Rivista dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica · venzione primaria, la diagnosi precoce,...

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o A i m Rivista dell’ Associazione Italiana di Oncologia Medica notizie Anno III - numero 6 Aprile 2003 sped. in A.P. - 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 Brescia VI Conferenza nazionale Bersagli molecolari e nuove terapie Operazione Giove: truffati e truffatori Approccio personalizzato per il cancro al cervello

Transcript of Rivista dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica · venzione primaria, la diagnosi precoce,...

oAi mRivista dell’Associazione Italiana di Oncologia Medican

otizie

Anno III - numero 6Aprile 2003sped. in A.P. - 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96Brescia

VI Conferenza nazionaleBersagli molecolari e nuove terapie

Operazione Giove:truffati e truffatori

Approccio personalizzato

per il cancroal cervello

L'Associazione Italiana di Oncologia Medica (www.aiom.it) è la società clinico-

scientifica degli oncologi medici italiani. Fondata il 7 novembre 1973, l’AIOM con-

ta oggi 1500 iscritti, è amministrata da un consiglio direttivo costituito da 12 mem-

bri ed è presieduta dal prof. Francesco Cognetti. Raggruppa tutte le componenti

dell’Oncologia Medica italiana, dalle strutture di ricovero e cura degli ospedali e

del Servizio Sanitario Nazionale, alle facoltà di Medicina, agli istituti di ricovero e

cura a carattere scientifico, dai medici specialisti a tutto il personale assistenziale

operante nella specifica branca e nell'area oncologica pubblica e privata.

I principali scopi dell’associazione sono: riunire i cultori dell'Oncologia Medica (cioè

quella branca dell’Oncologia Clinica la cui attività principale consiste nello studio

degli aspetti medici delle neoplasie e della terapia dei tumori mediante trattamenti

medici, in particolare chimici, endocrini, immunologici e riabilitativi), al fine di pro-

muovere il progresso nel campo sperimentale, clinico e sociale, facilitare i rappor-

ti tra gli oncologi medici e i cultori di altre branche specialistiche e stabilire relazioni

scientifiche con analoghe associazioni italiane ed estere.

L'AIOM, inoltre, si propone di promuovere la ricerca clinica e sperimentale, la pre-

venzione primaria, la diagnosi precoce, la terapia riabilitativa di supporto e pal-

liativa, di incentivare a tutti i livelli campagne di educazione. Particolare interesse

riveste la formazione professionale di oncologi medici e operatori sanitari e la pro-

mozione della formazione di strutture intra ed extra ospedaliere per l’assistenza

al malato con neoplasia.

La sede dell'Associazione è in via Nöe, 23 - 20133 Milano, tel. 02/70630279;

fax 02/2360018. All’estero l’AIOM è rappresentata dall’ESMO. “European

Society for Medical Oncology” (www.esmo.org), la Società scientifica Europea di

Oncologia Medica.

L’Ufficio Stampa è affidato all’agenzia giornalistica Intermedia.

oAi mAssociazione Italiana di Oncologia Medica

oAi mRivista dell’Associazione Italiana di Oncologia Medican

otizie

Sommario

Reg. Trib. di BS nº 35/2001 del 2/7/2001

Direttore responsabileMauro Boldrini

Coordinamento redazionaleSabrina Smerrieri,

Gino Tomasini

RedazioneCarlo Buffoli,

Sergio Ceccone, Viviana Colombassi,

Alain Gelibter,Maria Vascon

EditoreINTERMEDIA SRL

Via Cefalonia, 24 - 25124 BresciaTel. 030.226105 - Fax 030.2420472

via Costantino Morin, 44 - 00195 RomaTel. e Fax 06.3723187

[email protected]

Consiglio direttivo nazionale AIOM

PresidenteProf. Francesco Cognetti

Presidente ElettoDr. Roberto Labianca

SegretarioProf. Francesco Di Costanzo

TesoriereDr. Giovanni Bernardo

ConsiglieriProf. Vincenzo Adamo

Dr. Sandro BarniDr. Lucio Crinò

Prof. Sabino De PlacidoDr. Luigi ManzioneDr. Giovanni Rosti

Dr. Armando SantoroDr. Marco Venturini

StampaOfficine Grafiche Sta.g.ed.

via Alessandro Volta, 2125010 San Zeno Naviglio (Bs)

2 Editoriale

4 AttualitàTruffe, truffati e truffatori

10 Corsi AIOM-SIMG

La fatigue da cancro

12 RicercaQuando i virus provocano i tumori

14 SpecialeVI Conferenza Nazionale AIOM

Bersagli molecolari e nuove terapie biologiche in oncologia

17 Congressi

18 Commenti

20 Studi clinici

24 Dalle regioniLe terapie integratein oncologia

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ed

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Scandali al sole

Devo dire che nel tourbillon delle notizie diffuse nell’immediatezza di quello che, per

comodità, chiamerò lo “scandalo Glaxo”, mi sono perso lo scandalo. Nel senso che

non ho ben capito se questa vicenda sia legata a comportamenti poco etici di una

singola azienda, oppure se, come molti ritengono, rappresenti la punta dell’iceberg

di un fenomeno di “malaffare” estremamente diffuso e che coinvolge, a vario ti-

tolo, tutti i protagonisti del sistema sanitario. Chiarisco subito che non intendo fa-

re alcuna difesa d’ufficio, ma solo alcune riflessioni. Riflessioni che, tra l’altro, mi

pare vengano condivise anche dal dott. Leoni, ex presidente di Farmindustria (ol-

tre che presidente di GlaxoSmithkline) e dal dott. Cricelli, presidente della società

scientifica dei medici di famiglia, con cui abbiamo organizzato il forum che tro-

vate all’interno di questo numero.

Detto che la magistratura valuterà le violazioni al codice penale e giudicherà di

conseguenza, che il comparaggio è una pratica indegna, così come i viaggi di pia-

cere mascherati da convegni, ritengo però che ci sia stata una sovrapposizione di

due problemi diversi. Il primo è legato ai rapporti tra industria farmaceutica e me-

dici, il secondo alle attività di aggiornamento come, appunto, quelle congressuali.

Le due cose, che pure fanno parte del medesimo tema, non mi pare possano far

parte della stessa vicenda giudiziaria. Tanto è vero che in questo momento il go-

verno, il ministro, lo stesso mondo farmaceutico, stavano cercando di regolamen-

tare con maggiore precisione tutto il modello normativo e autorizzativo dell’infor-

mazione medico scientifica. Alla fine – per comodità?, per superficialità? – è pas-

sato un messaggio perlomeno discutibile: sono cioè stati messi sullo stesso piano i

rapporti (sottinteso distorti) tra l’industria farmaceutica e i medici, e l’organizza-

zione di congressi. Non vorrei che qui qualcuno ci marciasse. L’educazione medi-

ca continua, l’assegnazione da parte del ministero dei crediti formativi, ha infatti

eliminato alla radice il problema, se mai fosse esistito, dei congressi truffa. Sarebbe

stato più giusto non confondere le acque e spiegare ai cittadini questo passaggio

fondamentale: i congressi che vengono organizzati in Italia sono tutti di alto valo-

re scientifico e i medici che li frequentano lo fanno per aggiornarsi e mettere a di-

sposizione dei propri pazienti le conoscenze acquisite. Definire la validità di un ap-

puntamento dalla presenza o meno del cocktail di benvenuto mi sembra franca-

mente un insulto all’intelligenza di tutti noi.

Prof. Francesco CognettiPresidente nazionale AIOM

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(Lettera firmata)

Ho 46 anni, sono ammalata di tumore e sono in cura presso un ospedale romano. Cerco di viverequesta situazione difficile e delicata con sufficiente dignità, ma il fatto è che quando entro in ospedaleprovo una curiosa sensazione: mi dissolvo in un punto percentuale, un numero, o, se va bene, in un “casoclinico”. Racconto un solo episodio… Dopo un’attesa di due ore entro finalmente nell’ambulatorio. Ilmedico mi saluta appena, con la mano indica il mucchietto di analisi che ho in mano e comincia aesaminarle. Un sopracciglio si aggrotta. Penso: ci deve essere qualcosa che non va. Squilla il telefono: unquarto d’ora a colloquio con un altro paziente. Il medico riprende la lettura, ora le sopracciglia aggrottatesono due. Penso: la situazione si complica. Due medici entrano parlando a voce alta, attaccano alcuneradiografie sul pannello, ne discutono approfonditamente. Entra la caposala: due parole col dottore e via.E io sto lì e aspetto il verdetto come il detenuto attende la sentenza. La sentenza arriva ma è inutilesprecare troppe parole e spiegazioni, avanti il prossimo. Siamo tanti, è vero, e tutti malati seriamente. Maperché in un mondo (giustamente?) così sensibile alle sofferenze di tutte le forme viventi, noi malati siamocostretti a subire, oltre agli inevitabili insulti della malattia, anche chi dovrebbe aver cura di noi?

Non si può che essere d’accordo con quanto scrive la paziente: la relazione “a tuttotondo” tra malato di neoplasia e oncologo rappresenta un valore fondamentale e unelemento insostituibile per un corretto ed efficace approccio terapeutico. Compito delmedico è quello di instaurare una autentica alleanza con il paziente e di farsi suo“compagno di viaggio” durante tutto il percorso della malattia; purtroppo questoobiettivo è spesso messo in pericolo dal sovraffollamento degli ambulatori, dai carichidi lavoro e dalla famigerata “mancanza di tempo”. È necessario che oncologi e pazientilottino insieme perché le Amministrazioni mettano a disposizione spazi adeguati edorganici sufficienti (e tutti sappiamo in quali difficili condizioni ci si trovi troppo spessocostretti ad operare), ma nel frattempo il “cancer doctor” propugnato da anni daGianni Bonadonna non deve rinunciare alla sua missione di stare accanto all’ammalatoe di prestargli l’ascolto e l’attenzione di cui ha sacrosanto diritto.

prof. Roberto Labianca

Ospedale dei tumori, avanti il prossimo

Alcune settimane fa sul quotidiano La Repubblica e il 21 aprile sulCorriere Salute è stata pubblicata la lettera di una paziente che ripro-pone all’attenzione generale il problema del rapporto medico paziente edella necessità di una maggiore sensibilità negli scambi in ambulatorioe in corsia. Senza voler dare giudizi sull’operato dei colleghi, riteniamosia importante sottoporla all’attenzione dei soci AIOM perché sia per tut-ti noi da stimolo e da monito.Non dimentichiamo mai che una delle virtù attribuite al prof. DiBella fu proprio quella di aver “umanizzato” il problema cancro, fa-cendo sentire il paziente al centro assoluto dell’attenzione e non unnumero percentuale.

Truffe, truffati e truffatori

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La Polizia tributaria della Guardiadi Finanza l’ha chiamata OperazioneGiove, pare dal nome del software in cuisono state trovate tutte le ‘vergogne’della GlaxoSmithkline: un complessosistema informatico di rilevamento delrapporto tra valore dell’investimento(regalie, mazzette, ecc.) e resa del sin-golo medico coinvolto, in termini cioèdi aumento delle prescrizioni. In lin-guaggio legale questo do ut des si defi-nisce comparaggio ed è un reato previ-sto dall’ art. 170 del testo unico delleleggi sanitarie, approvate con regio de-creto addirittura il 27 luglio 1934. “Ilmedico o il veterinario che ricevano,per sé o per altri, denaro o altra utilitàovvero ne accettino la promessa, alloscopo di agevolare, con prestazioni me-diche o in qualsiasi altro modo, la dif-fusione di specialità medicinali o diogni altro prodotto a uso farmaceutico,sono puniti con l’arresto fino ad un an-no e con l’ammenda fino a 5.000 lire (lasanzione è logicamente da indicizzarendr)”. Il comparaggio è peraltro proibi-to dal codice deontologico dei medici ela condanna comporta la sospensionedall’esercizio della professione per unperiodo di tempo pari alla durata dellapena inflitta.

Una precisazione doverosa questa,

Tutti sospettatiLa cosa che mi preoccupa maggiormente di tutta questa vicenda è

il clima di sospetto che si è instaurato tra i pazienti e i medici e traquesti ultimi e il sistema. Il bombardamento mediatico di unamedicina ormai corrotta, di dottori che prescrivono solo in base alproprio tornaconto personale, sta minando il fondamentale rapportodi fiducia medico/paziente. Oggi chi entra in un ambulatorio ha piùpaura. A quella legittima per le proprie condizioni di salute, sisomma il timore di ‘subire’ trattamenti non congrui. I malatichiedono quindi informazioni sui farmaci prescritti, vogliono saperese ne esistano altri altrettanto efficaci, indagano sulle motivazioni diquella specifica scelta. Tutto legittimo, per carità: ma capite bene chepassa un’enorme differenza tra l’esigenza di sapere e un approccioprevenuto in partenza.

Di contro gli stessi medici si stanno chiudendo a riccio: cercano dievitare, o subiscono con disagio, qualsiasi colloquio con l’industriafarmaceutica. Disertano congressi di elevato livello scientifico che untempo andavano esauriti. Stiamo vivendo, insomma, una situazioneirreale, che rischia di collocarci fuori dall’Europa.

Onestamente non credo si possa sovrapporre il problema delcomparaggio o della corruzione con i congressi scientifici. Il primorisponde a reati precisi previsti dal codice penale e per questi c’èun’istituzione competente chiamata a giudicare. Il secondo rientra inuna normale attività di formazione e di aggiornamento. Insinuare ildubbio della presenza in Italia di congressi truffa, quando tutti sannoche da anni i programmi dei meeting passano sotto la lented’ingrandimento del Ministero, è un colpo basso, dannoso econtroproducente per gli stessi pazienti. Non ci si può dar di gomitocon ragionamenti da tavolo della briscola quando si parla dellasalute dei cittadini. Per questo mi auguro che venga presto fatta lucesulla vicenda giudiziaria in corso e che non si continui con questogioco al massacro.

prof. Francesco Di Costanzo

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Un codice etico, un patto di traspa-renza che ogni medico deve stringerecon ognuno dei propri pazienti, persgombrare il campo da qualsiasi ombradi interessi privati nella prescrizione deifarmaci. È la proposta di ClaudioCricelli, presidente della SIMG, per usci-re dal “Caso Glaxo”, che rischia di in-taccare la credibilità del mondo sanita-rio del nostro Paese e in particolare deimedici di famiglia.

Dott. Cricelli, la domanda èvolutamente provocatoria:secondo lei in questa vicenda chisono i truffati e chi sono itruffatori?

Accetto la provocazione, ma credosarebbe troppo riduttivo dire adesso chei truffatori sono tutti gli indagati dallamagistratura e i truffati tutti i cittadini.È indubbio comunque che, anche senon esiste il reato di truffa, la gente sisenta presa in giro: non riesce più a ca-pire che tipo di rapporti ci siano effetti-vamente tra la medicina e l’informazio-ne sul farmaco. Per uscire da questo in-ghippo credo che l’industria farmaceu-tica e la professione medica debbanocambiare radicalmente. A mio avviso ènecessario fare un passo avanti, un veroe proprio scatto d’orgoglio e di dignità.D’ora in poi ritengo sia fondamentale

«Più trasparenza e un nuovo codice etico»

che le associazioni mediche, tutti i me-dici, al di là del dettato della legge, di-cano chiaramente al mondo esterno, e loespongano nei propri studi, se sono omeno coinvolti in attività con l’industriafarmaceutica e, nel caso, che non faran-no e non diranno nulla che non sia inscienza e coscienza.

I farmaci non sono un fatto privatotra medici e industria. I pazienti oggivogliono sapere; nei nostri ambulatori si

per chiarire anche il titolo un po’ forza-to dell’articolo. È evidente che dal pun-to di vista del codice di procedura pe-nale probabilmente nessuno è imputa-to o imputabile di truffa. Di conseguen-za, per la legge non ci sono truffati.Rimane però il danno che industria emedici hanno fatto al sistema sanitarioe ai cittadini. E in linguaggio correntechi si sente preso in giro generalmentenon bada ai sofismi, ma utilizza peri-frasi poco ortodosse o si definisce, ap-punto, truffato.

Il nostro obiettivo qui non è comun-que quello di dividere la lavagna in duee scrivere da una parte il nome dei buo-ni e dall’altra quello dei cattivi. LeFiamme Gialle hanno già dato alcuneindicazioni in merito e saranno poi igiudici a valutare la posizione di ognu-no. Ci interessa invece fare un passoavanti e, con Giampietro Leoni, presi-dente di Farmindustria in carica al mo-mento dell’intervista e Claudio Cricelli,presidente della Società Italiana diMedicina Generale, capire cosa ha pro-dotto questa situazione e cosa si devefare per non ricaderci. Un’ultima anno-tazione di ordine mitologico. Giove, fi-glio di Cronos e di Rea, non era solo redegli dei ma anche degli uomini: rap-presentava per loro la giustizia, la fedeed era considerato il custode delle eter-ne leggi dell’universo e di tutto ciò chedi sacro vi è sulla terra nei rapporti deicittadini tra loro e nei confronti delloStato. Sicuramente è solo una coinci-denza: in ogni caso l’operazione nonavrebbe potuto avere denominazionemigliore.

Gino Tomasini

Per il presidente della SIMG è necessario che i medicistringano un patto di trasparenza con ognuno deipropri pazienti per sgombrare il campo da qualsiasiombra di interessi privati

Claudio Cricelli

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presentano persone che ci chiedono: malei come si comporta nei miei confronti.Questo implica un profondo cambia-mento. È impensabile, per esempio, nonparlare con il paziente del costo di unfarmaco. Per questo ritengo che il medi-co di famiglia deve dichiarare che unodei suoi obiettivi è quello di curare be-ne, onestamente e al minor costo possi-bile; che è consapevole che sprecare ri-sorse oggi è un atto eticamente delittuo-so; ma soprattutto che in nessun casoapprofitterà del suo ruolo privilegiato diintermediario tra l’industria e il cittadi-no con comportamenti che non sianospecchiati.

Per completare la risposta dico chela responsabilità è anche di coloro i qua-li, pur non avendo commesso infrazioni,stentano a percepire il cambiamentodell’etica sociale in atto in tutti i paesidel mondo. Ovunque, soprattutto inmomenti di crisi economica, i cittadinisi pongono il problema di usare congrande rigore le risorse. E se noi medicinon ci rendiamo conto di ciò, scandalo onon scandalo, usciremo comunquesconfitti e in ritardo rispetto all’evolu-zione dei tempi e alla sensibilità dellepersone.

Possiamo dire che è tutta colpadel co-marketing?

Le regole del co-marketing derivanoda esigenze commerciali legate al siste-ma produttivo, un elemento di competi-zione tra le aziende che si risolve conun’azione di pressing sul medico per ac-cattivarsene la simpatia. Uno degli sno-di cruciali che incentiva la rottura delleregole è che sul piatto c’è una quantitàconsiderevole di risorse, di interessi e dipersone. Alla fine del gioco le sollecita-zioni sono numerose. Il secondo ele-

mento è l’eccesso di competitività suquesto mercato.

Veniamo ai congressi.Nell’immaginario collettivo èpassato il messaggio che icongressi scientifici non sonoaltro che il set di un film diVanzina: cene, champagne espettacoli. Forse è una forzatura,ma cosa ha prestato il fianco aquesta lettura?

Ci sono cose che fino ad oggi moltihanno ritenuto innocenti, come le cenecongressuali o i cocktail di benvenuto,ma che invece inquietano l’opinionepubblica.

Anche in questo caso devono esserele società scientifiche a darsi un codiceetico e dire che, pur rappresentando unaquota marginale nell’allestimento di uncongresso, gli “eventi mondani” nonverranno più previsti perché i cittadini livivono come inopportuni. Non è più ac-cettabile, per esempio, che un congres-so scientifico abbia delle appendici so-ciali sontuose, indipendentemente dalfatto che la legge lo consenta o meno.Come non è più accettabile che un’oc-casione di formazione e informazionemedica preveda un’ampia discreziona-lità di partecipazione. I cittadini sonodisposti ad accettare che il medico siformi, partecipi ad un congresso, ma siaspetta che lo faccia per motivi esclusi-vamente scientifici e che eventuali fuoriprogramma siano assolutamente tra-scurabili. E questo, indipendentementeche sia scritto o meno nella legge, èun’imposizione derivante ormai dallasensibilità sociale. La medesima eticasociale vorrebbe che l’industria farma-ceutica e i medici avessero rapporti soloed esclusivamente per quello che ri-guarda l’informazione sul farmaco. I

cittadini esigono che questa informazio-ne sia corretta e del tutto asettica e ve-dono qualunque altra interferenza, finoal gadget di basso costo, come una cosafuori luogo. Se questa è la verità, occor-re che la professione da una parte e l’in-dustria farmaceutica dall’altra defini-scano delle regole che tengano conto diquesto.

L’industria farmaceutica esce apezzi da questo scandalo, maforse quel che è peggio è cheanche i medici di famiglia ciperdono un po’ la faccia. Cosadeve fare la categoria perriconquistare credibilità?

La vera novità di tutta la vicenda èche, forse per la prima volta, i cittadininon sono spettatori passivi ma possonodiventare un efficacissimo strumento dicontrollo sociale anche delle tentazionimalandrine dell’industria farmaceuticae dei medici. La gente è molto più coin-volta rispetto a prima e i medici devonocogliere questa occasione per aprirsi al-l’esterno e rinnovare completamente leregole interne della medicina. Siamo si-curi di non poter fare a meno di buonaparte delle cose che abbiamo fatto fino-ra? Vogliamo perlomeno rifletterci, dar-ci un codice etico, pubblicarlo, vogliamofarne un’ostensione pubblica?

Per questo dico che è indifferibile lacarta congiunta dei diritti delle personenel rapporto con i medici. Io mi auguroche la federazione nazionale degli ordi-ni e la federazione delle società scienti-fiche si facciano carico di ciò in manie-ra concorde. Un documento da appen-dere negli studi con una dichiarazioned’intenti: solo così si acquista onorabi-lità e credibilità.

g.t.

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Dott. Leoni, la domanda èd’obbligo: in questa vicenda chisono i truffati e chi sono itruffatori?

Più che di truffe parlerei di infrazio-ne di codici etici. Per accusare e poi con-dannare qualcuno è infatti necessarioprovare che abbia violato la legge pertrarne vantaggi personali. Con le infor-mazioni a disposizione ho la ragionevo-le certezza, e la convinzione personale,che almeno il 90% delle ipotesi di reatodel caso Gsk risulteranno infondate.Soprattutto se le indagini vengono con-dotte verificando l’andamento dellevendite dei prodotti. La teoria che acco-muna in modo univoco un aumento del-le prescrizioni con un’azione impropriae con la partecipazione di un medico odi uno specialista ad un congresso èsemplicemente tanto assurda quantoimprobabile. Ci troviamo di fronte aduna situazione di assoluto isterismo.Quindi consiglierei molta prudenza e ri-corderei a tutti che queste accuse sonoda provare. Anche se è chiaro che in ununiverso vasto come quello farmaceuti-co ci possono essere casi di comporta-menti impropri.

A un certo punto non le èsembrato di rivivere un po’ ilclima di tangentopoli: tuttisapevano ma facevano finta dinulla, finché è ‘caduto’ Mario

Chiesa e la pentola è statascoperchiata?

Anche in questo caso si è sbattuto ilmostro in prima pagina. Quando, ad in-dagini concluse, si dovrà informare suiproscioglimenti degli imputati “perchéil fatto non sussiste” la notizia finirà inun trafiletto nascosto in ventesima pa-gina. Ma intanto il danno è fatto.

Di chi è la responsabilità diquesto scandalo?

La responsabilità è di chi ha com-messo atti contrari alla legge. Nonconfondiamo la non osservanza di rego-le etiche con la non osservanza della leg-ge. Vorrei ricordare che l’informazionemedico scientifica è un diritto-doveredelle aziende farmaceutiche. Un dirittoperché nessun altro – specialmente all’i-nizio della vita commerciale di un pro-dotto – ha informazioni migliori di chiha seguito la ricerca e lo sviluppo dellamolecola. Ed è giusto che l’informazio-ne, sempre all’interno del codice deon-tologico e secondo i criteri stabiliti dallalegge, sia sviluppata dalle aziende chehanno il know-how sul farmaco. Ma èanche un dovere. La legge italiana, se-guendo la normativa europea, ha emes-so un decreto, il 541/92, in cui si affer-ma che la pubblicità è legale se segue leregole stabilite. Cioè non deve essere ri-volta direttamente al pubblico attraver-

«Via libera solo ai congressi certificati»

Secondo il dott. Gianpietro Leoni, l’informazione sulfarmaco rimane un’attività imprescindibile e solo leaziende hanno il know how per farla

Gianpietro Leoni

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so i media laici, ma al medico e allo spe-cialista attraverso canali specializzati,come le riviste mediche.

Su questa base ritengo sia un’attivitàpositiva, fondamentale, perché porta aconoscenza del medico le opportunitàterapeutiche esistenti e gli consente discegliere, in scienza e coscienza, la tera-pia più adeguata alla malattia da af-frontare.

Ogni eccesso è responsabilità perso-nale. La teoria della troppa pressionedelle aziende sugli informatori scientifi-ci del farmaco è infondata ed utilizzatain modo strumentale dall’Associazionedi categoria. Posso assicurare che sitratta di una normale pressione azien-dale: del resto nessuno è più disposto arinunciare agli incentivi, ai premi tri-mestrali sulla base delle performance divendita.

Anche sui congressi c’è maretta.Sui media è passato il messaggioche tutti questi appuntamentinon sono altro che un’occasioneper fare baldoria. Tutti sannoche è una banalizzazione senzasenso, ma cosa ha prestato ilfianco a questa lettura?

I congressi ed i convegni sono unostrumento importante e validissimo peril trasferimento di know-how e di infor-mazioni ai medici. Convegni e congres-si sono, ad oggi, tutti autorizzati dalMinistero della Salute. Se una quota,anche minima, ha avuto o ha caratteri-stiche più promozionali che scientifiche,allora è necessario sedersi attorno ad untavolo per rivedere leggi e regolamenti efare in modo che incontri non coerenticon il concetto di informazione di qua-lità siano impediti. Gli eccessi di cui sia-mo venuti a conoscenza, soprattutto

quando sono andati al di là delle regoleimposte del codice deontologico diFarmindustria, sono stati repressi edanche sanzionati. Ma un conto è parla-re di eccessi che infrangono le normeetiche, un conto è parlare di comporta-menti illegittimi dal punto di vista nor-mativo e legislativo. Una discriminantepotrebbe essere che solo i congressi va-lidati ai fini dell’ECM siano accettabili.Così come in questi casi si dovrebbe ac-cettarne la deducibilità fiscale delle spe-se. Altri, come gli incontri locali e i mi-ni convegni, andrebbero invece esclusi.

La presenza del co-marketing inun settore delicato come quellofarmaceutico non rischia disvilire un prodotto che hacontribuito a migliorare la vitadelle persone a livello di undetersivo?

La pratica del co-marketing è una at-tività consentita dalla legge. Ed è svolta intutto il mondo occidentale. In Giappone,per esempio, i prodotti farmaceutici sonoquasi tutti venduti dopo una attività dico-sviluppo. Non avendo sufficiente pre-senza organizzativa sul territorio, leaziende del Sol Levante si avvalgonoquindi della possibilità di unire le forze divendita. Il co-marketing ha inoltre la fun-zione di allargare e potenziare la capacitàdi informazione medico scientifica di unprodotto. La penetrazione sul mercato intempi rapidi, oltre che per la classe medi-ca, è un vantaggio per i pazienti. Anche inItalia il co-marketing ha avuto (ed ha tut-tora) la funzione di concedere possibilitàdi sviluppo a molte industrie italiane me-dio-piccole. Questa attività ha permessoloro di iniziare il lavoro di ricerca e di svi-luppo sul territorio nazionale. Menarini-biotech, per esempio, ha recentemente

inaugurato un importante centro di ricer-ca a Verona. Il grande sviluppo di que-st’azienda è avvenuto attraverso la prati-ca del co-marketing con la vendita delloZantac. Questo farmaco ha rappresenta-to una grande opportunità per Menarini:nel 1978, quando è entrato in vigore ilbrevetto, aveva 188 dipendenti nel mon-do. Ora ne ha 9.200 ed è previsto che perfine anno arriveranno a 10 mila.Menarini oggi è la 17° azienda in Europa,la 44° nel mondo; investe importanti ca-pitali in ricerca e sviluppo in Italia e in al-tri Paesi: ha 5 o 6 prodotti dalla fase 1 al-la fase 3 che daranno risultati in un pros-simo futuro. Se questa azienda non aves-se avuto la possibilità di svolgere attivitàdi co-marketing, probabilmente non sa-rebbe stata in grado di produrre risultatidi questa rilevanza. Lo stesso si dica perSigma-Tau o Recordati. Quest’ultima,per esempio, ha scoperto la lecardinipinache sta diventando un prodotto di livellointernazionale di grande successo ed èquella che in borsa ha avuto le miglioriperformance negli ultimi 2 o 3 anni.Insomma: val sempre la pena di analizza-re non solo i lati negativi ma anche quellipositivi. È chiaro che il co-marketing ècausa di un leggero aumento di spesa a li-vello di sistema. Però ha dato la possibi-lità a molte aziende italiane di sopravvi-vere alla competizione con le grandi mul-tinazionali ed assumere dimensioni com-petitive anche in termini di capacità di in-vestimento.

Il farmaco è un prodotto con funzio-ni diverse rispetto a un qualsiasi altroprodotto di consumo. Qualcuno dice cheè un bene pubblico: io credo che sia unbene particolare, ma non pubblico. Lasalute è un bene pubblico. Se le aziendenon realizzano ricavi dalla vendita dei

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farmaci, non potranno mai investire, re-cuperare i capitali investiti e competerein campo internazionale.

L’industria farmaceutica non hamai suscitato grandi simpatienell’opinione pubblica. Questoscandalo rischia di farle perdereulteriore credibilità: cosa intendefare Farmindustria per usciredall’empasse?

Abbiamo aderito con entusiasmo al-la proposta del ministro relativa alla de-finizione di un “manifesto etico”. Inquesto modo potremo dare indicazionidi comportamento ai nostri associati.Dalla stesura di questo manifesto do-vrebbe derivare una revisione e un ag-giornamento della normativa legislativain tema di informazione medico-scienti-fica e pubblicità sui farmaci. Cioè la re-visione della legge 541, una norma re-datta nel 1992, che contiene alcuni pas-saggi superati dagli eventi, dalle nuovetecnologie e tecniche di comunicazione.Una richiesta di questo tipo, tra l’altro,era già stata inoltrata al ministroVeronesi oltre 2 anni fa e ribadita all’at-tuale ministro 18 mesi fa. Già ora il no-stro codice etico proibisce l’organizza-zione di convegni e congressi in stazioniclimatiche importanti in alta stagione.Inoltre è indicato che vengano svolti inlocalità coerenti con le istituzioni uni-versitarie o con le organizzazioni di ec-cellenza promotrici dell’evento. Infinemedici di medicina generale e farmaci-sti ospedalieri non possono essere spesa-ti per la partecipazione a questi eventi.In buona sostanza a congressi e conve-gno partecipano solo gli specialisti, chepossono essere invitati solo se diretta-mente coinvolti dall’argomento. Unospecialista, insomma, può essere invita-

to soltanto a congressi che riguardano lasua specializzazione, deve arrivare nonprima di 12 ore dall’inizio e deve parti-re non dopo le 12 ore dalla fine dei la-vori. Anche se abbiamo posto restrizio-ni severe, siamo del parere che se nepossano inserire altre. Per esempio il di-vieto di tenere congressi in località turi-stiche internazionali.

Tuttavia, una volta regolamentatiadeguatamente credo sia fondamentaleche le aziende farmaceutiche riprendano

pubbliche molto velocemente. Dunque,chi è contrario ai congressi indichi qualisono i metodi alternativi. Nessun altrooperatore (sia del servizio sanitario chedelle società scientifiche) può mettere incampo risorse finanziarie sostitutive.Non credo, infatti, si possa parlare diinformazione medico scientifica da par-te del SSN o del ministero. Si tratta allo-ra di qualificare i congressi dal punto divista dei contenuti scientifici e di con-sentire lo svolgimento solamente di

Federico Nazzari, nuovo presidente di FarmindustriaFederico Nazzari è il nuovo presidente di Farmindustria. Nazzari, che hagià ricoperto l’incarico per due bienni consecutivi, dal 1995 al 1999, èvicepresidente del Gruppo Bracco. Nel suo intervento di insediamento,Nazzari ha affermato che ‘’le imprese farmaceutiche non sono semplice-mente un fattore di costo per il bilancio dello Stato, ma offrono un ap-porto essenziale per lo sviluppo del sistema Paese, per la ricerca, per gliinvestimenti produttivi, per i progetti di internazionalizzazione e perl’occupazione qualificata’’. Sempre secondo il neo presidente diFarmindustria “è però cruciale definire, nell’ambito di un dialogo co-struttivo con il governo, il Parlamento e le Regioni, un progetto di poli-tica industriale farmaceutica che consenta la programmazione dell’atti-vità di investimento delle imprese stesse’’.

ad organizzare e sponsorizzare convegnie congressi. Nessuno, tranne le aziendeproduttrici, può infatti trasferire allaclasse medica e specialistica le informa-zioni sui nuovi farmaci, l’esperienzasvolta sul campo in tema di indicazioni,efficacia, effetti collaterali. Si tratta didati esclusivi che, messi a disposizionedei medici, possono fornire indicazioniimportanti su sicurezza, qualità ed effi-cacia del prodotto. Diffuse ad un con-gresso queste informazioni diventano

eventi validati ai fini dell’ECM. Nella re-visione della 541 esiste anche la propo-sta di un “corpo ispettivo”, alle dipen-denze del ministero della salute, che ve-rifichi la correttezza dei comportamentidei medici ai congressi: dalla completapartecipazione alla interazione con glispeaker, dalla compilazione dei questio-nari alla corretta acquisizione delleinformazioni.

Carlo Buffoli

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c o r s i A I O M - S I M G

Il National Institute of Health (l’Isti-tuto di sanità americano) ha condottonel 2000 uno studio presso il NationalCancer Institute di Bethesda sulla qua-lità di vita di centinaia di pazienti onco-logici e dei loro familiari: dalla ricerca èemerso che più della metà è costretto adabbandonare il lavoro, mentre il 35%deve ridurre le proprie responsabilitàper lo stress emotivo e la mancanza dienergie dovute alla patologia. Anche ifamiliari o le persone che assistono sonoa volte costretti a lasciare il proprio la-

voro per dedicarsi al malato o,nel 20% dei casi, sono

obbligati a prenderedei giorni di per-

messo o comunquea ridurre il pro-prio impegno la-

vorativo.I malati che

soffrono di cancrolamentano anche fatigue

in una percentuale elevatis-sima, compresa tra il 78

e il 96%. Più o meno200mila persone

ogni anno inItalia soffrono

quindi diquesta ‘pato-

logia nella pa-tologia’ che alte-

ra nel profondo lavita del malato:gli aspetti lavo-

rativi, relazio-nali e familia-

ri. E cambia

intensamente anche la quotidianità dichi assiste il paziente.

La maggioranza dei pazienti non co-munica però ai medici questo problemaclinico, sia perché lo ritiene una conse-guenza inevitabile della patologia prin-

Il 29 marzo si è tenuto a Milano ilCorso Master dedicato al tema “La fa-tigue da cancro: progetto di forma-zione per medici generali” organiz-zato dall’AIOM e dalla SocietàItaliana di Medicina Generale (SIMG)cui hanno partecipato una quarantinadi medici di famiglia.

All’organizzazione del corso haattivamente lavorato un ComitatoScientifico composto dai rappresen-tanti di entrambe le società e direttodai dott. Oscar Bertetto e GiuseppeVentriglia, rispettivamente responsa-bili scientifici di AIOM e SIMG.Obiettivo di questo Master è stata lamessa a punto di un programma di-dattico sulla qualità di vita del pa-ziente neoplastico e, in particolare,sulla fatigue; il modello attuato aMilano ha costituito la base organiz-zativa di 40 interventi analoghi chesi svolgeranno nei prossimi mesi inaltrettante città italiane e che coin-volgeranno complessivamente un mi-gliaio di medici di famiglia.

L’intento è quello di esportare “inperiferia” la possibilità di un aggior-namento in campo oncologico attra-

La fatigue da cancro

Ecco perché questa iniziativa è vincente

I pazienti oncologicilamentano questo disturboin una percentuale elevata,compresa tra il 78 e il 96%.La maggioranza, però, noncomunica al medico questoproblema. Prova ne è cheoggi solo il 9% di chi soffredi fatigue viene sottopostoa cure. Parte il primoprogetto nazionaledell’AIOM realizzato con laSIMG, la Società Italiana deiMedici di MedicinaGenerale.

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verso una reale interattività fra il cor-po docente e i discenti, allo scopo disviluppare maggiore collaborazionetra l’AIOM e SIMG, promuovendo nelcontempo attenzione nei confrontidella qualità di vita del paziente neo-plastico da parte sia dell’oncologomedico, sia del medico di medicinagenerale.

Prima dell’inizio del corso e al ter-mine dei lavori i medici sono stati in-vitati a compilare un questionario divalutazione, composto da una serie didomande a risposta multipla, per ve-rificare autonomamente l’apprendi-mento delle tematiche in discussione.

Il corso è stato aperto dagli inter-venti del prof. Francesco Di Costanzo(segretario nazionale AIOM) e deldott. Ovidio Brignoli (vicepresidenteSIMG); si è quindi passati alla primasessione del mattino dal titolo“Riconoscere e quantificare la fati-gue”, il cui intento educativo eral’acquisizione delle conoscenze e del-le competenze necessarie per identi-ficare i segni e i sintomi della fatiguecorrelata con il tumore e quantificar-ne l’impatto sulla qualità di vita delpaziente. La sessione si è aperta conla proiezione di due filmati in cui dueuomini, affetti da neoplasia polmo-nare, hanno raccontato la propria sto-ria clinica, i sintomi della malattia, glieffetti collaterali delle terapie, le lo-ro emozioni, il loro vissuto anche nei

confronti del rapporto con i familiari.Alla fine delle due proiezioni è statorichiesto ai partecipanti di evidenzia-re quello che nel racconto dei pazien-ti li aveva colpiti maggiormente; gliinterventi al riguardo sono stati nu-merosi e, con la stimolante guida deldott. Ventriglia, si è aperta un’ampiadiscussione, particolarmente vivace epiena di spunti di notevole interessesoprattutto nei confronti delle pro-blematiche inerenti la fatigue.

Le relazioni successive hanno ri-guardato rispettivamente la definizio-ne delle caratteristiche cliniche dellafatigue (sindrome multifattoriale do-minata da un’astenia importante connetta diminuzione dell’energia nellosvolgere le azioni della vita quotidia-na e aumentata necessità di riposo) ela sua misurazione (impiego di stru-menti idonei alla quantificazione).

La mattinata si è chiusa con un in-tervento dedicato al tema dei pro-blemi della comunicazione con i pa-zienti che sono portatori di fatiguecancro-correlata ma che non sempreriescono a denunciarla adeguata-mente.

La sessione pomeridiana ha avutocome obiettivo educativo quello difornire le conoscenze e gli strumentinecessari a curare la fatigue attra-verso l’impiego di presidi farmacolo-gici e non farmacologici, che a lorovolta possono essere messi in atto dal

medico di medicina generale, dall’é-quipe mutidisciplinare, dalla famigliastessa.

Si è proceduto alla formazione dipiccoli gruppi di lavoro, ciascuno deiquali si è impegnato su casi didatticipresentando alla fine la sintesi delleproposte in discussione plenaria.

La giornata si è conclusa con un ul-timo intervento riguardante un temadi grande interesse non solo medico,ma anche psico-sociale: il ruolo del-l’alleanza terapeutica fra il medico, ilpaziente e la sua famiglia.

A mio avviso il modello organiz-zativo proposto si è dimostrato parti-colarmente soddisfacente sia perl’audience, sia per i docenti impe-gnati nel lavoro; l’interattività e ilgrande spazio lasciato alla discussio-ne sono risultati vincenti così da au-spicarne la stessa ricaduta nei corsiche verranno organizzati successiva-mente nelle varie città con le medesi-me modalità di lavoro.

Un ringraziamento al comitatoscientifico (O. Bertetto, G. Ventriglia,G. Bernardo, O. Brignoli, L. Ciuffreda,F. Cognetti, C. Cricelli, F. Di Costanzo,G. Ferrero, R. Labianca, M. Mistran-gelo, C. Nicolai) e alla disponibilitàdella Ortho Biotech che ha fornito as-sistenza al percorso educazionale, edè uno dei partner del progetto.

prof. Gianni Bernardo

cipale, sia per il timore di apparire un‘cattivo malato’ agli occhi dell’oncologoo del proprio medico di famiglia. Nonesiste infatti ancora una ‘cultura’ suquesta patologia, spesso consideratauna condanna inevitabile. Prova di que-sto è che oggi solo il 9% di chi ne soffreviene sottoposto a cure nonostante esi-stano trattamenti specifici.

Ecco dunque i motivi per attivareun’iniziativa educazionale, di formazio-ne, di scambio di esperienze, che coinvol-ga ai massimi livelli società scientifiche,Istituzioni e anche mass-media. Gli obiet-tivi sono di sensibilizzare lo specialista e ilmedico di famiglia all’importanza della

malattia e a combatterla con le terapie at-tualmente a disposizione, implementare irapporti con gli oncologi e i rappresen-tanti della medicina di famiglia, soprat-tutto a livello locale, coinvolgere leIstituzioni centrali (Ministero) e periferi-che (Regioni) perché la qualità di vita di-venti un problema di sanità pubblica.

I corsi si svolgeranno in oltre 40 cittàitaliane, distribuite equamente sul terri-torio nazionale, promossi dalle societàscientifiche di riferimento (AIOM e SIMG)con la collaborazione delle associazionidei pazienti.

Ciascun corso – della durata di mez-za giornata e aperto alla partecipazione

di una trentina medici del territorio –sarà tenuto da un medico di famiglia tu-tor, formato durante un corso master,dall’oncologo medico di riferimento e,dove sarà possibile, da un rappresentan-te delle associazioni dei pazienti. A tutti ipartecipanti verrà fornito un cd-rom conil materiale didattico di documentazionee studio, realizzato dall’AIOM e dalla SIMG.Prevista la compilazione di un questiona-rio di ingresso e di uscita dal corso.

Durante i congressi 2003 delle duesocietà scientifiche sono già previsti spa-zi scientifici per la discussione dei risul-tati del Progetto.

s.c.

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r i c e r c a

Quando i virus provocano i tumori

Un attacco possibile al meccanismoattraverso il quale i virus oncogeni pro-ducono i tumori nelle cellule umane. Èquanto si cerca di attuare nei laboratoridell’Istituto Regina Elena di Roma edell’Istituto di Biologia e PatologiaMolecolari del CNR di Roma, dove ven-gono studiati alcuni virus (Adenovirus ePapillomavirus) che provocano tumoricomuni, come quello della cervice uteri-na e altre neoplasie epiteliali. Grazie aqueste ricerche, nate dalla collaborazio-ne tra il gruppo coordinato dal prof.Marco G. Paggi all’Istituto Regina Elenae quello della dr.ssa Patrizia Lavia alCNR, è stato possibile comprendere co-

me un virus sconvolge il delicato mec-canismo con cui le cellule si dividono.Questa comprensione potrebbe aiutarea trovare la via per proteggersi dall’at-tacco del virus, impedendo la trasfor-mazione delle cellule sane in tumorali. Ein un futuro un po’ più lontano addirit-tura contrastare il cancro ristabilendociò che il virus ha modificato. Lo studioè stato pubblicato a marzo su CancerResearch.

“Durante la proliferazione cellulare– spiegano gli autori – la divisione mito-tica garantisce una distribuzione fedeledei cromosomi tra le due cellule figlie:attraverso questo processo può quindi

essere propagata una popolazione dicellule identiche, geneticamente stabili.Tuttavia, alcuni di questi controlli ven-gono persi a causa dell’azione del viruse quindi la divisione può avvenire incondizioni aberranti e dare luogo aduna progenie cellulare con cromosomimancanti, o, al contrario, in sovrannu-mero. La comparsa di cellule di questotipo è alla base del fenomeno dell’insta-bilità genetica”.

È noto da tempo che le oncoproteinevirali prodotte da virus oncogeni a DNAsono in grado di indurre instabilità gene-tica nelle cellule infettate, interferendocon la funzione normalmente svolta dafattori cellulari che regolano la divisionemitotica. Non sono del tutto identificatené le molecole bersaglio delle oncoprotei-ne virali, né i meccanismi con cui questainterferenza produce instabilità genetica.

“I nostri gruppi di ricerca – aggiun-gono Paggi e Lavia – hanno intrapresouna ricerca volta ad individuare nuovibersagli cellulari delle oncoproteine vi-rali. In questo quadro, abbiamo dimo-strato che l’oncoproteina E1A di Ade-novirus (molto studiata come modellodi oncoproteina trasformante) interagi-sce fisicamente con Ran, una piccolaproteina nucleare, normalmente coin-volta in molti processi di segnalazionenella cellula e in grado di controllare an-che l’apparato mitotico.

L’identificazione di una nuova inte-razione tra E1A e Ran ci è apparsa su-bito importante in quanto poteva sug-gerire che almeno alcune delle attività

Difendiamo la ricerca indipendente

Il taglio di 4 milioni di euro previsti dal governo per le atti-vità di ricerca ridurranno ulteriormente gli spazi anche per laricerca indipendente in oncologia. Questo porterà di fatto un ral-lentamento dei progressi nella pratica clinica, con grave nocu-mento per i pazienti.

Le ricerche promosse dall’industria sono quasi esclusivamentedi ordine registrativo, per l’introduzione in commercio di unnuovo farmaco, per cambiarne o ampliarne le indicazioni.Spesso non sono studi di grande interesse scientifico, moltevolte solo di equivalenza. Ciò che ha fatto la nostra storia, checi ha permesso di ottenere risultati importanti e una visibilità alivello internazionale è sicuramente la ricerca spontanea.Ricordo soltanto gli studi sulla terapia adiuvante nella mammel-la, con il famoso CMF di Bonadonna degli anni ’70, promossoda un Istituto Tumori, o gli studi sulla terapia adiuvante delcolon (il fluorouracile + folato verso niente), oppure gli studi delgruppo INTACC.

Certo per mettere a punto queste iniziative non basta lanostra fantasia: servono soprattutto i fondi. Fondi che almomento in Italia vengono distribuiti solo dal CNR e dall’AIRC,ma che non sono nemmeno lontanamente sufficienti per soddi-sfare le reali esigenze. La stessa AIRC, meritoria quanto sivuole, facilita studi di tipo pre-clinico, mentre quelli clinicifanno fatica a trovare una strada di finanziamento. Che fare peruscire da questo empasse? Per quanto ci riguarda da più di unanno stiamo lavorando per costituire una Fondazione che facciada catalizzatore a possibili contributi privati, in modo da soste-nere, senza vincoli o pressioni, studi proposti da singoleIstituzioni oppure dai tanti gruppi cooperativi che lavorano inItalia. Non vi nascondo le difficoltà di un progetto del genere:credo comunque sia l’unico modo per evitare che in futuro cisiano solo studi di tipo registrativo o, al contrario, un uso sel-vaggio di farmaci nella pratica clinica, dove ognuno fa ciò chevuole.

Quello che mi conforta è vedere che ancora oggi, malgradotutte le difficoltà, l’Osservatorio sulla Sperimentazione Clinicadel Ministero della Salute accredita l’oncologia al primo postotra le specialità mediche per numero di studi. Ma ancora piùinteressante è il dettaglio di questo dato: tra tutti gli studispontanei, i 2/3 sono stati condotti proprio da noi. Questosignifica che, tutto sommato, nel nostro Paese la ricerca indipen-dente è ancora viva. Facciamo in modo, insieme, di non lasciar-la morire.

prof. Roberto Labianca

oncogeniche di E1A fossero esplicateproprio attraverso Ran. In accordo conquesta ipotesi, abbiamo infatti osserva-to che cellule che esprimono E1A vannoincontro a divisioni mitotiche anomale,con una distribuzione aberrante dei cro-mosomi che può preludere ad una se-gregazione sbilanciata tra le due cellulefiglie. Inoltre, questo specifico effetto diE1A è evidente solo in cellule in cui ilnetwork di Ran sia funzionale”.

“Estendendo i nostri studi ad altreoncoproteine di virus oncogeni a DNA,abbiamo infine osservato che anche E7codificata dal Papillomavirus è in gradodi interagire fisicamente, al pari di E1A,con Ran. Questi risultati suggerisconoche la normale attività di Ran sia essen-ziale per lo svolgimento di una correttadivisione mitotica, e che proprio questaattività rappresenti il bersaglio di moltiagenti oncògeni in grado di dare luogoalla proliferazione di cellule genetica-mente instabili. I nostri risultati, quindi,pongono le oncoproteine di virus tra-sformanti a DNA a monte di processiche regolano la fedeltà e la stabilità del-la trasmissione genetica. Ciò può essererilevante nella comprensione delle cau-se molecolari della trasformazione tu-morale indotta da questi virus.L’identificazione di Ran come molecolacentrale nella via attraverso la quale leoncoproteine virali causano instabilitàgenetica potrà contribuire ad identifica-re ulteriori fattori cellulari e tratti gene-tici che favoriscono la trasformazionecellulare”.

Nella realizzazione di questo pro-getto hanno avuto un ruolo centralel’Associazione Italiana per la Ricercasul Cancro (AIRC) e la FondazioneItaliana per la Ricerca sul Cancro(FIRC) L’AIRC finanzia da molti annil’attività di ricerca in entrambi i labo-ratori di Lavia e di Paggi, mentre alcu-ni dei principali collaboratori allo stu-dio sono assegnatari di borse di studiodella FIRC, ed uno di loro di unaScholarship FIRC.

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s p e c i a l e

Bersagli molecolari enuove terapie biologichein oncologia

VI Conferenza Nazionale AIOM

Alghero, 30 marzo - 1 aprile

Nelle immagini, alcunimomenti della conferenza

nazionale di Alghero.

menti terapeutici. Appare pertanto con-traddittorio constatare che il trattamen-to dei tumori solidi in fase avanzata, co-me in ambito precauzionale, è ancora ba-sato essenzialmente sulla chemioterapia.

Fatta questa precisazione è possibileaffermare che la principale novità nellaterapia medica del cancro è rappresenta-ta dal fatto che il DNA e la replicazionecellulare non costituiscono più l’unicopossibile bersaglio delle strategie tera-

Negli ultimi anni la ricerca sui nuovifarmaci antineoplastici ha suscitatograndi speranze ed aspettative per tera-pie più specifiche e meno tossiche in am-bito oncologico. L’oncologia è in ogni ca-so tra le branche della medicina che han-no avuto nel corso degli ultimi anni unasignificativa evoluzione sia per quantoattiene alle conoscenze che agli atteggia-

peutiche antineoplastiche. Il superamen-to della chemioterapia potrebbe infattirealizzarsi poiché, con il progredire dellacaratterizzazione biologica delle neopla-sie, i diversi compartimenti e le diversefunzioni della cellula tumorale, come pu-re il microambiente tumorale, sono di-ventati il bersaglio di terapie sempre piùspecifiche.

I Recettori per i fattori di crescita e levie di trasduzione del segnale intracellu-lare rappresentano il bersaglio dellamaggior parte dei nuovi farmaci anti-neoplastici. L’azione di queste molecole èspecifica e ciò le rende potenzialmentepiù efficaci e meno tossiche. Lo “spettrod’azione” e però limitato a quei partico-lari sottogruppi di neoplasie che, purcondividendo il fenotipo istologico, di-pendono da specifiche alterazioni mole-colari. Dati derivati dalla recente ricercaclinica sostengono la possibilità di impie-

gare un’ampia gamma di agenti indiriz-zati sui differenti bersagli molecolari: an-ticorpi monoclonali diretti al dominio ex-tracellulare dei recettori per l’epidermalgrowth factor (EGFR) di tipo 1 e 2; com-posti quinazolinici specifici inibitori del-le proteine tirosin-chinasi associateall’EGFR; agenti specifici per l’inibizionedella tirosin kinasi associata al recettorec-kit; inibitori della farnesilazione dellaoncoproteina Ras; oligonucleotidi anti-senso che interferiscono con l’mRNA del-la Protein Kinasi C; modulatori della tra-scrizione che agiscono inibendo la deace-tilazione degli istoni.

Alcuni di questi nuovi farmaci hannosuperato celermente le fasi della speri-mentazione controllata diventando di co-mune impiego nella pratica clinica.Herceptin e Glivec sono infatti risultatideterminanti nel produrre rispettiva-mente un aumento della sopravvivenzamediana di pazienti con neoplasie mam-maria HER-2-positiva o nel permettereuna prolungata remissione di malattia intumori stromali dell’apparato gastroen-terico inoperabili. Per altre molecole(Iressa ad esempio) rimane invece da de-finire l’ambito di impiego dato che nonhanno dimostrato una sicura efficaciacome singoli agenti o in aggiunta allachemioterapia.

Ci sono alcuni aspetti rilevabili dallasperimentazione clinica che accomunanoi nuovi farmaci: I) l’azione selettiva suparticolari substrati delle cellule tumora-li, II) la modesta insorgenza di effetti in-desiderati anche nel caso di impiego pro-lungato nel tempo, III) la possibilità diessere somministrati, in alcuni casi, pervia orale mantenendo il paziente in am-bito ambulatoriale; IV) l’inibizione dellacrescita tumorale con un limitato effetto“debulking” sulla massa neoplastica (adeccezione di Glivec nell’ambito deiGISTs).

Esistono però anche aspetti contrad-dittori. Nella maggior parte degli studibasati sull’associazione tra anticorpi mo-

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Contu: «l’obiettivo è cronicizzare il male»

Esce dalla sala visibilmente soddisfatto, Antonio Contu. La VI Conferenzanazionale AIOM è appena andata in archivio e il suo presidente può final-mente tirare un sospiro di sollievo. Viste le premesse ne ha ben donde: apoco più di 15 giorni dall’apertura dei lavori, alla segreteria organizzati-va risultavano solo nove iscritti. Alla fine sono invece arrivati ad Alghero160 oncologi, il numero che più o meno si attendevano gli organizzatori almomento della stesura del programma. Una presenza qualificata e “non oc-casionale”, ci tiene a sottolineare Contu, motivata da un tema scientifica-mente molto affascinante – Bersagli molecolari e nuove terapie biologichein oncologia – ma altrettanto specialistico. “Inutile dire – afferma il presi-dente - che tutte le relazioni sono state di grande spessore: credo che chi èintervenuto abbia portato un contributo importante alla comprensione del-le applicazioni in clinica di queste nuove terapie e di quali sono i presup-posti operativi su cui si muoverà l’oncologia nell’immediato futuro”. Negliultimi 20 anni si è infatti assistito all’esplosione delle conoscenze nel cam-po della biologia tumorale. Per la prima volta i ricercatori hanno avuto adisposizione una serie di tecniche sempre più sofisticate per studiare i geni,i loro prodotti proteici, i vari aspetti del ciclo cellulare. Grazie all’identifi-cazione di molecole che interagiscono con un difetto specifico, siamo passa-ti da una farmacologia basata sulla malattia ad una terapia trasversale gui-data sul difetto molecolare. “Sono convinto che la strada da perseguire siaquesta – aggiunge il prof. Contu – andranno corretti e compresi meglio alcu-ni meccanismi, ma l’approccio giusto è sicuramente quello di colpire selet-tivamente i differenti bersagli molecolari. Questo non significa che la che-mioterapia andrà in pensione. I risultati migliori si avranno con le integra-zioni tra i diversi componenti: la difficoltà maggiore sarà capire il momen-to esatto di inserimento dei vari farmaci”.

Per quanto riguarda le prospettive nell’immediato futuro, Contu si defi-nisce “ottimista con prudenza”. “Il sogno di tutti noi è la vittoria definitivasul male. Ma anche arrivare a cronicizzare il tumore, personalizzando la te-rapia, sarebbe un grande successo. Non dimentichiamoci che non molti an-ni fa patologie come il diabete, con cui oggi si convive, erano mortali”.

noclonali (anti-HER-2, anti-EGFR-1,anti-VEGF) e la chemioterapia viene ri-portato un significativo sinergismo.Questo dato non è però riproducibile inneoplasie differenti. Gli inibitori tirosinkinasici ed Iressa in particolare non han-no invece dimostrato un’utile interazionecon la chemioterapia mentre, impiegaticome singoli agenti possono produrre re-gressione tumorale o una prolungata sta-bilità di malattia in un limitato numerodi pazienti che non sappiamo ancoraidentificare come sottogruppo. Infine vasottolineato il fatto che solo una minimaparte delle molecole proposte dalla speri-

mentazione preclinica supera con succes-so la fase clinica degli studi randomizza-ti. Questo significa che la ricerca relativaalla biologia del cancro non ha ancoraprodotto conoscenze sufficienti che per-

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Newsletter AIOMper i pazienti

Informare per dare speranza ecoraggio, per dire al malato ditumore che ce la può fare, che oggile cure possono anche guarire. Avolte si pensa che questi concettisiano ormai stati recepiti dallagrande maggioranza dei cittadini.Invece non è così. La necessità diribadirli e diffonderli il piùpossibile ha quindi fatto nascereAIOM InfoSocietà, una newslettermensile di otto pagine distribuitanei centri italiani di oncologiamedica. Con questa rivista l’AIOMinaugura una nuova strada. Èinfatti la prima Società scientificache si interfaccia direttamente con ipropri pazienti attraverso unapubblicazione periodica.

Perché il primo nemico dasconfiggere per il malato è la nonconoscenza e quindi la perditadella speranza di guarigione. Ladiagnosi di tumore causa ancoratroppo spesso un graveabbattimento psicologico nelmalato e nei suoi famigliari.Questo rende il paziente debole eincapace di affrontare il percorsodi cura e le difficoltà che lamalattia inevitabilmente comporta.AIOM InfoSocietà è uno strumentodivulgativo che parla del male insenso positivo, che informa sullescoperte, sulle novità, sullepossibilità di curare e guarire. Unostrumento che offre risposte alledomande dei cittadini. Che spiegaloro i concetti fondamentali dellamalattia ma anche icomportamenti da seguire perprevenirla, a partire da uno stiledi vita sano.

Il secondo progetto è dedicatoagli oncologi ed è una newsletterelettronica, inviata ogni 15 giornivia email, che contiene alcunesegnalazioni di studi clinici e dovereperire gli approfondimenti.Anche in questo caso pensiamo sitratti di un’iniziativa utile, masoprattutto interattiva, perché saràpronta ad accogliere notizie inesclusiva, commenti, interviste,proposte, provenienti dagli iscrittiall’AIOM attraverso un indirizzo diredazione a cui poter scrivere.

mettano di selezionare i pazienti da trat-tare con farmaci diretti su specifici ber-sagli molecolari.

Le ricerche sul microambiente tumo-rale hanno creato forti presupposti teori-ci per lo sviluppo di farmaci antiangioge-netici e l’immunoterapia. I risultati rela-tivi all’inibizione dell’angiogenesi sonopreliminari, mentre un certo interesse hadestato la sperimentazione dell’anticorpomonoclonale anti-VEGF (bevacizumab)impiegato con successo in associazionealla chemioterapia nelle neoplasie delpolmone e del colon.

La ricerca immunologica è una cre-scente fonte di informazioni relativa-mente ai processi di tumorigenesi e dif-fusione delle neoplasie, cosicché le re-centi conoscenze sulle proteine antigeni-che tumore-specifiche permettono dimettere a punto strategie di vaccinotera-pia che hanno maggiori probabilità disuccesso. Diventano inoltre praticabiligli approcci basati sulla terapia cellula-re che attualmente prevedono l’impiegodi cellule dendritiche ingegnerizzate.Infine la chemioterapia a dosi submie-loablative con miniallotrapianto di cel-lule staminali periferiche e linfociti T po-trebbe costituire una consistente opzioneterapeutica per pazienti con cancro delrene metastatizzato o nel caso di linfomichemiorefrattari.

È per ora difficile stabilire se i nuovifarmaci non chemioterapici saranno ingrado di cambiare significativamente laprognosi delle neoplasie maligne nonematologiche. Tra le nuove possibili stra-tegie terapeutiche vi è l’impiego di taliagenti per tempi prolungati con l’obietti-vo di “cronicizzare” la malattia neopla-

stica attraverso una protratta inibizionedella crescita tumorale senza pretenderela completa regressione della malattia.La rapida riduzione della massa tumora-le che avviene talvolta impiegando lachemioterapia è infatti invariabilmenteseguita da una inesorabile ripresa cheporta al decesso del paziente. I nuovi far-maci antitumorali potrebbero inveceprodurre un allungamento della soprav-vivenza del malato oncologico, interfe-rendo solo con la crescita e la diffusionedel tumore, senza produrre importantitossicità e senza compromettere la qua-lità della vita del paziente. A questo pro-posito sembra necessario modificare il di-segno degli studi prevedendo nella valu-tazione più che il tasso di risposta alla te-rapia il tempo alla progressione e il bene-ficio clinico.

Inoltre i futuri studi clinici dovrannoessere disegnati non solo per ottenere unavalutazione dell’efficacia dei farmaci maanche per individuare i determinanti bio-logici e molecolari della malattia e le ca-ratteristiche genetiche del paziente pre-dittivi della risposta al trattamento.

Questo potrebbe consentire di am-pliare lo spettro delle strategie terapeuti-che antineoplastiche e al contempo dispecializzare l’intervento terapeutico in-terferendo con specifici meccanismi coin-volti nella patogenesi molecolare di ognideterminata neoplasia e arrivare, attra-verso i progressi della farmacogenomica,a individualizzare la terapia.

Dr Lucio Crinò, Dr Giovanni Benedetti

U.O. Oncologia Ospedale BellariaBologna

Da maggio l’AIOM attiverà un numero verde gratuito(800237303) per fornire ai cittadini gli indirizzi dei centri dioncologia medica più vicini alla loro città di residenza e alcuneinformazioni di base sulla prevenzione dei tumori, raccoglieresegnalazioni, suggerimenti, lamentele, ecc.

Il servizio funzionerà dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 17.

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c o n g r e s s i

Un test genetico e un approccio tera-peutico personalizzato: sono queste ledue strategie su cui oggi fanno grandeaffidamento i ricercatori per combatte-re efficacemente il cancro al cervello,neoplasia in preoccupante aumento, inparticolare nella fascia tra i 20 e i 40 an-ni. Con i test genetici è possibile identi-ficare il miglior percorso di cura di ognimalato. Per esempio individuare queipazienti con tumore a lenta crescita, icosiddetti gliomi a basso grado, chetraggono beneficio dalla sola chemiote-rapia orale. La personalizzazione tera-peutica si fonda invece sull’impiego, se-condo modi e tempi variabili per ognipaziente, della temozolomide, il farma-co standard di cura. Di questo si è par-lato al II International Conference inNeuro-Oncology, presieduta dalladott.ssa Alba Brandes, tenutasi a marzoa Padova.

“Dopo 30 anni di ricerche – affermaBrandes, responsabile di neurooncolo-gia dell’azienda-ospedale di Padova evice presidente del Brain Tumor Groupdell’EORTC - si sono finalmente aperticoncreti spiragli di speranza per le circa7.000 persone che annualmente in Italiavengono colpite da questa forma tumo-rale. La messa a punto di nuovi e più se-lettivi chemioterapici, ma in particolarei progressi dell’ingegneria genetica, con-sentono di predisporre terapie persona-lizzate. Il nuovo millennio ha sancito unpassaggio epocale: i successi terapeuticipermettono oggi non solo di pensare al-la terapia del tumore ma anche alla ria-bilitazione e alla qualità della vita di chisopravvive. Questo significa, per esem-pio, aiutare i malati a recuperare le nor-mali funzioni quotidiane e consentireloro di riacquistare l’aspetto estetico

Cervello, test genetici e terapia personalizzata

Bergamo, riflettori sui tumori gastroenterici

Abbinare il tema della ricerca con quello dell’assistenza, partendodal concetto che la ricerca aiuta l’oncologo a curare meglio ilpaziente nella quotidianità. È stato questo un po’ il filo conduttoredel XII convegno nazionale del GISCAD, svoltosi a febbraio aBergamo e che aveva per tema la cura e la ricerca nei tumoridell’apparato digerente.

Alla base dell’incontro alcuni problemi estremamente attuali:quello delle linee guida italiane e internazionali, dei percorsiterapeutici e dell’evidenza che deriva dalla letteratura medica. Sonoinoltre state ripercorse le regole della ricerca clinica partendo daidati ministeriali (Osservatorio del Ministero della Salute), dairisultati della ricerca in Europa e, ovviamente, dal contributo delgruppo cooperativo Giscad.

Innanzitutto è stato ribadito il ruolo fondamentale del chirurgo: daalcuni dati inediti sul tumore dello stomaco, presentati inquest’occasione, risulta infatti che la qualità dell’interventochirurgico e dell’asportazione dei linfonodi è un elementodeterminante per condizionare la guaribilità o la lungasopravvivenza del paziente. In alcuni tipi di tumori, soprattuttodell’ano, del retto, dell’esofago, del pancreas e dello stomaco, unaspetto di cura altrettanto determinante è la radioterapia.

Il tema della chemioterapia è stato affrontato dal prof. JacquesWils, chairman dell’EORTC gastroenterico, che ha approfondito letematiche relative alla fase adiuvante dopo resezione del tumore perprevenire le recidive o le metastasi. In questo contesto sono statipresentati vari studi sul tumore del colon nei quali c’è stata unapresenza molto qualificata dei ricercatori italiani. Molte evidenzenuove sono state ottenute grazie al metodo della ricerca clinica.

temporaneamente compromesso dallecure”. La Neuroncologia di Padova è at-tualmente l’unico Centro italiano dove èpossibile studiare questa sensibilità allachemioterapia e dove possono essere ar-ruolati pazienti nei trial clinici di speri-mentazione di nuovi farmaci. “In questomomento – spiega Brandes – stiamo va-lutando l’efficacia di molecole come l’i-

rinotecan e l’oxaliplatino, già impiegatinei tumori del colon, e tutta una serie dinuovi prodotti che agiscono bloccandola formazione dei vasi sanguigni, to-gliendo quindi l’ossigeno al tumore.Grande interesse sta suscitando inoltrela sperimentazione del Glivec, farmacoorale che ha cambiato la storia della leu-cemia mieloide cronica e dei Gist”.

c o m m e n t i

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Negli ultimi mesi è stato più volte ri-ferito dai mezzi di comunicazione televi-sivi e dalla stampa l’interesse per una me-todica di radioterapia denominata “ra-diochirurgia”, applicabile in diverse sedicorporee e destinata alla cura di pazienticon tumore, anche metastatico. Tale tera-pia è risultata essere praticabile solo all’e-stero, a Stoccolma prima ed ora in un cen-tro negli Stati Uniti, a New York. Si stimache molti pazienti italiani, oltre 11.000,abbiano avuto un consulto circa l’indica-zione a questo trattamento e che, di que-sti, circa mille siano stati sottoposti a ra-diochirurgia. In alcuni casi il contatto deipazienti con i centri stranieri è avvenutodirettamente, in altri attraverso la media-zione di un’organizzazione non sanitariadel nostro Paese, costituita allo scopo.Poiché questa forma di radioterapia, as-sai costosa (circa ventimila Euro), vienespesso richiesta come assistenza indirettaalle varie commissioni regionali per l’au-torizzazione delle prestazioni all’esteroappare agli scriventi, quali rappresentan-ti delle associazioni scientifiche operantinel settore dell’oncologia, utile fornire ele-menti di corretta informazione. Questo alfine di facilitare il percorso per accedervia chi può trarre beneficio da questa tera-

pia, ed agli altri evitare illusioni o sprechi. Occorre infatti chiarire che il percorso

terapeutico del paziente oncologico è as-sai complesso e deve essere affrontato nel-l’ambito di una strategia multidisciplina-re, inserendo ogni terapia, e quindi anchela radiochirurgia, in un programma con-tinuo di assistenza. La rapida diffusionedelle nuove tecnologie o dei nuovi farma-ci è un fenomeno che riguarda tutta la co-munità scientifica internazionale, ed è ov-vio immaginare che quanto già disponi-bile in paesi stranieri sia altrettanto cono-sciuto e praticato in Italia. L’attesa per “inuovi trattamenti” è spesso molto alta.Questo sentimento, che gli oncologi con-dividono quotidianamente con i loro pa-zienti, deve però essere razionalizzato, po-nendo le giuste indicazioni.

Cos’è la radiochirurgiaCome già detto, il termine di “radio-

chirurgia” fa riferimento ad una partico-lare forma di radioterapia (e quindi il ter-mine “chirurgia” attribuito a questa me-todica è per molti versi improprio), uti-lizzata per il trattamento di lesioni indi-viduate attraverso metodi stereotassiciestremamente accurati. Per le sue carat-teristiche la radiochirurgia consente di

erogare una dose singola di radiazioni adun bersaglio di dimensione limitata e,contemporaneamente, di limitare l’espo-sizione dei tessuti sani circostanti. Laprecisione della metodica presupponeuna elevata disponibilità delle moderneattrezzature di diagnostica radiologica(tomografia computerizzata, risonanzamagnetica, tomografia ad emissione dipositroni o PET) per l’identificazione delbersaglio, una particolare accuratezzanel posizionare il paziente ed una eleva-ta qualità nel trasferire il trattamentodalla fase di impostazione e di calcolo aquella di esecuzione.

Le prime esperienze di radiochirurgiarisalgono agli anni ’50, quando fu usatanel trattamento delle malformazioni arte-ro-venose cerebrali. Nel corso degli annil’uso è stato esteso alle patologie tumora-li, benigne e maligne, primitive o secon-darie a carico del cervello, le cui dimen-sioni massime non superino i 3 cm di dia-metro. Per l’esecuzione della radiochirur-gia cerebrale esistono apparecchi dedica-ti, chiamati “Gamma-Knife” (in Italia neesistono quattro), ma analoghi risultati so-no ottenibili usando acceleratori linearidotati di particolari strumenti per l’irra-diazione stereotassica. Il censimento re-centemente condotto dall’AIRO ha identifi-cato in circa 40 il numero di reparti di ra-dioterapia nei quali è possibile praticarequesto trattamento. La predilezione perl’applicazione della radiochirurgia alle se-di craniche deriva dalla relativa assenza dimovimenti delle strutture da trattare, non-ché dalla possibilità, attraverso sistemi diimmobilizzazione rigidamente applicatiall’osso cranico, di ottenere un sistema so-lidale tra paziente ed apparecchiatura (ca-sco stereotassico), tale da garantire l’accu-ratezza del trattamento.

La radioterapia stereotassicaLa recente disponibilità di sistemi

meno rigidi per l’immobilizzazione ed ilposizionamento del paziente hanno con-sentito, in caso di lesioni di dimensionimaggiori o per trattamenti in sedi prossi-

Radiochirurgia, i consigli delle società scientifiche

Il percorso terapeutico del paziente oncologico è as-sai complesso e deve essere affrontato nell’ambito diuna strategia multidisciplinare in un programmacontinuo di assistenza. Le direttive di AIOM e AIRO

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me a strutture particolarmente radiosen-sibili, di introdurre la possibilità di fra-zionare la dose totale in più sedute di trat-tamento, riducendo, specie per alcuni tes-suti o organi sani, la dose biologica, con-seguentemente diminuendo il rischio dicomplicazioni. Da questo concetto derivauna particolare modalità di trattamentonota come radioterapia stereotassica,analoga alla radiochirurgia, con l’unicadifferenza legata alla possibilità di prati-care più sedute quando le caratteristichedella sede da trattare lo richiedano.

Il medesimo razionale è stato applica-to più recentemente alla terapia di lesionilocalizzate al di fuori del cranio, definen-do questa modalità ancora come “radio-chirurgia corporea (“radiosurgery body”)se eseguita in un’unica frazione, o radio-terapia stereotassica corporea (“stereo-tactic radiation therapy body”), se prati-cata in più sedute. In particolare, nel trat-tamento di sedi extracraniche l’accura-tezza è associata alla necessità di valuta-re e calcolare i movimenti diretti o indi-retti degli organi compresi nel campo diirradiazione. A questo proposito grandeimportanza ha il monitoraggio degli attirespiratori, per la loro influenza sulle va-riazioni di posizione della lesione bersa-glio e degli organi in genere. Tranne cheper tale specifico problema il trattamentodelle lesioni corporee non differisce con-cettualmente e tecnicamente da quellodelle lesioni cerebrali. Sono infatti impie-gati i medesimi principi di localizzazionestereotassica dei volumi bersaglio, nonchédelle strutture critiche da salvaguardare.I trattamenti sono generalmente eseguitimedianti acceleratori lineari dotati diparticolari collimatori ed in grado di ero-gare fasci multipli non coplanari di ra-diazioni che convergono in modo moltoselettivo sul bersaglio, con un notevole ri-sparmio di tessuto sano. La dose può es-sere frazionata in due, tre o quattro sedu-te, anche se spesso la terapia viene prati-cata in una sola volta.

Il principale vantaggio della radiochi-rurgia e della radioterapia stereotassica

“body” è quindi quello di irradiare sedi elesioni difficilmente raggiungibili con lemetodiche convenzionali, con una duratadel ciclo terapeutico molto breve (al mas-simo una settimana). Gli organi nei qua-li questa tecnica può essere applicata so-no molteplici: polmone, fegato, pancreas,rene, ma anche masse diverse in sede ad-dominale o pelvica.

Le dimensioni delle lesioni da trattaredevono essere limitate (non oltre i 5 cmnel massimo diametro). La presenza dimalattia diffusa, con più di due o tre sediinteressate, rappresenta un limite all’in-dicazione radiochirurgica. In queste si-tuazioni, purtroppo assai frequenti, deveessere chiaro il ruolo palliativo, rivolto al-la cura dei sintomi (dolore, sanguina-mento, compressione…) della metodica.In ogni caso l’indicazione deve essere po-sta in un ambito di approccio complessi-vo della situazione clinica.

Le esperienze internazionaliDai primi anni ’90 ad oggi numerosi

ospedali hanno praticato la radiochirur-gia o la radioterapia stereotassica corpo-rea, inizialmente privilegiando il tratta-mento di lesioni localizzate ma giudicatenon suscettibili di chirurgia o trattamen-ti convenzionali, così come il trattamentodi lesioni metastatiche. Tra le esperienzepiù significative, quella del KarolinskaHospital di Stoccolma, con risultati inco-raggianti e percentuali di controllo dellamalattia trattata dell’80%. Analoghi ri-sultati sono stati riferiti in esperienze dialtri centri europei, americani e giappo-nesi. In molti casi l’intento è palliativo: inqueste situazioni è possibile ottenere unmiglioramento o la scomparsa del doloreo di altri sintomi. Tuttavia si tratta di ca-sistiche ancora limitate, tipiche dei tratta-menti innovativi, spesso assai eterogenee,tali da rendere estremamente difficile unacompleta definizione del ruolo che essa ri-veste nell’ambito della strategia terapeu-tica oncologica. Un ulteriore aspetto dasottolineare riguarda la necessità, dettatadalle regole della “medicina basata sulle

evidenze”, di attraversare le diverse fasidella sperimentazione clinica, dagli studidi fattibilità e tossicità a quelli di efficacia,sino alla dimostrazione di un reale van-taggio rispetto ad una terapia “standard”confermato da studi randomizzati. Allaluce di tutto questo, pur confermando l’e-stremo interesse scientifico per una meto-dica sicuramente innovativa e dalle indi-scusse prospettive, allo stato attuale delleconoscenze non è possibile affermare cheessa rappresenti una alternativa superio-re ai trattamenti convenzionali se non insituazioni cliniche selezionate.

… e quelle italianeAnche in Italia sono iniziate esperien-

ze in questo settore. Esistono sul territorionazionale almeno 4 o 5 centri di radiote-rapia già in grado di fornire questa pre-stazione ed altri seguiranno tra breve. Uncorso di aggiornamento per gli specialistiin radioterapia è già stato organizzato e sisvolgerà in cinque diverse città italiane tramaggio ed ottobre prossimo. Dalla fine delmese di marzo è disponibile l’aggiorna-mento del Censimento delle strutture edell’attività di radioterapia in Italia sul si-to Internet dell’AIRO www.radioterapiaita-lia.it, contenente oltre all’elenco di tutti icentri di radioterapia, un indirizzario deicentri a cui è possibile ottenere la presta-zione di radiochirurgia. Questo strumentoconsentirà di indirizzare i pazienti pressotali strutture, evitando viaggi e spese all’e-stero. In ogni caso, e sin da ora è, comun-que raccomandabile che il paziente inte-ressato si rivolga al centro oncologico di ri-ferimento della sua città o della sua regio-ne, dove potrà ottenere un parere motiva-to sull’indicazione al trattamento e sulmodo migliore per affrontarlo.

Prof. Roberto Orecchia,Presidente Associazione Italiana di

Radioterapia Oncologica

Prof. Francesco Cognetti,Presidente Associazione Italiana di

Oncologia Medica

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s t u d i c l i n i c i

Cancer 2003;97: 527–36

Impact of Germline BRCA1 Mutations andOverexpression of p53 on Prognosis and Response toTreatment following Breast Carcinoma10-Year Follow-Up Data

JOHN R. GOFFIN, M.D., PIERRE O. CHAPPUIS, M.D., LOUIS R. BE´ GIN, M.D., NORA WONG, M.SC., JEAN-SE´ BASTIEN BRUNET,M.SC., NANCY HAMEL, M.SC., ANN-JOSE´ E PARADIS, B.SC., JEFF BOYD, PH.D., WILLIAM D. FOULKES, M.B., PH.D.

ABSTRACT

Background: Overexpression of p53 has been associated with poor survival following breast carcinoma. BR-CA1 interacts biochemically with p53 and may also contribute to poor outcome when constitutionally mu-tated. The joint effect of both abnormalities has not been studied. The primary objective of this study wasto assess the impact of germline BRCA1 mutations and p53 overexpression on survival after 10 years of fol-low-up.Methods: A historical cohort of Ashkenazi Jewish women 65 years or younger with invasive breast carcino-ma was tested for BRCA1 founder mutations. p53 overexpression was assessed by immunohistochemistry.Clinicopathologic information was obtained by chart review.Results: In total, 278 women were analyzed. On univariate analysis, p53 overexpression (n 63) was progno-stic for worse overall survival (relative risk [RR] 2.6, P 0.001) whereas BRCA1 germline mutations (n 30)were of borderline significance (RR 1.9, P 0.052). In the lymph node-negative subpopulation, BRCA1 mu-tation status conferred a higher mortality on univariate (RR 5.6, P 0.001) and multivariate (RR 3.5, P 0.03)analyses. There was a trend in favor of a worse prognosis for women who carried a germline BRCA1 muta-tion and whose tumor overexpressed p53. When compared with noncarriers, BRCA1 mutation carriers hada worse overall survival if they did not receive adjuvant chemotherapy (RR 3.3, P 0.01) or adjuvant hormo-nal therapy (RR 2.3, P 0.02).Conclusions: Germline BRCA1 mutations and p53 overexpression carry a negative prognosis that is not ad-ditive to known prognostic factors. Given the experimental sensitivity of BRCA1-mutated cells to che-motherapy, the worse survival among BRCA1 mutation-carrying lymph node-negative breast carcinoma pa-tients may be partly explained by the significantly lower proportion of lymph node-negative patients who re-ceived adjuvant chemotherapy (P 0.001).

COMMENTO

Il tumore alla mamella rappresenta la prima causa di morte per tumore nella donna, in particolare nel-le donne tra i 35 e i 55 anni. A circa 183.000 donne viene diagnosticato ogni anno un tumore alla mam-mella, e circa 41.000 muoiono per questa malattia. (CA Cancer J Clin 2000).I geni BRCA appartengono alla categoria dei geni oncosoppressori e sono implicati nella riparazione delDNA. Alcune caratteristiche patologiche associate ad una prognosi peggiore sembrano presentarsi neitumori mammari con mutazione del BRCA-1 (grading elevato e negatività dei recettori per gli estrogenie i progestinici)Per ciò che concerne la correlazione tra la mutazione di BRCA1 e BRCA2 e la risposta alla chemiotera-pia, è stato evidenziato che pazienti portatori di queste mutazioni raggiungevano superiori risposte cli-niche e patologiche dopo chemioterapia neoadiuvante, rispetto ai non-carriers. (J Med Genet. 2002).

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J Clin Oncol 21:976-983

Improved Outcomes From Adding Sequential Paclitaxel butNot From Escalating Doxorubicin Dose in an AdjuvantChemotherapy Regimen for Patients With Node-PositivePrimary Breast Cancer

BY I. CRAIG HENDERSON, DONALD A. BERRY, GEORGE D. DEMETRI, CONSTANCE T. CIRRINCIONE, LORI J. GOLDSTEIN,SILVANA MARTINO, JAMES N. INGLE, M. ROBERT COOPER, DANIEL F. HAYES, KATHERINE H. TKACZUK, GINI FLEMING,JAMES F. HOLLAND, DAVID B. DUGGAN, JOHN T. CARPENTER, EMIL FREI III, RICHARD L. SCHILSKY, WILLIAM C. WOOD,HYMAN B. MUSS, AND LARRY NORTON

ABSTRACT

Purpose: This study was designed to determine whether increasing the dose of doxorubicin in or adding pa-clitaxel to a standard adjuvant chemotherapy regimen for breast cancer patients would prolong time to re-currence and survival.Patients and Methods: After surgical treatment, 3,121 women with operable breast cancer and involved lymphnodes were randomly assigned to receive a combination of cyclophosphamide (C), 600 mg/m2, with one ofthree doses of doxorubicin (A), 60, 75, or 90 mg/m2, for four cycles followed by either no further therapy orfour cycles of paclitaxel at 175 mg/m2. Tamoxifen was given to 94% of patients with hormone receptor–po-sitive tumors.Results: There was no evidence of a doxorubicin dose effect. At 5 years, disease-free survival was 69%, 66%,and 67% for patients randomly assigned to 60, 75, and 90 mg/m2, respectively. The hazard reductions fromadding paclitaxel to CA were 17% for recurrence (adjusted Wald 2 P.0023; unadjusted Wilcoxon P.0011) and18% for death (adjusted P.0064; unadjusted P.0098). At 5 years, the disease-free survival ( SE) was 65% ( 1)and 70% ( 1), and overall survival was 77% ( 1) and 80% (1) after CA alone or CA plus paclitaxel, respecti-vely. The effects of adding paclitaxel were not significantly different in subsets defined by the protocol, but inan unplanned subset analysis, the hazard ratio of CA plus paclitaxel versus CA alone was 0.72 (95% confi-dence interval, 0.59 to 0.86) for those with estrogen receptor–negative tumors and only 0.91 (95% confiden-ce interval, 0.78 to 1.07) for patients with estrogen receptor–positive tumors, almost all of whom received adju-

In questo articolo è stata valutata una coorte selezionata di donne ashkenazite affette da carcinomamammario per valutare l’interazione tra la mutazione di BRCA-1, l’overespressione di p53 e la prognosi. Delle 278 pazienti analizzate, le neoplasie mammarie con mutazione di BRCA-1 hanno una maggiorepossibilità di essere diagnosticate in età più giovane (46.7 vs. 53.8 anni), di avere un grading più alto(p=0,0001) e di avere una maggiore positività alla p53 (48,3% vs 20,5%) rispetto ai tumori senza mu-tazione di BRCA-1. Gli autori concludono che sebbene la presenza contemporanea di BRCA-1 mutato e overespressione del-la p53 comporta una prognosi negativa, questa non risulta essere additiva rispetto ai fattori prognosti-ci precedentemente noti. Chiaramente, ulteriori studi prospettici sono necessari per poter stabilire la mi-gliore strategia per le donne affette da neoplasia mammaria ereditaria.

s t u d i c l i n i c i

Cancer 2003;97:960–8.

Vascular Endothelial Growth Factor, CD68, andEpidermal Growth Factor Receptor Expression andSurvival in Patients with Stage II and Stage III Colon CarcinomaA Role for the Host Response in Prognosis

ALOK A. KHORANA, M.D., CHARLOTTE K. RYAN, M.D., CHRISTOPHER COX, PH.D., SHIRLEY EBERLY, M.S., DEEPAK M. SAHASRABUDHE, M.D.

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ABSTRACT

Background: The elucidation of new therapeutic targets of prognostic significance in colon carcinoma is ne-cessary to improve outcomes. In the current study, the authors examined the expression of epidermal growthfactor receptor (EGFR) and vascular endothelial growth factor (VEGF) in primary colon carcinoma cases andVEGF in tumor-associated macrophages (TAM)/stroma, and their correlation with survival.

vant tamoxifen. The additional toxicity from adding four cycles of paclitaxel was generally modest.Conclusion: The addition of four cycles of paclitaxel after the completion of a standard course of CA impro-ves the disease-free and overall survival of patients with early breast cancer.

COMMENTO

Il trial qui riportato è stato disegnato per valutare se i benefici derivanti da 4 cicli di chemioterapia se-condo lo schema AC (Doxorubicina e Ciclofosfamide) possono essere incrementati dall’aumento delladose della doxorubicina o dall’aggiunta del paclitaxel, farmaco noto per la non cross-resistenza con leantracicline. La diminiuzione delle dosi della doxorubicina, della ciclofosfamide e del fluorouracile sot-to i livelli standard hanno dimostrato di compromettere i benefici derivanti dalla chemioterapia adiu-vante. (J Natl Cancer Inst 90:1205-1211, 1998). Inoltre due studi che hanno valutato l’incremento di do-se della ciclofosfamide sopra i livelli standard, hanno fallito nel dimostrare benefici addizionali. In que-sto studio sono state arruolate 3.121 pazienti operate per un carcinoma della mammella con linfonodipositivi. Le pazienti dopo l’intervento sono state randomizzate per effettuare un trattamento adiuvanteche prevedeva l’uso della ciclofosfamide alla dose di 600 mg/mq associata alla doxorubicina a tre di-versi dosaggi: 60, 75, o 90 mg/mq. Per un totale di 4 cicli. Al termine dei 4 cicli i pazienti erano sele-zionati per ricevere o meno ulteriori 4 cicli di paclitaxel alla dose di 175 mg/mq. Alle pazienti che rice-vevano la doxorubicina alla dose di 90 mg/mq veniva somministrato routinariamente il G-CSF e la ci-profloxacina. Negli altri gruppi questo trattamento veniva effettuato solamente dopo un episodio di neu-tropenia febbrile.La dose escalation della doxorubicina in questo gruppo di pazienti non ha prodotto risultati significati-vi. Infatti, la sopravvivenza libera da malattia (DFS) a 5 anni è stata del 69%, 66% e 67% nelle pazien-ti che hanno ricevuto rispettivamente la doxorubicina alle dosi di 60, 75 e 90 mg/mq. Invece l’aggiunta di 4 cicli di paclitaxel ai 4 cicli di AC ha mostrato notevoli benefici. Infatti, a 5 anni, lasopravvivenza libera da malattia (DFS) e la sopravvivenza globale (OS) sono state del 70 e dell’80% ri-spetto al 65% e 77% dei pazienti che non avevano ricevuto il taxano.

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Methods: The authors identified 131 consecutive American Joint Committee on Cancer Stage II and Stage IIIcolon carcinoma patients seen at the University of Rochester between 1990–1995. Expression of VEGF, EG-FR, and CD68 were examined by immunohistochemistry in paraffin-embedded primary colon tumors andgraded as the percentage of cells stained. Data were analyzed using a multivariate Cox proportional hazardsmodel.Results: VEGF expression in tumor was not found to be significantly associated with survival. However, 42%of the patients expressed VEGF in TAM/stroma. The median survival in this group was 9.7 years versus 4.3years in the VEGF-negative (TAM/stroma) group (hazards ratio of 0.57, 95% confidence interval [95% CI],0.34–0.95; P 0.03). Although TAM infiltration alone was not found to be significant in multivariate analysis,the presence of both CD68 and VEGF (TAM/stroma) was predictive of improved survival (hazards ratio of0.48, 95% CI, 0.28–0.83; P 0.006). High grades of EGFR expression ( Grade 2) were found to be associatedwith a trend toward worsened survival.Conclusions: The greater than twofold increase in median survival associated with VEGF-expressing TAM sug-gests a hitherto unknown role for this subset of cells in the host response to colon carcinoma and requires furtherinvestigation. Overexpression of EGFR may be associated with worsened survival, providing a rationale fortrials of anti-EGFR agents as adjuvant therapy. Cancer 2003;97:960–8.

COMMENTO

Il carcinoma del colon-retto è una delle principali cause di morte cancro-correlate. In tutto il mondoogni anno vengono diagnosticati circa 900.000 nuovi casi e 500.000 sono i morti dovuti a questa pa-tologia.Attualmente il più importante fattore in grado di predire la sopravivenza è rappresentato dallo sta-tus linfonodale. D’altra parte questa variabile non è sufficiente a predire la prognosi del paziente.Infatti, circa il 20% dei pazienti affetti da carcinoma colorettale al II stadio e il 50% di quelli al III sta-dio non saranno vivi a 5 anni dall’intervento chirurgico radicale. L’angiogenesi rappresenta una delle tappe fondamentali per la crescita tumorale e per lo sviluppo ela diffusione metastatica. Il VEGF oltre ad agire come citochina pro-angiogenica, stimola la migrazionedei macrofagi. In questo articolo viene investigata la correlazione tra l’espressione dell’EGFR e del VEGF da parte del-le cellule tumorali e da parte dei macrofagi associati al tumore (TAM/stroma) in campioni di tumoriprimitivi del colon.Tra il 1990 e il 1995 sono stati valutati 131 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per carcino-ma del colon; tutti i pazienti appartenevano agli stadi II e III secondo la classificazione dell’ AmericanJoint Committee on Cancer.I risultati a cui sono giunti gli autori sono interessanti. Infatti il 42% dei pazienti appartenenti agli sta-di II e III presentavano macrofagi associati al tumore (TAM).Questi risultati sono associati ad un aumento della mediana di sopravvivenza (MS) di circa 2 volte.Potrebbero inoltre suggerirci che la presenza in sede tumorale di questa popolazione cellulare conespressione del VEGF al momento dell’intervento chirurgico possa rappresentare un fenomeno di ri-sposta dell’ospite al tumore del colon. Sarebbe così spiegata la differente mediana di sopravvivenzatra i pazienti che presentano TAM con espressione del VEGF e pazienti che invece non presentano que-sta caratteristica.Infine, una elevata espressione dell’EGFR nelle cellule tumorali sembra essere associata ad una mi-nore sopravvivenza.

a cura di Alain Gelibter Dipartimento Oncologia Medica - Polo Oncologico Istituto Regina Elena, Roma

rotonde verranno messi in discussionetemi che solo all’apparenza sembranoscontati, ma che necessitano invece dicostante approfondimento in una nuovavisione di integrazione terapeutica incontinua evoluzione. A tal riguardo unaspetto di innovazione potrà venire daicontributi di colleghi sul ruolo dei nuo-vi farmaci antiblastici e non, delle tera-pie orali e delle terapie cosiddette com-plementari.

Questo al fine di mettere in risalto iprogressi e i risultati più significativiraggiunti con l’integrazione delle tera-pie antitumorali nel terzo millennio, masoprattutto di focalizzare le problemati-che ancora aperte meritevoli di ulterio-re approfondimento e ricerca mirata.

Tutto ciò nella speranza di puntua-lizzare le più recenti acquisizioni e diabbandonare l’empirismo del passato,per una realtà clinica di vera integrazio-ne terapeutica, attraverso le sempre piùrapide conquiste biomolecolari, le con-ferme della terapia medica e le innova-zioni di tipo tecnologico.

Il convegno verrà inaugurato a Mes-sina nel pomeriggio dell’11 maggiopresso l’Aula Polifunzionale dell’Uni-versità-Papardo e proseguirà fino al 14mattina presso il Palazzo dei Congressidi Taormina.

All’interno del programma scientifi-co è stato inserito un Corso parallelo diaggiornamento di Nursing Oncologico,che si terrà nella giornata del 13, suddi-viso in 4 sessioni. In tale ambito saran-no trattati temi inerenti l’assistenza e lagestione del paziente oncologico, la for-mazione e l’informazione, con unaproiezione verso il futuro per quanto at-tiene la banca dati per l’assistenza in-fiermeristica e per il lavoro di equipe.Anche questo sarà un momento di con-fronto e di verifica di estremo interessetra le varie componenti sanitarie e noncoinvolte nella cura del paziente neo-plastico.

Prof. Vincenzo Adamo

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La VII Conferenza Nazionale AIOM

ha per tema “Le terapia integrate in on-cologia” e si terrà tra Messina e Taor-mina dall’11 al 14 maggio.

L’obiettivo principale di questa im-portante manifestazione scientifica è difare un update e di definire, passandodall’empirismo del passato alla realtàclinica di oggi, dove siamo e dove stia-mo andando in merito al complesso pro-cesso di integrazione multidisciplinareantitumorale. Tale evento contribuisce acompletare un percorso iniziato nel

1999 con l’incontro Regionale SicilianoAIOM-AIRO e proseguito nel 2001 con ilconvegno interregionale Sud-Isole AIOM-AIRO-SICO.

La Conferenza Nazionale, divenutauna delle manifestazioni più importan-ti nell’ambito della programmazionecongressuale AIOM, costituisce un mo-mento di riflessione su tematiche digrande rilievo. Sono convinto che anchequesto appuntamento sarà una nuovaimportante occasione di vero confrontoe aggiornamento tra tutte le realtà ope-

ranti in campo oncologico.La manifestazione preve-

de infatti la partecipazione diillustri colleghi, chirurghi eradioterapisti, e il coinvolgi-mento delle due più impor-tanti società scientifiche, laSICO e l’AIRO.

La Conferenza si artico-lerà in letture magistrali, ta-vole rotonde, simposi e dibat-titi; sono previsti contributisu tematiche inerenti la pato-logia neoplastica solida dimaggiore incidenza; inter-venti mirati a fare il punto sulruolo del chirurgo, del radio-terapista e dell’oncologo me-dico in una visione multidi-sciplinare del problema, oltread una serie di pro e controsui temi più controversi.Scorrendo il programma èinoltre possibile notare comenelle varie sessioni e tavole

Le terapie integratein oncologia

Dall’11 al 14 maggio è in programma a Taorminala VII Conferenza Nazionale AIOM

appuntamenti