscurità...New Orleans, oggi. Un peschereccio naufragato sulle coste della Louisiana, i membri dell’equipaggio scomparsi, sangue ovunque e, nella stiva, un carico clandestino di animali esotici: è questo lo scenario che si presenta alla veteri-naria Lorna Polk, chiamata dall’agente Jack Menard per prestare le prime cure ai preziosi animali. Incuriosita dalle loro singolari anomalie fisiche e dalla loro stupefacente intelligenza, Lorna sospetta subito che siano le cavie di au-daci manipolazioni genetiche. Ma la curiosità si trasforma in terrore quando prima scopre che un feroce giaguaro dai denti a sciabola è fuggito nella palude, e poi si salva per miracolo dall’esplosio-ne che distrugge il peschereccio. Per far luce sulla provenienza di quel misterioso carico, infatti, Jack e Lorna dovranno affrontare un nemico potente e implaca-bile, disposto a tutto pur di nascondere la verità. Perché quegli animali sono gli ignari custodi di un segreto sconvolgen-te, un segreto che risale all’origine stessa della razza umana...

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«Rollins è un maestro dei romanzi d’avventura».Chicago Sun-Times

«Una prosa esplosiva per un thriller mozzafiato e costellato di colpi di scena:

Rollins è il migliore».Library Journal

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Iraq, aprile 2003. Baghdad è stata ap-pena conquistata dall’esercito america-no: la città è nel caos e, mentre i soldati cercano di arginare rapine e saccheggi, alcuni uomini armati irrompono nel giardino zoologico e sottraggono da un laboratorio sotterraneo i risultati di un esperimento rivoluzionario. Le armi, però, non possono proteggerli dalla creatura che, all’improvviso, emerge dall’oscurità...New Orleans, oggi. Un peschereccio naufragato sulle coste della Louisiana, i membri dell’equipaggio scomparsi, sangue ovunque e, nella stiva, un carico clandestino di animali esotici: è questo lo scenario che si presenta alla veteri-naria Lorna Polk, chiamata dall’agente Jack Menard per prestare le prime cure ai preziosi animali. Incuriosita dalle loro singolari anomalie fisiche e dalla loro stupefacente intelligenza, Lorna sospetta subito che siano le cavie di au-daci manipolazioni genetiche. Ma la curiosità si trasforma in terrore quando prima scopre che un feroce giaguaro dai denti a sciabola è fuggito nella palude, e poi si salva per miracolo dall’esplosio-ne che distrugge il peschereccio. Per far luce sulla provenienza di quel misterioso carico, infatti, Jack e Lorna dovranno affrontare un nemico potente e implaca-bile, disposto a tutto pur di nascondere la verità. Perché quegli animali sono gli ignari custodi di un segreto sconvolgen-te, un segreto che risale all’origine stessa della razza umana...

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Iraq, aprile 2003. Baghdad è stata ap-pena conquistata dall’esercito america-no: la città è nel caos e, mentre i soldati cercano di arginare rapine e saccheggi, alcuni uomini armati irrompono nel giardino zoologico e sottraggono da un laboratorio sotterraneo i risultati di un esperimento rivoluzionario. Le armi, però, non possono proteggerli dalla creatura che, all’improvviso, emerge dall’oscurità...New Orleans, oggi. Un peschereccio naufragato sulle coste della Louisiana, i membri dell’equipaggio scomparsi, sangue ovunque e, nella stiva, un carico clandestino di animali esotici: è questo lo scenario che si presenta alla veteri-naria Lorna Polk, chiamata dall’agente Jack Menard per prestare le prime cure ai preziosi animali. Incuriosita dalle loro singolari anomalie fisiche e dalla loro stupefacente intelligenza, Lorna sospetta subito che siano le cavie di au-daci manipolazioni genetiche. Ma la curiosità si trasforma in terrore quando prima scopre che un feroce giaguaro dai denti a sciabola è fuggito nella palude, e poi si salva per miracolo dall’esplosio-ne che distrugge il peschereccio. Per far luce sulla provenienza di quel misterioso carico, infatti, Jack e Lorna dovranno affrontare un nemico potente e implaca-bile, disposto a tutto pur di nascondere la verità. Perché quegli animali sono gli ignari custodi di un segreto sconvolgen-te, un segreto che risale all’origine stessa della razza umana...

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«Rollins è un maestro dei romanzi d’avventura».Chicago Sun-Times

«Una prosa esplosiva per un thriller mozzafiato e costellato di colpi di scena:

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New Orleans, Stati Uniti,23 maggio, ore 07.32

La Ford Bronco urto i detriti lasciati dall’uragano e sobbalzoper l’ennesima buca. Per poco Lorna non picchio la testa controil tettuccio. La macchina slitto sulla strada bagnata e Lorna tol-se il piede dall’acceleratore, cercando di mantenere il controllo.

Il vento aveva divelto gli alberi, i fiumi erano esondati e unalligatore era finito persino in una piscina. Fortunatamente siera trattato della coda di un uragano che aveva colpito conmaggiore intensita una zona piu a ovest. Eppure, con tutti que-gli acquazzoni, sembrava che Madre Natura fosse determinataa far tornare Orleans Parish una grande palude.

Mentre Lorna viaggiava lungo il corso del fiume, non riusci-va a fare altro che pensare alla telefonata. L’aveva ricevutaventi minuti prima: al Centro era andata via la corrente. I ge-neratori non erano entrati in funzione e decine di progetti diricerca erano in pericolo.

Quando supero l’ultima ansa del Mississippi, l’area recinta-ta comparve davanti a lei. Il Centro Audubon per la Ricercasulle Specie a Rischio si estendeva in una zona di oltre quaran-ta ettari a sud di New Orleans. Anche se era collegato allo zoocittadino, non era aperto al pubblico. La struttura era nascostain una foresta di latifoglie e il corpo principale era costituito daun edificio di circa tremilacinquecento metri quadrati, cheospitava una mezza dozzina di laboratori e un ospedale vete-rinario.

La dottoressa Lorna Polk ci lavorava da quando aveva con-seguito la laurea in veterinaria. Era il supervisore del cosiddet-to « zoo surgelato », ovvero dodici taniche di azoto liquido incui venivano conservati sperma, uova ed embrioni di centinaia

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di specie animali a rischio: gorilla di montagna, tigri di Suma-tra, gazzelle di Thomson, scimmie Colobus, bufali cafri.

Era una posizione di grande responsabilita, soprattutto peruna persona che aveva solo ventotto anni e aveva appena fini-to il tirocinio. Al suo incarico – il controllo della banca del se-me – era legata la speranza di riportare indietro dal baratrodell’estinzione le specie a rischio attraverso l’inseminazione ar-tificiale, il trasferimento embrionale e la clonazione. Tuttavia,nonostante il peso della responsabilita, lei amava il suo lavoroe sapeva di essere in gamba.

Mentre correva lungo il viale che portava all’ingresso dell’e-dificio principale, il cellulare, che teneva nel portabevande, ini-zio a squillare. Lorna lo afferro e continuo a guidare con unamano sola.

«Dottoressa Polk, sono Gerald Granger, del reparto tecnico.Ho pensato che dovesse saperlo subito: siamo riusciti a far par-tire i generatori e a individuare il guasto da cui era dipesa lamancanza di corrente. »

Lorna lancio un’occhiata all’orologio della macchina. Ilblack-out era durato quasi quarantacinque minuti. Fece qual-che calcolo mentale e tiro un sospiro di sollievo. «Grazie, Ge-rald. Saro lı tra un minuto. » Richiuse il telefono.

Dopo aver parcheggiato, appoggio la testa sul volante. Ilsollievo era cosı intenso che quasi si mise a piangere. Quasi.Dopo essersi presa un minuto per ricomporsi, si raddrizzo esi rese conto all’improvviso di com’era vestita. Era uscita dicorsa con un paio di jeans sgualciti, una vecchia maglia a colloalto grigia e un paio di stivali.

Non proprio l’aspetto professionale che aveva di solito.Girandosi per scendere dalla Bronco, vide il suo riflesso nel-

lo specchietto retrovisore.Oh, buon Dio...I capelli biondi – che di solito erano raccolti in una treccia

impeccabile – quella mattina erano tirati indietro in una codamolto approssimativa. Anche gli occhiali con la montatura ne-ra le stavano storti sul naso. In quel momento, sembrava unastudentessa universitaria ubriaca di ritorno da una festa delMardi Gras.

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Visto che aveva gia un aspetto trasandato, decise di scioglie-re i capelli, poi scese dalla macchina e si diresse verso l’entrataprincipale.

Prima che potesse arrivare alla porta, un rumore nuovo cat-turo la sua attenzione. Si giro verso il Mississippi. Un elicotterobianco sfiorava le cime degli alberi e si dirigeva velocementeverso di lei.

Una mano si poggio sulla spalla di Lorna. Lei sussulto, male dita la strinsero per rassicurarla. Quando si giro, si accorseche si trattava del suo capo e mentore, il dottor Carlton Me-toyer, il direttore del Centro. Non lo aveva sentito avvicinarsiper colpa dell’elicottero.

Piu vecchio di lei di trent’anni, era un afro-americano alto erobusto, con i capelli bianchi e una barba brizzolata e ordinata.La sua famiglia – cosı come quella di Lorna – risaliva alla co-lonia creola di Cane River, un misto di eredita francese e afri-cana.

Il dottor Metoyer si riparo gli occhi con la mano mentre fis-sava il cielo. «Abbiamo compagnia. »

L’elicottero si stava dirigendo proprio verso il Centro. Sisposto su un campo adiacente e inizio a scendere. Lorna notoche era un piccolo A-Star dotato di galleggianti invece dei solitipattini di atterraggio. Riconobbe anche la striscia verde sullafiancata bianca: dopo Katrina, la maggior parte degli abitantidi New Orleans conosceva quel simbolo. Era uno degli elicot-teri della Border Patrol; le loro flotte erano state fondamentaliper le operazioni di soccorso e messa in sicurezza dopo il disa-stro.

«Che ci fanno qui? »« Sono venuti per te, mia cara. Ti daranno un passaggio. »

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Mentre l’elicottero decollava, Lorna sentı lo stomaco che le sistringeva, non tanto per colpa del movimento quanto percheera in preda al panico vero e proprio. Afferro i braccioli delsuo sedile, che era accanto a quello del pilota. Il rombo dei mo-tori, che diventava sempre piu forte, supero la barriera dellegrosse cuffie che aveva dovuto indossare. Era come salire inun ascensore attaccato a un razzo.

Non era mai stata una patita delle grandi altezze, in genera-le odiava volare, e montare su un tosaerba volante come quelloera per lei il colmo della pazzia. Aveva fatto un giro in elicot-tero solo una volta, durante uno stage in Sudafrica, mentreconduceva un censimento degli elefanti che vivevano in unazona di confine con una riserva. In quell’occasione, si era pre-parata al viaggio buttando giu un paio di compresse di Xanaxprima di salire a bordo e, nonostante cio, le gambe le avevanocontinuato a tremare per un paio d’ore dopo che era tornatacon i piedi per terra.

E quel giorno non aveva avuto nessun preavviso.Il dottor Metoyer le aveva dato qualche informazione som-

maria mentre l’elicottero atterrava. Non le aveva neppure datoil tempo di entrare a esaminare le sue taniche di azoto liquido.« Se ne sta gia occupando lo staff », le aveva garantito, e poiaveva aggiunto che le avrebbe controllate lui stesso e le avreb-be riferito i dettagli via radio piu tardi.

Gia, la radio...Stavano volando al di sopra della rete GSM dei cellulari.Lorna si azzardo a dare un’occhiata fuori dal finestrino. L’e-

licottero s’inclino offrendole una vista a volo d’uccello del Mis-sissippi. Stavano volando verso sud seguendo piu o meno ilcorso del Big Muddy. Dopo la tempesta, quel nome era parti-colarmente appropriato. Il fiume era color cioccolata e pieno di

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sedimenti: turbinava e ribolliva mentre scorreva verso il Golfodel Messico.

Erano diretti al delta del fiume, dove si depositava tutto ilmateriale alluvionale, vale a dire i sedimenti, l’argilla, la sabbiae la terra che poi venivano spinti nel Golfo, formando piu di unmilione e duecentomila ettari di paludi costiere e acquitrini sa-lati. La regione non era importante solo dal punto di vista am-bientale, visto che ospitava un ecosistema vasto e complesso ri-salente al Giurassico, ma anche da quello commerciale. L’areacopriva infatti gran parte del fabbisogno ittico degli Stati Unitie forniva al Paese circa il venti per cento del suo petrolio.

Era anche una zona di confine molto sensibile. La miriaded’isole, le intricate vie di navigazione interna e le piattaformeisolate per la pesca facevano del delta un nascondiglio idealeper contrabbandieri e trafficanti di tutti i tipi. Il Dipartimentoper la Sicurezza Interna degli Stati Uniti aveva classificato lazona come un’area ad alto rischio e aveva rinforzato la stazionedella Border Patrol di New Orleans.

A detta del capo di Lorna, l’agenzia aveva ispezionato la zo-na in seguito alla mareggiata provocata dalla tempesta dellanotte prima. Era frequente che i contrabbandieri approfittasse-ro degli uragani per introdurre negli Stati Uniti droga, armi epersino carichi umani. Quella mattina una pattuglia aveva sco-perto un peschereccio spiaggiato su una delle isole esterne. Do-po aver ispezionato la barca, avevano chiamato il Centro Au-dubon.

Quella telefonata rimaneva un mistero anche per il dottorMetoyer. Non gli avevano dato nessuna informazione aggiun-tiva sulla richiesta e non gli avevano spiegato perche sul postofosse stata chiamata proprio Lorna.

Nonostante la paura, in lei stava montando una rabbia chenon riusciva a tenere a freno. Al Centro aveva dei progetti inpericolo. Che cosa ci faceva per aria, nel bel mezzo del nulla?La rabbia cresceva, alimentata dall’ansia. Che stava succeden-do? Perche avevano chiesto proprio di lei? Non conosceva nes-suno all’agenzia che si occupava della protezione e del control-lo delle frontiere.

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Le risposte a quelle domande l’aspettavano alla fine delviaggio.

La radio che aveva nelle cuffie si mise a gracchiare. Il pilotale indico l’orizzonte. Indossava un’uniforme verde con dei di-stintivi all’altezza delle spalle che lo qualificavano come unmembro dell’unita marina e aerea della Border Patrol. Si erapresentato, ma Lorna non ne aveva afferrato il nome.

«Dottoressa Polk, tra qualche minuto atterreremo. »Lorna annuı e guardo avanti, verso il punto in cui il verde

smeraldo intenso delle paludi si apriva in un groviglio d’isole epenisole. Ancora piu in la, nel Golfo, una linea scura vicino al-l’orizzonte delimitava una fila di isole piu grandi che contri-buivano a proteggere le fragili paludi e gli acquitrini costieri.

Ma non stavano andando cosı lontano.Lorna scorse una barca bianca e scintillante ormeggiata a

una delle isolette. Finalmente. Mentre scendevano verso la bar-ca noto anche un vecchio peschereccio arenato sulla spiaggia.Era andato a sbattere cosı forte che aveva abbattuto qualche al-bero ed era finito con meta dello scafo sull’isola. Era stato chia-ramente spinto fin la dalla mareggiata.

L’elicottero scese in fretta. Lorna strinse piu forte i braccioli.Aveva letto che la maggior parte degli incidenti aerei si verificadurante il decollo e l’atterraggio. Non era certo la statistica cuivoleva pensare in quel momento.

Quand’erano ormai a pochi metri dall’acqua rallentarono. Ilturbinio delle eliche fece muovere il mare calmo. Poi i galleg-gianti dell’elicottero toccarono l’acqua con la stessa delicatezzacon cui un’oca si posa su uno stagno. Qualche scatto di assesta-mento e il sibilo delle pale inizio a diminuire.

« Resti seduta, per favore. Stanno mandando uno Zodiac aprenderla », disse il pilota.

Con un cenno richiamo l’attenzione di Lorna su un piccologommone che era partito dall’isola e stava correndo verso diloro. Un attimo dopo, un membro dell’equipaggio con la stessadivisa verde della Border Patrol l’aiuto a scendere dall’elicotte-ro e a salire sullo Zodiac.

Lorna si lascio cadere sul sedile del gommone, gia sollevatama ancora con un peso sullo stomaco. Si schermo gli occhi

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mentre si dirigevano verso la costa, cercando una risposta perquella convocazione misteriosa e inaspettata.

L’aria si stava riscaldando mentre il sole spazzava via le nu-vole e sgombrava il cielo blu. La giornata si preannunciava afo-sa come una sauna, com’era tipico della Louisiana. E a Lornastava bene. Fece qualche respiro profondo per calmarsi, inspi-rando l’odore salmastro di foglie marce, muschio bagnato e ac-qua di mare fangosa.

Per lei, era l’odore di casa.La sua famiglia viveva in Louisiana fin dal XIX secolo e, co-

me per tutte le antiche famiglie di New Orleans, la loro storiaera radicata in lei come le linee della sua mano. I nomi e le sto-rie degli antenati le erano familiari come se fossero morti appe-na il giorno prima.

Durante la guerra del 1812, il suo trisavolo, che all’epocaaveva solo diciassette anni, aveva lasciato l’esercito inglese du-rante la battaglia di NewOrleans e si era stabilito in quella cittadi frontiera che stava iniziando a svilupparsi. Lı aveva cono-sciuto e poi sposato l’erede della famiglia De Trepagnier e siera costruito rapidamente una piccola fortuna coltivando can-na da zucchero e indigofera in una piantagione di quaranta et-tari che la moglie aveva avuto in dote. Con il passare degli an-ni, quella fortuna aveva continuato a crescere e la famiglia Polkera stata una delle prime a costruire all’ombra delle querce del-la valle del Garden District di New Orleans. Dopo aver vendu-to la piantagione, la famiglia si era stabilita definitivamente nelquartiere. Generazione dopo generazione, casa Polk era dive-nuta famosa come luogo di ritrovo di generali, giuristi e innu-merevoli uomini di scienza e lettere.

La magione in stile italiano esisteva ancora ma, proprio co-me la citta che la ospitava, nel corso del XX secolo la famigliaPolk aveva iniziato un lungo declino. Lorna e il fratello ne era-no gli ultimi eredi. Il padre era morto di cancro ai polmoniquando Lorna era piccola, mentre la madre era venuta a man-care da un anno, lasciando ai figli una casa in pessimo stato eun mucchio di debiti.

I Polk erano pero rimasti fedeli alle loro tradizioni e nonavevano smesso di riconoscere il grande valore dell’istruzione.

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Lorna si era dedicata alla medicina e alla scienza. Il fratello, piupiccolo di lei di un anno, era un ingegnere petrolifero e lavora-va per lo Stato. Per il momento i due fratelli, entrambi single,dividevano la casa di famiglia.

Il suono della sabbia che strusciava contro il gommone ri-porto Lorna al presente.

L’isoletta, che assieme ad altre formava una barriera dietro imelmosi acquitrini costieri, era coperta di cipressi resi ancorapiu fitti dal muschio spagnolo: dalla spiaggia appariva impe-netrabile.

Ma lei non stava andando lı.«Da questa parte », disse il pilota dello Zodiac. Le tese la

mano per aiutarla a scendere dal gommone, ma lei lo ignoroe fece da sola. « Il SOC la sta aspettando. »

« Il SOC? »« Il supervisore delle operazioni sul campo. »Lorna non sapeva niente della gerarchia della Border Patrol,

ma sembrava che si trattasse del tizio incaricato delle indagini.Magari proprio quello che l’aveva convocata con tanta urgen-za. Siccome voleva delle risposte, seguı il pilota verso il pe-schereccio arenato. Era cresciuta vicino al fiume e quindi cono-sceva bene le barche. Il peschereccio era piccolo, di circa dodicimetri. La collisione ne aveva distrutto il boma a dritta, ma a si-nistra le lunghe vele puntavano di traverso al cielo. Le reti per igamberi erano ancora legate al boma.

Un gruppo di uomini, tutti con la divisa sportiva della Bor-der Patrol, era riunito sulla spiaggia accanto al peschereccio.Alcuni portavano cappelli da cowboy di pelle, altri berrettida baseball verdi. Lorna noto anche le pistole che tenevano at-taccate alla cintura. Uno aveva un fucile Remington appoggia-to sulla spalla.

Che stava succedendo?Gli uomini smisero di parlare mentre lei si avvicinava. Al-

cuni di loro la squadrarono tutta: non sembravano particolar-mente colpiti. Lei cerco di mantenere un’espressione severa,ma sentı che stava arrossendo per l’irritazione e soffoco la vo-glia di fare loro un gestaccio.

Sı, era proprio una festicciola per soli uomini.

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Gli agenti si spostarono e dietro di loro comparve un uomoalto, che indossava come tutti gli altri pantaloni cargo verdescuro e una maglietta dello stesso colore a maniche lunghe ar-rotolate al gomito. Si ravvio i capelli neri madidi di sudore e sirimise in testa un berretto da baseball nero, non prima pero diaver esaminato a sua volta Lorna dalla testa ai piedi con i suoiocchi grigio-blu. A differenza di quanto era accaduto con glialtri, la donna non avvertı nessuna morbosita nel suo sguardo,ma ebbe solo l’impressione che volesse farsi un’idea di lei.

Tuttavia fu contenta quando la visiera del berretto nascosequegli occhi.

Lui le si avvicino. Era alto piu di un metro e ottanta, avevale spalle larghe ed era muscoloso ma non grosso. Si comporta-va come uno che sa comandare senza bisogno di essere tiran-nico. Trasmetteva sicurezza in se stesso, ma aveva anche un’e-spressione piuttosto tetra.

La raggiunse e le tese la mano.«Dottoressa Polk, grazie di essere venuta. »Lei gli strinse la mano e noto che aveva una lunga cicatrice

sull’avambraccio. Alzo lo sguardo e incontro il suo. Aveva lacarnagione olivastra, resa ancora piu scura dal pizzetto nero.Si accorse anche del suo leggero accento tipico degli abitantidella Louisiana di origine francese.

Quindi era della zona. In effetti aveva qualcosa di fastidio-samente familiare... e poi Lorna si rese conto di cos’era. Stavaper chiedergli come mai l’avessero portata lı. Invece, le vennefuori un’altra domanda.

« Jack? »Le labbra di lui, carnose ma virili, assunsero un’espressione

ancor piu severa mentre annuiva il minimo indispensabile.L’immagine che Lorna aveva di lui subı un improvviso muta-mento di prospettiva. La rabbia lascio il posto a una sensazionedi maggiore freddezza e disagio. Erano passati piu di dieci an-ni dall’ultima volta che l’aveva visto. Lei era al secondo annodel liceo, lui all’ultimo.

Anche se all’epoca non lo conosceva bene – a quell’eta dueanni di differenza sono una barriera sociale insormontabile –c’era stato un oscuro legame tra di loro. Un legame che Lorna

L'altare dell'Eden (140 x 215 mm) p. 032