Rivista diffidare dalle imitazioni nr 3

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Rivista diffidare dalle imitazioni nr 3 - La politica del Dare

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SOMMARIO

EDITORIALE “Gli aumenti in busta paga. La politica del dare” di Pierpaolo Gentili pag. 1

FARE ECONOMIA “80 Euro in busta paga” di Massimiliano Zitelli Conti pag. 2

FARE ECONOMIA “Crescita equità e benessere al test del sommerso”

di Antonella Giordano pag. 4

ULTRASOCIALE “Gli esami di ammissione alle università. Studia che ti passa”

di Pierpaolo Gentili pag. 7

IL TRASPORTO DELLE IDEE “Voglia di sosta” di Paolo D’Amanzo pag. 9

LA RELIGIONE, IDEE DI CONFRONTO “La Grande differenza” di Claudio Coen Belinfanti pag. 12

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ALLA RICERCA DELLA RICERCA “La strana storia di Dr. MPR e Mr Autismo” di Francesca Martinetto pag. 14

FOTOSCRITTO Foto di Daniela De Angelis – Righe Pierpaolo Gentili pag. 16

DIETRO IL SIPARIO “Marco Malatesta: il cantore dell’anima” di Alessandro Nobili pag. 18

STILI DI VITA “La mela: un frutto simbolico” di Giovanni Melogli pag. 28

SPORT “Idee di tennis” di Nicolò Gentili pag. 31

ATTRAVERSO LA LENTE “Una storia di tante storie” di Daniela De Angelis pag. 34

CINEMA, TEATRO E UN PIZZICO DI MODA “Mode in Italy” di Pamela di Lodovico pag. 37

PASSEGGIANDO PER IL MONDO “ Una passeggiata a Praga” di Ilaria Leccese pag. 45

AD MAJORA “L’infinito nel quotidiano” di Sabrina Lembo pag. 52

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Gli aumenti in busta paga. “La politica del Dare” Ricordo come qualche anno fa il governo Berlusconi nell'ottica di agevolare le famiglie pensò di mettere in atto un'azione che prevedesse un aumento in busta paga per i redditi più bassi. E ricordo come mi schierai subito contro un'ipotesi di questo tipo avendo la convinzione forte che non potesse servire se non a lanciare una propaganda elettore. Adesso è il governo Renzi a scegliere la strada dell'alleggerire la pressione fiscale sugli stipendi netti di euro 1.500,00 mensili e recuperare, così, 80,00 euro al mese. E continuano le mie perplessità. Ancora più forti. Dieci miliardi di euro per dieci milioni di italiani. Gli interrogativi che sorgono e derivano da questa scelta che non condivido riguardano principalmente la cifra esigua che entrerà nelle tasche dei fortunati. Mi si dirà: ma non si sputa sopra 80 euro in un momento di crisi. Falsa, bugiarda, tendenziosa la risposta. E’ un’iniziativa che a nulla servirà se non a cavalcare la campagna elettorale delle Europee. Dieci miliardi di euro per non accontentare nessuno, per continuare a sorreggere un sistema che ci vuole lontani, lontanissimi da quello che rappresenta il vero, enorme , gigantesco problema irrisolto di questo nostro strano paese: la disoccupazione. L’incapacità cronica di creare posti di lavoro, la disabitudine decennale nel tentare di alimentare la speranza, puntualmente disillusa, di giovani che vogliono crearsi un futuro che sia credibile. Il volere crearsi una famiglia, poter acquistare una casa, mettere al mondo dei figli sembrano oggi chimere tanto distanti dalla realtà giovanile quanto è vicino l’orlo della disperazione. Una comunicazione volgare e connivente ci propina indagini di gradimento taroccate nell’interpretazione finale, vuole a tutti i costi farci credere che il “nuovo fiorentino” coincida davvero con il nuovo che avanza. Mentre è il disavanzo pubblico che dovrebbe lasciarci intuire quanto siamo stati distorti, quanto siamo stati umiliati dal continuo perpetrare la menzogna sociale. L’impossibilità di non poter lasciare ai nostri figli nemmeno l’eredità del sogno. Questi nostri giovani non hanno nemmeno la possibilità di sognare. 80,00 euro al mese. E, così, troveremo le mele, le pere, le zucchine, il salame, il prosciutto con i prezzi gonfiati, aumentati nei mercati rionali che ci interessano molto di più dei mercati azionari. Nei mercati dove non esiste il controllo dei prezzi perché mai è esistito. Dove quando è nato l’euro c’è stato il gioco al raddoppio sfruttando il concambio stabilito. Ed il cambio reinventato e criminale: un euro, mille lire. Se i dieci miliardi di euro fossero stati impegnati nella creazione di posti di lavoro, nella costruzione di asili nido, nella costruzione di scuole efficienti, se fossero stati elargiti ai pensionati non staremo qui a scrivere di un governo indifferente a tutto ciò e, soltanto a parole, di sinistra. La “politica del fare” solo apparente. Pierpaolo Gentili

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80 EURO IN PIU'80 EURO IN PIU'80 EURO IN PIU'80 EURO IN PIU'

L' 8 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il DEF - Documento di

economia e finanza- .

Venerdì 18 aprile il Cdm varerà il decreto legge che prevede le coperture per il taglio del cuneo fiscale da 6,7 a 4,5 miliardi (80 euro in più in busta paga per chi guadagna fino a 1.500 euro al mese). Il beneficio sotto forma di taglio alla tassazione irpef spetta a tutti coloro che hanno un reddito lordo annuo pari o inferiore a 25.000 euro ossia a chi ha uno stipendio netto pari o inferiore a 1.500 euro.

Le "coperture" ovvero dove il Governo intende trovare i soldi per finanziare questa misura sono state individuate in tagli alle spese, aumento della tassazione a carico delle banche per quanto concerne la rivalutazione delle quote di Bankitalia e maggiori introiti IVA derivanti dal rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione.

Non mi piace semplificare ma in questo caso mi sembra opportuno:

Vengono recuperati soldi aumentando le tasse alle banche, percependo imposte su debiti che lo Stato deve saldare, riducendo la spesa pubblica prevalentemente tramite il taglio degli stipendi dei manager pubblici e l'abolizione di enti considerati superflui.

Non mi interessa commentare la valenza politica di questi interventi .

E' interesse di questa rubrica assistere e commentare fenomeni e opportunità che si verificano in un economia in tempi di crisi.

Dal 27 Maggio - o dalla data in cui sarà pagato l'emolumento di maggio - il Sig. Giuseppe che percepisce uno stipendio netto di 1.300 euro avra' 80 euro in piu' al mese: si porra' il quesito di come impiegarli?

Secondo alcune teorie economiche all' aumento delle entrate segue una maggiore propensione al consumo: " quei soldi sono in piu' e quindi possono essere spesi ! "

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Del resto e' questo l'auspicio del Governo: se gli 80 euro mensili dovessero essere utilizzati per consumi contribuirebbero alla ripresa dell'economia : 10 miliardi di euro circa in un anno alimenterebbero il circolo virtuoso : maggiori consumi - maggiori vendite delle aziende - maggiore occupazione - maggiori introiti fiscali .

Utopia? Forse.

Teoria? Senza dubbio solo teoria !

In realtà e' probabile che il Sig. Giuseppe abbia qualche pagamento arretrato : una bolletta, il canone RAI tanto odiato , per esempio, oppure gli 80 euro sono quelli che serviranno per integrare la somma necessaria per saldare il premio dell'assicurazione RCA in scadenza a giugno.

Il consiglio da una rubrica come questa non può che essere di cogliere l'occasione fornita da un' entrata imprevista per "rimettere mano " alla propria gestione familiare: sedersi a tavolino e fare i conti delle entrate fisse (+ 80 euro) , delle uscite mensili improcrastinabili e valutare quanto residui per i consumi extra o per l'eventuale risparmio.

Fare Economia vi fornisce questo semplice strumento " personalizzabile" :

All.to portafoglio personale

A cura di Massimiliano Zitelli Conti

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Crescita, equità e benessere al test del “sommerso” Nell’ultimo quindicennio la maggior parte delle economie avanzate e tutti i grandi Paesi hanno adottato strategie diverse dalla nostra, per fare fronte ai tanti problemi di crescita, di equità, di benessere dei loro cittadini: quella di incrementare la pressione fiscale è stata una strategia che l’Italia ha scelto quasi in solitudine. Sotto il profilo aritmetico, il record mondiale dell’Italia nella pressione fiscale effettiva dipende più dall’elevato livello di sommerso economico che dall’elevato livello delle aliquote legali. Certamente il livello delle pretese fiscali della pubblica amministrazione è un incentivo a non partecipare correttamente al sistema produttivo o a rifugiarsi completamente nel sommerso economico. Il livello delle aliquote legali, tributo per tributo, dovrebbe avere un impatto positivo sul tasso di sommerso economico, a parità di altre condizioni: aliquote più elevate implicano maggiore evasione. Anche la progressività del sistema tributario potrebbe incentivare al sommerso e scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro e all’attività produttiva in generale.

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Vi sono diverse variabili che invece disincentivano il sommerso e l’evasione. La prima fra queste è la paura di essere scoperti e incorrere quindi in una sanzione. Ciò dipende largamente dal numero e dalla qualità dei controlli, nel senso che la frequenza relativa dei controlli riduce l’incentivo a evadere e l’efficacia dei controlli stessi, rappresentando una credibile possibilità di incorrere in una sanzione, rende più costosa l’opzione exit (dall’economia emersa). A causa della mancanza di dati puntuali e comparabili tra Paesi sul numero e sulla qualità dei controlli, è stata fatta l’ipotesi che l’efficacia e l’efficienza della pubblica amministrazione in campo tributario sia proporzionale all’efficacia e all’efficienza dello stato nell’amministrazione giudiziaria in generale. Questo indicatore, che comprende autovalutazioni dei cittadini (sulla giustizia civile e sulla diffusione di tangenti) e misure oggettive di efficacia e di efficienza del sistema giudiziario (tempi per una sentenza di fallimento o per la definizione di controversie relative ai contratti, numero di procedure da espletare in tribunale), colloca l’Italia al 26esimo posto su 26 Paesi considerati. Un’altra importante determinante del tasso di evasione riguarda la percezione dell’output pubblico. Qualità e percezione su una vasta platea di cittadini informati tendono a coincidere. Se un cittadino percepisce inadeguata e insufficiente la quantità e la qualità dei beni e servizi forniti dalla pubblica amministrazione ha un incentivo a comportarsi in modo non corretto sotto il profilo fiscale. La percezione dell’output pubblico (sanità, infrastrutture, istruzione di base e superiore) influenza il senso civico-economico, che determina una frazione della lealtà fiscale. E’ inutile riformulare la domanda retorica: nel nostro schema economico di comportamento, una bassa percezione dell’output pubblico determina un più elevato tasso di evasione, a parità di altre condizioni.

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L’indicatore composito (giorni necessari per avviare un’impresa e ore necessarie in un anno a preparare le pratiche per definire e saldare l’obbligazione fiscale) colloca l’Italia al 23esimo posto nella classifica stilata su 25 Paesi. Nell’indicatore non siamo stati in grado di includere i tempi di pagamento della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese private per mancanza di una sufficiente copertura temporale. L’ Intrum Justitia, che calcola lo European Payment Index, l’Italia, con 186 giorni, è al primo posto nella classifica, su 18 Paesi considerati, per tempi di pagamento della pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori privati. Il primo esercizio riguarda una variazione positiva del senso civico-economico indotta da una migliore percezione della quantità e della qualità dell’output pubblico. E’ un sommerso influenzato anche dalle troppo elevate pretese fiscali: abbassare queste vorrebbe dire ridurre il tasso di evasione. E per abbassare tali pretese, è la spesa pubblica - nella parte inutile o dannosa - che deve essere ridotta. Antonella Giordano

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Gli esami di ammissione alle università.

“STUDIA CHE TI “STUDIA CHE TI “STUDIA CHE TI “STUDIA CHE TI

PASSA”PASSA”PASSA”PASSA”

Gli esami di ammissione alle università.

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Gli esami di ammissione alle università.

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E’ davvero difficile e complicato essere giovani in questa società moderna, in questa società occidentale. Da un lato vieni spinto, in tenera età, a coltivare le passioni. La musica, lo sport, il cinema, il teatro sono soltanto alcuni esempi delle tante attitudini personali che tutti coltiviamo e che sviluppiamo nel corso della nostra vita. Ma se la tua passione si chiama Medicina, Psicologia, Architettura rischi di subire atroci strazi fino a giungere, tantissime volte, alla rinuncia di ciò che vorresti fare da grande e per il quale, magari, sei nato. In un Paese civile e democratico – quante volte abbiamo scritto questi termini abbinandoli nei vari settori delle attività umane senza riuscire a dipanare questa matassa – non dovrebbe essere consentito, permesso a qualsiasi governo di stabilire che, per iscrivermi ad una università, debba passare attraverso degli esami di ammissione. Pazzesco ed intollerabile. Sorvolo sull’aspetto, pur interessante e significativo, dell’interesse economico. Cioè di quanto questo costi alle famiglie e di quanto lo Stato ne tragga vantaggio. I costi altissimi per preparare, partecipare ai test di ammissione dovrebbero meritare dei controlli attenti e farci porre seri interrogativi. Sorvolo sulla coerenza dei test legati alle tematiche dei vari atenei. Nei test di Medicina si deve conoscere la letteratura italiana in modo scrupoloso, nei test di Architettura se non conosci il metabolismo rischi di essere fuori. Sorvolo sul fatto che le raccomandazioni dei dottoroni a vantaggio dei propri figliocci si realizzano, si concretizzano proprio nelle situazioni intermedie ed incontrollate come appunto sono i test di ammissione. Vorrei soltanto esprimere, infine, un concetto: è possibile mai che non si possa fare una selezione degli studenti eliminando questa becera, contorta, incompatibile, ghigliottina dei test? Se il numero è “chiuso”, “aprite”nuove università … ed anche il cervello. Non ve ne pentirete. A cura di Pier Paolo Gentili

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VOGLIAVOGLIAVOGLIAVOGLIA

DIDIDIDI SOSTASOSTASOSTASOSTA

A Roma possedere un automobile è una cosa normale, non un lusso. In tutte le grandi metropoli contemporanee su 100 abitanti solo il 20\30 percento possiede un'auto privata. Nella nostra città la percentuale è dell'80 per cento, unica città occidentale le cui strade,

piazze, giardini, aree tutelate, monumenti, resti archeologici, architetture contemporanee, marciapiedi sono letteralmente prese d'assalto dalle automobili. La motivazione di tale scempio è la mancanza di aree adibite a posteggi regolari che possano lasciare ad altri scopi le attuali aree occupate irregolarmente. I Comitati dei cittadini si oppongono alla realizzazione di parcheggi sotterranei previsti dai PUP ( Piani Urbani Parcheggi ), perché sostengono che l’aumento del numero di parcheggi è proporzionale all’aumento del traffico, che i parcheggi non si possono costruire in aree del centro storico perché quest’ultime possono essere deturpate, che i parcheggi servono solo per aumentare il parco veicolare, e di seguito altre motivazioni e bla bla bla. Innanzi tutto è bene sottolineare che un parcheggio può contribuire all’eliminazione della sosta selvaggia e quindi liberare spazio per la circolazione ed i flussi veicolari, diminuendo di molto l'inquinamento e la congestione. La differenza che esiste tra sosta gratuita e sosta a pagamento è che la prima attrae traffico, mentre la seconda no, e questo perché se un automobilista ha la consapevolezza che recandosi nel luogo di destinazione troverà solo sosta a pagamento, automaticamente vi si recherà con il mezzo pubblico oppure con il mezzo privato solo se profondamente motivato. La prova è data dal grande parcheggio di Villa Borghese, che non risulta affatto essere un collettore di traffico. Volendo fare un FACT – CHECKING, l’asserzione di qualcuno che dice “ i parcheggi portano traffico “, la

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risposta è: FALSO. Tale pensiero può essere VERO nelle città dotate di servizi pubblici capillari ( Londra – Parigi ). Gli stessi Comitati affermano che “ I parcheggi non possono essere costruiti in zone storiche perché le deturpano” – La sosta selvaggia leva spazi di territorio nelle zone storiche che potrebbero essere riqualificati per altri usi quali nuovi arredi urbani. Altro FACT- CHECKING: l’asserzione è FALSA. Analizziamo quest’altra asserzione: “i parcheggi aumentano il parco veicolare “ – Innanzitutto con la realizzazione dei parcheggi interrati, si recuperano in superficie aree maggiori da urbanizzare, perché si potrebbero allargare i marciapiedi,

si potrebbero creare aree verdi, si potrebbero realizzare più corsie preferenziali, si potrebbero realizzare più piste ciclabili, ma soprattutto si potrebbero mettere in sicurezza strade che purtroppo oggi non lo sono. Concludendo i posti auto non

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aumentano, ma si spostano nel sottosuolo e sono tariffati, regolamentati, ordinati e sicuri, al contrario di come sono adesso: gratuiti, caotici, anarchici e pericolosi. Lasciare in superficie il parco veicolare ha fatto si che questi potesse aumentare fino a 3 auto per famiglia. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe accadere se ogni famiglia fosse costretta a dover utilizzare 3 posti auto interrati a pagamento. A queste condizioni, il parco circolante invece di aumentare scenderebbe e di molto. Quindi l’asserzione che “ i parcheggi aumentano il parco veicolare “ è FALSA. Questa è la sfida del futuro della mobilità per Roma: avere come obiettivo l’uso per famiglia di un solo veicolo, quello veramente indispensabile, da condividere a seconda delle esigenze. Bisogna incentivare il sistema di trasporto pubblico: più tram – bus – metro – passeggiate – biciclette – scooter – taxi. Diffidate dalle imitazioni.

Paolo D’Amanzo

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LA GRANDE

“Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Risorto: accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene, ma …

La Pasqua è festa mobile, la sua Primavera. Per l’ebraismo è memoriale schiavitù di Egitto. Presso tutperiodo dell’anno conosce grandi feste e riti gioiosi legati al rla fredda oscurità dell’Inverno.La stessa festa cristiana assume i srinascita come le nostre bellissime uova pasquali. Un amico mi ha raccontato che

mettono prende uno e con essoaccantorisponde: ( E’ veramente risorto!) Ecco il fatto nuovo : Abbiamo tantCroce”.L’Innocente di morire in quel modoMa, a pensarci bene, nella storia del mondo, prima e dopo

Cristo, quanti giusti, quanti innocenti, quantiper gli altri, per i propri ideaSe Gesù è un grande uomo, l’inventore di una nuova religrivoluzionario: dove sta la novitàorrori, ha conosciuto, in tutte le latitueroiche testimonianze.

GRANDE DIFFERENZADIFFERENZADIFFERENZADIFFERENZA

"Se Cristo non è risorto vana è la nostra fede".

“Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Risorto: accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene, ma …

, la sua data varia ogni anno legata alla prima luna piena di

dell’Esodo, Passaggio del Mar Rosso,resso tutti i popoli e le Tradizioni dell’emisfero nord,

conosce grandi feste e riti gioiosi legati al rinascere della vita dopo dell’Inverno.

La stessa festa cristiana assume i simboli universali del rifiorire della Nnascita come le nostre bellissime uova pasquali.

Un amico mi ha raccontato che in Romania il giorno di Pasquamettono a tavola uova sode dipinte. Il capofamiglia ne prende uno e con esso rompe l’uovo del commensale che ha accanto, dicendo: Hristos a înviat ( Cristo è risortorisponde: Este adevărat că a înviat! ( E’ veramente risorto!)

Ecco il fatto nuovo : la grande differenza.

Abbiamo tante volte sentito l’espressione Croce”. L’Innocente crocifisso, il Figlio di Dio che accettadi morire in quel modo! Ma, a pensarci bene, nella storia del mondo, prima e dopo

Cristo, quanti giusti, quanti innocenti, quanti eroi, quanti profeti hanno donatoper gli altri, per i propri ideali, per la propria fede, per il proprio popolo

un grande uomo, l’inventore di una nuova religdove sta la novità ? La Storia, per fortuna, insieme a tante brutture ed

orrori, ha conosciuto, in tutte le latitudini e in tutte le epoche, uomini

DIFFERENZADIFFERENZADIFFERENZADIFFERENZA

"Se Cristo non è risorto vana è la nostra fede". Paolo di Tarso

“Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Risorto:

accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene, ma … Papa Francesco

data varia ogni anno legata alla prima luna piena di

dell’Esodo, Passaggio del Mar Rosso, Liberazione dalla le Tradizioni dell’emisfero nord, questo

inascere della vita dopo

universali del rifiorire della Natura e della

a il giorno di Pasqua, come da noi, si e. Il capofamiglia ne

rompe l’uovo del commensale che ha os a înviat ( Cristo è risorto ) e l’altro

la grande differenza.

e volte sentito l’espressione “scandalo della

crocifisso, il Figlio di Dio che accetta e sceglie

Ma, a pensarci bene, nella storia del mondo, prima e dopo eroi, quanti profeti hanno donato la vita

fede, per il proprio popolo ? un grande uomo, l’inventore di una nuova religione, un profeta

insieme a tante brutture ed uomini grandi capaci di

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Paolo venne ascoltato con interesse dai saggi ateniesi, ma quando parlò loro della Resurrezione gli risposero :“ Ti ascolteremo un’altra volta ! ”. Scandalo, pietra di inciampo, meravigliosa notizia così difficile da accettare e da comprendere. Lo scandalo, l’inciampo vero per la nostra mente non è la Croce, è la Resurrezione ! Non rinascita, non reincarnazione in altre vite, nemmeno immortalità dell’anima, ma Resurrezione del Corpo, della carne !!! Vittoria sulla Morte !! Una tomba vuota ! Mentre festeggiamo con gioia la Pasqua poniamoci la domanda: E’ veramente Risorto ? La ragione continuerà a dubitare, ma il nostro cuore cosa risponderà ? Este adevărat că a înviat!

Claudio Coen Belinfanti

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La strana storia di Dr. MPR e Mr. Autismo

La storia si ripete: è il caso della recente indagine avviata dalla procura di Trani in merito alla presunta correlazione tra la vaccinazione trivalente MPR (morbillo, parotrosolia) e l’autismo. Nel 1998, il gastroenterologo inglese Wakefield ed i suoi colleghi pubblicarono sull’autorevole “Lancet” un articolo cui ipotizzavano un nesso causale tra la vaccinazione e l’autismo suscitando ovviamente notevole scalpore. Lsuccessivi, invece, andavano contro questa teoria e nel frattempo l’ipotesi della correlazione fu messa sotto inchiesta.

Nel 2004 il giornalista Brian Deer pubblicò sul “Sunday Times”un’inchiesta che fece emergere come lo

La strana storia di Dr. MPR e Mr. Autismo

La storia si ripete: è il caso della recente indagine avviata dalla procura di Trani in merito alla presunta correlazione tra la vaccinazione trivalente MPR (morbillo, parotite e

Nel 1998, il gastroenterologo inglese Wakefield ed i suoi colleghi pubblicarono

un articolo in cui ipotizzavano un nesso causale tra la vaccinazione e l’autismo suscitando ovviamente notevole scalpore. Lavori successivi, invece, andavano contro questa teoria e nel frattempo l’ipotesi della correlazione fu messa sotto

Nel 2004 il giornalista Brian Deer Sunday Times”

un’inchiesta che fece emergere come lo

studio di Wakefield fosse interessi economici. Il medico inglese, infatti, stava parallelamente conducendo un'altra indagine, commissionata da avvocati che intendevano intentare una causa contro il vaccino MPR. Inoltre, le indagini svolte da Deer dimostrarono che il medico inglese aveva alterato e falsificato la storia anamnestica dei pazienti per supportare i risultati della sua ricerca.

Il 28 gennaio 2010, il GMC (General Medical Council) britannico ha riconosciuto Wakefielduna trentina di capi d’accusa,disonestà ed abuso di bambini con problemi di sviluppo: aveva "mancato ai suoi doveri come medico", agendo

La strana storia di Dr. MPR e Mr. Autismo

studio di Wakefield fosse distorto da interessi economici. Il medico inglese, infatti, stava parallelamente conducendo un'altra indagine, commissionata da avvocati che intendevano intentare una causa contro

Inoltre, le indagini svolte da Deer dimostrarono che il

ico inglese aveva alterato e falsificato la storia anamnestica dei pazienti per supportare i risultati della

Il 28 gennaio 2010, il GMC (General Medical Council) britannico ha

Wakefield colpevole di una trentina di capi d’accusa, quali disonestà ed abuso di bambini con problemi di sviluppo: aveva "mancato ai suoi doveri come medico", agendo

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contro gli interessi dei suoi pazienti e "in modo disonesto e irresponsabile" nella conduzione della ricerca pubblicata.

La conclusione di questa assurda vicenda è che nessuno degli oltre 25 studi condotti negli ultimi 15 anni ha confermato l’esistenza di una relazione causale tra vaccino MPR ed autismo. Un recentissimo studio pubblicato su “The journal of paediatrics” conferma l’assenza di una possibile relazione tra i vaccini somministrati nei primi due anni di vita del bambino e lo sviluppo di disordini dello spettro autistico. Gli studi sono stati svolti su un’ampia popolazione permettendo di raggiungere un livello di potere statistico sufficiente a rilevare anche rare associazioni. Di fronte alla dimostrazione della falsificazione dei dati utilizzati per lo studio, il “Lancet” ha ritirato formalmente l’articolo e Wakefield è stato radiato dall’ordine dei medici inglese.

Il risultato negativo è che il comportamento immorale di Wakefield ha determinato la riduzione delle coperture vaccinali in tutta Europa con la comparsa di migliaia di nuovi casi di morbillo, parotite, rosolia e l’insorgenza di importanti patologie evitabili con la vaccinazione. Come

conseguenza, ci sono state pesanti ricadute sociali ed economiche che questo allarmismo ingiustificato ha prodotto e continua a produrre.

La recente inchiesta della procura di Trani aperta in seguito alla denuncia dei genitori di due bambini ai quali è stata diagnosticata una sindrome autistica che, secondo le denunce, potrebbe essere stata causata proprio dal vaccino MPR appare anacronistica. L’ipotesi che ciò possa essere vero e dimostrabile è quanto mai inverosimile poiché nessuno studio è mai riuscito a trovare una relazione causale. Questa inchiesta, però, fa emergere ancora una volta quanto il nostro paese sia prono ad andare controcorrente e capace di fidarsi di persone incompetenti o disoneste. Il morbillo non è una malattia di poco conto: quest’anno in Italia sono morti ben otto bambini ed è in continuo aumento il numero di focolai epidemici. Se la popolazione immune alla malattia non arriva a quota 90-95% il morbillo continuerà a circolare determinando conseguenze non trascurabili sia per la sanità pubblica sia per la società.

Vogliamo davvero rifiutare il progresso mettendo a rischio la salute dei bambini?

A cura di Francesca Martinetto

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ivalooooooooooooo

Quando il poco equivale al nulla non è detto che sia la

Fotografia di Daniela De Angelis

Quando il poco equivale al nulla non è detto che sia la

fine

di Daniela De Angelis – Righe di Pierpaolo Gentili

Quando il poco equivale al nulla non è detto che sia la

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La battaglia della vita lascia ostacoli disordinati lungo

il percorso dell’esistenza.

Fotografia di Daniela De Angelis

La battaglia della vita lascia ostacoli disordinati lungo

il percorso dell’esistenza.

di Daniela De Angelis – Righe di Pierpaolo Gentili

La battaglia della vita lascia ostacoli disordinati lungo

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MARCO MALATESTA:

IL CANTORE DELL’ANIMA

“ … Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori

lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all’Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti…”.

Gabriele D’Annunzio, I Pastori

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Ho sempre pensato che la lingua italiana è musica essa stessa. Gabriele D’annunzio in questo stralcio di una sua famosissima poesia, né è esempio lampante. La metrica italiana è un linguaggio armonioso, antico e ricco di sfumature prelibate da gustare ad occhi chiusi, percependo così i significati più profondi. Abbiamo numerosi esempi artistici che confermano ciò che ho appena affermato. I poeti italiani hanno dato lustro alla nostra lingua combinando le parole in modo tale da farne scaturire melodie affascinanti. Ma, nella mia personale classificazione di poeta, rientrano anche i cantautori: uomini coraggiosi che, imbracciando una passione ardente, comunicano il loro personale messaggio mettendosi completamente in gioco spesso senza avere la riconoscenza che meritano. Il mestiere del cantautore richiama all’origine contadina, richiama alla semplicità, attinge ad una fonte primordiale dove non ci sono regole scritte ma rispettate da tutti. Fare il cantautore è come intraprendere una transumanza, un viaggio pieno di imprevisti dal quale si torna sempre arricchiti di esperienze e conoscenze, dopo aver attraversato i tortuosi sentieri dell’anima. La terra d’Abruzzo cantata nella poesia del D’Annunzio, questa volta, mi da lo spunto giusto per presentare un uomo, un cantante, un poeta di cui ho una stima immensa. L’ho conosciuto qualche anno fa proprio a Carsoli la sua città natale, in un ristorante a ridosso dell’autostrada. Lì ho cominciato ad apprezzare le sue idee illuminate, le sue parole mai scontate, la sua musica romantica che mi ricordava vagamente un’eccezionale Branduardi d’annata. Marco Malatesta è un ragazzo semplice, un ragazzo radicato nel concetto di famiglia, amante delle tradizioni e soprattutto fiero della sua terra da dove trae quell’ispirazione che lo nutre. Marco non fa di mestiere il cantante, l’arte è solo il completamento della sua personalità. Ogni giorno sa mettere da parte la sua anima di musicista, autore, compositore e si dedica a quel lavoro che per lui, significa vivere. Ma la vita di un’anima profonda è sempre segnata. E’ solo una questione di tempo. Una questione di incroci e di adeguate combinazioni. Poi, l’ispirazione chiede spazio, si fa spazio e l’arte comincia a prendere prepotentemente forma. Le parole scivolano sul foglio, le note si assemblano in melodie e le canzoni di Marco prendono vita raccontandoci le particolarità intime di chi ha sofferto avendo avuto in dono troppa sensibilità. La sua arte di scrivere è “arte del gioco fra le metriche” Con la sua musica prova ad arrivare alla gente cercando di accarezzarla sul terreno dell'immedesimazione. La sintonia che ci lega, ha fatto si che nel tempo, il nostro rapporto sia maturato in un qualcosa che vada oltre le collaborazioni artistiche. Fare questa intervista per me è stato come ripercorrere all’indietro il tempo. Un viaggio splendido in equilibrio tra le emozioni passate e quelle che verranno.

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Allora amico mio, come nasce Marco Malatesta cantautore? Io nasco con le metriche e le melodie degli anni ottanta. Con la poesia dei grandi cantautori italiani degli anni settanta: De André, Guccini, De Gregori. Mentre nel panorama attuale apprezzo molto Capossela. Ma c’è soprattutto una canzone che ha avuto il merito di accendere in me la scintilla del Cantautore. La canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè. Quello è il punto di partenza, ne sono sicuro. Poi però, la prima ispirazione vera, l’ho ricavata leggendo un libro di miti e leggende, da un brano che parlava di Atlantide. Quel libro se non sbaglio, dovrebbe essere ancora custodito in casa da mia madre. Quindi mi sembra chiaro che Fabrizio De Andrè è stata ed è la tua fonte d’ispirazione? Sì esatto, la sua passione per le minoranze e la sua voglia di dar voce ai più deboli. È stato per me un esempio non solo artistico. Sono visceralmente attratto dalla sua poetica. Ascoltarlo è una magia, più lo senti e più lo scopri. Ti conosco ormai da parecchi anni. Per me non sei semplicemente un cantante. Sei prima di tutto un poeta e la mia stima parte da questo tuo primo stato artistico. Le parole, la loro scelta diventano fondamentali per colpire il bersaglio. Come costruisci le tue canzoni? Ho più dimestichezza con le parole che con le note. Per cui preferisco partire dalla musica. Mi arriva prima la musica. A melodia finita ho più facilità a costruire parole. Come un sarto che costruisce un abito su misura. Se scrivessi prima le parole avrei sicuramente più difficoltà nel trovare melodie accattivanti. La soddisfazione é lo stato mentale che guida le cose, per me, riuscite. La tua Terra. L’Abruzzo, quanto c’è di lei nel tuo sangue, nelle tue rime, nella tua musica? Amo profondamente la mia terra. Questo amore mi basta per essere ispirato. Ho sempre scritto pensando ai panorami che vivo. Da li proviene l'anima acustica che poi diventa il filo conduttore del mio repertorio che oggi mi spinge a credere ancor più alla filosofia del FARE e del CANTO.

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Ricordi se c’è un avvenimento in particolare che ti ha spinto un giorno ad impugnare la penna e a scrivere la tua prima canzone? No. Non c'è stato un momento ben preciso, né tanto meno un avvenimento particolare. Dentro di me sentivo delle melodie e, già da piccolo, ero incuriosito e affascinato dalla composizione delle parole. Poi con il tempo questa curiosità si è accentuata. Metterle insieme é stato abbastanza naturale. I tuoi testi sono densi di significato. Non c’è mai una strofa che sia banale, da dove arriva quest’ispirazione che rende i tuoi testi spesso didascalici? Sai, ho avuto la fortuna di superare le prove di ammissione per la selezione al Centro Europeo Toscolano di Mogol. L’ho sempre ritenuta un’esperienza formativa splendida. Un piccolo paradiso dove ho imparato a valorizzare la mia vena creativa. Poi arrivò la notizia della morte di mio padre e dovetti abbandonare facendo così una scelta obbligata. Ma questa esperienza sfiorata, legata al tragico evento, mi hanno dato un impulso speciale. Hanno delineato la mia strada artistica. Scrivo su fotografie mentali. Uso le immagini come ispirazione poi, con le parole, costruisco una cornice. Raramente parlo di storie vere e proprie, quindi, non essendoci molti collegamenti con la materia, le canzoni possono sembrare più "particolari" e meno dirette.

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Fare il cantautore non è mai un percorso facile. Ci si mette troppo in gioco soprattutto se ci si auto produce. Dove trovi le motivazioni per andare avanti, per superare le difficoltà che il mondo artistico impone? Devo ammettere che quando scrivo musica, non penso troppo al mercato. Amo ciò che faccio come lo faccio e, per me, essere autosufficiente é più un onore che un onere. Mi hanno insegnato che un vero artista è tale quando riesce a giudicare con oggettività il proprio lavoro. Proprio il rimettersi in gioco ogni volta contribuisce a sviluppare quella tenacia che ti permette di andare avanti nonostante le difficoltà. So che è difficile per un artista dichiarare qual è la sua performance migliore, ma so che in fondo si è sempre legati affettivamente a qualche lavoro in particolare. Quale canzone sceglieresti come tuo manifesto? Forse Golgota. Lì c'é l'essenza del costruire cornice su un’immagine. l'immagine di un martirio, in questo caso. Golgota è la descrizione, più che del martirio di Gesù Cristo, del contorno che si è scatenato intorno ad esso. È una via crucis molto spirituale. Parla del dolore di un grande uomo. Non la catalogherei come una canzone dallo sfondo religioso. Credo che sia l’esatto contrario. Ho cercato di amplificare la cattiveria di chi lo uccide.

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“ … Hai lottato per redimerci dal mondo ostentando sicurezza dal tuo cuore e vissuto per comprendere l’amore, patteggiando la tua vita col dolore. Mentre il sole ora riecheggia sopra il colle, c’è bisogno di uno sforzo quasi umano, per portarti proprio in mezzo all’uragano che beffardo l’uomo ha destinato a te. Segna il calco del tuo piede alla memoria Della gente che rimira il tuo supplizio, sta affollandosi la tomba della storia, è uno show, non si può perdere l’inizio. Son venuti qui a migliaia per verificare il sangue, mentre madri stan pensando cosa banchettare a cena, forse quell’ Agnello Santo primo attore di preghiera che davanti a gente avida ora trema. Sta portando sulle spalle la sua pena, mentre il fuoco scalda mani ormai lavate, stan brindando quei vegliardi al suo dolore mentre il Golgota l’aspetta con l’amore, di un abbraccio che raccoglie la paura della morte di quest’uomo che ha accettato la sua sorte. La cadenza del cammino porta il rito, è un atroce e crudo ballo di San Vito, contorsioni masochistiche all’inizio, dentro sguardi che si gustano l’invito, al Teatro della Croce che concede l’amnistia ai peccati verecondi che ora il vento porta via, e la Carne incastonata sopra il Legno partorisce del cristiano il primo segno. Hanno alzato quel suo sguardo sulla valle, gli hanno dato aceto e orina come acqua...”

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Cantare, suonare, produrre musica vuol dire emozionarsi ed emozionare. Le tue canzoni a chi sono rivolte, a quali anime vogliono arrivare? È difficile dire a chi è rivolta la mia musica. Credo fondamentalmente a chi é predisposto ad ascoltare. Più anime emozioni meglio é. Ma se é una soltanto, l'artista il suo lavoro lo ha fatto. Vorrei far vivere momenti rilassanti con il mio modo di fare arte. Senza stare troppo a pensare agli argomenti, mi piace creare sinergie con persone che non conosci. Se c’è la possibilità anche di confrontarsi. Ormai i canali di comunicazione si sono moltiplicati. Mi piacerebbe creare un legame con chi mi ascolta. Quando risento qualcosa che mi ha emozionato anni fa, riesco a percepire anche l’odore di quei momenti. Con molta modestia, sarebbe bellissimo poter vestire la gente con la mia musica per poter far rivivere emozioni passate. Hai suonato dal vivo prima in piccoli locali di paese poi, sei sceso nelle piazze. Qual è la tua dimensione? E Soprattutto dove vorresti arrivare? Non esiste una dimensione d’arrivo. Se sei felice di ciò che fai la tua dimensione é in ogni spazio. Non parliamo di traguardi. Sono linee d'arrivo. Preferisco parlare di orizzonti e per quanto mi riguarda ce ne sono sempre di nuovi. Ascoltando i tuoi lavori, ho notato che c’è un filo conduttore che li lega tra loro. Ti va di spiegarci meglio questo messaggio? Curo ogni mio difetto cercando l'essenziale. É un mondo che vuole troppo e spesso provo disagio. Cerco di scrivere ciò che sento dentro mettendo in evidenza ciò che amo e ciò che non amo. Spero di essere naturale, tutto qui. Il mio messaggio è la naturalezza essenziale. Tu sai che una delle mie canzoni preferite che hai scritto è “Prima che arrivi il tramonto”. La canticchio sempre soprattutto la strofa che fa: Sogna anche di me/ dolcezza mia/ libera le ali e vola via/ Semina sorrisi e crescerai/ Posali sopra il tuo vento/ segui quell’istinto e libera/ fa che il cielo/veda gli occhi tuoi/ guarda in alto e forse vedrai noi/ Prima che arrivi il tramonto… Non ti ho mai chiesto perché l’hai scritta, come l’hai scritta. Per la prima volta potresti descrivermi come nacque questa canzone?

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Si lo so. Me lo hai sempre detto e, infatti, ultimamente l’ho ripresa e arrangiata di nuovo. Quando la scrissi era un momento denso e di svolta per me. É dedicata ha chi ha il coraggio di scegliere la propria via. É un ringraziamento a chi ci ha dedicato del tempo. A volte finisce bene altre volte di meno. Ma un finale opaco non cancella dei ricordi belli. É un saluto cordiale per chi ti lascia ed un denso benvenuto per chi arriva. “Svelto” il tuo ultimo lavoro ha raccolto molti consensi positivi. Può segnare un nuovo percorso per quanto riguarda gli arrangiamenti e le collaborazioni artistiche? Credo che la via migliore per un artista sia avere bene in mente quali siano i propri difetti. Viviamo in un territorio di essere umani polivalenti. Non mi piace. Conosco i miei limiti e li curo con chi é più bravo di me. Ad ognuno il suo. Ringrazio Phill Salera per Svelto. Mi ha fatto scoprire una dimensione ironica che credevo di non avere. É stata anche un'ottima cura psicologica(ride).

Per fare questo album hai lasciato il tuo gruppo storico”I D’istinto Acustico”. A tutti gli effetti, quindi, è stato l’album d’esordio da solista. Il passato mi ha dato tante soddisfazioni a partire dal 2004 quando fondammo il “D’Istinto Acustico”, il mio vecchio gruppo fondato assieme a Maurizio La Rocca, Sergio Proietti Alimonti, Nicolò Pagani e Carlo Morgante, rimarrà sempre nel mio cuore. Grandi emozioni e anche qualche soddisfazione professionale come quando abbiamo anche vinto l’Allinfo Music Festival.

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Ritornando invece all’album “Svelto”, più che un album d'esordio rappresenta l'album del ritorno alle mie passioni. È un refresh illuminato ed illuminante di un discorso, di un percorso interrotto, dal quale mi ero ripromesso di ripartire. Svelto parla della velocità. Il vizio che ha l'uomo di tentare di accorciare i tempi per raggiungere i propri obiettivi. È un disco che parla dei vizi in generale, particolarmente in canzoni come Svelto (ansie varie), Ho vinto il mio percorso (gioco), Amore Clandestino (tradimento). Di contrasto c'è il palliativo della tranquillità e del respirare le cose che il mondo ci dona e non quello che l'uomo crea. Questi istinti si notano nel pezzo “Linee” . Sono molto affezionato anche alla canzone Amore Antico, che è un pezzo dedicato a mia madre. Norimberga invece è la storia d'amore tra un soldato nazista ed una ragazza ebrea ai tempi dell'olocausto. Il disco è edito da All Media Company, prodotto da me e arrangiato da Phill Salera.

Quali sono i tuoi progetti futuri. So che stai lavorando al nuovo Album. Si è vero, in effetti, sto scrivendo, anzi ho finito di scrivere è quasi tutto pronto (ride). Ormai ho abbracciato l’idea che da grande farò il solista. Ora sto lavorando con un fraterno amico, Giuseppe Morgante. Sto facendo qualcosa di diverso, vediamo cosa ispirerà, questa volta, la mia terra.. Voglio provare uno stile più morbido ed acustico rispetto all’album precedente. Il titolo è già fatto ma me lo tengo per me ancora per qualche tempo. Le tracce sono tutte scritte e presto sarà on-line un’anticipazione.

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Come sempre, rivederti e riabbracciarti è stata una grandissima emozione. Grazie Marco e buona fortuna! Sono io che ti ringrazio, mi hai dato una grande opportunità. Ci rivedremo presto per festeggiare il nuovo album, davanti ad una buona bottiglia di rosso. Sono sicuro che Marco Malatesta anche stavolta dimostrerà il suo grande valore. La sua esperienza, l'amore per la musica e la capacità di scegliere ciò che desidera veramente, aiuteranno questo cantautore a perseguire con umiltà e determinazione, il suo obiettivo. Sono pronto a scommettere su di lui. Sull’originalità dei suoi testi. Della nuova voglia di rimettersi in gioco. La storia di un artista illuminato come Marco non può che continuare esaltandosi. Mi aspetto un grande lavoro con arrangiamenti curati fin nei minimi dettagli. Vai Marco, mi aspetto che la tua responsabilità del “dire” colpisca come sempre il bersaglio più sensibile: l’anima del pubblico.

A cura di

Alessandro Nobili

Questi sono Link dove potete ascoltare qualche canzone di Marco Malatesta.

http://youtu.be/7LWTKZR-NI8 - Prima che arrivi il tramonto

http://youtu.be/DD_FhBMB7iI - Svelto

http://youtu.be/cNSVdZC47bY Golgota

http://youtu.be/T6n3pOiTjCA Norimberga

https://www.facebook.com/pages/Marco-Malatesta-Fan-page/144509862241649

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LA MELA, un frutto….. un simbolo

Ciascuno di noi compie ogni giorno innumerevoli gesti ed azioni in modo

assolutamente inconsapevole, con un automatismo derivato dalla consuetudine. Ma se

solo ci fermassimo un attimo a considerare quali siano le ragioni profonde che stanno

alla base di un comportamento, sia esso legato alla sfera puramente emotiva o sia

esso tradotto invece in un movimento fisico, avremmo consapevolezza di quali

aspetti ancestrali si siano sedimentati nel tempo. Conosceremmo meglio l’aspetto

antropologico del nostro quotidiano e potremmo renderci conto dell’evoluzione che

accompagna l’uomo fin dalla sua comparsa sul pianeta ,datata circa quattro milioni

di anni orsono.

Pensiamo per esempio all’atto di afferrare una mela e affondare i denti nella sua

polpa così gustosa. Compiamo un gesto che si ripete immutato da secoli e che

accomuna popoli nati e vissuti in ere lontane tra loro. Anche se non ce ne rendiamo

conto, noi viviamo in un mondo simbolico. Non sarebbe possibile nessuna forma di

linguaggio senza un riferimento simbolico. Ma vediamo di comprendere cosa è un

simbolo. Il termine deriva dal latino e dal greco dove assumeva il significato di “far

coincidere” ( da “sun” insieme e “ballo” gettare ). Aveva quindi un aspetto

prevalente pratico. Nel traslato italico ha assunto invece un significato

rappresentativo, “può essere qualsiasi cosa la cui percezione susciti una idea diversa

dal suo immediato aspetto sensibile” secondo la puntuale definizione fornita

dall’Enciclopedia Treccani.

Non vi è scienza che non abbia il suo significato simbolico, si pensi al linguaggio

scientifico dove il simbolo assume il carattere di “segno”, per esempio i segni grafici

della matematica e della geometria e ancora i segni con cui si identificano, in

biologia, il maschio o la femmina o i segni che indicano le costellazioni dello

Zodiaco o in elettrotecnica i simboli grafici dei circuiti elettrici. L’interpretazione del

simbolo ha fatto da fucina a numerose correnti filosofiche e i maggiori filosofi, da

Kant a Goethe da Hegel a Jung, si sono cimentati nella sua estrinsecazione logica,

spesso in contrapposizione fra loro, dissertando soprattutto sulla differenza o analogia

tra segno e simbolo.

Ora vediamo il significato di simbolo nella Storia delle Religioni perchè è proprio

da lì che vogliamo partire per descrivere i significati simbolici assunti nei secoli

dalla Mela. Pensiamo alla Croce, simbolo universale della cristianità o al Triangolo

contenente un occhio, simbolo della onniscienza divina . Pensiamo ancora alla Santa

Messa, paradigma di un estremo simbolismo, dove il pane, l’olio, il vino e l’agnello

(“agnus dei”) assurgono a significati trascendenti ,utilizzando peraltro (come citato

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dal prof. Montanari nel suo libro “l’abbondanza e la fame”) materie prime di diffuso

consumo nelle terre in cui nacque e prosperò la religione cristiana. In questa dottrina

assunse poi particolare importanza il “simbolo di fede” che trova la sua più alta

espressione nella preghiera del “Credo”.

Analizziamo allora come un alimento, un frutto, una Mela ,di facile reperimento e

quindi assaggiato, gustato e utilizzato dalle moltitudini e conosciuto ai più, sia stato

oggetto, nelle più diverse epoche, nelle più diverse situazioni, di molteplice

interpretazione simbolica. Inoltre, alimentarsi è il gesto più istintivo che l’uomo

potesse compiere e quindi per descrivere un caposaldo evangelico fu scelto proprio

un prodotto commestibile. Come anzidetto partiamo dalla religione cristiana ( ma

non solo questa ). La Genesi ( 3:6- Libro Primo del Pentateuco) ci parla del peccato

originale e del “frutto” proibito mangiato da Eva. Ma attenzione, è solo nel medioevo

intorno al 1600 che il “frutto” venne connotato come una “mela”, forse addirittura

per una cattiva traduzione dal vecchio termine “malum”. Certo all’epoca non fu

scelto per le sue proprietà antiossidanti e vitaminiche! Ma tantè, inconsapevolmente

fu indicato un frutto tra gli alimenti più salutari della mensa quotidiana, facente

sicuramente parte dell’esperienza alimentare del ricco e del povero e adoperato poi

in senso allegorico.

Un altro concetto sicuramente intriso di connotati religiosi e strettamente collegato

con il peccato originale è quello relativo al “Pomo di Adamo”. Trattasi della

cartilagine tiroidea che avvolge la laringe e che nel maschio è più sporgente per

configurazione anatomica dovuta a influenze ormonali. Miti popolari ne attribuiscono

la comparsa ad una ostruzione respiratoria di Adamo causata da un boccone della

“mela proibita”.

Se affondiamo i ricordi nella Mitologia Greca come non citare il pomo che Paride

offre in dono a Elena per la sua bellezza, gesto immortalato, fra l’altro, in famosi

dipinti.

Anche l’Oriente non fu immune dal simbolismo della mela. Ai tempi di Solimano il

Magnifico si tramandava la “Leggenda della Mela Rossa”, con cui si magnificavano

apparizioni del Profeta indicanti fertili terre da conquistare.

In Europa anche il popolo che poi fu chiamato svizzero ha la sua leggenda :

ricordiamo la famosa storia di Guglielmo Tell e la mela adoperata come bersaglio

sulla testa di suo figlio, storia probabilmente fiabesca datata circa 1300 d.C.

Nel mondo delle Fiabe poi, nella più famosa tra tutte, Biancaneve viene avvelenata

dal morso di una mela.

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Per giungere ai Tempi Nostri possiamo citare tre eclatanti esempi. Il primo è legato

alla città di New York che viene appellata come “La Grande Mela”(rossa): termine di

origine sportiva usato per gli ippodromi che venne fatto proprio dal marketing per

indicare l’immensa metropoli. Il secondo, al logo della casa discografica “Apple”

dei mitici Beatles il cui simbolismo fu forse casuale. Il terzo riferito alla azienda

tecnologica di Steve Job, la “Apple” che ha assunto deliberatamente questo simbolo

per identificare come la conoscenza stia nella morsicatura di una mela.

In definitiva con il simbolo possiamo descrivere in termini semplici e accessibili al

colto e all’inclita, concetti complessi e a volte estremamente astratti. E’ un invito a

soffermarsi in una riflessione sulle nostre attività quotidiane, mai casuali ma intrise

di esperienze ed aspetti evoluzionistici filogenetici, che ci ricordano in ogni istante da

dove veniamo, perché (adoperando un concetto abusato ma sempre efficace) è solo

conoscendo il nostro passato che possiamo comprendere appieno il nostro presente.

Giovanni Melogli

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L’INNOCENZA L’INNOCENZA

PREMIAPREMIA SEMPRESEMPRE L’Italia del tennis vede la luce. Era il 1998 quando l’eroica vittoria contro gli Stati Uniti catapultò Andrea Gaudenzi e compagni, in finale di Coppa Davis contro la Svezia. Purtroppo, anche a causa del suo infortunio, quel giorno a Milano non si sfiorò l’impresa. Sei anni dopo il declino definitivo, l’umiliazione più grande, il buio profondo senza via di uscita. La sconfitta in Zimbabwe e la retrocessione in serie C. Oggi è un altro giorno. Dopo sedici anni l’Italia è in semifinale. Andreas Seppi ha portato il punto decisivo per passare il turno. E’ suo il definitivo 3-2. Bisogna però dire che il vero miracolo sportivo lo compie Fabio Fognini infliggendo un secco 6-3 6-3 6-4 al suo avversario. Ma non un avversario qualunque. Anday Murray. Quando un nome è tutto un programma. Oro Olimpico, re di Wimbledon, cos’ altro aggiungere? Non perdeva in Davis dal 2005. Fognini ribalta ogni pronostico e da il via all’ allungo finale che Seppi coglie al volo, come una vole sotto rete, ammortizzando con le corde la pallina che cade, vincente, nella metà campo avversaria.

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Ci troviamo tra le prime quattro del mondo. Un’ occasione da non mancare. Da non fallire. Una chance che darebbe al tennis la vetrina che merita. Ma non è tutto rose e fiori.  

Interroghiamoci su quanti e come sono avvenuti gli insuccessi in questo sport dove la vittoria ed un passaggio in semifinale mancavano da anni. La programmazione di un successo non avviene nello sport senza impegno economico, senza impegno concreto da parte di una federazione che è sempre stata latitante ed ai margini di un mondo, quasi osservandolo dall’alto.  

Un pò come nella vita, non si può pretendere di “arrivare” se non ci si impegna in modo attento e scrupoloso. Il successo può avvenire anche per caso ma la costruzione di una mentalità vincente non si inventa dall’oggi al domani.  

Quello che è accaduto questo mese è qualcosa di formidabile. Ma non basta. Possiamo parlare appunto di casualità?  

Senza percorrere troppi chilometri, senza attraversare oceani, fermiamoci ai nostri confini, a pochi passi da noi. Purtroppo bisogna dire che siamo lontani anni luce dai nostri vicini: Spagna,Francia e Germania. Questo riguarda il mondo dello sport in generale, ma nel caso specifico del tennis è ormai assodato. Gli esempi sono molti. L’organizzazione dei singoli circoli, con i suoi iscritti, ma in particolar modo per quello che riguarda gli under. Attualmente adottano un sistema di registrazione dei ragazzi che in Francia hanno iniziato ad utilizzare quasi vent’anni fa. Lo stesso circuito PIA per noi è una novità, ma probabilmente i nostri cugini d’oltralpe già staranno pensando a qualcosa di più innovativo. I campi da gioco. Se pensiamo ad un campo da tennis pensiamo alla terra rossa, se i tedeschi pensano ad un campo da tennis, pensano al veloce, al “cemento”. In Italia solo negli ultimi anni si è iniziato ad installare questo genere di campi, mentre in terra tedesca sono ormai più di dieci anni che sono presenti. Se escludiamo i tornei del Grande Slam, nella maggior parte dei Master utilizzano superfici veloci. Allora mi e vi chiedo: se un ragazzo, ipotetico futuro giocatore, gioca per venti anni su di una superficie che viene adottata nei maggiori tornei, sarà più o meno avvantaggiato rispetto ad un ragazzo, che si è allenato per venti anni su di una superficie, la quale viene utilizzata solamente nei tornei nazionali, ma che ormai è decisamente superata a livello internazionale? La risposta non è così complessa. Ennesimo ed ultimo esempio: parlando di ranking atp, la Spagna vanta nella top 100 svariati ragazzi che esprimono un tennis di alta qualità, mentre in casa nostra li contiamo sulle dita di una mano.  

Ma la Spagna non sta attraversando una crisi come, se non peggio – così ci viene raccontato dai mas media – della nostra?  

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La Spagna è terra come la nostra. Le tradizioni, la cultura simile alla nostra. Non stiamo parlando di una realtà oltre oceano come potrebbe essere quella americana od australiana. Ed allora perché?  

Proprio la programmazione, l’impegno della federazione spagnola, la voglia di emergere, la concretezza hanno consentito alla Spagna, non solo tennistica, di emergere e diventare un paese primo nelle classifiche mondiali.  

Nicolò Gentili  

 

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“ UNA STORIA DI

TANTE STORIE

UNA STORIA DI

ANTE STORIE

UNA STORIA DI

ANTE STORIE ”

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Erano li in attesa del suo ritorno.

Tutto era pronto.

I bambini si rincorrevano nella stanza.

“Queste cose non dovrebbero accadere”

La porta si apre.

“Non è un film in bianco e nero”

Lei non ha un vestitino fluente a fiorellini .

I bambini non portano pantaloncini corti e cappellino.

Nessuna valigia di pelle chiara legata con lo spago.

Nessun biglietto per l’America.

La macchina è rimasta.

Senza bollo, senza assicurazione ma è li … nella via.

“ Credimi non succede solo agli altri”

Il nostro microcosmo.

Il nostro conto corrente.

La nostra casa.

I nostri problemi.

Tutto gira intorno a noi.

Devono abbandonare la loro casa.

Si addormentano stretti nel dolore, nei sedili posteriori della loro auto.

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Chissà se prima di dormire guardano le stelle …

forse la luna chissà …

è sopra di loro …

Forse.

Forse non guardano nulla.

Accecati hanno chiuso gli occhi.

Squarciati nel profondo hanno congelato il cuore .

Tormentati.

Affranti.

Assenza di voce.

Nulla da dire che non sia stato già detto.

Sviscerato.

Analizzato.

Tutti sanno tutto anche la luna, le stelle i lampioni nella via.

Sono li in attesa che qualcosa cambi,

che l’alba ritorni.

Tutto può rinascere.

I bambini si rincorrono in un prato.

“Queste cose non dovrebbero accadere”.

Daniela De Angelis

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Nei giorni precedenti si è tenuta a Roma una sfilata fuori dal comune, del tutto originale. All’ interno della Galleria Alberto Sordi, la galleria più famosa ed affascinante della città, è andato in scena il primo flash mob dedicato all’ alta moda. Tra gli increduli e sorpresi turisti, tra i passanti incuriositi, sono apparse come dal nulla delle incantevoli e bellissime indossatrici, con i loro abiti sfarzosi da cerimonia, della famosa maison d’ alta moda romana Sarli. Una sfilata improvvisata, che ha attirato a se fotografi, paparazzi ed ovviamente gli addetti alla sicurezza inconsapevoli dell’ evento. La vera motivazione di questo flash mob è stata chiara al termine della sfilata quando è apparso un cartello con la scritta:” assistere ad una sfilata d’alta moda nel cuore dello shopping romano non ha prezzo”. Infatti l’ evento è legato a MasterCard che ha lanciato Pricelless Rome. La Città Eterna entra a far parte insieme ad altre 26 capitali nel mondo, del programma Pricelless, che offre numerose esperienze che vanno dal cibo ai viaggi, dall’ arte allo sport.

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Ultimamente questo modo di fare pubblicità si è diffuso notevolmente. Flash mob di ogni tipo, in ogni luogo: piazze più o meno famose, vie storiche, centri commerciali e

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come in questo caso, gallerie. Tutti ambienti saturi di persone per l’appunto. L’aspetto però importante è che essendo luoghi pubblici c’è un’ampia gamma di target, dal personaggio importante, al comune cittadino, dal pensionato, ad un’intera famiglia, adulti e bambini. Punto estremamente fondamentale. Una manifestazione alla portata di tutti. Tutto giusto. Ma dobbiamo soffermarci, senza troppi giri di

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parole, su di un’altra situazione relativa al made in italy.

Come ben tutti sappiamo, il nostro Paese sta attraversando un periodo storico “buio”. E’ inutile stare qua a raccontarci storielle. Diciamo le cose come stanno realmente. La ormai famosa crisi ha coinvolto ogni ceto sociale, ad eccezione di qualcuno. Ma considerando che siamo 56milioni di persone, dobbiamo guardare al cittadino medio. La crisi c’è. E’ reale. Lo dimostra la fuga delle aziende italiane all’estero.

Semplice. La cosa più grave, però, è che, oltre al trasferimento dal suolo italiano e dalle tasse sempre più salate, al suolo estero, più vicino alle Piccole Medie Imprese e sicuramente con tasse e restrizioni più adeguate, è la totale svendita del marchio. Siamo terra di conquista, con alle spalle immense praterie bruciate. Saldi tutto l’ anno

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, non solo a Natale. Grandi società che bussano alla nostra porta, sicure, ormai, di trasferirsi in “casa”. L’Italia non è solo il paese della pizza, del buon cibo, dove

obbiettivamente siamo i migliori; non è solo il paese del turismo, dei mari e dei monti, di Capri e della Costa Smeralda, di Cortina e di Sestriere. Siamo anche il Paese della moda, dell’alta moda. Spesso anche esagerando, ma proprio per questo i più imitati e copiati. I vip di tutto il mondo nel loro guardaroba hanno almeno un capo made in Italy. Se in un qualunque angolo del pianeta andasse in scena una cerimonia od un evento di alta classe il brand degli invitati, per la maggiore, sarebbe del bel paese.

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L’iniziativa della casa romana Sarli non può che essere esaltata e soprattutto diffusa. Al di la del fatturato di qualsiasi azienda, del blasone, dell’importanza della stessa, bisogna avere un punto comune: rivalutare il prodotto nostrano. Non importa come, ma che si ritrovi come una volta, quel pizzico, perché no, di patriottismo che contraddistingue molte nazioni nel mondo, ma che hanno sicuramente meno di noi. Il flash mob come idea di pubblicizzare un prodotto è davvero un trampolino di lancio non solo per l’ azienda ma per tutti noi.

Pamela Di Lodovico

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Una passeggiata a Praga

Praga è una città in cui storia e leggenda sono destinate a incrociarsi a ogni angolo.

Gli aneddoti misteriosi che riguardano la città sono davvero innumerevoli e

sicuramente tutto questo velo di mistero che lo avvolge contribuisce ad accrescere

la sua bellezza.

Praga va visitata a piedi, passeggiando sulle rive della Moldava, fermandosi ogni

tanto per ammirare lo spettacolo degli edifici che si affacciano sul fiume.

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La nostra passeggiata inizia dal ponte più famoso della città: ponte Carlo, chiamato

così poiché la sua costruzione fu voluta da Carlo IV, re di Boemia ed imperatore del

Sacro Romano Impero. La leggenda racconta che, per rendere il ponte più

resistente, alla malta furono aggiunte le uova e Carlo IV chiese a tutti i villaggi del

regno di contribuire inviando le uova delle loro galline.

Il ponte è lungo poco più di mezzo chilometro e, percorrendolo, troveremo, da

ambo i lati, statue di santi che furono aggiunte per volere dei Gesuiti. La statua

davanti alla quale una sosta è doverosa, è quella di San Giovanni Nepomuceno: si

dice che toccando questa statua ci si assicurano 10 anni di fortuna… Perché non

provare?

Ponte Carlo separa i due quartieri più importanti della città: Malà Strana e quello

della Città Vecchia.

Proseguirei, quindi, la passeggiata nella Città Vecchia. Ci addentriamo nelle viuzze

del centro storico, sempre affollate e piene di vita, le vetrine dei negozi di souvenir

ci accompagnano per tutto il tragitto.

Arriviamo, infine, nella piazza della Città Vecchia: un’enorme piazza, al centro della

quale troviamo un monumento dedicato a Jan Hus. La piazza è circondata da edifici

storici, come la chiesa di San Nicola, oppure la chiesa di Santa Maria di Tyn, le cui

guglie sovrastano tutta la piazza.

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Alla destra della piazza, troviamo uno dei maggiori punti d’interesse di Praga:

l’orologio astronomico. Si tratta di un orologio, risalente all’epoca medievale, che

presenta tre quadranti nei quali sono segnate, rispettivamente, le ore, la posizione

del Sole e della Luna e i dodici apostoli. Allo scoccare di ogni ora, una folla di turisti

curiosi si raduna davanti all’orologio per godersi lo spettacolo del cambio dell’ora.

Dopo aver ammirato i meravigliosi edifici che si trovano nella zona della Città

Vecchia, ci dirigiamo verso Est, addentrandoci nel quartiere ebraico, detto Josefov.

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Qui troviamo la sinagoga Vecchionuova, che merita sicuramente una visita, e il

famoso cimitero ebraico. In questo cimitero troviamo lapidi risalenti al XV secolo,

tutte vicine l’una con l’altra: lo spettacolo è davvero affascinante. Adiacente al

cimitero una sinagoga che è diventata un mausoleo in onore delle vittime

dell’olocausto. Le pareti sono interamente ricoperte da nomi di ebrei uccisi nei

campi di concentramento. E’ davvero uno spettacolo toccante.

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Per una buona colazione, possiamo fermarci alla “Bake House”, una caffetteria e

pasticceria davvero ottima che sulla via del ritorno da Josefov alla Città Vecchia.

Torniamo adesso verso Malà Strana, ripercorriamo il ponte Carlo e ci troviamo nel

quartiere più caratteristico di Praga. Il maggiore punto d’interesse di questo

quartiere è la chiesa di San Nicola, un meraviglioso edificio in stile barocco

sovrastato da una splendida cupola e da un campanile.

Proseguendo verso Ovest ci ritroviamo nei giardini della collina di Petrin. Il consiglio

è di fare una bella passeggiata per risalire la collina: lo spettacolo che vi attende una

volta arrivati in cima, vi ripagherà di ogni fatica! Dall’alto della collina si vede tutta la

città, con i suoi ponti e i suoi meravigliosi tetti rossi.

Sulla sommità della collina c’è una torre (detta “torre Eiffel di Praga”, data la

somiglianza), sulla quale è possibile salire per godere di un panorama ancora più

suggestivo.

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Adiacente al quartiere di Malà Strana, c’è il quartiere del Castello. Il castello

comprende una serie di edifici al suo interno: la cattedrale in stile gotico, il

convento di San Giorgio, la basilica di San Giorgio e il Palazzo Reale.

La zona più suggestiva del complesso del castello è indubbiamente il Vicolo d’Oro: si

tratta di una viuzza circondata da edifici colorati in stile manieristico risalenti al XVI

secolo. Si dice che in questa via abitarono diversi alchimisti, soprattutto durante il

regno di Rodolfo II d’Asburgo, re noto per il suo interesse nei confronti della magia.

La leggenda racconta che il re si fosse circondato dei migliori alchimisti cui diede il

compito di trovare la pietra filosofale e l’elisir di lunga vita.

Dal Castello, inoltre, si gode di una vista mozzafiato della città dall’alto.

Scendendo nuovamente verso il fiume, ci fermiamo sull’ Isola di Kampa, un’isola che

si trova sul fiume Moldava, circondata da un canale artificiale, detto “canale del

diavolo”. Questa zona è molto carina, ricca di scorci romantici e perfetti per scattare

qualche foto ricordo.

Nelle vicinanze c’è anche una spiaggetta, dove vivono dei cigni meravigliosi e dalla

quale si ha una splendida vista sul ponte Carlo.

Al di là del ponte, rimanendo sempre nel quartiere di Malà Strana, troviamo un altro

monumento importante, soprattutto per gli amanti della musica: il muro di Lennon.

Si tratta di un semplice muro che, a partire dagli anni ’80, iniziò ad essere coperto da

murales e scritte in onore di John Lennon, come simbolo di pace. Da allora, a

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chiunque è concesso di lasciare il proprio

contributo disegnando o scrivendo frasi di

canzoni.

Abbiamo visitato quasi tutta la città. Manca

soltanto il quartiere della Città Nuova, ricco

di edifici che rappresentano la massima

espressione dell’ Art Nouveau a Praga.

L’edificio sicuramente più famoso, però, è la

Casa Danzante, opera dell’architetto croato

Vlado Milunic, detta anche “Fred and

Ginger”, in onore di Fred Astaire e Ginger

Rogers. La casa ha una forma davvero

particolare: sembra davvero di vedere due

figure che danzano.

Per finire, un consiglio su dove assaggiare il

gulasch più buono della città: “Mlejnice” un

ristorantino tipico che si trova a due passi

dalla piazza della Città Vecchia.

A cura di Ilaria Leccese

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L’ INFINITO NEL

QUOTIDIANO

Diamo il via alla rubrica culturale Ad maiora, con uno sguardo ad un’artista contemporanea, Daniela Troina Magrì, che lo scorso 3 aprile ha inaugurato la sua ultima mostra di pittura “La canzone del mare - Fruits of Sicily”, presso la Sala Mostre e Convegni di Gangemi editore, a Roma in via Giulia 142.

L’evento d’inaugurazione, che ha visto la partecipazione di Padre Renzo Campetella, Folco Quilici e Clara Rech, è stato accompagnato da una tavola rotonda il cui titolo, “L’infinito nel quotidiano” , è molto più che un semplice sottotitolo complementare ai dipinti esposti nella mostra: è un incitazione ad amare.

Le opere pittoriche celebrano a pieni toni il mare e la sua immensità, attraverso sfumature e variopinti accostamenti di colori, che evocano un infinito interiore di libertà, di speranza, di vita.

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E’ questo il vero messaggio racchiuso nei quadri di Daniela Troina Magrì: un invito incessante alla vita, all’ottimismo e all’amore. Nei suoi quadri, eseguiti con olii, acquerelli e con una particolare tecnica mista digitale, c’è l’esaltazione del colore, come metafora di gioia e di voglia di vivere.

Ma chi è davvero Daniela Troina Magrì, a qualcuno ancora sconosciuta? Se curiosiamo nel suo sito internet e leggiamo il suo profilo biografico, capiamo da subito che dietro quel nome e quei quadri esposti c’è il volto di una donna dalla forte personalità, indubbiamente in gamba.

Di origine siciliane, Daniela si laurea in ingegneria con il massimo dei voti a soli ventuno anni. Lavora in IBM per circa venticinque anni, ricoprendo importanti ruoli manageriali sia in Italia che all’estero, tra cui il ruolo di Amministratore Delegato della finanziaria IBM. Viene eletta nel 2003 come migliore donna manager

europea EWA e nel 2005 riceve il Premio Internazionale “I Grandi della Sicilia”. La sua passione per l’arte la porta nel 2009 a conseguire la laurea in pittura, presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma e successivamente alla realizzazione di innumerevoli mostre di pittura personali e collettive. Tra le sue numerose iniziative, si distacca per il progetto di formazione pittorica che ha avviato nel 2011, dal titolo “STArt! Siamo tutti artisti”, partendo dalla convinzione che in ognuno di noi è presente un talento creativo da far emergere.

Manager, ingegnere, pittrice, autrice di libri e di cataloghi, donna dalle mille risorse, Daniela Troina Magrì è prima di ogni altra cosa una persona che sa amare e che esprime questo sentimento in tutto quello che fa. Proprio da questa capacità, che noi tutti possediamo, nasce il suo ultimo progetto espositivo “La canzone del mare - Fruits of Sicily”, dedicata al marito Piero, il suo più grande amore, recentemente scomparso.

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“ Io vorrei che si parlasse dei Frutti di Sicilia”- ci rivela l’autrice -

dei figli della Sicilia, di me, di Piero, del nostro essere coppia. Ecco i

“Frutti di Sicilia” nella metafora del sottotitolo, ecco “La canzone del

mare”: un mare infinito, immenso che per pura associazione di idee

si fa immagine, si fa colore, si fa libro. No, non stiamo parlando né di

mare inteso come acqua salata, né di dipinti da appendere al muro,

stiamo parlando di libertà, di luce, di gioia di vivere, stiamo

parlando di INFINITO NEL QUOTIDIANO, stiamo parlando di

Amore”.

Ed è proprio l’amore che vive nei colori dei suoi quadri, in quell’immensità di un mare immortale e sconfinato, dipinto ancor prima con l’anima che con il pennello. Un invito, quello della Troina Magrì, a sperimentare nella nostra situazione quotidiana e transitoria la dimensione infinita ed eterna dell’amore.

Le opere della mostra, racchiuse nell’omonimo libro “La canzone del mare” (Gangemi editore) rimarranno esposte fino al 3 maggio presso la Sala Mostre e convegni Gangemi (dal lunedì al venerdì ore 9.00-13.00 e 14.00-18 00. Il Sabato ore 9.00-13.00).

Complimenti a Daniela Troina Magrì e alla sua arte. Ad maiora!

Sabrina Lembo