ROMA COMBATTENTE

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ARDITI DEL POPOLO

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Analisi � 15

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Valerio Gentili

Roma combattenteDal «biennio rosso» agli Arditi del Popolo,

la storia mai raccontata degli uomini e delle organizzazioni che inventarono

la lotta armata in Italia

ISBN: 978-88-7615-302-0

I edizione italiana: © Alberto Castelvecchi Editore srlVia Isonzo, 3400198 RomaTel. 06.8412007 - fax 06.85865742www.castelvecchieditore.cominfo@castelvecchieditore.comCaporedattore: Elisa PassacantilliEditing e impaginazione: Alessandro CarusiCover:

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Io sono nel mio nemico e

il mio nemico è in me.

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«Comprendere e saper valutare con esattezza il nemico

significa possedere già una condizione necessaria per la

vittoria. Comprendere e saper valutare le proprie forze e

la loro posizione nel campo della lotta, significa possede-

re un’altra importantissima condizione per la vittoria».

ANTONIO GRAMSCI

«Oggi che l’enorme campana del tempo ha suonato – e ha

suonato sì forti colpi da rompere la più dura cervice alla

plebe idiota – è dal Nulla che debbono balzare fuori fu-

rentemente le ardite falangi delle fiamme nere che, nel-

l’impeto passionale della spontanea rivolta, costituiran-

no la crepitante colonna di fuoco la quale, precedendo in-

nanzi ai popoli, darà l’annuncio primo della distruzione

finale. Questa è l’ora dell’amarezza febbrile, della terribi-

le ansia! Questa è l’ora che precede l’ora divina della tra-

gedia imminente, che ci darà la Morte eroica e l’eroica

Grandezza. O ora beata che mi dai tutta la febbrile inten-

sità dello spirito, io t’amo!».

RENZO NOVATORE

«Dal nulla sorgemmo in una lotta infernale. Ricordate:

non respiravamo, più non si viveva. Era la nostra ora più

nera e più tragica. Contro di noi vi erano fascisti, governo

e borghesia. Una sola forza ci sostenne: la fede».

ARGO SECONDARI

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Sigle e abbreviazioni

AAI Associazione fra gli Arditi d’Italia

ACS Archivio centrale dello Stato

a. g. e ris. Affari generali e riservati

ANAI Associazione nazionale Arditi d’Italia

ANC Associazione nazionale combattenti

ANMIG Associazione nazionale tra mutilati

e invalidi di guerra

CC Comitato centrale

CDL Camera del lavoro

CGL Camera generale del lavoro

CPC Casellario politico centrale

f. fascicolo

FCAL Federazione comunista anarchica laziale

FNLF Federazione nazionale legionari fiumani

FtAI Fratellanza tra gli Arditi d’Italia

MI Ministero dell’Interno

PS Pubblica sicurezza

sf. sottofascicolo

UIL Unione italiana del lavoro

UNUS Unione nazionale ufficiali smobilitati

USI Unione sindacale italiana

USM Unione sindacale milanese

USR Unione socialista romana

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Introduzione

Generato dalla lunga parentesi della Grande Guerra, il feno-

meno politico, sociale e culturale del combattentismo nell’Italia

post-bellica si configura fin dai primi mesi del 1919 come un

movimento eterogeneo, spesso punto di incontro di forze con-

fliggenti, accomunate, però, oltre che dai trascorsi interventisti,

dalle medesime ansie di rinnovamento sociale e – nel caso del-

le minoranze più agguerrite – di trasformazione radicale e rivo-

luzionaria della società.

La presente ricerca è incentrata sugli ambienti minoritari, ma

non per questo irrilevanti numericamente e politicamente, del

sovversivismo romano: anarchico, sindacalista, repubblicano a-

stensionista, socialista. Ambienti che nel 1915 scelsero la strada

dell’interventismo, combattendo da volontari soprattutto nei re-

parti di fanteria, in alcuni casi in aperto contrasto con il pacifi-

smo intransigente delle centrali d’appartenenza1, con il sogno di

trasformare la guerra in rivoluzione e costituendo, dall’inverno

del 1919, la propaggine estrema del combattentismo democrati-

co e progressista.

Gran parte degli eventi presi in esame si colloca tra l’inizio del

1919 e la tarda primavera-estate del 1920, estremi cronologici

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Per cominciare, riportiamo parte di un documento del giu-

gno 1919, che testimonia di come le pulsioni rivoluzionarie del

periodo non fossero esclusivo retaggio delle piccole – e scono-

sciute ai più – compagini combattentiste radicali e sovversive,

ma avessero in qualche misura aperto una breccia anche tra i

ranghi del combattentismo ufficiale:

In una riunione che ebbe luogo oggi all’Aragno, fra i vari Commis-

sari dell’Associazione Combattenti di Milano, dell’Emilia, delle

Romagne e dell’Italia meridionale si sono delineate tre tendenze:

1. I Commissari dell’Emilia, della Romagna, di Milano, capitana-

ti dal bolsceviko avv. Strozzi di Reggio Emilia, vorrebbero porre

i capitali di cui dispongono le loro sezioni a disposizione di quelle

dell’Italia meridionale al fine di attrarre, con tale mezzo, nella lo-

ro orbita le masse non rivoluzionarie di quelle regioni […] senza

ricorrere alla formazione di un nuovo partito che avrebbe dovu-

to denominarsi «UNIONE DEI COMBATTENTI PER IL RINNOVAMENTO NA-

ZIONALE».

2. I Commissari delle Puglie (Cerignola, Lecce, ecc.) vorrebbero

giungere ad ogni costo alla rivoluzione senza compromesso di

qualsiasi partito.

3. I Commissari della Calabria, della Sicilia e degli Abruzzi […]

sarebbero disposti ad un’intesa […] sempreché i metodi da usarsi

fossero di evoluzione e non di rivoluzione […]3.

Nel corso del primo conflitto mondiale, quasi sei milioni di ita-

liani vengono chiamati alle armi, e più di quattro milioni sono

effettivamente inviati al fronte in azioni di guerra. La gran mas-

sa dell’esercito è composta da contadini, quasi tutti inquadrati

nei reparti di fanteria, il corpo più colpito in termini di vite u-

mane: 680mila sono i caduti ufficiali, mezzo milione i mutilati e

gli invalidi, oltre un milione i feriti. A fronte di queste consi-

stenti cifre, l’esiguo numero dei volontari di guerra: 8.200. Que-

sta comparazione ci dà subito la misura di quanto le diverse

particolarmente significativi rispetto all’argomento trattato: a

Roma e in Italia, nel gennaio 1919, soldati smobilitati si orga-

nizzano in varie associazioni, piccole e grandi, di diverso e tal-

volta opposto orientamento politico, per la maggior parte assi-

milabili nel calderone della retorica sulla difesa degli ideali del-

la vittoria, e promuovono agitazioni contro le insufficienze del-

la politica governativa verso i reduci, il carovita e la disoccupa-

zione. Nell’estate del ’20, in un clima sociale arroventato, il se-

condo congresso dell’Associazione nazionale combattenti (ANC)

segna l’inizio di una crisi di prospettiva politica per la più gran-

de organizzazione italiana di ex-soldati; le componenti reazio-

narie, compresi i fascisti, dell’Associazione fra gli Arditi d’Italia

(AAI) vengono estromesse dal direttivo capitolino, il Fascio di

combattimento cittadino implode a causa dei dissidi politici, a

Trieste e Ancona esplodono rivolte di soldati, appoggiati dalle

popolazioni locali, contro l’invio di truppe in Albania2.

Dei sedici mesi che intercorrono tra questi due estremi cro-

nologici analizzeremo alcuni precisi avvenimenti legati allo svi-

luppo del combattentismo sovversivo romano: la nascita della

«Fratellanza tra gli Arditi d’Italia», legata agli ambienti dell’in-

terventismo anarchico e repubblicano, nel marzo 1919; lo scio-

pero generale del 10 aprile seguente, con la comparsa dell’«Al-

leanza rivoluzionaria-Comitato romano», emanazione della

minoranza sindacalista anarchica aderente alla Camera del la-

voro interventista di via della Croce Bianca; l’episodio, nella

notte del 6 luglio dello stesso anno, passato alla storia come

complotto del Forte di Pietralata e opera, prevalentemente, del-

l’azione congiunta di membri della Fratellanza, dell’Alleanza ri-

voluzionaria e della componente sovversiva dell’AAI guidata dal

tenente Argo Secondari. Inoltre terremo conto degli echi e del-

le ripercussioni nella capitale dell’impresa fiumana e soprattut-

to dei suoi sviluppi, da gennaio a giugno del 1920.

VALERIO GENTILI

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È in quest’area progressista che possono essere sommaria-

mente inquadrati gli interventisti provenienti dall’anarco-sin-

dacalismo, dal socialismo rivoluzionario e dal repubblicanesi-

mo sociale, tenendo conto, però, che per queste piccole corren-

ti una certa retorica patriottarda passava decisamente in se-

condo piano rispetto all’idea di una guerra esterna, quella con-

tro l’imperialismo austrotedesco, in grado di generare sconvol-

gimenti sociali tali, sul piano interno, da costituire una sorta di

prova generale per la futura rivoluzione proletaria.

Scrive Filippo Corridoni, leader dell’Unione sindacale mila-

nese, prima di partire volontario per il fronte:

Per me il socialismo deve saperselo preparare il destino. La guer-

ra che io caldeggio non è né irredentista, né imperialista, né sen-

timentalista. L’unità di partito è troppo meschina di fronte all’u-

manità. Io sono per l’intervento a favore delle nazioni alleate, non

per una mira di conquista: Trento e Trieste costituiscono un fine

secondario di fronte ai dolori dell’Europa, del mondo intero6.

Qualche mese prima, in una conferenza nella sede dell’USM, Al-

ceste De Ambris, leader della Camera del lavoro parmense, ave-

va affermato:

Se la Francia dei diritti dell’uomo corresse il pericolo di essere

schiacciata dalle forze reazionarie del militarismo del Kaiser,

possiamo noi rivoluzionari rimanere spettatori indifferenti di

tanto misfatto per le sorti dell’Europa di domani?

Il 5 ottobre 1914, De Ambris e Corridoni sottoscrivono il primo

manifesto-appello per l’intervento del «Fascio rivoluzionario

d’azione», cui fa seguito, in ambito internazionale, il cosiddetto

manifesto dei sedici7, tra i promotori del quale troviamo due fi-

gure di primo piano dell’anarchismo europeo, il russo Pëtr Kro-

spinte ideali dell’interventismo fossero state patrimonio di una

ristretta minoranza della popolazione.

Allo scoppio del conflitto mondiale, in opposizione alla pro-

fessione di neutralità delle maggiori forze politiche e sociali, at-

torno alla necessità dell’intervento nella guerra si coagulano

forze eterogenee:

Con quei conservatori giovani e vecchi si confusero anche i de-

mocratici di varie tinte: radicali, repubblicani, massoni, irreden-

tisti, bissolatiani, garibaldini, anarchici, fiduciosi di promuovere

con la guerra un più giusto assetto internazionale in un mondo li-

bero da troni e da altari4.

L’ala destra del composito fronte interventista è raccolta attorno

ai nazionalisti, il cui interventismo è logica conseguenza di un

programma di politica estera dichiaratamente, prima e dopo la

guerra, colonialista ed espansionista. Infatti, la loro rivendica-

zione dei territori irredenti non è formulata in base al principio

delle nazionalità, fatto proprio dagli interventisti democratici,

ma sulla base di un piano di espansione coloniale e di controllo

dell’Adriatico quale precondizione per una politica egemonica

dell’Italia nel Mediterraneo orientale5. Il rifiuto di riconoscere il

principio di uguaglianza tra i popoli europei e la conseguente ri-

vendicazione dell’italianità della Dalmazia sulla base dell’infe-

riorità nei rapporti di forza dei popoli slavi ne sono un esempio.

Di tutt’altra natura l’interventismo di sinistra, erede della tra-

dizione risorgimentale, patriottica e insieme internazionalista,

garibaldina e mazziniana, fautore dell’intervento al fianco delle

potenze dell’Intesa contro il militarismo aggressivo degli impe-

ri centrali e per il completamento del processo di unificazione

nazionale con la conquista delle terre irredente soggette al gio-

go austriaco.

VALERIO GENTILI

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Per quanto concerne il combattentismo sovversivo romano,

alcune brevi ma significative affermazioni estrapolate dai pro-

clami, lanciati nell’immediato dopoguerra, dalle sigle e dai sin-

goli che ne costituivano il nerbo, ci ragguagliano sul significato

dato alla partecipazione al conflitto mondiale e sulla rivendica-

zione di questa particolare e controversa esperienza, per chi co-

me loro proveniva dalle fila del movimento operaio italiano,

schierato in maggioranza su posizioni di pacifismo intransi-

gente, quale spinta propulsiva a una lotta spietata contro il go-

verno della borghesia e l’istituto monarchico.

Dal manifesto della Fratellanza tra gli Arditi d’Italia, aprile

1919:

La guerra è stata vinta! Abbiamo dato […] tutto perché giustizia,

libertà ed eguaglianza splendano nel cielo d’Italia, «finalmente».

Noi non fummo soldati ai servizi della dinastia, del militarismo,

di una politica torbida di altri tempi, né strumenti di caste o di

classe. Fummo militi di un’«Idea». Restiamo e saremo militi di

un’«Idea» […].

Quando dalle prime file dell’esercito noi balzammo alle linee pri-

missime noi non volemmo compiere un gesto di ardimento diret-

to al fine immediato della vittoria guerresca. Noi avevamo nel

cuore una fede politica, una passione politica. Bisognava vincere

l’austriaco e il tedesco, mercenari di un dispotismo che ispirava

tutta la politica dell’Europa monarchica, per vincere il dispoti-

smo, di ingiustizia, di violenza, di arbitrio, in ogni campo e in o-

gni luogo13.

Da un volantino dell’Alleanza rivoluzionaria, ciclostilato in oc-

casione dello sciopero generale del 10 aprile:

L’ora delle grandi realizzazioni è prossima: a noi, a voi, tutte le

speranze, tutte le audacie!

potkin e Amilcare Cipriani, personaggio leggendario dell’epo-

pea risorgimentale italiana.

A Roma, il direttivo cittadino del Fascio rivoluzionario viene

costituito nell’autunno del 1914. Ne fanno parte, tra gli altri, gli

anarchici: Attilio Paolinelli8, autore del testo Squilla di guerra,

inno degli anarchici interventisti comparso il 20 febbraio 1915

nel primo numero del settimanale anarchico interventista

«Guerra Sociale»9; Cesare Augusto Martella10, fondatore con

Paolinelli, nel dopoguerra, dell’Alleanza rivoluzionaria; Ubaldo

Cioccolanti11, segretario, nello stesso periodo, della Fratellanza

tra gli Arditi d’Italia; il repubblicano Luigi Piccioni12, anch’egli

tra i fondatori della FtAI; il socialista rivoluzionario Amilcare

Baldoni.

Questi e altri personaggi, come vedremo, dai primi mesi del

1919 avranno un ruolo chiave nell’organizzare le fila del com-

battentismo sovversivo e rivoluzionario romano, fenomeno di

piccola rilevanza numerica – poche centinaia di uomini – ma

non privo di un certo vigore, e determinato a inserirsi, con ca-

ratteristiche autonome, nei durissimi conflitti sociali della se-

conda metà del 1919 e dell’anno successivo, un arco temporale

contrassegnato, nella capitale, dalla costante penuria di generi

alimentari di prima necessità, dal carovita, da alti tassi di di-

soccupazione e di conseguenza dal caotico succedersi di scio-

peri e proteste messe in atto dalle categorie più disparate. Una

fase storica, insomma, in cui alle tradizionali rivendicazioni

della classe operaia sindacalizzata si affiancano quelle del pro-

letariato e del sottoproletariato cittadino, fino ad allora digiuno

di politica e novità assoluta per l’epoca, e le proteste della pic-

cola borghesia e dei ceti medi, impoveriti dagli effetti social-

mente devastanti della riconversione dell’economia dallo status

di guerra a quello di pace.

VALERIO GENTILI

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sezione romana degli Arditi del popolo, portando nella prima

organizzazione antifascista di massa, nata proprio nel seno del-

l’ANAI romana, le liturgie, il linguaggio semiotico, quella forma

mentis propria di certi settori del combattentismo. Le tre com-

pagini romane, inoltre, forniranno all’arditismo popolare qua-

dri di rilievo non solo in ambito cittadino, ma anche nazionale:

oltre al già citato Secondari, capo militare indiscusso della pri-

ma fase, il responsabile della propaganda Vincenzo Baldazzi16,

già tra i cinque consiglieri del Comitato d’azione della Fratel-

lanza; Paolinelli, punto di contatto tra gli Arditi del popolo ro-

mani e la Federazione nazionale dei legionari fiumani, attra-

verso il segretario Eno Mecheri17. In merito alla dimensione cit-

tadina dell’organizzazione: il capobattaglione del rione Testac-

cio, il già citato Ubaldo Cioccolanti, in guerra Ardito dell’11° Re-

parto d’assalto; Achille Mastrosanti18, capobattaglione di Tra-

stevere, proveniente dalla Fratellanza, sotto le armi nel 9° Re-

parto degli Arditi; Vincenzo Santarelli19, sergente del 28° Mitra-

glieri, comandante della «Dannata», una delle prime compa-

gnie degli Arditi del popolo, proveniente dall’Alleanza fondata

da Paolinelli. Tra i membri del Direttorio cittadino degli Arditi

del popolo, militanti in precedenza della frazione sovversiva

dell’ANAI, ricordiamo, tra gli altri, Aldo Eluisi, decorato per me-

riti di guerra, Ugo Piermattei20 e Pietro De Scalzi, anch’egli insi-

gnito di croce al merito di guerra.

Le vicende del combattentismo sovversivo romano rappre-

sentano, in ultimo, un buon terreno d’analisi locale rispetto al-

le dinamiche generali dei rapporti tra correnti organizzate del

movimento operaio e universo combattentistico nel primo do-

poguerra. Rapporti contrassegnati dalla sostanziale e sistema-

tica incomprensione del fenomeno, come rilevato a più riprese

da molta storiografia sull’argomento, da parte del movimento

Son trascorsi per i popoli cinque anni che hanno il valore di secoli.

Le monarchie e le borghesie d’Europa e del mondo intero se a-

vessero lontanamente intuito quale abisso la guerra avrebbe sca-

vato sotto i loro piedi certamente non l’avrebbero provocata […].

Dovere delle minoranze anarchiche e sindacaliste è di essere con-

tingenti.

Come abbiamo poderosamente concorso a spalancare l’abisso,

col proposito fermo di uccidere la guerra attraverso la guerra […]

così oggi che l’abisso è aperto, noi dobbiamo concorrere, con non

minore energia di pensiero e azione, a che si compiano i fati rivo-

luzionari delle nostre aspirazioni14.

Dall’intervento di Ubaldo Cioccolanti alla celebrazione dei ca-

duti del rione Trastevere nella Grande Guerra:

Noi che fra i primi abbiamo sentito la voce della Patria in armi,

siamo accorsi a legioni dove più imperversava la mischia, per

strappare al nemico la vittoria. Noi che nella presente guerra co-

stituimmo la vera Legione garibaldina e non curandoci degli in-

sulti che ci venivano da gente corrotta e senza sani princìpi ab-

biamo proseguito, con le nostre fiamme rosse e nere, sereni e fi-

denti, la strada per il trionfo della causa non dell’Italia solo ma

dell’Umanità intera. […] Ricordiamo, o cittadini, i nostri morti

[…]. Ricordando i morti si ammoniscono i vivi, e si faccia che il

loro sacrificio eroico non sia stato vano15.

La storia, l’agire, nel corso del turbinio degli avvenimenti politi-

ci e sociali del cosiddetto biennio rosso, 1919-1920, dell’Allean-

za rivoluzionaria fondata da Paolinelli, della Fratellanza tra gli

Arditi e della componente sovversiva dell’AAI guidata da Argo

Secondari, rappresenta, in prospettiva, un elemento di partico-

lare interesse rispetto alla successiva evoluzione di quel com-

battentismo qui analizzato. Saranno infatti questi tre tronconi

a costituire, all’inizio dell’estate 1921, il nucleo d’acciaio della

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

operaio, a partire dall’allora sua compagine più numerosa e or-

ganizzata: il Partito socialista.

Le relazioni, sovente burrascose, tra le tre organizzazioni di

combattenti qui prese in esame e l’Unione socialista romana, la

Federazione comunista anarchica laziale, il Fascio repubblica-

no cittadino e le due Camere del lavoro ci aiutano a valutare la

questione nello specifico, territoriale e politico.

VALERIO GENTILI

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CAPITOLO I

I combattenti

Nei primissimi mesi del dopoguerra ha inizio il congeda-

mento degli oltre tre milioni di cittadini italiani che ancora co-

stituiscono i ranghi effettivi dell’esercito regio. La smobilitazio-

ne avviene secondo i criteri delle classi di leva. Un milione e

mezzo di soldati viene congedato tra novembre e dicembre del

1918. La smobilitazione della restante metà avviene con una

tempistica molto più lenta ed esasperante: mezzo milione di ex-

combattenti viene congedato tra gennaio e marzo dell’anno suc-

cessivo, poi le pratiche di congedo si interrompono fino all’e-

state. Tra luglio e agosto del 1919, dopo l’avvicendamento del

ministero Nitti a quello di Orlando, una nuova smobilitazione

riporta alla vita civile un milione di soldati.

Tornata dal fronte carica di attese – alla cui determinazione

non erano estranee la Divisione propaganda dell’esercito né

tanta retorica ministeriale sui cambiamenti radicali nella futu-

ra vita civile – la gran parte degli ex-combattenti si trova a vive-

re in prima persona il dramma personale e collettivo del diffici-

le reinserimento sociale, acutizzato, proprio a partire dall’esta-

te del 1919, dai pesanti effetti della crisi economica. Dopo la di-

sfatta di Caporetto, per ribaltare le sorti del conflitto, i nuovi co-

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ROMA COMBATTENTE

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In maggio si tiene a Roma il primo congresso della più gran-

de organizzazione combattentistica, l’ANC2 – di cui alcune stime

facevano ammontare il numero degli iscritti attorno alle 300mi-

la unità – nata per iniziativa dell’ANMIG, a sua volta fondata a Mi-

lano nell’aprile 1917, con lo scopo di creare un’alternativa poli-

tica nuova e credibile ai tradizionali schieramenti politici. Così

recitava la circolare inviata dal direttivo dell’ANMIG alle sezioni,

nel novembre del 1918, per sollecitare la fondazione della nuo-

va associazione: «Organizzati e indipendenti, la nostra politica

la facciamo noi. Il programma della nuova Italia dev’essere il

nostro programma».

Il congresso di Roma adotta un programma di chiara ispira-

zione democratico-progressista, in cui si parla di «audaci riforme

sociali», «spezzamento del latifondo», periodo di leva di soli tre

mesi e disarmo internazionale. Proprio in termini di rapporti in-

ternazionali, si legge: «Concetto di Patria integrato con l’umanità

diverso dall’egoismo nazionale (concetto dei nazionalisti)»3.

All’inizio del 1919, sempre a Roma, si costituisce per iniziati-

va del tenente Mario Carli4, uno dei massimi esponenti del futu-

rismo politico, l’Associazione fra gli Arditi d’Italia, con sede al

civico 101 di corso Umberto I5. Le stime nazionali sugli iscritti a

questa associazione oscillano dalle diecimila unità calcolate da

Cordova alle poche centinaia enucleate da Rochat6. Per quel che

riguarda la sezione romana, tenendo conto delle stime della Po-

lizia e delle corrispondenze dalla capitale all’organo milanese

dell’organizzazione, il periodico «L’Ardito», si può credere che

i militanti attivi non abbiano mai oltrepassato in modo consi-

stente, nel biennio 1919-20, le cento unità. Inoltre, bisogna te-

nere conto delle frequenti crisi organizzative della sezione do-

vute ai forti dissidi di natura politica tra gli aderenti. Attriti sfo-

ciati in vere e proprie faide intestine tra la componente d’ordine

mandi dell’esercito avevano cercato di elevare la combattività e

il morale del soldato-massa – estraneo alle spinte ideologiche

della minoranza dei volontari interventisti – attraverso una se-

rie di provvedimenti di carattere assistenziale e di protezione

sociale, ma avevano puntato anche sull’aspetto propagandisti-

co. Con la creazione del servizio «P»1 e dei giornali di trincea, si

cercava di motivare, ad esempio, la categoria più martoriata,

quella del fante-contadino, con la promessa della futura con-

cessione della terra, al ritorno dal fronte.

Nel giorno della vittoria, il generale Caviglia – in un proclama

ai soldati e agli ufficiali – aveva affermato: «Ai soli combattenti,

a coloro soli che per tre anni seppero resistere, combattere e sof-

frire dovranno in avvenire continuare ad essere affidate le sorti

dell’Italia». Sulla stessa linea le dichiarazioni di pochi giorni do-

po, rilasciate dal primo ministro Orlando: «Questa guerra è al

tempo stesso la più grande rivoluzione politico-sociale che la

storia ricordi, superando la stessa Rivoluzione francese», e dal

ministro Salandra: «Nessuno pensi che passata la tempesta sia

possibile un pacifico ritorno al passato».

Ma alla retorica palingenetica dei vertici militari e della poli-

tica non seguono i fatti. I soldati smobilitati che tornano nelle

grandi città del Centro-Nord si trovano ben presto disoccupati;

gli ufficiali, per lo più espressione della classe media, vivono un

progressivo processo di proletarizzazione. I viveri e le merci rin-

carano, gli alimenti basilari diventano di difficile reperibilità, le

fabbriche, impegnate nella riconversione della produzione di

guerra, licenziano personale, mentre i tradizionali canali di sfo-

go dell’emigrazione si sono chiusi. Nell’estate del ’19, ex-com-

battenti sono alla guida delle occupazioni contadine delle terre

dei latifondi nel Mezzogiorno, mentre nelle grandi città scop-

piano sanguinosi moti contro il caroviveri.

VALERIO GENTILI

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salto dell’esercito regio: «Le fiamme nere, rosse, verdi e gli Ardi-

ti di reggimento». Per queste élite combattenti, la guerra si è ri-

velata gravida di suggestioni estranee al soldato-massa delle

trincee: il mito dell’azione, della lotta estrema, della guerra rige-

neratrice, perfino della morte. Tra gli Arditi smobilitati, i ranco-

ri propri a tutti soldati – cresciuti esponenzialmente negli anni

del conflitto verso gli imboscati che non hanno fatto la guerra, i

pescicani speculatori arricchitisi con le forniture di guerra – mu-

tano qualitativamente, assumendo una dimensione «ideologi-

ca» particolare, esplicitata da un colorito linguaggio retorico an-

tisistema, ostile alla borghesia panciafichista, ai socialisti pa-

cifondai, al clero austriacante, al parlamentarismo neutralista.

Per quello che riguarda l’importanza dell’elemento patriottico

nella linea strategica dell’AAI, al punto C dello statuto7 si legge:

«Difendere con ogni mezzo la Patria». Rappresenterebbe un ec-

cesso di schematismo individuare in questo aspetto una delle

cause principali della presunta adesione, sostanziale e di massa,

allo squadrismo fascista a partire dalla fine del 1920. Significati-

vamente scrive Mario Carli, nell’estate del 1920, dopo aver ab-

bandonato ogni incarico nel movimento dei Fasci di combatti-

mento, diventato col congresso di maggio a Milano, a dire suo e

di Marinetti, monarchico e conservatore: «Nel tricolore d’Italia

c’è anche il rosso e questo rosso, dilatato fino a dominare prepo-

tentemente gli altri due colori, dà il vero senso dei limiti e dei fini

verso cui deve incanalarsi la nostra azione rivoluzionaria»8. Pro-

prio in riferimento alla mutazione camaleontica del movimen-

to fondato da Mussolini – che giunge a una prima sostanziale

maturazione con lo spegnersi degli ultimi focolai insurreziona-

li accesi in quel periodo fitto di lotte sociali passato alla storia co-

me biennio rosso – negli atti del congresso che l’ANAI tiene nell’ot-

tobre 1922, alla vigilia della marcia, si afferma:

legata ai nazionalisti, quella del fascismo diciannovista – per al-

cuni mesi una sorta di incognita politica rispetto ai sedimenta-

ti, tradizionali blocchi sociali e politici contrapposti – e quella

del futurismo, da cui proveniva Cesare Bottai, per un certo pe-

riodo presidente del Comitato d’azione, la componente sovver-

siva, anarchica e repubblicana, tra cui spicca, fin da subito, la fi-

gura di Secondari.

I rapporti di forza tra queste tre fazioni, come vedremo, si ca-

ratterizzano nel biennio esaminato per un sostanziale equili-

brio. Il prevalere di una linea non è sistematico, ma contingente

e legato a precisi avvenimenti storici.

È curioso e indicativo come un’associazione il cui statuto al

secondo punto faceva categoricamente professione di apoliti-

cità si sia ben presto trovata in questo tipo di situazione, almeno

per ciò che riguardava la sezione romana. D’altro canto, il viva-

ce dibattito interno ci mostra come gli Arditi non fossero quel

monolite, più o meno politicizzato, spesso presentato da tanta

storiografia come un riciclo di manovalanza prezzolata delle

forze reazionarie in chiave antioperaia. In aggiunta, la defene-

strazione del presidente Bottai agli inizi del giugno 1920 – si ba-

di bene al preciso momento storico – a opera, secondo le fonti di

Polizia, principalmente dell’anarchico Argo Secondari e del re-

pubblicano Pietro Ribaldi, ci dà la misura di come la corrente

sovversiva, nella capitale, non fosse necessariamente inferiore

per numero e capacità di manovra al blocco tra Arditi naziona-

listi e fascisti, che proprio in quel momento andava consolidan-

dosi nel Paese.

Se rilevanti erano le differenze politiche, qual’era il trait d’u-

nion di questi individui?

Nel magma post-bellico dell’arditismo convergono principal-

mente uomini che avevano prestato servizio nei vari reparti d’as-

VALERIO GENTILI

26

Page 15: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

29

vere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendica-

zioni d’ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle

associazioni dei combattenti.

Con questo preambolo, il neonato fascismo si inserisce nel mag-

ma del combattentismo postbellico, senza avere ancora, però,

quelle caratteristiche per le quali salirà alla ribalta nella scena

politica nazionale nel biennio 1921-22. Ammonisce, con una cer-

ta enfasi, un autentico fascista della prima ora, Eno Mecheri:

Rimarrebbe deluso chi – in buona fede – ricercasse nelle persone

presenti all’adunata degli elementi appartenenti a forze conser-

vatrici e reazionarie. Del resto basterà rileggere il programma o-

riginario dei Fasci per capire come nelle file di questi non poteva-

no allora militare pescicani né terrieri né industriali, ma gente

che in prevalenza aveva testimoniato col sangue la propria fede

interventista orientata verso un deciso rinnovamento sociale del-

la Nazione10.

Le distanze da quella che sarà la logica imperialista del Regime

mussoliniano – che allora era già ben salda, invece, nell’impian-

to programmatico dei nazionalisti – si ravvisano nella seconda

dichiarazione dell’assemblea, che dichiara «di opporsi all’im-

perialismo degli altri popoli a danno dell’Italia e all’eventuale

imperialismo italiano a danno di altri popoli e accetta il postu-

lato supremo della Società delle Nazioni».

Il modello seguito dai fasci diciannovisti è quello dell’orga-

nizzazione snella, l’antipartito, un’associazione di tipo infor-

male con ramificazioni territoriali, cui il centro lascia abbon-

dante autonomia. Nascono così, soprattutto nelle grandi città

del Centro-Nord11, le prime sezioni fasciste. A Roma, gli affilia-

ti si chiamano tra di loro col termine compagno12. Possono farne

Gli Arditi d’Italia furono i veri fondatori del fascismo. Ma del fa-

scismo della prima ora, che era il vendicatore della guerra rivolu-

zionaria ed era il più audace movimento verso la sinistra e che

prometteva fra le altre cose la terra ai contadini e la gestione del-

le fabbriche ai produttori.

Il fascismo del biennio 1921-22, che Mussolini ha trasformato

in partito e che ha progressivamente abbandonato gran parte

dei punti del suo originario programma sansepolcrista, viene

considerato, senza mezzi termini, una «degenerazione».

Quella di Mario Carli – che dal marzo del ’19 è sul piano na-

zionale un dirigente dei neonati Fasci di combattimento, di

quelli futuristi e dell’AAI – è una militanza di rilievo, in molti

punti esplicativa rispetto agli stretti rapporti tra queste tre or-

ganizzazioni in ambito nazionale e cittadino. Quando, in segui-

to all’adunata milanese di piazza San Sepolcro del 23 marzo, si

costituiscono i primi Fasci di combattimento, questi, già a par-

tire dal nome stesso, echeggiano il richiamo esplicito sia all’u-

niverso combattentistico sia all’interventismo di sinistra dei Fa-

sci d’azione rivoluzionaria del 1914. Del resto, il principale pro-

motore dei fasci, Benito Mussolini, dalle colonne del suo gior-

nale «Il Popolo d’Italia», non manca mai di dare ampia cronaca

alle vicende del combattentismo organizzato, ed è in particolar

modo nei confronti degli Arditi che l’ex-leader socialista, già nei

primissimi giorni dalla fine del conflitto9, riserva una particola-

re attenzione. Nella prima dichiarazione dell’assemblea di piaz-

za San Sepolcro si legge:

L’adunata del 23 marzo rivolge il suo primo saluto e il suo memo-

re e reverente pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la gran-

dezza della Patria e per la libertà del mondo, ai mutilati e invalidi,

a tutti i combattenti, agli ex-prigionieri che compirono il loro do-

VALERIO GENTILI

28

Page 16: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

31

terno due raggruppamenti liberali, l’Associazione dei volontari

di guerra e l’AAI – ha inizio uno scontro politico intestino che cul-

minerà con lo scioglimento della sezione nella tarda primavera

dell’anno successivo, cui seguirà una ricostituzione su basi con-

servatrici e sempre più apertamente filonazionaliste.

Alcune istantanee sull’attività e sul serrato dibattito interno

al fascio capitolino di combattimento, nel periodo, possono for-

nire un quadro di massima sui suoi orientamenti generali e sul

suo conseguente posizionamento rispetto agli avvenimenti so-

ciali e politici.

Il 21 giugno 1919, mentre nella città montano le proteste an-

tigovernative contro il carovita, al circolo Garibaldi di piazza

delle Carrette si tiene una conferenza promossa dal fascio loca-

le, cui partecipa Benito Mussolini. Presiede il tenente Umberto

Fabbri, futurista e repubblicano, membro della giunta esecuti-

va14, che nella sua relazione introduttiva non risparmia parole

di fuoco contro il nuovo primo ministro Nitti, definito un inetto.

Nei successivi interventi si ribadisce sostanzialmente il caratte-

re del fascismo quale movimento di combattenti. Nel suo inter-

vento, Mussolini, ripercorrendo le tappe della conversione da

pacifista intransigente a interventista, rispolvera e modifica lo

slogan da lui coniato nell’aprile del 1915 «guerra o repubblica»

in «guerra e repubblica», ribadendo, in questa occasione15, il ca-

rattere repubblicano del movimento.

Quattro giorni dopo, in un nuovo incontro al circolo Garibal-

di promosso dai fascisti e dagli Arditi vicini al movimento, in-

tervengono gli ex-ufficiali dei reparti d’assalto Vittorio Ambro-

sini16, futuro capo degli antifascisti Arditi rossi, Ferruccio Vec-

chi e Mario Carli. I tre, nei loro interventi, esprimono la solida-

rietà degli Arditi – fatta salva la pregiudiziale patriottica – alle

lotte della classe operaia e ribadiscono la sostanziale affinità

parte iscritti di altri partiti. Vista la comune matrice combat-

tentistica e interventista, alle riunioni presenziano spesso Ardi-

ti dell’AAI e futuristi. Gli iscritti effettivi fino allo scioglimento

del giugno 1920 non superano le cento unità. Le vicende del pri-

mo fascismo romano – segnate fin dalla sua nascita dall’intrin-

seca e insolubile contraddizione generata dalla precaria coesi-

stenza di singoli e piccoli gruppi portatori di istanze di natura

politica opposta – rappresentano una sorta di cartina di torna-

sole della confusa e incongruente situazione politico-sociale ge-

neratasi nel primo dopoguerra in Italia, in cui proprio dal me-

desimo magma interventista avrà origine la contesa, tra com-

pagini irriducibilmente antitetiche, sull’eredità spirituale del

combattentismo. La componente di destra, nel Fascio romano,

è rappresentata dagli iscritti nazionalisti, che sono in netta mi-

noranza – ma una minoranza, come vedremo, particolarmente

influente, che esercita un certo potere rispetto alla dialettica in-

terna, spesso aspra, tra le varie correnti, in quanto principale

fonte d’entrata, grazie alla consolidata vicinanza del mondo im-

prenditoriale romano al movimento nazionalista, del denaro

necessario alla sopravvivenza della sezione stessa. Oltre alla già

citata pattuglia futurista, fanno parte dell’ensemble: repubbli-

cani, sindacalisti, anarchici individualisti e transfughi del so-

cialismo ufficiale. Il fascismo romano nel 1919 è un piccolo mo-

vimento che lotta innanzitutto per la sua sopravvivenza politi-

ca, in posizione marginale rispetto agli ambienti politici che

contano. Quando nell’ottobre del ’19, in vista delle elezioni poli-

tiche di novembre, i nazionalisti aderenti al fascio, ribaltando i

rapporti di forza numerici, riescono, probabilmente proprio in

virtù di ragioni di carattere finanziario13, a far aderire il Fascio

romano alla coalizione elettorale dell’«Alleanza Nazionale» –

promossa dalla Associazione nazionalista romana e con all’in-

VALERIO GENTILI

30

Page 17: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

33

Il 30 agosto, in una riunione al circolo Garibaldi, il capitano De

Martino19, nazionalista, invita le poche decine di militanti pre-

senti a rinnovare la fiducia all’esecutivo romano, nonostante i

partiti d’appartenenza, in vista del congresso nazionale del mo-

vimento in ottobre a Firenze20. Nel suo intervento, il presidente

Fabbri ribadisce la natura sociale e di sinistra del programma

del Fascio capitolino21.

Quando con l’avvicinarsi delle elezioni politiche, il 22 otto-

bre, nasce col concorso fascista l’Alleanza Nazionale22, molti

militanti, che invece caldeggiano l’unione alle forze dell’inter-

ventismo di sinistra, storcono il naso23. La confluenza nell’Al-

leanza provoca proteste anche nell’AAI. Già in una riunione del

10 ottobre alla Casa dell’Ardito, incentrata sulla tattica elettora-

le dell’organizzazione, si registra l’opposizione di una consi-

stente minoranza all’ipotesi di convergenza. In una nuova riu-

nione, il 27, i contrari all’Alleanza protestano vibratamente, fa-

cendo presente, inoltre, all’assemblea, che nella lista dei candi-

dati non è presente neanche un Ardito24.

In novembre, nella prima assemblea generale del Fascio ro-

mano che si tiene dopo la sconfitta elettorale del 16, c’è aria di

resa dei conti. Il presidente Fabbri, nella sua relazione iniziale,

sostiene la necessità di ricollocare il movimento chiaramente a

sinistra, dunque fuori dall’alveo conservatore rappresentato

dalla maggioranza delle forze inquadrate nell’Alleanza. Questa

linea incontra le resistenze dei nazionalisti. In una successiva

riunione il 6 dicembre25, le due posizioni si scontrano frontal-

mente: De Martino insiste sulla necessità di rafforzare l’allean-

za con liberali e nazionalisti, Fabbri, allora, presenta un ordine

del giorno in cui si sancisce la rottura con l’Alleanza Nazionale e

l’apertura a sinistra. Al voto dell’esecutivo, la linea Fabbri pas-

sa con diciotto favorevoli, sei contrari e tre astenuti26.

con la linea dell’ANC17 e la necessità per l’AAI di lavorare con i fa-

scisti, cui si riconoscono la matrice combattentistica e la deci-

sa opposizione a qualsiasi svolta autoritaria, ventilata, in quel

periodo, dagli ambienti politici più reazionari. Lo stesso Am-

brosini, poco tempo prima, era stato l’estensore di un ordine del

giorno approvato a maggioranza dall’AAI che così recitava:

L’Associazione Arditi delibera di sventare tutte quelle voci che si

riferiscono a complotti di Arditi tendenti alla dittatura militare e

afferma che, salvi gli ideali della Patria, gli Arditi si dichiarano so-

lidali con le masse operaie per la lotta economica18.

Proprio pochi giorni dopo, il 13 luglio, dalle colonne di «Roma

Futurista», Carli lancia la proposta di una piattaforma di colla-

borazione con i partiti cosiddetti «d’avanguardia», scrivendo:

Se tentassimo di collaborare? Il terreno comune c’è. Ed è quanto

di più nobile ed attraente possa offrirsi a degli spiriti sincera-

mente amanti del progresso e della libertà. È la lotta contro le at-

tuali classi dirigenti, grette incapaci e disoneste, si chiamino bor-

ghesia o plutocrazia o pescecanismo o parlamentarismo […]. Or

ora, l’esperimento del «caroviveri» in tante città d’Italia ci ammo-

nisce che di fronte a problemi gravi e pressanti non c’è l’odio di

parte né antipatia sentimentale che tenga. Noi possiamo dare (e

l’abbiamo ben data) una valida mano ai pussisti per impedire che

il popolo sia affamato. Non potrebbero i socialisti vedere nel no-

stro gesto disinteressato e leale una prova della nostra profonda

simpatia per il popolo, si chiami combattente o si chiami operaio e

riconoscere che la nostra azione tende, quanto e forse più della lo-

ro, a equiparare le classi sociali? […]. Eppure noi siamo libertari

quanto gli anarchici, democratici quanto i socialisti, repubblica-

ni quanto i repubblicani più accesi […] non abbiamo nulla a che

fare con i nazionalisti reazionari, codini e clericali.

VALERIO GENTILI

32

Page 18: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

35

volta al ceto politico stufo del parlamentarismo, a quello im-

prenditoriale, ai reduci in generale, ma soprattutto agli alti uffi-

ciali – sarà assimilata dal fascismo nel mutato clima politico e

sociale, successivo alla sconfitta operaia nell’occupazione del-

le fabbriche.

Ma nei primissimi mesi del 1920, nel Fascio di combattimen-

to romano le cose stanno ancora diversamente. Nella riunione

del 21 febbraio28, il presidente Fabbri chiede e ottiene l’espul-

sione dalla sezione degli iscritti nazionalisti, in quanto monar-

chici e religiosi. Sulla questione degli scioperi dei ferrovieri e

dei postelegrafonici ribadisce il sostegno fascista alle rivendi-

cazioni dei lavoratori, in opposizione, dunque, all’appoggio at-

tivo dei nazionalisti alla controparte padronale. Ma il Fascio di

combattimento, epurato dall’elemento «nazionalista-clericale»

e «liberal-monarchico», avrà vita breve: dopo un’inchiesta del

segretario del Comitato centrale, Umberto Pasella, nel giugno

1920 viene sciolto e la ricostruzione della sezione romana è af-

fidata, col preciso scopo di sconfessare l’indirizzo politico dei

mesi precedenti, al liberale Vico Pellizzari, già candidato del-

l’Alleanza Nazionale nel novembre 1919.

Sul piano nazionale è proprio con gli avvenimenti legati ai

grandi scioperi d’inizio anno che ha inizio la strategia di ricol-

locamento del movimento fascista operata da Mussolini, che

porterà alla comparsa dello squadrismo agrario in autunno:

Il primo sintomo lo si ebbe per l’agitazione dei ferrovieri, nel gen-

naio 1920, culminata nello sciopero generale di categoria. […]

Nel Comitato centrale dei Fasci la discussione di fronte a questo

sciopero fu vivacissima, ma coloro che ne sostennero le ragioni,

fra cui chi scrive, il prof. Lanzillo e altri, furono posti in netta mi-

noranza. Fu in seguito a questo voto che mi dimisi dalla carica di

segretario aggiunto e da socio dei fasci per raggiungere [la] Fiu-

Una settimana dopo, duecento Arditi nazionalisti provenien-

ti da tutta Italia si riuniscono nella sede del Comitato centrale

dell’Alleanza Nazionale alla presenza dell’onorevole Federzoni,

che li esorta ad appoggiare senza tentennamenti il programma

nazionalista27.

Nel mese successivo, gennaio 1920, i contrasti tra fascisti e

nazionalisti romani si inaspriscono a fronte dell’accrescersi de-

gli scioperi e delle agitazioni di numerose categorie dei lavora-

tori. Ai primi dell’anno viene proclamato lo sciopero generale

nazionale dei lavoratori postelegrafonici, cui si aggiunge, il 19

gennaio, quello dei ferrovieri. Si tratta di scioperi imponenti,

che si assommano a quelli già in atto su scala locale. I naziona-

listi intervengono nelle vertenze aperte dai ferrovieri e dai lavo-

ratori delle Poste attraverso un’organizzazione di loro emana-

zione, «l’Unione popolare antibolscevica», che offre opera di si-

stematico crumiraggio sostituendo, in accordo con le dirigenze

aziendali e le autorità, gli scioperanti con dei volontari.

Nata nell’ottobre 1919, l’Unione antibolscevica è una delle di-

verse compagini, anche di tipo paramilitare, generate dall’atti-

vismo politico del movimento nazionalista, che fin dai primi

mesi del dopoguerra trasforma la capitale in una sorta di labo-

ratorio politico per la nascente destra eversiva. Mentre il fasci-

smo è ancora un piccolo fenomeno politicamente marginale le-

gato a istanze – spesso confuse e contraddittorie – riconducibi-

li a una sorta di socialismo nazionale, l’azione delle milizie na-

zionaliste costituisce il precedente storico, il paradigma per la

successiva costituzione e lo sviluppo dello squadrismo delle ca-

mice nere, in seguito al palesarsi, nell’ultima fase del 1920, del

mutamento di rotta impresso al movimento fascista da Musso-

lini. La linea strategica della propaganda nazionalista – centra-

ta sulla necessità di una svolta politica di tipo autoritario e ri-

VALERIO GENTILI

34

Page 19: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

37

cano, sindacalista, libertario, anticlericale – è ora diventato con-

servatore, monarchico, parlamentare, con punte che si spingono

perfino verso il neoguelfismo, sotto il pretesto che occorre servir-

si dell’influenza del papato per la politica nazionale italiana30.

Per quello che riguarda la storia della sezione romana, alcuni

tra i principali organizzatori del Fascio capitolino, fedeli allo

spirito diciannovista, dopo lo scioglimento in giugno e la rior-

ganizzazione voluta dal centro milanese secondo criteri con-

servatori e reazionari abbandonano la militanza. Quando nel-

l’estate dell’anno successivo, secondo una direttrice d’espansio-

ne geografica precisa, la violenza squadrista dilaga dalla Pianu-

ra padana nelle regioni centrali e anche nella capitale, c’è chi,

tra questi fascisti della prima ora, sceglie la strada dell’antifa-

scismo militante. Un esempio abbastanza significativo è quello

del colonnello Tommaso Abatino31, membro del Consiglio di-

rettivo del Fascio prima, comandante delle prime tre compa-

gnie degli Arditi del popolo romani, poi.

Attraverso una serie di spaccati sul dibattito interno al Fascio

di combattimento romano, abbiamo avuto modo di vedere al-

cuni punti di contatto e l’intrecciarsi di comuni vicende con

l’AAI. Sulla contiguità del primo fascismo con gli ambienti del

futurismo e dell’arditismo scrive il sansepolcrista Mario Gradi:

Un largo contributo alla formazione del fascismo fu dato dal fu-

turismo, dall’arditismo, dal dannunzianesimo e dal fiumanesi-

mo. È indubbio infatti che la psicologia, il carattere e direi il tipo

fisico del fascista si formarono in gran parte sotto l’influenza di

questi movimenti […]. Si trattò di una assimilazione spontanea,

dato che i nuclei iniziali del fascismo nei vari centri furono costi-

tuiti da futuristi, ex-combattenti e legionari fiumani. […] L’ardi-

tismo e il fiumanesimo conferirono alla coreografia fascista le

forme e i riti che, con la loro singolarità e la loro suggestione, val-

me dannunziana dove lo sciopero dei ferrovieri della Venezia

Giulia e dell’Istria era stato difeso e sostenuto […]. Gli avveni-

menti del 1920 operavano la grande metamorfosi in senso rea-

zionario. […]

Quasi tutti i vecchi fondatori del fascismo nel 1920 avevano ab-

bandonato il movimento fascista, creato per ben altri approdi e

ormai idealmente alla deriva come movimento rivoluzionario.

Mussolini […] scriverà in data 6 novembre 1920: «Liberatosi […]

da coloro che nel 1914 recitavano le giaculatorie, i rosari, le lita-

nie del cosiddetto sovversivismo e nel 1920, come se nulla fosse

cambiato nel mondo, riprendono a biascicare le stesse devozioni,

ecco il Fascismo in marcia trionfalmente verso la sua affermazio-

ne nella vita nazionale»29.

Continua Mecheri:

[…] l’esito disastroso dell’occupazione rossa delle fabbriche […]

dette la misura delle incapacità rivoluzionarie del Partito sociali-

sta italiano […]. Le file fasciste furono perciò aperte a tutte le for-

ze mercenarie della reazione, destinate a costituire la massa di

manovra contro il nemico in ritirata. La borghesia industriale e

terriera, che per due anni era stata sotto l’incubo di una rivolu-

zione a sfondo bolscevico, dopo l’insuccesso rosso sentiva prepo-

tente nell’animo il bisogno di vendicarsi contro chi l’aveva così a

lungo terrorizzata.

Con sguardo retrospettivo puntato proprio sulle eclatanti tra-

smutazioni del fascismo nel suo primo biennio di esistenza,

scrive, dal suo forzato esilio francese nel marzo 1923, Alceste De

Ambris, il sindacalista che al fascismo delle origini aveva forni-

to nozioni e coordinate di non poco conto per l’azione politica:

Nel maggio 1921 – a poco più di due anni dalla sua nascita – il fa-

scismo ha già completato l’intero arco della sua trasformazione.

Il movimento – all’origine di rinnovamento nazionale, repubbli-

VALERIO GENTILI

36

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ROMA COMBATTENTE

39

si fa promotore di comitati e organizzazioni di rilevanza nume-

rica variabile, in cui si coagulano le forze di quella che Paolo

Spriano chiama «sovversione reazionaria»35 e che dall’estate del

’19, per reazione alle riforme democratiche varate dall’esecuti-

vo Nitti, cullano l’idea del colpo di Stato, la creazione di un go-

verno forte in grado di schiacciare le velleità parlamentariste di

certa borghesia progressista e la sovversione sociale legata alle

rivendicazioni delle classi popolari36.

Nella Roma del dopoguerra, nel florilegio di sigle che si ri-

chiamano più o meno direttamente all’esperienza bellica e al

combattentismo, i nazionalisti costituiscono la milizia parami-

litare dei «Sempre pronti per la Patria e per il Re», l’archetipo

primo per il futuro squadrismo fascista. Nel luglio 1919, per

reazione allo sciopero dei tipografi, organizzano, reclutando

soprattutto ex-Arditi, squadre di vigilanza territoriale, organiz-

zate secondo criteri tipicamente militari. Abbiamo già visto il

modus operandi dell’Unione popolare antibolscevica, forte di

cinquemila iscritti, creata col preciso scopo di strappare ai sov-

versivi il controllo delle piazze capitoline. I nazionalisti fanno

parte, spesso in numero e ruolo predominante, del «Comitato

centrale d’azione per le rivendicazioni nazionali», dell’associa-

zione «Patria irredenta», del «Comitato permanente di agita-

zione pro Fiume e Dalmazia», di quelle associazioni, cioè, che

prepareranno il terreno per l’impresa dannunziana a Fiume37.

Sul versante del socialismo ufficiale, subito dopo la firma del-

l’armistizio, viene costituita a Milano la «Lega proletaria tra mu-

tilati, invalidi, reduci, vedove e genitori dei caduti in guerra» (la

sezione romana vedrà luce solo nel febbraio del ’19, con sede in

corso Umberto I 380). Nella storia, nella linea strategica, nelle

tattiche di questa organizzazione è possibile rintracciare tutte le

sero a far convergere sul movimento l’attenzione delle folle […].

L’acclamazione corale «eia, eia, alalà», che D’Annunzio inventò

traendo spunto da una autentica interiezione della lingua latina,

fu dapprima il grido di guerra degli aviatori della Serenissima, a-

dottato quindi dai reparti Arditi. Gli inni Giovinezza e All’armi fu-

rono due tipiche canzoni di guerra degli Arditi. La camicia nera

faceva parte dell’uniforme del corpo degli Arditi […]. E così l’uso

dei gagliardetti, dei fez, delle fiamme nere, dei teschi, dei pugnali,

dei pantaloni grigioverdi e delle mollettiere; tutto un armamen-

tario tratto in blocco dagli usi dell’arditismo e dalle libere inter-

pretazioni dei pittoreschi reparti dannunziani. Il rito suggestivo

dell’appello ai caduti fu ideato da D’Annunzio32.

In merito ai futuristi33:

I futuristi, abituati alle clamorose esibizioni nei teatri che si con-

cludevano regolarmente tra schiamazzi e fischi, con nutriti lanci

di ortaggi e uova fradice, dettero il gusto dell’andare contro cor-

rente, della beffa, delle chiassate manesche; il dispregio per le ve-

nerabili accademie, la tendenza all’esaltazione della maschilità,

l’incondizionata ammirazione per i progressi della tecnica, il fa-

natismo per le imprese sportive. I futuristi furono una specie di

beats dell’epoca.

Se i fascisti rivendicano una comune matrice con le compagini

combattentistiche del primo dopoguerra, i nazionalisti si spin-

gono oltre cercando di egemonizzare, senza mai riuscirvi, il va-

riegato movimento dei combattenti per strumentalizzarlo a fini

eminentemente politici nella lotta al socialismo. Il tentativo fal-

lito di fondare a Roma, nel novembre 1918, l’«Associazione na-

zionale popolare di organizzazione e disciplina» per inquadra-

re il grosso dei soldati smobilitati in un’organizzazione dichia-

ratamente monarchica e conservatrice è uno degli esempi più e-

clatanti34. Per tutto il biennio ’19-20, il movimento nazionalista

VALERIO GENTILI

38

Page 21: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

41

buono, clemente, ma non può dimenticare, ma non vuol perdo-

nare la guerra.

Neanche una settimana prima, il primo del mese, sul quotidia-

no socialista era stata formulata questa riflessione:

Combattente non vuole dire nulla, anzi: se qualche cosa la qualità

di combattente conferisca al cittadino, questo qualche cosa è del

tutto negativo. Nel caso concreto il combattente è un distruttore

e non è certamente a chi distrugge che noi dobbiamo conferire la

direzione della cosa politica.

Dichiarazioni come queste impediranno non solo una qualsiasi

forma di cooptazione socialista di quei reduci schierati sulle po-

sizioni dell’interventismo rivoluzionario, ma anche una loro

marcata ostilità39. Ammonirà, anni più tardi, Gramsci:

La mozione per cui si stabiliva che gli interventisti non potevano

essere ammessi nel partito fu solo un mezzo di ricatto e di intimi-

dazione individuale e un’affermazione demagogica […] servì a

falsificare la posizione politica del partito che non doveva fare

dell’antinterventismo il perno della sua attività […]. Era eviden-

te che la guerra, con l’enorme sconvolgimento economico e psi-

cologico che aveva determinato specialmente tra i piccoli intel-

lettuali e i piccoli borghesi, avrebbe radicalizzato questi strati. Il

partito se li rese nemici gratis, invece di renderseli alleati, cioè li

ributtò verso la classe dominante40.

Tornando nello specifico all’attività della Lega proletaria, vale

per essa la formula, applicabile anche al PSU dopo la vittoria mas-

simalista, dell’estremismo tattico e del moderatismo strategico: da

un lato, la spiccata fraseologia rivoluzionaria, che si esplicita at-

traverso l’organo di propaganda «Spartacus»; dall’altro, la prati-

ca di difesa di tipo sindacale degli interessi di categoria, attuata

contraddizioni che attraversavano il movimento socialista, in

particolare le sue correnti massimaliste, nel primo dopoguerra.

Non esistono dati certi sui numeri dell’organizzazione. Nel-

l’estate del 1920, alla vigilia di un drastico ridimensionamento

delle sue attività, essa contava 400 sezioni e 50mila iscritti cir-

ca (i numeri sono quelli del secondo congresso tenuto in giugno

a Bologna). I numeri dei tesserati sono, dunque, molto lontani

da quelli dell’ANC. Le ragioni di questa posizione minoritaria,

seppur rilevante, nel milieu combattentistico risiedono nell’im-

postazione programmatica della Lega stessa. Al punto 6 dello

statuto approvato nel primo congresso di Milano si stabilisce

che gli ufficiali possono far parte della Lega solo se iscritti al sin-

dacato. Questa pregiudiziale fa da respingente nei confronti di

larghi strati di combattenti non ancora sindacalizzati. Inoltre,

nel modus operandi della Lega si riverbera tutto l’astio matura-

to tra i ranghi del Partito socialista, negli anni del conflitto, per

gli interventisti. La scelta di considerare gli ex-combattenti alla

stregua di una propaggine della classe operaia, puntando esclu-

sivamente sulle rivendicazioni di carattere economico38, allon-

tana qualsiasi ipotesi di veder confluire nell’organizzazione

quelle minoranze, radicalizzatesi già nei primissimi mesi del

dopoguerra, per le quali il combattentismo rappresenta una di-

mensione sicuramente più articolata del solo movente econo-

mico rivendicativo. Una serie di affermazioni perentorie com-

parse in quel periodo sull’«Avanti!» fanno il resto. Il 6 novembre

1919, nell’edizione milanese del quotidiano socialista appare la

seguente invettiva contro gli interventisti:

Voi siete gli uomini della guerra e fino alla fine dovete rimanere

inchiodati alla vostra croce di infamia. […] Il proletariato, nella

sua immensa bontà, nella sua profonda ingenuità, può tutto per-

donare in virtù di quella grande giustizia che può renderlo più che

VALERIO GENTILI

40

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ROMA COMBATTENTE

43

divertimenti. In nome dei morti e per la volontà degli eredi loro

dev’essere fatta giustizia. La nostra Lega presentò un memoriale

al governo chiedendo per voi vedove e madri: 1) che sia corrispo-

sto alle famiglie dei militari morti a causa della guerra il premio

di [illeggibile] e tutte le altre indennità che il militare avrebbe

conseguito se non fosse caduto a causa della guerra stessa. 2) Che

la pensione delle vedove e dei genitori dei caduti in guerra sia ele-

vata in modo da essere corrispondente alle condizioni del costo

della vita; non solo, ma commisurate altresì al costo medesimo in

confronto di quello dell’epoca in cui le pensioni erano firmate. 3)

Che sia fatto uno speciale trattamento alle vedove con prole, in

considerazione della loro impossibilità di attendere a proficuo la-

voro, dovendo esse provvedere all’allevamento ed alla vigilanza

dei propri bambini in famiglia. 4) Domandiamo l’esonero dal pa-

gamento dei residui debiti di affitto contratti nel periodo del ri-

chiamo alle armi. Non è giusto che dopo di aver dato il marito od

il figlio e non avendo potuto pagare per intero l’affitto vi siano di-

sposizioni che danno facoltà ai proprietari di casa a reclamare

tutti gli arretrati [illeggibile] durante la guerra. 5) L’assistenza a-

gli orfani dei caduti. 6) Che siano dichiarate esenti da qualsiasi

tassa o trattenuta le quote di pensione. 7) Domandiamo che nel-

l’assumere personale femminile, alla manifattura tabacchi, mini-

steri ed altri impieghi governativi, sia data preferenza alle vedo-

ve e madri dei caduti di guerra. Per ottenere tutto questo bisogna

essere forti e per essere forti bisogna essere tutti d’accordo42.

Paradigmatiche, nell’ambito del dopoguerra romano, rispetto

all’incapacità del Partito socialista di attivare un canale virtuo-

so di interlocuzione col reducismo nel suo insieme, sono le vi-

cende politiche e personali del futuro triumviro degli Arditi del

popolo, Giuseppe Mingrino. Volontario di guerra, comandante

degli Arditi decorato con croce al merito, Mingrino dai primi

mesi del ’19 milita sia nell’Unione socialista romana sia nella lo-

cale sezione della Lega proletaria.

secondo criteri spesso riformisti e legalitari, incapace di far brec-

cia in quei settori proto-rivoluzionari del movimento dei com-

battenti, divenuti padroni di quelle tecniche e capacità militari

in grado di innalzare qualitativamente le capacità combattive e

rivoluzionarie del movimento operaio. Scrive Spriano:

Un problema a sé, che però tenderà ad avere una grande impor-

tanza nei periodi di crisi più acuta, è l’assoluta inettitudine tecni-

ca, spirituale e materiale del campo operaio a darsi una sua orga-

nizzazione militare che corrisponda, almeno in parte, al gran par-

lare che si fa di presa violenta del potere. Centralmente – su que-

sto tutte le fonti sono concordi – il partito non fa nulla. I capi so-

cialisti sono inesperti e alieni dall’impostazione di una forza ar-

mata. Mancano anche, al movimento, i quadri capaci di dirigere

un’eventuale insurrezione. (Al contrario di ciò che accadrà al fa-

scismo). Qualche esperienza locale […] non è né incoraggiata né,

tantomeno, coordinata dalle dirigenze. L’assenza di ogni struttu-

razione militare del movimento sarà clamorosamente rivelata al

tempo dell’occupazione delle fabbriche e ancor più nel momen-

to in cui vi sarà una vera e propria guerra civile, nel 1921-2241.

Un manifesto-memorandum a opera della sezione romana, nel-

la tarda estate del ’19, dopo il primo congresso nazionale di Mi-

lano, ci dà la misura della natura eminentemente economica

delle rivendicazioni avanzate dalla Lega e della sua alterità, che

passa anche per la semiotica e il linguaggio, rispetto alla forma

mentis, tutta intrisa di slanci idealistici e di volontarismo, pro-

pria delle correnti più radicali del fenomeno combattentista:

Alle madri e alle vedove dei caduti in guerra. Il sacrificio del san-

gue e della vita non deve essere compensato con la miseria. Se i

vostri sposi e i vostri figli ritornando alle loro case vedessero che

i loro cari sono costretti a tutte le umiliazioni e a tutte le privazio-

ni, mentre gli speculatori della guerra navigano nel denaro e nei

VALERIO GENTILI

42

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ROMA COMBATTENTE

45

solitario tempismo il piano nuovo, quello della violenza politica

scientificamente organizzata, sul quale il nascente radicalismo

di destra si appresta a trasporre i criteri tradizionali della lotta

politica. Ma l’Unione socialista romana, di lì a poco, in ottobre,

lo emarginerà dalla contesa politica nella capitale: la sua colpa,

il suo peccato originale, è quello di essere stato un interventista.

A nulla vale la più recente rielaborazione critica di quella scelta:

basta un articolo del periodico «Roma Futurista», in cui si ri-

corda il passato interventista di Migrino, propagandista in fa-

vore della guerra al fronte, per convincere la direzione del Par-

tito socialista a privarsi di uno dei suoi uomini migliori nella ca-

pitale, inviandolo in Abruzzo46.

In seguito all’attacco a Milano, il 15 aprile 1919, di un nutri-

to corteo socialista da parte di una squadra di Arditi43, culmina-

to con la devastazione della sede dell’«Avanti!», si tiene, il 18, nel

circolo Andrea Costa di Roma, un’assemblea dell’USR per fare il

punto della situazione44: Mingrino è tra i circa duecento parte-

cipanti. Nella riunione si parla, tra l’altro, delle lungaggini rela-

tive alla smobilitazione dei soldati e delle strumentalizzazioni

ordite nei loro riguardi dal «Popolo d’Italia» di Mussolini. Il

tratto comune agli interventi dei vari oratori è il dare per scon-

tata l’ostilità della maggior parte di essi al partito: solo Mingrino

sembra discostarsi da questa linea. Nella sua relazione d’aper-

tura, il segretario dell’USR D’Amato afferma senza mezze misure

che la maggioranza dei soldati è contro i socialisti. Continua il

redattore dell’«Avanti!» Francesco Ciccotti sostenendo che tut-

to il movimento degli interventisti è da considerarsi sul libro pa-

ga del governo e che i soldati sono ostili ai socialisti in quanto li

ritengono, a torto, responsabili della mancata smobilitazione.

Mingrino è l’unico a non dare per scontata la contrarietà dei sol-

dati al partito, distinguendo i soldati semplici, socialisti nell’a-

nimo, dagli ufficiali, e sostenendo, nel contempo, la necessità di

una efficace propaganda nelle caserme e tra le truppe che non

mortifichi continuamente lo status dei combattenti.

A pochi giorni dall’impresa dannunziana di Fiume in settem-

bre, che genera grossi timori tra i socialisti romani di un colpo

di Stato nazionalista, intervenendo a un’assemblea dell’USR45

Mingrino rivendica a sé e a pochi altri il merito di aver organiz-

zato squadre di giovani socialisti, che hanno contrastato per le

strade della capitale la crescente presenza aggressiva delle mili-

zie nazionaliste, mentre gli altri oratori esortano le centinaia di

partecipanti a organizzare scioperi e presidi territoriali più o

meno pacifici. Mingrino, dunque, sembra aver compreso con

VALERIO GENTILI

44

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CAPITOLO II

La Fratellanza tra gli Arditi d’Italia

Nel primo dopoguerra, il discrimine dell’interventismo rende

tesi e carichi di astio reciproco i rapporti dell’USR con quelle

compagini combattentistiche, come gli Arditi, autodichiaratesi

eredi nello spirito degli ideali della vittoria. La pubblicazione

nell’estate del 1919 a opera dell’«Avanti!» dell’inchiesta sulla

rotta di Caporetto e delle presunte responsabilità – ad essa lega-

te – dei reparti d’assalto, provocano la reazione sdegnata del-

l’AAI, attraverso un pubblico manifesto. Con questa querelle a

mezzo stampa si riattizzano lo scontro e il reciproco scambio di

accuse tra neutralisti e interventisti. Ma come abbiamo già vi-

sto, l’acredine per il «socialismo ufficiale» nel magma dell’ardi-

tismo postbellico non sfocia necessariamente in una confluen-

za nell’area del radicalismo nazionalista e di destra.

Il 22 marzo del 1919, per opera di Arditi di orientamento a-

narchico e repubblicano legati alla CDL interventista di via del-

la Croce Bianca – Vincenzo Baldazzi, Luigi Piccioni, Aldo Fasa-

no, Ubaldo Cioccolanti, Raimondo Francucci, Francesco Maio-

re, Edoardo Betti e Santore Nobili – nasce la Fratellanza tra gli

Arditi d’Italia1. Con sede nei locali del circolo repubblicano Ci-

ceruacchio in via Angelo Brunetti, un centinaio di iscritti all’at-

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ROMA COMBATTENTE

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capitale, scortato da due soldati e imbarcato al porto di Civita-

vecchia per essere assegnato al 42° Reggimento di fanteria di

stanza a Cagliari. Tornerà a Roma sei mesi più tardi dopo essere

stato congedato. Nel frattempo, le indagini delle forze di Polizia

locali ridimensionano l’allarmismo del prefetto e della Direzio-

ne centrale: la delazione sui propositi omicidi di Cioccolanti

non è da considerarsi attendibile. Il rapporto del 16 aprile sul

«sovversivo Cioccolanti Ubaldo, soldato» ci fornisce elementi

interessanti sugli ambienti dell’arditismo:

Dai documenti rinvenuti nel suo domicilio si rileva che egli è se-

gretario di una nuova associazione di Arditi detta «FRATELLANZA

TRA GLI ARDITI D’ITALIA». Codesto sodalizio mette capo ad un ag-

gruppamento di giovani repubblicani irrequieti e settari diretti

dal noto Luigi Piccioni. Detta organizzazione […] si distingue

dall’altro raggruppamento di Arditi, che sotto l’egida del tenente

Carli e del Marinetti segue le direttive dei futuristi e talora dei na-

zionalisti. Entrambe le organizzazioni sono contro i movimenti

socialisti e in caso di tumulti e di disordini da questi promossi è

mio convincimento che potranno affermarsi con azioni violente

con uso di armi e di esplosivi di guerra, di cui possono essere già

in possesso o ne potranno facilmente venire, prelevandoli dai tan-

ti depositi dell’Amministrazione militare per essere ancora in-

corporati nell’esercito. Ai socialisti non è certamente ignoto il

programma di violenta opposizione di questi nuclei educati dalla

guerra all’estrema ferocia e qualche episodio, non clamoroso, si è

già verificato in questa città, rivelante il dissidio con i socialisti.

Il contrasto originario tra neutralisti e interventisti continua ad

alimentarsi nel dopoguerra, ripercuotendosi sul clima politico

e scavando solchi profondi, non solo, come naturale, tra i paci-

fisti socialisti e i combattenti vicini ai partiti d’ordine, ma anche

all’interno del movimento operaio5 e di ambienti contigui del

to di fondazione e una serie di fiduciari sparsi in varie regioni

che le garantiscono anche una dimensione di tipo nazionale,

l’associazione, che si fa promotrice di istanze di trasformazione

radicale della società conferendo all’esperienza bellica caratte-

re di palingenesi rivoluzionaria, si costituisce, secondo le infor-

mazioni fiduciarie raccolte dalla Questura romana, per strap-

pare all’egemonia dei futuristi e dei nazionalisti il milieu del-

l’arditismo.

L’informativa riservatissima urgente, in data 3 maggio, del

prefetto capitolino alla Direzione generale di PS del ministero

dell’Interno sulle attività della FtAI si chiude in questo modo:

Nei riguardi di tale associazione e dei componenti di essa è stata

disposta attiva vigilanza e le attività promosse nella città saranno

direttamente segnalate alle autorità di PS direttamente compe-

tenti. Questo ufficio segue con speciale interessamento l’attività

di tale associazione che potrebbe in seguito costituire pericolo

per l’ordine pubblico, sia per gli scopi che essa si prefigge e che so-

no indicati nel manifesto programma pubblicato sull’Iniziativa

[…] sia per i componenti il Comitato direttivo della medesima in

gran parte noti come elementi pregiudicati e capaci di commet-

tere violenze2.

Proprio a pochi giorni dalla sua costituzione, nei primi giorni di

aprile, si materializza attorno alla FtAI lo spettro del regicida

Gaetano Bresci. Due telegrammi, rispettivamente del 13 e 14 a-

prile3, indirizzati dal ministero dell’Interno al prefetto di Roma,

allertano le autorità locali a vigilare rispetto ai presunti propo-

siti del segretario dell’associazione, Ubaldo Cioccolanti4, di vo-

ler attentare alla vita del Re. Cioccolanti, che secondo la PS «a-

vrebbe manifestato l’intenzione di attentare alla vita di S.M. il

Re a qualsiasi costo», viene immediatamente allontanato dalla

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

51

mere la più alta e squisita solidarietà, la ineffabile reverenza ai

precursori e agli eroi della civiltà umana fa vibrare l’anima nostra

tutta accesa e anelante verso le rive fiorite dove splende l’aurora

del nostro sogno7.

Puntualizzano sull’argomento gli anarchici interventisti guida-

ti da Paolinelli:

Noi anarchici e rivoluzionari italiani non inquadrati in alcuna

chiesa politica guardiamo con fervida simpatia le rivoluzioni

compiutesi ed in via di compimento in altri paesi ma non sentia-

mo il bisogno di dichiararci bolscevichi e spartachiani, perché ri-

teniamo che ciascun popolo faccia la sua rivoluzione. E la nostra

rivoluzione, sarà la rivoluzione nostra8.

Durante il biennio 1919-20, il cosiddetto biennio rosso, il Parti-

to socialista mostra notevoli difficoltà – nonostante la sua enor-

me mole di iscritti e votanti, che lo rendono il più grande partito

italiano – a conferire una organizzazione disciplinata ai nume-

rosissimi moti di sciopero e di protesta che si susseguono sen-

za sosta e spesso in modo caotico in tutta la penisola, e che so-

no indice della forte radicalizzazione delle masse nel periodo.

Atrofizzato da un accanito quanto sterile scontro intestino tra la

corrente massimalista, che attende la rivoluzione più che pre-

pararla, considerandola ineludibile, e quella riformista, intenta

a non sacrificare il proprio profilo istituzionale per inseguire il

radicalismo delle classi popolari, il partito non riesce a dare uno

sbocco rivoluzionario ai sommovimenti sociali del biennio9. Ri-

fletteva amaramente, in riferimento al biennio trascorso,

Gramsci, nel novembre 1922:

Mancava a questo immenso sollevamento delle classi lavoratrici

una parola d’ordine chiara e precisa, un orientamento unico, de-

sovversivismo cittadino. Nel manifesto della Fratellanza si leg-

ge: «È tedesco nell’anima chi cerca di gettare l’Italia nostra nel-

le braccia di un torbido, incosciente bolscevismo». È evidente

che affermazioni come questa, più che fare il paio con le tirate

antibolsceviche dei nazionalisti e dei conservatori, prendono di

petto il bolscevismo di casa propria, il socialismo del PSI e la sua

linea politica:

Intanto il bolscevismo non coincide affatto col pussismo italiano.

Prendendo la Russia come modello tipico di rivoluzione sociale,

si vede anzitutto che il bolscevismo è stato un movimento, non

tanto grettamente espropriatore, quanto rinnovatore, perché ha

voluto ricostituire in base a ideali vasti e profondi l’edificio socia-

le, assurdamente sbilenco sotto il decrepito regime zarista. Inol-

tre il bolscevismo russo, animato da un potente soffio di mistici-

smo, non si è mosso con quei criteri di pacifismo codardo, che

fanno dei cortei proletari italiani altrettante processioni d’inno-

centi agnellini […]. Il popolo russo ha saputo anche difendere la

sua rivoluzione, e gli eserciti di Lenin si sono battuti, spesso vit-

toriosamente, contro i bianchi paladini della reazione. Assodato

poi che i socialisti italiani non credono nella rivoluzione, non la

vogliono e non fanno nulla per provocarla, possiamo stabilire in

modo definitivo che noi legionari non avremmo mai alcun con-

tatto, e neppure alcun cenno d’approccio, con quella ottusa coc-

ciuta grettissima cretinissima chiesa che è il partito ufficiale so-

cialista italiano6.

La posizione degli interventisti aderenti alla CDL di via della Cro-

ce Bianca rispetto all’esperimento sovietico russo viene ribadi-

to ai primi di marzo:

A tutti coloro che danno la mente e il cuore, il sangue e la vita per

un raggio di libertà, noi diamo i palpiti della nostra ammirazione

e i fiori del nostro pensiero. […] Ogni manifestazione per espri-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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cani, di una Costituente, il Partito socialista, dopo la vittoria nel

settembre 1918 della corrente massimalista al congresso di Ro-

ma, ha già sostituito l’obiettivo minimo della Costituente re-

pubblicana con la formula «repubblica socialista e dittatura del

proletariato». L’imperativo dei massimalisti è «fare come in

Russia», ma questa fuga in avanti tutta dialettica, cui non segue

l’organizzazione pratica, risulterà letale – col fallimento dell’oc-

cupazione delle fabbriche nell’estate del ’20 – non solo per il par-

tito, ma per tutto il movimento operaio:

Nel marzo 1920, le classi possidenti cominciarono a organizzare

la controffensiva. Il 7 marzo fu convocata la prima Conferenza

nazionale degli industriali, che creò la Confederazione generale

dell’industria italiana. Nel corso di questa conferenza fu elabora-

to un piano preciso e completo d’azione capitalista unificata, tut-

to vi era previsto […]. Il 15 giugno Giolitti formava il suo ministe-

ro di compromesso con gli agrari e con lo Stato maggiore, rap-

presentato da Bonomi, ministro della Guerra. Un lavoro febbrile

d’organizzazione controrivoluzionaria cominciò allora di fronte

alla minaccia dell’occupazione delle fabbriche […]. In luglio, il

ministero della Guerra, Bonomi alla testa, cominciò la smobilita-

zione di circa 60mila ufficiali nel modo seguente: gli ufficiali smo-

bilitati conservavano i quattro quinti della loro paga; per la mag-

gior parte essi furono inviati nei centri politici più importanti,

con l’obbligo di aderire ai «Fasci di combattimento»; questi ulti-

mi erano rimasti fino a quel momento una piccola organizzazio-

ne di elementi socialisti, anarchici, sindacalisti e repubblicani, fa-

vorevoli alla partecipazione dell’Italia alla guerra a fianco dell’In-

tesa. Il governo Giolitti fece sforzi immani per avvicinare la Con-

federazione dell’industria alle associazioni degli agrari, specie

quelle dell’Italia centrale e settentrionale. Fu in questo periodo

che apparvero le prime squadre armate di fascisti e che si ebbero

i primi episodi terroristici13.

ciso e determinato, un programma politico concreto. Il Partito

socialista avrebbe dovuto dominare la situazione ma se la lasciò

sfuggire di mano. […] Il Partito socialista nella sua ideologia e nel

suo programma rifletteva il caos che regnava nelle campagne;

tutta la sua attività si riduceva a declamazioni massimaliste, a di-

chiarazioni chiassose in parlamento, ad affiggere manifesti, a

canti e fanfare. Tutti i tentativi fatti dall’interno del Partito socia-

lista per imporre le questioni operaie e l’ideologia proletaria fu-

rono combattute con accanimento con le armi più sleali10.

Ritornando, alcuni anni dopo, sulla mancata dinamica rivolu-

zionaria:

Vaste masse (specialmente di contadini e piccoli borghesi intellet-

tuali) sono passate di colpo dalla passività politica a una certa at-

tività e pongono rivendicazioni che nel loro complesso disorgani-

co costituiscono una rivoluzione […]. Le forze antagoniste sono

risultate incapaci a organizzare a loro profitto questo disordine di

fatto. Il problema era di ricostruire l’apparato egemonico di questi

elementi prima passivi e apolitici, e questo non poteva avvenire

senza la forza: ma questa forza non poteva essere quella legale11.

Un giudizio della controparte ministeriale sugli avvenimenti del

periodo è quello di Tittoni, membro del Gabinetto Nitti:

Nei gravi tumulti scoppiati in varie parti d’Italia, rimasi impres-

sionato che, per riunire le forze sufficienti a fronteggiarli, occor-

resse far venire guardie e carabinieri dalle regioni immuni che ri-

manevano così sguarnite […]. Più volte ebbi a domandarmi che

cosa avrebbe potuto fare il governo se un movimento di rivolta

fosse scoppiato contemporaneamente in tutta la penisola12.

Quando, a partire dai primi mesi del 1919, dalle fila del combat-

tentismo si leva la richiesta, in molti casi con accenti repubbli-

VALERIO GENTILI

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CAPITOLO III

Il sovversivismo, la lotta al carovita, gli scioperi, i fatti di Pietralata

Nel gennaio 1919 ha inizio a Roma un esteso moto di rivendi-

cazione sociale, che vede diverse anime del combattentismo in

prima linea. Il movimento raggiunge le punte massime di con-

flittualità nelle estati del ’19 e del ’20, in corrispondenza delle fa-

si più acute della lotta al carovita e alla penuria di generi alimen-

tari di prima necessità. Fin dai primi giorni successivi alla firma

dell’armistizio nel novembre 1918, le componenti rivoluzionarie

delle due Camere del lavoro si riorganizzano per infondere uno

scatto insurrezionale al crescente malessere delle classi popola-

ri1. Le richieste comuni a tutto il mondo sindacale riguardano le

otto ore lavorative, i minimi salariali, la lotta alla disoccupazio-

ne. Alla Camera del lavoro confederale di piazza Madonna dei

Monti, nata nel novembre 1916 in seguito alla scissione dalla Ca-

mera interventista di via della Croce Bianca dei sindacalisti vici-

ni all’USR e di quelli dell’USI – favorevoli all’indirizzo antibellicista

maggioritario in quel sindacato – massimalisti e anarchici lavo-

rano di concerto, non senza frequenti attriti, per emarginare i

riformisti legati alla dirigenza nazionale della CGL e realizzare un

fronte comune di indirizzo rivoluzionario. Un intervento di Ar-

mando Borghi, segretario dell’USI, in occasione di un comizio

Suonava ammonitore, rispetto agli avvenimenti italiani, quan-

to scritto da Lenin, a proposito di obiettivi minimi, in occasione

del quarto anniversario della Rivoluzione d’ottobre:

Il più imperioso compito della rivoluzione fu, in Russia, di natura

borghese e democratica. Fu di distruggere, nel Paese, tutte le so-

pravvivenze del Medioevo, di eliminare infaticabilmente l’onta, le

barbarie e gli ostacoli ad ogni cultura e ad ogni progresso […].

Noi abbiamo spinto la rivoluzione democratica e borghese fino in

fondo. Inflessibili e coscienti, noi andiamo verso la rivoluzione

sociale, sapendo bene che nessuna inviolabile muraglia la separa

dalla rivoluzione democratico-borghese14.

A Roma per tutto il biennio si susseguono, sia alla Camera del la-

voro confederale sia alla Casa del popolo all’Esquilino, le polemi-

che tra gli anarchici e i socialisti, giudicati dai primi incapaci –

nonostante la loro forza apparente – di preparare e dirigere il mo-

to rivoluzionario. Quando, nel maggio 1920, periodo in cui si riat-

tiva il movimento di protesta contro il caroviveri, si tengono una

serie di incontri informali, tra esponenti della FCAL da un lato e a-

narchici e repubblicani aderenti alla CDL interventista dall’altro,

per conferire carattere rivoluzionario alle agitazioni, i socialisti

vengono esclusi a priori perché giudicati inservibili per la causa15.

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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opera dei carabinieri e su ordine delle autorità militari, dei sol-

dati intervenuti alla manifestazione. Alcuni giorni dopo, un

centinaio di militi in uniforme partecipa a un comizio indetto,

tra gli altri, dalla Camera confederale, alla Casa del popolo al-

l’Esquilino. Il 27 dicembre, in una riunione del Consiglio gene-

rale della Camera confederale, si lancia la parola d’ordine della

smobilitazione generale di tutti i soldati, e il sindacalista anar-

chico Spartaco Stagnetti, che presiede la riunione, conclude la

sua relazione d’apertura affermando: «Lasciate che ritornino

tutti coloro che hanno trascorso questi ultimi quattro anni in

trincea e le cose precipiteranno».

Il discrimine dell’intervento e l’opposizione tra riformisti e ri-

voluzionari rendono disomogeneo il mondo sindacale romano,

non solo in riferimento alla dialettica concorrenziale tra orga-

nizzazioni contrapposte, ma anche all’interno delle stesse strut-

ture sindacali.

Il 1918 si conclude con un avvenimento delittuoso che scuote

il movimento operaio cittadino: il soldato anarchico Giovanni

Montesi muore in carcere, a Regina Coeli, in seguito alle per-

cosse ricevute dalle guardie carcerarie5. Il 6 dicembre aveva par-

tecipato alla commemorazione del socialista Augusto Mam-

muccari, organizzata a Velletri dalla Camera confederale. Di ri-

torno dall’iniziativa, sul tram per Roma, in sosta alla stazione di

Albano, scoppia un tafferuglio tra un gruppo di anarchici e al-

cuni carabinieri. Montesi è tra gli otto arrestati in seguito alla

rissa. In carcere troverà la morte. Nel febbraio seguente, il grup-

po anarchico del rione Porta Pia, per iniziativa di Giuseppe Luz-

zi6, prende il suo nome.

Dai primissimi giorni del 1919 le attività del movimento a-

narchico romano generano grossa preoccupazione tra le forze

di Pubblica Sicurezza, che temono, con il riflusso di uomini in

«pro unità proletaria», a cui assiste un informatore della Que-

stura che ne riporta alcuni stralci, ci dà conto dello scontro, in-

terno ed esterno, alla Camera confederale:

Prese poi la parola Armando Borghi che pronunciò un lungo di-

scorso durato circa due ore. Egli dopo un vivace attacco alle as-

sociazioni operaie interventiste fece la storia della Confederazio-

ne generale del lavoro seguendola in tutti i suoi atteggiamenti dal

1906, epoca della fondazione, fino all’ultimo consiglio generale di

Bologna. Accennò agli scioperi dei ferrovieri nel 1907 e 1914, al-

la Settimana rossa, accusando la Confederazione stessa di aver

sempre tradito gli interessi della classe operaia impedendo qual-

siasi movimento rivoluzionario per favorire le riforme economi-

che in modo da tacitare gli impeti di ribellione del proletariato.

Volle infine dimostrare che la Confederazione generale non farà

mai gli interessi dei lavoratori perché coloro che la dirigono sono

gli arrivisti del Partito socialista e dei traditori2.

Anche nella storica Camera del lavoro, fondata nel 1892, di via

della Croce Bianca3 – espressione del mondo sindacale schiera-

tosi a favore dell’intervento – lotte intestine vedono contrappo-

ste da un lato le correnti sovversive, gli anarco-sindacalisti e-

spulsi dall’USI e i repubblicani rivoluzionari guidati da Luigi

Piccioni, provenienti soprattutto dalle fila della Federazione

giovanile del partito, e dall’altro le correnti moderate dei social-

riformisti e della maggioranza repubblicana. Questa Camera si

caratterizza fin da subito per un’attiva propaganda tra i soldati

smobilitati e ancora effettivi, e nel gennaio 1919 promuove una

serie di comizi settimanali rivolti proprio a queste due catego-

rie4. Anche la Camera confederale, seppur in modo meno siste-

matico, attiva canali di propaganda tra i soldati: in occasione di

un comizio indetto il 13 novembre 1918, la Commissione diret-

tiva lamenta l’arresto fuori dai locali della Camera del lavoro, a

VALERIO GENTILI

56

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ROMA COMBATTENTE

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«Martiri di Chicago», del rione Esquilino, con sede alla Casa del

popolo. Nei primi mesi di vita della FCAL, gli anarchici federati

organizzano una serie di campagne per il rimpatrio di Errico

Malatesta, in sostegno della Russia sovietica, contro l’interven-

to militare delle truppe dell’Intesa in Ungheria per soffocare il

regime di Bela Kun, per l’astensionismo elettorale.

Il 9 aprile la FCAL partecipa a una riunione all’educatorio An-

drea Costa, promossa in preparazione dello sciopero generale

del giorno successivo indetto dal Partito socialista per gli insor-

ti della Settimana rossa, la fallita rivoluzione spartachista avve-

nuta in gennaio a Berlino. È questo uno di quegli scioperi in cui

emerge, in modo netto, la mancanza di una prospettiva chiara

da parte della dirigenza socialista, lacuna strategica che finirà

per fiaccare un certo slancio rivoluzionario mostrato nel perio-

do dalle masse. Ai proclami insurrezionali della prima ora si so-

stituiscono, nei giorni immediatamente precedenti lo sciopero,

secondo quella che diverrà una prassi consolidata10, disposizio-

ni precise per tenere nei binari della legalità la dimostrazione.

In questo caso, la Questura ha vietato il corteo, per impedire,

quindi, un intervento preventivo della PS in grado di minare la

riuscita della manifestazione, e nella riunione del 911 viene sta-

bilito un piano operativo riguardo gli aspetti tecnico-logistici.

Si decide di tenere segreto il luogo del concentramento e ai mi-

litanti viene data solo un’indicazione di massima sul possibile

punto di incontro, compreso tra piazza Venezia, corso Umberto

e piazza Colonna. L’ordine è di radunarsi ciascuno nei propri

circoli di quartiere, incolonnarsi e dirigersi con in testa i vessil-

li verso il centro cittadino. Alla piattaforma dello sciopero ade-

riscono numerose categorie di lavoratori12, tra cui fornaciai, già

in sciopero, metallurgici, tipografi, panettieri, tramvieri, fale-

gnami, pittori e muratori. Aderisce anche l’Associazione dei sol-

città derivante dai congedi delle classi sotto le armi, un ingros-

samento notevole delle fila dei suoi militanti. Gli anarchici non

hanno ancora un organismo federato comune, la FCAL sarà co-

stituita in marzo, la loro presenza sul territorio è discontinua, a

macchia di leopardo, e la loro consistenza numerica è molto

contenuta se confrontata coi grandi numeri dell’USR. Secondo

una relazione del prefetto, in gennaio7 il movimento non conte-

rebbe che centoventi militanti effettivi: nonostante tutto que-

sto, in forme diverse, gli anarchici hanno attivato una sistema-

tica propaganda tra le truppe, coi risultati più efficaci nella dif-

fusione della stampa sovversiva nelle caserme, e alcuni tra i loro

esponenti hanno largo seguito tra i lavoratori. Ad essi le autorità

riconoscono, in rapporto al numero modesto e la mancanza di

fondi, le capacità rivoluzionarie più elevate8.

Nei primi mesi del 1919, con l’aumento esponenziale delle

tensioni sociali, lo spessore numerico del movimento si ingros-

sa progressivamente, e gli anarchici, quella maggioranza che

non ha aderito alle tesi interventiste di Paolinelli, Martella e

Cioccolanti, inquadrati in diversi gruppi rionali, danno vita il 19

marzo alla Federazione comunista anarchica laziale9. A costi-

tuire la FCAL sono il gruppo «Giovanni Montesi», operante nel-

la zona Porta Pia e Salario, fondato da Luzzi e Marsili; il gruppo

«Germinal» di Testaccio, guidato da Giuseppe Melinelli con se-

de in via Marmorata 10; il gruppo «Argante Salucci», attivo nei

rioni di Trastevere, Ponte e Regola, con sede nei locali del circo-

lo socialista di Trastevere in via Sant’Agata 14, da cui proviene il

segretario della Federazione Spartaco Stagnetti; il gruppo

«Spartaco», guidato da Lelli Mazzini e operativo nei quartieri di

Trionfale, Prati e Borgo, che si riunisce nelle osterie di zona; il

gruppo «I maggio» di San Lorenzo, fondato da Giuseppe Muc-

ci; il gruppo de «Il Pensiero» di Giovanni Forbicini e quello dei

VALERIO GENTILI

58

Page 31: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

61

Ma contrasti di natura interna attraversano anche i singoli fron-

ti. Gli anarchici della FCAL, pur aderendo, temono le possibili

strumentalizzazioni dello sciopero da parte dei socialisti, men-

tre quelli guidati da Paolinelli, che sono vicini alla Camera in-

terventista che non aderisce, decidono di partecipare alla ma-

nifestazione del 10:

Non valgono losche manovre di gruppi parlamentari rossi o neri,

non giovano sinistri maneggi di massonerie gialle o grigie, sono

vani i tentativi polizieschi dei traditori e dei vili d’ogni campo che

vorrebbero dividere le nostre forze: la rivoluzione è in cammino a

passi da gigante e l’ora nostra è scoccata16.

Da questo momento la piccola Alleanza rivoluzionaria di Paoli-

nelli, formata per buona parte da ex-combattenti dei reparti d’é-

lite, sarà protagonista, tenuto conto delle sue limitate capacità, di

un’opera di organizzazione per lo più cospirativa, con fini rivo-

luzionari, volta al reperimento di uomini e armi attraverso una

massiccia propaganda tra i soldati di stanza nelle caserme dei

quartieri popolari della città e strutturata secondo una rete di

contatti con l’ala sovversiva dell’AAI e la Fratellanza tra gli Arditi.

Secondo il protocollo del patto firmato a Roma il 29 settem-

bre 1918, la direzione degli scioperi politici spettava al PSU e

quella degli scioperi economici alla CGL. Senza farne mistero, i

socialisti dell’USR temono, in qualità di promotori dello sciope-

ro, l’azione repressiva delle forze dell’ordine. Nella riunione del

9, il segretario D’Amato denuncia sospetti movimenti di truppa,

con la Brigata Re che sfila armata di tutto punto nel centro cit-

tadino, mentre si dice preoccupato della scarsa preparazione

delle masse. In effetti, il giorno seguente il corteo commemora-

tivo degli insorti spartachisti non riesce. Polizia ed esercito in-

tervengono risolutamente per impedire l’assembramento nel

dati smobilitati: pochi giorni prima, il 31 marzo, in un loro co-

mizio nella Casa del popolo, i partecipanti avevano inneggiato

alla Rivoluzione d’ottobre e a Lenin.

La manifestazione crea un certo allarmismo tra le forze del-

l’ordine, mentre il fronte operaio si presenta ancora una volta

diviso al suo interno da spaccature latenti e manifeste. La Ca-

mera del lavoro interventista non aderisce alla piattaforma del-

la manifestazione, pur invitando i propri iscritti ad astenersi dal

lavoro, temendo le strumentalizzazioni politiche dei socialisti.

Così scrive, il 9, la Commissione direttiva:

Così non diamo la nostra adesione alla manifestazione promossa

da un partito politico non per irriverenza ai martiri di una grande

fede, ma per porre il nostro divario da un istituto, il quale inten-

de asservire ai suoi fini essenzialmente politici tutto il movimen-

to proletario italiano13.

La risposta dell’area confederale:

La manifestazione odierna supera ogni dissenso ideologico: noi

non possiamo, non dobbiamo attardarci a ricercare le ragioni del

movimento; noi non possiamo approvarle o biasimarle: dobbia-

mo soltanto ubbidire14.

A proposito dei rapporti tra le due Camere alla vigilia dello scio-

pero, in una relazione dell’ufficio speciale d’investigazione del

ministero dell’Interno si legge:

Viene smentito che vi sia accordo tra le due Camere del lavoro. I

dirigenti di queste si trovano nel più perfetto antagonismo e si

può affermare che i dirigenti sia dell’una che dell’altra non si par-

lino affatto15.

VALERIO GENTILI

60

Page 32: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

63

ciale venne mai ripreso o punito per aver partecipato a dimo-

strazioni “patriottiche” o “antibolsceviche”».

I leader massimalisti dell’USR lamentano l’impreparazione ri-

voluzionaria delle masse romane ma perfettamente nel solco

della linea scelta dalla dirigenza nazionale del partito, e atten-

dono l’esplosione rivoluzionaria come esito naturale del pro-

gresso storico; pervasi da queste suggestioni finalistiche, trala-

sciano o affrontano superficialmente gli aspetti organizzativi

della questione.

Quando, sul finire di aprile, un telegramma proveniente dal

gabinetto del ministero dell’Interno sollecita la Questura roma-

na a intraprendere accurate indagini circa la formazione di

gruppi armati «con apparente compito di dirigere e sorvegliare

andamento manifestazioni proletarie, ovvero di vigilare e di-

fendere sedi, camere del lavoro, partiti estremi e loro giorna-

li»19, la risposta della PS locale esclude la loro costituzione in am-

bito socialista. Il pericolo più temibile, per le forze di Polizia,

proviene dall’area degli anarchici interventisti, che hanno gua-

dagnato – ad esempio tra i soldati delle caserme di Testaccio,

San Paolo e del Flaminio – un certo grado d’influenza, di cui si

servono per sottrarre armi da fuoco e materiali esplosivi dai va-

ri distaccamenti, grazie all’aiuto di militi conniventi20. L’attività

del comitato di Paolinelli mira sistematicamente alla costitu-

zione di gruppi armati in grado di svolgere un ruolo di avan-

guardia rispetto all’educazione rivoluzionaria delle masse. Con-

sapevole della sua ridotta consistenza numerica, questa pattu-

glia di anarchici cerca di rompere l’isolamento in cui il conten-

zioso aperto dall’adesione alla guerra l’ha posta, rispetto al gros-

so del movimento anarchico e socialista.

Per tutto il mese di maggio, nell’osteria di Cesare Martella,

hanno luogo riunioni21, cui partecipano insieme agli interventi-

centro, disperdendo i drappelli dei manifestanti. Scontri, cui se-

guono decine di arresti17, si verificano a piazza Esedra e via Na-

zionale. Il giorno successivo, dall’entourage del primo ministro

(Vittorio Emanuele Orlando si trova a Parigi), arrivano gli en-

comi per l’esercito:

L’Esercito che ha saputo in guerra svolgere mirabilmente il suo

dovere ha riconfermato di saper essere anche nel mantenimento

dell’ordine pubblico esempio e strumento di energia, disciplina e

civili virtù18.

L’USR esce sconfitta doppiamente dallo sciopero: non solo non

riesce a tenere il corteo, ma la facile dispersione dei manife-

stanti provoca giubilo tra numerosi abitanti del centro. Inse-

rendosi in questo moto spontaneo, militanti nazionalisti, ai

quali era stata precedentemente negata l’autorizzazione per u-

na manifestazione serale nella zona, organizzano un improvvi-

sato corteo mettendo insieme circa cinquemila persone tra ci-

vili, ufficiali e anche semplici soldati. Due giorni dopo, l’Asso-

ciazione nazionalista si premura di dare un impulso continua-

tivo a questo episodio estemporaneo, in una riunione alla sede

del «Fascio romano per la difesa nazionale»; rappresentanti po-

litici, funzionari dello Stato e rappresentanti delle associazioni

imprenditoriali danno vita alla «Lega di azione per la difesa na-

zionale», un’organizzazione cosiddetta antibolscevica, che ha

l’obiettivo di aggregare l’elemento militare secondo uno schema

ben rodato attorno a una piattaforma propagandistico-orga-

nizzativa che identifica strumentalmente patriottismo e antiso-

cialismo. Il sistema dei due pesi due misure adottato dalle auto-

rità nei confronti dei soldati che partecipano alle manifestazio-

ni sovversive – arrestati o esonerati – e di quelli vicini ai partiti

d’ordine viene ricordato da Gaetano Salvemini: «Nessun uffi-

VALERIO GENTILI

62

Page 33: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

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stola ed esplosivi, pronti a difendere gli scioperanti dagli attac-

chi di Arditi filonazionalisti, a tenere d’occhio i trasporti di mu-

nizioni, in caso di moti di piazza violenti, e ad assalire, in caso di

moto insurrezionale, le caserme più sguarnite, su informazione

di militari di fiducia, per impadronirsi di più ingenti quantitati-

vi di armi e munizioni.

Sul versante eminentemente politico, il 12 giugno si tiene

un’ampia assemblea alla Casa del popolo dell’Esquilino in favo-

re della Russia sovietica, promossa dal Comitato anarchico per

la Rivoluzione russa23. L’11 maggio, sempre alla Casa del popo-

lo, la FCAL aveva condotto un’iniziativa molto partecipata, in so-

stegno dell’Ungheria socialista e contro l’intervento delle po-

tenze dell’Intesa per soffocare il regime di Bela Kun24. Al comi-

zio pro Russia, gli oratori si dicono concordi sulla necessità di

dichiarare uno sciopero generale – di natura internazionale – di

sostegno della classe operaia europea alle repubbliche sovieti-

che di Russia e Ungheria.

Anche il mondo del combattentismo è in fermento. In seguito

a una serie di scontri di piazza che vedono contrapposti soldati

in divisa e agenti della forza pubblica, il 28 giugno al teatro Au-

gusteo si tiene un comizio «contro le violenze poliziesche e con-

tro l’atteggiamento assunto dal governo nei confronti dei com-

battenti25». Promossa dal Comitato centrale d’azione per le ri-

vendicazioni nazionali, di area nazionalista, alla manifestazio-

ne aderiscono l’AAI, l’UNUS26 e il Fascio di combattimento. Attor-

no al teatro si verificano nuovi tafferugli e durante il comizio gli

interventi degli oratori sono interrotti dalle grida di soldati che

inneggiano alla repubblica e alla Costituente. Da un’informati-

va della PS al ministro della Guerra:

Il contegno degli ufficiali dell’esercito e dei soldati dimostranti fu

riprovevole e violento: questo mi è stato riferito dal prefetto di Ro-

sti anche militanti della FCAL: l’obiettivo è mettere da parte i re-

ciproci e annosi rancori, per concentrare ogni sforzo nella pre-

parazione e nell’organizzazione del moto rivoluzionario, che in

questi ambienti, imbevuti di dottrine volontaristiche, vengono

considerate pratiche indispensabili.

In ambito sociale e politico, giugno è un mese rovente per la

capitale. Mentre negli ambienti nazionalisti – in seguito al falli-

mento della missione ministeriale italiana alla Conferenza di

Versailles – Francesco Saverio Nitti si avvicenda a Orlando nel-

la carica di capo del governo, aumentano le pulsioni golpiste e

conseguentemente aumenta l’opera di propaganda tra i settori

dell’esercito più inclini a un pronunciamento militare; inoltre,

nella città si susseguono scioperi, manifestazioni e proteste di

natura politica ed economica. I lavoratori chiedono aumenti di

salario e la riduzione dell’orario di lavoro, sullo sfondo dell’e-

splosione di una grave crisi alimentare generata dalla penuria

di alimenti di prima necessità. Conseguentemente al raziona-

mento della distribuzione di pane, deciso dalle autorità, hanno

inizio una serie di agitazioni, che culmineranno il mese seguen-

te in sanguinosi moti popolari.

La Camera del lavoro di via della Croce Bianca indice per il 19

giugno uno sciopero generale contro il carovita. Al suo interno,

le correnti più combattive – che accusano il governo di aver ac-

cantonato grosse quantità di cibo nei magazzini dell’ente auto-

nomo dei consumi, in spregio agli immediati bisogni popolari

e per giunta favorendo gli speculatori della borsa nera – premo-

no affinché vengano adottate tattiche di esproprio. Proprio in

prospettiva di questo sciopero e della conseguente, auspicata, a-

zione di redistribuzione alimentare, Paolinelli promuove una

riunione segreta, il 1522, in cui si stabilisce la costituzione di pic-

cole squadre di dieci uomini «fidati e disciplinati», muniti di pi-

VALERIO GENTILI

64

Page 34: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

67

Repubblica” i comizi si debbono fare in piazza non qui, voglia-

mo la Costituente»30.

Nonostante le propensioni repubblicane di buona parte dei

presenti, sono pur sempre i nazionalisti a egemonizzare la serie

di interventi dallo scranno tribunizio, indirizzandoli soprattut-

to contro la politica estera di Nitti e lanciando l’idea di una ma-

nifestazione antiministeriale in occasione della riapertura del-

la Camera dei deputati il 9 del mese. I propositi nazionalisti

mettono in allarme le forze di Polizia: «Si sa fino ad oggi che la

manifestazione, con spiccato significato antiministeriale, avrà

luogo ad ogni costo. Particolarmente il gruppo degli Arditi ha

manifestato propositi violentissimi»31.

Ma la forza pubblica non è la sola ad allertarsi. Anche l’area

del combattentismo sovversivo si organizza per anticipare le

mosse dei nazionalisti: in casa di Amilcare Baldoni, il 7, Arditi, a-

narchici e repubblicani tengono una riunione32 dai toni accesi,

nella quale, alla presenza di un tenente del 52° Fanteria, si valuta

l’ipotesi insurrezionale da contrapporre a un eventuale – per

quanto giudicato poco probabile – colpo di Stato nazionalista.

Con la consapevolezza dei propri limiti, si contano le forze a di-

sposizione nell’esercito e viene preparato un piano per coinvol-

gere il maggior numero di organizzazioni sovversive. Ma una se-

rie di arresti colpiscono in giornata alcuni tra i partecipanti più

in vista alla riunione, tra i quali Paolinelli, arrestato nell’osteria

di Cesare Martella in via degli Scipioni: l’accusa, per lui, è di aver

preso parte, nella notte precedente, al complotto del Forte di Pie-

tralata. Non si può valutare questo episodio33, dai contorni oscu-

ri per tanta storiografia ufficiale, senza tenere conto di quanto

accaduto nella giornata precedente del 5 luglio, quando manife-

stazioni spontanee di popolo contro il carovita si succedono cao-

tiche in giro per la città, sfociando in saccheggi, espropri e san-

ma e questo è stato anche affermato dai Comandi dell’arma dei

RR.CC. Cito ad esempio il caso di un colonnello […] che portava le

insegne del 13° Artiglieria, il quale mentre il Commissario del di-

stretto di Trevi […] chiedeva rinforzi verso piazza Barberini, si

permise ad alta voce, circondato da subalterni, di stigmatizzare il

contegno dei carabinieri a suo dire violento e rimproverare pub-

blicamente un tenente dell’Arma […]. Altro caso deplorevole

quello verificatosi alle 12 e 30 […]. Il Tenente Maso del 2° Bersa-

glieri, alla testa di un gruppo di giovinastri, fattosi innanzi ad un

cordone di carabinieri, gridava come un forsennato: «vigliacchi,

venduti» e, togliendosi rapidamente la giubba grigio verde, met-

teva in mostra la sua camicia rossa determinando tale eccita-

mento nella folla27.

Scrive il prefetto:

Lo stato di indisciplina degli ufficiali, specialmente quelli del bat-

taglione studenti, ha raggiunto proporzioni impressionanti. Ba-

sti considerare che questi, pur sapendo dell’ordine tassativamen-

te dato dalle autorità militari, di non accedere nella sala dell’Au-

gusteo, hanno forzato la consegna […] sfondati con violenza i

cordoni della forza pubblica, penetrando ugualmente là dove ere

stato loro inibito28.

Il 2 luglio, per disposizione del ministro della Guerra viene vie-

tata la partecipazione degli ufficiali dell’esercito alle manifesta-

zioni politiche29. Il 4 luglio, un nuovo comizio di combattenti si

tiene all’Augusteo. Tra i presenti, radunati con la formula degli

inviti privati, un centinaio di ufficiali in divisa. Parte consisten-

te dei convenuti inneggia nuovamente alla repubblica e alla Co-

stituente. Il commissariato di zona, procuratosi un invito, infil-

tra tra la folla un suo agente che riporta gli umori dei presenti:

«“La Polizia ha vietato il corteo per Garibaldi ma noi lo faremo

lo stesso”. A questo punto si è gridato “viva Garibaldi” “viva la

VALERIO GENTILI

66

Page 35: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

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le questioni sociali, di inserirsi con le sue caratteristiche speci-

fiche, reperire armi e procedere agli espropri, nella lotta popo-

lare al carovita e alla penuria di generi alimentari.

Ma veniamo ai fatti. Alla mezzanotte del 6 luglio, circa qua-

ranta persone comandate da Secondari e dal tenente Mario Pa-

rodi si radunano in una delle grotte site in vicinanza del Forte,

che è ad esso collegata da un cunicolo sotterraneo. Parodi, in te-

nuta da ufficiale, si posiziona sulla strada dirottando gli Arditi –

appartenenti al 17° Battaglione, che è di stanza al Forte e che

stanno rientrando in caserma – verso la grotta. Qui Secondari,

anch’egli in divisa, li esorta a prendere armi e munizioni nel

Forte e tornare alla grotta. Ma il piano fallisce: qualcuno tra i

soldati, al ritorno nel Forte, allerta i superiori. Il maggiore Car-

lo Parisi, che comanda il battaglione, fa irruzione nella grotta

alla testa di un numeroso gruppo di soldati e carabinieri. Nel

frattempo, gli uomini di Secondari, insospettiti dal ritardo nel

rientro in grotta degli incaricati del reperimento di armi, si sono

già dati alla fuga in automobile o a piedi, attraverso i campi vi-

cini. Alcuni di loro vengono arrestati alle quattro della mattina

seguente da una pattuglia di carabinieri, nei pressi di Porta Pia;

altri fermi, sempre nella stessa zona, sono effettuati due ore do-

po, mentre da una perquisizione a tappeto nelle grotte del Forte

vengono rinvenute quattro bombe incendiarie e cinque chili di

polvere nera. Alle 7, in un caffè di piazza di Porta Pia, sette a-

narchici «lì convenuti da altri lontani quartieri della città» sono

tratti in arresto, con l’accusa di essere in possesso del segno di

riconoscimento dei partecipanti al complotto37. A poche ore di

distanza vengono catturati altri cinque soldati, tra cui Parodi.

Tutti38 sono denunciati sulla base dell’articolo 252 del Codice

penale con l’accusa di incitamento alla guerra civile. Seconda-

ri si dà alla macchia, mentre sui giornali39 si parla addirittura di

guinosi tumulti con le forze dell’ordine. All’azione di Pietralata

partecipano elementi dell’AAI – è il tenente Argo Secondari a gui-

dare l’operazione – della Fratellanza tra gli Arditi d’Italia e del-

l’area anarchica interventista. Basterà l’arresto di alcuni di essi

in divisa da fante e da Ardito per scatenare, nei giorni successivi

e in seguito – nel mondo della politica ufficiale – le accuse reci-

proche dei nittiani e dei nazionalisti di aver strumentalizzato e-

lementi dell’esercito gli uni ai danni degli altri.

Scrive il nazionalista Sinigaglia:

Ho sempre pensato che l’episodio di Pietralata e la cacciata della

Brigata Re significassero che Nitti doveva aver avuto sentore del

nostro programma34.

Ribatte Nitti:

I nazionalisti (o che si dicevano tali) eccitavano sempre ad azio-

ni personali contro di me, come si ebbe la prova nell’avventura del

Forte di Pietralata e in numerosi tentativi di attaccare la mia ca-

sa e la mia persona35.

Scrive il ministero dell’Interno:

Dalle varie circostanze e notizie raccolte risulterebbe che il Sini-

gaglia era a perfetta conoscenza di tutto il complotto del Forte di

Pietralata e si ha ragione di ritenere ch’egli abbia fortemente sus-

sidiato vari imputati e specialmente il tenente degli Arditi Argo

Secondari, capo di detto complotto. Mancano però le prove e per

tale ragione non fu potuto procedere al di lui carico36.

Forse queste prove mancano e l’episodio di Pietralata non pre-

senta poi elementi così oscuri, rappresentando l’onesto tentati-

vo di quella parte del combattentismo radicale, più sensibile al-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

71

Colonna, dove alcuni anarchici ed altri rivoluzionari dovevano

attenderli per impadronirsi a mezzo bombe a mano del Parla-

mento e del ministero dell’Interno. Contemporaneamente sareb-

bero state inviate a mezzo camions bombe al quartiere Testaccio

dove rivoluzionari, per precedenti accordi con la cooperazione

dei soldati del 81° Fanteria accasermati nei sotterranei di uno sta-

bile che trovasi prossimo al Lungo Tevere avrebbero ceduto le ar-

mi e si sarebbero uniti loro, per impadronirsi della caserma dei

Reali Carabinieri e di quella di Pubblica Sicurezza. Sollevato poi

l’elemento popolare del quartiere Testaccio e munitolo di bombe

si sarebbero diretti nel centro di Roma. Il gruppo più numeroso

degli Arditi doveva assalire il Quirinale ed il ministero della Guer-

ra spalleggiati in questo dal gruppo di anarchici che con bombe a

mano dovevano invadere il quartiere di Porta Pia e dirigersi verso

Villa Savoia. Essi contavano con certezza sull’appoggio di una

buona parte del 2° Bersaglieri e di una batteria di Monte Mario41.

In alcuni rapporti, le accuse nei confronti degli Arditi di Pietra-

lata sembrano venire gonfiate fino a sfiorare l’inverosimile, per

ragioni che possono riguardare, ad esempio, l’interesse partico-

lare dei loro estensori e dei delatori di professione e che rendo-

no non attendibili, in termini assoluti, i documenti di PS42. Le in-

sinuazioni di una progettata occupazione, manu militari, di va-

ri ministeri – sul nome dei quali, peraltro, i rapporti non sono

mai concordi – e addirittura della casa reale stridono con l’ef-

fettiva potenza organizzativa delle piccole organizzazioni qui

prese in esame, impegnate, come abbiamo visto, in una fase di

preparazione e strutturazione interna, più che di offesa a tutto

campo. Sembra più plausibile, quindi, che l’obiettivo della falli-

ta azione dei cospiratori sia stato – come dimostrano ricorrenti

elementi in tal senso proprio tra le carte di Polizia – quello di

procedere a un esproprio armato di generi alimentari da distri-

buire poi tra la cittadinanza:

tentato colpo di Stato, in un crescendo di dichiarazioni allarmi-

stiche in cui si dà credito alle voci meno attendibili, anche a

quelle che sollevano il sospetto della fucilazione, dopo un pro-

cesso sommario, di due Arditi facenti parte del complotto. Le

voci di un putsch militare vengono in parte alimentate dalle in-

discrezioni provenienti dagli ambienti della Questura e dai di-

staccamenti territoriali delle forze di Pubblica Sicurezza, nei

cui rapporti, peraltro, emergono spesso vicendevolmente ele-

menti di discrepanza sia rispetto all’analisi dell’episodio, sia in

merito agli intenti dei partecipanti. In alcune relazioni, l’azione

di Pietralata finisce col sovrapporsi e confondersi ai propositi

boulangisti manifestati dall’elemento militare vicino ai nazio-

nalisti. Viene messo in piedi, inoltre, un preciso castello accusa-

torio, con cui si imputa agli arrestati di essere parte di un più va-

sto piano eversivo, i cui obiettivi massimi sarebbero l’invasione

del Parlamento, del Quirinale, di diversi ministeri e la procla-

mazione della Costituente repubblicana. In un rapporto alla

Questura di alcuni agenti di Polizia giudiziaria si legge:

[…] mentre si dava maggiore impulso alla vigilanza degli ele-

menti anarchici, successivamente si venne a conoscenza che gli

appartenenti all’associazione degli Arditi, con sede al corso Um-

berto I 101, avevano in animo di tentare l’invasione del Parla-

mento e del ministero dell’Interno sicuri del concorso degli Ardi-

ti del Forte di Pietralata40.

Da alcune delle informazioni fiduciarie pervenute alla Questura

dagli infiltrati polizieschi negli ambienti sovversivi:

Circa il complotto rivoluzionario […] i rivoluzionari che vi parte-

ciparono appartenevano alla setta anarchica ed al partito repub-

blicano. Riusciti a impossessarsi delle bombe al Forte Pietralata

si sarebbero diretti in città per trovarsi alle ore quattro in piazza

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

73

li – tutti detenuti con accuse molto gravi, fatica a mettersi in mo-

to il meccanismo di solidarietà, anche tra quelle forze del movi-

mento operaio romano, per tradizione, a loro più vicine. Il pas-

sato interventista di molti di loro – in un periodo in cui come ha

osservato Paolo Alatri «il contrasto tra ex-neutralisti ed ex-in-

terventisti si riproduceva in forme anche più drammatiche che

nel 191545» – il coinvolgimento di Arditi, per giunta in uniforme,

e il corredo di teoremi circa una possibile eterodirezione da par-

te di occulte forze reazionarie fanno il vuoto attorno ai reclusi.

Quando il 16 luglio, in casa del socialista Baldoni, si tiene una

riunione per organizzare una serie di iniziative a sostegno degli

arrestati46, la rappresentanza della FCAL, ufficialmente invitata,

non si presenta. C’è da dire che anche i repubblicani arrestati ri-

mangono orfani di qualsiasi sostegno da parte dei vertici roma-

ni del partito, attestato su posizioni ben più moderate di quelle

rivoluzionarie e astensioniste di buona parte della federazione

giovanile. Proprio in qualità di esponenti di questa federazione

e di membri della Fratellanza tra gli Arditi, invece, partecipano

tra gli altri Luigi Piccioni e Vincenzo Baldazzi, insieme agli a-

narchici Cesare Martella e Natale Capecchi. In questa prima

riunione si stabiliscono la costituzione di un comitato pro arre-

stati e – su proposta dell’anarchico Rizzi – l’avvio di un’opera di

propaganda, tramite comizi e a mezzo stampa, per sensibiliz-

zare l’opinione pubblica sulla questione. Per quello che riguar-

da la FCAL, alcuni tra i suoi militanti e gruppi rionali affiliati, so-

prattutto il «Giovanni Montesi» di Porta Pia, quartiere in cui

nella notte e nella prima mattinata del 7 si era tenuto il più alto

numero di arresti, prendono parte attiva alla campagna.

Sempre in tema di arresti bisogna ricordare, tra l’altro, che

nell’elenco dei quaranta figurano anche anarchici federati, come

il gerente del circolo anarchico di San Lorenzo «I maggio», Giu-

Il Tenente Secondari aveva anche preparato dei timbri con la

scritta «COMITATO COMBATTENTI E POPOLO». Riuscito il colpo sareb-

bero stati requisiti i negozi di generi alimentari e di tutte le altre

merci e a tale scopo erano stati preparati dei cartellini con la di-

citura: A DISPOSIZIONE DEL COMITATO COMBATTENTI E POPOLO.

Nella relazione scritta dal prefetto al ministero dell’Interno nel-

la giornata del 7, la tesi dell’espropriazione alimentare viene so-

stanzialmente confermata con l’aggiunta di alcuni particolari:

Era giunta notizia alla locale Questura che elementi anarchici a-

vevano preso accordi con soldati arditi […] per provocare disor-

dini diretti alla proclamazione immediata dello sciopero genera-

le […]. Si riferiva pure che gli uni e gli altri avrebbero stabilito di

dare stamane l’assalto ai mercati, accordandosi anche sulla pos-

sibilità dell’impiego di qualche bomba a mano. […] Verso le ore

due […] una trentina di persone tra cui alcuni Arditi si sono avvi-

cinati al Forte Pietralata per invitare gli Arditi, colà accasermati,

a uscire per partecipare a disordini, erano in possesso di un auto-

mobile e di un camion sul quale, pare, vollero caricare delle bom-

be a mano43.

In merito alla partecipazione degli anarchici dell’Alleanza:

Altri confidenti avevano avvertito di una intesa tra anarchici e al-

cuni Arditi e dell’avvenuta distribuzione agli anarchici stessi, qua-

le riconoscimento, di una cartolina raffigurante un ardito con il

timbro dell’associazione degli Arditi. […] Poiché la riunione degli

anarchici, maggiormente [illeggibile], era stata fissata ieri sera al-

l’osteria di Cesare Martella […] il questore dispose una sorpresa e

ne furono così arrestati sedici, fra cui alcuni pericolosissimi44.

Nei confronti degli arrestati – l’ondata di fermi si conclude con

il blitz pomeridiano del 7 luglio, che porta al fermo di Paolinel-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

75

Mentre, fondatamente o meno, nelle relazioni di PS i toni si fan-

no sempre più allarmistici, rispetto a un possibile colpo di ma-

no di tipo insurrezionale a opera di alcuni settori del combat-

tentismo, l’11 luglio per iniziativa dell’anarchico federato Gio-

vanni Forbicini e di Luigi Piccioni, nell’osteria di quest’ultimo,

si tiene un incontro50 tra alcuni esponenti della CDL confedera-

le, Giovanni Monici e Lelli Mazzini, e della CDL interventista,

Edmondo Rossoni e Giuseppe Caramitti. L’obiettivo è di riusci-

re a concertare iniziative comuni ed efficaci contro il carovita, a

fronte della minaccia rappresentata dal revanscismo di quei

settori sociali più permeabili alla propaganda nazionalista. Il

giorno precedente, infatti, per iniziativa dei nazionalisti Giura-

ti e Sinigaglia, rappresentanti di diverse associazioni antisocia-

liste e ostili alle lotte operaie si erano riuniti per «creare in ogni

rione della città centri di vigilanza allo scopo di combattere il

bolscevismo». In previsione dello sciopero pro Russia del 20 lu-

glio e per contrastare le pratiche di esproprio verificatesi in quei

giorni, rappresentanti borghesi, appoggiandosi all’oliata mac-

china propagandistico-organizzativa nazionalista e reclutando

manovalanza soprattutto tra gli Arditi, mettono in piedi squa-

dre di vigilanza il cui compito è di coadiuvare come organismi

volontari le forze dell’ordine nel mantenimento dell’ordine pub-

blico, minacciato dalle sommosse e dai saccheggi messi in atto

dai popolani.

Tornando alle vicissitudini giudiziarie degli arrestati per i fat-

ti di Pietralata, tutti i detenuti verranno scarcerati, in regime di

libertà provvisoria, nella serata del 28 novembre per ordine del

giudice istruttore. Proprio nelle settimane immediatamente

precedenti alla scarcerazione, si intensificano le iniziative a lo-

ro sostegno da parte del gruppo anarchico di Porta Pia «Gio-

vanni Montesi»: il 24 ottobre, questo circolo si fa promotore, a-

seppe Mucci. In una riunione del gruppo rionale di Trastevere

«Argante Salucci», il 2347 del mese, gli intervenuti approvano un

ordine del giorno nel quale, dopo il saluto «a tutti i compagni ar-

restati pel famoso complotto di Pietralata» – tra cui due militan-

ti del gruppo, Arcangelo Antonini e Giovanni Montini – si chiede

alla FCAL «un’agitazione energica e fattiva che suoni monito al

governo» contro la criminalizzazione delle lotte sociali legate al

carovita. Proprio le voci insistenti di ulteriori complotti, per tut-

to il resto di luglio, forniscono il movente alle forze di PS per

un’ondata di arresti che colpiscono in ordine sparso le varie for-

ze del movimento operaio, giusto mentre queste sono impegna-

te a sostenere una delle fasi più concitate dello scontro sociale. In

ragione di questa particolare congiuntura, si verificano i primi

tentativi di riavvicinamento tra le due Camere del lavoro. Il gior-

no successivo ai fatti di Pietralata, il 7 luglio, viene segnalata al-

la Questura una riunione tra anarchici, Arditi e soldati del 3° Ar-

tiglieria48. Secondo un’informativa del 14 luglio, gruppi anarchi-

ci, con il concorso di soldati di stanza, sarebbero pronti a pren-

dere le caserme di Monti e Testaccio49. Il 16, in una lettera «riser-

vatissima urgente» al ministero dell’Interno, il prefetto mette a

conoscenza la Direzione generale di PS in merito alle soffiate sui

fermenti nell’area del combattentismo sovversivo. Pur precisan-

do «Sebbene non si abbiano finora elementi per accertare od e-

scludere la veridicità della notizia», il prefetto riporta:

È stato riferito in via fiduciaria a questo ufficio che in questi gior-

ni un capitano degli Arditi, non ancora identificato, avrebbe avu-

to contatto con elementi anarchici locali allo scopo di conoscere

se essi fossero pronti a secondare un eventuale movimento insur-

rezionale. In tali colloqui si sarebbe vagamente accennato al for-

te di Pietralata.

VALERIO GENTILI

74

Page 39: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

77

con la Russia e l’Ungheria sovietiche. Le dure parole di Angelo

Tasca fanno luce sulle pesanti manchevolezze strategiche e ri-

voluzionarie del PSI, a livello nazionale, rispetto alle grandi ten-

sioni sociali del momento:

L’agitazione contro l’alto costo della vita prende rapidamente un

carattere nazionale, ma non c’è nessuno per coordinarla, per diri-

gerla, per darle uno scopo e attuare così la spinta in avanti che essa

rappresenta. La direzione massimalista del Partito socialista non

vuole «creare illusioni» e rinvia sempre il tutto (non saprà fare altro

che questo fino alla marcia su Roma) alla «rivoluzione ormai pros-

sima», la vera, quella che avrà l’impronta «autentica» di Mosca52.

E ancora, in riferimento allo scioperissimo:

Si organizza, per il 20-21 luglio, uno sciopero generale – che a-

vrebbe dovuto essere internazionale – di solidarietà con le repub-

bliche sovietiche russe ed ungheresi. Questo sciopero è stato de-

ciso alla Conferenza di Southport, ma all’ultimo momento la CGT

francese si ritira e solo i socialisti italiani tengono a far onore ai

loro impegni. Tutti temono qualche cosa di grave, l’atmosfera è

minacciosa e piena di inquietudini, ma non succede niente. Lo

sciopero «politico» non è che una parata senza slancio: in esso

non agiscono quelle passioni o quegli interessi che hanno scate-

nato le sommosse contro il carovita. L’incubo delle classi dirigen-

ti si dissipa; esse riprendono fiducia e si preparano alla lotta53.

L’andamento fiacco dello sciopero nella capitale, che fa esultare

i nazionalisti, le cui milizie squadriste, per l’occasione, ricevono

una sorta di riconoscimento ministeriale quali volontari per il

mantenimento dell’ordine pubblico, rende manifeste le grosse

difficoltà dei socialisti e agisce da corroborante rispetto al pia-

no di controffensiva messo in atto dalle forze di destra che bra-

mano la svolta autoritaria:

gli altri circoli aderenti alla FCAL, di un corteo di protesta contro

la prolungata detenzione degli imputati. Agli inizi di novembre

un suo manifesto recita:

Perché dimentichiamo completamente coloro che languono da

tempo nelle galere per il bluff poliziesco del fatto di Pietralata? Pa-

recchie vittime soffrono, da quasi cinque mesi, una condanna in-

giusta e immeritata, mentre i colpevoli passeggiano tranquilla-

mente per le vie di Roma sicuri della loro immunità. […] si è arre-

stato così alla cieca perché il Governo aveva bisogno di dimostrare

al popolo, stanco di essere turlupinato e di servire da zimbello del-

la borghesia, che se ancora i loro figli, nipoti, mariti vivevano sot-

to il boia regime militare, era soltanto perché la vita della nazione

era messa in serio pericolo dai loro fratelli stessi. Apriamo gli oc-

chi, compagni, […] e gridiamo forte perché tutti sappiano che le

galere, fatte per i vili, i ladri, gli assassini, i massacratori del popo-

lo, racchiudono invece degli innocenti, rei soltanto di coltivare

un’idea bella, grande, sublime che tende all’uguaglianza di tutti51.

La chiamata a raccolta fatta dagli anarchici di Porta Pia sortisce,

probabilmente, un qualche effetto, prova ne sarebbe un fono-

gramma, in data 15 novembre, pochi giorni prima della scarce-

razione degli arrestati, del questore alla Direzione generale di PS:

Sembra si vada riattizzando tra gli anarchici locali il malumore

per la detenzione preventiva dei loro compagni arrestati per i fat-

ti di Pietralata. Non [illeggibile] da escludere da tale malumore

possa determinarsi qualche atto di protesta collettiva ed isolato

tanto più pericoloso date le condizioni generali dello spirito pub-

blico e l’approssimarsi della ricorrenza del corteo reale per l’a-

pertura della Camera, riterrei opportuno che la sorte degli arre-

stati in parola venisse risolta prima della ricorrenza prevista.

Mentre nella città si succedono scioperi, agitazioni e conflitti,

l’USR si prepara per lo sciopero del 20 e 21 luglio in solidarietà

VALERIO GENTILI

76

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ROMA COMBATTENTE

79

questo l’unico pericolo reale perché il resto è il solito rumore in-

concludente che lascia il tempo che trova. (È sintomatico come i

più equilibrati, i cosiddetti centristi, non si diano pensiero di que-

sto armeggio rivoluzionario. Diceva stamane a D’Amato l’avv. Ma-

rio Trozzi, che ne è uno dei leaders: «Voi state servendo Nitti più di

quanto noi avremmo voluto»). D’Amato quando gli si è chiesto

perché aveva pubblicato quel comunicato sull’«Avanti!» invitando

i socialisti smobilitati a conservare la divisa e i compagni ufficiali

a passare in ufficio, invece di mandare inviti personali, ha risposto

«pour èpater le bourgeois». E i borghesi si sono spaventati. Certa-

mente però la finzione cesserebbe nel caso il dissidio nell’esercito

apparirà insanabile e si dovesse addivenire a una lotta cruenta. Ma

allo stato attuale delle cose si parla molto tra i socialisti di possibi-

lità rivoluzionarie, ma i dirigenti nemmeno ci pensano tutti preoc-

cupati: o di Nitti o delle elezioni54.

L’intensificarsi della vigilanza attorno alle propaggini politiche

del movimento operaio si era determinata in seguito all’invio di

un telegramma cifrato di Nitti ai prefetti del Regno, il 7 agosto,

in cui si allertavano le alte cariche della forza pubblica circa

l’ennesimo sentore di un possibile piano rivoluzionario55. L’en-

trata nella città di Fiume, il 12 del mese seguente, di Gabriele

D’Annunzio, a capo di duemila volontari e di un battaglione del

2° Granatieri – spettacolare operazione fortemente caldeggiata

e finanziata dal nazionalismo romano, che vede in essa il possi-

bile prodromo di un pronunciamento militare di tipo reaziona-

rio e antiparlamentare – crea grandi timori di una svolta autori-

taria tra gli anarchici della FCAL e i socialisti dell’USR. Nella se-

conda parte del mese si succedono iniziative – comizi e dibatti-

ti pubblici e a inviti – promosse dai circoli rionali e dai comita-

ti direttivi «contro la dittatura del militarismo», mentre attorno

agli Arditi, di cui un consistente numero costituisce fin da subi-

to il nerbo della «truppa» dannunziana a Fiume, si concentrano

Il ripristinamento dell’ordine pubblico implica lotta a fondo, con

i fatti, contro il bolscevismo operaio, contro la violenza sindacali-

sta, contro una lega di circa 45 mila massoni che ricattano ogni

ministero perché stanno nascosti nella burocrazia e ne sabotano

i servizi e contro il bolscevismo clericale che […] corrompe già il

partito popolare italiano.

Riguardo all’inconsistenza nella pratica e nell’organizzazione

del moto rivoluzionario mostrata dal Partito socialista, risulta

interessante un’informativa pervenuta alla Questura romana

verso la fine di settembre, in una fase peraltro di tipo emergen-

ziale tra il grosso delle fila del movimento operaio organizzato,

generata dai fatti di Fiume, da parte di un infiltrato nell’USR, in

cui si afferma:

A via del Seminario c’è grande lavoro: ma esso è così ben simulato

che, senza penetrarvi, difficilmente si scorgerebbe. Pur tuttavia

non bisogna credere (e leggendo l’«Avanti!» ci si è indotti) che il PSI

si prepari seriamente all’insurrezione. In questa occasione come

in tutte le altre bisogna tenere conto dell’abilità e della buona o

malafede dei vari dirigenti. La direzione del partito ha, con lette-

ra particolare ai vari fiduciari che ha in Italia, richiamato le sezio-

ni a quelle che sono le istruzioni particolari già impartite in caso di

sollevazione generale improvvisa. Le istruzioni sono a tutti note e

quindi anche alla Questura. Ma in provincia tutto tace. Nelle altre

occasioni era la provincia che istigava la direzione a muoversi, a-

gitarsi, ora la provincia che non ha visto le manifestazioni pro Fiu-

me e che è tutta intenta al lavorio elettorale, sonnecchia. […] Da

stasera tutti i giovani socialisti romani hanno ricevuto ordine di

mettersi a disposizione della Direzione del partito ed ogni sera de-

vono perciò sostare nei vari circoli […]. A via del Leoncino ci sa-

ranno permanentemente tre ciclisti pronti a portare ordini nei va-

ri rioni. Si è intensificata la propaganda tra i soldati con i manife-

stini volanti […] diffusi per le caserme. In essi apertamente si isti-

ga alla ribellione e alla costituzione dei Soviet di soldati. […] È

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

81

verno di Nitti di fronte al fatto compiuto per dare a questo, in co-

spetto degli Alleati, la possibilità di legalizzare tale occupazione da

parte dell’Italia. Ma tale speranza venne presto delusa dalle dichia-

razioni di Nitti in Parlamento, per cui un senso profondo di disagio

subentrò presto nell’ambiente legionario e nello stesso Coman-

dante. Allora cominciarono a sorgere audaci propositi contro il

Governo che avrebbero dovuto culminare in una marcia all’inter-

no, con obiettivo Roma, per il rovesciamento del Governo Nitti57.

Esponenti del movimento nazionalista, che ha prestato suppor-

to politico, organizzativo e finanziario all’iniziativa – l’indu-

striale Oscar Sinigaglia fornisce ingenti capitali e Giovanni Giu-

riati diviene capo del gabinetto D’Annunzio – premono dai pri-

mi giorni di ottobre affinché il Comandante prenda in conside-

razione l’ipotesi di mettersi alla testa di una «marcia su Ro-

ma»58. Quando, però, sul finire dell’anno, il modus vivendi, cioè

l’accordo con il governo italiano elaborato da Giuriati, viene re-

spinto da D’Annunzio e pochi giorni dopo, a gennaio, il capo di

gabinetto nazionalista viene sostituito nel suo incarico dal sin-

dacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, il progetto di una

marcia su Roma finisce col coinvolgere l’ambito sovversivo59. In

questa seconda fase dell’esperimento fiumano, al declinare del-

l’influenza nazionalista si accompagna una generale radicaliz-

zazione dell’elemento legionario. Rispetto al primigenio obiet-

tivo di annessione della città all’Italia60, guadagna spazio quello

della creazione a Fiume di uno Stato di tipo nuovo, fondato su

basi progressiste e socialmente avanzate. Alla semplice rivendi-

cazione nazionale va sovrapponendosi, così, un movente più ar-

ticolato, utopico, quasi mistico. Scrive il Comandante61:

L’orizzonte dello spirito di Fiume è vasto come la terra. Dove vi è

un oppresso che stringa i denti sotto la pressura, dov’è un vinto

che abbia tutto perduto fuorché il bruciore della vendetta, dov’è

le particolari attenzioni della PS cittadina. All’indomani della

Marcia di Ronchi, il Consiglio direttivo della sezione romana

dell’AAI diffonde questo volantino:

CONSIDERATO che il governo attuale si è nettamente schierato con-

tro i combattenti tutti – e che per la svalutazione – il disgrega-

mento e le debilitazioni di essi e dei loro voleri morali opera inde-

fessamente; [il Consiglio direttivo, nda] DELIBERA di passar sopra

a una pregiudiziale di apoliticità che aveva valore finché il gover-

no non aveva così sfacciatamente rotto i ponti con l’esercito del-

la Vittoria; INVITA tutti i suoi soci – tutti gli Arditi – e tutte le asso-

ciazioni di combattenti a unirsi in un unico fascio compatto che

attacchi e disperda tutte le risollevantesi forze disfattiste e difen-

da strenuamente la guerra ed i combattenti con tutti i suoi mez-

zi. GLI ARDITI DI ROMA inviano il loro plauso entusiastico al Co-

mandante D’Annunzio ed a tutti i compagni di Fiume; DICHIARANO

di essere pronti ad accorrere – al primo cenno – in loro sostegno;

LANCIANO il loro grido di schifo e di allarme per l’opera spudorata-

mente anti-italiana del governo, INVITANO tutti gli Arditi d’Italia –

e tutti quanti fecero la guerra – a combattere con tutte le proprie

forze perché nelle prossime elezioni non un voto vada a benefi-

ciare i servi di Francesco Giuseppe Cagoia – anche qualora costo-

ro nelle liste – siano mescolati a personalità interventiste56.

Ispirata dalla mistica dannunziana della «vittoria mutilata», l’e-

popea di Fiume, nei suoi quindici mesi di esistenza, costituisce

una sorta di coacervo per tutte quelle tensioni eversive e rivolu-

zionarie, spesso di segno opposto, che attraversano nel periodo

parte di quello che era stato l’eterogeneo raggruppamento del-

l’interventismo italiano. Ricorda Eno Mecheri:

È un fatto innegabile che uomini di tutte le fedi politiche, dal na-

zionalista all’anarchico, accorsero sul Carnaro. […] L’impresa di

Fiume, nelle intenzioni dei suoi artefici, era quella di mettere il Go-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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sizione del governo, che paventa il concretizzarsi di un qualche

colpo di mano di marca dannunziana sotto le elezioni. In un te-

legramma del 14 ottobre ai prefetti del Regno, Nitti scrive:

Agitazioni avvenute ieri in Fiume e arrivi di emissari nel Regno da

qualche giorno fanno ritenere verosimile che si vogliano distur-

bare elezioni o produrre disordini […] prego aumentare vigilanza

e adottare tutti provvedimenti necessari66.

Il 9 del mese seguente, i sospetti del presidente del consiglio

sembrano assumere fattezze reali:

Da Fiume sono partiti molti eccitati soprattutto Arditi per pro-

muovere disordini alla vigilia delle elezioni e durante operazioni

elettorali […] prenda subito accordi con autorità militari e li fac-

cia arrestare senza scalpore67.

Due giorni dopo vengono fornite notizie precise circa l’esisten-

za di un vero e proprio piano rivoluzionario:

Da alcuni documenti riservati trovati a Trieste parrebbe che in am-

biente di D’Annunzio vi sia un piano prestabilito per produrre mo-

vimenti nel Regno stop il Regno è ripartito in zone stop centro d’ir-

radiazione per Lazio Toscana Marche Umbria e Roma stop piano

è accompagnato da promemoria per istruzioni ai capi zona e cioè

organizzazione penetrazione nell’esercito e inquadramento con

ufficiali e sottoufficiali smobilitati stop vi sono contatti con orga-

nizzazioni ferrovieri e postelegrafici stop vi sono alcuni depositi di

armi stop […] notizie vengono da fonte di grande serietà68.

Le temute violenze degli Arditi nella campagna elettorale capi-

tolina non si verificano nella forma sistematica e cruenta temu-

ta dal governo, mentre i timori di un colpo di mano dannunzia-

no continuano a tenere in allarme le forze di Pubblica Sicurez-

un insorto che vada armato di un ramo d’albero o d’un sasso con-

tro le mitragliatrici e contro il cannone, là giunge la luce di Fiume

[…]. Tutti gli insorti di tutte le stirpi si raccoglieranno sotto il no-

stro segno. E gli inermi saranno armati. E la forza sarà opposta

alla forza. E la nuova crociata di tutti gli uomini poveri e liberi

contro le razze di preda e contro la casta degli usurai che sfrutta-

rono ieri la guerra per sfruttare oggi la pace, la crociata nuovissi-

ma ristabilirà la giustizia vera62.

La sedizione militare capeggiata da D’Annunzio, che tanto aveva

entusiasmato nel settembre ’19 i nazionalisti, e che a caldo, il 13

di quel mese, aveva spinto il primo ministro Nitti a rivolgere un

ambiguo appello63 alla reazione del movimento operaio, in nome

della lotta al militarismo, si trasforma progressivamente in una

sorta di laboratorio politico repubblicano e protobolscevico64.

La questione fiumana e la perdurante piaga della penuria a-

limentare fanno da sfondo alla lunga campagna elettorale ro-

mana in vista delle votazioni politiche del 16 novembre, le pri-

me a suffragio universale, per iniziativa di Nitti. Le questioni re-

lative alle alleanze e alla tattica elettorale provocano accesi di-

battiti interni nei partiti e nei movimenti legati all’interventi-

smo. Il 26 settembre, nell’assemblea generale della sezione ro-

mana del Partito repubblicano, alla linea maggioritaria soste-

nuta dal segretario – l’avvocato D’Eramo – si contrappone una

minoranza, consistente e agguerrita, capeggiata da Luigi Pic-

cioni, attestata su posizioni astensioniste65. Il mese successivo,

il nodo dell’adesione del Fascio di combattimento e dell’AAI al

cartello conservatore dell’Alleanza Nazionale è fonte di con-

trapposizione, come abbiamo visto anche veemente, tra gli i-

scritti alle sezioni. È proprio l’attività degli Arditi, fervidi soste-

nitori dell’impresa fiumana, ad essere costantemente monito-

rata in questo periodo dalla Questura romana su precisa dispo-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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Paolo Alatri riguardo alla condotta socialista:

È solo con un’espressione impropria che si parla di una congiura

anarchico-socialista: di socialisti veri e propri, nel progetto, non

ce n’erano. Vi furono bensì delle prese di contatto e alcune riu-

nioni segrete; ma i socialisti interpellati misero come condizione

per aderire al progetto che l’iniziativa fosse approvata dal loro

partito e dalla CGL […]. La collezione dell’«Avanti!» testimonia di

come – malgrado qualche sbandamento iniziale – non furono poi

lasciati dubbi o equivoci sull’ostilità verso D’Annunzio e De Am-

bris. […] Giulietti e Malatesta si incontrarono a Firenze con Bom-

bacci e Serrati, quest’ultimo, a nome del PSI, rifiutò72.

Al diniego socialista si aggiunge, parallelamente, l’atteggia-

mento tenuto da Mussolini73, che dalle colonne de «Il Popolo d’I-

talia» rivela all’opinione pubblica il piano nei suoi particolari e

nei suoi protagonisti:

Si parla di un convegno a Roma durante lo sciopero dei ferrovie-

ri: organizzatori, socialisti, anarchici. Fra di essi, Giuseppe Giu-

lietti. Si doveva mettere al corrente D’Aragona e G. Bianchi. Uno

dei convenuti denunziò la cosa alla CGL e al partito e si giustificò

così: poiché fra gli organizzatori presenti al raduno barricadiero

uno vi era di preminente fede fiumarola (G. Giulietti), il delatore

sospettò che una rivoluzione scoppiata nelle attuali circostanze

avrebbe potuto giovare a D’Annunzio favorendo i disegni e i sogni

di conquista della penisola del poeta soldato74.

Il piano di gennaio sfuma, ma i propositi rivoluzionari matura-

ti a Fiume continuano ad essere tenuti sotto controllo ministe-

riale75. Nei primi giorni di giugno, in concomitanza con l’esten-

dersi delle proteste sociali che fanno da corredo all’imponente

sciopero generale del 5 contro il carovita, la Questura romana

segnala un certo stato di fibrillazione all’interno dell’AAI, mentre

za anche a urne ormai chiuse. Nel gennaio del 1920, il dispie-

garsi degli scioperi generali di postelegrafonici e ferrovieri, che

nella capitale si aggiungono a quelli già in atto degli spazzini e

della combattiva categoria dei fornaciai, fanno da sfondo a una

serie di riunioni segrete a Roma tra emissari dello Stato libero di

Fiume, esponenti del sindacalismo rivoluzionario e del com-

battentismo sovversivo. In questi colloqui, il progetto di una

«marcia su Roma» dei legionari fiumani assume connotati de-

cisamente di sinistra, legandosi a doppio filo alla questione so-

ciale aperta dal crescere in tutta la penisola di una grossa onda-

ta di proteste69. Per alcuni dei partecipanti alle riunioni – tra cui

vi sono Errico Malatesta, rientrato in Italia nel novembre del-

l’anno precedente, il leader sindacale della «Federazione dei la-

voratori del mare» Giuseppe Giulietti e Alceste De Ambris – una

delle condizioni necessarie per la riuscita del progetto rivolu-

zionario è l’appoggio o quantomeno la neutralità del Partito so-

cialista, «per non avere di contro un partito di masse come quel-

lo socialista». Ma la dirigenza socialista rifiuta. Riformisti e

massimalisti sono accumunati da una profonda avversione per

tutto ciò che Fiume rappresenta70, mandando, ancora una volta,

in fumo l’ipotesi rivoluzionaria. Ricorda Tasca:

Uscendo una sera dal Consiglio nazionale del Partito socialista

che si tenne a Milano nell’aprile 1920, mi accompagnai con Giu-

seppe Giulietti sino alla sede dell’«Avanti!». Nel percorso egli mi

raccontò della congiura, dandomi dei particolari sulla prepara-

zione dell’impresa e imprecando contro coloro che l’avevan fatta

fallire. Secondo Nino Daniele il tentativo avrebbe dovuto avere

luogo all’epoca dello sciopero ferroviario (fine gennaio 1920): «La

federazione dei lavoratori del mare era pronta al largo di Ancona

con tre bastimenti carichi di armi, che, fallito l’accordo, dovettero

poi fingere di sbarcare carbone»71.

VALERIO GENTILI

84

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ROMA COMBATTENTE

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zione, agiscono di concerto, ma hanno obiettivi politici distinti:

quello di Secondari sarebbe addirittura di arrivare alla «procla-

mazione di una repubblica comunista». La febbrile attività con-

giunta di Arditi repubblicani e anarchici avviene, come testi-

moniano altri documenti del periodo, in corrispondenza del-

l’allontanamento, indotto, dalla carica di presidente della se-

zione romana del fascista Giuseppe Bottai e, sul piano naziona-

le, in una fase di crisi politica dell’Associazione, che la nuova

reggenza capitolina affronta dichiarando la sezione di corso

Umberto I Comitato centrale ed emanando un ordine di sciogli-

mento per tutte le altre sezioni d’Italia. Il 13 giugno, in un’infor-

mativa della Questura al prefetto e alla Direzione generale di PS

si parla di «nuova Associazione degli Arditi diretta dal noto Se-

condari» e dei rapporti di questa «col generale Peppino Gari-

baldi ed il direttore del “Tempo” Filippo Naldi»77. In una rela-

zione dell’ispettore generale di PS, reggente la Questura, in data

dell’8, si legge:

Sta di fatto che nei giorni scorsi e prima della partenza del Naldi e

del Garibaldi per Parigi, hanno avuto luogo negli uffici del gior-

nale “Il Tempo” varie riunioni di carattere segreto allo scopo di

prendere accordi per un movimento diretto a rovesciare l’attuale

Ministero. A tali riunioni parteciparono oltre al Naldi e al Gari-

baldi l’ex-tenente degli Arditi Argo Secondari e noti repubblicani

[…]. Secondari questi avrebbe intenzione a momento opportuno

di adoperarsi dopo iniziato il movimento per la proclamazione

della repubblica comunista d’accordo con gli Arditi suoi seguaci.

Il presidente dell’associazione Giuseppe Bottai è stato messo in-

vece in disparte e non è più ricevuto dal Garibaldi. Giorni sono

l’ex-capitano degli Arditi Vecchi Ferruccio e Mazzuccato Edmon-

do si sono recati negli uffici del giornale «Il Tempo» ed ebbero un

vivace colloquio col Filippo Naldi ed Argo Secondari dichiaran-

dosi contrari al movimento iniziato dal Naldi e dal Garibaldi. Il

il sospetto di una «marcia su Roma» dei legionari fiumani riap-

pare proprio in quei rapporti di Polizia che hanno come oggetto

gli ambienti più turbolenti del combattentismo. Il clima politi-

co generale è inoltre segnato da diversi elementi di instabilità: il

terzo ministero Nitti rassegna le dimissioni il 10; due giorni do-

po, tumulti cruenti, che per la prima volta vedono dalla stessa

parte della barricata socialisti e Arditi, scoppiano a Trieste con-

tro le disposizioni governative per l’invio di truppe italiane in

Albania. Informazioni fiduciarie, in data 7 giugno, allertano la

Questura riguardo le mosse delle componenti sovversive del-

l’arditismo:

Ferve attiva propaganda per un prossimo movimento rivoluzio-

nario da parte di Argo Secondari e Pierino Ribaldi, quest’ultimo

che riceve denari da Peppino Garibaldi e Filippo Naldi, per l’or-

ganizzazione di detto movimento si consta che ha dato mille lire

al noto maresciallo aiutante di battaglia del 81° Fanteria (Penati

Arturo) ed altre mille a un pregiudicato della mala vita, certo Di-

scalzi [Pietro De Scalzi, nda] già Ardito […]. Tale somma sarebbe

stata data al Penati avendo questi promosso la partecipazione al

movimento di soldati a lui fidati nonché la consegna di armi e

munizioni. Si consta che si trovano in Roma vari Arditi prove-

nienti da Fiume mandati da D’Annunzio per partecipare al movi-

mento che si va preparando. Secondo le dichiarazioni di Argo Se-

condari e Pierino Ribaldi in questo movimento sarebbero d’ac-

cordo con il Naldi: D’Annunzio, Giulietti e Errico Malatesta76.

Parte di un impianto accusatorio privo di fondamento o meno,

le informazioni contenute in questa soffiata hanno comunque il

merito di fornire dati interessanti rispetto all’evolversi dello

scontro interno all’AAI romana tra le componenti di diverso o-

rientamento politico e rispetto ai loro reali rapporti di forza. Il

mazziniano Ribaldi e l’anarchico Secondari, secondo la dela-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

89

ambito nazionale dell’associazione stessa. Dall’altro, la meta-

morfosi reazionaria dei Fasci di combattimento, frutto delle

mutevoli strategie adottate da Benito Mussolini per la conqui-

sta del potere politico – che giunge in questo periodo a un primo

grado di maturazione, con la comparsa nella valle padana del

fenomeno eminentemente antipopolare dello squadrismo –

comporta l’incrinatura di quel fronte comune che aveva raccol-

to attorno al programma sansepolcrista componenti significa-

tive dell’arditismo, del futurismo e del fascismo diciannovista.

Il prestigio personale di Mussolini, agli occhi di molti ex-com-

battenti, difensori degli ideali della vittoria, aveva già subìto ri-

petuti colpi, in relazione a diverse fasi dell’impresa fiumana. È

infatti Mussolini che di fronte ai primi propositi di «marcia su

Roma» dannunziana si reca in aereo, l’8 ottobre 1919, a Fiume

per sconsigliare al Comandante un’impresa avventata: «Mentre

stava per pronunciarsi la volontà popolare (cioè le elezioni poli-

tiche del novembre 1919) l’interrompere questo corso con un

gesto di violenza avrebbe fatto più male che bene»80. Questa po-

sizione ossequiosa del vincolo elettorale da parte di un sedicen-

te rivoluzionario blanquista quale Mussolini, insieme a una di-

chiarazione scritta solo pochi giorni prima – «Molta gente spa-

sima per non poter andare a Fiume, ma io mi domando: non c’è

nessuno che conosca la via di Roma?»81 – gettava le prime om-

bre sull’appoggio tutt’altro che disinteressato del futuro Duce

all’impresa di Fiume.

D’altro canto, la prima accusa di fornire un sostegno solo di

facciata alla causa fiumana gli viene rivolto proprio dallo stesso

D’Annunzio in una lettera del 20 settembre 1919, che infatti vie-

ne pubblicata dal quotidiano mussoliniano abilmente scremata

dai compromettenti rimbrotti dannunziani82. Dopo le elezioni

di novembre, Mussolini ribadisce la sua contrarietà a qualsiasi

Secondari avrebbe minacciato i due avvertendoli che se non a-

vessero cessato la loro propaganda tra gli Arditi contraria al mo-

vimento rivoluzionario, li avrebbe fatti accompagnare alla ferro-

via dagli Arditi stessi78.

Altre informazioni fiduciarie, in data 13 giugno, sembrano con-

fermare il rovescio delle forze di destra in seno all’organizzazione:

In questi giorni si nota una grande attività da parte del capitano

degli Arditi Fugazzotto […] Secondari, Merelli, Boggiani, Riboldi,

Levi ecc. per la costituzione della nuova associazione politica

mazziniana degli Arditi, sostenuta e finanziata dal generale Pep-

pino Garibaldi e Naldi. […] Molto è stata riprovata la condotta di

alcuni Arditi a Trieste, tanto che qui a Roma sono stati impartiti

ordini severissimi per gli Arditi perché non si abbiano a verificare

atti di solidarietà con i socialisti. Essendosi il Bottai Giuseppe ri-

tirato dalla presidenza dell’Associazione del corso Umberto I, la

sede di Roma è stata nominata Comitato centrale ed è stato ema-

nato un ordine di scioglimento di tutte le altre sezioni d’Italia.

Contemporaneamente si è provveduto all’ordine di ricostituzione

della nuova organizzazione con programma mazziniano intransi-

gente […]. Nella nuova associazione si manifestano ora due ten-

denze: la prima che fa capo a Secondari con alcuni elementi anar-

chici che si mantengono nell’ombra e che vogliono servirsi di que-

sto nuovo gruppo politico per un movimento diretto a proclamare

una repubblica comunista, mentre gli altri d’accordo con il gene-

rale Garibaldi vogliono servirsene contro i governi rinunciatari e

per un eventuale spedizione in Dalmazia, Montenegro e Fiume79.

L’estate 1920 rappresenta uno snodo fondamentale rispetto ad

alcune componenti del combattentismo qui prese in esame. Da

un lato il tentativo di Secondari, poi fallito, di conferire all’AAI

un carattere marcatamente sovversivo – collegandone l’attività

ai movimenti popolari di protesta – conduce all’implosione in

VALERIO GENTILI

88

Page 46: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

91

nunzio doveva essere sempre – anche contro la volontà di questo

– un’insegna da sfruttare. […] Due nomi soprattutto desiderava

sfruttare per i suoi scopi: quello di D’Annunzio e quello di Corri-

doni, da lui entrambi traditi. Che importava se i seguaci del vivo

e del morto, i legionari fiumani e i sindacalisti, erano contro il fa-

scismo? Al nome di questi due dovevano essere ugualmente inti-

tolati gruppi rionali e squadre […] che serviranno poi ad assalta-

re la Camera del lavoro corridoniana di Parma e le sedi dei legio-

nari di Fiume84.

Di fronte all’escalation delle violenze antipopolari dello squa-

drismo fascista – che seguendo una precisa direttrice d’espan-

sione geografica investiranno, proprio in occasione della cam-

pagna elettorale del 1921, anche la capitale – parte delle forze le-

gate al combattentismo radicale degli Arditi e dei legionari fiu-

mani si caratterizzano per una chiara scelta di campo antifasci-

sta. La consistenza tutt’altro che minoritaria a Roma di questa

componente è testimoniata dal rifiuto di buona parte del nuo-

vo Comitato d’azione della sezione capitolina della rifondata A-

NAI di appoggiare la candidatura fascista, alle politiche di mag-

gio, di Cesare Bottai85. Proprio alla metà del 1921, ribadendo la

propria autonomia da ogni partito, l’ANAI accetta come suo pro-

gramma la Carta del Carnaro e come leader D’Annunzio, affian-

cando la costituenda Federazione nazionale legionari fiumani a

opera di Eno Mecheri e Alceste De Ambris. Nel biennio 1921-22,

la condotta nient’affatto connivente o remissiva nei confronti

del fascismo di queste due organizzazioni spingerà gli elemen-

ti dissidenti a fondare a Bologna – il 22-23 ottobre 1922 – la

mussoliniana Federazione nazionale Arditi d’Italia. Di tutt’altro

segno l’esperienza, alla fine del giugno 1921, che matura in seno

all’ANAI romana e che porta alla fondazione degli Arditi del po-

polo. Nata per iniziativa della componente sovversiva di Secon-

marcia promossa dai legionari, arrivando, come abbiamo visto,

a denunciare a mezzo stampa i colloqui segreti romani del gen-

naio 1920. Ma è dopo giugno che Mussolini adotta una linea che

gli aliena irrevocabilmente le simpatie di parte considerevole

dei legionari fiumani. A fronte delle manovre di politica estera

del nuovo ministero guidato da Giolitti, Mussolini dà il suo as-

senso ai termini del Trattato di Rapallo dalle colonne del suo

giornale, nonostante la contrarietà di D’Annunzio, provocando

addirittura la reazione rabbiosa dei fascisti fiumani che brucia-

no, sulla piazza Dante di Fiume, le copie del numero de «Il Po-

polo d’Italia» che riportano la notizia.

È proprio nell’ambito dei colloqui che anticipano la stipula

del trattato che hanno corso due incontri segreti – come in un

caso testimoniato dal ministro degli Esteri Carlo Sforza nel suo

libro L’Italia dal 1914 al 194483 – tra Mussolini ed esponenti del

governo Giolitti, nei quali, probabilmente in cambio del suo so-

stegno all’azione del governo, il futuro Duce ottiene quella con-

tropartita politica che garantirà ai Fasci l’entrata in Parlamento

attraverso l’inserimento nelle liste dei Blocchi nazionali giolit-

tiani in occasione delle elezioni politiche del maggio 1921. Sul-

la condotta mussoliniana nei confronti del fiumanesimo, nell’e-

state-autunno del 1920, ha scritto Eno Mecheri:

Il tradimento contro Fiume era dunque stato consumato dal go-

verno, e quello contro Fiume e D’Annunzio da Mussolini e dal fa-

scismo. Ma cosa importava a Mussolini di essere ancora chiama-

to traditore? Egli sapeva ormai di aver trovato la sua strada e

guardava tutti dall’alto. I milioni affioranti nelle casse dei Fasci

da parte delle forze agrarie e industriali gli davano la certezza del-

la sua vittoria. Il mercato con Giolitti non poteva dare a lui risul-

tati più concreti. Purtuttavia non desiderava che la gioventù in-

genua che lo seguiva sapesse troppe cose, per cui il nome di D’An-

VALERIO GENTILI

90

Page 47: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

93

Movimenti sediziosi indicano necessità agire con grande vigore.

[…] Primo, dove vi sono associazioni di Arditi sospetti di avere ar-

mi o esplodenti si proceda subito alla perquisizione e al seque-

stro. Secondo, dove non essendovi corpi reali equipaggi navi da

guerra o reparti di Arditi si incontrino marinai o Arditi si accerti

donde vengono e se vengono da Fiume o dalla Dalmazia si arre-

stino fin quando la loro situazione militare non sarà chiarita. Ter-

zo, le stesse perquisizioni e gli stessi sequestri si facciano agli sco-

pi di cui al numero uno dove si può temere vi siano preparazioni

bolsceviche. […] Non usi riguardo inutile ad alcuno88.

Nei giorni seguenti vengono prese dalla PS cittadina misure di

sicurezza per impedire, anche attraverso una potenziata atti-

vità di vigilanza sul porto di Civitavecchia e su tutta la litoranea,

l’arrivo in città di uomini e di armi provenienti da Fiume.

Il 9 novembre si tiene, in via degli Zingari, il primo congres-

so della FCAL89, in cui gli anarchici discutono di questioni orga-

nizzative e ribadiscono la pratica astensionista. Proprio nella

prima metà del mese, una serie di comizi astensionisti si tengo-

no per iniziativa della Federazione nei vari rioni romani. Si par-

la anche di Russia nel dibattito congressuale, c’è disaccordo ri-

spetto alla questione del regime di «dittatura proletaria», viene

votato un ordine del giorno di compromesso in cui si sostiene il

regime politico russo, ma si auspica una sua rapida evoluzione

verso forme più libertarie. Ma è soprattutto il tema del rientro in

Italia, osteggiato dalle autorità per il timore di forti ripercussio-

ni sull’ordine pubblico interno, di Errico Malatesta a tenere

banco. Sul «duce della Settimana rossa»90 si appuntano le spe-

ranze di coloro, non solo in ambito anarchico, che anelano alla

rivoluzione91. È proprio in relazione alle difficoltà nel rientro

del vecchio rivoluzionario – impedito dall’ostruzionismo delle

autorità francesi che gli negano l’accesso e il transito, nono-

dari, questa organizzazione raccoglie fin da subito il sostegno

attivo e la confluenza dei membri della Fratellanza tra gli Ardi-

ti d’Italia e dell’Alleanza rivoluzionaria, riunendo le forze del

combattentismo rivoluzionario86. Ma, cosa ancora più impor-

tante, in questa associazione, che riempie con un contenuto

classista l’apparato estetico e formale dell’arditismo di guerra,

si verifica la confluenza di uomini, sia interventisti sia pacifisti,

divisi fino ad allora dall’annoso discrimine determinatosi col

conflitto mondiale, decisi a contrastare, sul suo stesso terreno,

quello della violenza politica, la formidabile ascesa dello squa-

drismo fascista. Le fino ad allora contenute forze numeriche del

combattentismo qui preso in esame si trovano, nel giro di poche

settimane, alla testa di un movimento ben più vasto, che solo

nella realtà laziale inquadra attraverso le sezioni di Roma, Civi-

tavecchia, Viterbo, Orte, Genzano, Albano, Frascati, Rocca di

Papa, Vetralla e Bomarzo, oltre tremila effettivi. Le grandi po-

tenzialità dell’arditismo popolare verranno, nei mesi immedia-

tamente successivi alla sua nascita, stroncate dalla repressione

chirurgica, messa in atto dal governo Bonomi attraverso una se-

rie di decreti ad hoc, da un lato, e dal sistematico boicottaggio

sostenuto dagli esecutivi dei partiti operai, dall’altro.

Sono trascorsi pochi giorni dalle elezioni politiche del 16 no-

vembre: a Roma hanno registrato una bassa percentuale di vo-

tanti, inferiore al 30 per cento degli aventi diritto, la vittoria del-

le liste socialista e popolare e l’insuccesso di quella dell’Alleanza

Nazionale87. Nel tardo pomeriggio arriva al prefetto un tele-

gramma cifrato del primo ministro Nitti, in cui si impartiscono

precise direttive per l’arresto di soldati, Arditi e sovversivi, so-

spettati di detenere illegalmente armi e materiali esplodenti o di

essere agenti fiumani:

VALERIO GENTILI

92

Page 48: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

95

scioperomania, è uno degli epifenomeni dimostranti l’avvenuta

radicalizzazione94 che interessa la società italiana a partire dal-

la prima metà del ’19 fino alla seconda del ’20. L’ondata degli

scioperi di categoria che hanno inizio nel gennaio 1920 a Roma

si somma e si sovrappone al riaccendersi delle proteste contro il

carovita e la penuria di generi alimentari, che come per l’anno

precedente raggiungono il loro apice in primavera95. Focolai di

rivolta, diffusi per tutta la città, segnano le proteste delle classi

popolari. A gennaio alcuni abitanti del popoloso rione di Testac-

cio organizzano requisizioni e redistribuzioni di cibo alla popo-

lazione locale, e la stessa tattica viene messa in atto, in estate, al

Trionfale, dalla Lega dei fornaciai. In maggio, le due Camere del

lavoro guidano una serie di proteste contro il razionamento del

pane, mentre nei quartieri periferici, in cui la presenza sovversi-

va è tradizionalmente più radicata, gruppi di popolani procedo-

no al rogo delle tessere annonarie e agli espropri alimentari.

Contatti tra anarchici e repubblicani della Camera interventista

con anarchici della FCAL, per imprimere carattere rivoluzionario

ai moti di piazza, vengono segnalati dalla Questura alle autorità

centrali96. Alcuni degli espropri di generi alimentari, messi poi

effettivamente in atto, sono pianificati in alcune riunioni dalla

CDL interventista97. Il 6 giugno, la CDL confederale organizza uno

sciopero generale contro il carovita al quale aderiscono migliaia

di lavoratori. Il mese successivo, nell’anniversario dei sanguino-

si tumulti dell’anno precedente, le due Camere del lavoro indi-

cono un corteo con l’obiettivo di far imporre ai grossisti il 50 per

cento di ribasso per i generi di prima necessità.

Il succedersi di scioperi e proteste provoca la discesa in cam-

po di quelle forze reazionarie, organizzate dal movimento na-

zionalista, che intendono stroncare il monopolio esercitato nel-

le piazze dalle correnti organizzate del movimento operaio. Già

stante la concessione del passaporto – in seguito alle pressioni

popolari da parte del governo italiano, che la Questura romana

segnala la preparazione di un attentato92 contro l’ambasciata

francese a opera di alcuni anarchici, di diversa provenienza, poi

abortito per il rientro via mare di Malatesta, portato a compi-

mento con successo dal capitano Giuseppe Giulietti.

Le paure e le speranze di uno sconvolgimento rivoluzionario

aumentano nei rispettivi schieramenti nel primo mese dell’an-

no successivo, con l’aumento esponenziale di scioperi e agita-

zioni delle categorie più varie di lavoratori. Alcuni scioperi, co-

me quelli in gennaio di ferrovieri e postelegrafonici, hanno le

potenzialità, interessando settori chiave per il funzionamento

della macchina statale, per spianare la strada alla via insurre-

zionale. Ma i tentennamenti del Partito socialista, che pur a-

vrebbe le capacità numeriche per imprimere al movimento un

carattere di massa, vanificano, come abbiamo visto, l’azione

delle minoranze più agguerrite. Mancando di collante organico

questi scioperi finiscono per essere facilmente additati dalla

stampa conservatrice come punta di esaltazione massima dei

particolarismi di categoria, secondo la formula «le poste ai po-

stelegrafonici, le ferrovie ai ferrovieri»93. Altri scioperi di carat-

tere locale, come quello degli spazzini, inoltre, che con il loro

protrarsi generano ostilità in una parte della cittadinanza, for-

niscono ulteriore motivo di speculazione a mezzo stampa per

quei settori che invocano la venuta dell’«uomo forte» in grado di

porre fine al caos sociale prodotto dalla radicalizzazione delle

masse lavoratrici.

In questo senso, quel moto convulso di agitazioni continue –

nelle quali alle rivendicazioni economiche fanno da corollario

slogan sempre più politicizzati e suggestioni rivoluzionarie, cui

manca una direzione organizzativa precisa – definito appunto

VALERIO GENTILI

94

Page 49: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

97

«violenza contro violenza». Si decide di fare scorta armata ai

tramvieri che la mattinata seguente isseranno nuovamente sul-

le loro vetture i drappi rossi100.

Le vicende della Lega dei fornaciai nel cosiddetto biennio ros-

so sono paradigmatiche di quanto alcuni settori, quelli più a-

vanzati, della classe operaia avessero non solo guadagnato una

certa radicalità, ma una vera e propria prospettiva rivoluziona-

ria, forgiata nel corso di lotte estenuanti e particolarmente dure

con le controparti padronali. Nel dicembre 1920, in una rela-

zione alla Direzione generale di PS, il prefetto scrive:

Le due leghe finora esistenti tra i componenti la classe dei forna-

ciai si sono recentemente fuse tra loro costituendo un’unica or-

ganizzazione sotto il titolo di Federazione fornaciari tra le sezio-

ni fornaciari riuniti-cariolanti-fuochisti. Mentre prima le leghe

potevano considerarsi organizzazioni esclusivamente economi-

che, la federazione ha assunto ora carattere, oltreché economico,

spiccatamente politico. Quasi tutti i dirigenti si professano aper-

tamente comunisti-anarchici. […] Nelle elezioni svoltesi dopo la

costituzione della federazione venne eletto a presidente Proietti

Augusto fu Domenico che apertamente si professa comunista a-

narchico. Per dare alla nuova associazione un indirizzo più

conforme ai princìpi anarchici di recente poi è stata abolita la ca-

rica di presidente e il Proietti ha assunto il nome di commissario

come nei Soviet101.

Per tutto il 1920, i fornaciai conducono una serie di scioperi: il

primo ha inizio a febbraio, e dopo una breve interruzione ri-

prende a marzo allargandosi ai lavoratori dell’indotto, carret-

tieri e fuochisti. Un primo accordo con gli industriali è firmato

l’11 dello stesso mese, ma l’accettazione solo parziale102 delle ri-

chieste formulate dalle leghe mantiene in agitazione le catego-

rie. Il 31 agosto, per reazione ai rifiuti padronali di adeguare i

nel corso degli scioperi dei ferrovieri, dei postelegrafonici e de-

gli spazzini, in gennaio, l’Unione popolare antibolscevica, in ac-

cordo con le amministrazioni ferroviarie e postali, fornisce o-

pera di crumiraggio sostituendo con i suoi volontari i lavorato-

ri in sciopero e garantendo un minimo di pubblico servizio nel-

la capitale98. Questo modus operandi farà da modello all’azione

delle squadre fasciste romane nel corso dello «sciopero legali-

tario» dell’agosto 1922.

In estate, la tattica nazionalista assume un carattere più vio-

lento. La mattina del 20 luglio gruppi di studenti nazionalisti as-

salgono i tranvieri, che hanno esposto sulle vetture bandiere

rosse per festeggiare la vittoria nello sciopero da loro promosso

in solidarietà con i ferrovieri delle linee secondarie. Ne seguono

scontri violenti con i ferrotranvieri, che in una circostanza ven-

gono addirittura fatti oggetto di colpi d’arma da fuoco da parte

di alcuni ufficiali. Nel pomeriggio, studenti e Arditi di destra de-

vastano la tipografia dell’«Avanti!», mentre alcuni deputati so-

cialisti vengono malmenati per strada. Scontri e aggressioni si

verificano anche nella giornata seguente, in cui il mezzo falli-

mento di uno sciopero di protesta organizzato dall’USR in rispo-

sta alle violenze antisocialiste provoca il giubilo della stampa

nazionalista. Contro le violenze delle squadre nazionaliste si or-

ganizzano, a livello di base, le frange più combattive del movi-

mento operaio romano. Il 20 sera si tiene una riunione molto

partecipata, promossa nella sede della Lega dei fornaciai, in via

Tolemaide, dalla sottosezione repubblicana dei rioni di Borgo,

Prati e Trionfale99. Vi partecipano anarchici, repubblicani e so-

cialisti di zona. Negli interventi, gli oratori, tra i quali anche dei

fornaciai, invitano i presenti a mettere da parte le vecchie rug-

gini, relative alle scelte opposte operate rispetto alla guerra: la

formula più apprezzata dall’auditorio è quella che reclama

VALERIO GENTILI

96

Page 50: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

99

appresta a divenire l’uomo forte tanto invocato dalle forze del

blocco sociale dominante104:

Se gli interessi nazionali rendono necessaria la lotta contro il so-

cialismo, se la modernizzazione, la crescita economica esigono la

repressione delle organizzazioni operaie; se occorre sostenere i

proprietari terrieri e i produttori per impedire lo sfascio della so-

cietà in una rivoluzione o in una guerra civile, allora il fascismo si

schiererà con la borghesia105.

salari all’aumentare vertiginoso del costo della vita, in una riu-

nione alla Casa del popolo, i fornaciai decidono di mettere in at-

to l’ostruzionismo nei cantieri. Il giorno seguente, quattrocento

operai delle fornaci partecipano a una grande assemblea nella

sede della Lega di via Tolemaide. Dopo quattro giorni di boicot-

taggio operaio, gli imprenditori concedono aumenti di salario

in percentuale all’andamento dei rincari alimentari. Un nuovo

sciopero per ottenere ulteriori aumenti salariali avrà inizio in

dicembre.

Nel settembre 1920, la fine dell’occupazione delle fabbriche

segna l’inizio dell’irreversibile parabola discendente del massi-

malismo italiano: la rivoluzione tanto declamata dalla Direzio-

ne del Partito socialista non ha avuto luogo. Mentre la classe la-

voratrice esce stremata dall’ennesima prova di forza, le forze

conservatrici si riorganizzano, decise a ottenere la loro rivinci-

ta sui sommovimenti sociali del periodo precedente:

I rossi, che avevano creduto nella possibilità e nell’utilità d’un

mutamento di regime, quando avevano in pugno l’Italia, si radu-

narono a Milano e, in tre giornate di parlamento proletario a pa-

lazzo Marino, riconobbero la bontà degli argomenti borghesi:

«Alla rivoluzione italiana, Inghilterra, Francia e America non

consentirebbero né credito, né ferro, né carbone; noi non possia-

mo gettare il Paese in un disordine caotico, non possiamo tentare

di mutare i congegni della produzione, scambio e consumo, in un

periodo di crisi nel quale la produzione ristagna». Ripiegavano su

se stessi; la rivoluzione era rimandata alle calende greche. Ebbe-

ne: la reazione s’è scatenata dopo […]. C’è da domandarsi se la

borghesia che deprecava la rivoluzione non abbia voluto punire il

proletariato di non averla fatta103.

Profetiche le parole di Benito Mussolini, che epurati i suoi Fasci

da ogni residuo elemento protorivoluzionario e socialistoide, si

VALERIO GENTILI

98

Page 51: ROMA COMBATTENTE

101

CAPITOLO IV

I legionari fiumani di fronte allo squadrismo

Il mese successivo all’epilogo dell’impresa dannunziana a

Fiume, nel gennaio 1921, Mecheri, De Ambris e Umberto Fo-

scanelli costituiscono a Milano la Federazione nazionale legio-

nari fiumani. Nello statuto della FNLF si parla di «tenere viva in I-

talia la fiamma dell’ideale sacrificato col sangue» e di assicura-

re ai legionari «soccorso mutuo e fraterno»1. Nel corso dell’an-

no, la Federazione si ingrossa fino a incorporare circa novanta

sezioni, inquadrate in undici federazioni regionali. Numerose,

inoltre, sono le pubblicazioni ad essa legate, a partire dal perio-

dico ufficiale «La Vigilia» di Milano, «La Riscossa dei Legionari

Fiumani» di Bologna e altre testate dalle precarie vicende edi-

toriali: «Il Legionario», «organo dei legionari fiumani» di Ro-

ma, «Quis contra nos?», «Fiamma – Giornale d’Avanguardia»,

«La Fionda», «Lo Spirito Liberatore», «La Fiamma Intelligen-

te», «Natale Fiumano». Fin dall’atto di fondazione della Fede-

razione, il suo organo ufficiale di propaganda, «La Vigilia»,

chiarisce in maniera inequivocabile agli affiliati l’esclusività

della loro militanza: «I legionari non devono mai dimenticare

che l’unico loro capo è il Comandante D’Annunzio e che perciò

hanno il dovere di attendere la sua parola prima d’impegnarsi

entrando a far parte di aggruppamenti di qualsiasi colore»2.

Page 52: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

103

lore di collocarli al lavoro – li spingono al crumiraggio più inde-

cente, profittando dell’ingenuità di elementi nuovi e facilmente

suggestionabili mediante sofismi anche grossolani7.

Nel corso dell’anno, alcune informative prefettizie alla Direzio-

ne generale di PS danno notizia di una certa radicalizzazione in

senso antifascista e «filocomunista» tra gli affiliati alla Federa-

zione. In un’informativa di metà febbraio del prefetto di Torino

si parla di un gruppo di ex-legionari «passati al Partito comuni-

sta capeggiato dal Daniele»8. Il 15 marzo, il prefetto di Milano ri-

ferisce come «insistente la voce di scissione tra fascisti e ex-le-

gionari fiumani, alcuni dei quali ultimi sarebbero passati tra i

comunisti» e in particolare «alcuni di essi, il De Ambris com-

preso, avrebbero partecipato a convegni comunisti a Milano,

Parma, Genova»9. In una successiva relazione, in data 21 mar-

zo, sul convegno milanese dell’ANAI, il prefetto riporta gli umo-

ri di alcuni delegati rispetto alla deriva politica della FNLF, in cui

si era creata «una situazione non solo antifascista e contro l’As-

sociazione, ma addirittura comunista, socialista ed internazio-

nalista»10. Questa radicalizzazione avviene con tutta probabilità

per reazione al dilagare dello squadrismo fascista. Ricorda in

proposito Mecheri:

Non è vero che le violenze fasciste vennero consumate unica-mente nei riguardi delle forze così dette antinazionali, ormai inrotta come si è detto. Anche quelle notoriamente patriottiche eche avevano dato un notevole contributo all’interventismo veni-vano attaccate con non minore virulenza. Si assaltarono così lesedi degli Arditi, dei Legionari fiumani, dei Combattenti, le orga-nizzazioni corridoniane dell’Unione italiana del lavoro, quelle re-pubblicane ecc.11.

Proprio in riferimento al conflitto tra squadristi e legionari scrive:

Questo tipo di proclami assumono un significato preciso di

fronte al tentativo messo in atto da Mussolini, che culminerà nel-

l’incontro con D’Annunzio a Gardone il 5 aprile3, consistente nel

cooptare parte consistente dei legionari enucleandola dall’indi-

rizzo potenzialmente sovversivo della FNLF e allontanare politi-

camente D’Annunzio da De Ambris. Appoggiandosi all’elemento

legionario nazionalista, ostile agli indirizzi della Federazione,

Mussolini nel corso della sua manovra è inoltre il principale i-

spiratore di una serie di voci tendenziose che attribuiscono, in

vista delle elezioni politiche, una prossima candidatura del Co-

mandante nelle liste dei Blocchi nazionali giolittiano-fascisti,

nonché di un’inclusione tra le candidature di una rappresentan-

za legionaria. Come ricorda Mecheri, la profferta mussoliniana

viene «sdegnosamente rifiutata»4 dal Comandante, il quale, al-

l’indomani dell’incontro col futuro Duce, patrocina esclusiva-

mente la candidatura autonoma e «legionaria» – nel collegio di

Parma – del sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris. Nel

frattempo, scontri di una certa intensità tra legionari e squadri-

sti hanno luogo in diverse città italiane. Il 17 febbraio a Torino u-

na riunione di Legionari viene attaccata dalle camicie nere5, il

mese successivo una nuova aggressione si verifica a Bologna.

Scrive, con amara ironia, «La Vigilia»: «Che i fascisti – i quali per

molti mesi ci hanno tenuto ad avere il monopolio del fiumanesi-

mo in Italia – avessero fatto per l’assassinio di Fiume quel che

fanno ogni giorno se a uno dei loro soci viene pestato un callo»6.

Nel numero precedente del periodico della FNLF, un ammoni-

mento suonava chiaro rispetto alle commistioni tra alcuni am-

bienti legionari e fascisti:

Mettiamo in guardia i legionari contro le insidie di certi «bene-

fattori», i quali profittano del bisogno in cui versano e – sotto co-

VALERIO GENTILI

102

Page 53: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

105

nunzio, non ha servito che a ingigantire la fede nella Patria futura

nell’animo incontaminato dei legionari dannunziani. Tutta la

montatura della Polizia non ha potuto trovare credito che negli

uomini di mala fede. Il direttorio della sezione milanese dei legio-

nari dichiara che le notizie date dalla stampa degli organi interes-

sati alla diffamazione del movimento dannunziano non rispondo-

no che in minima parte alla verità. Sta di fatto che dei 200 arresta-

ti, solo una quarantina furono mantenuti e deferiti all’autorità giu-

diziaria e che di questi solo cinque sono regolarmente iscritti alla

Federazione dei Legionari. Gli altri furono artatamente rastrellati

tra gente di dubbia fama. I cinque legionari che si vogliono fare ap-

parire quali componenti di un’associazione a delinquere e che

vengono dipinti come disertori di guerra e come pregiudicati han-

no tutti il certificato penale perfettamente al corrente e pulito ed

hanno benemerenze acquistate compiendo il loro dovere14.

Anche la sezione e i militanti legionari romani sono fatti ogget-

to di ripetuti arresti e perquisizioni tra il novembre e il dicembre

1922:

La Regia Polizia Fascista e la Polizia fascista […] irregolare sono

state in grandi faccende […] per creare degli immaginari com-

plotti contro la sicurezza dello Stato fascista. Alcuni anarchici più

in vista ed ancora attivi […] o sono stati arrestati o hanno subìto

continue persecuzioni e violenze. In tutte le maggiori città d’Ita-

lia, ed anche a Roma, i più noti sovversivi sono stati presi partico-

larmente di mira ed i legionari dannunziani non sono sfuggiti al-

la battuta organizzata dai segugi della nuova Polizia15.

Come ricorda Mecheri, anche in ambito sindacale la FNLF, dopo

la sconfitta della strategia dell’«Alleanza del lavoro», palesatasi

con il fallimento dello sciopero legalitario di agosto e l’approssi-

marsi della vittoria fascista, si fa promotrice di una doppia ini-

ziativa con l’obiettivo «di salvare, col raggiungimento dell’unità

Memorabile rimane la difesa della sede degli Arditi di Milano fat-

ta da sette Arditi e Legionari fiumani (compresa una donna) dal-

l’assalto improvviso di tutte le squadre fasciste della città, dopo

l’uccisione avvenuta a Roma di Casalini. Per tutta una sera questi

pochissimi animosi tennero testa a un esercito di assalitori, af-

fiancati dai carabinieri, e solo quando le munizioni furono esau-

rite e la sede abbandonata attraverso un foro di un muro interno,

tale sede poté essere occupata dai fascisti12.

Nei mesi immediatamente successivi alla marcia su Roma,

scontri tra squadristi e legionari – anche vere e proprie sparato-

rie – sarebbero continuati fino allo scioglimento delle sezioni

romana e milanese che, nonostante gli ordini di smobilitazione

provenienti anche dallo stesso D’Annunzio, avevano costituito

squadre d’azione:

Pronte a indossare, a un cenno del Comandante, la leggendaria ca-

micia rossa, per proseguire la tradizione rivoluzionaria garibaldi-

na e per raccogliere i lavoratori, delusi e disorientati, sotto una

bandiera che non fosse quella usata a coprire pietosamente tutte le

truffe, i contrabbandi e le violenze del patriottismo pescecanesco

(più o meno truccato) ma quella invece libera e fiammante, di tut-

ti gli autentici lavoratori e produttori della mente e del braccio e di

tutti gli spiriti del braccio, non disposti a rinnegare, né la Patria, né

l’umanità e decisi a far rispettare, ad ogni costo, la libertà di pen-

siero, di organizzazione e di stampa di tutti i cittadini13.

L’aperta opposizione al trionfante fascismo costa ai legionari

milanesi, dopo gli arresti di massa, l’accusa di insurrezione ar-

mata contro i poteri dello Stato. In dicembre, la Federazione

milanese della FNLF dirama il seguente comunicato:

La violenta sfuriata poliziesca che ha colpito in questi giorni la se-

zione milanese della Federazione tra i Legionari di Gabriele D’An-

VALERIO GENTILI

104

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ROMA COMBATTENTE

107

sua giustizia, che non può esplicarsi se non in regime libero; men-

tre ripete al popolo italiano la parola di pacificazione e di fratel-

lanza, di cui l’Unione Spirituale dannunziana si è fatta strenua

propagatrice in questi quattro anni di tormentoso dopoguerra,

fieramente risponde alle minacce continue di più atroci violenze

del Capo di Governo e del Partito fascista, dando voce alle cam-

pane su cui idealmente sembra incidersi di nuovo la parola li-

bertà come nei quattro secoli del nostro periodo comunale di cui

la Carta del Carnaro vuole ripetere la gloria18.

sindacale, le organizzazioni operaie dagli assalti distruttivi del-

la reazione fascista»16. Nel settembre 1922, un Comitato sinda-

cale dannunziano riunito a Milano, riconoscendo come propria

base programmatica gli intendimenti della Carta del Carnaro,

promuove la convocazione di una nuova Costituente sindacale

in grado di realizzare l’unione delle forze operaie attraverso la

comune opposizione al fascismo. Minato alla base dalla vitto-

riosa marcia su Roma mussoliniana, il progetto andrà comun-

que avanti portando alla costituzione, in dicembre, del «Comi-

tato per la Costituente sindacale»17, ridotto, però, ben presto al

silenzio dalla repressione di ogni iniziativa sindacale indipen-

dente da parte del Regime. La stessa FNLF invisa alla dittatura

verrà, due anni dopo, costretta allo scioglimento, confluendo,

con ciò che rimaneva dell’ANAI, nell’«Unione spirituale dannun-

ziana», a sua volta sciolta d’autorità nel 1926, in seguito alla

stretta totalitaria cancellante ogni residuo orpello formale dello

Stato liberale. Precedentemente, in seguito all’omicidio Mat-

teotti, l’Unione spirituale aveva dato il suo appoggio al movi-

mento «Italia Libera». Nel settembre 1924 un ordine del giorno

approvato dai legionari così recitava:

Il Consiglio nazionale dell’Unione Spirituale dannunziana, tena-

cemente riconfermando l’ardente passione dei legionari per la lo-

ro Carta statuaria che il Comandante promulgava quattro anni or

sono dalle rive del Carnaro, nell’esaminare la situazione politica

italiana che si è andata formando dopo l’esperimento fascista, i-

spirandosi al soffio animatore della Carta che è documento di ar-

monia latina, di libertà politica, di giustizia sociale; riconferma la

irriducibile avversione al fascismo che permette e favorisce le più

palesi speculazioni e le più sfrenate ambizioni, che offende ed u-

milia le più sublimi leggi di umanità, che governa con tirannia,

invano tentando di uccidere la libertà, comprimendo ed impe-

dendo la manifestazione sincera della volontà popolare e della

VALERIO GENTILI

106

Page 55: ROMA COMBATTENTE

109

CAPITOLO V

La Carta del Carnaro

Pubblicata l’8 settembre 1920, pur non essendo mai entrata

realmente in vigore, significativamente, per l’opposizione del

conservatore Consiglio nazionale fiumano, la Carta del Carnaro,

opera nella sostanza di De Ambris e nella forma di D’Annunzio,

costituisce il tentativo di dare veste giuridica a quello Stato di ti-

po nuovo che allora andava realizzandosi nella città di Fiume,

rappresentando con la Lega di Fiume il punto più avanzato del-

l’azione politica del gabinetto dannunziano, nella sua fase co-

siddetta «rivoluzionaria». Considerata da Renzo De Felice come

una sorta di antitesi programmatica al corporativismo fascista:

La Carta del Carnaro nulla ha in realtà a che fare, nello spirito e

nella sostanza, non solo con il corporativismo cattolico, ma an-

che con il corporativismo e con i programmi di riforma politico-

sociale fascisti, anche se taluni fascisti – demagogicamente o sen-

timentalmente (a seconda della propria formazione ideologico-

culturale e delle personali vicende politiche) – tendevano ad an-

noverarla, sia pure il più delle volte con molta sufficienza e caute-

la, tra gli incunaboli del fascismo; il corporativismo deambrisia-

no presente nella Carta del Carnaro si muove infatti su una linea

mazziniano-sindacalista assolutamente diversa da quella buro-

cratico-autoritaria del corporativismo fascista1.

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ROMA COMBATTENTE

111

labilità del domicilio, l’habeas corpus, il risarcimento dei danni in

caso di errore giudiziario o di abuso di potere.

Articolo VI: La Repubblica considera la proprietà come una fun-

zione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio indivi-

duale. Perciò il solo titolo legittimo di proprietà su qualsiasi mez-

zo di produzione e di scambio è il lavoro che rende la proprietà

stessa fruttifera a beneficio dell’economia generale.

Articolo X: Tre elementi concorrono a formare le basi costituzio-

nali della Repubblica:

– I Cittadini

– Le Corporazioni

– I Comuni.

In essa si è visto, soprattutto per quello che riguarda la storio-

grafia più recente2, un esperimento, pregno di retaggi sociali-

stoidi, mazziniani, libertari, tendente alla costruzione di una

sorta di repubblica delle arti e dei sindacati, fondata sulla de-

mocrazia diretta.

Elenchiamo di seguito alcuni articoli inerenti alla parte ge-

nerale della Costituzione fiumana, riportata per intero nell’ope-

ra La Carta del Carnaro e altri scritti su fiume3:

Articolo II: La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta

che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le

più larghe autonomie funzionali e locali.

Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini sen-

za distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione;

ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra per quanto

è possibile i poteri dello Stato, onde assicurare l’armonica convi-

venza degli elementi che la compongono.

Articolo IV: Tutti i cittadini della Repubblica senza distinzione di

sesso sono uguali davanti alla legge. Nessuno può essere meno-

mato o privato dell’esercizio dei diritti riconosciuti dalla Costitu-

zione se non dietro regolare giudizio e sentenza di condanna.

La Costituzione garantisce a tutti i cittadini l’esercizio delle fon-

damentali libertà di pensiero, di parola, di stampa, di riunione e

di associazione. Tutti i culti religiosi sono ammessi; ma le opinio-

ni religiose non possono essere invocate per sottrarsi all’adempi-

mento dei doveri prescritti dalla legge.

L’abuso delle libertà costituzionali per scopi illeciti e contrari alla

convivenza civile può essere punito in base a leggi apposite, le

quali però non potranno mai ledere il principio essenziale delle li-

bertà stesse.

Articolo V: La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini

senza distinzione di sesso, l’istruzione primaria, il lavoro com-

pensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l’assistenza

in caso di malattia o d’involontaria disoccupazione, la pensione

per la vecchiaia, l’uso dei beni legittimamente acquistati, l’invio-

VALERIO GENTILI

110

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113

CAPITOLO VI

La marcia su Berlino di Kapp e il combattentismo rivoluzionario in Germania.

Le centurie rosse della Ruhr

Alla fine dell’inverno 1920, nella Germania uscita sconfitta

dalla guerra e sottoposta dalle potenze vincitrici a condizioni di

pace particolarmente dure, voci di un colpo di Stato pianificato

negli ambienti dell’estrema destra militare e tra le formazioni

paramilitari dei Freikorps si fanno largo tra le falle della trabal-

lante repubblica di Weimar, nata sulle ceneri della débâcle mili-

tare e delle successive, fallite insurrezioni operaie. Nella notte

del 12 marzo, il governo presieduto dal cancelliere socialdemo-

cratico Bauer viene messo a conoscenza di una imminente con-

giura militare volta al sovvertimento del fragile ordinamento re-

pubblicano. Il centro della cospirazione farebbe capo a un fun-

zionario della Prussia orientale, Wolfgang Kapp, leader di un

gruppo radicale di destra, il «Partito della Patria». Al suo fianco

l’ex-capitano Jabst, già capo di Stato maggiore del corpo di ca-

valleria, il pubblicista Grabonsky e tal Schnitzler. Informato del

pericolo, il governo si limita, con un provvedimento di poco con-

to che darà seguito a numerose speculazioni sul perché di tanto

pressappochismo, a far diramare per i quattro un «arresto di

protezione», senza curarsi troppo della sua completa, avvenuta

esecuzione. Il giorno successivo, anticipando in qualche modo

Page 58: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

115

instabilità politica, resa particolarmente acuta dall’affluire di

notizie riguardanti la scoperta contiguità di alte cariche istitu-

zionali con i cospiratori kappisti.

Oltre ai dissidi in campo conservatore, il putsch di Kapp pro-

voca decise reazioni tra le fila del movimento operaio organiz-

zato. Subito dopo aver ricevuto notizia del colpo di Stato, gli o-

perai di Francoforte proclamano lo sciopero generale e si costi-

tuiscono in gruppi armati che disarmano le pattuglie di sicu-

rezza e affrontano i golpisti a colpi di armi da fuoco. Nella not-

te del 13, gli operai di Berlino danno inizio allo sciopero gene-

rale nella capitale, emanando l’ordine di agitazione a tutti i

maggiori centri tedeschi. Il 14, conflitti a fuoco con morti e fe-

riti tra milizie operaie e truppe filogolpiste si verificano a Kiel,

Breslavia, Francoforte. Il 15, a Berlino e nelle cittadine del cir-

condario, hanno luogo sanguinosi scontri con morti e feriti, che

registrano l’uso da parte della Reichswehr perfino di mitraglia-

trici. A Dresda uno scontro tra militanti comunisti, che hanno

occupato l’ufficio telegrafico, e militari golpisti, che intendono

riconquistarlo, provoca l’impressionante cifra di cinquanta

morti e duecento feriti.

Anche nel bacino minerario della Ruhr (Westfalia), la più ric-

ca zona industriale della Germania, i lavoratori si armano: sot-

to la guida di ufficiali dell’esercito si costituisce la milizia para-

militare della Rote Ruhrarmee (Armata Rossa della Ruhr). Il 16,

Kapp e Lüttwitz rassegnano le dimissioni, ma il colpo di Stato,

in qualche modo sventato, ha ormai messo in moto le masse po-

polari. Operai berlinesi e del circondario, armati, prendono il

controllo di Spandau e dei sobborghi di Weissensee e Rei-

nickendorf. A Essen, proprio nella Ruhr, si forma un consiglio

repubblicano rivoluzionario. Derive governative di tipo sovieti-

sta vengono segnalate alle autorità centrali in numerosi centri

la dinamica messa in atto poco più di due anni dopo in Italia da

Mussolini, Kapp, che non è stato arrestato, alla testa degli uomi-

ni delle brigate di marina Eberhard e Lowenfeld, guida la marcia

dei militari golpisti, partiti dal vicino distretto di Doberitz, ver-

so Berlino. Forte dell’appoggio del generale barone von Lütt-

witz, comandante delle truppe di stanza a Berlino e già membro

del governo repubblicano, Kapp entra trionfante nella capitale

tedesca senza incontrare alcuna resistenza. La totale assenza di

contrapposizione ai golpisti tra le truppe della Reichswehr è per

buona parte determinata dal timoroso atteggiamento dell’ese-

cutivo e dei suoi ministri che, piuttosto di impartire ordini deci-

si per stroncare il putsch sul nascere, abbandonano in tutta fret-

ta Berlino alla volta di Dresda e poi di Stoccarda.

Il 13 stesso, Kapp si autoproclama cancelliere del Reich e

Lüttwitz ministro della Difesa. Al putsch di Kapp sembra, dun-

que, spettare una vittoria fulminea e alla repubblica una fine

prematura, ma diversi fattori intervengono, nel giro di poche o-

re, a rovesciare la situazione. I governi dei Länder del Sud, co-

me ad esempio quello bavarese, timorosi delle mire accentra-

trici prussiane, non riconoscono il nuovo esecutivo. Parti con-

sistenti della galassia della destra nazionalista manifestano a-

pertamente il loro scetticismo rispetto alla figura di Kapp. Il go-

verno repubblicano in esilio, con un proclama diretto, si appel-

la ai lavoratori e all’arma dello sciopero generale contro il col-

po di Stato. Il rifiuto, di fronte all’estendersi tumultuoso dello

sciopero generale in tutta la nazione, della Reichsbank di ero-

gare ingenti finanziamenti (dieci milioni di marchi) all’esecuti-

vo golpista segna negativamente il destino di Kapp, che è co-

stretto a una precipitosa fuga in Svezia il 17 marzo. La parente-

si golpista si conclude nel giro di una manciata di giorni, il go-

verno autoesiliatosi torna a Berlino, mentre si apre una fase di

VALERIO GENTILI

114

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ROMA COMBATTENTE

117

voluzionario infetti il resto del Paese, mezzi corazzati vengono

fatti affluire nelle città di Magonza, Coblenza e Colonia, e sette-

mila soldati belgi sono concentrati nel campo di esercitazione

di Elsenbord.

Il 22 marzo, il governo, ora presieduto dal socialdemocratico

Müller, si dichiara disposto – riconoscendo il ruolo di primo

piano giocato dalle masse lavoratrici nell’opposizione al colpo

di Stato e in seguito a un concordato coi sindacati, che nel frat-

tempo hanno dichiarato cessato lo sciopero generale – a epura-

re l’esercito dai suoi quadri anticostituzionali e a punire dura-

mente i responsabili del golpe. Ma nella Ruhr le concessioni,

anche economiche, strappate dai sindacati al governo non han-

no alcun effetto consistente nel temperare lo scontro militare e

sociale in atto. Sotto la direzione di ufficiali e soldati1 dell’eser-

cito, passati tra le fila degli insorti, l’Armata Rossa della Ruhr,

forte secondo stime ufficiali, fortemente oscillanti, di effettivi

compresi tra le dieci e le 75mila unità, controlla i maggiori cen-

tri del bacino minerario, costringendo le truppe regolari, scon-

fitte in campo aperto, a cedere terreno. Organizzati in gruppi,

compagnie e battaglioni, come un vero esercito, operai e solda-

ti, espressione dei consigli rivoluzionari, inquadrati nelle Cen-

turie rosse della Ruhr, costringono il 61° Reggimento della Rei-

chswehr, dopo la battaglia di Wesel, alla ritirata nella città di

Walstun. Anche questa città cade, temporaneamente, sotto il

controllo dell’Armata Rossa.

Si combatte in numerosi altri centri del bacino. Nella giorna-

ta di lunedì 22 marzo, un primo bilancio sugli scontri dei gior-

ni precedenti parla di sessantadue morti e oltre cento feriti da

ambo le parti. Sempre nella giornata del 22, il quotidiano indi-

pendente «Ruhr Echo» pubblica il seguente bollettino:

della Sassonia e della Westfalia. Nel centro minerario di Bo-

chum, dove un consiglio operaio esercita il potere esecutivo, un

intero carico di fucili, destinato alla guardia civica, viene se-

questrato d’autorità e distribuito tra gli operai. Gli accessi di al-

cuni quartieri popolari di Lipsia vengono presidiati con le mi-

tragliatrici dai gruppi rivoluzionari. A Dresda sono necessarie

due autoblindo per riconquistare il palazzo delle poste caduto

in mano degli insorti. Il 19, le truppe baltiche responsabili del

fallito putsch abbandonano Berlino tra gli incidenti; dodici

morti e quaranta feriti a Potsdam, dove la Reichswehr cerca di

conquistare una barricata eretta da manifestanti operai. Anche

tra le fila dell’esercito il movimento di riscossa popolare registra

un qualche successo: nella notte del 18, nella capitale, un repar-

to del genio destituisce i suoi ufficiali e li disarma. Il giorno suc-

cessivo nuovi scontri in Turingia e Sassonia.

Il 21 marzo fonti ufficiali parlano di duemila morti nei con-

flitti scoppiati in tutta la Germania successivamente al golpe.

La situazione che più allarma, anche le potenze dell’Intesa, ti-

morose di una nuova, concreta minaccia di rivoluzione proleta-

ria in Europa, è quella che va determinandosi nella Ruhr, in cui

la reazione delle masse all’avventura militarista va assumendo,

progressivamente, un profilo chiaramente insurrezionale.

Truppe di militari tedeschi vengono dirottate da quei territori

ritornati a una sorta di calma apparente (Wurttenberg, Slesia,

Baden) e inviate ai confini della zona, in attesa del momento mi-

gliore per un loro impiego risolutivo nella lotta contro i fermen-

ti rivoluzionari. Nel frattempo, a Essen il prefetto è costretto a

trattare con gli operai in armi la resa e l’uscita dalla città di ol-

tre settecento agenti di PS. In una riunione degli Stati maggiori

militari dell’Intesa, si mettono a punto le prime contromosse

per stroncare l’insurrezione nella zona. Prima che il contagio ri-

VALERIO GENTILI

116

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ROMA COMBATTENTE

119

calcolando la contemporanea creazione di nuovi battaglioni in

molti altri centri del bacino, le Centurie rosse della Ruhr conte-

rebbero l’impressionante cifra di 120mila effettivi. L’inviato a

Magonza dell’«Echo de Paris» parla addirittura di 150mila affi-

liati. In controtendenza rispetto alla altre corrispondenze quella

dell’americano «Chicago Tribune»:

L’esercito rosso consiste di diecimila ex-soldati cenciosi, male ar-

mati e male equipaggiati: tutti posseggono un fucile, pochi cari-

catori e un paio di rugginose granate a mano. La fronte consiste

in una serie di nidi di mitragliatrici che sbarrano le strade. Ogni

giorno c’è un cannoneggiamento intermittente: i rossi confessa-

no che il loro puntamento è impreciso, mentre gli artiglieri go-

vernativi piantano i loro shrapnels proprio sulle posizioni rosse. I

rossi soffrono molte perdite: prevalgono i feriti alla testa man-

cando gli elmi d’acciaio.

Gli ufficiali dei rossi sono degli ex-sottoufficiali del vecchio eser-

cito tedesco. Non vi è alcun ufficiale prussiano. Il capo di Stato

maggiore dell’esercito rosso è un modellatore di una fonderia di

Essen: il comandante in capo è un organizzatore sindacalista. Le

truppe rosse mancano completamente di organizzazione: i feriti

si impadroniscono degli autocarri che portano munizioni e vive-

ri alla fronte, li scaricano per prendervi posto e farsi ricondurre

indietro3.

Di diverso avviso il corrispondente del periodico francese «In-

transigeant». Sulla linea del fronte per due giorni coi soldati

sovversivi, l’inviato riporta le sue impressioni sull’organizza-

zione delle centurie rosse e gli umori dei combattenti: «Non vo-

gliamo più saperne di partiti militaristi. Che il loro capo sia

Kapp o sia Noske, il risultato sarà lo stesso. Non vogliamo più

quella gente», e ancora: «Se l’operaio produce e producendo ar-

ricchisce la Germania, deve evidentemente partecipare alla di-

L’ala sinistra del fronte dell’Armata rossa si stende da Dislaken,

sopra Holten, a Dorsten. Su questo tratto hanno luogo vivi com-

battimenti. Walstun e Dorsten sono riprese. La direzione genera-

le dell’avanzata è verso Wesel. […] La situazione generale delle

truppe è buona. Da sabato l’Armata rossa ha conquistato 5 can-

noni, 6 lanciamine, 3.000 fucili, 20mila cariche di munizioni, 200

cavalli e molti bagagli2.

Il Consiglio supremo dell’Intesa, presieduto da Lloyd George,

prende in considerazione – incalzato da governo e generali prus-

siani e tenendo conto della situazione potenzialmente esplosiva

anche in ambito internazionale – l’eccezionale invio di truppe te-

desche, pratica altrimenti vietata dai termini del Trattato di Ver-

sailles, che aveva neutralizzato il bacino nella Ruhr e limitato la

presenza su quel territorio delle già contenute unità dell’esercito

teutonico. Nel frattempo, altre Centurie rosse, sull’esempio di

quelle della Westfalia, si costituiscono in diverse aree della Ger-

mania. Tra il 23 e il 24, inoltre, quattro importanti centri indu-

striali – Dusserdolf, Remscheid, Mülheim e Duisburg – cadono

sotto il controllo delle Centurie rosse. Il governo berlinese, allo-

ra, preoccupato dall’incalzare dell’ipotesi di una repubblica co-

munista autonoma della Ruhr, resa forte dalla produzione di fer-

ro e carbone – che peraltro, sotto l’autogoverno dei Consigli dei

soldati e degli operai, continua senza grossi problemi – tenta la

carta della mediazione inviando emissari nella zona per propor-

re agli insorti un armistizio. Ma i combattenti della Ruhr rifiuta-

no e avanzano, conquistando, il 25, Wesel e Friedrichsfeld. Ol-

trepassata la Lippe, il giorno seguente, l’Armata rossa arriva al-

le porte di Münster. Secondo i corrispondenti del giornale «Koel-

nische Zeitung», partendo dai notevoli riscontri numerici otte-

nuti nell’organizzazione del battaglione di Dusserdolf (duemila-

cinquecento effettivi reclutati in poco più di ventiquattr’ore) e

VALERIO GENTILI

118

Page 61: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

121

(quaranta marchi per ogni combattente) vengono corrisposte at-

traverso ingenti requisizioni di denaro alle vecchie amministra-

zioni, furti e saccheggi vengono puniti con la fucilazione. A Dort-

mund, l’«amministrazione militare» rivoluzionaria invita la po-

polazione, attraverso pubblici manifesti, a mantenere alta la

guardia e a diffidare della propaganda pacifista del locale Parti-

to socialista, pronto a invocare l’abbandono delle armi in cam-

bio di un accordo col governo. Il 29 marzo, il neonato governo

Müller lancia un ultimatum agli insorti della Ruhr per una com-

pleta smobilitazione militare, da effettuarsi entro ventiquattr’o-

re, pena l’invio di ingenti truppe, acquartierate nel Brandeburgo

e in Baviera, pronte all’opera di repressione. All’intimazione go-

vernativa, i comandi degli insorti rispondono dichiarandosi di-

sposti a trattare, ma senza disarmare e sulla base del riconosci-

mento dei successi militari conseguiti dalle centurie rosse. A

fronte del diniego governativo e con l’approssimarsi della sca-

denza dell’ultimatum, i sindacati della Ruhr, unitariamente, pro-

clamano lo sciopero generale:

L’ultimatum non è riconosciuto. Il termine è troppo breve. Si

chiede un prolungamento di tre giorni. La marcia della Reich-

swehr nel distretto industriale ci costringe a proclamare, in ac-

cordo col Partito indipendente e col Partito comunista, lo sciope-

ro generale e a mobilitare contro la Reichswehr. Il generale Wat-

ter deve venire assolutamente richiamato e le truppe ritirate nelle

guarnigioni. Se, alle dieci della sera, giungerà notizia che il go-

verno proibisce la marcia delle truppe, lo sciopero generale già

annunziato verrà disdetto.

Tenuto conto delle resistenze operaie, il governo decide di con-

cedere una proroga di quarantott’ore agli insorti. Le colonne

della Reichswehr in marcia, guidate dal generale Watter, si atte-

stano ai margini della zona neutra sulla linea Wesel-Münster-

rezione degli affari del Paese». Riguardo le qualità militari e la

disciplina dell’Armata Rossa:

Com’è organizzato l’esercito rosso? Ogni città del bacino dellaRuhr ha fornito i suoi contingenti. Ogni battaglione ha la sua ban-diera: un cencio rosso inchiodato su un manico di scopa. Tutti i co-mandanti di battaglione sono a cavallo; i graduati sono distinti dafettucce rosse sulla manica. Le truppe marciano bene ordinate perquattro. Rimangono nelle trincee da ventiquattr’ore a quattro ocinque giorni, poi sono cambiate. […] Pochi rossi hanno le lorovecchie uniformi di guerra, gli altri sono in borghese; tutti hannofucili moderni, qualcuno è armato di carabine americane bellissi-me; vi sono cannoni da 210 e da 77; dei lanciabombe e degli aero-plani. Gli arruolamenti continuano in tutti i municipi ove siede inpermanenza il Comitato comunista locale. Sul fronte, in prima li-nea, in buche da tiratori sono i veterani, in seconda linea al riparodi trincee sono i novellini. Chi non obbedisce è immediatamenteucciso dal capo di servizio. Un solo uomo ha il potere assoluto: ilgenerale. […] appena la Reichswehr avrà ricevuto rinforzi, l’eser-cito rosso dovrà indietreggiare, ma comincerà allora una guerri-glia micidiale di casa in casa. I rossi sono decisi a resistere e anchele donne sembrano pronte a battersi. Il governo di Berlino ordi-nerà questa guerra civile che sarà un massacro? Gli avvenimentirisponderanno. Certo è che non si tratta né di bolscevismo né dispartachismo. Kapp col suo colpo di mano ha semplicemente de-terminato la fusione di tutti i gruppi di sinistra4.

Il 27 marzo, corrispondenti di alcuni giornali tedeschi, tra i qua-

li la «Neue Zürcher Zeitung», informano circa le politiche adot-

tate nei territori controllati dall’Armata rossa. Mentre nelle fab-

briche e nelle industrie della regione la produzione non subisce

soste, comitati di operai e soldati esercitano un controllo di tipo

nuovo sui provvedimenti delle autorità statali e comunali. Nella

città di Duisburg, la Polizia regolare viene sostituita dalla «guar-

dia rivoluzionaria». Le paghe giornaliere dell’esercito popolare

VALERIO GENTILI

120

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ROMA COMBATTENTE

123

prende definitivamente il controllo del territorio. Curiosamen-

te, proprio dalle fila dei maggiorenti dei corpi franchi, negli an-

ni successivi, sarebbero emerse figure come quella di Josef Ro-

mer, pronte a mettersi alla testa della resistenza armata, di mar-

ca operaia, alla trionfante marcia del nazionalsocialismo. Un

articolo del «Corriere della Sera», in data 17 aprile 1920, già da-

va conto, non senza le iperboli di quel giornalismo pronto a sot-

tomettere la realtà in nome della spettacolarità della notizia, di

un certo, avvenuto, avvicinamento:

Si è accennato ieri a una combinazione di militarismo e di comu-

nismo. Trattative tra ufficiali e comunisti sono avvenute niente-

meno che al ministero della Reichswehr a Berlino. La singolare

notizia è data dalla «Berliner Zeitung am Mittag». Scopo della se-

duta era quello di venire ad accordi su basi nazionali comuniste;

ma la discussione venne interrotta per ordine del ministro Ges-

sler ed i partecipanti trattenuti. Lo stesso ministro li sottopose

durante la notte a interrogatorio. I partecipanti rimangono in i-

stato di arresto.

Sin dal putsch di marzo si era parlato di un gabinetto Ludendorff-

Daumig. Ma Daumig non accettò l’invito a un colloquio. L’idea

che in certi circoli militaristi presiede a simili tentativi di accop-

piare gli opposti sarebbe questa: attraverso al comunismo e al-

l’alleanza con la Russia si giunge alla guerra contro la Francia. Se-

condo la «Vossische Zeitung» esistono effettivamente rapporti fra

piccoli gruppi comunisti e un certo numero di ufficiali. Poca gen-

te, ma si sa, dice, quale scompiglio può produrre in questi tempi

un paio di centinaia di armati6.

Soest, premendo a semicerchio da Nord verso il bacino, mentre

le forze dell’Armata rossa abbandonano gli avamposti conqui-

stati a Est per concentrarsi esclusivamente nella difesa del ba-

cino minerario. Mentre tra le forze dell’Intesa l’ipotesi di un im-

minente sconfinamento di truppe prussiane in zona neutrale,

seppur temporaneo, provoca le decise resistenze della Francia,

timorosa dei sussulti nazionalistici e delle mire economiche te-

desche sul ricco bacino carbonifero, i tempi di proroga vanno e-

saurendosi. Le truppe governative, radunate nei pressi di

Hamm e in attesa di ricevere l’ordine di marcia, salgono a 50mi-

la effettivi. Nella notte tra l’1 e il 2 aprile, le truppe governative

sconfinano con un’offensiva a Sud della Lippe, occupando a E-

st Recklinghausen, e assediando a Ovest Dinslaken. A pochi chi-

lometri da Wesel, le centurie rosse subiscono un pesante rove-

scio, ma la resistenza è accanita:

Si danno queste notizie sulla situazione militare. Presso Wesel i

rossi attaccarono con 150 uomini; vennero respinti con forti per-

dite. Dorsten fu bombardata dall’artiglieria bolscevica. Il ponte

della Lippe al sud di Haltern venne preso dalle truppe governative

dopo una vivacissima lotta in cui i rossi ebbero 80 morti. A Reck-

linghausen (dove truppe governative erano già marciate) i rossi

presero l’ufficio postale e produssero con granate a mano gravi di-

struzioni. Fu fatto saltare il ponte presso la stazione di Peltum; ma

l’artiglieria dei rossi venne in quel punto presa dai regolari […]. Al-

trove la situazione sembra realmente migliorata, come a Barmen

ove il lavoro fu ripreso e parte dei rossi consegnò le armi; i più ra-

dicali rifiutando la consegna, passarono nel territorio di Wesel5.

Dopo una settimana di scontri, il 9 aprile, con centinaia di mor-

ti e feriti da entrambe le parti, l’Armata rossa della Ruhr, forse la

più grande milizia paramilitare della classe operaia europea, è

sconfitta. Con l’appoggio dei Freikorps, l’esercito regolare ri-

VALERIO GENTILI

122

Page 63: ROMA COMBATTENTE

125

CAPITOLO VII

La nascita della Lega proletaria reduci a Roma

Costituita a Milano subito dopo la firma dell’armistizio, la

«Lega nazionale proletaria mutilati, invalidi, vedove e reduci di

guerra», nel febbraio 1919, secondo le stime del Comitato cen-

trale dell’organizzazione, conta quattrocento sezioni e cento-

mila iscritti. Nel manifesto-appello del CC milanese per la costi-

tuzione di sezioni in tutta Italia si chiariscono fin dalle prime ri-

ghe gli intendimenti e la radice d’appartenenza dell’associazio-

ne: «Sorta per iniziativa spontanea delle organizzazioni di me-

stiere e professionali in seno alla Confederazione Generale del

Lavoro» per «rivolgere un appello a tutti quelli che hanno fatto

la guerra perché si stringano compatti intorno alla loro Lega per

marciare uniti alle Organizzazioni proletarie e formare un uni-

co esercito».

Contemporaneamente all’appello della centrale milanese, co-

me riportato nell’informativa prefettizia del 16 febbraio1, si va

costituendo la sezione romana per iniziativa dei socialisti D’A-

mato e Lunedei. In un manifesto redatto dai due dirigenti del-

l’USR ai primi del mese, e indirizzato «Ai proletari, invalidi, mu-

tilati, reduci di guerra», viene data notizia della formazione di

un Comitato provvisorio, incaricato di raccogliere adesioni alla

Page 64: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

127

no Nitti, per il riconoscimento di tutele sociali minime ai redu-

ci, ai mutilati, alle famiglie dei caduti. Tra le richieste:

– Che sia corrisposto alle famiglie dei militari morti a causa della

guerra il premio di smobilitazione e tutte le altre indennità che il

militare avrebbe conseguito […]

– Che la pensione alle vedove e ai genitori dei caduti in guerra sia

elevata in modo da essere corrispondente alle condizioni del co-

sto odierno della vita […]

– Che sia fatto uno speciale trattamento alle vedove con prole […]

– L’assistenza agli orfani dei caduti

Il 3 agosto, dopo che le autorità hanno negato l’autorizzazione

per un corteo, la Lega organizza un comizio alla Casa del popo-

lo dell’Esquilino per la smobilitazione dei soldati ancora sotto le

armi e l’amnistia ai condannati dai tribunali militari. Viene ap-

provato il seguente ordine del giorno:

La sezione di Roma della Lega proletaria tra mutilati, invalidi, re-

duci, vedove e genitori dei caduti in guerra, riuniti a comizio il

giorno 3 agosto 1919, reclama la smobilitazione immediata e ge-

nerale, non riconoscendo la necessità da parte del governo di te-

nere sotto le armi milioni di uomini, fatto questo che, oltre a rap-

presentare un onere per il Paese già tanto dissanguato dalla guer-

ra, toglie un’enorme quantità di mano d’opera ai lavori agricoli ed

il sostegno a tante famiglie. Reclama inoltre l’amnistia, la cui ese-

cuzione immediata deve richiedere il concorso di requisiti imme-

diati non le solite lentezze burocratiche, onde siano subito resti-

tuite alla vita le numerose vittime di un sistema giudiziario spes-

se volte sommario4.

Tra gli affiliati all’organizzazione romana, a fianco del segretario

provinciale Torquato Lunedei, si distingue per prolifico attivi-

smo l’ex-capitano degli Arditi Giuseppe Mingrino, nominato

compagine capitolina. La costituita sezione esterna la sua welt-

schauung nel corso del mese successivo:

Oggi la guerra è finita e tornati liberi cittadini intendiamo espri-

mere chiaramente, semplicemente, il nostro giudizio di condan-

na a coloro che ci hanno travolto nella mischia, a coloro che han-

no rubato mezzo milione di famiglie, a coloro che hanno gettato

nella voragine gli uomini a milioni […] a coloro che hanno semi-

nato per i nostri figli miseria […]. Questo giudizio di condanna

non può essere platonico ed è ciò che preoccupa i responsabili

della guerra […] che valendosi degli enormi mezzi a disposizione

[…] da accusati cercano di divenire accusatori e ci chiamano am-

biziosi, mestatori, disfattisti […]. Ebbene noi non abbiamo a no-

stra disposizione i volontari imboccati al Comando supremo, né

gli ora disoccupati denunciatori del fronte interno per divertirci

in diatribe inutili a sanare ciò che oggi è possibile sanare. […] I

nostri scopi sono chiari, noi condanniamo la guerra e coloro che

l’hanno voluta, ma più ancora noi intendiamo dare la nostra ope-

ra perché il proletariato possa superare con il minimo dolore, li-

bero dall’umiliante servaggio, quelle profonde ferite che solo può

sanare il lavoro del proletariato stesso2.

Operando come propaggine sindacale nell’ambito del reduci-

smo, la Lega conduce soprattutto una battaglia di natura eco-

nomica, incalzando il governo a una maggiore tutela delle con-

dizioni di vita dei soldati e delle loro famiglie. La condanna in

toto della guerra e in alcuni casi quella malcelata di chi l’aveva

combattuta ne fanno una sorta di unicum nella galassia del

combattentismo.

A Roma, il dissidio con le altre compagini di categoria emer-

ge fin dai primi giorni di attività. In particolar modo è con gli Ar-

diti, fin dalla primavera, che il contrasto di posizioni si trasfor-

ma in attrito violento, con scontri e pestaggi da ambo le parti3.

In agosto, la Lega presenta il suo primo memorandum al gover-

VALERIO GENTILI

126

Page 65: ROMA COMBATTENTE

129

CAPITOLO VIII

14 luglio 1919: lo sciopero generale contro il carovita.

Alcuni dati

Depositi Depositi Saccheggi

attaccati dalla folla difesi con

successo dalla PS

Parziali Totali

Forni 72 64 8 -

Caffè e osterie 159 152 7 -

Calzaturerie 39 30 9 -

Mercerie 41 31 9 1

Diversi 96 70 19 7

Totale 407 346 53 8

Per saccheggi Per altri reati Per misure di PS

Arresti 105 141 646

Le cifre delle due tabelle, estrapolate dai documenti di PS1,

fanno riferimento ai disordini, spontanei o a margine di mobi-

litazioni organizzate, scoppiati durante lo sciopero generale del

14 luglio, indetto nel corso della campagna popolare contro il

rappresentante della sezione capitolina alla commissione ese-

cutiva, costituita in seguito al primo congresso nazionale di Mi-

lano in giugno. In estate, Raffaele Marino Offidani, noto all’epo-

ca con lo pseudonimo di Spartacus Picenus, autore negli anni a

cavallo del ventennio di numerose canzoni antifasciste e di pro-

testa sociale e membro nel 1920 del Comitato di redazione del

periodico «L’Ardito Rosso»5, compone l’Inno dei mutilati e degli

invalidi di guerra, con dedica speciale al segretario Lunedei.

In dicembre, la Lega presenta un nuovo memoriale in cui si

chiedono, tra l’altro, la liquidazione delle polizze dei reduci, il

riconoscimento delle polizze stesse anche per le vedove e le ma-

dri dei caduti in guerra, la cancellazione dei debiti d’affitto con-

tratti dai richiamati alle armi, e il premio di smobilitazione an-

che per i congedati prima dell’armistizio.

VALERIO GENTILI

128

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ROMA COMBATTENTE

131

all’ipotesi di sciopero, poiché teme ripercussioni negative sul-

l’atteso sciopero generale del 21 e 22 del mese in sostegno alla

Russia sovietica. La CDL confederale è spaccata. Una relazione

del 14 del questore Mori4 illustra la situazione:

Stasera ore 20 avranno luogo le riunioni dei Consigli generali del-le due Camere del lavoro e nonostante l’opposizione dei socialistinon è da escludersi la proclamazione dello sciopero generale, te-nuto conto che nell’attuale agitazione si sono delineate due cor-renti, l’una dei socialisti contro gli anarchici e i repubblicani perl’avvenuto accordo sia pure momentaneo per il caroviveri, e l’al-tra degli anarchici e di molti simpatizzanti della Camera del lavo-ro confederale per il mantenimento di tale accordo […]. D’Ama-to da due giorni non si è fatto vedere alla Camera del lavoro con-federale, ove regna grande confusione e ove gli anarchici tentanodi prendere il sopravvento.

Nella serata del 14 viene proclamato lo sciopero generale contro

il carovita.

carovita. La fase più intensa delle mobilitazioni ha inizio il 5 po-

meriggio, in seguito a una riunione mattutina alla CDL interven-

tista di via della Croce Bianca. Nell’affollato comizio, presiedu-

to da Rossoni, il tono comune agli interventi è di condanna per

quei pescicani, grossisti e negozianti, che mantengono artificio-

samente alto il costo degli alimenti, mentre, per inefficienze at-

tribuite al governo, si fanno dure requisitorie in merito allo

scandalo delle scorte di zucchero lasciate marcire nei magazzi-

ni dell’annona. Attraverso un pubblico manifesto, viene lancia-

to l’appello alla mobilitazione cittadina immediata per l’impo-

sizione di un calmiere sulla base del ribasso del 50 per cento dei

generi alimentari di prima necessità. L’invito alla CDL confede-

rale è per un’azione di piazza unitaria e la costituzione di una

commissione annonaria comune. Alla piattaforma assemblea-

re portano il loro sostegno combattenti ed elementi dell’AAI2.

In giornata hanno inizio le dimostrazioni popolari, mentre il

direttivo della CDL confederale, non senza vivace opposizione al

suo interno, raccoglie l’invito della Camera rivale. Il 7 viene no-

minata una commissione intercamerale, cui un decreto prefetti-

zio dà, sulla carta, pieni poteri per far ottenere l’invocato calmie-

ramento3. In realtà, nei giorni successivi, le autorità cittadine fan-

no di tutto per ostacolare le attività della commissione, la quale,

non ottenendo risultati, il 12 decide all’unanimità di sciogliersi.

Nel frattempo, il 9, a margine delle continue proteste popola-

ri di piazza, in via Lamarmora agenti di PS sparano su un grup-

po di dimostranti, uccidendo due operai. Il clima sociale va esa-

cerbandosi, componenti significative nelle due CDL premono

sui rispettivi direttivi per la proclamazione dello sciopero gene-

rale. Ancora una volta emergono contrasti trasversali nel fronte

operaio. La componente socialista dei confederati, in maggio-

ranza contraria a qualsiasi accordo con la CDL rivale, è contraria

VALERIO GENTILI

130

Page 67: ROMA COMBATTENTE

133

CAPITOLO IX

Le misure di Polizia nello sciopero generale del 10 aprile 1919

Indetto dall’USR per commemorare gli insorti spartachisti

nella fallita rivoluzione berlinese di gennaio, lo sciopero gene-

rale del 10 aprile 1919 si risolve, per i promotori, in un quasi

completo fallimento. Allertata dai proclami rivoluzionari della

vigilia la Questura romana nega l’autorizzazione, richiesta dal

segretario D’Amato, per un corteo pomeridiano nel centro città.

Di fronte ai propositi socialisti di tenere la manifestazione ad o-

gni costo, anche se non autorizzata, la PS locale risponde met-

tendo in campo un enorme spiegamento di forze, migliaia tra a-

genti di Polizia e soldati, con la precisa disposizione di reprime-

re senza mezze misure qualsiasi movimento di piazza1. Nel pri-

mo pomeriggio del 10, drappelli di manifestanti, provenienti

dai circoli e sezioni di periferia, vengono affrontati e respinti

dalle forze di PS, a ridosso di via Nazionale e in altri punti della

città, anche col ricorso alle armi da fuoco. Ai tafferugli seguono

numerosi fermi e arresti.

Scrive l’8 del mese il questore, in una circolare2 indirizzata a-

gli uffici di PS della capitale, al comando dei Carabinieri e a quel-

lo delle guardie a cavallo:

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ROMA COMBATTENTE

135

7. Che siano strettamente osservate le istruzioni sull’impiego del-

la truppa in servizio di PS mantenendo continui rapporti con gli

ufficiali.

8. Che mi si diano frequenti segnalazioni a mezzo dei telefoni di

ufficio e privati, dei quali ultimi dovrò avere preventivamente co-

municazione del numero.

Alla decisione presa dai promotori dello sciopero nella riunione

del 9 all’Andrea Costa di tenere segreto il luogo del concentra-

mento e procedere, il giorno seguente, verso il centro in ordine

sparso, a cerchi concentrici dalla periferia, la PS risponde divi-

dendo la città in varie zone, dislocando attorno a quelle che

coincidono coi rioni popolari truppe consistenti incaricate di

stroncare sul nascere qualsiasi marcia di sovversivi verso il cen-

tro. Centinaia di uomini, inoltre, pattuglioni e guardie a cavallo,

vengono destinati a presidio degli obiettivi istituzionali più sen-

sibili, ministeri, parlamento e Villa Savoia. Come riportano le

circolari3, entrambe in data del 9, del prefetto e del comandan-

te della divisione militare territoriale, oltre quattromila soldati

sono impiegati in servizio di ordine pubblico al fianco di circa

duemila carabinieri e alcune centinaia di guardie a cavallo. So-

lo nella III (Celio), IV (Esquilino) e V (Monti) zona, per impedi-

re un qualsiasi assembramento di scioperanti nei pressi della

Casa del popolo, all’Andrea Costa o alla Camera confederale,

vengono acquartierati nelle caserme dell’area (al Colosseo, alla

salita della Polveriera, in via Capo d’Africa) quasi mille soldati

(trecento uomini del 2° Bersaglieri, venticinque Lancieri di Fi-

renze a cavallo, quattrocento effettivi del 1° Granatieri, cento

del 13° Artiglieria e cinquanta dell’81° Fanteria) e quattrocento

carabinieri.

L’Unione socialista romana e la Camera del lavoro confederale da

vario tempo organizzano una grande manifestazione proletaria

per commemorare la Settimana rossa di Berlino, alla quale si sa-

rebbe dovuto imprimere spiccato carattere rivoluzionario. Si è

parlato di un comizio che alle ore 15 del 10 corrente si sarebbe do-

vuto tenere in piazza SS. Apostoli e di un imponente corteo che

dovrebbe percorrere arterie principali della città fra cui il corso

Umberto I. Anima di questo movimento è il noto maestro D’Ama-

to che questo Ufficio giorni or sono chiamò e avvertì di un proba-

bile divieto da parte delle autorità di PS, divieto che trova la sua ra-

gione nella legge e nell’offesa che manifestazioni di tal genere

muovono verso il sentimento della grande maggioranza della cit-

tadinanza non certo favorevole all’apoteosi del bolscevismo.

Continua il questore impartendo precise direttive per il conte-

nimento e la repressione di eventuali dimostrazioni di piazza:

1. Che i nuclei di forza siano mantenuti sempre compatti, perché la

loro azione possa riuscire più efficace e perché sia possibilmente e-

vitato che agenti isolati abbiano a trovarsi a contatto con la folla.

2. Che i singoli capo servizio e i propri funzionari si mantengano

in continuo contatto fra loro, cooperandosi e dandosi a vicenda

man forte.

3. Che siano impartite categoriche istruzioni agli agenti sull’obiet-

tivo del loro servizio, raccomandando che si faccia uso delle armi

solo in caso di assoluta estrema necessità per legittima difesa.

4. Che sia assolutamente fatto rispettare il divieto di assembra-

menti, passeggiate collettive e manifestazioni sediziose in qual-

siasi punto della città.

5. Che sia portata particolare vigilanza ai negozi e depositi di armi.

6. Che gli arresti, sia pure per ragioni di PS, avvengano a ragione

veduta e che siano dati ordini ai capi posto di accettare i detenu-

ti prendendo appunti dei nomi dei funzionari che ne abbiano or-

dinato il fermo e degli agenti che siano in grado di concretare l’a-

zione svolta da ciascun arrestato.

VALERIO GENTILI

134

Page 69: ROMA COMBATTENTE

137

CAPITOLO X

Lo sciopero generale del 21-22 luglio 1919: i contrasti in campo operaio

Emersi già nel corso della settimana precedente, in occasione

dello sciopero del 14 luglio, i dissidi tra le componenti della CDL

confederale si riaccendono prima e dopo il parziale fallimento

dello sciopero pro Russia del 21-22. Lo sciopero generale inter-

nazionale non solo manca l’obiettivo di coinvolgere contempo-

raneamente le classi operaie d’Europa, ma anche a livello loca-

le è privo di quel mordente e di quella combattività che hanno

caratterizzato le agitazioni contro il carovita. L’andamento fiac-

co dello sciopero nella capitale produce una dura requisitoria

delle componenti anarchiche e rivoluzionarie, alla Camera con-

federale, contro la condotta interlocutoria, sospesa tra procla-

mi rivoluzionari e dietrofront sul suo carattere esclusivamente

dimostrativo, impressa dai socialisti alla mobilitazione.

Secondo le informazioni fiduciarie rilasciate alla Questura,

in merito alla riunione del consiglio generale della CDL tenuto al-

la vigilia dello sciopero1, mentre i socialisti adottano la formu-

la «sciopero non dimostrativo ma fattivo», gli anarchici già mo-

strano apertamente il loro scetticismo sui suoi reali esiti e «non

prenderanno parte attiva in questo sciopero addomesticato e

perciò nulla tenteranno né cercheranno di fare rimanendo sem-

Page 70: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

139

genti di PS vengono utilizzati in servizio di ordine pubblico. An-

cora una volta un contegno tutt’altro che ostile nei confronti de-

gli scioperanti serpeggia tra alcune truppe di soldati, suscitan-

do un certo allarmismo tra i comandi. Un telegramma del 19 lu-

glio informava il ministero dell’Interno:

Da alcuni discorsi svoltisi tra i militari dell’81° Regg. Fanteria – in-

viati semplicemente di rinforzo alla Guardia Esterna delle carce-

ri – e raccolti per pura casualità da qualche agente di custodia – si-

curamente attendibile per serietà e attaccamento al servizio – par-

rebbe che sia nell’animo di alcuni dei militari stare al proposito di

rifiutare a compiere il proprio dovere qualora – per ragioni d’ordi-

ne – dovessero [illeggibile] essere chiamati a prestare ausilio […]3.

plici spettatori». Significativamente l’informatore termina la

sua relazione affermando: «Secondo il mio modo di vedere,

questo scioperò lascerà il tempo che trova poiché all’infuori dei

comma emanati dalla Confederazione generale del lavoro nulla

si affaccerà nella sua fase evolutiva». Un’informativa del que-

store al prefetto e alla Direzione generale di PS, in data 22 luglio,

sul movimento politico dopo lo sciopero generale internazionale2,

ci ragguaglia sullo scontro interno in atto nel campo operaio:

In seguito al fallimento dello sciopero generale internazionale […]

sono già principiate nell’ambiente sovversivo locale vivaci polemi-

che contro il Partito socialista, per il suo ambiguo atteggiamento in

ordine alla manifestazione concordata con la Confederazione ge-

nerale del lavoro. Nello stesso Partito socialista si va delineando un

serio pronunciamento e già si annunciano numerose dimissioni.

Intanto si può assicurare con certezza un prossimo e completo di-

stacco degli elementi anarchici e sindacalisti nell’ambito dell’orga-

nizzazione ed in conseguenza una vicinissima ripresa della cam-

pagna anticonfederazionista sospesa nel periodo della guerra per

mutua solidarietà contro gli interventisti […]. Non è poi improba-

bile un’eventuale intesa degli elementi anarchici e sindacalisti con

i repubblicani e con gli altri interventisti contro i socialisti per pre-

parare un movimento più organizzato e con finalità più concrete

[…]. Si annuncia infine che verrà ripresa con maggiore intensità

l’agitazione contro il caroviveri specie da parte dei dirigenti della

Camera del lavoro di via della Croce Bianca, costituita da repub-

blicani, socialisti e sindacalisti già fautori dell’intervento in guerra

e che sperano di riprendere dopo la fallita prova dei socialisti il pri-

mato nel movimento operaio […], sostenuti dall’elemento comu-

nista anarchico aderente alla Camera confederale del lavoro e che

si distaccherà quasi certamente da quell’organizzazione.

Come in occasione dello sciopero del 14, anche per quello della

settimana successiva quasi diecimila tra soldati, carabinieri e a-

VALERIO GENTILI

138

Page 71: ROMA COMBATTENTE

141

CAPITOLO XI

Lo sciopero generale del 2 dicembre: gli scontri e la morte del socialista Zampa

Il primo dicembre, in risposta ai propositi socialisti di ab-

bandonare l’aula parlamentare all’ingresso del Re, in occasione

della riapertura della Camera, in segno di contestazione anti-

monarchica, l’Associazione nazionalista organizza una manife-

stazione «patriottica ed antibolscevica». Un corteo di migliaia

di persone, tra cui moltissimi ufficiali in divisa, scorta, andata

e ritorno, la compagine reale dal Quirinale al Parlamento. A

margine della cerimonia, scontri a fuoco si verificano in diverse

parti della città e numerosi socialisti vengono percossi e feriti

negli assalti di squadre nazionaliste. In serata, in un’affollatissi-

ma riunione dell’USR1 all’Andrea Costa, cui presenziano diversi

deputati, un gruppo di intervenuti decide di recarsi al centro per

dare la pariglia ai nazionalisti. Ma all’uscita dalla sede i sociali-

sti vengono ripetutamente e duramente caricati da carabinieri e

guardie regie: tra i feriti anche alcuni deputati.

Il giorno seguente viene proclamato lo sciopero generale che,

col suo corollario di incidenti, si estende anche nel resto d’Italia.

Negli scontri con la forza pubblica muoiono otto dimostranti.

Nella capitale, in serata, un corteo spontaneo di circa cinque-

cento tra anarchici e socialisti cerca di dirigersi verso il Quiri-

Page 72: ROMA COMBATTENTE

IMMAGINI

nale per una manifestazione antimonarchica. Le forze di PS gli

sbarrano la strada affrontando i manifestanti, in un furioso cor-

po a corpo, all’altezza della stazione Termini, ma i dimostranti

riescono ad avanzare fino a ridosso di via Nazionale. Qui, dopo

una fitta sassaiola, carabinieri e guardie regie riescono a di-

sperdere i sovversivi sparando colpi d’arma da fuoco contro la

folla. Sette manifestanti vengono ricoverati al Policlinico per fe-

rite d’arma da fuoco: uno di questi, Tiberio Zampa, muore poco

dopo l’arrivo in ospedale2. Due giorni dopo hanno luogo i suoi

funerali e il 5 viene proclamata la fine dello sciopero per ordine

del direttivo della CDL confederale. Una soffiata del 4 dicembre

ci dà conto degli umori in campo operaio:

Questa mattina alla Casa del popolo non vi è stato comizio vero e

proprio. Si sono adunati circa un migliaio di persone. Marchion-

ne sale alla tribuna ed annuncia che non vi sarà comizio stamane

ed invita i presenti per oggi alle 15 ai funerali dello Zampa e do-

mani si riprenderà regolarmente il lavoro (a queste parole viene

subissato da fischi da una parte e cioè da una infima minoranza

composta di anarchici). Mingrino per rialzare il morale dell’as-

semblea si scaglia di nuovo contro la Polizia, i deliberati della

Confederazione generale del lavoro e contro la direzione del PSI e

viene naturalmente applaudito. Lelli Mazzini è anch’egli applau-

dito perché parla di tradimento della Commissione Direttiva (da

parecchie parti si grida: Dimissioni! Dimissioni!). Lelli Angelo è

fischiato perché dice che la Commissione Direttiva è stata osse-

quiente ai deliberati della Confederazione Generale. Scoppia un

battibecco fra gli anarchici Lelli Mazzini e Lelli Angelo, il bacca-

no nella sala è enorme ed il comizio si scioglie così3.

VALERIO GENTILI

142

Page 73: ROMA COMBATTENTE

145

Testata de «L’Avanguardia Sociale», 21 gennaio 1923.

Page 74: ROMA COMBATTENTE

147

Il labaro delle Centurie torinesi degli Arditi del popolo. I colori sono

rossoneri sul fronte e tricolori sul retro. Il puntale compendia tutti i

simboli dell’arditismo: pugnale, corona con rami d’alloro e quercia, te-

schio con tibie incrociate.

Vincenzo «Cencio» Baldazzi, Ardito del 212° Fanteria, repubblicano.

Tra i fondatori della Fratellanza tra gli Arditi d’Italia e in seguito trium-

viro degli Arditi del popolo, è stato tra i massimi capi militari della Re-

sistenza romana.

146

Page 75: ROMA COMBATTENTE

149

Italiani!

Nella giornata del 15 aprile avevamo assolutamente deciso, con Mussoli-

ni, di non fare alcuna controdimostrazione, poiché prevedevamo il con-

flitto e abbiamo orrore di versare sangue italiano. La nostra controdimo-

strazione si formò spontanea per invincibile volontà popolare.

Fummo costretti a reagire contro la provocazione premeditata degli im-

boscati che si rimpinzano ancora d’oro tedesco, sfruttando l’ingenuità

delle masse a solo vantaggio della Germania.

Non intendiamo, col nostro intervento, né di rinsaldare, né di scusare

tutto ciò che è fradicio, corrotto e morituro in Italia.

Col nostro intervento, intendiamo di affermare il diritto assoluto dei

quattro milioni di combattenti vittoriosi, che soli devono dirigere e diri-

geranno a ogni costo la nuova Italia.

Non provocheremo, ma se saremo provocati aggiungeremo qualche me-

se ai nostri quattro anni di guerra, per annientare la baldanzosa delin-

quenza di quei gloriosi imboscati e prezzolati che non hanno il diritto di

fare la rivoluzione.

Risponderemo senza carabinieri, né questurini, né pompieri, e senza il

concorso delle truppe, le quali assisteranno allo spettacolo persuadendo-

si sempre più che gli scioperi dell’Avanti! sono la sola causa dei ritardi

della smobilitazione.

FERRUCCIO VECCHI

dell’Associazione degli Arditi

e dei Fasci di Combattimento

FILIPPO TOMMASO MARINETTI

dei Fasci politici Futuristi

e dei Fasci di Combattimento

Milano, Aprile 1919, l’attacco degli Arditi e dei futuristi al corteo socia-

lista. Nella pagina a fianco, il testo del volantino, a firma Vecchi e Ma-

rinetti, distribuito dopo gli incidenti.

148

Page 76: ROMA COMBATTENTE

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Corteo romano del 6 luglio 1921.

Corteo romano del 6 luglio 1921, indetto dal Comitato di difesa prole-

taria in risposta alle violenze fasciste. Circa duemila Arditi del popolo

sfilano armati e inquadrati, con alla testa il tenete Argo Secondari.

150

Page 77: ROMA COMBATTENTE

153

Corteo romano del 6 luglio 1921.

Corteo romano del 6 luglio 1921.

152

Page 78: ROMA COMBATTENTE

BIOGRAFIE

Page 79: ROMA COMBATTENTE

157

Biografie

Ugo Piermattei

Nato a Roma il 5 febbraio 1893, di Pacifico. Imbianchino, a-

narchico, il primo fermo risale al 3 novembre 1911, quando, in-

sieme all’anarchico Ettore Moretti e ai fratelli Capecchi, viene

sorpreso a tracciare su un manifesto, in via Arenula, la scritta

«Viva Masetti Viva l’anarchia». Nel giugno dell’anno successivo

compare tra i firmatari dell’appello contro l’impresa libica, con-

tenuto in un articolo comparso sul numero 161 del periodico

«La Ragione» (10 giugno 1912). In agosto è arrestato e denun-

ciato per «oltraggio e violenza alla forza pubblica». Scontati di-

versi mesi di reclusione, il 20 febbraio 1913 viene eletto, in rap-

presentanza del circolo anarchico Pietro Calcagno, nel Comita-

to di agitazione contro le compagnie militari di disciplina e in

favore del soldato anarchico Antonio Moroni. In agosto è ag-

gregato al 1° Reggimento del Genio militare, «per adempimen-

to agli obblighi di leva», di stanza nella città di Pavia. Costante-

mente sorvegliato, le autorità centrali dispongono alla locale

Prefettura e al Comando del Genio una sua «attenta vigilanza».

Il mese successivo, giudicato non idoneo, viene trasferito al 25°

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ROMA COMBATTENTE

159

to per tutto il decennio successivo, senza particolari rimarchi,

nel giugno 1939 viene accusato di aver preso parte a una rissa

nell’osteria Primavera nella borgata di Pietralata, scatenata, se-

condo le delazioni giunte alle autorità, da elementi ostili al Re-

gime. Iscritto nell’elenco di persone «da arrestare in determina-

te circostanze», nella primavera 1940, in seguito a un provvedi-

mento poi revocato, rischia di essere internato in provincia di A-

vellino. Con l’entrata dell’Italia in guerra viene richiamato sotto

le armi, prestando servizio nella Croce rossa, al 9° deposito

presso il pronto soccorso dell’Ostiense.

Fonti: Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen. ACS,

CPC, ad nomen.

Cesare Augusto Martella

Nato a Marino il 22 agosto 1875, di Pietro. Anarchico, oste,

residente nel rione di Porta Pia. Proveniente dalle fila del socia-

lismo ufficiale, risulta iscritto fino alla fine dell’Ottocento al cir-

colo socialista di Marino. Nei primi anni del nuovo secolo viene

arrestato più volte nella capitale in seguito a tafferugli con le

forze dell’ordine. L’osteria Lucifero, da lui gestita, in varie occa-

sioni è segnalata dalle autorità come un noto ritrovo di anarchi-

ci e sovversivi. Nell’estate 1913 è arrestato due volte, per porto

d’armi e per manifestazione sediziosa in occasione dello sco-

primento di una lapide commemorativa dei caduti di Libia. Il 7

giugno dell’anno successivo viene fermato, sul piazzale di Porta

Pia, «per aver tentato, assieme ad altri sovversivi, una manife-

stazione antimilitarista in contrapposto alla festa dello Statu-

to». Tra i firmatari della dichiarazione interventista degli «a-

Fanteria, a Piacenza. Nel corso di una licenza, fatto ritorno a

Roma, viene arrestato da una pattuglia di carabinieri nel quar-

tiere di Testaccio il 14 aprile 1914. Due mesi più tardi è denun-

ciato per «affissione e distribuzione di manifesti antimilitari-

sti». A luglio, con lo scopo di sottrarsi al processo, abbandona la

capitale. La sua latitanza si chiude l’8 del mese successivo,

quando Piermattei è rintracciato dalle autorità in una osteria di

Lugano. Scontati quattro mesi «per apologia di reato a mezzo

stampa», l’11 aprile 1915 viene nuovamente fermato al termine

di un comizio in favore dell’intervento italiano in guerra. Pier-

mattei è infatti tra i firmatari, nell’ottobre 1914, della dichiara-

zione interventista a opera degli «anarchici indipendenti d’Ita-

lia» comparsa sul numero unico de «La Sfida». Richiamato sot-

to le armi, viene assegnato al 1° Reggimento Artiglieria. Con-

tratta al fronte la febbre malarica, viene dimesso dall’ospedale

militare nel febbraio 1919. Congedato nel mese successivo, fa

ritorno a Roma, riprendendo attiva militanza. Nel novembre

dell’anno successivo è nuovamente arrestato per resistenza e

violenza agli agenti di PS. Nell’estate 1921 aderisce alla neonata

associazione degli Arditi del popolo, entrando a far parte del Di-

rettorio cittadino. L’8 ottobre è fermato e identificato dalle au-

torità al termine di una riunione che gli Arditi hanno tenuto al

Trionfale, nella sede della Lega fornaciai. In rappresentanza

dell’organizzazione ardito-popolare, in seguito agli arresti ef-

fettuati nella battaglia di San Lorenzo in occasione dei funera-

li di Enrico Toti, fa parte del Comitato «pro vittime politiche».

Dopo la vittoria fascista viene assegnato, dalla Commissione

preposta nel 1926 in seguito a un arresto «per propaganda sov-

versiva», al confino per un periodo di cinque anni. Inviato pri-

ma a Lampedusa, poi trasferito a Ustica e da qui a Lipari e Pon-

za, nel 1929 la pena viene commutata in ammonizione. Vigila-

VALERIO GENTILI

158

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ROMA COMBATTENTE

161

ne nuovamente fermato in seguito ai disordini scoppiati in piaz-

za Colonna tra Polizia e manifestanti contrari all’impresa libica.

Schieratosi in favore dell’intervento nella Prima Guerra Mon-

diale, Piccioni dal febbraio 1915 fa parte del direttivo del Fascio

rivoluzionario d’azione romano. Ispiratore, nell’immediato do-

poguerra, della Fratellanza tra gli Arditi d’Italia, nell’estate 1921

aderisce agli Arditi del popolo. È costantemente sorvegliato nel

corso del ventennio, nonostante una grave malattia l’abbia co-

stretto all’inattività politica.

Fonti: Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen.

Angelo Diotallevi

Nato a Roma il 15 maggio 1890, di Giuseppe. Meccanico, a-

narchico, sindacalista. Partecipa alla Prima Guerra Mondiale.

Attivo sul fronte sia politico sia sindacale, dal 1920 fa parte del

circolo anarchico Studi sociali, e nel 1922 viene eletto segretario

del sindacato metallurgici di Roma. Nel novembre dello stesso

anno è nominato membro del Direttivo della CDL confederale.

Nello stesso periodo figura come responsabile del giornale anar-

chico «Umanità nova». Segnalato più volte come partecipante a

iniziative antifasciste, in seguito a un comizio nel giugno ’22, al-

la Casa del popolo dell’Esquilino, viene denunciato dalla Procu-

ra per aver proclamato «che la responsabilità dei delitti fascisti

doveva farsi risalire a S. A. R. il Duca d’Aosta che voleva salire al

trono» e ancora, ricordando i moti del 1898, «che in quell’epoca

fosse Bresci vendicare la repressione di Beccaris con l’uccisione

del Re Umberto I, così doveva sorgere un nuovo ribelle per trarre

vendetta dei delitti compiuti dai fascisti d’accordo con la Polizia

narchici indipendenti d’Italia», nel novembre dello stesso anno

Martella viene indicato come «uno dei promotori del Fascio ri-

voluzionario d’azione, recentemente sorto in Roma con ele-

menti anarchici, sindacalisti e repubblicani, allo scopo di in-

fluenzare l’opinione pubblica a favore della guerra, per abbat-

tere il militarismo prussiano che è ritenuto dannoso alla espan-

sione del movimento operaio e libertario in Europa». Vigilato

costantemente dalle autorità negli anni del Regime, la sua oste-

ria, in via Angelo Brunetti, è segnalata a più riprese come ritro-

vo abituale di sovversivi. Nell’ottobre 1937, Martella è tra i par-

tecipanti al funerale dello scultore anarchico Alceo Dossena.

Fonti: Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen.

Luigi Piccioni

Nato a Roma l’11 dicembre 1878, di Giuseppe. Repubblica-

no, residente nella zona del Trionfale. Iscritto alla Federazione

del libro, collaboratore del periodico «La Luce Repubblicana»,

secondo le autorità «fa propaganda con discreto profitto tra i ti-

pografi» e «esercita qualche influenza nel partito stesso però li-

mitata in Roma». Dal 1906 fa parte del direttivo del Fascio gio-

vanile repubblicano, e nello stesso anno, il 30 novembre, viene

sottoposto al fermo di Polizia per aver tentato di organizzare a

piazza Campo de’ Fiori una manifestazione non autorizzata in

favore dei «martiri di Chicago». Nel 1908 viene eletto membro

del Comitato per il V Congresso dei giovani repubblicani lazia-

li. Nel 1909 diviene il rappresentante ufficiale del circolo Cice-

ruacchio di Trastevere. Nel corso delle elezioni amministrative

del 1911, tiene una serie di comizi nel Lazio. Il 7 luglio 1913 vie-

VALERIO GENTILI

160

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ROMA COMBATTENTE

163

to in seguito alla caduta del Regime e il 10 settembre 1943 fa ri-

torno nella capitale.

Di seguito una lettera scritta da Diotallevi, in data 21 dicem-

bre 1941, al governatore di Roma durante il periodo di deten-

zione nel campo di concentramento di Mosel:

Essendo nato in Roma il 15 marzo 1890, ed attualmente prigio-

niero in questo campo in Germania, mi rivolgo a lei per sapere se

sono sempre cittadino italiano e di Roma, non avendo mai do-

mandato di cambiare nazionalità, e per ciò aver diritto di sapere

quale imputazione mi si fa, e il motivo di questa mia permanen-

za in questo luogo. Fui arrestato a Parigi il 24 ottobre 1940 e mi si

disse dalle autorità tedesche, per ordine delle autorità italiane,

che sarei stato trasferito in Italia, ora son trascorsi ben 14 mesi di

detenzione e ancora non so quanto debba prolungarsi la mia per-

manenza. Non avendo mai commesso delitti comuni cioè non ru-

bato né assassinato e tantomeno di spionaggio, credo che fu per

la mia attività che detti quale presidente della sezione italiana dei

ex-Combattenti Pacifisti alla quale venni chiamato nel 1938 dopo

il Patto di Monaco, attività che detti per far comprendere quale

errore sarebbe la guerra, ai lutti che apporterebbero, e i disagi che

comportano data la mia esperienza personale per aver partecipa-

to alla prima spedizione in Tripolitania come cap. magg. al 6°

Reg. Fant., sbarco 11 ottobre 1911, partecipando alle battaglie

[segue elenco]. Richiamato nel 1915 (pur essendo di professione

meccanico e capo reparto nella officina Spinola, non benefician-

do dell’esonero come i colleghi) quale serg. nell’ottantaduesimo

fant. il 24 maggio attraversammo la frontiera nei pressi di Col di

Lana, rimasi ferito il 17 luglio e rimasi sul posto, e il 22 ottobre di

nuovo ferito ma gravemente che fui costretto a rimanere 4 mesi

nell’ospedale di Bassano Veneto e sortii dichiarato inabile alle fa-

tighe di guerra, ma nel 1917 rincorporato e inviato alla 1444

comp. Mitraglieri presso l’81° Fant. sul Piave ove fui sempre in

prima linea, fino al 22 ottobre 1918, ove passammo il Piave parte-

cipando all’avanzata, ove ci giunse l’armistizio, e proseguimmo

e il governo». Colpito da mandato di cattura, in seguito al pro-

cesso per la sua requisitoria espatria clandestinamente in Fran-

cia, nel giugno dell’anno successivo. Iscritto nell’elenco dei «sov-

versivi attentatori, capaci di atti terroristici», nel forzato esilio

francese Diotallevi svolge un’intensa attività politica tra le fila

della diaspora antifascista. Sorvegliato costantemente dalla Po-

lizia politica del Regime, vengono segnalati in due diverse occa-

sioni, nel ’26 e nel ’33, i suoi propositi di voler compiere un at-

tentato contro Mussolini. Dal dicembre 1927 fa parte di un co-

mitato per la raccolta di fondi in favore della famiglia dell’anar-

chico Spartaco Stagnetti. L’anno successivo è colpito da un de-

creto di espulsione, ma dopo un breve soggiorno tra il Belgio e

l’Olanda riesce a ritornare in Francia grazie a una proroga. Dalla

fine del decennio si fanno sempre più stretti i suoi rapporti con

gli antifascisti di Giustizia e libertà. Animatore di diverse riunio-

ni e iniziative, è tra gli organizzatori, nel gennaio ’37 a Parigi, del

convegno in favore della «Stampa di Azione proletaria». Segna-

lato come partecipante al conflitto spagnolo quale volontario

nella sezione italiana della Colonna Ascaso, nel biennio 1938-39

figura anche come presidente della sezione italiana dell’Associa-

zione ex-combattenti pacifisti, che nel settembre 1939 pubblica

«un volantino contro la guerra ed il fascismo, diretto al popolo i-

taliano». In seguito all’occupazione nazista della Francia, viene

arrestato dalla Polizia tedesca a Parigi nell’ottobre 1940 e rin-

chiuso nelle prigioni della Santé, in un primo momento, e poi nel

campo di concentramento di Mosel in Germania, in attesa di es-

sere consegnato alle autorità italiane. Tradotto nel carcere di Re-

gina Coeli nel marzo del ’42, è assegnato dalla commissione pro-

vinciale preposta a cinque anni di confino, «perché elemento so-

cialmente pericoloso in linea politica, per aver svolto attività sov-

versive». Deportato nella colonia penale di Tremiti, viene libera-

VALERIO GENTILI

162

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ROMA COMBATTENTE

165

chiara nel maggio 1915, in seguito alla chiamata alle armi, «lieto

ed entusiasta di prendere parte attiva alla guerra». Inviato al

fronte, combatte prima da soldato semplice nelle fila del 59°

Fanteria, poi come sergente del 28° Mitraglieri. Si distingue in a-

zioni particolarmente pericolose ottenendo due medaglie al va-

lore. Vicino alle tesi interventiste sostenute da Paolinelli, parte-

cipa, dopo il congedo nel gennaio 1919, alle attività dell’Alleanza

rivoluzionaria romana, nata negli ambienti del combattentismo

anarchico. In aprile è arrestato, in divisa, nel corso degli scontri

seguiti allo sciopero generale del 10. Nell’estate del ’21 ricopre la

carica di capo compagnia degli Arditi del popolo. Dopo la vitto-

ria del fascismo abbandona la militanza attiva. Muore il 25 di-

cembre 1925 nell’ospedale S. Saverio di Palermo.

Fonti: Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen; ACS,

CPC, ad nomen.

Attilio Paolinelli

Nato a Grottaferrata il 24 luglio 1882, di Angelo. Nel 1898 vie-

ne condannato, giovanissimo, a quasi dodici anni di carcere per

l’omicidio della matrigna. Negli anni della detenzione si politi-

cizza avvicinandosi all’anarchismo. Scarcerato nell’estate del

1910, nel giugno dell’anno seguente si reca clandestinamente in

Albania per partecipare all’insurrezione contro i turchi, ma ben

presto viene rimpatriato con foglio di via obbligatorio. Tornato

nella capitale, lavora come magazziniere, venendo segnalato a

più riprese dalle autorità per la sua attiva militanza. Allo scop-

pio della Prima Guerra Mondiale, si schiera per l’intervento col-

laborando con diverse testate interventiste (è tra i promotori,

per i posti destinati, fino al mio invio in congedo, pur avendo

mantenuto le mie idee. Ora lei potrà fare un’inchiesta sulla mia

moralità e di vita cittadina e militare e vedrà che non ho nulla a

rimproverarmi, solo che di avere delle idee che forse non possono

collimare con la situazione. Ma giustificano forse il mio prolun-

gamento in questo lager? E se questo è delitto perché non rimpa-

triarmi e processarmi?

Fonti: Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen. ACS,

CPC, ad nomen.

Vincenzo Santarelli

Nato a Cerreto Laziale il 27 marzo 1874, di Giovanbattista. A-

narchico, muratore. Nel 1910 prende parte attiva agli imponen-

ti scioperi degli edili che si susseguono nella capitale per tutta la

prima metà dell’anno. In seguito alla sconfitta di maggio, nella

vertenza, della parte operaia, lascia l’Italia e si trasferisce prima

a Ginevra e poi a Besançon, dove viene arrestato in settembre

per vagabondaggio. Processato, è condannato a due anni di re-

clusione, poi commutati in appello in decreto d’espulsione im-

mediata dalla Francia. Tornato a Roma, cerca nuovamente di e-

spatriare in Svizzera, senza riuscirvi. Nel 1912 è segnalato più

volte dalle autorità come attivo propagandista contro l’interven-

to italiano in Libia. Sottoposto a diversi fermi giudiziari e arresti

nel corso della campagna contro la guerra, in giugno è tra i fir-

matari, con Piermattei, dell’appello contro l’intervento compar-

so sul numero 161 del periodico «La Ragione». L’anno successi-

vo emigra in Sudamerica, risiedendo in Argentina e in Paraguay.

Rientra in Italia alla vigilia dell’entrata nella Grande Guerra. In

polemica con l’indirizzo pacifista dell’Unione anarchica, si di-

VALERIO GENTILI

164

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167

Parziale elenco nominativo degli iscritti romani alla Fratellanza tra gli Arditi d’Italia

Generalità Reparto Qualifica

Renato Lanza 2° Rep. d’assalto Caporalmaggiore

Salvatore Sannarelli 5° Rep. d’assalto –

Timoteo Milano 1° Rep. d’assalto –

Mario Cesarelli – –

Ugo Nisi 69° Fanteria Caporale

Raimondo Francucci 81° Fanteria –

Santore Nobili – –

Domenico Bandini 5° Rep. d’assalto –

Luigi Savateo 27° Rep. d’assalto –

Gennaro Di Domenico 17° Rep. d’assalto –

Daniele Giorondo 10° Fanteria –

Aldo Fasano 20° Rep. d’assalto –

Ettore Agostini 25° Rep. d’assalto –

Temistocle Malatesta 3° Rep. d’assalto –

Emilio Moroni 9° Rep. d’assalto –

Ubaldo Cioccolanti 11° Rep. d’assalto Soldato

Amedeo Spadoni – –

Mario Carbone 4° Rep. d’assalto –

Agostino Brignardelli – –

nonché gerente, del numero unico degli anarchici interventisti

romani «La Sfida») e arruolandosi, nel giugno 1915, nel Batta-

glione volontari ciclisti. Nel dopoguerra si mantiene attivo sul

fronte sindacale alla CDL interventista di via della Croce Bianca,

e su quello politico fondando l’Alleanza rivoluzionaria, un co-

mitato per l’organizzazione delle forze del combattentismo sov-

versivo. In prima linea nelle lotte sociali del biennio 1919-20,

viene arrestato il 7 luglio 1919 con l’accusa di aver preso parte al

complotto del Forte di Pietralata. Scarcerato nel novembre del-

lo stesso anno, è definitivamente amnistiato l’anno seguente,

periodo in cui organizza e prende parte, soprattutto in estate, ai

moti contro il caroviveri. Alla fine del giugno 1921 presenzia al-

la riunione costitutiva degli Arditi del popolo, convocata nei lo-

cali della sezione romana dell’ANAI in via Germanico, che il te-

nente Secondari ha indetto proprio di concerto con Paolinelli e

Piccioni. Dal mese successivo, Paolinelli fa anche parte del Co-

mitato di difesa proletaria romano, costituito dai partiti operai

in risposta alle violenze squadriste, in rappresentanza degli a-

narchici individualisti. Dopo la vittoria fascista, viene tenuto

costantemente sotto controllo dalla Questura. Ammonito nel

febbraio 1927, in novembre è assegnato dalla commissione pre-

posta alla pena di quattro anni di confino, che sconterà prima a

Lipari e poi a Ponza, perché sospettato di voler organizzare l’e-

spatrio clandestino di Errico Malatesta in Francia. Tornato nel-

la capitale nel novembre 1931, continua ad essere tenuto sotto

stretta sorveglianza, sebbene, fino alla caduta del Regime, la

sua condotta politica non darà «luogo a particolari rilievi».

Fonti: ACS, CPC, ad nomen; Maurizio Antonioli, Gli anarchici ita-

liani e la prima guerra mondiale, in «Rivista storica dell’anarchi-

smo», n. 1, 1995.

VALERIO GENTILI

166

Page 85: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

169

Generalità Reparto Qualifica

Aldo Renzi 2° Rep. d’assalto –

Fernando Nardelli 7° Rep. d’assalto –

Dante Bacchi – –

Amilcare Dutto – –

Angelo Bufacchi – –

Umberto Stanganelli 1° Rep. d’assalto –

Attilio Filiziani – –

Alfredo Sansoni – –

Vittorio Stazzetti 3° Rep. d’assalto –

[illeggibile] D’Agostino – –

Romeo Gentili – –

Ugo Freddi – –

Paolo Perotti – –

Umberto Salandri – –

Mentore Silvestri 27° Rep. d’assalto –

Giovanni Lacino 23° Rep. d’assalto –

Primo Dragoni – –

Giuseppe Vergani 2° Rep. d’assalto Soldato

Ernesto Pirozzi – –

Umberto Di Salvo 70° Rep. d’assalto –

Dante Altieri 20° Rep. d’assalto –

Fiduciari dell’organizzazione in Italia e all’estero

Milano: Pietro Bazzaghi, Pietro Branca, Attilio Frigeri, Ange-

lo Orlandi, Ernesto Bonasegala, Antoni Citterio (11° Reparto

d’assalto), Francesco Oldani (5° Reparto d’assalto)

Como: Luigi Favoli (20° Reparto d’assalto), Giuseppe Bran-

chino (82° Reparto d’assalto)

Bergamo: Alberto Locatelli (40° Reparto d’assalto)

Generalità Reparto Qualifica

Guerino Ignazi 1° Rep. d’assalto –

Amedeo D’Alessi – –

Angelo Ciccotto 9° Rep. d’assalto –

Achille Mastrosanti – Soldato

Ernesto Di Napoli 11° Rep. d’assalto –

Alfredo Bartoli – –

Ludinio Udine – –

[illeggibile] Petronali – –

Edoardo Betti 5° Rep. d’assalto –

Massimo Bonanni 3° Rep. d’assalto –

Mario Mozzi 8° Rep. d’assalto –

Umberto Salvarezza – –

Arturo Boninsegna 9° Rep. d’assalto –

Antonio Renzi – –

[illeggibile] Piacentini – –

Ernesto Barbozzi 1° Fanteria –

Vincenzo Baldazzi 212° Fanteria –

Alfredo Calvani 18° Rep. d’assalto –

Alfonso Iacovangelo – –

Costantino Guerra – –

Fiuseppe Schiaffi – –

[illeggibile] Pielucci – –

Francesco Collacciani – –

Romolo Cesarini – –

Alessandro Capassini 14° Rep. d’assalto –

Adolfo Menichelli 5° Rep. d’assalto Soldato

Umberto Sciampi – –

Luigi Cori – –

Benedetto Sermoneta – –

Marcello Francucci – –

Giuseppe Fasani – –

VALERIO GENTILI

168

Page 86: ROMA COMBATTENTE

DOCUMENTI

Pavia: Francesco Cainoli, Luigi Marisiano (11° Reparto d’as-

salto), Celeste Rognoni (2° Reparto d’assalto)

Mantova: Adelino Ferrari (18° Reparto d’assalto)

Torino: Mario Cordera (2° Reparto d’assalto)

Alessandria: Attilio Ferrari (81° Reparto d’assalto)

Cuneo: Teresio Contolfi (2° Reparto d’assalto)

Vigevano: Mario Marignani (2° Reparto d’assalto)

Massa-Carrara: Bruno Vernazza

Firenze: Francesco Bonamici (82° Reparto d’assalto)

Arezzo: Augusto Ghianedai, Ciro Calcioli (2°Reparto d’assalto)

Perugia: Attilio Ciccarelli (2° Reparto d’assalto), Nazzareno

Lepri (32° Reparto d’assalto)

Tivoli: Amedeo Fatelli (11° Reparto d’assalto)

Teramo: Angelo Belli (2° Reparto d’assalto)

Avellino: Salvatore Di Tore, Giuseppe Cella (2° Reparto d’as-

salto)

Benevento: Giovanni Todola (6° Reparto d’assalto)

Bari: Giuseppe De Paoli (2° Reparto d’assalto), Leonardo Re-

gina (70° Reparto d’assalto), Francesco Ventura, Vincenzo Pe-

trelli (82° Fanteria)

Reggio Calabria: Corino Di Domenico (70° Reparto d’assalto)

Caltanissetta: Alfio Di Dio (2° Reparto d’assalto)

Messina: Giuseppe Carelli (2° Reparto d’assalto)

Trapani: Mario Spagnuolo (2° Reparto d’assalto), Giovanni

Lissera (5° Reparto d’assalto)

Cagliari: Aristide Deusu (2° Reparto d’assalto), Salvatore De

Rio (9° Reparto d’assalto)

San Paolo (Brasile): Salvatore Barbati

VALERIO GENTILI

170

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173

Documenti

Documento n. 1

Un volantino del Fascio romano di combattimento in occa-

sione delle elezioni politiche del 16 novembre 1919:

Al popolo, agli onesti di tutti i partiti

I prodromi della battaglia elettorale non consentono dubbi: da una

parte il popolo, nella sua grande maggioranza, sta a invocare arditi rin-

novamenti sociali, e vuole giustizia e pace, dall’altra una turba di arri-

visti questuanti, fuoriusciti di tutti i partiti, vuol tornare alla ribalta

della vita pubblica, implorando il posto in una lista qualsiasi, nera o

gialla, verde o rossa, se anche comprenda tutte le scorie putride dell’e-

quivoco e dell’adattamento, l’obbligo ai doveri che le facce di bronzo

dovrebbero pur sentire in questa ora grave per il nostro Paese.

Gli esempi abbondano, ed in un recente convegno alla sala Picchet-

ti, uomini che sono e che furono al governo, deputati uscenti che vota-

rono pro e contro Nitti: individui che aspirano alla deputazione con il

solo titolo d’analfabeti o pescicani, si sono stretti in un patto per delu-

dere l’opinione generale che li giudica incapaci a comprendere le nuo-

ve idee. Le giustificate aspirazioni, le necessità incombenti di un do-

poguerra laborioso e delicato, nel quale somma cura di ciascuno deve

Page 88: ROMA COMBATTENTE

174

VALERIO GENTILI

essere quella di non frustrare le speranze di chi lavora e vuole, nel pros-

simo avvenire, vedere molto chiaramente.

I Fasci di combattimento, che riassunsero in un preciso programma

tutte le riforme alle quali il popolo ha diritto per il sacrifico di lacrime e

di sangue di cinque anni di guerra, per primi chiesero e sostennero la

smobilitazione generale; le otto ore di lavoro come legge di Stato; i mi-

nimi di paga; la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al fun-

zionamento tecnico dell’industria; l’affidamento alle organizzazioni

proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della ge-

stione d’industria e servizi pubblici; obbligo ai proprietari di coltivare

le terre, con la sanzione che le terre non coltivate siano date ai contadi-

ni; l’istituzione della Nazione armata, una forte imposta straordinaria

sul capitale a carattere progressivo che abbia la forma di vera espro-

priazione parziale di tutte le ricchezze; il sequestro di tutti i beni delle

congregazioni religiose, e l’abolizione di tutte le mense vescovili che

costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di

pochi, la revisione di tutti i contratti di fornitura di guerra ed il seque-

stro dell’85% dei profitti di guerra, denunciano la indegna commedia

che si recita per portare ancora alla direzione della cosa pubblica uo-

mini vecchi, bacati, provatamente pericolosi per ignoranza e disone-

stà; uomini che la guerra non han capita e apprezzata… dalla quale

però han saputo trarre tutti i benefici.

Nell’aspra competizione, i clericali domandano voti in nome della

Chiesa e di un sindacalismo artificioso, turbando le coscienze con un

pensiero trascendentale… e con un utilitarismo molto personalistico; i

socialisti, mentre il mondo addolora per mille piaghe, spingono a una

guerra civile che sarebbe ben più sanguinosa di tutte quelle combattu-

te sul Carso; ed i parassiti politici, che già conquistarono un collegio

con l’inganno e la frode, si uniscono in società di mutuo soccorso elet-

torale, per deliziare, in un’altra legislatura, la Provincia romana che es-

si rappresentarono con tanto… onore.

Combattenti! Il nostro grido è il grido degli Arditi: A NOI! La battaglia

che accettammo nel maggio 1915, e che vincemmo nel novembre 1918,

non ci consente astensione.

Altre armi sono rivolte contro il popolo d’Italia, altro nemico insidia

la nostra tranquillità ed il civile progresso, ma il popolo [illegibile] i

quali vollero in privato, e negarono in pubblico, che rinnegarono alla

guerra quando la fronte di battaglia vacillava, e che la inneggiarono

quando s’innalzava il peana della vittoria; che berteggiano Nitti ma si

inchinano alla sua persona che fece scempio di ogni più puro ideale.

Fascisti, combattenti, Arditi, chi manca alla chiamata tradisce, chi

bizantineggia di partito tradisce: chi dubita del diritto italico, tradisce.

Documento n. 2

Volantino (a firma della Direzione nazionale) distribuito dal-

l’Unione socialista romana in occasione delle celebrazioni del

Primo maggio 1919:

Compagni lavoratori

La strage imposta dagli ingordi imperialismi borghesi subita dai po-

poli è alfine terminata. Ma lascia dietro di sé uno strascico di lutti, di la-

crime, di miserie, di ruine che suscita dovunque impeti di ribellione.

Il proletariato del mondo intero impreca contro i responsabili della

strage orrenda. Vuole che il macello non si rinnovi mai più. Rimuove,

abbatte la causa prima di ogni guerra. La dominazione capitalistica

borghese. Si appresta a imporre dovunque non una pace effimera, re-

cante in grembo i germi di nuove guerre, ma la Sua pace, pace vera, pa-

ce civile e economica: Pace Socialista!

È una primavera proletaria che gitta anche tra di noi le prime fron-

de. I lavoratori d’Italia rivolgono lo sguardo di attenzione e di speranza

al Partito socialista, l’unico partito che tenne ferma durante la bufera,

che non piegò, che respinse e combatté tutti i nemici e tutti i traditori

del proletariato.

Riescono ormai vani i conati della reazione. Invano si arruolano

bande omicide e si tingono le piazze di sangue proletario.

175

ROMA COMBATTENTE

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ROMA COMBATTENTE

177

La grande ora storica attuale vi chiama, o lavoratori, vi sospinge or-

mai alle conquiste decisive. Esige da ciascuno di voi spirito di sacrificio

e la fede più viva e fiammante; l’offerta di tutta l’anima vostra, di tutte

le vostre energie, il vostro braccio, e se occorre, la vita.

Ed ognuno sia pronto per la grande ora decisiva. Viva il socialismo!

Documenti nn. 3, 4, 5

Tre istantanee riguardo al conflitto interno alla Camera del

lavoro di Roma, tra interventisti e neutralisti. Il primo docu-

mento (doc. 3) è una relazione informativa del prefetto romano

al ministero dell’Interno, in data 18 febbraio 1915. Il secondo

(doc. 4) è un rapporto prefettizio risalente al 24 aprile dello stes-

so anno. Nel terzo caso (doc. 5) trattasi di un articolo de «Il Mes-

saggero» che, in data 24 novembre 1916, dà conto della prima

riunione della frazione interventista della CDL. Nell’autunno

1916, la componente interventista, dell’ancora per poco unita-

ria CDL romana, era riuscita a imporre l’esclusione dei rappre-

sentanti – pacifisti intransigenti, di diverse leghe e cooperative –

dal voto, per il rinnovo della Commissione direttiva. Ma le ele-

zioni le avevano comunque assegnato una maggioranza risibile

sui neutralisti. Incaricato di effettuare un’inchiesta, il socialista

riformista Luigi D’Aragona si era proposto come arbitro tra le

due fazioni in lotta, offrendo loro una gestione paritetica della

Camera fino alla fine della guerra. Gli interventisti avevano

però rifiutato, accusando D’Aragona di scorrettezze procedura-

li e deponendo Giovanni Monici da segretario propagandista.

Espulsi dal direttorio, socialisti e anarchici neutralisti costitui-

vano un nuovo organismo camerale, la CDL pacifista di piazza

Madonna dei Monti.

Invano la Guardia bianca e la delinquenza organizzata provocano,

danno il segnale, scatenano la guerra civile, nello stesso momento che

ipocritamente deprecano la violenza. Invano si tenta di consolidare il

regime di compressione e di terrore, di perpetuare la dittatura di colo-

ro che ricattarono il Paese durante i quattro anni di guerra. Invano la

censura impera tutt’ora e castra ogni libero pensiero. Invano le carce-

ri rinserrano centinaia di migliaia di uomini e lasciano nel pianto figli,

madri, spose. Invano le caserme rinchiudono ancora milioni di giova-

ni strappati inutilmente alle famiglie, al lavoro, alle libere lotte civili.

Invano si diffondono le più insidiose menzogne per spingere armarsi il

braccio dei proletari della caserma contro i fratelli dei campi e delle of-

ficine. Invano tutto ciò. Nelle città, nei villaggi, nelle campagne si de-

stano ormai milioni di lavoratori decisi a non essere più servi, sfruttati,

carne martoriata che il lavoro abbrutisce e che macella il cannone.

Lavoratori! Lavoratori!

Le adunate proletarie di questo Primo maggio dovranno riuscire so-

lenni, imponenti, grandiose manifestazioni di forza e di volontà. Non

semplici celebrazioni della festa del lavoro. Non giornate di placidi ri-

posi. Ma le masse enormi col loro numero, colla loro imponenza do-

vranno chiedere ed imporre la smobilitazione, l’amnistia completa per

tutti i condannati politici e militari, l’esercizio delle più ampie libertà

civili. Dovranno imporre che cessi il sacrificio delle vite umane per la

conquista di nuove terre in Africa, ed in Asia e che i nostri fratelli rinfo-

derino l’arma fratricida nella Russia lontana e tornino tra noi. La clas-

se lavoratrice dovrà infine affermare che è ormai animata da chiara co-

scienza della propria forza e dei propri destini: che è pronta a racco-

gliere e seguire gli insegnamenti della Russia, dell’Ungheria della Ba-

viera dove il potere politico ed economico è raccolto soltanto nelle ma-

ni di chi produce, di chi lavora.

Il proletariato d’Italia dice oggi alto, solenne che è pronto per le

grandi lotte, che attende disciplinato, compatto e deciso a lottare per la

redenzione del lavoro, per la fine di tutte le miserie, di tutte le oppres-

sioni, di tutte le schiavitù, di tutte le ingiustizie, per il socialismo!

VALERIO GENTILI

176

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Documento 4:

La sera del 21 andante, si è nuovamente riunito il consiglio generale

della Camera del lavoro per ultimare la discussione sulla questione del-

la guerra. Alla riunione, presieduta dal tipografo repubblicano, Giusep-

pe Caramitti, parteciparono circa 60 rappresentanti. Dopo breve di-

scussione, a cui presero parte Sabbatini, Verdecchi a favore dell’inter-

vento e Sottovia e Parpagnoli per la neutralità, venne posto in votazione

il seguente ordine del giorno presentato dal repubblicano Piccolomini:

«Il Consiglio generale delle Leghe aderenti alla Camera del lavoro,

discutendo l’attuale momento politico, che non [illegibile] si ripercuo-

te sulla situazione economica; visto che la guerra attuale non è altro

che l’espressione prepotente degli imperi centrali, che la fomentarono;

plaudendo al popolo serbo ed al glorioso Belgio, ribelle alla prepoten-

za teutonica che voleva sopprimere con essi tutti quei popoli ribelli al

dispotismo; visto che la vittoria degli imperi centrali minerebbe l’ele-

vazione politica, economica, e sociale; ricordando il passato a evitare

danni per domani, fa voti che a schiacciare i detti governi e popoli, che

tradirono l’internazionale, intervenga il popolo italiano con le sue armi

e farla finita, a solo titolo di solidarietà ed a prescindere da qualsiasi in-

teresse borghese, al solo dovere di umanità».

Detto ordine del giorno venne respinto con 35 voti contro 17 favore-

voli. Si approvò, invece, dopo gli opportuni chiarimenti, all’unanimità,

l’ordine del giorno di conciliazione dell’anarchico Ettore Sottovia, col

quale, lasciandosi impregiudicata la questione della neutralità o del-

l’intervento, si afferma particolarmente la necessità di mantenere salda

ed integra l’unità proletaria. Detto ordine del giorno è così compilato:

«Il Consiglio generale della Camera del lavoro di Roma, chiamato a

dare il suo parere in merito all’attuale guerra e sulle provvidenze da a-

dottarsi per esercitare con successo, una determinata azione ed agita-

zione del proletariato organizzato; dichiara essere irriducibile l’avver-

sione del proletariato a tutte le guerre, in quanto i conflitti armati tra le

nazioni si risolvono sempre a beneficio degli interessi borghesi nel con-

Documento 3:

Di seguito alla lettera del 17 corr. di pari numero, informo che la

Commissione direttiva della locale Camera del lavoro, nella riunione di

ieri sera, discutendo in merito all’adesione al comizio indetto dal Par-

tito socialista contro la guerra domenica prossima 21 corr. ha votato il

seguente ordine del giorno.

«La Commissione direttiva, in seguito all’invito del Partito socialista

per il comizio indetto per il 21 corr., constatato che la Camera del lavo-

ro ha avuto occasione di pronunciarsi a mezzo del suo consiglio gene-

rale solo all’inizio della guerra; che a tanta distanza di tempo, si ritie-

ne doveroso di riprendere in esame la questione e di formare oggetto di

prossima discussione al consiglio generale stesso; si astiene perciò dal-

l’aderire all’invito di cui sopra».

Tale ordine del giorno, contrario all’adesione al comizio contro la

guerra, è determinato però dal fatto che essendo alla Camera del lavo-

ro inscritti, oltre a numerosi socialisti, anche parecchi repubblicani,

sindacalisti, ed anarchici aderenti al Fascio d’azione rivoluzionaria od

altrimenti favorevoli alla guerra, i dirigenti la Camera stessa, nel timore

di gravi scissioni nella massa organizzata, hanno adottata la predetta

deliberazione, nonostante siano per la maggior parte inscritti al Parti-

to socialista. Risulta però, che malgrado l’approvazione di tale ordine

del giorno, dovuto soltanto a speciali considerazioni di ambiente, gli ap-

partenenti alla Camera del lavoro, iscritti all’Unione socialista romana

od altrimenti contrari alla guerra si troveranno numerosi al comizio di

domenica, invitati dagli stessi dirigenti la Camera del lavoro predetta. I

repubblicani poi, a mezzo del noto Mario Baldazzi, stanno facendo in

questi attiva propaganda tra i compagni di fede dei Comuni dei Castel-

li e particolarmente in Marino e Genzano perché accorrano numerosi al

comizio di domenica a Roma, allo scopo di impedire con l’azione più

audace dei repubblicani dei Castelli che la riunione proceda ordinata e

si adottino in essa deliberazioni per il mantenimento della neutralità.

Il prefetto Aphel

VALERIO GENTILI

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181

Ieri sera si sono radunati nei locali del circolo Garibaldi i rappre-

sentanti al Consiglio generale della Camera del lavoro della frazione in-

terventista. Erano rappresentate le seguenti leghe: Rivenditori Gene-

rali – Ciclisti e distributori giornali – conciatori pelli – raccoglitori e sa-

latori di pelli – Fuochisti di fornaci – Fornaciai riuniti – Lavoratori del-

lo Stato, sez. tabacchi, sez. Banca d’Italia, sez. scavi e monumenti e sez.

zecca – Lega carrettieri materiali laterizi – Carrettieri facchini dei mu-

lini – Stuccatori – Infermieri ospedali – Spazzini – Portieri dell’Istituto

case popolari – Trippai del mattatoio – Federazione del libro, sez. com-

positori, fonditori e monotipisti – Dipendenti Gondrand – Unione mar-

misti – Cooperativa conducenti vetture – Lavoranti in legno – Tipogra-

fi – Giardinieri comunali – Vetturini – Sez. femminile lavoratori del li-

bro – Sez. guerra e altre.

Dopo un’ampia discussione fu approvato a unanimità il seguente or-

dine del giorno:

«L’adunanza dei rappresentati al Consiglio generale della Camera del

lavoro, sostenitori dell’attuale commissione direttiva, visto l’atto arbi-

trario del D’Aragona, il quale, sfuggendo alla discussione ed impedendo

alla commissione d’inchiesta di pronunciarsi ha emesso un giudizio

contrario alla verità e personale; Considerando che tale contegno del

rappresentante della Confederazione del lavoro ha reso vane le disposi-

zioni conciliative della parte vincitrice nelle elezioni, fa invito alla com-

missione direttiva di rimanere in carica e di procedere regolarmente nei

propri lavori, senza curarsi degli ingiusti attacchi degli avversari».

Documenti nn. 6, 7, 8

Si tratta di articoli dell’«Avanti!», apparsi sul quotidiano so-

cialista in occasione di tre fasi particolarmente calde della lotta

sociale e politica nella capitale. Il primo (doc. 6) è una sorta di

bilancio politico istantaneo dello sciopero generale del 10 apri-

le 1919. Per il doc. 7, trattasi di una risoluzione della CDL roma-

trasto dei quali ogni guerra trova la sua principale origine; afferma che,

più delle polemiche sulla guerra, interessi alla Camera del lavoro solle-

vare la classe operaia, onde si ribelli contro la esosa prepotenza dei pro-

prietari di case e degli speculatori di viveri; e poiché non c’è vita senza

bastevole nutrimento, senza un decente tetto e senza lavoro, conviene

meglio alla massima istituzione operaia romana ravvivare la sua già i-

niziata opera di propaganda contro il caroviveri il caro pigioni e la di-

soccupazione. Stabilisce, perciò, che gagliarda ed efficace si svolga in

tal seno la propaganda istigatrice della Camera del lavoro, onde l’agita-

zione sia portata a compimento, specie se la guerra dovesse intervenire

a peggiorare le condizioni dei lavoratori ed alterare a loro danno i rap-

porti economici della Nazione; si augura che, nello svolgersi di date a-

gitazioni, il proletariato mantenga la sua unità salda e concorde onde,

risoluto vittoriosamente l’urgente problema della vita, più che alla guer-

ra, pensi a continuare l’offensiva rivoluzionaria preparando l’estremo

colpo agli istituti antisociali che l’opprimono; ammonisce, infine, il Go-

verno a non speculare sulle momentanee divisioni delle classi popola-

ri, esercitando la repressione sanguinosa dei conflitti, come a Reggio E-

milia, giacché ogni tentativo di resuscitare la reazione troverebbe con-

corde nel deprecarla tutti i partiti, benché oggi divisi e contrastanti le or-

ganizzazioni proletarie. Invita pertanto la Commissione direttiva e le

sezioni aderenti ad uniformare ai suesposti criteri la loro opera ed a la-

vorare indefessantemente a che rimanga integra e salda l’unità proleta-

ria che è condizione indispensabile ad assicurare al proletariato la vit-

toria finale contro l’oppressione autoritaria e lo sfruttamento capitali-

stico». La riunione si sciolse poi senza incidenti.

Il prefetto Aphel

Documento 5:

Alla Camera del Lavoro la riunione dei rappresentanti di parte

interventista («Il Messaggero», 24 novembre 1916).

VALERIO GENTILI

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183

Il Consiglio generale, atteso che elementi militaristi del pescecani-

smo nazionalista corruttori e sovvertitori di ogni ordine sociale provo-

catori della guerra civile, sostenuti dagli esponenti locali dei poteri go-

vernativi, hanno nuovamente sfogato il loro rabbioso livore ripetendo

vigliacche aggressioni e violenza ai lavoratori che intendevano col ri-

pristino del servizio tramviario riaffermare il diritto alla libera mani-

festazione del proprio pensiero; ravvisando nella persistente provoca-

zione la sfida che il proletariato deve saper raccogliere; delibera la pro-

secuzione dello sciopero generale e di convocare a comizio generale la

classe lavoratrice per domattina alle ore 10 solari a piazza S. Croce in

Gerusalemme.

Documento 8:

Come si svolge la vita all’interno di una fabbrica occupata (ed.

romana, 7 luglio 1920).

In giro per gli stabilimenti

Una domenica nel chiuso delle officine, dopo sei giorni di lavoro sfi-

brante, è un avvenimento nuovo per le masse proletarie, specialmente

in questa Roma spensierata che in tal giorno si riversa in allegra comi-

tiva nei ritrovi dei Castelli.

Erano le 17 quando entriamo nella «FIOM» (già FATME) ai Cessati Spi-

riti. La sentinella, armata di fucile, ci saluta militarmente e ci presen-

ta al direttore Gabellini, un ex-capo tecnico che nell’ora della prova

non ha abbandonato la massa, e al commissario di fabbrica, Tonom,

un giovane serio, ponderato, che sente tutta la responsabilità della ca-

rica di cui è investito. All’ombra della bandiera rossa che sventola sul-

la sommità della torre, si svolge una festicciola di famiglia: un piccolo

concerto formato di strumenti primitivi e improvvisati, suona gli inni

rivoluzionari cantati ed applauditi dalle maestranze, un operaio dalla

voce potente canta alcune romanze. Non si direbbe che nell’andare del-

la battaglia ci possa essere tanta serena allegria.

na in relazione agli attacchi squadristi subiti dai ferrotranvieri

in sciopero nel luglio dell’anno successivo. Il doc. 8 è un repor-

tage dello stesso periodo del precedente, luglio 1920, dal fronte

dell’occupazione delle fabbriche.

Documento 6:

Lo sciopero internazionalista di solidarietà con la «Settimana

rossa» di Berlino (ed. piemontese, 11 aprile 1919).

Roma borghese è veramente inferocita. Quello che è avvenuto non

se lo aspettava proprio. Dopo aver detto per quattro anni che il prole-

tariato romano è altamente patriottico e che non è da confondersi con

quello delle altre città e che è nemico del bolscevismo, ecco questo pro-

letariato paralizzare di un tratto la vita della capitale per uno scopo al-

tamente, squisitamente patriottico!

E parlano già di vendette, parlano di rivincite e parlano di sorprese.

Alcuno più furbo, cerca di diminuire la importanza straordinaria del-

l’avvenimento per il fatto che s’è tutto svolto con calma e che la rivolu-

zione non è scoppiata a Roma. Evidentemente speravano qualche cosa

oggi. Ma noi non facciamo il loro comodo. A noi è bastato oggi sfatare

la leggenda che il proletariato romano è il più apolitico ed il più insen-

sibile alle manifestazioni politiche. Noi abbiamo voluto dimostrare

che i quattro anni di guerra hanno prodotto un notevole mutamento

nello spirito e nella energia dei lavoratori di Roma i quali, restati fede-

li al Partito Socialista, hanno mostrato oggi che seguono di pari passo

il movimento di preparazione dei lavoratori di tutta Italia.

Documento 7:

La Camera del lavoro per lo sciopero generale contro le violen-

ze ai tramvieri (ed. romana, 23 luglio 1920).

VALERIO GENTILI

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sentinella vigila che nessun elemento estraneo s’introduca nell’officina

e dà l’allarme. Di notte vengono accese delle lampadine rosse e il servi-

zio di vigilanza è rafforzato. Queste le misure esterne, visibili, ma vi so-

no anche qui i segreti di una ben organizzata difesa militare, che po-

trebbero far costare caro alla forza pubblica un tentativo di invasione.

Documenti nn. 9, 10, 11

L’Associazione romana degli «Arditi del popolo» e la sua a-

zione politico-militare, viste da tre angolazioni diverse. Il primo

documento (doc. 9) è uno stralcio del libro di Italo Toscani, So-

cialista! Luigi Morara nella storia del socialismo romano. Storio-

grafia socialista postuma, quindi, sull’affaire Arditi: si noti come

nella rievocazione delle gesta dell’organizzazione si faccia rife-

rimento a quest’ultima come a un prodotto dell’attivismo di ta-

luni elementi del partito. Significativamente, la figura del te-

nente Argo Secondari, iniziatore del movimento, viene sostitui-

ta da quella dell’allora deputato socialista Giuseppe Mingrino.

Non vi è traccia alcuna, nello scritto, della reale matrice com-

battentistica dell’associazione. Per il documento successivo

(doc. 10), trattasi della cronaca, coeva, dei tumulti scoppiati a

San Lorenzo in occasione della tumulazione della salma del

bersagliere Enrico Toti. L’articolo, comparso sul quotidiano co-

munista «L’Ordine Nuovo» del 26 maggio 1922, è opera di Pal-

miro Togliatti. Si noti come nella descrizione dei convulsi avve-

nimenti, in obbedienza alla rigida linea dell’esecutivo bordi-

ghiano del Comitato centrale che imponeva a tutti i militanti il

boicottaggio degli Arditi del popolo, non si faccia mai riferi-

mento all’associazione, principale organizzatrice della furiosa

reazione del quartiere alle provocazioni delle squadre nazional-

Il compagno Zannerini, della Direzione del Partito, sale su una tri-

buna improvvisata e arringa gli operai al grido di «Viva il Socialismo».

Ciò che impressiona nei grandi saloni di lavorazione è la singolare

pulizia delle macchine, l’ordine perfetto di tutti gli utensili. Appese al

muro notiamo anche delle grandi mazze che dovrebbero servire per il

sabotaggio se sarà necessario. Sopra un grande tavolo sono allineati

gran numero di apparecchi telefonici completi e un operaio ci dice

«che questi apparecchi vengono a costare, mano d’opera compresa,

190 lire e sono rivenduti a 850!».

Sopra ogni muro è stato disegnato lo stemma dei Soviet, e in ogni

angolo figurano iscrizioni, rispecchianti principii schiettamente so-

cialisti,

– Chi non lavora non mangia – Onestà e lavoro: ecco il nostro scopo

– Speziamo catene e lacci – A dure prove è il nostro cor temperato –

Non vogliamo ricchezze in oro, ma libertà – e simili. Sulla facciata d’in-

gresso è scritto a grandi caratteri: La nostra parola d’ordine è fratel-

lanza.

Visitiamo gli uffici d’amministrazione, presieduti da un operaio già

sergente furiere. Tutto è annotato con scrupolo: i prelevamenti, le ore

lavorative, le presenze, la produzione. In un grosso registro, chiamato

giornale, vengono descritti gli avvenimenti della giornata, e alla sera ne

viene data lettura agli operai.

Il magazzino viveri, il pronto soccorso sono tenuti nel massimo or-

dine […].

Per dare un’idea di come sia aumentata la produzione alla FATME, do-

ve si fabbrica materiale telefonico, il numero dei dadi fabbricati in più

dei giorni ordinari va da 28 al 50.

L’organizzazione difensiva

Sui tetti delle officine, alle porte d’ingresso, vigilano le sentinelle ros-

se, muniti di bracciali offerti dalle operaie. Nel recinto sono distribui-

ti vari corpi di guardia, che si avvicendano nel servizio e attorno ai mu-

ri sono stati recentemente stesi dei reticolati di fil di ferro spinato. La

VALERIO GENTILI

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gni offesa, è un buon calmante anche per gli spiriti più accesi e gli ele-

menti più spericolati. Specie se accompagnata dai sintomi di una ri-

presa (ahimè brevissima) di imparzialità da parte della forza pubblica.

Sette fascisti uccisi dalle Guardie regie a Modena; 13 caduti sotto i mo-

schetti dei carabinieri a Sarzana.

È forse sotto questa duplice ammonizione (Arditi e PS) che i fascisti

firmano a Roma un (effimero) patto di tregua. Il che consentirà a Luigi

Morara di dedicarsi anima e corpo, secondo le sue tradizionali abitu-

dini, alla preparazione della grande manifestazione del proletariato ro-

mano per Sacco e Vanzetti, detenuti ingiustamente in America, dove,

altrettanto ingiustamente, saranno impiccati sei anni più tardi.

Basta però questa pausa di […] distrazione umanitaria, perché il pe-

ricolo mortale si riaffacci all’orizzonte. I fascisti, che malgrado tutto a-

vevano seguitato a esercitarsi, un po’ in sordina, nelle altre regioni d’I-

talia, pensano di poter approfittare di questa […] distrazione senti-

mentale del proletariato romano per farsi vedere di nuovo nella capi-

tale. Squadracce che vengon di fuori, naturalmente, perché i fascisti

romani scapperanno fuori dalle loro sedi molto più tardi. Questi che

arrivano intanto son gente che si è lordata di sangue le mani in Umbria

e specialmente nella faziosa Toscana. E che, dopo aver provocato inu-

tilmente la cittadinanza, in silenzio con la sua sola presenza per le vie

della città, ritiene di poter concludere la dimostrazione con una san-

guinosa bravata proprio all’atto della partenza. Un litigio e tre ferro-

vieri uccisi alla stazione Termini. Naturalmente i fascisti non partono

più. Anzi ricevono rinforzi, perché Roma insorge, tutta intera, intorno

alle salme delle povere vittime e fa cerchio intorno al gruppo degli as-

sassini che ricevon rapidissimo soccorso di uomini e di mezzi dai più

vicini centri di raccolta.

Ma Roma è in piedi, e questa volta non è disposta a cedere, costi

quello che costi. Gli Arditi del popolo si battono bene, ma vicino a loro,

insieme a loro, c’è tutto il proletariato della nostra città. Tre giorni di

battaglia durissima in cui la forza pubblica mantiene, fortunatamente,

la sua neutralità. Il che dimostra che, senza l’omertà del Governo il fa-

fasciste. Il doc. 11 è una testimonianza del militante comunista

Angelo Menichelli (in E. Rava, I compagni. La storia del PCI nel-

le «storie dei suoi militanti») sul clima politico nella Roma del

biennio 1921-22.

Documento 9:

L’idea è buona e generosa, per quanto parta evidentemente da una

pregiudiziale di inferiorità. Difesa e non assalto. Gli Arditi del popolo

debbono difendere, non aggredire. E a Roma si dice che chi mena per

primo mena due volte. In ogni modo, proverbio o non proverbio, anche

Morara è favorevole alla iniziativa, uscita dalla fervida mente di un ex-

ufficiale degli Arditi: Giuseppe Mingrino. Che ne riceve l’approvazione

e l’investitura di comando dal Comitato dell’Unione Socialista Roma-

na, di cui fa parte Morara. La grana scoppia quando si tratta del […] re-

clutamento. Non la diffidenza, del nostro «Giggetto», ma la prudenza

che nasce dalla esperienza gli consigliano di chiedere severissimi cri-

teri, diciamo così, di arruolamento. Elementi sicuri, con precedente i-

scrizione al Partito. Non soltanto i più coraggiosi ma i più fedeli.

La trama del setaccio così stretta e così severa mette paura a parec-

chi dei suoi interlocutori. Elementi provatissimi come Michele Capoz-

za sono invece del parere che non si debba andare tanto per il sottile.

Occorre gente che non abbia paura e che sappia, all’occorrenza, menar

bene le mani. L’elemento base sarà di facile e sicuro reperimento nella

massa degli smobilitati che è affluita e si stringe attorno al Partito. Pur-

troppo, diciamo purtroppo in base alle successive esperienze, la tesi di

Morara non prevale.

Il capitano Mingrino farà lui la scelta dei suoi uomini. E ne farà an-

che per la prima volta la prova in piazza a Roma il 6 luglio del ’21. In-

dubbiamente, in un primo tempo, l’effetto psicologico tra i fascisti ri-

sulta abbastanza efficace. L’idea che, d’ora in poi, le squadracce urlan-

ti e minaccianti potrebbero non trovar più davanti a loro uomini iner-

mi o donne in lagrime, ma giovanotti risoluti e preparati a rintuzzare o-

VALERIO GENTILI

186

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ROMA COMBATTENTE

189

questo senso gli operai comunisti e i proletari tutti del quartiere di S.

Lorenzo hanno dato un esempio che sarà bene sottoporre all’attenzio-

ne di tutti i lavoratori. La parata di forze fasciste era stata preparata

con cura. Il nostro «Comunista» aveva avuto occasione di segnalare a

più riprese i sintomi e denunciare persino alcuni episodi materiali del-

la preparazione, come il versamento di una forte somma di denaro

compiuto dalla centrale dei Fasci alla sezione di Roma: a quale scopo

è facile immaginare. Ieri poi l’occasione era più che propizia data la

coincidenza della festa del 24 maggio, con la tumulazione dei resti del

bersagliere romano Enrico Toti, cioè con una cerimonia nella quale si

raccoglieva un discreto numero di elementi sentimentali, atti a influire

sullo stato d’animo di una popolazione in cui predominano elementi

piccolo borghesi come la romana. Si ricordi che in tutte le città dove il

fascismo è riuscito a prendere piede, i primi fatti sono stati organizza-

ti in modo da mettere nella peggiore posizione possibile di fronte all’o-

pinione pubblica i difensori della vita e della libertà dei lavoratori.

Pronta reazione

Ora, mentre si compiva una cerimonia per la quale si era riusciti a su-

scitare l’interesse ed anche la simpatia di vasti strati di popolazione e

mentre si cercava di far passare insieme la prima manifestazione in gran-

de stile del fascismo armato, bisogna rendere onore alla freddezza e alla

risolutezza di animo degli operai che alla prima provocazione non han-

no esitato a impugnare le armi e a chiamare tutti i lavoratori alla lotta.

Inutile discutere sul carattere di questa provocazione, su chi abbia

sparato il primo colpo e chi per primo abbia risposto. Dai fatti di no-

vembre in poi era tacita convenzione fra i lavoratori di Roma che le

squadre fasciste armate non dovevano metter piede nei quartieri po-

polari. Gli operai comunisti di San Lorenzo hanno tenuto fede alla pro-

messa e per questo, oggi, i lavoratori di Roma si sono raccolti intorno

ad essi in atto di solidarietà. E si badi che se iniziatasi la lotta non si fos-

se immediatamente scatenata nel quartiere la forza pubblica, le perdi-

te dei fascisti sarebbero state tali da far loro passare per sempre la vo-

scismo non avrebbe quasi certamente prevalso. Per quello che riguar-

da la nostra città, si può dire che la parola d’ordine viene rispettata fino

in fondo «nessuna tregua finché tutti i fascisti, fino all’ultimo, non se

ne saranno andati».

Il tragico bilancio si conclude il giorno 11 novembre. Otto morti (di

cui tre fascisti) e non so quante decine di feriti e di arrestati. Ma gli in-

vasori se ne vanno, questa volta con la coda tra le gambe.

Documento 10:

Violenze fasciste in occasione del trasporto della salma di Enri-

co Toti («L’Ordine Nuovo», 26 maggio 1922).

Non vi è molto da aggiungere sul modo come sono avvenuti i gravis-

simi fatti di ieri sera nel quartiere San Lorenzo. Nella popolazione del

luogo regna tuttora una vivissima agitazione e uno stato quasi di terro-

re per il modo come i fatti si sono svolti; e il raccogliere notizie su casi

particolari è cosa disagevole sia per questo motivo sia per le condizioni

in cui il quartiere si trova tuttora tenuto militarmente dalla forza pub-

blica. Nelle grandi linee i fatti si sono svolti come ho indicato ieri sera.

La vera origine dei conflitti

La causa di tutto è da vedersi in ciò: che la popolazione proletaria di

Roma segue da un po’ di tempi con attenzione e con preoccupazione i

tentativi di affermarsi e di svilupparsi del fascismo laziale. Inutile ri-

cordare la lunga serie di incidenti di Tivoli e di altri luoghi della cam-

pagna romana; inutile dire che dappertutto nella popolazione rurale e

in quella della città il proposito di non lasciare libertà alla violenza ar-

mata dei fascisti è stato sempre vivissimo. Bisogna aggiungere, a onor

del vero, che la resistenza ha avuto i suoi naturali centri di raccogli-

mento nei luoghi dove esistono buone minoranze inquadrate dal no-

stro partito e decise a dare a tutti i lavoratori l’esempio e la parola d’or-

dine della lotta di difesa con ogni mezzo contro il nemico armato. In

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zo il suo dire: il fuoco alle sue spalle si è fatto generale. Allora avviene

un fatto degno di nota: gli ufficiali dei bersaglieri ordinano ai soldati di

caricare le armi e si concertano tra di loro per dare al quartiere un as-

salto militare in piena regola. Ma i bersaglieri tengono un contegno ta-

le da dissuadere i capi dal proseguire. Un alto ufficiale si fa avanti e pro-

pone di lasciare le mani libere ai fascisti. Infine il comando viene as-

sunto dal colonnello Stagno fino all’arrivo dei nuovi funzionari invia-

ti dalla Questura Centrale insieme con le due auto-blindate ed uno

squadrone di cavalleria. Le autorità militari e cittadine scompariscono

e si impegna la battaglia vera e propria.

Descriverla è impossibile. Ecco quanto ne dice il «Paese» il quale

però si è fatto uno studio di attenuare ogni cosa per motivi facili ad es-

sere compresi:

«Dalla strada e dalle case laterali a via San Lorenzo e da questa si con-

tinua a sparare. Da numerose finestre dei palazzi circostanti vengono e-

splosi colpi di rivoltella senza interruzione, colpi che echeggiano sini-

stramente. Si vedono bagliori rossi rompere in alto le tenebre della se-

ra e si odono i fischi delle pallottole che si incrociano. Le imposte di va-

rie finestre si aprono fulmineamente e da ognuna di esse una mano ar-

mata di rivoltella spara tutti i colpi dell’arma, poi si ritira: quindi tosto la

finestra si richiude. I pochi funzionari presenti e gli agenti investigativi

cercano scampo nei rari portoni già rigurgitanti di fascisti, nazionalisti

e cittadini che vi hanno cercato uno scampo; specialmente nel portone

segnato col n. 168 di via Tiburtina si assembrano in uno viluppo di ter-

rore – ci sia lasciata passare la frase – funzionari, agenti, cittadini, gior-

nalisti, fascisti, nazionalisti, donne, bambini i quali ultimi urlano per lo

spavento. Di tanto in tanto si odono anche colpi di moschetto che

diffondono un senso di tristezza e di morte. Sono le guardie-regie che

dalle terrazze e dalla strada sparano nervosamente e rabbiosamente».

I fascisti scompaiono

«Per timore che dalle finestre si continui a sparare, vengono piazza-

ti a tutti gli angoli delle strade, da campo Verano e Piazza Tiburtina,

glia di oltrepassare le porte o le mura che cingono il centro della città.

Né poteva essere altrimenti dato il carattere di insurrezione popolare

generale che il movimento ha assunto – questa è la cosa singolare –

mentre era da poco sfilato per la grande via Tiburtina il corteo con le

autorità cittadine, sindaco, prefetto, ecc. inquadrate da una quantità

strabocchevole di forza pubblica.

Risulta infatti che gli scontri sono incominciati mentre già la salma

del Toti era entrata nel cimitero e mentre gran parte del corteo era tut-

ta fuori e le squadre fasciste avevano appena oltrepassato la porta San

Lorenzo.

I primi gagliardetti fascisti hanno incominciato a sfilare in mezzo a

un triplice cordone di carabinieri e guardie e, naturalmente, il conte-

gno degli squadristi ha suscitato subito il più grande nervosismo tra i

presenti. Gli squadristi marciano da conquistatori ma la smettono su-

bito non appena la folla che poco prima ha applaudito alla salma, si

serra intorno ad essi minacciosa. Il corteo viene spezzato dalla folla in-

terpostasi a impedire l’ulteriore ingresso delle squadre nel quartiere.

Immediatamente si diffonde il panico; negozi e finestre si chiudono e

in mezzo alla folla resta chiuso persino un plotone di guardie regie a ca-

vallo comandate da un colonnello. Da questo all’inizio del fuoco corre

un attimo. Il primo colpo viene sparato davanti alla casa dove si trova

la stazione di PS e dove sono gli squadristi nazionalisti, mentre le squa-

dre fasciste tentano rapidamente, voltando per via dei Sardi, di inve-

stire i locali del Circolo comunista.

La battaglia comincia

Allora il fuoco diventa generale uno squadrone di guardie regie vie-

ne preso fra due gruppi che sparano e per primo cade un tenente men-

tre numerosi militi sono appiedati. Cosa singolare, e che dimostra, co-

me dicevo prima, la freddezza d’animo mantenuta dal popolo, proprio

in quel momento su piazzale di Campo Verano cioè a poche centinaia

di metri di distanza, le autorità sono raccolte e stanno facendo discorsi

alla salma. La voce del sindaco Valli trema, ed egli infine tronca a mez-

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to a dichiarare che i lavoratori i quali avevano preso le armi per la dife-

sa delle loro sedi, delle loro case e della loro vita avevano fatto bene e a-

vevano diritto alla piena, completa, incondizionata solidarietà di tut-

to il popolo di Roma.

La completa riuscita dello sciopero

La deliberazione di sciopero generale presa poco prima delle 24 dal-

la Alleanza del Lavoro e dal Comitato di difesa proletaria, venne resa

nota dal seguente manifesto:

«In seguito ai luttuosi fatti di San Lorenzo, alle ingiustificate provo-

cazioni della Polizia, alle intimidazioni e minacce esercitate verso i la-

voratori che proseguivano pacificamente il loro lavoro, il Comitato di

difesa proletaria e l’Alleanza del lavoro, riuniti di urgenza, hanno deci-

so la proclamazione dello sciopero generale che è stato iniziato questa

notte alle 24. Lo sciopero è esteso a tutte le categorie. Sono sospese tut-

te le riunioni di categoria e gli operai debbono rimanere nei loro quar-

tieri pronti a respingere ogni provocazione».

Alla dichiarazione fatta dagli organi dirigenti, il proletariato ha ri-

sposto in modo meraviglioso dimostrando che, anche se gli organismi

direttivi fossero venuti meno al loro dovere, spontanea sarebbe stata u-

gualmente la dimostrazione di solidarietà con i combattenti. Questa

mane sono usciti tre giornali del mattino, ma le squadre tipografiche

diurne non sono entrate al lavoro e quindi sono mancati tutti i giorna-

li del pomeriggio e della sera. Le altre categorie si sono tutte astenute

dal lavoro. L’astensione dei commessi ha costretto anche la maggior

parte dei negozi a rimanere chiusi. Roma ha avuto quindi per tutto il

giorno anche nelle vie del centro, di solito tanto affollate, un aspetto lu-

gubre e cupo. La parola d’ordine lanciata dagli organismi proletari e-

ra quella di rimanere nei rioni popolari pronti alla difesa; e così è avve-

nuto. Le precauzioni della forza pubblica sono state del resto enormi.

Fin dal mattino oltre il quartiere San Lorenzo è stato occupato militar-

mente il Testaccio e il quartiere delle case dei tramvieri fuori Porta San-

ta Croce. Quivi sono stati invasi dalla forza pubblica i locali del Circo-

plotoni di guardie regie e carabinieri i quali aprono un fuoco tambu-

reggiante contro le finestre dei palazzi. Pezzi di intonaco si staccano e

si frantumano al suolo. Cadono pezzi di imposte. Ogni luce nelle case è

spenta perché il più piccolo bagliore viene preso di mira da centinaia di

moschetti che tirano all’impazzata. Ormai tutti hanno perduto la testa.

Si spara per sparare. Le auto blindate sparano a salve: ma i colpi ac-

crescono il terrore e la confusione in tutto il quartiere. E la battaglia si

estende sempre più in tutte le numerose viuzze del popoloso rione.

Giungono le autoambulanze militari su cui vengono caricati alla rin-

fusa i feriti raccolti lungo la strada».

Per parte nostra aggiungiamo che in questa seconda parte della bat-

taglia i fascisti sono completamente scomparsi: si tratta solo della furia

scatenata delle guardie regie le quali passano subito all’assalto delle case.

Il Circolo comunista viene invaso ma dentro non vi è nessuno; allora

si sfondano le porte degli appartamenti sovrastanti a colpi di scure e si

arrestano tutti i presenti. Altri pattuglioni battono gli appartamenti di

via Sardi e di via Maruccina, di via Umbria e di via Volsci dove vengono

arrestati in massa uomini, donne e ragazzi. Gli arrestati vengono tra-

cinati lungo la strada senza alcun senso di umanità. Prima ancora che

si sia stabilita la loro responsabilità, innocenti e colpevoli sono spinti

col calcio dei fucili. Agenti e carabinieri infieriscono tristemente com-

portandosi in forma violenta e bestiale.

Scene di barbarie

Alla gente che si arresta si fanno alzare le mani per vedere le tracce

della polvere da sparo e poi cominciano le scene di barbarie. Gli episo-

di non si raccontano. Le donne sono state prese alla rinfusa insieme

con gli uomini e trattate allo stesso modo. Una bambina ha avuto il

braccio spezzato da un colpo di moschetto sparato a casaccio. In se-

guito per tutta la notte si continuò ad arrestare e per tutto il giorno il

quartiere venne tenuto militarmente.

In queste condizioni, e dato il modo come si erano svolti i fatti, la

proclamazione dello sciopero generale venne opportunamente e subi-

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la linea che effettivamente doveva esse, in mezzo c’erano cinque, sei

correnti nun s’otteneva mai niente, me so iscritto al PC in via della Cro-

ce Bianca, c’erano dei compagni che facevano i muratori… poi il fasci-

smo ha sbaraccato tutto.

La marcia su Roma, me ricordo sì. Noi qui de Monte Mario eravamo

una decina, quella mattina che c’era lo sciopero – perché avevano am-

mazzato un ferroviere, me pare – semo andati verso piazza del Popolo.

Allora, andassimo noialtri, a piedi qui a Monte Mario quasi nun c’era

niente, niente tram, c’erano quattro case, allora si camminava, mica a-

desso che uno pia er tram pe’ na fermata. Lì dicevano che c’era il con-

centramento dei fascisti, a piazza del Popolo. Quanno noi due primi se-

mo arrivati, c’hanno preso e c’hanno dato un fracco de botte. Hanno

capito chi s’era. Lì la gente mica camminava, c’eravamo solo loro e noi

fuori pe’ Roma. «Fa vede’ la tessera degli Arditi del popolo. Fa vede’ la

tessera degli Arditi del popolo», ce dicono. «Ma la tessera degli Arditi

del popolo nojartri nun ce l’abbiamo (ce l’avevamo ma a casa; e poi già,

che se l’avessi, effettivamente sarei tanto scemo da fattela vede)».

E allora hanno cominciato a menà, me e quell’artro a rotta de collo,

han fatto tutto un botto; quanno vedo ‘sto compagno mio che pareva

morto pe’ terra, corro su pe’ vedello, ma ancora botte e tante botte but-

tavamo sangue da tutte le parti. Allora ci hanno lassato sta, ce semo la-

vati alla fontana. «Ve porto allo spedà» dice uno che ci aveva la mac-

china. «Sì – je ho fatto – ce porti allo speda’, così ce date un’altra botta,

no, no». E così ce ne annammo a casa, io passai dalla fidanzata che ci a-

vevo a via della Camilluccia, per medicamme. E intanto Mussolini an-

dava al potere.

Documento n. 12

Una relazione, novembre 1922, dell’ispettore inviato dal Fa-

scio romano ai Castelli (in Ugo Mancini, Lotte contadine e av-

vento del fascismo nei Castelli Romani). Dopo la marcia su Ro-

lo comunista. Tre compagni che si trovavano nei pressi sono stati arre-

stati perché trovati in possesso della tessera del Partito. Occupati mili-

tarmente sono anche i pressi della Camera confederale del lavoro e

quelli della Camera sindacale.

Gli incidenti di ieri

La mattina è trascorsa calma. Gli incidenti hanno incominciato a

svolgersi nel pomeriggio. Gruppi di fascisti circolando per le vie del

centro hanno qua e là provocato i passanti ma senza conseguenze. So-

lo verso le 16 i diversi gruppi si sono riuniti e sono mossi inquadrati

dalla sede del fascio verso i loro obiettivi. Ha avuto luogo anzi tutto una

sfilata per il Corso da piazza Venezia a piazza del Popolo e gli squadri-

sti in numero di circa 400 sono stati preceduti, seguiti e fiancheggiati

da guardie regie a cavallo. Finita questa prima parte della rappresen-

tazione a gruppi i fascisti si sono diretti verso via della Scrofa e via Za-

nardelli ove si trovano i diversi uffici di redazione e di cronaca del «Co-

munista». L’attacco ai locali di via Zanardelli viene tentato da piazza

Navona e piazza Nicosia ma finisce perché giungono squadroni a ca-

vallo. Le squadre si disperdono per le viuzze laterali altre che tentano la

via che conduce a San Lorenzo sono disperse alla Esedra. Fino alle 21

non si ha notizia di altri incidenti. Sono continuati gli arresti nei quar-

tieri popolari. Tra gli altri si dice che sia stato arrestato Spartaco Sta-

gnetti, segretario dell’organizzazione dei ferrovieri secondari. La noti-

zia però non ci è stata ancora confermata.

Documento 11:

Io m’ero iscritto al Partito socialista nel ’20; quando ho visto la posi-

zione del Partito socialista che effettivamente era nun come doveva es-

se, me so iscritto al Partito comunista subito nel ’21. Quanno se vede-

vano gli operai che scioperavano nelle fabbriche pe’ conto suo senza

che venisse la federazione socialista, allora ma che stamo a fa? Io so

passato subito al Partito comunista perché ho visto che quella nun era

VALERIO GENTILI

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marzo 1928. Secondari visto attraverso gli occhi del nemico,

dunque. Si cerca, per ovvi motivi di natura politica, di accredi-

tare la pazzia del comandante come tratto distintivo del suo ca-

rattere e non come conseguenza della violenta aggressione

squadrista subita all’indomani della marcia su Roma. Parossi-

stica la ricostruzione degli scontri a latere del corteo del 6 luglio

1921. Il secondo documento (doc. 14) è la parte di un articolo

comparso su «Il Giornale» del 22 maggio 1920, che riporta la

sentenza di accusa del tribunale di Roma contro Secondari e

«complici» per i fatti di Pietralata dell’anno precedente. L’ulti-

mo documento (doc.15) è un trafiletto comparso su «Il Paese»

del 30 ottobre 1921. Indice, insieme ad altri articoli comparsi

sulla stampa cittadina nello stesso periodo, del clima di cre-

scente tensione in campo operaio in seguito al forzato abban-

dono di Secondari dell’organizzazione da lui fondata dopo la

sua estromissione, senza regolare procedura, dal Direttorio na-

zionale degli Arditi del popolo, pilotata dal deputato socialista

Giuseppe Mingrino.

Documento 13:

La fuga degli «Arditi»

Ci presentò un comune amico, nel basso ed istoriato salone del Cir-

colo artistico di via Margutta, una sera di carnevale:

– Argo Secondari…

Un «piacere» ed un «fortunato» a mezza bocca e per lì restammo un

po’ freddi, incerti se stringerci o no la mano.

Lui il capo temuto, l’organizzatore misterioso degli ancora più mi-

steriosi Arditi del popolo; io, il comandante di una Centuria fascista. Il

caso ci aveva messo di fronte quella sera di un carnevale in un ambien-

te tanto lontano dalle lotte politiche ed un amico, un comune amico, ci

aveva invitato allo stesso tavolo.

ma, l’attività, ormai cospirativa, degli Arditi del popolo si sposta

dalla città al circondario.

Al segretario della sub federazione dei Castelli romani.

Si compie il dovere di portare a conoscenza della S. V. quanto segue:

Continua costantemente l’ostentazione degli abboccamenti fra il

Commissario Rella sig. Carlo, il Sindaco e gli assessori comunali; at-

teggiamento che ha lo scopo, e vi riesce perfettamente, di inorgoglire i

comunisti più pregiudicati, i quali sapendo così di essere protetti, van-

no costantemente armati, provocando e minacciando. La sera del 18

corr. è stata effettuata un’aggressione del Segretario politico dei Fasci

della sub federazione di costì cap. Santovetti, da 2 inviati da Roma;

l’aggressione fu fatta dentro la sede del Fascio, che è proprio sulla piaz-

za principale, ed ha lasciato indifferente il Rella che si limitò a dire in

presenza di molto pubblico, che lui si sarebbe regolato all’uscita dei

contendenti. La sera del 20 il comunista Tappittu tirava dei colpi di ri-

voltella ad alcuni fascisti, lungo la passeggiata principale. Fu arresta-

to e condotto in carcere dagli stessi fascisti senza alcun intervento del-

la pubblica autorità. La sera del 21 poi due nuovi emissari, comandan-

ti i battaglioni degli Arditi del popolo di Roma, noti pregiudicati tale A-

loisi Arduino e Baldazzi [Vincenzo] giungevano a Frascati indisturbati

sparavano revolverate contro alcuni fascisti, sempre assente la Pubbli-

ca Sicurezza, ripartivano per Roma indisturbati e per tale fatto è pen-

dente un giudizio di mancato omicidio.

Documenti nn. 13, 14 e 15

Tre articoli di giornale, risalenti a tre diversi periodi, sulla fi-

gura di Argo Secondari. Il primo (doc. 13) è la rievocazione fan-

tasiosa degli incontri avuti con il capo degli Arditi del popolo

nell’estate 1921, a opera dello squadrista romano Enzo Senza-

sono, nella rubrica Vecchio fascismo romano sul «Piccolo» del 3

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ROMA COMBATTENTE

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po morto nella lotta contro il fascismo con la speranza (lui diceva: cer-

tezza) di riuscire a raggiungere cariche ed onori che gli avrebbero da-

ta quella ricchezza che gli necessitava per le sue strane ricerche, e per

gli studi ermetici.

Questo era l’uomo che nel 1921 aveva creato in Roma ed in tutta l’I-

talia centrale quella organizzazione armata contro il movimento fasci-

sta che aveva preso il nome di «Arditi del popolo».

Una riunione dello Stato Maggiore fascista

Argo Secondari aveva reclutato i suoi uomini fra gli appartenenti al-

le organizzazioni giovanili sovversive: socialisti, comunisti, repubbli-

cani e li aveva raggruppati in battaglioni: un battaglione per quartiere.

Il quaranta per cento degli affiliati era costituito da pregiudicati e sor-

vegliati (per modo di dire!) dalla Polizia.

– I tuoi uomini sono tutti pezzi da galera – dissi a Secondari, una del-

le poche volte in cui parlammo di politica.

Mi guardò, scrollò le spalle e rispose:

– Sono quelli che ci vogliono per voi!

– Credi? – risposi con tono beffardo.

– Ne sono certo! – poi, mentre un lampo sinistro gli attraversava lo

sguardo, soggiunse – Te ne accorgerai tra giorni.

E mi lasciò.

Qualche settimana dopo i giornali sovversivi annunciavano una

«grande adunata proletaria all’Orto botanico per protestare contro la

reazione fascista». Per quel giorno, inquadrati regolarmente, avrebbe-

ro fatto la loro prima comparsa «ufficiale» gli Arditi del popolo.

Si era allora in uno dei più critici periodi del dopoguerra: era il tem-

po della viltà più schifosa da parte dei borghesi, infrolliti, timorosi,

spaventati dagli stracci rossi. A Roma fra fascisti e nazionalisti non e-

ravamo più di cinquecento: cinquecento contro cinquemila!

E gli Arditi del popolo ci avevano fatto sapere che in quel giorno a-

vrebbero messo le bandiere rosse in piazza Colonna e ci avrebbero «di-

strutti» (era la parola esatta) con le loro bombe a mano.

Lo squadrai con una guardata.

Dove lo avevo veduto prima di allora? Diamine non potevo ingan-

narmi: quell’omettino piccolo e nervoso, bruno, con gli occhi vivi pe-

netranti animati da una strana luce, io dovevo pur averlo veduto in

qualche posto…

Dove?

Argo Secondari

Ci rivolgemmo una lunga serie di domande, frugammo un po’ nella

memoria, ci domandammo a vicenda qualche notizia sul nostro pas-

sato: gli studi, il servizio militare, la guerra.

La guerra… finalmente avevamo trovato! Ci eravamo conosciuti in

guerra sul Grappa e più precisamente sull’Asolone: lui tenente degli Ar-

diti ed io sottotenente, comandante il reparto d’assalto della brigata

«Abruzzi».

Insieme avevamo vissuto una giornata densa di fuoco, di piombo, di

sangue. Ci demmo del tu, fraternizzammo, ricordammo episodi, loca-

lità, nomi e […] dimenticammo per qualche ora di essere irreconcilia-

bili avversari politici.

Argo Secondari, astrazione fatta dalla sua attività sovversiva, era u-

na simpaticissima persona: un po’ disordinato, un po’ sregolato, ma

molto intelligente, d’una intelligenza tutta luce, tutta sprazzi, che lo

differenziava notevolmente dai suoi compagni di lotta e che nel campo

sovversivo gli aveva permesso di imporsi anche ai capi più temuti.

Appartenente a una distinta famiglia di medici, sanitario esso pure,

aveva abbandonato l’esercizio della professione per dedicarsi allo stu-

dio delle scienze occulte e si era immerso nelle più strane ricerche er-

metiche, con una passione esagerata che lo portava a parlare conti-

nuamente con gli amici dei suoi pazzeschi tentativi.

Quando ne parlò con me ebbi subito la netta percezione del suo

squilibrio mentale. E non mi ingannavo.

Ambizioso fino all’inverosimile, dotato di una sproporzionata con-

cezione della propria forza e della propria potenza, si era gettato a cor-

VALERIO GENTILI

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due persone, e la sorpresa si tramutò in stupore allorché mi accorsi che

una di esse era… Argo Secondari.

Incontro voluto o capriccio del caso? Non l’ho mai saputo.

– Vi diamo molto da lavorare a quanto sembra – mi disse Secondari

mentre mi stringeva la mano.

Mi accorsi subito che il capo degli Arditi del popolo era a conoscen-

za della riunione e perciò credetti inutile mentire.

– Precauzioni necessarie – risposi.

– Necessarissime non ne dubito ma forse inutili – replicò Secondari.

– Non darete battaglia?

– Al contrario, verremo ma la vostra resistenza sarà inutile.

– Siete dunque tanto temibili? – esclamai ridendo: poi soggiunsi iro-

nicamente – Spero che vorrai risparmiarmi!

– Sei dunque tanto scettico sulla forza della mia organizzazione?

– Scettico come di tutto ciò che non conosco.

Secondari tacque per qualche istante poi come rincorrendo uno

strano pensiero, mi disse:

– Vuoi venire domani all’Orto botanico per veder da vicino i miei uo-

mini? Ti garantisco nel modo più assoluto l’incolumità.

Lo guardai fisso negli occhi, poi dopo una breve esitazione risposi:

– Verrò.

La sfilata degli Arditi del popolo

Il giorno dopo, vestito del mio abito più vecchio, con una cravatta

nera svolazzante e con la pistola in saccoccia, all’ora fissata mi recai nel

luogo dell’adunata proletaria. Avevo nel portafogli una tessera da Ardi-

to del popolo che Secondari mi aveva fatto avere a casa in mattinata.

Non starò a descrivere quel che fossero in quel giorno l’Orto botani-

co, il Colosseo e le località adiacenti: una folla enorme di operai, di pic-

coli impiegati, di disoccupati agglomerata attorno ai ruderi delle Ter-

me di Caracalla. E canti, ed inni libertari e puzzo di vino, di cattivo ta-

bacco, di rifiuti d’osteria.

Quante persone? Forse centomila.

La vigilia del gran giorno alle dieci di sera, in casa di Calza Bini, al-

lora capo del fascismo romano, ci riunimmo in venti o trenta tra i capi

delle squadre fasciste e nazionaliste.

Preparammo il nostro piano di resistenza: mi sembrava di essere ri-

tornato ai giorni della grande guerra ed era veramente bello, veramen-

te commovente, vedere quelle due o tre decine di uomini che, mentre

l’apatica Roma dormiva, vegliavano per preparare la difesa che doveva

salvarla dall’ignominia della plebe rossa.

Il piccolo salotto di Calza Bini era saturo di uomini.

Alcuni nomi perché Roma ricordi ed oggi possa maggiormente ap-

prezzare: Pollastrini, Gregoretti, Maraini, Igliori, Candelori, Gugliel-

motti, Corsi, Brigiutti, Maspes, Poggioli, Scambelluri, Salvitti, Senza-

sono, Fossi, Baldari, Pesci-feltri, Foschi, Sarocchi, Bissi, Freddi, Mag-

gi, Quaranta. I capi del fascismo e del nazionalismo romano.

Ognuno di noi ebbe un compito assegnato ben preciso: furono sta-

biliti collegamenti fra squadra e squadra, fra centuria e centuria ed o-

gni gruppo di uomini ebbe un punto di riferimento: un caffè, un risto-

rante, una latteria, un posto insomma dove si potessero attendere gli

avvenimenti senza destare l’attenzione della Polizia e donde si potesse

scattare da un momento all’altro verso il luogo della lotta.

Alla mia centuria purtroppo spettò un posto di seconda linea: il Bar

Cillario a piazza Colonna.

Mi sembrava di essere un imboscato di fronte a quelli che si trova-

vano in via Nazionale o in piazza di Pietra e che perciò avrebbero do-

vuto ricevere prima di noi l’urto dei rossi.

Uno strano invito

Ma il destino volle che le cose andassero, almeno per me, molto di-

versamente.

Erano le tre del mattino quando la riunione ebbe termine: alcuni sa-

luti frettolosi e ci congedammo dal nostro capo.

All’angolo di via Giovanni Lanza (Calza allora abitava in via Cavour

ed io stavo a piazza Vittorio) fui molto sorpreso nel vedermi fermare da

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A noi!

Cominciai a correre appresso alla folla, la superai, superai i gruppi

di guardie e drappelli di soldati e mi diressi a piedi (lo sciopero aveva

paralizzato i pubblici servizi) verso il centro.

Poca gente per le vie di Roma: la borghesia stava rinchiusa in casa.

Arrivai, non ricordo come, a piazza Colonna: al Cillario c’erano al-

cuni uomini della mia centuria: narrai loro ciò che avevo veduto e dis-

si che era necessario impedire l’avanzata dei rossi.

In piazza Colonna, in piazza di Pietra, al largo Sciarra incontrai altri

fascisti: fummo tutti concordi nell’idea di dover agire ad ogni costo.

Ci dirigemmo alla spicciolata verso piazza Venezia. Saremmo stati u-

na cinquantina. Mentre arrivavamo all’altezza del bar mondiale, da via

Alessandrina sboccava sulla piazza la testa della colonna sovversiva:

bandiere rosse, canti, urli, squilli, cariche di cavalleria. Ma la massa a-

vanzava, imponente, terribile, noncurante dei cordoni di forza pubblica.

Erano loro, gli stessi che avevo visto pocanzi all’Orto botanico, im-

baldanziti dalla facile vittoria ottenuta sulle guardie regie, ubriachi

d’entusiasmo, felici di trovarsi nel cuore della Roma borghese.

Parecchie migliaia di uomini armati.

E noi? Cinquanta, settanta al massimo. Ma non esitiamo, ci guar-

diamo in faccia uno per uno, ci passiamo la voce uno all’altro mentre

afferravamo con mano ferma una rivoltella o un pugnale.

Un grido: A noi!

Poi una corsa pazza, un rovesciare di gente, un crepitio di rivoltelle

e l’urlo confuso della folla che si sbanda in mezzo a un ripetersi di co-

mandi, di imprecazioni, di detonazioni.

E la massa degli Arditi del popolo? La terribile colonna rossa?

Fuggita, dispersa, frantumata nelle tante vie laterali della piazza: in

terra qualche bastone e qualche cappello. Le autoambulanze racco-

glievano i feriti.

Nel manicomio di Rieti, si può oggi vedere un malato. Bruno, dagli

occhi vivaci con lo sguardo stranamente fiero.

Mi portai verso il centro della calca: sopra un rudero ricoperto di

drappi rossi c’erano gli oratori. Salii anch’io là sopra: nessuno si ac-

corse di me tanto era l’entusiasmo pazzesco della folla. Vidi Secondari:

vestiva la sua divisa di Ardito e portava in testa un fez nero: notai che

dalla giubba aveva tolto le stellette e i distintivi delle decorazioni.

Mi vide e sorrise: aveva gli occhi vivaci che brillavano stranamente:

di lì a poco scese dal rudero e scomparve tra la folla. Dopo circa un

quarto d’ora, mentre l’applauso che aveva salutato le parole d’un ora-

tore si andava affievolendo, si fece nella folla un gran movimento ed al-

cuni gridi si levarono:

– Gli Arditi!

– Ecco gli Arditi del popolo!

– Ecco i nostri salvatori!

E venivano infatti: inquadrati perfettamente, camminavano con

passo marziale dietro il comando dei capi.

In testa Secondari pallido e fiero.

– Gli Arditi! Gli Arditi del popolo!

Avanti o popolo alla riscossa

Bandiera Rossa, Bandiera Rossa…

Il canto sovversivo.

Quanti erano gli Arditi del popolo? Mille, duemila, cinquemila?

Quanti? Non so con precisione. So solo che in quel momento sentii

una stretta penosa al cuore. Un senso di scoramento. Scoramento ma

non paura, che anzi mi ribollì e provai un desiderio folle di gridare, di

menar le mani, di battere quegli uomini, di urlare a quella massa u-

briaca tutto il mio disgusto, tutto il mio disprezzo.

Ed in tanto bandiere rosse in testa, gli Arditi del popolo e la gran

massa della folla si erano incanalati giù verso il Colosseo, e si dirigeva-

no terribilmente compatti, verso la città Immortale che aveva veduto

il trionfo dei Cesari e che doveva subire l’onta di quella marmaglia ur-

lante nelle vie.

Presso gli archi del Colosseo uno squadrone di Guardie Regie a ca-

vallo tentava invano una debole resistenza.

VALERIO GENTILI

202

Page 103: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

205

rinnovata la confessione del criminoso disegno, insieme alla richiesta

di armi e munizioni per attuarlo;

Che in seguito a ciò il tenente, rientrato al forte e seguito da una pic-

cola schiera di Arditi, muoveva in arresto dei ribelli che, avendo però

intuito il pericolo, si erano intanto andati disperdendo;

La confessione dei fatti

Che procedutosi non dimeno all’arresto di vari individui, si poteva

da taluni avere la confessione dei fatti così esposti, mentre nelle adia-

cenze del forte si rinvennero parecchie bombe ed una latta di polvere,

come altre munizioni furono scoperte nella stessa abitazione del Se-

condari.

Ritenuto che in conseguenza di questi delittuosi avvenimenti, che

parvero a primo aspetto diretti a provocare un saccheggio, della coin-

cidenza coi moti cittadini per il caro-viveri e del sospetto di accordo co-

gli elementi anarchici, si credette di elevare a carico dei responsabili la

imputazione del delitto di cui all’art. 252 del Codice Penale;

IN DIRITTO. Il cambiamento di rubrica del delitto

Considerando invece più attentamente la fisionomia giuridica del

fatto, quale gli atti processuali hanno messo a rilievo, se ne ricava che il

proposito del Secondari e dei suoi compagni fu di occupare violente-

mente i locali del parlamento e di Palazzo Braschi per rovesciare il Mi-

nistero in carica, il cui atteggiamento e il cui programma, specie per le

tendenze e per le direttive del presidente del Consiglio, non garbavano

agli imputati: e di ciò non è prova soltanto la confidenziale dichiara-

zione fatta dal Secondari al tenente Albino quando egli si illuse di po-

terlo avere suo complice, ma sono testimonianze anche più chiare gli

interrogatori resi dallo stesso Secondari e dagli altri, confortati da tut-

te le risultanze della istruttoria, che hanno svelato la psicologia dei

principali componenti la società degli Arditi.

Ora, se il moto insurrezionale tentato dagli imputati ha avuto di mira

i Poteri dello Stato, ed in particolar modo il potere esecutivo, volendo

Taciturno, intrattabile, il povero pazzo si trova rinchiuso lì dentro da

oltre quattro anni.

Si chiama Argo Secondari.

Documento 14:

Sempre in tema di complotti. Un documento che convince di

mendacio l’«Idea Nazionale» («Il Giornale», 22 maggio 1920).

[…] IN FATTO. La società degli Arditi

Ritenuto in fatto che una «Società degli Arditi» costituitasi in Roma

tra la fine del 1918 e il principio del 1919 caduta sotto la presidenza di

tal Argo Secondari – uomo che gli atti descrivono come fanatico e au-

dace – andò ben presto sostituendo al suo originario programma di

mutualità e assistenza quello di provocare agitazioni politiche e di

scuotere la disciplina militare;

Che il Secondari seguendo il suo istinto e valendosi del domino mo-

rale esercitato sugli aggregati al sodalizio maturò il proposito di pro-

vocare una rivolta contro i Poteri dello Stato e a questo fine cercò di ot-

tenere la partecipazione principalmente dei militari di stanza nel for-

te di Pietralata, cioè di alcuni gruppi di bombardieri e del 17° Reparto

d’assalto, non senza sollecitarne anche, per quanto sembra, il delittuo-

so concorso di vari elementi anarchici della città;

Che infatti nella notte dal 6 al 7 luglio u. s., il Secondari, messosi a

capo di un manipolo di una quarantina di persone e recatosi nei pres-

si del forte di Pietralata, diede opera per indurre il battaglione degli Ar-

diti colà alloggiati a unirsi a lui ed a consegnare bombe a mano ed armi

da caricare su di un camion e di una automobile che già l’eccitatore e i

suoi avevano a disposizione. L’insano tentativo però trovava resistenza

nel sentimento del dovere e della disciplina di quei militari, i quali, in-

vece di cedere alle gravi eccitazioni, misero tosto i loro superiori a no-

tizie di quanto stava accadendo, sicché il tenente Albino poté parla-

mentare coi rivoltosi e mostrando di ignorare i loro propositi, vedersi

VALERIO GENTILI

204

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ROMA COMBATTENTE

207

Ieri sera verso le 24 in prossimità di via dei Crociferi nacque una

questione tra il tenente Argo Secondari e un operaio muratore, tal

Gianni Gubbio, di anni 25, da Marino.

La questione originata da divergenze di vedute politiche per alcuni

articoli apparsi su giornali [«Epoca» del 20 ottobre, nda], ben presto

degenerò in un pugilato.

Accorsero alcune guardie regie che divisero i contendenti i quali si

allontanarono di pochi passi, ma poi finirono nuovamente per riac-

ciuffarsi.

Allora le guardie regie, per porre fine alla lite vollero accompagnar-

li in Questura.

Sennonché in piazza Sciarra il Gubbio fu preso da malore e siccome

si avvicinavano in quel momento alcuni gruppi di giovani, gli agenti nel

dubbio che questi volessero far fuggire i due fermati esplosero tre colpi

di rivoltella in aria.

Il tenente Secondari fu condotto alla Questura centrale, ed il Gubbio

al Commissariato di Trevi dove furono interrogati dal commissario

cav. Dante.

Dopo poco il Secondari fu rilasciato in libertà; il Gubbio invece fu

trattenuto in attesa di informazioni.

essi ribellarsi ai metodi di governo contrari alle loro individuali vedute,

è certo che la loro azione si presenta essenzialmente pervasa da un fine

politico, e se così è, ne segue che la ipotesi delittuosa non si debba ricer-

care nell’art. 252 del Codice penale diretto a proteggere il Paese contro

i fatti che minaccino la tranquillità e l’ordine pubblico, bensì dell’art.

120 che prevede appunto gli attentati contro la sicurezza dello Stato.

Certo si potrebbe osservare che questa rigorosa distinzione difficil-

mente troverà corrispondenza nei fatti, essendo di solito anche la guer-

ra civile animata da intenti di natura politica e contenendo in se stessa

anche la insurrezione contro i poteri dello Stato, ma di fronte alla clas-

sificazione del Codice ed ai motivi onde venne spiegata e giustificata

non sarebbe lecito dubitare che la differenza tra i due reati consista

proprio nel fine, secondo che sia politico o non politico.

Ora data al reato attribuito ai prevenuti questa definizione, e rite-

nuto che fra i reati per i quali è stata elargita l’amnistia col recente de-

creto 2 settembre 1919, n. 501 si comprende appunto quella configu-

rata nell’articolo 120 del Codice penale, non rimane altro compito al

Magistrato istruttorio che dichiarare estinta la relativa azione penale.

Amnistiati e non assolti

LA SEZIONE DI ACCUSA dichiara che il fatto compiuto dagli attuali im-

putati costituisce anziché il reato di cui all’art. 252 Codice penale, quel-

lo di tentata insurrezione contro i Poteri dello Stato ai sensi dell’art.

120 Codice stesso e conseguentemente DICHIARA non doversi procedere

contro i medesimi per essere estinta per amnistia la relativa azione pe-

nale ordinando la liberazione degli imputati che siano detenuti o si tro-

vino soggetti a vincoli di libertà provvisoria quando non debbano ri-

manere detenuti per altra causa.

Documento 15:

Un pugilato in via dei Crociferi. Argo Secondari in Questura

(«Il Paese», 30 ottobre 1921).

VALERIO GENTILI

206

Page 105: ROMA COMBATTENTE

209

Note

Introduzione

1. Per ciò che riguarda il Partito socialista, il 22 settembre 1914, la

Direzione e il gruppo parlamentare divulgavano un manifesto, scritto

dal segretario Mussolini, in cui si affermava: «I prestiti coi quali vi si

vuole trascinare al macello non valgono lo sperpero di vite umane e di

ricchezze che la guerra reclama. Riunitevi a comizio. Resistete alle in-

fatuazioni guerrafondaie, opponete le vostre dimostrazioni a quelle dei

partiti che vogliono la guerra». Per iniziativa personale, pochi giorni

dopo, proprio di Mussolini, veniva promosso, attraverso l’«Avanti!» del

25 settembre, un referendum tra le organizzazioni proletarie contro

l’intervento. Nel testo si parlava di «campagna guerrafondaia» patro-

cinata da «pochi transfughi sovversivi». Il riferimento, abbastanza evi-

dente, ai sindacalisti rivoluzionari De Ambris e Corridoni, provocava

la reazione di quest’ultimo dalle colonne de «L’Internazionale» di Par-

ma: «Felice me che ho sempre diffidato di quest’uomo […]. Abbiamo

più volte, su questo ed altri giornali, documentata la malafede del no-

minato signore». Corridoni parlava, a ragione, di malafede: in effetti,

Mussolini, in quei giorni, accompagnava dichiarazioni ufficiali per la

pace a dichiarazioni interventiste, rilasciate in una serie di incontri pri-

vati. L’opinione pubblica apprendeva della doppiezza mussoliniana

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ROMA COMBATTENTE

211

decidendo in seguito di ritirare le truppe italiane dall’Albania. A Roma,

in un’informativa della Questura al Comandante della divisione milita-

re, in data 28 giugno, si informava: «Tra i soldati della Brigata Sassari sa-

rebbe stata in questi giorni fatta larga distribuzione del noto manifesto

stampato clandestinamente dai giovani socialisti e diretto ai soldati che

comincia con le parole “il governo vuole mandarvi in Albania”. Alcuni

dei soldati di quella brigata, che fanno attiva propaganda rivoluzionaria

fra i compagni, avrebbero informato che, nel caso di un’eventuale par-

tenza, non provocherebbero l’ammutinamento in caserma ma durante

il transito […] alla caserma rivoluzionaria, gli elementi anarchici e so-

cialisti, precedentemente avvertiti […] dovrebbero provocare dimo-

strazioni. Gli stessi soldati avrebbero avvertito che se i compagni socia-

listi e anarchici borghesi non si trovassero […] prima di giungere alla

stazione o nella stazione stessa, si ammutinerebbero riservandosi di

vendicarsi contro i compagni da cui sarebbero stati abbandonati». Il te-

sto del manifesto: «AI SOLDATI: il governo vuole mandarvi in Albania. In

Albania c’è ancora la guerra. Noi dobbiamo rifiutarci di andare in Alba-

nia. Tutto il popolo ci difenderà: nessun operaio vuole un’altra guerra.

Soltanto i pescicani la vogliono, il governo, dunque, fa gli interessi dei

pescicani. Solo un governo eletto dai lavoratori (operai, impiegati, con-

tadini) potrà fare gli interessi nostri. In Russia, i soldati si ribellarono e

diedero tutto lo Stato ai rappresentanti dei lavoratori. Così bisogna fa-

re anche in Italia. Nessun soldato ha più fiducia in questo governo.

Quando i lavoratori scenderanno in piazza per fare la rivoluzione nes-

sun soldato sparerà contro di essi. Ma tutti usciranno dalle caserme e di-

ranno: “Noi eravamo contrari alla guerra, ma abbiamo capito che que-

sta è la guerra nostra, la guerra degli sfruttati contro gli sfruttatori, la Ri-

voluzione. Noi vogliamo combattere per dare il governo agli operai, agli

impiegati, ai contadini» (in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabi-

netto 1920, busta 1379, sf. Partito socialista).

3. Informativa del prefetto di Roma, in data 25 giugno 1919, sulle at-

tività dell’ANC, alla Direzione generale di PS (in ACS, MI, PS, a. g. e ris.

1920, busta 79).

dalle dichiarazioni di Cesare Battisti, da un articolo di Giuseppe Lom-

bardo Radice – I socialisti e la guerra. Quel che dice un capo del partito

ufficiale – in cui venivano riportati stralci di una lettera privata scritta

da Mussolini al professore (in «Giornale d’Italia», 4 ottobre 1914), e da

due articoli, scritti dall’allora anarchico Libero Tancredi (vero nome:

Massimo Rocca), comparsi sul «Resto del Carlino» (7 e 10 ottobre

1914) dagli eloquenti titoli: Uomo di paglia e Uomo di bronzo. In segui-

to a questi avvenimenti, Mussolini pubblicava sull’«Avanti!» del 18 ot-

tobre l’articolo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operan-

te, venendo espulso pochi giorni dopo dal partito.

2. Al termine della Prima Guerra Mondiale, in Albania era stato in-

viato un contingente di migliaia di soldati italiani. All’inizio del 1920, al-

cuni delegati politici albanesi avevano costituito a Tirana un governo

provvisorio, rifiutando così il protettorato italiano e chiedendo, con ri-

chiesta formale al ministero Nitti, il riconoscimento di uno Stato indi-

pendente albanese. Di fronte al tergiversare degli italiani, gli indipen-

dentisti avevano attaccato le truppe di occupazione italiane costringen-

dole a ritirarsi verso la costa. Il generale Piacentini, capo delle forze mi-

litari di stanza in Albania, aveva allora chiesto l’invio di nuove truppe in

rinforzo. Alla vigilia di questo invio, il giorno successivo alle dimissioni

del III ministero Nitti, l’11 giugno, scoppiavano tumulti e dimostrazioni

spontanee di soldati a Trieste, guidate dal reparto di Arditi scelto per la

partenza (vedi «Corriere della Sera» 12 giugno, Tumulti a Trieste, Dimo-

strazioni di socialisti e Arditi). Nei giorni successivi i moti contro l’invio

di truppe in Albania si estendevano ad altre città. In particolare ad An-

cona le proteste dei soldati, che proprio da quel porto sarebbero dovuti

partire, assumevano, col sostegno di parte della popolazione e del forte

movimento anarchico locale, carattere insurrezionale. Il 26 giugno i

bersaglieri dell’11° si ammutinavano, i dimostranti, ormai padroni dei

quartieri popolari della città, prendevano possesso della caserma di Vil-

larey, di Ninchi e del Forte Savio, dando anche l’assalto alla Prefettura.

Dopo due giorni di combattimenti il nuovo ministero Giolitti, che aveva

ricevuto ufficialmente l’incarico nella notte del 16, reprimeva la rivolta,

VALERIO GENTILI

210

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ROMA COMBATTENTE

213

rivoluzione, Malatesta, che non nutriva alcuna fiducia rispetto alla

missione democratica delle forze dell’Intesa, aveva scritto nell’ottobre

1914: «Pur giudicando per quello che valgono il “cane arrabbiato” di

Berlino e il “boia” di Vienna, io non ho maggiore fiducia nello czar san-

guinario, né nei diplomatici inglesi che opprimono l’India, che tradi-

rono la Persia, che schiacciarono le repubbliche boere; né nella bor-

ghesia francese, che massacrò i marocchini; né in quella del Belgio, che

permise le atrocità del Congo […]. Unica speranza è la rivoluzione e

poiché credo che da una Germania sconfitta partirebbe con ogni pro-

babilità una rivoluzione, per questo motivo – e per questo soltanto – de-

sidero la sconfitta della Germania».

8. Profilo biografico in appendice.

9. Squilla di guerra (inno dei Fasci interventisti): «All’armi! All’armi!

/ O figli del libero mare, / Sentite già l’urlo possente / Che sorge dal pet-

to fremente / Qual grido di pia libertà? / È grido di guerra, di fede: / È

pianto di madri, di spose, / Di figli, d’amanti amorose / Che invocano il

patto d’amor. / Del popol d’Italia, / Le libere schiere / Già le frontiere son

pronte a varcar. / All’armi! Armi! / L’imbelle viltà di una reggia / E il pre-

go d’un vecchio mendace / Non fiaccano l’alma pugnace / Che guerra al

teutone gridò. / E contro la cricca ribalda / Dei Giuda venduti od igna-

ri / Sian rossi, sian gialli, del pari / Disprezzo dobbiamo bollar / All’ar-

mi! All’armi! / E passi tremenda e sovrana, / La lunga falange dei forti,

/ E spezzi, dei ceppi contorti, / La ferrea, imperial schiavitù. / E libere

genti, e redente / Da l’aquile e i teschi di morte / Cantando «Vittoria!» le

porte / Dischiudano a la Libertà! / All’armi! All’armi / Rivive nei cuori i-

taliani / Di Grecia, di Roma il valore / Che luce di grande splendore / Nei

libri, nei marmi segnò. / Gloriosa epopea del riscatto: / «La guerra che

uccida la guerra!» / E pace su libera terra, / E lotta pel Sogno ideal!» (in

«Guerra Sociale», settimanale anarchico interventista).

10. Profilo biografico in appendice.

11. Ardito dell’11° Reparto d’assalto, in guerra, nel marzo 1919 viene

nominato segretario della neonata Fratellanza tra gli Arditi d’Italia. Sul

finire del luglio 1921, entra a far parte del Direttorio romano degli Ar-

4. N. Valeri, Da Giolitti a Mussolini, Momenti della crisi del liberali-

smo, Parenti Editore, Firenze, 1956.

5. Scriveva il nazionalista triestino Attilio Tamaro: «Un rapporto di

potenza, un equilibrio nazionale tra slavi ed italiani nell’Adriatico non

si formano, non trovano elementi stabili, non si fondano su basi dure-

voli che in Dalmazia. Chi possiede la Dalmazia regola a suo favore quel

rapporto politico e quell’equilibrio nazionale dell’Adriatico. Se l’italia-

nità della Dalmazia rimane soggetta o soggiace agli slavi, non solo ces-

sa di vivere la sua vita nazionale ed ideale una parte della Nazione ita-

liana, non solo passa in dominio straniero un immenso patrimonio

spirituale e politico ereditariamente spettante all’Italia, ma essendo ri-

solto a favore degli slavi – croati o serbi – l’equilibrio nazionale dell’A-

driatico orientale, l’Italia perde le basi della sua preponderanza» (in A.

Roccucci, Roma capitale del nazionalismo, Istituto per la Storia del Ri-

sorgimento italiano, Memorie, Roma, 2001).

6. Frase pronunciata nel corso di un contraddittorio con Turati a Mi-

lano (in «Secolo», 1 novembre 1914). Appena uscito dal carcere, Cor-

ridoni aveva esplicitato la sua scelta interventista in una conferenza,

sempre a Milano, l’11 settembre 1914. Aveva continuato la campagna

pro intervento dalle colonne de «L’Avanguardia», periodico dell’Unio-

ne sindacale milanese.

7. Il manifesto risale al febbraio 1916, ma Kropotkin aveva già chia-

rito la sua posizione pro intervento nel 1914 in un articolo comparso

sul periodico londinese «Freedom», giornale dalle cui colonne Malate-

sta sosteneva, dal suo forzato esilio inglese, la polemica contro quegli

anarchici, tra cui gli stessi Cipriani e Kropotkin, folgorati sull’«altare

della Patria». In risposta al Manifesto dei sedici Malatesta aveva fatto

pubblicare, nell’aprile 1916, l’articolo Anarchici di Stato. Sempre su

«Freedom», nel novembre 1914, era comparso un altro articolo, a fir-

ma Malatesta, in risposta all’infatuazione di parte del movimento per

la «guerra rivoluzionaria», dall’eloquente titolo: Gli anarchici hanno

dimenticato i loro princìpi. Ostile al militarismo austroprussiano, ma

allo stesso tempo scettico sulla possibilità di trasformare la guerra in

VALERIO GENTILI

212

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ROMA COMBATTENTE

215

divenuto segretario della Federazione nazionale legionari fiumani, si

batte indefessamente per far assumere alla nuova associazione un ca-

rattere il più possibile ostile al trionfante fascismo mussoliniano. Ri-

mane nella dirigenza della Federazione fino al suo definitivo sciogli-

mento, per ordine del Regime, nel 1926.

18. Per un profilo biografico di Achille Mastrosanti si veda V. Genti-

li, La Legione romana degli Arditi del popolo, Purple Press, Roma, 2009).

19. Profilo biografico in appendice.

20. Profilo biografico in appendice.

CAPITOLO I

1. Dopo la rotta di Caporetto, il Commissariato generale per la pro-

paganda interna aveva organizzato un’inchiesta sugli umori dei solda-

ti in licenza inviandone i risultati al governo. Tra le varie lamentele as-

sumeva contorni di massa la denuncia della piaga più patita dai com-

battenti, quella dell’imboscamento. Il rancore dei militi si indirizzava

principalmente contro quei dirigenti attraverso i quali tale ingiustizia

si perpetrava e da ciò nasceva una sfiducia generalizzata verso i capi ci-

vili e militari, cioè verso l’organizzazione statale stessa. Il tallone del

grande inganno sotto il quale le masse dei combattenti si sentivano

schiacciate dava corpo a un diffuso spirito disfattistico, con cui i più si

spingevano fino a invocare la sconfitta. Secondo i commissari e i se-

gretari provinciali incaricati di raccogliere informazioni, la colpa mag-

giore del diffondersi tra le truppe del disfattismo era da attribuirsi alla

propaganda socialista. Fatto sta che la relazione sull’inchiesta, inviata

nel maggio 1918, a pochi mesi, cioè, dalla vittoria, era chiaro indice del

vasto malcontento delle masse nei confronti del sistema liberale. Alcu-

ne frasi raccolte nell’inchiesta: «Si grida spesso: Evviva l’Austria», «I

soldati in licenza fanno sfacciatamente del disfattismo. Essi dicono fa-

remo un nuovo Caporetto», «Sono partiti mille soldati per il fronte gri-

dando: Abbasso la guerra. Minacciavano di uccidere non austriaci ma

diti del popolo. Figura chiave rispetto all’organizzazione tecnico-mili-

tare delle squadre di autodifesa proletaria, nell’ottobre 1922 è alla testa

della resistenza organizzata dai battaglioni di Trastevere e Testaccio

nei giorni della marcia su Roma (per le notizie di carattere biografico

su Cioccolanti si vedano la scheda ad nomen al Casellario politico cen-

trale nell’Archivio centrale di Stato e il sottofascicolo, recante il suo no-

me, all’interno del fascicolo Anarchici, in Archivio di Stato di Roma,

Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322).

12. Profilo biografico in appendice.

13. Testo integrale pubblicato sul periodico repubblicano «L’Inizia-

tiva», n. 324 del 19 aprile 1919.

14. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84, f. Settimana rossa di Ber-

lino.

15. Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1322, f. Anarchici, sf. Ubaldo Cioccolanti.

16. Vincenzo Baldazzi, Ardito del 212° Raggruppamento fanteria,

mutilato e decorato di guerra, membro del Comitato d’azione della F-

tAI, nel luglio 1921 entra nel triumvirato che è alla guida degli Arditi del

popolo in ambito nazionale. Più di vent’anni dopo, assume il comando

militare delle squadre di Giustizia e Libertà nei mesi dell’occupazione

nazista di Roma (per le notizie di carattere biografico si veda ACS, CPC,

ad nomen, AA.VV., Il movimento operaio italiano, dizionario biografico,

Editori Riuniti, Roma, 1975).

17. Eno Mecheri, volontario di guerra, Ardito decorato e mutilato.

Nel marzo 1919, partecipa all’adunata di piazza San Sepolcro in rap-

presentanza di Genova. Fa parte del primo Comitato centrale dei Fasci

di combattimento e, dall’agosto 1919 al febbraio 1920, riveste la cari-

ca di Segretario aggiunto del movimento. Nei mesi dell’impegno poli-

tico milanese è anche membro di un certo rilievo dell’AAI locale. Nel

febbraio 1920, in seguito alla presa di posizione della maggioranza del

CC fascista, contraria allo sciopero dei ferrovieri e dei postelegrafonici,

abbandona la carica direttiva e si trasferisce nella Fiume dannunziana,

rompendo ogni legame politico col fascismo. Nel biennio successivo,

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

217

ciazione Arditi sono contraddittorie: otto sezioni e diecimila iscritti nel

marzo 1919 […] due sole sezioni sopravvissute nel gennaio 1920 […] e

infine oltre cento sezioni nel luglio 1921, un quarto delle quali in Sici-

lia. Ci sembra più realistico (ma si tratta di stime orientative) calcola-

re un migliaio e poco più di iscritti all’Associazione Arditi nella prima-

vera-estate 1919, successivamente ritiratisi, e attribuire la ripresa del

1921 a manovre clientelari e gonfiature propagandistiche».

7. Il testo integrale dello statuto della sezione romana dell’AAI è con-

tenuto nel fascicolo Arditi d’Italia – Roma, busta 96, in ACS, MI, PS, a. g.

e rsi. 1922.

8. In E. Gentile, La nostra sfida alle stelle, Futuristi in politica, Later-

za, Roma-Bari, 2009.

9. Il 10 novembre 1918, nel corso del corteo indetto a Milano per fe-

steggiare la vittoria in guerra, Mussolini sale su un camion di Arditi e ar-

ringa i presenti: «Arditi! Commilitoni! Io vi ho difeso quando il vigliac-

co filisteo vi diffamava […]. Rappresentate la mirabile giovinezza guer-

riera dell’Italia! Il balenio dei vostri pugnali e lo scrosciare delle vostre

bombe farà giustizia di tutti i miserabili che volessero impedire la mar-

cia della più grande Italia. Essa è vostra! Voi la difenderete! La difende-

remo insieme! Fiamme nere, rosse di tutti i colori, a chi l’onore? A noi!».

In seguito alla costituzione dell’AAI, il 14 gennaio, «Il Popolo d’Italia»

pubblica l’appello agli Arditi per ricevere la bandiera dell’associazione

nel cortile del quotidiano. Cinque giorni dopo, si costituisce nel capo-

luogo lombardo la locale sezione per iniziativa di Carli e del capitano

Ferruccio Vecchi, con sede in corso Venezia 61. Contrariamente a quan-

to accadrà nel corso del biennio successivo, nella sezione della capitale

il raggruppamento milanese rimarrà, indipendentemente dallo scivo-

lare del fascismo su posizioni sempre più reazionarie, sotto lo stretto

controllo della componente mussoliniana. In seguito al tentativo non

riuscito, nell’estate 1920, a opera principalmente di Argo Secondari, in

accordo con gli affiliati di fede repubblicana finanziati dal generale Pep-

pino Garibaldi, di riorganizzare l’associazione su basi chiaramente o-

stili a fascisti e nazionalisti, dando alla sezione romana, epurata dalla

qualche italiano. Gli ufficiali tolleravano», «Tutti aspiravano ad una

pace a qualunque costo» (in merito all’inchiesta si veda Valeri, op. cit.).

2. Per la storia dell’ANC, della Lega proletaria reduci e delle altre com-

pagini combattentistiche minori (l’Unione nazionale dei reduci di

guerra, di area cattolica, l’Unione nazionale ufficiali e soldati smobili-

tati, legata al repubblicano Costanzo Premutti, membro del primo di-

rettivo del Fascio di combattimento romano, l’Associazione naziona-

le volontari di guerra e l’Associazione nazionale reduci zona operante,

entrambe collocabili chiaramente a destra, la romana Associazione

soldati smobilitati, vicina alla sinistra) si veda G. Sabbatucci, I com-

battenti nel primo dopoguerra, Laterza, Roma-Bari, 1974.

3. Il testo integrale del programma dell’ANC, così come quello della

Lega proletaria, sono riportati in appendice nell’opera (cit.) di Giovan-

ni Sabbatucci.

4. Carli, tenente del 18° Reparto d’assalto, effettua il primo appello

alle fiamme nere, il 20 settembre 1918, dalle colonne del giornale «Ro-

ma Futurista»: «Chiamo a raccolta spirituale tutti gli Arditi d’Italia,

tutti coloro che hanno animo di combattenti, orgoglio di italiani, ener-

gia di futuristi. […] Gli Arditi sono la vera avanguardia della nazione.

Avanguardia in guerra, per ora. Domani, tornando alla vita civile, que-

sta avanguardia costruirà con le armi i nuovi valori della politica, del-

l’arte e della ricchezza nazionale». In un secondo appello, il 10 dicem-

bre dello stesso anno, Carli puntualizza: «Le fiamme non devono

scomparire con la fine della guerra. Affinché le vostre forze individua-

li non si sperdano nella totalità […] io vostro camerata, compagno e a-

mico, fondo per voi l’Associazione fra gli Arditi d’Italia».

5. Legati dalla medesima matrice combattentistica Arditi, fascisti e

futuristi romani, per un certo periodo, condividono gli stessi locali del

palazzetto di corso Umberto I.

6. Contestando i dati numerici sull’organizzazione forniti da Ferdi-

nando Cordova (in Arditi e legionari dannunziani, Marsilio, Padova,

1969), Giorgio Rochat (in Gli Arditi della Grande Guerra, Feltrinelli, Mi-

lano, 1981) scrive: «Le cifre fornite dal Cordova sulla forza dell’Asso-

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muovevano tutti nella stessa area di destra […] e i loro contrasti erano li-

mitati alla spartizione dello spazio che la grande riscossa reazionaria la-

sciava loro. Nel 1920, gli Arditi si erano appoggiati a Mussolini per sot-

trarsi al dominio di D’Annunzio al vertice delle sue fortune politiche; nel

1921 accettavano la leadership dannunziana, alquanto ridimensionata

dagli avvenimenti, per sottrarsi all’assorbimento nel movimento fasci-

sta in piena espansione.» (in P. Alatri, D’annunzio, UTET, Torino, 1983).

10. Mecheri mette in guardia, rispetto alla ricostruzione per singoli

nominativi in sede storica della pattuglia del primo fascismo, dai falsi

delle tessere retrodatate e dalle vanterie prive di fondamento, pratiche

tipiche del ventennio fascista. Partendo proprio dalla falsificazione

della tessera del gerarca Achille Starace, che recava la data del 23 mar-

zo 1919 pur essendo questi approdato al fascismo solo nel 1921, Me-

cheri afferma, in polemica con lo storico Sinibaldo Tino: «Se il Tino si

fosse dato la briga di ricercare nella stampa d’allora i nominativi dei

partecipanti all’adunata di piazza San Sepolcro e al primo congresso

dei Fasci tenuto a Firenze nell’ottobre 1919, si sarebbe subito accorto

che pel novanta per cento questi partecipanti non si trovavano più nel-

le manifestazioni fasciste del 1921 perché ritrattisi per passare all’op-

posizione di fronte alle degenerazione del movimento». Insistendo sul-

la netta cesura tra i fasci diciannovisti e quelli del 1921, Mecheri fa un

elenco di alcune personalità particolarmente significative del fascismo

diciannovista: «L’onorevole Guido Podrecca, Enrico Besana, l’avvoca-

to Giacinto Francia: veterani del socialismo italiano; Alceste De Am-

bris, Agostino Lanzillo, Niccolò Fancello, Ildebrando Cocconi: sinda-

calisti; l’attuale capo del Partito socialista Pietro Nenni, Mario e Gui-

do Bergamo, Otello Masini: repubblicani; il maestro Toscanini […] lo

storico prof. Carlo Barbagallo e tanti altri della stessa fede e onestà dei

primi» (in E. Mecheri, Chi ha tradito? Rivelazioni e documentazioni i-

nedite di un vecchio fascista, Libreria lombarda, Milano, 1947).

11. Nella prima domenica del giugno 1919 si tenevano i primi con-

vegni regionali dei fasci. Al convegno dei fasci liguri veniva approvato

all’unanimità un ordine del giorno, redatto da Eno Mecheri, a sostegno

precedente dirigenza guidata da Giuseppe Bottai, il ruolo di Comitato

centrale per la ricostituzione dell’organizzazione a livello nazionale, la

sezione milanese, fortemente ostile a questi progetti, guidata dai fasci-

sti Vecchi e Gino Coletti fonda, in novembre, l’Associazione nazionale

tra gli Arditi d’Italia (ANAI), che non solo rifiuta il radicalismo sociale di

quei settori degli Arditi di cui è espressione Secondari, ma anche le i-

stanze legionarie dannunziane, espresse nella Carta del Carnaro, attorno

alle quali, nel frattempo, si è concentrato il grosso delle forze disperse

dell’arditismo. In questo primo periodo di vita, l’ANAI si attesta su posi-

zioni in molti casi filomussoliniane, come testimoniano i plausi e gli o-

nori tributati al futuro Duce nel corso del primo congresso nazionale

dell’associazione in marzo a Milano, al quale lo stesso Mussolini parte-

cipa intervenendo tra gli applausi (si veda il fascicolo Arditi d’Italia, in

ACS, MI, PS a. g. e ris. 1922, busta 96). Ma presto gli equilibri interni al-

l’organizzazione, come già era accaduto per l’AAI, si ribaltano, e Coletti,

divenuto nel frattempo segretario generale ANAI, è costretto ad accetta-

re i nuovi orientamenti dannunziani che sul finire della primavera di-

vengono maggioritari. Il proclama rivolto da D’Annunzio il 3 luglio ai

suoi legionari, in cui per porre fine alle connivenze col fascismo si fa di-

vieto di iscrizione a partiti politici, viene fatto proprio dall’ANAI, che ai

primi del mese tiene il suo convegno nazionale a Roma. Nella discus-

sione, la linea ostile al fascismo, che è rappresentata dai due leader del-

la Federazione nazionale dei legionari fiumani, Alceste De Ambris ed E-

no Mecheri, ha la meglio sull’impostazione di Coletti. Il convegno, che

originariamente doveva tenersi nei locali della sezione romana dell’or-

ganizzazione in via Germanico, ha corso invece nello studio privato di

un avvocato, poiché nella sede capitolina le correnti sovversive, pochi

giorni prima, hanno costituito gli «Arditi del Popolo» (in merito al con-

vegno di Roma si veda «L’Ardito» del 9 luglio 1921). Proprio partendo

dalle giravolte politiche di Coletti, prima fascista, poi dannunziano, in

seguito di nuovo fascista, l’analisi fatta dallo storico Giorgio Rochat sul

fenomeno dell’arditismo nega una reale radicalizzazione in senso anti-

fascista degli Arditi: «La realtà è che fascisti, Arditi e dannunziani si

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nostro, ma le mie parole e la mia dimostrazione convincente e la fede

sicura che mi riconoscono li tenne in una opposizione talmente corri-

spondente all’alto spirito fascista da farli in definitiva votare con l’as-

semblea unanime».

14. Secondo una relazione del prefetto di Roma alla Direzione gene-

rale di Pubblica sicurezza, in merito all’iniziativa L’Italia chiama, pro-

mossa dal Fascio di combattimento l’11 maggio 1919, Fabbri sarebbe

divenuto il leader della sezione romana in seguito all’allontanamento

dalla città di Mario Carli (in ACS, MI, PS 1920 a. g. e ris., busta 105).

15. In numerosi corsivi su «Il Popolo d’Italia» dello stesso periodo,

Mussolini, insistendo sul carattere innovatore del fascismo, avrebbe

invece ribadito l’assenza di una pregiudiziale istituzionale precisa da

parte del suo movimento: «Le pregiudiziali sono delle maglie di ferro

o di stagnola. Non abbiamo la pregiudiziale repubblicana, non quella

monarchica […]. Siamo dei problemisti, degli attualisti, dei realizza-

tori». Secondo lo storico fascista Giorgio Alberto Chiurco, anche nella

riunione romana del 21 giugno Mussolini non avrebbe espresso una

posizione netta sulla questione (G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione

fascista, Vallecchi, Firenze, 1929). La posizione duttile assunta da Mus-

solini aveva probabilmente lo scopo di stemperare le chiare posizioni

di sinistra emerse da San Sepolcro e quindi di non compromettere l’in-

terlocuzione verso destra del neonato fascismo.

16. Nei mesi successivi, Ambrosini abbandona l’AAI e i fasci, avvici-

nandosi al Partito socialista e alla Lega proletaria reduci. Il 31 dicem-

bre dello stesso anno, partecipa come oratore alla conferenza dal titolo

Il potere al proletariato al circolo socialista di Trastevere.

17. Per iniziativa di Vecchi viene approvato il seguente ordine del

giorno: «Considerando il delinearsi in seno al congresso dell’Associa-

zione nazionale combattenti di tendenze politiche affini a quelle del-

l’Associazione Arditi e dei Fasci di combattimento, si delibera di invi-

tare la sezione di Roma dell’Associazione combattenti ad una riunione

per discutere le linee di un’azione comune fra le due associazioni da

proporsi al congresso».

della spettacolare operazione messa in atto dal leader sindacalista Giu-

seppe Giulietti, pochi giorni prima, nel porto di Genova. Alla testa dei

suoi portuali, Giulietti aveva bloccato la partenza dei piroscafi Persia,

Gablour, Fedora e Nippon, carichi di munizioni inviate dall’Intesa agli

eserciti bianchi in lotta contro la Russia sovietica. Di seguito il testo

dell’ordine del giorno che fece andare su tutte le furie (corsivo di Me-

cheri) Mussolini: «Il Convegno regionale ligure dei Fasci di combatti-

mento plaude all’atteggiamento deciso dei lavoratori del mare di op-

porsi a che vengano trasportate in Russia truppe e materiale per conto

dell’Intesa allo scopo di soffocare quel movimento rivoluzionario; e – a-

straendo da quelle che possono essere le manchevolezze e le colpe di

quel governo sovietista – rivendica al popolo russo la libertà di decide-

re dei propri destini» (Ibidem).

12. Ad esempio, nella circolare indirizzata dalla giunta esecutiva del

Fascio di combattimento romano agli iscritti, il 25 agosto 1919, per la

preparazione della lotta elettorale, si fa riferimento agli affiliati con la

formula «egregio compagno» (documento in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920,

busta 105).

13. Secondo un’informativa della PS, del 7 ottobre 1920, durante il

ministero Nitti, il Fascio romano avrebbe ricevuto finanziamenti dal-

l’Associazione nazionalista e dall’industriale Oscar Sinigaglia. In una

lettera, il 18 aprile 1920, scritta da Fabbri al segretario del Comitato

centrale Pasella si accusavano i soci nazionalisti e liberali di voler

«neutralizzare la capacità combattiva del Fascio stesso» (cfr. E. Genti-

le, Storia del Partito fascista 1919-1922, Movimento e milizia, Laterza,

Roma-Bari, 1989). Mesi prima, proprio grazie all’intercessione del re-

pubblicano e futurista Fabbri, che successivamente, nel febbraio 1920,

avrebbe promosso l’orine del giorno per l’espulsione degli iscritti con-

servatori, le resistenze della maggioranza dei fascisti romani alla con-

fluenza nell’Alleanza Nazionale erano state piegate. Scriveva Fabbri a

Pasella il 23 ottobre 1919: «Alcuni amici come Rocca e Bottai furono

dell’opposizione perché credevano di vedere nell’unione al centro e al-

la destra interventista un abbandono del programma rivoluzionario

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organizzazioni proletarie […] sulla gestione d’industria e servizi pub-

blici; obbligo ai proprietari di coltivare le terre con la sanzione che le

terre non coltivate siano date ai contadini; l’istituzione della nazione ar-

mata; una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progres-

sivo che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ric-

chezze; il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’aboli-

zione di tutte le mense vescovili che costituiscono una enorme passività

per la nazione ed un privilegio di pochi; la revisione di tutti i contratti di

fornitura di guerra ed il sequestro del 34% dei profitti di guerra». Il pro-

clama si chiudeva in questo modo: «Combattenti! Il nostro grido è il gri-

do degli Arditi: A NOI! La battaglia che accettammo nel maggio 1915, e

che vincemmo nel novembre 1918, non ci consente astensione» (in Ar-

chivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1324).

22. Fonogramma interno del 22 ottobre 1919 a firma del questore di

Roma Mori: «Si è costituita l’Alleanza Nazionale alla quale hanno aderi-

to l’Associazione liberale romana, la Sezione nazionalista, il Gruppo na-

zionale liberale, il Fascio romano di combattimento, i Volontari di guer-

ra, l’Associazione Arditi d’Italia. Ha programma di messa in valore della

vittoria e di opposizione agli uomini e ai partiti che non riconoscono es-

sere stata la nostra guerra una necessità storica. Si opporrà alla propa-

ganda del Partito socialista ufficiale, avrà carattere antiministeriale».

23. Proprio in riferimento alle elezioni di novembre nel congresso di

Firenze, si era stabilito: «I Fasci non possono in nessun caso aderire a

blocchi in cui tutti non accettino i provvedimenti indicati sul program-

ma dei Fasci per l’immediato dopoguerra economico e cioè: decimazio-

ne del capitale, confisca dei sopraprofitti di guerra, tassazione onerosa

sulle eredità e confisca dei beni ecclesiastici. Che il blocco preferibile per

i fascisti è quello che comprende i volontari di guerra, gli Arditi, gli smo-

bilitati, i combattenti, i repubblicani, i socialisti interventisti, i futuristi».

24. I contrasti in seno all’AAI sono oggetto di numerose relazioni, a u-

so interno o destinate alla Direzione generale della PS romana, raccolte

nel fascicolo Arditi – movimento durante il periodo elettorale, busta

1345, in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919.

18. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105, f. Fascio di combatti-

mento Roma.

19. Membro della giunta esecutiva del primo consiglio della sezione

romana con Fabbri e il tenente Petrignani.

20. Nei lavori del congresso emergevano gli allora preponderanti o-

rientamenti repubblicani dei convenuti. La mozione approvata recita-

va: «L’attuale Governo è uscito fuori dalla costituzione vigente dello

Stato con la complicità dei più alti poteri scoprendo la Corona. È quin-

di posto in discussione il Regime. I Fasci di combattimento riuniti nel-

la loro adunata il 10 ottobre 1919 in Firenze reclamano con tutti i mez-

zi la Costituente per la fondamentale trasformazione dello Stato, pro-

ponendosi così di raggiungere un assetto politico sociale ed economi-

co assolutamente nuovo». Allertato da questi proclami rivoluzionari, il

governo, attraverso il generale Albricci, ministro della guerra, faceva e-

manare due circolari riservatissime ai comandi d’armata, per diffidare

gli ufficiali dallo iscriversi ai Fasci. All’incirca un anno dopo, caduto l’e-

quivoco rappresentato dal primo fascismo, una circolare a firma Ca-

leffi, capo ufficio informazione dello Stato maggiore dell’esercito, i-

naugurava il nuovo corso nei rapporti tra forze armate e fascismo (si

veda in merito la nota 185).

21. Nel corso del mese precedente, proprio nel giorno dei moti popo-

lari contro il carovita il 5 luglio, il Comitato centrale dei Fasci procla-

mava «la sua illimitata solidarietà con il popolo delle varie provincie d’I-

talia insorto contro gli affamatori; plaude all’iniziativa della requisizio-

ne popolare e impegna i fascisti a indire e fiancheggiare risolutamente

le manifestazioni di energica protesta contro le forme più ripugnanti

del disfattismo delle classi parassitarie della Nazione». In un manifesti-

no per le politiche di novembre, a firma Fascio romano di combattimen-

to, nel quale in nome della volontà popolare si reclamavano, innanzi-

tutto, «arditi rinnovamenti sociali», «pace e giustizia», si fissavano i se-

guenti punti: «La smobilitazione generale, le otto ore di lavoro come

legge di Stato, i minimi di paga; la partecipazione dei rappresentanti dei

lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria, l’affidamento alle

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30. In R. De Felice, Il fascismo. L’interpretazione dei contemporanei

e degli storici, Laterza, Roma-Bari, 2008.

31. Nell’informativa riservata-urgente del questore al prefetto e alla

Direzione generale di PS, in data 23 febbraio 1920, sulle attività del Fa-

scio di combattimento romano, si fa riferimento all’elezione di Abati-

no nel Consiglio direttivo dell’associazione; altre relazioni, precedenti,

indicano Abatino come elemento di rilievo del Fascio capitolino (in

ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105). Nella relazione del questore alla

Direzione generale di PS sulle attività della neonata associazione degli

Arditi del popolo, in data 7 luglio 1921, il colonnello Abatino viene in-

dicato quale comandante del 1° Battaglione degli Arditi del popolo

composto dalle tre compagnie Dannata, Folgore e Temeraria. Secondo

le fonti di Polizia, Abatino, dopo la sfilata del 6 luglio all’Orto botanico,

si sarebbe allontanato dall’associazione per reazione alla decisione di

Secondari di eliminare dal gagliardetto nero degli Arditi del popolo il

listello tricolore (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1922, busta 98, f. Arditi del po-

polo – Roma).

32. M. Gradi, Questo fascismo, annotazioni di un diciannovista, Edi-

zioni Coscienza del Cittadino, Roma, 1980.

33. La Questura romana, nel febbraio 1919, in merito al Fascio fu-

turista della città e ai suoi rapporti con l’arditismo locale: «Fino ad ora

il numero degli aderenti è limitato sia perché scarsi sono i mezzi di pro-

paganda, sia perché le idee stravaganti propagate dal futurismo politi-

co non si fanno strada, specialmente nella gran massa del pubblico. Ma

non è da escludersi che col tempo questo partito possa avere una con-

siderevole efficienza politica, reclutando specialmente aderenti fra gli

studenti ed i giovani in genere, che per la loro età hanno una mentalità

più accessibile alla propaganda futurista. Il Fascio suddetto si è recen-

temente fatto patrocinatore di una associazione fra gli Arditi che si va

costituendo in via Boccaccio 8 negli stessi locali del periodico “Roma

Futurista”, organo del Partito futurista dell’Associazione predetta.

Quest’ultima avrebbe per iscopo di mantenere spiritualmente uniti gli

Arditi anche durante la pace per costituire con essi un elemento di a-

25. ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 79, f. Fascio di combattimento

Roma.

26. Dalla relazione sulla riunione della Questura al prefetto e alla Di-

rezione generale di PS, in data 10 dicembre: «Umberto Fabbri fece dap-

prima la relazione sull’azione svolta dal fascio nella lotta elettorale,

stigmatizzando l’opera dei democratici-liberali e di nazionalisti, che,

per scopi personali, non furono sinceri. De Martino sostenne che l’uni-

co rimedio per salvare l’Italia dal bolscevismo, dal nittismo, dal giolit-

tismo ecc. è quello di unire tutte le forze dei combattenti in un’unica or-

ganizzazione, ma venne vivacemente rimbeccato dal Fabbri e da altri.

Rocco, per i futuristi, dichiarò che questi dovettero lottare a favore del-

la lista d’Avanguardia, sostenendo che essi soli sono i veri fascisti, che

riuscirono a mandare alla Camera un loro candidato, il Suri, favorevo-

le alla repubblica. Fra vivacissime proteste e commenti, vennero infine

presentati due ordini del giorno: l’uno di De Martino, che propose l’u-

nione di tutte le forze per la salvezza d’Italia, e l’altro di Fabbri, diviso

in due parti, di cui la prima relativa al saluto di solidarietà a Marinetti e

Vecchi, venne approvato all’unanimità, mentre la seconda, relativa al

nuovo indirizzo politico, col distacco dai liberali e dai nazionalisti e

l’appoggio a sinistra, riporta 18 voti favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti».

27. Riservata-urgente 13 dicembre 1919 del questore al prefetto e al-

la Direzione generale di PS, oggetto: Associazione Arditi, in Archivio di

Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1345, f. Arditi, movi-

mento durante il periodo elettorale.

28. Dalla relazione della Questura sulla riunione (in ACS, MI, PS, a. g.

e ris. 1920, busta 105): «Si procedette poi alle elezioni del nuovo Con-

siglio direttivo, elezioni che diedero luogo a vivace discussione avendo

il Fabbri dichiarato essere desiderio del Comitato centrale di Milano e-

spellere dai fasci i nazionalisti, i quali hanno nel loro programma il

motto Dio, Re, Patria, motto che non può essere condiviso dai fasci che

si differenziano appunto dai nazionalisti per la questione religiosa e

costituzionale».

29. Mecheri, op. cit.

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vanguardia in tutte le lotte politiche ed economiche che si svolgeranno

nel dopoguerra» (in Gentile, op. cit.). Rispetto alla «questione futuri-

sta», Gramsci, prendendo le mosse dallo sconcerto generato tra le fila

dell’intellighenzia socialista italiana da una dichiarazione di Lunaciar-

sky al II congresso dell’Internazionale comunista, in cui Marinetti ve-

niva definito un’intellettuale rivoluzionario, scrive il 5 gennaio 1921:

«Molti gruppi di operai hanno visto simpaticamente (prima della guer-

ra europea) il futurismo. Molto spesso è avvenuto (prima della guerra)

che dei gruppi di operai difendessero i futuristi dalle aggressioni di

cricche di letterati e artisti di carriera. […] esisterà una cultura (una ci-

viltà) proletaria, totalmente diversa da quella borghese; anche in que-

sto campo verranno spezzate le distinzioni di classe […]. Cosa resta da

fare? Niente altro che distruggere la presente forma di civiltà. In questo

campo distruggere non ha lo stesso significato che nel campo economi-

co: distruggere non significa privare l’umanità dei prodotti materiali

necessari alla sua sussistenza e al suo sviluppo; significa distruggere

gerarchie spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, significa

non avere paura delle novità e delle audacie […]. I futuristi hanno svol-

to questo compito nel campo della cultura borghese […] quando i so-

cialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione,

quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettan-

to precisa nel campo della politica e dell’economia […]. I futuristi nel

loro campo, il campo della cultura sono rivoluzionari […]» (Marinetti

rivoluzionario?, in «L’Ordine Nuovo»). Tornando sulla questione pa-

recchi mesi dopo, in una lettera a Trotskij: «Al movimento futurista

partecipano oggi monarchici, comunisti, repubblicani e fascisti. […]

Prima della mia partenza, la sezione del Proletcult aveva chiesto a Ma-

rinetti di partecipare all’inaugurazione di una mostra di quadri futuri-

sti per spiegarne il significato agli operai; egli ha espresso in seguito la

sua soddisfazione per essersi convinto che gli operai comprendevano

i problemi del futurismo assai meglio dei borghesi. Prima della guerra

il futurismo era molto popolare tra gli operai. La rivista “Lacerba”, che

aveva una tiratura di ventimila copie, era diffusa per i quattro quinti tra

gli operai. Durante le numerose manifestazioni di arte futurista nei

teatri delle grandi città italiane accadeva che gli operai difendessero i

futuristi contro i giovani della piccola nobiltà e della borghesia che ve-

nivano alle mani con i futuristi. […] Si può dire che dopo la conclusio-

ne della pace, il movimento futurista ha perduto interamente i suoi

tratti caratteristici e si è disperso nelle varie correnti che sono andate

formandosi in seguito alla guerra. I giovani intellettuali erano in gene-

re assai reazionari. Gli operai […] devono oggi lottare armi alla mano

per la loro libertà e hanno scarso interesse per le vecchie discussioni.

(in A. Gramsci, Socialismo e Fascismo, Einaudi, Torino, 1978).

34. Nel loro programma, i nazionalisti non facevano mistero delle

loro mire egemoniche sull’universo combattentistico: «In quest’opera

di salvaguardia del patrimonio morale dei combattenti debbono i na-

zionalisti essere in primissima linea. Ad essi spetta il compito di sot-

trarre i combattenti ad ogni tentativo di accaparramento demagogico,

di cui offrono esempio rilevante le così dette leghe proletarie dei muti-

lati, il carattere antipatriottico delle quali riduce il sacrificio eroico del

combattente a livello morale di un volgare infortunio: ad essi spetta il

compito di farsi organizzatori e patrocinatori degli interessi materiali

e spirituali dei reduci e di valorizzare i meriti e la funzione, che deve es-

sere preminente e decisiva, nella vita nazionale».

35. «Quell’esercito che offre segni di irrequietezza al suo vertice,

quel nazionalismo che potrebbe diventare la bandiera di una sovver-

sione reazionaria magari ispirata dal duca d’Aosta, l’impresa di D’An-

nunzio a Fiume, che rivela quali tentazioni di un colpo di Stato milita-

re serpeggino a destra, non trovano a sinistra una risposta. Può darsi

che anche qui ci siano responsabilità del Partito socialista, che non sa

infatti rivolgere ai soldati né lavorare nelle loro file […]» (in P. Spriano,

Storia del Partito comunista italiano, da Bordiga a Gramsci, Einaudi,

Torino, 1967).

36. «Nel noto rapporto del 4 giugno 1919 sulle origini dei Fasci di

combattimento, l’ispettore generale di Pubblica sicurezza, Giovanni

Gasti, riportava notizie di riunioni segrete tenute a Roma nella sede

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prensibile; commise errori psicologici enormi, moltiplicò intorno a sé

e contro di sé gli equivoci, le antipatie, i nemici» (in «Critica sociale»

1921, n. 7). «Nenni narra che al 2° congresso dell’Internazionale co-

munista, Carlo Radek avrebbe detto che il più grave errore del movi-

mento socialista italiano era stata la sua politica verso gli ex-combat-

tenti» (A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Laterza, Bari, 1965).

40. Interventisti e socialisti, in A. Gramsci, Quaderni dal carcere, Pas-

sato e presente, Einaudi, Torino, 1966.

41. Spriano, op. cit.

42. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1322.

43. Il 15 aprile 1919, poche centinaia di uomini, soprattutto soldati,

con alla testa una cinquantina di Arditi agli ordini di Ferruccio Vecchi,

affrontavano, armi in pugno, un corteo socialista di alcune decine di

migliaia di partecipanti che al termine di un comizio promosso all’A-

rena dalla locale CDL intendeva dirigersi verso piazza del Duomo. Di-

sperse le folle socialiste, gli Arditi si dirigevano alla sede dell’«Avanti!»

e stroncati i deboli tentativi di resistenza dei lavoratori – nel frattempo

i militari posti a presidio del quotidiano avevano sgomberato il campo

– distruggevano e incendiavano sede e macchinari. Il cruento bilancio

degli scontri della giornata si chiudeva con quattro morti (di cui tre so-

cialisti). L’attacco era, probabilmente, la dura rappresaglia messa in at-

to dagli Arditi in risposta agli episodi verificatesi durante il primo cor-

teo promosso nel dopoguerra dalla Federazione socialista milanese il

16 febbraio dello stesso anno. Nel corso del tragitto per le vie della città

del massiccio corteo – oltre ventimila persone – gruppi di dimostranti

avevano percosso e insultato soldati in divisa, decorati al valore e uffi-

ciali, strappato dai balconi e incendiato diverse bandiere tricolori. In

seguito alla ritorsione del 15, gli Arditi venivano fatti oggetto di alcune

avances da parte di ambienti governativi, che miravano, probabilmen-

te, a cooptarli in chiave di guardia bianca nella lotta al bolscevismo no-

strano. L’articolo di Carli dall’eloquente titolo Arditi non gendarmi,

comparso su «L’Ardito» del 18 maggio e indirizzato al ministro della

dell’Associazione nazionalista con la partecipazione di Corradini, Ma-

raviglia, Foschi, Baratelli, Minnuni e Bellonci, durante le quali era sta-

to approvato un programma che prevedeva l’abbattimento del gover-

no, la costituzione di un gabinetto militare, sotto la direzione di Giar-

dino o del generale Caviglia, allora ministro della Guerra, con il com-

pito di realizzare l’annessione di Fiume e della Dalmazia, di proclama-

re lo stato d’assedio e di convocare le elezioni» (in Roccucci, op. cit.).

37. La deriva verso sinistra dell’impresa fiumana avrebbe provoca-

to in ambito nazionalista-conservatore romano, nei primi mesi del

1920, la formazione del gruppo «Contro ogni insidia», il cui obiettivo,

secondo le parole del tenente Carlo Torreano, propagandista dell’asso-

ciazione, era «essere contro all’azione di Gabriele D’Annunzio che

rompe la disciplina e contro il bolscevismo e cioè fautori della discipli-

na» (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105).

38. All’inizio dell’inverno 1920, la sezione romana della Lega prole-

taria, con sede in via Monte della Farina 50, è alla testa di una serie di

proteste che mirano a far concedere al governo una serie di tutele so-

ciali minime, tra cui ad esempio l’accesso gratuito ai mezzi pubblici,

per i mutilati e i pensionati di guerra. In dicembre, alcune dimostra-

zioni sfociano in duri scontri con le forze dell’ordine. Negli incidenti

tra dimostranti e forze dell’ordine a piazza Montecitorio vengono ar-

restati il repubblicano Bartolomeo Cavallini, futuro responsabile am-

ministrativo del battaglione di Ponte degli Arditi del Popolo, e l’anar-

chico Bernardino De Dominicis, direttore del periodico «La Gioventù

Rossa» di area USI. In seguito alle proteste, il primo ministro Giolitti

presenta, il 18 dicembre, un progetto di legge in favore di mutilati e

pensionati dei guerra (in ACS, MI, PS a. g. e ris. 1920, busta 79, sf. Lega

proletaria mutilati invalidi e reduci di guerra).

39. «Il proletariato identificò la guerra con chi l’aveva fatta, sfogò sui

soldati, sugli ufficiali, sulla divisa, su tutto ciò che gli rammentava la

guerra, l’avversione politica contro di questa. Non comprese, non va-

lutò, non seppe rispettare e disarmare e “mobilitare” lo stato d’animo

di chi aveva combattuto con fede e tornava a casa con orgoglio com-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

231

partecipare a tutte le riunioni e comizi di carattere economico e politi-

co pronunciando discorsi violenti ed esercitando attiva propaganda tra

le masse. Anche in occasione di comizi elettorali socialisti e nazionali-

sti il Mingrino prese la parola sostenendo il contraddittorio con di-

scorsi vivaci contro la guerra nazionale […]. La moglie di lui […] fu la

sera del 17 luglio scorso arrestata al viale Castro Pretorio dall’arma dei

RR.CC. mentre distribuiva ai soldati manifestini di propaganda sociali-

sta stampati alla macchia. Risulta che la Direzione del Partito sociali-

sta, dopo gli attacchi fatti da “Roma Futurista” al Mingrino, ripetuti

dalle Battaglie di Eghilberto Martire, lo ha chiamato pregandolo di a-

stenersi dal partecipare ai comizi elettorali di Roma e per ogni buon fi-

ne lo ha mandato a fare la propaganda elettorale negli Abruzzi. Com’è

noto il Mingrino è stato accusato di essere stato interventista durante

la guerra e di essere stato adibito quale propagandista a favore della

guerra al fronte. Chiamato dal segretario Nicola Bombacci ha ammes-

so la cosa che è stata poi confermata dalla lettera dell’On. Colaianni al

“Giornale d’Italia”. A causa appunto della guerra e malgrado le sue di-

chiarazioni di essersi convertito al bolscevismo, è stato allontanato»

(in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322,

f. Socialisti).

CAPITOLO II

1. Un proclama di «ARDITI», in «L’Iniziativa» del 19 aprile 1919: «La

guerra è stata vinta! Abbiamo dato sangue, brandelli della carne no-

stra, l’urlo dell’anima anelante alla vendetta dei fratelli, alla conquista

del diritto italiano diamo ancora l’opera nostra, il cuore, tutto perché

giustizia, libertà e uguaglianza splendano nel cielo d’Italia, “finalmen-

te”. Noi non fummo soldati ai servizi della dinastia, del militarismo, di

una politica torbida di altri tempi, né strumenti di caste o di classe.

Fummo militi di un’“Idea”. Restiamo e saremo militi di un’“Idea”. La

guerra è finita sui campi di battaglia, ma si combatte ancora nel campo

Guerra, generale Caviglia, sgombrava il campo da ogni possibile equi-

voco: «Quali sono questi servizi? La guardia alle caserme, ai forti, alle

polveriere? Non credo. Quale impiego speciale potrebbero avere gli Ar-

diti in queste comunissime funzioni da terribile milizia? Nessuno. Al-

lora si tratta di servizio di ordine pubblico? Cordoni, pattuglie, pic-

chetti armati, nelle varie città più o meno terremotate da mine bolsce-

viche? Abbiamo motivo per credere fondata questa ultima ipotesi. Eb-

bene in tal caso, signor Ministro, la vostra decisione non solo non ci ral-

legra, ma ci addolora profondamente. Voi dite di conoscere ed amare

gli Arditi, ora infliggete loro la peggiore umiliazione, trasformandoli in

poliziotti e sgherri governativi». In seguito alla requisitoria di Carli,

mentre gli onorevoli socialisti Turati e Modigliani facevano una serie di

interrogazioni alla Camera dei deputati contro la pubblicazione de

«L’Ardito», il governo proibiva, con un provvedimento del 28 maggio,

la vendita nelle caserme del giornale in quanto «bolscevico»: «D’ordine

ministeriale pregasi disporre perché sia proibita la vendita e la lettura

nelle caserme del giornale bolscevico “L’Ardito”. Qualora risultasse che

militari, specie nei Reparti d’assalto, vendano in pubblico copie di det-

to giornale, si provveda energicamente avvisando questo Comando dei

provvedimenti presi. Il Capo di Stato Maggiore, Sturani – Il Ten. Gen.

Com.te la Divisione Militare, Sanna» (Comando della Divisione mili-

tare di Torino, Ufficio O.P., 28 maggio 1919, Oggetto: vendita del gior-

nale “L’Ardito”).

44. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84, f. Movimento sovversivo II

– Roma.

45. Ivi, Assemblea dell’Unione socialista romana del 26 settembre

1919, relazione del questore Mori al direttore generale di PS.

46. Dalla relazione, in data 20 ottobre 1919, della Questura romana

alla Direzione generale di Pubblica sicurezza: «Da qualche tempo ave-

va richiamato l’attenzione di quest’ufficio il soprascritto socialista ri-

voluzionario Mingrino Giuseppe già Capitano di [illeggibile] il quale

congedato nell’agosto scorso dalle armi, si era posto in evidenza tra i

socialisti locali prendendo attiva parte al movimento sovversivo, col

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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Francesco Maiore e Edoardo Betti, consiglieri. (in ACS, MI, PS, a. g. e ris.

1920, busta 105, f. Arditi Roma, sf. Fratellanza tra gli Arditi d’Italia).

2. ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105, f. Arditi Roma.

3. Dal telegramma dell’Ufficio riservato del ministero dell’Interno al

prefetto di Roma n. 10349 del 13 aprile: «Si prende atto delle assicura-

zioni circa le disposizioni date affinché il Cioccolanti Ubaldo sia messo

in condizione di non poter tentare alcun atto delittuoso. Si resta in at-

tesa di ricevere ogni altra notizia sul conto del suddetto e si raccoman-

da vivamente di accertare con prontezza e con precisione quali rela-

zioni personali abbia fra i militari e nella città Cioccolanti, se acco-

stasse persone dalle quali possa aver avuto suggestioni e se potesse es-

sere d’accordo con altri per l’attuazione dei propositi che gli si attri-

buiscono». Dal telegramma n. 12461 del 14: «Dai suoi rapporti di ieri e

di oggi emergono elementi che confermerebbero il sospetto che l’U-

baldo Cioccolanti possa avere subito suggestioni ed istigazioni ad atti

delittuosi da compagni che ne conoscevano il carattere […]».

4. I telegrammi e le relazioni della PS cittadina sui propositi attribui-

ti a Cioccolanti e sulle attività della Fratellanza tra gli Arditi d’Italia so-

no contenuti nel sottofascicolo Cioccolanti Ubaldo, all’interno del fa-

scicolo Anarchici, busta 1322, Partiti politici, in Archivio di Stato di Ro-

ma, Prefettura-Gabinetto 1919.

5. Scrive l’allora repubblicano Pietro Nenni, il 17 luglio 1919, sul bo-

lognese «Giornale del Mattino»: «Fu disgrazia che il Partito socialista,

schiavo di alcuni pregiudizi, non intendesse la portata storica dello

sconvolgimento bellico e si facesse prigioniero di una sterile negazio-

ne. Senza codesta diserzione la classe operaia sarebbe già al timone

dello Stato e non avremmo avuto, per quattro anni, l’equivoco di cui su-

bimmo le conseguenze, di un interventismo conservatore che aveva

per obiettivo più che Trento e Trieste, Palazzo Accursio e Palazzo Ma-

rino, più che l’Adriatico, le Camere del lavoro […]».

6. In M. Carli, Con D’Annunzio a Fiume, Facchi editore, Milano,

1920. Nel 1917, la Rivoluzione russa era stata accolta con favore dai fu-

turisti: «La rivoluzione russa dà ragione alle nostre profezie e visioni

economico, politico, sociale, internazionale. Vi sono oggi “tedeschi

nell’animo” in ogni partito. Sono tedeschi nell’animo coloro che so-

stengono ancora le istituzioni monarchiche. Chi crede che un uomo,

perché nato da Re, debba essere capo di un popolo, che si assoggetta al

comando di un uomo che il popolo non ha eletto, è tedesco nell’animo.

Sono tedeschi nell’anima che si oppongono alle sacrosante conquiste

delle classi lavoratrici, alle quali, ogni giorno durante lo sforzo guerre-

sco, furono fatte promesse di un avvenire migliore. È tedesco nell’ani-

ma chi fomenta dissidi ed odi tra i popoli d’Europa e non dà l’opera

sua, il cuore suo per la realizzazione della grande idea della fratellan-

za universale dei popoli. È tedesco nell’anima chi cerca di gettare l’Ita-

lia nostra nelle braccia di un torbido, incosciente bolscevismo. Contro

tutti costoro scendiamo nel campo, nel campo delle lotte civili, “O Ar-

diti d’Italia” tutti voi Arditi, figli del popolo, figli del lavoro, Arditi del-

le scuole, delle officine. Se ascoltate, generosi, la voce dolce di astute fa-

zioni politiche, di gruppi personali, e seguite altre correnti, se eccitati

da uomini di nessuna fede, e smodate ambizioni, foste un solo mo-

mento accanto ai fautori delle idee del passato, e foste adoperati perfi-

no come strumento poliziesco, rialzatevi e sollevatevi. “Siamo i gari-

baldini d’Italia non gli svizzeri o i corazzieri di nessuno”. “Avanti per l’I-

talia nuova, libera, giusta, per l’Italia di Mazzini e di Garibaldi. L’Italia

dei grandi pensieri e delle grandi audacie”. Quando dalle prime file del-

l’esercito noi balzammo alle linee primissime noi non volemmo com-

piere un gesto di ardimento diretto al fine immediato della vittoria

guerresca. Noi avevamo nel cuore una fede politica, una passione po-

litica. Bisognava vincere l’austriaco e il tedesco, mercenari di un di-

spotismo che ispirava tutta la politica dell’Europa monarchica, per

vincere il dispotismo, di ingiustizia, di violenza, di arbitrio, in ogni

campo e in ogni luogo. Uniamoci, lottiamo. Espugneremo le quote più

alte e più impervie del privilegio politico dell’ingiustizia sociale. Avan-

ti! IL COMITATO PROMOTORE». Il Comitato d’azione dell’associazione è co-

sì composto: Aldo Fasano, presidente; Ubaldo Cioccolanti, segretario;

Santore Nobili, cassiere; Vincenzo Baldazzi, Raimondo Francucci,

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so della III Internazionale (riportato nell’«Ordine Nuovo» del 18 agosto

1921), accusava senza mezze misure: «Il partito sotto la direzione di

Serrati ha fatto di tutto per lasciare disperdere la lotta e per consegna-

re la classe operaia inerme nelle mani della borghesia», e ancora: «La

classe operaia dovrà da oggi soffrire assai di più di quanto non fosse ne-

cessario prima, e ciò soltanto perché i capi si collocano a fianco della

borghesia e non a fianco della classe operaia e perché questi stessi ca-

pi furono d’impaccio agli operai durante quel movimento».

10. Le origini del gabinetto Mussolini. La politica del signor Giolitti, i

contadini, il Partito socialista. L’offensiva del marzo 1920, in «La Corre-

spondance Internationale», 20 novembre 1922 (articolo presente nel-

l’appendice I della raccolta: A. Gramsci, Socialismo e Fascismo, «L’Or-

dine Nuovo» 1921-1922, Einaudi, Torino, 1978.

11. In Gramsci, Quaderni dal carcere, cit.

12. In Tasca, op. cit.

13. Antonio Gramsci su la « La Correspondance Internationale» del

20 novembre 1922. Scrive Togliatti in merito alla trasfigurazione dei Fa-

sci di combattimento: «All’origine il fascismo era composto da vari

gruppi, non omogenei, che non avrebbero marciato assieme fino in fon-

do. Vedi le sezioni fasciste delle città. Nel 1919-20 vi trovate degli ele-

menti della piccola borghesia, appartenenti ai vari partiti, che discute-

vano i problemi politici generali, ponevano una serie di questioni, a-

vanzavano delle rivendicazioni. Su questo terreno si ha il primo pro-

gramma del fascismo (piazza San Sepolcro) […]. Prendete invece il fa-

scismo di campagna: Emilia, ecc. Non è così. Sorge più tardi: 1920. Es-

so si presenta sotto l’aspetto di squadre armate per la lotta contro il pro-

letariato. Sorge come squadrismo. […] Nelle sue sedi non si discute. Per-

ché questa differenza? Perché qui è intervenuto immediatamente come e-

lemento di organizzazione, l’agrario» (in P. Togliatti, Lezioni sul fascismo,

Einaudi, Torino, 1974). Mecheri, riguardo alla questione: «A quell’epo-

ca il fascismo aveva una certa efficienza difensiva solo in alcune città co-

me Milano, Torino, Genova, Trieste, Venezia, Brescia, Verona, Roma e

in nessuna di queste città si fece vivo. Le squadre d’azione fasciste si co-

futuriste: vasto cerchio futurista strangolante sempre più il passatismo

degli Imperi centrali. Ben venga la repubblica russa purché le scosse

del parto non sconvolgano il fronte di guerra opposto al bombarda-

mento di ruderi germanici». F.T. Marinetti.

7. Dal volantino della CDL di via della Croce Bianca, in data 9 aprile

1919, in occasione dello sciopero generale pro insorti della Settimana

rossa di Berlino del 10 seguente (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84,

f. Movimento sovversivo I – Roma, sf. Settimana rossa di Berlino).

8. Ivi, volantino dell’Alleanza dei comitati rivoluzionari – Comitato

romano, in data 9 aprile.

9. In un’interessante lettera a firma Lenin, Zinoviev e Bukarin, pub-

blicata dall’«Avanti!» del 14 novembre 1920, inviata al PSI a fine agosto

1920, dopo il secondo congresso della III Internazionale, i dirigenti

bolscevichi bacchettavano la dirigenza italiana rispetto alla sua con-

dotta incerta nella lotta sociale e politica: «[…] Ogni giorno ci apporta

la notizia di nuovi disordini in Italia. Tutti i testimoni, compresi i dele-

gati italiani stessi, assicurano – lo ripetiamo – che la situazione in Italia

è profondamente rivoluzionaria. Tuttavia il Partito, in molti casi, si tie-

ne da parte, e in altri, si contenta di contenere il movimento invece di

sforzarsi a generalizzarlo, a dargli la parola d’ordine, a organizzarlo, a

dirigerlo secondo un piano determinato, a trasformarlo, in una parola,

in un attacco decisivo contro il dominio borghese. In questo caso il par-

tito abbandona in talune località le masse nelle mani degli anarchici, e-

sponendosi così al pericolo di perdere la propria autorità. Tale tattica

è piena di conseguenze deplorevoli, delle quali è difficile misurare la

portata del male che possono cagionare. Così non il Partito conduce le

masse, ma sono le masse che spingono il Partito: questo non fa che tra-

scinarci a rimorchio degli avvenimenti, cosa che è assolutamente i-

nammissibile». In seguito all’occupazione delle fabbriche, nuove e più

pesanti critiche venivano mosse dai sovietici ai socialisti italiani (si ve-

da in merito la lettera del membro della presidenza del Soviet centrale,

Losovski, alla CGL, pubblicata dall’«Avanti!» del 25 novembre 1920). Il

segretario dell’esecutivo Zinoviev, nel suo intervento al terzo congres-

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chico, della CDL di Terni e Giovanni Monici. Una decina di aderenti al-

l’altra CDL della capitale vengono allontanati dopo che Luigi Piccioni e

Alfredo Bianchi avevano, invano, tentato di intervenire nel dibattito:

«Chiese la parola Bianchi Alfredo della C. D. della Camera del lavoro di

via della Croce Bianca accolto da urla e fischi dall’assemblea. D’Amato,

dichiarando che l’assemblea era stata convocata solo per gli aderenti al-

la Camera del lavoro confederale, rifiutò di accogliere la richiesta e il

Bianchi seguito da una decina di compagni si allontanò dalla sala. An-

che il repubblicano Piccioni tentò di parlare ma gli venne impedito».

3. La CDL interventista romana, nel giugno 1918, dichiarando la po-

co realistica cifra di seimila iscritti, entrava a far parte della neonata

centrale sindacale dell’Unione italiana del lavoro (UIL). La UIL si era co-

stituita con un congresso tenuto a Milano dal 29 al 31 del mese prece-

dente e promosso dall’Unione sindacale milanese (USM). In essa con-

fluivano l’USM, guidata prima della morte al fronte da Filippo Corrido-

ni, e altri tronconi del sindacalismo interventista, per gran parte espul-

si dalle centrali d’appartenenza (USI e CGL) in seguito all’appoggio dato

al conflitto. Tra questi, la Camera del lavoro parmense guidata da Al-

ceste De Ambris, espulsa dall’USI, il sindacato di area anarchica, in se-

guito alla mozione interventista presentata, in accordo con l’USM, al

consiglio nazionale dell’USI nel settembre 1914. In una riunione pro-

mossa a Parma, l’11 giugno 1916, proprio dalla CDL di De Ambris, si era

costituito il Comitato sindacale italiano, in pratica l’antesignano della

UIL. Al suo primo congresso la UIL dichiarava 137mila soci. All’interno

del suo appello Ai lavoratori d’Italia, una voce particolare era rivolta ai

combattenti: «La mitraglia scagliata contro gli Imperi del dominio sel-

vaggio e della rapina spianò la via della libertà. Ogni corona di despo-

ta che cade infranta è un ostacolo abbattuto alla marcia del progresso

umano. La libertà nazionale per tutti i popoli prelude alla libertà so-

ciale di tutti gli uomini. All’ora delle Patrie, che cancellano l’onta della

loro oppressione, seguirà l’ora della classe lavoratrice, che cancellerà

l’ingiustizia dello sfruttamento e della miseria. L’Italia ha vinto la sua

battaglia. Pel suo martirio secolare, pel suo diritto è giusta e sacra la

stituirono dopo l’occupazione delle fabbriche: prima non esistevano».

In riferimento a quella che Mecheri chiama degenerazione del fascismo,

nel suo libro riporta per intero la lettera di dimissioni dai Fasci, poi rien-

trate, presentate dal vicesegretario Cesare Rossi, in seguito capro e-

spiatorio scelto dal Regime dopo l’omicidio Matteotti. In uno stralcio

della lettera, pubblicata da «Il Popolo d’Italia» del 2 agosto 1921, Rossi

afferma: «La nostra balda minoranza del 1919, la continuazione cioè di

quella del 1914-1915 […] è stata travolta dalle successive ondate impe-

tuose di nuove forze che, non essendo né culturali né politiche, neces-

sariamente rappresentavano solo o stati d’animo d’artificio o d’esalta-

zione o interessi di classe, di casta e di zona. Forte di questi nuovi ele-

menti, anzi, indebolito da questi nuovi elementi il Fascismo per l’opera

delle sue masse locali, per una infinità di episodi che fanno tutta la cro-

naca e la storia del movimento fascista di questi ultimi tempi, laddove

appare come dominatore esso è diventato un puro, autentico ed esclu-

sivo movimento di conservazione e di reazione».

14. In Tasca, op. cit.

15. Queste riunioni sono segnalate in una relazione, in data 13 mag-

gio, del prefetto romano alla Direzione generale di PS (in Archivio di

Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1920, busta 1380, sf. Partito re-

pubblicano).

CAPITOLO III

1. Si vedano in merito le relazioni prefettizie del mese di novembre

alla Direzione generale di PS, in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1910, busta 84, f.

Movimento sovversivo I – Roma.

2. Ivi, Comizio pro unità proletaria alla Casa del popolo, informativa

«riservata-urgente» della Prefettura alla Direzione generale di PS, in da-

ta 22 febbraio 1919. Tra i quattrocento intervenuti, prendono la parola,

oltre a Borghi, giunto da Bologna in mattinata, il segretario dell’USR D’A-

mato, che presiede l’assemblea, Riccardo Sacconi, il segretario, anar-

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1903 e, in seguito ai duri scontri tra polizia e manifestanti, il 14 aprile

del 1908, in piazza del Gesù. Nel dopoguerra rappresenta il gruppo a-

narchico di Porta Pia-Salario, al congresso di costituzione della FCAL.

Nell’aprile 1919 è arrestato al termine di un corteo. Aderisce nel ’21 al-

l’Associazione degli Arditi del popolo. Negli anni del Regime viene co-

stantemente vigilato in quanto «elemento pericoloso per l’ordine dello

Stato». Carcerato nel 1923, alla fine dello stesso anno usufruisce del-

l’amnistia e viene liberato. Ma, nel marzo 1927, la Commissione pro-

vinciale preposta, «in considerazione dei precedenti e dell’attività svol-

ta in contrasto con le direttive del Governo nazionale», lo ammonisce e,

il mese successivo, inasprisce la pena inviandolo al confino di Ustica per

una durata di tre anni. Nel gennaio dell’anno successivo, Luzzi è arre-

stato e denunciato «per oltraggio, resistenza e contravvenzione agli ob-

blighi di confino», essendo stato sorpreso, con altri, a cantare «inni sov-

versivi». In luglio viene trasferito dal confino di Ustica a quello di Ponza;

in novembre, in ragione della sua età avanzata e del peggiorare delle

condizioni di salute, il restante periodo di confino viene commutato in

ammonizione. Scontata l’ammonizione, Luzzi riprende, per quanto

possibile, la militanza tra le fila del movimento anarchico. Le autorità

gli impongono, allora, l’obbligo della carta d’identità e l’iscrizione nel-

la rubrica di frontiera. Attivo sul fronte del soccorso rosso ai perseguita-

ti politici, viene segnalata, in più occasioni, la sua militanza tra un grup-

po di anarchici che sono soliti riunirsi nelle osterie della periferia. Il 5

giugno 1930 è fermato con altri sette (tra cui gli ex-Arditi del popolo Di-

dio Cesarini, Giovanni Gallinella, Alfredo Simmi e il repubblicano Ore-

ste Moretti, già noto alle forze dell’ordine per i fatti di Pietralata nel lu-

glio ’19), nell’osteria di via Borgo Pio 180 e assegnato a cinque anni di

confino da scontare a Lipari. Viene liberato l’anno successivo. Continua

ad essere sorvegliato fino alla caduta del fascismo (in ACS, CPC, ad no-

men, Archivo di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen).

7. Informativa del prefetto alla Direzione generale di PS, in data 19

gennaio 1919 (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99, Movimento anar-

chico e comunista, affari generali per provincia, f. Roma).

sua vittoria. Ma la nuova Italia di domani non dovrà dimenticare come

ha vinto. Le sue braccia armate le arruolò tra le file del popolo, fino a ie-

ri estraneo alla gloria e alla civiltà italiana. I contadini ignari strappa-

ti ai campi, gli operai chiamati al fuoco dell’industria bellica e della

battaglia, han vissuto per quattro anni il patimento d’Italia, lo spasmo

d’Italia, l’ardimento e la resistenza d’Italia, la suprema prova di vita e di

morte d’Italia. Perché non dovrebbero sentire l’orgoglio e il beneficio

della vittoria e della libertà d’Italia? Giustizia lo vuole! L’Italia ha vinto:

noi crediamo. Il lavoro italiano vincerà: noi lo giuriamo! Pei nostri

morti, pei nostri figli che vivranno domani una vita più degna» (in

«Cultura Sindacale», 20 febbraio 1921). In merito ai contrasti, non so-

lo politici ma anche di natura umana e personale, che rendevano la CDL

romana estremamente disomogenea al suo stesso interno, le parole di

Luigi Piccioni rivelavano la trama delle antipatie personali tra alcuni

dei segretari succedutesi alla guida della sezione (Maria Rygier, anar-

chica, già esponente dei Fasci interventisti d’azione rivoluzionaria, e

Carlo Bazzi, già segretario della nuova CDL ravennate e membro del

Consiglio permanente del Comitato sindacale italiano): «Bazzi odia la

Rygier e Libero Tancredi (vero nome: Massimo Rocca) perché geloso

della loro intelligenza. Fu il Bazzi che, in Francia, denigrò la Rygier e il

Tancredi, sparlando a tutti dei loro ultimi rapporti […]. Inoltre è stato

il Bazzi stesso che ha preparato il terreno prima, per far allontanare la

Rygier dalla Camera del lavoro di Roma, e per entrare lui» (in M. Pa-

setti, Tra classe e nazione, Carocci, Roma, 2008).

4. Si veda il rapporto del 28 gennaio 1919 dell’Ufficio speciale d’in-

vestigazione della Direzione generale di PS (in ACS, MI, PS, a. g. e ris.

1910, busta 84, f. Movimento sovversivo I – Roma).

5. In merito all’assassinio di Montesi si veda il sottofascicolo che re-

ca il suo nome in f. Movimento sovversivo I – Roma, ACS, MI, PS, a. g. e

ris. 1919, busta 84.

6. Giuseppe Luzzi di Nicola, nato a Roma il 25 giugno 1864. Falegna-

me e padre di otto figli, il suo primo arresto risale al novembre 1891 per

«violenza contro la forza pubblica». Viene nuovamente carcerato nel

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riunioni di operai, che poi, come si è detto, dovrebbero convergere al

centro: 1. Metallurgici in via Balbo, 2. Falegnami, pittori e muratori in

piazza Madonna dei Monti, 3. Fornaciai a Porta Trionfale, […] 4. Tipo-

grafi, alla Federazione del libro, 5. Panettieri, in piazza S. Maria in Tra-

stevere, 6. Tranvieri municipali […] innanzi alla sede del sindacato […]

7. i soci dell’USR all’Andrea Costa. Durante la mattina di domani giunge-

ranno dai Castelli, socialisti e rappresentanze di leghe aderenti alla CDL

confederale […]. Devo intanto richiamare attenzione sui comunicati

fatti a mezzo dell’“Avanti!” di stasera, coi quali gli stessi socialisti racco-

mandano al proletariato calma e serenità consigliando contentarsi [il-

leggibile] per la riuscita della manifestazione che tutti abbandonino il

lavoro, senza ricorrere ad altre forme di protesta» (in informativa del

prefetto agli uffici PS capitali, Comando corpo interno, Ufficio politico (e

per conoscenza) Quirinale, 9 aprile 1919. ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, bu-

sta 84, f. Movimento sovversivo I – Roma, sf. Settimana rossa di Berlino).

13. Dal manifesto, a firma della commissione direttiva, del 9 aprile.

14. Dal manifesto del 9 aprile della Federazione italiana fra i lavora-

tori del libro – Comitati riuniti. Il testo integrale: «Il proletariato roma-

no esperimenta domani una delle sue armi, esercita uno dei suoi dirit-

ti: l’astensione dal lavoro per ventiquattro ore. La Federazione del li-

bro, dinnanzi ad una richiesta di solidarietà, non discute: risponde

semplicemente: Presente! La manifestazione odierna supera ogni dis-

senso ideologico: noi non possiamo, non dobbiamo attardarci a ricer-

care le ragioni del movimento; noi non possiamo, non dobbiamo ap-

provarle o biasimarle: dobbiamo solamente ubbidire. Il nostro passa-

to, lo spirito stesso della nostra organizzazione ce lo impongono. Di-

sertate dunque per un giorno le officine, o colleghi e colleghe, e l’asten-

sione dal lavoro sia generale, completa!».

15. Riservata-urgente del 9 aprile al presidente del Consiglio, al sot-

tosegretario di Stato, al direttore generale di PS, oggetto: Movimento

politico rivoluzionario.

16. Dal volantino del 9 aprile dell’Alleanza rivoluzionaria. Nella re-

lazione prefettizia del 9 (doc. cit.): «Avverto, infine, e su ciò richiamo la

8. Dall’ultima frase del rapporto: «Dovranno essere gli anarchici e i

socialisti rivoluzionari a instaurare il regime dei Soviet, in sostanza,

però, non vi è che preparazione e attesa in quanto i singoli nuclei sono

sparuti per numero e deficienti di denaro».

9. Riguardo alla costituzione della FCAL si veda la busta 99, cit.

10. «Per comprendere le ripercussioni negative – nel campo operaio

– di questo sterile sfoggio di forze va ricordato che la Direzione del PSI a-

veva annunciato il 20 marzo 1919 la preparazione di uno sciopero ge-

nerale rivoluzionario. Essa aveva poi preso la precauzione di spiegare

che quello del 20-21 luglio non poteva avere un tal carattere. In un’in-

tervista pubblicata sull’“Avanti!” del 4 luglio, Nicola Bombacci dichia-

ra che lo sciopero avrà “carattere dimostrativo e non rivoluzionario”,

aggiungendo però che non si rinunciava “neppure a una virgola del no-

stro programma e alla preparazione dello sciopero espropriatore”. Nel-

la riunione allargata di Bologna (13 luglio) sempre Bombacci insiste

che “lo sciopero generale di 48 ore non deve essere confuso con lo scio-

pero di carattere finalistico deliberato dalla Direzione del partito”. Ma

questo impiego di strumenti rivoluzionari a scopi dimostrativi è fatto

senza tener conto dei riflessi inevitabili di tali strumenti sulla psicologia

delle masse messe in movimento e anche su quelle della borghesia, che

attraversò una vera crisi di panico. La Direzione del partito non abban-

dona per questo le posizioni del marzo 1919: alla vigilia del congresso di

Bologna, nelle riunioni del 7-10 settembre, essa “riconfermando che il

deliberato sciopero generale per la virtuale presa di possesso del potere

da parte del proletariato, deve essere preceduto da una seria prepara-

zione pratica e tecnica, oltreché spirituale, delibera l’intensificazione di

tale lavoro e passa all’o.d.g.”. Anche questi fieri propositi non ebbero al-

cun seguito» (in Tasca, op. cit., nota 45 del capitolo secondo).

11. I termini generali del serrato dibattito svoltosi nella riunione

vengono riportati nella relazione prefettizia, inviata in serata, alla Di-

rezione generale di PS (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84).

12. Riguardo alle adesioni: «Avverto che da notizie confidenziali sa-

rebbero state organizzate per le ore 13 di domani, nelle seguenti località,

VALERIO GENTILI

240

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ROMA COMBATTENTE

243

la sua terrebbe i soldati dei distaccamenti di Monte Testaccio e di S.

Paolo i quali avrebbero promesso armi e munizioni» (ibidem).

21. Tra i partecipanti: Martella, Paolinelli, Leopoldo Iacobelli, Alfre-

do Tavani, Francesco Conboli. Rispetto ai contenuti di massima delle

riunioni si veda la relazione riservata della Questura alla Direzione ge-

nerale di PS in data 22 maggio (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99,

f. Movimento anarchico e comunista, a. g. per provincia, Roma).

22. Informativa del 16 giugno della Questura al prefetto (in Archivio

di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322, f. Anarchici).

23. Di fronte a oltre seicento persone, stima della Polizia, si succe-

dono gli interventi di Lelli Mazzini, che presiede l’assemblea, Spartaco

Stagnetti, segretario della FCAL, Bernardino De Dominicis per l’USI e

D’Amato per l’USR (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99).

24. All’iniziativa promossa dalla Federazione anarchica avevano a-

derito l’USI, la CDL confederale e l’USR. Di fronte a più di quattrocento

persone, secondo le stime della Questura, si erano alternati gli inter-

venti di De Dominicis per l’USI, Mario Trozzi per l’USR e dell’anarchico

Libero Merlino. Secondo gli infiltrati di PS, nel suo discorso all’assem-

blea De Dominicis «si compiacque che nella Roma borghese esista pu-

re la classe proletaria ribelle pronta ad affermare le sue aspirazioni e i

suoi diritti. Accennò alla Russia rivoluzionaria mettendola in contra-

sto con le altre nazioni e chiuse il suo discorso dichiarando che l’Unio-

ne Sindacale è la sola organizzazione vigile e pronta per l’azione deci-

siva da svolgere nell’interesse del proletariato». Sull’intervento di Mer-

lino: «Prese poi la parola Merlino scagliandosi violentemente contro il

militarismo e contro l’opera servile dell’Italia nella sua azione ai dan-

ni del comunismo ungherese, affermando che non è più tempo di pro-

teste verbali e che nulla deve attendersi dalla diplomazia. […] Dichiarò

che l’Italia ha il compito di soffocare l’Ungheria soviettista ed infatti l’e-

sercito cecoslovacco che ora combatte contro i comunisti è comanda-

to da tre generali italiani» (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84).

25. Il corsivo è quello stampato sui biglietti d’invito personali alla

conferenza.

particolare attenzione dell’Arma dei RR.CC. Avere avuta notizia che si

distribuiscono per la città e specialmente nelle caserme manifesti ros-

si degli anarchici individualisti, intitolati “Alleanza dei comitati rivo-

luzionari” […]. Anche ai soldati vengono distribuiti manifestini verdi

con la scritta “senza cartucce”».

17. Tra gli arrestati gli anarchici Giuseppe Luzzi e Lelli Mazzini,

Tommaso Bernabei, Federico Uberti, il leader socialista Giuseppe D’A-

mato. Alcuni dei manifestanti catturati sono in divisa, tra questi, l’a-

narchico interventista Vincenzo Santarelli, insignito di doppia meda-

glia al valore, che veste l’uniforme di sergente del 28° Mitraglieri.

18. Minuta del 11 aprile al ministro della Guerra: «Tengo ad espri-

mere alla S. V. il mio vivissimo compiacimento per le disposizioni ieri

impartite all’Autorità militare in occasione dello sciopero generale, qui

avutosi, e per il validissimo efficace contributo portato al fine di assi-

curare il mantenimento dell’ordine pubblico dalla truppa delle varie

armi il cui contegno fu veramente ammirevole. L’esercito che ha sapu-

to compiere così mirabilmente il suo dovere in guerra, ha riconferma-

to di saper essere anche nel mantenimento dell’ordine pubblico esem-

pio e strumento di energia, di disciplina e civili virtù».

19. Dal telegramma del gabinetto del ministero dell’Interno al pre-

fetto di Roma in data 28 aprile 1919: «Pregasi riferire se da parte orga-

nizzazioni sovversive siasi costà iniziata formazione di gruppi armati

con apparente compito dirigere e sorvegliare andamento manifesta-

zioni proletarie. Ovvero di vigilare e difendere sedi camere lavoro, par-

titi estremi e loro giornali – caso affermativo attendonsi precisi parti-

colari circa importanza numerica tali formazioni e disciplina che sia

loro imposta ed armi e materiale di cui possano disporre» (in Archivio

di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322).

20. Dall’informativa riservata-urgente, oggetto Propaganda rivolu-

zionaria nell’esercito, del comandante della Legione territoriale dei Ca-

rabinieri al questore di Roma in data 14 luglio 1919: «Da notizia avuta

da un confidente a reale compagnia interna, l’associazione anarchica

di Roma vorrebbe impadronirsi di due caserme della capitale e che dal-

VALERIO GENTILI

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245

dovuto impegnarsi pel mantenimento dell’ordine pubblico e questo af-

ferma anche l’Arma dei RR.CC. i cui militari hanno incontrato, come gli

altri agenti della forza pubblica, gravi difficoltà per sciogliere gli assem-

bramenti che in vari punti si andavano formando, e per impedire che es-

si raggiungessero, come avevano prestabilito, piazza Barberini, per una

manifestazione ostile a S. E. il presidente del consiglio» (ibidem).

29. Circolare interministeriale del 2 luglio, a firma del presidente del

Consiglio dei ministri: «In seguito agli incresciosi incidenti verificate-

si in questa città la sera del 28 giugno scorso dopo il comizio privato te-

nutosi all’Augusteo S. E. il Ministro della guerra ha impartito istruzio-

ni perché gli ufficiali del R. esercito si astengano, d’ora innanzi, dal

partecipare a manifestazioni di carattere politico. Nell’informare per

norma le LL. EE. prego impartire analoghe disposizioni agli ufficiali

addetti ai rispettivi ministeri o comandati negli altri uffici dipendenti

dai ministeri stessi, perché le istruzioni predette siano da tutti rigoro-

samente osservate» (ibidem).

30. Rapporto alla Questura dal commissariato di Campo Marzio a

firma dell’agente infiltrato Antonino Ciluffo, scelto per i suoi trascorsi

di combattente decorato al valore, dal maresciallo dei Carabinieri An-

tonio Tagliaferro e dal commissario Alfonso De Silva. Un migliaio i pre-

senti, tra gli oratori Giovanni Giurati (ibidem).

31. In riservatissima-personale dall’ufficio del capo di Stato mag-

giore alla presidenza del Consiglio dei ministri, al comando del corpo

di Stato maggiore, sezione E, all’Ufficio speciale d’investigazione, in

data 7 luglio (in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919,

busta 1324).

32. In merito alla riunione si veda l’informativa riservata-urgente

della Questura alla Direzione generale di PS, in data 7 luglio, con og-

getto: Comitato d’Alleanza rivoluzionaria (in Archivio di Stato di Roma,

Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322, f. Anarchici).

33. Per una ricostruzione, spesso discorde, dei fatti di Pietralata si

vedano P. Alatri, Nitti, D’Annunzio e la questione adriatica; R. De Felice,

Mussolini il rivoluzionario; F. Cordova, Arditi e legionari dannunziani;

26. Unione soldati e ufficiali smobilitati, piccola associazione fon-

data a Roma nell’aprile 1919 da Costanzo Premutti, di indirizzo re-

pubblicano, ma su posizioni conservatrici, antibolsceviche e ostili al-

le lotte operaie. Sabbatucci, in op. cit., individua agli inizi del 1920 la

sua scomparsa dalla scena politica. Una informativa della Questura al

prefetto, in data 2 luglio 1920, informa di una ripresa delle attività del-

l’associazione, proprio alla vigilia degli episodi di violenza ai danni di

ferrotranvieri e scioperanti che si verificheranno nella seconda metà

del mese: «Martedì scorso 29 giugno ebbe luogo alla sala dei reduci del-

le patrie battaglie in piazza Mazzini 31 una riunione per la fusione del-

l’UNUS con il sodalizio dei reduci delle Patrie Battaglie […]. Alla presi-

denza furono chiamati l’on. Pais-Serra, il colonnello Cagno e il repub-

blicano Costanzo Premutti […] i quali dichiararono di far tacere le dot-

trine di partito di fronte alle minacce anarchico-massimaliste. Fu infi-

ne votato un ordine del giorno col quale si fa affidamento che il gover-

no sappia tutelare l’onore d’Italia, ispirandosi unicamente al dovere di

salvarla, facendo cessare con energia le cause interne ed esterne e le a-

gitazioni che la minacciano». Di segno diametralmente opposto l’ini-

ziativa promossa, nella sede della Lega dei fornaciai, dalla sezione re-

pubblicana del Trionfale dopo gli incidenti del 20 luglio, per unire in un

fronte unico di lotta repubblicani, socialisti e anarchici (in Archivio di

Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1920, busta 1380, sf. Partito Re-

pubblicano).

27. Informativa in data 2 luglio con oggetto: Comizio all’Augusteo 28

giugno 1919 –dimostrazioni e disordini (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920,

busta 105, sf. Comizio nazionalista all’Augusteo).

28. Nel fonogramma interno n. 7930 al ministero dell’Interno del 29

giugno. Scrive il prefetto: «Credo opportuno ed urgente comunicare a

codesto on. Ministero quanto mi riferisce il questore col seguente rap-

porto, confermato verbalmente dagli ufficiali superiori dell’Arma: “Il

contegno degli ufficiali dell’esercito e dei militari di truppa in occasione

della manifestazione di ieri all’Augusteo è stato eccessivamente riprove-

vole e violento”. Questo mi dicono tutti i funzionari che ieri sera hanno

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

247

cello Francucci, Remo Fioranti, Camillo Lavini (ex-Ardito), Pietro De

Scalzi (ex-Ardito), Umberto Fabbri, Alberto Giovannetti.

Pietro De Scalzi: di Carlo, nato a Roma il 19 novembre 1892. Ardito

di fanteria, mutilato in battaglia e decorato con la croce al merito di

guerra. Iscritto all’AAI romana e vicino alle posizioni di Secondari. È u-

na figura di confine tra la militanza politica sovversiva e il banditismo.

Dopo i fatti di Pietralata, infatti, viene arrestato più volte per reati co-

muni. Molto noto nel suo rione, quello di Trastevere, è accusato dalla PS

di truffa, commercio illegale di metalli, furto, lesioni, attentato contro

i poteri dello Stato, atti di libidine. Militante di rilievo, dal luglio 1921,

nel locale battaglione degli Arditi del popolo, durante il ventennio vie-

ne confinato più volte. Costantemente sorvegliato, come sospetto anti-

fascista, fino al luglio 1943, ancora nel ’41 è segnalato come «noto Ar-

dito del popolo» (Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen).

Marcello Francucci: di Giuseppe, nato a Roma il 24 luglio 1900. Re-

pubblicano, Ardito del 5° Reparto d’assalto in guerra, iscritto alla Fra-

tellanza tra gli Arditi d’Italia. Nell’ottobre 1921 è segnalato dalle auto-

rità quale membro degli Arditi del popolo. L’anno successivo, in di-

cembre, viene arrestato in quanto «sospetto di appartenere alla Legio-

ne romana dei legionari fiumani». Sorvegliato durante tutto il venten-

nio, nel 1942, denunciato al Tribunale speciale fascista, viene condan-

nato, in ottobre, a due anni e tre mesi di reclusione (Archivio di Stato di

Roma, Questura A/9, ad nomen).

Guido Levi: di Ausonio, nato a Roma il 31 marzo 1888. Sergente, in

guerra, nei reparti d’assalto, militante poi dell’AAI e della ricostituita A-

NAI, aderisce nel giugno ’21 agli Arditi del popolo. Dopo la vittoria del

fascismo abbandona la militanza. Nel 1938 viene radiato dal novero

dei sovversivi (Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen).

Camillo Lavini: Ardito di fanteria, aderisce alla corrente di Secon-

dari nell’AAI. In seguito al complotto, scarcerato, emigra a Tripoli dove

lavora come meccanico per il Genio militare. Anche lì, continua ad es-

sere vigilato per tutto il ventennio in quanto elemento ostile al Regime

(Archivio di Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen).

M. Grispigni, Gli Arditi del popolo a Roma. Due aspetti particolari della

loro storia; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano. Da Bordi-

ga a Gramsci; M. Rossi, Arditi non gendarmi!; E. Francescangeli, Ardi-

ti del popolo.

34. In Roccucci, op.cit.

35. F. S. Nitti, Rivelazioni. Dramatis Personae, Edizioni Scientifiche

Italiane, Napoli, 1948.

36. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 6.

37. «Risulta che questa notte anarchici e Arditi abbiano deciso di

compiere atti di vandalismo in Città. Come segno di riconoscimento

per gli anarchici e per gli Arditi coinvolti una cartolina con figura di ar-

dito con una striscia tricolore», riservata-urgente, 7 luglio, dell’Ufficio

speciale d’investigazione del ministero dell’Interno alla Direzione ge-

nerale di PS (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84, f. Movimento sov-

versivo Roma II, sf. Complotto del Forte di Pietralata).

38. Un elenco nominativo, quasi completo, degli arrestati (rico-

struito attraverso i due successivi rapporti della Legione territoriale

dei Carabinieri di Roma al comando della divisione militare e l’ordine

di scarcerazione del giudice istruttore, in data 26 novembre. Per i pri-

mi due si veda il sf. Complotto del Forte di Pietralata, cit., in ACS. Per il

terzo, Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1324, sf. Complotto del Forte di Pietralata): Pietro Nubbola, Pietro Ri-

baldi (ex-Ardito), Guglielmo Della Ciana, Adolfo Capuani, Raniero

Ambrosi, Oreste Marozzi (il gruppo dei primi arresti); Cavallotti Tonti,

Umberto Canatelli (arrestati alle 5 di mattina); Amedeo Refriggeri, E-

milio Casastro, Arcangelo Antonini, Augusto Velluti (ex-Ardito), Augu-

sto Santarnecchi, Giovanni Montini, Giuseppe Mucci (arrestati alle 7);

Corrado Muccioli, Aldo Paradisi (alle 10); Lorenzo D’Agostini (sergen-

te maggiore di Fanteria), Enrico Piacentini (82° Fanteria, già 3° Re-

parto d’assalto), Domenico Lisi (1° Fanteria), (arrestati alle 20); Ange-

lo Morelli, Attilio Paolinelli, Mario Parodi, Giuseppe Lamberti, Decio

Basile, Asdrubale Malavisia, Adolfo Lepore, Alfredo Orlandi, Filippo

Tosi, Guido Levi (ex-sergente degli Arditi), Raimondo Francucci, Mar-

VALERIO GENTILI

246

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ROMA COMBATTENTE

249

te, ma la verità dei fatti non è ancora conosciuta. Gli stessi che hanno

attribuito il complotto a Nitti, dicono oggi che gli “Arditi del popolo”

sono da lui sovvenzionati e guidati. Sta di fatto però che il Secondari,

il quale fu tra gli Arditi esecutori del presunto complotto nittiano, è sta-

to arrestato proprio per ordine di Nitti e ha passato molti mesi a Regi-

na Coeli» (in «L’Ordine Nuovo», 11 luglio 1921).

40. Rapporto firmato dell’8 luglio (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, bu-

sta 84, f. Movimento sovversivo II – Roma, sf. Complotto del forte di Pie-

tralata).

41. Informazioni fiduciarie del 16 luglio (ibidem).

42. Qualsiasi ipotesi attendibile di moto autenticamente rivoluzio-

nario sarebbe inoltre dovuta essere soppesata con estrema cautela, an-

che tra i suoi autentici fautori, in ragione dell’enorme spiegamento di

forze militari messo in campo dalle autorità, in quei giorni, nei punti

sensibili della città. Per impedire i saccheggi e fare fronte allo sciopero

generale contro il carovita promosso per l’8 dalla CDL confederale, il Go-

verno aveva fatto schierare 2.500 uomini a piedi e 150 a cavallo attorno

ai rioni di San Lorenzo, Trastevere, Testaccio, Trionfale. Il contegno non

ostile adottato in quei giorni da una parte dei soldati utilizzati come for-

za pubblica aveva spinto l’«Avanti!» a pubblicare una serie di articoli,

che recavano, appunto, il titolo Ai soldati, in cui si esortavano i militi a

non rispettare gli ordini di repressione dei moti popolari impartiti dai

comandi. Il 22 luglio una relazione della Questura informava il prefetto:

«Tali articoli […] nel loro complesso, dato l’attuale momento e le spe-

ciali condizioni dello spirito pubblico, possono raggiungere l’effetto che

si proponevano […] E che tali articoli abbiano effettivamente turbato lo

spirito di qualche militare è comprovato dalle proteste degli ufficiali

stessi e pubblicate da altri giornali». Il prefetto, da parte sua, chiedeva,

dunque, informando la Direzione generale di PS: «Mi parrebbe oppor-

tuno che su tale fatto venisse richiamata l’attenzione dell’Autorità giu-

diziaria per i provvedimenti eventualmente possibili al fine di infrenare

questa assai pericolosa forma di propaganda tra le truppe» (in Archivio

di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322, f. Socialisti).

39. A causa di uno sciopero dei tipografi della capitale, che inizia in

luglio e si protrae fino ai primi di settembre, i quotidiani stampati a Ro-

ma non vengono pubblicati e forniranno una ricostruzione dell’avve-

nimento con due mesi di ritardo (una ricostruzione dettagliata viene

fatta sul numero del 7 settembre di «Epoca»). Per ciò che riguarda la

stampa nazionale, la latitanza di Secondari, che verrà arrestato alcuni

mesi dopo nel tentativo di espatriare in Svizzera, genera speculazioni

circa la fucilazione di due Arditi: «Da vari giorni si vocifera per Roma

che per il tentativo rivoluzionario del Forte di Pietralata due Arditi sia-

no stati fucilati con procedimento sommario. Questa notizia è ora ri-

messa in giro perché è stata pubblicata dal “Nuovo Giornale” di Firen-

ze. Questura di Roma 14 giugno 1919». Sull’edizione milanese dell’«A-

vanti!» del 10 luglio si gettano ombre rispetto alla reale natura dei par-

tecipanti al complotto: «Ma basta, senza attendere, stare a vedere chi

sarebbe il capo della strana congiura. Altro che anarchici! Si tratta di

un tenente degli Arditi […]. Chi non sa che il famoso Secondari era l’a-

nima di tutte le dimostrazioni di Arditi che in questi ultimi mesi si sono

andate susseguendo per le vie della capitale? […] ad onta delle precau-

zioni delle autorità la luce sarà fatta presto ed intera. Sarà fatta quando

sapremo con chi e per incarico di chi il tenente ha parlato discusso e

contrattato in questi giorni. Quando si conoscerà come e perché la

Questura sapeva tutto da molti giorni, quando sarà noto da quali am-

bienti venivano gli organizzatori». Nello specifico, l’accusa per Secon-

dari, trasversale ad alcuni ambienti politici, di essere un agente al ser-

vizio del ministero Nitti verrà ripresa nel luglio dell’anno successivo da

«L’Ardito», ormai divenuto tribuna giornalistica esclusivamente della

sezione milanese dell’AAI, per contrastare, dopo l’esautoramento di

Bottai dalla presidenza della sezione romana, il tentativo di Seconda-

ri di ricostituire ex novo, su basi inequivocabilmente antifasciste, tutta

la struttura nazionale dell’associazione. In merito a questa accusa scri-

ve Gramsci, con logica stringente, nell’incipit di un’intervista fatta pro-

prio a Secondari: «Secondari […] prese parte al famoso complotto di

Pietralata. Intorno a questo complotto molte cose si sono dette e scrit-

VALERIO GENTILI

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251

55. Ministero dell’Interno, gabinetto del ministro, Ufficio cifra e te-

legrafo: «Dopo insuccesso sciopero generale 20-21 luglio risulta che

gruppi sovversivi estremisti intendano tentare altro che dovrebbe es-

sere loro rivincita contro tendenze moderatrici socialisti ufficiali – è

possibile che tale tentativo sia fatto prima del congresso Partito socia-

lista indetto Bologna 7-10 settembre […] rendesi quindi necessario e-

sercitare attiva accorta vigilanza sulla azione detti gruppi […] segna-

lando al ministero ogni notizia sulla adesione varie categorie lavorato-

ri – fin da ora avverto che nella eventuale attuazione sciopero […] do-

vranno evitarsi atti e provvedimenti che possano dare pretesto ad agi-

tazioni locali apparentemente giustificate – frattanto predispone op-

portunamente piani per la tutela ordine pubblico prendendo necessari

accordi con autorità militari – dovrà specialmente intensificarsi vigi-

lanza sulla propaganda sovversiva nello esercito in modo da evitare as-

solutamente ogni sorpresa. Nitti». In Archivio di Stato di Roma, Pre-

fettura-Gabinetto 1919, busta 1322, Partiti politici.

56. Appena giunto a Fiume, D’Annunzio, dal canto suo, aveva rivol-

to un appello agli Arditi: «Fratelli. Per le ore passate tra il fango ed il ge-

lo, sul Carso, sul Grappa, sull’Isonzo, sul Piave, per le veglie straziate

dal sonno, delirate al Santo, al Calvario, al Montello, per la fame asse-

tata dal sole, alle colline infuocate di Castagnavizza e Hudilog, Fratel-

li d’Italia, fratelli nell’anima, nella carne, nella vita nella morte, fratel-

li più puri del dolore, più sagri del sangue, ascoltatemi. È lontana una

voce che passata dal cielo ha raccolto l’azzurro macchiato di nubi, ha

raccolto l’azzurro falsato da nebbia, è lontana una voce che perduta è

arrivata arida a noi, è l’aiuto di fratelli che vissero con noi, che lottaro-

no con noi, che agonizzarono con noi, che vinsero con noi. È l’aiuto di

coloro che rinnegando ancora una volta la tranquillità ceduta a prezzo

d’onore, gettato la vita la carta fatale: FIUME O MORTE. Arditi d’Italia, fra-

telli più puri dell’anima, più neri del sangue, Arditi d’Italia a noi! Al-

l’appello di coloro che invocheranno, risponderemo con il grido no-

stro: a noi ed a noi, a noi Fiume, libertà o morte!».

57. In Mecheri, op. cit.

43. Ibidem.

44. Ibidem.

45. P. Alatri, La prima guerra mondiale e la crisi della società italiana,

in AA. VV. Trent’anni di storia italiana (1915-1945). Dall’antifascismo al-

la Resistenza, lezioni con testimonianze, Einaudi, Torino, 1961.

46. La suddetta riunione è l’oggetto di un’informativa urgente-riser-

vata, in data 16 luglio, del prefetto alla Direzione generale di PS (in ACS,

MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84, f. Movimento sovversivo II – Roma).

47. La riunione è oggetto dell’informativa del 24 luglio della Questu-

ra alla Direzione generale di PS.

48. Informazioni riservate del ministero dell’Interno al Direttore ge-

nerale di PS, in data 8 luglio: «Viene segnalato in via fiduciaria, e per altro

attendibile, che nella sera del 7 corrente, dalle ore 20 alle 22, nella osteria

tenuta da tal Nello Pierucci, in via Alessandrina n. 20, ebbe luogo una riu-

nione di anarchici con l’intervento di Rossoni, con altri della Camera del

lavoro di via della Croce Bianca, di alcuni Arditi e di qualche militare del

III Artiglieria [illeggibile] (Si è già segnalato che tra i militari di questo

reggimento serpeggerebbe vivo malcontento dovuto, soprattutto, sem-

bra, a dinieghi di licenze)» (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84).

49. Il 2 luglio il Comando divisione trasmette una circolare ai co-

mandanti delle truppe del presidio di Roma con il preciso scopo di

mettere fine alla propaganda sovversiva tra le truppe (cfr. «Corriere

della Sera», 11 settembre 1919).

50. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99.

51. Testo integrale in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabi-

netto 1919, busta 1322, f. Anarchici. Notizie in merito all’attività pro

detenuti del gruppo «Montesi» sono presenti anche nel fascicolo rela-

tivo agli affari generali del movimento anarchico a Roma e provincia.

In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99.

52. In Tasca, op. cit.

53. Ibidem.

54. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 84, f. Movimento sovversivo II

– Roma.

VALERIO GENTILI

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253

ro, sospinti dalla sola fiamma del sacrificio […]. La città di Fiume, il suo

capo, i difensori sono fermamente decisi a resistere fino al trionfo del-

l’ideale di fratellanza umana che li tiene stretti. Il diritto dei popoli a di-

sporre di se stessi, proclamato così frequentemente, cacciato sempre

sotto i piedi, deve essere, alla fine, consacrato. La repubblica dei Soviet

ha difeso questo diritto quando ha vittoriosamente affrontato le bande

mercenarie di Koltchak e di Denikin, assoldati dalla finanza interna-

zionale, aizzate dalla ringhiosa e impotente Conferenza di Versailles».

61. In merito alla complessa personalità politica di D’Annunzio –

che nel 1921, a fronte del montare delle violenze fasciste nelle campa-

gne, non esiterà a definire lo squadrismo «schiavismo agrario» – è in-

teressante l’intervista rilasciata dal commissario agli Esteri sovietico

Cicerin, dopo il suo soggiorno al Vittoriale, ospite del vate nel maggio

1922: «Fui sorpreso pure di trovare in Gabriele D’Annunzio consenti-

mento molto vivo di simpatia per le lotte sociali degli oppressi. Io sono

rimasto molto meravigliato di alcuni canti popolari, che egli mi ha fat-

to ammirare; canti popolari nei quali si sente il lamento multisecolare

senza speranza delle masse oppresse […]. Io mi sono profondamente

interessato al carattere operaio di certe disposizioni della costituzione

della Reggenza del Carnaro. Io non posso che augurare che quest’uo-

mo eccezionale si avvicini sempre più alle tendenze e ai bisogni dell’“u-

manità nuova”» (intervista rilasciata al corrispondente berlinese de «Il

Mondo» 30 giugno 1922).

62. In Tasca, op. cit.

63. «[Nitti] Il giorno seguente, il 13 settembre, all’inizio della seduta,

pronunziò il famoso sconcertante discorso […]. Chiuse con un rivolu-

zionario appello (che sorprese moltissimo i benpensanti di ogni colo-

re) “agli operai, ai contadini” per chiedere la loro cooperazione, “per-

ché la grande voce del popolo” venisse ammonitrice a tutti, e tutti spin-

gesse “sulle vie delle rinunce e del dovere”. L’invocazione dell’“uomo

d’ordine”, che pretendeva – come scrisse l’“Avanti!” – di “gettare contro

altri uomini d’ordine la catapulta della massa proletaria”, non ebbe ef-

fetto alcuno. E D’Annunzio non solo restò a Fiume, ma sottolineò con-

58. «Il 9 ottobre due autorevoli rappresentanti del nazionalismo mi-

litante, Piero Foscari ed Enrico Corradini, vennero a Fiume, col pro-

posito di persuadere D’Annunzio a estendere la sua azione “prima alla

Venezia Giulia, poi alle altre provincie, successivamente fino a Ro-

ma”». In Alatri, op. cit.

59. Il 13 aprile il commissario generale civile a Trieste scrive a Nitti:

«In questo momento apprendo riservatamente da fonte sicura che cer-

to Coselschi, segretario particolare di D’Annunzio, si è ieri presentato

per tre volte a Passiglie, direttore locale giornale socialista “Lavorato-

re” per dirgli essere intendimento di D’Annunzio proclamare repubbli-

ca comunista soviettista a Fiume ed estenderla anche Venezia Giulia,

chiedendo per tale azione appoggio e unione col Partito socialista lo-

cale avvertendo che, qualora questo non accettasse, si assocerebbe ad

altri elementi quale anarchico Malatesta e Giulietti […] Passiglie […]

gli dichiarò nettamente che questo Partito socialista non intende asso-

lutamente avere nulla in comune con D’Annunzio e Comando Fiume».

Il 18 Nitti scrive al ministro della Guerra Bonomi: «Richiamo tua per-

sonale attenzione su seguenti fatti. Primo: a Pisa, Livorno si manifesta

tra ferrovieri violentissimo movimento per preparare torbidi rivolu-

zionari e non trasportare né soldati né guardie né carabinieri. Secon-

do: pare che vi sia accordo tra ferrovieri Bologna Firenze e Pisa per a-

zione in comune. Terzo: si crede che a Spezia possa scoppiare domani

sciopero generale e che alcuni noti anarchici hanno conquistato grup-

pi marinai e anche taluni soldati di artiglieria di stanza in questa città.

Quarto: movimenti di Fiume precludono a sciopero generale e ad ab-

battere Consiglio nazionale acclamando D’Annunzio capo dell’orga-

nizzazione bolscevica» (serie completa di telegrammi numerati in N.

Valeri, Da Giolitti a Mussolini, Parenti editore, Firenze, 1956).

60. Di seguito il testo di una dichiarazione inviata dal Comando di

Fiume a Henry Babusse, presidente del gruppo francese Clartè: «Il Co-

mandante D’Annunzio e i suoi Legionari non vogliono imporre né al lo-

ro Paese né al mondo una nuova forma di nazionalismo integrale. Nes-

sun secondo fine militarista anima coloro che son convenuti sul Carna-

VALERIO GENTILI

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ROMA COMBATTENTE

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di Fiume, scrive: «Intanto chiamateci pure “bolscevichi”. Credo che nel

nostro spirito, munito di ogni confort, ci sia posto anche per il bolsce-

vismo […]. Gabriele D’Annunzio oggi è chiamato “compagno” dai pro-

letari di Fiume, come ieri fu chiamato “caporale” dagli Arditi e “ser-

gente” dai bersaglieri» (in «La Testa di Ferro», 18 aprile 1920).

65. Dalle informazioni fiduciarie pervenute alla Questura: «Gli a-

stensionisti incominciarono a inveire contro il D’Eramo con parole in-

giuriose. Venuti alla votazione per divisione, le invettive contro i parte-

cipanti si fecero sempre più ingiuriose e poco mancò non si venisse al-

le mani quando gli astensionisti si accorsero di essere in minoranza

[…]. Si doveva discutere pure sull’attuale momento politico ma stante

il nervosismo venne sospeso soltanto, il Simonti disse poche parole so-

stenendo l’impresa patriottica e coraggiosa del D’Annunzio all’infuori

della sua persona, assicurando che l’associazione combattenti saprà

tener desto il diritto italiano su Fiume e Dalmazia» (in Archivio di Sta-

to di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1324, sf. Partito repub-

blicano).

66. Telegramma 32098 ai prefetti del Regno, in Archivio di Stato di

Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1345, f. Arditi movimento du-

rante il periodo elettorale.

67. Ibidem.

68. Ibidem.

69. In relazione alle continue proteste, in Italia e nella capitale, de-

terminate dal carovita e dalla penuria di alimenti, un telegramma mi-

nisteriale del 18 dicembre 1919 metteva in guardia tutti i prefetti del

Regno rispetto a un temuto piano di coordinamento delle varie agita-

zioni locali a opera della dirigenza dell’USI: «Risulta che anarchici e sin-

dacalisti abbiano stabilito di preparare disordini prendendo pretesto

dal rincaro dei generi alimentari; e che intendano promuoverli simul-

taneamente in tutte le città del Regno in un giorno determinato, se-

condo la parola d’ordine che dovrebbe partire da Bologna, a cura del

segretario dell’Unione Sindacale Armando Borghi. In tale occasione si

dovrebbe procedere d’improvviso alla requisizione violenta e tumul-

citatamente l’abisso che, in seguito a quel discorso […], si era scavato

tra la generosa generazione dei legionari, mossa da insaziato amore di

combattere e di morire e la vecchia Italia impersonata dal “trinciante

mariuolo”, buono soltanto a esortare “all’unione ventrale e alla con-

cordia escrementale”. E a lui, che “al soffio divino” di Fiume risponde-

va insieme con gli italiani smemorati nella digestione col “rutto scon-

cio”, affibbiò, in un discorso pure memorabile, del 30 settembre (pro-

nunciato quando cadde la speranza delle dimissioni del ministero), un

nomignolo che rimase ed ebbe fortuna: Cagoia» (in Valeri, op. cit.).

64. In molti articoli de «La Testa di Ferro», il periodico che Carli co-

mincia a pubblicare con l’autorizzazione di D’Annunzio a Fiume a par-

tire dal febbraio 1920, si guarda al bolscevismo russo con grande am-

mirazione. Il nostro bolscevismo, un articolo di Carli del 15 febbraio, si

chiude in questo modo: «Tra Fiume e Mosca c’è un oceano di tenebre.

Ma indiscutibilmente Fiume e Mosca sono due rive luminose. Bisogna

al più presto gettare un ponte fra queste due rive». Ne Il piccolo padre

del bolscevismo: «Lenin – fino a prova contraria – è un vittorioso. Ha

impostato il giovane Stato da lui creato alle aristocratiche e barbute

potenze d’Europa e d’America. Ha aderito a una pace che gli è stata of-

ferta, e ora si accinge a stringere contratti commerciali con gli Stati che

hanno bisogno dei suoi mercati. Noi, ancora una volta, possiamo spie-

gare sdegnosamente il cagliume ufficialsocialista d’Italia, e tendere u-

na mano con simpatia e speranza alla coraggiosa repubblica orientale,

che ha pagato generosamente di persona la sua furiosa volontà di rin-

novamento e al suo capo geniale e sereno che attende con sorridente i-

ronia i diplomatici podagrosi della vecchia Europa» (M. Carli, in «La

Testa di Ferro», 7 marzo 1920). In occasione della costituzione della

«Lega di Fiume», organizzazione fondata ufficialmente il 28 aprile

1920 per iniziativa di De Ambris, D’Annunzio e del comunista unghe-

rese Leone Kochnitzky, con l’obiettivo di riunire «in un fascio compat-

to tutte le forze di tutti gli oppressi della terra» per combattere, con lo

sguardo fisso verso la Russia sovietica, «gli organismi sopraffattori e

imperialisti», Carli, nell’articolo Prima tappa del fiumanesimo. La Lega

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menti politici in senso repubblicano». In un telegramma del 20 marzo:

«Sembra che pubblicazioni comparse nei giornali abbiano indotto fiu-

mani anticipare proclamazione Repubblica. Questa dovrebbe esten-

dersi Volosca e isole Quarnaro. Otto regioni italiane aderirebbero al

movimento al quale a Pola e Trieste accompagnerebbero proclamazio-

ne Repubblica fiumana». Il giorno seguente: «Repubblica fiumana a-

bortita. Contegno ufficiali reparti truppa e carabinieri costringono Co-

mando Fiume rinunziare proposito proclamazione Repubblica. Consi-

glio nazionale che stamane era incerto si pronunciò per fedeltà Monar-

chia». Il 23 marzo: «Esperienza cose fiumane consiglia considerare e-

ventualità anche non lontana ritorno fiumani a proposito repubblica-

ni». Il giorno successivo: «Recenti informazioni da Fiume mi confer-

mano nel ritenere che tentativo di innovazione di regime non sia tra-

montato. D’Annunzio ha ieri intrattenuto ufficiali su necessità uscire da

attuale periodo stasi costituendo uno Stato capace vivere di vita propria

[…] Discorso D’Annunzio accenna altresì a moti in Romagna per colle-

gare i quali con movimento fiumano De Ambris starebbe per partire».

76. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1920, busta

1380, Partiti politici, f. Arditi.

77. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105, f. Arditi Roma.

78. Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1920, busta

1380.

79. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 105.

80. In «Il Popolo d’Italia», 13 febbraio 1920.

81. In «Il Popolo d’Italia», 2 ottobre 1919.

82. Di seguito alcuni stralci del testo originale della lettera inviata da

D’Annunzio a Mussolini il 16 settembre 1919 e pubblicata, con censu-

re varie, da «Il Popolo d’Italia» il 20 seguente: «Mi stupisco di voi e del

popolo italiano […] ho Fiume, tengo Fiume […] e voi tremate di paura!

[…] E voi state lì a cianciare, mentre noi lottiamo […] Dove sono i com-

battenti, gli Arditi, i volontari, i futuristi? […] E non ci aiutate neppu-

re con sottoscrizioni e collette. Dobbiamo fare tutto da noi con la no-

stra povertà Svegliatevi! E vergognatevi anche. […] Non c’è proprio

tuaria di tutti i generi. Si prega V. S. di riferire intorno a quanto le risulti

circa tali propositi degli estremisti e circa l’azione che in tal senso va-

da svolgendo il Borghi; e procurare anticipatamente di conoscere la

data per la quale i nuovi disordini dovrebbero essere convocati» (in Ar-

chivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1322, f. A-

narchici).

70. Un comunicato della Direzione del PSU, in data 13 settembre

1919, sull’occupazione di Fiume: «È la stessa minoranza faziosa la

quale quattro anni fa, complice il governo, trascinò il Paese nella cala-

mità della guerra, ma essa ora trova la classe lavoratrice italiana pre-

parata ed agguerrita, per approfittare degli inevitabili conflitti che po-

tranno determinarsi fra le classi dirigenti e la casta militare». In «A-

vanti!», 14 settembre 1919.

71. In Tasca, op.cit. In una intervista rilasciata al settimanale di Ma-

rio Carli «La Testa di Ferro» l’8 agosto 1920, Giulietti dichiarava: «Se i

rivoluzionari avessero avuto il coraggio di sfruttare l’occasione loro of-

ferta dalla ribellione dannunziana, e non avessero avuto paura di un’e-

ventuale reazione militarista, a quest’ora saremmo in piena repubblica

e molti trust bancari e molti pescicani morderebbero la polvere».

72. P. Alatri, D’Annunzio, UTET, Torino, 1983.

73. Nel gennaio 1920 Mussolini dichiara: «A Fiume vi è una specie di

club di repubblicani pregiudiziaioli, che per poco non mi accusano di

tradimento verso l’Italia perché sanno che io ho sconsigliato qualsiasi

marcia all’interno». In Tasca, op. cit.

74. L’operetta nell’epopea. Come doveva scoppiare la rivoluzione, ivi.

75. Di seguito alcuni stralci del carteggio Caviglia-Nitti. Il 14 marzo

1920 il generale, commissario straordinario per la Venezia Giulia, scri-

ve al primo ministro: «Sulla base di elementi che si possono ritenere

certi, sembra che sia attualmente in preparazione a Fiume un movi-

mento inteso a dare una nuova forma al governo della città […]. Non si

esclude che tale movimento possa avere relazione con eventuali tenta-

tivi in senso anticostituzionale che si tentassero in altre regioni d’Italia,

come l’Emilia, le Marche, e il Novarese […] si parla di prossimi avveni-

VALERIO GENTILI

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89. ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1919, busta 99, Movimento anarchico e co-

munista provincia di Roma.

90. Il corsivo è del volantino in favore del rimpatrio del vecchio lea-

der internazionalista fatto stampare dal segretariato della FCAL per pro-

muovere il comizio pro Malatesta del 30 novembre alla Casa del popolo

(in Anarchici, Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919,

busta 1322). Al comizio verrà cambiato ordine del giorno in seguito al

rientro di Malatesta in Italia, pochi giorni prima, organizzato segreta-

mente dal fiumarolo Giuseppe Giulietti. Il coinvolgimento del capitano

Giulietti innesca alcune polemiche sull’«Avanti!», cui risponde lo stes-

so Malatesta con un lettera al quotidiano socialista in data 29 dicem-

bre. Una spiegazione di Errico Malatesta, in «Avanti!», 30 dicembre

1919. Di seguito il testo del volantino a opera del segretariato della F-

CAL, in data 23 novembre: «La Federazione Comunista Anarchica del

Lazio ha deliberato di promuovere una grande manifestazione prole-

taria per il rimpatrio immediato di Errico Malatesta. Non è il caso di il-

lustrare a voi chi sia Errico Malatesta, il duce della Settimana rossa, e

l’importanza morale perché egli sia ritornato tra noi. Vi si oppone la

proterva contrarietà dei governanti che lo temono perché la sua aureo-

la di condottiero intemerato e impavido potrebbe essere il faro della

immediata rivoluzione proletaria. Nostro intendimento è di farlo tor-

nare ad ogni costo. Per cui iniziamo l’agitazione con un grande comi-

zio di protesta per culminare in uno sciopero di protesta che dovrebbe

indurre il Governo a togliere ogni ostacolo al suo ritorno. Il comizio è

stato indetto per domenica 30 corrente».

91. In merito al grande ascendente di Malatesta tra le masse e alla

paura di uno sconvolgimento rivoluzionario, accresciuta negli am-

bienti conservatori dal suo ritorno in Italia, si veda l’articolo La grande

reazionaria, in «Corriere della Sera», 20 gennaio 1920.

92. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1322.

93. Si veda in merito l’articolo di Luigi Einaudi sul «Corriere della

Sera» del 3 gennaio 1920.

nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia di chi

vi opprime, e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato

il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia […]» (testo integrale in Ala-

tri, D’Annunzio, cit.).

83. Nel suo libro, Sforza sostiene di aver ricevuto Mussolini alla

Consulta prima della sua partenza per Rapallo. Nel colloqui Mussoli-

ni gli avrebbe suggerito anche l’abbandono di Zara secondo la formu-

la città indipendente con rappresentanza diplomatica italiana. Secondo

Mecheri i colloqui sarebbero stati due, con il primo tenutosi all’Hotel

Corso di Milano.

84. In Mecheri, op. cit.

85. Si veda in merito il numero del 30 aprile 1921 de «L’Ardito».

86. Secondo l’informativa della Questura alla Direzione generale di

PS, in data 8 luglio 1921, che aveva per oggetto la ricostruzione delle di-

namiche relative alle prime due settimane di vita della nuova associa-

zione, l’assemblea del 22 giugno, che segnava l’atto di nascita degli Ar-

diti del popolo, era stata convocata da Secondari proprio in accordo

con Attilio Paolinelli e Luigi Piccioni (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1922, bu-

sta 98, f. Arditi del popolo – Roma).

87. Nel corso della campagna elettorale, un manifesto contraffatto,

opera probabilmente dei nazionalisti, cercava di gettare discredito sul-

la posizione assunta dal Partito socialista nei confronti della guerra: «I

disertori amnistiati sono pregati di intervenire sabato 1 novembre al-

le ore 21 nella sede dell’educatorio Andrea Costa, via delle Terme di Ti-

to (presso il Colosseo), per prendere gli opportuni accordi circa le im-

minenti elezioni politiche nelle quali i disertori di guerra dovranno rea-

gire contro i partiti che vollero l’inutile massacro e riaffermare il loro

sacrosanto diritto ad ottenere piena riabilitazione dalla pubblica opi-

nione come già ebbero dallo stesso governo borghese dell’on. Nitti il

completo condono della pena inflitta loro dalla tirannide militarista.

Nessuno manchi».

88. Telegramma cifrato n. 33588 del 20 novembre 1919, ore 18:30, in

Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1324.

VALERIO GENTILI

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VALERIO GENTILI

94. Ad esempio, nel corso degli scioperi d’autunno di edili e falegna-

mi, il 9 novembre migliaia di appartenenti a queste due categorie, ra-

dunati per un comizio all’Orto botanico, inneggiano continuamente al-

la rivoluzione, a Lenin e Malatesta.

95. Per l’aspetto generale delle proteste popolari spontanee, di quel-

le organizzate dalle due CDL e delle iniziative di requisizione su base

rionale: ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 78, f. Ordine pubblico – Roma.

96. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1920, busta

1380, sf. Partito repubblicano.

97. In queste riunioni, Paolinelli, enunciando la tattica per accelera-

re la sollevazione popolare – consistente nell’affiancare alle proteste

spontanee l’azione sistematica di piccole squadre incaricate, armi in

pugno, di eseguire espropri e procedere al rogo delle tessere annonarie

– pronuncia la frase: «Le armi si prenderanno dove sono al momento

opportuno». In merito alle agitazioni, in una relazione al prefetto, la

Questura comunica: «Da parte di elementi anarchici si cerca ogni mez-

zo per spingere la massa operaia ad una collettiva protesta» (in ACS, MI,

PS, a. g. e ris. 1920, busta 78).

98. In merito all’intervento nella vertenza ferroviaria di questa orga-

nizzazione, si veda l’articolo Com’è fronteggiato lo sciopero, in «Corrie-

re della Sera», 22 gennaio 1920. Secondo una relazione del prefetto al-

la Direzione generale di PS, le amministrazioni ferroviarie e postali do-

po aver fornito, d’intesa con le autorità militari, automobili e camion ai

volontari, li avrebbero pubblicamente encomiati al termine delle agi-

tazioni (in ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1920, busta 138).

99. Il proletariato nel movimento politico, questo il titolo della confe-

renza. Dal manifesto di convocazione: «Cittadini! Lavoratori! Siamo in

un momento politico nel quale il proletariato potrà trionfare con uno

sforzo di volontà, contro tutti i suoi nemici: contro il blocco monarchi-

co-clericale-capitalistico che tenta di sbaragliare con le persecuzioni,

con la violenza, l’invincibile esercito delle classi lavoratrici. Per quale

via? Con quali mezzi? Con quale programma?». Nella relazione della

Questura al prefetto: «Presenti circa 150 persone, la maggioranza re-

pubblicani, qualche socialista e pochi anarchici, tra i quali Sottovia Et-

tore, Allegretti Guido e Belardi», rispetto all’intervento del principale

oratore il repubblicano Oliviero Zuccarini, riportato in corsivo: «Ab-

biamo fatto male a far preparare la borghesia, il governo, la lega anti-

bolscevica, il partito popolare, tutti organi che sono sorti contro di noi.

Noi repubblicani, con l’adesione alla guerra, abbiamo avuto molti tor-

ti che gli anarchici giustamente e continuamente ci rinfacciano, ma

mettiamo una pietra sopra e siamo oggi concordi per un unico fronte

rivoluzionario di resistenza […]. Anche gli incidenti di oggi dimostra-

no che il popolo vuole la rivoluzione. Il governo crede, col sangue, di

soffocare ogni movimento ed è pronto a tutto. Aveva formato la Guar-

dia regia di soli 20 mila uomini ma oggi la vuole portare a 200 mila, i ca-

rabinieri da 25 a 80 mila con dotazione mitragliatrici e autoblindo.

Compagni è giunta l’ora d’insorgere al grido di viva il proletariato, vi-

va la rivoluzione sociale» (in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Ga-

binetto 1920, busta 1380, sf. Partito repubblicano).

100. Nella mattinata del 20 alcuni tram vengono requisiti da stu-

denti nazionalisti che, dopo aver percosso i conducenti e sostituito alle

bandiere rosse il tricolore sabaudo, fanno il giro del centro cittadino

cantando l’inno di Mameli.

101. In ACS, MI, PS a. g. e ris. 1920, busta 79. Con la costituzione della

Federazione unitaria tra i lavoratori delle fornaci, nel nuovo direttivo

entravano, oltre ad Augusto Proietti, Menotti Banci, eletto segretario,

Dante Testasecca, vicesegretario, Alberto Di Giacomo, consigliere. Per

un profilo biografico di Di Giacomo (anarchico, membro del direttorio

cittadino degli Arditi del popolo, poi partigiano azionista deportato a

Mauthausen) vedi V. Gentili, La legione romana degli Arditi del popolo,

Purple Press, Roma, 2009.

Menotti Banci: detto Nino, di Celestino, nato a Monterotondo il 18

agosto 1883. Vive a Roma, in via Andrea Doria, zona Trionfale. Anar-

chico ed esponente di rilievo della Lega fornaciai fin dal 1919, fa parte

del direttorio romano degli Arditi del popolo. Nel luglio 1923 viene ar-

restato per aver commemorato, insieme ad altri anarchici, la Comune

261

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ROMA COMBATTENTE

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103. Mario Mariani, membro del direttorio milanese degli Arditi del

popolo in Le meditazioni di un pazzo, Sonzogno, Milano, 1922.

104. In settembre ai Comandi d’armata viene spedita, dagli uffici di

propaganda militare, una circolare, a firma Camillo Caleffi, capouffi-

cio informazione dello Stato maggiore dell’esercito, in cui si afferma:

«I Fasci di combattimento sono da considerare forze vive da contrap-

porre eventualmente agli elementi antinazionali e sovversivi perciò è

necessario mantenere contatti con essi seguendone l’attività».

105. B. Mussolini, Scritti e discorsi, Hoepli, Milano, 1934.

CAPITOLO IV

1. La Federazione Nazionale dei Legionari Fiumani inizia la sua vita

rigogliosa, in «La Vigilia», 15 febbraio 1921.

2. In «La Vigilia», 29 gennaio 1921.

3. In «Il Popolo d’Italia», 6 aprile 1921.

4. Mecheri, op. cit.

5. In Fascisti e Legionari, Antonio Gramsci su «L’Ordine Nuovo» del

19 febbraio 1921. Scrive Gramsci: «Vi è che mentre i fascisti, special-

mente in Torino, sono giovani benestanti, studenti fannulloni, profes-

sionisti, ex-ufficiali viventi di ripieghi, ecc. ecc., gente insomma che

non sente gran che i bisogni materiali della vita perché vive alle spalle

di qualcheduno (famiglia, clienti, erario pubblico), nei legionari sono

numerosi coloro che sentono invece le strettezze della crisi economi-

ca generale».

6. Ibidem.

7. Ibidem. In riferimento all’azione di crumiraggio, in occasione del-

lo sciopero dei dipendenti comunali di Torino, cui si erano aggiunti, tra

gli altri, una quarantina di legionari disoccupati, aveva scritto «La Vi-

gilia»: «Ai legionari che si sono prestati all’opera di crumiraggio, dob-

biamo poi dire poche e franche parole: essi hanno mancato al loro pre-

ciso dovere di evitare ogni atto o parola che possa offendere la purezza

di Parigi in un’osteria di via Leopardi. Nel giugno 1924 è nuovamente

arrestato per aver preso parte allo sciopero generale di protesta per l’o-

micidio di Giacomo Matteotti. Nel febbraio 1927 viene condannato

dalla Commissione provinciale preposta a scontare un biennio di am-

monizione «perché elemento pericoloso per l’ordine nazionale dello

Stato». Per impedire un espatrio clandestino, nel 1930, il suo nome è i-

scritto nella rubrica di frontiera. L’anno seguente viene iscritto nell’e-

lenco (3° categoria) «delle persone pericolose da arrestarsi in determi-

nate circostanze». Nel corso dei rastrellamenti compiuti dai nazifasci-

sti tra il dicembre del ’43 e il gennaio ’44, è colpito da mandato di cat-

tura ma si rende irreperibile. Dopo la fine della Seconda Guerra Mon-

diale costituisce al Trionfale il gruppo Errico Malatesta. (Archivio di

Stato di Roma, Questura A/9, ad nomen).

Dante Testasecca: di Alessandro, nato ad Ancona il 20 gennaio

1886. Residente al Trionfale, rientra tra i vigilati speciali dalla polizia.

Membro del locale battaglione degli Arditi del popolo nel 1921, viene

condannato a tre mesi di detenzione per porto abusivo d’arma. Nell’a-

prile dell’anno successivo è nuovamente arrestato in seguito alle ripe-

tute cariche della Polizia, in piazza Risorgimento, contro un pattu-

glione di Arditi del popolo che – inquadrato e al canto di Bandiera ros-

sa – partito dalla sede dei fornaciai in via Tolemaide, cerca di raggiun-

gere il centro cittadino. Durante gli anni del Regime abbandona la mi-

litanza politica. Nel 1934 un brutto incidente – cade da un ponteggio e

si frattura il bacino mentre è impiegato come muratore in un cantie-

re dell’aeronautica nei pressi dei bagni di Tivoli – lo rende inabile al la-

voro. Vive gli ultimi anni della sua vita, insieme con la moglie e i cin-

que figli, in condizioni di miseria. (Archivio di Stato di Roma, Que-

stura A/9, ad nomen).

102. Il questore al prefetto in data 6 marzo: «Continuano le trattati-

ve fra operai e industriali. Questi […] solo rifiutano di aumentare del

50% lo straordinario per i cottimisti che a richiesta dei proprietari stes-

si dovrebbero 10 anziché 8 ore. Rifiutano pure di accordare aumento

del 25% alla categoria dei terrazzieri detti scopritori».

VALERIO GENTILI

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265

torio, allora segretario della CDL di Bari, dell’on. Angelo Faggi dell’USI e

di esponenti della Federazione nazionale metallurgici, della Federa-

zione del libro, della Federazione milanese della terra, della CDL di Ge-

nova, ecc. I postulati dell’organizzazione consistevano in: A) Indipen-

denza assoluta da qualsiasi partito politico; B) Riconoscimento espli-

cito del principio nazionale; C) Accettazione della Carta del Carnaro co-

me programma integrale di realizzazione immediata (ibidem).

18. Ibidem.

CAPITOLO V

1. In R. De Felice, La Carta del Carnaro nei testi di Alceste De Ambris

e di Gabriele D’Annunzio, Il Mulino, Bologna, 1973.

2. Si vedano in merito M. A. Leeden, D’Annunzio a Fiume, Laterza,

Roma-Bari, 1975; F. Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo,

Bonacci, Roma, 1988; il guru dell’underground statunitense H. Bey, T.

A. Z. –Zone Temporaneamente Autonome, Shake, Milano, 1993; Rossi,

op. cit.; C. Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti libertari con D’An-

nunzio a Fiume, Il Mulino, Bologna, 2002; A. Ciampi, La breve estate di

Fiume, Centro Studi Storici della Val di Pesa, n. 7, Firenze, 2006.

3. M. Fressura, P. Karlsen (a cura di), La Carta del Carnaro e altri

scritti su Fiume, Castelvecchi, Roma, 2009.

CAPITOLO VI

1. Alcuni dei quali aderenti all’organizzazione, fondata a Berlino,

della Lega rossa del soldato.

2. In «Corriere della Sera», In Germania, Il bollettino rosso, 24 mar-

zo 1920.

3. In «Corriere della Sera», Nuova richiesta tedesca agli Alleati di in-

viare rinforzi alla Reichswehr nella Ruhr, 28 marzo 1920.

e la bellezza della causa alla quale si sono votati, discreditandola con la

loro condotta e fornendo armi a chi ha interesse di farci apparire come

le guardie bianche della reazione borghese […] se il fatto si ripetesse,

tengano presente che non potrebbero più sperare in nessuna indul-

genza e diventerebbero realmente – come li chiama il corrispondente

del «Popolo d’Italia» – ex-legionari, non avendo più nulla di comune

con quei soldati fiumani che si sentono ancora legionari (senza l’ex) in

quanto seguono con pura coscienza la disciplina morale dettata dal

Comandante D’Annunzio, che non è certo disciplina di crumiri».

8. In ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1921, busta 87, f. Legionari fiumani.

9. Ibidem.

10. ACS, MI, PS, a. g. e ris. 1922, busta 96, f. Arditi d’Italia.

11. Mecheri, op. cit.

12. Ibidem.

13. In «L’Avanguardia Sociale», n. 1, anno V, gennaio 1923, periodi-

co legato al combattentismo sovversivo romano, divenuto, dopo la pa-

rentesi degli Arditi del popolo, Giornale dei partiti e delle organizzazio-

ni d’avanguardia.

14. Ibidem.

15. Dall’editoriale del socialista interventista filodannunziano Al-

berto Sbrocca (gerente del periodico) Pagine di storia e cronache di ver-

gogna (in ivi). Il suo lungo atto d’accusa contro la neonata dittatura co-

sì si concludeva: «Dichiaro, anzi, pubblicamente (affinché, se mai, la

mia dichiarazione resti documento della mia fede di socialista e di fie-

ro cittadino d’Italia, che ama ardentemente il proprio Paese ma pure

l’Umanità) che, io, piuttosto che fare omaggio a qualsiasi forma di vio-

lenza – perpetrata in nome di un falso patriottismo, che non è quello di

Mazzini, né quello di Garibaldi, né quello di Battisti, né quello di Bis-

solati, né quello di Cipriani, né quello di D’Annunzio – sono deciso a

morire».

16. Mecheri, op. cit.

17. Il Comitato aveva ricevuto numerose adesioni tra cui quella di

De Ambris, dell’ex-segretario CGL Rinaldo Rigola, di Giuseppe Di Vit-

VALERIO GENTILI

264

Page 134: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

267

4. Ibidem.

CAPITOLO IX

1. In merito al fallimento del corteo del 10 aprile 1919, si veda il fa-

scicolo sullo sciopero generale a Roma e provincia, busta 1323, in Ar-

chivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919.

2. Ibidem.

3. Ibidem.

CAPITOLO X

1. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1323, f. Sciopero generale 21-22 luglio. Nel corso del dibattito, un delega-

to denuncia la mancanza di iniziative di solidarietà nei confronti degli

arrestati di Pietralata e più in generale di tutti i fermati nel corso delle di-

mostrazioni contro il carovita, imputando tale lacuna all’atteggiamento

assunto dall’«Avanti!» nei confronti degli arrestati. La replica del segre-

tario socialista D’Amato punta il dito contro il tenente degli Arditi Argo

Secondari: «il quale secondo il suo modo di vedere non è che un agente

provocatore mentre gli arrestati sono vittime di un’azione poliziesca».

2. Ibidem.

3. Ibidem.

CAPITOLO XI

1. Informativa del 2 dicembre 1919 del questore Mori al prefetto, in

Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1323, f.

Sciopero generale del 2 dicembre.

2. In relazione del questore al prefetto, in data 3 dicembre (ivi).

3. Ibidem.

4. Dalla sintesi degli articoli del corrispondente francese a opera del-

l’inviato parigino del «Corriere della Sera» in data 27 marzo (contenu-

ta nell’articolo Sulla fronte rossa della Ruhr).

5. In «Corriere della Sera», 4 aprile 1920.

6. In «Corriere della Sera», I fermenti militaristi in Germania, 17 a-

prile 1920.

CAPITOLO VII

1. Riservata-urgente del 16 febbraio con oggetto Lega proletaria tra

mutilati, invalidi e reduci di guerra – sezione Roma, in Archivio di Stato di

Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta 1329, sf. Lega proletaria reduci.

2. Da un articolo, non pubblicato, indirizzato all’«Avanti!» in data 28

marzo 1919. Testo integrale in Archivio di Stato di Roma, Prefettura-

Gabinetto 1919, busta 1329, sf. Lega proletaria reduci.

3. Si veda in merito l’informativa del questore al prefetto in data 24

giugno (ivi).

4. Ibidem.

5. Nel 1920 Offidani scrive, tra gli altri, i testi de I figli di Spartaco –

Inno degli Arditi rossi e La leggenda della Neva.

CAPITOLO VIII

1. In Archivio di Stato di Roma, Prefettura-Gabinetto 1919, busta

1336, f. Sciopero generale contro il carovita.

2. Informativa del questore Mori al prefetto, in data 5 luglio 1919 (ivi).

3. Questo l’elenco nominativo dei componenti: Augusto Bonelli, Au-

gusto Salvati e Mazzini Lelli (per la CDL confederale), Giuseppe Cara-

mitti, Amerigo Rossetti e Pietro Vertucchi (per la CDL interventista). I

termini dell’accordo sono contenuti in una dichiarazione comune, in

data 9 luglio, firmata da Monici per i confederali e Caramitti per gli in-

terventisti (ivi).

VALERIO GENTILI

266

Page 135: ROMA COMBATTENTE

269

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VALERIO GENTILI

270

Page 137: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

273

«Guerra Sociale»

«L’Iniziativa»

«L’Internazionale»

«Il Mondo»

«L’Ordine Nuovo»

«Il Paese»

«Il Piccolo»

«Il Popolo d’Italia»

«Il Resto del Carlino»

«La Riscossa dei Legionari Fiumani»

«Roma Futurista»

«Secolo»

«La Sfida»

«Lo Spirito Liberatore»

«La Testa di Ferro»

«Umanità Nova»

«La Vigilia»

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Giornali

«L’Ardito»

«L’Avanguardia»

«L’Avanguardia Sociale»

«Avanti!»

«La Correspondance Internationale»

«Corriere della Sera»

«Cultura Sindacale»

«Epoca»

«La Fionda»

«Il Giornale»

«Il Giornale d’Italia»

«Giornale del Mattino»

VALERIO GENTILI

272

Page 138: ROMA COMBATTENTE

275

Saluti e ringraziamenti

Ad Anita, Aldo e Clara, i fratelli Di Mino: Pierpaolo e Massimi-

liano (in attesa del romanzo dannunziano Fiume di tenebra), Cri-

stiano Armati, Mario Paolinelli, Fabio e Marcello Testasecca,

Marco Carli, l’Associazione nazionale combattenti e reduci di

San Lorenzo. Ivan, Igor, Alessandro, Benedetto, Matteo, Pier-

paolo, Paolo, Eugenio, Marco. Simone Sallusti e Massimo Pe-

dretti, «i Gendarmi della memoria». Emanuele Carchella, Patrik,

Francesco, Luca, Matteo, Deborah, Tommy e tutti i ragazzi e le

ragazze del civico 26 di via dei Volsci. Lorenzo e la Casa del po-

polo di Trionfale. Massimo Plescia, Damiano Costantini, Gian-

luca Zoncu, Giovanni La Porta, Christian Capparè, Pietro Persi-

chini, Daniele La Salvia, Augusto il Tedesco, Mamo, Alessandro

Di Massimo, Francesco Freak, Davide Vacca, Peppe, Mariano e il

Sally Brown. A tutti coloro che in questo Paese mantengono vi-

va la fiamma dell’arditismo. Nel ricordo di Luca e Federico.

Un ringraziamento particolare a Federico Bucci, per il sup-

porto logistico in corso d’opera e al ricercatore Michele De Gre-

gorio per il materiale sugli Arditi rossi a New York.

Per contattare l’autore: [email protected]

Page 139: ROMA COMBATTENTE

277

Abatino Tommaso, 37, 225.

Agostini Ettore, 167.

Alatri Paolo, 73, 85, 219, 245,

250, 252, 256, 258.

Albricci Alberico, 222.

Alleanza Nazionale, 30, 33-35,

82, 220, 223.

Alleanza rivoluzionaria, 12, 16-

18, 61, 92, 165-166, 241, 245.

Allegretti Guido, 261.

Aloisi Arduino, 196.

Altieri Dante, 169.

Ambrosi Raniero, 246.

Ambrosini Vittorio, 32, 221.

Andrea Costa (circolo), 44, 59,

135, 141, 241, 258.

Angelo Lelli, 142.

Antonini Arcangelo, 74, 246.

Antonioli Maurizio, 166.

Aphel Fausto, 178, 180.

Arditi del popolo, 19, 37, 43, 91,

146-147, 150, 158, 161, 165-166,

185, 187, 195, 197, 199, 201-203,

213-215, 218, 225, 228, 239, 246-

247, 249, 258, 261-264.

Associazione fra gli Arditi d’Italia

(AAI), 12, 18, 25, 27-28, 30-33, 37,

47, 61, 65, 68, 80, 82, 85-86, 88,

214, 216-218, 221, 223, 247-248.

Associazione nazionale Arditi d’I-

talia (ANAI), 19, 27, 91, 103, 106,

166, 218, 247.

Associazione nazionale combat-

tenti (ANC), 12, 40, 211, 216, 221.

Associazione nazionale tra mutila-

ti e invalidi di guerra (ANMIG), 25.

Babusse Henry, 252.

Bacchi Dante, 169.

Baldazzi Mario, 178.

Baldazzi Vincenzo, 47, 73, 146,

168, 196, 214, 232.

Baldoni Amilcare, 16, 67, 73.

Banci Menotti, 261.

Bandini Domenico, 167.

Barbagallo Carlo, 219.

Indice dei nomi

Page 140: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

279

Corradini Enrico, 228, 252.

Corridoni Filippo, 15, 91, 209,

212, 237.

Coselschi Eugenio, 252.

D’Agostini Lorenzo, 246

D’Alessi Amedeo, 168.

D’Amato Giuseppe, 44, 61, 79,

125, 131, 133-134, 236-237, 242-

243, 267.

D’Annunzio Gabriele, 38, 79-83,

85-86, 89-91, 101-102, 104, 109,

218-219, 227-228, 233, 245, 251-

258, 264-265.

D’Aragona Luigi, 85, 177, 181.

Daniele Nino, 84, 103.

Daumig Ernst, 123.

De Ambris Alceste, 15, 36, 81, 84-

85, 91, 101-103, 109, 209, 218-

219, 237, 254, 257, 264-265.

De Dominicis Bernardino, 228,

243.

De Felice Renzo, 109, 225, 245,

265.

De Martino Francesco, 33, 224.

De Paoli Giuseppe, 170.

De Rio Salvatore, 170.

De Scalzi Pietro, 19, 86, 247.

De Silva Alfonso, 245.

Della Ciana Guglielmo, 246.

Denikin Anton, 253.

Deusu Aristide, 170.

Di Dio Alfio, 170.

Di Domenico Corino, 170.

Di Domenico Gennaro, 167.

Di Giacomo Alberto, 261-262.

Di Napoli Ernesto, 168.

Di Salvo Umberto, 169.

Di Tore Salvatore, 170.

Di Vittorio Giuseppe, 264.

Diotallevi Angelo, 161-163.

Dossena Alceo, 160.

Dragoni Primo, 169.

Dutto Amilcare, 169.

Eghilberto Martire, 231.

Einaudi Luigi, 259.

Eluisi Aldo, 19.

Fabbri Umberto, 31, 33, 35, 220-

222, 224, 247.

Fancello Niccolò, 219.

Fasani Giuseppe, 168.

Fasano Aldo, 47, 167, 232.

Fatelli Amedeo, 170.

Favoli Luigi, 169.

Federazione comunista anarchi-

ca laziale (FCAL), 20, 54, 58-59,

61, 64-65, 73-74, 76, 79, 95, 239-

240, 243, 259.

Federazione nazionale Arditi d’I-

talia, 91.

Federazione nazionale legionari

fiumani (FNLF), 91, 101-106, 215.

Federzoni Luigi, 34.

Ferrari Adelino, 170.

Ferrari Attilio, 170.

Filiziani Attilio, 169.

Fioranti Remo, 247.

Forbicini Giovanni, 58, 75.

Foscanelli Umberto, 101.

Francescangeli Eros, 246.

Barbati Salvatore, 170.

Barbozzi Ernesto, 168.

Bartoli Alfredo, 168.

Basile Decio, 246.

Battisti Cesare, 210, 264.

Bazzaghi Pietro, 169.

Bazzi Carlo, 238.

Beccaris Bava, 161.

Belli Angelo, 170.

Bergamo Guido, 219.

Bergamo Mario, 219.

Bernabei Tommaso, 242

Besana Enrico, 219.

Betti Edoardo, 47, 168, 233.

Bey Hakim, 265.

Bianchi Alfredo, 237.

Bissolati Leonida, 264.

Bombacci Nicola, 85, 231, 240.

Bonamici Francesco, 170.

Bonanni Massimo, 168.

Bonasegala Ernesto, 169.

Bonelli Augusto, 266.

Boninsegna Arturo, 168.

Bonomi Ivanoe, 53, 92, 252.

Borghi Armando, 55-56, 236, 255.

Bottai Cesare, 26.

Bottai Giuseppe, 87, 218, 220, 248.

Branca Pietro, 169.

Branchino Giuseppe, 169.

Bresci Gaetano, 48, 161.

Brignardelli Agostino, 167

Bufacchi Angelo, 169.

Cainoli Francesco, 170.

Calcioli Ciro, 170.

Caleffi Camillo, 222, 263.

Calvani Alfredo, 168.

Calza Bini, 200.

Canatelli Umberto, 246.

Capecchi Natale, 73, 157.

Capozza Michele, 186.

Capuani Adolfo, 246.

Caramitti Giuseppe, 75, 179, 266.

Carbone Mario, 84, 98, 118, 167.

Carelli Giuseppe, 170.

Carli Mario, 27-28, 31-32, 49, 216-

217, 221, 229-230, 233, 254, 256.

Casastro Emilio, 246.

Cavallini Bartolomeo, 228.

Caviglia Enrico, 24, 228, 230, 256.

Cella Giuseppe, 170.

Cesarelli Mario, 167.

Cesarini Didio, 239.

Cesarini Romolo, 168.

Chiurco Giorgio Alberto, 221.

Ciampi Alberto, 265.

Ciccarelli Attilio, 170.

Ciccotti Francesco, 44.

Cicerin Georgij, 253.

Ciluffo Antonio, 245.

Cioccolanti Ubaldo, 18-19, 48-49,

58, 167, 214, 233.

Cipriani Amilcare, 16, 212, 264.

Citterio Antoni, 169.

Cocconi Ildebrando, 219.

Coletti Gino, 218.

Collacciani Francesco, 168.

Conboli Francesco, 243.

Contolfi Teresio, 170.

Cordera Mario, 170.

Cordova Ferdinando, 25, 216, 245.

Cori Luigi, 168.

VALERIO GENTILI

278

Page 141: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

281

Mariani Mario, 263, 271.

Marignani Mario, 170.

Marinetti Filippo Tommaso, 27,

49, 148-149, 224, 226, 234.

Marisiano Luigi, 170.

Marozzi Oreste, 246.

Martella Cesare Augusto, 58, 63,

67, 72-73, 159-160, 243.

Masini Otello, 219.

Mastrosanti Achille, 168, 215.

Matteotti Giacomo, 106, 236, 262.

Mazzini Giuseppe, 232, 264.

Mazzini Lelli, 58, 75, 142, 242,

266.

Mazzuccato Edmondo, 87.

Mecheri Eno, 29, 36, 80, 90-91,

101-103, 105, 214, 218-220, 224,

235-236, 251, 258, 263-264.

Melinelli Giuseppe, 58.

Menichelli Adolfo, 168.

Menichelli Angelo, 186.

Merlino Libero, 243.

Milano Timoteo, 167.

Mingrino Giuseppe, 43-44, 127,

142, 185-186, 197, 230-231.

Modigliani Amedeo, 230.

Monici Giovanni, 75, 177, 237,

266.

Montesi Giovanni, 57-58, 73, 75,

238, 250.

Montini Giovanni, 74, 246.

Morara Luigi, 185-187.

Morelli Angelo, 246.

Moretti Ettore, 157.

Moretti Oreste, 239.

Mori Cesare, 223, 230, 266-267.

Moroni Antonio, 157.

Moroni Emilio, 167.

Mozzi Mario, 168.

Mucci Giuseppe, 58, 74, 246.

Muccioli Corrado, 246.

Müller Hermann, 117, 121.

Mussolini Benito, 27-28, 31, 34-

36, 44, 89-90, 98, 102, 114, 149,

162, 195, 209-210, 217-221, 256-

258, 263.

Naldi Filippo, 86-88.

Nardelli Fernando, 169.

Nenni Pietro, 219, 229, 233.

Nisi Ugo, 167.

Nitti Francesco Saverio, 23, 31,

39, 52, 64, 67-68, 79, 81-83, 86,

92, 127, 173, 175, 210, 220, 245-

246, 248-249, 251-253, 256, 258.

Nobili Santore, 47, 167, 232.

Noske Gustav, 119.

Nubbola Pietro, 246.

Offidani Raffaele Marino, 128,

266.

Oldani Francesco, 169.

Orlandi Alfredo, 246.

Orlandi Angelo, 169.

Orlando Vittorio Emanuele, 23-

24, 62, 64.

Pais-Serra Francesco, 244.

Paolinelli Attilio, 16, 18-19, 51, 58,

61, 63-64, 67, 72, 165-166, 243,

246, 258, 260.

Paradisi Aldo, 246.

Francia Giacinto, 219.

Francucci Marcello, 168, 247.

Francucci Raimondo, 47, 167, 246.

Fratellanza tra gli Arditi d’Italia

(FtAI), 12, 16-17, 47-49, 68, 92,

146, 161, 167, 213-214, 233, 247.

Freddi Ugo, 169.

Fressura Marco, 265.

Frigeri Attilio, 169.

Gallinella Giovanni, 239.

Garibaldi Giuseppe, 232, 264.

Garibaldi Peppino, 86-88, 217.

Gasti Giovanni, 227.

Gentile Emilio, 217, 220, 226.

Gentili Romeo, 169.

Ghianedai Augusto, 170.

Giardino Gaetano, 228.

Giolitti Giovanni, 53, 90, 210, 228.

Giorondo Daniele, 167.

Giovannetti Alberto, 247.

Giulietti Giuseppe, 84-86, 94,

220, 252, 256, 259.

Giurati Giovanni, 75, 245.

Gradi Mario, 37, 225.

Gramsci Antonio, 7, 41, 51, 226-

227, 229, 235, 248, 263.

Grispigni Marco, 246.

Gubbio Gianni, 207.

Guerra Costantino, 168.

Iacobelli Leopoldo, 243.

Iacovangelo Alfonso, 168.

Igliori Ulisse , 200.

Ignazi Guerino, 168.

Kapp Wolfgang, 113-115, 119-120.

Karlsen Patrik, 265.

Kochnitzky Leone, 254.

Koltchak Alexandre, 253.

Kropotkin Petr, 15, 212.

Kun Bela, 59.

Lacino Giovanni, 169.

Lamberti Giuseppe, 246.

Lanza Renato, 167, 200.

Lanzillo Agostino, 35, 219.

Lavini Camillo, 247.

Leeden Mark A., 265.

Lenin Vladimir, 50, 54, 60, 234,

254, 260.

Lepore Adolfo, 246.

Lepri Nazzareno, 170.

Levi Guido, 88, 246-247.

Lisi Domenico, 246.

Lissera Giovanni, 170.

Locatelli Alberto, 169.

Lombardo Radice Giuseppe, 210.

Losovski Alexander, 234.

Ludendorff Erich, 123.

Lunaciarsky Anatoli, 226.

Lunedei Torquato, 125, 127-128.

Lüttwitz Walther von, 114-115.

Luzzi Giuseppe, 58, 238-239, 242.

Maiore Francesco, 47, 233.

Malatesta Errico, 59, 84-85, 93-

94, 166, 212-213, 252, 259-260,

262.

Malatesta Temistocle, 167.

Malavisia Asdrubale, 246.

Mammuccari Augusto, 57.

Mancini Ugo, 195.

VALERIO GENTILI

280

Page 142: ROMA COMBATTENTE

ROMA COMBATTENTE

283

Tamaro Attilio, 212.

Tancredi Libero, 210, 238.

Tasca Angelo, 77, 84, 229, 235-

236, 240, 250, 253, 256.

Tavani Alfredo, 243.

Testasecca Dante, 261-262.

Tino Sinibaldo, 219.

Tittoni Tommaso, 52.

Todola Giovanni, 170.

Togliatti Palmiro, 185, 235.

Tonti Cavallotti, 246.

Torreano Carlo, 228.

Toscanini Arturo, 219.

Tosi Filippo, 246.

Toti Enrico, 158, 185, 188-190.

Trotskij Lev, 226.

Trozzi Mario, 79, 243.

Turati Filippo, 212, 230.

Uberti Federico, 242.

Udine Ludinio, 168.

Unione italiana del lavoro (UIL),

103, 237.

Unione nazionale ufficiali smo-

bilitati (UNUS), 244.

Unione sindacale italiana (USI),

55-56, 228, 237, 243, 255, 265.

Unione sindacale milanese (USM),

15, 212, 237.

Unione socialista romana (USR),

20, 43-45, 47, 55, 58, 61-63, 76,

78-79, 96, 125, 133-134, 175, 178,

186, 230, 236, 241, 243.

Valeri Nino, 212, 216, 252, 254.

Vanzetti Bartolomeo, 187.

Vecchi Ferruccio, 31, 87, 148-

149, 217-218, 221, 224, 229.

Velluti Augusto, 246.

Ventura Francesco, 170.

Vergani Giuseppe, 169.

Vernazza Bruno, 170.

Vertucchi Pietro, 266.

Zampa Tiberio, 141-142.

Zinoviev Grigory, 234.

Zuccarini Oliviero, 261.

Parisi Carlo, 69.

Parodi Mario, 69, 246.

Pasella Umberto, 35, 220.

Pellizzari Vico, 35.

Perotti Paolo, 169.

Petrelli Vincenzo, 170.

Piacentini Enrico, 168, 210, 246.

Piccioni Luigi, 47, 49, 56, 73, 75,

82, 160-161, 166, 237-238, 258.

Piermattei Ugo, 157-158, 164.

Pierucci Nello, 250.

Pirozzi Ernesto, 169.

Podrecca Guido, 219.

Premutti Costanzo, 216, 244.

Proietti Augusto, 97, 261.

Radek Carlo, 229.

Rava Enzo, 186.

Refriggeri Amedeo, 246.

Regina Leonardo, 170.

Renzi Aldo, 169.

Renzi Antonio, 168.

Ribaldi Pietro, 26, 86, 246.

Rigola Rinaldo, 264.

Roccucci Adriano, 212, 228, 246.

Rochat Giorgio, 216, 218.

Rognoni Celeste, 170.

Romer Josef, 123.

Rossetti Amerigo, 266.

Rossi Cesare, 236.

Rossoni Edmondo, 75, 130, 250.

Rygier Maria, 238.

Sabbatucci Giovanni, 216, 244.

Sacco Nicola, 187.

Sacconi Riccardo, 236.

Salandra Antonio, 24.

Salandri Umberto, 169.

Salaris Claudia, 265.

Salucci Argante, 58, 74.

Salvarezza Umberto, 168.

Salvati Augusto, 266.

Salvemini Gaetano, 62.

Sannarelli Salvatore, 167.

Sansoni Alfredo, 169.

Santarelli Vincenzo, 164, 242.

Santarnecchi Augusto, 246.

Savateo Luigi, 167.

Sbrocca Alberto, 264.

Schiaffi Fiuseppe, 168.

Sciampi Umberto, 168.

Secondari Argo, 7, 12, 18-19, 26,

68-69, 72, 86-88, 91, 150, 166, 185,

194, 196-199, 201-202, 204-207,

217-218, 225, 247-249, 258, 267.

Senzasono Enzo, 196, 200.

Sermoneta Benedetto, 168.

Sforza Carlo, 90, 258.

Silvestri Mentore, 169.

Simmi Alfredo, 239.

Sinigaglia Oscar, 68, 75, 81, 220.

Sottovia Ettore, 179, 261.

Spadoni Amedeo, 167.

Spagnuolo Mario, 170.

Spriano Paolo, 39, 42, 227, 229,

246.

Stagnetti Spartaco, 57-58, 162,

194, 243.

Stanganelli Umberto, 169,

Starace Achille, 219.

Stazzetti Vittorio, 169.

Tagliaferro Antonio, 245.

VALERIO GENTILI

282

Page 143: ROMA COMBATTENTE

Indice

Roma combattente

Sigle e abbreviazioni 9

Introduzione 11

I. I combattenti 23

II. La Fratellanza tra gli Arditi d’Italia 47

III. Il sovversivismo, la lotta al carovita, gli scioperi,i fatti di Pietralata 55

IV. I legionari fiumani di fronte allo squadrismo 101

V. La Carta del Carnaro 109

VI. La marcia su Berlino di Kapp e il combattentismo rivoluzionario in Germania. Le centurie rosse della Ruhr 113

VII. La nascita della Lega Proletaria Reduci a Roma 125

VIII. 14 luglio 1919: lo sciopero generale contro il carovita. Alcuni dati 129

IX. Le misure della Polizia nello sciopero generale del 10 aprile 1919 133

Page 144: ROMA COMBATTENTE

X. Lo sciopero generale del 21-22 luglio 1919, i contrasti in campo operaio 137

XI. Lo sciopero generale del 2 dicembre, gli scontri e la morte del socialista Zampa 141

IMMAGINI 143

BIOGRAFIE 155

Biografie 157

Parziale elenco nominativo degli iscritti romani alla Fratellanza tra gli Arditi d’Italia 167

DOCUMENTI 171

Documenti 173

Bibliografia 269

Saluti e ringraziamenti 275

Indice dei nomi 277

Page 145: ROMA COMBATTENTE