ROMA-TARVISIUM COMMENTARIUM DE ITINERE ET OTIO … · 1183 ottennero la cittadinanza Gueccellone e...

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1 ROMA-TARVISIUM COMMENTARIUM DE ITINERE ET OTIO PER VENETIAS TARVISII die III ante NONAS APRILES die VI ante IDUS APRILES A.D. MMXVII SECONDA FASE III GEMELLAGGIO : 3 aprile-8 aprile 2017 LICEO CL“SSICO ȃ“NTONIO C“NOV“Ȅ di Treviso – Classe V ginnasio sez. D LICEO CL“SSICO ȃConvitto Nazionale VITTORIO EM“NUELE IIȄ di Roma – Classe II ginnasio sez. B HIC LIBER EST______________________________________DISCIPULI

Transcript of ROMA-TARVISIUM COMMENTARIUM DE ITINERE ET OTIO … · 1183 ottennero la cittadinanza Gueccellone e...

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ROMA-TARVISIUM

COMMENTARIUM DE ITINERE ET OTIO

PER VENETIAS TARVISII die III ante NONAS APRILES – die VI ante IDUS APRILES A.D. MMXVII

SECONDA FASE III GEMELLAGGIO : 3 aprile-8 aprile 2017

LICEO CL“SSICO “NTONIO C“NOV“ di Treviso – Classe V ginnasio sez. D

LICEO CL“SSICO Convitto Nazionale VITTORIO EM“NUELE II di Roma – Classe II ginnasio

sez. B

HIC LIBER EST______________________________________DISCIPULI

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PROGRAMMA

Lunedì 3 aprile

Ore 19.00 circa arrivo della classe IIB presso la stazione ferroviaria di Treviso, sistemazione presso le

famiglie;

Martedì 4 aprile:

ore 8.00-8.20: Aula Magna Piccoli, saluti e presentazione del gemellaggio

ore 8.20- . , Aula Mag a Pi oli, attività didatti a di fisi a: L’isola he o ’è

ore 10.30-12.30 passeggiata per Treviso con i Ciceroni del Liceo Canova (a cura della prof.ssa R.

Alessandrini);

ore 13.00 pranzo al sacco

ore 13.30 ca partenza per Vicenza da porta San Tommaso

ore 15.30, visita del Teatro Olimpico

ore 17.00, visita guidata Villa Valmarana ai Nani

ore 20.00 rientro Foro Boario

Accompagnatori uscita a Vicenza: proff. E. Del Stabile, A. Pavan

Mercoledì 5 aprile

ore 8.00, partenza dal Foro Boario

escursione storico-naturalistica sul Montello, con pranzo al sacco

Rientro a Treviso ore 16.00 circa Foro Boario

Accompagnatori: proff. G. Desidera, A. Pavan

Ore 20.00 cena sociale alla Ghirada

Giovedì 6 aprile

ore 8.00-10.00 attività didattica; comprensione di un testo greco a gruppi.

ore 10.15 partenza da Porta Santi Quaranta

ore 11.00 Visita di Villa Emo-Capodilista a Fanzolo di Vedelago

ore 15.00 Visita guidata alla Gipsoteca del Canova e al Tempio Canoviano di Possagno

Ore 19.00 circa, rientro a Treviso Foro Boario

Accompagnatori: proff. R. Alessandrini, A. Pavan

Venerdì 7 aprile

Navigazione lungo il Lemene da Portogruaro a Caorle

Partenza dalla stazione di Treviso ore 8.01 (incontro al binario ore 7.40), arrivo a Portogruaro ore 9.00

Visita del Centro Storico e del Museo Nazionale Concordiese

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Ore . / . parte za dall’i ar adero di piazza della Doga a

Navigazione lungo il Lemene verso Iulia Concordia, visita degli scavi, della Cattedrale e del Battistero

Navigazione lungo il Lemene e arrivo a Caorle, visita del duomo e del centro storico

Ritorno a Portogruaro in autobus, messo a disposizione dalla ditta

partenza dalla stazione di Portogruaro ore 18.31, arrivo a Treviso ore 19.30

Accompagnatori: proff. R. Nola, A. Pavan

Sabato 8 aprile

Villa di Panigai-Ovio , letture e ricordi della Grande Guerra in una villa veneta

ore 9.30 incontro presso Villa di Panigai-Ovio a Panigai di Pravisdomini (PN)

i genitori accompagnano con mezzi propri gli studenti e si trattengono

Attività didattica nel centenario dell'occupazione austriaca: presentazione del romanzo di A. Molesini, Non

tutti i bastardi sono di Vienna

Visita a gruppi della villa

Accompagnatore: prof. A. Pavan

Pranzo libero a Treviso

ore 15.40 incontro alla stazione di Treviso e partenza degli studenti romani, partenza del treno alle ore

16.07, arrivo a Venezia-Mestre ore 16.25

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APPUNTI PER UN VIAGGIO Brevi cenni sulla storia di Treviso

Origine del nome

Varie sono le ipotesi sull’origine del nome , attestato come Tarvisium in iscrizioni di età imperiale romana, rrivando ad ipotizzare un’origine gallica. Sembra comunque che il toponimo sia di origine venetica e che derivi dal nome tarvos (= toro).

Origine dell’insediamento:

I primi insediamenti sono da collocare in epoca preistorica lungo il corso del Sile , in corrispondenza di tre colli ( identificabili oggi con le piazze Sant’Andrea, dei Signori e Pio X) . la posizione comportava innegabili vantaggi sia per la disponibilità d’acqua ( e pesci) sia per la possibilità di difendersi con maggiore facilità.

Si hanno tracce di insediamenti già in età neolitica, che persistono in epoche successive con un ampliamento intorno al 1500 a. C. ( Età del Ferro). Intorno al 1000 nell’area di Treviso si hanno tracce della civiltà paleo veneta o atesina (dal nome della città di Este, presso Padova).

Età romana.

Tra il 49 a. C. e il 79 d. C. Treviso diventò municipium romano, all’interno della X regio Augusta. Inizialmente la sua importanza fu piuttosto limitata, ma aumentò con la costruzione, nel I sec. d. C. della via Claudia Augusta Altinate, che partiva appunto dal porto di Altino, via alla quale venne collegata la stessa Treviso (in corrispondenza della attuale Porta Altinia)

Periodi successivi

452 d. c. Attila, dopo aver distrutto Oderzo, minaccia Treviso ma il vescovo Eviando , come narra la leggenda , riuscì ad evitare la distruzione della città, offrendo personalmente le chiavi della città allo stesso Attila.

V-VI sec. d. C., periodo in cui il territorio era controllato dai Goti, Treviso aumenta la propria importanza, anche a seguito della distruzione di Oderzo, Concordia e Altino, e diviene uno dei punti di forza del sistema difensivo gotico.( Secondo una leggenda Totila stesso sarebbe nato a Treviso).

Treviso tornò poi a far parte dell’impero bizantino.

568 d. C. I Longobardi scendono in Italia e , anche in questo caso, Treviso, grazie alla mediazione del vescovo Felice, si salva dalla distruzione dei soldati di Alboino rimanendo sotto il controllo longobardo fino al 774 e divenendo ducato .Venne addirittura istituita una Zecca.

776 Occupazione dei Franchi: Carlo Magno celebra la Pasqua a Treviso.

Le ricorrenti incursioni degli ungari segnano il periodo seguente, mentre il X e l’XI furono invece caratterizzati dal confronto tra i poteri del vescovo e del conte.

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TREVISO DAL XII SECOLO

1162 si ha notizia di consoli della città (boni homines) , segno di un passaggio dal regime feudale e quello comunale

Sec. XII Treviso partecipa alla lotta tra Imperatore e Comuni

1164 Federico Barbarossa aveva fatto per riconoscenza al Comune Treviso alcune concessioni, Treviso però successivamente si schiera contro l’imperatore per ottenere maggiori libertà

1176 a partire da questa data si cominciano ad eleggere periodicamente i podestà , restano in carica per un periodo limitato ( sei mesi/ un anno), ma , a differenza dei consoli che sono cittadini di Treviso, sono obbligatoriamente forestieri

Alla fine del XII secolo il Comune di Treviso aveva cominciato ad espandersi territorialmente sottomettendo:

Conegliano ( 1184)

Ceneda (1190)

fondando Castelfranco ( 1195) per difendersi da Padova e Vicenza

IL TERRITORIO

I confini della giurisdizione di Treviso erano indicati nel motto del sigillo della città:

MONTI, MUSONI, PONTO DOMINORQUE NAONI

Che significa: dalle prealpi bellunesi alla laguna veneziana, dal fiume Musone al Noncello.

A seguito delle vittorie conseguite numerose famiglie nobili, che erano state nemiche di Treviso, furono costrette al Comune a porre la loro dimora all’interno delle mura cittadine

1183 ottennero la cittadinanza Gueccellone e Gabriele da Camino

Treviso, guelfa , nel 1237 fu sconfitta dalle truppe imperiali di Federico II,guidate da Ezzelino da Romano (ghibellini) e ciò porto alla fine del libero Comune.

1239-1260 a Treviso signoria di Alberico da Romano, fratello di Ezzelino, che , morti l’imperatore (1250) ed Ezzelino ( 1259) ,fuggì da Treviso e si rifugiò nel castello di San Zenone dove, dopo un assedio , fu massacrato con la sua famiglia

Dopo la sconfitta di Alberico a Treviso fu ricostituito il Comune e furono redatti nuovi Statuti

La città rimaneva comunque divisa tra

Ghibellini detti ROSSI, guidati dalla famiglia Castelli

Guelfi , detti BIANCHI, guidati dalla famiglia dei Da Camino

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Gherardo da Camino nel 1263 era stato nominato Capitano Generale di Feltre e Belluno, era alleato con il Patriarca di Aquileia, aveva vasti possedimenti in Cadore e nel Bellunese

GHERARDO DA CAMINO PRENDE IL POTERE

5 novembre 1283, scoppiano tumulti in città e, in poche ore, Gherardo e i Bianchi si impadroniscono della città.

Gherardo, con abile mossa politica, si fece nominare Capitano Generale della città, mantenne le apparenze del libero Comune, ma in realtà egli era il vero e proprio Signore di Treviso

Allontanò dalla città i sui nemici (I Castelli vennero esiliati in perpetuo e i loro beni confiscati), mantenne buoni rapporti con Padova e Venezia e si dimostrò un abile politico tanto da meritarsi l’elogio di Dante

GLI EREDI DI GHERARDO

Gli succede il figlio Rizzardo che però non aveva ereditato la sua abilità politica, passò dalla parte dei ghibellini e perse inoltre importanti alleanze, tanto che contro di lui fu ordita una congiura

5 aprile 1312 Rizzardo venne colpito alla testa con una roncola, mentre giocava a scacchi nel suo palazzo. Dopo una settimana morì e fu sepolto a San Francesco, nella tomba di famiglia

FINE DEL POTERE CAMINESE

A Rizzardo succede suo fratello Guecellone, che fino ad allora era stato tenuto lontano dalla politica

Inizialmente sembrò seguire la saggia politica del padre e mantenne la tradizione guelfa della città , ma ben presto passò alla parte avversaria.

15 dicembre 1312, il vescovo di Treviso, con il Conte Rambaldo di Collalto e i nobili guelfi , sollevò contro Guecellone tutta la popolazione e lui fu costretto ad abbandonare la città

Il palazzo presso la porta di Sant’Agostino fu gravemente danneggiato e restò abbandonato fino al 1346 , quando l’area fu concessa ai frati Serviti che vi edificarono la Chiesa di Santa Caterina

Del palazzo restano forse solo poche tracce inglobate nell’attuale cappella degli Innocenti.

DAL PERIODO POST COMUNALE ALL’UNITA’ D’ITALIA

1312 :Treviso tornò ad essere un libero Comune.

Dal 1329 al 1339 :Occupazione scaligera

Dal 1384 al 1388 : Signoria Carrarese

1388 : Passaggio sotto il dominio veneziano

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1797 : Trattato di Campoformio, Napoleone cede Venezia all’Austria.

1866: Annessione al Regno d’Italia.

Dante Alighieri e Gherardo da Camino a Treviso

« Ben v'èn tre vecchi ancora in cui rampogna l'antica età la nova, e par lor tardo che Dio a miglior vita li ripogna: Currado da Palazzo e 'l buon Gherardo e Guido da Castel, che mei si noma, francescamente, il semplice Lombardo. [... diss'io:] Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio di' ch'è rimaso de la gente spenta, in rimprovèro del secol selvaggio?". "O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta", rispuose a me; "ché, parlandomi tosco, par che del buon Gherardo nulla senta. Per altro sopranome io nol conosco, s'io nol togliessi da sua figlia Gaia. »

(Dante Alighieri, Purgatorio - Canto sedicesimo, vv. 120-126.132-139)

Nella chiesa di San Francesco a Treviso sono collocate:

Tomba di Pietro di Dante a San Francesco inizialmente collocata a Santa Margherita

Pietro di Dante (1300-1364) magistrato e critico letterario . Fu figlio di Dante e Gemma Donati

A Treviso nell'agosto 1384 morì di parto la figlia di Petrarca, Francesca, moglie di Francescuolo di Brossano , funzionario dei Carraresi: fu sepolta nella chiesa dei minori conventuali di S. Francesco, e sulla tomba fu incisa un'iscrizione in distici, che riproduce forse, con qualche adattamento, un epitaffio dettato già dal Petrarca.

TREVISO :CITTA’ D’ACQUE e URBS PICTA

CITTA’ D’ACQUE

Canali

Treviso è bagnata da diversi canali, tutti originati dalla divisione in rami (detti “cagnani“) delBotteniga. Il fiume entra in città passando sotto il “Ponte de Pria” (Ponte di Pietra) in corrispondenza del quale vi sono delle chiuse, ideate e fatte costruire da Fra’ Giocondo.

Il Cagnan Grande , che sbocca nel Sile a ponte Dante

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Il Cagnan Medio o canale dei Buranelli, è una delle più pittoresche diramazioni del Botteniga che caratterizzano il centro storico. Il toponimo si riferisce ad uno dei ponti che attraversa il corso d’acqua, detto appunto ponte dei Buranelli, nei pressi del quale si trova tuttora un edificio cinquecentesco un tempo dimora e magazzino di commercianti provenienti dall’isola lagunare di Burano.

Canale della Roggia , detto poi , nel suo secondo tratto, Siletto

Altri due rami del Botteniga costeggiano le mura cittadine per immettersi poi, come i “cagnani“, nel fiume Sile che lambisce il lato sud del centro storico.

Fontane

Già dal XIV secolo il poeta fiorentino Fazio degli Uberti, nel suo Dittamondo, cantava “le chiare fontane” di Treviso ed il “piacer d’amor che quivi è fino“. L’Abate Bailo, nella propria guida della città del 1872, loda la purezza delle acque di Treviso, al punto da scrivere: “quest’acque meritano che il forestier le gusti, né si dirà di conoscere Treviso, se non si sono gustate le sue acque“.

URBS PICTA

La mancanza di pietra da taglio e l’abbondanza di cave di argilla nel territorio circostante, fece sì che a Treviso venisse utilizzato, come materiale di costruzione, il laterizio a cui venivano aggiunti alcuni particolari in pietra d’Istria ( es. Porta San Tomaso).

Per arricchire le facciate delle abitazioni, si iniziò quindi, fin dal XIII secolo , a decorare le facciate con affreschi che inizialmente si limitarono a fasce decorative sotto la gronda e sotto i davanzali delle finestre. Nei secoli successivi la complessità della decorazione andò progressivamente aumentando . Dal Quattrocento prevalse la decorazione a finti mattoni di due o più colori disposti a losanga. Nel XVI sec. la decorazione si arricchì di finte architetture nelle quali vennero inserite scene mitologiche e storiche, allegorie che manifestavano gli stretti legami con la cultura umanistica della committenza.

Purtroppo le vicende storiche, ma anche il mutato gusto e , probabilmente anche l’inquinamento urbano, hanno irrimediabilmente compromesso buona parte del patrimonio di affreschi della nostra città , che comunque conserva ancor oggi testimonianze significative costituite in particolare dai cicli di affreschi della “Sala del Capitolo dei Domenicani “ e delle “ Storie di Sant’Orsola” , entrambi opera del pittore trecentesco Tomaso da Modena.

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VICENZA, TEATRO OLIMPICO

Il Teatro Olimpico costituisce l'ultima opera dell'architetto Andrea Palladio ed è considerato uno tra i suoi più grandi capolavori, assieme a Villa Capra detta la Rotonda, alla Basilica Palladiana e al vicino Palazzo Chiericati. Il celebre architetto veneto, rientrato da Venezia nel 1579, riportò in quest'opera gli esiti dei suoi lunghi studi sul tema del teatro classico, basati sull'interpretazione del trattato De architectura di Vitruvio e sull'indagine diretta dei ruderi dei teatri romani ancora visibili all'epoca (in particolare del Teatro Berga di Vicenza).

Il teatro venne commissionato a Palladio dall'Accademia Olimpica di Vicenza, nata nel 1555 con finalità culturali e scientifiche, tra le quali la promozione dell'attività teatrale. Tra i membri fondatori dell'Accademia vi era lo stesso architetto, che per essa aveva progettato numerosi allestimenti scenici provvisori in vari luoghi della città, com'era d'uso all'epoca, fino a che nel 1579 l'Accademia aveva ottenuto dalla municipalità la concessione di un luogo adatto ove poter realizzare stabilmente un proprio spazio scenico, all'interno delle prigioni vecchie del Castello del Territorio. Il contesto era una vecchia fortezza di impianto medioevale, più volte rimaneggiata e utilizzata nel tempo anche come prigione e polveriera prima del suo abbandono.

La costruzione del teatro iniziò nel 1580, lo stesso anno in cui Palladio morì, ma i lavori furono proseguiti sulla base dei suoi appunti dal figlio Silla e si conclusero nel 1584, limitatamente alla cavea completa di loggia e al proscenio.

Si pose dunque il problema di realizzare la scena "a prospettive", che era stata prevista fin dal principio dall'Accademia ma di cui Palladio non aveva lasciato un vero progetto. Venne quindi chiamato Vincenzo Scamozzi, il più importante architetto vicentino dopo la morte del maestro. Scamozzi disegnò le scene lignee, di grande effetto per il loro illusionismo prospettico e la cura del dettaglio, costruite appositamente per lo spettacolo inaugurale, apportando inoltre alcuni adattamenti e i necessari completamenti al progetto di Palladio. A Scamozzi vengono anche attribuite le contigue sale dell'Odèo e dell'Antiodèo, oltre che il portale d'ingresso originale.

Studi recenti hanno dimostrato che l'originale progetto palladiano prevedeva solamente un'unica prospettiva sviluppata in corrispondenza della porta centrale della scena, mentre nei due varchi laterali dovevano trovare posto fondali dipinti. Al tempo stesso risale al progetto palladiano la cesura delle due ali di muro e il soffitto "alla ducale" sopra il proscenio.

Il teatro venne inaugurato il 3 marzo 1585 con la rappresentazione dell'Edipo re di Sofocle e i cori di Andrea Gabrieli (ripresa nel 1997 per l'Accademia Olimpica con la regia di Gianfranco De Bosio). In questa e altre rare occasioni le scene, che rappresentano le sette vie della città di Tebe, furono illuminate con un originale e complesso sistema di illuminazione artificiale, ideato sempre da Scamozzi. Le scene, che erano state realizzate in legno e stucco per un uso temporaneo, non furono tuttavia mai rimosse e, malgrado pericoli d'incendio e bombardamenti bellici, si sono miracolosamente conservate fino ai giorni nostri, uniche della loro epoca.

Con il teatro Olimpico si avvera il sogno, sino ad allora irrealizzato, di generazioni di umanisti e architetti rinascimentali: erigere in forma stabile uno degli edifici simbolo della tradizione culturale classica. Il progetto palladiano ricostruisce il teatro dei romani con una precisione archeologica fondata sullo studio accurato del testo di Vitruvio e delle rovine dei complessi teatrali antichi. In ciò costituisce una sorta di testamento spirituale del grande architetto vicentino. Con l'Olimpico rinasce il teatro degli Antichi, e nel progettarlo Palladio raggiunge una consonanza assoluta con il linguaggio della grande architettura classica, di cui per una vita intera "con lunga fatica, e gran diligenza e amore" aveva cercato di ritrovare le leggi della segreta armonia[2]. Alle costruzioni imperiali romane s'ispira anche la decorazione architettonica, in particolare quella del proscenio a doppio ordine, con edicole contenenti le statue dei membri dell'Accademia Olimpica, paludati all'eroica, che si affacciano tra le riquadrature scandite da colonne.

Il complesso è stato oggetto di un restauro conservativo tra il 1986 e il 1987[3].

Il teatro è tuttora utilizzato, soprattutto per rappresentazioni classiche e concerti, prevalentemente in primavera (festival "Settimane musicali al Teatro Olimpico" e "Il suono dell'Olimpico") e in autunno ("Cicli di spettacoli classici") poiché, nel timore di danneggiarne le delicate strutture, non è mai stato dotato di impianto di riscaldamento o di condizionamento; ha inoltre una capienza limitata - 470 posti[4] - per motivi di conservazione. Il teatro ospita alcuni eventi tra i quali la cerimonia di assegnazione dei Premi Internazionali

Descrizione

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L'interno del teatro è decorato con novantacinque statue, realizzate in pietra oppure stucco e rappresentanti i personaggi legati alla fondazione dell'Accademia Olimpica o del teatro stesso[5].

La grandiosa frons scenae d'ordine corinzio è ispirata allo schema degli archi trionfali romani a tre fornici. La struttura è rinascimentale, di impronta manieristica. Nell'attico della frons scenae in undici riquadri sono raffigurate le dodici fatiche di Ercole. Al centro, tra due Fame con le trombe, è lo stadio con la corsa delle bighe, insegna dell'Accademia e ricordo dei Giochi Olimpici, istituiti da Ercole, protettore del sodalizio vicentino e simbolo dell'uomo che, tramite la virtù, acquista la gloria. Sopra si legge il motto, di origine virgiliana, Hoc opus, hic labor est. Lo stemma di Vicenza è retto da due giovanetti.

La cavea ellittica è recinta da una balaustra con statue paludate all'eroica. Nella nicchia centrale sopra la cavea sta la statua di Leonardo Valmarana, Principe dell'Accademia e promotore della costruzione, rappresentato con vesti ed insegne imperiali (richiamo diretto alla figura dell'imperatore Carlo V d'Asburgo)[6].

NAVIGANDO LUNGO IL LEMENE

Museo Nazionale Concordiese, Portogruaro

Dalla fine del XVIII secolo la famiglia Muschietti di Portogruaro iniziò a collezionare reperti archeologici rinvenuti nella zona. Nella seconda metà dell'Ottocento la collezione fu lasciata in eredità all'amministrazione comunale di Portogruaro, che la conservò inizialmente presso la sede municipale. Nel 1873 furono rinvenuti molti reperti archeologici nella vicina Concordia Sagittaria (anticamente chiamata Iulia Concordia) ed in particolare, durante la campagna di scavo negli anni 1880-1882, nel cosiddetto "sepolcreto dei militi". La Soprintendenza decise allora di creare un museo per riunire tutti i reperti rinvenuti e conservati temporaneamente presso il municipio di Concordia Sagittaria e nel seminario e nella casa Muschietti a Portogruaro. Il consiglio comunale di Portogruaro decise così di acquisire un terreno di proprietà del Seminario vescovile, su cui fu costruito il Museo Concordiese grazie ad un finanziamento del Ministero dei Beni Culturali. La prima pietra del museo fu posta nel 1885 e il 28 ottobre 1888 si celebrò l'inaugurazione ufficiale. Il primo direttore del museo fu l'avvocato portogruarese Dario Bertolini, appassionato di archeologia e primo direttore degli scavi.

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Concordia Sagittaria

Importante centro romano, Iulia Concordia, fondata, secondo l'ipotesi attualmente più accreditata, nel 42 a.C. presso l'incrocio della Via Annia con la Via Postumia. Il termine "sagittaria" è un'aggiunta moderna, per ricordare che in città vi era una fabbrica di frecce per l'esercito romano ("sagitta" nella lingua latina significa "freccia"). In epoca romana fece parte della Regio X Venetia et Histria. Scavi recenti hanno portato alla luce resti di magazzini, domus, terme (via Claudia), pozzi e tratti del "decumanus maximus". Sotto la cattedrale sono state rinvenute le fondamenta della basilica paleocristiana. Sulla sinistra del fiume Lemene un sepolcreto del IV-V sec. d.C., detto "Sepolcreto dei militi" per l'alto numero di iscrizioni sui sarcofagi, testimonia che vi erano stanziate delle truppe romane. Dopo le invasioni barbariche entrò a far parte del Ducato Longobardo di Cividale; nel Medioevo fu parte integrante prima della Marca del Friuli e poi del Patriarcato di Aquileia. Nel 1420 venne annesso assieme all'intera regione friulana alla Repubblica di Venezia. Nel 1838 Concordia venne scorporata dalla "Patria del Friuli" per essere aggregata alla Provincia di Venezia. Si tratta di un centro da sempre sospeso tra Veneto e Friuli: anche nel nuovo millennio, pur essendo amministrativamente veneto, gli abitanti autoctoni parlano un dialetto di tipo friulano occidentale con influssi veneti e possiedono tradizioni di origine friulana

I casoni

Sparsi per tutta la Laguna di Caorle, i Casoni sono la caratteristica abitazione che, nei secoli scorsi, veniva utilizzata dai pescatori e dai cacciatori come base per le loro attività. Immersi nella natura rigogliosa e unico simbolo della presenza umana nella laguna, i Casoni sono il luogo dove rivivere l’affascinante esperienza delle passate generazioni, contemplare il rosso tramonto sulla laguna o gustare un gustoso piatto di pesce locale appena pescato. Simili a delle capanne in canna e composti da materiali di facile reperimento nel territorio circostante, queste costruzioni presentano un’architettura semplice ma estremamente funzionale: la pianta è ellittica, con pareti inclinate a formare gli spioventi del tetto, mentre il pavimento era ricavato dalla semplice terra battuta; l’ingresso, rientrante rispetto al profilo della parete, si collocava su una delle due estremità ed era caratterizzato dalla presenza di paretine e di una porta in tavole, mentre sui fianchi si aprivano piccole finestre basse. Così come si presentano all’esterno, l’interno dei Casoni è molto rustico e pittoresco: l’ambiente unico è dominato dal grande focolare centrale in mattoni, utilizzato per cucinare i cibi e riscaldare la stanza; la particolarità di queste abitazioni è l’assenza di camino, in modo tale che il fumo potesse fuoriuscire filtrando dall’intersezione superiore degli spioventi di canna e asciugare contemporaneamente la struttura in caso di pioggia. Le pareti sono occupate dagli strumenti da lavoro, mentre i giacigli utilizzati dai pescatori per riposare sono distribuiti sul lato opposto all’entrata.

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Caorle

Le radici di Caorle affondano nel I secolo a.C. (il nome deriva dal latino Caprulae, probabilmente a causa delle capre selvatiche che vi pascolavano), come testimoniano numerosi ritrovamenti di epoca romana, come l'"ara Licovia", altare sacrificale custodito ora nel duomo, o i ritrovamenti archeologici in mare. Tuttavia la città cresce e diventa importante come porto della vicina Concordia, per la sua posizione alla foce del Lemene, soprattutto in seguito alle invasioni barbariche degli unni, che spinsero molti concordiesi dall'entroterra alla costa; fu in quel periodo, attorno al VI secolo, che Caorle divenne sede vescovile. La costruzione dell'odierna cattedrale, tuttavia, risale all'XI secolo, su una preesistente basilica paleocristiana, i cui resti sono conservati tuttora all'interno del duomo, nel museo annesso e nei giardini della canonica.

Nei successivi secoli le sorti di Caorle furono legate a quelle della Repubblica Serenissima; il territorio cittadino era parte del Dogado, cioè del territorio metropolitano, nonché nucleo originario, della Serenissima Repubblica ed era uno dei 9 distretti in cui era suddivisa l'amministrazione, governato da un podestà. Costituiva inoltre uno dei 10 reggimenti, nei quali era suddiviso il dogado.

Memorabile fu, nel X secolo, l'episodio del ratto di alcune donzelle veneziane, liberate proprio sulla spiaggia della cittadina: questo episodio fu oggetto di una rievocazione storica in costume dell'epoca fino a qualche anno fa. Nei secoli XIII e XIV, a causa delle frequenti invasioni del territorio da parte dei triestini e di pirati, molte famiglie furono costrette a trasferirsi a Venezia; fu così che Caorle cominciò la parabola discendente, che l'accompagnò fino all'epoca napoleonica, perdendo d'importanza rispetto alle altre città del dogado veneziano. Isolamento che si fece ancor più grave quando, nel 1379, i genovesi approdarono sull'isola caprulana e, mentre tentavano di conquistare i territori della Serenissima, devastarono l'intera città, costringendo anche i vescovi a lasciare la sede episcopale vacante.