Rivista Impronte Etnie a confronto - Anno 1 Numero 3
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Campagna di valorizzazione delle seconde generazioni di immigrati presenti nel territorio della Provincia di Chieti.Progetto Arca-Immigrati in Onda, promosso dalla Provincia di Chieti e �nanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il fondo per l’inclusione sociale degli immigrati - Annualità 2007
FAMIGLIA, SOCIETÀ E GIOVENTÙE’ di scena l’animazione socio-culturale
FORMAZIONE E ISTRUZIONE
IMPRESA E LAVOROIl gruppo di “Villaggio Celdit” si racconta
PAGINEDI INSERTO
SPECIALE
ESTRAIBILE
Provincia di Chieti
STAMPATO SU CARTA FSC
ANNO 1 - NUMERO 3 - PUBBLICAZIONE REGISTRATA AL TRIBUNALE DI CHIETI IL 26 AGOSTO 2010 CON IL N. 6
improntesito: www.provincia.chieti.it/arcacultureinonda - email: [email protected]
I ragazzi parlano di immigrazione
Una
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002 contenuti della rivista
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6
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E’ di scena l’animazione
Gli stranieri visti dai ragazzi
Lavorare a “Villaggio Celdit”
Il Centro Ragazzi 2000, le ludoteche ed il Centro Diurno integrato per anziani, affida-ti dal Comune di Chieti all’Azienda Speciale Multiservizi Chieti Solidale, sperimentano l’innovativo metodo dell’animazione socio culturale.
I giovani che frequentano il “Centro Raga-zzi 2000” di Chieti Scalo hanno trascorso un pomeriggio, all’interno del Centro, a discute-re di stranieri e integrazione. Hanno realizza-to delle brevi composizioni per spiegare cosa pensano dell’immigrazione e come credono che si possa favorire l’inserimento nella so-cietà di chi arriva da fuori. Hanno anche rac-contato come vivono il rapporto con i giovani arrivati qui da altri Paesi.
Attraverso l’intervento della sociologa Fa-biola Nucci, dell’Azienda speciale multiser-vizi Chieti Solidale, conosciamo l’attività svolta dagli operatori impegnati a “Villaggio Celdit” di Chieti Scalo. Un lavoro che si basa sulla lettura del territorio ed è fortemente in-trecciato con il territorio stesso, con la realtà su cui gli operatori agiscono. Per restituire a questa zona un’identità culturale e uscire dal silenzio di tanti anni.
003editoriale
Per una nuova coesione sociale
I giovani e lo sport
La grande sfida che oggi ci troviamo ad affrontare è quella della coesione sociale.
Viviamo una nuova realtà culturale, connotata di caratteri di internazionalità che ci impongono la necessità di favorire, attra-verso interventi mirati soprattutto in campo formativo, una politi-ca di integrazione per una sempre più civile convivenza.
Il progetto “Arca immigrati in Onda” ha inteso valorizzare, attraverso lo sviluppo di un progetto di comunicazione integrata, il dialogo, lo scambio, la convivenza responsabile a civile.
Le nuove generazioni di immigrati nascono, studiano, matu-rano in questo nuovo clima, diventa quindi strategico favorire gli scambi culturali per un comune sentire in termini di mondializ-zazione.
La Provincia di Chieti promuove la cultura della pratica sportiva intesa come momento di aggregazione sociale sostenendo la realizza-zione di progetti ed iniziative di soggetti e Associazioni territoriali, dirette a promuovere il valore educativo e di trasmissione di valori, impliciti nello spirito di squadra, ritenuti fondamentali per la costru-zione di una concreta convivenza civile.
Lo sport si basa su un linguaggio universale che ha la potenzialità di riunire le persone e creare momenti di socializzazione indipenden-temente dalle loro origini, tradizioni e credo religiosi. Questa funzio-ne d’integrazione sociale dello sport, consolidata a livello comuni-tario, è la testimonianza che esso rappresenta un efficace canale di trasmissione di valori etico-sociali quali la solidarietà, la convivenza e l’integrazione in ambito multiculturale e multietnico.
Lo sport oggi diventa il “ponte” sul mare magnum delle cultu-re come ha ribadito Mario Pescante, Vice Presidente del CIO prima durante e dopo i Giochi di Pescara 2009 e rappresenta quindi uno strumento di integrazione efficace nell’ambito della nostra Provincia, sempre più contraddistinta dalla presenza di etnie diverse.
Dott.ssaGianfranca ManciniAssessore alle Politiche Sociali della
Provincia di Chieti
Dott. Silvio Tavoletta Assessore Personale e Sviluppo delle
risorse umane, Politiche giovanili, Politiche dell’Area Urbana Chieti-
Pescara
famiglia, società e gioventù
ANNO 1 - NUMERO 3 | IMPRONTE | 004
Centro ragazzi, ludoteche e centro per anziani:e’ di scena l’animazione socio-culturuale
Il Centro Ragazzi 2000, le Ludoteche ed il Centro Diurno integrato per anziani, affidati dal Comune di Chieti all’Azienda Speciale Multiservizi Chieti Solidale, sperimentano l’innovativo metodo dell’a-nimazione socio culturale. Lontani dalla figura de-gli “intrattenitori” con la quale in genere vengono identificati, gli animatori che si occupano di questi servizi hanno maturato una professionalità speci-fica e sono chiamati a mettere in campo una serie di competenze.
005 | IMPRONTE | ANNO 1 - NUMERO 3
Devono, cioè, “mappare” il territorio per entrare in sinergia con le realtà presenti, favorire l’aggregazione e sviluppare buone relazio-ni all’interno dei gruppi. Per spiegare di cosa si parla è sufficiente far riferimento alla Carta dei principi dell’Associazione nazionale
per l’Animazione. “Fare animazione, dice la Carta, non significa intrattene-re o far trascorrere più o meno piacevolmente il tempo libero, ma significa facilitare processi attraverso i quali le persone riscoprano la propria capacità di abitare il tempo che vivono, anche quando è un tempo di crisi, un tempo complesso, conflittuale o apparentemente vuoto”. Un concetto, questo, che sintetizza con chiarezza il ruolo educativo della metodologia seguita nelle strutture presenti sul territorio.
L’animazione può agire nei riguardi di persone di diverse età: dai bambini delle Ludoteche agli adulti del Centro Diurno integrato per anziani e può pro-muovere la cultura della diversità. E’ vero quindi che l’animazione interviene nella condizione di malattia, di devianza, di sicuro nella difficoltà ma anche nelle situazioni di dissenso culturale, sia esso d’origine etnica, generazionale, sociale, esistenziale, e attribuisce valore all’accoglienza, all’espressione, al rispetto delle diversità. Attraverso le varie attività promosse si cercano “compagni di viaggio” per animare la comunità e la partecipazione rappresenta un passaggio obbligato dell’animazione: ciò che si vuole stimolare è la vita del gruppo, del quartiere, della città, della popolazione. E’ per questo che gli operatori dei servizi dell’A-zienda Multiservizi Chieti Solidale promuovono numerosi eventi sul territorio. Sempre con questa finalità mettono in atto sinergie tra pubblico e privato, profit e non profit, nella realizzazione di progetti che valorizzino il capitale sociale di zone periferiche della città per cui le strade, i palazzi, i quartieri, le piazze, non sono semplici scenari della nostra vita ma realtà animate da tutta la comunità. Va da sé, quindi, che i cartelloni di eventi che vengono allestiti vogliono coinvol-gere l’intera città.
Per chi è interessato questi sono i riferimenti dei servizi offerti.
Centri aggregativi/educativi e percorsi familiari esperienziali “Ragazzi 2000”. Si tratta di uno spazio di aggregazione con finalità socio-educative che offre momenti di incontro, attività varie per ragazzi, percorsi esperienziali, mini-progetti, laboratori. L’accesso è libero e la sede è in piazza S. Pio X nu-mero 59, a Chieti Scalo. Il numero di telefono e fax è 0871574899. Queste le attività offerte: appuntamenti ludici, servizi di sostegno scolastico pomeri-diano, campus estivi ed invernali, laboratori manuali, progetti nelle scuole, spazi autogestiti, cineforum, navigazione in internet, gite, feste ed eventi, organizzazione di attività sportive e tornei. C’è poi la Ludoteca, un luogo di incontro, aperto nelle ore pomeridiane, che offre attività ludico-ricreative, seguendo l’armonico sviluppo delle varie fasi della crescita. E’ sufficiente iscriversi (l’accesso è libero). Le sedi sono in via Amiterno, tel. 0871574899, cell.3274954020, e via Masci, tel.0871574899, cell.3294425802.
Il Centro diurno integrato, invece, of-fre attività coadiuvanti la socializzazione, il sostegno e il recupero di abilità e po-tenzialità nelle persone anziane. L’acces-so è libero e gratuito, la sede è in piazza San Pio X, numero 59, a Chieti Scalo. Il telefono è 0871574899. Si organizzano laboratori (cucina, grafico-pittorico, gar-den-terapy, ecc.), gite e visite a santuari.
Centro ragazzi, ludoteche e centro per anziani:e’ di scena l’animazione socio-culturuale
Gruppo di lavoro:
Fabiola Nucci (sociologo), Estela Potente e Piero Tomeo (assistenti sociali), e gli operatori Vittoria Polidoro, Vanessa Celli, Gioanna Ro-mano, Valentina De Luca, Tiziano Del Grosso, Rosa Colella, M.Teresa Picciani, Giulia Cinosi, Nadia Serano.
Noi e gli stranieri: riflessioni e proposte dei giovani
formazione e istruzione
“Tutti i ragazzi stranieri devono sentirsi a proprio agio e quindi devono essere trattati bene e aiutati nelle difficoltà”. Martina comincia così la sua composizione sugli stranieri. Al Centro “Ragazzi 2000” di Chieti Scalo i giovani partecipanti alle attività parlano, per un pomeriggio, di immigrazione e integrazione e spiegano come vivono questi fenomeni. “Ci sono degli alunni, in classe mia, che sono stranieri e hanno genitori stranieri. Siamo amici per la pelle e la mia migliore amica, Romina, è albanese – spiega Martina.
Stiamo sempre insieme e siamo vicine di banco. Sono molto amica anche di Michel, una bambina del Venezuela. Una volta, a scuola, è stata aggredita dai bulli e io l’ho aiutata a scacciare quei ragazzi. Conosco anche altre due gemelline, di nome Laila ed Emanuela, che vivevano nel mio stesso palazzo. Eravamo amiche, molto amiche, e
ogni giorno uscivamo insieme per giocare in un giardino con il loro cane”.
Continua a pag. 7
ANNO 1 - NUMERO 3 | IMPRONTE | 006
INSERTO SPECIALE 4PAGINE
LA FESTA DEI POPOLI 2010
“Tutti i ragazzi stranieri devono sentirsi a proprio agio e quindi devono essere trattati bene e aiutati nelle difficoltà”. Martina comincia così la sua composizione sugli stranieri. Al Centro “Ragazzi 2000” di Chieti Scalo i giovani partecipanti alle attività parlano, per un pomeriggio, di immigrazione e integrazione e spiegano come vivono questi fenomeni. “Ci sono degli alunni, in classe mia, che sono stranieri e hanno genitori stranieri. Siamo amici per la pelle e la mia migliore amica, Romina, è albanese – spiega Martina.
Stiamo sempre insieme e siamo vicine di banco. Sono molto amica anche di Michel, una bambina del Venezuela. Una volta, a scuola, è stata aggredita dai bulli e io l’ho aiutata a scacciare quei ragazzi. Conosco anche altre due gemelline, di nome Laila ed Emanuela, che vivevano nel mio stesso palazzo. Eravamo amiche, molto amiche, e
ogni giorno uscivamo insieme per giocare in un giardino con il loro cane”.
Continua a pag. 7
PAGINA I
Parlano“I ragazzi del muretto”
INSERTO SPECIALE 4PAGINE
IL MAGAZINE TELEVISIVO ARCA
CON TUTTA LA PROGRAMMAZIONE DEI CANALI TEMATICI: OPERA, ORIENTA E ORIGINA
MAGAZINE TELEVISIVO INTERATTIVO
Culture in Onda
conoscere, interagire, vivere in sintonia
webtv
radio
Campagna di valorizzazione delle seconde generazioni di immigrati presenti nel territorio della Provincia di Chieti.Progetto Arca-Immigrati in Onda, promosso dalla Provincia di Chieti e �nanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il fondo per l’inclusione sociale degli immigrati - Annualità 2007
“I ragazzi del muretto” è un Centro polifunzionale che è nato 13 anni fa e si è svilup-pato in attuazione della legge (la n. 285 del 28 agosto 1997). Oggi è un servizio del Comune di Chieti curato dall’Azienda Speciale Multiservizi “Chieti Solidale”. Il progetto è rivolto ai ragazzi di età compresa tra i 10 e i 18 anni ai quali sono indirizzate le varie attività as-sicurate dal Centro e cioè so-stegno scolastico, animazione e laboratori oltre ad uno “spa-zio” di riflessione e ascolto ri-volto alle famiglie.
INSERTO SPECIALEPAGINA II
Dal nostro punto di vista non si può guar-dare al minore senza prendere in consi-derazione i sistemi nei quali è inserito e cioè la famiglia e la scuola che vengono
ad assumere un ruolo fondante e fondamentale nell’assolvere al ruolo educativo. Per questa ragio-ne il metodo di lavoro da noi proposto è struttura-to in sinergia con questi due sistemi. La presa in carico e l’iscrizione presso il Centro avviene previa segnalazione dei Servizi Sociali e/o attraverso il passa parola dei ragazzi. Nel tempo ci è sembrato importante consentire anche la presenza di ragazzi “non problematici” perché il gruppo dei pari po-tesse essere un valido punto di riferimento per gli altri.
Le risorse umane di cui si avvale il Centro sono: un coordinatore psicologo-psicoterapeuta, un assi-stente sociale, un pedagogista, un educatore, due animatori e due tirocinanti in psicologia. L’equipe del Centro struttura le proprie attività attraverso una pianificazione mensile e un programma indi-vidualizzato che viene verificato settimanalmente negli incontri di gruppo. La metodologia è quella del lavoro di rete che prevede incontri periodici con tutti i “sistemi” che partecipano, a diverso titolo, alla crescita dell’adolescente. L’azione viene pub-blicizzata mediante la Carta per la Cittadinanza So-ciale, il Servizio Sociale Professionale ed i Servizi territoriali. Quando ci è stata proposta la possibili-tà di avere uno spazio sulla rivista “IMPRONTE”- che guarda alle seconde generazioni degli immi-grati presenti sul territorio della provincia di Chie-ti – ci siamo interrogati sul tema dell’integrazione e ci siamo chiesti in che modo abbiamo vissuto, e anche osservato, la convivenza tra le diverse etnie nel nostro Centro. Va precisato che dieci anni fa si sono verificati episodi di “razzismo”all’interno del Centro, ma negli ultimi tempi non più. Abbiamo pensato, per parlare della nostra realtà attraverso queste pagine, di far parlare direttamente i ragazzi del Centro facendo costruire loro una storia sulla differenza. Dal nostro punto di vista, infatti, una persona appartenente ad un’altra etnia porta con sé una “differenza” e allora ci chiediamo: “Abbia-mo paura di ciò che non conosciamo? Quando la differenza diventa una fonte di informazione?” Per rispondere a queste domande abbiamo chiesto ai ragazzi di costruire una storia che potrete leggere nelle prossime pagine.
GLI OPERATORI DEL CENTRO
Maria Gabriella Marulli, Mariella Mancini, Imma-colata Paterna
Andrea Planamente, Gianluca Caruso, Brunella Marcucci
INSERTO SPECIALEPAGINA III
Il Centro “I Ragazzi del Muretto” conta 21 iscritti di cui il 30% proviene da Pa-esi stranieri, con una netta maggioran-za di giovani albanesi. Seguono i ragazzi
arrivati in Italia dalla Repubblica Ceca, dal-la Repubblica Moldova e dal Sud America. Parlano tutti perfettamente l’italiano. Per dire la loro sull’integrazione hanno creato una storia e in questo sono stati coadiuvati dagli operatori del Centro. E’ nato tutto da un’osservazione di Nicole. E’ stata la prima ad esprimersi sugli stranieri. Lei ha osserva-to: “Per me sono tutti uguali perché parlano l’italiano” e questa frase ha rappresentato il punto di partenza per costruire una storia di/in gruppo con i ragazzi che frequentano il Centro. I giovani hanno mostrato interesse all’argomento e dalla discussione generale sono partiti dei piccoli gruppi di confronto. Gli operatori del Centro fanno notare che se una volta si discuteva di integrazione come questione emergente a livello sociale ora fa parte della quotidianità, anche in questa struttura. Ecco la storia e, al termine, i nomi dei partecipanti.
“Per me sono tutti uguali perché parlano l’italiano, mi accorgo della differenza solo dal colore della pelle, non pensavo fossero diversi da me”.
Conduttore del gruppo: “Gli al-tri cosa pensano?”
Albana: “Io mi sono sentita accettata. La differenza si nota dal colore della pelle. In classe, ad esempio, c’è una ragazza senegale-se che viene presa in giro da tutti perché ha delle macchie sulla pelle come quelle della mucca”.
Conduttore: “Probabilmente quelle
macchie indicano un problema alla pigmen-tazione, si chiama vitiligine. Ne deduco che per te la diversità deriva dal colore della pel-le, giusto?”.
Erik: “No, io non noto neanche il colore della pelle. L’unica differenza che noto è la pronuncia, per il resto considero gli stranieri come noi”.
Roberto: “Nella mia classe c’è un ra-gazzo albanese che parla con noi solamente nella sua lingua, pur conoscendo bene l’ita-liano. Lo fa perché è straniero, dice lui. Al-lora anche io lo considero uno straniero, non un italiano”.
Nicole: “Anche nella mia classe ci sono due persone straniere, ma io non le reputo diverse da me perché comunque parlano la mia lingua. Secondo me la diversità si ha quando si parla una lingua diversa dalla mia”.
A questo punto il conduttore del gruppo chiede, ai ragazzi stranieri presenti, cosa ne pensano e se si sentono accettati.
Naomi: “Non so cosa pensino gli altri di me, io mi sento accettata da tutti. Anzi, ho notato che proprio per questo riesco ad allargare la mia cerchia di amicizie. Ho fre-quentato quasi tutte le scuole d’Italia e in tutte sono stata benissimo”.
Sonia: “Io mi trovo benissimo qui in Italia perché mi sento accettata da tutti. Mi sento italiana. Mi hanno accettata nono-stante i miei errori grammaticali che forse sono dovuti al fatto che mi esercito poco a casa, dove i miei genitori parlano sempre in albanese. Penso che parlare bene l’italiano sia importante. Nicoletta, una mia amica,
scritta dai ragazzi del muretto
Una storia sull’integrazione razziale
INSERTO SPECIALEPAGINA IV
parla ancora nella sua lingua d’origine (ar-riva dall’Ungheria) e purtroppo non riesco a comunicare con lei”.
Erik: “Ma accettare in che senso? Quan-do arrivi in un altro Paese vieni automatica-mente accettato, per me”.
Conduttore del gruppo: “Cosa in-tendi per essere accettato?”
Erik: “Per me è un discorso da non fare neppure. Quando io vado in un’altra città o in un altro paese non mi faccio problemi e neppure chi mi accoglie”.
Conduttore del gruppo: “Chi di voi ha assistito a episodi di mancata accettazione degli stranieri?”
Albana: “Nella mia classe deridono la ragazza senegalese”.
Joele: “Nella mia classe ci sono diversi stranieri, albanesi e ecuadoregni. Si fanno troppo gli ‘svelti’, prendono in giro e ‘rom-pono le scatole’. Mi danno fastidio ma prove-rei la stessa cosa se lo facesse un italiano. In-dipendentemente dalla provenienza non mi sono molto simpatici i ragazzi che cambiano comportamenti in base alle situazioni”.
Chiara: “Nella mia classe siamo tutti ita-liani ad eccezione di Naomi. Non noto alcuna differenza, anzi per me è tutto normale”.
Naomi: “Io ho esplicitato il fatto che sono straniera davanti a tutta la mia clas-se solamente perché è emerso durante una discussione, altrimenti non avrei ritenuto opportuno parlarne. I miei compagni, incu-riositi, mi hanno bombardato di domande, erano tutti stupiti”.
Iari: “Io sono italiano e nella mia classe non ci sono ragazzi stranieri, ma ho avuto la possibilità di conoscerli qui al Centro. Solo in base alle loro rivelazioni mi sono reso con-to della diversità, per me siamo tutti uguali”.
Aldo: “Io mi trovo benissimo qui in Ita-lia anche perché, pur avendo genitori alba-nesi, sono nato a Perugia. Con gli italiani sto bene. E addirittura al compito in classe di italiano ho preso 7”.
I COMPONENTI DEL GRUPPO
Naomi: 13 anni, provenienza Repubblica Ceca, da 11 anni in Italia
Joele: 17 anni, italiano
Erik : 14 anni, italiano
Roberto: 17 anni, italiano
Albana: 13 anni, provenienza Albania, da 12 anni in Italia
Aldo: 10 anni, nato qui in Italia da genitori albanesi
Nicole: 10 anni, italiana
Yari: 12 anni, italiano
Sonia: 12 anni, provenienza Albania, da 10 anni in Italia
Chiara: 13 anni, italiana.
Animatore: Gianluca
Osservatore: Filomena
INSERTO SPECIALE
Anche al Centro “Ragazzi 2000” ci sono degli stranieri, e si chiamano Sandeep, Amandeep, Karandeep e Mirela. “I primi tre sono fratel-li, sono simpaticissimi – dice Martina – e con
loro sono andata al mare. Mirela, invece, è simpatica e intelligente”. Martina non capisce né condivide gli italia-ni che “sono malvagi nei confronti dei ragazzi di colore o comunque dei giovani stranieri. Io penso che siano per-sone normali e quindi si potrebbe offrire loro un lavoro, dare ai bambini meno fortunati la possibilità di studiare. Si potrebbero procurare cibo e cose calde sistemando da-vanti ai negozi degli scatoloni per la raccolta di materiale da destinare alle persone che hanno bisogno. Così tutti possono regalare qualcosa da mangiare”. La sorella di Martina, Margherita, non la pensa diversamente. “Credo che i ragazzi stranieri siano come noi, non ci sono diffe-renze. Nella mia classe ci sono due bambine. Una arriva dall’Albania, l’altra dal Venezuela, e io sono molto amica di entrambe. Io tratto bene loro e loro trattano bene me e se una viene trattata male è solo per il suo comporta-mento stupido. Anche al Centro ci sono degli stranieri e siamo molto amici, per me sono italiani. Non abbiamo mai litigato, se non qualche volta con Mirela”. E’ aperta agli stranieri anche Alessandra. “Per me – scrive - non bisogna discriminarli perché sono degli esseri umani. Li dobbiamo rispettare e non offenderli dicendo che que-sto non è il loro territorio. Secondo me sono diversi solo quando qualcuno li tratta male. Dobbiamo rispettare la loro cultura perché è diversa dalla nostra e non è giusto non rispettarli solo per questa diversità”. Alessandra è rimasta impressionata dalle polemiche sulla presenza del crocifisso nelle scuole e alla luce del dibattito che si è aperto su questo fronte dice che nessuno dovrebbe chie-dere agli altri di cambiare religione. “Quando hanno det-to che avremmo dovuto togliere il crocifisso hanno sba-gliato” - commenta. Per favorire l’integrazione suggerisce di “offrire un lavoro agli immigrati” per consentire loro di avere “un tetto per ripararsi”. E poi, ancora, è indi-spensabile “l’istruzione, per insegnare a leggere e scrivere a chi non è nato in Italia, perché ci sono alcuni che non lo sanno fare”. Anche Sebastiano ha avuto a che fare con i giovani immigrati e si è fatto un’idea precisa sull’inte-grazione e sui processi da seguire per favorirla. “Io tratto gli stranieri come normali cittadini italiani perché non conta il colore della pelle. L’importante è la persona, non la nazionalità. Mi piace la cultura degli immigrati perché salutano tutti e sono alla mano”. E gli italiani? Per Seba-stiano “hanno troppi pregiudizi sulla gente di colore e per favorire l’integrazione si dovrebbe dare la possibilità di la-vorare a chi arriva da un altro Paese. Io non accetto, però, i finti invalidi che chiedono l’elemosina. Non è corretto nei confronti di chi ha davvero seri problemi” - scrive nel-la sua composizione. Simone incontra solo una difficoltà con i giovani stranieri, perché “non sanno parlare bene l’italiano” ma è disposto a “parlare con loro, a raccon-tare delle storie” e ritiene che siano “simpatici”. Come
aiutarli a vivere bene qui? Anche lui pensa al “lavoro”, che è l’uni-co modo per “farli guadagnare e dare loro dei soldi”. Per Angeli-ca “è bello stare con persone che non sono nate a Chieti, che sono esseri umani come noi. E lo stes-so vale anche per i portatori di handicap”. Scrive il suo temino pure Amandeep, arrivata in Ita-lia dall’India nel 2008. “Quando sono venuta qui non sapevo nulla della lingua italiana e visto che le lezioni a scuola erano già comin-ciate sono rimasta a casa sei mesi. Poi ho cominciato a frequentare la casa di accoglienza e ad impa-rare l’italiano e la proprietaria di casa mi ha portato al Centro Ra-gazzi dove ho trovato piano piano tanti amici con i quali sono anda-ta al mare e fatto delle feste. Così ho conosciuto tante persone. Poi ho cominciato la scuola (Ragio-neria) e al Centro mi aiutano a fare i compiti. Prima di venire in Italia mi chiedevo come avrei fat-to senza amici indiani, ma quan-do sono arrivata ho trovato tanti compagni. E’ stato un po’ diffi-cile perché non sapevo la lingua, ma adesso va tutto bene”.
007 | IMPRONTE | ANNO 1 - NUMERO 3
I COMPONENTI DEL GRUPPO
Naomi: 13 anni, provenienza Repubblica Ceca, da 11 anni in Italia
Joele: 17 anni, italiano
Erik : 14 anni, italiano
Roberto: 17 anni, italiano
Albana: 13 anni, provenienza Albania, da 12 anni in Italia
Aldo: 10 anni, nato qui in Italia da genitori albanesi
Nicole: 10 anni, italiana
Yari: 12 anni, italiano
Sonia: 12 anni, provenienza Albania, da 10 anni in Italia
Chiara: 13 anni, italiana.
Animatore: Gianluca
Osservatore: Filomena
Il nostro centro di ag-gregazione giovanile “Ragazzi 2000”, è nato (nel 2000) e si trova an-cora oggi nel quartiere denominato “Villaggio Celdit”. Raccontare la storia professionale in questo quartiere vuole dire raccontare gli “af-fetti di chi è chiamato a guardare e sentire cosa transita ed alimenta i rapporti umani”. E’ nel dipanarsi di que-sta storia che è nato un gruppo di lavoro impe-gnato a costruire quel comune sentire di ide-ali, compiti e tecniche che costituisce l’identi-tà di un gruppo profes-sionale.
ANNO 1 - NUMERO 3 | IMPRONTE | 008
Il gruppo di lavoro impegnato a “Villaggio Celdit”“Noi, orgogliosamente operatori di frontiera”
Dott.ssa Fabiola NucciSociologa A.S.M. Chieti Solidale
Si trattava di ricostruire contesti relazionali laddove isolamento, assenza di comunicazione, frustrazione e vuoto di esperienze
potevano condurre le esistenze giovanili verso pericolose derive. Abbiamo lavorato sui ragazzi e sul territorio, entrando in contatto con enti locali, scuole e associazioni, tessendo quell’attività “di rete” che ci caratterizza ancora oggi.
Il metodo, basato sul modello operativo ideato dal sociologo Cesare Bernabeo, è stato fin dall’inizio quello esperienziale: fornire spazi di aggregazione e opportunità per sperimentare un altro modo di essere e di esserci, fare in modo che i ragazzi diventassero loro stessi attori e protagonisti e affermassero – attraverso le tante attività che li hanno visti partecipi - la loro esistenza all’interno di un contesto sociale. E poiché l’esperienza è - per sua natura - un processo, un “qui e ora”, sempre aperto a varianti, nuove necessità, e a tutta la ricchezza e le peculiarità che i soggetti coinvolti possono portarvi dentro, ogni esperienza vissuta con i ragazzi è stata, anche quando ci siamo addentrati con loro in percorsi formativi studiati e strutturati ad hoc, un’esperienza a sé che ha generato anche per noi operatori nuova esperienza.
Muovendoci per tentativi, a volte commettendo errori, insieme, abbiamo sperimentato un metodo di lavoro e un’organizzazione solidale che cresce e si fortifica nel progettare interventi legati alla lettura del territorio. E risparmiando sulle esigue risorse finanziarie ci siamo impegnati tutti a tinteggiare i locali e ci siamo occupati perfino delle piccole pulizie dei nostri spazi, per renderli luoghi di relazione e di impegno.
La nostra storia di operatori in un
quartiere di frontiera come il “villaggio Celdit”, ha visto un’evoluzione professionale nel 2008, con l’ingresso nell’Azienda Speciale Multiservizi “Chieti Solidale” e l’ “adozione” di questo metodo di lavoro anche nelle Ludoteche e nel Centro diurno integrato per anziani. I mille colori di questa storia si sono arricchiti così della trama di relazioni disegnate da tutti coloro che abbiamo incontrato nel nostro agire professionale. Ogni giorno sperimentiamo una metodologia di lavoro basata sull’approccio relazionale promosso dagli operatori. Le riunioni d’equipe sono il punto centrale del nostro metodo, sono vissute come momenti di crescita e ci aiutano a crescere, ci insegnano che “ci si educa tutti insieme”. Questo nostro interesse per i sentimenti ha permesso di sviluppare, negli anni, un progetto per restituire al territorio un’identità culturale ed una memoria storica, dando voce ai silenzi di troppi anni.
Il nostro percorso di operatori di frontiera si è intrecciato con i Servizi sociali comunali che hanno dato fiducia alle nostre idee e accettato il nostro umano motto (“Sbagliando s’impara”), per cui i momenti critici sono stati le occasioni migliori per ricordarci quanto sia importante la flessibilità nel lavoro sociale. Un rapporto importante, quello con i Servizi sociali, che ha garantito continuità all’intervento e ha fatto nascere un laboratorio di idee innovativo. E’ stato il buon lavoro di rete che ci ha permesso di sperimentare queste idee con le azioni previste nel piano di zona del Comune di Chieti. Oggi possiamo dire di essere orgogliosamente operatori di frontiera e crediamo che il nostro lavoro sia capace di fecondare nuove esperienze che condividano il metodo dell’animazione socio-culturale.
Il gruppo di lavoro impegnato a “Villaggio Celdit”“Noi, orgogliosamente operatori di frontiera”
Dott.ssa Fabiola NucciSociologa A.S.M. Chieti Solidale
009 | IMPRONTE | ANNO 1 - NUMERO 3
ANNO 1 - NUMERO 3 | IMPRONTE | 0010
Quando l’animazione è intervento culturaledi Eide Spedicato Iengo
Facoltà di Scienze Sociali Università “G.D’Annunzio”
“Ciò che rende lieta la vita non è fare le cose che ci piac-ciono, ma trovare piacere nel-le cose che dobbiamo fare”
Goethe
Queste pagine raccontano la storia di un percorso professionale e di un quadro di proposte educative, animative e formative.
Oltre e beninteso che il reportage di un “fare” attraverso competenze e precise professionalità, sono anche altro. Sono,in particolare, l’espressione di un dettato esistenziale che pratica l’etica della premura e la cura della vita e sostiene la coscienza a scavare nei segreti dell’essere e dell’esistenza.
Scorrendo il piano delle proposte attuate emerge, dunque, con chiarezza la mission: orientare in direzione di un progetto di vita che mette tra parentesi l’inessenziale e si impegna a suggerire percorsi esistenziali che incoraggiano sia ad abitare il mondo in modo consapevole, solidale, intelligente, altruistico; sia a pensare con la propria testa e a piangere e ridere con il proprio cuore; sia a coltivare il desiderio di esistere nella propria qualità unica e singolare. Motivare nell’altro il desiderio di esserci è, quindi, l’obiettivo di fondo. Un obiettivo nel quale le categorie della “cura” e della “premura” (come si accennava) si muovono con agio, anche a dispetto dell’atmosfera sempre più individualistica dell’oggi che le ritiene poco fotogeniche e troppo scomode ed impegnative per essere praticate a maggioranza.
E’, pertanto, un richiamo culturale “forte” quello messo in campo da questo gruppo. Un richiamo, peraltro, particolarmente appropriato a questa nostra società inquieta, contraddittoria, impaziente, frettolosa, mediatica, globalizzata che sogna –per dirla con Franco Frabboni – “l’alba di un’umanità di-serie, replicata come i bulloni di una
catena di montaggio: una donna e un uomo dalla mente asfaltata e dal cuore liquido. Equipaggiati di uno zaino esistenziale che contiene, senza vita, un pensiero dall’encefalogramma piatto e un sentimento clonato e formattato. Anche le emozioni e le esplosioni –intime e irripetibili- della persona. Anche il riso e il pianto, la gioia e il dolore, l’incanto e il disincanto” (F. Frabboni, Educare è farsi clown, in “Valore Scuola”. La Rivista, III, 11, 2007, p. 31).
Lontani, pertanto, dalla figura di intrattenitori con la quale vengono di norma identificati, questi operatori sono, in realtà, dei professionisti della cultura sociale che, dieci anni fa, hanno iniziato -con discrezione e pazienza- un viaggio che ha prodotto spazi e opportunità di accoglienza, di creatività, di vitalità, di fantasia, di curiosità; ha insegnato l’importanza dei principi regolativi e della responsabilità morale che poggia sull’impegno etico dei suoi membri; ha educato alla funzione del legame sociale e alla consapevolezza del proprio essere un prodotto relazionale. Insomma, hanno dato vita ad un’impresa formativa plurale (nelle proposte, negli interventi, nelle tecniche e nelle metodologie utilizzate) che mira a ridisegnare il piano delle relazioni sociali in chiave di rapporti primari e comunitari, dando rilevanza al ruolo delle sfere di familiarità.
A questo punto del discorso, il pensiero va ad Ivan Illich, uno scomodo intellettuale degli anni Settanta del secolo appena passato, il cui nome è legato anche alla suggestiva utopia della società conviviale, una costruzione di rapporti sociali tanto lontani dalla formalizzazione delle relazioni tra gli uomini e dalla omologazione dei bisogni quanto impegnati a ricostruire nessi interpersonali e con l’ambiente carichi di intenzionalità e di significatività. Questi obiettivi, a quanto segnala quest’esperienza, sembrano essere stati raggiunti. L’utopia di Illich, pur se nello spazio di un microcosmo ambientale, pare essersi tradotta in realtà.
Quando l’animazione è intervento culturaledi Eide Spedicato Iengo
Facoltà di Scienze Sociali Università “G.D’Annunzio”ImpronteProvincia di Chieti Settore 1 - Servizi socio - Assistenziali - Volontariato - Tirocini formativi - Turismo - Sport - Politiche giovanili - Cultura - Museo - Politiche comunitarie
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Foto visual del progettoSergio Camplonewww.sergiocamplone.it
Pubblicazione registrata al Tribunale di Chieti il 26 Agosto 2010 con il n. 6
Campagna di valorizzazione delle seconde generazioni di immigrati presenti nel territorio della Provincia di Chieti.Progetto Arca-Immigrati in Onda, promosso dalla Provincia di Chieti e �nanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il fondo per l’inclusione sociale degli immigrati - Annualità 2007
FAMIGLIA, SOCIETÀ E GIOVENTÙE’ di scena l’animazione socio-culturale
FORMAZIONE E ISTRUZIONE
IMPRESA E LAVOROIl gruppo di “Villaggio Celdit” si racconta
PAGINEDI INSERTO
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I ragazzi parlano di immigrazione
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Riferimenti Utili
0011 | IMPRONTE | ANNO 1 - NUMERO 3
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