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Numero 146 Giugno 2015 Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - NE/PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Associazione Madonna di Fatima Rivolti al cielo

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Numero 146 Giugno 2015

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Associazione Madonna di Fatima

Rivolti al cielo

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“L’inedito sui Vangeli”

La collezione “L’inedito sui Vangeli” è una pubblicazione della Libreria Editrice Vaticana

Richieste per email: [email protected] Oppure per fax: 041 560 8828

I volumi sono in formato 157x230mm stampati a colori in carta patinata lucida

C omposta da sette volumi, quest’ originale opera di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP, ha il merito di mettere la teologia alla portata di tutti, per mezzo di commenti ai Vangeli delle domeniche e solennità dell’an-

no. Pubblicata in quattro lingue – portoghese, italiano, spagnolo e inglese – per un totale di 200mila volumi venduti, la collezione ha avuto un ottimo riscontro per la sua notevole utilità esegetica e pastorale.

Collezione

Anno AVolume I: Domeniche di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua – Solennità del Signore che capitano nel Tempo Ordinario (464 pagine) Volume II: Domeniche del Tempo Ordinario (495 pagine)

Volume VII: Solennità – Feste che possono cadere di domenica – Mercoledì delle Ceneri – Triduo Pasquale – Altre feste e Memorie (431 pagine)

Anno CVolume V: Domeniche di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua – Solennità del Signore che occorrono nel Tempo Ordinario (446 pagine)Volume VI: Domeniche del Tempo Ordinario (495 pagine)

Anno BVolume III: Domeniche di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua – Solennità del Signore che occorrono nel Tempo Ordinario (448 pagine) Volume IV: Domeniche del Tempo Ordinario (541 pagine)

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Scrivono i lettori � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 4

Ponte e roccia (Editoriale) � � � � � � � � � � � � � � � 5

La voce del Papa – L’impetuoso vento della santità

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Commento al Vangelo – La giusta misura del fervore eucaristico

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �8

Il miracolo eucaristico di Tumaco

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Lei sapeva���

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �37

Araldi nel mondo

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �26

Come il cedro del Libano���

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �50

I Santi di ogni giorno

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �48

Storia per bambini��� – Buoni e malvagi la ricevono, ma���

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �46

È accaduto nella Chiesa e nel mondo

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �40

L’ arte sacra – Via per incontrare Dio e i suoi misteri

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �20

La parola dei Pastori – Arco che unisce gli uomini a Dio

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �38

Sant’ Efrem, il Sirio – Cetra dello Spirito Santo

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �16

SommariO

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

Anno XVII, numero 146, Giugno 2015

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Fra Guy Gabriel de Ridder, EP,

Suor Juliane Vasconcelos A. Campos, EP, Diac. Luis Alberto Blanco Cortés, EP, Suor Mariana Morazzani Arráiz, EP,

Severiano Antonio de Oliveira

Traduzione: Antonietta Tessaro

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Venezia 11 del 31/3/12

Poste italiane, s.p.a – Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE PD

Contiene I.R.

www.araldi.org www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione Privata Internazionale di Fedeli

di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngelo

Piazza in Piscinula, 40 00153 Roma

Tel. sede operativa a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: MODERNA s.r.l.

Via Antonio de Curtis, 12/A 35020 Due Carrare (PD)

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

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4      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

Scrivono i lettori

TuTTa la mia equipe di polizioTTi la leggeva

In primo luogo desidero compli-mentarmi con voi per il brillante la-voro realizzato. Come cattolico mi sento molto orgoglioso degli Araldi del Vangelo. Fino a poco tempo fa ricevevo la rivista Araldi del Vangelo, ma siccome ho cambiato indirizzo, non mi è più arrivata e vorrei torna-re a riceverla. Tutta la mia equipe di poliziotti la leggeva e io sentivo che questa era una vera evangelizzazio-ne. Dio vi benedica sempre.

José H. M. F. Capitano della Polizia Militare

San Paolo – Brasile

Bellezza e profondiTà degli arTicoli

Ringrazio per il prezioso libro L’inedito sui Vangeli, di Mons. João Scognamiglio Clá Dias. Con la sua lettura sto conoscendo a poco a po-co e apprezzando di più la vita di Nostro Signore.

Con la rivista Araldi del Vangelo imparo a riflettere sulla bellezza e la profondità dei suoi articoli, cosa che eleva la mia anima e mi fa compren-dere gradualmente, tramite la sua lettura e meditazione, lo splendore e la gioia che emanano dalla conver-sione.

Molte grazie e offrirò le mie pre-ghiere quotidiane per voi.

Laura S. de F. Santiago – Cile

aiuTo nella preparazione della caTechesi

La rivista Araldi del Vangelo è me-ravigliosa! Tutto il suo contenuto per me è di grande importanza, so-

prattutto il Vangelo. Mi ha aiutato molto nella preparazione dei miei incontri di catechismo.

Le Storie per bambini, i Santi di ogni giorno e le testimonianze dei lettori fanno sì che possiamo riflet-tere un po’ sulla nostra vita, sulla nostra realtà. La Rivista merita tut-ti i miei complimenti per il suo lavo-ro di evangelizzazione.

Solange da S. C. Curitiba – Brasile

uno dei migliori numeri mai leTTi

La rivista Araldi del Vangelo nu-mero 158, di febbraio scorso, mi ha fatto molto bene! La qualità degli scritti di tutti gli autori mi ha affa-scinato straordinariamente e per me è stato uno dei migliori numeri che ho letto. È talmente vero che pen-so di conservarlo per leggerlo e ri-leggerlo, perché i suoi insegnamen-ti mi hanno veramente impressio-nato. Normalmente sono solito pas-sare i numeri ad altre persone, una volta letti, ma questa volta non lo fa-rò. Molte grazie e che Dio benedica la vostra Associazione.

Nicolás B. V. Las Palmas de Gran Canaria – Spagna

andare in cerca di anime e collocarle più vicino a dio

La parte della Rivista che mi piace di più è la sezione Araldi nel mondo, in cui gli Araldi appaiono in vari luoghi mentre divulgano il Re-gno di Maria...

Desidero complimentarmi con voi per la Rivista, per tutti gli artico-li, e dirvi che la aspetto ansiosa ogni mese, poiché la sua lettura mi raf-forza spiritualmente. Sono asseta-ta di ciò che parla di Maria Santissi-ma. Prego tutti i giorni affinché Ella vi fortifichi in questa bella missione

di andare in cerca di anime, lucidar-le e collocarle più vicino a Dio.

Mery V. M. C. Independência – Brasile

una rivisTa che ha spiriTo di veriTà

Questa è una Rivista che ha spi-rito di verità. Essa ci dà buoni inse-gnamenti e consigli, che dobbiamo mettere in pratica nella quotidiani-tà delle nostre vite. Mi incantano le Storie per bambini... o adulti pieni di fede? e gli articoli di Don Juan Car-los Casté.

Yaquelina I. M. R. Lima – Perù

porTare la parola di dio in TuTTi gli angoli del mondo

Quello che sempre mi richiama l’attenzione nella Rivista è il lavoro che appare negli Araldi nel mondo, senza discriminazione, senza dare importanza al luogo, all’etnia, poi-ché la cosa più importante è porta-re la Parola di Dio in tutti gli angoli del mondo. Evangelizzare è colloca-re Dio nei cuori di ogni essere uma-no, è portare amore a tutti.

Alessandra B. Z. Curitiba – Brasile

apprezzo sopraTTuTTo le coperTine

La Rivista è preziosissima! Mi piace molto leggere e rileggere le storie che sono pubblicate in ogni numero. Apprezzo soprattutto le co-pertine: come sono belle! Il sempli-ce sfogliare delle pagine è piacevole. È difficile scegliere solo una sezione da commentare, poiché per ogni oc-casione c’è una lettura appropriata. Per questo, posso solo elogiarvi!

Leiva R. D. L. San Paolo – Brasile

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Numero 146

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Associazione Madonna di Fatima

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      5

Editoriale

l rinnovamento di tutte le cose, portato da Nostro Signore Gesù Cristo, elevò il culto di Dio così al di sopra di quanto Lo aveva preceduto, che ci si potrebbe proprio chiedere se il sacerdozio dell’Antica Legge avesse una

ragione d’essere. Tuttavia, troviamo nella sua più remota origine una determina-zione esplicita di Dio stesso.

Infatti, nel Sinai, Egli non consegnò a Mosè soltanto i Dieci Comandamen-ti, incisi nella pietra dalla sua stessa mano (cfr. Es 32, 16), ma un ampio codice di norme, molte delle quali di carattere liturgico e rituale. Tra queste, già risul-tava la decisione di Dio di stabilire Aronne e la sua famiglia sacerdoti a servi-zio del suo culto (cfr. Es 28, 1).

Ma Mosè, tornato all’accampamento, trovò il popolo dedito all’idolatria con il vitello d’oro (cfr. Es 32, 1-19) e il bagliore della sua ira coagulò attorno a sé tutti i figli di Levi che, con un atto di manifesto e radicale rifiuto del peccato del popolo, conquistarono così il privilegio di essere consacrati definitivamen-te al servizio di Dio (cfr. Es 32, 26-29).

Così come, con la circoncisione, Abramo era stato separato per Jahvè da-gli altri uomini (cfr. Gen 17, 10-14), e Mosè era stato sollevato in opposizione al Faraone e a tutto l’Egitto (cfr. Es 3, 16-20), così il Signore volle anche che il sacerdozio dell’Antica Legge nascesse sotto il segno della contraddizione. Un segno che accompagna quanti vogliono di fatto servire Dio, dal momento in cui il Creatore istituì un’inimicizia eterna tra la Vergine e il serpente (cfr. Gen 3, 15). Inimicizia, pertanto lotta, il cui paladino si caratterizza per il ripudio ca-tegorico e combattivo degli errori del tempo, e per l’adesione ardente e incon-dizionata alla causa di Dio, ergendosi come esempio per tutti.

I riti del sacerdozio levitico, tuttavia, erano soltanto un’ombra e un’immagi-ne della realtà celeste (cfr. Eb 8, 5), in quanto “valide fino al tempo in cui sa-rebbero state riformate” (Eb 9, 10). La loro ragion d’essere consisteva nel ser-vire da prefigurazione, e preparare la via per qualcosa di molto più grande. Infatti, Nostro Signore Gesù Cristo, “eternamente perfetto” (Eb 7, 28) e costi-tuito Sommo Sacerdote dal Padre (cfr. Eb 5, 10), diventò mediatore di un’Al-leanza “molto superiore” (Eb 7, 22): “santo, innocente, senza macchia, sepa-rato dai peccatori ed elevato sopra i cieli” (Eb 7, 26). Egli è l’unico capace di offrire a Dio un sacrificio veramente gradito, perfetto e definitivo.

Questa sua eccelsa perfezione elevò anche il segno della contraddizione al-la sua massima espressione, poiché fece di Lui l’oggetto del massimo odio, in un crescendo di lotta il cui risultato fu un auge di glorificazione. Essendo Cri-sto il Sommo, Eterno e Unico Sacerdote, il sacerdozio resta per sempre asso-ciato alla figura della pietra dello scandalo, come elemento costitutivo.

Ai ministri ordinati, partecipi del sacerdozio eterno del Signore, spetta per-petuare in Terra la missione profetica di dividere le acque. Ponte tra Dio e gli uomini, il sacerdote è, infatti, anche la roccia nel fiume, che divide i campi tra buoni e cattivi, facendo emergere l’interiorità dei cuori. ²

Ponte e roccia

Il Nunzio Aposto-lico in Brasile du-rante la cerimonia di ordinazione sa-cerdotale realizza-ta nella Basilica della Madonna del Rosario, il giorno 25/4/2015

Foto: Leandro Souza

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L’impetuoso vento della santità

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6      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

La voce deL PaPa

Che cosa portò Fra Junípero ad abbandonare la sua patria, la sua famiglia, la cattedra universitaria, la sua comunità francescana a Maiorca, per andare verso gli estremi

confini della Terra? Senza dubbio, la passione di annunciare il Vangelo “ad gentes”.

o ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra” (At 13, 47; cfr. Is

49, 6). Queste parole del Signore, nel brano degli Atti degli Apostoli che è stato appena letto, ci fanno vedere la missionarietà della Chiesa che è man-data da Gesù ad uscire per annuncia-re il Vangelo. Ciò avvenne per i disce-poli fin dal primo momento quando, scoppiata la persecuzione, uscirono da Gerusalemme (cfr. At 8,1-3). Que-sto vale anche per quella moltitudine di missionari che portarono il Vangelo al Nuovo Mondo e al tempo stesso di-

fesero gli indigeni contro i soprusi dei colonizzatori.

Tra di loro vi era anche Fra Junípero; la sua opera di evangeliz-zazione ci riporta alla memoria dei primi “12 apostoli francescani” che furono i pionieri della fede cristia-na in Messico. Egli fu protagonista di una nuova primavera evangelizza-trice in quelle terre sconfinate che, già da duecento anni, erano state raggiunte dai missionari provenienti dalla Spagna, dalla Florida sino alla California, molto tempo prima che giungessero i pellegrini del Mayflo-wer al litorale nord-atlantico.

La vita e l’esempio di Fra Junípero evidenziano tre aspetti: il suo slancio missionario, la sua devozione maria-na e la sua testimonianza di santità.

Passione di annunciare il Vangelo “ad gentes”

In primo luogo, fu un instancabi-le missionario. Che cosa portò Fra Junípero ad abbandonare la sua pa-tria, la sua terra, la sua famiglia, la cattedra universitaria, la sua comuni-tà francescana a Maiorca, per anda-re verso gli estremi confini della terra? Senza dubbio, la passione di annun-ciare il Vangelo ad gentes, cioè l’im-

Papa Francesco durante l’omelia nel Pontificio Collegio Americano del Nord di Roma, 2/5/2015

Non è possibile separare la Madonna dal cuore del popolo americano. Ella infatti costituisce la radice comune di questo continente

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      7

Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione originale dei documenti riprodotti in questa sezione può essere consultata in www.vatican.va

peto del cuore che vuole condividere con i più lontani il dono dell’incontro con Cristo: il dono che lui stesso aveva dapprima ricevuto e sperimentato nel-la sua pienezza di verità e di bellezza. Come Paolo e Barnaba, come i disce-poli ad Antiochia e in tutta la Giudea, egli fu pieno di gioia e di Spirito San-to nel diffondere la parola del Signore.

Un tale zelo ci provoca: è per noi una grande sfida! Questi discepo-li-missionari, che hanno incontrato Gesù, Figlio di Dio, che attraverso di Lui hanno conosciuto il Padre mise-ricordioso e, mossi dalla grazia dello Spirito Santo, si sono proiettati verso tutte le periferie geografiche, sociali ed esistenziali, per rendere testimo-nianza alla carità, questi ci sfidano!

A volte ci soffermiamo ad esami-nare scrupolosamente i loro pregi e, soprattutto, i loro limiti e le loro mi-serie. Ma, mi domando, se oggi sia-mo capaci di rispondere con la stessa generosità e con il medesimo corag-gio alla chiamata di Dio, che ci invita a lasciare tutto – lasciare tutto! – per adorarlo, per seguirlo, per ritrovarlo nel volto dei poveri, per annunciar-lo a coloro che non hanno conosciu-to Cristo e, perciò, non si sono senti-ti abbracciati dalla sua misericordia.

La testimonianza di Fra Junípe-ro ci richiama a lasciarci coinvolge-re, in prima persona, nella missio-ne continentale, che trova le proprie radici nell’Evangelii gaudium, la gio-ia del Vangelo.

Devozione a Nostra Signora di Guadalupe

In secondo luogo, Fra Junípero affi-dò il suo impegno missionario alla San-tissima Vergine Maria. Sappiamo che prima di partire per la California volle andare a consegnare la sua vita a No-stra Signora di Guadalupe, e a chieder-le, per la missione che stava per intra-

prendere, la grazia di aprire il cuore dei colonizzatori e degli indigeni.

In questa implorazione possiamo ancora vedere questo umile frate in-ginocchiato davanti alla “Madre del mismísimo Dios”, la “Morenita”, che portò il suo Figlio al Nuovo Mon-do. L’immagine di Nostra Signora di Guadalupe era presente – o almeno lo è stata – nelle ventuno missioni che Fra Junípero fondò lungo la co-sta californiana.

Da allora, Nostra Signora di Gua-dalupe diventò, di fatto, la Patro-na di tutto il continente americano. Non è possibile separarla dal cuore del popolo americano. Ella infatti costituisce la radice comune di que-sto continente. E’ lei la radice comu-ne di questo continente.

Anzi, l’odierna missione conti-nentale si affida a Colei che è la pri-ma e santa discepola-missionaria, presenza e compagnia, sorgente di conforto e di speranza. A Colei che è sempre in ascolto per custodire i suoi figli americani.

Un impetuoso vento di santità percorra l’America

In terzo luogo, fratelli e sorelle, contempliamo la testimonianza di santità di Fra Junípero – uno dei pa-dri fondatori degli Stati Uniti, santo della cattolicità e speciale protetto-re degli ispanici del Paese –, perché tutto il popolo americano riscopra la propria dignità, consolidando sem-pre più la propria appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa.

E nella comunione universale dei santi e, in particolare, nella corona dei santi americani, ci accompagni Fra Junípero Serra e interceda per noi, insieme a tanti altri santi e san-te che si sono distinti con diversi ca-rismi. [...] E tanti altri santi e martiri, che non elenco adesso, ma che pre-

gano davanti al Signore per i loro fra-telli e sorelle che sono ancora pelle-grini in quelle terre. C’è stata santità in America! Tanta santità seminata…

Un impetuoso vento di santità per-corra il prossimo Giubileo straordina-rio della Misericordia in tutte le Ame-riche! Fiduciosi nella promessa fatta da Gesù, e che abbiamo ascoltato oggi dal Vangelo, chiediamo a Dio questa parti-colare effusione dello Spirito Santo.

Siamo esclusivamente discepoli missionari di Gesù

Chiediamo a Gesù Risorto, Signo-re della storia, che la vita del nostro continente americano si radichi sem-pre più nel Vangelo che ha ricevu-to; che Cristo sia sempre più presente nella vita delle persone, delle famiglie, dei popoli e delle nazioni, e non per potere, per la maggiore gloria di Dio.

E che questa gloria si manifesti nel-la cultura della vita, nella fratellan-za, nella solidarietà, nella pace e nella giustizia, con fattivo amore preferen-ziale per i più poveri, attraverso la te-stimonianza dei cristiani delle diverse comunità e confessioni, dei credenti di altre tradizioni religiose e degli uomi-ni di retta coscienza e di buona volon-tà. O Signore Gesù, noi siamo soltanto i tuoi discepoli-missionari, i tuoi umili cooperatori perché venga il tuo Regno!

E portando questa invocazione nel cuore, chiedo l’intercessione di Nostra Signora di Guadalupe, e an-che quella di Fra Junípero e degli al-tri santi e sante americani, perché mi conducano e mi guidino nei miei prossimi viaggi apostolici nel Sud America e nel Nord America. Per questo chiedo a tutti voi di continua-re a pregare per me. ²

Passi dell’omelia nel Pontificio Collegio Americano del

Nord di Roma, 2/5/2015

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8      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

12 Il primo giorno degli Az‑zimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: “Dove vuoi che an‑diamo a preparare perché Tu possa mangiare la Pasqua?” 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: “An‑date in città e vi verrà incon‑tro un uomo con una broc‑ca d’acqua; seguitelo. 14 Là dove entrerà, dite al padro‑ne di casa: ‘Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui

Io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?’ 15 Egli vi mostrerà al piano superio‑re una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la ce‑na per noi”. 16 I discepoli andarono e, en‑trati in città, trovarono co‑me aveva detto loro e prepa‑rarono la Pasqua. 22 E, men‑tre mangiavano, prese il pa‑ne e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, di‑cendo: “Prendete, questo

è il mio Corpo”. 23 Poi pre‑se un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tut‑ti. 24 E disse loro: “Questo è il mio Sangue dell’Allean‑za, che è versato per molti. 25 In verità vi dico che non berrò mai più del frutto del‑la vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel Regno di Dio”. 26 Dopo aver canta‑to l’inno, uscirono verso il Monte degli Ulivi (Mc 14, 12‑16.22‑26).

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Ultima Cena, del Maestro di Sigena – Museo Nazionale d’Arte della Catalogna, Barcellona

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      9

La giusta misura del fervore eucaristico

Solennità del SantiSSimo Corpo e Sangue di CriSto (CorpuS domini)

Considerare la grandezza della generosità divina manifestata nell’Eucaristia aiuta a misurare quale debba essere il nostro ardore per questo ineguagliabile Sacramento.

I – L’Uomo-DIo SI Dà In aLImento agLI UomInI

La luce della fede è imprescindibile per con-templare, seppure per pochi istanti, l’elevatezza e la bellezza del mistero dell’Incarnazione del Verbo, poiché l’intendimento umano, abbando-nato alla sua sola capacità, non ci riesce. Se non ci fosse l’ausilio della grazia, mai sarebbe possi-bile ammettere che Dio ha voluto manifestarSi al mondo in questa forma, promuovendo l’unio-ne della natura divina con quella umana nella Seconda Persona della Santissima Trinità. Ge-sù è veramente Uomo, con intelligenza, volon-tà e sensibilità – oltre ad aver assunto un corpo sofferente, la cui origine è stata miracolosa, ma che si è sviluppato in modo normale, secondo le leggi della natura – e, allo stesso tempo, Egli è pienamente Dio. Dio disteso in una mangiatoia; Dio che discute nel Tempio con i dottori della Legge; Dio che vive con i suoi genitori a Naza-reth; Dio che abbraccia la vita pubblica; Dio che è crocifisso... Quanti atti di adorazione e grati-tudine dovremmo fare ogni volta che conside-riamo questo mistero, e con quanto fervore con-verrebbe chiedere a Nostro Signore l’aumento della nostra fede in Lui!

Ora, se tale è la nostra ammirazione di fron-te alla grandezza del Verbo che “Si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14), non meno ardente deve essere il nostro atteg-giamento davanti alla Sacra Eucaristia, il mi-stero che riassume tutte le meraviglie realizzate da Dio per la nostra salvezza.1 Come ben os-serva padre Monsabré, “l’Incarnazione è il ca-polavoro di Dio. Ma questo stesso capolavoro, personale e vivo, Gesù Cristo, Figlio di Dio In-carnato, non Si accontenta di proclamare, alla maniera dei capolavori umani, la gloria del su-blime Artista che l’ha creato. Sovranamente in-telligente, buono e potente, Egli ha voluto pro-durre un’opera di capitale importanza tra tutte quelle che suo Padre celeste Gli ha fatto fare. Questa opera è l’Eucaristia”.2

Così, nell’Incarnazione, il Figlio eterno di Dio Si vela nella carne; nell’Eucaristia, Gesù nasconde non solo la sua Persona Divina, ma la sua umanità, sotto le specie del pane e del vino. Nell’Incarnazione, Egli ha cominciato a vivere e ad agire come noi, dall’interno del-la santità increata, sostanziale e infinita di Dio. Nell’Eucaristia, Egli vuole, con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità, abitare dentro di

Abbandonato alla sua sem-plice capaci-tà, ll’intendi-mento umano non giunge a comprende-re il mistero dell’Incar-nazione del Verbo

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

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noi. Nell’Incarnazione, la comunicazione e l’unione sono state solamente con una natura singolare, l’umanità santissima di Cristo; nell’Eucaristia, Gesù Si unisce a chiunque Lo riceva, come Egli stesso ha detto: “Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue rimane in Me e Io in lui” (Gv 6, 56). Tale unione tra Dio e l’uomo è la più intima che si possa immaginare, inferiore soltanto all’unione ipostatica. È qualcosa di così grandioso che causa me-raviglia!

Il Vangelo di oggi, che porta alla no-stra considerazione il racconto dell’isti-tuzione di questo Sacramento, “tra tut-ti il più importante e quello che conclude gli altri”,3 invita a meditare sulla sua ine-sauribile ricchezza e a crescere nella sua devozione. Lo stesso Salvatore anelava a questo momento, come ha manifestato ai disce-poli, all’inizio dell’Ultima Cena: “Ho tanto de-siderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia Passione” (Lc 22, 15).

II – IL mIStero DeLLa FeDe per ecceLLenza

Il Divino Maestro si trovava sulla via di Ge-rusalemme quando, per la terza volta, annun-ciò ai discepoli la sua Passione (cfr. Mt 20, 17-19; Mc 10, 32-34; Lc 18, 31-34). Più tardi, già dopo la Domenica delle Palme, Egli rivelò lo-ro la data esatta di questo evento: “Voi sape-te che fra due giorni è la Pasqua e che il Figlio dell’Uomo sarà consegnato per essere crocifis-so” (Mt 26, 2).

Nel frattempo, i sommi sacerdoti e gli anzia-ni del popolo, riuniti nella casa di Caifa, cospi-ravano contro Gesù e deliberavano sui metodi per catturarLo con astuzia e ucciderLo. Ma sic-come temevano di provocare un tumulto nel-la moltitudine, decisero di agire soltanto dopo il termine della festa (cfr. Mt 26, 4-5). Fu allo-ra che Giuda Iscariota andò da loro, offrendo-gli il suo perfido contributo per il crimine. Gli promisero trenta monete d’argento, e “da quel momento cercava l’occasione propizia per con-segnarlo” (Mt 26, 16).

La Cena che inaugurò la vera Pasqua12 Il primo giorno degli Azzimi, quan‑do si immolava la Pasqua, i suoi disce‑

poli gli dissero: “Dove vuoi che andia‑mo a preparare perché Tu possa mangia‑re la Pasqua?”

Le commemorazioni della Pasqua, principale festività giudaica, si estendevano per una setti-mana, essendo il primo giorno riservato alla ce-na solenne in cui si mangiava l’agnello pasquale, seguendo le indicazioni date da Dio agli israe-liti all’epoca dell’esodo dall’Egitto (cfr. Es 12, 1-14). Siccome il pane fermentato era proibito durante questo periodo, si consumavano pani senza lievito, e per questo la solennità era desi-gnata anche come festa degli Azzimi.

Ora, il Signore Gesù è il vero Agnello Pa-squale, l’“agnello senza difetti e senza mac-chia. Egli fu predestinato già prima della fon-dazione del mondo” (I Pt 1, 19-20). Pertanto, la cerimonia che gli Apostoli si impegnavano a preparare sarebbe stata l’inizio della realiz-zazione di quanto la Pasqua israelita prefigu-rava, poiché nella Santa Cena di quella notte Egli avrebbe consacrato “il principio del suo sacrificio, ossia, della sua Passione, conse-gnandoSi ai suoi discepoli nei misteri del suo Corpo e Sangue”.4

Un soave invito a Giuda13a Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: “Andate in città...”

Essendo Giuda Iscariota il responsabile per la logistica del Collegio Apostolico, spettava a

Fu allora che Giuda Iscariota andò da loro, offrendogli il suo perfido contributo il crimine

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lui prendere i provvedimenti per la celebrazio-ne. Tuttavia, il racconto di un altro Evangelista indica che furono Pietro e Giovanni i discepo-li che Nostro Signore incaricò per questo lavo-ro (cfr. Lc 22, 8). Con divina delicatezza e bon-tà, il Maestro lasciava trasparire a Giuda che aveva conoscenza del crimine da lui tramato con i sinedriti. Se ci fosse stato nel traditore un briciolo di amore verso Dio e di buon senso, il procedere di Gesù gli avrebbe pungolato la co-scienza, portandolo a rendersi conto dell’im-mensa gravità di quel peccato e a desistere dal suo intento. Invece, nulla di questo è accaduto, poiché il suo cuore era completamente induri-to nel male.

Possiamo fare qui un’applicazione alla nostra vita spirituale. A volte, persone con cui convi-viamo – sia un superiore, un collega o anche un inferiore – ci danno a intendere che percepisco-no in noi un difetto mal combattuto o ci met-tono in guardia per una situazione brutta nella quale ci troviamo. Di fronte a questi inviti, ter-remo chiusa la nostra anima, imitando la per-versità di Giuda?

Il Divino Maestro ha voluto evitare turbamenti durante la Cena13b “...e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14 Là dove entrerà, dite al padrone di casa: ‘Il Ma‑estro dice: Dov’è la mia stanza, in cui

Io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?’ 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi”.

Il luogo scelto dal Redentore, come scenario dell’atto di somma importanza che si sarebbe realizzato, era un’ampia sala decorata con distinzione ed ele-ganza (cfr. Lc 22, 12). Bei tappeti, tes-suti, tendaggi e raffinata mobilia com-ponevano gradevolmente l’ambiente. Secondo il costume del tempo, nei ban-chetti i tavoli erano disposti a forma di “U” e i commensali non mangiavano seduti come oggi, ma semidistesi su di-vani distribuiti sul lato esterno del ta-volo. Il lato interno rimaneva libero per permettere il servizio. Il posto d’onore – che all’occasione avrebbe dovuto es-

ser occupato da Nostro Signore – si trovava al centro.

Giuda, avido di informazioni sulle circostan-ze e sul luogo della cena – poiché riteneva che fosse questo il momento opportuno per conse-gnare Nostro Signore –, certamente ascoltava attentamente queste indicazioni. Ma Gesù de-siderava celebrare la Pasqua senza nessuna in-terruzione; “non voleva esser turbato dai suoi nemici prima che giungesse ‘la sua ora’ e, so-prattutto, prima della donazione e dell’amoroso lascito della Sacra Eucaristia che voleva dona-re alla sua Chiesa”.5 Per questo istruì i due Apo-stoli in modo da rendere impossibile al tradito-re di scoprire con anticipo dove sarebbe stata la cena, dimostrandogli ancora, indirettamente e in maniera maestosa, che era a conoscenza di tutto. Di fronte a questa nuova lezione, Giuda ancora una volta recalcitra e la sua cattiveria au-menta d’intensità.

La freddezza degli Apostoli16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e pre‑pararono la Pasqua.

San Pietro e San Giovanni eseguirono con tutta prontezza la missione che il Maestro ave-va loro affidato. Oltre che a procurare l’agnello senza difetto, di un anno – che si immolava nel Tempio, dopo mezzogiorno, con un rito appro-

Se ci fosse stato nel traditore un briciolo di amore verso Dio e di buon senso, il pro-cedere di Gesù gli avrebbe pungolato la coscienza

Tradimento di Giuda e Ultima Cena, di Giovanni Canavesio – Affreschi della cappella di Notre-Dame-des-Fontaines, La Brigue (Francia)

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priato alla Pasqua –, prepararono anche gli altri alimenti prescritti dalla Legge, come i pani azzi-mi e le erbe amare, che rappresentavano le sof-ferenze del popolo ebreo durante la prigionia in Egitto.6

Analizziamo, in questo passo, un altro aspetto dell’atteggiamento dei due Apostoli. Trovando tutto come Gesù “aveva detto loro”, entrambi poterono verificare quanto le sue pa-role fossero dense di significato e saggezza. C’era da aspettarsi che, impressionati da tale constatazione – certamente accompagnata da grazie speciali –, essi volessero sapere da No-stro Signore la ragione esatta della scelta di quel luogo e il simbolismo di quello che sareb-be lì avvenuto. Niente nel Vangelo, tuttavia, indica questa iniziativa da parte degli Aposto-li, perché non erano abituati a riflettere sulla trascendenza di quello che il Divino Maestro diceva loro, come pure dei suoi esempi, atteg-giamenti e gesti. Quanto differente era la po-stura della Madonna che, dotata di scienza in-fusa, custodiva tutte queste cose nel suo cuore (cfr. Lc 2, 51)!

E noi? Quante opportunità ci sono offer-te per approfondire le nostre conoscenze sulla dottrina cattolica, penetrare in qualche aspet-to della Fede o in un punto della morale, e non manifestiamo interesse! Non sarà questa una colpa? Chiediamo oggi perdono a Gesù, per in-tercessione di sua Madre Santissima, per le no-stre negligenze a questo riguardo.

D’altra parte, qual era lo stato d’animo de-gli altri Apostoli? Nel passo del Vangelo sele-zionato per questa Solennità si omettono al-cuni versetti intermedi, i quali narrano l’inizio della Cena e il momento in cui il Salvatore ri-velò ai Dodici che uno di loro Lo avrebbe tra-dito. La domanda che allora Gli fecero, uno do-po l’altro – “Sono forse io?” (Mc 14, 19) –, può essere interpretata come un sintomo dello sta-to di freddezza nel quale si trovavano. Le pa-role di Gesù toccarono profondamente la loro anima, e ognuno, conscio della propria man-canza di fervore, si pose il problema: “Non sa-rà un messaggio per me?”. È anche un indizio di questa situazione spirituale il fatto che non dif-fidassero di Giuda. Convivevano con lui, sape-vano che “era un ladro e, siccome teneva la cas-sa, prendeva quello che vi mettevano dentro” (Gv 12, 6), ma non sospettarono che fosse capa-ce di un’infamia maggiore.

In tale atmosfera di freddezza generale e, peggio ancora, con il tradimento annidato nel cuore di uno degli Apostoli, Nostro Signore Ge-sù Cristo istituirà il Sacramento dell’Amore.

La parola di Gesù è creatrice22 E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo die‑de loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio Corpo”. 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.

24 E disse loro: “Questo è il mio Sangue dell’Al‑leanza, che è versato per molti. 25 In verità vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo ber‑rò nuovo, nel Regno di Dio”.

Le parole di questi verset-ti – che sono ripetute qua-si senza variazioni dagli al-tri sinottici e da San Paolo (cfr. Mt 26, 26-29; Lc 22, 17-20; I Cor 11, 23-25) – co-stituiscono il fondamento della nostra fede nell’Euca-ristia.

Gli Apostoli convivevano con Giuda e sapevano che era un ladro, ma non sospettavano che fosse capace di un’infamia maggiore

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Comunione degli Apostoli – Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, Santander (Spagna)

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      13

Tutto quello che è rivelato da Dio è mi-stero della Fede, ma l’Eucaristia lo è per eccellenza. Quando il sacerdote profe-risce la formula della Consacrazione, dobbiamo credere che il pane e il vino che vediamo, proviamo, annusiamo e persino tocchiamo con la lingua, e la cui apparenza non è cambiata in nulla, sono diventati Corpo, San-gue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. I sensi ci in-gannano – e non solo in questioni di fede! –, poiché essi percepiscono soltanto gli accidenti e non capta-no la sostanza. Ma, grazie alla fede che illumina l’intelligenza, sappia-mo che lì c’è Gesù Sacramentato.

Qual è la ragione che ci porta ad accettare questa verità? L’affermazio-ne di Nostro Signore: “Questo è il mio Corpo... Questo è il mio Sangue...”. Per-ché la sua parola è divina; dunque, è cre-atrice, è legge, è “viva, efficace” (Eb 4, 12), produce quello che significa e “dura per sempre” (Is 40, 8). Al cieco che Gli ha supplica-to la guarigione, Gli è bastato rispondere “Và, la tua fede ti ha salvato” (Mc 10, 52), e l’uomo recuperò la vista in quell’istante. E quando Lui ordinò al morto di quattro giorni, “Lazzaro, vie-ni fuori!” (Gv 11, 43), costui ritornò alla vita ip-so facto. Allo stesso modo, se Lui, “Figlio on-nipotente di Dio, capace delle più grandi e più incomprensibili meraviglie, mi dice, mostrando-mi il pane, ‘Questo è il mio Corpo’, sono obbli-gato a prendere le sue parole alla lettera”.7

Il Dottore Angelico indica vari motivi per spiegare la convenienza che si nasconda alla no-stra sensibilità la sostanza del Corpo e Sangue di Cristo. Tra gli altri, così lo ha stabilito la Prov-videnza Divina perché se vedessimo Nostro Si-gnore chiaramente nell’Ostia, non avremmo il coraggio di comunicarci.8 Egli è stato molto buono con noi, coprendoSi con il velo delle Sa-cre Specie.

La gioia di Dio nel darSi26 Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il Monte degli Ulivi.

Bellissimo è questo versetto finale, tanto per l’episodio che narra quanto per il suo profondo simbolismo. Prima di partire per il Monte de-

gli Ulivi, dove sarebbe iniziato il dramma del-la Passione, Gesù cantò insieme agli Apostoli un bell’inno di azione di grazie intitolato Hallel, proprio della liturgia ebraica per la celebrazio-ne della Pasqua. Come sarà stata magnifica la voce di Nostro Signore che intonava questo can-to, con il quale manifestava la sua gioia per aver istituito l’Eucaristia e per il fatto che la Madon-na e Lui stesso si erano comunicati!

Questo passo – che, di per sé, ci portereb-be a vaste considerazioni – evidenzia l’infini-to desiderio di darSi che c’è in seno alla San-tissima Trinità. Dio, immutabile ed eterno, non necessitava della creazione. Questo è sta-to un supremo atto di liberalità, di consegna e di generosità, il cui apice è l’Eucaristia, poiché creare per comunicare la sua felicità agli esse-ri intelligenti e porSi sempre a loro disposizio-ne, è già molto; ma creare affinché, a un cer-to punto, il Verbo Si incarni e, essendo Dio, Si offra agli uomini come alimento, è inimmagi-

Se vedessimo Nostro Signore chiaramente nell’Ostia, non avremmo il coraggio di comunicarci

Adorazione eucaristica nella Basilica della Madonna del Rosario,

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14      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

nabile! Neppure gli Angeli potrebbero medi-tare qualcosa di così audace!

Il dovere della reciprocità

Vediamo in questa audacia quanto Dio ami ognuno di noi. Egli ha promosso l’ordine dell’u-niverso in funzione dell’Eucaristia, perché vuole unirci a Lui in una forma straordinaria e diven-tare nostro schiavo. Sì, infatti, quando il sacer-dote pronuncia la formula della Consacrazione, Lui obbedisce alla sua voce, opera la transu-stanziazione e si rinnova in forma incruenta il Sacrificio del Calvario. L’Eucaristia è, pertanto, simbolo della schiavitù di Dio a noi, ma, soprat-tutto, della nostra schiavitù a Lui, poiché se Egli così Si consegna a noi, è necessario che anche noi ci consegniamo a Lui senza riserve!

È a questa intera fiducia e reciprocità riguar-do a Gesù Eucaristico che la Solennità del Cor-pus Domini ci invita. Allontaniamo dal nostro orizzonte l’egoismo, il pragmatismo, gli interes-si personali e contempliamo, pieni di gioia ed entusiasmo, questa donazione di Dio a noi e, inoltre, la possibilità che Egli ci concede di re-stituirGli con un amore simile, mantenute le de-bite proporzioni tra Creatore e creatura. Tale deve essere il nostro impegno!

III – L’eUcarIStIa, marIa e noI

Espressione ineguagliabile della benignità del Signore Gesù nell’Eucaristia è il fatto di po-terLo adorare esposto nell’ostensorio. Se il So-le trae vantaggi per la nostra salute fisica, molto maggiore è il beneficio che il Creatore del So-le prodiga alla nostra salute spirituale quando stiamo davanti a Gesù-Ostia!

La nostra coscienza davanti all’Eucaristia

Tuttavia, siccome non sempre le nostre dispo-sizioni corrispondono a quello che Lui si aspet-ta da noi, è opportuno soffermarci per un esa-me di coscienza. Nella mia quotidianità, com’è la mia devozione all’Eucaristia? Ho l’abitudine di centrare in essa la mia attenzione, attività e preoccupazioni? Passando davanti al Santissi-mo Sacramento, in una chiesa, cerco di adorar-Lo con fervore? O mi lascio condurre dalla rou-tine? Mi comunico nella Santa Messa, persuaso che Nostro Signore Gesù Cristo esce dal ciborio contento di unirSi a me e, penetrando nel mio essere, mi santifica l’anima e il corpo? Dopo la

Comunione, la mia azione di grazie ha l’adegua-ta solidità e fervore? Io Lo ringrazio per aver-mi fatto suo tabernacolo, stabilendo con me un rapporto che mai avrà con un sacrario materia-le, per quanto prezioso questo sia, e per esse-re entrato in consonanza con me, purificando le mie intenzioni, avendomi dato forze sopranna-turali e irrobustendo in me le virtù e i doni del-lo Spirito Santo?

Devo ricordarmi che tra quelli che hanno ri-cevuto l’Eucaristia nella Santa Cena, c’era il tra-ditore di Gesù...9 Sarà che, come lui, qualche volta ho avuto la disgrazia di comunicarmi sa-crilegamente, avendo, cioè, commesso una col-pa grave che mi aveva spogliato della grazia di Dio? Supplicherò Nostro Signore, con energia, che questo non mi venga mai a succedere!

Con il suo Sacro Cuore traboccante di affet-to, ma anche di giustizia, Gesù richiede a ognu-no di noi al giorno d’oggi: “Che cosa hai fatto di questo beneficio straordinario, il più gran-de tesoro che ti ho lasciato?”. E dalle sue lab-bra sentirò la recriminazione per le volte in cui L’ho ricevuto con freddezza, o in fretta, preso da distrazioni volontarie, o in mezzo a una colpo-sa insensibilità, o ancora macchiato dal peccato, nel caso sia incorso in questa disgrazia...

Il più eccelso tabernacolo

È possibile che, arrivando a questo punto della lettura, sentiamo la coscienza accusarci. Rivolgiamoci allora alla Madonna, nel cui chio-stro verginale – il più perfetto dei tabernacoli – il Bambino Gesù visse per nove mesi.

Non è difficile immaginare l’impostazione di spirito da Lei avuta durante questo periodo di gestazione. Per quanto fosse occupata nelle sue faccende quotidiane o conversasse con al-tre persone, tutto il suo essere si concentrava nel Divino Ospite che Lei portava in Sé. Ecco il vero raccoglimento! Tutti i pensieri, sentimen-ti ed emozioni di Lei convergevano su Nostro Signore Gesù Cristo e, fortemente appassionata per Lui, Lo adorava come Dio e Lo amava co-me Figlio suo. È Lei l’unica Madre che ha potu-to amare suo Figlio con totale intensità, senza il minimo timore di amarLo più di Dio... perché era lo stesso Dio! Sprofondata nella sua umil-tà e nella completa dimenticanza di Se stessa, Si considerava come “Colei che non è”, e adorava continuamente “Colui che è”, nel suo seno pu-rissimo. Magnifico spettacolo di modestia e su-

Traboccante d’affetto, ma anche di giu-stizia, Gesù richiede a ognuno di noi: “Che cosa hai fatto di que-sto beneficio straordina-rio che ti ho lasciato?”

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      15

blimità inconcepibili! Un cuore materno fatto di magnanimità, dal quale salgono e scendono movimenti grandiosi, simili alle onde del mare o al suono di melodie celestiali... Ora si eleva in un rapimento per l’Infinito, ora si china pieno di tenerezza sul piccolo Infante.

Anch’io, quando mi comunico, accolgo dentro di me il Verbo Incarnato con il suo Corpo, San-gue, Anima e Divinità, e Lui vi permane, come in un trono, per un certo tempo. Con gli occhi fis-si sull’esempio mariano di compenetrazione, ele-vazione e gratitudine a Dio, mi batterò il petto implorando perdono a Gesù per tutte le mie Co-munioni gelide e, rivolgendomi alla Santissima

O Madre mia, Tu che ami tanto Gesù, fa’ che S’impossessi del mio cuore!

Ultima Cena – Chiesa di San Giovanni Battista, Quejana (Spagna)

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Vergine, Le chiederò: “O Maria, Tu, che confon-di il tuo pensiero con quello di Nostro Signore; Tu, che accordi la tua vita con la sua; cosa pensi, o Madre, della mia indifferenza verso Colui che, essendo mio Creatore e Redentore, Tu mi hai da-to per Fratello? O Madre mia, Tu che tanto ami Gesù, fa’ che io Lo ami! Tu, che tutto puoi pres-so Nostro Signore, ottienimi che Egli Si impos-sessi del mio cuore. AmarLo è tutto! AdorarLo è tutto! Se io Lo amo come devo, secondo il tuo esempio, l’Eucaristia sarà il centro della mia esi-stenza, il luogo sacro della mia felicità, la fonte della mia generosità. O Madre mia, sia questa la tua opera nella mia anima!”. ²

1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUI-NO. De Sacramento Euchari-stiæ. C.I.

2 MONSABRÉ, OP, Jacques-Marie-Louis. Le Mystère Eucharistique. In: Exposition du Dogme Catholi-que. Grâce de Jésus-Christ. II - Eu-charistie. Carême 1884. 9.ed. Paris: Lethielleux, 1905, vol.XII, p.5.

3 SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.65, a.3.

4 SAN BEDA. In Marci Evangelium Expositio. L.IV, c.14: ML 92, 270.

5 FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Pasión, Muerte y Resurrección. Madrid: Rialp, 2000, vol.III, p.100.

6 Cfr. Idem, p.102.7 MONSABRÉ, op. cit., p.21.8 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUI-

NO. Somma Teologica. III, q.75, a.5.

9 Cfr. Idem, q.81, a.2.

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Cetra dello Spirito Santo

Q

16      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

Don Hugo Vicente Ochipinti González, EP

Sant’ efrem, il Sirio

Il Paraclito non solo parlava per bocca di lui, ma cantava con suoni armoniosi attraverso la sua laringe, facendo vibrare la grazia nelle anime che ascoltavano i suoi inni.

I tre assedi di Nisibe

Mentre cresceva la fama di san-tità di Efrem, come pure l’ammira-zione dei suoi concittadini, Sapor II, re persiano e nemico della Croce di Cristo, desiderava conquistare la città togliendola dalle mani dei ro-mani. Tre volte tentò di assediarla e tre volte fu respinto dai cristiani.

Fu in quest’epoca che Efrem compose i noti Carmina Nisibena – Canzoni di Nisibe –, in cui “canta con termini e immagini bibliche le gesta e le peripezie avvenute nella città di Nisibe per difendere la sua Fede Cattolica e non cadere sotto il dominio dei pagani della Persia”.1

Si racconta che, durante uno di questi assedi, la popolazione vide il diacono Efrem salire sulle mura del-la città e tracciare con determina-zione un grande segno di Croce, col quale malediceva le truppe del re in-vasore. In seguito, come guidate da una mano invisibile, nuvole di mo-sche e di altri insetti si abbatterono sull’esercito nemico. Essi entrarono nelle proboscidi degli elefanti, nel-le orecchie e nel naso dei cavalli da

uarto secolo: il Cristiane-simo emerge dalle cata-combe, Santi illustri se-gnano la Storia; tuttavia,

irrompono anche eresie con forza e dinamismo in Oriente, nel vano tenta-tivo di coprire la Santa Chiesa con la sua tenebrosa ombra.

È in questo contesto storico che nacque a Nisibe, nelle combattive frontiere dell’Impero Romano, una luce destinata a brillare con speciale fulgore nel firmamento della Chie-sa: Efrem, il Sirio, diacono e Dotto-re della Chiesa.

Discepolo di un Vescovo e Santo

Abbiamo pochi dati sicuri riguardo la sua infanzia. Secondo alcuni suoi biografi, sua madre era cristiana, ma il padre, sacerdote pagano, le proibì di educare il figlio secondo le Leggi del Vangelo. Non riuscendo, però, ad evi-tare che fiorisse nell’anima del bam-bino una profonda inclinazione per il Cristianesimo, lo cacciò di casa.

Efrem si rivolse allora al Vesco-vo, San Giacomo, che lo accolse co-me un figlio: gli diede una profonda

formazione catechetica e gli ammi-nistrò il santo Battesimo. Notando, con gioia, quanto il ragazzo si distin-guesse per la sua intelligenza e sag-gezza, gli concesse, a 18 anni, l’ordi-nazione diaconale.

Poco dopo, tra maggio e giugno 325, ebbe luogo il I Concilio di Ni-cea, pietra miliare di rilievo storico nella lotta contro le insidiose dottri-ne di Ario. Si sa che San Giacomo vi partecipò e si crede che anche il gio-vane diacono ne prese parte come segretario del santo Vescovo.

Chiusa l’assemblea, Efrem co-minciò a dare lezioni nella scuo-la teologica aperta a Nisibe, co-me mezzo per combattere le eresie che proliferavano in quelle strade e piazze. Si dedicò allora anima e cor-po a questo compito e, in poco tem-po, riuscì a elevare a un alto grado il livello di formazione dei suoi alun-ni. Con grande perspicacia e sag-gezza, ingaggiò una battaglia sen-za tregua in difesa della vera Fede, il cui risultato non si fece attendere: molte anime ripresero il cammino della salvezza.

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      17

guerra e delle bestie da soma, e pro-vocarono uno scompiglio tale che determinò la ritirata delle truppe.

Comunque, quello che gli arro-ganti sforzi militari dei persiani non riuscirono ad ottenere, fu loro da-to senza sforzo, alcuni anni più tar-di, dall’imperatore Gioviano, come parte del prezzo di un trattato di pa-ce... Forzati a scegliere tra l’esilio, la schiavitù o la morte nelle mani dei pagani, i cristiani si videro obbligati ad andarsene dalla loro terra.

Teologia e poesia s’incontrano

Efrem partì in direzione di Edes-sa e lì s’installò in una grotta aper-ta in una rupe dei dintorni, deciso a scrivere la maggior parte delle sue opere, tutte quante intrise di gran-de ricchezza teologica e abbellite da una particolarità: la poesia.

La specificità del lavoro di Sant’Efrem, sottolinea Benedet-to XVI in un’udienza generale è che “in esso si incontrano teologia e poesia. Volendoci accostare alla sua dottrina, dobbiamo insistere fin dall’inizio su questo: sul fatto cioè che egli fa teologia in forma poetica. La poesia gli permette di approfon-dire la riflessione teologica attraver-so paradossi e immagini”.2

Non hanno tardato gli ecclesia-stici di Edessa a notare la saggezza e santità eccezionali di quell’eremi-tano e subito lo invitarono a strut-turare l’incipiente scuola teologica

del popolo cristiano sembrassero ri-chiederlo; come quando fu necessa-rio che il popolo venisse rafforzato di fronte al comune pericolo, o ve-nisse difeso dagli errori velenosi de-gli eretici, o incoraggiato più forte-mente e infiammato a celebrare con maggiore pietà qualche mistero del-la fede o qualche beneficio della grazia divina”.5

Pieno di eloquenza, saggezza e santità, egli compose poesie e canzo-ni, pervase di bellezza, di ricchezza dottrinale e di unzione soprannatu-rale, per essere cantate nelle assem-blee. Riunì per questo un gruppo di vergini cristiane, favorite da speciali doti musicali, e insegnò loro a decla-mare le poesie e cantare gli inni da lui composti. In breve tempo, queste poesie e canzoni risuonavano melo-diosamente per tutta la città. A cau-sa della genialità delle composizioni, le persone le memorizzavano con fa-cilità.

In questo modo, si diffuse per tutti gli angoli di Edessa il profu-mo degli insegnamenti evangelici. I suoi versi – pur semplici e accessibi-li al popolo, fatti per essere cantati in tutto il mondo – avevano così tan-to incanto, bellezza e densità di dot-trina, che Sant‘Efrem passò alla Sto-ria della Chiesa come la cetra dello Spirito Santo. Si direbbe, commen-ta Plinio Corrêa de Oliveira, “che lo Spirito Santo non solo parlava per bocca di lui, ma cantava con i suo-

ni armoniosi della sua laringe e faceva vibrare la grazia nelle anime, al diapason della cetra con cui egli cantava”.6

Questi magnifici doni po-etici e musicali si rivolgeva-

della città. Vedendo la devastazione causata nei suoi abitanti, dalle sette eretiche che in essa abbondavano, il santo asceta accettò.

Iniziò così una nuova tappa del suo apostolato. In poco tempo riu-nì intorno a sé numerosi discepoli, ai quali s’impegnava di dare una solida formazione. In una lettera diretta a uno di loro, consigliava: “Figlio mio, sii saldo nell’umiltà e fa’ in modo che le virtù di Dio ti accompagnino. [...] È incommensurabile la bellezza dell’uomo umile. Non c’è passione, qualunque sia, capace di dominare quest’uomo, e non c’è misura per la sua bellezza”.3

Citaredo dello Spirito Santo e bardo di Maria

Non fu facile la lotta del santo dia-cono contro le eresie, e pochi furono i risultati iniziali. Egli proseguì, tutta-via, senza perdere coraggio e, ispira-to dallo Spirito Santo, trovò un mez-zo efficace per diffondere la buona dottrina nella disputa contro gli ere-tici: attraverso la liturgia. Non senza ragione, dunque, come insegna Papa Pio XI, “più che i solenni documen-ti del Magistero ecclesiastico, hanno efficacia nell’informare il popolo nel-le cose della fede e nel sollevarlo alle gioie interne della vita le annuali fe-stività dei sacri misteri”.4

Tali commemorazioni nacquero e si svilupparono “nel corso dei seco-li, secondo che la necessità o l’utilità

Efrem corse dal Vescovo San Giacomo, che lo accolse come un figlio e gli amministrò il Battesimo

Chiesa e tomba di San Giacomo a Nisibe, attuale Nusaybin (Turchia)

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Ci ha dato un frutto pieno di dolcezza

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18      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

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Madonna col Bambino Gesù Mosaico della Basilica di Sant’Apollinare, Ravenna

a Vergine mi invita a cantare il mistero che contemplo con

ammirazione. Dammi, o Figlio di Dio, un tuo mirabile dono, con cui io accordi la mia lira e riesca a dipingere l’immagine bellissima della tua beneamata Madre.

Permanendo vergine, la Vergine Maria dà al mondo suo Figlio, al-latta Colui che alimenta le nazioni, porta nel suo casto seno chi sostiene l’universo. Ella è Vergine e Madre, che cosa Le manca di essere?

Santa di corpo e tutta bella di anima, pura di spirito, retta di in-telligenza, perfetta di sentimenti, casta, fedele, pura di cuore, compro-vata, Ella è piena di tutte le virtù.

Gioisca in Maria tutta la stirpe delle vergini, poiché una di loro ha dato alla luce Colui che sostiene tut-ta la creazione, Colui che ha liberato dalla schiavitù il genere umano.

In Maria si riempie di giubilo il vecchio Adamo, ferito dal ser-pente. Maria gli dà una discen-denza che gli permette di schiac-ciare il serpente maledetto e lo guarisce dalla sua ferita mortale.

Gioiscano i sacerdoti nella Ver-gine benedetta. Ella ha dato al mondo il Sacerdote eterno, che è

inno di Sant’efrem alla Vergine maria

allo stesso tempo Vittima. Egli ha posto fine all’antico sacrificio, offrendoSi come la Vittima che placa il Padre.

Gioiscano in Maria tutti i pro-feti. In Lei si sono compiute le lo-ro visioni, si sono realizzate le lo-ro profezie, si sono confermati i loro oracoli.

Esultino in Maria tutti i pa-triarchi. Così come ha ricevuto la benedizione che era stata loro promessa, allo stesso modo Lei li ha resi perfetti in suo Figlio. Da Lui, infatti, i profeti, i giusti e i sacerdoti sono stati purificati.

Invece dell’amaro frutto colto da Eva dall’albero fatale, Maria ha dato agli uomini un frutto pieno di dolcezza. Ed ecco che il mondo inte-ro si diletta con il frutto di Maria.

L’Albero della Vita, nascosto nel mezzo del Paradiso, è cresciuto in Maria e ha esteso la sua ombra sull’universo, ha diffuso i suoi frutti tanto sui popoli più lonta-ni quanto su quelli più vicini.

Maria ha tessuto un vestito di gloria e lo ha dato al nostro proge-nitore. Tra gli alberi egli aveva na-scosto la sua nudità, ed eccolo ora ornato di pudore, di virtù e di bel-

lezza. Colui la cui sposa aveva ab-battuto, sua Figlia lo eleva; da Lei sostenuto, egli si erge come un eroe.

Eva e il serpente avevano mes-so una trappola e Adamo in essa era caduto; Maria e il suo regio Figlio Si sono chinati e lo hanno tolto dall’abisso.

La vite virginale ha prodotto un grappolo il cui gustoso vino re-stituisce agli afflitti la gioia. Nella loro angoscia, Eva e Adamo han-no provato il vino della vita e in esso hanno trovato pieno conforto.

AMANN, Émile. Le dogme catholique dans les Pères de l’Église.

2.ed. Paris: Gabriel Beauchesne, 1922, p.221-223

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      19

no molte volte a una luminosa Stel-la che brillava con speciale fulgore nella mente e nel cuore di Efrem: Maria Santissima. Nutriva per Lei una devozione profonda e tenera, che lo accompagnò a ogni passo. In lode alla Vergine Madre com-pose uno sterminato numero di preghiere e di melodie, che pro-clamavano, già in quei tempi re-moti, glorie e privilegi di Maria che il Magistero infallibile della Chiesa avrebbe più tardi definito.

L’incontro di due grandi Santi

Al pari di Sant’Efrem, brillava-no a quel tempo altri tre grandi astri della Storia della Chiesa, denomina-ti Padri Cappadoci: San Basilio Ma-gno, San Gregorio di Nissa e San Gregorio Nazianzeno. Tre Vesco-vi che, proprio come il diacono di Edessa, dedicarono la vita a difen-dere dagli errori delle eresie il greg-ge posto sotto la loro custodia.

Echi della fama di santità di uno di loro, San Basilio, giunsero a Efrem, che intraprese un lungo viag-gio fino a Cesarea di Cappadocia per conoscerlo personalmente. E il san-to Vescovo, a sua volta, rimase entu-siasta nel vedere la folgorante santità del suo visitatore. Da questo incon-tro sorse una stretta amicizia che unì per sempre i due uomini di Dio.

Sant’Efrem trasse molto profit-to spirituale da questa permanenza presso San Basilio e ritornò a Edes-sa con molta gratitudine verso la Di-vina Provvidenza, per avergli con-cesso una simile grazia. Varie volte Basilio volle conferire al diacono l’ordinazione sacerdotale, e anche

parsi anche dei corpi. Si dedicò con mirabile impegno alla dura fatica di soccorrere quegli infelici. Li accudi-va nei loro bisogni, li incoraggiava nelle sofferenze, li confortava nel-le difficoltà. Infaticabile in una ta-le opera di carità, sentì in sé, una mattina, i sintomi della peste. Era, nel suo intimo, la voce di Nostro Signore Gesù Cristo che lo chiama-

va a ricevere nel Cielo la “ricompen-sa molto grande” (Gn 15, 1).

Trafitti di dolore, i suoi discepo-li lo assistettero durante la malattia. Ormai alle soglie della morte, il san-to maestro diede loro ancora un’ul-tima lezione. Egli chiese che, invece di onoranze funebri, gli venisse of-ferto qualcosa di molto più prezio-so: le sante preghiere, il soave aro-ma dell’incenso spirituale che si eleva a Dio a favore della sua ani-ma, il bene più grande che si può fa-re a chi si presenta davanti al giudi-zio divino.

Così Efrem coronò una vita se-gnata dalla consegna completa a fa-vore della vera dottrina, della sal-vezza delle anime, insomma, della glorificazione della Santa Chiesa Cattolica. Egli fu, con le parole di San Giovanni Crisostomo, “il flagel-lo del pigro, la consolazione degli af-flitti, formatore e stimolo per la gio-ventù, modello per i monaci, guida dei penitenti, spada e tormento per gli eretici, scrigno di virtù, tempio e luogo di riposo dello Spirito Santo”.7

Per questo, lo splendore della sua santità s’irradiò presto in tutto il mondo. Infatti, afferma San Grego-rio di Nissa, “egli è noto in quasi tut-ti i luoghi dove brilla il Sole”.8 ²

1 BREYDY, Miguel. San Efrén Siro. In: ECHEVERRÍA, Lamberto de; LLORCA, SJ, Bernardino; REPETTO BE-TES, José Luis (Org.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 2004, vol.VI, p.212.

2 BENEDETTO XVI. Sant’E-frem, il Sírio. Udienza gene-rale, del 28/11/2007.

3 SANT’EFREM DI NISIBE. Epistola a un discepolo. In: Congregazione per il Clero: http://www.clerus.org.

4 PIO XI. Quas primas, n.35.5 Idem, n.35.6 CORRÊA DE OLIVEIRA,

Plinio. Conferenza. São Pao-lo, 6 nov. 1972.

7 SAN GIOVANNI CRISO-STOMO. Orat. de consumm.

sæc., apud Benedetto XV. Principi Apostolorum Petro.

8 SAN GREGORIO DI NISSA. Vita S. Ephrem, apud Bene-detto XV, op. cit.

elevarlo alla dignità episcopale, ma senza alcun successo, perché questi si considerava indegno di un così al-to ministero.

Uno splendore che s’irradiò nel mondo

Intorno all’anno 378, Dio inviò a Efrem un’ultima prova, destinata a coronare in modo magnifico la sua esistenza di instancabile lotta a favo-re della Santa Chiesa. Edessa fu de-vastata da una terribile peste, che portò all’eternità molti dei suoi abi-tanti e lasciò numerosi altri prostra-ti nel letto di dolore. Tali circostanze aprirono per il santo diacono un nuo-vo campo di battaglia, nel quale si sa-rebbe consacrato in maniera genero-sa a Cristo: l’assistenza agli infermi.

Egli, che fino allora aveva fatto molto per le anime, passò a occu-

Egli fu, nelle parole di san Giovanni Crisostomo, “il flagello del pigro e

la consolazione degli afflitti”

Sant’Efrem - Mosaico del Monastero Nuovo di Chios (Grecia)

www.eikonografos.com

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Via per incontrare Dio e i suoi misteri

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ne della musica sacra, mettendo in evidenza il primordiale ruolo dell’ar-te nella liturgia: “La Chiesa ha rico-nosciuto e favorito sempre il progres-so delle arti, ammettendo al servizio del culto ciò che il genio ha trovato di buono e di bello attraverso i secoli, salve sempre le leggi liturgiche”.6

Anche Pio XI, nella Costituzione Apostolica Divinis cultus, afferma: “È dunque molto importante che tutto ciò che è destinato alla bellezza della liturgia sia regolato da leggi e prescri-zioni della Chiesa, in modo che le arti servano veramente, com’è doveroso, quali nobili ancelle al culto divino”.7

Sublimando la dimensione litur-gica, dice Pio XII nell’Enciclica Me-diator Dei: “ogni cosa, sia nei sacri edifici, sia nelle vesti e nella suppel-lettile liturgica, anche se non brilli per eccessiva ricchezza e splendore, sia, tuttavia, proprio e mondo, essen-do tutto consacrato alla Divina Ma-està”.8 E nell’Enciclica Musicæ sacræ questo stesso Pontefice assicura che l’arte religiosa non ha “altro scopo che quello di aiutare potentemente i fedeli a innalzare piamente la loro mente a Dio, agendo per mezzo delle

chiamare opera d’arte, poiché nel-la celebrazione liturgica “nulla deve essere volgare, precipitato, improvvi-sato; tutto richiede armonia, dignità, reverenza”.4

È necessario evidenziare, allora, l’importante azione evangelizzatri-ce esercitata dalla trasmissione della bellezza attraverso questi elementi, se gli oggetti attinenti al culto saran-no “degni, decorosi e belli, veri segni e simboli del soprannaturale”.5

Costante preoccupazione dei Papi

San Pio X, nel Motu Proprio Tra le sollecitudini, stimola la restaurazio-

Dalla sua origine, il Cristianesimo ha compreso il valore delle arti e ha utilizzato i suoi multiformi linguaggi per comunicare l’immutabile messaggio di salvezza.

a manifestazione della fede, nella Chiesa e per la Chie-sa, non si restringe a un’at-teggiamento interiore. Es-

sa si manifesta anche “mediante una serie di espressioni esteriori, tendenti a evocare e sottolineare la grandezza dell’evento celebrato”,1 insegna San Giovanni Paolo II.

Se, in un certo modo, le cerimonie liturgiche si possono realizzare con di-gnità in qualunque luogo, rivestendo-si di paramenti semplici e utilizzando arredi di poco valore artistico, tuttavia, “nello sviluppo della Chiesa come so-cietà cattolica cultuale, il tema artisti-co è molto degno di esser considerato, poiché in ogni manifestazione ester-na del culto si deve cercare sempre la maggior dignità e il massimo decoro”.2

Attraverso gli oggetti utilizzati nel culto si può stimolare la compenetra-zione in relazione al mistero lì vissu-to, come la pietà e la tanto desiderata partecipazione piena, cosciente e at-tiva dei fedeli. “L’arte dev’essere un elemento espressivo, degno e funzio-nale nello spazio e nell’ambiente del-la celebrazione”.3 Per questo è bene e salutare cercare quello che si può

Don Fernando Néstor Gioia Otero, EP

l’ arte SaCra

“In ogni manifestazione esterna del culto si deve cercare sempre la maggior dignità e il massimo decoro”

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sacri di celebrazione, con l’utilizza-zione di risorse che, in ultima anali-si, ritenevano poter essere destinate ai poveri. “Diversi sacerdoti mani-festarono il desiderio che la Chie-sa sopprimesse ogni lusso superfluo nel culto divino”.12

Altri, in senso opposto, argomen-tavano che si sarebbe dovuto dispor-re per il servizio di Dio del meglio, basandosi sulla risposta di Nostro Signore alla maldicenza di Giuda Iscariota – che in verità non era in-

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sue manifestazioni sui sensi della vi-sta e dell’udito”.9

Nella sua famosa Lettera agli arti-sti, San Giovanni Paolo II mostra gli effetti dell’ambiente decristianizza-to degli ultimi secoli, che “ha portato talvolta a un certo distacco tra il mon-do dell’arte e quello della fede, alme-no nel senso di un diminuito interes-se di molti artisti per i temi religiosi”.10 Non sono stati altri i motivi che hanno indotto il Sacrosanctum Concilium ad ammonire con severità a che fossero respinte le opere artistiche che “non si coadunano con la Fede”.11

Uno scontro di tendenze

In questo delicato tema, non è stato piccolo lo scontro tra due mar-cate tendenze, durante i lavori pre-conciliari.

Alcuni erano contro quello che avrebbe potuto essere una spesa maggiore per la costruzione e l’or-namentazione delle chiese, confe-zione di costosi paramenti o calici

teressato ai poveri, ma al denaro, perché era un ladro (cfr. Gv 12, 6) –, nell’episodio della donna che versò sul suo divino capo un prezioso pro-fumo di nardo, e sul fatto che Lui non aveva rifiutato questo “lussuo-so” omaggio. Cristo, che Si fece po-vero e chiedeva la povertà agli Apo-stoli, al contrario, elogiò quel gesto. “Allora Gesù disse: “Lasciatela sta-re; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buo-na; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sem-pre” (Mc 14, 6-7). Pertanto – chie-devano quelli di questa tendenza –, non è legittimo praticare la virtù della magnificenza in ciò che si rife-risce al culto divino? Questo non le-de affatto lo spirito di povertà.

Evitando un confronto, la propo-sta conciliare finale, riguardo la li-turgia e l’arte sacra, finì per racco-mandare che “gli ordinari procurino di ricercare piuttosto una nobile bel-

Corteo finale di una Messa celebrata all’altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, 16/5/2014

“Nulla deve essere volgare, precipitato, improvvisato; tutto richiede armonia, dignità, reverenza”

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lezza che una mera sontuosità. E ciò valga anche per le vesti e gli orna-menti sacri”.13

Non confondere bellezza con ostentazione

Capita, molte volte, che si con-fonda equivocamente bellezza con lusso, e si finisca optando – per evi-tare, oltre alla “mera suntuosità”, “l’ostentazione”14 – per cui potrem-mo considerare non solo una man-canza di raffinatezza, ma anche il cattivo gusto e la volgarità. E ciò che vediamo con frequenza nell’arte sa-cra contemporanea, in alcuni stili di architettura religiosa e in determi-nati ambienti cattolici.

L’uomo, creato a immagine e so-miglianza di Dio, può esprimere “la verità del suo rapporto con Dio Creatore anche mediante la bellez-za delle proprie opere artistiche”.15 Ciò nonostante, con frequenza, con il pretesto di semplicità evangeli-ca o di austerità, si arriva a depau-perare il culto divino togliendogli la sua grandezza, tanto nell’architettu-ra sprovvista di incanto, nella musi-ca lontana dal sacro, nelle immagi-ni dalle linee strane e povere in arte, o anche nell’uso di oggetti sacri dal gusto discutibile e persino fatti con materiale di qualità inferiore al no-bile Sacramento celebrato.

Fin dall’Antichità, l’uomo, mosso dalla pietà, ha offerto i più belli dei suoi manufatti negli atti di adorazio-ne a Dio, come ci attesta l’Antico Testamento. Con il Cristianesimo, identico sentimento si è manifestato tra i fedeli, testimoniato, per esem-pio, dalla costruzione di maestosi templi cristiani già nei primi secoli. Come si sa, molti di essi erano stati palazzi di patrizi o di ricchi proprie-tari che li donavano alla Chiesa, e molti si conservano ancora oggi. La loro suntuosa e mirabile decorazio-ne interna sono prova della devozio-ne e generosità dei fedeli, incentiva-te dalla Chiesa nascente.

Sulle orme di San Francesco d’Assisi

Nostro Signore Gesù Cristo non ha chiesto la pratica della povertà per quanto riguarda il culto divino. Sposato misticamente con lei, San Francesco d’Assisi comprese bene questo consiglio evangelico e prega-va i suoi figli spirituali, seguaci del suo particolare spirito di povertà, di onorare tutte le cose relative al San-tissimo Sacramento e alla Liturgia.

Egli scrisse una volta: che “I cali-ci, i corporali, gli ornamenti dell’al-tare e tutto ciò che serve al Sacrifi-cio, devono essere preziosi. E se in qualche luogo trovassero il santis-simo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi po-sto e custodito in un luogo prezio-so”.16 Un esempio concreto di questa mentalità lo possiamo apprezza-re nell’esterno rustico e sobrio del-la Basilica di Assisi, in contrasto col suo interno pieno di splendore.

Senza dubbio, “l’ornamento evi-denzia la bellezza delle cose, così co-

me la vernice sottolinea la nobiltà e la qualità di un legno”.17 E “l’abbel-limento ornamentale, l’arte decora-tiva sono, in questo senso, elemen-ti fondamentali della vita in questo mondo”.18

Come ci insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’arte sacra è vera e bella quando, nella sua for-ma, corrisponde alla vocazione che le è propria: evocare e glorificare, nella fede e nell’adorazione, il mi-stero trascendente di Dio”.19

Ambienti che favoriscono l’azione del soprannaturale

La celebrazione liturgica bella, nei suoi ornamenti, nel cerimoniale, nel canto, nelle costruzioni, trascina le anime verso il soprannaturale e dà loro lo stimolo per abbandonare le vie del peccato, progredendo nel-la virtù.

Per questa ragione, in altri tempi “l’arte dei templi era un libro dove i fedeli apprendevano le verità della Fede. È stata una cultura di imma-

Armonia tra arte e religione

Pio X – “La Chiesa ha riconosciuto e favorito sempre il progresso delle arti, ammettendo al servizio del culto ciò che il genio ha di buono e di bello”

Pio XI – “È dunque molto importante che le arti servano veramente, quali nobili ancelle, al culto divino”

Pio XII – L’arte deve “aiutare i fedeli a innalzare piamente la loro mente a Dio, agendo sui sensi della vista e dell’udito”

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gini, che è durata anche dopo che la stampa ci ha introdotti nella cultura dell’idea e del linguaggio”.20 Così co-me ci sono melodie capaci di creare un ambiente favorevole al raccogli-mento, alla preghiera, all’elevazione dello spirito, all’equilibrio interiore, per il loro effetto pacificatore, è im-perioso costatare come gli ambienti influenzino a fondo lo spirito uma-no, tanto per il bene come per il ma-le.

Questo perché “esiste una pro-fonda interazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. L’uomo si ri-flette in esso e, di conseguenza, co-munica qualcosa di se stesso agli al-tri”.21 In questo modo, generazioni di fedeli pervasi dallo spirito cattoli-co hanno costruito cattedrali roma-niche e gotiche che ci dilettano con la loro magnificenza architettoni-ca, e con la forza della loro presen-za simbolica costituiscono spazi che esercitano una sacrale influenza sul-le persone. Perché “lo spazio litur-gico e il suo ornamento hanno una

grandissima importanza in vista di un’evangelizzazione corretta, nuova e adeguata”.22

L’arte sacra deve essere a servizio della liturgia

Come indica Paolo VI, l’“arte è un mezzo d’incomparabile effica-cia per l’evangelizzazione”.23 Sebbe-ne la Chiesa non abbia considerato come proprio nessuno stile, incen-tiva gli Ordinari a promuovere e in-centivare “un’autentica arte sacra”,24 con l’esclusione delle opere che “so-no contrarie alla fede, ai costumi e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché in-sufficienti, mediocri o false nell’e-spressione artistica”.25

L’arte sacra deve, pertanto, esse-re a servizio della Religione e, es-sendoci mezzi materiali, non si deve evitare l’artisticamente bello perché è più costoso, optando per il brutto che comporterà meno spese... Argo-mento, del resto, molto discutibile!

Non essere contrari alla Fede, ai co-stumi e alla pietà; depravazione del-la forma; insufficienza, mediocrità o falsità dell’arte... quante qualifica-zioni per identificare lo stile di arte che la Sacrosanctum Concilium con-siderava contrario alla bellezza.

Non possiamo negare che, in aspetti come quello della funziona-lità, ci furono progressi tecnici nel-le costruzioni moderne. Tuttavia, è necessario considerare “l’inciden-za negativa prodotta, senza dubbio, nel campo della creazione artistica religiosa e di quella destinata alla li-turgia, dal clima socioculturale cir-costante, caratterizzato dal pensie-ro debole, dal vuoto spirituale, dalla perdita di valori morali e dalla seco-larizzazione”.26

Questa produzione artistica, in genere – e nel campo del sacro, in modo particolare – fatta da specia-listi influenzati dal mondo paganiz-zato ha dato luogo a espressioni che non riflettono l’arte sacra, arrivan-do, in non pochi casi, “a offendere il genuino senso religioso”.

Il mondo ha necessità di bellezza

Tutto questo mette in risalto il motivo per cui Paolo VI incentiva gli artisti a seguire la via del pulchrum: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non spro-fondare nella disperazione. La bel-lezza, come la verità, è ciò che in-fonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al lo-gorio del tempo, che unisce le gene-razioni e le fa comunicare nell’am-mirazione”.27

In questo senso, la nota Lette-ra agli artisti di San Giovanni Pa-olo II, del 1999, è un punto di rife-rimento nel tema della relazione fede-arte-bellezza. In essa il Ponte-fice mostra come la Chiesa ha ne-cessità dell’arte – ma di un’arte bel-la – per la trasmissione del Vangelo, poiché “l’arte ha una capacità tutta sua di cogliere l’uno o l’altro aspet-

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Paolo VI – “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione”

Giovanni Paolo II – “L’arte ha una capacità tutta sua di cogliere l’uno o l’altro aspetto del messaggio traducendolo in colori, forme, suoni”

Benedetto XVI – L’arte può “trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità”

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“I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al Sacrificio, devono essere preziosi” (San Francesco d’Assisi)

to del messaggio traducendolo in co-lori, forme, suoni che assecondano l’intuizione di chi guarda o ascolta. E questo senza privare il messaggio stesso del suo valore trascendente e del suo alone di mistero”.28

Questa chiamata agli artisti, fat-ta in maniera insistente dalla fi-ne del Concilio Vaticano II, sem-brerebbe non avere avuto forza di penetrazione. La crisi del mondo moderno ha portato gli uomini a perdere la nozione dei misteri del-la nostra Fede e lo spirituale sem-bra essersi diluito.

Di fronte ai più mirabili monu-menti legati alla Civiltà Cristiana, molti non reagiscono come dovreb-bero, non si lasciano trascinare da quell’“Oceano infinito di bellezza, dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia”.29 È l’ef-fetto del torpore prodotto nelle ani-me dalla secolarizzazione della vita moderna.

L’arte e la bellezza hanno il com-pito di risvegliare l’umanità dal suo letargo, conducendola a riscoprire la profondità di questa dimensione spirituale e religiosa, poiché “l’alle-anza stretta da sempre tra Vangelo ed arte” coinvolge gli artisti nell’in-vito a “penetrare con intuizione cre-ativa nel mistero del Dio incarnato

e, al contempo, nel mistero dell’uo-mo”.30

Una “via pulchritudinis”

Così come Dio Si manifesta con la bellezza della creazione – “I cie-li narrano la gloria di Dio, e l’ope-ra delle sue mani annunzia il firma-mento” (Sal 19, 2) –, anche le opere dell’uomo retto riflettono l’incanto della virtù. Esiste, dunque, una re-lazione tra la bellezza materiale e quella morale. Questa relazione in-tima è il fondamento di una via pul-chritudinis, ossia, bisogna usare la bellezza nelle sue più svariate for-me come mezzo di evangelizzazio-ne, per portare le anime a Dio, che è la Bellezza in essenza. Infatti, tutto il bello esistente riflette in qualche modo questo attributo divino. Ama-re la bellezza, elevarsi con essa, è un mezzo di crescere nell’amore a Dio.

Come bene ha detto Benedetto XVI agli artisti, nell’incontro realiz-zato nella Cappella Sistina, nel no-vembre 2009, “l’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamen-tali da cui deriva il senso del vive-re, può assumere una valenza reli-giosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di

San Francesco in estasi, di Pietro di Mena – Cattedrale di Toledo (Spagna)

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Diventi, anche lei, un coorDinatore Dell’apostolato Dell’icona!

ApostolAto dell’IconA MArIA, regInA deI cuorI

uesto apostolato consiste nella cir-colazione di casa in casa di un’ico-

na con l’immagine del Cuore Immacola-to di Maria, come apparve a Fatima, che sarà accolta, ogni mese in un giorno sta-bilito da ciascuna famiglia partecipante.

Ogni gruppo di 30 famiglie che deside-rino ospitare l’icona una volta al mese, richiede l’esistenza di un coordinatore (trice), che riceve dal parroco un manda-to durante la cerimonia di consegna uffi-ciale dell’icona in chiesa.

Piazza in Piscinula, 40 - 00153 Roma

tel: 0639030517 - e-mail: [email protected]

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      25

1 SAN GIOVANNI PAOLO II. Ecclesia de Eucharistia, n.49.

2 RIVERA, Juan Francisco. El arte y los objetos sa-grados. In: MORCIL-LO GONZÁLEZ, Casimi-ro (Org.). Concilio Vatica-no II. Comentarios a la Con-stitución sobre la Sagrada Li-turgia. 2.ed. Madrid: BAC, 1965, t.I, p.582.

3 SECRETARIADO NACIO-NAL DE LITURGIA DE ESPAÑA. Ambientación y arte en el lugar de la cele-bración. In: CENTRE DE PASTORAL LITÚRGICA. Celebrar en belleza. Barcelo-na: CPL, 2006, p.160.

4 MICÓ BUCHÓN, José Lu-is. Liturgia Católica. Bogotá: San Pablo, 2004, p.90.

5 CONCILIO VATICANO II. Sa-crosanctum Concilium, n.122.

6 SAN PIO X. Tra le sollecitudini, n.5.

7 PIO XI. Divini cultus.8 PIO XII. Mediator Dei, n.174.9 PIO XII. Musicæ sacræ, n.11.10 SAN GIOVANNI PAOLO II.

Lettera agli artisti, n.10.11 CONCILIO VATICANO II,

op. cit., n.124.12 SCHMIDT, Herman. La Con-

stitución sobre la Sagrada Li-turgia. Texto, historia, comen-tario. Barcelona: Herder, 1967, p.126.

13 CONCILIO VATICANO II, op. cit., n.124.

14 ISTRUZIONE GENERALE DEL MESSALE ROMA-NO, n.292.

15 CCE 2501.16 SAN FRANCESCO D’AS-

SISI. Prima Lettera ai Cu-stodi, n.3-4. In: PEREIRA, OFM, José António Correia (Org.). Escritos de Francisco

e Clara de Assis. 2.ed. Braga: Franciscana, 2007, p.103.

17 CORRÊA DE OLIVEIRA. Plinio. Ornato, elemento fundamental da vida. In: Dr. Plinio. São Paulo. Anno XI. N.128 (Nov., 2008); p.20.

18 Idem, ibidem.19 CCE 2502.20 MICÓ BUCHÓN, op. cit.,

p.91.21 SIRBONI, Silvano. El lengua-

je simbólico de la Liturgia. Los signos que manifiestan la fe. Bogotá: San Pablo, 2006, p.141.

22 Idem, p.146.23 BEATO PAOLO VI. Discor-

so in occasione della mostra d’arte moderna sul volto di Cristo, del 22/10/1974.

24 CONCILIO VATICANO II, op. cit., n.124.

25 Idem, ibidem.26 LÓPEZ, Julián. La liturgia y

el arte en el Magisterio de la Iglesia. In: CENTRE DE PASTORAL LITÚRGICA, op. cit., p.56.

27 BEATO PAOLO VI. Conci-lium Œcumenicum Vatica-num II Sollemni Ritu Conclu-ditur. Message aux artistes, de 8/12/1965.

28 SAN GIOVANNI PAOLO II. Lettera agli artisti, n.12.

29 Idem, n.16.30 Idem, n.14.31 BENEDETTO XVI. Discorso

in occasione dell’incontro con gli artisti nella Cappella Sisti-na, del 21/11/2009.

32 CCE 2502.33 MICÓ BUCHÓN, op. cit.,

p.93.

L’arte sacra autenti-ca, bella e vera, è uno strumento che “con-duce l’uomo all’adora-zione, alla preghiera e all’amore di Dio”

spiritualità”.31 L’arte sacra autenti-ca, bella e vera, è uno strumento che “conduce l’uomo all’adorazione, al-la preghiera e all’amore di Dio Cre-atore e Salvatore, Santo e Santifica-tore”.32

In questa via pulchritudinis, anco-ra una volta si unisce all’arte sacra – e facendo parte di essa – la liturgia, con la sua bellezza e la sua ineguagliabi-le funzione evangelizzatrice, poiché

Interno della Basilica di San Francesco, Assisi

essa necessita di esprimersi attraver-so un linguaggio e anche attraverso segni. Non che l’arte sia imprescin-dibile dalla liturgia, ma le è molto conveniente, perché “l’arte non è un artificio della liturgia, un valore an-nesso, ma parte essenziale del suo linguaggio. Per questo si potrebbe qualificare l’arte religiosa come ‘luo-go teologico’, cioè, cammino per l’in-contro con Dio e i suoi misteri”.33 ²

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Dodici nuovi pastori per il gregge di Dio

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26      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

ordinazioni preSbiterali nella baSiliCa della madonna del roSario

e ordinazioni presbiterali sono sempre motivo di gioia speciale, poiché arricchiscono la Chiesa con nuovi pastori da lì in poi dediti alla santificazione

del gregge del Signore.È stato, infatti, in un’atmosfera di particola-

re giubilo che si è svolta la cerimonia di ordi-nazione presbiterale di dodici diaconi del-la Società Clericale di Vita Apostolica di Diritto Pontificio Virgo Flos Carme-li presieduta da Mons. Giovanni d’A-niello, Nunzio Apostolico in Bra-sile, realizzata nella Basilica della Madonna del Rosario, lo scorso 25 aprile, Festa di San Marco Evan-gelista.

Calorose parole di benvenuto All’inizio della celebrazione,

Mons. Sérgio Aparecido Colombo, nella cui diocesi si trovano ubicati la Basilica e il Seminario degli Araldi del Vangelo, ha espresso al Nunzio un caloroso benvenuto per questa sua pri-ma visita alla Diocesi di Bragança Pauli-sta: “Molte grazie per la sua generosità, per la sua presenza sempre tanto amica, sempre co-sì accogliente. E nella persona di Sua Eccellenza, ren-do un omaggio filiale al Santo Padre, Papa Francesco. Chiedo che trasmetta a Sua Santità l’affetto e la disponibi-lità mia e di tutta la nostra diocesi. Chiedo che ci benedica

in quest’anno in cui si festeggiano i 90 anni dalla sua crea-zione e istallazione”.

Da parte sua, Mons. Giovanni ha manifestato la sua gratitudine e contentezza per l’affetto con cui è stato ri-

cevuto, promettendo una nuova visita per conosce-re più a fondo la diocesi.

Una realtà incantevoleA seguire, Mons. Giovanni si è ri-

volto al Fondatore degli Araldi, di-cendo: “Mons. Scognamiglio, mol-te grazie anche a lei per avere scelto me ad imporre le mani su questi nuovi sacerdoti e renderli sacerdoti di Dio. Grazie per l’ac-coglienza che ho avuto fin da ieri in questa realtà che definirei in-cantevole”.

E ha aggiunto: “Una realtà che mi sta impressionando, perché –

come ho detto ieri nella Chiesa del Seminario Minore – questa varietà

di colori mi dà l’idea di com’è la Chie-sa: un insieme di grazie, un insieme di

persone, un insieme di funzioni che for-mano un’armonia. Qui viene data veramente

vitalità alla Chiesa che è una, e che manifesta que-sta unità nell’essere legata a Cristo, nella venerazione verso sua Madre, che qui riveriamo come Madonna del Rosario”.

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      27

Universalità della Chiesa – La diversità di origine dei dodici candidati, provenienti da sei Paesi di tre continenti, è stato un eloquente simbolo dell’universalità della Chiesa. Nelle foto, un neosacerdote araldo oriundo del Giappone

fa promessa di obbedienza, un lisboeta dà al Nunzio l’abbraccio della pace e un indiano riceve il calice.

Nelle mani del Fondatore – Dopo aver fatto la promessa di obbedienza nelle mani del Nunzio, i candidati al sacerdozio hanno rinnovato i loro voti perpetui nelle mani del loro Superiore Generale e Fondatore degli Araldi,

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP. Particolarmente commovente è stato anche l’abbraccio della pace

Convivialità fraterna – Le parole di benvenuto di Mons. Sérgio Aparecido Colombo al Nunzio Apostolico hanno evidenziato il clima di fratellanza e unione ecclesiale in cui si è svolta la cerimonia. A destra, Mons. Giovanni

d’Aniello e Mons. João Scognamiglio Clá Dias conversano in sacrestia.

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Visita alle case di formazione – Mons. Giovanni ha conosciuto la casa di formazione Contemplazione Mariana, situata a Embu das Artes, del ramo maschile e la Casa Monte Carmelo, a Caieiras, di quello femminile. In

quest’ultima funziona anche l’Istituto Filosofico-Teologico Santa Scolastica e una chiesa aperta al pubblico.

Settantotto concelebranti – Sacerdoti provenienti da diversi Paesi hanno concelebrato l‘Eucaristia con Mons. Giovanni d’Aniello, Mons. Sérgio Aparecido Colombo e Mons. João Scognamiglio Clá Dias. Nelle foto: durante la

preghiera di ordinazione (foto 1), nell’imposizione delle mani (foto 2) e insieme ai neopresbiteri (foto 3).

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Ordinazione diaconale di araldi

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l 21 aprile, tredici accoliti appartenenti agli Aral-di del Vangelo, hanno ricevuto dalle mani di Mons.

Benedito Beni dos Santos, Vescovo emerito di Lorena, l’ordine del diaconato. Tra di loro c’erano due spagnoli, un guatelmateco e dieci brasiliani provenienti da diver-si stati: San Paolo, Minas Gerais, Spirito Santo e Pará. È toccato a un araldo di Belém ringraziare Don Beni per

l’amicizia con cui onora l’Associazione, ricordando che questa è ormai l’ottava ordinazione presbiterale o dia-conale di araldi da lui presieduta. Sopra, proposito de-gli eletti. Sotto, Mons. Beni e Mons. João conversano in sacrestia (foto 1), presentazione dei candidati (foto 2), promessa di obbedienza (foto 3), l’imposizione del-le mani (foto 4) e consegna del libro dei Vangeli (foto 5)

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XII Incontro Nazionale dell’Apostolato dell’Icona

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li Araldi del Vangelo hanno realizzato il giorno 18 aprile il loro XII Incontro Nazionale dell’Apostolato,

con 11 mila partecipanti.Il programma ha avuto inizio nella Basilica

della Santissima Trinità con l’incoronazione della Statua del Cuore Immacolato di Ma-ria, seguita da una Celebrazione Eucari-stica presieduta da Mons. Antonio Fran-cisco dos Santos, Vescovo di Porto. A seguire, una Adorazione al Santissimo Sacramento e la recita del Rosario.

Mons. Antonio invita a essere discepoli missionari

Nella sua omelia, il prelato ha lascia-to ai presenti un messaggio di incentivo a una dedizione sempre maggiore al ser-vizio del prossimo.

Ricordando che gli Apostoli, “primi di-scepoli missionari, si sono preoccupati di percorrere le città conosciute del tempo e lì furono gli araldi del Vangelo”, Mons. Antonio ha sollecitato i presenti a imitarli.

“Oggi, come discepoli missionari, siamo invia-ti a percorrere il cuore e la vita delle persone, delle

istituzioni e delle culture, molte volte senza uscire dalle nostre terre. Anche il Portogallo è terra pro-

messa e terra di missione, che vogliamo rendere sempre più una terra evangelizzata ed evan-

gelizzatrice”.

Celebrare il carisma e la spiritualitàE ha aggiunto: “In questo pellegrinag-

gio al Santuario di Fatima vogliamo ce-lebrare il carisma e la spiritualità degli Araldi del Vangelo e il vostro inseri-mento nell’unità e nella comunione del-la Chiesa in Portogallo, nelle differenti diocesi in cui siete presenti, e ringrazia-re tutti quanti per tutto quello che sta-te facendo per valorizzare la vita dei cri-stiani, delle famiglie e delle comunità, concretamente nella dimensione maria-

na, eucaristica e vocazionale”.* * *

L’incontro annuale dell’Apostolato dell’I-cona a Fatima mira a esprimere gratitudine

e riconoscenza alla Madonna per le abbondanti grazie versate su questo apostolato, che si espande nel

mondo intero.

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      31

Una grande famiglia – Venute da ogni parte del Portogallo, undicimila persone si sono riunite per l’Incontro Nazionale dell’Apostolato dell’Icona nel Santuario di Fatima. Tutti si sentivano uniti da una stessa Fede, basata

sull’Eucaristia e sull’amore alla Santissima Vergine.

Aspetti della Cerimonia – In sequenza: Mons. Antonio Francisco con il Santissimo durante l’Adorazione; processione di entrata del Vescovo e dei sacerdoti concelebranti; i fedeli durante la Celebrazione Eucaristica; giovani

del settore femminile accompagnano la Statua Pellegrina; i partecipanti si dirigono alla cappella delle apparizioni

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Apostolato dell’Icona in Messico

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Costa Rica – Su invito del maestro nordamericano Carl St. Clair, il coro locale degli Araldi ha partecipato a due esibi-zioni dell’Orchestra Sinfonica Nazionale, intonando canti gregoriani come introduzione ai movimenti dell’opera “Vetra-te di Chiesa”, di Ottorino Respighi. Le rappresentazioni hanno avuto luogo nel Teatro Nazionale del Costa Rica, a San José, nei giorni 24 e 26 aprile, e hanno fatto parte delle commemorazioni del 75º anniversario dell’orchestra.

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l giorno 10 aprile, la Statua Pellegrina del Cuore Im-macolato di Maria è arrivata nella Parrocchia di

Rincón de Dolores, di Ciudad Hidalgo, Diocesi di Micho-acán. Essa è stata ricevuta dai partecipanti dell’Apostola-to dell’Icona, che l’hanno accompagnata in processione fino alla matrice (foto 1), dove il parroco ha presieduto la Santa Messa. Nello stesso giorno, due Icone sono sta-

te consegnate nella Cappella di Guadalupe, nella località di Cuchipitio (foto 2), e giorno 12, altre 11 sono state be-nedette e consegnate dal parroco di San Matteo Aposto-lo, della vicina Irimbo (foto 3). Nella Parrocchia San Giu-seppe, di Ciudad Hidalgo, è stato realizzato un incontro di formazione con Coordinatori (foto 4), al termine sono state consegnate quattro nuove Icone.

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77 Icone ad Alfredo Chaves, BrasileL

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a“Missione per Cristo con Maria”, realizzata dal 23 al 28 marzo dalla Cavalleria di Maria degli Araldi del Van-

gelo ad Alfredo Chaves (Brasile), è stata accolta con specia-le fervore. Già alla Messa di apertura, i fedeli hanno affolla-to la Chiesa Matrice della Madonna della Concezione (foto 1), e il sabato hanno recitato il Rosario con grande entusia-smo durante la processione luminosa (foto 2). La cerimonia di consacrazione della parrocchia alla Madonna, presiedu-

ta da Don Diego Carvalho dos Santos, si è dovuta realizza-re nella palestra della città per poter accogliere le circa 1500 persone che vi hanno partecipato (foto 3). Come frutto del-la Missione, sono state consegnate 77 nuove Icone, che per-correranno ogni mese più di 2.300 case e negozi della città e dei dintorni. Dopo la Messa di chiusura e di saluto della Sta-tua (foto 4), una parrocchiana ha commentato: “Non so co-me spiegarlo, mi pareva di fluttuare nel Cielo!”.

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Il miracolo eucaristico di Tumaco

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In una piccola isola del litorale Pacifico, in pieno XX secolo, si verificò un evento la cui grandezza ricorda certi fatti straordinari raccontati nelle Sacre Scritture!

fficiale – Circolare – Urgente. Bogotà, 6 febbraio 1906. Go-vernatori, per ordine

dell’Eccellentissimo Signor Presidente trascrivo seguenti notizie: Tumaco, 31 gennaio. Oggi alle 10 del mattino ter-ribile terremoto. Alcune case crollate; baracche sprofondate; vari magazzini distrutti. [...] Panico generale, poiché il mare minaccia terribilmente”.1

Con questo drammatico tele-gramma inviato dalla capitale in tut-to il paese, la Colombia prendeva at-to di quanto era successo a Tumaco, isola del litorale sudovest, poco abi-tata a quel tempo: un movimento si-smico di grandi proporzioni prean-nunciava l’arrivo di un devastante tsunami! E non era la prima volta che un’onda gigante minacciava di sommergerla...

Un’isola castigata dal mare

Due secoli prima, nel 1738, Don Pedro Vicente Maldonado, governa-tore dell’antica provincia di Esmeral-das, cui apparteneva l’isola, descri-veva la realtà che gli si presentava visitando la città: “Tumaco era lonta-na sei leghe” – misura che equivale a circa 5,5 km – “dalla costa [...]. Ave-va tre quarti di lega di circonferenza, il terreno era sabbioso, con alberi da

frutto, e il mare, poco prima, aveva dissotterrato i defunti seppelliti nella chiesa. Contava 300 abitanti...”.2

Quante volte le acque avranno castigato questo territorio insula-re? La cosa curiosa è notare che nel 1906 l’isola contava duemilacinque-cento abitanti, e dodici anni dopo, pur essendo passata per varie cata-strofi, la popolazione già superava il numero di 22 mila... Per caso che la sua gente fosse attratta dal rischio?

Un pittoresco racconto dell’epo-ca, elaborato da uno scrittore natu-rale della regione, sembra rispon-dere a questa domanda, quando descrive la relazione che c’era tra il mare e quelle isole: “Nate, abbellite e già abitate dalle creature, questo Saturno3 spietato comincia a voler-le ingoiare. Muta il corso delle sue correnti per coglierle di sorpresa; solleva onde anomale per attaccar-le da dietro; si agita nel suo letto di conchiglie e coralli questo mostro ir-requieto, per strapparle da sopra di sé, come se gli facessero il solletico, come le mosche sul dorso di un ca-vallo. Allora gli uomini incauti, che hanno costruito sulla sabbia, alzano le loro grida al Cielo e fanno memo-riali al governo”.4

In genere, uno tsunami segue a un terremoto sottomarino che re-

gistra una grande magnitudine nel-la scala Richter. Quello che ha col-pito Tumaco nel 1906, di gradi 8.8 Mw, fu “considerato uno dei più for-ti mai registrati nella storia sismica del mondo. [...] Si avvertì in tutta la zona Pacifica e Andina della Colom-bia ed Ecuador”.5

Certamente i fondatori della cit-tadina non sapevano che a 100 km dalla spiaggia, nelle profondità oce-aniche, si trovava la principale faglia sismica del territorio colombiano... Se lo avessero saputo forse ci avreb-bero pensato due volte prima di sta-bilirsi lì. Forse Dio lo avrà permesso per manifestare, in modo mirabile, quanto la sua protezione si prodighi su quelli che in Lui confidano.

Regione graziata da Dio

Nella prima mappa della provin-cia, elaborata nel 1749, appare Tu-maco già caratterizzata da un radi-cato fervore cattolico: un insieme di 15 case attorno a una chiesetta.

A circa 200 km da Tumaco, nel di-partimento del Nariño, si trova Ipia-les, città favorita dalla presenza mira-colosa della Madonna de Las Lajas. Sopra la grotta, sulle cui pareti la mi-steriosa immagine fu trovata incisa nella pietra, nel 1754, è stato eretto un santuario, nel quale migliaia di fe-

Fra’ Sebastián Correa Velásquez, EP

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deli ricevono innumerevoli favori so-prannaturali, fino ai nostri giorni.

Nel 1888, Nariño ricevette un gruppo di missionari agostiniani re-colletti, provenienti dalla Spagna. In testa a loro c’era il sacerdote Eze-quiel Moreno Díaz che, poco tempo dopo il suo arrivo, fu nominato Ve-scovo della Diocesi di Pasto, cui era legata Tumaco. L’instancabile zelo per le anime di questo missionario agostiniano lo elevò all’onore degli altari: nel 1975 sarebbe stato beati-ficato da Paolo VI e, nel 1992, Papa Giovanni Paolo II lo avrebbe inseri-to nel catalogo dei Santi.

Tuttavia, una delle maggiori pro-ve della predilezione divina per que-sta regione si relaziona proprio con il celebre evento di Tumaco.

Misteriosa preservazione dalle acque del maremoto

Il seguente racconto, pubblicato dagli esperti del servizio geologico colombiano sulla catastrofe sismi-ca del 1906, ci lascia con un punto

di domanda sull’arrivo dello tsunami nella città.

Essi mostrano che dopo che una prima onda si era disper-sa rompendosi con

violenza contro due isolotti, “arrivò una seconda onda, la quale ugual-mente passò senza causare danni. Tuttavia, non tardarono a notare che una delle due isole che proteggeva-no la città era stata rasa al suolo dal mare. Varie case localizzate sulla co-sta furono demolite dall’onda, altre furono fortemente danneggiate, ma non ci fu nessuna vittima”.6

Invece, sulla costa del continente la situazione fu molto differente. “A una distanza da 80 a 100 km c’erano molti abitati e piantagioni che furo-no distrutti, senza eccezione, come pure quelli situati lungo vari fiu-mi, la maggior parte, probabilmen-te, a causa della grande onda che se-guì al terremoto. La perdita in vite umane si stima per un totale da 500 a 1000. Tuttavia, è probabile che la cifra esatta non si conoscerà mai”.7

Come spiegare che località vicine e anche altre molto distanti furono devastate dalle acque del maremo-to, e di Tumaco appena si dice che il movimento sismico “lasciò distrutte e danneggiate alcune case”?8

Fra Bernardino García de la Con-cepción, anch’egli agostiniano recol-letto responsabile della provincia di Panama, nel nordovest colombiano – molto distante dall’epicentro –, rac-

conta che la sua città “era nel punto di massima bassa marea e, all’improvvi-so – io l’ho visto –, arrivò l’alta marea che oltrepassò il porto, entrando nel mercato e trascinando ogni specie di casse; le imbarcazioni più piccole fu-rono lanciate a grande distanza”.9

Si vede con ogni chiarezza che Tumaco fu risparmiata dall’inonda-zione che si generò intorno a sé. A cosa si dovette una tale misteriosa preservazione?

Imminenza di un tragico cataclisma

Alcuni anni prima di tali avveni-menti, due agostiniani recolletti fu-rono designati dal santo Vescovo di Pasto, Mons. Ezequiel Moreno Díaz, per prendersi cura delle anime in quei paraggi. Essi erano fra Ge-rardo Larrondo di San José, nomi-nato parroco di Tumaco, e fra Julián Moreno di San Nicolás di Tolentino.

Fino al 31 gennaio 1906 aveva-no esercitato il loro ministero senza grandi difficoltà, presso un popolo di accentuata propensione religio-sa. Ciò nonostante, la mattina di quel giorno, alle 10:36, la terra tremò in modo terribile, facendo crollare tut-te le statue che erano venerate nella chiesetta parrocchiale. Presi dal pani-co, i fedeli corsero incontro ai religio-si, chiedendo loro di organizzare una processione per implorare a Dio pro-tezione in questa emergenza.

I sacerdoti cercarono di calmare la moltitudine, infondendo in loro fiducia. Ma quando giunse la noti-zia che il mare era già indietreggia-to di 1 km dalla spiaggia, capirono di essere nell’imminenza di un tragico cataclisma.

L’immensa onda si fermò

Don Larrondo si affrettò verso la chiesa e, avvicinandosi al tabernaco-lo, prese un’Ostia grande consacra-ta e un ciborio per proteggerla. Si di-resse rapidamente presso il popolo e, ostentando l’Ostia, esclamò: “An-

La nomina di Sant’Ezechiele Moreno y Díaz come Vescovo di Pasto e le Apparizioni della Madonna a Ipiales, sono segno di predilezione della

Divina Provvidenza per il Dipartimento di Narinho

Basilica della Madonna di Las Lajas, a Ipiales; in evidenza, Sant’Ezechiele Moreno y Díaz intorno all’anno 1898

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36      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

diamo, figli miei! Andiamo tutti ver-so la spiaggia e che Dio abbia pietà di noi!”.10 La moltitudine, prima assali-ta dal panico, si vide presa da un co-raggio inesplicabile e, senza esitare, andò in direzione del pericolo, spinta dalla presenza di Gesù Sacramentato e dalla fede del suo pastore.

Presto don Larrondo si trovava a calpestare il terreno prima bagna-to dalle acque. Nella spiaggia, i par-rocchiani non cessavano di pregare, mentre intravvedevano, da lonta-no, uno spaventoso muro d’acqua che avanzava ad alta velocità. Atto-niti, poterono contemplare come il sacerdote, aspettando impavido che

l’onda si approssimasse, sollevava in alto la Sacra Specie e con essa trac-ciava un grande segno della Croce…

Momento indimenticabile! Se nel Mar Rosso di altri tempi le acque si aprirono, qui “l’onda avanzò un al-tro po’ e, prima che don Larrondo e don Julián capissero quello che sta-va accadendo, la popolazione, com-mossa e assorta, si mise a gridare: ‘Miracolo! Miracolo!’. L’immensa onda che minacciava di distruggere l’abitato di Tumaco si fermò repen-tinamente, come bloccata da una forza invisibile, più grande di quella della natura, mentre il mare ripren-deva il suo stato di normalità”.11

Ai singhiozzi di terrore suben-trarono lacrime di gioia, e don Larrondo ordinò che si portas-se in fretta l’ostensorio, per intro-nizzare in esso la Sacra Ostia, due volte miracolosa. Percorse allora, con tutta pompa, le vie e i dintor-ni della città salva dallo sterminio. A partire da questa data, il popo-lo cominciò a riunirsi nel luogo del fatto tutti gli anni, per ringrazia-re dello stupendo miracolo realiz-zato dalla presenza del Santissimo Sacramento, comparabile in gran-dezza – osiamo dire... – a quelli che si trovano raccontati nelle Sa-cre Scritture! ²

In poco più di un secolo il villaggio di Tumaco si è trasformato in una città di quasi 200mila abitanti

A sinistra veduta aerea dell’isola di Tumaco oggi; a destra, la Chiesa Parrocchiale di Sant’Andrea (sopra), la Sede della Prefettura Apostolica (sotto) fotografate rispettivamente nel decennio del 1910 e 1930.

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1 MEYER, Hansjürgen (Org.). Nosotros, Tumaco y el am-biente: un texto para recono-cer el sitio en que vivimos. Bogotá: Ministerio del Inte-rior y de Justicia de Colom-bia, 2005, p.24.

2 Idem, p.25.3 Questa divinità della mitolo-

gia romana, come si sa, di-vorava i propri figli.

4 TRIANA, Miguel. Por el sur de Colombia. Excursión pin-

toresca y científica al Putu-mayo. Bogotá: Biblioteca Popular de Cultura Colom-biana, 1950, p.34.

5 GONZÁLEZ URBINA, Francisco Javier; SÁN-CHEZ PASTAS, María Ca-rolina. Evaluación de ame-naza por tsunami. Trabajo de grado para optar al título de ingeniero civil. Bogotá: Pon-tificia Universidad Javeria-na, 2011, p.193.

6 RUDOLPH, Emil; SZIRTES, Sigmund. El terremoto co-lombiano del 31 de enero de 1906. Publicaciones ocasio-nales del OSSO (Observato-rio Sismológico del Sur Occi-dente) Nº 1. Cali: Universi-dad del Valle, 1991, p.8.

7 Idem, ibidem.8 GONZÁLEZ URBINA;

SÁNCHEZ PASTAS, op. cit., p.194.

9 CORRO DEL ROSARIO, OSA, Pedro. Agustinos amantes de la Sagrada Euca-ristía. 3.ed. Monachil: Santa Rita, 1957, p.237.

10 Idem, p.235.11 MELONI, Sergio. Les Mi-

racles Eucharistiques dans le monde. Paris: François-Xavier de Guibert, 2009, p.140-141.

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Lei sapeva...

Quale statua di Cristo libera un detenuto ogni anno?

Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      37

Perché i giorni della settimana sono nominati in portoghese in

modo differente?li antichi romani davano ai gior-ni della settimana nomi di di-

vinità pagane: solis dies, lunæ dies, martis dies, mercurii dies, iovis dies, veneris dies, saturni dies (giorno del Sole, della Luna, di Marte, di Mer-curio, di Giove, di Venere, di Sa-turno). E nella quasi totalità delle lingue europee – anche il gallego-portoghese, parlato in grande parte del territorio lusitano fino al XV se-colo – si è conservato questo costu-me. Così, il giorno della Luna ha da-to origine al lunes spagnolo, al lundi dei francesi e al Monday dei popoli di lingua inglese.

na statua del nostro Salvatore che porta la Croce, venerata sot-

to l’invocazione di Nostro Padre Ge-sù Il Ricco, è portata in processione la sera del Mercoledì Santo per le vie di Malaga, in Spagna. Nella Piazza del Vescovo, il corteo si ferma e i portatori depositano al suolo il pesante fercolo. Lì si trova, ansioso, in attesa della sta-tua, un recluso del Centro Penitenzia-rio di Alhaurín de la Torre. Azionato da un ingegnoso meccanismo, il brac-cio di “Il Ricco” si erge e traccia nell’a-ria una croce, con la quale concede al condannato il perdono della pena che gli resta compiere, e il fortunato indul-tato si unisce alla processione.

Qual’è l’origine di questo privile-gio?

Esso risale all’anno 1759, quando una terribile peste devastò la città di Malaga. Asili e ospedali erano affol-

San Martino Cattedrale di Braga (Portogallo)

Nostro Padre Gesù Il Ricco Chiesa di San Giacomo,

Malaga (Spagna)

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lati, rendendo difficili le tradiziona-li celebrazioni della Settimana San-ta. Nel carcere della città, dove non era ancora infuriata la malattia, i de-tenuti chiesero l’autorizzazione per portare in processione la statua di Gesù Nazareno venerata nel vicino Convento di San Luigi El Real.

Per timore di una fuga, fu loro ne-gato il permesso. Tuttavia, i detenuti si ammutinarono, s’impossessarono della statua di Gesù Il Ricco e la por-tarono in trionfo per le vie della cit-tà. La restituirono poi al convento e ritornarono tutti in carcere. Nessuno approfittò dell’occasione per fuggire.

Commosso dalla generosa azio-ne di questi detenuti, il re Carlo III concesse al Dolce Gesù il privilegio di liberare un prigioniero catturato ogni Mercoledì Santo. E il costume è stato mantenuto fino ad oggi. ²

Non tutti, tuttavia, hanno concor-dato con questo criterio. Nel VI se-colo, San Martino, Vescovo di Bra-ga, considerò inappropriato che i cristiani usassero nel calendario nomi di divinità pagane e decise di adottare nel campo civile il modo ecclesiastico di denominare que-sti giorni: segunda-feira, terça-feira, quarta-feira, quinta-feira e sexta-fei-ra. I fedeli della diocesi bracarense accolsero con entusiasmo la sua idea e, nel corso del tempo, essa alla fine prevalse nel regno lusitano sulla no-menclatura pagana del gallego-por-toghese e di altre lingue neolatine.

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Arco che unisce gli uomini a Dio

38      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

La paroLa dei pastori

Mons. Giovanni d’AnielloNunzio Apostolico in Brasile

Il sacerdote è immagine di Cristo per l’umanità. Verità che spaventa questa, ma meravigliosa!

iamo qui, evidentemente, per lodare Dio. Ogni Celebrazio-ne Eucaristica è un atto di lo-de a Dio e ci fa sentire, nono-

stante la nostra indegnità, figli amati da Lui. La Sacra Eucaristia – questo do-no che Cristo ci dà per prendere co-scienza della nostra umanità, dei nostri stessi limiti, ma allo stesso tempo del-la grandiosità del suo amore per noi – ci mostra come Egli ci ami veramente in modo speciale. Gesù non ha nulla da chiederci, solo da darci. Persino la stes-sa vita Egli ha donato per amor nostro.

Questo ci porta a sentire sempre più la piccolezza della nostra natura e la grandezza di Dio. E il fatto che oggi siamo riuniti qui per la cerimo-nia di ordinazione presbiterale di do-dici diaconi ci fa sentire ancor più quest’amore di Dio per noi. Egli scel-se dodici uomini con i loro limiti, ma anche col loro ardore, per inviarli nel mondo intero, mostrando giustamen-te quest’amore per l’umanità.

Il sacerdote è l’uomo che unisce l’umanità a Dio

Cari amici, all’inizio di questa cele-brazione, ho osservato gli artistici ar-chi che si vedono in questa basilica, tutti molto belli. E mi è venuta in men-te una comparazione: essi sono come deve essere il sacerdote. Come l’ar-

co unisce due colonne, così il sacerdo-te unisce l’umanità a Dio e gli uomini tra loro. Noi, sacerdoti, dobbiamo ave-re queste due caratteristiche: avere gli occhi rivolti verso il Cielo, ma senza di-menticare quello che c’è intorno a noi.

Mi piace dire che la Croce è qual-cosa di straordinario, poiché essa ci mostra quello che dobbiamo fare, specialmente noi, chiamati a guar-darla sempre come lo strumento del-la nostra Redenzione. Questa Croce, che è orizzontale e verticale allo stes-so tempo, ci convoca a guardare ver-so l’alto, per poter poi guardare in-torno a noi; ad avere il nostro cuore orientato verso il Signore, per poter dare ai nostri fratelli l’amore di Dio.

Il sacerdote è un’immagine di Cri-sto per l’umanità. Deve essere alter Christus. Verità che spaventa questa, ma meravigliosa! Cristo vuole essere presente in tutti i momenti della nostra vita, dentro di noi, nella nostra umani-tà, e sceglie povere persone come noi.

Io mai avrei immaginato di esse-re scelto per il sacerdozio. Non ho nulla di speciale, non ho intelligenza, non possiedo qualità, ma Dio ha vo-luto scegliermi, sapendo bene che Lui mi avrebbe trasformato, a condizione che io fossi docile alla sua volontà, e che mi lasciassi plasmare dalle sue di-vine mani, come l’argilla, con cui il va-

saio fa un bel vaso. Così il sacerdote deve essere una pasta nelle mani del-la Provvidenza, essere docile in mo-do che Dio modelli in lui la sua stessa immagine, faccia di lui uno strumen-to atto a dispensare agli altri la gra-zia divina. Si parla molto di clonazio-ne oggi. Che Cristo Si possa “clonare” in ognuno di noi, di modo che gli al-tri possano vederLo attraverso di noi.

Quanta responsabilità, ma anche quanta grandezza! E quanta umiltà si richiede per guidarci nella nostra missione!

La vostra forza è nell’Eucaristia

La prima lettura, che abbiamo ascoltato poco fa, parla di alcune ca-ratteristiche del sacerdote. “Rivestite-vi tutti di umiltà gli uni verso gli altri” (I Pt 5, 5). Io aggiungerei oggi: rive-stitevi di umiltà anche nel vostro rela-zionarvi con Dio. Molte volte ci giudi-chiamo superdotati, superintelligenti, e persino pensiamo di non aver nemme-no più bisogno di pregare perché ab-biamo già tutto... E il nostro relazionar-ci con Dio diventa quasi un qualcosa di inutile, per il fatto che abbiamo già tut-to. Abbiamo l’umiltà di considerarci sempre inutili davanti a Dio; di ricono-scere che abbiamo bisogno sempre di chiederGli le grazie indispensabili per dare testimonianza di Lui; di sapere

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      39

che, nonostante il dono del Sacramen-to dell’Ordine, dobbiamo essere servi, e non padroni né maestri.

Continua la lettura: “Siate tempe-ranti, vigilate” (I Pt 5, 8). Sobri e vigi-li! Dobbiamo avere questa vigilanza perché il mondo oggi sembra quasi andare contro corrente, sembra non avere più valori né veri sentimenti, non ha più neppure questo senso di guardare verso l’alto: egli guarda sol-tanto intorno a lui. Dobbiamo, dun-que, essere vigili e temperanti. Co-me? Guardando sempre verso l’alto, restando uniti a Cristo nell’Eucari-stia. In essa è la vostra forza.

“Le anime, noi le convertiamo in ginocchio”, diceva San Carlo Borro-meo. Ossia, con la preghiera. Che non manchi mai, dunque, nella vo-stra vita questo prezioso mezzo. Un momento particolare, due, tre mo-menti, non importa: la cosa più im-portante deve essere la preghiera, dopo la quale viene l’azione.

Senza preghiera, l’azione sa-rà un’attività umana, del sacerdo-te, non di Dio a beneficio degli altri. Allora, rimanete sempre in contat-to diretto con Lui, pregate continua-mente, chiedendo forza per ognu-no di voi. Soprattutto, restate uniti a Cristo nell’Eucaristia. L’incontro personale con Gesù Eucaristico sia

il momento più importante della vi-ta di ogni sacerdote.

Tenete in considerazione che fra un po’ tutti voi, nuovi sacerdoti, sare-te le mani di Cristo, gli occhi, le orec-chie, la bocca di Cristo. E dovete ren-dervi degni di questa immensa grazia, perché i fedeli vogliono vedere nella persona di ognuno di voi l’alter Chri-stus. In ogni sacerdote – non ho paura di dirlo – essi vogliono vedere un uo-mo straordinario. Dio vi ha scelto af-finché siate uomini straordinari, ab-biate, pertanto, il dovere di esserlo.

Allora, insisto, per l’amore di Dio, che l’Eucaristia sia il momento più importante della vostra vita. Infatti, Nostro Signore Gesù Cristo è il pri-mo e l’ultimo, è il principio e l’obiet-tivo finale delle vostre azioni di tutti i giorni e di tutta la vostra esistenza.

Essere totalmente di Dio, per essere a servizio dei fratelli

Incontrerete difficoltà, senza dub-bio, non facciamoci illusioni a questo riguardo, il mondo ci crea difficoltà. Ma se sarete uniti a Cristo e, soprat-tutto, se guarderete alla Madonna, la Madre di Dio e nostra, Lei vi aiuterà e farà in modo che queste difficoltà fortifichino ancor più la vostra conse-gna a Dio, la vostra decisione di es-sere interamente Suoi ed essere co-

sì totalmente a servizio dei fratelli, di essere l’arco, il ponte tra loro e Dio.

Sant’Agostino ha affermato in uno dei suoi sermoni: “Per voi so-no Vescovo, con voi sono cristiano” (Sermo CCCXL, n.1: ML 38, 1483). A partire da questo momento, sare-te sacerdoti di Dio a beneficio del popolo, sarete intermediari tra Dio e la comunità. Siatene sempre de-gni. Posso dirvi, con umile sinceri-tà, che accompagnerò ciascuno di voi in questo percorso in cui di si-curo troverete ostacoli. E voi, sa-cerdoti, dovete accompagnarci con le vostre preghiere, noi, Vescovi, che abbiamo maggiori responsabi-lità. Quest’aiuto reciproco fa sì che stiamo più uniti e possiamo lavora-re insieme per il bene della Chiesa e dell’umanità, affinché il Regno di Dio sia presente sempre tra noi.

Complimenti, cari amici! Andia-mo avanti, fiduciosi che la Madon-na Aparecida prenda ognuno di noi per mano e ci accompagni in questo cammino della Chiesa attraverso i secoli, per poter essere autentici pa-stori e figli di Dio. ²

Omelia nella Basilica della Madonna del Rosario, 25/4/2015 –

Trascrizione della registrazione, senza revisione dell’autore

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40      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

Numero di cattolici continua a crescere

L’edizione dell’Annuario Pontifi-cio del 2015 segnala che il 17,7% del-la popolazione mondiale è cattolica, con un aumento dell’ 11% di Batte-simi nel periodo che va dal 2005 al 2013. Nel 2005, il numero di cattoli-ci nel mondo era di un miliardo e 115 milioni, raggiungendo la cifra di un miliardo e 254 milioni nel 2013.

Un ruolo preponderante in que-sto incremento corrisponde al con-tinente africano, dove il numero di cattolici è cresciuto del 34%, men-tre la popolazione è incrementata so-lo dell’1,9%. In America Latina, do-ve il 63% degli abitanti si dichiarano cattolici, l’aumento nel numero di fe-deli è equivalente all’aumento del-la popolazione. In Asia, l’aumento nel numero di cattolici è stato legger-mente maggiore rispetto alla crescita demografica: 3,2% a fronte del 2,9%.

Muore il decano dei presbiteri della Martinica

L’isola caraibica di Martinica si è vestita a lutto per la scomparsa, il 21 aprile, di Mons. Gaston Jean-Mi-chel, decano dei presbiteri di questo territorio oltremare francese. Egli è spirato a 103 anni di età, dopo aver esercitato il sacerdozio per quasi otto decadi. Con un commovente esem-pio di abnegazione, Mons. Gaston è stato attivo fino ai 102 anni. Solamen-te nel febbraio 2014 la malattia lo ha obbligato a ritirarsi. Nel 2009, è stato elevato alla dignità di monsignore co-

me “prelato e familiare di Sua Santi-tà”, da Papa Benedetto XVI. Mons. Gaston si è distinto, tra le altre ope-re, per la fondazione dell’emittente cattolica Radio Saint-Louis.

que anni in Inghilterra e nel Galles, passando da 15 a 45.

Un esempio di queste vocazio-ni è quello di Theodora Hawksley, 29 anni, ricercatrice di postdottora-to dell’Università di Edimburgo, che è entrata recentemente nella Con-gregazione di Gesù, a Willesden, North London. “Entrare nella vi-ta religiosa è stata una decisione na-ta dalla carità. È stato un riconosci-mento che la mia vita, gradualmente e concretamente, si stava riordinan-do in funzione dell’amore a Dio, e questa è la relazione che apprezzo sopra ogni altra cosa”. La Superio-ra Generale di questo ordine, Suor Jane Livesey, commenta che le po-stulanti “sono attratte in particolare dal nostro carisma ignaziano e dalla nostra fondatrice, la Venerabile Ma-ry Ward, pioniera della vita religiosa apostolica femminile”.

I Vescovi spagnoli rendono omaggio a Santa Teresa di Gesù

Il giorno 23 aprile, i 78 Vescovi della Conferenza Episcopale Spa-gnola si sono recati ad Avila, città natale di Santa Teresa di Gesù, per chiudere lì la loro Assemblea Ple-naria e rendere così uno speciale omaggio a lei nel V centenario del-la sua nascita.

Accompagnati dal Nunzio Apo-stolico in Spagna, Mons. Renzo Fra-tini, i prelati hanno percorso i luoghi più significativi in relazione con la vita di Santa Teresa, e hanno conclu-so il loro pellegrinaggio con un’Eu-caristia celebrata nella Chiesa di Santa Teresa, edificata nel luogo della sua casa natale.

Durante l’omelia, l’Arcivesco-vo di Valladolid e Presidente della Conferenza Episcopale Spegnola, Cardinale Ricardo Blázquez, ha sot-tolineato: “Mettiamo i nostri lavo-ri e speranze davanti alla Santa che in tempi difficili ha lavorato per for-giare amici forti di Dio. La sua in-tercessione ci incoraggia nella no-

Il Brasile ha un altro santuario di Adorazione Perpetua

Il giorno 12 aprile, è stato inau-gurato nella Parrocchia di San Se-bastiano, a Campo Grande, Mato Grosso do Sul, il nuovo Santuario Arcidiocesano di Adorazione Perpe-tua. Due giorni prima, era stata cele-brata un’Eucaristia durante la quale 150 fedeli hanno ricevuto l’investi-tura di adoratori ufficiali, che si al-terneranno in turni di due ore, per-mettendo di mantenere il santuario aperto al pubblico giorno e notte.

Questo santuario è il primo del Mato Grosso del Sud dedicato 24 ore al giorno all’Adorazione al Santissimo Sacramento. L’Arcivescovo Metropo-litano de Campo Grande, Mons. Di-mas Lara Barbosa, ha commentato durante l’Eucaristia di inaugurazione: “È un momento storico per la nostra Arcidiocesi, poiché è la realizzazione di un sogno antico di tutta una comu-nità. E in una Domenica della Divina Misericordia, per abbellire ancor più la festa”. La Messa è stata concelebra-ta dal Vescovo Emerito Mons. Vitto-rio Pavanello e da vari presbiteri.

Cresce in Inghilterra il numero di novizie

Secondo il National Office for Vo-cation, organo della Chiesa Catto-lica in Gran Bretagna, il numero di novizie delle congregazioni femmi-nili è triplicato negli ultimi venticin-

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Il Santuario di San Giuseppe de Anchieta è dichiarato santuario nazionale

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      41

stra situazione, che esige, di fronte alle sfide pastorali, una disponibili-tà decisiva e gioiosa per continuare il cammino al quale ella ci ha invita-to ad Alba de Tormes, al momento della sua agonia: ‘È tempo di cam-minare!’”.

Un milione di persone prenotate per venerare la Sacra Sindone

Le previsioni di afflusso di pelle-grini a Torino per venerare la Sacra Sindone hanno portato gli organiz-zatori a registrare i visitatori, conce-dendo orari specifici per arrivare fi-no alla venerabile reliquia. Secondo Marco Bonatti, responsabile dell’e-sposizione della Sacra Sindone di Torino, “al momento presente – 19 aprile –, abbiamo un milione di per-sone prenotate, ed è possibile che arrivino a due milioni”.

In un’intervista concessa a EWTN, Bonatti ha affermato che tutto è stato organizzato in modo da

ricevere questa vera valanga di per-sone. Ha spiegato anche che “que-sto è un evento importante per la città di Torino e per tutta la Chiesa, poiché non succede sempre; dall’ul-tima volta [in cui la reliquia è stata esposta], sono trascorsi cinque an-ni”.

Per ragioni organizzative, la visi-ta, che è gratuita, è di prenotazio-ne obbligatoria nel sito www.sindo-ne.org. L’esposizione è iniziata con un’Eucaristia solenne il giorno 19 aprile e si concluderà il 24 giugno. Nel sito si può contemplare una fo-to ad alta risoluzione, con commen-ti in linguaggio tecnico e pungente su tutte le sofferenze che si possono considerare nel Sudario, come per esempio: “Nel lato destro del petto c’è una grande macchia di sangue, che proviene da una ferita di forma ovale [...]. Le caratteristiche di que-sta ferita sono importanti, poiché è stata provocata dopo la morte”.

Le Poste delle Filippine commemorano l’anniversario del Santo Niño

Nel 1521, Ferdinando Magellano donò una statua del Bambino Ge-sù alla moglie del capo della tribù Cebú, Juana Hara Jumamay, che fu la pioniera nella conversione dell’ar-cipelago alla Fede Cattolica. Poco dopo, la statua andò perduta, trova-ta nel 1565 in una capanna carboniz-zata.

Per celebrare i 450 anni della sco-perta del Santo Niño di Cebú, la So-

al mese di aprile, il Santuario di San Giuseppe de Anchieta, a Espírito Santo, è diventato santua-

rio nazionale e l’Apostolo del Brasile è diventato uffi-cialmente patrono del paese, insieme con la Madonna Aparecida.

Eretto quando il Santo era in vita nel villaggio di Reritiba, da lui fondato, il santuario è centro dell’at-tuale città di Anchieta, nel litorale sud di Espíri-to Santo. In esso sono custoditi numerosi ricordi dell’Apostolo del Brasile, che ha evangelizzato quel-la regione per oltre due decenni e dove è morto.

Il menzionato riconoscimento è stato fatto duran-te l’ultima Assemblea Generale della CNBB su ri-chiesta di Don César Augusto dos Santos, Rettore del santuario e vicepostulatore della causa di cano-nizzazione di San Giuseppe de Anchieta.

Il decreto di canonizzazione equipollente dell’A-postolo del Brasile è stato firmato da Papa Francesco il giorno 3 aprile 2014. Il giorno 24 dello stesso me-

se c’è stata una solenne Messa di Azione di Grazie nella Chiesa del Gesù, a Roma, presieduta dal Santo Padre e concelebrata da nove Cardinali e trenta Ve-scovi, molti dei quali brasiliani.

Facciata del Santuario, costruito quando il Santo era in vita

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cietà delle Poste delle Filippine ha emesso 30 mila francobolli di que-sta statua in stampa tridimensionale con oro a 21 carati. Il direttore gene-rale delle Poste, Josie Dela Cruz, ha affermato che “la Società Filippina delle Poste rende omaggio al San-to Niño di Cebú, fonte di speranza e fede per il popolo, e storicamente riconosciuto come la più antica reli-quia delle Filippine”.

In concomitanza, saranno com-memorati i 450 anni della presenza dell’Ordine Agostiniano nelle isole, così come il 50º anniversario dell’e-levazione alla categoria di basilica minore della Chiesa del Santo Niño di Cebú, dove è venerata la statua.

Cattolici slovacchi menzioneranno San Giuseppe recitando il Rosario

La Conferenza Episcopale della Slovacchia, riunita nella 80ª Sessio-ne Plenaria nella città di Melčice, ha emesso un decreto secondo il quale il quarto e il quinto dei misteri gaudio-si del Santo Rosario devono menzio-nare anche il nome di San Giuseppe, Sposo della Vergine Maria. La deci-sione poggia su un parere favorevole della Commissione Teologica di que-sta Conferenza Episcopale, la quale è giunta alla conclusione che esiste un fondamento biblico perché si faccia la menzione in entrambi i misteri.

La formulazione ufficiale è: “Ge-sù è presentato nel Tempio dalla San-tissima Vergine e da San Giuseppe” e “Gesù è trovato nel Tempio dal-la Santissima Vergine e da San Giu-seppe”. Tra le ragioni presentate dagli specialisti per tale iniziativa, c’è quel-la di approfondirsi nella comprensio-ne e venerazione del padre adottivo del Figlio di Dio. Per i Vescovi slo-vacchi, questa menzione nei misteri è una naturale conseguenza dell’in-troduzione, dal 2013, del nome di San Giuseppe nella Preghiera Eucaristica.

La Cattedrale di Ratisbona restaura l’edificio dei Piccoli Cantori

Con una semplice cerimonia, ha avuto inizio il giorno 22 aprile il re-stauro e ampliamento del complesso educativo del coro della Cattedrale di San Pietro di Ratisbona, in Germania. Per l’anno scolastico 2016-17, gli alun-ni disporranno di 16 aule di lezione e saloni per le prove. Un piano sarà pre-disposto per lo studio delle scienze na-turali, tecnologia e informatica.

I Piccoli Cantori di Ratisbona furono fondati nel 975 dal Vesco-vo Wolfgang di Ratisbona, e hanno, pertanto, 1040 anni di esistenza. Es-si hanno il compito di cantare nel-le varie liturgie che si svolgono nel-la cattedrale. Sono costituiti da 360 giovani che vivono in regime di inter-

nato in questo istituto e, insieme al-la formazione musicale, frequentano la scuola elementare, oltre a ricevere la formazione catechetica e religiosa.

Quasi 600 sacerdoti saranno ordinati quest’anno negli USA

La Conferenza Nazionale dei Ve-scovi cattolici degli Stati Uniti ha ri-ferito che il paese ha 595 candidati al sacerdozio che devono essere or-dinati nel corso di quest’anno, con un incremento del 24,7% rispetto all’anno scorso, in cui sono state ef-fettuate 477 ordinazioni.

Dal 1965, il numero annuo di or-dinazioni era in calo, ma la tendenza si è invertita. Degli attuali seminari-sti, circa il 70% già pregavano il San-to Rosario prima di optare per una vocazione religiosa e partecipavano ad Adorazioni Eucaristiche.

Prima cappella dedicata a Santa Maria di Gesù Crocifisso

Il 18 aprile è stata consacrata a Ibil-lin, villaggio situato tra Nazareth e Hai-fa, la prima cappella dedicata a Maria di Gesù Crocifisso, religiosa canoniz-zata da Papa Francesco il 17 maggio. Mariam Bawardi nacque in questa stessa città il 5 gennaio 1846, ed entrò nell’Ordine Carmelitano nel 1867.

Per la sua vita esemplare, è stata-elevata agli onori degli altari quella che Papa San Giovanni Paolo II ha chiamato “figlia della Terra Santa”. L’Arcivescovo di Akka, Mons. Geor-ge Bacouni, così ha commentato l’e-vento: “Tutti siamo riconoscenti, so-prattutto per questo dono divino: la santità di Mariam Bawardi, figlia di questa parrocchia. È una grazia che

Storica chiesa è restaurata a San Pietroburgo

Il Comune di San Pietroburgo, in Russia, ha annunciato che re-staurerà a breve la Chiesa di San-to Stanislao, costruita tra il 1823 e il 1825. Essa fu confiscata durante la Rivoluzione comunista del 1917, e trasformata in deposito, fabbrica di produzione di maschere antiche e, infine, bottega della fabbrica Rot Front.

Nel 1996, l’edificio è stato resti-tuito alla comunità cattolica in avan-zato stato di deterioramento. Parti-colarmente danneggiati sono stati il tetto e la facciata. Don Krzystof Pozharsky, nel fare l’annuncio del restauro, ha chiesto preghiere per il buon svolgimento dei lavori, che si concluderanno entro il 10 ottobre di quest’anno, data prevista per la ri-consacrazione della Chiesa.

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Aparecida accoglie la 53ª Assemblea della CNBB

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      43

a 53ª Assemblea Generale della Conferenza Nazionale dei Vesco-vi del Brasile, realizzata dal 15 al 24 aprile nel Santuario Naziona-

le di Aparecida, ha eletto Mons. Sérgio da Rocha, Arcivescovo di Brasilia, come Presidente della CNBB per il prossimo quadriennio e Mons. Murilo Sebastião Ramos Krieger, SCJ, Arcivescovo Primate del Brasile, come Vi-ce Presidente. Essi sostituiscono il Cardinale Raymundo Damasceno As-sis, Arcivescovo di Aparecida, e Mons. Leonardo Ulrich Steiner, OFM, Vescovo Ausiliare di Brasilia, che svolgevano questi incarichi dal 2011.

Il giorno 16, l’episcopato brasiliano ha inviato un affettuoso mes-saggio al Papa Emerito Benedetto XVI, facendogli gli auguri per il suo 88º compleanno e commemorando la sua elezione al pontifica-to il giorno 19. “Eleviamo a Dio, con la materna intercessione della Beatissima Vergine Maria, la Madre Aparecida, le nostre più fervi-de preghiere a favore della salute e del benessere di Sua Santità e, al-lo stesso tempo, di azioni di grazie per gli inestimabili benefici che il suo pontificato ha rappresentato per la Chiesa e per tutta l’umanità, con la sua guida sicura, saggia e segnata dalla santità” – scrivono i Ve-scovi brasiliani.

E, dopo avergli chiesto preghiere per i lavori dell’assemblea e aver-lo informato dell’agenda della stessa, aggiungono: “La vicinanza spiri-tuale di Sua Santità ci è molto cara in questa assemblea, come in tut-te le altre occasioni che ricordano la sua indimenticabile presenza nel nostro paese, [...] occasione che è rimasta indelebilmente impressa nel cuore dei brasiliani. Feliciter! Tempora bona habeas! Ad multos annos!”.

non meritiamo, ma è un dono gratu-ito del Signore. Rendiamo grazie a Dio che ci ha concesso questa cap-pella dedicata alla Santa”.

Chiedono canonizzazione del presbitero morto nel Titanic

Don Thomas Byles, un dedito sa-cerdote inglese di 42 anni in viaggio per New York per celebrare il matri-monio di suo fratello, sarebbe pas-sato forse inosservato alla Storia se non fosse per le sue azioni eroiche la notte del 15 aprile 1912.

Egli era a bordo del Titanic quel-la fatidica notte e in due occasioni ri-fiutò di salire nelle scialuppe di sal-vataggio che gli venivano offerte, per non abbandonare coloro che erano ancora nella famosa nave. Preferì ri-manere a bordo per ascoltare le con-fessioni e portare conforto a coloro che molto probabilmente non sareb-bero sopravvissuti alla tragedia.

Più di cento anni dopo questi av-venimenti, il parroco di Sant’Elena, a Essex, Don Graham Smith, ha an-nunciato l’apertura di una pagina web (www.fatherbyles.com) dedi-cata all’eroico sacerdote, che fu al-la guida di questa comunità dal 1905 fino alla data della sua morte. Il si-to contiene fotografie della sua vita, articoli di suo pugno pubblicati nei giornali dell’epoca e testimonianze della sua valorosa azione durante il naufragio, al fine di avviare il pro-cesso della sua beatificazione.

Il Parlamento Europeo riconosce importanza storica di Cluny

L’11 marzo, il Parlamento euro-peo ha conferito all’abbazia bene-dettina di Cluny, in Francia, il tito-lo di patrimonio comune europeo per l’influenza esercitata da questo mo-nastero nella formazione dell’iden-tità del continente nel corso dei se-coli. La consegna del titolo ha avuto luogo il giorno 15 aprile, a Bruxelles.

L’Abbazia di Cluny fu fondata da Guglielmo I d’Aquitania, il 2 settembre

Nelle foto: Messa di apertura, presieduta dal Cardinale Raymundo Damasceno; Mons. Sérgio Rocha durante i lavori; e vista generale

del Centro Congressi durante la sessione di apertura

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Omaggio a Don Alberto Ramírez

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44      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

o scorso 31 marzo, è deceduto Don Mario Alberto Ramírez Zuluaga a seguito di un aneurisma soffer-

to il giorno prima mentre celebrava la Santa Messa. Na-to il 24 gennaio 1940, egli si è distinto per una profonda erudizione, ma si è saputo anche guadagnare, con la sua umiltà e desiderio di aiutare gli altri, l’af-fetto di chi lo ha conosciuto.

Le esequie hanno avuto luogo il gior-no 1º aprile nella cappella dell’Università Pontificia Bolivariana. Sono state presie-dute dall’Arcivescovo di Medellín, Mons. Ricardo Tobón Restrepo, e concelebrate da quattro Vescovi e circa cento presbiteri. Il tempio traboccava di fedeli che desidera-vano manifestargli la loro stima.

Don Ramírez era Dottore in Teo-logia presso l’Università di Lovanio, in Belgio. È stato redattore del docu-mento finale del Sinodo di Medellín del 1973 ed ha avuto un ruolo importante nella prepa-razione di diversi documenti del CELAM. Con mezzi propri e l’aiuto di amici, dirigeva la casa Bosconia, ri-fugio per i senza tetto, e ha dato origine alla Fundación La Fraternidad, per l’educazione di bambini bisogno-si. Sempre sollecito con chi gli chiedeva orientamenti

accademici, è stato direttore di tesi di diversi sacerdoti araldi. Nel gennaio 2010 è stato a San Paolo ad ammi-nistrare un corso intensivo di due settimane agli alunni di filosofia e teologia degli Araldi del Vangelo.

Nelle esequie, quelli che gli sono stati più prossimi hanno affermato: “Egli non man-

cava mai di parlare con ammirazione de-gli Araldi”, sentimento certamente ri-cambiato da tutti i membri di questa Associazione che lo hanno conosciuto. Manifestava una speciale considerazio-ne verso Mons. João Scognamiglio Clá Dias, sulla cui tesi di dottorato – Il do-

no di saggezza nella mente, vita e opera di Plinio Corrêa de Oliveira – ha commentato:

“Monsignore non ha realizzato il suo lavoro semplicemente come ricerca-tore di una ricca letteratura, com’è certamente quella che ci ha lascia-

to il Dr. Plinio, ma anche e soprattutto, è un testimo-ne fededegno della vita di questo grande uomo di cui oserei dire, per l’impressione che ha lasciato su di me la testimonianza di Monsignore, che è stato uno dei maggiori uomini della Storia della Chiesa negli ulti-mi tempi”.

Don Alberto Ramírez durante una lezione, nell’anno 2010

909, e la sua influenza si diffuse presto in tutta Europa. Si calcola che 1200 monasteri siano stati fondati, riforma-ti, amministrati o influenzati dall’abba-zia nel corso dei secoli. Con l’intento di registrare e documentare questa real-tà storica è stata creata la piattaforma www.clunypedia.com, che contiene, tra le altre informazioni, una dettaglia-ta mappa interattiva che localizza que-sti monasteri e modelli in 3-D di diver-si elementi architettonici. Essa è stata concepita “per far conoscere e com-prendere meglio il ruolo di Cluny e dei luoghi cluniacensi nella nostra storia. Si tratta di aiutare nella preservazione e nella promozione del patrimonio clu-niacense materiale e immateriale. L’in-tenzione è fare di Clunypedia un mez-zo intelligente per rafforzare una certa identità culturale europea”.

Attualmente resta soltanto una piccola parte dell’insieme architet-tonico originale, che fu saccheggia-to e distrutto durante la Rivoluzio-ne Francese.

comunicazione, che devono discutere su nuove strategie nel settore.

“Per una società rapida e velo-ce, è urgente che i mezzi di comu-nicazione prevedano alternative che valorizzino altri elementi come il rispetto per l’essere umano, valoriz-zazione del bene, dell’eroismo, del-la solidarietà e della vita. Pensare la comunicazione sociale a partire da valori e principi” – spiega la pagina web dedicata all’evento (www.muti-com.com.br).

L’incontro si svolgerà tra il 15 e il 19 luglio nel Centro Congressi di Vitória. Partecipano alla sua orga-nizzazione le Diocesi “capixabas” di Cachoeiro do Itapemirim, Cola-tina e São Mateus, su iniziativa del-la Commissione di Comunicazione della CNBB.

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Vitória ospiterà il 9º Incontro Brasiliano di Comunicazioni

Etica nelle comunicazioni sarà il te-ma del 9º MUTICOM. La Provincia Ecclesiastica di Espírito Santo acco-glierà partecipanti di tutto il paese per questo incontro di professionisti della

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Messa mozarabica all’Altare della Cattedra

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      45

abato 16 maggio, l’Arcivescovo di Toledo, Mons. Braulio Rodríguez Plaza ha presieduto all’Altare

della Cattedra di San Pietro una solenne Messa in Ri-to Ispano-Mozarabico. Essa è stata uno dei punti cul-minanti del pellegrinaggio alla Città Eterna organizzato dall’Arcivescovado, cui hanno preso parte 300 pellegrini.

Hanno partecipato all’Eucaristia i Cardina-li Gianfranco Ravasi, Manuel Monteiro de Castro, Santos Abril y Castelló, Salvatore De Giorgi, Ju-lián Herranz Casado, Franc Rodé e Renato Raffae-le Martino, oltre al Prelato dell’Opus Dei, Mons. Ja-vier Echevarría, vari Arcivescovi e Vescovi e più di un centinaio di sacerdoti. Erano presenti anche il Ministro spagnolo degli Affari Esteri e Cooperazio-ne, José Manuel García-Margallo, l’Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, Eduardo Gutiérrez Sa-enz de Buruaga e il Vice-Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, Prof. Guzmán Carriquiry Lecour.

Il Santo Padre ha inviato un messaggio firmato dal Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin, sti-molando i partecipanti a “mantenere vive le radici

attraverso cui il messaggio di Cristo è stato trasmes-so a noi”. Tra queste, ha aggiunto, “si trova questo antichissimo rito che manifesta non solo la ricchezza liturgica con cui, secoli fa, si sono espressi i discepoli di Gesù, ma anche la testimonianza di comunità va-lenti e creative, che hanno saputo preservare la loro identità cristiana anche in condizioni difficili e osti-li, e che sono un esempio anche per i nostri giorni”.

Il Rito Ispano-Mozarabico data alla fine del secolo V e fu strutturato nella sua forma definitiva da Sant’I-sidoro di Siviglia. Nella Catte-drale Primate e nella Par-rocchia mozarabica delle Sante Giusta e Rufina, a Toledo, ci sono gior-nalmente Messe cele-brate con questo rito, che è anche usato in altri luoghi, come nel-la Basilica visigotica di San Juan de Baños de Cerrato, a Palencia.

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Centinaia di fedeli dell’Arcidiocesi di Toledo in pellegrinaggio a Roma hanno partecipato alla Celebrazione; sopra, l’Arcivescovo Primate di Spagna, Mons. Braulio Rodríguez Plaza, durante l’Offertorio

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Buoni e malvagi la ricevono, ma...

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46      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

Storia per bambini... o adulti pieni di fede?

ella sacrestia della chie-sa matrice, fra Gaeta-no spiegava gli effet-ti dell’Eucaristia ai suoi

alunni di catechismo:– Buoni e malvagi la ricevono, ma

il risultato è molto diverso: ai buo-ni porta la vita eterna, ai cattivi, la condanna.

L’affermazione sorprese il picco-lo Alberto, un vivace chierichetto di undici anni che assisteva rapito alla lezione.

– Fra Gaetano, come può Gesù far questo? Non è venuto a salvare i peccatori? – chiese il bambino.

– Sì, Alberto. Nostro Signore è molto contento di darSi come alimen-to a coloro che Lo amano, sebbene si-ano pieni di debolezze e difetti. Però, se uno Lo riceve senza le debite dispo-sizioni e senza mostrare pentimento, è impossibile che Lui non si senta offe-so. Non ti sembra logico?

Suonarono le campane dell’Ange-lus e il religioso concluse la lezione. Gli alunni salutarono il devoto fra-te e uscirono conversando animata-mente. Alberto, tuttavia, camminava in silenzio, perplesso per quello che aveva appena ascoltato: come mai

Alberto si mise a pregare affinché una grazia toccasse il cuore di Andrea. Tuttavia, il tempo trascorreva e lui non manifestava nessun segnale di pentimento...

Dio, così misericordioso e buono, pe-netrando nell’anima di un peccatore non produce buoni effetti?

Stava ancora pensando all’argo-mento quando, entrando in casa, in-contrò suo fratello più grande, An-drea, che discuteva un’altra volta con la mamma! Lei era una signo-ra molto pia, recitava il Rosario e si comunicava tutti i giorni con fer-vore. Lo stesso non si poteva dire di Andrea, che non pregava mai, rara-mente si approssimava ai Sacramen-ti e, se le circostanze lo obbligavano ad assistere alla Messa, si comunica-va senza prima aver confessato i gra-vi peccati che aveva commesso.

Nel contemplare quella triste sce-na, Alberto si ricordò delle parole che aveva appena sentito e pensò: “Allora, quando Andrea va a comunicarsi sen-za pentimento, Gesù è terribilmente offeso? Devo fare qualcosa! Se mio fratello si convertisse... quanto fareb-be contento Nostro Signore!”.

A partire da quel giorno, Alberto si mise a pregare affinché una grazia toccasse il cuore di Andrea ed egli tornasse in sé. Senza dir nulla a nes-suno, cominciò a offrire anche pic-coli sacrifici per la sua conversione.

Tuttavia, il tempo trascorreva e il ra-gazzo non manifestava alcun segno di pentimento... Al contrario, sem-brava più indurito nel male!

Trascorsero i mesi ed era vici-na la Solennità del Corpus Domi-ni. Tutta la città cominciò a prepa-rarsi a decorare con tappeti, fiori e tessuti le vie in cui sarebbe passato il Santissimo Sacramento. Alberto fu chiamato da fra Gaetano perché lo aiutasse nella cerimonia come chie-richetto e dovette dedicare molti po-meriggi per le prove.

Finalmente arrivò il grande gior-no! La Santa Messa, seguita dalla processione eucaristica, era prevista la mattina. Alberto indossò la sua tu-nica di chierichetto e seguì i genitori fino alla matrice. Andrea non voleva andarci! Promise soltanto, di fronte alle insistenti suppliche della madre, di affacciarsi alla finestra e fare una profonda riverenza al Santissimo Sa-cramento al passaggio dell’Ostenso-rio. Alberto raddoppiò le preghiere e, con ardore, chiese a Gesù che quello stesso giorno desse a suo fratello una grazia di intera trasformazione...

Suonarono le campane che an-nunciavano l’inizio della Celebra-

Suor Patricia Victoria Jorge Villegas, EP

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      47

zione Eucaristica. Fu intonato il canto di entrata e il corteo cominciò a muoversi. L’incenso dal turibolo si spandeva nel tempio, splendida-mente adornato con fiori e candele. I paramenti dei sacerdoti e diaconi, con ricche bordature in oro, splen-devano di una luce speciale.

Prima del Vangelo il coro cantò a varie voci la sequenza liturgica Lau-da Sion: “Lo ricevono i buoni e i mal-vagi [...]. Morte per i malvagi, vita per i buoni: vedi come sono differenti gli effetti che produce lo stesso alimen-to”... Udendo queste affermazioni, Andrea diventò molto pensieroso...

Nel sermone, fra Gaetano pro-nunciò le sue parole con tanto fuo-co e amore che queste commosse-ro i fedeli. Terminata la Messa, partì la processione con tutta la pompa. Giovani, bambini e anziani precede-vano il palio, ognuno tenendo in ma-no una candela.

Terminata la cerimonia, il popo-lo si disperse, salutandosi con entu-siasmo. Soltanto uno sembrava in-tristito: Alberto. Dove si trovava Andrea? Nemmeno alla finestra lo aveva visto... Preoccupato, andò di corsa a cercare suo fratello in casa

e non lo trovò. Percorse tutto l’abitato, senza tro-varlo. Infine, ritornò in chiesa, già vuota, e lo tro-vò inginocchiato nell’ul-timo banco, col volto ba-gnato di lacrime.

Avvertendo la presen-za di Alberto, Andrea si girò e tentò di parlare. Appena alcune parole gli uscirono dalla bocca, in-tercalate da singhiozzi:

– Sono un miserabile!Dopo essersi calma-

to un po’, raccontò quel-lo che era successo:

– Quando ho sentito le campane, ho sentito un enorme desiderio di comu-nicarmi. E nonostante sa-

pessi che la mia anima non è pulita, ho deciso di farlo... Sono venuto alla ma-trice e sono rimasto vicino alla porta.

– Ma, Andrea, tu non sapevi che non potevi farlo? – rispose Alberto.

– Lo avevo già fatto altre volte... Og-gi, però, è stato tutto diverso! Contem-plando le persone che si avvicinavano alla Comunione, ve-devo Gesù molto contento, desidero-so di penetrare e ri-manere nell’anima di ognuno di loro. Nonostante ciò, se pensavo a me stesso che mi approssima-vo, Nostro Signo-re mi Si presentava con una fisionomia di collera, come a dirmi: “Non osare commettere un sa-crilegio!”.

– È necessario riconoscere che è proprio così: co-municarsi senza es-ser preparati è una grave offesa a Dio – gli disse Alberto.

– Infatti, questo mi ha fatto ricor-dare tutte le mie colpe e mi ha da-to un desiderio molto grande di con-fessarle per poter ricevere la Sacra Comunione e far contento Gesù, che ho fatto tante volte soffrire!

Alberto non poteva contenersi da tanta felicità: Nostro Signore aveva ascoltato le sue preghiere! Si affret-tò a chiamare fra’ Gaetano, affinché amministrasse a suo fratello contrito il Sacramento della Riconciliazione.

Mentre Andrea si confessava, Al-berto si ricordò dell’insegnamento del frate: Gesù, di fatto, sente molta gioia nel visitare le anime che Lo amano e cercano di piacerGli. Tuttavia, sente ri-pulsa e collera verso coloro che ricevo-no la Sacra Eucaristia in forma inde-gna, senza prima aver lavato il peccato della loro anima nelle acque rigenera-trici di una buona Confessione.

Dopo questo episodio che segnò le loro vite, Alberto e Andrea si ri-promisero di confessarsi con fre-quenza e di non peccare mai più, in modo da essere sempre accolti da Gesù con gioia al momento della Sa-cra Comunione. ²

Alberto incontrò Andrea che discuteva con la mamma

“Lo avevo già fatto altre volte... Oggi, però, è stato tutto diverso”

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48      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

I SantI dI ognI gIorno __________________________ gIugno1. San Giustino, martire (†c. 165

Roma).San Simeone di Siracusa, ere-

mita (†1035). Nacque a Siracusa, da padre greco. Dopo aver condot-to una vita eremitica a Betlemme e nel Monte Sinai, terminò i suoi giorni recluso nella torre della Por-ta Nera di Treviri, in Germania.

2. Santi Marcellino e Pietro, martiri (†304 Roma).

Beati Sadoc, sacerdote, e com-pagni, martiri (†1250). Religio-so domenicano di Sandomierz, in Polonia, fu vittima dei tartari, in-sieme ad altri 48 religiosi, mentre cantavano la Salve Regina.

3. Santi Carlo Lwanga e compagni, martiri (†1886 Kampala - Uganda).

San Cono, monaco (†sec. XIII). Monaco del Convento di Santa Maria di Cadossa, in Luca-nia, ucciso molto giovane.

4. Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.

San Francesco Caracciolo, sa-cerdote (†1608). Fondatore della Congregazione dei Chierici Re-golari Minori, morì a 44 anni ad Agnone, Isernia.

5. San Bonifacio, vescovo e martire (†754 Dokkum - Olanda).

San Doroteo di Tiro, vescovo e martire (†sec. IV). Ancora pre-sbitero, subì molte persecuzioni al tempo di Diocleziano, ma riuscì a sopravvivere fino a 107 anni, quan-do fu martirizzato a Tiro, in Liba-no, durante il regno di Giuliano.

6. San Norberto, vescovo (†1134 Magdeburgo - Germania).

Beato Innocenzo Guz, sacer-dote e martire (†1940). Sacerdo-te francescano polacco, ucciso nel campo di concentramento di Sachsenhausen, in Germania.

7. X Domenica del Tempo Ordinario.

Beata Maria Teresa de Soubi-ran La Louvière, vergine (†1889). Fondatrice delle Suore di Maria Ausiliatrice, a Tolosa, in Francia. Fu ingiustamente espulsa dal-la sua opera e passò il resto della sua vita in profonda umiltà.

8. Beato Nicola da Gesturi, religioso (†1958). Sacerdote cappuccino, del convento di Cagliari. Sem-pre pronto ad aiutare gli indigen-ti, stimolò molti altri alla pratica della carità verso i poveri.

9. Sant’Efrem, diacono e dottore del-la Chiesa (†373 Edessa - Turchia).

Beata Anna Maria Taigi, ma-dre di famiglia (†1837). Sopportò con pazienza il carattere violen-to di suo marito e si dedicò all’e-ducazione dei suoi sette figli. Fa-vorita dal dono della profezia, di-venne consigliera di Santi e illu-stri ecclesiastici, a Roma.

10. Beato Enrico da Bolzano, laico (†1315). Falegname, dava tutto ai poveri; ridotto a chiedere la cari-

tà alla fine della sua vita, divideva con altri mendicanti l’elemosina che riusciva a ottenere a Treviso.

11. San Barnaba, apostolo.Santa Rosa Francesca Maria

Addolorata, vergine (†1876). Tra-sformò un’associazione di don-ne pie nella Congregazione delle Suore della Madonna della Con-solazione, a Tortosa, in Spagna.

12. Solennità del Sacratissimo Cuo-re di Gesù.

San Gaspare Bertoni, sacer-dote (†1843). Fondatore della Congregazione delle Sante Pia-ghe di Cristo, a Verona.

13. Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria.

Sant’Antonio di Padova, sa-cerdote e dottore della Chiesa (†1231 Padova).

San Fandila, sacerdote e mo-naco (†853). Decapitato a Cor-dova, in Spagna, al tempo di re Mohamed I.

14. XI Domenica del Tempo Ordi-nario.

San Metodio, vescovo (†847). Prima di essere eletto Patriar-ca di Costantinopoli, fu mona-co nell’isola di Chios, in Grecia, e ricorse a Roma per difendere il culto delle immagini sacre.

15. Beata Albertina Berkenbrock, vergine e martire (†1931). Assas-sinata a 12 anni a São Luís nel-lo Stato di Santa Catarina (Brasi-le), per aver difeso eroicamente la sua castità.

16. Sant’Aureliano, vescovo (†551). Vescovo di Arles e Vicario di Pa-pa Virgilio per la Gallia, fondò un monastero maschile e un altro femminile nella sua diocesi, dan-do loro una regola da lui redatta.

Beata Maria Teresa de Soubiran La Louvière

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Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      49

I SantI dI ognI gIorno __________________________ gIugno17. San Pietro Da, martire (†1862).

Falegname e sacrestano ucciso al rogo a Qua-Linh, in Vietnam, al tempo dell’imperatore Tu Duc.

18. Santa Elisabetta, vergine (†1164). Superiora del monaste-ro benedettino di Schönau, in Germania.

19. San Romualdo, abate (†1027 Marche).

Santa Giuliana Falconie-ri, vergine (†c. 1341). Fondò a Firenze, l’istituto delle Suore dell’Ordine dei Servi di Maria, denominate “Mantellate” a cau-sa del loro abito religioso.

20. Beata Margherita Ebner, vergine (†1351). Religiosa domenicana che, soffrendo molte malattie, si distinse nella pratica di mortifica-zioni, a Mödingen, in Ger-mania.

21. XII Domenica del Tempo Ordinario.

San Luigi Gonzaga, reli-gioso (†1591 Roma).

San Giuseppe Isabel Flores, sacerdote e marti-re (†1927). Cappellano di Matatlán, in Messico, sgoz-zato durante le persecuzio-ni religiose, a Zapotlanejo.

22. San Paolino di Nola, ve-scovo (†431 Nola).

San Giovanni Fisher, vescovo, e San Tommaso Moro, martiri (†1535 Lon-dra).

San Flavio Clemente, martire (†96). Console ro-mano, martirizzato per es-sersi rifiutato di adorare gli dei pagani, durante la per-secuzione di Domiziano.

23. San Giuseppe Cafasso, sacerdote (†1860). Si dedicò alla formazio-ne spirituale e culturale dei futuri chierici e a riconciliare con Dio i condannati a morte, a Torino.

24. Natività di San Giovanni Battista.

San Teodgaro, sacerdote (†c. 1065). Missionario che evange-lizzò e costruì a Vestervig, in Da-nimarca, la prima chiesa in legno della regione.

25. San Guglielmo di Vercelli, aba-te (†1142). Grande apostolo del-la vita di preghiera e contempla-zione, fondò numerosi monaste-ri nell’Italia meridionale. Morì a Goleto.

26. San Giuseppe Maria Escrivá de Balaguer, sacerdote (†1975 Ro-ma).

Beato Giacomo da Ghazir Haddad, sacerdote (†1954). Sa-cerdote cappuccino, fondatore della Congregazione delle Suore Francescane della Croce, a Bei-rut, in Libano.

27. San Cirillo d’Alessandria, ve-scovo e dottore della Chiesa (†444 Alessandria - Egitto).

San Sansone, sacerdote (†560). Di origine romana, visse da giovane a Costantinopoli, do-ve fu ordinato e fondò un ospe-dale. Usava le sue conoscenze

mediche a beneficio dei poveri.

28. XIII Domenica del Tempo Ordinario.

Sant’Ireneo, vescovo e mar-tire (†c. 202 Lione - Francia).

Santa Vincenza Gerosa, ver-gine (†1847). Insieme a San-ta Bartolomea Capitanio, fon-dò l’Istituto delle Suore della Carità (o delle Suore di Maria Bambina), a Lovere, Bergamo.

29. Solennità dei Santi Pietro e Paolo, apostoli.

Beato Raimondo Lullo, reli-gioso e martire (†1316). Terzia-rio francescano. Uomo di gran-de cultura e eminente dottri-na, si impegnò nel dialogo con i saraceni e viaggiò fino al nord dell’Africa con questo scopo. Fu ucciso mentre ritornava a Maiorca, in Spagna.

30. Santi Protomartiri del-la Santa Chiesa di Roma (†64 Roma).

Beato Zenone Kovalyk, sa-cerdote e martire (†1941). Sa-cerdote redentorista, ucciso in prigione, a Lviv, in Ucraina.

Visione di San Romualdo, dello Pseudo Jacopino - Pinacoteca Nazionale, Bologna

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Come il cedro del Libano ...

50      Araldi del Vangelo · Giugno 2015

Dio ha voluto costruire per Sé un Tempio splendente, elevato come il cedro del Libano, immacolato e ornato di innumerevoli grazie e privilegi, il cui gradevole profumo attira i buoni e mette in fuga i malvagi.

elle regioni montuose del Medio Oriente vi-cine al Mar Mediterra-neo, Dio invita l’uomo

a contemplare una bellezza naturale interamente mitica. Lì si trovano pa-esaggi pieni di mistero e poesia che sembrano usciti da una leggenda, nei quali si ergono i famosi cedri del Li-bano. Alberi frondosi e maestosi, il cui fogliame si mantiene sempre verde, possono raggiungere i 40 m di altezza e vivere per secoli, attraversando inco-lumi inverni ed estati.

Questi imponenti vegetali sop-portano bene l’aridità, ma hanno bi-sogno della luce e del calore solare per svilupparsi pienamente. Di qui la loro preferenza per le cime dei monti, dove costumano formare fo-reste pure o miste con abeti della Cilicia, larici o alcune specie di ju-niperus, per esempio. Quando si tro-vano in mezzo ad altre specie, i ce-dri li superano elevandosi superbi, portandoci a pensare a quella mi-riade di anime che si sublimano per la loro fedeltà e, distaccandosi dal-lo scenario della Storia, indicano il Cielo: i Santi.

A somiglianza dei cedri, anch’es-si crescono sotto l’azione del Sole

della Giustizia, Gesù Cristo, e nella misura in cui progrediscono in per-fezione vanno distanziando il loro cuore dalle cose della Terra per fis-sarlo nelle meraviglie del Cielo. Con le radici ben fondate nella pratica dei Comandamenti e nella frequen-za ai Sacramenti, resistono non solo alle aridità della vita spirituale, ma anche alle tempeste delle difficol-tà: “crescerà come cedro del Liba-no. Piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio” (Sal 91, 13-14).

Ora, se un così eccellente albe-ro rappresenta i giusti, a maggior ra-gione ancora simbolizza Maria, la Regina di tutti i Santi, cui si applica quel passo del Siracide: “Sono cre-sciuta come un cedro sul Libano” (24, 13).

Per meglio comprendere questo elogio biblico, occorre ricordare che il legno di cedro, aromatico e incor-ruttibile, fu utilizzato da re Salomo-ne per rivestire l’interno del Tempio di Gerusalemme, come descrivono le Sacre Scritture: “Il cedro all’in-terno del tempio era scolpito a ro-soni e a boccioli di fiori; tutto era di cedro e non si vedeva una pietra” (I Re 6, 18).

In forma analoga, Dio ha voluto costruire per Sé un Tempio splen-dido e immacolato: da tutta l’eter-nità, Egli ha predestinato Maria Santissima a essere la Madre di suo Figlio Unigenito e L’ha preparata per questa missione, preservando-La dalla corruzione del peccato e ornandoLa con innumerevoli gra-zie e privilegi, il cui gradevole pro-fumo attira i buoni e mette in fuga i malvagi.

L’espressiva immagine del ce-dro applicata a Maria è consegnata dalla Chiesa nel bel testo del Picco-lo Ufficio dell’Immacolata Concezio-ne, la cui recitazione permette ai fe-deli di esaltare le grandezze della Madonna e, nello stesso tempo, di sperimentare le dolcezze della sua materna bontà. Per questo, chia-mandoLa “Cedro dalla purezza ra-ra”,1 in questa preghiera, abbiamo la certezza che Lei, sebbene elevata al di sopra di tutte le creature, pro-vi pietà per ognuno dei Suoi figli e si prodighi per loro affinché raggiun-gano il Cielo. Infatti, se è stata Lei la “via per la quale l’Altissimo è sce-so ai piccini”, è sempre Lei la “via per la quale i piccini possono salire all’Altissimo”!2 ²

Suor Adriana María Sánchez García, EP

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Come il cedro del Libano ...

Giugno 2015 · Araldi del Vangelo      51

1 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Pe-queno Ofício da Imaculada Conceição Comentado. 2.ed. São Paulo: ACNSF, 2010, vol.I, p.243.

2 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. La-dainha de invocações a Nossa Senho-ra. In: Opera Omnia. Reedição de escri-tos, pronunciamentos e obras. São Pau-lo: Retornarei, 2011, vol.III, p.411.

Jebu

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(PD

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Cedro del Libano del parco del Castello di Hautefort, Dordogna (Francia)

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V oi tutti che avete sete, venite a dissetar-vi a questa fonte. Affrettatevi! Perché

aspettate anche un momento soltanto? Teme-te per caso di offendere la bontà del vostro Re-dentore, ricorrendo al Cuore di sua Madre? Non sapete che Maria nulla è, nulla può e nulla ha che non sia di Gesù, per Gesù e in Gesù? E che è Gesù che è tutto, può tutto e fa

tutto in Lei? Ignorate che Gesù non solo risie-de e Si manifesta continuamente nel Cuore di Maria, ma è Lui stesso il cuore del Cuore di Lei e che, pertanto, andare al Cuore di Maria è onorare Gesù, invocare il Cuore di Maria è invocare Gesù?

Dal Lezionario di San Giovanni Eudes

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