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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2007 EDITORIALE Garibaldi Massone 3 Garibaldi, the Mason 15 Gustavo Raffi Perché sono diventato e sono rimasto un Massone? 15 Pietro Francesco Bayeli Il Fondo RLI-Gregogna-La Loggia “Italia” 450 21 Enrico Serventi Longhi La Stella e i fondamenti dell’astrologia 33 Pietro Mander Glossario ebraico-muratorio 47 Felice Israel Cristianesimo e Religione 59 Ovidio La Pera NMR: Nuovi Movimenti Religiosi. NMM: Nuovi Movimenti Magici. Perché gli dei ritornano 69 Antonio D’Alonzo Le discipline psicologiche e la Massoneria a Parigi e Roma all’inizio del Novecento 83 Renato Foschi ed Elisabetta Cicciola SEGNALAZIONI EDITORIALI 97

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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 1/2007

• EDITORIALE

Garibaldi Massone 3Garibaldi, the Mason 15

Gustavo Raffi

Perché sono diventato e sono rimasto un Massone? 15Pietro Francesco Bayeli

Il Fondo RLI-Gregogna-La Loggia “Italia” 450 21Enrico Serventi Longhi

La Stella e i fondamenti dell’astrologia 33Pietro Mander

Glossario ebraico-muratorio 47Felice Israel

Cristianesimo e Religione 59Ovidio La Pera

NMR: Nuovi Movimenti Religiosi. NMM: Nuovi Movimenti Magici.Perché gli dei ritornano 69

Antonio D’Alonzo

Le discipline psicologiche e la Massoneria a Parigi e Roma all’inizio del Novecento 83Renato Foschi ed Elisabetta Cicciola

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 97

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EDITORIALE

Garibaldi Massone*

di Gustavo RaffiGran Maestro del Grande Oriente d’Italia

Palazzo Giustiniani

l 13 marzo 1848, all’atto di abban-donare quell’America Latina che loaveva visto per quindici anni pro-

tagonista delle lotte per la libertà, l’ultimosaluto di Garibaldi fu per i Fratelli dellaLoggia “Les Amis de la Patrie” di Monte-video.

Mio caro fratello – scrisse ad A d o l p h eVaillant – poiché i miei impegni m’impedi -scono di soddisfare il desiderio di andarmia congedare di persona dai miei carissimifratelli della loggia, vi prego di voler averela bontà di presentare voi stesso al lororispettabile consesso i miei addii, i mieiauguri per la loro felicità e la mia speran -za di conservarmi, in qualunque parte delmondo io mi trovi, loro devoto fratello esempre pronto a dedicarmi al sacro rito, alquale ho l’onore di appartenere.

Mai parole potevano essere più rivelatri-ci e profetiche; poiché l’adesione alla Mas-

soneria fu per Garibaldi non certo un episo-dio casuale ed effimero ma una scelta medi-tata e vincolante, che egli maturò a metàdella sua esistenza e mantenne in modoconsapevole fino alla morte. Sfrondata ditaluni orpelli esoterici e rituali, che eglimostrò di non tenere in grande considera-zione, la Massoneria fu per Garibaldi, spe-cie dopo il 1860, un luogo di aggregazionee uno strumento organizzativo del qualecercò a più riprese di avvalersi per realizza-re i propri progetti politici e culturali.

L’organizzazione massonica – ha scrit-to Mola – fu dunque pensata da Garibaldiquale rete atta a ricondurre all’unità lealtrimenti disperse forze del rinnovamen -to italiano: all’interno, con la formazionedi una dirigenza nuova, capace di guarda -re agli sconfinati orizzonti aperti dallo svi -luppo delle scienze (medicina, chimica,fisica, antropologia, etc.), invece di rim -

* The editorial staff decided not to accompany the present contribution with its short abstract as thesame is fully presented in the English version in the next pages.

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• 4 •EDITORIALE

picciolirsi nelle meschine gare per il pote -re; verso l’esterno, con l’inserimento diquella dirigenza in un circuito intel -lettuale le cui colonne d’Ercole,unificata l’Italia, erano la federazio -ne d’Europa, la formazione deigrandi sistemi etnico-linguistici(slavi, anglosassoni, latini etc.) e,infine, l’‘unità mondiale’ dell’uma -nità affratellata da un empitocostruttivo.

E la Massoneria a sua volta –vale la pena sottolinearlo – utilizzòGaribaldi, sia prima che dopo lasua morte, come straordinariot e s t i m o n i a l e come veicolo di pro-paganda dei propri ideali.

Garibaldi – come ricorda Ful-vio Conti in un articolo apparso suH i r a m nel 2002, in occasione delcentoventesimo anniversario dellamorte – venne iniziato alla Masso-neria nel 1844, all’età di trentasette anni,nella Loggia “L’Asil de la Vertud” di Mon-tevideo, una Loggia irregolare; emanazionedella Massoneria brasiliana, non ricono-sciuta dalle principali Obbedienze massoni-che internazionali, quali erano la Gran Log-gia d’Inghilterra e il Grande Oriente diFrancia. Sempre nel corso del 1844 egliregolarizzò tuttavia la sua posizione pressola Loggia “Les Amis de la Patrie” di Mon-tevideo posta all’obbedienza del GrandeOriente di Parigi. Anch’egli entrò quindi inMassoneria durante l’esperienza dell’esilio,profittando dell’asilo che trovarono nelleLogge tutti quei rifugiati politici dei paesieuropei governati da regimi dispotici e osti-li a ogni apertura in direzione democratica e

nazionalistica. Garibaldi frequentò poi leLogge massoniche di New York nel 1850 e

quelle di Londra intorno al1853-’54, dove entrò in con-tatto con alcuni esponenti del-l’internazionalismo democrati-co aperti ai contributi del pen-siero socialista e inclini a col-locare la Massoneria su posi-zioni fortemente antipapiste.

Soltanto nel giugno 1860,nella Palermo appena conqui-stata, Garibaldi venne elevatoal grado di Maestro Massone esempre a Palermo, nel 1862, ilSupremo Consiglio del RitoScozzese Antico ed A c c e t t a t o ,luogo di raccolta di Massoniitaliani di fede repubblicana eradicale, gli affidò il titolo diGran Maestro. Il GrandeOriente Italiano, ricostituito a

Torino nel 1859 e inizialmente dominato daesponenti vicini a Cavour, affidò invece lacarica di Gran Maestro a Costantino Nigrae conferì a Garibaldi soltanto il titolo onori-fico di “primo Libero Muratore italiano”.Accettando il titolo di Gran Maestro del-l’obbedienza siciliana Garibaldi scrisse:

Assumo di gran cuore il supremo uffi -cio di capo della Massoneria Italiana costi -tuita secondo il Rito Scozzese Riformatoed Accettato. Lo assumo perché mi vieneconferito dal libero voto di uomini liberi, acui devo la mia gratitudine non solamenteper l’espressione della loro fiducia in menello avermi elevato a così altissimo posto,quanto per l’appoggio che essi mi diederoda Marsala al Volturno, nella grande ope -

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• 5 •Garibaldi massone, G. Raffi

ra dello affrancamento delle provincemeridionali. Codesta nomina a Gran Mae -stro è la più solenne interpretazione delletendenze dell’animo mio, de’ miei voti;dello scopo cui ho mirato intutta la mia vita. Ed io vi dosicurtà che mercé vostra e col -la cooperazione di tutti inostri fratelli, la bandiera d’I -talia, ch’è quella dell’umani -tà, sarà il faro da cui partiràper tutto il mondo la luce delvero progresso.

Si stava preparando, inquello scorcio del 1862, laspedizione per la liberazionedi Roma che sarebbe statainterrotta il 29 agosto dallefucilate di Aspromonte. Gari-baldi, accettando la caricao ffertagli dall’obbedienzascozzesista siciliana, dimo-strò che in quella fase egli identificava laMassoneria con il programma nazionale eintendeva avvalersi di essa quale strumentoorganizzativo e di raccordo fra le varie cor-renti democratiche. Non a caso, appenagiunto in Sicilia, presenziò all’iniziazionedel figlio Menotti (il l luglio) e firmò eglistesso (il 3 luglio) la proposta di aff i l i a z i o-ne dell’intero suo stato maggiore (PietroRipari, Giacinto Bruzzesi, Francesco Nullo,Giuseppe Guerzoni, Enrico Guastalla e glialtri). In prospettiva, una volta completatala lotta per l’indipendenza nazionale, il pro-getto politico della Massoneria doveva peròidentificarsi con un disegno più ampio e piùambizioso, quello del riscatto e dell’eman-cipazione dell’intera umanità.

Fu il fallimento dell’impresa dell’agosto1 8 6 2 – ha osservato Aldo A l e s s a n d r oMola – a spingere Garibaldi su posizionidi anticlericalismo intransigente.

In effetti, da quel momentoin poi il generale manifestò unasempre più convinta adesionealle posizioni della Massone-ria, che fu la principale sosteni-trice nella penisola di un laici-smo inflessibile e di una guerraa oltranza contro la Chiesa cat-tolica. L’obiettivo politico del-la liberazione di Roma daldominio pontificio ben siconiugava evidentemente conl’obiettivo di dar vita a unoStato laico e democratico, oveil potere temporale dei papifosse soltanto un ricordo. D’al-tro canto – come scrive Fulvio

Conti – anche dentro il GrandeOriente d’Italia la componente democraticadi provenienza garibaldina cominciava aconsolidare la propria presenza e a imporrele proprie scelte politiche e ideologiche. Nonstupisce perciò che la prima vera Costituen -te massonica italiana, quella che si tenne aFirenze nel maggio 1864 con la partecipa -zione di 72 delegati, riuscisse finalmente aeleggere Garibaldi, a larghissima maggio -ranza, come nuovo gran maestro.

Come è noto, egli detenne questa caricasolo per pochi mesi. Troppo vivaci erano gliscontri in atto proprio in quel periodo fra ivari gruppi della sinistra italiana perchéquesti potessero riconoscersi nella l e a d e r -s h i p unificante di Garibaldi, come era acca-

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• 6 •EDITORIALE

duto nel recente passato. Il futuro GranMaestro Lodovico Frapolli vide nella nomi-na di Garibaldi un passo indietro rispetto alprogetto di depoliticizza-zione della Massoneria chetanto gli stava a cuore, unprogetto che mirava aimpiantare anche in Italiauna Massoneria di model-lo anglosassone, estraneaalle beghe di partito.

È già una fatalità –scrisse Frapolli a Mordini,commentando l’elezionedi Garibaldi – che le circo -stanze ci abbiano forzati ascegliere per l’Italia, agran maestro, un uomopolitico. Inconveniente chenon può essere tollerato, senon ammettendo la funzione che Garibal -di sia la bandiera del popolo, il mito incar -nato dell’umanitarismo, mentre d’altron -de, se quel nome è da tutti accettato, egli èperché ognuno presume che il generale sicontenti di questo rôle eccezionale e non sene mescoli altrimenti.

In realtà Garibaldi, come si è già detto,non pensava affatto che la Massoneriadovesse estraniarsi dalle vicende politichenazionali, almeno fino a quando Roma fos-se rimasta sotto la dominazione dei papi.Così nel maggio 1867, alla vigilia dellaCostituente Massonica di Napoli, egli lan-ciò un celebre appello a tutti i “fratelli” del-la penisola:

Come non abbiamo ancora patria per -ché non abbiamo Roma, così non abbiamo

Massoneria perché divisi. [...] Io sono diparere che l’unità massonica trarrà a sél’unità politica d’Italia. Facciasi in masso -

neria quel fascio Roma -no che ad onta di tantisforzi non si è potutoancora ottenere in poli -tica. Io reputo i masso -ni eletta porzione delpopolo italiano. Essipongano da parte lepassioni profane e conla coscienza dell’altamissione che dallanobile istituzione mas -sonica gli è affidata,creino l’unità moraledella Nazione. Noi nonabbiamo ancora l’unitàmorale; che la masso -neria faccia questa, e

q u e l l a [l’unità della nazione] sarà subitof a t t a . [...] L’astensione è inerzia, è morte.Urge l’intendersi, e nell’unità degli inten -dimenti avremo l’unità di azione.

La Costituente napoletana del 1867 eles-se Garibaldi Gran Maestro Onorario delGrande Oriente d’Italia, obbedienza ormaiconquistata dagli esponenti della sinistra diorientamento democratico. Il legame conl’istituzione liberomuratoria divenne quindisaldissimo, e altrettanto profonda fu l’iden-tificazione con gli ideali e i valori culturalidi cui essa si faceva portavoce. E non incri-narono questo rapporto neppure i dissaporimanifestatisi in occasione dell’Anticonciliodi Napoli del 1869, a cui egli aderì congrande entusiasmo e dal quale la Massone-ria, per volere di Frapolli, rimase invecesostanzialmente estranea.

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• 7 •Garibaldi massone, G. Raffi

Nel 1872 Garibaldi rilanciò con estremachiarezza quello che sarebbe divenuto ilprincipale progetto politicodei suoi ultimi anni di vita eil testamento ideale che egliavrebbe lasciato alla sinistraitaliana post-risorg i m e n t a l e :l’idea cioè – rileva ancoraConti – di riunire in unfascio comune tutte le cor -renti della democrazia, tuttele forze impegnate nella dif -fusione dei valori della cul -tura laica, della libertà, delprogresso, di un riformismoche accettava di muoversiall’interno del quadro istitu -zionale vigente pur nonrinunciando alla prospettivadi cambiamenti più radicaliin un lontano futuro. LaMassoneria doveva farsi promotrice di que-sto progetto e fornire il collante ideologicoe organizzativo di cui esso necessitava peressere coronato dal successo.

Perché tutte le associazioni italiane ten -denti al bene – si domandava nel 1873 –non si affratellano e non si pongono peramore d’indispensabile disciplina sotto ilvessillo democratico del Patto di Roma?[...] La più antica e la più veneranda dellesocietà democratiche, la Massoneria; nondarà essa l’esempio di aggregazione alfascio italiano? Le società operaie, interna -zionali, artigiane, etc. non portano esse nelloro emblema la fratellanza universale,quanto la Massoneria? Formate il fascio,adunque, repubblicani ringhiosi; stringe -tevi intorno al Patto di Roma.

Nell’ultimo scorcio della vita la coinci-denza fra le sue posizioni e quelle della

Massoneria fu pressochétotale. Basterà ricordare ilsuo impegno nelle file delmovimento pacifista e labattaglia, che vide ovun-que i Massoni in primafila, per promuovere lacostituzione di org a n i s m idi arbitrato a livello inter-nazionale che scongiuras-sero il ricorso alle guerre.Oppure le sue battaglieper il suffragio universale,per l’emancipazione fem-minile, per la diff u s i o n edell’istruzione obbligato-ria, laica e gratuita: tuttitemi che costituivano ilpatrimonio comune della

sinistra democratica italiana di matricer i s o rgimentale e che la Massoneria inserìnel proprio programma e decise di sostene-re con le modalità più diverse. Quanto allaquestione dell’emancipazione della donna,egli dimostrò di darne un’interpretazionemolto concreta e spregiudicata anche all’in-terno del mondo massonico: nell’archiviostorico del Grande Oriente d’Italia si con-servano documenti del 1867 con i quali egliconferiva i gradi massonici anche alle don-ne. Un tema, allora come oggi, oggetto diaccesi dibattiti e di contrastanti visioniall’interno delle varie obbedienze libero-muratorie.

Ma si pensi, per avere una conferma del-la forte consonanza di vedute che vi fuanche sul versante del razionalismo positi-

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• 8 •EDITORIALE

vistico e della militanza anticlericale, all’a-desione che Garibaldi dette al movimentoper diffondere in Italia l’idea e la praticadella cremazione: movi-mento che fu diretta-mente promosso dalleLogge massoniche eche ebbe fra i suoimaggiori dirigentimolte figure di primopiano della Massone-ria. E molto fece discu-tere in Italia, dopo lamorte di Garibaldi, ilmancato rispetto dellesue ultime volontà, cheerano quelle appuntodi vedere il suo corporitornare cenere.

Quando Garibaldi morì la Massoneria futra le forze politiche e sociali italiane quel-la che più di altre si incaricò di conservarnela memoria e di alimentarne il mito. Spe-cialmente negli anni di Crispi, intorno allafigura di Garibaldi si cercò di costruire unareligione civile imperniata sul mito laico delR i s o rgimento, e la Massoneria, all’epocasotto la guida di Adriano Lemmi, ebbe unruolo notevolissimo nel favorire la riuscitadell’operazione. “Garibaldi” fu il nome digran lunga più diffuso fra quelli dati alleLogge della penisola o alle Logge italiane

d’oltremare (in America Latina, in A f r i c adel Nord, etc.); altre denominazioni, come“Caprera”, “Luce di Caprera”, “Leone di

Caprera”, erano ispiratedalla medesimavolontà di rendereomaggio all’eroe niz-zardo. La Massoneriapromosse inoltreinnumerevoli ceri-monie, commemo-razioni, inaugurazionidi lapidi e monumen-ti alla memoria diGaribaldi. La piùimportante di questeiniziative fu l’inaugu-razione a Roma delmonumento sul Giani-

colo, che si tenne emblematicamente il 20settembre 1895, nel venticinquesimoanniversario di Porta Pia, quando quelladata memorabile venne per la prima voltacelebrata come festa civile della nazioneitaliana. Una ricorrenza che solo il pattoscellerato fra fascismo e Chiesa cattolicadel 1929 avrebbe cancellato dal calendariodelle festività nazionali, simbolo di unapatria finalmente costruita nel segno dellademocrazia e della laicità, alla quale siaGaribaldi che la Massoneria avevano datoun contributo determinante.

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Garibaldi, the Mason

by the Most Worshipful Brother Gustavo RaffiGrand Master of the Grande Oriente d’Italia - Palazzo Giustiniani

t was the thirteenth of March, 1848,when Garibaldi left Latin A m e r i c awhere, for fifteen years, he had

been a protagonist in the fight for freedom.On that occasion his last words were for theBrethren of the “Les Amis de la Patrie”Lodge in Montevideo.

My dear brother – he wrote to A d o l p h eVaillant – as my engagements prevent mefrom carrying out my desire to take leave,in person, of my dear brethren of the lod -ge, I beg you to be good enough as to passon, at their respectable meeting, mygoodbyes, my wishes for their happinessand my hope that, wherever I may be inthe world, I will remain their devoted bro -ther, always ready to dedicate myself tothe Sacred Rite to which I have the honourof belonging.

Never could words be more revealingand prophetical, as for Garibaldi, joiningthe Masonry was certainly not a chance,ephemeral episode but a pondered and

binding choice made half-way through hislife and consciously kept to until his death.

Once devoid of some esoteric and ritualtrimmings, which Garibaldi openly did notconsider highly, Masonry was for him,especially after 1860, a meeting place and ameans of organisation which he more thanonce tried to make use of to carry out hisown political and cultural plans.

Masonic organisation – wrote Mola –was thought of by Garibaldi as a networkable to unite the otherwise dispersed forcesof the Italian renewal: from the inside, byforming new leaders able to look to theboundless horizons opened up by progressin the sciences (medicine, chemistry,physics, anthropology etc.) rather thanbecome small-minded through the pettystruggles for power, and from the outsideby placing those leaders in an intellectualcircuit whose Pillars of Hercules, onceItaly was unified, were a European federa -tion, the formation of great ethnic-lingui -stic systems (Anglo-Saxon, Latin, Slavic

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• 10 •EDITORIAL

etc.) and finally “worldwide” unity ofhumanity kept together in a brotherly wayby constructive ideals.

It is worth under-lining that the Mason-r y, in its turn, usedGaribaldi both beforeand after his death asan exceptional testi-monial and as a meansof propaganda of theirideals.

Garibaldi, as Ful-vio Conti recounts inan article published inH i r a m in 2002, on theoccasion of the onehundred and twentiethanniversary of hisdeath, was initiatedinto Masonry in 1844,at the age of thirty-seven, in the “L’ Asil dela Vertud” Lodge in Montevideo. This wasan unlawful Lodge stemming from theBrazilian Masonry which was not recog-nised by the main international MasonicGrand Lodges, like the Grand Lodge ofEngland and the Grand Orient of France.

L a t e r, in 1844, he regularised his posi-tion joining the “Les Amis de la Patrie”Lodge, in Montevideo, under the obedienceof the Grand Orient of Paris. So, alsoGaribaldi entered the Masonry during hisexile taking advantage of the asylum,which was offered by the Lodges to all thepolitical refugees of European countriesgoverned by despotic regimes, which werehostile to any democratic or nationalistico p e n i n g .

Garibaldi then attended the MasonicLodges of New York in 1850 and of Lon-don in 1853-‘54, where he met several sup-

porters of democratici n t e r n a t i o n a l i s m ,whose minds wereopen to makingsocialist thoughtstheir own and givethe Masonry astrong anti-papalstand.

Only in June1860, in the newlyconquered Palermo,Garibaldi was raisedto the grade of Mas-ter Mason and then,in 1862, theSupreme Council ofthe Ancient and

Accepted ScottishRite, a meeting place for Italian Masons ofrepublican and radical ideals, gave him thetitle of Grand Master. The Italian GrandeOriente, reconstituted in Turin in 1859 andinitially dominated by members close toCavour, gave, on the other hand, the role ofGrand Master to Costantino Nigra and onlythe honorary title of “First Italian Freema-son” to Garibaldi. Accepting the title ofGrand Master of Sicilian obedienceGaribaldi wrote:

I willingly take on the supreme office ofhead of the Italian Masonry constitutedaccording to the Reformed and AcceptedScottish Rite. I take it on because it wasconferred on me by the free votes of freemen, to whom I owe my gratitude not

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• 11 •Garibaldi, the Mason, G. Raffi

only for the trust shown me in elevatingme to such a high position but also for thehelp they gave me from Marsala to Vol -turno, in the great task of freeing the sou -thern provinces. Mynomination of GrandMaster is the mostsolemn interpreta -tion of the tendenciesof my very soul, ofmy votes, of the aimstowards which I haveworked all my life. Iassure you that withyour mercy and withthe cooperation of allour brethren, the Italian flag, which is thatof humanity, will be the beacon fromwhich the light of true progress will beshed all over the world.

In that second half of 1862, the expedi-tion for the liberation of Rome was beingprepared, but is was to be interrupted on thetwenty-ninth of August, when he waswounded in the thigh in the shootingexchange in Aspromonte. Garibaldi, accep-ting the role offered to him by the SicilianScottish obedience, demonstrated that, inthat phase, he identified the Masonry withthe national programme and intended to useit as a means of organisation and meetingpoint of the various democratic currents. Itwas not by chance that, once arrived in Sici-l y, he attended the initiation of his sonMenotti (the first of July) and he in personsigned (on the third of July) the proposal ofa ffiliation of the whole of his general staff(Pietro Ripari, Giacinto Bruzzesi,Francesco Nullo, Giuseppe Guerzoni, Enri-co Guastalla and others). In the long term,

once the fight for national independencewas completed, the political plan of theMasonry was to identify itself with a wider

and more ambitiousaim, that of liberationand emancipation ofthe whole of huma-n i t y.

It was the failureof the venture ofAugust 1862 –observed Aldo A l e s-sandro Mola – t h a t

led Garibaldi to takeup an intransigent anti-clerical stand.

Basically from that moment on, it couldbe seen that the General was more and moreconvinced of his adhesion to the position ofthe Masonry, which was the main supporterin the peninsula of an inflexible laicism andof war to the death against the CatholicChurch. The political objective of the libe-ration of Rome from the papal dominionwas obviously at one with the objective togive birth to a laic and democratic state, inwhich the temporal power of the Popes wasonly a memory. At the same time – as Ful-vio Conti writes – even inside the GrandeOriente d’Italia the democratic componentstemming from Garibaldi started to conso-lidate its presence and impose its own poli-tical and ideological choices. It is not sur -prising therefore that the first real ItalianMasonic Constituent Assembly, which washeld in Florence in May 1864, with the par -ticipation of seventy–two delegates, finallymanaged to elect Garibaldi, with a greatmajority, as the new Grand Master.

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As known, Garibaldi held this positionfor only few months. The clashes in actbetween the various Ita-lian left-wing groupswere too lively to per-mit them to cometogether under the uni-fying leadership ofGaribaldi as had hap-pened in the recentpast. The future GrandMaster LudovicoFrapolli saw the nomi-nation of Garibaldi as astep back, respect to theplan he had very muchat heart – to de-politicisethe Masonry – a plan that aimed at settingup also in Italy an Anglo-Saxon model ofMasonry which was not subject to politicalparty problems.

It is already a fatality – Frapolli wroteto Mordini, commenting on the election ofGaribaldi – that circumstances have forcedus to choose, for Italy, a politician asGrand Master. An inconvenience thatcannot be tolerated without admitting thefunction of Garibaldi as the banner of thepeople, the incarnate myth of humanitaria -nism, while in other respects if his name isaccepted by all, it is because everyone pre -sumes that the General is happy with thisimportant r ô l e and he does not concernhimself otherwise.

A c t u a l l y, Garibaldi, as has already beensaid, did not think at all, that national poli-tical events should be separate from theM a s o n r y, at least while Rome remained

under the dominion of the Popes. So in May1867, on the eve of the Masonic Constituent

Assembly in Naples,he made a famousappeal to all theBrethren of thepeninsula.

As we do notyet have a countrybecause we do nothave Rome, so wedo not have aMasonry because itis divided [...]. I amof the opinion thatMasonic unity will

lead to the politicalunity of Italy. Let, in the masonry, thatRoman fasces be made that notwithstan -ding great effort has not yet been be obtai -ned in politics. I believe the masons to bean elect part of the Italian people. Let themput aside their profane passions and withthe awareness of the high mission that thenoble masonic institution has entrustedthem to create the moral unity of theNation. We still do not have moral unity;let the masonry achieve this and the other[the unity of the nation] will immediatelybe achieved [...]. Abstention is inertness, itis death. I urge understanding, and in theunity of understanding we will have unityof action.

The Naples Constituent Assembly of1867 elected Garibaldi as the HonoraryGrand Master of the Grande Oriente d’I-talia, obedience by now acquired by themembers of the democratic left-wing. T h etie with the institution of the Freemasons

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• 13 •Garibaldi, the Mason, G. Raffi

therefore became very strong, and just asstrong was the identification with the idealsand cultural values ofwhich it wasspokesperson. T h erelationship was noteven ruined after theslight disagreementswhich occurred onthe occasion of theAnti-council ofNaples in 1869which Garibaldijoined with greatenthusiasm and fromwhich the Masonry,through the will ofFrapolli, had pratical-ly nothing to do with.

In 1872 Garibaldi re-launched withabsolute clarity what was to become themain political plan of the last years of hislife, and the ideal testament that he wouldleave to the post-Risorgimento Italian left-wing: the idea – as pointed out by Conti – t ogather together into one common bundle allthe democratic currents, all the forces work -ing towards the spreading of the values ofthe laic culture, of freedom, of progress, of areformism that accepted to move within theinstitutional framework in force, withoutabandoning the prospects of more radicalchanges in the distant future. The Masonrywas to promote this plan and supply theideological and organising cohesive whichit needed to be crowned with success.

Why do not all the Italian associationsinclined to good – he asked himself in

1873 – join together and place themselves,for the love of indispensable discipline,

under the democraticbanner of the Pactof Rome ? [ . . . ] .Why does not themost ancient andthe most revered ofdemocratic socie -ties, the Masonry,set an example ofaggregation underthe Italian bund -le? The societies,working class,international, arti -san etc., do nothave into theiremblems incorpo -

rate universal Bro -therhood, like the Masonry? Constitutethe bundle, therefore, growling republi -cans; join together around the Pact ofRome.

In the last part of his life, his positionand that of the Masonry practically over-lapped. It is enough to remember his zeal inthe ranks of the pacifist movement and thebattle, that saw everywhere Masons in thefront line to promote the constitution ofarbitration panels at an international level toprevent resorting to war, or else his battlesfor universal suffrage, for women’s emanci-pation, for the diffusion of compulsory laicfree education, all themes that constitutedthe common patrimony of the democraticItalian left-wing of Risorgimento matrixand that the Masonry included in their ownprogramme and decided to support in manyd i fferent ways. As far as women’s emanci-

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pation is concerned, he gave an extremelyconcrete and open-minded interpretation,even for the Masonicworld: in the historicalarchives of the GrandeOriente d’Italia, docu-ments dating back to1867, are kept with whichhe conferred Masonicdegrees also to women. Atheme, then as now, objectof heated debates and con-trasting visions within thevarious Masonic GrandLodges.

To have confirmationof the strong consonanceof points of view that alsoexisted on the side of posi-tivistic rationalism and the anti-clerical mi-l i t a n c y, just consider the adhesion Garibal-di gave to the movement to spread, in Italy,the idea and the practice of cremation: amovement that was directly promoted bythe Masonic Lodges and that had manyprominent figures of the Masonry among itsmost important leaders. After the death ofGaribaldi, the failure to carry out his lastwishes, which were to have his body returnto ashes, was much talked about.

When Garibaldi died the Masonry was,out of the political and social Italian forces,the one, that more than others, took it uponitself to keep his memory alive and nourishthe myth.

Especially in the years of Crispi, it wasattempted to build a civil religion around

the figure of Garibaldi centred on the laicmyth of the Risorgimento, and the Mason-

r y, under the guide of A d r i a -no Lemmi at the time,played an extremely note-worthy role in contributingto the success of operation.“Garibaldi” was by far themost popular name out ofthose given to both theLodges of the peninsula andto those Italian ones over-seas (in Latin America, inNorth Africa etc.): othernames, like “Caprera”,“Luce di Caprera”, “Leonedi Caprera”, were inspiredby the same desire to pay

homage to the Nice hero: The Masonry,besides, promised innumerable ceremonies,commemorations, inaugurations of memo-rial tablets and monuments in the name ofGaribaldi. The most important of these ini-tiatives was the inauguration of the monu-ment on the Gianicolo hill in Rome, whichwas held symbolically on the twentieth ofSeptember 1895, the twenty-fifth anniver-sary of Porta Pia. It was the first time thatmemorable date was celebrated as a civilholiday of the Italian nation. A r e c u r r e n c ethat only the wicked pact between Fascismand the Catholic Church, in 1929, wouldremove from the calendar of national holi-days: the symbol of a country finally builtin the name of democracy and laicality, towhich both Garibaldi and the Masonry hadgiven a determining contribution.

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Perché sono diventato e sono rimasto un Massone?

di Pietro Francesco BayeliUniversità di Siena

When we are Nel mezzo del cammin di nostra vita (Dante, Inferno, canto 1°),it is natural to produce a final balance considering why we became and we conti-nue to be Freemason.Many reasons made us comply with Freemasonry: curiosity, imitation, intellectu -al interest, supposed personal benefits. There are also many motives under our per -manency: rationality, freedom, equality, brotherhood, love; they express a form ofdialogue that carry ourself to wisdom by means of a continue maturation.A part of the dialogical patrimony of a Lodge is to be found in esoteric and philo -sophic, historical, political, religious researches. A Lodge is a place of p a t h o s a n da gym for thought through the application of tradition, rituality, liturgy, compo -sure and dignity.

empo fa in una tornata serale diLoggia, la mia Loggia, Monta-perti n° 722 all’Oriente di

Siena, il Maestro Venerabile introdusse,quale argomento di discussione, le moti-vazioni che potevano avere determinato inciascuno dei Fratelli presenti l’ingresso inMassoneria.

Non nascondo che lì per lì mi parve unripiego tanto per riempire una serata noiosa,priva di fatti e di argomenti, come a voltepuò capitare. Dalla esposizione dei singoliFratelli emerse invece un quadro variegato

e variopinto di profonda umanità, di since-ra confessione, di patetici ricordi, di volen-terosa perseveranza nel presente, di ansiosaricerca del futuro.

Le motivazioni di un coinvolgimentomassonico, addotte quella sera dai Fratellipresenti in Loggia, si potevano riassumerenella curiosità con cui da profani si eranoavvicinati ad una istituzione austera e riser-vata, ricoperta anche da un’antica segretez-za che, per il suo carattere esoterico, avevaconcorso a stimolare un tale impetuoso sen-timento. Ma non era soltanto una ricerca di

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conoscenza, un desiderio di sapere, moltialtri stimoli partecipavano alla composizio-ne della decisione finale di entrare a far par-te della Massoneria. Alcuni Fratelli sidichiararono infatti figlid’arte in quanto avevanovissuto e vivevano rap-porti massonici familiari– prevalentemente paterni– oppure di stretta eda ffettuosa amicizia conparenti o amici che ave-vano loro ispirato fiducia,serenità, amore, giustizia.Altri ancora denunciava-no il loro ingresso inMassoneria quale conse-guenza emotiva e razio-nale di un loro studio sul-la istituzione, inizialmente condotto perscopi puramente professionali, per esempiogiornalistici. Non è mancato chi, con gran-de sincerità, aveva posto tra le motivazionianche quella della ricerca di un personaletornaconto, di una ambita gratificazione dicarriera, nella convinzione di una l o n g am a n u s massonica, di una occulta potenzadella Istituzione. La scoperta che così nonera, invece di una disillusione aveva deter-minato un rimbalzo di fiducia, di conside-razione, di credibilità verso la Istituzionemassonica determinandone un attaccamen-to maggiore e una permanenza felice ec o s t a n t e .

Naturalmente mancavano, ma certo nonmancano, i disillusi, quei soggetti così inti-mamente profani e tenacemente calamitatidai metalli, da lasciare ben presto la Masso-neria; ma questi, fortunatamente, non c’era-

no più in Loggia, né quella sera né altre, araccontare il come e il perché del loro delu-dente e fugace incontro con la Comunione.

Se questi erano sommariamente i motiviche giustificavano larichiesta di un ingressoin Massoneria, nasce-va immediatamente ladomanda sulle ragioniche potevano aver raf-forzato la permanenzae consolidato il credomassonico.

Nella presentazionedelle singole esperien-ze venne affermato chela Massoneria racchiu-deva in sé potenzialitàed aspettative diverse,

tali da coagulare e soddisfare ideologiepolitiche, spiritualità religiose e perfino per-sonali e liberi pensieri filosofici.

Cos’è allora una Loggia? È un tempio, una chiesa, un partito, una

palestra di pensiero che attrae a sé con dedi-zione ed affetto i Massoni, i veri Massoni,quelli che sentono nostalgia e tenerezza perla propria casa massonica e per i Fratelli chela abitano. Nostalgia ed affetto che si ingi-gantiscono col tempo e si acuiscono finoanche alla melanconia, soprattutto neiperiodi di chiusura dei lavori.

Il tempio massonico è come una chiesa,una chiesa laica non dogmatica, una chiesailluministica dove la fede scaturisce dallaragione e la ragione dalla conoscenza. Equale conoscenza, cui fare riferimento, puòessere così ampia, così grande, così nitida esublime se non quella idealizzata in un

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• 17 •Perché sono diventato e sono rimasto un Massone?, P.F. Bayeli

Grande Architetto dell’Universo che rac-chiude in sé la Summa Ideologica, la perfe-zione del sapere universale, che tutto sa egoverna per mezzo del grande codice delleLeggi Naturali? Eccoquindi individuato ilprimo grande valoredi questa comunionemassonica: la R a z i o -n a l i t à, la Logica, unvalore fondante, stori-camente e massonica-mente datato 1717dell’Era dei Lumi.

Ma ancora altrivalori universali eimmutabili si aggiungono a fondamento delGrande Oriente: la libertà e l’amore.

Libertà di pensiero, di parola, di coscien-za, di azione; naturalmente non una libertàsfrenata o incontrollata, ma plasmata nellareciproca libertà di tutti, nel pluralismopolitico, religioso, culturale, individuale ecollettivo, in modo tale che non diventi pernessuno un sopruso o una sottomissione,bensì collante di un’unica grande meta: ilbene dell’uomo, dell’umanità.

L’A m o r e in Massoneria si può identifi-care nelle due ultime parole della triadeL i b e r t à , E g u a g l i a n z a, F r a t e l l a n z a. Cosasono infatti E g u a g l i a n z a e F r a t e l l a n z a s enon sinonimi, il primo, di vicinanza, analo-gia, affinità, concordanza, ed il secondo dicomprensione, amicizia, affetto, solidarietà,carità, e quindi entrambi fusibili e fruibili inuna unica grande parola: Amore?

Questa nostra fratellanza è quindi unacomunione di uomini che, in reciprocalibertà, rispetto e dignità, si desiderano, si

confrontano, si rispettano perché, contrap-posti o coincidenti che siano, hanno biso-gno gli uni degli altri. Bisogno di simpatia,di comunione, di identità reciprocamente

vissute e cerca-te, ma biso-gno anche dio p i n i o n idiverse, divisioni diver-se, di concet-ti diversi,perché è nelc o n f r o n t oche si svilup-pano le idee, i

punti di riferimento, di reciproche compa-razioni e quindi di conoscenza profonda,intima, suggellatrice di simpatie, di amici-zia, ovvero di disuguaglianza, di diversaopinione, ma mai di inimicizia tra personeaderenti ad uno stesso pensiero di egua-glianza, fratellanza e libertà. In queste pale-stre di pensiero quali sono le nostre Logge,i nostri Templi, le nostre laiche Chiese,ognuno di noi ha bisogno dell’altro, aff i n-ché i propri pensieri, le proprie idee, con-vinzioni e ideali abbiano una ricaduta, unconfronto, sia pure consensuale od opposi-tivo, purché le parole non rimangano ina-scoltate, sospese nell’aria, nel vuoto, neln u l l a .

Quindi, nel consenso e nel dissenso,abbiamo bisogno di confrontarci, abbiamobisogno di termini di paragone che solo glialtri Fratelli, gli altri uomini di questo “scel-to, selezionato conclave” ci possono dare.

Ed il mezzo con cui contattarci è il D i a -l o g o.

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La costanza dei contatti, dei rapporti,delle esperienze con i propri Fratelli, inarmonia o in disaccordo dialogico, sicura-mente ci maturano con lo scorrere del tem-po, ci portano a guardareindietro e valutare, noistessi, i nostri progressi,ricavarne o no soddisfa-zione, sensazione di com-piutezza, ma, nello stessotempo, guardando avantiavere sentimenti parados-sali, contrastanti di timo-re e stimolo. Timore perla presa di coscienza diquanto poco sappiamo,per la sorpresa di quantolimitata sia la nostra conoscenza, stimoloper quanto ancora c’è da fare, quanto dasapere, quanto ancora da conoscere e dacapire. Non ci dobbiamo spaventare, mariguardando indietro osservare quanta stra-da l’uomo ha fatto dai primordi della civil-tà ad oggi, dalla ferocia del passato allenostre attuali, incomplete, insoddisfacenticonquiste sociali di democrazia e di dirittiumani. È stato ed è un percorso diff e r e n z i a-to, disuguale per etnie, culture e popoli, fati-coso di millenni, che travalica la durata del-la vita di un uomo, e tuttavia è stato ed è unpercorso possibile proprio per l’apportosentito, sofferto, partecipato, consapevole ditanti piccoli uomini. Partecipiamo anchenoi, uomini piccoli, a questo progresso, aqueste conquiste a questa maturazione,anche se, piccole formichine, non avremo lasoddisfazione di constatarle.

È in atto quindi un processo di M a t u r a -z i o n e.

Maturazione che si esprime in un pacatosenso di completezza, di Saggezza.

La saggezza è quindi l’espressione mas-sima della maturazione e raggiungerà l’api-

ce, uno dei tanti apici,quando avremo pre-so coscienza che,dopo tanto studio,applicazione, ricerca,abbiamo raggiunto lasalda e modesta cer-tezza di non saperenulla, o perlomeno disapere assai poco afronte dell’immensi-tà dello scibile.

Se la nostra Co-munione è una fratellanza di uomini biso-gnosi gli uni degli altri di un reciproco dia-logo, utile alla maturazione di una singolae collettiva saggezza, ebbene i fondamentidi questo dialogo sono i C o n t e n u t i.

Qui, nel Tempio, parliamo di E s o t e r i -s m o, dei misteri che ci circondano, dellecose che non sappiamo, non conosciamo,non riusciamo a spiegare, a comprendere e,in quanto tali, ci spaventano ma allo stessotempo ci incuriosiscono, ci aff a s c i n a n o :come sempre è stato e come sempre saràquando l’uomo è posto di fronte all’ignoto.

Ma quale soddisfazione, quale sensa-zione di grandezza, quale completezza del-la propria persona, quale percezione diappagante conquista la rivelazione delmistero, la spiegazione del fenomeno, nonpiù pauroso perché conquistato dalla nostrar a g i o n e .

Ma qui, in Loggia, dobbiamo parlareanche di noi, delle vicende umane e cioè tra

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le tante cose anche di Storia, di Politica e diReligione. Non questioni, diatribe o pole-miche storiche, politiche e religiose, bensìpacate, penetranti, logicheintrospezioni, razionali ragio-namenti di Filosofia Storica, d iFilosofia Politica, di FilosofiaReligiosa.

La Filosofia Storica e laFilosofia Politica come studiodi fatti, di rapporti umani esociali del passato e del pre-sente, da cui trarre un insegna-mento per il futuro. La Filoso-fia Religiosa quale ricerca spi-rituale del bene, del giusto,della verità, della perfezione,qualità sempre agognate e maipienamente realizzate nellaumana imperfezione. Qualità spasmodica-mente ricercate in una proiezione esternaalla imperfezione dell’uomo e per questoproiettate nella trasfigurazione umana dellaideale, assoluta perfezione di un GrandeArchitetto dell’Universo, di un Dio.

Un bisogno, una necessità insopprimibi-le questa ricerca di valori spirituali, ideali,assoluti, utopici. Un bisogno che nasce eviene accentuato dalla relatività, dalle con-traddizioni, dai paradossi della personalità edel pensiero dell’uomo, un bisogno chenecessita di un riferimento di un termine diparagone perfetto, assoluto, inossidabile, sucui confrontarsi e misurarsi. E chi può rap-presentare questo insopprimibile, spasmo-dico anelito dell’uomo se non la divinità ela grandezza di un Dio?

Abbiamo percorso una serie di concetti,di valori quali fratellanza, dialogo, contenu-

ti del dialogo, maturazione, saggezza, perritornare ai valori iniziali di spiritualità,libertà fratellanza ed eguaglianza intesi

come amicizia, comeamore.

E allora come nonessere amici se voluta-mente abbiamo scelto unacomunione dove ad ognitornata si rivela il recipro-co bisogno di vicinanza,di confronto e dove que-sto confronto avviene conun dialogo pacato, razio-nale, discreto, misuratoma soprattutto libero?

Come non essere A m i-ci e quindi Massoni?Ecco i motivi, tanto sem-

plici quanto profondi tali da raffermare unapermanenza massonica.

Come in ogni Istituzione o in ogni Chie-sa, anche per il Tempio massonico o per laLoggia esiste un codice, una normativa, unrituale, che racchiudono e sintetizzano sim-bologie e significati, reconditi e palesi, anti-chi ed attuali, che ricordano vecchi emoderni, universali e relativi doveri cheregolano il comportamento di tutti i Fratel-li, nessuno escluso. L’appartenenza ad unaChiesa comporta quindi regole istituziona-li, ordini morali, discipline etiche, rituali el i t u rgie cui dobbiamo, sempre e tutti, ubbi-dire. Questo dovere, antico ed universale,nasce dai fondamenti della Comunione, daldecoro della Loggia, dal rispetto dei Fratel-li, dalla libertà di tutti, dalla dignità delnostro ego, ma anche, vivo e rinnovabile,dal relativismo dei tempi, dalla evoluzione

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oggi possa rappresentare l’ortodossia deldomani.

Dobbiamo quindi porre un rifiuto all’as-solutismo, all’immobili-smo perché l’etica è incostante divenire, in unequilibrio basculante acausa del mondo che con-tinuamente cambia, per ilcostante profilarsi disituazioni sempre nuove.

La Tradizione rimanesicuramente un concettofondante ma non può cri-stallizzarci; deve invecerappresentare una memo-ria storica, un passato,una esperienza a cui attin-gere, da cui dinamica-

mente progredire sotto glistimoli del presente, in una proiezione alfuturo.

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dei costumi, dallo sviluppo dei pensieri, esubisce la fisiologica maturazione di unaumana evoluzione sempre in divenire, chemai può fermarsi perchéla staticità è estinzione,l’immobilità è morte.

E tuttavia nel mioossequio alla Comunio-ne e nell’elenco dellemotivazioni di ingressoe di appartenenza adessa, desidero riaff e r-mare il coraggio e laconvinzione delle pro-prie opinioni, il corag-gio di possibili eresie,se eresia è il dissentiredal pensiero dominante.Non bisogna maidimenticare con Raffi eLocke, citato dal Grande Maestro Ve n e r a b i-le, il principio relativistico che l’eresia di

Bibliografia

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Il Fondo RLI-Gregogna.La Loggia “Italia” 450

di Enrico Serventi LonghiUniversità degli Studi di Milano

The transmission of Masonry sources to international level is of primary useful -ness for historical research and particular masonic studies. Thanks to the preciousengagement of Joël Gregogna, the documentary patrimony of the Grande Oriented ’ I t a l i a Library has been recently enriched by the Fondo RLI-Gregogna, copy ofthe original fund kept in the archives of the Grande Loge de France. This fund ismade up of the sheets concerning the activity of the Loggia “Italia”. The purposeof the following article is to illustrate, in historiographic perspective, the worthand the importance of these documents. The lodge, active in Paris since 1913, re-presented the Landmark of many democratic and republican political Italianrefugees in France in 20s and 30s, fleeing from the violences and exceptional lawsof the Fascist regime.

l Fondo privato donato di recentedall’avvocato Joël Gregogna con-tribuisce non poco ad arricchire il

patrimonio documentario della Bibliotecadel Grande Oriente d’Italia; contenente 150documenti selezionati personalmente daGregogna dall’originale Fondo della Rispet-tabile Loggia “Italia” custodito pressol’archivio della Grande Loge de France, èstato successivamente suddiviso in due serie,in seguito all’interessamento e alla cura delGran Bibliotecario Dino Fioravanti. Non sitratta dunque di un fondo quantitativamentesignificativo, ma la sua qualità è inversa-mente proporzionale all’apparente scarsitàdelle carte a disposizione dei ricercatori.

Il fondo permette infatti di gettare unsuggestivo sguardo sulle attività della piùimportante loggia in lingua italiana dellaFranc-Maçonnerie, la Loggia “Italia” n.450; attiva a Parigi sin dal 1913, la Loggiaassume il più significativo valore storiconel periodo compreso tra le due guerre, incoincidenza con il periodo della dittaturafascista e dell’esilio di migliaia di fuoriu-sciti, quando diventerà punto di riferimentoper molti importanti personaggi dell’antifa-scismo in Francia.

La tradizione storiografica italiana haormai raggiunto un indubitabile livello diprecisione e di profondità e sono state stu-diate quasi tutte le specificità politiche. Una

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parte della storiografia, anche all’estero, siè occupata della dimensione sociale dell’e-migrazione politica negli anni’20 e ’301 e le innumerevolimonografie, biografie, pro-sopografie hanno di fattoanalizzato tutto il ventagliodelle esperienze degli esuli.Un notevole buco continua-va però a esistere in questapur nutrita serie di lavori piùo meno riusciti, vale a direproprio uno studio sistemati-co sulla controversa e diff i-coltosa attività massonica inItalia o in esilio durante ilregime. Sebbene ormai lastoriografia italiana avessesuperato diversi dei denuncia-ti limiti allo studio di particolarità politicheritenute marginali fino agli anni ’90, rima-neva una sorta di renitenza nell’affrontare laricostruzione e la riorganizzazione dellediverse logge italiane, il rapporto di essecon la Franc-Maçonnerie, il contributo aldibattito, alla propaganda e all’azione anti-fascista, nonché le polemiche interne einternazionali, le difficoltà concrete, i malu-mori e le diffidenze fra Fratelli di gradominore o maggiore2.

Le ragioni di tale rimozione risiedono indiversi fattori; vi era certamente la sottova-

lutazione del contributosignificativo della LiberaMuratoria al fuoriuscitismoa causa dei caratteri stessidell’attività massonica,tenuta all’apoliticità forma-le e al rispetto delle tradi-zionali e costitutive normedi discrezione, nonché distrutturali limiti all’azionepolitica positiva; il risultatoera che già ai contempora-nei le attività svolte da per-sone o gruppi legati diretta-mente alle logge in linguaitaliana attive all’estero

rimanessero oscure, oppurerivelate da specifiche inchieste o libri nonsempre del tutto aff i d a b i l i3. Questa pocacelebrità reale era però affiancata dal mitonegativo della Massoneria propagandatodagli attori del regime e recepita più o menoconsensualmente dall’opinione pubblicaitaliana; mito che in principio coincidevacon gli attacchi alla tradizione parlamenta-re e liberale italiana e dopo la conquista delpotere con l’associare ad ambiente libero-muratorio diverse delle azioni contro il

1 Fra gli numerosi lavori, Tombaccini 1988; Gentile 2000; Fedele 1998; Tesoro 1987; Tobia 1981:3-54; Giulietti 2003; Di Lembo 2001; Colarizi 1974; Gabrielli 2004.2 Non mancavano però riferimenti alla riorganizzazione massonica in esilio nei lavori di insieme distoria della Massoneria italiana come Mola 2003; Della Campa e Galli 1998; Conti 1993; Vannoni 1979;Ciuffoletti e Moravia 2004; AA.VV. 2006.3 Berneri 1939; Rygier 1930. Segnaliamo poi alcuni articoli apparsi sul periodico della Grande Logede France L’Acacia come Triaca 1929; Chiesa 1929; Leti 1931 (I parte) – giugno 1931 (II parte).

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4 Mi riferisco in particolare al processo contro Tito Zaniboni per l’attentato contro Mussolini; cfr.Chiorle 2002.5 Oltre al celebre caso di Carlo Di Gaeta, affiliato alla Loggia “Italia” e stretto collaboratore di Tr i a-ca fino al marzo 1928 quando, scoperto, fu scacciato dall’organizzazione e denunciato pubblicamente, ilrecente studio di Mauro Canali ha svelato il ruolo confidenziale svolto negli anni successivi dal segretariodella loggia Ottone Schwartz e dall’affiliato Giorgio Mihaleskul [recte: Mihalescul]. Cfr. Canali 2004: 231.Su Mihalescul vd. la nota in Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, Fascicolo (F.) 68.6 Il Gran Maestro Domizio Torrigiani, dopo l’assalto a Palazzo Giustiniani, riparò in Francia; siscrollò di dosso i rimproveri per la sua iniziale adesione al fascismo, o almeno il suo silenzio complice, tor-nando in Italia in occasione del processo Zaniboni e venendo quindi arrestato all’uscita. Dopo cinque annidi confino, morì per la fatica della relegazione. La sua figura rimase comunque controversa, come dimostrala sua commemorazione in terra di Francia, vd. Campolonghi 1934. Su Torrigiani cfr. Francini e Balli 2003.7 Vd. in particolare i fascicoli della polizia politica per materia (polmateria) all’Archivio Centraledello Stato (ACS).8 Fedele 2005.

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Duce e i principali esponenti dello Stato ita-l i a n o4. Si è spesso esitato di fronte alla scel-ta di confrontarsi con questeimmagini e queste realtà, neltimore forse di confermareindirettamente le tesi complot-tistiche fasciste, che si traduce-vano nel negare aprioristica-mente una qualsiasi attivitàantifascista massonica che nonfosse residuale e legata a singo-li personaggi ritenuti spesso,anche a torto, ambigui5. La sto-riografia antifascista del secon-do dopoguerra non perdonavapoi alla Libera Muratoria l’at-teggiamento connivente tenutonei primi anni di aff e r m a z i o n edel fascismo da parte del Grande Oriente edel Gran Maestro Domizio Torrigiani non-ché dell’appoggio pubblico negli anni suc-cessivi di Raul Palermi e dell’Obbedienzadi Piazza del Gesù6.

Il fattore che ha probabilmente più inci-so sullo scarso interesse manifestato verso

questi studi riguardava la scarsa disponibi-lità di fonti documentarie, causa la distru-

zione degli archivi di PalazzoGiustiniani nei giorni dellepersecuzioni fasciste contro ilGrande Oriente, alla già cita-ta discrezione degli ambientimassonici e alla difficoltà diorientarsi nel dedalo di noteinformative degli informatoridella polizia politica fascista,che soli avevano possibilitàdi monitorare le attività inesilio della Libera Muratoria7.

Buona parte di questi pro-blemi o lacune sono statirisolti nel recente lavoro diSanti Fedele, che, grazie

all’accesso a nuove fonti e all’esperienzadell’autore nel campo degli studi sul fuori-uscitismo, riesce a ricostruire in modo com-pleto e suggestivo le vicende storiche dellaMassoneria italiana in esilio, non solo inF r a n c i a8. Il merito principale del libro diFedele è di riuscire a non perdere l’equili-

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brio tra il contesto storico e la storia internadella comunità massonica, con i suoi speci-fici codici, linguaggi e relazioni;chi si occupa di storia militan-te conosce bene le difficoltà dia ffrontare lo studio di gruppisociali, religiosi o politici sen-za chiudersi nelle dinamicheinterne e autoreferenziali dellediverse comunità e, d’altrolato, il pericolo di perdere laricchezza qualitativa della spe-cificità di ciascuna org a n i z z a-zione o di ciascun gruppo aff i-ne. La questione è ancora piùspinosa nei gruppi con legamiformali e sostanziali stretti epossibilmente costanti nel tempo, quindi diuna società iniziatica, quale la Massoneria,per la quale il simbolismo e tutto quanto adesso collegato in termini rituali non è mera“forma” ma sostanza costitutiva e pregnan -t e9, con in più l’aggravante della precarietàe dell’illegalità (spesso in termini profani,ma soprattutto in ambito sacro) della condi-zione dell’esilio e della clandestinità. Laricostruzione di Fedele non dimentica a talproposito di illustrarci il particolare legametra la tradizione massonica socialista e radi-cale francese con i primi esuli italiani, spe-cie grazie all’acceso interventismo filofran -cese di quelle componenti repubblicano-mazziniane decisamente maggioritarie nelnovero degli affiliati al Goi esuli in terra diFrancia10.

Il consolidamento del fascismo contribuìa una radicale modifica dell’org a n i z z a z i o n e

interna degli ambientimassonici italiani; neltriennio 1925-1927, lanuova ondata di emigra-zione politica portò sì,insieme a nuovi iniziaticelebri come FedericoFausto Nitti e SilvioTrentin tra gli altri, unacrescita massiccia delnumero degli aff i l i a t i ,ma anche diversi scontriper l’egemonia delmovimento massonico edell’antifascismo demo-

cratico, nonché una crisi di credibilità neiconfronti delle Obbedienze massonicheinternazionali raccolte intorno all’Associa-zione Massonica Internazionale e, di rifles-so, un indebolimento nei rapporti con leconsorelle francesi. L’arrivo di massoni digrado elevato come Giuseppe Leti, A r t u r oLabriola e Eugenio Chiesa, le critiche allapassiva gestione di Ubaldo Triaca, i proble-mi economici dell’esilio, la supremazia delfattore politico su quello esoterico, l’ecces-sivo ricorso alle Tenute Bianche, con la par-tecipazione cioè di invitati profani, la con-seguente mancanza di sicurezza e segretez-za, resa più profonda dall’attività informati-va degli agenti del regime fascista, produs-sero un’inevitabile serie di conflitti intesti-ni e rallentarono, quando non inficiarono, il

9 Ivi, p. 2510 Ivi, p. 29. Sul ruolo degli interventisti italiani in Francia, cfr. Heyriès 2005.

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processo di riorganizzazione massonica e diazione antifascista, per motivi quindi ogget-tivi e soggettivi.

Queste difficoltà si rifletteronoanche sullo strumento definito daFedele di “azione profana” dellaMassoneria, vale a dire la LegaItaliana dei Diritti dell’Uomo,fondata da Luigi Campolonghi eErnesta Cassola in seno allaLigue des Droits de l’Homme,autonoma dal 1925 e deditaall’assistenza economica e legaleai profughi italiani, ma anche allapropaganda pubblica di principidemocratici, laici e repubblicani;la LIDU, su cui manca in Italia unlavoro specifico11, ebbe al suo internonumerosi esponenti di primissimo pianoa ffiliati direttamente alla Massoneria, comeil segretario Alceste De Ambris o il tesorie-re Ferdinando Bosso, ma in pratica tutti imembri del Comitato Centrale della LIDUfurono affiliati o legati direttamente agliambienti massonici.

Insieme a problemi e limiti, non mancaperò una significativa azione positiva didifesa dei profughi, attraverso specifichecampagne per il diritto d’asilo, contro leleggi di limitazione della manodopera stra-niera, per il diritto alla casa, oltre a un’in-cessante campagna di denuncia dei criminidel fascismo e del suo carattere apertamen-te reazionario, filomonarchico, filoclericalee antiliberale.

L’ottimo volume di Fedele è stato direcente presentato presso il Servizio Biblio-teca del Grande Oriente d’Italia nella Vi l l a

“Il Vascello”, alla presen-za del Gran MaestroGustavo Raffi e di alcunistudiosi di prestigio giun-ti dalla Francia come ilDott. Andrè Combes eJoël Gregogna; graziealla loro presenza la dis-cussione ha portato aconoscenza dell’uditorioil complesso rapporto trala Franc-Maçonnerie e laLibera Muratoria italiana;di fatto non è possibile

fare una storia della Massoneria italiana inesilio senza affrontare il nodo del rapportoorganizzativo e spirituale con le Obbedien-ze francesi.

La relazione di Combes Il GrandeOriente di Francia e i massoni italiani rifu -giati politici (1925-1939) ha affrontato iltema del rapporto tra l’Obbedienza france-se e l’antifascismo, mettendo in luce la con-traddittorietà di alcune posizioni; accantoad alcune logge, anche geograficamente piùsensibili alle questioni italiane come l’ate-lier di Lione “Semplicitè – Constance” chegià dal 1922 condannavano duramente ilmovimento fascista, l’atteggiamento uff i-ciale del GODF rimaneva silente anche pernon mettere in imbarazzo il GOI e la citataposizione di Torrigiani inizialmente filofa-

11 Segnalo il documentato lavoro di Vial 1985.

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scista. Combes non ha esitato a sottolinearele deficienze della Massoneria, specie nellasua espressione internaziona-le, nel contrasto del fascismoitaliano prima, e del nazio-nalsocialismo tedesco poi.Questioni e dibattiti sterilisulla regolarità e sulla terri -t o r i a l i t à, vale a dire sullalegittimità dei massoni ita-liani di conservare una pro-pria autonoma facoltà org a-nizzativa in terra straniera,annacquavano gli interventiantifascisti, anche nellapreoccupazione di non tur-bare le Obbedienze naziona-li più apertamente apolitiche come Londra.I massoni italiani che si iscriveranno a log-ge del GODF saranno pochi e tra loro risal-terà la figura di Silvio Trentin (Loggia “Per-fetta Armonia” di To l o s a )1 2; Combes haricordato poi l’impegno di Nitti, uno deglioratori più sollecitato presso gli atelier delGODF in una serie di conferenze fra il 1930e il 1933.

Il tema dell’esilio dei liberomuratori interra francese è stato al centro anche dellarelazione di Joël Gregogna L ’ a c c o g l i e n z adella Gran Loggia di Francia ai massoni ita -liani durante il fascismo. Testimonianzedella R:.L:. “Italia” 450 all’obbedienza del -

la Grande Loge de France. La Loggia “Ita-lia” rappresentò l’indiscusso punto di riferi-

mento a Parigi per gliambienti massonici italiani;nata nel 1913 nel solco d e llegame duraturo ed efficacetra le due grandi famigliemassoniche francese e italia -na13. A suggello della fecon-da collaborazione fraambienti massonici italiani efrancesi nella prima guerramondiale, nell’immediatodopoguerra si erano aff i l i a t ialla Loggia personaggi dispicco dell’interventismodemocratico italiano come

Campolonghi, l’onorevole Salvatore Barzi-lai, Eugenio Chiesa e Umberto Peroni1 4.Gregogna ha messo puntualmente in lucel’importanza del ruolo di Ubaldo Tr i a c a ,antifascista della prima ora, fondatore con iF F: . Probo Diozzi e Aristide Colalucci del-l’Unione Democratica Italiana, gruppo poli-tico destinato a vita breve e diffusore di unManifesto del Popolo Italiano. In accordocon le concezioni della vera democrazia edella Massoneria, ma soprattutto Ve n e r a b i-le della Loggia dal 1919. Sin dal 1922 ave-va manifestato la sua opposizione al fasci-smo come Garante d’Amicizia tra la GLDFe il GOI, e non cessò mai di condurre una

12 Su Trentin in Francia vd. il lavoro di Arrighi 2005.13 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 1, 22 gennaio 1913. Seduta preparatoria in vistadella costituzione della Loggia “Italia”.14 Vd. il prospetto della Loggia “Italia” 450 dal 1913 al 1931, in Fondo RLI-Gregogna, Seconda serie1913-1940, F. 74.

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rigorosa battaglia antifascista, sebbene solopropagandistica, toccando temi quali il rap-porto con la Chiesa1 5, l’incom-patibilità della qualità dimassone con l’adesione alr e g i m e1 6, ma anche le leggifrancesi che limitavano idiritti degli stranieri17.

La Loggia “Italia” ebbeperò il momento di massimosviluppo anche numerico nel1926, al centro di quel trien-nio 1925-1927 che vide ilmaggior numero di alti espo-nenti della politica italianacostretti a esiliare; a partireda quel periodo gravitaronointorno alla Loggia diversi uomini di primopiano, dagli esponenti LIDU Alceste DeAmbris, Alberto Virgili, Adelmo Pedrini edEttore Cuzzani, ai repubblicani GiuseppeChiostergi, Mario Pistocchi ed Enzo Schet-tini, fino a socialisti come Felice Quaglinoe Arturo Fusi e a indipendenti come A l b e r-to Giannini1 8. Seguire le vicende storichedella Loggia “Italia” significa osservare daun punto privilegiato l’intera vicenda della

famiglia massonica italiana in esilio e ilvariegato mondo degli esuli nel suo insie-

me. Le tematiche precedente-mente accennate emerg o n ocon chiarezza dai documen-ti della Loggia, dove trovia-mo i protagonisti e le ragio-ni della polemica contro lagestione di Ubaldo Tr i a c a ,che porteranno alla fonda-zione nel 1930 della Loggia“Italia Nuova”, i motivi del-le critiche di altre Obbe-dienze straniere alla derivapolitica dei massoni italia-n i1 9 e la denuncia dellemanovre di informatori

f a s c i s t i2 0; d’altro lato il generoso e costanteaiuto ai Fratelli in difficoltà economica o daintrodurre negli ambienti lavorativi o uni-versitari parigini2 1 e gli attestati di solidarie-tà internazionale verso altre nazionalitàoppresse22.

In questa sede mi sembra opportuno pro-porre analiticamente all’attenzione solo unimportante scambio di corrispondenza tra ilG O D F, il Grand Secrétaire della GLDF e la

15 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 15, 17 e 35.16 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 7.17 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 5 (legge sugli immobili), 18 (diritto d’asilo), 21(diritto d’asilo) e 65 (legge sulle associazioni straniere)18 Vd. il prospetto della Loggia “Italia” 450 dal 1913 al 1931, in Fondo RLI-Gregogna, Seconda serie1913-1940, F. 74.19 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 17.20 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 9, 29, 30 e 34.21 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 10 (Fausto Nitti), 16 (Marcello Cavallitto), 31(Giacomo Neri), 38, 43 (Ottone Schwartz), 52, 60, 61 e 62 (ancora Schwartz).22 Fondo RLI-Gregogna, Prima serie 1913-1961, F. 37, 45 e 56.

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Loggia “Italia”, emblematico della com-plessità delle relazioni fra gli ambienti mas-sonici e l’importanza deiprovvedimenti legislativiche intorno al 1930 furonointrodotti al fine di limitarel’immigrazione e favorire lamanodopera nazionale fran-cese, dopo l’accoglienza e lefacilitazioni seguite allo spo-polamento della prima guer-ra mondiale2 3. Il 23 maggio1931 la Loge “L’Étude” diParigi del GODF scriveva aR i a n d e y, Grand Secrétairedella GLDF, sollecitata aesercitare pressioni verso gliambienti parlamentari al fine di evitareprovvedimenti che rendessero complicate lepratiche per l’ottenimento del “permis detravail” e, quindi, del permesso di soggior-no. Il Venerabile de “L’Étude” di dicevatoujours heureux d’avoir l’occasion de sau -ver l’existence à ces proscrits qui me sontchers. Mais les temps ont changé et la réac -tion a publiquement dénoncé mon action.2 4

Impossibilitato dunque a impegnarsi in pri-ma persona per non alimentare polemichepubbliche, metteva in luce il ruolo avutodalle associazioni profane: Déjà la Liguedes Droits de l’Homme italienne est inter -

venue pour des cas touchant la M. et M.ellesur la domande de Campolonghi. J’ai fait le

nécessaire mais le service dela Main d’oeuvre étrangère,dont l’esprit est si trait a-t-ilconfirmé mon avis favora -b l e ?2 5. Evidentemente ilparere del Venerabile, cheindicava quale aiuto piùcompetente il Fratello,impiegato al Bureau dellaPréfecture di Parigi, Fran-çois Collaveri, non era piùs u fficiente per ottenerequalsivoglia aiuto. Proprio aCollaveri si era già rivoltodirettamente il Segretario

della Loggia “Italia” Schwarz, oggetto del-l’interessamento della LIDU di Campolon-ghi: Je dois aller à l’Office de la Maind’Oeuvre étrangère, rue Vaugigard, pourintroduire une domande en vue d’obtenir lepermis de travail. Je ais que l’employé del’Office, est un F:., l’année dernière il étaitsecrétaire de la loge Diderot. Je ne connaispas son nom. Pourrez lui écrire quelquesmots, pour qu’il puisse me faciliter danscette démarche [ . . . ]?2 6 Accanto alla campa-gna pubblica portata avanti da alcuni parla-mentari e dai sindacati francesi, nonchè dao rganizzazioni di emigrati quale la LIDU,

23 Sulle conseguenze demografiche ed economiche della prima guerra mondiale in Francia e sull’im-patto dell’emigrazione italiana postbellica nell’economia rurale francese cfr. Mauco 1932; Noirel 1992; Ta p i-nos 1975; Tribalat et al. 1991.24 Loge “L’Étude” (GODF) a Charles Riandey (GLDF), 23 maggio 1932, in Fondo RLI-Gregogna,Prima serie 1913-1961, F. 32.25 Ivi.26 Ottone Schwartz a François Collaveri, 7 luglio 1931, ivi.

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c’era quindi una rete di sostegno fra le fami-glie massoniche italiane e francesi. Giovasottolineare che gli interventi presso glio rgani governativi permettevano alla LIDUdi essere considerata tramite fra le autoritàfrancesi e gli emigratiitaliani iscritti, oltreche garante dei lorodiritti. Di contro que-sti apparenti privilegisubordinavano sem-pre più la LIDU allaconsorella francese,minandone l’autono-mia e la possibilità diun’azione positivaantifascista, riducendo-la di fatto a mero b u r e a u di assistenza. Lanuova situazione creerà in seno alla LIDUdei dissidi con le componenti più riottose alnuovo inquadramento, come la federazionedel Sud-Ovest, che avrà ripercussioni sututta la Concentrazione antifascista. Motiviinterni quali la debolezza e la scarsa com-pattezza dell’antifascismo democratico emotivi esterni quali le restrizioni delle auto-rità francesi, contribuivano a sfilacciare larete dei rapporti tra le forze politiche e leistituzioni massoniche. Non c’è quindi dastupirsi che la Loggia “Italia” non avesse inseguito insistito presso Campolonghi, e pelsuo tramite, si fosse rivolta a uomini comePaolo Caporali, responsabile del Bureau dela Main d’Oeuvre per la ConfédérationGénéralle du Tr a v a i l2 7; i dissidi in meritoalla gestione dell’attività massonica della

Loggia avevano portato alla definitiva rot-tura con la nascita della Loggia “Italia Nuo-va” nel 1930 e, dopo la morte di EugenioChiesa, alla definitiva decisione di Campo-longhi di muoversi in autonomia, legandosi

come salariato alla Liguedes Droits de l’Homme.Una fonte confidenzialedi polizia confermavaqueste difficoltà:

In una riunione del C.G. della concentrazionesono stati presi accordiper poter ottenere dalleautorità francesi che la

concentrazione sia autoriz -zata a stabilire l’appartenenza alla categoria3° (esiliati politici) a quelle persone che mili -tano nel campo antifascista. Naturalmenteanche qui, i rappresentanti delle diverseorganizzazioni in seno alla concentrazione,si sono accapigliati ferocemente, e DeAmbris ha minacciato l’uscita della LIDU,se non si riconosceva a questa il diritto ditutela degli antifascisti. Tuttavia dai primiassaggi fatti negli ambienti governativiattraverso la massoneria, le notizie giuntenon sono molto liete per gli antifascisti. Ilprefetto Chiappe ha fatto conoscere a Turati,in via confidenziale, che la Presidenza delConsiglio non era proclive a questo progetto.Il Governo intenderebbe assegnare alla stes -sa Polizia politica il mandato, opponendosiad ogni intervento delle organizzazioni anti -fasciste. La faccenda è stata accolta mala -mente dai concentrazionisti i quali hannoiniziato una ben decisa offensiva, servendosi

27 Cfr. Dal Degan 1993.

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sia del concorso massonico, sia dell’armapolitica. Il Leader socialista Blum è statoincaricato di interessare le sfere governative,mentre Triaca ha fatto passi verso Briand.28

La breve trattazioneè solo un accenno allefeconde possibilità distudi approfonditi cheil Fondo RLI-Grego-gna consente, grazieanche agli stimoli sug-geriti dal lavoro diFedele. Il fondo trovaora la sua naturale col-locazione nelle stanze della Villa “Il Va s c e l-lo” di Roma, negli scaffali della Bibliotecae contribuisce ad arricchire il patrimonio

archivistico del Grande Oriente d’Italia.Non rimane che sottolineare l’importanzadella circolazione di fonti a livello interna-

zionale, auspicando che ildisinteressato, generoso ecompetente lavoro di JoëlGregogna possa essereseguito da un più conti-nuo scambio di materialee di conoscenze2 9. La sto-riografia del Novecento,sia della prima che dellaseconda metà del secolo,ha solo da giovarsi dell’a-pertura e dello studio di

documenti massonici, sempre nel rispettodei caratteri peculiari della Libera Murato-ria italiana.

28 Rapporto del confidente n. 342, Mario Mengoni, Parigi, 13 gennaio 1932, in ACS, Ministero del-l’Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza, Archivio A ffari Generali e Riservati, Polmateria, busta 28 fasci-colo 3 (Operai Italiani).29 In tale prospettiva va menzionato l’incontro con lo studioso José Mantonio Ferrer Benimeli avve-nuto presso la Villa “Il Vascello” di Roma il 5 dicembre 2006 per la presentazione del suo libro B i b l i o g r a f ì ade la Masonerìa, Tomo I, Fundaciòn Universitaria Española, Madrid 2004.

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La Stella e i fondamenti dell’astrologia

di Pietro ManderUniversità degli Studi di Napoli “l’Orientale”

The regular moving of the star-studded heaven conflicts clearly with the climaticinstability of the seasons: a distinction that recalls the world of the absolute and theone of the becoming in Greek philosophical thought. It is therefore obvious that thestar became a manifestation of the heavenly perfection. The earliest written sources— the clay tablets engraved with cuneiform signs from Mesopotamia — confirmthat the star represents both divinity and the man who reaches his own “centre”.Under this respect, the mythical language expresses the same concepts we comeacross today. When the Babylonians accomplished in 5t h century BCE a scientificevolution, developing the mathematical astronomy, the visible heavenly perfectionwas conjugated with the logical perfection of calculations. Both these aspects con -verged in meaning the same absolute reality, rising in this way astrology (in thattime undistinguishable from astronomy) to the supreme rank among the otherforms of divination. From Babylonia, in the Persian-Hellenistic-Roman period, thescience of the horoscopes spread itself to Greece and Egypt, reaching present times,always bearing the concealed message of the existence of a Star inside Man.

1 . Le stelle: il cielo stellato e il tempometeorico

a sempre abbiamo alzato gliocchi al cielo notturno trapuntodi stelle; abbiamo provato me-

raviglia, fascino e, approfondendo le osser-vazioni, due realtà ci sono apparse costan-temente in confronto: il volgere regolaredella volta celeste (il tempo) e la variabilitàdel tempo meteorico e del clima. Infatti, alregolare inizio della stagione, determinato

dalla posizione della sfera celeste, cor-rispondono i capricci climatici, quali quelliche ci hanno offerto un Aprile estivo nel2003 ed uno quasi invernale nel 2006. Tut-tavia, la primavera prima o poi, bene omale, in quel periodo dell’anno è arrivata.

Le stagioni metereologiche sembrano ilriflesso in uno specchio deformante di quel-le astronomiche, come ebbe a dire unarcheo-astronomo.

Non sono l’unico1 ad essere persuaso chequesta differenza abbia offerto la rappre-

1 Melville – Putnam, 1993: 6; Aveni, 1997: 2.

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sentazione sensibile che si è poi sviluppatain concezioni filosofiche quali il Cieloimmutabile degli dèi, mondodella necessità e dell’assolu-to e il mondo sub-lunare del-la generazione e del diveniredelle forme, concezioniespresse con linguaggioastratto dall’epoca di Platonee Aristotele in poi.

Ma non si vuole qui entra-re nel merito delle vicendedel pensiero filosofico,quanto piuttosto rifletteresulle origini dell’astrologia.Mi sono soffermato a deli-neare un’immagine che ser-ve solo a porre nella giustaimportanza culturale l’osservazione dellaregolarità del firmamento; la misura deltempo.

2. I testi più antichi

Chi scrive sta ben attento a non farsi tac-ciare di “pan-babilonismo”: non credoa ffatto che t u t t o abbia avuto inizio a Babi-lonia! Se prendiamo in considerazione letavolette d’argilla scritte in caratteri cunei-formi (d’ora in avanti useremo l’abbrevia-zione: “tavolette cuneiformi”) è solo perchél ’ a rgilla è un materiale che sopporta bene loscorrere del tempo; quando è cotta, poi,diviene quasi indistruttibile. Quindi, peresplorare il pensiero più antico, dobbiamogiocoforza basarci su quella documentazio-ne in cuneiforme, per due motivi cogenti. Ilprimo, come s’è detto, perché ci è pervenu-

ta copiosa, grazie all’argilla, in secondo luo-go, in quanto essa costituisce la prima docu-

mentazione in assoluto, per-ché è proprio nella bassaMesopotamia (la zona attor-no alla regione di Nasiryah,dove hanno operato i nostrimilitari) che fu inventata lascrittura (da un genio scono-sciuto? da un gruppo disapienti? magari riuscissimoa saperne qualcosa!), allafine del IV millennio a.C.(circa 3100 a.C.).

Non vogliamo aff e r m a r eperò che chi abbia messoper iscritto un qualsiasi pen-siero ne abbia di necessità lapaternità; egli, piuttosto,

potrebbe averlo raccolto, e, metabolizzan-dolo opportunamente, potrebbe averlo ela-borato da tradizioni ed esperienze allogenedi chi, magari, non aveva l’uso delle lettereo da concezioni comuni diffuse nell’area.

Allora, dopo questa precisazione, andia-mo avanti con le tavolette cuneiformi.

Ne possediamo un numero altissimo, eprovengono da oltre tre millenni di storiadella Mesopotamia (le ultime forse furonoscritte nel III sec. d.C.!). Inoltre, solo peralcuni periodi, abbiamo trovato tavolettecuneiformi, anche con testi mesopotamici,dall’Anatolia hittita e hurrita, dalla Siria edall’Iran. Solo quelle mesopotamiche costi-tuiscono un patrimonio epigrafico piùcopioso di quello di tutta l’antichità classi-ca messa assieme.

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Di queste tavolette moltissime hannocontenuto amministrativo ed economico (esono testimonianze utilissime per ricostrui-re quegli antichi sistemi di distribuzionedelle ricchezze), ma ve ne sono anche mol-te a contenuto religioso, ed è aqueste ultime che rivolgeremol’attenzione.

3. Gli dèi e le stelle

Non mi soffermerò sulla que-stione se la divinità debba esse-re identificata con l’astro che lecorrisponde o se quest’ultimo nesia solo una manifestazione, dal momentoche, come si vedrà in seguito, questo pro-blema nasce nella critica moderna a causadella proiezione di categorie mentali odier-ne sulle realtà antiche.

Fin dal III millennio a.C. appare eviden-te il rapporto tra divinità e stella. Questonon è definito solo dal m e l a m, il fulgore ter-rificante che avvolge gli esseri divini, madall’azione esercitata dalle stelle stesse nel-le vicende umane. Infatti, se da un lato èdalle stelle che discendono i mali sull’uo-mo, è anche attraverso di esse, sia con lepreghiere, che con rituali ed amuleti, che sirendono efficaci le contromisure ai malistessi: in queste loro funzioni, le stelleappaiono come intermediarie tra l’Uomo egli dèi2.

L’arte farmaceutica (a base “magica”,evidentemente) prescriveva l’epoca e ilmomento in cui raccogliere radici o erbe equando lavorarle, in base alla posizionedegli astri3; per molti preparati terapeutici

era prescrittoche dovessero“passare la not-te sul tetto” o“passare la not-te sotto le stel-le”, per assor-birne le qualitàt a u m a t u rg i c h e4.Queste misure

erano accompagnate dalla recitazione diincantesimi appropriati e si estendevanoanche alla confezione di amuleti apotropai-ci, fatti con pietre incise su cui si lasciavacadere la luce stellare5.

Concludo riferendo sulla preghiera, mol-to suggestiva, che il sacerdote divinatore, ilb a r û, recitava la notte precedente il sacrifi-cio dell’agnello il cui fegato avrebbe esami-nato; ne riferisco l’inizio:

Dormono profondamente i signori, / ichiavistelli sono abbassati, le porte spran -gate, / anche la gente comune non proferi -sce suono, / le porte [delle loro abitazioni,usualmente] a p e r t e , sono sbarrate. / Gli dèie le dee del paese, / [il dio del Sole] S h a -m a s h , [il dio della Luna] S î n , [il dio della

2 Reiner, 1995: cap. 1, dove la studiosa paragona il ruolo delle stelle a quello dei santi nelle reli-gioni odierne.3 Reiner, 1995: cap. 2.4 Reiner, 1995: 45, 52.5 Reiner, 1995: cap. 7.

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tempesta] Adad e [la dea del pianeta Ve n e-re] Ishtar, / sono tornati a dormire in Cie -lo: / essi non emetteranno verdetti stanot -t e . / [...] Possano i grandi dèidella notte, la splendente Stel -la-di-fuoco / il valido [dio delleepidemie] E r r a , / la Stella-arco[parte di Canis major], la Stel -l a - g i o g o , / Orione, la Stella-D r a g o n e , / il Carro [U r s am a j o r], la Stella-capra [L y r a], /la Stella-bisonte [O p h i u c h u s],la Stella-serpente [H y d r a]/ s t a -re presso di me e / dare unsegno propizio / s u l l ’ a g n e l l oche io sto ora benedicendo / p e rl’oracolo che trarrò domani[all’alba].

Reiner, 1995: 1-2, 61-79

Sembra di sentire l’inizio del Canto II (1-7) dell’Inferno di Dante:

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno /toglieva li animai che sono in terra / da lefatiche loro; e io sol uno / m ’ a p p a r e c c h i a -va a sostener la guerra / sì del cammino esì de la pietade, che ritrarrà la mente chenon erra. / O Muse, o alto ingegno, orm ’ a i u t a t e.

Come il b a r û anche Dante stava perintraprendere un percorso di conoscenza edinvocava le entità divine!

4. L’elemento divino nell’uomo

I testi mitologici riferiscono su un even-to che sconvolse il mondo divino, prima chel’Uomo fosse creato: anzi, che fu causa del-la creazione dell’Uomo.

Gli dèi inferiori erano gravati dal compi-to di mandare avanti l’universo: questa fati-

ca era rappresentata visi-vamente dal lavoronecessario per scavare edrenare i canali; para-gone che fa venire inmente il panta rei “ t u t t oscorre” di Eraclito. LaMesopotamia sarebbestata un’estensione del-l’arido deserto sirianosenza l’acqua dei duegrandi fiumi, il Tigri el’Eufrate, dai quali sifacevano derivare leindispensabili reti di

canalizzazione.Poiché la fatica era davvero intollerabile,

gli dèi inferiori si ribellarono. Scesero insciopero e circondarono la reggia dei gran-di dèi: la situazione divenne critica.

Fu allora che il dio demiurgo Enki pro-pose, come soluzione della crisi, la creazio-ne dell’Uomo, in modo che questi sollevas-se gli dèi inferiori dal loro compito, sosti-tuendoli. L’assemblea dei grandi dèi accet-tò e l’accordo fu concluso, anche se il capodella rivolta degli dèi inferiori fu messocomunque a morte (non in tutte le mitologiegli dèi sono immortali! E poi, come vedre-mo, quella forza cosmica, che quel dio rap-presentava, non si estinse di certo!).

Il dio demiurgo Enki, insieme alla deamadre Ninmah si misero all’opera. Preserod e l l ’ a rgilla e l’impastarono col sangue deldio l e a d e r della rivolta (per certi versi ven-gono in mente dei confronti con Prometeo):grazie a questo apporto l’Uomo ha in sé

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l’intelligenza (unico vivente ad essernedotato) e anche una componente divina,seppure rappresa nell’argilla.

L’Uomo quindi si trova –secondo questa concezione – alcentro dell’universo, dove svolgeun compito divino, che chiara-mente consiste nel mandare acompimento i disegni degli dèi.Per rendere operativa l’esecuzio-ne di questa missione “cosmica”,gli dèi riunirono gli uomini in cit-tà (parola da cui deriva “civiltà”)e vi “fecero discendere” (comerecitano i testi) l’istituto regale eil culto. In tutto l’universo solol’Uomo era socialmente org a n i z-zato in strutture gerarchizzate,rappresentate dalla vita cittadina,era governato da sovrani ed era ingrado di erigere templi agli dèi,ove celebrare i riti religiosi. Que-sti tre vitali requisiti permiseroall’Uomo di sostituire gli dèi inferiori e dicondurre il mondo in loro vece.

Vorrei soffermarmi brevemente sull’isti-tuto regale: il re funge da t r a i t - d ’ u n i o n tra ilCielo degli dèi ed il mondo degli uomini;per lui i sacerdoti divinatori traggono glioracoli, in modo che egli sappia cosa gli dèivogliono. I suoi peccati sono pagati da tuttoil regno, mentre questo prospera se il sovra-no è realmente pio. Quindi il re deve scru-polosamente attuare i voleri divini, che i

sacerdoti barû, esperti nel trarre gli oracoli,di volta in volta gli rivelano.

Ma torniamo alla componen-te divina mescolata all’argilla.

La “psicologia mesopotami-ca” – pur nelle sue varianti –considera l’essere umano costi-tuito da un sistema di animemultiple esterno, ovvero consi-derano l’Uomo un essere com-posto da diversi elementi, didiversa origine e provenienza.Non mi posso soffermare suquesta concezione, così interes-sante anche se complessa (inambito esoterico qualcosa disimile è sostenuto anche oggi6) ,concezione che gli antropologiriferiscono ai sistemi cosiddetti“politeistici”7.

Mi soffermerò solo su uno diessi, ovvero quello che viene chiamato (nonmolto propriamente, invero) il “dio perso-nale” (cui fa riscontro la “dea personale”,quale sdoppiamento di polarità).

Quando i testi parlano dell’origine dellapersona umana, la descrivono con l’espres-sione “generata dal suo dio e dalla sua dea(personali)”, generazione che corre su unpiano parallelo a quello corporeo, di cui sidice che la stessa persona è stata generatadai suoi genitori naturali. È importantenotare, come ha rilevato l’assiriologo Jacob

6 Si veda Brunelli, 1981: 106 nota 5.7 Augé, 2002: 49-53.

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K l e i n8, che i testi usano due verbi diversiper esprimere l’atto del generare, a secondase esso sia effettuato dalla coppia divina oda quella umana. Senza dubbio,come intuì chiaramente Mir-cea Eliade9, il “dio personale”non è un’entità estranea, macostituisce l’elemento divinonell’uomo, quell’elemento lacui origine si deve ricercarenel sangue del dio ucciso concui fu impastata l’argilla del-l’antropogonia.

Concludo questo arg o m e n t ocon un esempio significativodi un tema tanto vasto e com-plesso: il testo che tratta dellaprigione della dea Nungal.

Esiste un inno sumericorivolto a questa dea, che è la responsabile diun carcere posto all’interno del grande com-plesso templare nella città santa di Nippur,dimora del signore degli dèi e del cosmo, ildio Enlil (= “Signore-vento”). In questocarcere patisce prigionia l’uomo che è statoabbandonato dal suo “dio personale”.

Sappiamo che questa separazione è cau-sata da contaminazioni rituali, violazioni ditabù, colpe di diverso tipo, anche se non tut-te consapevoli o intenzionali. Quest’uomo– riferisce l’inno – si sottopone ad un’orda-lia fluviale, superata la quale ritorna “puro”(mondato dalle acque) e si riconcilia col suo“dio personale”. Non tutto è chiaro nel testo

dell’inno, ma la prigionia vista come con-trapposizione all’accordo col “dio persona-le” e la relativa riconciliazione dopo la puri-

ficazione (e il giudizio, implicito nelconcetto stesso di ordalia) direiche possano rapportarsi alle“oscure e profonde prigioni” delvizio della nostra Tradizione.

5 . Il rituale di contro-magianera maqlû

Sembra che fosse celebrato allafine del mese di Abu, nel periodoche corrisponde alla nostra ultimadecade d’Agosto, allorché si apri-vano quei canali invisibili checonnettevano gli inferi al mondodei vivi: un periodo dell’annocome Halloween o il nostro Carne-

vale, allorché i nostri antenati dicevanomundus patet, intendendo che i morti risa-livano e si mescolavano ai vivi.

Il rituale m a q l û (che è stato studiato afondo da Abusch 2002) cominciava la nottee poi lo si terminava la mattina seguente.Forse protagonista ne era il re o qualchepersonaggio di alto livello, ma non abbiamonotizie certe. Lo assisteva lo à s h i p u, l’esor-cista, un sacerdote specializzato, che avevaconseguito il suo livello perché era anchecolto: nelle case di famiglie di questi sacer-doti si sono trovate biblioteche intere ditavolette cuneiformi su miti, manuali didivinazione e di esorcismi.

8 Klein, 1982: 295-306.9 Eliade, 1979: 69-98.

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Il nemico era la strega (o lo stregone) cheaveva messo in atto un rituale di magianera, causando ingiusti dolorie sfortune al protagonista.

Ma non è solo la stregaviva ad essere presa dimira, ma anche quella mor-ta, emersa dalle plagheoscure dell’inferno, comeuno spettro maligno, asse-tata di malvagità.

L’atmosfera in cui sisvolge il rituale è delle piùcupe. All’inizio sono invo-cate le divinità infere per-ché sia posta sotto processola strega o il fantasma dellastrega che ha violato l’ordi-ne cosmico ponendo inessere i suoi sortilegi, in spre-gio ai vincoli degli dèi. La prima parte haquindi l’esatto aspetto di un processo, in cuisi enumerano i crimini e si indica il colpe-vole al giudizio degli dèi.

Ma siccome il processo si svolge su duefronti, occorre agire su entrambi separata-mente. Sul tetto dell’edificio, testimone loscintillio delle stelle, si svolge la prima ceri-monia, atta a chiedere agli dèi la necessariapurificazione. Quest’atto blocca la stregaviva sotto il giudizio dei Celesti. Poi si deveprocedere contro la strega morta, quindi ilsacerdote deve rivolgersi alle divinità infe-re. Anche in questo caso lo scopo è quellodi bloccare lo spettro della strega, in modoche non possa né rifugiarsi negli inferi,aspettando migliore occasione per colpire dinuovo, né lanciarsi in terra, per condurrenuovi attacchi: per quanto riguarda il terzo

regno, lo splendore degli astri le preclude lafuga verso i Cieli.

La procedura ricordanettamente le pratichesciamaniche, perché ilsacerdote deve discen-dere l’Axis mundi,l’asse del mondo checollega Cielo, terra edinferi, in modo dapoter avvicinare ledivinità dell’oltretom-ba. Per compiere que-sta operazione eglichiede la purificazioneagli dèi celesti, e quin-di, come loro, avvoltodi splendore stellare,può scendere agli infe-

ri, seguendo il percorsoche quotidianamente tracciano gli astri,quando, tramontando, scendono nel regnodelle tenebre ad Occidente, per poi riappa-rire il giorno dopo ad Oriente. A b b i a m oricordato al paragrafo precedente la funzio-ne intermediatrice delle stelle, che fungonoanche da messaggere.

Come esito di questa cerimonia, da unlato la strega, sia essa viva, o uno spettro,resta intrappolata tra inferi, Cielo e terra, inun luogo virtuale dove dovrà rispondere deisuoi crimini. Dall’altro lato, l’uomo che si ètrasformato in stella non è più l’uomo diprima.

Ora lo splendore stellare che lo avvolgelo rende invulnerabile agli attacchi delleentità malefiche. Come le stelle egli veglianella notte e quindi ha piena consapevolez-za di ciò che accade, tanto che si identifica

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con gli astri. La sua coscienza è piena, lastrega non potrà attaccarlo nel sogno, néfarlo trapassare da quell’immagine dellamorte che è il sonno. Eglia ffronta la notte infestatadagli spettri senza perico-li; come la luce delle stel-le è attiva nella notte, cosìla sua forza potrà, unita aquella delle stelle del cie-lo, colpire la strega.

Il rituale m a q l û c u l m i-na con l’atto di gettare nelfuoco l’immagine dellastrega (m a q l û vuol dire“combustione”), in modoche essa venga definitiva-mente annientata e si dis-perda, senza aver possibi-lità neppure di ritornarecome fantasma. Abusch si chiede se l’iden-tificazione con la stella non sia una visioneonirica ottenuta in un rito di incubazione,simile a quelle degli sciamani o dei Benan-danti descritti da Carlo Ginzburg.

6. L’Io

Lasciamo per un momento l’anticaMesopotamia e i suoi riti e rivolgiamoci aricerche contemporanee. Mi riferisco allapsicologia di Roberto Assagioli, che com-prende non solo gli aspetti coscienti

dell’“Io”, e quelli delle profondità dell’in-conscio, sia individuale che collettivo, maanche le “altezze” del supercosciente e del

Sé spirituale. Laricerca di A s s a g i o l iquindi risponde allacritica che Guénonaveva mosso allescienze psicologiche,per le quali nellostesso elemento, l’in-conscio, appunto,i n d i ff e r e n t e m e n t econfluivano in modoconfuso tanto realtàspirituali che pulsionii n f e r i o r i1 0. Quest’im-postazione fu natural-mente condivisa dal

Fratello FrancescoBrunelli, che sviluppò, in comunione d’in-tenti con Assagioli, gli aspetti esoterici diquella ricerca11.

Nel suo manuale introduttivo P s i c o s i n t e -s i, A s s a g i o l i1 2 illustra l’illusorietà dell’unitàdell’“Io” cosciente, che in realtà consiste inuna molteplicità indefinibile di elementidiversi: un’eccellente illustrazione di questarealtà si riscontra nella lettura del romanzodi Pirandello Uno, nessuno, centomila, chedescrive sottilmente come il protagonistascopra in modo graduale l’inconsistenzadella propria immagine e personalità13.

10 Guénon, 1982: 223-229.11 Brunelli, 1981: 81-107.12 Assagioli, 1993: cap. 1.13 Assagioli, 1993: 15.

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Lo stesso tema si riscontra presso unamericano che si è convertito al Buddhi-smo, Stephen Levine;il suo punto di vistariguardo l’illusionedell’“Io” è particolar-mente interessante,dal momento che egliappartiene alla nostrastessa cultura, e quin-di riesce più efficace-mente a comunicarecon noi di quantopossano i monacitibetani che giungonoa predicare in Occidente. Levine parladell’“Io” come di una scimmia che balza diramo in ramo, a seconda di dove s’appuntil’attenzione del nostro pensiero cosciente14.Brunelli sviluppa ulteriormente il tema,individundo un tipo di persona “non evolu-ta”, che reagisce solo agli stimoli ed impul-si esterni, e per la quale quindi l’“Io” è pres-socché inesistente, rispetto a chi comincia acostituire il proprio centro che organizza edirige i contenuti del campo della coscien-za. Lo stadio successivo consiste nella per-cezione dell’inconscio superiore e consented’intraprendere un percorso verso l’unionecon esso1 5. Assagioli porta diversi esempi,tra cui quello di Wolfang Goethe, di perso-naggi che riuscirono a condurre a compi-

mento il processo di unificazione con la sfe-ra superiore1 6: sul versante esoterico, l’Ini-

ziazione è ilmomento reale chedà inizio a tale per-corso17.

Riassumendo ilquadro assunto daAssagioli e Bru-nelli, alla sfera del-l’inconscio infe-riore, si appoggial’inconscio medio,in cui si colloca il

cerchio formato dal raggio dell’“Io”cosciente. Tutto attorno, indefinibile, s’e-stende l’inconscio collettivo. Al di sopra delcerchio della coscienza, si colloca l’incon-scio superiore o supercosciente, che culmi-na con il Sé Superiore. È importante distin-guere questo Sé spirituale dal supercoscien-te, in cui sempre si svolgono dinamiche cuipartecipano diversi elementi, mentre il Sé èimmobile, stabile, immutabile1 8. Questo Sési riflette nell’“Io” cosciente, entrambi cen-tri unificatori, seppure a livelli diversi19.

Se ora ritorniamo all’esperienza mesopo-tamica, possiamo riconoscere nel linguag-gio figurato del pensiero mitico i processiche il linguaggio astratto moderno descrive

14 Levine, 1998: cap. 4, 63 ss.15 Brunelli, 1981: 96-99.16 Assagioli, 1993: 16.17 Brunelli, 1981: 102.18 Assagioli, 1988: 26.19 Assagioli, 1993: cap. 6.

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come unione con l’elemento superiore(ovvero la “psicosintesi”), e quindi nellastella – in cui l’Uomo infine si trasforma, altermine di una dramma-tica lotta contro le forzedisgregatrici ed ipnotiz-zanti della stregoneria –la rappresentazione diquello che Brunellichiama “Uomo evolu-to” se non “Uomo tota-l e ”2 0. Nel pensiero eso-terico anche Kremmerzassocia la stella all’Uo-mo evoluto e, in parti-colare, sottolinea ilrisalto della luce stellarecontro il fondo cupo delcielo, dove la divinità e i fati si celano21.

7. L’astrologia caldea, egizia e greca

Molto succintamente, per non stremare“il mio lettore”, traccio il percorso che arri-va all’astrologia moderna. Nei testi di divi-nazione più antichi, sempre in Mesopota-mia, sono raccolti sistematicamente oracolicelesti, ovvero oracoli che sono determina-ti dalla mera visione del fenomeno, cosìcome appare, scevra da qualsiasi riflessioneastronomico-matematica.

In altre parole, in quelle raccolte, nonsolo si tenne conto se un astro ne copre unaltro, ma anche se l’astro sarà visibile omeno a causa delle nuvole, se apparirà cir-

confuso da un alone, oppure sfocato dallafoschia, e altre condizioni ancora, legateanche alla meteorologia, ed in cui non ricor-

re alcuna considerazionedi natura astronomica.Diamo qualche esempio.

Se la Luna, il giorno 1[del mese in oggetto],quando sorge, il suo cor -no sinistro è smussato eM e r c u r i o [/ Venere] sta alato: per tre anni il nemi -co divorerà il paese diAmurru [= Occidente];

Se la Luna nel vasto(?) cielo è rossa: l’orzoscarseggerà;Se la Luna sorge in un

momento non previsto ed è scura: sventu -ra per [la città di] Ur, il trono cambierà [=rovesciamento dinastico].

Verderame, 2002: 15

Come si vede, gli aspetti “astronomici”sono del tutto assenti, se, addirittura, siosserva un’inattesa apparizione dell’astrod’argento!

In questi riguardi, piuttosto che di astro-logia, dovremmo parlare di o m i n a c e l e s t i ,da includere in quella prima parte delladivinazione assiro-babilonese che si occupadi oracoli spontanei, non provocati, qualipossono essere la nascita di un essere defor-me o il cadere di una folgore, l’apparireimprovviso di una serpe (il nostro gatto

20 Brunelli, 1981: 99.21 Kremmerz, 1982: 36.

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nero che attraversa la strada viene da lì). Aquesta parte se ne oppone un’altra, in cui ilverdetto è oggetto di indagine volontaria,come la lecanomanzia,allorché si gettanogocce d’acqua in unbacile di olio o si esa-mina il fegato di unagnello sacrificato.

I presagi celesti,quindi, si incanalanoinsieme a tutte le altrediscipline divinatoriebabilonesi e assire, icui principi generali –ma con molte variazio-ni – si possono riassu-mere in una schemati-cità che colloca sulladestra (che i Latini chia-meranno pars familiaris) i segni favorevolio, se negativi, sfavorevoli per il nemico,mentre sulla sinistra (pars hostilis) i segnipositivi come favorevoli al nemico o, senegativi, a lui contrari (e, quindi, a noi favo-revoli: Koch-Westenholz: cap. 5). Non ci sistupisca per la terminologia latina: la prin-cipale tecnica divinatoria mesopotamica,l’estispicina o epatoscopia, esame del fega-to della vittima, giunse sulle coste tirrenichee fu acquisita dagli Etruschi22.

Si deve immaginare che per gli antichimesopotamici tutto l’universo era collegatoda una fitta rete di analogie, che connette-

vano tra loro le realtà più disparate, secon-do principi a noi chiari solo molto raramen-te. In un cosmo siffatto, gli dèi (in quanto

forze cosmiche) agi-vano quali “centri”di tali reti e quindimoltissimi eventierano interpretati ocome segni che rive-lavano le loro inten-zioni, oppure comemessaggi, che glidèi inviavano agliuomini.

Nel V sec. a.C.invece si verificòuna profonda tra-sformazione; non è

possibile, in questasede, esaminarne le ragioni, che in parte cisfuggono. Certamente le sistematiche osser-vazioni che i sacerdoti effettuarono persecoli, prendendo nota del levare e del tra-montare dei singoli astri, produsse unagrande quantità di dati, che fu poi la base diqueste speculazioni. Si pensi che perfino ilgrande Tolomeo (II sec. d.C.), per formula-re la sua dottrina del sistema planetario, siavvalse di questo materiale babilonese23.

Fu individuato in quel periodo il ciclodetto S a r o s, di circa 18 anni, in base al qua-le predire le possibilità di eclissi e un ciclodi 19 anni, che consentì di “pareggiare” ilnumero delle lunazioni con gli anni solari.

22 Meyer, 1987: 270.23 Barton, 1994: 19, 30-31; Hunger e Pingree, 1999: 97, 144, 156-159; Rochberg, 2004: 9.

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Ma da questo periodo ebbe anche iniziouna nuova destinazione della divinazioneceleste, perché non fu rivol-ta solo al re e quindi alpaese, ma anche alla per-sona comune2 4. Poco piùtardi fu introdotta la scan-sione in 12 segmenti(segni) di 30º dell’eclittica,lo zodiaco, innovazioneche trasformò la tradizionedegli omina celesti25.

In questo quadro di pro-fonde trasformazioni, apartire appunto dal V s e c .a.C., appaiono i primi teminatali, caratterizzati dallaformula “Il neonato è venuto alla luce”,come indicazione del momento del temanatale. Seppure in piccolo numero, i proto-oroscopi babilonesi provengono da unperiodo che si estende fino al I sec. a.C. e,probabilmente, sono fra gli ultimi testiredatti in cuneiforme su tavolette d’arg i l l a .Dopo l’estinzione di questo genere, appaio-no i primi oroscopi greci26, che raccolgono,in pieno periodo ellenistico, l’eredità babi-lonese, sviluppandola con l’inclusione dialtre influenze culturali, quali il pensiero

stoico e aristotelico2 7. D’altra parte, già dalVI sec. a.C. era evidente l’influenza del

pensiero cosmologico meso-potamico su quello greco2 8.L’unità culturale del bacinoorientale del Mediterraneo,attuata dall’impero persianoprima e dall’ellenismo poi,ha pertanto costituito l’am-biente culturale idoneo perla diffusione e l’elaborazio-ne di esperienze locali chealtrimenti difficilmente sisarebbero potute trasmetterealtrove: è questo il casoanche dell’Egitto2 9. L’ e p o c atolemaica a sua volta vide

l’Egitto divenire centro d’irradiazione del-l’astrologia, sia inclusa nella letteraturae r m e t i c a3 0, sia in forma di oroscopi3 1 in tut-to l’eucumene ellenistico-romano. Natural-mente anche l’Egitto recò il suo contributoal prestito mesopotamico, in alcuni aspetti,quali la regolarità del calendario e la fun-zione dei decani3 2. La “rivoluzione matema-tica” del V sec. a.C. da Babilonia aveva for-nito la spinta propulsiva che aveva, a suavolta, attivato sviluppi fecondi che si diffu-sero in tutto il mondo mediterraneo.

24 Rochberg, 2004: 101.25 Rochberg, 2004: 117.26 Rochberg, 2004: 99-100.27 Rochberg, 2004: 100.28 Barton, 1994: 21.29 Rochberg, 2004: 10; Barton, 1994: 19-31; Hunger e Pingree, 1999: 31.30 Barton, 1994: 25-27.31 Barton, 1994: 27.32 Barton, 1994: 19-20.

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8. Perché l’astrologia

È il momento di strin-gere i nodi.

Nell’Uomo è pre-sente una componentedivina, come s’è vistosopra, al § 4; questacomponente funge da“centro unificatore”(terminologia di A s s a-gioli: § 6), come sipuò dedurre dall’innoalla dea Nungal e dalrituale di contro-magia nera m a q l û, cui s’èfatto cenno innanzi (vedi sopra, § 5).

Questo “Centro” condivide con la voltastellata il carattere di essere ad un tempo aldi sopra del contingente (vedi § 1 e § 6) e altempo stesso in contatto con esso, rifletten-dosi nell’“io” cosciente (vedi § 6) e pertan-to è rappresentabile da un oggetto di naturaceleste, quale appunto la stella. Se ritornia-mo al “dio personale” dell’antica Mesopo-tamia (§ 4) e alle stelle come rappresenta-zione del divino (§ 3), non sembrerà stranoassociare l’elemento divino nell’uomo adun astro: e, difatti, il rituale m a q l û c o n f e r m aquest’associazione.

Nel pensiero greco Pitagora, su basematematica, stabilì rapporti tra i corpi cele-sti, elaborando la teoria dell’“armonia dellesfere”, e, consonantemente agli antichi assi-ro-babilonesi, concepì il ritorno dell’anima

tra le stelle del firmamento alla morte del-l ’ i n d i v i d u o3 3; dottrine che Platone riprese,associando l’anima alle stelle34.

Io ritengo che, frale tante disciplinedivinatorie praticatenell’antica Mesopo-tamia, e delle qualipossediamo una cer-ta documentazioneepigrafica, l’astrolo-gia sia assurta al ruo-lo più alto, e quindi èstata recepita attiva-

mente in ambienti diversi in un’area di dif-fusione amplissima, perché da un lato pog-giava sull’astronomia matematica, l’inno-vazione del V sec. a.C. La matematica, nel-la sua assoluta logicità, rispecchia ad unlivello astratto la regolarità della rotazionedella volta stellata nel mondo sensibile. L’ a-stronomia / astrologia matematica coniugaindissolubilmente i due aspetti.

In secondo luogo, oggetto dell’astrono-mia / astrologia matematica è la volta stel-lata e la stella, come s’è detto, rappresental’“Io” nel culmine del suo percorso unifica-tore.

Come chiarisce Guénon, la posizionedegli astri esprime l’armonia tra il Cielostellato e l’individuo35.

Non a caso, tutte e tre le cantiche dellaDivina Commedia terminano con la parola“stelle”.

33 Barton, 1994: 21; Abusch, 2002: 276.34 Barton, 1994: 109.35 Guénon 1971.

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Glossario ebraico-muratorio

di Felice IsraelUniversità di Genova

The present article offers a glossary of Hebrew words in Masonic Rituals as theyare practised by the Rites recognized from the Grande Oriente d’Italia. For eachHebrew word the reader will find its Hebrew transcription, its attestation in theOld Testament and some prosopographic and topographic news about it. Key words: Italian Rituals, Hebrew Wo rds, Hebrew Names, Rituali GOI,Parole ebraiche, Nomi ebraici.

n questo articolo, che fa seguito alcontributo di V. P. Gastaldi dedicatoalla presenza ebraica in Massoneria,

è parso opportuno inserire un e x c u r s u s s u l l eparole e i nomi ebraici presenti nei diversirituali massonici sia dell’Ordine che deidiversi riti riconosciuti dal Grande Oriented’Italia. Questi sono nell’ordine diriconoscimento da parte del GOI: RitoScozzese Antico ed Accettato, il Rito Sim-bolico, il rito dell’Arco Reale, l’Antico ePrimitivo Rito di Memphis e Misraim, il ritoNoachita e l’Ordine della Croce Rossa diCostantino. Qui non si vuole parlare dei sin-goli riti né tantomeno svelare dettagli dellesingole iniziazioni ma piuttosto fornire unglossario dei termini ebraici presenti neidiversi rituali. Accanto ai lemmi veri e pro-pri si sono raccolti anche gli antroponimi e itoponimi. Tutti questi termini sono raccolti

in ordine alfabetico, secondo la grafia, spes-so deformata, o quasi irriconoscibile in alcu-ni casi, impiegata nei rituali per cui ci è par-so necessario far seguire ogni termine dallasua trascrizione fonetica; agli antroponimi sifa seguire la sigla NP = Nome di Persona eai toponimi la sigla NL = Nome di Luogo.Per ambedue queste categorie viene datal’attestazione nella Scrittura connessa al ri-tuale e qualche scarna ed essenziale notiziaprosopografica o topografica. Come si è det-to prima, le parole ebraiche sono deformatee questa deformazione ci sembra dovuta adue fattori essenziali: la trasmissione te-stuale e la mancanza, all’epoca dellaredazione dei rituali, di una convenzioneuniversalmente accettata per trascrivere l’e-braico; questi due fatti hanno obbligatol’Autore a fornire una trascrizione scientifi-ca dei termini, a segnalare accanto all’inter-

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pretazione tradizionale un’interpretazionerestituita secondo i valori dei termini allaluce della grammaticaebraica. Qualora i termininon ritrovino riscontronell’Antico Testamento, siindicherà se inventati o dadove essi siano stati presicome è il caso dei nomiangelici che in realtà sononomi di persona diventatinomi angelici. Per quantidesiderassero appro-fondire lo studio dal puntodi vista linguistico si indi-cano alcuni dizionari siamassonici che ebraici. Perquanti invece desiderassero studiare gliaspetti massonici dei rituali si indicanoalcune opere di storia muratoria che permet-teranno di conoscere la storia dei singoli riti.Il problema della presenza ebraica in Mas-soneria resta un problema innanzitutto stori-co che è stato recentemente affrontato egre-giamente da B. Katz, dell’Università ebraicaa Gerusalemme e che non ha niente a chevedere con l’uso di parole ebraiche nei ritu-ali sia dell’ordine che dei singoli riti. L’ u s odi queste parole dipende dalle fontitradizionali massoniche che prima per l’Or-dine e poi ed eventualmente per i singoli ritisono state impiegate per costruire i ritualidei diversi gradi. L’insieme di questa mate-ria massonica è fornita da un lato dalla nota“storia” della Massoneria scritta da A n d e r-son, dal discorso di Ramsey e dalla leggen-da di Hiram, trasmessa nel Medioevo e ogginota anche ai profani per esempio grazie alladivulgazione di Gerard De Nerval.

Lo sviluppo di questi materiali che sonostati definiti poc’anzi “materia massonica”

dalla quale per ognigrado si è costrui-ta una leggenda,ha determinatoper alcune tradi-zioni muratoriedelle scelte preci-se nella formula-zione dei diversirituali. Alcune tra-dizioni localicome quella italia-na e quella nordi-ca non hanno svi-

luppato la leggendadi Hiram ma hanno preso come base perso-naggi locali indigeni come Pitagora ed ilsuo insegnamento in Italia o personaggimitici locali nel caso della tradzione mura-toria scandinava, come pure i riti e gli ordi-ni di palese impostazione cristiano-templa-ristica praticamente escludono parole, topo-nimi o antroponimi ebraici dai loro ritualiche restano chiaramente di impostazionecristiana e neotestamentaria. Prescindendodal Serenissimo Rito Simbolico, tutti glialtri riti praticati all’interno ed all’obbe-dienza del GOI, hanno preso come punto dipartenza per le leggende dei singoli gradi laleggenda di Hiram, ampliandola ognunoanche con altri elementi a seconda dellapropria e specifica direzione di ricerca eso-terica. Nel rispetto del segreto iniziatico nonsi può dire di più perché altrimenti sidovrebbe entrare nel dettaglio sui singolirituali; proprio per il dovuto rispetto allatradizione, nel comporre i singoli lemmi

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• 49 •Glossario ebraico-muratorio, F. Israel

in questo glossario non sono stati indicati idiversi gradi ed i riti in cui i diversi terminioccorrono: i Fratelli che leggeranno questerighe si riconosceranno ognuno al suo postoo in posti differenti della Piramide iniziati-ca, perché gli stessi lemmi possono occorre-re in gradini diversi della Piramide, comepure i diversi sistemi hanno disposto imedesimi gradi in ordine diverso, ma que-sta ripetizione non è casuale perché r e p e t i t aj u v a n t. La disposizione diversa dei gradi e

la loro moltiplicazione sono voluti in modoche l’iniziato, perché pur partendo da unamedesima materia massonica possa farlapropria, poco a poco, quasi come una medi-cina da assumere in dosi quantitativamentediverse a seconda delle necessità del pazien-te – metafora per indicare l’iniziando – chenel tempo e secondo le proprie capacitàpotrà fare propri determinati concetti sim-bolici a seconda della dose assunta – meta-fora quest’ultima per indicare la dottrina.

Glossario

÷abib m˝qqêh: «uccisore del padre»; inrealtà frase inventata e non conforme allasintassi ebraica, il cui vero significato è«di suo padre percussore».

÷˝hˇb ÷ab ô d a h: «amante del lavoro»; com-posizione di due parole in stato costruttomista di aramaico ÷ ̋ h e b e di ebraico÷ab o d â.

÷˝hˇb qodsπo: «amante del Suo santuario»;composizione di due parole in stato co-strutto mista di aramaico ÷ ̋ h e b e di ebrai-co qodsπo.

÷ab a d d ô n [Abaddon]: nome dell’infernosecondo Job 26,6.

÷ a b d̋ [Abda]: NP «servo del dio»; forma-zione ipocoristica, padre di A d o n h i r a mcfr. infra s.v. adonhiram.

Abdhmwn [Abdemon]: NP cittadino di Tiroe di Salomone che risolve alcuni deglienigmi sottoposti da Salomone a Hiram diTiro e che ne propone altri al sovrano di

Gerusalemme; il personaggio è menzio-nato da Flavio Giuseppe in Contra Apio -n e m I, 115,120 e Antichità GiudaicheVIII, 146,149.

÷abíba¿al [Abibal]: NP «mio padre è ba¿al»;uno degli eroi di Davide, cfr. 2 S a m .23,31, 1 Cron. 11,32.

A b i b a l a: NP «ha divorato il padre»; inven-tato per ÷abíb˝la¿.

÷ab î r ̋ m [Abiram]: NP letteralmente «ilpadre è elevato»; figlio di ÷ e h ÷ ̋ b, sacer-dote ribelle all’autorità di Mosé; cfr.Num. 16,1ss, Deut. 11,6.

A b r a g: NP tradizionalmente interpretatocome «re senza macchia»; tuttavia taleinterpretazione non ha fondamento filolo-gico; la parola sembra essere una defor-mazione di ÷ab ra¿ «padre malvagio».

÷ a b r ̋ h ̋ m [Abramo]: NP «il padre è eleva-to», patriarca, progenitore degli Ebrei;variante grafica del nome precedente.

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÷ ̋ d m̋ [Adamo]: «uomo»; nome del primouomo creato dal Signore; cfr. Gen. 1,26ss.

÷ad˝r [Adar]: dodicesimo mese nel calenda-rio ebraico postesilico.

A d o n a i: nome di Dio che nella tradizioneebraica sostituisce la pronuncia del tetra-gramma per cui vedi sotto s.v. YHWH. Latraduzione corrente «il Signore» d e r i v adalla versione dei Settanta che presenta iltermine greco kuvrioß «Signore».

Adonay baelim mika.moka: trasposizionedella frase Mi kamoka baelim adonay,«Chi è come te o Signore» di Es. 15,11 .Cfr. infra alla omonima voce.

A d o n h i r a m: NP «figlio di Abda». Il NPA d o n h i r a m sarebbe la deformazione delN P biblico ÷ad o n î r ̋ m «il mio signore èelevato». Funzionario preposto ai lavoripubblici secondo 1 Re 4,6 e 5,28. In 2Sam. 20,24, Re 12, 18//2, Cron. 10,18appare la variante grafica ÷ad o r ̋ m con lostesso significato.

A g g e o h ≥ a g g a y: NP «nato nel giorno di fe-sta». Uno dei Dodici dei profeti minori edautore dell’omonimo libro biblico. A t t i v onella ricostruzione del tempio postesilico.C f r. Esra 5,1 e 6,14, assieme al profetaZaccaria; cfr. infra s.v.

A h i l u t: NP variante di A h i l u d per cui cfr.infra Giosafat figlio di Ahilud.

÷ah ≥ í π ̋ h ≥ a r [Ahishahar]: NP «il fratello èalba»; maestro del palazzo per il re Salo-mone cfr. 1 Re 4,6. Esiste la variantedeformata riportata sotto.

A h i s k a r: NP deformazione di A h i s h a h a r,cfr. sopra.

Ahoiah: NP deformato per ÷ah≥îyy˝h, segre-tario di Salomone assieme al fratello A h o -reph secondo 1 Re 4,3.

A h o re p h: NP assieme al fratello A h o i a hsono ambedue segretari di Salomone. IlN P è inventato e modellato sul NP÷el i h ≥ o re f menzionato in 1 Re 4,3. Defor-mato da un’originale forma ricostruibilecome * ÷ a h ≥ û h ≥ o re p. L’origine della defor-mazione è evidente.

H a l™l û y a h [Alleluja]: «lodate YA H W E H » ;poi entrato anche nella liturgia cristiana.Usato in inizio o conclusione di numerosiSalmi ad es. Ps. 112 in inizio e 113 ininizio ed in fine.

÷ ̋ m ̌ n [Amen]: letteralmente «è cosavera»; poi entrato nella liturgia ebraica ec r i s t i a n a .

÷ e m ̨ r î [Amoriti]: NP, popolazione preisrae-litica della Palestina.

A r a l i m: deformazione del termine ÷ e r ÷ e l ̋ mletteralmente «i loro altari», che in Is.33,7 compare come sinonimo per Gerusa-lemme in quanto sede del Tempio e a for -t i o r i dell’altare. Il significato del terminedeve dedursi dal passo di 2 Sam. 23,20dove si specifica trattarsi della partesuperiore dell’altare. Al singolare il ter-mine presenta la forma ÷ar i ê l, Ez. 43,15 ediverse varianti grafiche come ÷ariˇl nellostesso verso come pure in 2 Sam. 23,20ed ancora ÷arî÷ˇl in Is. 29:1, 7.

÷ a π k™n a z [Askenaz]: NP, figlio di Gomer,figlio di Iafet; cfr. Gen. 10,3 // 1 e Cron.1, 6.

B a ¿ a l [Baal]: «padrone, signore», divinitàcananea secondo la tradizione biblica. Cfr.

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• 51 •Glossario ebraico-muratorio, F. Israel

nel presente glossario i NNPP c o m p o s t icon questo elemento, A b i b a a l, Z o r b a l.

B a ¿ a l [Baal]: «il padrone», nome di divinitàcananea.

B˝bel [Babilonia]: NL.B a g o h a l: «nell’abbominazione» deforma-

zione di b˝g˛¿al.Bea makh bn grad: deformazione di b a h

m˝h πeb˝m™¿ar a: «in essa c’è quanto c’ènella caverna».

Begohal kal: deformazione di B™g ̨ ¿ a l k ̨ l:«nell’abbominazione di tutto».

Ben ¿˝k˝n [Ben Akar]: NP «figlio di A k a r » ,valle posta alla frontiera di Giuda e Be-niamino. Cfr. Gios. 15,7, secondo Gios.7,1 ss. si dovrebbe leggere ¿ ̋ k ̋ n. Neltesto biblico si tratta di una corruzionetestuale. Il NP compare ancora ma defor-mato Hakar per cui cfr. infra.

B e n a i a figlio Ye h o y a d a: NP b™n̋ y ̋ h f i g l i oy™h ô y ̋ d̋ ¿ «Yhwh ha costruito/generato»per il patronimico cfr. infra s.v. Ioyada.Uno degli eroi di Davide, capo della suaguardia 2 Sam. 8,18 // 20,23 // 1 Cron.18,17 e poi sostenitore di Salomone almomento della successione. Cfr. 1 Re 1,8-44. Si noti anche la deformazioneBenaya. Il patronimico significa «Dio haconosciuto».

B e n a y a: NP c f r. sopra B e n a i a figlio Ye h o y -ada

.Ben h≥ôrîn [Benchorin]: «libero».B™rît [Berith]: «patto».

B™sa l ÷ ̌ l [Besalel]: NP «nell’ombra (pro-tezione) di El», figlio di Hur della tribù di

Giuda costruisce nel deserto il santuarioed altri oggetti di culto. Cfr. Ex. 31,2;35,30; 36,Cron. 2,20, 2 Cron. 1.5.

H ̆ ̋ m [Cam]: NP «il caldo» uno dei tre figlidi Noé. Cfr. Gen. 5,32; 6,10; 9,18;10,1;1Cron. 1,4.

K˛hˇn plk˛hanîm [Cohen]: «sacerdote».

D ̋ n [Dan]: NP «(Dio) ha giudicato/è giu-dice», figlio di Giacobbe e Bilha, ancelladi Rachele in Gen. 30,6; 35,25, Gen.49,16-17, antenato della tribù dallo stessonome. Il territoro di questa tribù si trova-va secondo Gios. 19, 40-46 a ovest diBeniamino tra Ephraim, Giuda e ilMediterraneo.

Dario: NP dall’antico persiano D ̋ r a y av a h u - π ( n o m . ) , Dario I, sovrano ache-menide che autorizza la ricostruzione deltempio; cfr. Esra 5, 5-6,16.

¿ˇden [Eden]: NL cfr. Gen 2, 8 inteso gene-almente come il paradiso, in realtà devefilologicamente essere interpretato comeluogo irrigato.

÷ e p r a y i m [Efraim]: NP, secondo Geseniusforsan terra duplex, ossia duale di ÷ e p e r«cenere», ma una qualsiasi etimologiaresta rischiosa. Figlio di Giuseppe eAsnat, cfr. Gen. 41,52; 46,20, antenatodella tribù dallo stesso nome il cui territo-rio si trovava tra Beniamino e Manasse,cfr. Gios. 16,5-10.

E h y ro t: forse deformazione di ÷ a h ≥ ar î t. Siconfronti l’espressione biblica ÷ a h ≥ar î thayy˝mîm «la fine dei giorni».

÷ˇlh≥ay [El Hai]: «Dio vivente».

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÷ˇl h≥annûn [El Hanun]: «Dio misericor-dioso».

÷ ̌ l î ÷ ̌ l [Eliel]: «il mio dio è El», personaggioinventato.

÷el ̨ h î m [Elohim]: nome della divinità gene-ralmente tradotto con «Dio», sulla basedella versione dei S e t t a n t a che rende conQeos.

E m e re k: deformazione di ÷˝mar y˝h «Il Si-gnore ha detto» oppure h a m m ̨ r ̌ h « i lmaestro».

÷emet [Emet]: «verità».

¿ i m m a n û ÷ ̌ l [Emmanuel]: NP «Dio è connoi», nome simbolico di un discendenteannunciato al re Ahaz, cfr. Is. 7,14, 8, 8-1 0 .

¿ e z r ̋ ÷ [esdra]: NP (dio), Esra ben nota gui-da e capo durante il rientro del popoloebraico da Babilonia; «(Dio è) aiuto», for-mazione ipocoristica.

ˇt ÷ad˛n˝y [Eth Adonay]: «con il Signore».

G i b ¿ ô n [Gabaon]: NL Gabaon. Celebreanche per la sua menzione in Gios. 10,12«fermati o sole in Gabaon», testo a cui poifu assegnato un valore cosmologico nellapolemica contro Galileo.

G a b r î ÷ ̌ l [Gabriele]: NP «Dio è forte»,angelo Dan. 8,16; 9,21, Lc. 1, 20,26.

G i l ¿ a d [Galad]: NL, secondo la tradizione iltoponimo significherebbe «mucchio deltestimonio». Cfr. Gen. 31,47.

G a t h: NL, rifugio degli Asmonei. Cfr.Flavio Giuseppe Bellum Judaicum I, §326 e Antiquitates Juadaicae XIV, § 450.Si tratta della città di Gat, una delle

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cinque città della Pentapoli filistea secon-do Gios. 13,3 e 1 Sam. 7,14.

Gebûl bînâ teb û n â [gebhul binah tebuna]:«confine dell’intelligenza è la compren-sione».

Y™rûπ˝layim [Gerusalemme]: NL.

Y@ eh ô π a p at ben ÷aí l û d [Giosafat figlio diAhilud]: NP «Dio ha giudicato», ÷ah ≥ î l û d«fratello del figlio». Araldo all’epoca diDavide e Salomone, cfr. 2 Sam. 8,1620,24; Re 4,3; 1 Cron. 18,15. Per A h i l u desiste anche la variante Ahilut.

Y™hôπû¿a [Giosuè]: NP «YHWH è salvez-za», sacerdote associato a Zorobabele e alprofeta A g g e o . C f r. s.v. Nella ricostruzionedel tempio, cfr. Esra 2, 1-70 // Neem. 7,6-72, Israele nella terra promessa e al qualeè intitolato l’omonimo libro biblico. Perambedue i personaggi il significato delnome è il medesimo.

Y™h û d â [Giuda]: NP divenuto anche NL,figlio di Giacobbe e Lea antenato del-l’omonima tribù. Cfr. Gen. 29,35 e 49,8 ilcui territorio occupava la Palestina meri-dionale cfr. Gios. 15, 4-12.

G ̨ p e r [Gofer]: legno con cui è stata fattal’arca di Noè, forse il cedro secondo laversione dei Settanta.

H a b m o t: deformazione per h a b b ̋ m â«altare, luogo alto», nel mondo cananeo.

H a b o r k a: tradizionalmente tradotto con«benedici» ma in realtà deformazione dihabb™@r˝kâ «la benedizione».

Hakar: NP cfr. sopra Ben Akar.Hamal abel tub bahani: deformazione di

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Y ™ h ô y ̋ d̋ ¿ [Ioyada]: NP «Dio ha conosciu-to», consigliere di David 1; Cron. 27,34.

J o h a b e n: parola inventata, tradizionalmenteintesa come «figlio di Dio» la cui compo-sizione non è compatibile con le normeche regolano la composizione delle parolenella lingua ebraica.

Jakinai: deformazione di j˝kîn.Jaobert: NP deformazione di yahoben.

Japho: NL odierna Jaffa y˝pô÷.

Ye k ̨ n y ̋ h [Jechonias]: NP d e f o r m a z i o n epresente nel testo masoretico di Ger.27,20; 28,4; 29,2; 1 Cron. 3,16 peryehôy˝kîn. Ultimo re di Giuda.

Judah jah hay h ≥˝y: interpretazionetradizionale «Sia lodato il Dio vivente»,gioco di parole fondato su Gen. 29,35,l’etimologia popolare di Giuda.

K ™ n a ¿ a n [Kananan]: NL, il paese concessodal Signore agli Israeliti per i cui limitigeografici cfr. Num. 34, 1-12 e Ez. 47,15-20. Originariamente antica denominazio-ne della Palestina.

Keleh: deformazione di kele÷ «prigione».K i t t i m: NP divenuto NL letteralmete “abi-

tanti di Kition”, città cipriota, figlio diYavan «la Grecia» figlio di Iafet. Cfr.Gen. 10,4 // 1 Cron. 1,7. Tale nome èdivenuto poi per antonomasia sinonimodei Greci (1 Macc. 1,1) e dei Romani neimanoscritti di Qumran.

K˛l [Kol]: «tutto».

K˛l pasar: tradizionalmente «tutto è statospiegato».

Kûπ [Kush]: NP divenuto NL, reso con

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h≥amal abel toub baaani «la misericordiaper il luttuoso è buona nella povertà».

H a m a l: tradizionalmente inteso come«saggezza, grande opera» ma in realtàdeformazione di ¿˝m˝l «lavoro, opera».

Ham a l î ÷ ̌ l [Hamaliele]: NP d’angelo, «Dioha avuto compassione di me».

H˝môn [Hamon]: «brontolio delle acque».

H a ro d i m: parola inventata pl. di r ̨ d ê p r e-ceduta dall’articolo determinativo capocfr. 1 Re 5,4.

H ̆anôk [Henoch]: NP, patriarca antedilu-viano, «l’iniziatore». Cfr. Gen. 5,22-24,Sir. 44,16; 49,14; Ebrei 11,5; Luca 3,37.

Hiram e Hiram abif: NP, deformazione dih ≥îr˝m ÷ab î w, bronzista tirio per padre edella tribù di Naftali da parte di madre,oppure di origine danita, cfr. 1 Re 7,13// 2Cron. 2,12; 1 Re 7,13-47// Cron. 2,12-13;4,11-16.

Hiram di Tiro: NP H i r a m, h ≥ î r ̋ m e varianteh≥ûr˝m. Re di Tiro, «il fratello è elevato»,contemporaneo di Davide e Salomone acui fornisce i materiali per la costruzionedel tempio. 2 Sam. 5,1 1// ! Cron. 14,1; 1Re 5,15-26 // 2 Cron. 2,2-11.

H i s h e deformazione della parola H o s e a c f r.infra.

Hôπî¿îa [Hosea]: «salva».Ye p e t [Iafet]: NP figlio di Noè, «che egli

a l l a rg h i » ; c f r. Gen. 5,32; 6,10; 9,18; 10,1;1 Cron. 1,4.

I o h a b e n: NP «figlio di Dio». NP i n v e n t a t oed incompatibile con le norme della sin-tassi ebraica.

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A i j q i o p i v a dalla versione dei S e t t a n t a m ain realtà si tratta della Nubia, estremo li-mite dell’impero persiano secondo Ester1,1; 8,9.

L ô t [Lôt]: NP nipote di Abramo, padre diAmmon e Moab, antenati mitici deipopoli ammonita e moabita. Cfr. Gen. 19,30-36.

M a k a b i m: deformazione di m a k ÷ ̨ b î m«dolori».

M a l ÷ a k î [Malachia]: NP «il mio mes-sagero», ultimo dei Dodici profeti minoried autore dell’omonimo libro biblico, cfr.Mal. 1,1 e 3,1.

Yam hammelah [Mar Morto]: NL, letteral-mente «il mare del sale».

M a t h o k: tradizionalmente interpretato come«dolcezza» ma in realtà si tratta del-l’aggettivo m˝tôq «dolce».

M ™ t û π e l a h [Matusalemme]: NP «uomo diSelah» figlio di Henoch e padre diLamek, cfr. Gen. 5,21-27; 1 Cron. 1,13.

M ̋ d a y [Media]: NL c f r. Gen. 10, 2; 1 Cron.1,5 figlio di Iafet, associato alla Persia inJdt. 16,10; Ester 1,3; 10,2; Dan. 5, 28; 6,9,13,16; 8, 20; 1 Macc. 1,1.

M e g i d d o [Megiddo]: NL, città cananeaindipendente poi ricostruita secondo 1 Re9,15, posta nel quinto distretto del regno,cfr. 1 Re 4,12.

M e n e: aramaico «è stato contato»; cfr. lacelebre frase m™nˇ÷ teqel ûparsîn di Dan.5,25-28, che costituisce un gioco di paro-le composto da tre parole significanti«mina, siclo e mezzo siclo», che vocaliz-zate diversamente vengono a significare«sei stato contato, pesato e diviso».

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Mî k˝m˛kâ b˝÷ˇlîm YHWH [Mi kamokabaelim adonay]: il tetragramma va letto÷ a d ̨ n ̋y «Chi è come te o Signore». Cfr.Es. 15,11. Cfr. anche sopra s.v. B a e l i mmikamoka adonay.

M î k ̋ ÷ ̌ l [Michael]: NP «Chi è come El»,angelo protettore, cfr. Dan. 10,13,21 12,1;Juda 9; cfr. Zacc. 3,1-2 e Atti 12,7.

M i l b i g: parola tradizionalmente intesacome «squadramento di pietre», ma inrealtà parola inventata mediante l’inver-sione della parola g i b i l î m «gli abitanti diBiblos».

Mîπôr [Misor]: «rettitudine».Misraim: NL Aigyptos Misrayim.Moabon: NP secondo la tradizione murato-

ria figlio di Lot. NP inventato, derivantedalla deformazione di Moab che eff e t t i v a-mente era il figlio di Lot e l’antenato miti-co dei Moabiti, cfr. Gen, 19,36. Moab si-gnificherebbe «il seme del padre».

M ̨ π e h [Mose]: NP «Mose», secondo l’eti-mologia popolare il nome significherebbe«io lo ho tolto dalle acque», cfr. Es. 2,10.

N ™ b û k a d n ̌ s s a r [Nabuccodonosor]: NPtrascrizione ebraica del NP del sovranobabilonese n a b u - k u d u rri-usur «che Nabuprotegga il figlio»; noto come Nabuc-codonosor dalla versione dei Settanta.

N˝qûm [Naqum]: «il vendicato».

Nˇder [Neder]: «voto».Niqqam niqqah [Niqam niqqah]: «è stato

vendicato, è stato preso».N ô a h [Noach]: NP «consolazione». Cfr.

Gen. 5,29 oltre che 6,9 e Gen. 9,20-27.

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N ™ h e m y ̋ h [Nohemias]: NP N e e m i a«YHWH ha consolato», cfr. Neem. 1,1;10,2. Scudiero alla corte di Artaserse e daquesto mandato a ricostruire le mura deltempio di Gerusalemme.

÷ a h o l î ÷ ̋ b [Ooliab, Oholiab]: NP «il padre èla mia tenda», artista associato a Besalelper la costruzione del santuario nel deser-to, cfr. Es. 31,6; 35,34; 36,1-2; 38,23.

P˝r˝s` k˛l [Paras kol]: giustapposizione didue parole in modo da formare una frasenominale che tradizionalmente viene inte-sa come «tutto è stato spiegato», ma chein realtà va intesa come «spiegazione ditutto».

P h ̋ l e g [Phaleg]: NP «divisione», statopausale di p e l e g, figlio di Eber figlio diSem secondo Gen. 10,25 // 1 Cron. 1,19.

Q˝d˛π [Qadosh]: «santo, sacro».Qah [Qah]: «prendi».

Rab bonnaym: deformazione di rab b˛nîm,«capo dei costruttori».

R ™ p ̋ ÷ ̌ l [ R a ffaele]: NP «Dio ha guarito»,Angelo inviato a guarire Tobia, cfr. To b .3,17.

R a f o d o n: deformazione di r ™ p î d î m, ultimatappa dell’Esodo. Cfr. Es. 19,2; Num.33,14-15.

R ™ h a b ¿ ̋ m [Roboamo]: NP «Il popolo si èaccresciuto»; figlio di Salomone e di Naa-ma la ammonita, cfr. 1 Re 14,21 e 2 Cron.12,13.

R ™ ÷ û b ̌ n [Ruben]: NP «guardate il figlio»;secondo Gen. 35,23, figlio di Giacobbeantenato della omonima tribù il cui terri-torio si trovava in Transgiordania assieme

a quella di Gad, cfr. Num. 32,34-38 eGios. 13,15-18.

S ™ b ̋ ÷ ô t [Sabaot(h)]: attributo di A d o n a y,detto «degli eserciti» ossia delle schieremilitari e poi celesti.

S ̋ b a l [Sabbal]: tradizionalmente intesocome «fatica» ma in realtà il termine si-gnifica «carico pesante».

∏˝dday [Sadday]: nome divino tradizional-mente reso «l’Onnipotente» sulla basedella traduzione dei S e t t a n t a p a n-tokravtwr.

S ̋ d ô q [Sadok]: NP «giusto»; Sadoq figliodi Ahitûb sacerdote in servizio dell’arcaall’epoca di Davide. Cfr. 2 Sam. 15,24-29; 1 Cron. 15,11; 2 Sam. 8,17; 20,25; 1Re 4,4. Alla successione di Davide, ilnuovo re Salomone, viene sostenuto daSadoq, cfr. 1 Re 1,7-45; 1 Re 2,26-27.35;1 Cron. 29,22; 1 Sam. 12,31-35.

∏ ™ l ̨ m ̨ h [Salomone]: NP « p a c i f i c o » .Salomone nome del ben noto re e costrut-tore del Tempio.

S a m m a e l: NP angelo dal nome diff i c i l-mente traducibile; secondo Schwab signi-ficherebbe «poison superieur».

∏ôr l˝b˝n [Schor laban]: «bue bianco».

sidqiyy˝hu [Sedecia]: NP « Yahwe è la miagiustizia», terzo figlio di Giosia ed ultimore di Giuda (597-587); cfr. 2 Re 24,17,25,7.

∏ ̌ m [Sem]: NP «nome» del maggiore deitre figli di Noè. Cfr. Gen. 5,32; 6,10; 9,18;10,1;1 Cron. 1,4.

S˝lal πalom ÷abi [Shallal salom abi]: «hasaccheggiato la pace di mio padre».

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S h e l o m o t: deformazione di π ™ l ̌ m û t, «perfe-zione», termine dell’ebraico postbiblico.

S i b b o l e t h: deformazione di π i b b o l e t « s p i g adi grano», parola di passo. In Giud. 12,6 iltermine ha assunto valore di parola dipasso anche nel mondo profano.

S i l o e: Deformazione latina del termineπil˛a¿ «canale». Tale canale venne scava-to dal re Ezechia a sud est diGerusalemme, cfr. 2 Re 20,20; 2 Cron.32,30 e Sir. 48,17. Oggi l’entrata delcanale si trova all’esterno delle mura diGerusalemme nell’omonino villaggiochiamato in arabo S i l w ̋ n per defor-mazione del greco S i l w a m a sua voltatrasformazione greca di πil˛a¿.

S i o n [siyôn]: NL originariamente monte diGerusalemme, poi divenuto sinonimo diGerusalemme stessa.

T ̌ b ̌ t [ Tebet]: decimo mese nel calendarioebraico postesilico.

T™hôm [Tehom]: «abisso».

S˝piˇl [Tsapiel]: NP «El contempla», nomedi un angelo.

S™d˝qâ [Tsedaka]: «giustizia».

Tûbal qayin [ Tubalqain]: NP secondo Gen.4,22 figlio di Lamek e Silla e mitico ante-nato dei fabbri.

÷ û r î ̌ l [Uriel]: NP «El è la mia luce», nomedi un angelo.

¿ u z z ̋÷ [Uzza]: NP «dio è forza», trasporta-tore dell’arca secondo Sam. 6,3-8 e 1Cron. 13,7-11.

U z z i e l: «El (Dio) è la mia forza» figlio diQehat figlio di Levi. Il clan discendente èassociato al trasferimento dell’arca. Cfr. 1

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Cron. 15,10 e ai sacerdoti nel culto deltempio 1 Cron. 26,23

Xerxes ÷ah˝πwˇrôπ: NP «Assuero». SecondoEsra 4,6 nemici di Giuda e di Gerusa-lemme redigono una petizione contro gliabitanti di Giuda e Gerusalemme.

ya¿aborû hammayim [ Yabaoru hammaim]:«le acque passano».

Ya k i n e B o a z: nome delle due colonne deltempio salomonico J ̋ k î n e B ô ¿ a z. Questidue NNPP significherebbero «egli rendesaldo» e «in lui c’è la forza».

Ye h o w a: pronuncia errata del tetragrammafondata sulle vocali di ÷ a d ̨ n a y. Questalettura oggi non è più usata ed è stata so-stituita da «Yahwê» che abbastanza fon-datamente sembra essere stata la vera pro-nuncia del nome divino per cui cfr.Teodoreto di Cirro Q u a e s t i o 15 sull’Eso-do dove appare la trascrizione IABE.

YHWH: Quattro lettere che compongono iltetragramma divino, tradizionalmentepronunciate secondo il nome di ciascunadi queste quattro lettere ossia Yod, He,Waw, He.

Z ̋ b û d [Zabud]: NP, figlio di n̋ t ̋ n « d o n a-to»; cfr. 1 Re 4,5 sacerdote amico diSalomone.

Z™bûlûn [Zabulon]: NP «Principe» figlio diGiacobbe e Lea; cfr. Gen. 49,13 e Gen.30,20 dove per il NP viene proposta l’eti-mologia popolare «Dio mi ha fatto un belregalo» fondata sulla radice di originearamaica zabad «donare». Antenato del-l’omonima tribù, situata secondo Gios.19-10-16 tra A s h e r, Naptali, Issachar eManasse.

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Z ™ k a r y a h û [Zaccaria]: NP «YHWE si èricordato». Profeta autore dell’omonimolibro biblico, implicato nella ricostruzio-ne del tempio assieme a Aggeo; cfr. oltreZacc. 1,1.7, Esra 5,1 6,14, Nem. 12,16.

Z a d d i k [pl. Zaddkkim]: «giusto, giusti»sing. saddîq, plur. saddîqîm.

S i d q i ÷ ̌ l [Zadikiel]: NP «Giustizia divina»,nome di un angelo.

Z ™ r a h î ̌ l [Zerachiel]: «splendore di Dio»,nome di un angelo.

Z e r b a l: NP tradizionalmente interpretatocome «generato da dio», ma in realtà sitratta di un nome inventato sul modello di

Zerobabel; il suo significato sarebbe«seme (discendenza) di Bal».

Z ™ r û b ̋ b e l [Zerobabele]: «discendenza diBabele», ultimo davidide, commissario alrimpatrio degli esuli da Babilonia comerisulta dalla lettura dei libri di Esra,Neemmia e Aggeo.

S î s ̋÷ [Ziza variante Zizon]: termine ara-maico corrispondendente all’ebraico s î s«fiore», probabilmente il loto, che ornavail copricapo del Sommo sacerdote.

Z o r b a l: «bal di Tiro», NP inventato edincompatibile con le norme della sintassiebraica.

Bibliografia essenziale

a) Dizionari ebraici

Noth, M. (1960) Die israelitische Namengebung im Rahmen der gemeinsemitischenNamengebung, rist. anastatica, Hildesheim.

Odelain, O. – Seguineau, R. (1978) Dictionnaire des noms propres de la Bible, Paris. Raymond, Ph. (1995) Dizionario di ebraico e aramaico biblici. Edizione italiana a cura del-

la Società Biblica Britannica e Forestiera coordinata da J.A. Soggin, F. Bianchi, M. Imo-sa, G. Deiana, D. Garrone, A. Spreafico, Roma.

Scerbo, F. (1913) Lessico dei nomi propri ebraici del Vecchio Testamento con interpreta -zione del significato etimologico, Firenze.

Schwab, M. (1897) Vocabulaire de l’angeologie d’après les manuscripts hébreux e la Biblio -thèque Nationale, Paris.

Testa, E. (1994) Nomi personali semitici biblici, angelici e profani. Studio filologico com -parativo, Assisi.

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b) Dizionari massonici

K i e f e r, Ch.M. (sine data) Mots de passe, mots sacrés, sigles, formules et lettres du discoursmaçonnique. Contribution à l’ètude du Rite Ecossais Ancien et Accepté, Paris.

Moramarco, M. (1989) Nuova enciclopedia massonica, Bologna.Saint-Gall, M. (2004) D i c t i o n n a i re du Rite Ecossais Ancien et Accepté: Hébraïsmes et

autre Termes d’Origine françaises, étrangère ou inconnue, Paris.c) Opere sulla storia e notizie particolari sui singoli Riti

Naudon, P. (2002) Histoire, rituels et tuileur des hautes grades Maçonniques, Paris. Ogilvie, E.E. (1978) Freemason’s Royal Arch, Letchworth, Hartfordshire.Pike, A. (1950) Morals and Dogma, Livorno.Ragon, J.M. (1972) Orthodoxie maçonnique, Paris.Ragon, J.M. (2000) Tuileur général de la Franc-Maçonnerie. Manuel de l’initié contenant

l’origine identique de l’Ecossisme et de Misraïm, les nomenclatures de 75 maçonneries,52 rites, 34 ordres dits maçonniques, 26 ordres mixtes … et de plus de 1400 grades,Paris.

Ventura, G. (1975) I Riti massonici di Misraïm e Memphis, Venezia.

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Cristianesimo e ReligioneOvvero, l’equivoco del secolo: Cristianesimo o Cattolicesimo?

di Ovidio La PeraSaggista

After the frequent expressions and meddlings by the high degrees of the CatholicChurch about exclusively public matters which should only pertain the Italian Go-vernement, and in order to avoid the incomprehension’s mistakes between Cri-stianity and Catholicism, the Author points out that Cristianity is not a religionand it has nothing to do with the other Churches.It is also reported what our Brother Louis-Claude de Saint-Martin said about thismatter, at the time of the French Revolution. The Author wants to show thatFreemasons are not favourite by the Roman Church because of their laity and theircriticism against the Christian community; in this view the fact that in the LodgesMasons work in the presence of the “three light” is totally forgotten, that is theSquare and the Compasses on the Prologue of S. John Gospel. The fact is thatMasons don’t dispute against Christianity, but against their dogmatism appliedalso to those who are not of this faith.

a qualche tempo, stiamo assi-stendo ad una continua serie diesternazioni ed aff e r m a z i o n i

categoriche da parte delle alte gerarchie del-la Chiesa Cattolica, su determinati proble-mi, la cui gestione è di esclusiva competen-za dello Stato Italiano, in quanto relativi aquestioni che interessano tutti i cittadini, equindi non solo i cattolici. Con tali siste-matici interventi, la Chiesa sembra ormaivoler perseguire un preciso disegno, e cioèquello di poter soddisfare la sua millenariasete di potere, ponendo, indirettamente, sot-to la sua tutela le leve dello Stato Italiano,

minando il fondamento principale d’ognidemocrazia, e cioè la laicità, dando luogoad una forma di Teocrazia strisciante, sottouna larvata apparenza democratica. Aquesto tipo di potere, nel diciannovesimosecolo, i nostri padri, con dure lotte, ave-vano posto fine; ma purtroppo, a partire dalsecolo scorso, specifici interessi della classepolitica, nella storia del nostro Paese, e suiquali non entriamo nel merito, hanno mes-so in pericolo il principio della laicità delloStato, firmando con la Chiesa dei patti con-cordatari, i quali dovevano tutelarel’indipendenza di entrambe, sì da avere una

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libera Chiesa in un libero Stato, laico eindipendente. Cosa che, però, non si è mairealizzata.

Pertanto, per evitare ogni dubbio sullapossibilità che le severecritiche che rivolgiamoalla Chiesa Cattolica, pos-sano in qualche modoriguardare il Cristianesi-mo in quanto tale, cerche-remo di stabilire cosa sia ilCristianesimo, precisandose si tratta di una religionee quale sia il suo rapportocon le religioni e specifi-catamente con il Cattoli-cesimo, sperando così dieliminare quella confusio-ne che ha dato luogo, neltempo, a tanti equivoci; e atale scopo ci serviremo anche del contribu-to di un grande nostro Fratello del Settecen-to, e cioè di Louis-Claude de Saint-Martin,che di questi temi ne ha diffusamente parla-to nelle sue opere.

Dovendo cercare di capire cosa sia, dun-que, il Cristianesimo, e le ragioni della suadistinzione dalle religioni, inizieremo colprendere in considerazione ciò che comune-mente viene individuato come r i v e l a z i o n e .

Perciò chiediamoci cosa sia e cosa com-porti questa rivelazione. O g g e t t i v a m e n t e ,quando Dio rende noto, in qualche modo,alle persone, cosa esse devono fare o meno,si ha una r i v e l a z i o n e; come quella, appunto,che Dio diede al popolo d’Israele per mez-zo di Mosé. Ed ecco così la L e g g e, ed èattraverso la L e g g e che le persone sannocosa devono o non devono fare. A p r o p o s i-

to di legge, il Vangelo di Giovanni, nel Pro-logo, 1: 17 così dice: Perché la legge fu dataper mezzo di Mosé, la grazia e la verità ven -nero per mezzo di Gesù Cristo. Ora, l’istitu-

zione della L e g g e h acome immediata conse-guenza la determinazionedella causa per cui traDio e gli uomini si stabi-lisce una separazione,creandosi in tal modo unad u a l i t à, poiché, in eff e t t ivi è chi, da una parte, dàdelle disposizioni e chi,dall’altra, deve osservar-le, mentre, ritornandoa l l ’ a ffermazione del Va n-gelo, la Verità unisce aDio, venendo in questomodo ad istituire la n o n -

d u a l i t à . Pertanto Verità e Legge apparten-gono a due ordini differenti che non posso-no essere mischiati.

Nella Nuova Alleanza proposta dal Cri-sto, infatti, non vi è un codice scritto sutavole di pietra, ma un codice scritto dallospirito di Dio nel cuore d’ogni persona. Conla Legge scritta sulle tavole di pietra, il cuo-re umano rimane duro come la materia sucui questa Legge è incisa, mentre quest’ulti-ma rimane, come le statue, sempre la stessa.

La vita dell’uomo, con il mutare dellecircostanze richiede continuamente deimutamenti di linea. Ed il conflitto di Gesùcon le autorità religiose è stato un conflittotra il suo cuore di carne e quello di pietra diqueste autorità. La Legge oggettiva è certa-mente un dono di Dio, ma nel contempo è ilsuo limite. Sempre che si possa parlare di

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limiti in Dio; limiti che in realtà provengo-no dalle errate convinzioni di queste autori-tà religiose.

Quando la Legge scritta diventa assolu-ta si trasforma in una g a b b i ac h e blocca lo spirito, ovveroil desiderio di volare nellospazio infinito.

Se la religione basata sul-la Legge scritta è un n i d o, lamadre degli uccelli attendecon gioia il momento in cui isuoi piccoli prenderanno ilvolo nella libertà dello spazioinfinito. Ma se essa è unag a b b i a, istituisce delle guar-die, ossia le gerarchie eccle-siastiche, che controllano leporte di questa g a b b i a c o m equelle di una prigione, prov-vedendo al nutrimento quotidiano e standoattente che nessuno degli uccelli lasci lagabbia.

Nella g a b b i a, oltre al nutrimento vi è laprotezione e l’esistenza, ma non vi è la vita.L’uccello che vola non ha sicurezze, esso èvulnerabile, ma in compenso ha la vita conle sue infinite possibilità. La differenza traun nido e d u n a g a b b i a è che la gabbia h aporte e guardie, mentre il nido ha solo unamadre ed un maestro. Se ad una g a b b i a s itolgono le porte, questa diventa un n i d o e leguardie si trasformano in madre e maestro.

Gesù ha insegnato agli uomini la possi-bilità di volare nella libertà dello spazioinfinito. Egli stesso si è liberato dal grembodi sua madre, ovvero della religione basatasulla L e g g e, infrangendone le porte e tra-sformandola da gabbia in un nido.

Le autorità religiose avevano la c h i a v edel regno, ma non vi entravano, né permet-tevano che altri vi entrassero; ed il loro pec-cato più grave è stato l’assolutizzazione del-

la Legge scritta. E Gesù,che altri non è che la via,la verità e la vita, è venu-to a rimproverare coloroche hanno assolutizzato laLegge, e ad aprire le portedella g a b b i a per liberare iprigionieri, impedendocosì ch’essi perissero adopera dei guardiani dellagabbia.

G e s ù c h e c a m m i n asulle acque, guida i suoidiscepoli sulla v i a c h eporta, oltre il mare, all’in-finito, allo sconosciuto.

Quanto agli uomini, esseri mortali, perviaggiare necessitano di una b a r c a. B a r c ache Gesù e i suoi discepoli usavano andan-do per il mare di Galilea. Barca che rappre-senta il nuovo sistema al posto della gabbiae che permette di passare sull’altra sponda.Certi che nell’attraversamento, in caso dipericolo Egli è pronto a soccorrerci venen-doci incontro camminando sulle acque.Cosa che l’uomo non è in grado di fare per-ché sovraccarico del peso del proprio egoche è stato la causa del sorgere della Legge.Ma durante il viaggio, avverrà la nascita delvero S é, ad immagine e somiglianza di Dio,ed il S é, che è vita come l’acqua, farà dis-solvere l ’ e g o, proprio come una bolla sul-l’acqua.

Da quanto abbiamo visto, dunque, il Cri-stianesimo, non essendo una g a b b i a, non è

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una religione; e per comprendere in cosaessa consista, prendiamo in considerazione,tanto per fare un esempio, lavia indicata da Louis-Claudede Saint-Martin, e cioè lacosiddetta via c r i s t i c a. Essaè la via dell’infinito riposo, ocom’egli diceva, il luogo diriposo a cui dovrebbero ten-dere tutte le religioni; è lavia dell’infinito movimento,dell’infinito silenzio e del-l’infinita azione, che ci con-sente, infine, d’entrare nelcuore di Dio. Quella diS a i n t - M a r t i n non è l ’ u n i c avia che nega tutte le altre checomunque portano a Dio, non è la via per-fetta fra le altre imperfette, non è la b a r c ache esclude le altre barche, ma è, senz’altrola via, che, mediante l’elevazione del pen -s i e r o, e quindi della facoltà prima di cui dis-pone l’uomo, può condurci, con l’azionedeterminata dalla forza del volere, nellazona cardiaca, ovvero nel luogo in cui vi èl’oggetto del sentire, per aprirci oltre ciòche è al di là dei limiti del pensiero stesso,bruciando, nel fuoco ridestato del proprioa t a n o r, le scorie della nostra personalità, delsé individuato, ovvero il nostro essere egoi -c o, volendo donarci per amore del proprioessere, del mondo, degli altri, della Luce,della Vita, ovvero del Logos solare, per rea-lizzare in tal modo, con le forze redente del-l’Io, il senso ultimo della vita, che consistenel fondare il cosmo dell’Amore.

Sottolineiamo, infine, che per chi intra-prende questa via non è necessaria alcunaintermediazione sacerdotale, poiché, secon-

do Melchisedec, ciascuno è sacerdote di sestesso. Pertanto, indipendentemente da ogni

tipo di prestazione sacerdota-le di qualsiasi chiesa, l’isti-tuzione del Cristo può ope-rarsi in ogni uomo di desi-derio credendo sinceramen-te nei poteri e nei meriti delRedentore, o come Saint-Martin ama definirlo, delRiparatore.

Ma, per capire appienocosa sia il Cattolicesimo,diversamente dal Cristiane-simo, proponiamo quantoLouis-Claude de Saint-Mar-tin afferma nella sua celebre

Lettera ad un amico sulla RivoluzioneFrancese:

Quando [la Rivoluzione] la si contem -pla nei suoi particolari, si vede che sebbe -ne essa colpisca ad un tempo tutti gli ordi -ni della Francia, è ben chiaro che colpisceancor più fortemente il clero. Poiché lanobiltà stessa, questa escrescenzamostruosa fra degli individui uguali per laloro natura, essendo già stata tanto umi -liata in Francia da alcuni Monarchi e dailoro ministri, non aveva più da perdere,per così dire, che dei vani nomi e dei titoliimmaginari, mentre il clero, essendo nelgodimento di tutti i suoi diritti fittizi e ditutte le sue usurpazioni temporali, dovevaprovare, sotto tutti i rapporti, il potere del -la mano vendicatrice che conduceva larivoluzione; atteso che non si può quasirifiutarsi di guardare i preti come i piùcolpevoli, ed anche come i soli autori ditutti i torti e di tutti i crimini degli altriordini.

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In effetti, è il clero la causa indiretta deicrimini dei Re, perché è il prete che, secon -do le espressioni della scrittu -ra, doveva essere la senti -nella d’Israele, e che, alcontrario, abusando delleparole indirizzate a Mosè,a Samuele ed a Geremia, siè arrogato il diritto di isti -tuire e di destituire i Re, diconsacrarli, e di legittima -re poi tutti i loro travia -menti e tutti i loro capricci,purché essi avessero curadi alimentare l’ambizione ela cupidigia di questo stes -so prete; infine, perché que -sti Re, ch’egli guardavacome sue creature, partori -vano dappertutto, in suonome, tutti quegli abusiche, uscendo da una radicegià alterata, si comunicavano natural -mente e progressivamente a tutti i ramidello Stato [...].

Incidentalmente facciamo notare che l aRivoluzione, appare a Saint-Martin comeun evento provvidenziale e capitale nonsolo per la Francia, ma per la storia dell’u-manità tutta. Ciò non vuol dire che Robe-spierre avesse ragione, né che Cazotte fossecolpevole. La virtù della Rivoluzione è unavirtù di castigo e di avvertimento, di pro-gresso e di epurazione. La Rivoluzione nonpoteva essere tutta innocente, ma i malich’essa portava erano utili e necessari: gliuomini dovevano, fosse ciò mediante unac h i r u rgia terribile, essere strappati alla sedu-zione del Male di cui l’imperio stava dive-nendo sovrano.

È importante notare, infine, come Saint-Martin, sebbene ad essere colpiti da questa

rivoluzione siano stati tuttigli ordini sociali della Fran-cia, non ne attribuisca laresponsabilità in modo par-ticolare alla nobiltà, opinio-ne del resto in genere moltod i ffusa; e ciò in quantoritiene ch’essa sia stata giàabbastanza umiliata daimonarchi e dai loro mini-stri, e che pertanto nonavesse altro da perdere senon dei “vani nomi e deititoli immaginari”. Ciò nontoglie però che il nostroFilosofo non avesse, no-nostante fosse anch’egli, asua volta, nobile, una gran-

de opinione della nobiltà chein questo scritto definisce “escrescenzamostruosa”. Pertanto la responsabilità diquesta tragedia non poteva ricadere tuttache sulla classe del clero a causa delle sueprevaricazioni, le quali, stando a ciò ch’eglidice, agli occhi di Dio, occupavano il primoposto.

Ma ritorniamo a ciò che può essere con-siderato un grossolano equivoco storico, ecioè l’identificazione del Cristianesimo conil Cattolicesimo. A rgomento ch’egli aff r o n-ta nella terza parte, intitolata La Parola, del-la sua ultima opera Il Ministero dell’Uomo-Spirito:

Il vero Cristianesimo è non solamenteanteriore al Cattolicesimo, ma ancora, altermine Cristianesimo stesso; il nome dicristiano non è pronunciato una sola vol -

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ta nel Vangelo, ma lo spirito di questonome vi è molto chiaramente esposto, econsiste, secondo ilVangelo di Giovanni(1, 12) nel potere diessere fatto figlio diD i o; e lo spirito deifigli di Dio o degliApostoli del Cristo edi coloro che avrannocreduto in lui, è,secondo Marco (16,20), che il Signoreoperava con essi, econfermava la parolacon i prodigi che l’ac-compagnavano.

Quindi da questopunto di vista, peressere veramente nelCristianesimo, bisogna essere uniti allospirito del Signore, ed aver consumato lanostra alleanza completa con lui.

Ora, sotto questo rapporto, la veraindole del Cristianesimo sarebbe menod’essere una religione che la meta ed il luo -go di riposo di tutte le religioni e di tuttequelle vie laboriose, per le quali la fededegli uomini, e la necessità di purgarsidelle loro sozzure, li obbligano a procederetutti i giorni.

Perciò è una cosa abbastanza notevoleche nei quattro Vangeli, i quali riposanosullo spirito del vero Cristianesimo, ilvocabolo religione non appare una solavolta; che negli scritti degli Apostoli, iquali completano il nuovo testamento, nonsia menzionato che quattro volte: la primanegli atti (26, 5) in cui l’autore non parlache della religione giudaica; la seconda neiColossesi (2, 18) in cui l’autore si limita acondannare il culto o la religione degliangeli; e la terza e quarta in Giacomo (1,

26 e 27) in cui si dice semplicemente: 1)che colui che non frena la propria lingua,

ma che abbandona il suocuore alla seduzione, nonha che una religione vana;e 2) che la religione pura esenza macchia agli occhidi Dio il padre, consiste nelvisitare gli orfani e levedove nelle loro aff l i z i o-ni, ed a garantirsi dalla cor-ruzione del secolo. Esempiin cui il Cristianesimoappare tendere molto piùverso la sua divina subli -mità, o verso il luogo diriposo, che a rivestirsi deicolori di ciò che siamo abi -tuati a chiamare religione.

Ecco dunque un quadrodelle differenze del Cristianesimo dal Cat -tolicesimo.

Il Cristianesimo non è che lo spiritostesso di Gesù Cristo nella sua pienezza, edopo che questo divino Riparatore giunseall’ultimo gradino della missione che hacominciato ad adempiere fin dalla cadutadell’uomo, promettendogli che la razzadella donna avrebbe schiacciato la testa delserpente. Il Cristianesimo è il compimentodel sacerdozio di Melchisedec; è l’animadel Vangelo, è esso che fa circolare in que -sto Vangelo tutte le acque vive di cui lenazioni hanno bisogno per dissetarsi.

Il Cattolicesimo, al quale appartienepropriamente il titolo di religione, è la viadi prova e di travaglio per arrivare al Cri -stianesimo.

Il Cristianesimo è la regione dell’af -francamento e della libertà: il Cattolicesi -mo non è che il seminario del Cristianesi -mo; è la regione delle regole e della disci -plina del neofita.

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Il Cristianesimo riempie tutta la terraalla pari dello spirito di Dio. Il Cattolicesi -mo non riempie che una partedel globo, sebbene il titolo cheporta si presenti come uni -versale.

Il Cristianesimo porta lanostra fede fino nella regioneluminosa dell’eterna paroladivina; il Cattolicesimo circo -scrive questa fede ai limitidella parola scritta o delletradizioni.

Il Cristianesimo dilata edestende l’uso delle nostrefacoltà intellettuali. Il Catto -licesimo racchiude e circo -scrive l’esercizio di questestesse facoltà.

Il Cristianesimo ci mostraDio apertamente nel seno delnostro essere, senza il soccorsodi forme e di formule. Il Cattolicesimo cilascia alle prese con noi stessi per trovareil Dio nascosto sotto l’apparato delle ceri -monie.

Il Cristianesimo non ha misteri, e que -sto nome stesso gli ripugnerebbe, poichéper essenza il Cristianesimo è l’evidenza el’universale luce. Il Cattolicesimo è pienodi misteri, e riposa solamente su una basevelata. La sfinge può esser posta sullasoglia dei templi costruiti dalla mano degliuomini; non può risiedere sulla soglia delcuore dell’uomo, che è la vera porta d’en -trata del Cristianesimo.

Il Cristianesimo è il frutto dell’albero; ilCattolicesimo non può esserne che il con -cime.

Il Cristianesimo non produce né mona -steri né anacoreti, perché non può più iso -larsi quanto la luce del sole, e perché cercacome essa di diffondere ovunque il suo

splendore. È il Cattolicesimo che ha popo -lato i deserti di solitari, e le città di comu -

nità religiose, gli uni perabbandonarsi più fruttuo -samente alla loro salvezzaparticolare, gli altri peroffrire al mondo corrottoalcune immagini di virtù edi pietà che lo risvegliassenella sua letargia.

Il Cristianesimo non haalcuna setta, poichéabbraccia l’unità, e l’unitàessendo sola, non può esse -re divisa da se stessa. IlCattolicesimo ha vistonascere nel suo seno dellemoltitudini di scismi e disette che hanno portatoavanti più il regno delladivisione che quello della

concordia; e questo Cattoli -cesimo stesso, allorché si crede nel più per -fetto grado di purezza, trova, a fatica, duedei suoi membri di cui la credenza sia uni -forme.

Il Cristianesimo non avrebbe mai fattocrociate: la croce invisibile che porta nelsuo seno non ha per obiettivo che la con -solazione e la felicità di tutti gli esseri. Èuna falsa imitazione di questo Cristiane -simo, per non dire di più, che ha inventa -to queste crociate. È poi il Cattolicesimoche le ha adottate: ma è il fanatismo che leha comandate, è il “giacobinismo” che leha composte, è “l’anarchismo” che le hadirette, ed è il “brigantaggio” che le hae s e g u i t e .

Il Cristianesimo ha suscitato la guerrasolamente contro il peccato: il Cattolicesi -mo l’ha suscitata contro gli uomini.

Il Cristianesimo procede solamenteattraverso esperienze certe e continue: il

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Cattolicesimo procede solamente attraver -so le autorità e le istituzioni. Il Cristiane -simo non è che la leggedella fede; il Cattolice -simo non è che la fededella legge.

Il Cristianesimo èl’installazione comple -ta dell’anima dell’uo -mo al rango di mini -stro e di operaio delSignore; il Cattolicesi -mo limita l’uomo allacura della propria san -tità spirituale.

Il Cristianesimo unisce incessantemen -te l’uomo a Dio, in quanto sono, per loronatura, due esseri inseparabili; il Cattoli -cesimo, impiegando talvolta lo stesso lin -guaggio, nutre tuttavia l’uomo di tanteforme, che gli fa perdere di vista il suo sco -po reale, e gli lascia prendere o anche gli facontrarre numerose abitudini che nonsempre tornano a profitto del suo veroavanzamento.

Il Cristianesimo riposa immediatamen -te sulla parola non scritta; il Cattolicesimoriposa in generale sulla parola scritta, o sulVangelo, e particolarmente sulla messa.

Il Cristianesimo è un’attiva e perpetuaimmolazione spirituale e divina, sia dell’a -nima di Gesù Cristo, sia della nostra. IlCattolicesimo, che si basa particolarmentesulla messa, non offre in questa che un’im -molazione ostensibile del corpo e del san -gue del Riparatore.

Il Cristianesimo può essere compostosolamente dalla razza santa che è l’uomoprimitivo, o dalla vera razza sacerdotale. IlCattolicesimo, che si basa particolarmentesulla messa, non era al momento dell’ulti -ma Pasqua del Cristo, che ai gradi inizialidi questo sacerdozio, perché quando il Cri -

sto celebrò l’Eucaristia con i suoi apostoli,e disse loro, Fate ciò in memoria di me,

essi avevano già ricevu -to il potere di scacciarei demoni, di guarire imalati, e di resuscitarei morti, ma non ave -vano ancora ricevutoil compimento piùimportante del sacer -dozio, poiché la consa -crazione del sacerdoteconsiste nella trasmis -sione dello Spirito

santo, e lo Spirito santonon era ancora stato dato, perché il ripara -tore non era ancora stato glorificato (Gio -vanni: 7, 39).

Il Cristianesimo diviene un continuoaccrescimento di luci, fin dall’istante chel’anima dell’uomo vi è ammessa; il Catto -licesimo, che ha fatto della santa cena ilpiù sublime e l’ultimo grado del suo culto,ha lasciato i veli estendersi su questa ceri -monia, ed anche, come ho osservato par -lando dei sacrifici, ha finito con l’inserirenel canone della messa i vocaboli M y s t e-rium fidei, che non sono nel Vangelo, e checontraddicono l’universale evidenza delCristianesimo.

Il Cristianesimo appartiene all’eternità;il Cattolicesimo appartiene al tempo.

Il Cristianesimo è la meta; il Cattolice -simo, nonostante la maestà imponente del -le sue solennità, e nonostante la santamagnificenza delle sue ammirabili pre -ghiere, non è che il mezzo.

Infine, è possibile che vi siano molti cat -tolici che non possono giudicare ancora ciòche è il Cristianesimo; ma è impossibileche un vero cristiano non sia in condizio -ne di giudicare che cos’è il Cattolicesimo, eciò che dovrebbe essere.

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Certamente L.C. de Saint-Martin nonpoteva essere più chiaro; egli mette in gran-de evidenza come il Cristia-nesimo sia al di sopra diogni formalismo religioso,e facendo ciò si è espostoalle critiche degli osserva-tori e quindi dei suoi nemi-ci i quali non erano poi tan-to pochi se si pensa che giàqualche anno prima dellapubblicazione del suo ulti-mo libro Il Ministero del -l ’ U o m o - s p i r i t o, così comeci riferisce egli stesso nelsuo Ritratto1:

Il 18 gennaio 1798, gior -no in cui ho raggiunto il mio 55° anno hoappreso che il mio libro “Degli Errori edella verità” era stato condannato in Spa -gna dall’Inquisizione in quanto attentato -re alla Divinità ed al riposo dei governi.

Che dire a tale proposito; chiunqueabbia letto quest’opera può testimoniarecome non solo ad ogni sua pagina, maanche ad ogni sua riga il nostro autore abbiamirato esclusivamente alla difesa dellaDivinità contro tutte le concezioni materia-listiche mediante le quali gli enciclopedistiminacciavano ogni forma di spiritualità, eper quanto riguarda il potere costituito dei

singoli governi egli abbia manifestato ildovuto rispetto ad essi pur evidenziando le

loro manchevolezze2.A conclusione di

queste riflessioni abbia-mo riportato quest’epi-sodio per sottolinearelo spirito d’inimiciziada cui era circondato,ed egli ne era consape-vole, tanto è vero che,sempre nel suo Ritratto3

così scrive:

Vi sono in alcunedelle mie opere parec -chi punti che sono pre -sentati con negligenza,

anziché con la dovutaprecauzione per non risvegliare gli avver -sari. Tali sono gli articoli in cui parlo deipreti e della religione, nella mia “ L e t t e r asulla Rivoluzione Francese” e nel mio“Ministero dell’Uomo-Spirito”. C a p i s c oche questi punti hanno potuto nuocere allemie opere perché il mondo non si eleva finoai gradi in cui esso, se fosse giusto, trove -rebbe abbondantemente di che calmarsi, efarmi grazia, mentre non è neppure abba -stanza misurato da farmi giustizia. Credoche le negligenze, e le imprudenze in cui lamia pigrizia mi ha trascinato in questogenere, hanno avuto luogo con un permes -so divino che ha voluto con questo allonta -

1 Saint Martin, L.-C. de (2005) Il mio ritratto storico e filosofico, Firenze, art. 861.2 A tale proposito vedi Degli Errori e della verità, partizione 5 “Del diritto”, cap. Della sottomissio -ne ai sovrani.3 Saint Martin, L.-C. de (2005) Il mio ritratto storico e filosofico, Firenze, art. 1116.

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nare gli occhi volgari dalle verità tropposublimi che presentavo forse con la miasemplice volontà umana, eche gli occhi volgari nondovevano contemplare.

Cari Fratelli, a conclusio-ne di questo quadro su Cri-stianesimo e Cattolicesimo, ilquale riguarda molto da vici-no tutti noi, essendo ritenutidalla Chiesa dei nemici inquanto Massoni, nonchédenigratori del Cristianesimo,devo far notare come venga aperpetuarsi questo grossolanoequivoco dell’identificazionedell’uno con l’altro.

Ebbene, affermiamo con fermezza chenoi non contestiamo assolutamente il Cri-stianesimo, tanto è vero che le nostre treLuci, su cui lavoriamo, sono “la squadra ed

il compasso” posti sul “Prologo del Va n g e-lo di Giovanni”. Il nostro

atteggiamento, specificata-mente e giustamente criti-co, è esclusivamente rivol-to, quando ci apparenecessario e non apriori-sticamente, ad alcuniaspetti “istituzionali”assunti dal Cattolicesimo esoprattutto dalle sue gerar-chie temporali, ovvero aldogmatismo su cui si basaquesta religione, come, delresto, avviene per tutte lereligioni. Cattolicesimo,

che, come afferma il nostroF i l o s o f o , non può essere che il c o n c i m e d e l-l’albero di cui il Cristianesimo è il frutto, eche è solamente la fede della legge, mentreil Cristianesimo è la legge della fede, fon-dandosi esso sulla Verità.

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NMR: Nuovi Movimenti ReligiosiNMM: Nuovi Movimenti Magici

Perché gli dei ritornano

di Antonio D’Alonzo

The Author wants to identify the phylosophical and anthropological traits whichare at the basis of the present newheathen renaissance. While monotheism seems tobe unable to answer convincingly to the origin of evil and pain, on the other handpolytheism sees with a sense of proportion human and divine fates and it subdueseverything to an impersonal principle that involves mankind in an impenetrableand necessary way. The unfavourable destiny is intended not as a fault derivedfrom a sin, but as a lapse of the fate to be tragically tolerated. Accordingly godsbecome aspects of psychic energy that everyone can fill with its own life.

econdo la celebre previsione diAndrè Malraux: II secolo XXIsarà religioso o non sarà. In eff e t-

ti, lo scrittore francese aveva visto giusto.Oggi assistiamo ad un proliferare caotico dinuove forme di spiritualità, che per como-dità epistemologica possiamo indicarecome “nuovi movimenti religiosi” o “nuovimovimenti magici”. Movimenti studiati dagrandi specialisti come Massimo Introvignee Gordon Melton. Se è vero, come scrive lastudiosa francese Françoise Champion, chesiamo alla presenza di una “nebulosa misti-co-esoterica” composta da una mentalitàincentrata su una concezione olistica, dal

primato dell’amore universale e dell’espe-rienza sulla teoria, da una visione ottimisti-ca dell’esistenza, dall’uso frequente di tec-niche psicosomatiche, dalla ricerca d’espe-rienze-limite indirizzate alla realizzazioneeudemonistica individuale, etc., si devenecessariamente prendere coscienza dicome la spiritualità contemporanea siainedita ed in fieri. Ed è tanto più bizzarroche la nostra epoca riscopra la Spirito,quanto più la Chiesa Cattolica Romana haconcentrato il discorso evangelico sul-l’esclusività dell’ortoprassi e del confrontocon i grandi temi etici del mondo contem-poraneo a discapito di qualunque dimen-

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sione mistica e gnostica. La gnosi antica èstata cancellata dalla chiesa cristiana con laspada delle crociate, la mistica è stata ostra-cizzata con l’Inquisizione,con la messa all’Indice dilibri ed autori, con ilbagliore dei roghi (quellache comunemente vieneoggi definita “mistica”non ha nulla a che vederecon la grande tradizioneannientata alla fine delSeicento).

Rotture epistemologiche

Nonostante tutto, finoall’inizio del Q u a t t r o c e n-t o il pensiero teologico eramolto vicino alla tradizione esoterica occi-dentale: la Scuola di Chartres, per esempio,non aveva nulla da invidiare a molte serioriscuole occidentali1. Durante il Quattrocentosi produce una rottura epistemologica, lateologia abbraccia il pensiero aristotelico ela Scolastica, la cosmologia (intesa comescienza delle cause seconde) diventa appan-naggio degli esoteristi rinascimentalin e l l a Firenze medicea. La teologia perdeper sempre quel patrimonio incommensura-bile di simboli, mitologemi ed archetipi.Legandosi al pensiero aristotelico, però, lateologia è destinata allo smacco, quandol’aristotelismo viene soppiantato dallanascita della scienza moderna nel Seicento.

Il nuovo paradigma, che si basa sulla speri-mentazione e sulla riproducibilità del feno-meno in laboratorio, nasce con Descartes ed

il suo D i s c o r s o s u lM e t o d o. La conoscenzacosmologica e l’esote-rismo, al contrario, sipropagano al di fuoridella Chiesa CattolicaRomana, diventandoappannaggio di ricerca-t o r i che presso le cortir i n a s c i m e n t a l i d a n n oinizio al vero e p r o p r i oesoterismo occidentalem o d e r n o (Cabbala cri-stiana, Teosofia, A l c h i-mia, Paracelsismo,

etc.). Da questo momen-to la Chiesa C a t t o l i c a Romana è costretta adinsistere sul dono della fede e sulla via amo -ris dell’anima, anche perché la mistica spe-culativa – intellettuale e poetica – è stataampiamente sconfessata e repressa. L aChiesa Cattolica Romana potrebbe far fron-te agli assunti della scienza moderna, richia-mandosi agli archetipi ed al simbolismo:ma, dopo essersi focalizzata sulla S c o l a s t i-ca e sui sillogismi aristotelici, non è in gra-do di riappropriarsi del c o r p u s delle dottri-ne esoteriche e cosmologiche, ormai appan-naggio di ricercatori eterogenei alle carichee c c l e s i a s t i c h e . La Chiesa, costretta a rima-nere nel solco del pensiero aristotelico,s i trova di fronte al pensiero scientifico

1 Cfr. Faivre, 1996: 15-16.

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moderno e non potendo contrastarne gliassunti è costretta a ripiegare sull’etica e sulsentimentalismo religioso. LaChiesa Cattolica Romanaa v r e b b e potuto vincere lapartita contro il neopositivi-smo se non avesse gettatoa m a r e i solidi pilastri t e o r e-tici della cosmologia medie-vale, se non avesse sconfes-sato la mistica dell’essenzain favore della misticadell’“amore sponsale”. Infat-ti, il pensiero esoterico n o nsi è estinto, ma ha ricevutonuova linfa dagli studi dipsicologia del profondo edell’immaginario. La ChiesaCattolica, oggi, paga dazioalle sue scelte sbagliate: l ateologia del Novecento si f o n-da sulla constatazione della sconfitta difronte alla laicizzazione della società e a l l ade-cristianizzazione dell’Occidente. Ora laChiesa Cattolica Romana è costretta ac a v a l c a r e la tigre del modernismo: è deboledi fronte alla scienza moderna, ma al con-tempo è “costretta” a perseguire politichesbagliate come quella contro il controllodelle nascite e l’uso dei contraccettivi, inun’epoca dove l’esplosione demografica delTerzo Mondo rischia di mettere in crisi l’e-cosistema. Inoltre, essa si trova in diff i c o l t àdi fronte a i rapidi cambiamenti sociali,come quelli che attraversano l’AmericaL a t i n a . Al contrario, la situazione dellaChiesa Ortodossa Orientale è d i v e r s a :per esempio, la Chiesa Russa è in ripresa.

Survivals e riplasmazioni assimilatrici

Nonostante la crisidel Cattolicesimosecolarizzato e sebbe-ne il secolo appenatrascorso sia statodominato dalle grandiideologie ratiocentri-che figlie dell’ereditàdei Lumi – il “razio-nalismo”, il “positivi-smo”, il “materiali-smo”, il “nichilismo”,etc. (moltiplicando adismisura gli -ismi) –non si è mai del tuttoestinto l’anelito antro-pologico alla dimen-sione trascendente.

Infatti, se la formula-zione di un non-luogo rimanda ad un non-tempo e ad un non-spazio, la dimensionedel sacro rimane da sempre associata all’i-dea di un “altrove” spirituale. Mentre losguardo orizzontale, tipico dell’utopiasociale, è ricomparso soltanto recentemen-te dopo il crollo delle grandi ideologie poli-tiche del Novecento – come nel caso, peresempio, del movimento no-global – losguardo verticale dell’uomo verso il Cielonon è mai diminuito. Dio non è mai mortoveramente nella spiritualità occidentale.

Nell’Occidente del Cristianesimo seco-larizzato sono soprattutto gli dei a ritornarenell’immaginario comune come significan-ti negativi o demoniaci. Nella Germaniaprenazista, gruppi di giovani, denominati

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W a n d e r v ö g e l2, praticavano la vita neiboschi e il nudismo, esaltavano la danza e labellezza; i W a n d e r v ö g e l rifiutavano la civil-tà industriale e finiva-no per riattualizzarel’archetipo di W o t a n,re degli dei del pan-theon nordico. W o t a no Odino, sconfitto dal-la cristianizzazionedelle popolazioni ger-maniche, poteva esse-re riattualizzato inmodo immaginariosoltanto assumendouna valenza negativa,esclusivamente nellevesti di dio della guer-ra e non della saggez-za. Ecco perché il nazionalsocialismo siriappropriò, mediante il wagnerismo, dellearcaiche strutture della tradizione nordica,utilizzando la macchina mitologica per lafolle propaganda sulla razza e la sottomis-sione dei popoli non germanici.

Come ricorda Mircea Eliade, il mito,ossia l’archetipo, è trascendente rispetto allastoria: quest’ultima può aggiungere signifi-cati addizionali al simbolo, ma non puòannientare del tutto la struttura semanticaoriginaria3.

In fondo, è una sorta di nemesi storica sesi pensa ai numerosi prestiti del paganesimoal Cristianesimo postpaolino. Ricordiamo,

la figura della Santa Ve rgine ricalcata da Isi-de, dea egizia. Non sono prive d’interesseanche alcune correlazioni con il calendario

celtico. Il Samhain, ilcapodanno celtico,cadeva con l’iniziodella parte buia del-l’anno. La data d’i-nizio dell’anno nonera però fissa r i s p e t-t o a l calendario sola-re, perché nel calen-dario lunare l’iniziodelle lunazioni noncoincideva con l’ini-zio dei mesi delcalendario solare. Icristiani si sonoinventati la festa di

Ognissanti o Halloween (1 novembre), chenulla ha a che fare con la tradizione giudai-co-cristiana, ma che celebrava il raccoltopreservato dai Celti in inverno. Così comela festa di San Michele, che era originaria-mente una festa agricola dell’antica Britan-nia. La Pasqua era strategicamente fissata inprossimità dell’equinozio di primavera,dove la Natura si risveglia, risorge dall’o-scurità invernale, rinnovando il ciclo dellestagioni e il tempo dell’uomo. Qualemigliore metafora per la Resurrezione? Nona caso, la pasqua ebraica, P e s a c h, era lafesta del raccolto. Quando il Cristianesimosi espanse nel Nord Europa, la festa dellaprimavera assorbì la festa mediterranea del

2 Cfr. Mogge 1999. Inoltre, per approfondire, cfr. Clarke 1992.3 Cfr. Eliade 1984.

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raccolto: Ostern (ted. “Pasqua”) non a casoderiva da Eostre o A s t a r t e, la Dea Madredel Vicino Oriente antico, pro-motrice della fertilità dellepiante, degli animali e delledonne.

Il simbolismo della Croce èun simbolo solare indiano;l’aureola è un simbolo egizio;l’abete natalizio è un simboloceltico e germanico che richia-ma rispettivamente Irminsul,la quercia sacra dei Celti,abbattuta da Carlo Magno nel772, e la quercia di Geismar,sacra a T h o r, abbattuta, a suavolta, da San Bonifazio. Lastessa nascita di Gesù, arbitra-riamente fissata al 25 dicembre,è un tentativo di riplasmazione assimilatri-ce della festività del Sol Invictus (il solsti-zio invernale), che spesso coincideva nel-l ’ a n t i c a Roma con le Saturnalie e con lanascita di Mithra.

Teodicee e senso del peccato

In questa sede non c’interessa analizza-re il fenomeno neopagano dal punto di vistasociologico, né ricostruire la storia delmovimento dalla Wicca al Chaos Magick.Ci preme piuttosto analizzare le ragioni diquesto scacco apparente del dio monoteistanei confronti delle più versatili divinità del

pantheon pagano. A nostro avviso si trattadella crisi del sistema dualistico nei con-

fronti della metafisica monistica.Soprattutto nella tradizione cri-stiana, Dio è presentato come unessere ricolmo d’amore e miseri-cordia, alleggerendo in questosenso notevolmente i tratti acci-gliosi e vendicativi dello Y H W Hdelle Scritture ebraiche. A l l ’ o r i g i-ne della Caduta dell’uomo, tro-viamo un serpente tentatore capa-ce d’indurre Eva ad assaggiare ifrutti dell’Albero della Conoscen-za del Bene e del Male4. La colpaoriginale è dell’uomo, ma egli èindotto a sbagliare dalla presenzadi un Av v e r s a r i o5, anche se nel

racconto biblico non si dice chiara-mente che il serpente è il diavolo, Satana oLucifero. Si delinea dunque, per la primavolta, la tipica dicotomia etica e gnoseolo-gica con la quale il pensiero occidentaledovrà prepararsi a fare i conti.

È vero che secondo i parametri interpre-tativi delle scienze storico-religiose non sipuò parlare di dualismo vero e proprio per ilCristianesimo, poiché l’opposizione non sipresenta ad un livello cosmologico o antro-pogonico – potremmo dire nella sfera deiprincipi metafisici – ma soltanto su un pia-no derivato e consequenziale all’epifaniadella Creazione. In altre parole, la dualitànon è cosmogonica, ma etica ed assiologi-

4 Cfr. Genesi 3:1. 5 “ Avversario”, “Satan” nell’Antico Testamento, tradotto nel III sec. a.C. dagli ebrei d’Egitto con“diabolus”.6 Cfr. Eliade, 1993: 236.

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ca6. Dunque, nel caso di semplice dualismoetico, qual è il caso del Cristianesimo, in cuila contrapposizione tra ilbene ed il male si cor-rela all’antagonismo traDio ed il diavolo –dove quest’ultimo è ilrisultato di un successi-vo atto di ribellione neiconfronti dell’ordineoriginario – non si puòparlare di dualismoontologico stricto sen -su. Al contrario diquanto avviene, peresempio, nello Zoroastri-smo e nel Manicheismo, dove il bene ed ilmale rimandano a principi ontologici corre-lati e contrapposti e dunque primari: AhuraM a z d˝ (Ohrmazd) lotterà con il suo antago-nista malvagio Angra Mainyu (Ahriman)fino alla fine del tempo7. Nel Cristianesimo,nell’Ebraismo e nell’Islam, Satana si ribel-la alla volontà di Dio, ma la sfida non èparitetica e sembra quasi che il primo possaperpetuare il male nella Creazione soltantoattraverso una sorta di tacito consenso delsecondo, come strumento inconsapevole econfacente al piano escatologico. Il Dio cri-stiano appare con i tratti del deus otiosus:distante e propenso – dopo la discesa delRedentore – a contemplare dall’ipeuranio lescelte umane, in attesa che si compia il tem-po del Giudizio finale. Il male non abita neldio dei cristiani, ma deriva da un’entità

minore, un angelo decaduto e tentatore, chesarà comunque annientato alla fine del tem-

po. La possibilità delmale, dunque, è statainterpretata dai cristianicome effetto diabolicocausato dalla colpa odal peccato originario:risposta che non soddi-sfa, perché subentra inquesto caso un ulterioreproblema inerente allapersistente predisposi-zione dell’uomo riguar-do al male. Perché l’uo-

mo continua dunque apeccare, malgrado il sacrificio sulla crocedel Redentore? Nella storia del pensierooccidentale in molti hanno provato a forni-re la risposta o ad elaborare una teodicea: daLiebniz a Dostoevskij, da Kafka allaArendt. In Genealogia della Morale, N i e t z-sche scrive:

Questo appunto significa l’ideale asce -tico: che qualche cosa mancava, che un’e -norme lacuna circondava l’uomo – e g l inon sapeva giustificare, spiegare, afferma -re se stesso, soffriva del problema del suosignificato [ . . . ] ma non la sofferenza in sestessa era il suo problema, bensì che il gri -do della domanda “a che scopo soffrire?”restasse senza risposta. [ . . . ] l’uomo, l’ani -male più coraggioso e più abituato al dolo -re, in sè non nega la sofferenza; la vuole, laricerca persino, posto che gli si indichi unsenso di essa, un “perché” del soffrire8.

7 Cfr. Eliade, 1993: 394, s.v. Monoteismo.8 Cfr. Nietzsche, 1990: 156.

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Di fronte al silenzio divino verso il maleassoluto – che si tratti di Auschwitz o del-l’onda di uno tsunami – l’uomo, colto dal-l’angoscia, s’interroga smarrito e sbigottitosulle ragioni di quest’assenza.Il male come effetto della col-pa originaria, come assenzadel bene, come punizionedivina.

L’energia cosmica che dà esottrae

Abbiamo visto finoracome la presenza del male edella sofferenza sia spiegatanel Cristianesimo attraversolo snodarsi di due punti focalie consequenziali: a) la persi-stenza del male e della sofferenza comemanifestazione diabolica; b) il male e las o fferenza come punizione per una colpa daespiare.

Ci proponiamo adesso di analizzare lecaratteristiche storico-religiose delle divi-nità del politeismo, collegando la disanimaalla valutazione della risposta di fronte alproblema del male. Cercheremo, in altreparole, di capire se il pagano riesce inmodo migliore a fronteggiare il dolore diquanto non riesce a fare il fedele di unareligione monoteistica, in particolare delC a t t o l i c e s i m o .

Gli dei del pantheon politeistico presen-tano caratteristiche spiccate e tratti com-plessi – al pari della psiche umana – estre-mamente differenziati tra loro9. La questio-

ne, del resto, è facilmentecomprensibile, se si prestaattenzione al fatto che essiarticolano le prime caratte-riologie delle civiltà “supe-riori”, riflettendo la pluralitàdegli interessi e dei bisogniumani. Dalla distinzione del-le classi e dei mestieri nasceil pantheon politeistico, ma,al contempo, gli dei richia-mano i diversi idealtipi uma-ni. La scuola sociologica diDurkheim era solita attribui-re la manifestazione delfenomeno religioso ad una

sorta di divinizzazione della società1 0, ma inrealtà non esiste una netta contrapposizionetra l’approccio sociologico e quello psico-logico, poiché altrimenti non si darebberagione del rapporto intimistico dell’indivi-duo come elemento cellulare di fronte allaNatura. Inoltre, in ambito indoeuropeo, ilpassaggio all’interiorizzazione degli arche-tipi religiosi è filologicamente rilevabile. Siprenda, ad esempio, il processo introspetti-vo della coscienza indiana nei confronti delritualismo esteriore ed il mondo del mito,avvenuto nell’VIII sec. a.C., ed esposto nel-le Up a n i s ≥ ad11: gli dei iniziano ad abitare nel-

..9 Cfr. Brelich 1995. 10 Cfr. Turchi 1954. 11 Cfr. Zimmer, 2001: 30-31.

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l’interiorità dell’autocoscienza. Già a queltempo, le divinità politeistiche erano pensa-te come archetipi o manifestazioni di un’u-nica energia che pervade tutto il cosmo.Anche nel pantheongreco, gli dei rappre-sentano degli archetipiche richiamano lacomplessità della natu-ra umana, dunque larappresentazione ditutti gli aspetti necessa-ri al mantenimento del-l’equilibrio cosmico.Se è vero che il micro-cosmo non è altro chela raffigurazione alle-gorica del macroco-smo, le strutture sim-boliche inconsce checoordinano il funzionamento della psiche siestrinsecano proiettandosi nelle moltepliciconnotazioni delle personalità divine neces-sarie all’equilibrio dell’insieme. Il pantheonstesso degli dei nella sua pluralità simbo-leggia l’armonia universale, così come imolteplici archetipi della psiche rimandanoalla raggiunta maturità della personalitàumana. In questo senso è facile ricordarecome Afrodite richiami l’amore sensuale oAres lo slancio guerriero. Sopra di ognunadi queste divinità si erge possente ed ineso-rabile il giogo di Moira, così come sopral’equilibrio della psiche umana incombel’eredità del vissuto e l’avvento del diveni-re. Gli dei non sono onnipotenti, come il dio

unico, ma dipendono anche loro, alla paridei mortali, dai progetti di Ananke, che col-pisce e gratifica indiscriminatamente secon-do disegni imperscrutabili. Il volere del

Fato è conosciuto daglidei, ma non è in loropotere di mutarne il cor-so, perché ciò che deveessere accadrà. SimoneWeil in L’Iliade poemadella forza1 2, individuaproprio nel poema omeri-co il giogo cosmico diquesta necessità oscura acui tutti, animali, uomini,dei, devono sottostare.Tutto ciò che noi siamo,che pensiamo caratteriz-zare la nostra essenza, è

determinato dalla forza.Non ha senso dunque gonfiare il petto difronte alla ricchezza, alla bellezza ed all’in-telligenza: tutto ciò che siamo dipende dal-la sorte. L’unica virtù omerica consiste allo-ra nel mantenersi umili, nell’evitare la ten-tazione di adorare la sorte, perché la forzacolpisce tutti, concede e sottrae: il vincitoredomani si trasformerà ineluttabilmente invinto. Nell’Iliade il male non deriva da unpeccato originale o da un demone tentatore.La forza stritola tutto, perché deve mante-nere l’equilibrio cosmico. Dunque, non piùun mondo sensibile peccaminoso contrap-posto al un regno celeste, una “città terrena”opposta alla “città di Dio”. Di fronte alpotere di Ananke, tutto è buono e degno di

12 Cfr. Weil 1967.

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amore. La Weil postula la possibilità di libe-rarsi della gravità, della p e s a n t e u r, aprendoalla grazia13.

Attraverso il potere diMoira si producevano con-catenazioni di espiazioni,destinate a ricadere suip o s t e r i1 4: ma – contraria-mente a quanto potrebbeapparire ad un primo sguar-do superficiale – le simili-tudini tra le espiazioni deipagani ed il peccato origi-nale cristiano sono soltantoapparenti.

In primo luogo, la catenadelle colpe e delle espiazioni pagane si puòesaurire nell’arco di qualche generazione –dunque all’interno del divenire – senza perquesto dover necessariamente rimandare adun giudizio finale fuori dalla storia e daltempo, come nel caso del Cristianesimo.

Non si deve dimenticare che l’uomogreco viveva il senso dell’esistenza comeun gioco oscuro e assurdo, dove i capriccidegli dei e l’ordito di Moira sfuggivano aqualsiasi connotazione persecutoria di tipovittimista o colpevolista. La colpa abitavafuori dall’anima greca, più percepita comeuno sgarro del destino che come una col-pa generata da un peccato. Ai martiri cri-

stiani si contrapponevano gli eroi tragicidei greci.

In La nascita della trage -d i a, Nietzsche descrive lostridulo riso di Silenio, inse-guito nei boschi da Mida:

Stirpe misera e caduca,figlia del caso e della pena,perché mi costringi a dirti ciòche è per te il meno profitte -vole a udire? Ciò che è per tela cosa migliore di tutte, ti èaffatto irraggiungibile: nonessere nato, non essere, essereniente. Ma dopo questa, lacosa migliore per te è morir

subito15.

Il dualismo complementare tra apollineoe dionisiaco, enfasi della forma plastica edissoluzione nell’ebbrezza ditirambica, teo-rizzata da Nietzsche, è stata ridimensionatada Giorgio Colli, in La sapienza greca:Apollo è al contempo apollineo e dionisia-c o1 6, anch’egli – non diversamente da Pan –insegue le ninfe in preda ad estaticheebbrezze sensuali. Rimane il fatto, comeosserva Joseph Campbell che il luogo mito -genetico originario è la mente umana, crea -trice e distruttrice di tutti gli dei e di tuttele immagini poetiche e soprannaturali1 7.Dunque, mentre nel Cristianesimo il dio

13 Cfr. Weil 1948. 14 Cfr. La religione dei Greci (1991). 15 Cfr. Nietzsche, 1989: 33-34. 16 Cfr. Colli 1987. 17 Cfr. Campbell 1992 (nota di copertina).

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unico appare come una sorta di deus otio -t u s, poco disponibile ad intervenire perarrestare genocidi e cri-mini contro l’umanità,gli dei del politeismoappaiono, in fondo,come estensione eframmentazione dellefacoltà della psicheumana: in altre parole,come archetipi, nelsenso junghiano deltermine. Interfaccia opolarità, secondo ilneopaganesimo con-t e m p o r a n e o1 8, comun-que sempre sottomessial giogo del Fato, dunque in grado di rap-presentare in modo efficace l’accettazionetragica o dionisiaca della personalità umanadi fronte allo scacco della sconfitta. Il maleaccettato come destino tragico, indipenden-te dalla sfera della soggettività individuale,e non come colpa o peccato intrinseco allanatura umana. Non più la dicotomia teolo-gica tra il Dio buono e misericordioso e ildemonio tentatore origine del male. A l l astregua di Apollo, molte divinità sono ambi-valenti e presentano un volto radioso ed unoterribile, realizzando l’armonia dei contrariinerenti alla natura umana: l’Io e l’Ombra.In particolare, nell’archetipo della GrandeMadre possiamo trovare la perfetta esem-plificazione della riconciliazione degliopposti.

Malia della Grande Madre

Se gli archetipisono universali –variegata è la loromanifestazione nel-le diverse culture.Un popolo di c a c-c i a t o r i - r a c c o g l i t o r inon vive come unpopolo di agricolto-r i . P r e s s o gli agri-coltori, l’archetipodella Grande Madres i esprime nel cultod e l l a Madre Te r r a ,

signora della v e g e t a-z i o n e e dell’agricoltura. Presso i cacciatori-raccoglitori nel culto della Signora deglianimali, cui il cacciatore lascia nel boscou n ’ o fferta primiziale, una parte del raccoltoo una singola preda, come r i n g r a z i a m e n t o .Un’importante chiave di lettura sulla gene-si del monoteismo, deve essere ricercatanell’interrelazione tra i popoli e l’ambiente.Per gli indoeuropei-germani, celti, slavi,arii, etc. – che vivevano immersi in unambiente naturale ricco di foreste, paludi,corsi d’acqua, etc., era naturale identificarei luoghi naturali con molteplici divinità,specialmente femminili. Mentre i nomadidel deserto erano portati ad idealizzare unmodello patriarcale, dominato da un singo-lo capotribù maschio, dotato di potere asso-luto sui sudditi. Lo stesso culto di Iside si èd i ffuso più velocemente tra le genti conta-

18 Cfr. Dimitri, 2005: 85-86.

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dine, perché la donna è tradizionalmentededita alle piante e richiama da sempre l’i-dea della fertilità universa-le. Al contrario, tra i semi-ti del deserto, popoli dipastori dove predominaval’allevamento del bestia-me, la donna è semprestata socialmente pocorilevante. L’ i m p o r t a n z adell’archetipo femminilereligioso deve esserericercato nella scopertadell’agricoltura e nellacoltivazione delle piante;o, comunque, nella vici-nanza di importanti corsid’acqua, come il Nilo, ad esempio. Tra leciviltà c.d. “primitive” sono quelle apparte-nenti al gruppo dei “coltivatori” a testimo-niare una posizione femminile socialmenteelevata: per esempio, gli Ao-Naga della pia-nura dello Assam (India). Tuttavia, questeconsiderazioni diffuse dagli studi di geo-grafia religiosa non inficiano l’idea bacho-feniana che all’origine di tutte le civiltà –compresa quella semitica – vi sia il matriar-cato ed il culto della Dea. Campbell dimo-stra benissimo come le religioni del Padrerimangono chiuse all’interno di schemati-smi prevalentemente dualistici (il Bene/ilMale, il Sole/le Tenebre, il Maschile/il Fem-minile, il Vero/il Falso, etc.), mentre le reli-gioni della Madre considerano le coppied’opposti come semplici aspetti comple-mentari della realtà, da ricondurre ad unità.

In questo senso, mentre nella spiritualitàsolare-maschile il Sole esclude le Ombre, in

quella Lunare, Luce eOmbre sono comple-mentari e sussistonosimultaneamente19.

La Grande Madre èun archetipo religiosoche simboleggia ilciclo della Natura,quindi la Vita, chec r e a - p e r-distruggere ed i s t r u g g e - p e r- c r e a r e .Originariamente nelleciviltà agricole arcai-che o “primitive”, il

culto della G r a n d eMadre – o Mater Natura – si d i ffonde con lascoperta delle piante alimentari. Si dovreb-b e introdurre una prima distinzione tra ipopoli cacciatori-raccoglitori, i popoli c h epraticano la pastorizia e quelli che c o n o s c o-no l’agricoltura (anche se a livello “primiti-vo”: non certamente la cereocultura o l’usodell’aratro). Per la mentalità “primitiva” erastrabiliante che dal suolo sorgessero le pian-te alimentari, dopo aver seminato. Questo“evento” fu messo in connessione con l’al-ternarsi periodico delle stagioni e con la fer-tilità della donna. Sia perché il grembo f e m-minile come l a Terra partorisce i suoi frutti,sia perché, probabilmente, la donna è statala prima a prendersi cura delle piante, men-tre l’uomo si dedicava alla caccia ed allaguerra. A quest’importante serie di nessis i m b o l i c i , Te r r a / N a t u r a / S t a g i o n i / D o n n a / c i c l

19 Cfr. Campbell, 1992: 35.

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o mestruale, si aggiunse anche il simboli-smo lunare. La Luna simboleggia l ’ e t e r n oritorno del divenire, laciclicità dell’Anno ed e l Cosmo, in quanto – ad i fferenza dell’astro sola-re – si trasforma evolven-d o s i nel cerchio perennedel tempo. Al potere del-la Grande Madre eranoassociati regimi matriar-c a l i2 0, come per esempioquello della civiltàminoica, prima della con-quista dell’Ellade da par-te degli Achei, adoratoridel montone e del solare(ma anche lunare) A p o l-lo. Cibele in Frigia, Isidein Egitto, Astarte in Feni-cia, Inanna nella civiltàsumerica, Rea a Creta, Ecate dea degli infe-ri preellenica, etc., sono tutte GrandiMadri. Naturalmente tra gli dei indoari nonsi deve dimenticare K ̋ l ̂ la nera: forse ladea che più di tutte, danzando soprau n a piramide di teschi ed indossando unacollana di mani, racchiude il significato p r o-fondo della Natura che genera-per- d i s t r u g-gere, ma sa proteggere i suoi figli.

Dunque, un parallelismo tra l’elementotenebroso/terribile/distruttivo e quello

materno/protettivo/generatore. Femminasanguinaria ma al contempo, materna;

assassina e, nello stesso tem-po, madre: ventre fertile etomba del mondo21.

Nel tantrismo ¢ i v a i t a, l’a-spetto femminile rappresen-tato da ›akti è più importan-te di quello maschile. ›akti èla manifestazione dellapotenza di ›i v a . La lezionetantrica supera il dualismognostico-manicheo, per i lquale la realtà è e s s e n z i a l-mente dicotomica. La lezio-ne della Grande Madre è infondo questa: K ̋ l ̂ con ladestra porge doni e con lasinistra cinge una

s p a d a2 2. Circolarità dell’esserearticolata in una forma d i sacralità doveil Sublime non è contrapposto, ma specula-re al Terribile, la n o e s i s alla carne, la con-templazione al sangue ed alla violenza. Untipo di metafisica che si trova anche pressogli Aztechi (anche se gli Inquisitori cristia-ni non avevano niente da invidiare a questi,sotto il profilo della crudeltà e dell’eff e r a-t e z z a ) . Un tipo di analisi simile è propostaanche da R. Girard con i suoi studi sullo

20 Non tutti gli storici delle religioni concordano sulla plausibilità di un matriarcato primordiale, teo-ria propugnata per la prima volta da Bachofen. Tra i principali teorici del matriarcato primordiale troviamoil celebre studioso di mitologia comparata americana, J. Campbell.21 Cfr. Campbell, 1992: 3522 Cfr. Ibid. p. 35.23 Cfr. Girard 1987.

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• 81 •Perché gli dei ritornano, A. D’Alonzo

scapegoat23.Conclusione

La mancata armonia deicontrari è peculiare al Cristia-nesimo post-paolino che hatrionfato nel corso della storiae ha realizzato l’apogeo delsuo trionfo con la persecuzio-ne dei Quietisti alla fine delXVII secolo. La grande tradi-zione della mistica renano-fiamminga – che affonda lesue radici nel pensiero grecoe che si estende fino al Quie-tismo francese – era in gradodi superare qualunque appa-rente difficoltà teoretica deri-vata dall’impianto speculativo

dualistico, basilare all’elaborazione dottri-nale della Chiesa Cattolica Romana. Ma la

mistica dell’essenza fu perse-guitata e sconfitta dalla teo-crazia sacerdotale. Il duali-smo fondamentale è dunquerimasto irrisolto e latente,pronto a tornare in superficiealla prime crepe sul murodell’ortodossia religiosa. Ilritorno degli dei non è altroche il ritorno del “perturban-te” freudiano, il conflittorimosso. Sta alla teologiacontemporanea risolvere ilconflitto psichico e religiosotra l’Io e l’Ombra, tra la Lucee le Tenebre, che tanti danni

ha provocato nell’Immagina-

24 Caso tipico di questa drammatizzazione epilettica del conflitto dei contrari è la celebre vicendadelle indemoniate del convento di Loudun.

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1 Il presente articolo è una rielaborazione aggiornata di The early 20t h century psychological appli -cations and masonic policy: the cases of Paris and Rome, lavoro presentato al 38t h Annual Meeting of CHEI-RON: The International Society for the History of Behavioral and Social Sciences, Poster Session, June 29-July 2, 2006, Sarah Lawrence College Bronxville, New York. Questo lavoro è stato realizzato grazie al soste-gno e alla disponibilità del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, avv. Gustavo Raffi tramite il ServizioBiblioteca del Grande Oriente D’Italia diretto dal dott. Bernardino Fioravanti. * Renato Foschi, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e Università degli Studi dell’Aquila.** Elisabetta Cicciola, Università degli Studi di Firenze.

Le discipline psicologiche e la Massoneria a Parigi e Roma all’inizio del Novecento1

di Renato Foschi* ed Elisabetta Cicciola**

Psychological sciences, until the First World War, took hold in those industria-lized countries that had to face social mass problems, such as immigration, andhad to reorganize their institutions after decades of political struggle for the defi-nitive overcoming of the ancien régime, and had to face the rise of new problemssuch as the teaching to read and write, criminality and banditry, the nationali-zation of the education, the needs of the “fourth state”. Left wing governments,which prevailed in Italian and French politics at the beginning of the 20th c e n t u -ry, were in large part made up of Masons whose reformist programs became thebreeding grounds of psychological applications. One of the main “solidaristic”objectives of radical and Masonic policies of this period was the establishment ofa free, se- cular and compulsory mass education. Moreover, the secularization ofthe people was considered the c o n d i c i o to establish the democratic participation.Some significant school acts (which concerned the increase of school building, thereform of syllabus, the reorganization of pedagogic work and the teachers trai-ning) and their applications were supported by Masonic politicians. Bourgeoisand Buisson patronized Binet’s activity in Paris. Italian Education Secretariesand under-se- cretaries from 1900 to 1914 were almost all Masons; moreover, thepsychological and pedagogical activity which famous scholars — as Credaro, DeSanctis and Montessori — carried on in Rome, took hold in an extraordinaryperiod of cultu- ral regeneration for this city, in large part due to the election ofErnesto Nathan. Masonry also promoted a culture based on the so-called “poli-tical sociability” and constituted a model for the mutual assistance and coopera -tive associations, and supported the organizations in “defence” of childhood. So,the present paper intends to offer an historic interpretation, which is criticallybased upon the analysis of the relationship between the production of scientificknowledge, the disciplinary applications and the political context and whose aimis to shed light on the role played by the Masonic creed both in the liberal policiesand in the rootedness and the diffusion of human sciences in the early-20t h- c e n -tury process of mo- dernization of the democracies.

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Introduzione

Come dimostrato in sede stori-ografica da Rose (1996), le di-scipline psi-

cologiche si sono carat-terizzate nel corso delNovecento soprattuttocome discipline applica-tive, fornendo alle disci-pline affini, come quellepsichiatriche e peda-gogiche, strumenti tecno-logici e nuovi punti divista teorico-metodologi-ci. Gli psicologi hannosoprattutto standardizza-to tecnologie valutative edi intervento che sem-brarono di una certa utilità nell’aff r o n t a r ee m e rgenti necessità sociali. Fino alla PrimaGuerra Mondiale la psicologia si è, quindi,principalmente radicata in quei paesi indu-strializzati in cui occorreva gestirefenomeni sociali di massa come l’immi-grazione o riorganizzare stati che uscivanoda decenni di lotte politiche e per aff r o n t a r el ’ e m e rgere di nuove problematiche comel’alfabetizzazione, la criminalità e il brigan-taggio, la statalizzazione dell’educazione.Sia in Francia che in Italia molti massonifurono attivamente impegnati in politica,soprattutto favorendo leggi che persegui-vano la modernizzazione e le riforme demo-cratiche degli stati costituzionali. Per lo più

la scienza era considerata da questi massoniun utile ausilio per conseguire tali obiettivi.Il programma del partito radical-socialistafrancese era, in effetti, una diretta elabo-

razione di importanti membridella Massoneria francese,mentre in Italia è noto cheesponenti di primo pianodel Grande Oriente avevanocondiviso gli ideali dei motir i s o rgimentali e, finoall’avvento del fascismo,contribuirono ad org a n i z-zare le istituzioni del “nuo-vo” Stato italiano unitario.

Di solito il GrandeOriente non decideva diintervenire in politica. Unatipica iniziativa era la libera

azione del singolo massone,che, senza dirette indicazioni del GrandeOriente, operava ispirandosi a quanto dis-cusso nelle diverse logge. Spesso erano illu-stri personaggi che creavano una rete di col-laborazioni con intellettuali, accademici,politici con cui condividevano i valori difondo. Una seconda possibilità era determi-nata dall’attenersi dei liberomuratori ai pro-grammi “politici” elaborati centralmenteper cementare le “nuove democrazie” costi-tuzionali, intervenendo direttamente nelleamministrazioni dello Stato, secondo unventaglio di possibilità che si ispiravano aprincìpi più o meno radicali, ma semprefinalizzati alla progressiva modernizzazio-ne degli Stati2.

2 Cazzaniga 2006; Chevalier 1975; Conti 2003; Cordova 1985 e 1990; Novarino 2006; Rémond2004.

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La politica italiana e francese di inizioNovecento si caratterizzò quindi con gover-ni soprattutto di sinistra,composti anche da mas-soni, il cui programmariformista divenne il ter-reno di coltura per leapplicazioni delle scienzeumane. In questo periodol’educazione di massanella scuola primaria,gratuita, libera e obbliga-toria per tutti, normali eanormali, fu uno dei prin-cipali obiettivi “solidari-sti” e/o “opportunisti”delle politiche radicali.Per giunta la secolarizza-zione della popolazionefu considerata una condizione indispensabi-le su cui fondare la partecipazione demo-cratica alla vita politica. Le leggi sulla scuo-la e l’applicazione di queste leggi (incre-mento nella edilizia scolastica, riforma deiprogrammi, riorganizzazione del lavoropedagogico, formazione degli insegnanti)furono soprattutto sostenute da politici pro-gressisti vicini al “sodalizio”.

Il sostegno agli interventi psicosociali aParigi e Roma

Alfred Binet (1857-1911), inventore delprimo test di intelligenza che nella sua pri-ma versione del 1905 avrebbe dovuto esse-re usato per favorire l’individuazione diquei bambini che necessitavano di una edu-cazione speciale al fine di essere messi allapari con gli altri, per favorire quindi una

educazione paritaria dei bambini che parti-vano da livelli intellettivi o sociali diff e r e n-

ti, fu supportato da politiciradical-socialisti e masso-ni; la sua e x p e r t i s e b e ncorrispose infatti alle esi-genze di promozione diuna scuola gratuita eobbligatoria che riuscissead educare anche i debolidi mente. I radicali tenta-rono di attuare le famoseleggi promulgate dalministro massone Ferry,che rendevano l’educazio-ne primaria dei bambinidai 6 ai 13 anni gratuita,obbligatoria e laica. LéonB o u rgeois (1851-1925) e

Ferdinand Buisson (1841-1932), entrambipremi nobel per la pace, esponenti di primopiano della Massoneria e del partito radical-socialista, si occuparono di pedagogia efavorirono il lavoro di Binet a Parigi. Buis-son fondò nel 1899 la Société Libre pourl’Etude Psychologique de l’Enfant, di cuiBinet divenne presidente nel 1902, mentreB o u rgeois diventò il principale teorico delsolidarismo, che emergeva come una dottri-na comune fra coloro che consideravano lasolidarietà come il presupposto di ogni con-tratto sociale. Bourgeois diventò inoltre,sotto il governo di Combes, presidente del-la famosa Commissione interministeriale,istituita il 4 ottobre 1904 dal Ministro del-l’Istruzione Joseph Chaumié (1849-1919),che prese il suo nome e il cui scopo fu quel-lo di includere i bambini anormali nellariforma scolastica primaria che era iniziata

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vent’anni prima con le leggi ferriste. D’al-tra parte, Buisson fu anche presidente dellaLigue de l’Enseignement,divenendo uno dei principalimilitanti della campagnaparlamentare per i bambinianormali, iniziata nel 1906,per l’applicazione delle leg-gi che stabilivano l’educa-zione obbligatoria per i bam-bini sordi, muti e ciechi.All’interno di questo com-plesso contesto politico,Binet trovò una piena legitti-mazione per i suoi lavori,partecipando direttamentesia allo sviluppo della Socié -t é Libre pour l’EtudePsychologique de l’Enfant c h ealla Commissione Bourgeois3.

Sempre a Parigi operavano anche alcunimedici che si occuparono attivamente diapplicazioni delle scienze umane; esponen-ti di primo piano del “sodalizio massonico”sostennero una concezione della psicologiae della psicopatologia diretta all’interventopsicosociale di tipo “igienista”; DésiréMagloire Bourneville (1839-1909) edÉdouard Toulouse (1865-1947) furonoentrambi parlamentari, radicali e massoni. Ilprimo era noto come uno dei principaliesponenti del movimento medico-psicolo-gico per l’igiene mentale dei bambini –anche Maria Montessori (1870-1952) nel

1899 si perfezionò presso di lui –, attivonegli ospedali di Bicêtre e della Salpêtrière,

riformatore che intendevalaicizzare gli ospedalisopprimendo il ruolo deicappellani, difensoredella cremazione. To u-louse, psichiatra e psico-logo, fu direttore di unfamoso laboratorio dipsicologia nell’ospedaledi Villejuif, non lontanoda Parigi e maestro diHenri Piéron (1881-1964) – il maggiore isti-tutore della psicologiascientifica in Francia eanch’egli probabilmente

massone . Toulouse, soste-nendo un’idea “aperta” degli ospedali psi-chiatrici, cercò di fornire cure ai malati sen-za internarli e divulgò una concezione inter-ventista e applicativa della psicologia che,in seguito, influenzò l’opera di Piéron4.

A Roma, all’inizio del Novecento, si tro-vava il Consiglio Superiore della PubblicaIstruzione, amministrazione che controllavacentralmente la scuola e l’accademia italia-na. In Italia dal 1900 al 1914, i molti Mini-stri della Pubblica Istruzione e i sottosegre-tari furono massoni5. Inoltre, l’attività psi-cologica e pedagogica di Sante De Sanctis(1862-1935) e della stessa Montessori(1870-1952), principali innovatori nei set-

3 Cicciola 2006; Foschi e Cicciola 2006.4 Huteau 2003; Carroy, Ohayon e Plas 2006. 5 Sante di Pol 2002.

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6 Atti del consiglio comunale di Roma 1907, vol. 3, discorso inaugurale di insediamento del sinda-co Nathan, verbale della seduta pubblica del 2 dicembre 1907, pp. 194-195. Cfr. Comune di Roma 1913;Isastia 1998; Schiavone 1998.7 Armani, 1915: 35; cfr. D’Arcangeli 2004.8 Lombardo e Cicciola 2005.

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tori applicativi delle scienze umane, si radi-cò in un eccezionale momento di rina-scita culturale per questa città, dovutoanche alla elezione di Ernesto Nathan(1845-1921), già Gran Maestro delGrande Oriente d’Italia, famoso sinda-co laico di Roma – che amministrò conuna giunta comunale composta daradicali, repubblicani e socialisti. Sononote le prime parole di Nathan che,appena eletto la sera del 7 dicembre1907, durante il discorso di insedia-mento, proclamò:

Una prima questione, a nostroavviso, tutte le altre soverchia[...] sino a quando sia un soloscolaro entro la nostra cerchiaamministrativa, il quale non possa riceve -re istruzione ed educazione civile, inambiente sano ed adatto, le considerazionidel bilancio finanziario devono cedere ilpasso alle imperative esigenze del bilanciomorale ed intellettuale. Le scuole devonomoltiplicarsi, allargarsi, migliorarsi; rapi -damente, energicamente, insieme col per -sonale scolastico [applausi vivissimi]6.

Molti liberomuratori furono personal-mente coinvolti nelle operazioni di istitu-zione e radicamento delle scienze umane.Le prime tre cattedre di psicologia speri-mentale in Italia si dovettero infatti alla

operosità di Leonardo Bianchi (1848-1927),psichiatra, Ministro della Pubblica Istru-

zione e dignitario della Massoneria ita-liana – prima nel Grande Oriente, poinella Gran Loggia d’Italia. A R o m a

Sante De Sanctis, ottenne la primacattedra di psicologia e, pur nonessendo massone, all’inizio del

Novecento, sulla base di una seriedi leggi e regolamenti di riforma

dell’educazione, ispirate auna cultura laica e progres-sista, volute da Ministri del-la Pubblica Istruzione,esponenti o molto vicini al

Grande Oriente (LeggeOrlando del 1904, Leg-

ge Daneo-Credaro del 1911), si occupò del-la formazione psicologica degli insegnanti,del recupero dei bambini poveri e deboli dimente, dell’istituzione, dell’org a n i z z a z i o n ee dei regolamenti degli Asili infantili e deiGiardini d’Infanzia7. De Sanctis, inoltre,ottenne la prima cattedra italiana di psicolo-gia sperimentale dopo una serie di vicissitu-dini istituzionali che coinvolsero diretta-mente ministri e massoni di alto grado,come Bianchi e Nunzio Nasi (1850-1935)8.La psicologia a Roma fu inoltre attivamen-te sostenuta sia dal filosofo e pedagogistaAntonio Labriola (1843-1904) che arrivòalle soglie del “Te m p i o ”9, sia da Luigi

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Luciani (1840-1919) organizzatore dellafisiologia sperimentale romana, Rettore del-la “Sapienza”, senatore ed esponente finda giovane del Grande Oriente. Semprea Roma, fra Ottocento e Novecento,Maria Montessori, collega e assi-stente dello stesso De Sanctis, siformò e lavorò nel medesimoambiente. Fu allieva di Labrio-la, di Jakob Moleschott (1822-1893) – fisiologo, igienista esenatore –, di Luciani, di A n g e l oCelli (1857-1914), medico, igieni-sta, deputato, attivo sostenitore dipolitiche per l’infanzia, di Clodo-miro Bonfigli (1838-1919),medico, psichiatra, deputato,anch’egli attivo difensore deideboli di mente, di Giuseppe Serg i(1841-1936), garibaldino, primo docente aRoma di antropologia e psicologia, pionie-re romano della pedagogia progressista escientifica. La studiosa, inoltre, trovò uncostante e prezioso sostegno in Guido Bac-celli (1832-1916), medico, accademico,massone, fondatore del Policlinico Umber-to I, noto esponente politico della sinistracostituzionale e famoso ministro della Pub-blica Istruzione. La Montessori partecipòattivamente sia alla costituzione delle primeassociazioni femministe – realizzate tra l’al-

tro anche per l’attività di donne vicineall’ambiente massonico1 0 – sia alle leghe per

la “protezione” dei bambini deboli dimente, anch’esse fondate con l’appoggiodi medici e politici, come Baccelli, che

difendevano valori solidaristi aff i n ia quelli elaborati dal Grande

Oriente. Fra il 1907 e il 1913,agli albori del movimento

pedagogico montessoriano,Maria Montessori fu inoltre atti-vamente sostenuta da Nathan edall’ambiente laico a lui vicino.Le prime Case dei Bambini incui fu inventato il metodo peda-

gogico furono istituite neicondomini dell’Istituto

Romano dei Beni Stabili(IRBS) e voluti dal suo direttore

Eduardo Talamo (1858-1916)11. L’IRBS erastato costituito all’inizio del Novecento conle proprietà immobiliari della Banca d’Ita-lia, fondato da suoi azionisti e da BonaldoStringher (1854-1930), direttore della stes-sa Banca, molto vicino a Nathan e fautoredi una finanza laica e progressista vicinaagli ideali del Grande Oriente1 2. EduardoTalamo, senatore radicale, era fratello diRoberto Talamo, deputato radicale, sottose-gretario di Zanardelli di cui organizzò unfamoso viaggio in Basilicata che pose con

9 Mola 2003.10 Ad es. molte femministe erano mogli di noti esponenti del Grande Oriente, come Vi rginia Nathan,oppure si affiliarono ad organizzazioni che si richiamavano a certi princìpi liberomuratori come fece nel1898 la stessa Montessori che divenne teosofa (Wilson 1985).11 Neri 2002; Protasi 2002.12 Gigliobianco, 2006: 111.

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forza di fronte all’opinione pubblica nazio-nale l’emergente “questione meridionale”;Eduardo Talamo fuvoluto dallo stessoStringher a presiederel’IRBS. Eduardo e iprincipali azionistidell’IRBS erano fau-tori di una “ediliziaprogressista” checoniugasse moderniz-zazione e progressocon il rendimentofinanziario, costruen-do e ristrutturando“case per il popolo”nel quartiere romanodi San Lorenzo; questiaiutarono Maria Mon-tessori, fornendolelocali e competenzeingegneristiche per isuoi primi asili fonda-ti nel 1907-1908;occorre rimarcare cheanche a Milano, nel1908, fu la “SocietàUmanitaria”, organizzazione molto vicinaalla Massoneria, a chiedere alla Montessoridi fondare i suoi primi asili. Ricordiamo,per inciso, che nel 1913 Maria Montessoritenne la sua prima conferenza scientificanegli Stati Uniti, presso il Tempio massoni-co di Washington13.

Conclusioni

Questo lavorointende, dunque, for-nire un’interpretazio-ne storiografica che ècriticamente fondatasull’analisi del rap-porto fra produzionedel sapere scientifico,applicazioni discipli-nari e contesto politi-co, cercando di farluce sulle influenzeche il credo massoni-co ebbe da un cantosulla politica liberalee dall’altro sul radica-mento e sulla diff u-sione delle scienzeumane nel processodi modernizzazionedelle democrazie diinizio Novecento.Seppure non diretta-mente coinvolta, la

Massoneria ebbe unruolo di primo piano come modello org a-nizzativo e culturale per le associazioni dimutuo soccorso o di pubblica utilità. A l c u-ni massoni furono attivamente impegnati inpolitiche progressiste e promossero unaconcezione scientifica solidarista1 4. Sia inItalia che in Francia ci furono primi ministri

13 Babini 1996; Babini e Lama, 2000; Pruneri 2004; Tomasi 1980.14 Conti 2000 e 2003.

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e ministri che condividevano i valori del“sodalizio” massonico e l’educazione delpopolo fu, in particola-re, un settore per illoro impegno politicoe amministrativo.Alcuni importantiintellettuali o scienzia-ti, massoni o vicini ailiberomuratori, furonoal tempo stesso ricer-catori e parlamentariimpegnati nella difesadi ideali liberali, igie-nisti o solidaristi.Bourneville, Buisson,B o u rgeois, To u l o u s e ,Moleschott, Luciani,Baccelli, Bianchi, Celli,Bonfigli, Sergi e Credaro difesero un’ideadella scienza fortemente orientata in sensoapplicativo. In questo contesto fu, in ultimaistanza, favorita una concezione della psi-cologia scientifica applicata alla pedagogia.Binet e Piéron a Parigi, De Sanctis e Mon-tessori a Roma, operarono in questa fittarete di relazioni scientifiche e istituzionali.

Nel primo decennio del Novecento, lasocializzazione all’interno delle logge fuinfatti un importante elemento per la forma-zione dei democratici repubblicani, sociali-sti, e, in misura minore, anarchici. Istanzacentrale di questa socializzazione fu senzadubbio l’educazione del popolo, condottaper mezzo di tutti quegli strumenti che latecnologia e la scienza di allora consentiva-

no. In questo contesto trovarono una lororagion d’essere la sociologia, la psicologia

e la pedagogia scientifi-che. Nell’ancien régimeo nei regimi dittatorialinon era stata infatti pos-sibile una concettualiz-zazione moderna dellescienze umane, non acaso, in seguito, furonomolto ridimensionateproprio durante il ven-tennio fascista. Occorresottolineare che “educareil popolo” fu una vera epropria “idea guida” delGrande Oriente nei paesilatini. Educare il popolo

era però un’“idea pericolosa”, fu considera-ta sovversiva. Il caso di Francisco Ferrer(1859-1909) è, da questo punto di vista,emblematico. Ferrer, massone, anarchico,educatore libertario e fondatore della“Escuela moderna”, un vero e propriomovimento laico di scuole per i figli delpopolo, che ebbe ramificazioni in tuttaEuropa e negli Stati Uniti, fu condannato educciso esclusivamente per questa attivitàche era considerata nociva dagli ambienticonservatori e clericali spagnoli che consi-deravano la scuola laica l’anticamera dellaformazione per i futuri ribelli e rivoluziona-ri. In questa visione educare alla libertà eraconsiderata un’attività rischiosa perchémetteva in crisi la società. Il popolo eraspesso considerato “naturalmente degenera-

15 Cfr. Iurlano 2000; Romaniello 1999.

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to” e quindi poteva essere educato solo met-tendo a rischio la conservazione delle istitu-zioni tradizionali1 5. Il Grande Oriente, inve-ce, si opponeva alle idee conservatrici incampo umanistico ed educativo. FranciscoFerrer divenne un vero e proprio martire lai-co della educazionedel popolo, ricordatonelle logge Francesi,Italiane e Spagnole;migliaia di personescesero in piazza insua difesa e il giornodella sua uccisionedivenne anniversarioimportante per i mas-soni e per tutti idemocratici. Tra glialtri, Luis Simarro(1851-1921), primoprofessore e direttoredi Laboratorio di Psi-cologia a Madrid, Gran Maestro della Mas-soneria spagnola, pacifista e promotore diuna concezione applicativa della psicologiae della psichiatria, spese la propria reputa-zione prima per difendere e poi per riabili-tare il nome di Ferrer.

All’inizio del Novecento ritroviamodunque molti liberomuratori in appoggio adattività educative e psicologiche all’avan-guardia. D’altra parte basta sfogliare i ver-bali delle riunioni della Giunta del GOI diinizio Novecento e si trovano continuifinanziamenti (“concorsi”) in favore di

associazioni per l’infanzia e di asili1 6, cosìcome l’educazione laica era il tema piùdibattuto dalla Giunta insieme a quello deirapporti fra Massoneria e socialismo. D’al-tro canto, l’appoggio alle esperienze dimodernizzazione era un obiettivo del singo-

lo massone e non delleLogge; mentre, duranteil fascismo, iniziò unavera e propria cultura distigmatizzazione di tutticoloro che avevano atti-vamente operato in uncontesto in cui molti era-no massoni ed eranocosì definiti solo perchécondividevano le ideeliberali e democratichedi cui i liberomuratorierano fautori.

Non a caso A g o s t i n oGemelli (1878-1959), psi-

cologo, francescano, fondatore della Uni-versità Cattolica di Milano e vicino alle altegerarchie della Chiesa, alla morte del colle-ga Sante De Sanctis ricordava in un artico-lo commemorativo del 1936 che le ultimeparole dello psicologo al suo confessoreerano addirittura state per quante insistenzemi siano state fatte, non ho mai voluto iscri -vermi alla Massoneria17.

Con gli occhi dello storico pare impossi-bile che l’ultima preoccupazione di unoscienziato sia potuta essere quella di giusti-ficarsi rispetto all’ambiente in cui aveva

16 Cfr. Rocca 2004.17 Cfr. Ceccarelli, 2005: 142.

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operato, più probabile è che Gemelli nel1936 sentisse ancora come ostile quellostesso ambiente che pure le leggi specialidel regime fascista avevano ormai perse-guitato e confinato.

Dunque Roma e Parigi non furono casiisolati, ed è auspicabile una ulteriore ricer-

ca che, senza cadere nella trappola di unastoria della “cospirazione”, faccia luce sulruolo svolto dalla Massoneria per il radica-mento delle scienze umane nelle democra-zie rappresentative, soprattutto per quel cheriguardò le applicazioni “progressiste” del-la psicologia e della pedagogia.

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Il mistero esoterico di un viaggio...

Nella rappresentaizone della medaglia, l’uomo, in un contesto mediatico, è coluiche è chiamato a compiere un lungo viaggio spirituale; una barca, un libro docu-mentano la spiritualità che lo accompagneranno nella sua lunga navigazioneiniziatica. Gli strumenti del suo lavoro quotidiano, il compasso, la squadra, ven-gono sistemati in grado di Maestro a completamento; il filo a piombo, i tre punti atriangolo, il triangolo medesimo, il fluido di orientamento, il regolo. L’uomo appro-fondisce la conoscenza muratoria. Le onde simboleggiano il movimento esoterico:il sole e la luna, il giorno e la notte, la luce e il buio, la vita e la morte sono le diver-sità. La rappresentazione si identifica in un processo di contemporaneità del-l’artista con tutti i suoi valori plastici, scultorei.

Le scritte sono partecipi di un equilibrio grafico visivo geometrico con una parti-colare texture e quattro cerchi a rilievo messi a chiusura dello spazio operativo.

Medaglia coniata per il 33° anno di fondazione di tre circoli G.O.I. di Milano, inb ronzo con bagno galvanico di doratura, realizzata in cento esemplari con custo-dia articolata di Perpex. L’opera è stata realizzata dal Maestro Giorgio Facchini.

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La Massoneria, nonostante la pubblicità che essa, ormai dadiversi decenni, dà ad ogni sua attvità, continua ad essere ogget-to costante di processi alle intenzioni. È con tutta la sua causti-cità, ma anche con profonda onestà, che Peyrefitte ne istruiscela causa.Disponendo di una documentazione di prima mano, ci svela i suoi misteri, i segreti del-le sue logge, i suoi riti, i suoi scopi, i suoi ideali come i suoi calcoli e le sue politiche.E – tra le non minori attrattive di questo libro – numerose figure di massoni contempo-ranei, come del passato, vi sono costellati sotto la loro vera identità.Pubblicato in Francia nel 1961, tradotto in italiano nell’anno seguente, e perciò in pie-no periodo conciliare, questa nuova versione di Moreno Neri, che corregge soprattuttodiverse inesattezze della terminologia massonica della prima versione ormai introvabi-le, ha come filo conduttore i rapporti tra la Massoneria e la Chiesa.Questa edizione è inoltre arricchita da introduzioni parallele di Gustavo Raffi, GranMaestro del Grande Oriente d’Italia, e di Don Paolo Renner, sacerdote e docente di Te o-logia cattolica presso l’Istituto di Scienze Religiose di Bolzano. Per passare dal “terri-bile scontro” al “possibile incontro”, come dice uno dei protagonisti del romanzo né laChiesa né la Massoneria hanno bisogno di fare una gara di corsa, ma il dialogo, sorret-to da ideali, non ha età e non subisce mai scacchi.

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Segnalazioni editoriali

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ROGER PEYREFITTEI Figli della Luce. Il Grande OrienteTraduzione dal francese di Moreno Neri. Introduzioni parallele di Gustavo Raffi e Don Paolo Renner.Raffaelli Editore, Toi$ Sebastikoi$, Rimini, 2005. pp. 372, € 24,00.

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SEGNALAZIONI EDITORIALI• 98 •

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Benedetto Croce, nei numerosi saggi critici da lui scritti sullaLetteratura della nuova Italia, ha citato non più di tre volte ilnome di Antonio Bresciani, ricordandolo una volta come un“linguaio”, un’altra volta come il “Guerrazzi dei Gesuiti” (per

la comune mania di usare molti vocaboli toscani ricercati e poco noti) e la terza voltasbrigandosela, infastidito, con la secca definizione di “insultatore e calunniatore deipatrioti italiani”. Un giudizio più ampio lo esprimeva Antonio Gramsci negli appuntidei Quaderni dal carcere. Egli individuava in Padre Bresciani il capostipite di una cate-goria narrativa, quella restaurativa, del “brescianesimo” appunto, a proposito della qua-le annotava: Le restaurazioni con qualsiasi nome si presentino sono universalmenterepressive: il “padre Bresciani”, la letteratura brescianesca diventa predominante. Lapsicologia che ha preceduto tale manifestazione intellettuale è quella creata dal panico,da una paura cosmica di forze demoniache che non si comprendono e non si possonoquindi controllare altro che con una universale costrizione repressiva. Il ricordo di que -sto panico (della sua fase acuta) perdura a lungo e dirige la volontà e i sentimenti; lalibertà e la spontaneità creatrice spariscono e rimane l’astio, lo spirito di vendetta, l’ac -cecamento balordo ammantato dalla mellifluità gesuitica.A quasi un secolo e mezzo dalla scomparsa del più produttivo propagandista del movi-mento reazionario cattolico in Italia, quando ormai gli ideali risorgimentali non posso-no più essere sminuiti, quando ormai la Chiesa stessa ha definito provvidenziale l’abo-lizione del potere temporale, quando i Gesuiti hanno cambiato con decisione registro ei pregiudizi antimassonici si stanno dissolvendo, può essere utile riproporre al lettorecontemporaneo uno dei numerosi “romanzi” di fantapolitica, composti da Padre Bre-sciani con l’obiettivo di screditare le lotte e le speranze dei patrioti italiani e di quantisi battevano in Europa per realizzare gli ideali di un mondo di giustizia, di libertà e didignità dell’uomo.

ANTONIO BRESCIANILionello o Delle Società SegreteA cura di Moreno Neri.Nota bio-bibliografica e Postfazione di Vi rginio Paolo Gastaldi.Raffaelli Editore, Toi$ Sebastikoi$, Rimini, 2005. pp. 345, € 20,00.

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Poeta che mi guida: non posso pensare a migliori parole chequelle di Dante su Virgilio per descrivere Stokes come criti -co d’arte, afferma il filosofo Richard Wollheim in The Ima -ge in Form. Adrian Stokes (1902-1972), esteta, critico, pit-tore e poeta londinese, con Stones of Rimini (una chiara eco,nel titolo, di Stones of Venice di John Ruskin) sfida l’accre-ditata egemonia fiorentina per affermare, al contrario, ilvalore fondamentale di centri rinascimentali come Venezia e Rimini con il suo Te m p i oMalatestiano.

ADRIAN STOKESStones of RiminiTraduzione di Moreno NeriRaffaelli Editore, Rimini, 2002. € 23,00, pp. 254.

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Frutto di uno spoglio attento, competente e amorevole, que-sta opera riunisce articoli e saggi che Reghini scrisse perdiverse riviste italiane specializzate, spesso introvabili e ine-diti da diversi anni. La selezione serve essenzialmente aritrovare il senso generale dell’opera di Reghini. E questo“senso” è esattamente, come ebbe a scrivere Giovanni Papini, che di Reghini fu amicoe di cui, a dispetto degli anni e delle vicende della storia e della vita, serbava un ricor-do straordinario, “il primato dello spirituale”.È proprio la ricerca di tale primato che ha indotto alla realizzazione di questa ambizio-sa raccolta che, appunto, si pone come obiettivo la restituzione della Massoneria pita-gorica italiana. Non solo ai massoni, che certamente potranno trarne seducenti ispira-zioni per la loro attività di perfezionamento interiore, se non altro per il fascino che que-ste pagine sanno suscitare negli animi sensibili. Ma, più generalmente, agli uomini dibuona volontà, alla disperata ricerca di dare un senso alle proprie esistenze al giornod’oggi sempre più prigioniere di un edonismo vuoto e di un altrettanto vuoto morali-smo con qualche, sempre più raro, in verità, richiamo ad improbabili escatologie.

ARTURO REGHINIPer la restituzione della Massoneria Pitagorica ItalianaScritti scelti e ordinati da Moreno Neri. Introduzione di Vinicio Serino.Raffaelli Editore, Toi$ Sebastikoi$,Rimini, 2005. pp. 243, € 20,00.

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Questo libricino nasce da una frequentazione della Danimarca,che per l’autore dura da quindici anni. Suggestione dei luoghi,delle persone, vitalità delle comunità di studio, un welfare sta -te che riesce ancora a sostenere la crescita civile e a sorregge-re nel bisogno.Sapevo che, proprio a Copenaghen, un religioso e archeologodanese aveva intrapreso un viaggio, alquanto misterioso, ver-

so Napoli, le Calabrie e la Sicilia. Dei suoi rapporti con l’Italia meridionale fidavo ditrovare qualche documento negli archivi di Copenaghen. Ma non è stato sempre facilevedere le carte che cercavo. Per quelle custodite nell’archivio massonico ho dovuto ave-re pazienza, cercarmi la strada e superare un’iniziale riservatezza, ma alla fine sonoriuscito a vedere anche quelle.

dall’Introduzione dell’Autore

NICO PERRONELa Loggia della PhilantropiaSellerio editore, Palermo, 2006. € 10,00, pp. 232.

Stones of Rimini segna un punto d’incrocio e una transizione dall’ultima concezionedell’arte vittoriana a quella modernista, in particolar modo nell’architettura e nellascultura. Stokes riprende, e anzi estende, l’opinione di Ruskin e di Walter Pater chel’arte sia essenziale al corretto sviluppo psicologico dell’individuo, ma intesse il loroinsegnamento in una nuova trama estetica, foggiata dalla psicanalisi kleiniana e dallerecenti innovazioni nella letteratura, danza e arti visive.Tradotto per la prima volta in italiano e con tutte le sue originali illustrazioni fotogra-fiche, uno degli aspetti affascinanti di questo libro è la distinzione che Stokes fa traintaglio/modellazione, conducendoci alla scoperta della magia del Tempio Malate-stiano a Rimini, in una sapiente combinazione tra studio, scrittura di viaggio e atto dio s s e r v a z i o n e .Già Ezra Pound in The Symposium a ffermò: Il libro di Stokes è un libro contro lo squal -lore, contro la pochezza, è un libro per la vita intera, è veramente un libro per la “pie -tra viva”. Stokes ha inventato il termine “fior di pietra” per una necessità interiore e acausa della manifesta qualità del suo tema.Pochi scrittori hanno la capacità di evocare la materiale presenza delle opere della sto-ria dell’arte nel modo in cui lo fa Stokes, facendole divenire oggetti reali di ispirazio-ne e deposito delle più profonde fantasie dell’uomo. Stokes è uno di quegli autoricapaci di aprirci, con l’affermazione del suo sguardo, antiche, geologiche, eppurdimenticate interpretazioni tali da apparire nuove attraverso quella suggestione chesoltanto il vedere può dare.

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Questo volume celebra, in modo non convenzionale, i cin-quant’anni della Cooperativa “Pensiero e Azione” di Ravenna.Dalla rivisitazione di alcune “esperienze concrete” viene chia-rito il significato storico del concetto di “pensiero e azione”,che ha dato il nome alla cooperativa, sorta nel 1953.

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Città di mare e di porto, cosmopolita per sua natura, politica-mente, culturalmente, socialmente vivacissima. Nella fisiono-mia così particolare di Livorno, si inserisce come presenza for-te nella storia della fratellanza tra i liberi muratori. Le primelogge massoniche furono fondate a Livorno verso il 1730 periniziativa della comunità mercantile inglese e attecchirono pro-fondamente nel tessuto sociale e culturale della città. Soprav-vissuta alle persecuzioni della Restaurazione, la Massonerialivornese tornò a rifiorire dopo l’Unità, quando in una città dineppure centomila abitanti furono attive decine di logge, in cui transitarono i maggio-ri esponenti delle forze politiche locali: dall’anarchico Jacopo Sgarallino all’industria-le Luigi Orlando, dal deputato crispino Dario Cassuto al giornalista giolittiano AlcesteCristofanini, dal sindaco Rosolino Orlando, liberale moderato, al sindaco FrancescoArdisson, che all’inizio del Novecento guidò la prima giunta di sinistra della città. Mol-ti massoni livornesi, fra i quali il deputato Vittorio Ezio Marzocchini, furono tra gli ini-ziali fiancheggiatori del movimento fascista, da cui si distaccarono dopo la marcia suRoma. Proprio per i connotati popolari e democratici della locale trama associativamassonica, la repressione fascista fu poi particolarmente spietata e lasciò ben poco spa-zio per una presenza liberomuratoria organizzata, che poté riprendere soltanto dopo laliberazione. Il volume, opera di studiosi di diversa formazione, ricostruisce questa sto-ria plurisecolare sulla scorta di una ricca documentazione inedita d’archivio. E mira adevidenziare i fattori che hanno consentito alla Massoneria di entrare inequivocabilmentefra gli elementi distintivi del codice identitario livornese.

La Massoneria a Livorno. Dal Settecento alla Repubblica.A cura di Fulvio ContiIl Mulino, Bologna, 2006. pp. 570, € 38,00

ENNIO DIRANI, CLAUDIA FOSCHINI, SAURO MATTARELLIPensiero e Azione.Storia di un concetto attraverso epigrafi, personaggi e ideali.Dal laboratorio ravennate allo scenario risorgimentale italiano.A cura di Sauro MattarelliLongo Editore, Ravenna, 2003, pp.112, € 8,00

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Cosa scrivono gli architetti e perché scrivono? Cos’è una teo-ria o un trattato di architettura? Le risposte a queste domandesono tanto numerose e varie quanto i trattati stessi e potrebbe-ro riempire da sole una biblioteca! Abbiamo scelto di raggrup-pare i testi teorici in base ai paesi di provenienza e al periodoin cui sono stati scritti. Sarebbe stato possibile procedere altri-

menti e classificarli, per esempio, in base a scelte formali o tematiche, stabilendo unsistema di categorie all’interno del quale ogni titolo avrebbe potuto essere “catalogato”secondo criteri oggettivi. Tuttavia sarebbe stato solo un modo di presentare in formadiversa quello che altre opere hanno già ampiamente trattato. Abbiamo scelto quindi unapproccio nuovo: risalire alle origini del trattato di architettura e tentare di cogliere leragioni che, da cinque secoli, spingono gli architetti a prendere in mano la penna.

dall’Introduzione di Christof Thoenes

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Gli autori propongono un agile percorso incentrato su alcune epigrafi e personaggiravennati, da cui la teorica del pensiero e dell’azione ha preso corpo concretamente,durante il Risorgimento e specialmente nei giorni intensi e memorabili della Tr a f i l aGaribaldina, nei mesi che hanno portato all’Unità d’Italia e negli anni successivi, diconsolidamento dell’identità italiana, grazie anche al mondo variegato delle immaginie della cultura.Icone ed idee vengono analizzate alla ricerca dei riferimenti chiave: a partire dalla lun-ga storia del repubblicanesimo classico e con un’attenzione particolare ai percorsi idea-li del XIX e del XX secolo, quando, grazie all’intuizione di Giuseppe Mazzini, il bino-mio “pensiero e azione” indicò inequivocabilmente un’indipendenza che si fondava sul-la responsabilità personale e collettiva. Veniva dunque superata la dottrina dei dirittinaturali a favore delle teorie dei doveri e dei diritti individuabili attraverso la “leggeuguale per tutti”, applicabile da un potere riconosciuto e capace di farla rispettare sen-za sfociare nella tirannia o nel dispotismo. I contorni per una concreta attuazione dellademocrazia repubblicana erano così ben tracciati nelle linee essenziali.

Teoria dell’Architettura117 trattati dal Rinascimento a oggiTaschen, Köln, 2003, pp. 844

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[…] Credo di aver presto capito, grazie a Dante, che Pound èstato uno di quei rari poeti in cui il rapporto tra visione e profe-zia si fa assai stretto, anche se più di altri ha corso i rischi e glierrori di chi vuole farsi anche interprete della propria visione.[…] Entrambi, Dante e Pound, fondano la loro più profondaconoscenza su uno speciale atto del vedere, tra visione e veg-genza, che li apre non a visionarietà tra il fantastico e l’alluci-nato, ma ad un’esperienza di reale visione. Da qui l’importanza del “vedere”, dei par-ticolari “occhi”, che consentono a Pound di poter dire UBI AMOR IBI OCULUS e, pri-ma di lui, a Dante di poterci iniziare alla realtà degli “occhi di Beatrice”.

VITTORIO COZZOLIUbi Amor Ibi Oculus.L'occhio di Pound, la profezia della poesia Gli occhi di Beatrice.Raffaelli Editore, Rimini, 2005. pp. 84, € 12,00.

Due sono i temi al centro di questo volume: la ricerca sulleradici dello “scontro di civiltà” e l’analisi delle odierne trasfor-mazioni del diritto internazionale. Rispetto al primo punto, ilvolume intende sollecitare e promuovere l’avvio di studi e ricerche sulla storia del dirit-to internazionale, per comprendere come lo scontro tra le civiltà abbia in realtà radiciprofonde, risalenti almeno all’età del colonialismo del secolo XIX. La fine del sistemacoloniale dopo la Seconda guerra mondiale ha creato le condizioni che hanno determi-nato il tramonto della posizione “eurocentrica” del diritto internazionale e ha permes-so l’avvio di una riflessione sui principi del diritto internazionale aperta ai contributi dialtre civiltà, in particolare di quela islamica. La seconda parte del volume affronta inve-ce le prospettive che si aprono ad un nuovo ordine mondiale e alla sua possibile formaistituzionale, discutendo alcuni temi fondamentali: dall’ipotesi della dissoluzione del-

A CURA DI GUSTAVO GOZZI E GIORGIO BONGIOVANNIPopoli e civiltà. Per una storia e filosofia del diritto internazionale.Società Editrice Il Mulino, Democrazie, Diritti, Costituzioni,Collana del Centro per gli Studi Costituzionali, le Culture, i Diritti e le Democrazie - Europa, Eurasia, Mediterraneo, direttada Gustavo Gozzi, Bologna, 2006. pp. 294, € 22,50.

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Io non credo che la mia gente e la gente bianca siano moltodiverse. Sia tra di noi che tra di voi vi sono uomini buoni euomini malvagi. Ma, forse, una differenza c’è. Gli uominimalvagi tra di noi vengono isolati e messi in condizione dinon nuocere. Da voi comandano.

Riflessione di un Cherokee ad un missionario gesuita

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le Nazioni Unite in una pluralità di sistemi regionali, alla prospettiva della creazione diuna nuova comunità internazionale, al progetto kantiano di una giurisdizione delle rela-zioni fra gli Stati. Il volume analizza la pluralità delle opzioni che si presentano alladefinizione del futuro assetto mondiale.

Il suicidio nel nostro paese non è reato, e non lo è ovviamentenemmeno il tentato suicidio. Allora, mi chiedo: perché unpoveraccio che si trovi in una condizione di degrado, di dolorementale e fisico, e che chieda insistentemente di poter termina -re la sua vita, non deve essere esaudito nel suo desiderio?In queste pagine Umberto Veronesi affronta con grande rispet-

to ma senza falsi pudori l’argomento dell’eutanasia: un tema spinoso, sul quale, consempre maggiore frequenza, è chiamata a confrontarsi la nostra società in cui le tec-niche di terapia intensiva possono prolungare la vita vegetativa per un tempo indefi-nito. Il celebre oncologo spiega perché “curare” i pazienti, talvolta, diventa un modoper non “prendersi cura” di loro; chiarisce per quale motivo è urgente giungere a unanormativa che anche in Italia dia valore giuridico al cosiddetto testamento biologico;parla di oppiacei e di cure palliative; delinea la posizione degli altri stati europei sul-l ’ a rgomento. Ma soprattutto pone un’ineludibile questione etica: è lecito impedire aun individuo di disporre della propria vita, anche quando è diventata invivibile?

UMBERTO VERONESIIl diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla sofferenza.A cura di Luigi BazzoliMondadori Editore, Milano, 2005. pp. 102, € 8,40.

DOMENICO BUFFARDINIIl sentiero delle lacrime. Storia degli Indiani.Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 2006. pp. 206, € 12,50.

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Questo è l’inizio del lungo viaggio tra gli Indiani. Un viaggio alla scoperta delle origi-ni, delle abitudini, del grande orgoglio, della forza, della naturale saggezza e della bel-lezza di questo popolo unico. Un popolo braccato e torturato, ma mai sconfitto.

Il sentiero delle lacrime è il primo volume della monumentale Storia degli Indiani delNord America. Un’opera completa, dalla conquista spagnola ai giorni nostri, divisa insei volumi.

Questo ultimo libro di Domenico Buffarini, come tutti gli altri scritti da lui, rende giu-stizia ai popoli indigeni dell’America riscoperta da Colombo, osservando la storia conocchio imparziale senza la presunzione tipica degli occidentali e sarà senz’altro un vali-do aiuto per estirpare la mala pianta del razzismo. Questo libro costituisce un’altra testi-monianza della dedizione dell’Autore non solo alla causa dei Nativi Americani, maanche alla divulgazione della verità storica. Tra la mia gente Cheyenne il termine concui si definisce una persona come lui è “onorevole anziano”. I miei rapporti personalicon Domenico sono iniziati con la sfida della pubblicazione da parte sua di uno dei mieilibri e sono continuati con il suo sostegno finanziario e spirituale al progetto di unascuola Cheyenne-Arapaho in Oklahoma. Da anni, inoltre, aiuta la scuola degli Che-yenne del nord ad Ashland nel Montana. Nella lingua del mio popolo non esiste un ter-mine per dire “amico”. Noi abbiamo solo fratelli e sorelle.Domenico Buffarini è mio fratello

dalla Presentazione di Lance Helson

Mani adora due dèi non generati, esistenti da sé, eterni, oppo -sti tra loro: così proclama Il fondamento delle empie dottrine diM a n i. Uno è il Bene, l’altro il Male; il primo la Luce, il secon-do le Tenebre. L’anima umana è un frammento di Luce, il cor-po e ogni creatura materiale sono spezzoni di Tenebre. Av v i e-ne poi una fusione dei due, rappresentati come re nemici da sempre e in lotta uno con-tro l’altro. Le Tenebre, oltrepassate le loro frontiere, invadono il regno della Luce. IlPadre buono emana dalla sua sostanza una potenza che viene chiamata Madre della

A CURA DI GHERARDO GNOLIIl Manicheismo. Volume II: Il mito e la dottrina. I testi manicheicopti e la polemica antimanichea.Fondazione Lorenzo Valla e Arnoldo Mondadori Editore, Cuneo, 2006. pp. 350, € 27,00.

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Vita, e questa a sua volta emana il Primo Uomo e i suoi Cinque Elementi. Rivestito diessi come di un equipaggiamento di guerra, egli scende negli abissi e dà battaglia alleTenebre. Ma gli Arconti delle Tenebre contrattaccando mangiano della sua armatura,che è la sua anima. E le Tenebre stringono il Primo Uomo in vincoli tremendi. A l l o r alo Spirito Vivente gli offre la sua destra e lo trae su dalle Tenebre. Questo, nella mito-logia manichea, il Principio.L’eterna lotta tra bene e male, da allora, domina l’universo. Vi sono tre tempi e tre crea-zioni. Il Padre della Grandezza e il Re delle Tenebre, la Madre della Vita e l’Uomo Pri-mordiale, l’Amico delle Luci e il Grande Architetto, lo Spirito e le Ve rgini: in ognimomento Materia e Luce lottano, coinvolgendo il cosmo e l’uomo in un turbinio di aria,vento, fuoco, fumo, melma: di firmamenti e terre; di arconti e personificazioni; di gri-da e bagliori. Una cosmologia e una mitologia dominate da una fantasia barocca, ispi-rate – si direbbe – dall’arte babilonese, assira e persiana rielaborata da un pittore di pri-ma grandezza.Il fondatore di questa che tutte le altre religioni considereranno un’eresia pericolosissi-ma, Mani, si ritiene, dopo Buddha, Zoroastro e Gesù, l’ultimo inviato del Dio dellaVerità. Ma si proclama anche “apostolo di Gesù Cristo”, e richiama come anticipazio-ni profetiche della sua le rivelazioni di Adamo, Seth, Enosh, Sem, Enoch, e il rapimen-to di Paolo al terzo Cielo. Così il Manicheismo appare come nuova, originale sintesignostica di motivi provenienti dalle fedi e dalle mitologie che lo precedono.Dopo le testimonianze sulla vita di Mani nel primo volume, sono qui presentati – nel-la più vasta raccolta al mondo di testi relativi al Manicheismo – i miti di una delle reli-gioni più diffuse e affascinanti della tarda antichità: I Capitoli del Maestro e I Salmidegli erranti copti, e testi greci, latini, siriaci, medio-persiani e arabi che illustrano ladottrina dei Manichei e l’ostilità delle religioni rivali nei loro confronti.

E d i t o r i a l eIn tutta coscienza..., di Tr e v a bL’Antro della coscienza, di G. Vi n c iNatura tremenda, di FumalLe sette fatiche di Ercole, di G. MolimariLa ricerca dell’armonia interiore, di F. BatoliIl santo disprezzo per il non-Sé, di Shankara

Sé. Metafisica Realizzativa. Rivista di Studi tradizionali.Equinozio di Primavera 2006

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Editoriali e commentiLa pena di morte, l’Inno di Mameli e il tricolore, di R. BalzaniRevisione storica e secondo Risorgimento, di R. BrunettiChe cosa vuole dire essere Associazione Mazziniana, di G. Zan-n e l l iL’informazione fra libertà e potere, di P. Caruso

Saggi e interventiPrimo Risorg i m e n t oMazzinianesimo, massoneria e kemalismo nella Turchia moderna, di R. PancaldiMazzini nel XXI secolo, di S. MastelloneIl secolo di Giuseppe Mazzini, di S.M. Di ScalaMichele Accursi: spia pontificia o doppiogiochista mazziniano, di G. Parma

Secondo Risorg i m e n t o“Per la vostra e la nostra libertà”: il secondo corpo d’armata polacco in Italia, di M. ProliLuigi Fabbri (1877-1935). Un organizzatore comunista anarchico, di F. LamendolaTerzo Risorg i m e n t oIl genocidio degli Armeni: una legge riuscirà a convincere chi nega la storia?, di A. SfientiLa vera natura della minaccia islamica all’Europa, di A. Chiti-BatelliIl caso Dink in Turchia e la riflessione europeista, di M. MondinoPadoa Schioppa e la lezione di Quintino Sella, di G.F. FontanaIl rilancio del processo costituzionale europeo, di G. A n s e l m i

Cultura e societàIl colpevole declino scolastico dell’impronta umanistica, di D. MirriIl difesa del “laicismo”, di A. Carioti

Studi RepubblicaniAldo Garosci (“Magrini”) e i quaderni di Giustizia e Libertà, di M. BernabèLa meteora eurocomunista, di E. Piras

Libri Cultura e SocietàR i l e t t u r e, di C. RosselliL ’ o p z i o n e, di F. MilandriScelta ragionata, di F. Grassi

Fra gli scaffali, recensioniSegnalazioni dalla ReteIn ricordo di Ornella Piraccini

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Il Pensiero mazziniano. Democrazia in azione.Anno LXI, numero 3, Settembre-Dicembre 2006

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Editoriale, di A. PacinottiEsoterismo nella costruzione del Tempio. L’ideale architetto -nico di Leon Battista Alberti, di A. TorselliniLa Ruta Jacobea. Il cammino interiore per Santiago de Com -postela, di D. Lombardi

Ascesi spirituale, di I. SardiLa simbologia nel Tempio, di T. PeruzziLa Massoneria dinanzi alla tirannide, di E. CavallucciLa Paura, di P. Becattini AmorettiAssetti architettonici legati al movimento giurisdavidico, di B. MucciGiuseppe Ferlini, di M. BonatiSallustio Bandini, un illuminato senese, di V. SerinoLa statua della Libertà: storia e simbolismo, di L. SerafiniNotiziario

Il LaboratorioGrande Oriente d’Italia, Collegio Circoscrizionale dei MaestriVenerabili della Toscanan. 73 Luglio, Agosto, Settembre 2006

Editoriale, di M. RaffoVita nell’OrdineVisita del Gran Maestro Gustavo Raffi all’Oriente di Pine -rolo

In Memoria Aletheia, in pillole… qualche momento di storia vissutatrent’anni dopo, di D. Viglongo

Studi massonici e storiciWolfgang Amadeus Mozart, Prometeo della musica, di A.M.M.La verità è una Favola, ovvero, i Filaleti e la questione del Simbolo, di C. Porset

L’Ipotenusan. 8 Quinta Serie, Solstizio d’Estate 2006

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Rinaldo da Concorrezzo, Arcivescovo di Ravenna, ed il processo ai templari (1308-1311), di E. Di RussoDruidi e Druidismo tra mito e realtà (Prima parte), di S. CanaveseNotizie sulla presenza templare a Pinerolo, di AA.VV.ApprofondimentiLa Fiaccola, di F. FurnoMassoneria e Progresso, di M. LosanoIl “Laicismo”, una proposta antica equivocata (Prima parte), di M. VerginelliLa Fratellanza, di L. GiraudoGli Astri nel Tempio, di P. MarinoUn possibile accostamento fra le comunità esseniche e la Libera Muratoria: i mano -scritti di Qumran, di A.F.L’angolo della poesiaInsieme disegnarono cattedrali, di S. Zammitti

EditorialeIl Graal del Terzo Millennio, di D. CerulliViaggio a Rosslyn, di D. CerulliLa Bhagavad Gita, di M. MeleAviaria tra luci e ombre…, di C. BotrèInfluenza aviaria: pandemia?, di P. GargiuloMEDICINE NON CONVENZIONALI

MNC e situazione sanitaria in Italia, di P. RobertiMedicina Omeopatica: integrata o disintegrata?, di Roberto PulcriMedicina Ayurvedica: regolamentazione e globalizzazione, di A. Morandi e C. Tosto

Natura e BenesserePeriodico trimestrale di Medicine complementari, Terapie na-turali, Alimentazione, Tecniche e Metodologie, Ecologiaambientale e TermalismoAnno 6, n. 19, 2006. € 5,00

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Il Fegato, organo del coraggio, di S.M. FrancardoTERAPIE NATURALI E MEDICINE COMPLEMENTARIIl Codice della Vita, di M.N. UrechVeleno dei serpenti e proprietà terapeutiche, di B. Palmieri e L. PalmieriMedicina popolare dalla A alla Z, a cura di N. ModugnoCenerentola e la madre-matrigna, di T. BrigadaCaffè, alleato delle donne, di R. DucaInsonnia: cause e rimedi, di S. BellomettiALIMENTAZIONEMarchi Dop e Igp, di N. ModugnoFinocchio e Acacia per l’intestino, di R. DucaBentornata fiorentina, di G. d’AgostinoIntolleranze alimentari: scoprile con il test, di D. FogliCibi contro il colesterolo, di R. DucaLa “fronte alta” dei celiaci, di G. AuriemmaPiatti gluten free, di E. MonatiFonte del cuore, Fonte Sauzè, di C. MariniECOLOGIA AMBIENTALE

Rumore sotto silenzio? di D. TarozziNemici invisibili e pericolosi, di F. GiomoNuove scoperte sull’olfatto, a cura di R. DucaDOSSIER TERME E BELLEZZAMSC Crociere Verso l’Europa e il Benessere, di R. DucaChe effetto fa la primavera? di A. EvangelistaBudapest, terme ed emozioni, di G. d'Agostino

La vetrina di Natura e BenessereRecensioni libri, a cura di D. Fogli

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EditorialeIl XX Congresso Nazionale, di C. BortolettoPrimo pianoRelativismo e indifferenza, di E. LiserreLa camicia rossa e i soci, di A. CiabattiIncontriLa stele della memoriaI valori risorgimentali e della Resistenza piacciono ai giovani

StoriaErnesto Teodoro Moneta garibaldino e apostolo della pace, di L. LucianiL’impegno dei carabinieri reali in difesa dell’unità. Il caso del Matese, di S.L. MarraDomenico Piva, di A. NeveDieci, cento, mille eresie, di N. DaviniPio IX era un liberale?, di F. AssoGiacinto Scelsi, garibaldino e prefetto, di D. D’UrsoNicola Mignogna, di R. CofanoGli ospedali della “Garibaldi” si muovono

I nostri ricordiLa testimonianza di un reduce, di A. LucantoniBibliotecaCronaca dalle Sezioni

Camicia rossaTrimestrale dell’Associazione Nazionale Veterani eReduci GaribaldiniAnno XXVI, n. 1

In vista del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibal-di abbiamo pensato di organizzare una mostra che portasse

I Garibaldini nel Risorgimento dalla Repubblica Romana aMentanaA cura di Claudia Foschini e Maurizio MariSocietà Conservatrice Capanno Garibaldi, Cooperativa Culturale e Ricreativa “Pensiero e Azione”, Ravenna, 2007, pp. 48

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l’attenzione non solo sulla figura di Garibaldi, ma anche sui garibaldini, sui volontarie sugli uomini che sono stati l’asse portante del nostro Risorgimento. Tra essi moltierano i giovani e i giovanissimi, che seguivano il generale e si battevano ai suoi ordi-ni senza mai metterli in discussione. Garibaldi fu il catalizzatore del movimento risor-gimentale, il condottiero che guidò i garibaldini contro forze superiori e meglio arma-te e che riuscì a vincere impari battaglie grazie a manovre spregiudicate e al suo acu-me di audace guerrigliero. I garibaldini erano giovani, studenti, intellettuali, operai,determinati e motivati, col coraggio spinto al limite del sacrificio personale per unideale di libertà e progresso.[…]Tenendo conto del materiale disponibile abbiamo purtroppo dovuto tralasciare partedella storia garibaldina come le Guerre per l’Indipendenza dove Garibaldi si impegnò,sempre coi volontari in Camicia Rossa, malgrado l’ostracismo dei militari di carriera;nel 1848 combattè a Luino, Varese e Morazzone; nel 1859 gli fu affidato il comandodei Cacciatori delle Alpi e vinse gli austriaci a Varese, San Fermo e Brescia. Nel 1866,scoppiata la terza Guerra d’Indipendenza, accettò il comando dei volontari con i qualientrò nel Trentino e che condusse alle vittorie di Monte Suello e di Bezzecca, per poisospendere le operazioni con la famosa parola “Obbedisco”.Lo scopo della mostra è anche quello di tramandare la memoria della nostra storia; unpopolo, se non conosce le sue radici e non mantiene viva la memoria della sua storiacomune, non ha futuro. La storia deve essere divulgata con intento formativo alle gio-vani generazioni per dare loro una coscienza civile, delle basi etiche e morali che sonole fondamenta della nostra convivenza civile nel rispetto di tutti.

dalla Presentazione di Maurizio Mari

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