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1 DIRETTORE RESPONSABILE Antonio R. De Caria [email protected] COMITATO DI DIREZIONE Eleonora Carravieri Antonio R. De Caria COMITATO SCIENTIFICO Sandro Burdo - Milano Delfo Casolino - Cesena Antonio Cesarani - Milano Domenico Cuda - Piacenza Maria Ferretti - Ravenna Francesco Galletti - Messina Giuseppe Gitti - Firenze Roberta Mazzocchi - Terni Maria Rosa Paterniti - Palermo Fabio Piazza - Mantova Vincenza Piraino - Catanzaro Antonio Quaranta - Bari SEGRETERIA DI REDAZIONE ASSOCIAZIONE LOGOPEDISTI LOMBARDI Viale Aretusa n. 28 - 20147 Milano Tel. 333 8272661 e-mail [email protected] Progetto grafico della copertina: Lamberto Radaelli Consulenza legale: Avv. Aldo De Caria via L. Boccherini 3, 00198 Roma tel. 06 84242470 Fotocomposizione e Stampa: ERRE DI ESSE GRAFICA S.p.A. Via delle Industrie 8 MERATE (LC) Tel. 039.990.22.95 - www.errediesse.it Registrazione: Tribunale di Milano Numero 538 del 19-7-2004 Si ringrazia per la preziosa collaborazione Rivista Italiana di Logopedia Periodico Semestrale Anno 11° - N. 2 Luglio – Dicembre 2013

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DIRETTORE RESPONSABILEAntonio R. De [email protected]

COMITATO DI DIREZIONEEleonora CarravieriAntonio R. De Caria

COMITATO SCIENTIFICOSandro Burdo - MilanoDelfo Casolino - CesenaAntonio Cesarani - MilanoDomenico Cuda - PiacenzaMaria Ferretti - RavennaFrancesco Galletti - MessinaGiuseppe Gitti - FirenzeRoberta Mazzocchi - TerniMaria Rosa Paterniti - PalermoFabio Piazza - MantovaVincenza Piraino - CatanzaroAntonio Quaranta - Bari

SEGRETERIA DI REDAZIONEASSOCIAZIONELOGOPEDISTI LOMBARDIViale Aretusa n. 28 - 20147 MilanoTel. 333 8272661 e-mail [email protected]

Progetto grafico della copertina: Lamberto Radaelli

Consulenza legale: Avv. Aldo De Caria via L. Boccherini 3, 00198 Roma tel. 06 84242470

Fotocomposizione e Stampa: ERRE DI ESSE GRAFICA S.p.A.Via delle Industrie 8 MERATE (LC)Tel. 039.990.22.95 - www.errediesse.it

Registrazione: Tribunale di MilanoNumero 538 del 19-7-2004

Si ringrazia

per la preziosa collaborazione

Rivista Italianadi Logopedia

Periodico SemestraleAnno 11° - N. 2

Luglio – Dicembre 2013

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Norme per la pubblicazione degli articoli

I lavori potranno essere inviati su CD (a mezzo raccomandata) o allegati di posta elettronica. L’articolo deve rispettare le seguenti caratteristiche: formato WORD; carattere ARIAL; dimensione 11; interlinea 1,15; breve riassunto eparole chiave.In ogni lavoro devono essere indicati i nomi completi, i titoli, le qualifiche e l’indirizzodegli Autori.I lavori non conformi alle istruzioni non saranno accettati.L’invio stesso sottintende la dichiarazione degli Autori, sotto la propria responsabilità, chesi tratta di lavori originali, non pubblicati né sottoposti per la pubblicazione altrove e che nonledono diritti altrui. Qualora, gli Autori, facciano parte di una struttura Universitaria e/o Ospe-daliera e/o Altro, devono essere in possesso del consenso del Responsabile della strutturastessa per l’invio e il vaglio dell’articolo. La correzione delle bozze di stampa sarà limitataalla semplice revisione tipografica: eventuali modifiche del testo saranno a cura degli Au-tori. Le bozze corrette dovranno essere rispedite entro sette giorni alla Segreteria di Re-dazione. In caso di ritardo, la Redazione potrà correggere d’ufficio le bozze in baseall’originale pervenuto. Saranno accettati articoli originali su argomenti di Logopedia, Fo-niatria, Audiologia, Fonetica, Neuropsichiatria, Otorinolaringoiatria e Psicologia che do-vranno essere inviati alla Segreteria di Redazione. Gli Autori accettano implicitamente cheil lavoro venga sottoposto in modo anonimo all’esame del Comitato di Redazione e in casodi accettazione a revisione editoriale. I lavori saranno vagliati dal comitato di redazioneche potrà proporre correzioni o modifiche. Illustrazioni: le riproduzioni fotografiche dovrannoessere di buona qualità. Disegni, diagrammi e tabelle, devono essere forniti nella forma de-finitiva. I riferimenti bibliografici dovranno contenere nell’ordine: cognome e nome dell’au-tore, anno della pubblicazione, - se libro: titolo, editore, sigla internazionale della nazione,- se rivista: titolo del lavoro, testata della Rivista, volume e pagine.

La rivista LOGOPaeDIA è proprietaria dei diritti d’Autore di quanto in essa pubblicato: i dirittidi pubblicazione, riproduzione, trasmissione e memorizzazione in qualsiasi forma e con qua-lunque mezzo sono riservati. I lavori pubblicati possono essere ripresi, in tutto o in parte, sem-pre specificandone la fonte, solo con l’autorizzazione scritta del direttore della rivista.

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INDICE

Comunicazione pag. 4

Voce e Sport: la disfonia muscolo-tensiva da malmenage vocalenell'atleta e nel coaching (Studio preliminare)G. Boncore, S. Petyx, F. Cupido, G. Battaglia pag. 5

Sistema attentivo-esecutivo in soggetti dislessicie non a confrontoC. Falzone pag. 24

Amusia tecnologicamente indotta in pazientiportatori di impianto cocleareTeresa Pantusa pag. 43

Recensioni pag. 59

Corsi e Congressi pag. 61

Comunicato pag. 63

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CENTRO RICERCHE E STUDI AMPLIFON

BORSA DI STUDIO 2013PER LOGOPEDISTI

Il Centro Ricerche e Studi Amplifon (CRS), con il patrocinio della Fede-razione Logopedisti Italiani e della Società Scientifica Logopedisti Ita-liani, bandisce una Borsa di Studio per neolaureati in Logopedia. Tutticoloro che si laureano presso un’Università italiana nell’anno solare2013 possono concorrere alla Borsa di Studio.

Sono in palio 3 Borse di Studioda 1.000 Euro ciascuna.

Le tesi, potranno pervenire su CD (a mezzo raccomandata) o allegatidi posta elettronica e dovranno, pena automatica esclusione, rispet-tare queste caratteristiche: formato WORD, carattere ARIAL, dimen-sione 12, interlinea 1,15.N.B. NON SARANNO ACCETTATI LAVORI IN FORMATO PDF.Le tesi dovranno essere inviate entro il 30 – 04 - 2014.Le tesi verranno sottoposte in forma anonima, senza indicazione del-l’Autore e dell’Università di provenienza, ad una Commissione esami-natrice indipendente che selezionerà le tre giudicate più meritevoli. Letesi premiate saranno pubblicate su LOGOPaeDIA. I vincitori sono tenutia informare tempestivamente il Direttore della Scuola della selezione edella pubblicazione della loro tesi.

Le tesi dovranno essere inviate come allegato a:[email protected] - per posta: ANTONIO DE CARIA

c/o Amplifon SpA, via Ripamonti 133 – 20141 Milano.

gli Autori delle tre tesi vincenti saranno immediatamente informati del-l’esito della selezione e i premi verranno assegnati entro dicembre 2014.Confidiamo in una attiva collaborazione, da parte di tutti i professionistidel settore, nel rafforzare questa iniziativa che speriamo essere di buonauspicio per il futuro dei nuovi professionisti.

La Direzione

Per ulteriori informazioni contattare il Centro Ricerche e Studi Amplifon,Via Ripamonti 133 - Milano - Tel: 02 57472361, Fax: 0257472335,

e-mail: [email protected]

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LOGOPaeDIA 2013; vol.2 Ricerche e studi

TESI VINCITRICE DELLA BORSA DI STUDIO DEL CRS AMPLIFONPER I LAUREATI IN LOGOPEDIA NELL’ANNO 2012

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMOFACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA

Voce e Sport: la disfonia muscolo-tensivada malmenage vocale nell'atleta e nel coaching

(Studio preliminare)

Gabriele Boncore1 Dott. Log, Sabrina Petyx2,3 Dott.ssa Log,

Francesco Cupido3 MD PhD, Giuseppe Battaglia4 PhD

Università degli studi di Palermo1: Libero professionista, Via Vescovo Nicodemo, 10, 90146, Palermo, Italia; 2: Scuola di Me-

dicina e Chirurgia, Corso di laurea in Logopedia, Università degli studi di Palermo, Italia; 3:

Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Paolo Giaccone di Palermo, Via del Vespro, 129

- 90127, Palermo, Italia; 4: Dipartimento di Studi giuridici della Società e dello Sport, Univer-

sità degli studi di Palermo, Via Eleonora Duse 2 – 90146, Palermo, Italia.

Parole chiave: Sport, Analisi vocale, Disfonia muscolo-tensiva, Prevenzione

AbstractLe indagini sperimentali sono state condotte al fine di indagare l'utilizzo della voce in am-bito sportivo, in un'ottica di prevenzione e di educazione/rieducazione della voce di pro-fessionisti e dilettanti del settore. Al fine di identificare correlazioni e fattori di rischio legatialle singole discipline, abbiamo formulato e applicato il "Protocollo di Valutazione per i Di-

sturbi della Voce in Ambito Sportivo", conducendo un'analisi statistica descrittiva, svoltaattraverso i questionari di consapevolezza vocale, su un campione di 44 istruttori e 100atleti e, successivamente, testando un gruppo di 34 sportivi con una valutazione clinica,percettiva e spettro-acustica digitale degli adattamenti vocali in risposta ad una seduta diallenamento tipo, comparando i soggetti ad un gruppo di sedentari (controllo). A comple-tamento di tale percorso, abbiamo condotto un’indagine in video-laringo-strobo-scopia sullafisiologia glottica che caratterizza il cattivo atteggiamento vocale degli sportivi. Per far ciòabbiamo indagato, in sede di esame, una condizione di emissione vocale sotto sforzo fi-sico. I dati preliminari risultanti hanno evidenziato come le pratiche vocali degli sportivi,connesse a caratteristiche specifiche di contesto (distanza dal bersaglio, cattiva acustica,movimento/sforzo concomitante), possano risultare un rischio di disfonia muscolo-tensiva,i cui effetti lesivi sull’apparato vocale potrebbero, secondo la nostra ipotesi, venire atte-nuati dall'adozione di un “Protocollo di Riscaldamento Vocale in Ambito Sportivo”, da svol-gersi prima dell'attività di atleti ed istruttori, nella prospettiva futura di poter prevedere untraining vocale nel percorso formativo del coaching, che consenta una prevenzione delledisfonie professionali specifiche.

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INTRODUZIONE“Voce e sport”, rappresenta una tesi di ricerca che unisce il microcosmo logopedico alcuore delle scienze motorie, in un'ottica di studio multidisciplinare. Le conoscenze della fi-siologia medica e della vocologia, sono state applicate per condurre un’indagine sulle di-namiche vocali utilizzate in ambito sportivo. Gli obiettivi prefissati sono stati: - l’analisi delletipiche modalità fonatorie dei professionisti nell’ambito del coaching e relative conseguenzesu struttura e funzione dell’organo vocale, in una dinamica che va dalla “disfonia senza di-sfonia”, al circolo vizioso della disfunzione e che esita, nel tempo, nel fono-traumatismo; -la verifica delle correlazioni tra la multifunzionalità della laringe e l’esercizio fisico dell’atleta,approfondendo le dinamiche sfinteriali in cui viene a trovarsi ad agire “una laringe che fissa

e che fona”, ovvero impegnata duplicemente nelle funzioni di fissazione e fonazione. E’noto, infatti, che attraverso l’accollamento cordale e la manovra di Valsalva, la laringe par-tecipi, oltre che alla funzione vocale, anche alla fissazione dell'intera gabbia toracica du-rante il compimento di uno sforzo, ricoprendo un ruolo primario, come dimostrato daglistudi sui soggetti laringectomizzati, i quali riferiscono difficoltà nel sollevare oggetti pesantidopo l'intervento di asportazione della laringe1. Atleti e istruttori possono, così, evidenziare,durante la pratica, emissioni di sforzo sfocianti nel malmenage vocale, esponendosi al ri-schio di disfonia muscolo-tensiva. Reich et al. (1986) hanno condotto uno studio sul com-portamento vocale delle cheerleaders, rilevando modalità ipercinetiche dei meccanismifonatori, tendenti ad innescare disfunzioni nodulari delle corde vocali2. Heidel et al. (1993)hanno ricercato l'insorgenza della sintomatologia fonopatica negli istruttori di aerobica, ri-levando come questi esibissero raucedine, disfonia o afonia, tensioni muscolo-scheletriche,colpi di glottide e livelli di intensità e di Frequenza Fondamentale che superavano i ranges

limite3, dati confermati dalle ricerche condotte da Long et al. (1998)4. Successivamente, Wil-liams (2003) ha condotto una review della letteratura sui gruppi occupazionali consideratia rischio di disfonia, includendo, tra i sottogruppi esaminati nella ricerca, cheerleaders eistruttori di aerobica5.Gli istruttori, infatti, sono particolarmente esposti al rischio di sviluppare una disfonia pro-fessionale (klesiastenia), dato l’utilizzo prevalente di una voce da comando, in presenza diatteggiamenti posturali di estensione dorsale del rachide cervicale nella voce proiettiva(verso interlocutori lontani) o proiezione in avanti nella voce di insistenza (verso interlocu-tori relativamente vicini); anche gli atleti, seppur con minor frequenza degli istruttori, uti-lizzano modalità gridate e ad alta intensità, specialmente negli sport di squadra come ilcalcio o il rugby o in attività individuali, dove la voce può accompagnare l'attività fisica, peragevolare una maggiore efficacia del gesto atletico (emissione di carica nel dritto del ten-nista, nell’esercizio del body-builder, nella mischia del rugbista), richiamando in allena-mento atteggiamenti posturali e fonatori tipici dei gesti di gara.L’apparato pneumo-fono-articolatorio e quello posturo-cinetico, evidenziano come la vocee il movimento rappresentino un unico epifenomeno di quello che potremmo definire un“corpo vocale”, che nello sportivo deve far fronte a condizioni fono-respiratorie di tipo for-zato (con prevalente contributo toraco-costale), per i cambiamenti ventilatori indotti dal-l'attività, le necessità di urgenza nella proiezione vocale verso bersagli comunicativi distantie nel superamento dei limiti acustici degli impianti sede dell'attività. Nel tentativo di com-prendere la condizione naturale in cui è immerso il corpo vocale dello sportivo, che vede,da una parte, atteggiamenti posturali e tensioni muscolo-scheletriche influenzare assettorespiratorio e postura glottica e, dall’altra, alterazioni della funzione vocale essere causadi alterazione posturale6, in un rapporto circolare che lega postura e voce7, abbiamo con-dotto una ricerca conoscitiva che presuppone un intervento, attraverso informazione e for-mazione sulle corrette metodologie fonatorie in ambito sportivo, relativi fattori di rischio eloro prevenzione.

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SCOPOLo scopo di questo studio è stato quello di approfondire le dinamiche del malmenage vo-cale di atleti ed istruttori, rilevando le modalità fonatorie caratteristiche correlate al rischiodi disfonia muscolo-tensiva, in un'ottica preventiva di educazione/rieducazione della vocein ambito sportivo. L'analisi condotta si è composta di tre indagini sperimentali: 1) rileva-zione di modalità fonatorie ricorrenti durante le attività sportive, con individuazione di va-riabili soggettive ed ambientali, connesse allo sforzo vocale e all'insorgenza dellasintomatologia disfonica percepita da istruttori ed atleti di differenti discipline sportive; 2)analisi degli effetti in acuto sulla voce dopo una seduta di allenamento tipo, per verificareandamenti e correlazioni con le attività specifiche delle categorie sportive; 3) indagine sullemodificazioni glottiche incorrenti nella produzione di emissioni fonatorie sotto sforzo sub-massimale, al fine di comprendere i meccanismi e le posture laringee di avvio del malme-nage vocale degli sportivi.

MATERIALI E METODIPer le prime due fasi di indagine la ricerca ha previsto la formulazione e l'applicazione delProtocollo di Valutazione per i Disturbi della Voce in Ambito Sportivo, suddiviso in un que-stionario di consapevolezza vocale e un test di valutazione percettiva e strumentale dellavoce. Infine, per lo svolgimento della terza indagine, è stato condotto un esame in video-laringo-strobo-scopia (VLS) di emissioni fonatorie sotto sforzo sub-massimale.

Tabella 1. Questionario

di consapevolezza vocale:

istruttori reclutati

Tabella 2. Questionario

di consapevolezza vocale:

atleti reclutati

Indagine 1. Studio dell’autopercezione vocale in istruttori ed atletiReclutamento del campionePer lo studio di rilevazione dell'autopercezione vocale degli sportivi, effettuato tramite com-pilazione di un questionario di consapevolezza vocale, sono stati reclutati 44 istruttori e100 atleti tra i centri sportivi di Palermo. Il gruppo degli istruttori è stato ripartito in 6 sotto-gruppi, equivalenti alle suddivisioni per discipline simili per pratiche di gioco e condizioniacustiche ambientali, distinguendo: sport di squadra in campo aperto svolti su terra (calcio

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e rugby), attività semi-individuali in campo aperto svolte su terra (atletica leggera e tennis),sport di squadra o semi-individuali acquatici svolti a mare (canottaggio e windsurf), attività inpiscina (nuoto), attività in palestra (body-building, pesistica, kick-boxing, karate e pallavolo) eattività in sala con utilizzo di musica ad alto volume (fitness musicali) (tabella 1). Il gruppo diatleti è stato suddiviso in 11 gruppi corrispondenti alle singole discipline: rugby, calcio, atleticaleggera, pallavolo, basket, canottaggio, windsurf, nuoto, lotta (kick boxing e karate), body-buil-ding (comprendendo all'interno anche 3 pesisti) e fitness musicali (tabella 2).

Questionario di consapevolezza vocaleAbbiamo elaborato ed applicato due questionari di consapevolezza vocale, uno specificoper gli istruttori ed uno per gli atleti, lo strumento comprendeva domande per sezioni spe-cifiche e analizzava l'autopercezione vocale degli sportivi. Entrambi i questionari si com-ponevano di macroaree che indagavano l'utilizzo della voce durante le attività, le modalitàfonatorie ricorrenti, le caratteristiche acustiche ambientali percepite dagli atleti partecipantie dagli istruttori durante il training, la qualità e la frequenza dei sintomi fonopatici accusatidurante e successivamente l'allenamento o la competizione. Lo strumento comprendeva,inoltre, un inquadramento anamnestico con lo scopo di identificare, da un punto di vista ge-nerale, tendenze e fattori di rischio di disfonia correlati alla pratica sportiva. Il questiona-rio degli atleti si componeva di 39 domande in totale, di cui 23 comprendenti le sezionianamnestiche e di curriculum sportivo, 13 che indagavano l'utilizzo della voce e la sinto-matologia disfonica percepita e 3 riguardanti l'acustica dell'impianto sportivo. Il questio-nario degli istruttori si componeva di 51 domande, di cui 25 comprendenti le sezionianamnestiche e di curriculum sportivo, 20 inerenti le modalità fonatorie e relativa sinto-matologia fonopatica, 2 riguardanti la percezione dell'acustica ambientale e 4 sulle tecni-che vocali adoperate nel coaching. La compilazione dei questionari è avvenuta tramitemodalità faccia a faccia, con lo stesso operatore per tutti i soggetti interpellati.

Analisi dei datiI dati risultanti sono stati oggetto di un'analisi statistica descrittiva, eseguita tramite calcolodi indici di conta e relative percentuali. Per la valutazione è stato utilizzato il software Mi-crosoft Office Excel 2007.

Indagine 2. Studio degli adattamenti vocali in istruttori e atleti in risposta ad una se-duta di allenamento tipo

SOL3-MI3-DO3); 6

Tabella 3. Test di valutazione della voce: sportivi e sedentari reclutati

* il valore fa riferimento agli anni di inattività dei soggetti sedentari

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Reclutamento del campionePer lo studio di analisi tramite test di valutazione della voce sono stati reclutati tra i centrisportivi di Palermo 42 soggetti: 10 allenatori di calcio, 4 istruttori di atletica leggera, 6 istruttoridi sport acquatici (4 allenatori di canottaggio e 2 istruttori di windsurf), 5 istruttori di fitness mu-sicale, 3 istruttori di body-building, 6 giocatori di calcio e 8 soggetti sedentari come gruppo dicontrollo (tabella 3). I soggetti del gruppo di controllo hanno dichiarato di non svolgere alcunaattività professionale a rischio di disfonia o che richiedesse elevate prestazioni vocali. Tutti isoggetti, prima di effettuare il test, hanno dichiarato di non aver svolto attività vocali impe-gnative o durature nelle 5 h precedenti l'inizio della fase sperimentale. Tutti i soggetti valutaticon il test, hanno anche compilato il questionario di consapevolezza vocale.

Test di valutazione della voceAbbiamo elaborato ed utilizzato un test di valutazione della voce in un gruppo di sportivi ein un gruppo di sedentari (controllo). I soggetti sono stati testati con il Protocollo prima edopo una seduta di allenamento tipo (1 h e 30 min./ 2 h), l'analisi comprendeva una valu-tazione baseline (BL), prima della seduta di allenamento e una valutazione after training

(AT), subito dopo il termine dell'allenamento. I soggetti controllo, durante l'intervallo tra laprima valutazione e la seconda, non hanno svolto attività fisica e hanno praticato attivitàvocale neutra, quindi, per questi soggetti, alla valutazione baseline si aggiunge un post-test

dopo il periodo di inattività (PT). L'analisi testologica è stata effettuata su registrazione mi-crofonica in ambiente silente (<30-40 dB di rumore di fondo), lo stesso ambiente è stato uti-lizzato per le valutazioni BL e AT/PT. Il microfono Sony FV220 Dynamic Microphone,collegato al registratore Philips Voice Tracer 4GB (LFH0655/00) è stato posizionato all'al-tezza del piano della bocca distanziato di circa 10 cm. Il test di valutazione della voce uti-lizzato ha previsto 6 prove: 1) durata del soffio espiratorio (SE); 2) tempo massimo fonatoriosull'emissione sostenuta e prolungata della /a/ (TMF); 3) tenuta dell'altezza tonale sul-l'emissione delle vocali /i/ ed /e/ prolungate in legato sulla tonalità del DO3; 4) escursionetonale ascendente sull'emissione vocale della /i/ (DO3-FA3-LA3); 5) escursione tonaleascendente e discendente della sequenza vocalica U-O-O in legato (DO3-MI3-SOL3;SOL3-MI3-DO3); 6) lettura di un brano standardizzato (n° parole 158). Per le prove suescursioni tonali è stato utilizzato un emulatore di tastiera musicale, tramite cui fornirel'esempio tonale. Le prove sono state, quindi, oggetto di una valutazione clinica fono-re-spiratoria, una valutazione percettiva della voce e una valutazione spettro-acustica digitale.

Valutazione clinicaLa valutazione ha compreso un'osservazione clinica dell’assetto respiratorio prevalentein fonazione fra condizione BL e AT, e una valutazione dell'attacco vocale con riferimentospecifico alla modalità nel BL e quella nell’AT. I dati venivano poi integrati con i parametridel SE e del TMF risultanti dalle prime due prove del test. Una scheda di registrazione dati,compilata dall’esaminatore, ha permesso di annotare altre caratteristiche riguardanti l'as-setto posturale, le componenti fono-risonanziali, fono-articolatorie e ulteriori segni clinici.Ogni scheda è stata poi definita con i dati di valutazione percettiva e spettro-acustica digi-tale della voce.

Valutazione percettiva con scala GIRBASIPer la valutazione percettiva dei campioni vocali registrati, abbiamo applicato la scala GIR-BASI, che si articola con valori di punteggio da 0 a 3 per indicare il grado di devianza dellavoce e delle sue qualità percettive; G sta per grado di disfonia, I per instabilità, R per rau-cedine, B per voce soffiata, A per astenia, S per voce strozzata (pressata) e I per deficit diintensità8. Nelle attribuzioni di grado abbiamo scelto di fare ricorso anche all'utilizzo del

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mezzo punto (1/2) per facilitare l'identificazione di minore entità. Ognuna delle prove BL eAT relative ad ogni singolo soggetto in esame, è stata sottoposta a valutazione percettivacon GIRBASI, dalla quale è risultata una valutazione complessiva per ciascuna delle duecondizioni BL e AT.

Valutazione spettro-acustica digitale con software PraatLa valutazione spettro-acustica digitale è stata effettuata avvalendoci del software Praat:

doing phonetics by computers1 version 5.3.29, un programma che consente di effettuareanalisi spettrografica e multi-parametrica della voce. Abbiamo effettuato le valutazioni uti-lizzando il settaggio di default, consigliato per l'analisi dei campioni vocali. L'analisi ha com-preso la valutazione visiva dello spettrogramma e l'estrazione di alcuni parametri dal voicereport. La prova 2 è stata oggetto di analisi visiva dello spettro, per evidenziare la morfo-logia e la forma della Frequenza Fondamentale e delle armoniche, nonchè la presenza dirumore (segnale aperiodico) e l'andamento delle formanti; inoltre, sulla prova 2 abbiamoeffettuato un'analisi dei seguenti parametri: Frequenza Fondamentale (F0), Range di in-tensità (intensità minima e massima), Jitter local % (perturbazione a breve termine del Pe-riodo Fondamentale), Shimmer local % (perturbazione a breve termine dell'ampiezza) eHNR (rapporto armoniche rumore). La prova 4 è stata oggetto di analisi per l'estrazione delRange frequenziale (frequenza minima e massima).

Analisi dei datiAbbiamo condotto un'analisi statistica descrittiva dei dati e un'analisi di confronto tra i ri-sultati del BL e dell’AT. La valutazione clinica è stata eseguita tramite indici di conta e re-lative percentuali riguardo l'analisi dell'assetto respiratorio e dell'attacco vocale, mentre, ivalori di SE, TMF e i valori parametrici della valutazione spettro-acustica sono stati valu-tati tramite calcolo di medie e deviazioni standard, ad eccezione dei Ranges frequenziali,di intensità e le valutazioni percettive con scala GIRBASI. Con questi ultimi tre dati ab-biamo svolto, infatti, una descrizione quali-quantitativa di confronto tra BL e AT. Per la va-lutazione è stato utilizzato il software Microsoft Office Excel 2007. Per l'analisi degli indicispettrali di perturbazione e rumore abbiamo fatto riferimento ai rispettivi valori soglia, connormativa a media + 2 deviazioni standard, indicati dal MDVP (Multi-Dimensional VoiceProgram)8.

Indagine 3. Studio in VLS delle modificazioni glottiche in emissioni fonatorie sottosforzo sub-massimale: un caso studio

Reclutamento del campioneAllo studio in VLS ha partecipato un soggetto di sesso maschile, con un'età di 21 anni,un'altezza di 1,75 m, peso di 71 kg, che non presentava patologie a carico dell'organo vo-cale e con stile di vita attivo (attività aerobica, corsa di lunga durata 2 volte a settimana daalmeno 1 anno). Il soggetto è stato reclutato tra gli studenti del Corso di Laurea in Logo-pedia di Palermo.

Esame in VLS durante il sollevamento di un bilanciereL'esame in video-laringo-strobo-scopia (VLS) è stato eseguito con laringoscopio a fibre ot-tiche flessibili Xion modello EF-N e ha previsto la valutazione VLS di emissioni fonatoriesotto sforzo sub-massimale, durante l'esecuzione del curl con bilanciere in posizione or-tostatica. Il compito prevedeva: - riscaldamento dei principali distretti corporei; - esecu-zione dell'esercizio per 2 serie da 4 ripetizioni a carico naturale con sollevamento di unbastone (imitando il gesto tecnico del curl e imprimendo sul bastone uno sforzo minimo);

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– ripetizione dell’esercizio al 50% del massimale del soggetto reclutato; - ripetizione del-l’esercizio al 60% del massimale del soggetto reclutato. Le valutazioni endoscopiche estroboscopiche sono state effettuate rispettivamente durante la prima e la seconda seriedei tre esercizi. Ogni singola serie ha previsto l'emissione di una vocale (tenuta a livelli dieloquio) durante il sollevamento del carico: - emissioni di /e/ durante le prime tre ripeti-zioni; - emissione di /i/ durante l'ultima ripetizione. Il recupero adottato tra una serie e l'al-tra è stato di circa 3 minuti.

Analisi delle emissioni fonatorie sotto sforzo sub-massimale L'analisi si è composta di una valutazione video-laringo-strobo-scopica, una valutazionepercettiva della voce e una valutazione spettro-acustica digitale eseguita con il softwarePraat sull'emissione vocale della /i/. L'analisi con il software ha preso in considerazione iparametri di Frequenza Fondamentale (F0), Range di intensità, Pulse and Periods (valu-tati sui 2 secondi iniziali dell'emissione della /i/), Jitter local %, Shimmer local % e HNR.Prima di procedere alle valutazioni sperimentali, il soggetto è stato familiarizzato all'ese-cuzione del gesto tecnico e sottoposto al calcolo del massimale con il metodo indirettodelle ripetizioni, che prevede l'esecuzione con carico predeterminato del maggior numerodi ripetizioni. I carichi equivalenti al 50% e al 60% del massimale del soggetto sono risul-tati pari rispettivamente a 24 kg e 30 kg.

Analisi dei datiI dati sono stati valutati secondo un’analisi clinica e messi a confronto. Per la valutazionedei parametri stroboscopici abbiamo condotto una valutazione semi-obiettiva tramite videoprendendo a riferimento i parametri di Hirano8.

RISULTATIRisultati preliminari: questionari di consapevolezza vocale su un campione diistruttori e atleti

Questionari: istruttoriDai dati risultanti è emerso come l'utilizzo della voce da parte degli istruttori sia neces-sario per tempi lunghi, infatti, servendosi di domande su risposta multipla indicanti:spesso, a volte, mai, il 93% dei soggetti valutati ha dichiarato di parlare a lungo spesso

durante l’attività e soltanto il 7% a volte, e inoltre, si è evidenziato che il 75% affermassedi utilizzare spesso la voce in movimento o durante il compimento di uno sforzo fisico,per illustrare gesti tecnici e corrette modalità di esecuzione degli esercizi, mentre il 20%a volte e soltanto il 5% mai.

g gridata negli istruttori Figura 1. Utilizzo della voce gridata negli istruttori

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Solo 1 soggetto su 44 reclutati,ha dichiarato di aver seguito untraining di educazione vocalein ambito lavorativo; 43 sog-getti su 44 interpellati ritene-vano opportuno inserire unprogramma di educazionealle tecniche vocali, nel per-corso di formazione del coa-

ching. L’indagine sull’utilizzodella voce gridata o urlata esulla necessità di comunicarea distanza, ha mostrato comele variabili acustiche e le di-namiche dell’attività svoltapossano influire sulla loro ri-correnza. Giochi di squadra incampo aperto come il calcio,il rugby, il canottaggio e il win-dsurf, richiamano l’utilizzo della voce gridata a distanza, ma anche un luogo chiuso, comeuna piscina o una sala di fitness musicale, può richiamarne l'uso con frequenza. Pre-sente ma saltuario, invece, l'uso nel gruppo atletica leggera-tennis e in palestra (Fig. 1).Indagando sui motivi di utilizzo della voce gridata, si è evidenziato che il 45% dei sog-getti faceva uso di questa modalità vociferatoria, indipendentemente dalle cattive acu-stiche ambientali, per il solo obiettivo di dare carica agli atleti; una restante quota disoggetti affermava di gridare per dover superare il rumore di fondo e un’altra lo facevaper entrambi i motivi. In merito a ciò, pochissimi istruttori hanno dichiarato di utilizzaredegli ausili: 1 istruttore di fitness musicale su 5 utilizzava spesso il microfono, 1 istrut-tore di canottaggio su 4 utilizzava spesso il megafono, con le quote più basse di utilizzonel gruppo palestra e nuoto, mentre, è emersa una quota significativa di soggetti (7 su11) nel gruppo calcio-rugby, che facevano spesso o a volte uso del fischietto. Dall’in-dagine sull’acustica degli ambienti sportivi, opinioni concordi sono risultate da partedal campione di istruttori di canottaggio e windsurf, che accusavano la dispersività del-l’ambiente dove svolgono l’attività e degli istruttori di nuoto, che accusavano la rumo-

rosità di fondo della piscina, data soprattutto dai dispositivi di filtro e riscaldamento.Nell’ambito palestra, le opinioni degli istruttori si dividevano fra, chi riteneva l’acusticasufficiente e chi, invece, accusava la forte quota di rimbombi e riverberi; abbiamo evi-denziato quote divise anche nel gruppo atletica leggera-tennis; una cattiva acustica, in-vece, è stata segnalata dalle istruttrici di fitness musicale, mentre le acustiche ritenutemaggiormente soddisfacenti sono emerse nel gruppo calcio-rugby. Per quanto riguardala fonoastenia accusata, su 5 istruttori di nuoto analizzati, 2 accusavano spesso la fo-noastenia e 2 a volte. Come risulta evidente dalla figura 2, l’intero campione di istruttricidi fitness musicale, 7 soggetti su 8 fra istruttori di canottaggio e windsurf, 4 allenatori su5 nel gruppo atletica leggera-tennis e 9 allenatori su 11 nel gruppo calcio-rugby dichia-ravano di accusare a volte la fonoastenia. Basso, invece, è risultato il riscontro della fo-noastenia negli istruttori in palestra, 6 su 10 istruttori non la riscontravano mai (Fig. 2).La sezione del questionario dedicata all'autovalutazione del disturbo vocale ha eviden-ziato come la maggior parte dei soggetti identificasse la qualità della propria disfonia conuna percezione di voce sforzata, rauca o strozzata. I soggetti, inoltre, si dividevano trachi segnalava un carattere migliorativo o peggiorativo della voce in eloquio.

accusavano s

!

Figura 1. Utilizzo della voce gridata negli istruttori

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Questionari: atletiDall’analisi delle risposte dei questionari di consapevolezza vocale compilati dagli atleti, ab-biamo riscontrato un uso differenziato della voce, nell’ambito delle diverse discipline spor-tive e la presenza di differenti intervalli di utilizzo della voce rispetto all'attività. Infatti, il15% dei soggetti dichiarava di utilizzare la voce nel pieno dell’attività, in movimento o du-

rante uno sforzo, il 18% in rallentamento dall’attività (fasi inattive/sotto-massimali), il 37%in condizioni di sosta e una quota considerevole del 30%, di utilizzare la voce in egual mi-

sura durante tutta l’attività. Indagando più specificatamente sulle finalità di utilizzo dellavoce, è emerso che il 44% dei soggetti dichiarava di ottenere una prestazione più efficacedell’esercizio, se compiuto con accompagnamento di emissioni di carica, mentre il 35% di-chiarava di preferire di svolgere l’esercizio in silenzio, il 21% invece, non riscontrava diffe-renze nel risultato tra le due modalità. Dall’indagine sull’utilizzo della voce gridata negliatleti, è emerso come questa sia più presente nelle condizioni di gioco di squadra di terra,le quote di soggetti che la usavano con maggior frequenza sono risultate, infatti, nei gruppi:basket, pallavolo, calcio, rugby (Fig. 3).

La voce bisbigliata/sussurrata negli atleti è presente nei giochi di squadra, specialmentein quelle attività di gioco dove la tattica viene gestita tramite schemi. Dalle valutazioni è ri-sultato come questa non sia frequente come quella gridata. L’indagine sull'acustica am-bientale ha evidenziato come tra gli atleti non vi fosse univocità di giudizio positivo onegativo sulla definizione dell'acustica dell'impianto sportivo, sede della pratica ma che,nella maggior parte dei casi, i soggetti segnalavano allo stesso modo in cosa consistessela condizione acustica (dispersività, rumorosità di fondo, rimbombi e riverberi), confer-mando gli effetti negativi che il rumore può apportare sul rendimento atletico9. Ciò nono-stante, è interessante evidenziare, inoltre, che soltanto il 17% degli atleti ritenevanodisturbante per l’attività l’impatto sonoro dato dal rumore di una tifoseria e, per il 23%,quello di una musica ad alto volume. Entrambi i fattori, per queste minoranze di soggettinel campione, vengono a risultare disabilitanti per la concentrazione, il resto del campionedichiarava, invece, di essere favorito nell’attività, aumentando con ciò le componenti di ca-rica agonistica. Per quanto concerne il riscontro della fonoastenia dopo l’allenamento, gliatleti di basket sembrano riscontrarla con frequenza più accentuata rispetto a tutti gli altridopo la seduta di allenamento o la partita. Un riscontro saltuario ma esteso è comunquepresente in tutte le attività in campo aperto, in almeno la metà dei soggetti.

13

Figura 3. Utilizzo della voce gridata

negli atleti

Figura 4. Incorrenza della

fonoastenia negli atleti

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Il rapporto si riduce per gli atleti dicanottaggio, di lotta e di nuoto,mentre la fonopatia non viene perlo più accusata fra i body-builderse i partecipanti alle lezioni di fit-ness musicale (Fig. 4).

Questionari: istruttori e atleti aconfrontoDa un’analisi trasversale tra i duegruppi di sportivi sulla sintomato-logia disfonica, al fine di identifi-care connessioni tra il malmenagedi istruttori e atleti, è risultatocome la sintomatologia fonopa-tica più accusata nei due gruppidi sportivi, dopo un periodo di at-tività vocale prolungata, legata enon alla pratica sportiva, fosse lacomune prevalenza della sensa-

zione di gola secca e la necessitàdi ricorso al raclage (Fig. 5). Ab-biamo riscontrato inoltre, che i due campioni reclutati erano accomunati per la non adozionedi un riposo vocale, soltanto il 4% degli istruttori e il 7% degli atleti hanno dichiarato di pra-ticare spesso il riposo dopo uno sforzo vocale, con un aumento, nel gruppo degli atleti,della quota di soggetti che lo praticavano a volte.

Risultati preliminari: test di valutazione della voce su un campione di sportivi e sedentari

Valutazione clinicaLa valutazione dell’assetto respiratorio ha evidenziato in entrambi i gruppi (sportivi e soggetticontrollo), la scarsa presenza dell’assetto respiratorio costo-diaframmatico, questo veniva so-stituito nella maggior parte dei soggetti da una respirazione toracica superiore, che emergevacome lo stile respiratorio più diffuso. Il gruppo di soggetti controllo, inoltre, non presentavaquadri di massima respirazione deviante, quali le componenti apicali, sterno-costali e costo-clavicolari presenti, invece, in alcuni soggetti nel gruppo degli istruttori. Dalle valutazioni effettuate si evince che, nel complesso, il campione di sportivi analizzato,alla valutazione BL presentava prevalentemente una modalità di attacco vocale “duro” e,nella valutazione AT, alcuni fra i soggetti istruttori analizzati manifestavano una modalità vo-cale con ricorso al colpo di glottide. Inverso sembra essere, invece, il rapporto per alcunidei soggetti atleti analizzati, difatti, alcuni giocatori di calcio mostravano un attacco vocaleduro nel BL e un attacco vocale morbido (in alcuni casi soffiato) nella valutazione AT. I sog-getti sedentari non hanno mostrato variazioni tra le valutazioni BL e PT, il gruppo analiz-zato presentava per lo più attacchi vocali dolci e assenza di colpo di glottide. Nella prova del Soffio espiratorio, i soggetti che hanno presentato una maggiore ridu-zione del valore misurato sono stati gli istruttori di fitness musicali, gli istruttori di sport ac-quatici e i giocatori di calcio. I soggetti con le riduzioni più esigue sono stati gli istruttori dibody-building, ma una leggera discesa si è osservata anche nel valore medio dei soggettisedentari, valore da considerarsi non rilevante, essendo uguale a poco più di 1 secondodifferenziale. Nella prova del Tempo Massimo Fonatorio si è evidenziata una discesa dei

Figura 5. Sintomatologia fonopatica in istruttori ed atleti

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valori misurati nella valutazione AT in tutti i soggetti, ad eccezione del gruppo di soggettisedentari e di istruttori di sport acquatici, per i quali il valore AT è risultato quasi invariato.I gruppi di atletica leggera e i giocatori di calcio hanno accusato una discesa del TMF dicirca 4 secondi (Fig. 6).

Valutazione percettiva della voceNelle valutazioni percettive con scala GIRBASI,la componente strozzata e soffiata della vocesono emerse come le qualità vocali maggior-mente variabili tra la valutazione BL e quella AT.Nel gruppo degli istruttori 18 soggetti presenta-vano un aumento della componente strozzata e/osoffiata alla seconda valutazione, accompagnatao meno dall’insorgenza di un grado di raucedine;in 4 soggetti si riscontrava un miglioramentodelle qualità vocali, mentre, in 6 soggetti la valu-tazione BL e quella AT non evidenziavano varia-zioni rilevanti. Nel gruppo degli atleti, 5 soggetti su 6 presentavano nella valutazione AT unaumento della qualità soffiata della voce, per alcuni di essi potevano aggiungersi varia-zioni esigue anche della qualità strozzata e rauca. Se consideriamo il grado generale di di-sfonia (G) analizzando l'intero gruppo di sportivi, si evidenzia come la maggior parte deisoggetti abbia avuto un peggioramento della voce, difatti, alla valutazione AT 20 sportivihanno mostrato un grado G maggiore, 4 inferiore e 10 non hanno mostrato nessuna va-riazione (Fig. 7). Sebbene abbiamo riscontrato un andamento peggiorativo delle qualitàvocali, sottolineiamo il fatto che le variazioni, nella maggior parte del campione, siano statenell’ordine del mezzo punto della scala e che, soltanto 6 soggetti in tutto il campione tra laprima e la seconda valutazione, hanno evidenziato un grado complessivo di disfonia ≥ 1 e½ e fra questi soltanto un soggetto ha raggiunto un grado 3 nella valutazione AT. I soggetticontrollo non hanno evidenziato nessuna variazione delle qualità vocali.

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BL, baseline; AT, after training; PT, post-test (dopo inattività);

Figura 6. Soffio espiratorio (SE) e Tempo massimo fonatorio (TMF): BL e AT

riscontrava un miglioramento delle

q

e fra questi soltanto un soggetto ha raggiunto un grado 3 nella valutazione

A

Figura 7. Grado di disfonia (G)

negli sportivi: BL e AT

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Valutazione spettro-acustica digitaleDall’analisi acustica eseguita con il software Praat, si evince che la maggior parte dei soggettisportivi analizzati, rispetto al gruppo controllo, presentava un innalzamento della F0 nella va-lutazione AT; variabili, invece, i parametri di perturbazione della frequenza e dell’intensità, (Jit-ter e Shimmer) e l'indice HNR. Per quanto riguarda la F0, gli istruttori di fitness musicali hannomostrato il picco massimo nella valutazione AT, invece, l’unico gruppo fra i soggetti sportivi adavere avuto una discesa frequenziale è stato quello degli istruttori di body-building. Il gruppodi sedentari ha mostrato un valore pressoché invariato (tabella 4).

L’analisi sul range di intensità ha rilevato, nella maggior parte del campione analizzato, unaumento dei picchi massimi nella valutazione AT, in alcuni casi si è avuto un abbassamento,le variazioni sono risultate comunque nell’ordine di pochi dB. Dall’analisi delle escursioni to-nali, si è evidenziato come anche il range frequenziale, sebbene subisse delle variazioni,non seguiva le stesse modalità in tutti i soggetti; alcuni soggetti fra istruttori ed atleti presen-tavano delle variazioni nette, maggiori nelle valutazioni AT rispetto alle oscillazioni minimeemerse nel gruppo dei soggetti controllo. Dall’analisi sugli elementi di perturbazione e sulrapporto armoniche-rumore, è emerso che gli andamenti, nelle valutazioni AT, avevano piùfrequentemente carattere migliorativo, altre volte peggiorativo, ma che le variazioni, nella mag-gior parte dei casi, risultavano esigue. Evidenziamo, comunque, la presenza di alcuni soggettitra il gruppo istruttori, che mostravano valori di perturbazione di intensità sopra il range limitedi normalità. Sebbene il rapporto HNR non abbia evidenziato netti caratteri peggiorativi, in al-cuni soggetti, ad un’analisi visiva dello spettro, è stato possibile rilevare la presenza di ru-more, emergente nella valutazione AT. Riportiamo in forma di case report (CR) l’esamespettrografico a banda stretta (finestra lunga) e a banda larga (finestra corta) sull’emissioneprolungata della /a/ (prova 2) di un’istruttrice di aerobica (Fig. 8).

riscontrava un miglioramento delle

q

e fra questi soltanto un soggetto ha raggiunto un grado 3 nella valutazione

A

BL, baseline;

AT, after training;

PT,post-test (dopo inattività);

Tabella 4. Frequenza Fondamentale: BL e AT

1 BL

1 AT

B1

A1

Figura 8. CR. Prova 2. Spettrogramma a banda stretta (1) e a banda larga (2): BL e AT

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Nell’esame spettrografico a banda larga AT (2 AT) è possibile evidenziare l’insorgenza diuna dispersione formantica, mentre le componenti di rumore si evidenziano più decisa-mente nell’esame a banda stretta AT (1 AT), rappresentate da zigrinature picchettate cheinterrompono le bande di annerimento delle armoniche10-s2, entrambe caratteristiche nonevidenziabili alla prima valutazione (1 BL, 2 BL). Le analisi spettrografiche segnalano il ca-rattere peggiorativo della valutazione AT e vengono supportate dalle informazioni sul case

report risultanti dall’analisi clinica e acustica (tabella 5), dove si è evidenziato un abbas-samento del TMF e un aumento di F0 e degli indici di perturbazione. Parallelamente allacomparsa di rumore nello spettro, all’analisi percettiva abbiamo riscontrato un peggiora-mento delle qualità vocali con aumento del grado di disfonia (tabella 6).

Risultati preliminari: valutazioni VLS di emissioni vocali sotto sforzo sub-massimale

Valutazione video-laringo-strobo-scopicaAl fine di confrontare le valutazioni VLS sottosforzo sub-massimale è stata eseguita una va-lutazione laringoscopica del soggetto in con-dizioni BL, che evidenziava un'attività cordaleeufonica, con attacco vocale dolce e assenza dilesioni organiche o atteggiamenti disfunzionali(Fig. 9). Dalla comparazione delle valutazioni siè evidenziato come, progressivamente, all'au-mentare del carico, aumentasse il grado di chiu-sura glottica e la velocità di avvicinamento lungola linea mediana delle corde vocali, diminuendo,a sua volta, il tempo di contatto cordale e, inol-tre, la comparsa di posture laringee scorrettedi grado crescente all'aumentare del carico(Fig. 10, 11, 12). L'analisi endoscopica mostrava tre posture laringee scorrette, già os-servabili nel sollevamento del bastone e di grado progressivamente maggiore al 60% delmassimale: 1) ipercontrazione e/o iperadduzione laterale con affrontamento glottico iper-tonico e ipercontrazione e protrusione delle bande ventricolari, che possono giungere a

delle armoniche1

2 BL

delle armoniche1

CR: Analisi clinica e acustica: BL e AT

delle armoniche1

CR: Analisi percettiva BL e AT

delle armoniche1

2 AT

Tabella 5. CR: Analisi clinica

e acustica: BL e AT

Tabella 6. CR: Analisi percettiva

BL e AT

delle armoniche1

Figura 9. VLS baseline (fase di tenuta)

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contatto; 2) contrazione antero-posteriore della sopraglottide con ipertonia dei muscoli vocalie basculamento in avanti delle aritenoidi; 3) ipertonia e iperadduzione della glottide posteriorecon contatto fra le aritenoidi. Si è rilevato, inoltre, la presenza di un aumento di essudato mu-coso a livello dei seni piriformi e della regione aritenoidea, refluito esofageo massimamenterichiamato al 60% del massimale (Fig. 13). L'osservazione semi-obiettiva in stroboscopia harilevato un aumento dell'ampiezza e della progressione dell'onda mucosa all'aumentare del ca-rico, non si sono evidenziati caratteri patologici nella morfologia e nella motilità cordale, lachiusura glottica si manteneva completa e la periodicità regolare, infine, si riscontrava ungrado di asimmetria di fase e di ampiezza nella valutazione al 60% del massimale11.

Valutazione percettiva della voce Dall'analisi percettiva della voce la qualità è risultata progressivamente pressata, con te-nuta instabile, attacchi vocali duri e aumenti di intensità con l'aumentare del carico.

Valutazione spettro-acustica digitale L'analisi spettro-acustica effettuata sull’emissione delle 3/i/ finali, ha confermato l'analisipercettiva; infatti, questa ha rilevato un aumento della F0 nelle tre prove, a carico naturale,

Figura 10. VLS carico naturale

(fase di pre-attacco)

Figura 11. VLS carico naturale

(fase di tenuta)

D

L

D

L

Figura 10. VLS carico naturale

(fase di pre-attacco)

Figura 11. VLS carico naturale

(fase di tenuta)

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al 50% e al 60% del massimale, passando rispettivamente per i valori di 160 Hz, 178 Hz,192 Hz; abbiamo rilevato anche un aumento progressivo dei ranges di intensità nelle treprove, a carico naturale, al 50% e al 60% del massimale, passando rispettivamente per iranges 54/55 dB, 64/69 dB, 65/70 dB. Si è evidenziato, inoltre, un aumento dei Pulse e Pe-riods, mentre una tendenza a stabilizzarsi degli indici di perturbazione Jitter l.% e Shimmerl.% e del rapporto HNR (tabella 7)11.

DISCUSSIONEI risultati dei questionari mostrano come vi siano delle categorie di istruttori e atleti che uti-lizzano con più frequenza una voce gridata. Per quanto riguarda i coaches: istruttori disport di squadra, soprattutto svolti in campo aperto (calcio, rugby, canottaggio), per i qualiprevale la pratica in una condizione acustica di dispersività e di presenza di rumori esterni;coaches di sport individuali o di squadra, svolti in ambienti chiusi con presenza di: 1) ru-mori di fondo (nuoto); 2) rimbombi e riverberi (basket, pallavolo); 3) compresenza di que-ste caratteristiche acustiche sommata ad una musica ad alto volume (fitness musicali). Perquanto riguarda gli atleti, invece, prevalentemente, coloro che praticano sport di squadra(basket, calcio, rugby), dove la comunicazione è resa "faticosa" dallo spirito ludico delgioco, che induce all'aggressività verbale e dal movimento/sforzo fisico concomitante. Que-st'ultima condizione è comune a quelle categorie di istruttori-atleti che, durante le lezioni,partecipano all'attività con i loro allievi (es. istruttori di fitness musicale, windsurf). Una con-dizione che caratterizza il malmenage vocale di entrambe le classi di sportivi, è la distanzadal bersaglio comunicativo da raggiungere e, dunque, la necessità di una voce proiettatache, se non accompagnata dai necessari aggiustamenti pre-fonatori o dall'utilizzo degliausili (fischietto, microfono, megafono), il cui uso risulta poco diffuso, esita in un atteg-giamento di distress fono-respiratorio12. Questo assetto fono-respiratorio di urgenza, inol-tre, viene aggravato dagli atteggiamenti posturali, tipici dei gesti di gara delle differentidiscipline, che influenzano gli atteggiamenti posturali in fonazione. I questionari danno,dunque, conferma di una correlazione già nota e presumibile: le classi di sportivi che di-chiarano di utilizzare con più frequenza la voce gridata o urlata, risultano essere quelleche maggiormente accusano la fonoastenia e la relativa sintomatologia fonopatica. Que-sta si fa comunque più presente, come costante, in tutti i sottogruppi del campione dei coa-

ches, risaltando come la pratica di voce da comando, tipica di allenatori ed istruttori, possaesitare in una disfonia professionale (klesiastenia). Le valutazioni condotte tramite test, alfine di determinare gli adattamenti vocali in risposta al training, hanno confermato clinica-mente come il malmenage vocale, durante l’attività, comporti degli effetti sulla voce deglisportivi, rispetto al campione di sedentari (controllo). La respirazione diaframmatica, chesi è rilevata di basso riscontro tra gli stili prevalenti degli sportivi, lascia lo spazio ad unafono-respirazione di tipo forzato, con aumento del contributo toraco-costale e tensioni mu-scolo-scheletriche cervicali e toraco-addominali. In particolare, abbiamo riscontrato tra gliistruttori alcuni assetti respiratori devianti, come il meccanismo sterno-costale, la cui pre-valenza di azione rispetto al meccanismo costo-diaframmatico, è da considerarsi un er-rore di tecnica respiratoria e dannosa ai fini della fonazione professionale13.

D

L

Tabella 7. Analisi acustica sull'emissione vocale della /i/

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L’esercizio fisico, dunque, scatena dei cambiamenti ventilatori, induce l’aumento della fre-quenza e della profondità del respiro (fino al recupero) e crea condizioni di iperventilazione,dove il corpo stesso assume una "postura di fame d'aria", con proiezione in avanti del capo edel tronco14 e perde di elasticità, rendendo avvantaggiate modalità disfunzionali della fona-zione. Il soggetto sportivo, quindi, più facilmente, entra in un circolo vizioso, dove le esigenzedi una voce più portante ad elevata intensità, nonostante i ridotti flussi aerei reclutati, scatenanoun ulteriore reclutamento della muscolatura respiratoria accessoria, cui fanno seguito ulteriorimodificazioni posturali (perdita di verticalità, ipercifosi dorsale, iperlordosi cervicale), che infi-ciano, a loro volta, le dinamiche di appoggio e sostegno respiratorio12. Dalla perdita dell'euto-nia della muscolatura respiratoria e laringea, il processo esita nell'incoordinazionepneumo-fonica. L'analisi clinica sulla modalità di attacco vocale evidenzia come nel gruppodegli sportivi, prevalga nel BL la modalità di attacco duro: in alcuni dei soggetti istruttori, vi è unpermanere di questa modalità nell'AT con ricorso anche al colpo di glottide, esito della praticavocale utilizzata nella lezione; l'adattamento in alcuni atleti di calcio, invece, risulta inverso,questi soggetti, infatti, nell'AT mostrano un alleggerimento dell'attacco in modalità morbide o sof-fiate. E' presumibile pensare che, su questi soggetti, possano influire fattori di affaticamento fi-sico. Gli indici fono-respiratori si riducono nell'AT nella quasi totalità degli sportivi e inparticolare: il SE, soprattutto negli istruttori di fitness musicali, di sport acquatici e nei giocatoridi calcio, ovvero, i soggetti che più fra gli altri praticano un’attività fisica continuativa; il TMF, intutti gli sportivi, ad eccezione degli istruttori di sport acquatici, per i quali però ipotizziamo chepossa avere avuto ruolo di influenza, in termini di resistenza alla fatica, la giovane età del cam-pione. L'analisi spettro-acustica sulla F0 mostra un aumento di questa nell'AT in tutto il cam-pione degli sportivi che, in accordo con gli studi di Le Huche sul circolo vizioso della disfunzione,possono rappresentare l'esito di una voce rinforzata e ipertonica per il richiamo di meccanismidi compenso nella precedente pratica vocale8. Gli istruttori di body-building sono l'unico gruppoad aver mostrato una riduzione della F0 nell'AT, questo dato potrebbe essere indicativo delfatto che sono gli unici, fra quelli analizzati, a far meno frequentemente uso delle emissioni gri-date, ma che la loro attività li coinvolge più in una pratica fonatoria prolungata a livelli di eloquioe senza supporto di proiezione vocale; il lieve abbassamento frequenziale, dunque, potrebbeessere letto come l’effetto di un surmenage, sommato al malmenage, che affatica la voce. I pa-rametri acustici integrano l'analisi percettiva con la scala GIRBASI, l'andamento peggiorativo,alle valutazioni AT risulta quello prevalente (59%) ma non esclusivo. Alcuni soggetti, infatti, nonmostrano variazioni significative dal BL all'AT (29%) e una minoranza di soggetti ottiene un mi-glioramento della voce (12%). Un dato da sottolineare è come una categoria sportiva, in ac-cordo con gli studi di Heidel et al. (1993)3 e di Long et al. (1998)4, risulti più a rischio in terminidi gravità. Infatti, i massimi gradi di disfonia sono emersi nel gruppo di istruttrici di fitnessmusicale, un G 2 e un G 3 su 5 reclutate. Queste istruttrici, inoltre, presentavano un'anamnesipositiva per noduli alle corde vocali. Nelle analisi cliniche e percettive, i sedentari non hanno mo-strato nessuna variazione significativa nel PT, la pratica vocale sportiva risulta, quindi, come lavariabile determinante gli adattamenti vocali. Indagando le finalità di utilizzo della voce, ri-scontriamo un dato comune per istruttori e atleti, che è rappresentato dalle forti potenzialità dicarica che la voce trasmette e che l'atleta riceve dal suo coach (il 45% degli istruttori usa la vocegridata indipendentemente dalla cattiva acustica, per dare carica agli atleti), tanto dagli altriatleti quanto da sè stesso (il 44% degli atleti dichiara di ottenere una prestazione più efficacedell’esercizio, se compiuto con accompagnamento di emissioni di carica). Il processo appenadescritto si mostra come un meccanismo spontaneo, come se uno sforzo fisico richiamasse lavoce ad armonizzare la pratica. Nello specifico, prendiamo a riferimento la manovra di Val-salva durante il compimento di uno sforzo muscolare, in cui si assiste a delle emissioni vocalida sforzo che hanno qualità pressata-strozzata. Ci siamo chiesti, dunque, quali siano le dina-miche glottiche di una laringe duplicemente impegnata, nelle funzioni di fissazione laringea (e

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dell'intera gabbia toracica) e di fonazione, speculando lo studio in VLS di emissioni vocali du-rante il sollevamento di un bilanciere e verificando i meccanismi laringei di una fonazionesotto sforzo fisico. Lo studio condotto ha evidenziato i quadri glottici di avvio del malme-nage vocale, a cui sono soggetti istruttori ed atleti. I dati mostrano come anche uno sforzo mi-nimo, come il sollevamento del bastone, porti all'assunzione di posture laringee scorrette emodalità ipercinetiche di condotta vocale, da cui, nel tempo, può derivare una disfonia mu-scolo-tensiva11, difatti, l'attività fonatoria durante lo sforzo muscolare scatena il manifestarsi diiperpressioni glottidee e lo sforzo muscolare stesso, come il sollevamento di oggetti pesanti,per alcuni autori causa una successione di fasi di iperpressione, seguite da depressioni im-provvise all’apertura della glottide, a cui può conseguire una lesione12. I cattivi atteggiamentifonatori evidenziati in VLS seguono progressivamente l'aumentare del carico, la voce pre-senta attacchi duri, tenuta instabile e aumenti di F0 e di intensità sull'emissione tenuta a livellidi eloquio del CR (modalità fonatoria equivalente dello Speech15 dell’Estill VoiceCraft EVT).Questi atteggiamenti, è presumibile pensare, comporteranno un costo vocale ancora maggiorenello sportivo che li adotta per emissioni gridate. Abbiamo speculato l'elaborazione di un Pro-tocollo di Riscaldamento Vocale in Ambito Sportivo, la cui pratica si configuri come atti-vità fono-respiratoria di preparazione all'attività fisica e vocale di atleti e istruttori, specialmenteper le categorie che fanno uso della voce durante le attività, al fine di prevenire l'insorgenzadel malmenage vocale. I dati ottenuti, infine, non ci permettono di definire con precisione laprovenienza e la composizione dei refluiti esofagei evidenziati in corso di esame VLS, in-formazioni in tal senso potrebbero trovare riscontro nella ricerca di linee guida di condotta vo-cale connessa all'attività fisica, per i soggetti affetti da Gerd. Infatti, in accordo con lo studiocondotto da Jozkow et al. (2006), in questi soggetti, l’aumento di pressione addominale po-trebbe ripercuotersi a livello pilorico, causando un incremento del reflusso16 e richiamare ma-teriale gastro-esofageo in laringe11. Nonostante i punti di criticità e debolezza dello studio,quali l'eterogeneità del campione testato con il Protocollo (non abbastanza rappresentativo persingole classi di sportivi), la mancanza di un'analisi acustica con software maggiormente va-lidati e la presentazione dell'indagine in VLS su un unico caso studio, la ricerca ha conseguitoimportanti risultati di valenza preliminare, configurandosi come studio pilota; la scelta di per-seguire questo approccio multidisciplinare, potrebbe permettere il proseguo delle indagini,con lo scopo di elaborare progetti per la prevenzione della disfonia in ambito sportivo.

CONCLUSIONILo studio condotto ha conseguito risultati dalla valenza preliminare, non configurandosi sol-tanto come una mera indagine conoscitiva, ma volendo rappresentare uno studio apri-pistasull'insorgenza della disfonia muscolo-tensiva in ambito sportivo. Sebbene non tutti gli spor-tivi presentino disturbi della salute vocale, abbiamo dimostrato come modalità di malmenagevocale siano presenti e diffuse in maniera distinta tra le varie discipline sportive. La disfonia checaratterizza gli istruttori viene definita come una disfonia professionale, tipica dei soggetti le-gati all'insegnamento delle discipline sportive, e che emerge, dunque, come un problema sot-tovalutato e da affrontare, in prima linea, sia a livello medico-scientifico che culturale. Nel nostrocampione di istruttori testati, 4 su 28 avevano un'anamnesi positiva per disfonia disfunzionalecomplessa, 1 su 44, interpellati con il questionario, aveva seguito un training di educazione vo-cale in ambito lavorativo e 43 su 44 ritenevano opportuno inserirlo nel percorso di formazionedel coaching. Dunque, lo studio non assume più soltanto i caratteri finali di ricerca preventivasui disturbi della voce, ma anche di informazione e formazione di professionisti dello sport,sulle conoscenze della fisiologia, il rispetto delle norme di igiene vocale, l’apprendimento delletecniche vocali e, più in generale, la modifica dell’acustica degli impianti sportivi. Ribadiamo,inoltre, come la presa di intervento non miri esclusivamente alla klesiastenia dei professionistidi coaching e tutoraggio sportivo ma anche agli atleti professionisti e dilettanti, sino alla co-

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struzione di adeguati modelli educativi vocali, che riguardino l'intero campo delle attività ludi-che, al fine di una migliore salvaguardia dei primi “corpi vocali” in movimento nel gioco e nellapratica sportiva in età pediatrica e ciò al fine di prevenire le disfonie croniche infantili. Visti ipochi studi in letteratura, abbiamo sentito l'esigenza di elaborare e applicare un Protocollo divalutazione specifico, risultato fulcro di una valutazione multidimensionale. I questionari in-dagano i fattori di rischio (sforzi vocali che caratterizzano la pratica nelle dinamiche acustichespecifiche della disciplina) e i fattori spia (modalità e frequenza della sintomatologia disfonica);il test nella sua duplice valutazione, individua il malmenage dalla rilevazione dei suoi effettiacuti, sottolineando, però, il fatto che, come emerso dai risultati, una voce non sempre peggiorisubito dopo una prestazione con malmenage. Il Protocollo e lo studio sperimentale in VLShanno, inoltre, lo scopo di indagare connessioni tra gli sforzi fisici e la fissazione laringea e trala tensione del corpo vocale e l'inizio della disfunzione sino al fono-traumatismo, sperando conquesto di poter creare una maggiore sensibilizzazione sulla problematica anche da parte degliatleti. A tal fine, proponiamo l'adozione di pratiche di igiene vocale: 1) far uso degli ausili co-municativi; 2) evitare di parlare durante lo sforzo fisico e subito dopo, senza un intervallo di ri-poso o un raffreddamento è facile, infatti, innescare modalità ipercinetiche; 3) adottare periodidi riposo vocale; 4) seguire un programma di riscaldamento vocale, prima di performance cherichiedano l’utilizzo impegnativo della voce. In ambito sportivo non si è soliti svolgere un ri-scaldamento vocale prima di una pratica, riteniamo che questo possa essere uno strumentoindispensabile per i coaches, come momento preparatorio prima di una lezione e, in generale,per tutti quegli sport dove gli atleti fanno pieno utilizzo della voce durante l’attività (specialmentenei giochi di squadra). Abbiamo dunque elaborato un Protocollo di Riscaldamento Vocale,con l'obiettivo di validarlo in studi successivi. Il protocollo è finalizzato ai seguenti obiettivi: di-stensione del distretto cervicale e dei raccordi correlati; coordinazione fono-respiratoria, pre-parando i volumi aerei alle emissioni di elevata intensità e breve durata; bilancio dei focusrisonantici (ricercando la stabilità del piano glottico e un’adeguata gestione della massa cor-dale); pulire le corde da eventuali residui di muco (uso del vocal fry); aumentare la viscosità dellecorde e favorire la stabilità dei toni acutis3; riduzione delle condotte ipercinetiche (riscaldandola voce, prima di lavorare sull'intensità, con filati e glissati entro un range di comodità per la pro-pria estensione. Al fine di rendere lo strumento più fruibile al lettore, lo abbiamo ottimizzato inuno schema sintetico, da prendere come punto di riferimento per la sua futura validazione. Loschema si compone di 3 fasi ordinate. Tutti gli esercizi di ogni fase devono essere eseguiti nel-l'ordine indicato, a questo schema stiamo pensando di aggiungere, inoltre, un protocollo di raf-freddamento vocale.

Schema sintetico di Protocollo di Riscaldamento Vocale in Ambito Sportivo: un "mo-

vimento logopedico"1. Fase Statica1.1) Ricercare una condizione neutro-muscolare in posizione seduta. 1.2) Eseguire movi-menti lenti di apertura e di chiusura della bocca, con massima estroflessione della linguae inspirazione in fase di apertura, espirazione in fase di chiusura. Il movimento, se corret-tamente eseguito, può facilitare l'innesco del riflesso di sbadiglio. 1.3) Circondurre le spalleda avanti verso dietro e in senso inverso, con avvicinamento e allontanamento delle sca-pole. 1.4) Simulazione dello sbadiglio a bocca chiusa (al fine di facilitare la retrazione dellefalse corde). 1.5) Eseguire stretching dinamico del collo in rotazione laterale destra/sinistrain inspirazione, emissione di /s/ prolungata in fase di ritorno. 1.6) Eseguire 3 sequenze di3 atti respiratori con mani poggiate lateralmente sull'ultime costole: rapida inspirazione in2 sec. con ampliamento laterale della gabbia toracica; mantenimento dell'apnea p. a boccaaperta per 6 sec.; espirazione rapida con soffio espiratorio energico in 2 sec.; manteni-mento dell'apnea v. con retrazione dell'addome e bocca chiusa per 2 sec. (tempo di recu-

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pero tra le serie di 15 sec. con respirazione naturale). 1.7) Eseguire inspirazione profondain 3 sec. - apnea p. di 2 sec. - espirazione in 6 sec. - apnea v. in 2 sec.2. Fase Dinamica2.1) Esercizio di respirazione in movimento: camminare compiendo un'inspirazione, fer-marsi ed espirare. Ripetere l'azione più volte aumentando progressivamente il ritmo coor-dinato dell'attività. 2.2) Eseguire 3 serie per 5 ripetizioni di squat, con emissione di una /s/prolungata ad alta intensità in fase di piegamento, inspirazione in fase di risalita. 2.3) Por-tare le braccia davanti a sè parallele al terreno, con gomiti piegati e presa delle mani conopposizione dei palmi. Compiere un'inspirazione profonda di 3 sec, apnea p. di 5 sec. eun'espirazione contemporanea ad un aumento di pressione con contro-resistenza di unpalmo sull'altro. 2.4) Dalla postura in piedi, espirazione con trillo labiale durante la proie-zione, dal petto in avanti, degli arti superiori e anteposizione del corpo, portando avantil'arto inferiore destro/sinistro (alternativamente) e piegando leggermente l'articolazione delginocchio al momento dell'appoggio sul terreno.3. Fase Dinamica con Vocalizzazione3.1) In piedi, circondurre il bacino nei 2 sensi, mantenendo ferma la pianta dei piedi, con emis-sione di vocal fry; 3.2) Camminare emettendo una vocale con glissati ascendenti per tonalità,a media intensità, successivamente effettuare uno spostamento laterale con inspirazione e ri-petere l'esercizio. 3.3) Eseguire 3 serie per 5 ripetizioni di squat, con emissione della sequenzanumerica 1-5, in modalità Speech15 a media intensità. 3.4) Portare le braccia davanti a sè pa-rallele al terreno, con gomiti piegati e presa delle mani con opposizione dei palmi. Compiereun'inspirazione profonda di 3 sec, apnea p. di 5 sec. ed emissione di una sequenza O-A-E connota medio-grave della propria estensione e progressivo incremento di intensità in corso di vo-calizzo, da svolgersi in contemporanea ad un aumento di pressione con contro-resistenza diun palmo sull'altro. 3.5) Ripetere l'esercizio 3.1. 3.6) Ripetere l'esercizio 1.7.La validazione e l'adozione del Protocollo rappresenterebbe, dunque, un punto di partenza versoquello che, in futuro, potrebbe strutturarsi come un training di educazione vocale sulle tecnichepiù utili agli sportivi. Alcuni autori suggeriscono il Belting15 dell’EVT (sebbene tecnica ad alto di-spendio) per gli istruttori di aerobica, nella ricerca di alte intensità senza la necessità di elevateestensioni frequenziali8. In conclusione, un ulteriore obiettivo dello studio, è il proseguimentodella ricerca e la speculazione di progetti futuri. Riteniamo opportuno continuare le indagini perla prevenzione della disfonia in ambito sportivo, con la creazione di progetti di valutazione estesia livello di screening e l’apertura di nuove frontiere di studio e di intervento multidisciplinare.

BIBLIOGRAFIA A RICHIESTA

SITOGRAFIA[s1] http://www.praat.org/, Paul Boersma & David Weenink (2012): Praat: doing phonet-ics by computer [Computer program], version 5.3.29. [s2] http://utenti.multimania.it/speechlab/[s3] http://www.voceartistica.it/it-IT/index?Item=Presa+in+carico

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano tutti i soggetti che si sono prestati agli studi.

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LOGOPaeDIA 2013; vol.2 Ricerche e studi

TESI VINCITRICE DELLA BORSA DI STUDIO DEL CRS AMPLIFONPER I LAUREATI IN LOGOPEDIA NELL’ANNO 2012

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANOFACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA

Sistema attentivo-esecutivo in soggetti dislessicie non a confronto

C. Falzone*

*Logopedista presso la Struttura Complessa di Audiologia e Otorinolaringoiatria I.R.C.C.S. Burlo Garofolo-Trieste

(Direttore: dr.ssa Eva Orzan).

Abstract

IntroduzioneIn uno scenario clinico in cui taluni sistemi di intervento si rivelano fragili, perché fragilisono le conoscenze relative a ciò su cui si sta intervenendo, gli studi volgono lo sguardoverso queste stesse conoscenze: è il caso del presente elaborato.Il punto di partenza è un modello teorico che viene abbracciato a partire da un panoramaricco di svariate teorie, avanzate in riferimento all’eziopatogenesi della dislessia, ritenutetutte parzialmente affidabili: Tallal (1980), Bradley e Bryant (1983), Stanovich (2000),Ramus, Rosen, Dakin, Day, Castellote, White e Frith (2003) e Snowling (2001) si affi-dano a pregressi disturbi linguistici che vanno da semplici deficit di discriminazione disillabe a disturbi metafonologici più profondi. Nel versante visuospaziale, Livingstone,Rosen, Drislane e Galaburda (1991), Best e Demb (1999) chiamano in causa il sistemamagnocellulare, mentre Geiger and Lettvin (1987) imputano il problema di lettura al“crowding (affollamento) asimmetrico”, per il quale i soggetti dislessici incontrerebberodifficoltà nella gestione dell’assemblaggio delle parole e delle lettere, soprattutto se postialla destra del campo visivo. Altri autori sostengono il deficit attenzionale o delle funzioniesecutive (Stein & Walsh, 1997; Steinman & Garcia, 1998; Facoetti e Turatto, 2000;Brosnan, Demetre, Hamill, Robson, Shepherd, & Cody, 2002). Il “Balance Model” diBakker (1992) è invece un modello a più componenti, che potrebbe meglio giustificarele diverse e variegate difficoltà valutate nei soggetti dislessici, anche di lingua italiana.Il modello dal quale si vuol partire è un modello che cerca di cogliere ed armonizzarela diversità riferita dalla letteratura: teoria gerarchica modulare di Moscovitch e Umiltà(1990). Per questi ultimi, la lettura è attenzione, è linguaggio, è visuo-percezione; iltutto alimentato dalle risorse attentive esplicite fornite dall’Elaboratore Centrale (SASdi Shallice): si sancisce l’esistenza della dislessia e l’inesistenza del dislessico, giusti-ficando, in tal modo, la variabilità tra i soggetti con difficoltà nell’apprendimento delmodulo lettura.

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Obiettivo L’obiettivo dello studio condotto è quello di verificare sperimentalmente, attraverso il confronto trasoggetti dislessici e non (campione globale di 30 soggetti: 15 soggetti costituiscono il campionesperimentale, 15 quello di controllo) frequentanti la IV e la V classe del ciclo di scuola elementare,il modello di Moscovitch e Umiltà (1990), sì da delineare un profilo funzionale della dislessia.

Materiale e MetodiLo studio è stato condotto attraverso il reclutamento del campione e la successiva som-ministrazione allo stesso della batteria testistica scelta, la quale ha richiesto, per essere ul-timata sul soggetto, due incontri della durata media di 45-60 minuti ciascuno, a secondadella performance del bambino. Le prove somministrate sono state le seguenti: prove di va-lutazione della lettura di parole e non parole (tratte dalla DDE-2, Batteria per la valutazionedella dislessia e disortografia evolutiva-2, di Sartori, Job & Tressoldi,2007), test di memo-ria a breve termine verbale di cifre (tratta dalla BVN 5-11, Batteria di Valutazione Neurop-sicologica per l’Età evolutiva di Bisiacchi, Cendron, & Gugliotta, 2005), test di Corsi (trattodalla BVS, Batteria di valutazione Visuo-Spaziale, di Mammarella, Toso, Pazzaglia & Cor-noldi, 2008), una prova di valutazione della memoria di lavoro (updating oggetti), una provaper la valutazione delle competenze linguistiche( Spoonerismo, tratto dalla CMF, Batteriaper la valutazione delle competenze metafonologiche, di Marotta, Trasciani & Vicari, 2008),test di denominazione rapida di colori (Benso & Viganò, 2006), test di fluenza figurale (FivePoint test) tratto dai lavori di Regard, Strauss e Knapp (1982) e modificato da Benso, Testdi Cancellazione (Benso & Bracco, 2006), copia della Figura complessa di Rey (Lis & DiNuovo, 1982), subtest 2 e 3 (rispettivamente Posizione nello spazio e Copia/Riproduzione)della batteria del TPV (Test TPV - Percezione visiva e integrazione visuo-motoria, di Ham-mill, Pearson, & Voress, 2003). Infine sono state somministrate tre prove attentive com-puterizzate: Test di orientamento volontario dell’attenzione, Test di orientamento automaticodell’attenzione, Flanker Test (Castellani, Clavarezza, Bracco & Benso, 2009).

RisultatiDai risultati emersi si è riscontrato che le difficoltà del gruppo di bambini con disturbo speci-fico di lettura variano nelle prove che valutano le abilità attentive, visuo-percettive, linguistichee di controllo esecutivo. Il gruppo sperimentale si differenzia in modo significativo, rispetto algruppo di controllo, oltre che nelle prove di lettura, nelle prove in cartaceo di: ricerca visiva 1(Cancellazione), Five Point test, test di memoria a breve termine verbale di cifre (span indie-tro), copia figura complessa di Rey, TPV (copia/riproduzione), Spoonerismo.Per le prove computerizzate, la differenza significativa emerge in riferimento all’orienta-mento volontario dell’attenzione, per le condizioni invalide.

ConclusioniDai risultati si rileva che le difficoltà dei bambini dislessici si dispiegano in tutti gli aspetti pre-visti dal modello multi-componenziale della lettura di Moscovitch e Umiltà (1990) che, in talmodo, trova un’importante prima conferma. A partire da questa ipotesi si potrebbe iniziare,a livello clinico, ad intraprendere trattamenti integrati ed individualizzati, che prendano, per-tanto, la forma della difficoltà che si accingono ad affrontare, verificandone l’efficacia econfrontandola con quella dei metodi riabilitativi tradizionali. Inoltre, sarebbe importanteapprofondire gli studi per individuare indici predittivi: in tal modo si potrebbe intervenire sulmodulo, prima ancora che esso si costituisca inappropriatamente.

Parole chiaveExecutive-attention system, dyslexia, reading models.

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INTRODUZIONELa dislessia viene definita come un disturbo specifico dell’apprendimento di origine neu-robiologica, caratterizzato da difficoltà isolabili e circoscritte nella lettura, in un contesto incui il livello scolastico globale e lo sviluppo intellettivo del soggetto, sono nella norma.La dislessia evolutiva risulta essere il DSA più frequente (circa l’80% di tutti i DSA). Glistudi epidemiologici stimano che la frequenza della dislessia evolutiva sia variabile tra il 5e il 17% della popolazione scolastica. La grande variabilità della sua frequenza fa seguitoalla variabilità dei criteri diagnostici e alla particolare natura della corrispondenza grafema-fonema, specifica di ciascuna lingua (Shaywitz, 1996).I due parametri di riferimento per la diagnosi di dislessia, in Italia, sono:• la velocità di lettura (sillabe al secondo);• l’accuratezza (numero di errori commessi).La caratteristica fondamentale del disturbo della lettura, è data dal fatto che il livello rag-giunto (in velocità e/o in correttezza) si posiziona sostanzialmente al di sotto di quanto cisi aspetterebbe dall’età cronologica del soggetto, mentre la valutazione psicometrica del-l’intelligenza e l’istruzione risultano adeguate per l’età. Nello specifico, le caratteristichegenerali sono:• livello di lettura di due deviazioni standard inferiore alla media per l’età e per la classe fre-

quentata in uno o più parametri quali rapidità e accuratezza. Nel parametro rapidità siconteggiano le sillabe per unità di tempo; nel parametro accuratezza si conteggiano glierrori prodotti nella lettura.

• Quoziente intellettivo(QI) nella norma; il QI è considerato nella norma anche quando èinferiore alla media, entro una deviazione standard.

• Assenza di cause neurologiche e/o sensoriali.• Interferenza significativa con gli apprendimenti e con le attività della vita quotidiana che

richiedono capacità di lettura.• Persistenza del disturbo, nonostante l’istruzione.Alla luce delle caratteristiche esposte, è abbastanza condiviso (Benso, Stella, Zanzurino eChiorri, 2005) che non vi sia un dislessico uguale ad un altro e che, probabilmente, in fu-turo, il termine dislessia sarà accompagnato da diversi e ulteriori attributi specificanti. E’ op-portuno sottolineare come, se i clinici hanno raggiunto un certo accordo in merito ai criteridi inclusione ed esclusione relativi alla diagnosi di dislessia, si nota, invece, una varietà dipareri contrastanti relativi alle cause sottostanti. Oggi, distantemente dalle “proposizioniuniversali affermative” che conducono a contraddizioni tra i filoni di ricerca, si preferisceparlare di cause prevalenti. Da un’analisi della letteratura, emerge un rilevante numero di possibili cause della dislessia:• Un difetto evolutivo, forse genetico, delle strutture alla base del linguaggio e della vi-

sione (per esempio, l’incapacità dei gruppi neuronali di queste strutture di imparare aspecializzarsi);

• Una difficoltosa automatizzazione nel recupero delle rappresentazioni entro determi-nati gruppi neuronali specializzati, o nei collegamenti tra le strutture del circuito, o inentrambe le cose;

• Un difetto dei circuiti di collegamento delle strutture; • Ricomposizione di un circuito nervoso totalmente diverso da quelli normalmente usati in

un particolare sistema di scrittura.

Primo principio: difetto delle strutture preesistenti

La maggior parte delle teorie del XX secolo sulla dislessia, spiega quest’ultima nei terminidi una delle strutture meno recenti, a cominciare dal sistema visivo. Non a caso, il primonome di quella che oggi chiamiamo dislessia fu “cecità alle parole”, un’espressione risalente

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alle ricerche dello scienziato tedesco Adolph Kussmaul negli anni Settanta dell’Ottocento, chedivenne, a seguito altresì del caso del Monsieur X, cecità congenita alle parole. Monsieur Xera un uomo d’affari e musicista dilettante francese, che un giorno si svegliò totalmente nonin grado di leggere qualsivoglia testo o musica, nonché di denominare i colori, pur avendo in-tatto il senso della vista; dopo anni, colpito da un ictus che lo privò di ogni traccia residua dellacapacità di leggere e scrivere, morì. All’esame autoptico, il neurologo Joseph-Jules Déjerinerilevò due differenti lesioni: il primo ictus aveva leso l’area visiva sinistra e la parte posterioredel corpo calloso, sicchè egli poteva vedere con l’area visiva destra, ma non poteva trasmet-tere quanto visto alle aree del linguaggio dell’emisfero sinistro; il secondo ictus, responsabiledella perdita totale della capacità di leggere, aveva colpito la regione del corpo calloso. Il neu-rologo Norman Geschwind tradusse il caso di Déjerine quale esempio di sindrome da di-sconnessione, che si verifica quando le parti del cervello che contribuiscono a una datafunzione, si ritrovano reciprocamente isolate, per cui la funzione non è più svolta. Perciò, il casodi Monsieur X, rinvia a due ipotesi: la lesione di una struttura cerebrale preesistente, quale lavista; l’ostacolo nei collegamenti nervosi che fanno parte del circuito della lettura.Rientra altresì in questo principio, l'ipotesi del deficit magnocellulare (o transiente): la teoria M.Quest’ultima nasce dall’osservazione di molti bambini dislessici, che presentano un disturbospecifico nella via visiva M (Stein e Walsh 1997; Slaghuis e Ryan 2006). Il sistema M, che co-stituisce, a livello della corteccia cerebrale, la cosiddetta via dorsale (altrimenti detta via delDove), è specializzato nell’analisi del movimento visivo e delle relazioni visuospaziali tra gli og-getti. Gerd et al. (2004) confermano il coinvolgimento del sistema magnocellulare utilizzandoindagini con i potenziali evocati visivi (PEV). Un’altra delle evidenze più convincenti circa l’ipo-tesi M proviene dall’indagine post-mortem di cinque pazienti dislessici in cui si è osservata unaconsistente riduzione del fascio M e la presenza di cellule gangliari di tipo M più piccole dicirca il 20% rispetto a quelle dei controlli (Galaburda, 1989). Alcuni studi hanno dimostratouna significativa differenza nella sensibilità della componente M tra dislessici e normali lettori(e.g., Stein e Walsh, 1997; Stein e Talcott, 1999; Ben-Yehudah, Sackett, Malchi-Ginzberg eAhissar, 2001). L’ipotesi alla base della teoria M è che una disfunzione della via D-M si riflet-terebbe nelle importanti funzioni implicate nella lettura: controllo del movimento oculare, vi-sione periferica e AS visuo-spaziale. Durante il movimento oculare la nostra percezione delmondo rimane stabile a causa della soppressione saccadica operata dal sistema M che,agendo sul sistema parvocellulare (P), inibisce la fissazione precedente in modo che questanon mascheri lo stimolo successivo. Alcuni studi hanno dimostrato che tale processo non av-viene nei dislessici, creando quella confusione di stimoli percettivi spesso presente (e.g., Steine Walsh, 1997; Stein e Talcott, 1999). Per quanto riguarda la visione periferica, sembrerebbe essere potenziata, nei soggetti di-slessici, verso i 9° di angolo visivo nel campo percettivo di destra; ciò emerge dagli studi di Gei-ger e Lettvin, i quali imputano la difficoltà di lettura al crowding (affollamento) asimmetrico.Facoetti e Molteni (2001); Facoetti e Turatto (2000); Facoetti, Paganoni, Lo Russo (2000) di-mostrano che tale anomalia è dovuta allo spostamento del fuoco attentivo verso destra. Que-sto fenomeno si verificherebbe nel 40/50% dei soggetti dislessici (Benso, Stella, Zanzurino,Chiorri, 2005). Una delle prime evidenze in merito a un deficit specifico dell’attenzione spaziale,potenzialmente conseguente ad un deficit M, è stata fornita da Brannan e Williams (1987): co-storo dimostrarono che i cattivi lettori adulti non avevano la medesima efficienza dei normalilettori nell’utilizzo dell’indizio spaziale che precedeva la comparsa del segnale bersaglio chedoveva essere discriminato (orientamento implicito dell’attenzione. Posner, 1980). Utilizzandoun compito simile, Facoetti e colleghi (2000) dimostrarono, come si accennava in precedenza,un deficit specifico dell’attenzione spaziale in un gruppo di bambini dislessici. Nello specifico,il disturbo rilevato era selettivo per il rapido ed automatico orientamento dell’attenzione spa-ziale, in cui l’indizio veniva presentato nella periferia retinica. Al contrario, non risultò compro-

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messo, nei bambini dislessici, il lento e volontario orientamento dell’attenzione, indotto da unindizio centrale. Roach e Hogben (2004) dimostrarono, mediante complessa procedura psi-cofisica, un deficit di orientamento automatico dell’attenzione in soggetti dislessici adulti. Numerose evidenze sono oggi concordi nel ritenere che il deficit visivo del sistema dorsale-M sembra compromettere la funzionalità della via fonologica (o via 2) del modello a due viedi Morton e Patterson (1980) (Cestnick e Coltheart, 1999; Roach e Hogben, 2004; Kinsey etal., 2004; Facoetti et al., 2006; Slaghius e Ryan, 2006). La via fonologica richiede, ancor primadei meccanismi di conversione grafema-fonema e di memoria-sintesi fonologica, il primarioprocesso della segregazione grafemica, ossia la segmentazione visuospaziale di una stringadi lettere nei suoi grafemi corrispondenti (Coltheart et al., 2001; Perry, Ziegler e Zorzi, 2007).L’assemblaggio fonologico, mediato dalla via fonologica, implica un ancoraggio e un disan-coraggio fluente ed accurato dell’attenzione visiva spaziale, in aggiunta alle abilità puramentefonologiche. Facoetti e colleghi (2006) hanno dimostrato che solamente i bambini dislessicicon una lettura di non parole inefficiente evidenziano un deficit selettivo nell’orientamento del-l’attenzione da sinistra verso destra, suggerendo che una finestra attenzionale troppo largaverso destra possa disturbare in modo specifico il meccanismo di segregazione grafemica.Nel campo della visuo-percezione non sono altresì da trascurare gli studi sulla persistenza vi-

sibile1, sottocomponente visiva. Stanley (1975) e Di Lollo e al. (1983) valutano un tempo di la-tenza d’immagini maggiore in alcuni soggetti dislessici; in questi anni viene teorizzata la letturain verticale, cosicchè le lettere una volta lette, persistendo, non interferissero con le nuoveparole da leggere. Alcune ricerche hanno dimostrato l’esistenza di un sistema M anche per lamodalità uditiva, specializzato per l’analisi della posizione e del movimento degli stimoli udi-tivi. Questa via uditiva M potrebbe essere il substrato neurobiologico del discusso deficit del-l’elaborazione temporale uditiva (Tallal, 2004). Gli studi di Paula Tallal (1980) hanno dimostratoche i bambini con dislessia evolutiva mostrano, come i bambini con DSL, un deficit specificonell’elaborazione di stimoli uditivi (linguistici e non) presentati per breve tempo o in rapida suc-cessione. Secondo l’ipotesi della Tallal, questo deficit dell’elaborazione temporale compro-metterebbe selettivamente la percezione dei rapidi transienti acustici alla base della capacitàdi discriminazione fonetica. La versione multisensoriale (visiva e uditiva) della teoria M sug-gerisce quindi che, i bambini con dislessia evolutiva abbiano disturbi fonologici (di elabora-zione, memoria, consapevolezza fonemica) da riferire ad un disfunzione sensoriale visiva oduditiva. Questo ampliamento verso la multi-modalità sensoriale della teoria magnocellulareha contribuito ad indebolirla sperimentalmente (Benso, 2004).Il disturbo dell’attenzione spaziale, del quale si è precedentemente parlato in relazione allamodalità visiva, pare riguardare anche la modalità uditiva (Asbjornsen e Bryden,1998);quel che viene ostacolato, in questo caso, è il meccanismo di segmentazione fonemicae/o sillabica alla base della percezione, dell’elaborazione e della memoria fonologica (Ren-vall e Hari, 2002; Facoetti et al., 2005), venendo così ad ostacolare il normale sviluppodella via fonologica, cruciale per imparare a leggere. I deficit specifici della via M non ven-gono riscontrati in tutti i soggetti dislessici (Amitay et al. 2002; Scottun 2000; Roach e Hog-ben 2004; Sperling et al 2005), i quali mostrano prestazioni alterate anche in compiti, inmodalità visiva e/o uditiva non M, che richiedono fini discriminazioni delle frequenze e incui gli stimoli non sono né modulati nel tempo, né presentati rapidamente (Amitay et al.2002). E’ quindi possibile sostenere che i bambini con dislessia evolutiva mostrino un’ela-borazione percettiva multisensoriale generalmente inefficiente, piuttosto che un disturbospecifico del sistema visivo e uditivo M. (Cornoldi, 2007).

1 La persistenza visibile è il fenomeno per il quale si continua a vedere, per un certo tempo (millesimi di secondo),uno stimolo ormai scomparso (inerzia percettiva), come l’effetto dei fotogrammi di un film che scorrono e creanol’illusione del movimento.

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Facendo un passo indietro, altre spiegazioni dell’insuccesso nella lettura con chiamata incausa dell’udito, sono state avanzate da Lucy Fildes che, nel 1921, riteneva che i bambinicon problemi di lettura, non riuscissero a formare le immagini uditive dei suoni corrispondentialle lettere. Il neurologo Paul Schilder, nel 1944, descrisse il lettore in difficoltà come un sog-getto non in grado di collegare le lettere ai suoni linguistici e incapace di scomporre le parolepronunciate in suoni semplici. L’intuizione di Schilder e gli iniziali studi di Fildes sulle immaginiacustiche, sono i precursori di uno dei più importanti filoni degli studi moderni sulla dislessia,ovvero quello che rintraccia, all’origine della dislessia, un disturbo non percettivo-sensoriale,bensì un disturbo puramente linguistico: ipotesi fonologica. Secondo quest’ultima, la patolo-gica difficoltà nell’acquisizione della lettura è da imputare totalmente ad un unico deficit nel-l’elaborazione, memoria e consapevolezza dei suoni linguistici (fonemi) che caratterizzanociascuna lingua (Ramus, 2003). Sono stati condotti studi, a sostegno di questa ipotesi, subambini sordi, da parte degli psicologi Liberman e Shankweiler (1983), i quali hanno rilevatoche solo pochi di loro leggevano bene, e che costoro differivano dagli altri nel disporre di rap-presentazioni fonologiche delle parole. Vellutino e i suoi colleghi hanno dimostrato che i piùcomuni problemi percettivi nella dislessia, come le note "inversioni visive", erano il risultato nondi deficit percettivi, ma della difficoltà del bambino di recuperare le giuste etichette linguistichedei suoni in questione. In un esperimento, Vellutino mostrava ai bambini con problemi di let-tura, tipiche coppie di caratteri invertiti e poi chiedeva loro di disegnare le lettere o di nominarle:i bambini disegnavano le lettere senza errori, ma continuavano ad attribuire loro il nome sba-gliato, a dimostrazione dell’origine linguistica dell’errore. Dal punto di vista neuroanatomico,tale deficit si localizzerebbe nelle aree del giro angolare dell’emisfero sinistro e sarebbe, in ori-gine, causato dalla disfunzione di un insieme di geni che regolano la migrazione neuronale inquesta circoscritta area neuroanatomica (Ramus, 2004). Va in aggiunta osservato che i di-slessici sembrano dimostrare attivazioni neurali incrementate delle aree frontali inferiori e delleregioni posteriori dell’emisfero destro durante un compito di lettura. Queste iper-attivazionivengono generalmente interpretate come la semplice compensazione del deficit dei sistemiposteriori dell’emisfero sinistro (Pugh et al., 2001).Dato tale deficit neuroanatomico delle aree peri-silviane sinistre, costituenti il substrato neu-robiologico dello stesso, i sostenitori dell’ipotesi fonologica ritengono sia il deficit fonologicostesso la causa basilare della difficoltà di lettura; ciononostante le evidenze sinora raccoltesembrano indicare un primario deficit uditivo, la cui natura rimane ancora da specificare(Wright, Bowen e Zecker, 2000). La ricerca fonologica è la più studiata delle ipotesi strutturalisulla difficoltà di lettura (M. Wolf). Altre ipotesi strutturali un po’ meno studiate, ma anch’essefondamentali, spaziano dai processi esecutivi dei lobi frontali, che includono l’organizzazionedell’attenzione e della memoria e la sorveglianza della comprensione dei significati, alle regioniposteriori del cervelletto implicate in molti aspetti del controllo temporale, in vari processi lin-guistici e nel rapporto tra coordinazione motoria e ideazione.Quello che emerge dalla rivisitazione delle sovracitate ipotesi, è che la loro somma assomi-glia ad una “discreta approssimazione delle parti principali del sistema universale di lettura. E’un modo per dire che molte delle ipotetiche, collettive cause della dislessia rispecchiano le prin-cipali componenti strutturali del cervello che legge” (M.Wolf, 2009).

Secondo principio: mancato raggiungimento dell’automatismo

Secondo questo complesso di ipotesi, l’automatismo non è raggiunto data l’insufficiente ve-locità di elaborazione all'interno o tra, le strutture cerebrali preposte all’attività di lettura. La premessa soggiacente è che, a causa di tale difetto, a livelli di neuroni o di processi strut-turali, le parti del circuito di lettura non funzionino abbastanza fluidamente da concedere iltempo necessario alla comprensione. Ricerche sempre più sofisticate hanno dimostrato chequeste difficoltà sono legate a fattori che influiscono sulle discriminazioni verbali fonemiche e

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sillabiche più fini; Usha Goswami (2003) ha trovato che i bambini dislessici da lei osservati inInghilterra, Francia e Finlandia erano meno sensibili al ritmo naturale del discorso, rendendocosì scadenti le rappresentazioni fonemiche, ergo la lettura.Lo psichiatra Peter Wolf (2002) ritiene che gli automatismi delle aree motorie diventino proble-matici nella dislessia, quando il lettore deve riunire le singole componenti di un comportamentoin “insiemi più ampi, ordinati temporalmente” (P. Wolf , 1993); in altre parole, qualunque sia lafunzione (motoria, visiva, uditiva,..), in un certo numeri di bambini dislessici il problema nascequando essi devono coordinare le componenti comportamentali rapidamente, precisamente,sequenzialmente e non al livello elementare dell’elaborazione puramente sensoriale.La svolta, nella ricerca, si verifica con la psicologa Zvia Breznitz. Quest’ultima constata sì cheil lettore mediocre si distingue per una certa lentezza di elaborazione in ogni attività; inoltre,però, il soggetto con difficoltà di lettura presenta uno iato temporale, chiamato dalla Breznitzasincronia, tra processi visivi ed uditivi: a partire da questo momento, uno dei predittori miglioridella dislessia, è un compito legato alla velocità di denominazione.Una vicenda evoluzionistica si nasconde sotto la superficie della velocità di denominazione,contribuendo alla storia in fieri del primo cervello che legge. Attraverso scansioni cerebrali, ineuroscienziati hanno visto come il cervello adoperi vie nervose preesistenti di riconoscimentodegli oggetti nella zona temporo-occipitale (area 37) per la denominazione sia di lettere chedi oggetti. Precisamente, l’area temporo-occipitale sinistra entra maggiormente in attività incompiti di denominazione di oggetti, piuttosto che di lettere; difatti gli oggetti, essendo tanti edi tante tipologie, non richiedono iper specializzazione cerebrale, sicchè il riconoscimento deglistessi non può essere completamente automatizzato, richiedendo maggiore superficie cere-brale: questo è l’assetto generale del cervello pre-lettura/scrittura.Con le lettere si verifica, invece, un minore utilizzo di superficie corticale temporo-occipitale,che illustra l’attitudine del cervello alfabetizzato alla specializzazione visiva e all’automatismonell’uso delle informazioni specializzate, ed una maggiore attivazione delle altre strutture pree-sistenti usate durante la lettura dal cervello universale che legge: questo è l’assetto generaledel cervello post lettura/scrittura.Se la denominazione degli oggetti e delle lettere rappresentano, rispettivamente, il cervello pree post lettura, potrebbe essere auspicabile scoprire, studiando il cervello di un bambino di treanni ed il suo trovarsi dinanzi a compiti di denominazione di oggetti, se questo stesso cervellosta potenzialmente sviluppando una diversa velocità di funzionamento. I deficit della velocitàdi denominazione non sono mai stati considerati, infatti, una spiegazione della dislessia, masenz’altro un indice di un problema sottostante.

Terzo principio: difetto di collegamento circuitale tra le strutture

A metà del XX secolo parecchi studiosi hanno rivolto l’attenzione a questo terzo tipo di ipo-tesi, considerando i rapporti tra strutture e processi nel circuito della lettura. Almeno treforme di disconnessioni sono state sistematicamente studiate.Una prima forma riscontrata, in soggetti dislessici italiani, riguarda un deficit di collega-mento tra regioni del linguaggio frontali e posteriori, legato a una bassa attività di un’am-pia area di collegamento nota come insula (Paulesu et al., 1996).Altra disconnessione è stata individuata relativamente all’area 37, che pare, nei soggetti di-slessici, collegata diversamente rispetto ai normo-lettori. Nei lettori senza deficit, i colle-gamenti più robusti si instaurano tra questa regione posteriore e le aree frontalidell’emisfero sinistro. Nei lettori dislessici, invece, i collegamenti più forti sono tra l’areatemporo-occipitale sinistra e le aree frontali dell’emisfero destro (Shaywitz et al., 2003).Inoltre, è stata appurata la disconnessione, nei soggetti dislessici, tra la regione sinistra delcorpo calloso e le altre regioni "linguistiche" dell’emisfero sinistro, durante compiti di letturae l’elaborazione dell’informazione fonologica (Howitz et al., 1998).

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Un’ultima forma di disconnessione è stata rilevata mediante la tecnica di visualizzazionedella magnetoencefalografia (MEG); è stato visto come i soggetti dislessici passano dalleregioni visive dei lobi occipitali sinistro e destro alla regione destra del giro angolare e poialle aree frontali (Simos et al., 2000). Queste ricerche, in tal modo, conducono, a partiredalle disconnessioni circuitali, alla quarta ipotesi, la più suggestiva: un differente assetto or-ganizzativo cerebrale.

Quarto principio: un circuito diverso per leggere

A partire dagli studi clinici degli anni Venti e Trenta del XX secolo, il neurologo Samuel T.Orton, ribattezza la disabilità di lettura strephosymbolia o distorsione dei simboli. A suo pa-rere, nella normale divisione del lavoro di lettura, l’emisfero sinistro, solitamente dominante,seleziona il corretto orientamento della lettera o di una sequenza di lettere.Nella dislessia, invece, questo tipo di dominanza emisferica o non c’è affatto, o la si rag-giunge tardivamente. Ciò porterebbe ad un disordine nella percezione dello spazio, al ca-povolgimento di alcune lettere e a difficoltà nella lettura, ortografia e scrittura a mano.Le intuizioni di Orton sono state rivalutate da studiosi, i quali hanno utilizzato tecniche discansione cerebrale. E’ stato scoperto come, col passare del tempo, si verifichi un pro-gressivo "disimpegno" del sistema di riconoscimento visivo destro, nella lettura di parole,accompagnato da un crescente intervento delle regioni frontale, temporale e temporo-occipitale dell’emisfero sinistro (Turkeltaub et al., 2003); questo a conferma delle intuizionidi Orton, per le quali l’emisfero sinistro finisca, nel suo sviluppo, per prevalere nell’elabo-razione di dati linguistici.Il cervello dislessico impiega, invece, sistematicamente e prevalentemente le strutture del-l’emisfero destro, a partire dalle aree associative visiva e temporo-occipitali, proseguendocon il giro angolare destro, il giro sopramarginale destro le regioni temporali; si osserva, al-tresì, un uso bilaterale di importanti regioni frontali, la cui attivazione avviene in ritardo.“La loro apparente impermeabilità dà l’illusione di verità”: questo diceva Socrate in meritoalla dimensione delle parole; lo stesso varrebbe, secondo M. Wolf, per le scansioni cere-brali: siamo dinanzi a delle ipotesi. Solo il tempo ed ulteriori ricerche diranno qualcosa didefinitivo sulle differenti competenze dei due emisferi.Paiono essere molto esaustivi, invece, il modello di Giacomo Stella, detto "a una via", e il“Balance Model” di Bakker (1992). Quest’ultimo si fonda sul presupposto che la lettura sicaratterizzerebbe per un corretto bilanciamento fra due processi:• Prima fase di analisi visuo-percettiva della parola, a carico dell’emisfero cerebrale destro;• Seconda fase di analisi linguistica, a carico dell’emisfero sinistro.Conseguentemente, i soggetti dislessici vengono classificati come:• Tipo P (strategia Percettiva), quando falliscono nello spostamento dall’emisfero destro al

sinistro: ne risulta una lettura lenta, frammentaria, ma corretta;• Tipo L (strategia Linguistica), quando effettuano prematuramente lo spostamento a

sinistra: ne risulta una lettura veloce e scorretta;• Tipo M (Misti), in cui entrambe le strategie si rivelano insufficienti: ne risulta una lettura

lenta e scorretta.Tale modello ha trovato conferma negli studi effettuati con le neuro-immagini. Lo stesso stu-dio citato da Posner (1997), sembra andare nella stessa direzione. Valutando il mo-dello della lettura derivante dalla teoria modulare di Moscovitch e Umiltà (1990), tutti questilavori sembrano essere compresi.Benso, Stella, Zanzurino e Chiorri (2005) propongono un modello “unificatore” (Moscovitche Umiltà, 1990) che considera le tre principali componenti (attenzione, percezione visivae linguaggio) rilevanti per le difficoltà di apprendimento della lettura.Alla luce di quanto espresso sin qui, invece, diviene interessante e comprensibile la rifor-

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mulazione della definizione di dislessia, espressa da Benso (2010): “Noi definiamo la di-slessia come una sfumata disfunzione neurologica indiretta, che non permette lo sviluppopieno del modulo lettura, con diverse possibili cause sottostanti. Tali cause si esprimonosingolarmente o in interazione, e possono dipendere da forme di iposviluppo dei sistemi at-tentivi spaziali dedicati, delle risorse applicate dal processore centrale e,ancora, dei pro-cessi linguistici o visuo-percettivi di base”.

Moduli e SAS: formazione degli apprendimenti

L’architettura della mente concepita da Fodor prevede l’esistenza di strutture specializzatenell’elaborazione di differenti input provenienti dall’esterno, definiti moduli.L’informazione giunge al modulo attraverso un sistema di trasduttori sensoriali (ad esempio perla visione, i coni e i bastoncelli) che trasformano l’input in un formato leggibile e computabiledalla struttura specializzata (specifica per quel dominio).Dal modulo emerge un output superficiale, frutto di una computazione efficiente e complessa,sebbene inconsapevole, pronta per essere interpretata dai sistemi centrali e dalla coscienza.Fodor (1983) ha fornito un impulso teorico molto importante alla teoria modulare. Secondoquest’ultimo i moduli sono veloci, automatizzati e dominio-specifici; si attivano, pertanto, inmaniera meccanica alla comparsa dello stimolo appropriato, agiscono in autonomia com-piendo operazioni obbligate, sarebbero impermeabili alle informazioni top-down. Sarebberogeneticamente determinati e fondati su un’architettura neurale fissa; non sono assemblabili,ergo non esistono rappresentazioni intermedie tra l’input e l’output, ma hanno una struttura mo-nolitica, che preclude l’utilizzo di eventuali sottosistemi da parte di altre unità di elaborazione.Una volta definita la caratteristica dei moduli (innata, rigida, mandataria, incapsulata, specifica),Fodor compie una vera e propria approssimazione indebita quando definisce quali sono i mo-duli ed elenca i sistema di input percettivi e il linguaggio; tali sistemi hanno delle caratteristi-che contraddittorie rispetto ai criteri di modularità da lui stesso descritti: per Fodor i sistemi diinput percettivi e il linguaggio, sono moduli. Il pregio di questo autore è comunque quello diaver aperto la strada verso lo studio dei sistemi specifici e verso la distinzione con i processicentrali, che, al contrario, sono sotto il controllo volontario, fecondi e flessibili, ergo più lenti einfluenzati dal sistema di credenze che il soggetto possiede.Shallice (1988) discute la limitatezza, per la neuropsicologia, dei moduli fodoriani e ne ridefi-nisce il concetto e le caratteristiche peculiari; cita Marr (1982) e Posner (1978), che teorizzanodei sistemi relativamente isolabili, introducendo il concetto di sottosistemi funzionali, quandola funzione è almeno parzialmente governata da principi diversi e specifici.In neuropsicologia, oggi, un modulo è qualsiasi sistema automatizzabile, anche se complesso,che abbia una sua relativa indipendenza computazionale: sono moduli tutti i tipi di apprendi-mento (lettura, scrittura, calcolo, motricità) automatizzabili. Inizia, in tal modo, a chiarirsi l’ipotesi per la quale i moduli oltre ad essere geneticamente de-terminati, come Fodor voleva, hanno altresì una componente che nel tempo si sviluppa at-traverso un processo di apprendimento: la modularizzazione di Karmiloff -Smith (1992).Sternberg (2006) sintetizza in un’affermazione la distanza tra la posizione attuale e quella fo-doriana: i moduli sono parti, in un certo modo, indipendenti tra loro con funzioni differenti (cadeil rigido incapsulamento di Fodor); un modulo può esso stesso essere composto da moduli(cade la non assemblabilità di Fodor). Nell’età dello sviluppo, si innesta la critica di Karmiloff-Smith (1992), secondo la quale un modulo non esplode alla maniera chomskiana, ma ne-cessita di un tempo di maturazione mediante specifiche interazioni ambientali. Secondol’autrice un aspetto innato (come il linguaggio) non può esprimersi se non vi è una sollecita-zione puntuale e specifica dell’ambiente, che richiede un’attenzione implicita e mirata: “la na-tura specifica, inclinazioni o predisposizioni iniziali, le quali incanalano l’attenzione verso inputambientali che contano, i quali a loro volta influenzano il successivo sviluppo del cervello”.

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Karmiloff - Smith teorizza uno sviluppo del sistema cognitivo attraverso fasi (diverse daglistadi di Piaget, rigidi e predeterminati); il passaggio alle fasi successive avviene solo dopoil raggiungimento di un’assoluta padronanza comportamentale nella fase precedente. Ilprocesso di modularizzazione dipenderebbe, non solo da adeguati input ambientali e daun sistema neuro-sensoriale integro, ma anche da un sistema esecutivo che ne favoriscalo sviluppo e il completamento. Un particolare insieme di funzioni esecutive che sostengono uno specifico modulo, se de-boli, possono creare problemi al processo di modularizzazione; viceversa, un modulo cheha qualche anomalia al suo interno può generare squilibrio nello sviluppo delle funzioniesecutive che lo alimentano. Perciò, quando un aspetto modulare (linguaggio, lettura, cal-colo) non funziona bene, ci si aspetta di riscontrare sempre una caduta in qualche provache misura risorse e funzioni esecutive.

La teoria modulare di Moscovitch e Umiltà

Moscovitch e Umiltà (1990) smentiscono soprattutto il principio fodoriano di “non assem-blabilità”, introducendo una gerarchia chiarificatrice tra moduli, che vengono distinti fon-damentalmente in tre tipi:• I moduli di primo tipo sono definiti alla maniera fodoriana: non assemblati e funzional-

mente specifici. Appartengono a questa categoria gli atti motori elementari e semplicicome i riflessi, i sottosistemi percettivi, come il colore, la forma, la captazione della pro-fondità, delle frequenze acustiche, la localizzazione dei suoni.

• I moduli di II tipo sarebbero moduli di I tipo tra di loro assemblati su base innata da unelaboratore centrale. Tale processore, lavorando implicitamente, fornisce le risorse ri-chieste dal processo di modularizzazione, attraverso spinte pre-determinate genetica-mente e non attraverso aspetti volitivi (come sostiene anche Karmiloff -Smith). Sonomoduli di II tipo il riconoscimento degli oggetti e le abililtà linguistiche.

In questa fase dello sviluppo, l’intervento dei sistemi centrali e quindi dell’attenzione, nonè dettato dalla volontà del soggetto, ma avviene attraverso la dislocazione di risorse a li-vello implicito, ergo inconsapevole. Moscovitch e Umiltà definiscono “Processore Dedi-cato” quella parte di Processore Centrale che si occupa, implicitamente, dellamodularizzazione dei sistemi specifici di secondo tipo. Esso rimarrebbe a disposizione delmodulo una volta formato. Essendo i moduli compenetrati dall’attenzione implicita, accadeche le operazioni linguistiche ad esempio, prive delle risorse del SAS, non possono trovarepieno sviluppo. Posner e Di Girolamo (2000) affermano che “lo sviluppo del SAS è impor-tante per l’apprendimento di strutture complesse e per il controllo del linguaggio durante ilsecondo anno di vita”. Bolter et al. (2006) sostengono, anche, che “la capacità mentalepredice le competenze linguistiche”. Viceversa, la sola attenzione senza i sotto-moduli pre-posti non può creare il processo percettivo-linguistico. I due aspetti (centrali e modulari)sono sì legati che mettere in antitesi processi linguistici e attentivi è illogico ed assurdo.• I moduli di III tipo: dall’assemblamento consapevole e voluto di due moduli di II tipo, na-scono quelli di III. La lettura e le capacità motorie complesse sono esempi di sistemi spe-cifici di III tipo; in tal caso il processore è fortemente implicato attraverso un attoconsapevole, cosciente e volitivo: il bambino che apprende a leggere deve volontariamentemantenersi sul compito a differenza del bambino che impara a parlare.

Un nuovo modello di lettura

Il modello di lettura che emerge dalla teoria modulare di Moscovitch e Umiltà, è un modelloinquadrante diagnosi, trattamenti, test precoci ed esercizi di prevenzione.Accade che tale modulo diventi un modello completo per spiegare le svariate cause delladislessia (linguaggio, percezione, attenzione dedicata e processore centrale); come si

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evince dalla figura, diverrà molto improba-bile individuare disturbi di lettura con ugualiproblemi sottostanti: esiste la dislessia, nonIl Dislessico!In ambito diagnostico la situazione è ancorapiù complessa giacchè, come esplicitato daMoscovitch e Umiltà, nell’architettura fun-zionale della lettura ogni sottosistema puòessere un modulo di tale complessità(ad esempio il processo di trasduzionegrafema-fonema può rappresentare un mo-dulo di III tipo). Le considerazioni in meritoverranno affrontate nelle conclusioni.

Considerazioni teorico-cliniche sul modello

Almeno tre implicazioni discendono dal modello precedentemente esposto:• Se vi è un piccolo disturbo al SAS e ad alcune specifiche funzioni esecutive, qualche ap-

prendimento può non formarsi. Viceversa, se qualche funzione specifica evidenzia unproblema periferico, questo risale al sistema centrale e alle funzioni esecutive che glicompetono. In sostanza, sia che il danno parta dalla periferia, sia che parta dai sistemicentrali, il SAS è comunque coinvolto.

• Se le risorse sono poche, nel senso di un vero impoverimento neuronale (differente daquelle di cui si dispone, ma che non vengono utilizzate), allora si è di fronte ad un ritardocognitivo generalizzato.

• Se modulo e sistema esecutivo sono in continua interazione, allora, quando si misura ilSAS bisogna avere l’avvertenza di sottrarre l’influenza del modulo.

• Anche i trattamenti devono tener conto di questa interazione e i protocolli abilitativi, de-vono esser programmati per sollecitare tutte le componenti del sistema.

LA RICERCAMateriali e Metodi

Il gruppo sperimentale che ha preso parte alla ricerca è stato reclutato dalla U.O.N.P.I.A di Man-tova; il gruppo di controllo è stato messo a disposizione dal polo M.T. Bozzo che lo ha reclutato,a sua volta, dalle classi IV e V elementare della Scuola Primaria G. Embriaco di Genova.Prima della somministrazione delle prove, è stato preparato un quadrato latino2, cosicchè leprove venissero omogeneamente distribuite lungo il campione, sì da non ottenere caduta al-cuna sulle medesime, proposte nella parte finale della seduta di valutazione. Una volta otte-nuto dalle famiglie il consenso informato, si è dato, nel mese di aprile 2012, inizio alla ricerca.Per ciascun soggetto sono stati condotti due incontri, della durata di 45/60 minuti ciascuno, aseconda della performance del soggetto stesso. Il campione è stato sottoposto globalmentea 13 prove, delle quali 10 in formato cartaceo e le rimanenti 3 in formato computerizzato.Le prove cartacee sono le seguenti:• Prove di valutazione della lettura di parole e non parole (tratte dalla DDE-2, Batteria per la

valutazione della dislessia e disodortografia evolutiva-2, di Sartori, Job & Tressoldi, 2007);• Test di Corsi (tratto dalla BVS, Batteria di valutazione Visuo-Spaziale, di Mammarella,

Toso, Pazzaglia & Cornoldi, 2008), per la valutazione della memoria a breve terminevisuo-spaziale;

2 In matematica, in particolare in combinatoria, un quadrato latino è una scacchiera quadrata di lato n con un sim-bolo su ogni casella, in modo che ognuno di essi compaia una e una sola volta in ogni riga e in ogni colonna.

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• Updating di oggetti (Passolunghi, De Beni, 2001). Questa prova è volta ad indagare ilriaggiornamento in memoria di lavoro. Consta di liste di parole composte da un numerocrescente di items, che vengono presentate verbalmente al soggetto; nella lista sonopresenti tanto termini concreti quanto termini astratti. Il compito richiesto è quello di ri-petere la sequenza di parole così come la si è udita; successivamente gli viene richie-sto di ripetere il nome dei due oggetti più piccoli presenti nella lista, che dovrannopertanto essere selezionati tra i termini concreti.

• Test di memoria a breve termine verbale di cifre (tratta dalla BVN 5-11, Batteria di Valuta-zione Neuropsicologica per l’Età evolutiva di Bisiacchi, Cendron, & Gugliotta, 2005): la provasomministrata consiste in una rievocazione seriale immediata (diretta e inversa) di unastringa di numeri, fornendo, pertanto, una misura dello span diretto e inverso di cifre.

• Spoonerismo (tratto dalla CMF, Batteria per la valutazione delle competenze metafonologi-che, di Marotta, Trasciani & Vicari, 2008). Mediante questa prova, nella quale viene richie-sto al bambino di invertire i due fonemi iniziali di due parole presentate al soggetto, sì daformarne altra due dotate di significato, si vogliono indagare gli aspetti linguistici (capacità dianalisi e sintesi fonemica) ad alto contenuto di risorse attentivo-esecutive: viene messo ingioco il Sistema Esecutivo al fine di sostenere il riaggiornamento in memoria di lavoro, inquanto le parole non sono visibili al soggetto, ma vengono lette dallo sperimentatore.

Vale la pena riflettere un istante su quel che tra la prova dello Spoonerismo e la rievoca-zione seriale inversa di numeri fa la differenza. Si tratta di una differenza di modulo inve-stito da risorse attentive necessarie. Le operazioni richieste dallo spoonerismo sono delleoperazioni prettamente linguistiche, alle quali si aggiunge, differentemente dalla ripetizionea memoria di una filastrocca ad esempio, un elevato impiego di risorse attentivo-esecutivea questo punto la dicotomia fodoriana (tutto o niente; Fodor 1983) tra sistemi periferici ecentrali è fuorviante ed inopportuna per le riflessioni neuroscientifiche che si misurano conaspetti della realtà molto diversi. Vi è una “pseudo” modularità (apparente) quando il si-stema utilizza la sua autonomia computazionale, ma esiste sempre un collegamento coni sistemi centrali che inizia dalla fase di formazione del modulo e continua come “assi-stenza e perfezionamento” dopo lo sviluppo. Questo collegamento porta ad ipotizzare ifunzionamenti dei sistemi lungo un continuum (Benso, 2007) che va dal “quasi” modulareal “quasi” centrale e cio è coerente con il fatto che gli automatismi non saranno mai per-fetti nei moduli complessi. • Test di denominazione veloce di colori (Benso & Viganò, 2006). Esso consta di due parti:- Pre - test: al bambino viene proposta una tavola 20x30cm, su cui sono disegnate se-quenze di cinque colori (cerchi colorati: bianco, giallo, rosso. verde, blu), che si ripetono inordine sparso in una matrice 4x3, e gli si chiede di denominarli uno per volta. Il materialeproposto ha la funzione di verificare che il bambino riconosca i diversi colori e ne conoscail nome; non viene pertanto registrato il tempo.- Test: al bambino viene proposta una tavola 20x30cm, su cui sono disegnate sequenze

di cinque colori (cerchi colorati: bianco, giallo, rosso. verde, blu), che si ripetono in ordinesparso in una matrice 7x5, e gli si chiede di denominarli uno per volta velocemente, toc-candoli con il dito, procedendo da sinistra a destra e dall’alto in basso. Viene valutata la cor-rettezza (errori e omissioni) e il tempo impiegato in secondi. Anche questa prova, come laRAN, valuta la capacità di associazione visivo-verbale, e non è molto influenzata dalla co-noscenza lessicale del bambino.Wolf e Bowers (1999; teoria del doppio deficit) e successivi lavori come quello di Brizzolara etal. (2006) sostengono che le prove di RAN, sebbene richiedano il recupero di etichette ver-bali, non debbano più essere considerate come compiti di natura prettamente fonologica: taliprove, infatti, implicano numerosi sub-processi (attentivi, visuo-percettivi, semantici, mnestici,fonologici, articolatori), per i quali è richiesta un’integrazione rapida e accuratamente sincro-

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nizzata. Date queste premesse lo scopo di questo lavoro è quello di indagare i processi sot-tostanti la lettura, attraverso i tipi di deficit riscontrati in soggetti dislessici e per mezzo di equa-zioni di regressione lineare che vadano ad individuare dei “predictors” della lettura.• Test di fluenza figurale (Five Point test) tratto dai lavori di Regard, Strauss e Knapp

(1982) e modificato da Benso. Al soggetto vengono presentati sequenzialmente quattrofogli nei quali occorre che esso congiunga i cinque punti, diversamente disposti da foglioa foglio, sì da dar vita a configurazioni sempre diverse; il tutto in un minuto di tempo perfoglio. La funzione esecutiva indagata è principalmente la flessibilità.

• Test di Cancellazione (Benso & Bracco, 2006). Esso misura le dinamiche attentive, la ri-cerca visiva e la coordinazione oculo-manuale, con l’intento di isolare deficit attentivi.

Il test è composto da 10 fogli (dei quali 2 fogli di prova e 2 di distrazione) con una grigliache contiene i target mascherati tra i distrattori. Il target da ricercare è mostrato in una cellasopra la griglia. Ai soggetti è richiesto di cancellare il target il più velocemente possibile,senza toccare con il pennarello i bordi delle celle. La discriminazione del target può essereautomatica (es. foglio 3), oppure può richiedere la ricerca visiva (es. foglio 5). Per ogni fo-glio è stata calcolata la velocità visuo-motoria tramite il rapporto tra due variabili: (t) tempo richiesto per completare il foglio / (pt) numero di target cancellati.

Successivamente è stato sottratto il punteggio ottenuto nella cancellazione automatica daquello del compito di ricerca visiva con distrattori, in modo da ottenere il valore della ri-cerca visiva pulita, senza il tempo extra richiesto dal controllo motorio.• Copia della figura complessa di Rey (Lis & Di Nuovo, 1982): il test della Figura Com-

plessa di Rey (CFT) - prova di copiatura - è stato ideato da Rey nel 1941 allo scopo divalutare l’organizzazione percettiva e le funzioni visuo-costruttive. Al paziente viene chie-sto di copiare una figura geometrica complessa priva di significato. Durante la prova dicopia possono essere messi in evidenza eventuali deficit costruttivi, valutando il tipo diriproduzione (modo di procedere durante la prova) e, l’accuratezza nella riproduzionedelle varie parti della figura (somiglianza con l’originale, posizione spaziale). Al fine divalutare l’organizzazione, la pianificazione e l’allocazione delle risorse durante il compitodi copia in modo più preciso, è stata somministrata anche la prova di copia di figuresemplici del TPV (test di percezione visiva e integrazione visuo-motoria), in modo dapoter escludere che una copia scadente della Figura di Rey potesse essere imputabilead aspetti più periferici.

• Subtest 2 e 3 (rispettivamente Posizione nello spazio e Copia/Riproduzione) della bat-teria del TPV (Test TPV - Percezione visiva e integrazione visuo-motoria, di Hammill,Pearson, & Voress, 2003): il test TPV (Developmental Test of Visual Perception) è unostrumento di valutazione delle capacità visuo-percettive e di integrazione visuo-motoriache nasce dal perfezionamento del classico test Frostig.

Le prove attentive computerizzate, create presso il Polo M.T. Bozzo, sono le seguenti:• Flanker Test (Castellani, Clavarezza, Bracco & Benso, 2009). L’effetto flanker o “del fian-

cheggiatore” (Eriksen e Eriksen, 1974; Fan et al. 2002), prende questo nome perché viè uno stimolo a cui rispondere, il quale può avere altri stimoli a lui vicini che aiutano larisposta, neutri, o in conflitto con la risposta stessa. Nel Flanker test, costruito da Ca-stellani, Benso, Claravezza e Bracco nel 2009, si presentano dinanzi al soggetto trefrecce, di cui una centrale nera, e due (sopra e sotto alla nera) bianche. Il soggetto devepremere il tasto dal lato indicato dalla freccia (q per la sinistra, p per la destra) e deveignorare le altre due frecce bianche che, tuttavia, influenzano i tempi di risposta.

Questo test prevede tre condizioni:- congrue (i distrattori, le frecce bianche, sono nello stesso verso dello stimolo target);- incongrue (i distrattori sono nel verso opposto del target);- neutre (i distrattori sono dei segmenti privi di direzionalità).

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• Test di orientamento automatico dell’attenzione.Esso si fonda sul paradigma di orientamento implicito dell’attenzione di Posner (1980)e valuta anche l’effetto allerta e l’effetto validità.Svolgimento: dopo la comparsa di un cue visivo al centro dello schermo, quattro qua-drati si dispongono intorno al cue ormai scomparso ed alternativamente si evidenziano;il soggetto deve premere la barra spaziatrice quando vede comparire, all’interno di unodei quattro riquadri, una pallina bianca. Questo test prevede quattro condizioni:- valide (la pallina compare nel riquadro che si è precedentemente evidenziato);- neutre (la pallina compare in uno dei quattro riquadri, che contemporaneamente si sono precedentemente evidenziati);- invalide (la pallina compare in un riquadro differente da quello che si è precedente-mente evidenziato);- improvvise (la pallina compare in uno dei quattro riquadri, nessuno dei quali prece-dentemente evidenziato).• Test di orientamento volontario dell’attenzione.Esso si fonda sul paradigma esplicito dell’attenzione di Posner (1980) e permette di va-lutare anche l’effetto allerta e l’effetto validità.Svolgimento: dopo la comparsa di un cue visivo al centro dello schermo, quattro riqua-dri colorati (verdi e rossi) si dispongono intorno al cue ormai scomparso; il soggettodeve premere la barra spaziatrice quando vede comparire, all’interno di uno dei quat-tro riquadri, una pallina bianca. Prima che il test inizi, il soggetto, nelle istruzioni, vieneavvertito del fatto che la pallina potrebbe comparire, con maggiore probabilità, nei ri-quadri rossi. Questo test prevede quattro condizioni (l’80% delle prove, è costituito dacondizioni valide):- Valide (dei quattro riquadri, tre sono verdi ed uno rosso: la pallina bianca compare nelriquadro rosso);- Neutre (i quattro riquadri sono tutti rossi: la pallina compare in uno di essi);- Invalide (dei quattro riquadri, tre sono verdi ed uno rosso: la pallina bianca comparenel riquadro verde);- Improvvise ( la pallina compare in uno dei quattro riquadri, nessuno di essi colorato).

Il campione

Il campione è globalmente costituito da 30 soggetti, frequentanti la IV e la V elementare.Il gruppo sperimentale è costituito da 15 soggetti (8 femmine e 7 maschi, di età media10,5 anni) dei quali, 5 frequentano la 4° elementare, i rimanenti 10 la 5° classe. Si trattadi bambini reclutati dalla U.O.N.P.I.A di Mantova, ai quali è stata fatta diagnosi di di-slessia. Il gruppo di controllo è altresì costituito da 15 soggetti (10 maschi e 5 femmine,di età media 10,7 anni) dei quali, come nel gruppo sperimentale, 5 frequentano la 4° ele-mentare, i rimanenti 10 la 5°. Si tratta di bambini messi a disposizione dal Polo M.T.Bozzo, reclutati a loro volta dalla Scuola Primaria G. Embriaco di Genova.

Analisi dei dati

Le statistiche descrittive dei risultati ottenuti dai due gruppi, in linea generale, hanno unandamento migliore per il gruppo di controllo rispetto a quello sperimentale per tutte leprove somministrate. La distribuzione dei dati, valutata con il test di Kolmogorov-Smir-nov, è risultata diversa dalla curva normale (p < .05) per alcuni test oggetto di indagine.Inoltre Skewness e Curtosi hanno rivelato valori elevati in riferimento a diverse provesomministrate: per tale motivo si è deciso di utilizzare il Mann-Whitney Test, non pa-rametrico, per valutare la significatività della differenza tra i due gruppi (significativitàcon p < .05).

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Risultati

Dai risultati emersi si rileva che le difficoltà del gruppo di bambini dislessici, si dispiegano,oltre che lungo le prove di lettura di liste di parole e non parole (tratte dalla DDE-2, Batte-ria per la valutazione della dislessia e disortografia evolutiva-2, di Sartori, Job & Tressoldi,2007), lungo le prove che valutano le abilità attentive, visuo-percettive, linguistiche e dicontrollo esecutivo, ergo in tutti gli aspetti previsti dal modello multicomponenziale della let-tura di Moscovitch e Umiltà (1990) che, in tal modo, trova un’importante prima conferma.Nello specifico, emergono significative differenze, relativamente alle prove in cartaceo ri-portate nella tabella seguente, con relative funzioni implicate.

Emergono in tal modo:• Le tre funzioni esecutive di base:- controllo esecutivo (cancellazione, 5point);- rielaborazione in memoria di lavoro;- flessibilità.• Aspetti linguistici e visuo-percettivi ad alto contenuto di risorse attentive esecutive: - spoonerismo, per gli aspetti linguistici ;- copia figura complessa di Rey, per gli aspetti visuo-percettivi.

PROVE FUNZIONI IMPLICATE

Ricerca visiva I (test di Cancellazione) Attenzione selettiva; controllo esecutivo

Five Point Test Flessibilità; controllo esecutivo

Span indietro Riaggiornamento in memoria di lavoro

Copia figura complessa di Rey Visuo-percezione ad alto caricoattentivo-esecutivo

Copia/Riproduzione (sub test 3, TPV) Visuo-percezione

Spoonerismo Linguaggio; riaggiornamento in memoriadi lavoro

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A questo punto è interessante osservare come paiono già sufficienti le prove in formato car-taceo per isolare il modello teorico di Moscovitch e Umiltà (1990). Per quanto riguarda leprove computerizzate, si è rilevato che nell’orientamento volontario dell’attenzione i sog-getti dislessici sembrano meno efficienti rispetto al gruppo di controllo specie per le con-dizioni invalide, data la significativa differenza (p < .05).Nel seguente grafico è possibile osservare una sintesi dei risultati globalmente ottenuti.La teoria gerarchica modulare di Moscovitch e Umiltà prevede l’attenzione, la visuo-per-cezione, sistema esecutivo, linguaggio come funzioni caratterizzanti il modulo lettura: sisono ottenute delle cadute esattamente in queste abilità.Il fatto che le diverse prove somministrate isolino i bambini del gruppo sperimentale evi-denziandone profili diversi, conferma la bontà del modello e dimostra che è estremamenteimprobabile identificare uno stereotipo del “dislessico” per ricorrere a compensazioni, di-spense e stimolazioni senza un’indagine approfondita dei processi sottostanti la lettura,come il modello di Moscovitch e Umiltà suggerisce.

Conclusioni

Il modello di Moscovitch e Umiltà (1990) e quello di Benso (2007) ci fanno comprendere qualisiano i prerequisiti necessari alla lettura: abilità linguistica e visuo-percettiva; aspetti attentivicollegati e risorse adeguate del nostro sistema esecutivo che permettono lo sviluppo dellefunzioni di supporto necessarie (funzioni esecutive e memorie); processo di modularizzazionee di automazione del modulo lettura. Partendo da questi singoli aspetti, si può lavorare già sugliindici predittivi a livello di scuola dell’infanzia: avendo isolato il modello, lo andiamo a trattareprima che esso, inappropriatamente, si costituisca. Nella scuola dell’infanzia o nei primi mesidella classe prima della scuola primaria, si dovrebbe porre attenzione se, nel confronto tra ilbambino e i suoi coetanei, dovessero emergere le seguenti differenze:• Dimostra difficoltà metafonologiche (non segmenta e non fonde le parole) e ha difficoltà

con i ritmi e con le rime;• Sembra non riconoscere i colori, ma a una prova più approfondita si comprende che non

ne ricorda il nome. Verso i 5-6 anni cade nella denominazione veloce di colori e oggettidimostrando poche risorse per sedimentare in memoria le associazioni tra oggetto ed eti-chetta nominale e, di conseguenza, tra segno grafico e suono corrispondente;

• Dimostra difficoltà a orientarsi nello spazio e nel tempo (non vince facilmente la compa-tibilità spaziale e non ha il senso del tempo);

• Non riesce in compiti di manualità fine rispetto ai coetanei;• Il sistema di controllo è poco efficiente per l’età, il movimento corporeo nei giochi è poco

fluido e, talora, anche goffo;• Non resiste a lungo nelle applicazioni che i coetanei portano agevolmente a termine;• È catturato spesso dai distrattori ed interrompe le attività. A volte, al contrario, non riesce

a staccarsi da un certo tipo di gioco ripetitivo e poco complesso.Tutto quanto precedentemente espresso, deve accompagnarsi alla presa in considerazione delfatto che il sistema esecutivo di un soggetto di 4-6 anni è ancora in formazione, ergo tuttiavranno delle debolezze in tal senso. Quel che dall’età prescinde e che, come da svariati studidimostrato, perennemente sottostà ad un disturbo dell’apprendimento è la debolezza atten-tiva. Per tale motivo, per prevenire o intervenire su un futuro disturbo dell’apprendimento sarànecessario, occuparsi dell’abilità sofferente, non dimenticando però che sempre vi sarà una de-bolezza attentiva soggiacente, che sarà necessario affrontare. Alla luce di quanto emerso dairisultati, inoltre, sarà ormai chiaro come venga sancita l’inesistenza del Dislessico e l’esistenzadi tanti individui dislessici, con le loro potenzialità e le loro debolezze, che i clinici hanno il do-vere di chiarire e misurare: una diagnosi rimane fine a se stessa se non vi è espressa la pos-sibilità di un trattamento che miri a potenziare le abilità carenti ed il sistema esecutivo.

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A tal proposito, si comprende la necessità di porre enfasi sul sistema attentivo-esecutivo,poco noto in clinica e spesso trascurato, nonostante sia la sorgente ed il sostegno di tuttigli apprendimenti complessi.Quando ci si sarà abituati a sentir parlare di sistema attentivo-esecutivo, si potrà utilizzareuna batteria di valutazione, come quella utilizzata per condurre la presente ricerca e, sol-tanto dopo, si potrà avviare un protocollo riabilitativo individualizzato: il trattamento devefarsi abito su misura per chi ne necessita.Il training riabilitativo occorre che sia personalizzato e tarato sui punti di forza e di debo-lezza del soggetto con dislessia. Benso et al. propongono il training integrato, cosiddetto perché mirante a potenziare lecomponenti attentivo-esecutive, gli aspetti modulari degli apprendimenti (lettura, scrittura,calcolo) e le funzioni strumentali o modulari di sostegno (memorie, linguaggio, visuo-per-cezione) che risulteranno, dalla valutazione, essere carenti.In conclusione, alla luce di quanto precedentemente asserito e, alla luce di quanto ormaiconfermato dalle neuroscienze, ovvero che i collegamenti che dalle aree delle emozionivanno verso i lobi frontali sono maggiori dei collegamenti che compiono il percorso in-verso (Le Doux, 1996), si esprime in questa sede la necessità di ammantare i tratta-menti abilitativi di emozione. Perché questo accada bastano dei metodi universali,specie di stimolazione del sistema attentivo-esecutivo, molti dei quali già noti nell’Orientedi centinaia di anni orsono (è il caso di molte tipologie di allenamento tramandate dasciatori, ballerine, pianisti, cantanti lirici,..). In sostanza quel che si offrirebbe al sog-getto dislessico è quel che chiunque quotidianamente cerca: l’arricchimento dello spi-rito, che rende ciascuno uguale dinanzi all’universale. Emozioniamolo e, nel farlo,facciamolo come se gli insegnassimo a correre: “Lo si prende per mano e si corre conlui. Non troppo velocemente per non frustrarlo trascinandolo, né troppo lentamente perstimolarlo a sufficienza nella corsa” (Benso, 2008).Che questo studio possa esser proseguito ed approfondito, possibilmente con lo stesso en-tusiasmo e passione di chi lo ha condotto.

BIBLIOGRAFIA A RICHIESTA

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LOGOPaeDIA 2013; vol. 2 Ricerche e studi

TESI VINCITRICE DELLA BORSA DI STUDIO DEL CRS AMPLIFONPER I LAUREATI IN LOGOPEDIA NELL’ANNO 2012

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “MAGNA GRaeCIA”DI CATANZAROFACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA

Amusia tecnologicamente indotta in pazientiportatori di impianto cocleare

Teresa Pantusa

Università degli studi “ Magna Graecia” di Catanzaro, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, U.O. di

Audiologia e Foniatria (Dir. G. Chiarella)

AbstractNei bambini con sordità profonda, impiantati precocemente, la musica, stimolando sottodiversi aspetti una vasta gamma di frequenze, può influire positivamente e significativa-mente sullo sviluppo del linguaggio, in particolare nei suoi tratti soprasegmentali, carenti neipazienti portatori di impianto cocleare (IC). Abbiamo esaminato un campione di 15 pazientidi età compresa fra 8 e 16 anni, affetti da sordità neurosensoriale profonda bilaterale, trat-tata precocemente con IC. E’ stato indagato il patrimonio sonoro di questi pazienti utiliz-zando un questionario che ha consentito di suddividere il campione in due gruppi a secondadel possesso o meno di tale patrimonio "sonoro-musicale”. A tutti i pazienti sono stati som-ministrati i seguenti test: il Protocollo comune di valutazione dei risultati in audiologia ria-bilitativa (PCVRAR) ed il test di valutazione della percezione e produzione della prosodia(VPPP).Dai risultati dello studio emerge con chiarezza l'elemento di vantaggio, nei confronti del ri-schio della cosiddetta amusia tecnologicamente indotta (intesa come la mancanza della fa-coltà di comprendere o riprodurre un’esperienza musicale) dell'avvicinamento alla musica.Esso si rivela notevolmente efficace nel raggiungimento di risultati riabilitativi ottimali in ter-mini di percezione e produzione della prosodia, componente del linguaggio che rappre-senta il canale privilegiato per ricevere e trasmettere i contenuti emozionali di cui è intrisoil linguaggio.

Parole chiave: amusia, impianto cocleare, ipoacusia profonda, musica, prosodia

INTRODUZIONELa natura è suono, la vita è suono, nel suono c’è vita e non esiste vita silenziosa. Nell’ariac’è vita e movimento, dunque non può non esserci suono: senza suono non c’è movimento,senza movimento non c’è suono. Il feto non cresce nel silenzio, né tantomeno nella stati-cità; il feto vive in un corpo vivo, si muove ed è mosso da e in un corpo che lo avvolge inuna crisalide di suoni ambientali, è teneramente e meravigliosamente protetto e cullato dairumori interni del corpo materno e dalla voce materna. Ma qual è il rapporto tra la musicae l’IC? I pazienti con IC riescono a percepire la musica? Come la percepiscano? Sacks, in

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proposito, scrive dell'amusia indotta tecnologicamente dall’IC. Mi sono chiesta quindi sequesta condizione, in particolare nei bambini, potesse influire sulla percezione e, di riflesso,sulla produzione, dei tratti soprasegmentali del linguaggio, che rappresentano proprio lacomponente "musicale" del linguaggio stesso, quella intrisa di emozioni che ci rende cosìdiversi e distinguibili l’uno dall’altro.La sordità musicale (o "amusia" o "tone deafness") è l'incapacità di "capire" e produrre la mu-sica, definita dalla letteratura come un disordine del processamento musicale (che spesso èclassificato come deficit nell’elaborazione dell’adattamento). Per chi è "amusico" (o "tone deaf")è problematico capire se due brani musicali siano identici o diversi, se una nota sia più acutao più grave, se una musica sia lenta o veloce. Si è parlato di amusia “tecnologicamente indotta”nell’IC proprio perché questo può riprodurre soltanto una limitata gamma di suoni, con una al-trettanto limitata risoluzione delle frequenze che, se per un verso rendono comprensibile il lin-guaggio, per l’altro complicano la possibilità di fare altrettanto con la musica, dunque con lecomponenti musicali del linguaggio. Tuttavia, l’applicazione precoce dell’IC condiziona la ma-turazione del sistema uditivo centrale che risponderà sempre meglio alle stimolazioni fre-quenziali apportate dall’IC grazie al processo di adattamento ed alla plasticità del sistemauditivo fino a compensare quasi del tutto il deficit a livello della percezione e della produzionemusicale che assume notevole importanza nell’ambito delle componenti paralinguistiche. Neibambini con sordità congenita, quindi del tutto privi di precedente esperienza uditiva, un IC èin grado di suscitare abbastanza presto sensazioni di pitch, in relazione alla posizione deglielettrodi intracocleari attivati.Alla luce di quanto considerato, abbiamo ipotizzato che la musica, il contatto con essa,meglio ancora l’avviamento precoce al suo studio ed alla pratica di un strumento musicale,stimolando sotto diversi aspetti (durata, intensità, etc.) una vasta gamma di frequenze,possa influire positivamente e significativamente sullo sviluppo del linguaggio, in partico-lare sui suoi aspetti soprasegmentali, carenti nei pazienti portatori di IC, nei bambini sordiprofondi impiantati in età pediatrica.L’intento del lavoro è stato di indagare se questa ipotesi sia sovrapponibile e/o comparabile aquanto presente in letteratura e se l'analisi dei risultati dei nostri pazienti possa fornire qual-che indirizzo riabilitativo tale da limitare le conseguenze della cosiddetta amusia tecnologica-mente indotta, nei pazienti impiantati, sul versante paraverbale. In realtà non sono disponibilia questo scopo criteri di quantizzazione o test universalmente condivisi, pertanto, abbiamoconsiderato opportuno strutturare un test di valutazione della percezione e produzione dellaprosodia (VPPP) ed un questionario volto all’indagine del patrimonio sonoro/musicale che po-tessero affiancare quelli comunemente utilizzati per valutare questi aspetti.

PRESUPPOSTI TEORICI La capacità di interpretare le informazioni provenienti dall’organo dell’udito, si sviluppadopo la nascita, con un massimo di evoluzione fra i 3 e gli 8 anni, in maniera molto singo-lare e differente da individuo a individuo, in relazione alle proprie esperienze. Negli ipoa-cusici si potrebbe dire che la percezione uditiva in senso stretto non esiste, sebbeneun’interpretazione degli stimoli acustici e sonori sia ottenibile per via vibro-tattile, in virtù delfatto che ogni suono presenta una componente vibratoria, come detto in precedenza. Lapercezione è un processo psicologico assolutamente indispensabile: presupposto per lamemoria, il pensiero e l’apprendimento. Lo stesso corpo umano, nella sua totalità, fun-ziona come una cassa armonica di risonanza, rispetto alla quale le frequenze più gravi en-trano in risonanza con le ossa più lunghe ed il diaframma, mentre le frequenze più acuterisuonano nella parte più alta del corpo, ovvero nella cassa toracica, cavità orali, e scatolacranica (i cosiddetti “suoni di testa” o del “registro di testa”). Capiamo come la mancanzadi residui dell’apparato uditivo non impedisce del tutto l’intenzione all’ascolto, ma le onde

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sonore investono e travolgono il “corpo vibrante” (come lo definisce Cremaschi Trovesi)nella sua multidimensionalità, seguendo quelle che sono le leggi fisiche armoniche deisuoni e dei risuonatori.

PLASTICITA’ NEURONALE DEL SISTEMA UDITIVOLa plasticità è una caratteristica delle strutture neurali che può essere definita come un com-

plesso di variazioni nelle proprietà funzionali dei neuroni, principalmente dipendenti dal rimo-

dellamento sinaptico. Il sistema uditivo, come gli altri sistemi sensoriali, è caratterizzato dauna plasticità evolutiva che è in stretta relazione con l’uso della funzione (maturazione), e dauna plasticità di tipo adattivo osservabile in conseguenza di un danneggiamento. Questi fe-nomeni sono molto più evidenti in età evolutiva (durante le fasi dello sviluppo) che in età adulta.Le conoscenze sulla plasticità dimostrano un’importante ricaduta sugli interventi di terapia eriabilitazione della sordità perché permettono di individuare i tempi ottimali in cui applicare de-terminati interventi. In linea generale si può affermare che fino ad un’età di 12-14 anni alcuneabilità uditive migliorano progressivamente fino a raggiungere i livelli di prestazione tipici del-l’adulto. Per quanto riguarda la percezione del linguaggio sappiamo che già nei primi mesi divita i bambini sono capaci di operare distinzioni abbastanza sottili su alcune proprietà acusti-che di segmenti del linguaggio e sono in grado di percepire variazioni della prima formante.Anche la cosiddetta “costanza percettiva”, ovvero la capacità di riconoscere correttamentecategorie fonemiche, nonostante le differenze acustiche dipendenti dallo “speaker” o dalla ve-locità di pronuncia o dall’intonazione, sarebbe presente in età molto precoce. Per lo sviluppodi tutte le aree sensoriali del cervello, è fondamentale un’adeguata stimolazione sensoriale du-rante tutto il periodo evolutivo. Nei primi anni di vita la coclea viene ad assumere un ruolo fon-damentale che consente e favorisce l’organizzazione e lo sviluppo delle aree della cortecciauditiva. Già alla nascita, infatti, la coclea raggiunge un livello di prestazioni massimale. Pro-prio dalla nascita, per un periodo di 4 – 8 anni, le informazioni sonore in uscita dalla coclea,codificate in attivazione neurale, guideranno lo sviluppo delle strutture centrali influendo sui li-velli della prestazione uditiva. Al contrario, se l’informazione in uscita dalla coclea è insuffi-ciente, limitata, o ripetitiva le strutture centrali si svilupperanno di conseguenza. Tuttavia lemaggiori connessioni del sistema uditivo sono già formate prima dell’esperienza uditiva, ciòspiegherebbe il fatto che da un punto di vista funzionale, la tonotopicità a livello del collicoloinferiore risulta relativamente resistente alla deprivazione uditiva precoce. Questa proprietà po-trebbe spiegare perché nei bambini con sordità congenita, quindi del tutto privi di una prece-dente esperienza uditiva, un IC è in grado di suscitare abbastanza presto sensazioni di pitch,in relazione alla posizione degli elettrodi intracocleari attivati. Alla luce di quanto considerato,potremmo ipotizzare che la musica, il contatto con la musica (quella classica in particolare),lo studio della musica, possa influire e in che modo sullo sviluppo del linguaggio, in partico-lare degli aspetti soprasegmentali del linguaggio (che sappiamo essere carenti nei pazientiportatori di IC), nei bambini sordi profondi impiantati in età pediatrica.

LA MUSICA NEL LINGUAGGIO, OLTRE LA PAROLAGli aspetti soprasegmentali, le caratteristiche paralinguistiche ed extralinguistiche sonoproprio quelle particolari peculiarità del linguaggio stesso che permettono di distinguercil’uno dall’altro, che contribuiscono all’unicità dell’individuo, che ci consentono di distinguereil messaggio di una persona arrabbiata da quello di una persona entusiasta, che ci con-sentono di esprimere paura, gioia, emozione, sdegno, rabbia, anche attraverso un semplicesuono vocalico. I tratti soprasegmentali sono proprio il mezzo attraverso cui, parlando,esprimiamo sentimenti, emozioni, nonché tutta quella che è la nostra cultura, le nostre ra-dici. Per una persona normoudente, o comunque con una discreta soglia uditiva, tutto ciòpuò sembrare scontato, ovvio, ma proviamo a riflettere sulla qualità della vita, delle rela-

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zioni di un bambino, o di un adulto che già dalla vita uterina o dai primi mesi di vita è de-privato della sensazione uditiva, che non sa cosa sia l’universo dei suoni. Non c’è bisognodi essere un musicista per capire l’importanza ed il potere che la musica ha nella vita di cia-scuno di noi: essa è fondamentale. Per circa due secoli luminari quali Darwin, Spencer,Rousseau, James, Pinker, si sono chiesti se musica e linguaggio si siano evoluti insiemeo indipendentemente e, qualora si fossero evoluti in maniera indipendente, quale dei duesia emerso per primo, e si sono trovati concordi nell’affermare che gli esseri umani hannoun istinto per la musica proprio come lo hanno per il linguaggio, e che gli umani siano crea-ture musicali non meno che linguistiche. E' proprio quando la musica colpisce il nostro cer-vello che esso scatena delle emozioni che chi conosce, difficilmente può privarsene. Ilbambino, come abbiamo detto, non conoscendo il significato delle parole è da subito im-pressionato e colpito proprio dagli elementi soprasegmentali. L’approccio sperimentale allostudio dell’espressione paralinguistica delle emozioni si basa sul presupposto che i mes-saggi trasportati dal canale non verbale viaggiano in parallelo ai messaggi trasportati dalcanale semiotico verbale, pertanto un ascoltatore sarebbe in grado di riconoscere l’emo-zione provata dallo speaker anche se il contenuto verbale venisse eliminato o privato di va-lore semantico. Nel messaggio linguistico distinguiamo pertanto alcune varianti contestualie stilistiche legate principalmente al soggetto che parla, quali situazioni emozionali, ritmo,intonazione, prosodia: eccola, la musica nel linguaggio oltre la parola.Ciò che viene percepito come tonalità è dato dalla frequenza fondamentale (F0), che è de-terminata dalla tensione e dalla vibrazione delle corde vocali e dell’intera laringe: maggioresarà la tensione e il numero di cicli vibratori al secondo, più elevata sarà la frequenza, epiù acuta sarà la tonalità; al contrario, viene percepito un tono grave quando le corde vo-cali sono allentate. La tonalità viene misurata in Hertz, e presenta alcune variabili quali:• media di F0 (frequenza fondamentale): è la media aritmetica di F0 in un enunciato;• gamma di F0: è la differenza tra il tono di voce più alto e quello più basso all’interno diun enunciato;• variazione di F0: si ottiene contando il numero di variazioni (picchi e deflessioni) dell’in-tonazione all’interno dell’enunciato;• profilo di intonazione: andamento dell’enunciato, ottenuto congiungendo tutti i punti in-dicativi della tonalità.Per quanto riguarda i parametri temporali, vengono distinti la durata, la velocità di emis-sione e il ritmo. La durata consiste nella lunghezza dell’enunciato misurata in secondi, nella quantità di unsuono vocalico o consonantico; ad esempio essa può mettere in risalto una sequenza fo-nica enfatizzandola. La velocità di emissione è invece data dal numero di sillabe pro-nunciate in un secondo. Infine, tutto ciò che va nel tempo è ritmo, esso consiste nellacombinazione tra durata e accento, tra suono e silenzio, ed è dato dall’alternarsi di sillabeaccentate e sillabe non accentate, suoni e pause. Da ultimo, ciò che noi soggettivamentepercepiamo come volume è l’intensità, dovuta alla pressione espiatoria. L’intensità vienemisurata in decibel (dB).I numerosi studi sul riconoscimento vocale delle emozioni mettono in luce la capacità del-l’ascoltatore di distinguere con accuratezza i significati emozionali basandosi sui trattiparalinguistici, ma in pochi hanno individuato gli indicatori vocali di emozioni specifiche.Sono stati individuati comunque alcuni pattern sistematici in cui si nota un co-variazionedi fattori. Il primo pattern, costituito dalla combinazione alta frequenza / alto volume / altaintensità, sembra essere caratteristico delle emozioni ad alto grado di attivazione (gioia,rabbia, paura). Il secondo pattern, caratterizzato da debole intensità / bassa frequenza fon-damentale / velocità ridotta, è distintivo delle emozioni con un livello d’attivazione più basso(disprezzo, noia, tristezza).

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Secondo le ricerche più recenti, le variabili discriminative più fini risultano essere le qua-lità vocali, cioè il timbro: ad esempio la paura è riconoscibile soprattutto per il classico “tre-more” dovuto all’irregolarità del respiro. Sherer, in tal proposito, assume che i processiattivati da diversi livelli di valutazione producono effetti specifici sul sistema nervoso cen-trale, con conseguenti mutazioni nella tensione muscolare nell’apparato fonatorio, oltreche nel ritmo respiratorio e nella secrezione salivare. Mentre la valutazione del grado di no-vità di uno stimolo ha una limitata influenza sulla modalità d’eloquio, la valutazione della pia-cevolezza/spiacevolezza dello stimolo stesso ha un elevata influenza su molti movimentioro-facciali connessi alla qualità edonica dell’esperienza emozionale: modificazioni anato-miche che coinvolgono la faringe, laringe, regioni nasali e orali. Stimoli spiacevoli provo-cano costrizione muscolare e voce “stretta”, mentre una voce “ampia” è dovuta alrilassamento dei muscoli in seguito a stimoli piacevoli. Anche la capacità di far fronte allostimolo influenza le qualità vocali, soprattutto la tensione: la voce piena (contrapposta aquella sottile) è propria di chi confida nelle proprie risorse. È possibile quindi tracciare unadescrizione di alcune emozioni secondo il modello multicomponenziale di Sherer.- Gioia: elevata valenza edenica positiva, buon livello di attivazione e capacità di far fronte

allo stimolo. Voce ampia, piena e mediamente tesa. Il profilo d’intonazione è molto va-riato e mosso, con una F0 generalmente elevata ed intensità costantemente elevata.

- Tristezza: valenza edonica negativa, incontrollabilità, mancanza di attivazione e di fidu-cia. Voce rilassata, debole e stretta. Il profilo è caratterizzato da una F0 costantementebassa, con variazioni inesistenti; anche l’intensità è bassa e progressivamente crescente.

- Paura: risposta ad uno stimolo spiacevole e minaccioso (carenza di risorse per farvifronte). Voce stretta, tesa ed esile.

- Collera: risposta ad uno stimolo “ostacolante” ma che può essere fronteggiato con leproprie risorse. Voce stretta, tesa ma notevolmente piena. il profilo è caratterizzato da F0media con numerose repentine variazioni di tono e una curva d’intensità su livelli co-stantemente alti.

- Disprezzo: esperienza edonica negativa, livello medio d’attivazione. Voce stretta, tesae poco piena (il disgusto è simile ma più intenso ed accentuato). il tono è basso, il pro-filo lineare e anche l’intensità si mantiene costantemente bassa.

- Tenerezza: rilevanza dello stimolo, non discrepante con le attese, valenza edonica po-sitiva. Voce distesa e ampia, tono di voce costantemente basso, variazioni di numero ri-dotto e volume baso costante.

IMPIANTO COCLEARE, MUSICA E PARAVERBALE L'IC è in grado di operare una codifica spettrale attraverso la filtrazione del segnale acu-stico in diverse bande di frequenza, accoppiando l’uscita di ciascun filtro ad un elettrodo.Come nelle protesi acustiche, un branco di filtri, impegnato dalle frequenze che costitui-scono i suoni raccolti dal microfono, separa il segnale nelle sue componenti in frequenza. Ciascun filtro è in relazione con un elettrodo. Esistono tuttavia alcune limitazioni alla co-difica spettrale dell'IC. Il numero di canali attivabili contemporaneamente è generalmenteattorno ad 8, dunque considerevolmente minore che nell’orecchio normale (che attiva 150-200 bande critiche). In condizioni di interferenza ambientale, per percepire il parlato, sononecessari 16 canali. Un'altra limitazione è data dalla mancanza di corrispondenza fra lo-calizzazione delle bande ed elettrodi. Ciò comporta serie difficoltà di ascolto che possonoessere superate da un successivo processo di adattamento. Per ciò che riguarda la codifica di frequenza, un tono puro dovrebbe impegnare un solo ca-nale dell'IC, dunque stimolare un solo elettrodo. La percezione della frequenza dovrebbeavvenire secondo un codice di “place”. Tale codice tuttavia è grossolano a causa delloscarso numero di canali e del ridotto isolamento elettrico degli elettrodi. I portatori di IC

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mostrano scarse capacità di percepire variazioni nella periodicità della forma d’onda elet-trica applicate ai singoli elettrodi. Anche per quella che è la codifica del pitch di suoni, nel-l’IC esistono alcune limitazioni: i filtri degli IC, infatti, non risolvono le frequenzefondamentali della voce umana, eccetto quando questa ha un timbro elevato (come quellodei bambini). La codifica del pitch negli IC dipende quasi esclusivamente da un codice tem-porale simile a quello che opera naturalmente quando un suono complesso contiene soloarmoniche in alta frequenza. Ciò causa una ridotta discriminazione.La percezione uditiva nella dimensione della frequenza è fondamentale per il riconosci-mento di suoni complessi, come il parlato e la musica. Questi riconoscimenti si fondanosulla funzione di filtraggio che la coclea opera separando le varie componenti in frequenza,e le modalità con cui gli eventi meccanici vengono trasformati in impulsi nervosi. La fre-quenza viene codificata in base alla posizione del movimento della membrana basilare(“place”) ed in base al ritmo di scarica dei neuroni (periodicità). Entrambi i meccanismi con-corrono a formare la percezione in frequenza. Tuttavia da alcuni dati emerge che nei por-tatori di IC la percezione del pitch è basata principalmente sul meccanismo di “place”.Alcuni tentativi hanno dimostrato di poter migliorare, seppur minimamente, la percezionedel parlato e della frequenza fondamentale della voce umana, sfruttando l’invio su ognielettrodo di una frequenza “carrier” (1500 Hz) modulata in ampiezza (200 Hz) ma per la per-cezione musicale resta dubbia l’efficacia di queste soluzioni, poiché la percezione dellamelodia richiede una fine risoluzione temporale fino a 1 kHz. L’informazione trasferita al si-stema nervoso centrale è carente riguardo alle dimensioni acustiche necessarie per di-scriminare il linguaggio, e cioè dinamica di intensità, discriminazione di frequenza, proprietàtemporali. In età preverbale tali carenze si oppongono alla normale evoluzione maturativadel sistema nervoso centrale uditivo. E' proprio nella possibilità di attivare il sistema uditivocentrale in modo più preciso di quanto non possa avvenire con una protesi acustica che ri-siede il presupposto all’indicazione di un IC in un bambino con sordità preverbale. L’IC,applicato in età pediatrica, condiziona la maturazione del sistema uditivo centrale, il qualetenderà ad assumere capacità funzionali strettamente dipendenti dal tipo di informazionetrasferita dall'IC. Considerato quanto asserito, è ipotizzabile che attraverso un’adeguatastimolazione della percezione musicale e melodica, che si riflette quindi nelle caratteristi-che paraverbali e soprasegmentali del linguaggio, i pazienti portatori di IC, impiantati inetà pediatrica, hanno ottime possibilità di guadagno in questo senso fino a superare quasidel tutto quella che può essere considerata un'“amusia” tecnologicamente indotta dall'IC.

L’AMUSIA TECNOLOGICAMENTE INDOTTA DALL’IMPIANTO COCLEAREL’amusia, o agnosia musicale, è una forma di sordità psichica, consistente nella perditadella capacità di riconoscere il valore dei suoni musicali. Essa si inserisce nel quadro diquelle che sono le agnosie uditive che fanno parte dei disturbi delle funzioni simboliche. Le funzioni simboliche, o “attività nervose superiori”, sono svolte da aree corticali specifi-che (associative). Le agnosie sono disturbi del riconoscimento degli oggetti, normalmentepercepiti da sistemi sensoriali integri. Secondo i campi sensoriali interessati possono es-sere visive, uditive e tattili. La sordità musicale (o "amusia" o "tone deafness") è l'incapacitàdi "capire" e produrre la musica. Per chi è "amusico" (o "tone deaf") è problematico capire sedue brani musicali sono identici o diversi; se una nota è più acuta o più grave; se una musicaè lenta o veloce. Si è parlato di amusia “tecnologicamente indotta” proprio perché l’IC può ri-produrre soltanto una limitata gamma di suoni con una altrettanto limitata risoluzione dellefrequenze che, come detto in precedenza, rendono comprensibile il linguaggio, ma complicanola possibilità di fare altrettanto con la musica. Attualmente la via dell'aumento ulteriore del nu-mero di elettrodi sembra non facilmente percorribile poiché l’eccessiva vicinanza comportacomplicazioni di carattere tecnico. La letteratura recente definisce l’amusia come un disor-

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dine del processamento musicale che spesso è classificato come deficit nell’elaborazione del-

l’adattamento (pitch processing). Tuttavia l’applicazione precoce dell’IC condiziona la matu-razione del sistema uditivo centrale che risponderà sempre meglio alle stimolazioni frequenzialiapportate dall’IC, anche grazie al processo di adattamento, fino a compensare quasi del tuttoi deficit a livello della percezione e della produzione musicale della cui importanza nell’ambitodel linguaggio abbiamo discusso in precedenza.

SOGGETTI E METODIPer valutare se e in che modo la musica possa influire sullo sviluppo del linguaggio, in par-ticolare sui suoi aspetti soprasegmentali, e sulla plasticità neuronale del sistema uditivocentrale nei bambini sordi profondi, impiantati in età pediatrica, abbiamo considerato uncampione di 15 piccoli pazienti di età compresa fra 8 e 16 anni, 9 maschi e 6 femmine. Tuttii soggetti sono affetti da sordità neurosensoriale bilaterale profonda trattata con IC.I dati anamnestici riguardanti l’età cronologica, l'utilizzo di protesi convenzionale, l’età allaprotesizzazione e gli anni di uso dell’IC sono riportati in tabella 1. Di questi pazienti abbiamo indagato il patrimonio sonoro utilizzando un questionario som-ministrato ai genitori ed ai pazienti stessi. Il questionario indaga il rapporto dei pazienti conla musica e con i suoni in generale, quali siano e siano state le reazioni del bambino aisuoni ambientali e musicali, se abbiano sviluppato o meno un "gusto musicale" ovverodelle preferenze, il loro rapporto col silenzio, l’uso della funzione vocale e delle sue mo-dulazioni, la disponibilità a manipolare apparecchiature musicali, le caratteristiche comu-nicative dei membri della famiglia e non, l’atteggiamento del bambino all’ascolto ed il tempomedio di ascolto. Il test indaga inoltre l'uso della lingua dialettale in famiglia e da parte delpaziente, e le eventuali differenti inflessioni e cadenza nell'uso del dialetto rispetto all’ita-liano. Infine abbiamo indagato se il piccolo abbia intrapreso studi musicali ed il suo atteg-giamento rispetto a questi. Il questionario è riportato di seguito:

QUESTIONARIO(Al bambino)- Mi parli del tuo rapporto con la musica?-Quanto spesso ascolti musica?mai raramente spesso tutti i giorni- Quanti strumenti musicali conosci?- Ti piace in particolare il suono di uno strumento musicale rispetto agli altri?

Ricerca del patrimonio sonoro(ai genitori/educatori)- Qual è, e qual è stato il rapporto del bambino con i suoni?- Come ha considerato la musica, che importanza ha dato alla musica nell’educazione di

suo figlio?- Ha ritenuto importante il contatto del bambino con le melodie, le filastrocche, ninne

nanne, canzoncine per bambini?- Ha ritenuto importante che suo figlio ascoltasse musica classica, in particolare?- Quali suoni preferisce il bambino?- Quali suoni lo infastidiscono?- Quale tipo di suono non musicale lo interessa?- Quale tipo di suono non musicale lo infastidisce?- Suoni e rumori prodotti dal soggetto- Quali sono o sono state le reazioni del bambino a suoni e rumori improvvisi?- Quali sono o sono state le reazioni del bambino a suoni e rumori ambientali?

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- Quale genere musicale preferisce e preferiva?- Preferisce musiche melodiche o ritmiche?- Rapporto col silenzio: ricerca e sviluppo il silenzio?- Quale canzone preferisce? (ascoltata alla radio, in TV, ninne nanne particolari…)- Come usa la voce ed il linguaggio? (es. voce acuta, parla veloce, articolazione)- Caratteristica particolare della comunicazione di una persona nel nucleo familiare o non…- Disponibilità a manipolare apparecchiature musicali (es. stereo, CD, PC, strumenti

musicali…)- Come si mostra il bambino all’ascolto?- Qual è il tempo medio di ascolto?- Per il suo bambino considera la musica come un elemento:Stimolante rassicurante eccitante rilassante altro - In famiglia si parla in dialetto?- Il bambino parla in dialetto? - Se si, modifica la cadenza e l’inflessione rispetto all’italiano?- Studia o ha studiato musica? Se si, da quanto?- Si mostra entusiasta delle conoscenze acquisite?

Tabella 1: dati anamnestici della popolazione esaminata (i numeri indicano gli anni)

Sulla base delle risposte al questionario sopra riportato abbiamo suddiviso il campione indue gruppi:Un primo gruppo di pazienti in possesso di un patrimonio sonoro-musicale, costituito da 10bambini.Un secondo gruppo con scarso patrimonio sonoro-musicale: considereremo questo comegruppo di controllo (5 pazienti).

Paziente Età Età alla protesizzazione Età all’impianto uso IC (anni)

C1 12 1 2 11

C2 13 5 11 2

C3 16 1 e 6 mesi 7 9

C4 9 1 2 7

C5 11 2 4 7

C6 16 2 3 13

C7 8 2 4 6

C8 8 6 mesi 1 e 5 mesi 6

C9 14 1 e 6 mesi 7 7

C10 14 1 7 7

C11 10 1 2 8

C13 8 1 e 4 mesi 3 5

C14 11 2 3 9

C15 10 1 3 7

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Grafico 1: distribuzione della popolazione esaminata in base all'esperienza musi-cale ed al patrimonio sonoro. Gruppo I pz in possesso di patrimonio sonoro-musi-cale, gruppo II pz con scarsa esperienza musicale.

A tutti i piccoli pazienti sono stati somministrati i seguenti test:PCVRAR (Protocollo Comune di Valutazione dei Risultati in Audiologia Riabilitativa).Un test di valutazione della percezione e produzione della prosodia (VPPP) di elaborazionepersonale, mutuato ed adattato dalla letteratura (Nakata et al., 2011; Muhlhaus, 2008).Il PCVRAR comprende una batteria di test messi a punto da un gruppo di esperti, coordi-nati da Burdo (1995), con lo scopo di fornire una strategia valutativa da utilizzare per lastima dei risultati in audiologia riabilitativa che può assumere un ruolo determinante anchenel momento diagnostico. Il PCVRAR è strutturato in sezioni suddivise per fasce d’età, ca-denze di somministrazione pre e post impianto o protesi, e funzioni da valutare. Le funzioni uditive da valutare e da specificare nella elaborazione e nella comunicazionedei risultati sono:- DETEZIONE- DISCRIMINAZIONE PROSODICA- IDENTIFICAZIONE- RICONOSCIMENTO- COMPRENSIONEa) Per DETEZIONE si intende la segnalazione della presenza o assenza di uno stimolo sonoro.b) Per DISCRIMINAZIONE PROSODICA si intende la corretta diversificazione in termini di

"Uguale/Diverso" di due segnali che possono differire per: durata- accentuazione- intonazione.c) Per IDENTIFICAZIONE si intende la scelta corretta del fonema o della parola proposti

in una lista chiusa.d) Per RICONOSCIMENTO si intende la ripetizione corretta di stimoli proposti in lista aperta.e) Per COMPRENSIONE si intende la risposta corretta ad una domanda.Di questi "sotto test" abbiamo preso in considerazione la sezione relativa alla discrimina-zione prosodica (Barbot), che prevede prove differenti per gli adulti e per i bambini. La va-lutazione per i bambini di età superiore agli 8 anni è data dalla discriminazione di materialeverbale e cioè della durata di parole bi e trisillabiche e dell’intonazione di frasi interrogative- affermative. Il test fornisce una lista di 10 coppie di parole di durata uguale o differenteed una lista di 10 coppie di frasi uguali o diverse per intonazione. Prima di ogni test sono stati eseguiti i tre item di prova e al paziente è stato chiesto di se-gnalare se le due alternative proposte erano uguali o diverse. Su ogni rigo del test, nellacolonna apposita, si segnala se la risposta è stata corretta. Vengono riportati totale e per-centuale delle risposte corrette. Le prove sono state somministrate in una stanza insono-rizzata, per mezzo di un altoparlante posto a un metro di distanza.Di seguito è riportato il testo dei due sub test somministrati.

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DISCRIMINAZIONE DURATA (BI-TRISILLABICHE)PRETEST - MOTO - MOTORE- GELOSO - GELOSO- PELO - PELOSORISPOSTA CORRETTA

1 MELO – MELONE D2 RIGORE – RIGORE u3 CAVO – CAVOLO D4 TELO – TELONE D5 LAMPO – LAMPO u6 GELONE – GELONE u7 CORO – CORONA D8 DITA – DITALE D9 COLLA – COLLA u10 VISO – VISONE D

TOTALE RISPOSTE CORRETTE N. 10

DISCRIMINAZIONE INTONAZIONE (INTERROGATIVO -AFFERMATIVO)PRETEST - OGGI C'E' IL SOLE - OGGI C'E' IL SOLE?- LA MAMMA E' IN CUCINA - LA MAMMA E' IN CUCINA- IL CANE E' IN GIARDINO - IL CANE E' IN GIARDINO?RISPOSTA CORRETTA

TEST1 QUESTO E' IL TUO CAPPELLO - QUESTO E' IL TUO CAPPELLO? D2 OGGI PIOVE - OGGI PIOVE u3 ANDIAMO IN MONTAGNA? - ANDIAMO IN MONTAGNA D4 NON POSSO AIUTARTI? - NON POSSO AIUTARTI? u5 IL BIMBO STA DORMENDO - IL BIMBO STA DORMENDO? D6 DOPO VIENI A CASA? - DOPO VIENI A CASA D7 LA TELEVISIONE FUNZIONA? - LA TELEVISIONE FUNZIONA? u8 E' PER ME – E’ PER ME? u9 OGGI E' VENUTA LUCIA - OGGI E’ VENUTA LUCIA? D10 MARCO E' PARTITO? - MARCO E’ PARTITO? u

TOTALE RISPOSTE CORRETTE N. 10

Queste prove valutano solo la percezione della prosodia. A completamento della valutazione, per avere una visione globale che riguardasse anchela produzione della prosodia (anche su imitazione), si è pensato di strutturare alcune prove,realizzando il test di valutazione della percezione e produzione della prosodia (VPPP) di ela-borazione personale, mutuato ed adattato da test presenti in letteratura (Nakata et al. 2011;Muhlhaus, 2008)Queste prove sono state valutate su una scala da 1 a 10 in relazione alla percentuale dellerisposte corrette. Nel VPPP, oltre alle prove adattate dalla letteratura alla lingua Italianaabbiamo aggiunto altre prove da noi strutturate con lo scopo di individuare e valutare le ca-pacità di percezione (quindi imitazione e produzione dei tratti soprasegmentali) quali la let-tura spontanea di una filastrocca e la ripetizione di una filastrocca ascoltata. Infine si èpensato di individuare e testare le abilità musicali dei piccoli pazienti presi in esame, (in-

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tonazione di una melodia o di una canzonetta a loro particolarmente cara) e la discrimina-zione di parole nel contesto di una canzoncina per bambini (“La bella tartaruga” di BrunoLauzi) (discriminazione di parole con diverso accento, durata, sonorità, frequenza, inten-sità) come corollario a conferma di quanto dimostrato nei test validati. Quest’ultima provaci è stata consigliata da Andrea Pietrini, un adulto, sordo congenito, autore di testi e arti-coli riguardanti le strategie per imparare a sfruttare al meglio l’IC. Alle prove abbiamo assegnato un punteggio su una scala da un minimo di 1 a un massimodi 10 punti in relazione alle abilità riscontrate1 - 3: per niente abile4 - 5: scarsamente abile6: sufficientemente abile7 - 8: abile9 -10: molto abile

Le prime due prove del VPPP riguardano il versante della produzione.Ai piccoli pazienti è stato chiesto di ripetere una filastrocca ascoltata con rime, parole accen-tate, alternanze di frasi affermative ed interrogative, differenze di intonazione emotiva (tri-stezza, felicità) tra un verso e l’altro. La seconda prova prevedeva la lettura spontanea di unafilastrocca, anch’essa in rima, con parole accentate, frasi interrogative e affermative, frasi dif-ferenti per intonazione di stato d’animo. Nella terza prova è stato chiesto di riconoscere lostato d’animo dello “speaker” in relazione alla modulazione del tono della voce (triste, felice oarrabbiato). Nella quarta prova è stato chiesto ai piccoli pazienti ripetere alcune parole bi, tri,tetra e penta sillabiche e battere (sul tavolo o con le mani) la loro scansione ritmica. Nelle ul-time due prove è stato chiesto poi di riconoscere il testo (le parole) nel contesto di una can-zone e di intonare spontaneamente una melodia. Queste ultime due prove verrannoconsiderate separatamente per via della complessità e delle particolari abilità necessarie.Di seguito riportiamo le prove somministrate:

Prova 1. Io leggo una filastrocca, poi mi fermo, e quando io mi fermo, tu ripeti quello chehai sentito.Chiccolino dove stai?Sotto terra, non lo sai?E là sotto non fai nulla?Dormo dentro la mia culla.Dormi sempre, ma perché?Voglio crescer come te!E se tanto cresceraiChiccolino che farai?Tanti chicchi ti daròfresco pane diverrò.Punteggio (… /10)

Prova 2. Leggere la filastroccaLa vispa Teresa avea tra l’erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta.E tutta giuliva stringendola viva gridava, gridava: “L’ho presa! L’ho presa!”A lei supplicando l’afflitta gridò: “ Vivendo volando, che male ti fo?Tu sì mi fai male Stringendomi l’ale.Deh, lasciami, anch’io Son figlia di Dio”.Confusa, pentita, Teresa arrossì.Dischiuse le dita E quella fuggì. punteggio (… /10)

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Prova 3. Riconoscere lo stato d’animo di chi parlaIo ho una palla rossa!! (felice)Vorrei un cagnolino, ma non posso tenerlo! (triste)Ho perso la palla rossa! (arrabbiato) Fuori piove, non posso giocare! (triste)La sedia è rotta! (arrabbiato)La mia mamma è la più bella! (felice)Domani si va a scuola! (felice)Accendi la luce! (arrabbiato)È arrivato l’inverno… (triste)È tornato il babbo! (felice)punteggio (… /10)

Prova 4. Io leggerò alcune parole, tu ripetile e batti il ritmo delle parole mentre le pronunci.Esempio (mostrare come svolgere la prova battendo la scansione ritmica)

A-PE TE-TTO LU- PO TA- VO-LA

FLAUTO (3 accenti)COMODINO (4 accenti)TASSO (2 accenti)TORMENTO (3 accenti) RILASSANTE (4 accenti)UNO (2 accenti) GIOCO (2 accenti)TRASPARENZA (4 accenti)AMOREVOLE (5 accenti)AMAREGGIATO (5 accenti)Punteggio (… /10)

Prova 5.Ripetizione parole del testo ascoltato nel contesto melodicoLa bella tartaruga che cosa mangerà?chi lo sa? due foglie di lattuga, poi si riposerà!La tartaruga un tempo fu un animale che correva a testa in giù, come un siluro filava viache ti sembrava un treno sulla ferrovia…Ma avvenne un incidente: un muro la fermò si ruppe qualche dente e allora rallentò.La tartaruga da allora in poi lascia che a correre pensiamo solo noi.Perché quel giorno poco più in là, andando piano lei trovò la felicità: un bosco di caroteun mare di gelato che lei correndo troppo non aveva mai guardato.La bella tartaruga nel mare va perché, ma perché fa il bagno e poi si asciuga dai tempi diNoè eh eh ehLa tartaruga, lenta com'é, afferra al volo la fortuna quando c'é, dietro una foglia, lungo la via,lei ha trovato là per là la felicità: un prato d'insalata un lago di frittata, spaghetti alla chitarraper passare la serata, un bosco di carote, un mare di gelato che lei correndo troppo nonaveva mai notato e un biondo tartarugo corazzato che ha sposato un mese fa …Punteggio (…/10 )

Prova 6. Mi canteresti una canzone, una ninnananna che ti piace?punteggio (…/10)

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RISULTATILa popolazione esaminata è stata divisa in due gruppi in base alle risposte al questionario"ricerca patrimonio sonoro" sopra riportato:Un primo gruppo di pazienti (Gruppo I) in possesso di un “patrimonio sonoro-musicale”, co-stituito da 10 bambini. Un secondo gruppo con scarso “patrimonio sonoro-musicale”: con-sidereremo questo come gruppo di controllo (Gruppo II).

Grafico 1: distribuzione della popolazione esaminata in base all'esperienza musi-cale ed al patrimonio sonoro. Gruppo I pz in possesso di patrimonio sonoro-musi-cale, gruppo II pz con scarsa esperienza musicale.Per quanto riguarda i risultati è stata considerata come valida la prima risposta data.In tabella 3 e 4 ed in grafico 2 sono riportati i risultati ottenuti dalla somministrazione delledue prove del PCVRAR.

Tabella 3: risultati PCVRAR Gruppo I (%), distinti per prova 1 e prova 2 (vedi testo).

Tabella 4 risultati PCVRAR Gruppo II (%), distinti per prova 1 e prova 2 (vedi testo).

Pazienti Prova 1 Prova 2 Media

C1 100% 100% 100%

C2 100% 90% 95%

C3 100% 100% 100%

C4 100% 100% 100%

C5 100% 100% 100%

C6 90% 80% 85%

C7 100% 100% 100%

C8 100% 100% 100%

C9 90% 90% 90%

C10 100% 100% 100%

Pazienti Prova 1 Prova 2 Media

C11 30% 30% 30%

C12 60% 50% 55%

C13 50% 50% 50%

C14 50% 30% 40%

C15 60% 60% 60%

punteggio (…/10)

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Grafico 2: confronto tra risultati globali al test PCVRAR per i due gruppi (% risposte corrette).I dati relativi alle percentuali medie dei due gruppi per ogni prova del test PCVRAR sonoriportati nel grafico 3.

Grafico 3: confronto tra gruppi separato per prove PCVRAR.Nella tabella 5 e 6 riportiamo i risultati del test VPPP per la valutazione della percezione edella produzione prosodica.

Tabella 5: Test VPPP risultati per singolo pz gruppo I (%)

Pazienti Prova 1 Prova 2 Prova 3 Prova 4 Media

C1 100% 100% 100% 100% 100%

C2 100% 100% 100% 100% 100%

C3 100% 90% 90% 100% 95%

C4 90% 80% 90% 90% 87,5%

C5 70% 40% 70% 50% 57,5%

C6 100% 90% 100% 100% 97,5%

C7 100% 90% 100% 100% 97,5%

C8 90% 80% 90% 90% 87,5%

C9 100% 100% 100% 100% 100%

C10 100% 90% 100% 90% 95%

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Tabella 6: Test VPPP risultati per singolo pz gruppo II (%)

Grafico 4: confronto tra risultati globali al test VPPP per i due gruppi (%).I risultati ottenuti dai due gruppi nelle singole prove sono riportati a confronto, in percen-tuale media, nel grafico 4.

Grafico 5: confronto tra gruppi separato per prove del VPPP.Non abbiamo ritenuto opportuno riportare le prove 5 e 6 poiché solo alcuni dei pazientisono riusciti a soddisfare quanto richiesto, per via delle particolari abilità che queste proverichiedono. Infatti solo 4 dei piccoli pazienti con patrimonio sonoro-musicale hanno ottenutorisultati soddisfacenti. La caratteristica comune per i quattro bambini è stata la precoce in-troduzione allo studio e alla pratica di uno strumento musicale. Essi sono riusciti ad into-nare la melodia e ad individuare, riconoscere e riprodurre le parole percepite nel contestodella canzone e delle variazioni in termini di durata, intensità, accenti, sonorità e altezza to-nale che questo comporta.

Pazienti Prova 1 Prova 2 Prova 3 Prova 4 Totale

C11 30% 40% 30% 50% 37,5%

C12 30% 40% 30% 40% 35%

C13 20% 30% 20% 30% 25%

C14 30% 40% 30% 50% 37,5%

C15 30% 30% 30% 50% 35%

I

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o

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a

S

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I

i

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DISCUSSIONE E CONCLUSIONIL'amusia tecnologicamente indotta nei soggetti sottoposti a procedura di IC rappresenta unargomento ricorrente in letteratura pur se di peso secondario rispetto alla priorità della comu-nicazione verbale che rappresenta il primo obiettivo nel percorso riabilitativo di questi pazienti. Il nostro intento era di indagare, pur nella limitatezza del nostro campione, se questo datofosse sovrapponibile a quanto presente in letteratura e se l'analisi dei risultati dei nostripazienti potesse fornire qualche indirizzo riabilitativo tale da limitare le conseguenze dei pa-zienti impiantati sul versante paraverbale.Non è disponibile un termine di misura o dei test universalmente condivisi a questo scopo,pertanto abbiamo sviluppato degli strumenti che potessero affiancare quelli comunementeutilizzati per valutare questi aspetti. Si tratta di un'esperienza preliminare ed i nostri test (oprotocollo di test) richiedono attenta e prolungata procedura di validazione.Come dati pur preliminari ci sembra senz'altro di interesse quanto emerso dal nostro studio. In primo luogo essere riusciti ad individuare nettamente due gruppi di pazienti in base alpatrimonio sonoro, ovvero all'esperienza musicale, indica l'estrema attualità e quindi la ne-cessità di approfondire il problema. L'introduzione e l'avvicinamento precoce all'esperienzamusicale rappresenta uno strumento spendibile con semplicità con la collaborazione dellafamiglia e vedremo che risultati potrà dare nel prosieguo della nostra discussione.L'analisi dei risultati dei test mirati alla valutazione della percezione e produzione della pro-sodia (PCVRAR e VPPP) ci mostra una notevole differenza tra i due gruppi esaminati che,pur nell'esiguità dei numeri, non può non indicarci informazioni comunque significative. Ilgruppo I infatti si mantiene costantemente su livelli di risultato più che doppi rispetto algruppo II, anche quando si valutino pazienti sfavoriti per l'associazione di turbe neuropsi-chiatriche (C4, C5).Il livello di risultato si mantiene per il test PCVRAR in ambedue le prove.Il test da noi strutturato (VPPP) nasce dall'esigenza di compensare la carenza del PCVRARsul versante dell'analisi della produzione della prosodia. In questo caso aumenta la forbicetra i due gruppi probabilmente per la maggior performance richiesta in termini di produ-zione prosodica.Le due ultime prove del VPPP sono difficilmente valutabili perché richiedono delle abilitàin un certo senso di livello superiore. In effetti gli unici pazienti capaci di ottenere risultatisufficienti in questo ultimo contesto (prove 5 e 6 del VPPP) sono stati 4 pazienti con in co-mune l'avviamento precoce allo studio ed alla pratica di uno strumento musicale.In conclusione, dalla nostra esperienza, ribadisco numericamente limitata, emerge conchiarezza l'elemento di vantaggio, nei confronti del rischio della cosiddetta amusia tecno-logicamente indotta (intesa come la mancanza della facoltà di comprendere o riprodurreun’esperienza musicale), del più semplice e più facilmente spendibile degli strumenti ria-bilitativi: l'avvicinamento alla musica. Esso rappresenta, nel campione esaminato, auto-noma iniziativa della famiglia ma si rivela notevolmente efficace nel raggiungimento dirisultati riabilitativi ottimali in termini di percezione produzione della prosodia. Proprio que-sta componente del linguaggio è la strada privilegiata per ricevere e ritrasmettere conte-nuti emozionali altrimenti più difficilmente trasmettibili. L'urgenza di ciò si avverte ancora di più nella fascia di età della popolazione esaminata equindi diventa nostro messaggio conclusivo il forte consiglio all'utilizzo sistematico e pre-coce dell'avvicinamento al patrimonio sonoro/musicale dei giovani e giovanissimi soggettiipoacusici in riabilitazione con IC.

BIBLIOGRAFIA SU RICHIESTA

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LOGOPaeDIA 2013; vol.2 Recensioni

Judith S. Beck

LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALEPresentazione di Aaron T. BeckEdizione italiana a cura di Antonella MontanoSeconda edizione, completamente riveduta e ampliata, di un'opera fondamentale non soloper qualsiasi terapeuta cognitivo-comportamentale, ma per chiunque sia interessato aun'esposizione chiara, e al contempo completa e scientificamente rigorosa, di uno dei fon-damentali approcci terapeutici dei giorni nostri.Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.comVia Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756

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Marco Brigoni

HO FINITO LE PAROLELella e Brigido si conoscono e s'innamorano in mezzo ai guai.Incertezze e dubbi accompagnano la vita di entrambi. Il ra-gazzo prende la strada sbagliata ….. Una metafora dei giorninostri e di come i giovani possono vivere il quotidiano, guar-dando ad un futuro migliore, visto con gli occhi di uno scrittoreattento alla realtà in continuo mutamento. Speranze, ideali esogni di una giovane coppia di paese che, tra mille difficoltà,recupera il giusto equilibrio e fortifica il proprio legame.Editore: presentARTsì

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Jane Van Buren - Shelley Alhanati (a cura di)

STATI PRIMITIVI DELLA MENTEUna ricerca psicoanaliticaLa nozione di "stati primitivi della mente" è figlia delle prime formulazioni freudiane sull'in-conscio e delle successive ricerche psicoanalitiche sullo sviluppo mentale infantile (da Kleina Winnicott, da Fairbairn a Bion).Gli studi raccolti in questo volume si inseriscono in una direzione di ricerca della psicoa-nalisi contemporanea radicalmente nuova, centrata attorno all'idea che una vita mentaleesista ancor prima della nascita dell'individuo e che vada considerata a fondo la disponi-bilità naturale del neonato a conferire significato alla propria esperienza, in particolare aquella condivisa con la figura di accudimento. Sulla base di studi condotti con gli ultra-suoni, delle ricerche degli 'infant studies' e dei risultati dell'osservazione madre-bambino,alcuni tra gli autori più significativi del mondo psicoanalitico odierno danno il loro contri-buto a temi come i traumi precoci e le loro tracce nella mente e nel corpo, gli stati dell'es-sere non verbali e non simbolici, le difficoltà nel trattamento di pazienti difficili.Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.comVia Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756

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Francine Shapiro

LASCIARE IL PASSATO NEL PASSATOTecniche di auto-aiuto nell’EMDR Prefazione di Isabel Fernandez. A cura di Bruna MaccarroneUn approccio diretto e articolato al superamento del trauma con l’EMDR (Eye MovementDesensitization and Reprocessing), tecnica sviluppata negli anni ottanta da Francine Sha-piro e oggi riconosciuta dal mondo scientifico come una delle più efficaci terapie di auto-aiuto. Il libro, curato direttamente dall’Associazione per l’EMDR in Italia, illustra una seriedi casi clinici e di tecniche e strumenti per superare il trauma e le esperienze negative. DiFrancine Shapiro è già stato pubblicato in questa collana il volume EMDR, scritto in colla-borazione con Margot Silk Forrest.Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.comVia Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756

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Karen Kissel Wegela

LA PSICOTERAPIA CONTEMPLATIVAIl buddhismo, la psicoterapia e il risveglio della saggezza naturaleL’autrice si occupa da oltre trent’anni, presso la Naropa University fondata dal lama tibe-tano Chögyam Trungpa, di psicoterapia contemplativa, un programma di formazione perterapeuti e counselor che include lo studio e la pratica dei pensiero e degli insegnamentibuddhisti. Seguendo le orme del Bodhicaryavatara, il famoso trattato di Shantideva, in que-ste pagine l'autrice descrive come la pratica della meditazione di consapevolezza e dellevirtù buddhiste di benevolenza, compassione, pazienza, generosità ed equanimità possaaiutare lo psicoterapeuta ad accrescere le proprie capacità di cura e a far emergere il con-cetto della "sanità naturale del paziente", ossia l’idea che in tutti gli esseri umani esista, per-manente e incontaminato, uno stato originario di sanità mentale e che su di esso possa fareleva l’azione terapeutica.collana CIVILTÀ DELL’ORIENTECasa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.comVia Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756

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FONDAZIONE AUDIOLOGICA VARESE ONLUSdi Sandro Burdo & Silvia Cattaneo

Questo libro è disponibile per il download su iPad con iBooks o sul computer con iTunes.Descrizione: attività di sussidiarietà, assistenza, didattica e ricerca svolta dalla

Fondazione Audiologica Varese onlus dalla nascita al 2010

Gratis

Disponibile per iPad. Categoria: Medicina Pubblicato: 26/03/2013Dimensioni: 112 pagine Lingue: Italiano Versione: 1Editore: Burdo SandroRequisiti: Questo libro può essere visualizzato solo usando iBooks 3.0 o versione successiva su iPad.Devi avere iOS 5.1 o versione successiva.

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LOGOPaeDIA 2013; vol. 2 Corsi e CongressiLOGOPaeDIA 2013; vol.2 Corsi e Congressi

IL RUOLO DELL’AUDIOLOGIA NELLA CHIRURGIA DELL’ORECCHIO MEDIOE INTERNODirettore prof. N. QuarantaBari, 20 - 21 marzoInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

Milano 18 - 19 aprile 2013 SCIALOENDOSCOPIA E PATOLOGIA OSTRUTTIVA DELLE GHIANDOLE SALIVARIMAGGIORI: UPDATEDirettori: Andrea Gallo, Roma - Gaetano Paludetti, RomaRoma, 10 - 11 aprileInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

LA RIABILITAZIONE DI VOCE E DEGLUTIZIONE DOPO LARINGECTOMIA PARZIALEE TOTALEDirettori: Giovanni Succo, Torino – Antonio Schindler, MilanoMilano, 8 - 9 maggio c/o Auditorium CRS AmplifonInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

AUDIOLOGIA INFANTILE “E. Arslan”Ipoacusia infantile: dalla identificazione ai risultatiDirettori: Stefano Berrettini, Pisa - Elisabetta Genovese, ModenaMilano, 15 - 16 maggio c/o Auditorium CRS AmplifonInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

XLVIII Congresso Nazionale SIFEL Roma, 18 - 20 giugno c/o Auditorium ed Edificio Giovanni XXIII - Policlinico A. Gemelli, RomaPresidente del Congresso: Prof. Gaetano Paludetti www.sifel2014.it

VESTIBOLOGIA “L. Cipparrone”Direttori: Paolo Pagnini, Firenze - Paolo Vannucchi, FirenzeFirenze, 24 - 27 settembreInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

LA CHIRURGIA PROTESICA DELLA SORDITÀDirettore: Francesco Ottaviani, MilanoMilano, 2 - 3 ottobre c/o Auditorium CRS AmplifonInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

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WHAT’S NEW IN AUDITORY SURGERY? A RETRAINING COURSEDirettori: Mario Said, La Valletta - Attilio Denaro, Vittoria (CT)La Valletta (Malta), 9 - 10 ottobreInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

APPARECCHI ACUSTICI E DISPOSITIVI IMPIANTABILI:INDICAZIONI E FLOW-CHARTSDirettore: Domenico Cuda, PiacenzaMilano, 23 - 24 ottobre c/o Auditorium CRS AmplifonInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

V CORSO DI CHIRURGIA ENDOSCOPICA RINOSINUSALEDirettore: Agostino Serra, CataniaCatania, 30 - 31 ottobreInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

NOVITÀ NELLA CHIRURGIA DELL’ORECCHIO MEDIODirettore: Giuseppe Malafronte, AvellinoAvellino, 6 - 7 novembreInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

DEGLUTOLOGIADirettori: Daniele Farneti, Rimini - Giovanni Ruoppolo, RomaMilano, 13 - 14 novembre c/o Auditorium CRS AmplifonInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

AGGIORNAMENTO SUL MANAGEMENT DIAGNOSTICO-TERAPEUTICODEGLI ACUFENIDirettore: Giancarlo Cianfrone, RomaRoma, 27 - 28 novembreInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

HEARING AND COGNITIONChairman: Frank Robert Lin, Baltimore (USA)Krakow (Poland), 13 - 14 JuneInfo: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]

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LOGOPaeDIA 2013; vol. 2 Comunicato

L’AUDIOPROTESISTA: NUOVI ORIZZONTI PROFESSIONALI

Nel panorama delle Professioni Sanitarie, fra i nuovi attori per la tutela della Salute,l’Audioprotesista spicca per le interessantissime prospettive occupazionali.Negli ultimi anni, si sta cercando di fornire informazioni chiare ed esaustive riguardo unaProfessione ancora forse poco conosciuta come quella dell’Audioprotesista, ma sicu-ramente strategica rispetto all’evoluzione dei bisogni di Salute del nostro Paese e del-l’Europa. Infatti, i problemi uditivi sono in forte crescita in tutto il mondo e coinvolgonooltre il 15% della popolazione. L’allungamento della vita media è fra le principali causedi questo fenomeno e l’Italia è una delle nazioni che detiene questo primato. Secondoripetuti richiami dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la sordità è la maggiorecausa della riduzione della “qualità di vita” e il relativo costo sociale-economico-sanita-rio è destinato a incidere notevolmente sull’economia dei singoli Stati. In questo conte-sto si inserisce l’Audioprotesista quale operatore tecnico sanitario laureato i cui“…ambiti di attività…” sono determinati dal DM 668/94 istitutivo del profilo Professio-nale, dalla legge 42/99 che assegna la titolarità del ruolo e delle competenze svolte inpiena “…autonomia professionale e conseguente responsabilità…entrambe proprietà

della prestazione intellettuale…” e dalla legge 251/00 istitutiva della Laurea triennaleabilitante all’esercizio della professione. La formazione professionale, acquisita con lalaurea triennale, pone la competenza dell’Audioprotesista ai vertici nel confronto con icolleghi europei e lo rende l’esperto dell’utilizzo della tecnologia digitale dei più mo-derni apparecchi acustici per la soluzione dei problemi legati ai vari tipi di sordità. Aigiovani in procinto di scegliere un corso di laurea, è importante far conoscere la proie-zione occupazionale, stante l’attuale scenario di riferimento in Italia con 2500 audio-protesisti abilitati che svolgono l’attività in oltre 1500 centri di applicazione. Infatti, sistima che gli attuali 2500 audioprotesisti solo per raggiungere il rapporto audioprotesi-sti/popolazione attualmente presente in Germania, in Francia, ecc., diventeranno al-meno 10.000 entro il 2015. Tutti questi elementi rendono il mercato italiano moltointeressante anche per i capitali internazionali, che già concretamente hanno manife-stato il loro interesse, facendo capire come sia in atto una forte richiesta di audiopro-tesisti laureati in Italia.Ci sentiamo di segnalare ai giovani che oggi scegliere una “Laurea triennale in TecnicheAudioprotesiche” significa scegliere una professione sanitaria all’avanguardia che offreprospettive di sicuro avvenire e di impiego pressoché immediato.Per informazioni:[email protected]

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