Roma Arte Romana Nel Centro Del Potere

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7/28/2019 Roma Arte Romana Nel Centro Del Potere http://slidepdf.com/reader/full/roma-arte-romana-nel-centro-del-potere 1/15 1  Nascita di una città, di una società e di una cultura Roma non nasce sul palatino ma nel punto in cui oggi è l’isola Tiberina, dove vi era una possibilità di attraversare il fiume. Essa nasce non tanto come centro agricolo ma come centro di traffico e commercio. Nel punto più favorevole viene costruito il  ponte Sublicium vicino al quale nasceranno i mercati del bestiame e quello della verdura, ma il ponte congiungeva anche Roma con l’Etruria e  per questo era in legno per poter essere disfatto velocemente. Sulla sponda del fiume la via per il  ponte incontrava quella del sale, la via Salaria. Roma si trovava proprio nel , mezzo dei traffici commerciali tra Etruria e campagna e di questo se ne servì per aumentare le proprie risorse. Ma inevitabilmente Roma fu anche influenzata da queste due culture dal punto di vista artistico e culturale. Il contatto con la Grecia per Roma fu precoce infatti a Pratica di Mare a sud di Roma vi sono 13 altari che testimoniano già dal VI secolo la presenza della cultura greca era radicata nella cultura romana con la venerazione dei Penati, di Vesta e dei Dioscuri. La cultura romana ebbe però i suoi maggiori rapporti con quella etrusca anche se non ne fu la sua diretta continuatrice. Nasce poi l’ellenismo latino che era una koinè dialektos , un linguaggio artistico comune, venato di dialetti in cui l’arte greca faceva scuola. Ancora per tutto il IV e III secolo l’arte romana non si distinguevano da quelle dell’Etruria e della Campagna. La prima volta che troviamo il nome di Roma sopra un manufatto artistico sarà sopra la Cista Ficoroni . La storia figurata sulla parete della cista era una variante italica della storia degli Argonauti trattata con lo stile della pittura greca del V e IV secolo e il gruppo in bronzo sul manico deriva le sue forme dalla scultura dei maestri greci del IV secolo. La cista non è quindi una testimonianza dell’arte romana del periodo ma è piuttosto una testimonianza dell’arte che si produceva a Roma in quel periodo. Roma si restringe materialmente e culturalmente nel V secolo, dopo la cacciata dei re Etruschi e l’interruzione dei commerci tra Etruria e Magna Grecia. In questo periodo rischia di tornare ad essere una città povera e sottomessa alle altre potenze, ma inizia ad allacciare rapporti con le altre  potenze e ad incanalare le proprie forze nel commercio marittimo e infatti quando nel V secolo si ha la prima monetazione lo stemma di Roma sarà una prua. Il V secolo fu quindi per Roma un secolo  per la riorganizzazione interna ma anche per i primi contatti a lungo raggio con Cartagine infatti iniziò proprio alla fine di questo secolo. Poi Roma intraprese una politica espansionistica che vide Veio come sua prima conquista anche se per tutto il IV secolo l’orizzonte di Roma resta limitato all’Italia centrale. Il primo grande contatto con gente perfettamente ellenizzata Roma lo ebbe quando intraprese la guerra con Pirro nel 280 a.C, ma anche se poi i contatti continuarono con le molte guerre questi non determinarono ancora mutamenti sostanziali nella cultura romana, infatti il sarcofago di Scipione Barbato del 260 a.C. mostra la diretta derivazione da esemplari di Sicilia. Il ritratto di Giunio Bruto non è facile da collocare stilisticamente, certamente non appartiene all’arte greca e non è dell’arte romana ma piuttosto sembra appartenere all’arte medio-italica che si differenzia dall’arte greca importata in Sicilia e Magna Grecia, sia dall’arte etrusca e che ha contatti e riceve suggerimenti da l’una e dall’altra, ma si nutre di quella austerità propria dei contadini delle montagne. Essa riceve il contatto con l’eleganza dell’arte romana di età ellenistica, accogliendone le iconografie e le composizioni ma non il linguaggio formale.. La cultura medio-italica forma il presupposto necessario dell’arte romana, è in seno a questa cultura infatti che possiamo riconoscere un accento diverso, un accento romano. A questa cultura appartengono frammenti di architettura e di scultura in pietra calcarea appartenenti ad un sepolcro sull’Esquilino databile tra la fine del II e gli inizi del I secolo, L’Orfeo e gli animali che riveste di rustica pesantezza un’iconografia ellenistica di movenze eleganti. Anche la moneta coniata dagli associati nella guerra del 91-88 contro Roma nella quale appare per la prima volta il nome Italia, appartiene alla cultura medio-italica. Vi è poi tutta un’ aera laziale in cui la produzione è ancora in terracotta ad essa appartengono busti e statue documentate nei santuari laziali, ne è un esempio la stipe votiva di Ariccia in cui vi sono le statue di Kore-Persephone e di Demetra e un busto di

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 Nascita di una città, di una società e di una cultura

Roma non nasce sul palatino ma nel punto in cui oggi è l’isola Tiberina, dove vi era una possibilità

di attraversare il fiume. Essa nasce non tanto come centro agricolo ma come centro di traffico ecommercio. Nel punto più favorevole viene costruito il ponte Sublicium vicino al quale nasceranno imercati del bestiame e quello della verdura, ma il ponte congiungeva anche Roma con l’Etruria e

 per questo era in legno per poter essere disfatto velocemente. Sulla sponda del fiume la via per il ponte incontrava quella del sale, la via Salaria. Roma si trovava proprio nel , mezzo dei trafficicommerciali tra Etruria e campagna e di questo se ne servì per aumentare le proprie risorse. Mainevitabilmente Roma fu anche influenzata da queste due culture dal punto di vista artistico eculturale. Il contatto con la Grecia per Roma fu precoce infatti a Pratica di Mare a sud di Roma visono 13 altari che testimoniano già dal VI secolo la presenza della cultura greca era radicata nellacultura romana con la venerazione dei Penati, di Vesta e dei Dioscuri.La cultura romana ebbe però i suoi maggiori rapporti con quella etrusca anche se non ne fu la sua

diretta continuatrice. Nasce poi l’ellenismo latino che era una koinè dialektos, un linguaggioartistico comune, venato di dialetti in cui l’arte greca faceva scuola. Ancora per tutto il IV e IIIsecolo l’arte romana non si distinguevano da quelle dell’Etruria e della Campagna. La prima volta che troviamo il nome di Roma sopra un manufatto artistico sarà sopra la Cista Ficoroni. La storia figurata sulla parete della cista era una variante italica della storia degliArgonauti trattata con lo stile della pittura greca del V e IV secolo e il gruppo in bronzo sul manicoderiva le sue forme dalla scultura dei maestri greci del IV secolo.La cista non è quindi una testimonianza dell’arte romana del periodo ma è piuttosto unatestimonianza dell’arte che si produceva a Roma in quel periodo. Roma si restringe materialmente e culturalmente nel V secolo, dopo la cacciata dei re Etruschi el’interruzione dei commerci tra Etruria e Magna Grecia. In questo periodo rischia di tornare ad

essere una città povera e sottomessa alle altre potenze, ma inizia ad allacciare rapporti con le altre potenze e ad incanalare le proprie forze nel commercio marittimo e infatti quando nel V secolo si hala prima monetazione lo stemma di Roma sarà una prua. Il V secolo fu quindi per Roma un secolo

 per la riorganizzazione interna ma anche per i primi contatti a lungo raggio con Cartagine infattiiniziò proprio alla fine di questo secolo. Poi Roma intraprese una politica espansionistica che videVeio come sua prima conquista anche se per tutto il IV secolo l’orizzonte di Roma resta limitatoall’Italia centrale. Il primo grande contatto con gente perfettamente ellenizzata Roma lo ebbequando intraprese la guerra con Pirro nel 280 a.C, ma anche se poi i contatti continuarono con lemolte guerre questi non determinarono ancora mutamenti sostanziali nella cultura romana, infatti ilsarcofago di Scipione Barbato del 260 a.C. mostra la diretta derivazione da esemplari di Sicilia.Il ritratto di Giunio Bruto non è facile da collocare stilisticamente, certamente non appartiene

all’arte greca e non è dell’arte romana ma piuttosto sembra appartenere all’arte medio-italica che sidifferenzia dall’arte greca importata in Sicilia e Magna Grecia, sia dall’arte etrusca e che ha contattie riceve suggerimenti da l’una e dall’altra, ma si nutre di quella austerità propria dei contadini dellemontagne. Essa riceve il contatto con l’eleganza dell’arte romana di età ellenistica, accogliendone leiconografie e le composizioni ma non il linguaggio formale..La cultura medio-italica forma il presupposto necessario dell’arte romana, è in seno a questa culturainfatti che possiamo riconoscere un accento diverso, un accento romano. A questa culturaappartengono frammenti di architettura e di scultura in pietra calcarea appartenenti ad un sepolcrosull’Esquilino databile tra la fine del II e gli inizi del I secolo, L’Orfeo e gli animali che riveste dirustica pesantezza un’iconografia ellenistica di movenze eleganti. Anche la moneta coniata dagliassociati nella guerra del 91-88 contro Roma nella quale appare per la prima volta il nome Italia,appartiene alla cultura medio-italica. Vi è poi tutta un’aera laziale in cui la produzione è ancora interracotta ad essa appartengono busti e statue documentate nei santuari laziali, ne è un esempio lastipe votiva di Ariccia in cui vi sono le statue di Kore-Persephone e di Demetra e un busto di

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questa dea. Questo busto deriva ancora da modelli siciliani nei quali è ancora visibile un riflessodell’espressione della Demetra di Cnido. Queste plastiche sono da collocare nella metà del IIsecolo.

 Non bisogna però dimenticare che a Roma nello stesso tempo vi erano artisti di educazioneellenistica o greci, che eseguirono opere come un ritratto di Pompeo. 

Una conseguenza decisiva per il diretto contatto in Roma con l’arte ellenistica aveva avuto la presadi Siracusa nel 212. E’ quindi dalla fine del III secolo che a Roma s’incomincia a scoprire che l’arteè qualcosa di più che una tecnica, ma c’è anche da dire che secoli dopo i romani non avevano fattograndi progressi in materia, infatti il generale Mummio a Corinto nel 146 metteva all’asta un quadroe che lo fece ritirare dalla vendita solo dopo che erano stati offerti molti soldi per acquistarlo. Leguerre contro Filippo di Macedonia e contro Antioco III portarono a Roma una grande quantità diopere d’arte, queste vittorie a detta di Plinio e Livio segnarono la fine a Roma dei simulacri di legnoe di terracotta nei templi, rimpiazzati da opere d’arte importanti. La grande mescolanza di opere di età e di stile diversi non poteva creare che un gusto assaieclettico, rivolto al raro e al singolare e che non era aperto realmente al valore della forma artistica.L’ultimo secolo della repubblica fu un’età terribile, nella quale la lotta politica era combattuta senza

esclusione di colpi. Fu in quell’ambiente che si formò una civiltà artistica a Roma. Se le conoscenzee il contatto delle opere d’arte greca erano esistiti anche in antico, adesso era la possibilità di

 possederle. Ogni ricco romano volle gareggiare con quello che era stato il lusso delle sorti deisovrani ellenistici. Una situazione originale romana di fronte al problema artistico non ci fu mai,tanto meno in questi secoli, tra il II e il I secolo a.C. , che vede la crisi finale del mondo ellenico e ilsorgere dell’imperialismo Romano. Nascono a Roma le imitazioni e i pasticci che erano costituiti dadiverse parti copiate da diverse opere, oppure erano la copia di una divinità ma con il volto adimitare il ritratto di chi la commissionava.

 Nella prima metà del I secolo lo scultore Pasiteles, nativo della Magna Grecia, era attivo a Roma efece scuola nel campo della statuaria, ma nessuna sua opera è stata identificata ma si sonoconservate alcune opere della sua scuola come il giovane Efebo, nel pieno gusto retrospettivoclassicista e L’Elettra che accoglie Oreste in stile accademico. Un altro scultore greco fu Arkesialo,ma anche di lui sappiamo poco e non ci rimane niente.

Tradizione Plebea e tradizione patrizia, il rilievo onorario e il ritratto.Rilievo onorarioIl II secolo a.C. sarà decisivo per quello che poi nei secoli sarà Roma, con la guerra vittoriosacontro Filippo V di Macedonia i romani mettevano piede in Grecia e l’anno seguente emisero ladichiarazione di libertà che fu un’abile mossa politica di penetrazione. Durante questo tempo, tutto quel mondo che si muoveva intorno all’arte esprime una intensa attivitàal servizio della nuova ricchezza. L’eclettismo è la prima caratteristica che distingue l’erte romana

da quella medio-italica che aveva sopperito fino ad allora alle necessità artistiche di RomaIl più antico dei monumenti pubblici adorni di sculture che possediamo per l’arte romana è l’Ara di Domizio Enobarbo. I rilievi provenivano da un palazzo vicino ai ruderi del tempio di Nettuno dovealcuni membri della famiglia degli Enobarbi effettuarono dei lavori di ampliamento, alcuniarcheologi allora accostarono le n notizie creando l’ara di Domizio Enobarbo, alla morte del

 proprietario del palazzo la sua collezione si divise in diversi musei e i rilievi vennero separati.Una parte dei rilievi finì al museo di Monaco e hanno come soggetto un corteo di divinità marinerealizzate nel gusto tardo-ellenico, altri rilievi invece finirono al Louvre e hanno come soggetto la

 presentazione di animali per il sacrificio, un altare davanti al quale sta Marte, soldati in corazza escudi ovali, e 4 cittadini in toga che stanno effettuando un’operazione di registrazione. Quest’ultimorilievo è diverso dagli altri e può essere inteso come il primo di stile romano.

I rilievi con le figure marine è stato eseguito da Skopas minore operante tra la fine del II e l’iniziodel I secolo a.C. E’ da notare la commistione eclettica di due stili, l’ellenismo per il soggettomitologico e quello romano per il soggetto civico. La maggiore grandezza degli animali per il

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sacrificio è dovuta al fatto che si voleva esaltare la vittima per dare importanza all’atto religiosocompiuto, che sanciva il trattato politico, non è quindi una raffigurazione realistica tipicadell’ellenismo ma di una raffigurazione simbolica. In alti casi invece l’animale offerto è molto

 piccolo come nell’ara dei 4 magistrati delle strade (vicomagistri), per indicare e caratterizzarel’azione che si compie, esso è ancora un simbolo e nient’altro, ma con il ridurre le sue dimensioni si

acquista spazio per rendere evidenti i magistrati che sono i protagonisti del monumento.Di questo deliberato abbandono delle regole del naturalismo ellenistico a profitto della evidenzadella figura del committente abbiamo numerosi esempi in monumenti funerari romani appartenentia piccoli magistrati, servi affrancati. Monumenti che vanno dalla tarda repubblica all’età Flavia eche continuano l’arte medio-italica, con quel tanto di ellenismo che essa aveva assorbito e con in

 più qualche elemento appreso dall’arte ufficiale. E’ naturale che le testimonianze di questa corrente artistica plebea si siano conservate soprattuttonei municipi, ma questi documenti ci palesano molti dati importanti per la storia dell’arte romana: 1) le eleganze e raffinatezze del neoatticismo di età augustea rimasero un fenomeno culturale dièlite, rimanendo limitate alla capitale o alle opere provenienti da essa2) nella corrente artistica plebea troviamo già nel I secolo consuetudini iconografiche e regole

formali come il valore simbolico delle proporzioni non naturalistiche, la frequente presentazionefrontale delle figure più importanti( ara di Anghera), la composizione delle figure sopra un pianouniforme che evita scorci e illusioni prospettiche.Queste cose devono essere tenute presenti, perché noi riconosciamo qui il germe fondamentale ditaluni aspetti artistici che prevarranno quando l’apporto ellenistico si sarà esaurito e quando le classi

 plebee formeranno la nuova ossatura dell’impero nel III secolo. Un monumento sepolcrale di San Guglielmo al Goleto è un’ esempio dello stile artistico chederiva dai precedenti medio-italici, il monumento della fine dell’età repubblicana mostra una donnala cui austerità l’avvicina alla scultura romanica del XII secolo. Un altro rilievo da Amiternum descrive gli episodi di un funerale rinuncia a ogni composizione

 prospettica e l’allineamento delle figure su piccole strisce di base mostrano bene l’intento sopratuttorappresentativo, espositivo di questa scultura.Quest’arte deve soprattutto adattarsi ad esprimere il desiderio di affermazione individuale che

 pervade tutta la cultura antica.E’ facile comprendere quanto questo desiderio di affermazione fosse smanioso in individui chediventati liberi potevano aspirare a rivestire talune magistrature minori.Tratto caratteristico di quest’arte è l’aderenza alla vita reale, quotidiana, che si manifesta in moltimodi: per esempio nel preferire sulle pareti dei monumenti sepolcrali la presentazione degli utensilidel mestiere invece che raffigurazioni mitologiche. Queste raffigurazioni non differiscono daanaloghi rilievi votivi o da quelli servivano come insegne di botteghe e officine.Per la sua aderenza con la vita quotidiana e per il fatto di rivolgersi soprattutto a soggetti simili,

quest’arte è stata chiamata “arte popolare”. E’ più opportuno però chiamarlo “arte plebea” intendendolo solo come classificazione e non comeopposizione polemica verso l’arte ufficiale Anche la pittura partecipa a questa corrente d’arte e Pompei conserva molti documenti del genere.Sono scene illustrate con la preoccupazione di rendere ben evidenti gli avvenimenti e per raggiungere questo fine si distorce la prospettiva come nella scena dell’anfiteatro dove si svolgeuna rissa tra Pompeiani e nocerini, avvenuta nel 59 d.C.Plebei arricchiti con le forniture agli eserciti durante le guerre civili, come il fornaio MarcusVirgilius Eurysaces, eleveranno per se stessi sontuosi sepolcri. Il fregio, nella tomba del fornaio,che rappresenta le varie fasi di una panificazione su scala industriale, appartiene ancora a questacorrente d’arte e non cede alle grazie dei repertori ellenistici. l’esistenza di questa corrente d’arte

genuina, legata sia alla mentalità civile e la rito religioso dei romani che ai precedenti dell’artemedio-italica, ha però anche una conseguenza immediata. Dalla fusione di essa con il naturalismo

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ellenistico nella sua forma oggettiva, nasce uno stile narrativo, storico, che è la prima veramanifestazione del costituirsi di uno “stile romano”. Appartengono a questo stile alcuni rilievi del I secolo d.C., come il fregio del tempio di Apollo Sosiano con i preparativi di un corteo trionfale, e il fregio della cancelleria di una grande base dialtare con processione per un sacrificio. Il fregio del tempio di Apollo si riferisce al trionfo

celebrato da C.Sosiano nel 34 a.C. Il fregio della cancelleria rappresenta una processione in cui sivedono animali per il sacrificio, assistenti, sacerdoti, musicanti con lunghe trombe dritte e i 4magistrati delle strade dietro ai quali stanno assistenti che reggono ciascuno una statuetta dei Lari,sembra inserirsi nello stile Giulio-Claudio fra il 30 e il 50 d.C.RitrattoIl ritratto storico non è un invenzione romana, tuttavia, il “rilievo storico”, assume nell’arte romanaun importanza eccezionale e uno sviluppo che appare fondamentale nella caratterizzazione di questaciviltà artistica. L’altro tipo di produzione artistica che caratterizza in modo particolare l’arteromana, è il ritratto. Entrambi vengono concepiti come manifestazione di un forte legame terrenooggettivo dalle quali esula ogni costruzione metafisica.Se il rilievo storico ha le sue radici concettuali nell’arte plebea di derivazione medio italica, il

ritratto romano è stato invece creato in un ambiente patrizio; è anzi, la più tipica creazione dellamentalità e del costume del patriziato romano. D’altra parte si può esser certi che i creatori deltipico ritratto romano di età repubblicana furono artisti di educazione greca posti al servizio di unideologia tipicamente romana e patrizia.

 Nessun ritratto fisiognomico, realistico, si trova nell’arte etrusca e italica prima della metà del IVsecolo, cioè prima che il ritratto fisiognomico si affermi in Grecia. I tratti delle figure che prima ditale epoca si trovano distese sui sarcofagi o dipinte nelle tombe sono del tutto generici non ritrattiindividuali, ma niente altro che tipi di condizioni umane. A quella produzione medio italicaappartiene la testa del Bruto e la testa in bronzo proveniente dagli Abruzzi.Il tipico ritratto romano repubblicano nasce nella sfera privata e precisamente in quella del cultofamiliare, piuttosto che in quella funeraria. Il culto del defunto assume in Roma un aspetto tutto

 particolare nelle famiglie patrizie. L’immagine è una maschera di cera che raffigura con notevolefedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono questeimmagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in

 processione nei funerali, applicandole a persone che sembrano somiglianti al defunto.Il ritratto assume nella vita romana un importanza del tutto particolare ma un importanza del tutto

 politica e di casta ben prima e piuttosto che artistica. E’ evidente che questa importanza del ritrattocome espressione dell’aristocrazia senatoriale dovette venire esaltata in un periodo di ripresa del

 patriziato e delle sue prerogative, quale fu il periodo della reazione aristocratica dell’età di Silla.  Nell’età Silliana nasce il tipico ritratto repubblicano romano come una particolare variante delrealismo ellenistico. Il particolare stile ritrattistico che sorge a Roma in questo tempo si distingue

 per un minuzioso realismo. Si pone attenzione piuttosto all’analisi che all’effetto d’insieme. Ma,soprattutto, in contrasto voluto con la mondana e intellettuale eleganza del cittadino ellenistico, quisi intende celebrare l’austerità e la forza di volontà di una stirpe di contadini e politici pieni difierezza sul passato della propria stirpe.

 Nello stesso tempo noi troviamo in Roma anche il riflesso del ritratto ellenistico patetico o quellonaturalistico. Il togato Barberini riassume in se il particolare ambiente nel quale nasce il ritrattoromano. Un uomo in toga che porta due busti, il busto ritratto era sconosciuto all’arte greca invecenell’ambiente etrusco e romano una testa isolata rappresenta già l’intera personalità.I due busti della statua non appartengono allo stile peculiare del ritratto patrizio di età Sillana, maall’oggettivo razionalismo di tr adizione ellenistica e medio italica.Il ritratto di tipo oggettivo ha la sua matrice nell’ellenismo medio italico e se ne trovano umili

 precedenti nelle generiche teste votive provenienti dai santuari del Lazio. Da questo ambiente,escono pezzi di qualità, come una testa virile a Tarquinia, una dolce testa femminile di Berlino o del busto femminile del Museo Gregoriano.

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Il ritratto romano del primo secolo a.C. non può dunque comprendersi sotto una sola etichetta odefinizione. La base di una comune ricerca di realismo ha un fondamento piuttosto ideologico cheartistico e prende aspetti assai diversi, che possono riportarsi ad almeno quattro correnti formali, chehanno provenienza diversa, ma che in Roma si incontrano e si mescolano.Accanto alle correnti del ritratto semplice oggettivo di ascendenza medio italica e al ritratto della

tendenza patrizia che nasce attorno all’età sillana, abbiamo ritratti schiettamente ellenistici ricchi dimodellato e di un plasticismo un po’ barocco(monete di Flaminio) e ritratti che derivano ancoradalla tradizione medio italica ma hanno anche assorbito il più recente insegnamento ellenistico. Essiconservano taluni espedienti formali che, anche nell’esecuzione in pietra o in marmo, ricordano ilmodello della creta. Uno degli esempi più tipici di questa commistione di elementi ellenistici eromani è la statua del Generale di Tivoli. La statua ci mostra una figura nuda, panneggiataall’eroica, come venivano raffigurati gli eroi della leggenda greca, ma con un panneggio piùabbondante e collocato con maggior riguardo al pudore personale. La corazza è posta da un lato,come un attributo e serve da puntello alla statua. Il volto così plastico deriva il suo ricco modellato ele labbra leggermente aperte dalla ritrattistica ellenistica, ma quel tanto di patetico che viene da essaè attenuato dalla eccessiva ricerca di dettaglio che è un elemento della ritrattistica sillana. Con l’età

augustea la prevalenza del gusto neoattico negli ambienti della società più elevata attenua molto lacorrente del plasticismo ellenistico e introduce da Alessandria alcune raffinatezze che porteranno alritratto di Ottavia e al fresco, delicato busto di giovinetta della collezione Torlonia. La tipologiadel ritratto patrizio austero e sdegnoso non viene più accettata da una società che tiene a mostrarsi

 più duttile, e partecipe alle eleganze ellenistiche. Ma il tipo del ritratto patrizio continua in ritardonelle stele funebri dei liberti e dei piccoli commercianti e da Roma si estende alla provincia italica,diviene in provincia, lo stile caratteristico del ritratto romano. Sono monumenti funerari di piccolagente che si raffigura come usavano una volta i gran signori. Ma c’è un altro tipo di ritratto che,almeno per la sua iconografia esterna e per il suo originario significato, deve essere ricordato: èquello che veniva detto “Imago clipeata”, cioè immagine sullo scudo.L’origine di questo tipo di ritratto è greca, come attestano esplicitamente le fonti letterarie antiche. In Roma stando a una notizia di Plinio le prime immagini clipeate sarebbero state poste nel tempiodi Bellona da un Appio Claudio attorno all’80. pitture pompeiane di età Flavia ci mostrano comeclipei metallici con teste a rilievo venissero appesi negli intercolumni.

 Nelle fonti letterarie vi sono vari accenni che fanno supporre che accanto alla maschera in ceraricavata dal calco del vero volto del defunto, la forma più antica del ritratto fosse quelladell’immagine dipinta sopra una tavoletta di legno, va inoltre notato che Plinio perla dell’arte delritratto all’inizio del suo libro dedicato alla pittura. Poiché l’imago, l’immagine degli antenati, fissata nella maschera ricavata dal calco, non era di per sé un fatto artistico, né conteneva in sé una concezione plastica, è stato solo attraverso il contattocon una tradizione di altissima forma plastica, come quella del ritratto ellenistico, che la civiltà

romana ha trovato, ad un certo momento, una sua propria espressione nell’arte del ritratto. Il ritrattoè strettamente legato all’espressione artistica ufficiale, di parata e di propaganda. Ormai il ritratto del secondo triumvirato si è stabilito anche nei monumenti sepolcrali della piccola

 borghesia come nella stele di via Statilia mentre nella stele funeraria di Eurysaces e sua moglie ci mostra una coppia già partecipe dal nuovo stile augusteo e della raffinatezza ed eleganza chedistingue la generazione della fine del I secolo a.C.Da questo momento in avanti ogni periodo artistico, ogni variazione nelle preferenze stilistiche enel gusto della società romana, avrà il suo riflesso nell’arte del ritratto. 

 Nell’età di Tito e di Traiano possiamo trovare dei ritratti nel quale non è rimasto nulla della sobriastilistica che aveva caratterizzato il ritratto romano alla sua origine.Dovremmo collocare alla stessa epoca anche il fiorire del ritratto dipinto. Di tale produzione pochi

sono gli esempi che si sono conservati quando non si trattava di affreschi come quello di unmodesto magistrato di Pompei insieme alla moglie,

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coloro che non avevano i mezzi per esternare se stessi in un grande monumento si riunivano inassociazioni che garantivano l’accoglimento delle ceneri in un ambiente decoroso, i cosi detticolombari.

Tutte queste forme di esaltazione di un individuo sopra gli altri ci danno la possibilità di gettare unosguardo sopra un particolarissimo aspetto della società romana, profondamente permeata da questo

attaccamento alla realtà della vita, alla volontà di durare nel ricordo degli uomini attraversol’immagine individuale e mediante la costruzione si sepolcri grandiosi.I sepolcri erano posti lungo le strade, perché i passanti potessero vederli, leggere le iscrizioni eattraverso queste comunicare ancora.

I problemi dello spazioPitturaIl grande archivio della pittura di età romana sta nelle città campane. Poiché Roma non subìdistruzione e la vita vi continuò, i resti di un arte così labile come la pittura non sono molti; daquelli comunque si può arguire che la pittura in Roma dovette essere di qualità superiore a quella

delle città sotto le ceneri del Vesuvio.Perdute sono tutte le preziose tavole dipinte dei grandi pittori Greci del IV e III secolo. Di questiabbiamo qualche copia e qualche imitazione nelle pitture murali decorative; ma Plinio ci dice che le

 pitture murali con le quali si decoravano le case mostravano piuttosto il lusso e la ricchezza dei proprietari che non il gusto artistico.Un esempio caratteristico di queste copie dagli originali greci e di queste tradizioni in latino sonodue repliche di una stessa composizione : il Teseo Liberatore, una da Ercolano e l’altra da Pompei. La prima è una copia fedele di una pittura Greca che ripete nella figura di Teseo un canone statuariodi Lisippo. La pittura è solida e ricca di chiaroscuro con lievi tocchi di pennellate incrociate, laconcezione è del tutto aderente al senso del mito. Nella composizione circola tutto l’incantesimo delfatto mitico. Nella replica pompeiana ogni qualità poetica è scomparsa e la scena potrebbe essere

l’illustrazione di un fatto di cronaca. La figura dell’eroe è di un anatomia grossolana e volgare. Il pittore di Ercolano ha influenzato il decoratore pompeiano; ma in questa perdita di ogni aureamitica, in questo tradurre tutto in linguaggio familiare e quotidiano egli mostra di appartenere aduna cultura diversa. La pittura di Ercolano appartiene alla cultura ellenistico-romana, quella diPompei a quella romano-camapana.Queste due pitture possono servire a introdurre la necessaria distinzione fra pittura di età romana didiretta tradizione ellenistica e pittura romana. Vi è a Roma genuina pittura ellenistica, che continuala propria tradizione per opera di pittori greci; vi è la pittura romana, che continua la tradizionemedio italica, e vi è poi un estinguersi dell’apparato ellenistico diretto.Fino al III secolo a.C. abbiamo in Roma testimonianze letterarie sull’esistenza delle pitture trionfaliche venivano portate nel corteo trionfale e rappresentavano episodi della guerra che era stata vinta o

i luoghi e le città conquistate. Naturalmente di queste pitture non rimane nulla, ma non possono non avere influenzato lecomposizioni dei rilievi storici. Se questa ipotesi è giusta la pittura trionfale aveva carattere

 paesaggistico.Il terreno sul quale sorge la pittura trionfale è espressione della società romana attraverso mezziespressivi mutuati dalla cultura medio italica influenzata dall’arte ellenistica. Il più antico documento di pittura in Roma è un frammento che proviene da una tombadell’Esquilino e rappresenta una scena storica descritta su un unico fondo chiaro in quattro zonesovrapposte. Lo stile della pittura è vicino ad alcune pitture tombali di Paestum(pittura campana),ma la particolarità di rappresentare più grande le figure dei protagonisti è romana.Questa pittura è un incunabolo della pittura romana e della pittura trionfale di soggetto storico, è

 possibile che il frammento appartenesse ad una copia fedele di una pittura degli inizi del III secolo.Questo frammento ci dice che la più antica pittura romana non ha ancora le ricerche chiaroscurali espaziali della pittura ellenistica. Ma qualche cosa della grazia ellenistica e delle sue fluidità

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 pittoriche è raggiunta nella decorazione della ceramica di fabbrica laziale come mostra, una piccolascodella.L’artigianato ellenistico era un fatto di moda e di commercio, mentre la pittura parietale continuavauna sua tradizione.Abbastanza presto anche sulle pareti delle case di Roma si ebbero riflessi della pittura ellenistica.

Uno dei più notevoli esempi è costituito dalla serie di paesaggi con episodi dell’Odissea che provengono dalle pareti di una casa sull’Esquilino. Il Wickhoff attribuiva la pittura di paesaggio allacreatività romana, oggi tutti sono d’accordo nel considerare le pitture dell’Esquilino copie dioriginali, con probabilità alessandrini, d’attorno al 150 a.C., eseguite tra il 50 e il 40 a.C. in Romada un pittore che forse non doveva essere greco.Un documento importante per la cronologia dei vari stili della decorazione parietale, è rappresentatodalle pitture di una casa sul Palatino, detta “casa dei Glifi”, ci sonserva il più antico esempio diquella decorazione parietale che viene detta di “secondo stile”, con finte colonne dipinte sulla paretecon accenno prospettico.Ancora alla fine del I secolo, quando la decorazione parietale sarà piena di motivi ellenistici,troviamo a Roma un esempio notevole di pittura “storica” anche se permeata di motivi formali e di

 personificazioni di gusto ellenistico. E’ questo il fregio di un sepolcro dell’Esquilino appartenentealla famiglia degli Statili. Vi erano rappresentati fatti della leggendaria storia primitiva di Roma: lacostruzione delle mura di Lavinium, Battaglie, solenni riunioni di personaggi, il ritrovamento deidue gemelli. La decorazione del sepolcro si vale di spunti presi da qualche pittura che decorava untempio o un edificio pubblico, dato che non si tratta di una pittura sepolcrale. Non vi si scorgenessun particolare interesse per la suggestione di uno spazio pittorico e paesaggistico, tuttol’interesse è preso dalla narrazione.La casa della Farnesina ci dà il migliore esempio del gusto delle classi superiori alla fine dellarepubblica. Una parete era decorata con un sistema di finte architetture (secondo stile avanzato), neifinti quadretti su fondo bianco vi erano inseriti nella decorazione vere e proprie imitazioni di pitturedi stile severo. Il gusto non solo per il classico, ma anche per un periodo più antico, che si estenderà

 più spesso a una imitazione dell’arcaico, è tipico della raffinata èlite augustea.Più interessanti sono le pitture di altri due ambienti della stessa casa. Una mostra un alto zoccolo afondo nero, sul quale erano accennate lievi vedute di paesaggio. Sopra lo zoccolo si fingeva unleggero ramo frondoso, a ghirlanda; e in alto un fregio a piccole figure. L’altro complesso di pittureci conduce di fronte a una personalità pittorica del tutto originale. Anche se il genere di pitturedoveva essere diffuso, in questo caso non siamo dinnanzi a una copia. Paesaggi e marine sonoschizzati a chiaroscuro con una freschezza e rapidità che mostrano l’immediato rapporto frainvenzione ed esecuzione.Una bella decorazione pittorica che esce dagli schemi più consueti e che ha dato luogo a discussionisulla sua collocazione cronologica , è quella di un grande ambiente sul Palatino noto come “Aula

Isiaca”. Le pareti erano decorate da paesaggi con scene connesse con le leggende isiache ed elementi delculto di Iside si trovano sul fregio che chiude in alto le pareti.La superiorità della capitale sulle piccole città di provincia della regione vesuviana è documentataanche dalla grande sala dipinta a giardino nella villa delle galline bianche. Il giardino della villa diLivia è una pittura che non ha altri riscontri. Dietro sottili recinzioni si leva un folto bosco di varieessenze vegetali, e uccelli giuocano tra i rami o solcano il cielo azzurro, nel quale variazioni dicolore introducono un effetto atmosferico. Dubitiamo fortemente che questo sia frutto di unaconcezione romana; ma non abbiamo elementi sufficienti per indicar ne l’origine. Rientrano nello svolgimento della decorazione parietale le pitture di una casa signorile sul Palatino,la casa di Livia. Una parete di questa casa può essere presa a paradigma per quella decorazione che

Viene classificata coma ultima fase del secondo stile e che va dall’inizio dell’età augustea alla finedel I secolo d.C.. oltre ad avere come caratteristica le finte architetture che aprono sfondi nella

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 parete questa fase stabilisce la sua sintassi decorativa ponendo una grande apertura al centro e dueaperture minori ai lati. Gli elementi che la compongono sono ormai riconosciuti come ellenistici.

Ma la distruzione delle decorazioni parietali nelle città ellenistiche è totale e non possiamo capirequali elementi i pittori introdussero in Roma ne da dove provenissero, certo è che questi elementi

decorativi furono svolti poi dalla cultura romana. Aumentò la tendenza all’illusione prospettica, allosfondamento delle pareti con finte architetture creando il “quarto stile” o stile fantastico dopo il 60d.C. Contemporaneo è anche lo sviluppo del terzo stile che è prevalentemente ornamentale.Purtroppo dopo il 79 viene a mancarci per la pittura l’aiuto dell’ampia documentazione delle cittàattorno al Vesuvio. Inaridito l’apporto ellenistico, ha terminato anche la ricerca illusionistica e

 prospettica della pittura. Questa è la conferma che il gusto prospettico era del tutto ellenistico e nonromano, e scompare delle decorazioni parietali con l’inaridirsi dell’apporto ellenistico.

 Nell’anno 64 Nerone confiscò a suo uso personale una vasta zona tra i colli del Celio edell’Esquilino e vi costruì la Domus Aurea. nel vestibolo sorgeva la statua colossale di Nerone, inaspetto Helios-Sole. La statua era opera dello scultore greco Zenodoros artista che si ispirava amodelli classici e uno specialista in colossi. Dopo il suicidio di Nerone nel 68 l’area fu restituita a

godimento pubblico ; vi sorgeva l’anfiteatro Flavio e le terme di Tito; ma una parte rimase inglobatanelle nuove costruzioni e ancora sussiste.

 Nella decorazione pittorica della Domus Aurea vi sono almeno due diverse mani, due tendenzedecorative. Una di queste copre i lunghi corridoi e le loro alte volte a botte con un sistemadecorativo che si ricollega con quelli tradizionalmente in uso, solo è più lineare.L’altro tipo do decorazione che troviamo innova profondamente il sistema decorativo, specialmentenelle volte dei soffitti, mentre nelle pareti, a composizione architettonica con inserimento di figureai vari ripiani, si ha un primo esempio di quarto stile.Le pitture del soffitto della sala absidata hanno al centro il soggetto di Achille a Sciro. Questacomposizione indipendente dai celebri modelli della pittura greca si distacca dalle norme che sonovalevoli per la pittura greca classica.A ostia nella casa delle Volte dipinte abbiamo un esempio contemporaneo di quello che potevaessere una usuale decorazione di una casa più modesta.Anche nella pittura esistono due correnti, come nella scultura; una connessa con la tradizionemedio-italica, che produce, con intento commemorativo e onorario, scene legate agli avvenimentistorici locali e che può dirsi più propriamente romana. L’altra, che ha funzione sopratuttoornamentale, che si vale dell’eredità della grande pittura greca, ma la riduce a meraornamentazione, e che sviluppa, su elementi ellenistici, nuovi sistemi di decorazione parietale.

 Negli anni 60 d.C. vi è una crisi di trasformazione in questi sistemi decorativi, l’apporto ellenisticofinisce, e si costituisce da allora una vera e propria pittura romana.Fra le decorazioni della Domus Aurea si fanno notare pitture di paesaggio dalle forme disfatte,

rapidamente schizzate. Si inizia qui la pittura “a macchia”, che pone a diretto contatto le luci.Questa pittura nasce senza dubbio dal ricco impasto chiaroscurale della pittura ellenistica su tavola,ripreso anche nella pittura murale pompeiana. La pittura a macchia inizia la distruzione delnaturalismo e sostituisce ad esso un impulso tutto intellettualisticio, accrescendo l’intellettualismogià accentuato dei paesaggi fantastici pompeiani e finendo per perdere ogni contatto con la realtàoggettiva della natura.

 Nel secondo secolo le pitture più documentate in Roma sono, di carattere narrativo, quasi popolare, prive di sfondi prospettici, come era stata l’antica pittura medio italica, ottimi esempi si trovano nelsepolcro della Via Portuense.

Architettura

Il primo impiego dell’arco in una grande costruzione utilitaria in Roma è quello dei magazzini, dettiPorticus Aemilia, costruiti presso il Tevere nella prima metà del secondo secolo a.C. con circaduecento camere coperte con volta a botte posante su pilastri e l’Emporium costruito nel 174. 

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Sono queste costruzioni utilitarie le più precoci testimonianze di edifici di ampia mole a Roma.Dall’arco si sviluppò la volta a botte( III-II secolo). In età tardo repubblicana si sviluppa la volta acrociera e in età neroniana e flavia si sviluppa l’uso della cupola emisferica. Durante la conquista romana della Macedonia, diretti esempi di modesta architettura ellenisticaerano giunti a Roma. Macedonio incaricò l’architetto Ermodoros di Salamina di costruire il modesto

tempio di Giove Statore che fu a Roma il primo tempio in Marmo; in seguito però si continuò acostruire in tifo.Il primo grande impulso autonomo l’architettura romana lo conosce tra il 120 e il 180 a.C in etàSillana. Prevale allora la pietra calcarea per i rivestimenti e le colonne. E’ una pietra quasi biancache si adatta per imitare il marmo.L’ultima età repubblicana e l’età augustea non svilupparono però le premesse tecniche e artistiche

 poste da quella eccezionale generazione di architetti dell’età di Silla. L’età augustea che produceuna vera e propria arte di corte rappresenta una parentesi nello svilu ppo autonomo dell’arte romana.Le premesse poste nell’età Sillana ebbero una ripresa solo alla fine dell’età di Claudio e poi unosviluppo in quella di Nerone.L’architettura Sillana usò ancora, accanto alla pietra calcarea il tufo e il peperino. Alla fine della

repubblica erano in largo uso rivestimenti di mattono e a partire dal I secolo d.C. grandi fabbriche dimattoni e tegole vengono istituite su scala industriale da artigiani.L’esempio più grandioso dell’architettura di questo tempo è il monumentale complesso del tempio

della Fortuna a Palestrina. Un argomento è stato portato a favore di una datazione agli estremidecenni del II secolo, Attilio De Grassi ha pubblicato una serie numerosa di iscrizioni su basi votivee su elementi architettonici del santuario. Queste dediche recano nomi di famiglie, che noncompaiono più nelle iscrizioni, dedicatorie o funerarie, della colonia sillana: esse attesterebberoquindi la feroce rappresaglia ordinata da Silla, cioè il massacro di tutti i maschi adulti delle antichefamiglie e perciò la consistenza del santuario in età pre-sillana.Una datazione delle epigrafi è possibile, perché molte delle dediche sono poste da associazioni diartigiani rette da liberti, e i nomi di questi sono accompagnati dal cognome: particolarità questa chesi trova a partire dal 112-111 a.C. e che non compare più dopo il 71 a.C.Le caratteristiche più notevoli del santuario sono molte: la prima è l’impianto scenografico, settelivelli su terrazze, abilmente calcolato, le rampe porticate sono chiuse sul lato verso la valle, inmodo che il colpo d’occhio si palesava improvviso a chi usciva in cima alla rampa e si trovava in

 pieno entro il complesso architettonico. Un’altra caratteristica è che tutte le strutture dei porticati odelle esedre che si elevano dalla quarta terrazza sono in concrezione e a volta, ma la loro fronte erarivestita di forme tradizionali ellenistiche a trabeazioni diritte. La terza è il congiungimento delluogo di culto con un area a forma di cavea teatrale. Un tipo di edificio che andò formandosi in etàrepubblicana fu la Basilica: una costruzione a pianta rettangolare con o senza portico esterno su unodei lati lunghi, interiormente divisa in tre navate e spesso munita di un abside semicircolare sul lato

 più breve di fondo. Questi edifici servivano per l’amministrazione della giustizia. Sull’origine sembra logico l’adattamento alle particolari esigenze romane di un tipo di edificio pubblico esistente nelle città della Magna Grecia. Una moneta del 65 a.C. mostra l’interno a due piani, con l’ornamento degli scudi in bronzo dorato della Basilica Fulvia poi rinominata Emilia perché ricostruita da questa famiglia.La mancanza di un accettabile nomenclature latina indica come tra Silla e Augusto l’architetturaRomana non avesse trovato una sua sistemazione teorica e nemmeno precettistica; era rimasta meratecnica pratica nonostante il suo originale sviluppo di tipi architettonici. A questo tempo risale latipologia delle grandi costruzioni sepolcrali, il tipo più grandioso è quello a pianta rotonda concopertura a volta. Al di sopra di queste si elevava il tumulo di terra come nei tumuli etruschi.Uno degli esempi più noti è il sepolcro di Cecilia Metella sulla via Appia in forma di una grande

struttura cilindrica su basamento quadrato, il tutto rivestito in travertino.

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Innovazioni architettoniche non si incontrano sino al tempo di Claudio (41-54 d.C.) quando viene inuso il costruire a grandi blocchi solo rozzamente squadrati, talvolta anche con protuberanzeirregolari come si vede nella porta Maggiore.Una svolta decisiva nell’architettura romana avviene solo al tempo di Nerone. Qualche accenno siha nella Domus Transitoria e Domus Aurea, lo sviluppo proseguiva nel palazzo dei Flavi sul

Palatino e nei mercati di Traiano. Con Adriano si avranno ulteriori innovazioni ardite nelle qualitrovarono pieno svolgimento le ricerche iniziate al tempo di Nerone.Si può affermare che l’architetto della Domus Aurea, Severus, col suo collaboratore Celer, furono i

 primi a costruire un edificio secondo nuovi principi e a sfruttare quelle tecniche che erano statesperimentate solo in senso strutturale.In Grecia l’architettura aveva mantenuto un carattere del tutto unitario assumendo come norma, per ogni tipo di edificio, le articolazioni del tempio periptero. In Roma invece mentre il tempio siuniformava a quello Greco,. Si creano tipi di edifici strettamente corrispondenti allo scopo utilitarioai quali dovevano servire, ma si seguitò a usare gli elementi Greci come ornamento esteriore.Un'altra fondamentale differenza tra l’architettura Greca e romana si può cogliere osservando comela tecnica dei muri costruiti a blocchi quadrati, che rimase sempre in uso in Grecia, dava alle pareti

una consistenza strutturale massiccia. Invece la parete romana, di mattoni o di piccoli elementitenuti insieme dalla malta, più che avere un senso di struttura portante viene intesa come unelemento inerte per racchiudere uno spazio, un guscio che separa un ambiente dall’altro. L’età neroniana segna una svolta importante nell’arte romana: possiamo riconoscere l’insorgere diuna nuova concezione spaziale, che nella pittura produce le decorazioni parietali fantastiche, maanche inizia quel disfacimento della forma e della sostanza pittorica che condurrà poi nuovamenteall’abolizione della prospettiva spaziale, anche se con significato diverso di quello della sua assenzaalle origini. Nell’architettura invece lo spazio interno si svilupperà in forme grandiose e durature. 

Dal neoatticismo al neoellenismo

Si determina nell’arte romana ufficiale un carattere retrospettivo, accademico; un gusto per iltravestimento letterario e retorico di un’opera nuova sotto spoglie e modi classici. Questo fondo retrospettivo, erudito e sempre ricco di allusioni politiche, che caratterizzerà l’arteromana imperiale, si costituisce stabilmente nell’età di augusto, e precocemente in essa. Possiamorendercene conto esaminando un monumento tipico come l’Ara Pacis Augustae. Il senato decretòche venisse eretta un’ara nel Campo Marzio, decretata nell’anno 13, l’ara fu inaugurata nell’anno 9a.C. Il monumento non è una grande opera d’arte, ma è una testimonianza estremamente tipica delsuo tempo. Esso si componeva del vero e proprio altare e di un recinto decorato da rilievi figurati eornamentali. Fra l’ara e il recinto non corre un agiato rapporto di proporzioni; i due elementi sonogiustapposti freddamente senza vera connessione. L’ara occupa quasi tutto lo spazio dentro il

recinto. Essa aveva uno zoccolo ornato di rilievi e un fregio di piccole figure, di soggetto rituale,intagliate nel marmo con vivacità, una per una, con la nettezza di contorni di un’opera toreutica. Ilmonumento consiste soprattutto nella decorazione del recinto, nel quale, sull’asse principale, siaprivano nei lati brevi due porte. Questo recinto è, all’interno, decorato in alto da ghirlande sorretteda teschi di bue e da patere, recipienti rotondi in metallo usati nelle offerte per versare un liquidosull’altare. In basso vi è la riproduzione, nel marmo, di una staccionata di tavole.

 Nell’Ara Pacis le due aperture del recinto sono fiancheggiate da composizioni simbolicherievocative. L’ingresso era fiancheggiato da due scene delle origini di Roma: il lupercale. Di là, ilsacrificio del pio padre Enea agli dei Penati, l’edicola dei quali è posta in alto entro un passaggiocon alberi e rocce, di gusto ellenico. L’altra apertura aveva ai lati la personificazione della Terra ( Tellus), feconda di nutrimenti per l’umanità, accompagnata da figure simboleggianti le acque e le

aure: dunque, terra, acqua, e cielo; il mondo nel quale noi viviamo, splendido ricco e pacifico.Dall’altro lato della stessa porta stava la personificazione di Roma, seduta armata sopra un cumulodi armi, dominatrice e guardiana di quel mondo. Roma e la terra, i due elementi che definiscono la

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situazione del cittadino romano sotto la guida e la pace di Augusto. I due lati lunghi del recinto sonooccupati da due file processionali di figure, prese dalla realtà, ma congelate in gesti convenzionali.È la processione che dovette svolgersi quando l’Ara fu dedicata. Tra le composizioni dei lati strettie quelle dei lati lunghi non corre nessun rapporto. Le figure sono inserite in una cornicearchitettonica che taglia le composizioni e non ha alcun rapporto di riferimento con lo spazio nel

quale stanno le figure.Una tale mancanza di logica strutturale e di organicità tra le parti avrebbe fatto orrore al gusto deiGreci. Ma nell’ambiente italico-romano questi accorgimenti non erano una novità. Pitture etruschedel VI a.C. secolo mostrano già il fregio di figure collocate senza alcun rapporto organico sopra unfregio vegetale, oppure sopra elementi vegetali che ricordano la trasformazione della staccionataall’interno del recinto dell’Ara Pacis. 

 Nell’Ara Pacis la concezione generale dell’ara entro il recinto, l’unione di soggetti mitici consoggetti storici e l’indifferenza per la logica strutturale delle varie parti, rappresentano elementilocali, romani, connessi alla tradizione italica. Ma gli artisti che la realizzarono e la eseguironofurono artisti greci.Un minuto studio del sistema decorativo del fregio vegetale dell’Ara Pacis ha fatto riconoscere che

il motivo è tipicamente pergameno; ma che a pergamo stessa non si trova più nel tempo nel qualel’Ara Pacis fu eseguita, bensì assai prima, in pieno II secolo. Tale constatazione indica nell’artista una netta impostazione retrospettiva, classicista. Questo senso ellenistico dell’atmosfera si ritrova anche in opere di toreutica. Esso si accompagna auna esecuzione di raffinata e minuziosa precisione, a un virtuosismo della tecnica che fa di questesculture ornamentali dell’età augustea qualcosa di raffinato, di prezioso, di perfetto. Il grande Cameo di Francia presenta una composizione disposta su tre registri: in basso, Barbari

 prigionieri, al centro una scena riferibile a un episodio della corte imperiale, in alto personaggidivinizzati, uno dei quali cavalca pegaso.Le interpretazioni più abituali propongono di interpretare i due personaggi seduti come Tiberio eLivia, il guerriero come Germanico. L’esecuzione di questa gemma è assai meno raffinata di quelladella Gemma Augustea, con la glorificazione di Augusto seduto accanto alla personificazione diRoma e coronato da Oikoumene, personificazione del potere universale.Le due personalità di Augusto sono espresse in due ritratti che ci restano di lui. Quello del museoCapitolino, che deve essere del tempo prima di Azio, un ritratto estroso di tipo tutto ellenistico, cimostra Ottaviano circa venticinquenne, con il volto già lusingato dall’artista, tutto teso e tagliente inuna volontà di affermazione de se stesso. L’altro, quello di via labicana, dove Augusto, già avanticon gli anni nella realtà mostra nell’atto sacrificale che sta compiendo, un volto mite e pacato, cheappare nella sua serietà e semplicità pieno di saggezza, di esperienza e di comprensione per ilturbine della vita, che non arriva più a toccarlo.Qui si è realizzato qualche cosa che non esisteva prima, è un nuovo contenuto estetico, espressione

di un mondo nuovo che ha trovato una nuova forma. Se la calligrafia dei capelli mostra chiaramentel’origine neoattica e il modello classico, il volto, ben lontano dal pathos sempre un po’ teatrale deiritratti ellenistici, mostra un realismo semplice e oggettivo, una sensibilità epidermica, alla quale

 possiamo trovare dei riscontri nelle terrecotte provenienti dai depositi dei santuari del Lazio e dell’Etruria meridionale. Sembra che uno dei punti del programma politico di Augusto, quello dellarivalutazione della tradizione italica, abbia trovato il suo riflesso nell’ignoto scultore. Per questa sua finezza di esecuzione l’età augustea è stata celebrata come il momento più altodell’arte di età romana. L’arte augustea si regge sopra una finzione: quella di essere la continuità della tradizione dei regniellenistici e della repubblica consolare romana. Essa è come timorosa di esprimere un sentimentoqualsiasi e si rifugia nel conformismo della correttezza e del virtuosismo tecnico.

Il neoatticismo era sorto ad Atene e quando essa cessa il suo ruolo di centro politico attivo non offrì più grandi commissioni. La sua produzione artistica si restringe all’oggetto piacevole, al decorativo,

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e alla produzione commerciale. Nasce così la produzione neoattica, di carattere retrospettivo,neoclassico e nostalgico.Ma quando il neoatticismo viene trasportato a Roma, quel contenuto nostalgico che lo teneva vivosvanisce. Rimane il solo impegno formale, che rapidamente diviene fredda esercitazione eripetizione artigiana.

Esempi del Neoatticismo augusteo, applicato a una forma di artigianato che aveva i suoi precedentitecnici in Italia centrale, sono i vasi delle numerose fabbriche di Arezzo. Nelle opere di artigianato in materie3 preziose, destinate ad un pubblico di rango elevato che nonamava né innovazioni, l’arte augustea, spesso prodotta da artisti greci, raggiunge la sua produzione

 più alta e tipica.Il totale abbandono, nell’arte ufficiale, di quegli elementi di vivace esaltazione espressiva di formarapida e sommaria ogni volta improvvisata, che erano stati l’insegnamento che la cultura artisticaitalico-romana aveva preso dal contatto con l’ellenismo genuino, porta persino nella sculturaritrattistica ufficiale ad annullare la vivacità e il verismo della ritrattistica repubblicana econtribuisce a rendere quasi inestricabile il problema dell’identificazione dei vari personaggi dellacasa giulio-claudia.

Il regno di Claudio rappresenta la fine dello stile di corte augusteo. L’ispirazione neoattica rimane prossima, ma le superfici tornano ad animarsi di una plasticità più ricca, di un elemento coloristico.Questa vibrazione delle superfici plastiche, che riprende sensibilità ed esperienze proprieall’ellenismo orientale si avverte già nell’ara pietatis augustae votata dal senato nel 22, ma votatada Claudio nel 43 d.C.. Anch’essa constava di un ara racchiusa da un recinto adorno di rilievi conscene di sacrificio.All’età di Claudio appartiene anche uno dei più singolari monumenti: la Basilica Sotterranea .E’un ambiente a tre navate con abside ed è stato interpretato come sede di riunioni segrete di unasetta. Essa ci conserva il migliore esempio di quella decorazione in stucco bianco.Abbiamo già trovato questa tecnica alessandrina in uso nella casa della Farnesina. Ma adesso tuttala decorazione è diventata più leggera, tutte le figurazioni sono concepite in funzione

 prevalentemente ornamentale.Anche i sepolcri venivano ora decorati con rilievi in stucco isopirati alla mitologia greca, piuttostoche con pitture commemorative e le glorie dalla famiglia, come un secolo prima. I caratteri dell’artedel tempo di Claudio non mutano sensibilmente sotto Nerone per quanto riguarda la scultura.Una elaborazione nuova del neo-ellenismo anche in scultura la si trova soltanto a partire soltantodal tempo di Domiziano. Già per il primo degli imperatori Flavii, Vespasiano, abbiamo, nella seriedei suoi ritratti, una ripresa di modi pre-augustei, oltre all’esempio più evidente di una nettadistinzione tra ritratto privato e funerario e ritratto ufficiale e onorario. Il ritratto di Vespasiano

corrisponde con piena evidenza alla descrizione del suo fisico che abbiamo degli storici. Invece nelritratto del museo nazionale romano, ci viene presentato il princes dall’aspetto distinto, intellettuale

e vagamente ricordante qualche sovrano ellenistico. Nelle lastra a soggetto celebrativo rinvenute a Roma sotto il palazzo della Cancelleria abbiamo unestremo riflesso del classicismo augusteo, nella decorazione nell’arco in onore di Tito. Assistiamoall’affermarsi di una concezione artistica nuova. In una delle lastre della cancelleria le figure sitrovano ancora allineate tutte sulla medesima fila e si dispongono contro una parete di fondo deltutto neutra; nell’altra si è osservato che le figure si dispongono sopra una linea leggermente curva,in modo che le figure iniziali sporgono un poco più delle altre. Ma nella rappresentazione deltrionfo di Tito, il corteo si avvicina allo spettatore fino a sfiorarlo e poi ripiega e scompare sotto unarco. Le figure di variatissimo rilievo, si dispongono sopra una linea che forma un arco convessoverso lo spettatore, mentre il fondo diviene concavo per simulare la libertà atmosferica.Un interessante gruppo di sculture, tipico per l’arte non ufficiale del tempo di Domiziano, proviene

da un sepolcro della famiglia degli Aterii, che fu scoperto alla metà del secolo scorso sulla viaCasina.

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 Nelle raffigurazioni si ha un’insistenza nella rappresentazione di elementi simbolici del ritualereligioso e funerario, trattate con la minuziosità di dettagli e la indifferenza verso i reali rapporti digrandezza tra le varie parti e figure, che è propria dell’arte della corrente plebea. Ma, al tempostesso, fanno parte del monumento ritratti di ottima qualità, busti non più limitati alla testa e da una

 piccola parte del corpo, ma vere e proprie mezze figure senza braccia.

Il senso dell’atmosfera che qui circola attorno alle cose rappresentate è una manifestazione diversa,ma appartenete alla stessa tendenza a rendere lo spazio, che abbiamo osservato nei rilievi del trionfodi Tito. Al fondo di questa tendenza sta la ricerca di un sempre più pieno naturalismo nel dettaglio

 particolare, che non si accompagna però a una indifferenza per l’effetto d’insieme, giacchè nellacomposizione generale il naturalismo non viene cercato. Il naturalismo ellenistico, serve comelinguaggio artistico, ma il contenuto è fondato sopra modi di concepire propri della tradizioneitalico-romana. Un passo ancora più avanzato nel r endimento dell’atmosfera è in un altroframmento con tralci di edera. Il fondo è sovente abbassato attorno alle foglie per conferire ad essemaggior leggerezza; elementi di secondo piano sono solamente graffitti sul fondo.

Creazioni di un’arte imperiale: Traiano e Adriano

In questo tempo possiamo riconoscere il costituirsi di una tradizione artistica nuova, che èveramente espressione dell’impero romano ed è inconfondibile con ogni manifestazione artistica

 precedente. L’eredità ellenistica è un nutrimento assimilato e trasformato in nuova cultura. Ciòrisulta anche dal nuovo tipo di decorazione che si trova nei sepolcri signorili, lo troviamo in alcunetombe della via Latina, dove le volte a crociera si adornano elegantemente di stucchi e pittureliberamente inventati su spunti ellenistici. L’arte di questo tempo può finalmente pienamenteromana perché compiuta espressione di un mondo nuovo e strutturalmente diverso da quelloellenistico. A questo contenuto seppe dare forma al tempo di Traiano, uno dei più grandi artistidell’antichità. A questo artista noi abbiamo dato il nome di Maestro delle imprese di Traiano.

Abbiamo la colonna eretta nel foro Traiano tra il 110 e il 113 d.C. , fasciata dalla spirale di unrilievo continuo della lunghezza di 200 metri; abbiamo parte di un fregio, alto circa 2 metri, configure alte al naturale ad alto rilievo, del quale alcune lastre sono state inserite nel fornice centrale enell’attico dell’arco di Costantino in cui ogni traccia di neo atticismo è ormai scomparsa.; vi sonoriprese consapevoli di modi del fregio di Telefo dell’ara di Pergamo, e di iconografie relative adAlessandro Magno ma ravvivate da un impeto e da una grandiosità fino ad allora sconosciuti e cheesprimono adeguatamente ciò che si voleva esaltare: l’idea della potenza inarr estabile dell’imperoromano. Abbiamo infine l’arco di Traiano a Benevento, nel passaggio del fornice si trova ungrande rilievo celebrante un tipico provvedimento Traianeo, la institutio alimentaria. Questaconsisteva in prestiti dello stato a piccoli proprietari agricoli; gli interessi incassati venivanodestinati a sussidi per l’istruzione dei figli degli stessi agricoltori, nel rilievo appaiono dinnanzi a 

Traiano figure di personificazioni simboliche, i coloni con i loro bambini, stilisticamente il legamecon i rilievi della colonna è evidente. È questa una composizione del tutto nuova, nella sua tematica.In essa per la prima volta compaiono, in un monumento ufficiale le classi subalterne.Tutte queste opere di scultura presentano un linguaggio artistico che ci portano a ritenerle opera divarie maestranze, dietro alle quali stava una stessa grande originale personalità artistica.E possibile che la grande personalità artistica che dobbiamo arrivare a supporre possa identificarsicon quel Apollodoro. Tutte le opere architettoniche connesse col foro Traiano presentano unadecorazione di sculture eccezionalmente ricca, tanto che le sculture architettoniche appaiono quasisemplicemente sostegni o cornici delle sculture.Tagliando il colle Quirinale si era ottenuta una piazza grandiosa(foro di Traiano), alla quale siaccedeva, attraverso un arco sormontato da una quadriga di elefanti. La nuova sistemazione

urbanistica conteneva una grande basilica detta Ulpia, un tempio, e due edifici per biblioteche inmezzo ai quali sorgeva la colonna istoriata .

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Lungo il dirupo, prodotto dal taglio fu eretto un complesso contenente una serie di botteghe dispostea terrazze. In alto, questo complesso mercantile terminava con una grande sala coperta a volta.Gli edifici del foro erano ricoperti di marmi, di stucchi, di sculture e pitture. Le strutture dei mercatierano in mattoni a vista.

Per l’impianto del foro con il tempio e la basilica si è richiamata l’esistenza a Damasco di un grandecortile porticato entro il quale potevano trovar collocazione edifici, per la grande aula dei mercati varichiamato il mercato di Ferentino e quello di Tivoli, degli inizi del I secolo a.C. Questi mercati già

 presentano un grande ambiente a pianta rettangolare coperto con volta a botte e fiancheggiato dastanze laterali. Fra gli eccessivi spessori dei muri di quelle costruzioni repubblicane e le misurestrettamente funzionali delle pareti in concreto rivestite di mattoni,che caratterizzanostrutturalmente i mercati traianei, mostra il progresso della tecnica raggiunta dai costruttori diquesto tempo. Il confronto fra quelle aule isolate e la disposizione complessa e armoniosa degliedifici mercantilisu sei livelli principali lungo il declivio del colle, mette in risalto la genialità dellesoluzioni adottate .La Colonna Traiana è un invenzione del tutto nuova, colonne come supporto di statue onorarie

erano state erette sino dall’età ellenistica; colonne adorne di fasce parallele di rilievi erano statededicate a divinità anche nelle province. Ma senza precedenti è l’idea di avvolgere una colossalecolonna onoraria, sormontata dalla statua dell’imperatore con un nastro figurato che si avvolgeattorno al fusto.L’invenzione della colonna avvolta da un rilievo continuo è dunque del tutto originali ma i

 precedenti delle sue figurazioni sono da ricercare nelle pitture trionfali.Il fusto della colonna, alto 27m, è formato da 17 rocchi di marmo greco sovrapposti. Nel salireverso l’alto la striscia figurata cresce in altezza per contrastare l’effetto ottico della distanza. Le figure sono poste in evidenza da un solco di contorno che, creando un ombra, pone in risalto ildisegno; talora alcune parti delle figure finiscono per affondare nel piano di fondo e sono espressein incavo anziché in rilievo.

 Nei 200m di rilievo sono narrate le due guerre daciche (101-102/ 105-107). Dobbiamo riconoscerenel fregio della Colonna Traiana la più alta e la più originale espressione del rilievo storico romano.Dal punto di vista della tematica si tratta di un opera d’arte al servizio della propaganda imperiale edi carattere celebrativo. Ma la libertà dell’artista si afferma pienamente nel modo di rappresentare ecomporre l’argomento nei suoi episodi, le raffigurazioni della resistenza dacica sono fra gli episodi

 più validamente espressi. Così anche la narrazione della fine di Decebalo acquista il valore di unaglorificazione del fiero e sfortunato combattente per l’indipendenza del suo popolo.Dobbiamo riconoscere la grandezza del maestro delle imprese di Traiano anche per la ricchissimainvenzione di schemi iconografici nuovi. Dopo i grandi maestri dell’antichità classica ed ellenistica,qui per la prima volta uno scultore inventa un linguaggio nuovo che, non rappresenta una svolta,

una rottura, ma un punto di arrivo nello svolgimento di una cultura artistica che procede nel pieno possesso di tutti i mezzi espressivi che prima di allora erano stati elaborati nel corso dellasuatradizione.Lo stile creato dal maestro fu interrotto nei suoi sviluppi da Adriano, del quale le fonti letterarieconservano ricordo di precoci urti con Apollodoro.Della nobile stanchezza e vecchiaia di Traiano ci resta un sensibile documento nel ritratto clipeatoin bronzo de museo di Ankara che contrasta sia con il ritratto del decennale, che ci mostral’imperatore nel pieno della sua energia, sia con il monumentale ritratto postumo dell’età di Traianotrovato ad Ostia nel quale i ritratti fisiognomici sono purificate ed esaltati a dignità eroica. Si

 potrebbe immaginare che esso derivasse dal ritratto che fu recato nel trionfo postumo fattoglicelebrare da Adriano.

Conservano ancora lo stile traianeo le due transenne trovate nel Foro Romano , figurateinternamente con gli animali sacrificali ed esternamente con scene relative a provvidenze emanateda Traiano.

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7/28/2019 Roma Arte Romana Nel Centro Del Potere

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Della grande attività edilizia di Adriano il Tempio di Venere a Roma rappresenta il documento piùgrandioso. Iniziato verso il 121 non era ancora finito alla morte di Adriano nel 138. la costruzioneha una pianta singolare: sostanzialmente sono due templi le cui celle si volgono il doso,congiungendosi con le curve tangenziali delle rispettive absidi. La copertura di queste era a voltacassetto nata. Le pareti dei lati lunghi erano fiancheggiate da un colonnato di marmo, mentre il

 pronao era di colonne monolitiche di granito grigio. Monete di Antonino Pio ce ne conservanoun’immagine. La scultura di età adrianea offre un particolare problema di inquadramento critico. Essa era statadefinita da Toynbee un capitolo, l’ultimo, dell’arte greca classica. Una tale definizione potrebbeessere sostenibile soltanto in base alla considerazione che per l’ultima volta nell’Antichità fu adessocreato un nuovo tipo di statua atletica secondo i canoni della scultura classica con il tipo statuario diAntinoo. Ma l’aspirazione alle forme classiche è talmente permeata di elementi formali coloristici edi elementi di contenuto nostalgico, da potersi definire di tipo, più che classico, romantico.L’elemento coloristico, che si manifesta nel ricercato contrasto tra levigatezza delle carni e il fortechiaroscuro dei capelli sarà una eredità che la scultura adrianea lascerà a quella antonina.Ad Atene in questo periodo, il classicismo aveva acquisito una maggiore vivacità, come dimostrano

sarcofagi attici il più importante dei quali è quello destinato a due bambini.Adriano era appassionato per la pura bellezza dell’arte greca ma tale preferenza aveva anche preciseimplicazioni politiche. Il filoellenismo di Adriano appare come qualche cosa di più complesso chenon una semplice curiosità intellettuale. Gli otto rilievi a cornice rotonda acquistano un esplicitosignificato, la loro forma e la loro tipologia sono del tutto insolite. Essi raffigurano scene di caccia esacrifici a divinità inerenti alla cacciagione abbattuta. La caccia non aveva fino ad allora avutorilevanza presso i romani. La sua celebrazione come nobile affermazione di valore, in tutto degnadel principe, aveva una lunga tradizione presso i popoli orientali.Anche nel tempo del raffinato classicismo adrianeo la corrente plebea conserva i suoi principifondamentali, che pongono l’evidenza tematica e la commemorazione individuale al di sopra delnaturalismo e dei suoi corretti rapporti di proporzione. Il rilievo con una coppia di anziani

coniugi, che portano ancora capelli secondo la moda di Traiano, posti sullo sfondo di una gara dicorse nel circo, rappresentano in una prospettiva descrittiva e convenzionale, mentre le figure deiconiugi hanno proporzioni secondo la presunta maggiore importanza del marito e nei loro corpistessi la testa torna ad assumere un antico ruolo di preminenza.Il mausoleo di Adriano sulla sponda destra del Tevere era un sepolcro circolare a tumulo conampia camera sepolcrale, il modello era quello delle grandi necropoli etrusche ma qui il tutto eraingigantito.La sua villa presso Tivoli era un immenso complesso di edifici diversissimi tra loro. I nucleiarchiettettonici più insoliti sono il così detto Teatro Marittimo, la Piazza d’Oro e il Canopo. Il primoera una piccola e graziosa villa isolata da un canale circolare con un ponte girevole al di la del quale

è circondata da un portico colonnato coperto a volta. Il nome di piazza d’or o era un grande piazzale porticato, un peristilio, che sorge dietro al complesso residenziale. Il Canopo era costituito da unastretta valle fra due alture.La sempre più frequente adozione della sepoltura in luogo della incinerazione portò alla crescentediffusione dei sarcofagi in marmo adorni di rilievi. La voga dei sarcofagi sembra determinata dai

 più stretti contatti con le città dell’Asia Minore ellenizzante.Il più antico dei sarcofagi di questo periodo proviene da Roma, è quello con l’iscrizione se polcraledi C. Bellicus Natalis Tebanius, che era stato console nell’87. E ora conservato nel Camposanto diPisa.I sarcofagi erano decorati soltanto sopra tre lati, perché quello posteriore lasciato liscio venivaaccostato alle pareti del sepolcro, che continua ad avere, fondamentalmente, la pianta a

camera,secondo l’antica usanza italica. Invece nei sarcofagi importati dalla Grecia e dal’Asiaminore, tutti e quattro i lati sono decorati, presupponendo il tipo della tomba a tempietto.