H. James, Prefazione a Ritratto Di Signora

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    Prefazione a Ritratto di signora

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    Ritratto di signora fu cominciato, come Roderick Hudson, aFirenze, durante tre mesi trascorsi ll nella primavera del1879. Come Roderick, e come Eamericano, era destinato allapubblicazione su TheAtlantic Monthly, dove prese ad ap-parire nel 1880. Si distinse dai suoi due precedessori, tutta-via, nel trovare spazio, di mese in mese, anche nel Macmil-lan's Magazine, il che doveva essere per me una delle ultimeoccasioni di quella simultanea pubblicazione a puntate neidue paesi che le condizioni in via di mutamento dei rapportiletterari tra Inghilterra e Stati Uniti avevano fino allora la-sciato inalterata. E un romanzo lungo, e io impiegai lungotempo a scriverlo; ricordo di esservi stato molto impegnato,l'anno successivo, durante un soggiorno di parecchie settima-ne a Venezia.Avevoun alloggio sulla Riva degli Schiavoni, incima a una casa accanto al vicolo che conduceva a San Zac-caria; la vita del molo, la meravigliosa laguna distesa dinanzia me, e l'incessante chiacchiericcio umana di Venezia giunge-vano fino alle mie finestre, verso Iequali mi par d'essere statocostantemente attratto, nell'infruttuosa impazienza dellacomposizione, come per vedere se dall'azzurro canale nonpotesse profilarsi alla vista la nave di un qualche suggerimen-to esatto, di una frase migliore, della felice svolta successivadel soggetto, del giusto tocco successivo per la mia tela. Maricordo abbastanza vividamente che in generale, la rispostapili frequente a tali inquieti appelli era ilmonito piuttosto cu-po che i luoghi romantici e storici, come quelli di cui abbon-

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    da la terra d'Italia, offrono all'artista un discutibile aiuto allaconcentrazione, a meno che non siano essi stessi l'oggetto,Essi son troppo ricchi della propria vita, e troppo carichi deipropri significati, per limitarsi ad aiutarlo a raddrizzare unafrase; 10 distolgono dai suoi piccoli problemi per porlo dinan-zi ai Ioro, tanto pili grandi; si che, dopo un po', mentre sivol-ge ansioso verso di essi, gli par di trovarsi nella situazione dichi si rivolga a un esercito di gloriosi ex-combattenti affinche10 aiutino ad arrestare un venditore ambulante che gli ha da-to il resto sbagliato.Visono pagine dellibro che, nel rileggerle, mi hanno fatto

    come rivedere l'irta curva dell'arnpia riva, le larghe chiazze dicolore delle case coi balconi e la ripetuta ondulazione deiponti celli gobbi, segnata dal sorgere e dal ricadere, con l'on-da, di risonanti pedoni a mezzo busto. II suono di passi e Iegrida veneziane - a Venezia ogni discorso, dovunque sia fatto,ha il timbro di una chiamata attraverso l'acqua - ritornanoancora alla finestra, rinnovando l'antica impressione del godi-mento dei sensi e della frustrazione e divisione della mente.Corn'e possibile che luoghi che parlano cosi in generale all'im-maginazione non Iediano, poi, la cosa particolare che essa ri-chiede? Ricordo d'esser stato continuamente preso, in luoghinotevoli per la loro bellezza, da tale stupore. La verita e , iocredo, che in questa senso essi esprimono fin troppo - pili diquanto, in un dato caso, possa servire; S I che ci si trova a la-vorare meno proficuarnente, per quel che riguarda il quadroche ci circonda, che non in presenza di un elemento modera-to e neutro, al quale possiamo dare alcunche della luce dellanostra visione. Un luogo come Venezia e troppo orgogliosoper siffatta beneficienza: Venezia non prende in prestito, rnada tutto munificamente. Noi ne profittiamo enormemente,rna per far cia dobbiamo essere 0del tutto in vacanza 0 esclu-sivamente al suo servizio. Tali, e tanto arnare, sono queste re-minescenze; anche se, nel cornplesso, non v'e dubbio che illi-bro, e il "lavoro letterario" in senso lato, non potessero che di-ventarne migliori. Alla fine, uno sciupio di attenzione si rive-la, cost, stranamente fertile. Tutto dipende da come l'attenzio-ne e stata ingannata, e dissipata. Visono frodi evidenti e sfac-ciate, eve ne sono di occulte e insidiose. E sempre c'e, temo,persino da parte del pili consapevole degli artisti, una buona

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    fede abbastanza sconsiderata, un desiderio sempre abbastan-za ansioso, da impedirgli di difendersi dai loro inganni.Cercando di ricatturare qui, per riconoscerlo, il germe della

    mia idea, vedo che esso non dev'essere affatto consistito nel-l'elaborazione di un "intreccio" (nome nefando) ne nel lam-peggiare, dinanzi all'immaginazione, di una trama di rappor-tl, ne in alcuna di quelle situazioni che, con logica tutta pro-pria, si pongono immediatamente in movimento, davanti alnarratore, a passo di marcia 0 di corsa, 0 con un succedersi dirapidi passettini; rna piuttosto nell'intuizione di un solo carat-tere - il carattere e l'aspetto di una particolare, attraente gio-vane donna - al quale tutti gli elementi consueti di un "sog-getto", e certo quelli di una scenografia, dovettero di necessitaessere sovrapposti. Non meno interessante della stessa giova-ne donna, pur al suo meglio, io trovo, debbo ripeterlo, questaproiezione della memoria sull'intero episodio della crescita,nella mia immaginazione, di una siffatta apologia d'un moti-vo. Ecco il fascino dell'arte del favolista, queste latenti forzed'espansione, questa necessita di crescita nel serne, questabella decisione, da parte dell'idea coltivata, di diventare la pilialta possibile, di uscire alla luce e all'aria e di fiorirvi ricca-mente; e, del pari, queste fini possibilita di recuperare, da unqualche buon punto d'osservazione sul terreno conquistato,l'intima storia del tutto - di rintracciarne e ricostruirne i pas-si e le fasi. Ho sempre rammentato con piacere un' osservazio-ne che colsi, anni fa, sulle labbra di Ivan Turgenev a propositodella sua esperienza dell'origine consueta del quadro narrati-yo. Questo cominciava quasi sernpre, per lui, con lavisione diuno 0pili personaggi che gli indugiavano davanti, sollecitan-dolo, in quanta figura attiva 0passiva, e interessandolo e at-traendolo soltanto per illoro esserci e per quello che erano.Lui Ii vedeva come disponibles, li vedeva soggetti ai casi, aIlecomplicazioni dell'esistenza, e li vedeva vividamente; rna poidoveva trovare per loro Ie relazioni giuste, quelle che avrebbe-ro potuto farli meglio risaltare; doveva immaginare, sceglieree mettere insieme Ie situazioni pili utili e favorevoli al sensodelle creature stesse, Iecomplicazioni che esse avrebbero pro-dotto e sentito con pili probabilita.Arrivarea queste cose e arrivare alIamia "storia?, disse, e

    questa e ilmodo in cui la cerco. IIrisultato e che spesso vengo45

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    accusato di non avere abbastanza "storia". A me pare di avemequanta me ne serve - di mostrare i miei personaggi, di rivelareIe loro relazioni l'uno con l'altro: perche questa e tutta la miamisura. Se Iiosservo abbastanza a lungo Iivedo comporsi, Iivedo collocati, livedo impegnati in questa 0quell'atto, e in que-sta 0quella difficolta. Com'essi appaiono e si muovono e parla-no e si cornportano, sempre nella scena che ho trovato per 10 -ro: questo e ilmio resoconto di essi - di cui oso dire, ahirne,que cela manque souvent d'architecture. E tuttavia credo chepreferirei aver poca architettura piuttosto che aveme troppa -quando c'e ilpericolo che interferisca con la mia misura dellaverita. I francesi, naturalmente, amana aveme pili di quantane dia io - dato che illoro genio ve lirende adattissimi; e certouno deve dare tutto quello che puo. In quanto all'origine deigermi portati dal vento, chi puo dire, come chiedete, da doveessi vengano? Dovremmo andare troppo indietro, troppo a ri-troso. Che altro possiamo dire se non che vengono da ogni an-golo del cielo, che sono la, quasi a ogni curva della strada? Siaccumulano, e noi stiamo sempre a raccoglierli, a scegliere tradi loro. Sono ilsoffio della vita - col che intendo che la vita, al-la sua maniera, lisoffia su di noi. Vengono fatti affluire alla no-stra mente, in un modo prescritto e imposto, dalla correntedella vita. Cio riduce a vaniloquio la disputa COS! frequente trailcritico e un soggetto, quando lui non ha voglia di accettarlo.Perche non indica, allora, quale altro soggetto sarebbe statoadatto? II suo compito, infatti, e, essenzialmente, quello di in-dicare. II en serait bien embarrasse. Ah, quando mi indica quelche, di esso, ho fatto 0ho mancato di fare, allora e un altro di-scorso: allora e sul suo terreno. 10 gli cedo quanta vuole lamia"architettura?, concIuse il mio illustre amico.Cost, dunque, questo geniale artista; e io ricordo con un sen-

    so di conforto la gratitudine che provai per il suo accenno allaintensita di suggestione che puo trovarsi nella figura sperduta,nel carattere staccato, nell'immagine en disponibilite. Cio midava una garanzia pili alta di quella che avessi ancora incon-trato per quella benedetta abitudine dell'immaginazione, queltrucco di investire un qualche individuo concepito 0 incontra-to, una coppia 0un gruppo di individui, della facolta e autoritagerminale. 10 stesso ero consapevole delle mie figure molto_gri!_p.ahe della loro disposizione - un interesse troppo preli-

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    minare e preferenziale, che mi pareva come porre ilcarroavanti ai buoi. Potevo invidiare, anche se non potevo emularlo,10 scrittore costituito in modo da vedere prima la storia e dacreame in seguito gli agenti; io pensavo COS! poco alla storiache per lanciarla non avevo bisogno dei suoi agenti; pensavopochissimo a una situazione il cui interesse non dipendessedalla natura dei personaggi "situati", e percio dalloro modo diaccettarla. Visono metodi di cosiddetta presentazione, credo-tra romanzieri che paiono esser fioriti recentemente - che of-frono la situazione indifferente a quel sostegno; rna io non hoperduto il senso del valore che ebbe per me, a quel tempo, latestimonianza del grande russo sul fatto che non avevo biso-gno di tentar di eseguire, religiosamente, una siffatta ginnasti-ca. Altri echidalla stessa fonte mi rimangono, 10 confesso, an-cora vivamente impressi - se non si tratta, addirittura, di unasola, vasta eco. Mi era impossibile, dopo cio, non scorgere, permio uso, un'alta lucidita nel tormentato e sfigurato e confusoproblema del valore oggettivo del "soggetto" del romanzo, epersino in quello del suo apprezzamento critico.10 avevo avuto da tempo l'istinto della giusta stima di talivalori e della inanita, che ne derivava, della sciocca disputasull't'immoralita" e moralita del soggetto. Riconoscendo COS!prontamente la sola misura del valore di un dato soggetto, ladomanda che, sevi si risponde esattamente, risolve tutte le al-tre - non e valido, in una parola, e genuine, e sincero, ilrisul-tato di una diretta impressione 0percezione della vita? - ave-vo trovato, per 10 pili, scarsa edificazione in una pretesa criti-ca che aveva trascurato sin dal principio ogni delimitazione diterreno e ogni definizione di termini. L'atmosfera del mio pri-mo periodo mi si rivela, alla memoria, oscurata tutta da quel-la vanita - a meno che oggi la differenza non sia solo nell'im-pazienza finale, nella mancanza di attenzione. Non c'e, credo,a questa riguardo, verita pili nutriente 0 suggestiva di quelladella perfetta dipendenza del senso "morale" di un'opera d'ar-te dalla quantita di vita sentita che l'ha prodotta. E COS!, ov-viamente, ilproblema si trasferisce al grado della sensibilitaprimaria dell'artista, che e ilsuolo da cui germoglia ilsuo sog-getto. La qualita e la capacita di quel suolo, la sua capacita di"far crescere" con la dovuta freschezza e vigoria una visionedella vita, rappresenta, fortemente 0 debolmente che sia, la

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    moralita proiettata. Quell'elemento non e che un altro nomeper ilpili 0meno stretto rapporto del soggetto con qualche se-gno impresso sulla mente, con qualche sincera esperienza.Col che, naturalmente, sono lontano dal dubitare che questaumanita dell'artista - che da l'ultimo tocco al valore d'un ope-ra - non sia un elemento ampiamente e straordinariamentemutevole; essendo infatti ora un mezzo ricco e munifico, oraun mezzo relativamente povero e ingeneroso. Qui abbiamoinvero l'alto pregio del romanzo come forma letteraria - il po-tere che ha, mentre preserva fedelmente quella forma, diespandersi attraverso tutte le differenze del rapporto indivi-duale con l'argomento generale, tutte le varieta di osservazio-ne della vita, di disposizione a riflettere e proiettare, create dacondizioni che non sono mai lestesse da uomo a uomo (0 an-che da uomo a donna); rna, insieme, ilpotere che ha di appa-rire tanto pili fedele al proprio carattere quanta pili sforza, 0tende a far scoppiare, con latente stravaganza, la sua forma.La casa della narrativa, in breve, non ha una finestra sola rna

    un milione - un numero quasi incalcolabile di possibili fine-stre, ognuna delle quali e stata aperta, 0 e ancora apribile, sullasua vasta fronte, dalla necessita della visione e dalla pressionedella volonta individuale. Queste aperture, di forma e misuradissimili, danno tutte sulla scena umana, S!che ci si potrebbeaspettare, da esse, un'identita di riproduzione maggiore diquella che troviamo. Esse sono, nel migliore dei casi, finestre 0altrimenti meri fori in un muro morto, sconnessi, collocati inalto; non sono porte coi cardini che si aprano direttamente sul-la vita. Mahanno questa caratteristica, che a ognuna di esse c'euna figura con un paio d'occhi, 0almeno con un binocolo, checostituisce uno strumento unico d'osservazione e che assicuraa chi ne fa:uso un'impressione distinta da ogni altra. Lui e isuoi vicini osservano 10 stesso spettacolo, rna uno vede di pili ladove un altro vede di meno, uno vede nero la dove un altro ve-de bianco, uno vede grande Ia dove un altro vede piccolo, unovede rozzo la dove un altro vede delicato. E COS!via di seguito;fortunatamente non e dato dire dove, per un particolare paio diocchi, la finestra non si possa aprire; "fortunatamente" in virtu,precisamente, di questa incalcolabilita di raggio. II campo chesi estende, la scena umana, e la "scelta del soggetto": l'aperturaperforata, sia larga, 0 con balcone, 0 a fessura, 0 bassa, e la

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    "forma letteraria": rna, sia da sola che insieme ad altre, essanon e nulla senza la presenza dell'osservatore - senza, in altreparole, la coscienza dell'artista. Ditemi che cos'e l'artista, e io vidiro di che cosa eglie stato cosciente. In tal modo videfiniro inuna la sua illimitata liberta e la sua "rnoralita".Questo e, in ogni modo, un discorso troppo lungo per quel-

    la prima, oscura mossa verso ilRitratto che fu la mia presa dipossesso di un solo carattere - un acquisto, inoltre, che avevofatto in un modo che non riferiro. Basti dire che, a quel chealmena mi pareva, ne ero in completo possesso, e che 10 erostato per molto tempo, e che cia me l'aveva reso familiare sen-za tuttavia sciuparne il fascino, e che, urgentemente, tormen-tosamente, 10 vedevo in movimento e, per COS!dire, in transi-to. Ouesto equivale a dire che 10 vedevo volto al suo destino -un destino 0 l'altro; e invero il problema era proprio quale de-stino scegliere, tra Ievarie possibilita, COS!io avevo il mio in-dividuo vivo - e vivo, stranamente, malgrado il suo essere allargo, non confinato da quelle condizioni, ne preso in quellarete, in cui cerchiamo molti dei tratti che costituiscono un'i-dentita, Ma se doveva essere ancora "collocate", come mai eravivo? - noi infatti, nella maggior parte dei casi, risolviamo ilproblema del personaggio col solo collocarlo. Non v'e dubbioche uno potrebbe rispondere adeguatamente a tale domanda,se solo potesse fare una cosa tanto sottile, se non rnostruosa,come scrivere la storia della crescita della propria immagina-zione. Uno potrebbe allora descrivere quale cosa straordina-ria, in una data occasione Ie sia accaduta, e sarebbe in gradodi dire, ad esempio, per maggior chiarezza, in che modo essasia riuscita, favorita dall'occasione, a prendere (aprendere di-rettamente dalla vita) una certa costituita, animata, figura 0forma. La figura e stata, come vedete, collocata - collocatanell'immaginazione che la trattiene, la conserva, la protegge,la gode, conscia della sua presenza nel buio, affollato, etero-geneo retrobottega della mente, allo stesso modo in cui uncauto commerciante di oggetti preziosi, in grado di dare un"anticipo" sulle rarita affidategli, e conscio del raro, piccolo"pezzo" lasciato in deposito dalla misteriosa nobildonna de-caduta 0 dall'amatore che vuol speculare, e che e pronto a ri-velare di nuovo il proprio pregio appena una chiave sia scat-tata nella sportello di uno stipo.

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    Questa puo essere, 10 riconosco, un'analogia fin troppo ri-cercata per ilparticolare "valore" di cui parlo, l'immagine del-la giovane natura femminile che avevoavuto per tanto tempocuriosamente a mia disposizione; rna essa appare, alla memo-ria, adattissima al fatto - col ricordo, inoltre, del mio pio desi-derio di collocare ilmio tesoro al posto giusto. Mi rammentoperfettamente, COS!, del mercante rassegnato a non "realizza-re", rassegnato a tenere ilprezioso oggetto chiuso indefinita-mente piuttosto che affidarlo, non importa a qual prezzo, amani volgari. Perche ci sono mercanti di queste forme e figu-re e tesori capaci di tanta raffinatezza. IIpunto e , comunque,che quest'unica, piccola pietra angolare, la concezione di unacerta giovane donna che affrontava il suo destino, fu tutto cioche ebbi per dare avvio all'ampio edificio di Ritratto di signo-ra. Dovevadiventare una casa quadrata e spaziosa - 0 COS! al-meno mi e apparsa nel rivederla; rna, quale che sia, dovetteesser costruita attorno alIamia giovane donna, mentre questase ne stava in perfetto isolamento. Questo e per me, artistica-mente parlando, l'elemento pili interessante; perch'io mi sonperduto ancora una volta, 10 confesso, nella curiosita di ana-lizzare la struttura. Per quale processo di accrescimento logi-co, questa fragile "personal ita"s la mera, sottile ombra d'unafanciulla intelligente rna presuntuosa, dovette trovarsi dotatadegli alti attributi d'un "Soggetto"? E invero, da quale esilita,nel migliore dei casi, un tal soggetto non sarebbe stato vizia-to? Milioni di fanciulle presuntuose, intelligenti 0no, affron-tano quotidianamente illoro destino, e che cosa c'e, in questodestino, che possa indurci a parlarne, a far "rumore" intornoad esso? II romanzo e per sua natura del "rumore", rumore in-torno a qualche cosa, e quanta pili ampia e la forma che pren-de, tanto maggiore, naturalmente, ilrumore. E percio questaera cio che, consapevolmente, mi accingevo a fare - organiz-zare del rumore intorno a Isabel Archer.Fissai spavaldamente, mi par di ricordare, questa strava-ganza; e precisamente con l'effetto di riconoscere il fascino

    del problema. Affrontate un problema siffatto con un minimod'intelligenza, e vedrete immediatamente come esso sia pienodi sostanza; e in realta 10 strano sta nel notare con quanta as-solutezza, con quanta smoderatezza, mentre noi guardiamo ilmondo, Ie Isabel Archer, e persino donne assai pili insignifi-

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    canti, insistono nell'avere importanza. George Eliot 10 ha mi-rabilmente osservato: In questi fragili vasi vien portato attra-verso i secoli il tesoro degli affetti umani, In Romeo e Giuliet-ta, Giulietta dev'essere importante, proprio come, in AdamBede ell Mulino sulla Floss, Middlemarch e Daniel Deronda',debbono esserlo Hetty Sorrel e Maggie Tulliver, RosamondVincye Gwendolen Harleth; con tutto quel solido terreno, tut-ta quell'aria balsamica sempre a disposizione dei loro piedi edei loro polmoni. Esse sono tipiche, nondimeno, di una classeche, nel caso individuale, puo difficilmente costituire il centrodell'interesse: tanto difficilmente, in effetti, che molti espertipittori, come Dickens eWalter Scott, 0persino una mana sot-tile come quella di R.L. Stevenson, hanno preferito non af-frontare l'impresa. Vi sono, invero, scrittori di cui cornpren-diamo che illoro rifiuto e giustificato dalloro ritenere che es-sa non sia degna di essere tentata; e certo illoro onore si sal-va a stento da siffatta pusillanimita. Non e mai l'attestato diun valore, 0persino del nostro imperfetto senso di esso, non emai un tributo a qualsiasi verita, rappresentare male quel va-lore. II fatto che un artist a "faccia" una cosa peggio che puonon riscatta, artisticamente parlando, il suo confuso senti-mento di essa. Visono maniere migliori di questa, la miglioredelle quali e di cominciare con minore stupidita,Si puo rispondere, nel fratternpo, riguardo alIa testimo-

    nianza di Shakespeare e di George Eliot, che la loro conces-sione all't'importanza" delle loro Giuliette e Cleopatre e Porzie(anche con Porzia come il tipo stesso e il modello della giova-ne intelligente e presuntuosa) e a quella delle loro Hetty eMaggie, Rosamond e Gwendolen, e menomata dal fatto chequeste esili figure, quando appaiono come i sostegni principa-Iidel tema, non son mai rese gli strumenti esclusivi di attra-zione; la loro inadeguatezza, al contrario, vien posta in risaItoda elementi comici e da intrecci secondari, come dicono idrammaturghi, se non da assassinii e battaglie, e dalle grandimutazioni del mondo. Se esse vengono rappresentate comedotate della massima "importanza" alIa quale possano aspira-re, la prova di essa e in cento altri personaggi, fatti di mate-1. Sono, i romanzi suddetti, le opere principali della scrit trice ingleseGeorge Eliot (Mary Ann Evans, 1819-1880).

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    riale assai pili consistente, e ciascuno inoltre coinvolto in cen-to relazioni che hanno irnportanza, per loro, in maniera con-comitante. Cleopatra "importa", smisuratamente, ad Antonio;rna i suoi colleghi, i suoi antagonisti, 10 stato di Roma e labat-taglia incombente gli importano anch'essi straordinariamen-te; Porzia importa ad Antonio, e a Shylock, e al principe delMarocco, e ai cinquanta principi aspiranti alIa sua rnano, rnaquesti gentiluomini hanno anche altre vive preoccupazioni;per Antonio, ad esempio, vi sono Shylock e Bassanio, e i beniperduti, e il rischio dell'irnpegno che ha preso. Questo rischio,invero, importa anche a Porzia - sebbene cio abbia interessesolo perche Porzia importa a noi. Che lei ci irnporti, in ognimodo, e che quasi tutto alIa fine ritorni a questo, conferma lamia argomentazione intorno a tale bell'esempio del valoredella mera giovane creatura. (Dico "mera" giovane creaturaperche immagino che persino Shakespeare, per quanto sem-pre interessato aIle passioni dei principi, non avrebbe pretesodi basare il proprio interesse per lei sulla sua elevata posizio-ne sociale.) E proprio un esempio dell'aspra difficolta affron-tata -la difficolta di rendere il fragile vaso di George Eliotse non l'elemento esclusivo della nostra attenzione, almena ilpili chiaro dei richiami.Ora, vedere affrontata l'aspra difficolta e sempre, per l'arti-

    sta veramente impegnato, sentire quasi come una fitta dolo-rosa ilbell'incentivo, e sentirlo in modo tale da desiderare cheil pericolo si faccia pili intenso. In queste condizioni, la diffi-colta pili degna di essere affrontata non puo essere, per lui,che quella pili grande che ilcaso presenti. COS!io ricordo d'a-ver sentito qui (e sempre in presenza della particolare incer-tezza del mio terreno), che ci sarebbe stato un modo miglioredi un altro - oh, assai migliore di qualsiasi altro! - di combat-tere quella battaglia. Il fragile vaso, quello pieno del tesorodi George Eliot, e percio di tanta importanza per coloro che visi avvicinano con curiosita, ha parimenti possibilita di impor-tanza per se stesso, possibilita che permettono un trattarnen-to e in effetti 10 esigono dal momenta stesso in cui vengonoconsiderate. Si puo sempre sfuggire a una precisa descrizionedel debole agente di tali incanti usando come ponte per l'eva-sione, la ritirata e la fuga, la visione del suo rapporto conquelli che 10 circondano. Fatene soprattutto una visione del

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    loro rapporto e il giuoco e fatto: darete il senso generale del-l'effetto di lei, e 10 darete, nei limiti dell'elevazione su di essodi una sovrastruttura, col massimo agio. Bene, io ricordo per-fettamente quanto poco, nella situazione che avevo ormai sta-bilita, il massimo agio mi attraesse, e come me ne liberassicon un'onesta trasposizione dei pesi sulle due bilance. Mettiil centro del soggetto nella coscienza della fanciulla, mi dissi,eavrai la difficolta pili interessante e pili bella che tu possadesiderare. Tieni fermo su questa - per il centro; metti il pesomaggiore su quella bilancia, che sara largamente la bilanciadel suo rap"porto con se stessa. Rendila, nella stes~o tempo,abbastanzf interessata alle cose che non sono lei stessa, equesta rapporto non dovra temere di essere troppo limitato.Nel frattempo, metti sull'altra bilancia ilpeso pili leggero (chee , di solito, quello che fa traboccare l'equilibrio dell'interesse):premi meno forte, in breve, sulla coscienza dei satelliti dellatua eroina, specialmente quelli maschili; rendila un interesseche contribuisca a quello maggiore. Vedi, in ogni caso, cio chesi puo fare in questa direzione. Quale terreno migliore po-trebbe esservi per l'esercizio della dovuta abilita? La fanciullaaleggia inestinguibile, come una bella creatura, e il lavorosara quello di tradurla nei termini pili alti di quella formula,e, inoltre, il pili possibile in tutti itermini. Dipendere da lei edalle sue piccole preoccupazioni per giungere in porto signifi-ca, ricordalo, la necessita di "farla" veramente.COS!ragionavo, e non ci volle nulla di meno di quel rigore

    tecnico, ora 10 vedo chiaramente, per infondermi la giusta fi-ducia e farmi erigere su quell'area di terreno la ordinata e ac-curata e proporzionata pila di mattoni che si eleva ad arco sudi esso e che doveva formare, strutturalmente parlando, unmonumento letterario. Tale e oggi l'aspetto che Ritratto di si-gnora ha per me: una struttura elevata con una competenzaarchitettonica, come avrebbe detto Turgenev, che la rende,per l'autore, la pili proporzionata delle sue opere dopo Gliambasciatori - che doveva seguire a tanti anni di distanza eche ha, non v'e dubbio, una superiore cornpiutezza'. Su unacosa ero ben deciso; che, sebbene fosse chiaro che avrei dovu-to accatastaremattone su mattone per creare un interesse,2. Cfr.la Prefazione a Gli ambasciatori.

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    non avrei lasciato a nessuno un pretesto per dire che qualcosaera fuor di posto, di scala 0 di prospettiva. Avrei costruito ingrande - in belle volte istoriate e archi dipinti, per COS! dire, etuttavia non avrei mai fatto apparire che ilpavimento a scac-chi, ilterreno sotto i piedi del lettore, non si estendeva ovun-que fino alla base dei muri. Quel senso di precauzione, nel ri-vedere illibro, e la vecchia nota che mi colpisce di pill: e inve-ro a~testa, al mio stesso orecchio, lamia ansiosa cura per ildi-vertimento dellettore. Sentivo, in vista delle possibili limita-zioni del mio soggetto, che nessuna cura siffatta avrebbe po-tuto essere eccessiva, e 10 sviluppo del soggetto fu semplice-mente la forma generale di quella seria aspirazione. E inrealta m'accorgo che questa e ilsolo resoconto che so darmidella evoluzione della storia: e tutto sotto questa nome che mipare ch~ ilnecessario processo di crescita abbia avuto luogo,che Iegiuste complicazioni abbiano avuto inizio. Era natural-mente proprio dell'essenza che la giovane donna dovesse esse-re complessa; cio era elementare - 0almeno era la luce in cuiIsabel Archer m'era apparsa originariamente. Dopo un po',tuttavia, altre luci, contrastanti e in conflitto, e di colori al-trettanto diversi, se possibile, come irazzi e i candelotti e legirandole d'un fuoco d'artificio, avrebbero potuto essere usateper attestare quella complessita, Ebbi senza dubbio un ciecoistinto per le complicazioni giuste, poiche sono del tutto inca-pace di seguire le orme di quelle che costituiscono adesso lasituazione generale rappresentata. Esse sono la, v~lgano q~elche valgono, ed estremamente numerose: rna la mia memo-ria, 10 confesso, e vuota riguardo a come e donde venissero.Mi pare d'essermi svegliato una mattina in possesso di esse

    e c~oe?ei rniei personaggi - di Ralph Touchett e dei suoi geni-ton, di Madame Merle, di Gilbert Osmond e di sua figlia e disua sorella, di Lord Warburton, Caspar Goodwood e MissStackpole', la definita schiera di contributi alIa storia di Isa-bel Archer. Li riconobbi, li conobbi, erano i pezzi numeratidel mio giuoco, itermini concreti del mio "intreccio", Fu co-

    3. Ditali personaggi s'e gia detto, ad eccezione di Miss Stackpole, che eun'arnica americana di IsabelArcher,venuta in Europa per dei "servi-zi" giornalistici e che non rnanca di fare anche lei la sua decisiva rnafelice, esperienza sentirnentale. '

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    . ,me se fossero affiuiti alla mia vista per un proprio impulso, eper rispondere alla mia prima domanda: Ebbene, che [araIsabel?. La loro risposta sembrava essere che se mi fossi fi-dato di loro me l'avrebbero mostrato; al che, con un urgenteappello affinche rendessero la cosa quanta pill interessantepossibile, mi affidai a loro. Erano come il gruppo di inser-vienti e di intrattenitori che vengono gill in treno quando lagente di campagna da una festa: rappresentavano la possibi-lita di farla svolgere. Questo rapporto con loro era eccellente -era un rapporto possibile persino con una canna rot!a (per lasua fragilita di coesione) come Henrietta Stackpole. E una ve-rita familiare al romanziere, nei suoi momenti pill ardui, che,come certi elementi di qualsiasi opera appartengono all'es-senza, COS! altri appartengono soltanto alla forma; che comequesto 0quel carattere, questa 0quella disposizione della ma-teria, appartengono, per COS! dire, direttamente al soggetto,COS! questo 0 quell'elemento vi appartiene solo indirettamen-te - appartiene intimamente al trattamento. Questa, in ognimodo, e una verita di cui egli riceve raramente il beneficio -poiche in effetti gli potrebbe essere impartita solo da una cri-tica basata sulla percezione, una critica, cioe, che e troppo po-co di questo mondo. Inoltre, 10 riconosco liberamente, eglinon deve pensare a benefici, perche su tale strada v'e ildiso-nore: deve, cioe, pensare solo a uno di essi - al beneficio, qua-le che sia, derivante dal suo aver soggiogato le pill sempliciforme di attenzione. Questo e tutto cio cui ha diritto; non hadiritto, deve amrnetterlo, a nulla che gli possa venire come ri-sultato d'un qualsiasi atto di riflessione 0 discriminazione daparte sua. Puo godere di questo raffinato tributo - questa eun'altra faccenda; rna solo a condizione di considerarlo comeun dono, una manna miracolosa, ilfrutto d'un albero che nonpuo affermare d'essere stato lui a scuotere. Aria e terra cospi-rano, nel suo interesse, contra la riflessione, contro la discri-minazione; ed e per questa che, come dico, lui deve aver ap-preso sin dal principio a lavorare solo per il"salario minimo",IIsalario minimo e la concessione da parte dellettore del mi- gnimo di attenzione richiesto per aver coscienza d'un "incante-simo". La "mancia" occasionale e un atto della sua intelligen-za che va oltre e al di la di questo, e una mela d'oro che cadein grembo allo scrittore direttamente dall'albero scosso dal

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    vento. L'artista puo, naturalmente, in momenti d'abbandono,sognare un qualche Paradiso (per l'arte) dove il richiamo di-retto all'intelligenza possa essere legalizzato; perche e difficileche la sua mente ambiziosa possa sperare di chiudersi del tut-to a siffatte stravaganze. IImassimo che sipuo fare e di ricor-dare che sono stravaganze.II che e forse solo un giro elegantemente vizioso per dire

    che Henrietta Stackpole era un buon esernpio, nel Ritratto,della verita alla quale ho appena accennato - l'esernpio piliadatto che potrei fare se non vi fosse quello ancora migliore diMaria Gostrey, in Gli ambasciatori, allora nel grembo del tern-p04. Ciascuno di questi personaggi non e che una ruota dellacarrozza; nessuno dei due appartiene al corpo di quel veicolo,o vien fatto sedere, sia pure per un momento, all'interno. Quiviene fatto accomodare solo il soggetto, nella forma del suo"eroe" e della sua "eroina", e degli alti dignitari privilegiati, di-ciarno, che viaggiano col re e con la regina. Vi sono ragioniper cui mi sarebbe piaciuto che cio si sentisse, come, in gene-rale, uno vorrebbe che si sentisse tutto cio che, nel proprio la-voro, ha sentito lui stesso. Abbiamo visto, in ogni modo, 1'0-ziosita di questa pretesa, alIa quale mi spiacerebbe se si attri-buisse troppa importanza. Maria e Miss Stackpole sono dun-que, entrambe, leggere ficelles ,non veri agenti; possono corre-re accanto alla carrozza quanta vogliono, possono tenerle die-tro finche manchi loro il respiro (come fa esemplarmente lapovera Miss Stackpole), ma nessuna delle due, tutto il tempo,riesce a mettere il piede suI predellino, nessuna delle due ces-sa per un momenta di calpestare la strada polverosa. Dite pu-re che sono come Iepescivendole che, in quel fatalissimo gior-no della prima meta della Rivoluzione francese, aiutarono ariportare da Versailles a Parigi il corteo della famiglia reale.Mi si potrebbe tuttavia chiedere, 10 ammetto, perche maidunque, nella presente narrazione, ho permesso che Henriet-ta, della quale vien fatto indubbiamente abuso, sia COS! zelan-temente, stranamente, quasi inesplicabilmente onnipresente.

    Diro tra poco quel che potro per spiegare tale anomalia - e nelmodo pili conciliante.Un altro punto che desidero mettere in chiaro e che, se ilmio rapporto di confidenza can quegli attori del mio drammache erano, diversamente daMiss Stackpole, veri agenti, era unrapporto eccellente, rimaneva ancora quello col Iettore, cheera una questione del tutto diversa e a proposito della qualenon sentivo di potermi fidare di nessuno tranne che di mestesso. Quella preoccupazione doveva di conseguenza espri-mersi nella pazienza con cui, come ho detto, misi un mattonesopra l'altro, I mattoni, nel complesso - e calcolando comemattoni anche piccoli tocchi, invenzioni e aggiunte incidenta-Ii-mi paiono in verita quasi innumerevoli e scrupolosamentedisposti e collocati insieme. E un effetto di dettaglio, e del piliminuto; sebbene, se dovessi dire proprio tutto, esprimerei lasperanza che l'aria generale e pili ampia del modesto monu-mento sopravviva ancora. Mi par di scoprire la chiave per al-meno una parte di questa abbondanza di piccolo, ansioso, in-gegnoso materiale illustrativo, quando ricordo di aver messoil dito, nell'interesse della mia giovane donna, sul pili ovviodei suoi predicati. Checosa fara? Ebbene, la prima cosa chefara sara di venire in Europa; il che in effetti formera, ed ine-vitabilmente, non piccola parte della sua avventura principa-le. Venire in Europa e anche per i "fragili vasi", in quest'etastraordinaria, un'avventura modesta; rna cos'e pili vero delfatto che da un lato - ilIato della loro indipendenza da mare aterra, dai grandi avvenimenti, da battaglie e assassinii e mortiimprovvise -Ie sue avventure debbono essere modeste? Senzail suo senso di esse, il suo senso pe r esse, come si puo dire, es-se non son quasi nulla; rna la bellezza e la difficolta non stan-no proprio nel mostrare la loro mistica trasformazione graziea quel senso, trasformazione nella materia del dramma 0, pa-rola ancor pili deliziosa, della "storia"?. Lamia affermazioneera chiara come una campana d'argento. Due ottimi esernpi,credo, di questo effetto di trasformazione, due casi della raraalchimia, sono le pagine in cui Isabel, entrando nel salotto diGardencourt, reduce da una passeggiata in un pomeriggiopiovoso, trova Madame Merle in possesso delluogo; MadameMerle seduta, completamente assorta rna completamente se-rena, al piano; e profondamente riconosce, nel battere d'un' 0-

    4. Maria Gostrey, in Gli ambasciatori, ha funzione, oltre che di "perso-naggio", soprattutto di ausilio espressivo alia narrazione (che, comesi vedra, poggi a tutta sulla coscienza- del protagonista, LambertStrether). Cfr,la Prefazione a Gli ambasciatori.

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    ra siffatta, nella presenza, la, tra le ombre che s'addensano, diquesta personaggio del quale un momenta prima non avevanemmeno sentito parlare, una svolta nella propria vita. E spa-ventoso dover mettere troppi puntini sulle iper una qualsiasidimostrazione artistica, e non sono ansioso di farlo ora; rnaqui il problema era di produrre ilmassimo di intensita con ilminimo di tensione.L'interesse doveva essere elevato al massimo, e tuttavia gli

    elementi dovevano essere mantenuti nella loro chiave; S! che,se l'opera fosse riuscita, io potessi dimostrare che cosa una vi-ta interiore "eccitante" puo fare per la persona che la condu-ce, anche rimanendo perfettamente normale. E io non so pen-sare a una pili coerente applicazione di quell'ideale, a menoche non si trovi nella lunga esposizione, appena dopo lametadel libro, della straordinaria veglia meditativa della mia fan-ciulla nell'occasione che doveva diventare di tanta importan-za per lei. Ridotta alla sua essenza, non e che la veglia di unaricerca critica, rna fa avanzare I'azione pili di quanta avrebbe-ro potuto fare venti "incidenti". L'intenzione era che avessetutta la vivacita dell'incidente e tutta l'economia del quadro.Ella siede, accanto al fuoco morente, fino a notte inoltrata,sotto l'incantesimo di riconoscimenti di cui scopre, all'im-provviso, fin l'estrema acutezza. E una rappresentazione sem-plicemente del suo immobile vedere, e un tentativo di renderela mera, tranquilla lucidita del suo atto altrettanto "interes-sante" quanta l'attacco di sorpresa di una carovana 0 l'identi-ficazione di un pirata. Essa rappresenta, invero, una delleidentificazioni care, e persino indispensabili, al romanziere;rna procede senza che ella sia avvicinata da un'altra persona 0lasci la sua sedia. E ovviamente la cosa migliore dellibro, rnae solo una suprema illustrazione del piano generale. In quan-to a Henrietta, la mia apologia della quale ho lasciato incom-pleta, ella esemplifica, temo, nella sua sovrabbondanza, nonun elemento del mio piano, rna solo un eccesso del mio zelo.COS! presto, infatti, doveva cominciare lamia tendenza a trat-tare troppo, piuttosto che a trattare troppo poco (quando v'erascelta 0 pericolo) il mio soggetto. (Molti membri della miaprofessione, immagino, sono lungi dall'esser d'accordo conme, rna io ho sempre ritenuto il troppo il male minore.) "Trat-tare" il soggetto del Ritratto significo non dimenticare mai, in

    nessun momento, che l'opera aveva l'obbligo speciale di esse-re divertente. Vera il pericolo della gia rilevata "esilita" - chedoveva essere evitata, con leunghie e coi denti, con la coltiva-zione del vivace. Cost, almeno, vedo la cosa oggi. Henriettadev'essere stata, a quel tempo, una parte della mia straordina-ria nozione del vivace. E poi c'era un'altra cosa. Negli anniimmediatamente precedenti, io ero venuto a vivere a Londra,e sulla scena si stendeva, ai miei sensi, fitta e ricca, la luce "in-ternazionale", Era la luce in cui giaceva tanta parte del qua-dro. Ma questa e un'altra cosa. C'e veramente troppo da dire.

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