Roberto Risaliti Il Concetto Di Fenomenolgia Secondo Lo Heidegger Di Essere e Tempo

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    l concetto di fenomenologia secondo lo eideggerdi Essere e t mpo

    di Roberto Risaliti

    Apparentemente, secondo quanto dichiara Heidegger stesso al principio dell operadi cui tratto, Phiinomenologie non denota niente pi che una mera metodologia,correlata in un senso subordinato a quella scienz che Heidegger intende riportare al centro dell attenzione filosofica su basi, finalmente, autenticam ente radicali: la scienza pura dell essere, l ontologia. 1 Tale metodologi , avverte per immediatamente Heidegger, presenta peculiarit tali da distinguerla da ogni altra.Ogni scienza, infatti, dispone di un metodo che le proprio, correlativo al proprio ambito d indagine, oltre che, si direbbe, di una generalissima metodologiaformale che appartiene a tutte necessariamente, la logica. Ma ci che Heideggerintende sotto il titolo

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    strare, in ultimo luogo, la dipendenza del discorso dal fenomeno, e di rivelare ilvero senso di quella 'scienza dei fenomeni' che risulta essere l disciplina significata dalla parola composta dalla sintesi dei due termini.l. Fenomeno parvenza, apparenza

    Di Heidegger distingue vari sensi, comunque 'imparentati' fraloro in modo tale che tutti fanno capo ad un concetto originario di fenomeno,di cui gli altri sono modificazioni di tipo derivativo: 3 determinatocome quel che si presenta per ci che esso effettivamente , ci che mostra. sestesso direttamente, senza coprimenti, falsificazioni o ambiguit di alcun genere. Ma cosa in effetti intend a Heidegger per fenomeno comincia a rendersi pi esplicito solo con la successiva trattazione dei significati derivativi del terminestesso. Essi sono sostanzialmente due: il fenomeno come parvenza [Schein] ecome apparenza [ r s c h e i n u n ~ ;4 di quest'ultimo termine vengono distinti qua tro usi differenti.Parvenza il nome di quel particolare modo di manifestarsi di qualcosa in cuiquest'ultimo non si mostra come esso effettivamente , come ad esempio, nelcaso della percezione, quando abbiamo davanti a noi un oggetto, e crediamo siaun certo X ma successivamente, in base ad una percezione pi attenta ed accurata, ci accorgiamo che non si tratta di un X ma di un Y. Nel nostro esempio lacosa l ente, ed sempre stato lo stesso, ma viene esperito dappri ma come parvenza, e solo in un secondo tempo com e autentico fenomeno; tale progressionenon per necessaria: pu essere che qualcosa si mostri sempre come ci chenon oppure prima come ci che effettivamente e poi come mera parvenza, e

    3 Ci a cui propriamentesi riferisce l'espressione

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    72 Roberto Risaliti denotato rimane oscuro proprio quanto al suo statuto ontologico. Heidegger definisce l'apparenza come qualcosa che si annunci attraverso qualcosa che mostra sdirettamente, differenziandola cos dal fenomeno in senso autentico e mostrandoallo stesso tempo la dipendenza, ancora una volta essenziale, a priori, della primadal secondo. tuttavia l'importante distinzione tra i vari sensi dell'espressioneapparire>> -da un lato l'apparire come qualcosa in cui qualcos' altro si mostra, dall' altro l'apparire come esso stesso qualcosa che si mostra- da Heidegger operata perchiarire in anticipo quella che potrebbe essere una comprensione equivoca deiconcetti di fenomeno e di apparenza, a fornire qualche elemento in pi per capirecosa egli intenda per apparenza e quindi, correlativamente, anche per fenomeno insenso autentico.9 Quello di apparenza un concetto, come si visto, assai ampio:Heidegger esplicitamente vi fa rientrare anche quello di rappresentazione, nel senso di raffigurazione [Darstellungj, quelli di sintomo, simbolo, indicazione, ma sipu ragionevolmente supporre che l'elenco potrebbe continuare, per esempio conil concetto di rappresentazione nel senso di immaginazione [ Vorstellungj. Ora,possiamo legittimamente chiederci quale sia il carattere comune che unisce questiparticolari modi di mostrarsi dell'ente, che cosa cio permetta di considerarli -purnelle innegabili differenze- membri di un'unica generalissima classe. Mi pare chequesto carattere consista nell'essere, tutti questi tipi di 'apparenz, casi di quellache si pu chiamare esperienza in senso amplissimo, nella sua costitutiva duplicitdi esperire e di esperito. La coppia di concetti esperienza-esperito mi sembra infatti lapi adatta a rendere conto della duplice intenzionalit del discorso heideggeriano,che , da un lato, quella manifesta ed esplicitamente dichiarata di mettere i n luce iltipico carattere dell'apparenza come un complesso strutturato in un certo modo, e,dall'altro, quella non dichiarata, ma implicita in tutta la trattazione, di segnalarel'intrinseco rimando di ogni tipo di queste strutture di enti ad una cognizione deglienti che si manifestano; ma su ci torner pi oltre.Considero dappri ma quanto sostiene Heidegger discutendo dei quattro possibili sensi del termine : 10 qui l'apparire nel primo senso , secondome, il darsi di un qualsiasi ente in una esperienza, e l'apparire nel secondo senso il darsi del/esperienza stessa, la quale mostra s direttamente, si auto-manifestaalludendo allo stesso tempo e secondo il suo proprio senso all'ente di cui esperienza. Che le cose stiano in questo modo mi pare, infine, chiaramente presupposto laddove Heidegger analizza il concetto di semplice apparenza [bloj?e

    9 Apparire : annunciarsi mediante qualcosa che si manifesta. Di conseguenza, quando sisostiene che con l'espressione apparenza'' indichiamo qualcosa in cui qualcosa appare, senzaessere esso stesso apparenz a, non abbiamo definito l concetto di fenomeno, ma l'abbiamo presupposto; si tratta d una presupposizione che rimane nascosta, perch in questa definizione di apparenza'', l'espressione apparire usata in modo equivoco. L espressione: in cui qualcosa appare ,significa: in cui qualcosa si annuncia, cio non si manifesta''; men tre nell'espressione: senzaessere esso stesso apparenza , la parola apparenza'' sta per automanijstazione>> in ivi, 7A, p. 49.10 L espressione apparenza'' pu, daccapo, significare due cose: da un lato l'apparire nelsenso dell'annunciarsi come non-mostrarsi, e dall'altro l annunciante stesso che, nel suo manifestarsi, rinvia a qualcosa di non manifestantesi>> in ibidem.

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    Erscheinungj. 11 Che Heidegger voglia alludere alla nota dottrina kantiana dellaconoscibilit del 'fenomeno' in contrapposizione alla inconoscibilit della 'cosa ins', viene inoltre confermato subito dopo. 12 Il fatto che l'apparenza possa riceverequesto sovrappi metafisico di senso, diventando cos apparenza di un qualcosa diper s inconoscibile in linea di principio, mostra per al tempo stesso la provenienza e l'uso genuino (non metafisico) del concetto. Il concetto di apparenzanasce sul terreno della conoscenza nel senso pi ampio, ossia di ci che ho chiamato esperienza>>, la cui natura era stata, prima che da Heidegger, problematizzatada filosofi come Kant e Husserl (con i quali il confronto in Essere e tempo esplicito e continuo). l uso che si pu fare di tale concetto per spiegare che cosa sia ciche, in generale, , ha un ambito limitato, ma, e ntro questi limiti, accettabile perHeidegger. Lente da lui chiamato annunciante>> ha infatti, come gi avevo notato, la modalit d'essere originaria dell'automanifestazione, fenomeno in senso proprio. Del resto, Heidegger riconosce esplicitamente che c' un senso per cui 'apparenz sta a significare il mostrarsi autentico in generale (oltre, cio, ad essere iltermine adatto per esprimere quel mostrarsi che anche un annunciare): E, infine, il termine apparire pu essere usato per significare il senso genuino di fenomeno come automanifestazione>>. 13 Il punto che, in generale, i fenomeni non sonosoltanto le apparenze (apparenze nel senso di ci che si mostra e nel mostrarsiallude ad altro); ci so?o anche fenomeni veri e propri che invece non hanno quellaforma strutturata. 14 E nella discussione che Heidegger fa della posizione di Kantche possibile trovare un indizio per determinare meglio in cosa consista il feno-

    11 Quest ultima infatti cos determinata: Se l annunciante che nel suo manifestarsi rinviaal non-manifesto viene inteso come qualcosa che scaturisce dal non-manifesto stesso ed daesso emanato, in modo tale che ci che non si manifesta venga concepito come non maimanifestabile per essenza, in q uesto caso apparenza verr a significare produzione o prodotto,tale per da non esprimere l'essere autentico del producente: apparenza nel senso di sempliceapparenza >> in ivi, 7A, pp. 49-50.

    12 Kant usa il termine apparenza in questo accoppiamento di significati. Fenomeni[Erscheinungen] sono per lui, da un lato, gli oggetti dell'intuizione empirica , ci che in essa simanifesta. Questo automanifestantesi (fenomeno nel senso genuino e originario) , nelcontempo, apparenza'' come annunciante emanazione di qualcosa che nell'apparenza si na-sconde in ivi, 7A, p. 50. Noto che qui Chiodi si discosta dalla terminologia da lui stesso inprecedenza adottata, traducendo l'espressione Erscheinungen>> che introduce la second a proposizione del brano, con invece che con apparenze>>.

    13 lvi, 7A, p. 49.14 Noto per inciso che una possibile obiezione all'interpretazione da noi finora tentata, checio Heidegger esplicitamente sostiene quanto segue: Dunque, i fenomeni non sono mai apparenze, anche se ogni apparenz a rinvia al fenomeno>> (ibidem), non tiene conto del fatto che inquesto luogo apparenza>> inteso nel senso della struttura apparenza>>. Proprio due righe

    prima Heidegger ha detto che il 'lato' dell'apparenza che si d effettivamente (non l'alluso,l'annunciato) mostrarsi>> [Sichzeigen], dunque fenomeno. Il punto che l'apparire (che fenomeno) rimanda per sua stessa natura a ci a cui allude, all'annunciato (che non fenomeno): questa struttura apparire-ci che appare>> non essa stessa fenomeno, ma l'apparire, presoassolutamente, lo ed ci che fa s che ogni apparenza rinvii>> al fenomeno.

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    meno in senso autentico in generale. Nell'interpretazione heideggeriana di Kant,infatti, i 'fenomeni' di quest'ultimo sonos delle apparenze in cui qualcosa necessariamente si nasconde, ma sono anche gli oggetti empiricamente dati, ci che nell' esperienza si mostra. I.:oggetto dell'esperienza nel suo mostrarsi viene giudicato daHeidegger fenomeno nel senso genuino e originariO>> [corsivo mio]. Ci che si mostrain un'esperienza diretta e chiara , in un certo modo, fenomeno _nel senso dellafenomenologia di Essere e tempo. Esso si differenzia dalla parvenza per il suo carattereindubitabile, definitivo, in contrapposizione all'illusoriet, alla mancanza di resaautentica di ci che viene mostrato, nel caso della parvenza. Nel caso dell'apparenza,invece, la differenza rispetto al fenomeno categoriale. Heidegger rifiuta esplicitamente che ci si possa servire dello schema concettuale esperienza-esperito (o apparenza-ci che appare) per spiegare la natura del fenomeno in senso proprio; le cose stanno secondo lui nel modo opposto: solo sulla base della comprensione di che cosasia 'fenomeno ' che possibile fare chiarezza sulla complessa stru ttu ra dell'Erscheinung.Heidegger riconosce la genuinit del concetto di fenomeno da lui contrapposto alfenomeno come apparenza, ammettendo per al tempo stesso la mancanza delladeterminazione di contenuto del concetto 'ci che si mostra in se stesso':

    Poich in questa accezionedel concettodi fenomeno resta indeterminato l'entea cui ci si riferisce in quanto fenomeno, e poich resta in generale indeciso sel'automanifestantesi sia sempre un ente o un carattere d'essere dell'ente, non si raggiunto che il concetto formale di fenomeno. Ma se per automanifestantesi siintende l'ente a cui si accede, magari nel senso di Kant, mediante l'intuizioneempirica, il concetto formale di fenomeno ha invero un impiego legittimo. Presoin questo senso, il fenomeno corrisponde al concetto ordinario di fenomeno. Taleconcetto ordinario non per il concetto fenomenologico di fenomeno. 15Questo brano contiene considerazioni importantissime ed in apparente con

    traddizione fra loro: i n che senso l'uso di 'fenomeno' per designare gli oggetti coltiin un qualsivoglia tipo di esperienza ha un impiego legittimo [rechtmiijige An-wendung], quando tale concetto ordinario -cio non determinato fenomenologicamente- non il concetto fenomenologico di fenomeno, ossia non sembraessere quello di cui si serve colui che fa una teoria rigorosa di tali tipi d i enti? Restacomunque come un dato acquisito quanto segue: in un certo senso (ancora da chiarire) i fenomeni in senso ordinario, quotidiano (come quando in un uso empiricodel termine, si parla del

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    tutto secondario e derivativo rispetto a quello fondamentale ed autentico: 18 l si-gnificato fondamentale di Ogos , a parere di Heidegger, render manifesto ci dicui nel discorso si discorre"; tale determinazione, per, presa da sola, piuttostooscura. Per portarla a chiarezza, Heidegger la riconduce a quella aristotelica delOgos come apophainesthai; il quale, a sua volta, da 'tradurre' cos: lasciare che

    l'ente si mostri, per colui o coloro che lo intendono, cos come direttamente sipresenta. 19 Il 'discorso' dunque uno dei modi attraverso i quali qualcosa pumostrarsi (cio divenire fenomeno) in modo pi o meno originario.20 Possono esistere forme di discorso (ed esistono di fatto) che non hanno la peculiarit di portare a manifestazione nel senso di fare cogliere qualcosa in modo diretto, esse pernon riguardano la teorizzazione e l'esposizione scientifica, in questo specifico casodei 'fenomeni', cio di quel Ogos di cui Heidegger si propone di illustrare l'essenza.Il nocciolo della posizione di Heidegger dunque duplice: in primo luogoviene teorizzata la subordinazione della funzione discorsiva (congiungere termini,mentalmente o sensibilmente, tramite sintesi, in modo tale che l'unit cos formata o vera o falsa) del discorso apofantico rispetto al suo portare l'ente di qualsiasispecie a mostrarsi.21 I.:altro aspetto della concezione che mi propongo di metterein luce che l 'discorso' (apofantico) propriamente un modo di accedere all'enteo, in altre parole, una forma che l'ente ha di mostrarsi, di manifestarsi, e che in ci,a sua volta, consiste la verit del Ogos, e addirittura, come si vedr, la verit ingenerale. Verit e falsit non apparte.ngono infatti al 'giudizio', alla 'sintesi', in modooriginario; Heidegger rifiuta esplicitamente che l'essere della verit consista in uncorrispondere ai 'fatti', alla 'realt', da parte di simboli, segni, pensieri, parole, processi psichici di tipo discorsivo, e cos via. Prendendo come punto di partenzadell'argomentazione la nozione di verit come Obereinstimmung(,

    18 Cos Heidegger presenta il quadro della situazione a questo punto dell'indagine: Logos"tradotto", cio sempre interpretato, come ragione, giudizio, concetto, definizione, fondamento, relazione. Ma come pu il "discorso" modificarsi in modo che l6gos possa avere tutti i significati elencati, e per di pi nell'ambito di un uso scientifico del linguaggio? Anche se si intendel6gos nel senso di asserzione, e l'asserzione nel senso di "giudizio", il significato fondamentalepu essere smarrito, bench la traduzione sia apparentemente esatta, specialmente se il giudizio inteso nel senso di qualcuna delle "teorie del giudizio" attuali>> in ibidem.

    19 Illogos lascia vedere qualcosa (phainesthaz) e precisamente ci su cui il discorso verte; elo lascia vedere per colui che discorre (modo medio-passivo) o per coloro che discorrono fra diloro. Il discorso "lascia vedere" apo .. , cio a partire da ci stesso di cui si discorre in ibidem.20 Tale funzione di portare a manifestazione viene cos definitivamente indicata: Nel di

    scorso (ap6phansis), nella misura in cui esso genuino, ci che detto, deve essere tratto da ciintorno a cui si discorre, in modo che la comunicazione discorsiva, in ci che essa afferma,renda manifesto e come tale accessibile agli altri ci intorno a cui discorre. Questa la strutturadell6gos in quanto ap6phansiS>> in ibidem.

    21 Ed soltanto perch la funzione del lOgos come apophansis consiste nel lasciar vederequalcosa mostrando, che i lOgos pu avere la forma strutturale della SynthesiS> in ivi, 7B, pp.52-53. A proposito di tale Synthesis: Qui il syn ha un significato prettamente apofantico esignifica: lasciar vedere qualcosa nel suo essere assieme a qualcosa, lasciar vedere qualcosa comequalcosa in ivi, 7B, p. 53.

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    traduce Chiodi, ma forse sarebbe meglio ), osserva che questoconcetto non affatto originario; esso deriva, piuttosto, dal carattere di 'scoprire',di 'trarre fuori dal nascondimento', originariamente proprio del fenomeno dell'esser vero. 22 Il discorrere scientificamente di qualcosa un modo di cogliere l'entenelle varie maniere del suo mostrarsi, e qua ndo un tale darsi dell'ente un mostrare s dell'ente cos come esso in se stesso, dunque non come un qualsiasi tipo diparvenza, allora tale discorrere veritiero e il discorso stesso vero; quando invecel discorso porta l'ente a mostrarsi come esso non , quando cio fa in modo cheesso appaia altrimenti da come , o in modo che non appaia affatto -dunque lonasconda-, l discorso falso. Ma l discorso, per quanto scientificamente fondato;e dunque a suo modo 'veritiero', non ci che, nel senso pi fondamentale, portatore della verit. 3 Il discorrere scientificamente pu lasciar vedere l'ente, ossia pu far s che qualcosa venga compreso come ci che effett ivamente , soltantosul fondamento di questo stesso vedere, e, correlativamente, di ci che visto inquanto tale. 24 Sembra cos essere in questa struttura vedere-visto che consista laverit in senso proprio ed au tentico. Heidegger arriva a tali conclusioni sul concetto di verit attraverso una singolare interpretazione del linguaggio e del pensierogreci, equiparando di fatto la aisthesis con l noein, trovandoli cio entrambi partecipi di qualcosa di essenziale, da lui indicato con l'espressione >:

    Secondo la concezione greca, 'vero' , e ceno pi originariamente del l6gos dicui parliamo, la aisthesis, il semplice, sensibile afferramento [Vernehmen] di qualcosa. Il che significa: il vedere scopre sempre colori, l udire scopre sempre suoni.Purch una aisthesis abbia di volta in volta di mira i propri idia, cio l ente di voltain volta genuinamente accessibile soltanto direttamente attraverso essa e per essa,p.es. il vedere per i colori, per quel tanto il cogliere [ Vernehmen] sempre vero'Vero', nel senso pi puro e originario, cio nel senso di ci che non pu chescoprire (e quindi mai coprire), il puro noein, il semplice cogliere [ Vernehmen]che guarda alle pi semplici determinazioni d'essere dell ente come tale.25

    22 Questa idea non per nulla l'elemento primario del concetto di altheia. L sser vero" dell6gos, in quanto aletht"Uein;significa: nellghein, in quanto apophainesthai, trarre fuori l'ente di cuisi discorre dal suo nascondiment o e asciarlo vedere come non nascosto (aleths), scoprirlo>> in ibitlem.

    23 Ma proprio perch "verit" ha questo senso e perch ill6gos un modo determinato dellasciar vedere, ill6gos non pu affatto esser considerato il "luogo" primario della verit in ibidem.24 Qui , pur non essendo inesatta, pu essere causa di equivoci. Propriament e il verbo Vernehmensignifica sentire, nel senso dell'udire; in senso traslato significa anche percepire, ma nelsenso di cogliere, comprendere qualcosa. Si tenga pertanto presente' che il Vernehmenheideggeriano non da intendere come inconsapevole, disattento vedere, ma come afferrare,cogliere direttamente. Cos, sostituisco a percezione e percepire, qualora siano rispettivamente la traduzione di Vernehmen e vernehmen, le espressioni cogliere, afferrare, equelle a loro apparentate: termini che mi pare racchiudano meglio la plurivocit di significatoche Heidegger d a vernehmen, per cui questo pu essere 'sensibile' ma anche 'intellettivo'.

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    78 Roberto RisalitiLa prima osservazione che mi sembra doveroso fare preliminare al resto dell analisi ed ha carattere critico: mi pare che parlare di concezione greca della verit,

    come se tutti i pensatori che nell area storico-geografica che possiamo chiamare condividessero una sostanziale nozione di cosa sia la verit, ab bia

    c a r a ~ t e r e _ a z ~ a r d a t o . Nel p a ~ a g r a f o dedicato al concetto di IOgos gli unici filosofig ~ e ~ 1 annch1 c ~ e vengono ncordati sono Aristotele e Platone; quest ultimo add m t t u ~ s ~ m p h c e m e n t e nominato al principio del paragrafo e comunque le suec o n ~ e z ~ o m non sono mai o ~ g e t t o di s t ~ d i o in tutto Essere e tempo se non per unbrev1ss1mo accenno ad una scoperta d1 Platone presente nel paragrafo dedicatoal fenomeno dell asserzione.26 Per dare fondamento alla propria tesi che il concetto autentico di verit il concetto greco di verit, Heidegger si richiama, oltreche ad Aristotele, soltanto alle tesi ontologiche di Parmenide e, in un luogo, adun ~ ~ l e b r e f r ~ m e n t o di Eraclito u 1 1 6 g o s . Comunque stiano le cose nei riguardid_ell m t e r p r e t a ~ w n e tentata da He1degger di parte del pensiero di questi filosofi,CI che non mi sembra accettabile l attribuire senza la mediazione di un adeguato mpianto critico le concezioni di alcuni, particolarissimi, filosofi, a tutti i filosofi greci, o addirittura all intera civilt greca, ammesso pure che di questa sipossa parlare come di un tutto unico, prescindendo cio dalle differenziazionistoriche e geografcheY

    In secondo luogo, bisogna osservare che il brano, in effetti, una parafrasi diun passo di Aristotele:Dico proprio quello che non pu essere percepito con un altro senso, e rispetto a cui non possibile l errore: ad esempio per la vista l colore, per l udito ilsuono e per l gusto il sapore, ment re il tatto ha per oggetto molte variet di sensibili. T u t t a v i ~ ogni senso giudica almeno i propri oggetti, e no n s inganna sul fattoche un colore o un suono ci sia, ma su che cosa e dove sia l oggetto colorato osonoro. Tali sensibili, dunque , si dicono propri [idia] di ciascun senso. 28

    ~ v i d e n t e m e n t e Heidegger considera il concetto qui espresso da Aristotele, inmento alla natura della sensazione, come paradigmatico della concezione pi au-

    26 , come gi notato, il 33, e il riferimento a Platone (ivi, p. 201) consiste nel notare chequesti riconobbe che il logos>> sempre

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    80 Roberto Risalitisempre, ossia, in questo caso, necessariamente, a Il che significa:soltanto a partire dal cogliere diretto possibile qualcosa come il mostrarsi originario dell'ente, ossia quell'auto-manifestazione che sta a fondamento di ogni altraforma mediata in cui l'ente si mostra (come parvenza o come apparenza), in modotale che il tipo di ente di volta in volta manifestantesi ci che proprio in rapportoal tipo di cogliere in cui l'ente stesso colto. questo, a mio parere, il senso dell' esempio che Heidegger mette per inciso dopo aver determina to il senso autenticodella aisthesis,

    : come il semplice colore pu esistere solose esiste una visione che lo percepisce (pur non essendo assolutamente essa stessa'colore'), allo stesso modo ogni ente pu 'rivelarsi' solo nell'afferramento direttodell'ente stesso. A sua volta, come la visione essenzialmente, tra le altre cose,visione di colori, il Vernehmen coglie l'ente proprio in ci che lo rende quelcerto ente,nel senso pi generale possibile: pu cio trattarsi di un singolo oggetto, di unaspecie, di un oggetto 'ideale', e cos via, come certifica il fatto che anche al noein,come alla aisthesis, viene attribuito da Heidegger il carattere di cogliere. Funzionesensibile e funzione intellettiva sono entrambe, anche se in modo diverso, modi dicogliere qualcosa originariamente. La percezione vera in quanto vero l'ente stesso che in essa vienea manifestazione, nel senso in cui 'vero' l'esseredi qualcosa, il suo mostrarsi piuttosto che il non essere affatto, o non-mostrarsi. Tale connessione essenziale tra verited essere viene da Heidegger esplicitamente riconosciuta come un 'fatto' 31 che lafilosofia non pu non riconoscere, e che anzi ha riconosciuto fin dal suo nascere. 3Heidegger cita vari luoghi d i Aristotele al fine di ribadire questo concetto: l'identificazione di essere e verit. Ci conduce alla conclusione che da filosofia stessa definita come epistme tis ts aletheias, scienza della verit>>. 33 Tali riflessioni portanoinevitabilmente Heidegger a rifiutare che 'verit' possa designare l'oggetto di unaqualsivoglia teoria della conoscenza: la verit, piuttosto, compresa nel senso piprofondo e autentico, su cui ogni discorso scientifico non pu che fondarsi, ilmostrare se stesso, fenomeno. 34 Poich la verit viene altres identificata con il puro,diretto venir colto, posso concludere che, a prescindere da ulteriori precisazioni,l'esserefenomeno consiste nel puro essere colto.

    31 Mettendolo tra apici, indico che il termine inteso in un senso non empirico.32 Fin dai tempi pi lontani la filosofia ha congiunto verit ed essere. a prima scopertadell'essere dell'ente, dovuta a Parmenide, identifica l'essere con la compren sione che afferradirettamente l'essere: to gdr auto noein estinte kai einai. Nel suo schizzo della storia della scoperta della arkhai Aristotele osserva che i filosofi che lo precedettero, sotto la spinta delle cosestesse , f urono costretti a indagare ulteriormente: auto to prdgma odopoiesen autois kai synendnkasezeteim> in M. Heidegger, Essere e tempo, ci t., 44, p. 263.33 Ibidem.34

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    Immaginiamo che un uomo, con le spalle volte alla parete, pronunci questo giudizio vero: il quadro appeso alla parete di traverso>>. Questa asserzione si le-gittimacon ci, che l'asserente, girandosi, vede il quadro che pende di traverso dalla parete.39Faccio notare innanzitutto che Heidegger spiega in cosa consista la verit di

    un'asserzione, dunque di un logos apophantikos, un discorso che dice come stannole cose, indicando la condizione per cui l'asserzione legittimat. Il problema sisposta dunque sulla natura di tale 'legittimazione', in cosa concretamente essaconsista: secondo Heidegger l'asserzione legittimata, e dunque vera per comepu essere vero un discorso (l6gos), quando c' qualcosa, nel caso specifico unavisione, che porta gli enti a mostrare se stessi cos come nell'asserzione sono dettimostrarsi.4 Lasciare che l 'ente si mostri a sua volta giudicato da Heidegger unmanifestare l'ente stesso, come si legge nel 33, dedicato al fenomeno dell'asserzione.4' Cos viene precisato il senso di questa 'manifestazio ne' [Aufoeigungl: invirt del fatto che l'ente pu essere in vista, coglibile, che esso pu essere oggettodi una proposizi one (vera o falsa) anche quando assente; una sua 'rappresentazione', una sua controparte rappresentata, immaginata dall'asserente, potrebbe avera che fare forse con gli stati psichici di questi, ma certo non con l'ente.42 Dunquela verit del discorso consiste in ci: esso un modo di lasciare che l'ente mostris. A questo punto devo fare alcune osservazioni: Hei degger sostiene che l'asserire, dunque il l6gos, vero nella misura in cui legittimato; la legittimazione diun'asserzione sta nel mostrarsi, da parte dell'ente, cos come l'asserzione dice chesi mostra; quando ci avviene, il discorso non un estrinseco 'corrispondere' diparole, o pensieri, a cose, ma un modo di manifestarsi del l'ente stesso.Mi chiedo: che succede allora se l'asserente esprime un certo giudizio -si pensi all' esempio del quadro- e poi vede che l'en te si mostra in tutt altro modo? Cosa era intesodalla sua asserzione? Sembra che in tal caso l'asserzione semplicemente sia nonlegittimata. Questo vuoi dire forse che quando l'asserente la proferiva (presupponendo naturalmente che egli lo facesse convint o di pensare e dire il vero) essa nonmostrava nulla? Sembra impossibile, perch ci significherebbe che in effettil asserente sapeva gi che il proprio discorso era falso ancora prima della

    39 Ibidem.40 A cosa si riferisce l'asserente quando -non vedendo il quadro, ma solo rapprsentandolo emette il giudizio? Forse a rappresentazioni ? Certamente no, se per rappresentazione si intende un processo psichico. E non si neppure riferito a una rappresentazione nel senso del rappre-sentato, se con questa espressione si intende un' immagine della cosa reale appesa alla parete.In realt ilgiudizio emesso sul quadro solo rappresentandoselo si riferisce, in virt del proprio sensopi proprio, al quadro reale appeso alla parete. al quadro che ci si intende riferire e a null'altro[corsivo mio] in ibidem.

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    serci vive senza problematizzare il senso della propria esistenza e tanto me no quello dell'essere. Ci con cui quotidianamente si ha a che fare sono, naturalmente, glienti; enti di ogni tipo: se stessi, gli altri, utensili, cose naturali, istituzioni, valori, ecos via. Sono essi che si mostrano 'innanzi tutto e per lo pi'. Ci che invece nellaquotidianit viene coperto o avvertito solo oscuramente questo stesso mostrarsi;esso coperto nel senso che non esplicitamente 'guardato', analizzato, postocome tema di u na ricerca esplicita, ma presente nel senso che propr io esso ciattraverso cui, necessariamente, gli enti, sono ci che sono, nonostante il suo darsivenga costantemente tralasciato, dimenticato. 54 Per fenomeno in sensofenomenologico si deve quindi intendere, nelle parole del filosofo stesso, 'esseredell'ente das Sein des Seienden]. 55 Devo osservare che Heidegger non d mai unavera esplicitazione di tale concetto, nel senso di una determinazione positiva diesso; ancora una volta per d'aiuto per la comprensione ci a cui tale concettoautentico, originario, di fenomeno viene contrapposto. Da un lato, Heideggerchiarisce che l'essere dell'ente non un altro ente che in qualche modo stia 'dietro'il primo, come, invece, il caso per il fenomeno dell'apparire. 56 D'altra parte, ilfatto che Heidegger senta il bisogno di operare una ferma distinzione tra il fenomeno come mostrarsi e il fenomeno come apparire indice che i due fenomenipartecipano p ure di qualcosa di essenziale, altrimenti non si vede il senso di volerlidistinguere nella forma. La differenza tra essi sta in questo: il mostrarsi non concepibile come strutturato, nel senso di 'struttur che stato visto allorch hotrattato il concetto di apparenza. Non ha importanza qui in che modo sia concepito, nella relazione che contraddistingue l'apparire, l'elemento annunciante: chequest' ultimo rappresenti p i o meno veracemente la cosa di cui apparenza, o cheesso necessariamente occulti ci di cui 'emanazione' o 'produzione', sono tuttequestioni che presuppongono l'interna duplicit dell'apparire, per cui qualcosamostra s autenticamente e qualcos'altro invece alluso da questo qualcosa che manifesto, trovandosi cos metaforicamente dietro di esso. E in questo senso chedifferiscono l'apparire e il mostrarsi. Precedentemente, nel corso dell'analisi dell' apparire, avevo per raggiunto un altro risultato: la determinazione di quale sia l'terreno' d'essere a cui appartengono tutti i tipi di 'apparenz o, in altre parole, incosa consista realmente, di che 'stoffa' sia fatto l'essere dell'apparenza. Questori-sult potersi descrivere come ci che di solito indicato dall'espressione puraesperienza>>, a sua volta riconducibile, prescindendo da eventuali modificazioni e

    54 in ivi, 7C, p. 56.

    55 Pi precisamente:

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    Heidegger stesso ad esprimersi esplicitamente sul rapporto antologia-fenomenologiaper ben tre volte nel corso del 7C paragrafo che, opportuno ricordarlo, preludeimmediatamente59 allo svolgimento di quelle due sezioni dell'opera che sono rimaste notoriament e le uniche effettivamente scritte e pubblicate della parte specificamente teoretica di Essere e tempo. Dapprima Heidegger si esprime in modo taleda sembrare lasciare aperta la possibilit di concepire la fenomenologia come'ancell, sia pure unica (e necessariamente tale), dell'ontologia,60 ma pi oltre ilsuo scritto non lascia adito a dubbi: Considerata nel suo contenuto cosale, lafenomenologia la scienza dell'essere dell'ente: ontologia>>. 61 Tale decisa affermazione pare essere per in contrasto con quella compiuta al principio del paragrafoche tratta del metodo fenomenologico della ricerca, quella, per l'appunto, in cuiviene detto che la fenomenologia il metodo dell'antologia. Per la precisione,Heidegger sostiene che fenomenologia>> designa . possibile conciliare posizioni cos apparentemente incompatibili? A nostro avviso le soluzioni possibili sono due. La prima consiste nell' accettare un'intrinseca contraddizione nel cuore di Essere e tempo. Ci si pu fare inmolti modi: si pu ad esempio considerare la fenomenologia come una sorta diresiduo di un Heidegger pre-ontologo influenzato ancora da Husserl. Cos l'autentico pensiero heideggeriano in Essere e tempo sarebbe da cercare nellariproposizione del pro blema dell'essere in quan to tale e nel collegare tale problemaa quello dell'essere dell'uomo. Tutto ci, e specialmente la questione dell esseredell'uomo, sarebbe per tutto da chiarire, una volta considerata la fenomenologiacome un corpo estraneo nell'edificio concettuale dell'opera. Si pu e questo quanto fanno la maggior parte degli interp reti- accettare la contraddizione nelsenso di fingere che essa non vi sia e leggere l'opera come analisi dell'essere dell'Esserci (l'esistenza) e del senso di questo essere (la temporalit) lasciando nella picompleta oscurit proprio la natura, l'essere di tale antologia, affidandosi ad unapre-comprensione generica degli enti investigati (chi non sa che differenza c' traun essere umano e, ad esempio, un martello? Chi non sa che prima o poi la sua vitain questo mondo avr fine? E cos via). Naturalmente possono esserci ancora altrestrade, tutte per im prontate ad un medesimo proposito: attenersi a quanto diceHeidegger al principio del 7, ignorando o comunque togliendo decisamenteimportanza a tutto ci che viene sostenuto in merito al rapporto fra essere e fono-meno in altri luoghi dell'opera, e soprattutto ai punti A, B e specialmente C di

    59 Il paragrafo successivo e, in effetti, il numero otto, ancora parte dell'introduzione. Matale 8, che si intitola > denota primariamente un concetto di metodo. Vediamo perora come Heidegger specifica nella proposizione i m m e ~ i t m e n t e s u c c e s s 1 ~ a aquel brano, la funzione metodologica della fenomenologia: e s s ~ non carattenzzail che-cosa cosale degli oggetti della ricerca filosofica, ma Il loro come [Ercharakterisiert nicht das sachhaltige Wtzs der Gegenstande der philosophischenForschung, sondern das Wie dieser]. 64 . . .La ricerca filosofica, in quanto antologia, ha come oggetti posstb1h l mterocampo di ci che, in qualche modo, : gli enti. Se l'ontologia dovesse descrivere

    62 lvi, 7, p. 46.63 Come dimostra il seguente passo: Ii metodo dell' ontologia resta altamente problemati

    co finch si prende semplicemente consiglio dalle ontologie storicamente tramandate o datentativi analoghi. Poich, nel corso di questa indagine, il termine ontologia usato in sensoformalmente ampio, viene a chiudersi da se stessa la via di un chiarimento del metodo mediante l'esame della sua storia in ibidem

    64 Ibidem A mio parere la traduzione di Chiodi -qui da me modificata- di questa proposizione, contiene un fondamentale fraintendimento interpretativo. Egli traduce il diesen> finale come un genitivo femminile singolare, riferito e v i d e n t e m e ~ t ~ alla Forschung filo.sofica.Ci sarebbe grammaticalmente corretto; ma cosi questa proposlZlone non farebbe che npeterequanto Heidegger ha gi detto due volte proprio subito p r i ~ a , che c o la f e n o m e n o ~ o g a lmetodo dell' ontologia, ne d e t e ~ m i n a o p e r a t i v a ~ ~ n t e lo svolgimento; m breve: ne c,ost.ltUisce 1come. Ma la prima parte, neganva, della proposlZlone mostra palesemente la volonta d1 ch1anrein che modo la fenomenologia si rapporti agli oggetti dell'ontologia: ritengo pertanto che queldiesen> debba essere interpretato come un genitivo plurale riferito a Gegenstande.

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    gli enti nella loro mera cosalit , cio dandone predicati reali (cogli bili all i nternodell esperienza), il suo raggio d azione andrebbe dalla banalit disarmante dellaconstatazione di singoli stati di cose, 65 alla determinazione categoriale degli enti,cio secondo delle specie a priori. Que lle che da Husserl vengono chiamate ontologieregionali sono infatti esplicitamente riconosciute da Heidegger come un dato; maesse, pur muovendosi in un ambito di essenze, non sono ancora l ontologia che inEssere e tempo deve essere costituita.66 Il metodo fenomenologico, non riguardando minimamente come in generale siano fotte le cose (la cosalit degli enti),decide di come le cose siano accessibili come enti, in che modo concretamentedivengano oggetti di ricerca per l ontologia. Ci n aturalmen te equivale a dire chela fenomenologia studia come, in assoluto, gli enti si manifestino Ma se comeabbiamo visto, il mostrarsi dell ente, il suo manifestare se stesso (in ultima analisiil suo venire ad essere colto direttamente) costituisce il suo essere, ecco che lametodologia dell ontologia viene a coincidere con l ontologia stessa. Quando quest ultima venga non solo formalmente teorizzata come possibile e addirit tura necessaria, ma effettivamente svolta, non pu concretizzarsi che come fenomenologia.

    Non si d dunque alcuna contraddizione tra il presentare la fenomenologiacome metodologia dell ontologia e in seguito, il dichiarare l identit di entrambe, qualora si conceda ad Heidegger una gradualit nel procedere dell indagine.67Si potrebbe dire che, nel caso dell ontologia, la metodologia da essa stessa richiesta si sviluppa in modo cos genuino (a partire dall essere stesso delle cose) da determinare l ontologia, quando questa voglia divenire ricerca concreta, proprio perquanto riguarda la natura degli enti indagati (dunque nei principidi questa scienza). Infine, vale la pena notare che tut te le tre identificazioni dell ontologia con lafenomenologia vengono operate alla fine del complesso 7, al punto C, quandola convergenza delle analisi di fenomeno e di l6gos ha mostrato l intrinseca necessit del metodo fenomenologico per l ontologia, in quan to in esso consiste ildisvelarsi dell essere degli enti.

    65 Banalit filosoficamente disarmanti; uno storico, per esempio, pu fare ricerche di anni, econ buonissime ragioni, pe r determinar e l esatta datazione di un certo evento: eppure, dalpunto di vista filosofico, fare ci non che emettere un giudizio singolare empirico, la constatazione di un mero dato di fatto.

    66 Il problema dell essere mira perci alle determinazioni a priori delle condizioni di possibilit non solo delle scienze che studiano l essente in quant o essente cos e cos, e che simuovono quindi gi sempre in una comprensione dell essere, ma anche delle ontologie stesseche precedono le scienze ontiche e le fondano in ivi, 3, p. 27.

    67 Non a caso gi al principio del Heidegger anticipa la peculiarit del concetto del metodo fenomenologico: