Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 3/2012 · troppe volte si parla. Basterebbe rileggere la...

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EDITORIALE Quale agápe per il XX Settembre 3 Antonio Panaino La scuola. Libertà di scelta, concorrenza, meritocrazia, conoscenza, responsabilità 7 Pietro F. Bayeli Il morso della Taranta a Taranto e dintorni 15 Carlo Petrone Eine Kleine Freimaurer Kantate (Una piccola cantata massonica). Riflessioni circa l’ultima opera massonica di Wolfgang Amadeus Mozart 25 Piergabriele Mancuso Il simbolismo letterario nell’idealismo gnoseologico di Jorge Louis Borges 45 Massimo Andretta Luce Tri-Una; Massoneria Tri-Una. Rapporto dell’Architettura con l’Arte Muratoria, e di quest’ultima con le forme visibili ed invisibili 59 Vincenzo Tartaglia Irredentismo e Massoneria. Il Circolo Garibaldi di Trieste alla luce di nuovi documenti 66 Luca G. Manenti Le acque a Roma tra tutela legale e tutela sacrale. Aquas disjungo, populos coniungo 73 Michele C. del Re Il cervello postmoderno e la sostanza dell’uomo 87 Germano Rossini • SEGNALAZIONI EDITORIALI 99 • RECENSIONI 103 Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 3/2012 HIRAM

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  • EDITORIALEQuale agápe per il XX Settembre 3

    Antonio Panaino

    La scuola. Libertà di scelta, concorrenza, meritocrazia, conoscenza, responsabilità7

    Pietro F. Bayeli

    Il morso della Taranta a Taranto e dintorni 15Carlo Petrone

    Eine Kleine Freimaurer Kantate (Una piccola cantata massonica).Riflessioni circa l’ultima opera massonica di Wolfgang Amadeus Mozart 25

    Piergabriele MancusoIl simbolismo letterario nell’idealismo gnoseologico di Jorge Louis Borges

    45Massimo Andretta

    Luce Tri-Una; Massoneria Tri-Una. Rapporto dell’Architettura con l’Arte Muratoria,e di quest’ultima con le forme visibili ed invisibili 59

    Vincenzo TartagliaIrredentismo e Massoneria. Il Circolo Garibaldi di Trieste alla lucedi nuovi documenti 66

    Luca G. ManentiLe acque a Roma tra tutela legale e tutela sacrale.Aquas disjungo, populos coniungo 73

    Michele C. del Re

    Il cervello postmoderno e la sostanza dell’uomo 87Germano Rossini

    • SEGNALAZIONI EDITORIALI 99• RECENSIONI 103

    Rivista del Grande Oriente d’Italian. 3/2012

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    CCoommiittaattoo SScciieennttiiffiiccooPresidente: Enzio Volli (Univ. Trieste)Giuseppe Abramo (Saggista); Francesco Angioni (Saggista); Corrado Balacco Gabrieli (Univ. Roma “La Sapienza”); Pietro Battaglini (Univ.Napoli); Pietro F. Bayeli (Univ. Siena); Eugenio Boccardo (Univ. Pop. Torino); † Eugenio Bonvicini (Saggista); Enrico Bruschini (AccademiaRomana); Giovanni Carli Ballola (Univ. Lecce); Pierluigi Cascioli (Giornalista); Orazio Catarsini (Univ. Messina); Paolo Chiozzi (Univ. Firenze);† Augusto Comba (Saggista); † Franco Cuomo (Giornalista); Massimo Curini (Univ. Perugia); Marco Cuzzi (Univ. Statale Milano); Domenico Devoti (Univ. Torino); Ernesto D’Ippolito (Giurista); Santi Fedele (Univ. Messina); Bernardino Fioravanti(Bibliotecario G.O.I.); Paolo Gastaldi (Univ. Pavia); Santo Giammanco (Univ. Palermo); Vittorio Gnocchini (Archivio G.O.I.); Giovanni Greco(Univ. Bologna); Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale Alessandria); Felice Israel (Univ. Genova); Panaiotis Kantzas (Psicoanalista);Giuseppe Lombardo (Univ. Messina); † Paolo Lucarelli (Saggista); Pietro Mander (Univ. Napoli “L’Orientale”); Alessandro Meluzzi (Univ.Siena); Claudio Modiano (Univ. Firenze); Giovanni Morandi (Giornalista); Massimo Morigi (Univ. Bologna); Gianfranco Morrone (Univ.Bologna); Moreno Neri (Saggista); Marco Novarino (Univ. Torino); Mario Olivieri (Univ. per Stranieri Perugia); Massimo Papi (Univ. Firenze);Carlo Paredi (Saggista); † Bent Parodi (Giornalista); Claudio Pietroletti (Medico dello Sport); Italo Piva (Univ. Siena); Gianni Puglisi (IULM);Mauro Reginato (Univ. Torino); Giancarlo Rinaldi (Univ. Napoli “L’Orientale”); Carmelo Romeo (Univ. Messina); Claudio Saporetti (CentroStudi Diyala); Alfredo Scanzani (Giornalista); Angelo Scavone (Univ. Bologna); Michele Schiavone (Univ. Genova); Dario Seglie (PolitecnicoTorino); Giancarlo Seri (Saggista); Nicola Sgrò (Musicologo); Giuseppe Spinetti (Psichiatra); Ferdinando Testa (Psicanalista); Gianni Tibaldi(Univ. Padova f.r.); Vittorio Vanni (Saggista)

    CCoollllaabboorraattoorrii eesstteerrnniiLuisella Battaglia (Univ. Genova); Dino Cofrancesco (Univ. Genova); Giuseppe Cogneti (Univ. Siena); Domenico A. Conci (Univ. Siena);Fulvio Conti (Univ. Firenze); Carlo Cresti (Univ. Firenze); Michele C. Del Re (Univ. Camerino); Rosario Esposito (Saggista); Giorgio Galli (Univ.Milano); Umberto Gori (Univ. Firenze); Giorgio Israel (Giornalista); Ida L. Vigni (Saggista); Michele Marsonet (Univ. Genova); Aldo A. Mola(Univ. Milano); Sergio Moravia (Univ. Firenze); Paolo A. Rossi (Univ. Genova); Marina Maymone Siniscalchi (Univ. Roma “La Sapienza”);Enrica Tedeschi (Univ. Roma “La Sapienza”)

    CCoorrrriissppoonnddeennttii EEsstteerriiJohn Hamil (Inghilterra); August C.’T. Hart (Olanda); Claudio Ionescu (Romania); Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca); Rudolph Pohl(Austria); Orazio Shaub (Svizzera); Wilem Van Der Heen (Olanda); Tamas’s Vida (Ungheria); Friedrich von Botticher (Germania)

    Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Cecconi, † Guido D’Andrea, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Bernardino Fioravanti (Bibliotecario GOI), † Antonio Calderisi (Avvocato), Giuseppe Capruzzi, Angelo Scrimieri, † Pier Luigi Tenti

    AArrtt DDiirreeccttoorr ee IImmppaaggiinnaazziioonnee: Sara CircassiaSSttaammppaa: E-Print s.r.l., via Empolitana, km. 6.400, Castel Madama (Roma)DDiirreezziioonnee: HIRAM, Grande Oriente d’Italia, via San Pancrazio 8, 00152 RomaDDiirreezziioonnee EEddiittoorriiaallee ee RReeddaazziioonnee: HIRAM, via San Gaetanino 18, 48100 RavennaRegistrazione Tribunale di Roma n. 283 del 27/6/1994EEddiittoorree: SSoocc.. EErraassmmoo ss..rr..ll.. PPrreessiiddeennttee MMaauurroo LLaassttrraaiioollii, via San Pancrazio 8, 00152 Roma. C.P. 5096, 00153 Roma OstienseP.I. 01022371007, C.C.I.A.A. 264667/17.09.62SSeerrvviizziioo AAbbbboonnaammeennttii: Spedizione in Abbonamento Postale 50%, Tasse riscosse

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  • QQuuaallee aaggááppee ppeerr iill XXXX SSeetttteemmbbrree

    di AAnnttoonniioo PPaannaaiinnooDirettore di Hiram

    Università di Bologna

    EDITORIALE

    In the framework of the present situation, full of economic problems and ofinternational instability, the exemplar behaviour of the Craft is an inner obligation aswell as an external need. Our network is, in fact, asked to be an authority in the actionof support to social brotherhood, tolerance and peace. These aims need a commoneffort in thought words and actions, but any discussion will be empty without ourfraternal love.

    NNNNel contesto dei nostri doverosi (emeritati) festeggiamenti per lecelebrazioni del XX Settembre siparlerà spesso di “agapi” (rituali e non) edi occasioni conviviali più o meno attese datutti noi. Sebbene il momento sia difficile,sarebbe, infatti, un errore chiudersi a ric-cio e rinunciare alla dimensione della con-divisione familiare e amicale, che dovrebbedistinguere il nostro comune sentire.

    Purtroppo, il contesto appare di giornoin giorno più deprimente per via del pro-gressivo decadimento di quei valori fonda-tivi del tessuto comunitario europeo e peril continuo emergere di sentimenti nazio-nalistici, che minano, al di là dello spread,

    delle quotazioni di borsa e delle valutazionidelle agenzie di rating, i princìpi della soli-darietà del nostro giovane continente. Dico“giovane”, perché è con la nascita dell’Eu-ropa comunitaria che un nuovo soggetto siera proposto, in antitesi a secoli di antago-nismi, di rivalità e sostanzialmente diguerre. Quest’ultimo riferimento è tal-mente fastidioso che il solo accennarvimette paura, ma uomini di buoni costuminon possono ignorare che senza i vincolicomuni che ci siamo dati, avremmo vistosituazioni ben più difficili. La nostra Co-munione non ha scopi politici, ma certa-mente raccoglie un patrimonio di saperi,intelligenze, competenze, responsabilità,

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  • che non possono non essere vigili e solidalicon l’idea di pace proprio in un momentocome quello attuale. Una cosa è chiedereche chi ha sbagliato accetti le sue respon-sabilità, un’altra èperò fingere chei “peccatori” ab-biano compiutole loro malefattesenza che i pre-sunti “primidella classe” nonlo sapessero. Unacosa è risanare,un’altra è affa-mare la gente.Purtroppo, se ilprincipio dellostare insieme sibasa sull’approfit-tarsi gli uni degli altri e non sul condividereresponsabilità e obiettivi, il “Grillo par-lante” comparirà solo quando sarà troppotardi e non quando avrebbe dovuto strillare(ma forse allora ciò non conveniva oppurequalcuno lo aveva già preso a martellate).

    Nel celebrare il XX Settembre abbiamoil compito di sottolineare il valore fonda-mentale della dimensione comunitaria del-l’Europa e della solidarietà in una visioneprospettica di risanamento e soprattutto dirinsaldamento della pace. I toni troppo fre-quentemente sono stati quelli consoni a di-chiarazioni di guerra. Quando ricordiamola breccia di Porta Pia vorremmo superareil momento di esaltazione della forza epensare alle sue conseguenze, positive siaper lo Stato Italiano sia per la stessa Chiesa,la quale ha più serenamente riconosciuto

    gli aspetti positivi di una liberazione, percerti versi, reciproca.

    Noi non abbiamo ricette e se le aves-simo potremmo proporle, come dicevano i

    Romani, uti singuli, in-dividualmente, noncome Istituzione;abbiamo però unnucleo valoriale, unpatrimonio etico,che la stessa Com-missione Europea ciha riconosciuto inquesti anni. Valoriz-ziamolo di più, den-tro e fuori.

    Troppe volte cin-cischiamo attorno aquestioni seconda-

    rie, a problemi banali, arivalità improduttive. Litighiamo non suidee-guida, temi fondamentali, ma per fu-tilità inverosimili.

    Nei momenti difficili le grandi comunitàhanno sempre guardato alla Libera Mura-toria, non perché prendesse in mano le re-dini, ma perché sapesse essere“autorevole” con i suoi contributi pacati eponderati. Non commettiamo il rischiocome ambito per certi versi influente e ri-levante nel quadro della società civile di ri-sultare inadeguati per i compiti storici chesi profilano. Non ricadiamo nella categoriadei “riluttanti”, così come Carlo Galli ha re-centemente definito in una sua efficacis-sima monografia le élites italiane, a piùriprese incapaci di aprirsi alle sfide, disprovincializzarsi e di assumere punti divista generali (e non particolari o intro-

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  • flessi) per cercare di risolvere problemi al-trettanto generali.

    Non sto chiamando unacomunità alle armi. Anzi,sto piuttosto richiamandoanche me stesso alla ne-cessità di soppesare di piùla complessità di quanto siva determinando di giornoin giorno. Alle tenebre sirisponde con la luce. Nona parole ma con i fatti. Unaprassi più incisiva corri-sponde, per quel che ri-guarda il nostro contesto,ad un maggior impegnoall’essenzialità, alla pro-fondità della riflessione edell’elaborazione. Ad unclima difficile noi dob-biamo rispondere con unimpegno doppio, triplo perrendere il nostro clima interno più ade-guato, molto più utilmente critico e propo-sitivo, meno sterile nelle polemiche difacciata. Ma soprattutto più fraterno.

    Senza tanta retorica, non possiamo di-menticare che tutte le volte in cui ci invi-tiamo ad un’agape noi usiamo un terminegreco che rimanda all’idea di “amore fra-terno”, un amore che di norma corri-sponde nella lessicografia latina allacharitas. In italiano, carità ha d’altro cantoassunto una valenza sgradevole. Si pensasubito al povero bisognoso che tende lamano ed al distratto passante che gli gettauna monetina, al finto povero (che, in ve-rità, possiede una società di accattonaggio)ed al fesso che gli dà i soldi, al togliersi uno

    scrupolo (per lavarsi la coscienza), ma perpoi fregarsene completamente, al fare un

    gesto effimero senza in-tervenire realmente permigliorare la situazione.

    Non credo, però, chel’agápe dei Greci, maanche più semplice-mente quella del NuovoTestamento, insomma lacharitas, sia proprio laschifezza pelosa di cuitroppe volte si parla.Basterebbe rileggere laPrima lettera ai Corinzi 13,1 di San Paolo:

    Se anche parlassi lelingue degli uomini e degliangeli, ma non avessi lacarità (agápe), sarei unbronzo risonante o un

    cembalo squillante. Se avessi il dono dellaprofezia e conoscessi tutti i misteri e tuttala scienza e avessi tutta la fede in modo daspostare le montagne, ma non avessi la ca-rità (agápe), non sarei nulla. Se distribuissitutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessiil mio corpo per essere arso, e non avessi lacarità (agápe), non mi gioverebbe a nulla. Lacarità (agápe) è paziente, è benigna la carità(agápe); la carità (agápe) non invidia, non sivanta, non si gonfia, non manca di rispetto,non cerca il proprio interesse, non si adira,non tiene conto del male ricevuto, ma sicompiace della verità; tutto tollera, tuttocrede, tutto spera, tutto sopporta. La carità(agápe) non verrà mai meno. Le profeziescompariranno; il dono delle lingue ces-serà, la scienza svanirà; conosciamo infattiimperfettamente, e imperfettamente pro-

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    • 5 •Quale agápe per il XX Settembre, A. Panaino

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  • fetizziamo; ma quando verrà la perfezione,sparirà ciò che è imperfetto.Quando ero bambino, par-lavo da bambino, pensavoda bambino, ragionavo dabambino. Da quando sonodiventato uomo, hosmesso le cose da bam-bino. Adesso vediamocome in uno specchio, inmodo oscuro; ma alloravedremo faccia a faccia.Ora conosco in parte, maallora conoscerò perfetta-mente, come perfetta-mente sono conosciuto.Ora esistono queste trecose: la fede (pístis), lasperanza (elpís) e la carità(agápe); ma la più grandedi esse è la carità.

    Non sono impazzito nelproporvi questo sermone. Il passo potrebbeessere letto in tante chiavi e non è neces-sario essere cristiani per sentirlo proprio;non bisogna neppure essere credenti. Ba-sterebbe solo riflettere con buon senso

    sulla forza del gesto che si trova a priori,nella premessa, che

    genera l’atteggia-mento dell’agápe.Provate a rileggereil testo sostituendo“amore” (agápe) a“carità”. Forse l’ef-fetto sarà diverso!Non apparenza, masostanzia lmenteamore verso l’altro,un amore che è rico-noscimento dellasua dignità.

    Probabilmenteun tale principionon potrebbe maiessere annoveratoin una carta costitu-zionale, né nazio-

    nale, né europea, ma èuna delle premesse della fratellanza uni-versale massonica, altrimenti iscriviamociad una squadra diversa.

    A tutti un buon XX Settembre.

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    • 6 •EDITORIALE

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  • LLaa ssccuuoollaa..LLiibbeerrttàà ddii sscceellttaa,, ccoonnccoorrrreennzzaa,, mmeerriittooccrraazziiaa,,

    ccoonnoosscceennzzaa,, rreessppoonnssaabbiilliittàà

    di PPiieettrroo FF.. BBaayyeelliiUniversità di Siena

    The school should be an area where there is freedom of choice, where the spirit of thecompetition must animate the Institution at all levels and degrees, where meritocracymust cover not only the students but also the teachers and the Institutions as a whole,where knowledge must be the daily bread of the teaching staff and students, whereliability must be the ethical structure of the personality of those who teach and thosewho learn, both current and future builders of the identity and consciousness of aCountry.

    SSSSicuramente per la scuola abbiamobisogno di due cose fondamentali:una libertà di scelta (oltre che dipensiero, di opinione, di parola, d’azione)e una meta, un bersaglio ispiratore, cioèuna scuola ideale. Questa dovrebbe esseregovernata da docenti preparati e costituireuna fabbrica, una fucina di discenti infor-mati, dispensando cultura (storia e filoso-fia, letteratura e poesia, arti e scienze),formazione, (finalizzata al mondo, al mer-cato del lavoro) e qualificazione professio-nale (del discente, ma soprattutto deldocente: non si può insegnare se prima nonsi sa, non si conosce – to know how to do, toknow how, saper fare, sapere come). Tutto

    questo in un contesto di disciplina, ordinee merito, conditi di etica e di moralità, nellaconoscenza da parte del corpo discente edocente prima dei propri doveri e poi deipropri diritti. La scuola ideale dovrebbequindi essere protesa a promuovere, infon-dere i principi democratici, le libertà, laconvivenza pacifica, il rispetto delle opi-nioni, nella prospettica costruzione di unprodotto di qualità: un cittadino sapiente,cosciente, responsabile.

    Quindi docenti preparati e discenti in-formati, nella finalità di una produzione diqualità e non di quantità (che diluisce e ab-bassa il livello tecno-culturale): non biso-gna mai dimenticare che docenti e discenti

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  • sono, i primi, e saranno, i secondi, i co-struttori dell’identità e della coscienza delnostro Paese.

    Tutto ciò che è con-trario a quanto elen-cato è sicuramente lanon-scuola.

    Correnti di pensieroPerseguire, concre-

    tizzare queste “enun-ciazioni virtuali” èmotivo di contenziosotra due grandi correntidi pensiero: statalismoe liberalismo. Gli statali-sti vedono nella scuoladi Stato la salvaguardia del pluralismo cul-turale, la promozione della coesistenza so-ciale, la reciproca comprensione, il dialogo,la tolleranza, l’apertura agli altri. Ammet-tono, a malincuore, alcuni errori ed arre-tratezze metodologiche e di contenuto, mali giustificano e soprattutto non li accet-tano quali alibi a favore delle cosiddettescuole private.

    I liberali, in una concreta visione del-l’odierna istruzione, denunciano il radica-lismo ideologico e politico delle scuolegovernative, la loro trasformazione in am-mortizzatori sociali, la populistica culturadi massa, il rifiuto del nozionismo, il deca-dimento della qualità dell’insegnamento edell’apprendimento, l’assenza della meri-tocrazia, l’abbattimento dei valori etici uni-versali, l’inadeguato adattamento aimutamenti sociali e civili, alla globalizza-zione, e infine, ma soprattutto, desiderano

    superare il contrasto ideologico tra scuolapubblica statale e scuole private, laiche o

    religiose, considerandole tutte inun ambito pubblico e quindi rag-giungibili da ognuno in libertà discelta e di opinione.

    Scuola pubblica, di Stato, laicaintesa come servizio di forma-zione per il mercato del lavoroma in realtà non esente da pres-sioni ideologiche, politiche, ad-dirittura partitiche. Nella scuoladell’obbligo, dalla materna inpoi, dove le coscienze sono in viadi formazione e dove le mentisono più ricettive ed influenza-bili, la pressione ideologica trova

    ampia fertilità come dimostrato in passatodal ventennio fascista e successivamente,dal dopoguerra in poi, dalla cultura politicadominante. Nelle scuole superiori e al-l’università prevale la formazione per ilmercato del lavoro poiché le coscienze aquesti livelli sono già formate e capaci discelte critiche educativo-formative.

    Alcuni esempi attuali. L’insegnamentodella storia nelle scuole, specialmente serelativo ai secoli XIX-XX e XXI, risultaspesso manipolato, falsato, oppure taciuto.Così il Risorgimento italiano (1820-1861)viene troppo spesso sottaciuto, denigratoo espresso in termini retorici, mentre laPrima Guerra Mondiale (1915-1918) vienemenzionata se non altro per il numero dimorti che riuscì a procurare. I totalitarismidel XX secolo, nonostante gli errori, gli or-rori e le sofferenze inflitte all’umanità,hanno subito valutazioni totalmente con-

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    HIRAM_3_2012:HIRAM 31-08-2012 11:36 Pagina 8

  • trastanti: il Comunismo (1917-1989) anco-r’oggi esaltato, nonostante la caduta delmuro di Berlino, il Fasci-smo (1921-1943) total-mente deprecato otaciuto, il Nazismo(1933-1945) giustamenteodiato, la SecondaGuerra Mondiale (1939-1945) menzionata perl’ecatombe di esseriumani, per la gemma-zione di una guerra ci-vile, infine la Resistenza(1943-1945) fortementeesaltata. Nel dopoguerra il Partito Comuni-sta Italiano provvide a costruire una ege-monia culturale, a consolidare il proprioimpianto popolare con l’indottrinamento ela messa a regime della educazione, dellacomunicazione e della giustizia (PalmiroTogliatti ministro di Grazia e Giustizia), cosìda provvedere razionalmente alla forma-zione delle menti, alla costruzione diun’opinione pubblica, alla acquisizione diun potere legislativo (un vero capolavoromachiavellico di arte politica: comando, in-formo, istruisco).

    La rivoluzione studentesca del 1968(Herbert Marcuse, 1898-1979: ragione e ri-voluzione; Marxismo sovietico) ha rovinatodel tutto la scuola di Stato con l’esaltazionedella istanza progressista del diritto al-l’ignoranza, la pretesa del 6 e del 18 politico,il no al nozionismo, alle bocciature, allameritocrazia, il sì alle promozioni automa-tiche, agli esami di gruppo, alla scuola nonselettiva ma di massa, al livello degli studi

    abbassato, dequalificato, ai collettivi di in-segnamento, allo stipendificio, all’insegna-

    mento disorganico esoprattutto irrespon-sabile. A tutto ciò nel2001 si sono aggiuntinuovi problemi: ilcontrasto Oriente-Occidente, le migra-zioni, le multi etnie,il multiculturalismo,le multi religiosità, laglobalizzazione e,sottotraccia, talora

    anche il razzismo.Oltre agli esempi storici vi sono anche,

    purtroppo, cronache di vita scolastica: lapresenza di insegnanti porno, oltrechéignoranti e politicizzati, di scolari bulli,l’uso di droghe e in definitiva un profondodegrado scolastico nel contesto di un piùampio degrado sociale.

    La scuola pubblica, statale, nata con ilregno d’Italia e accentrata sul modello na-poleonico, secondo la legge Casati del 1859,ottimizzata secondo i tempi dalla riformaGentile del 1923, Bottai 1939, Berlinguer1996, programmata su di un centralismopolitico-governativo, se non addiritturapartitico in quanto scuola ideologica, nonrisulta più rispondente alla attuale società,resa complicata e complessa per cultura,religione ed etnia dalle immigrazioni, dallatelematica, in una sola parola dalla globa-lizzazione.

    Si sono avuti e purtroppo si hanno do-centi acculturati e discenti ignoranti, nellafinalità di una produzione di quantità e non

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    • 9 •La scuola. Libertà di scelta, concorrenza, meritocrazia, conoscenza, responsabilità, P.F. Bayeli

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  • di qualità, nel prevalere di un indottrina-mento sull’insegnamento, nel sovrastantestatalismo burocratico di annullamento delmerito e del valore in-dividuale, nella per-dita di valori etici emorali: necessitaquindi una riformache come tutte le ri-forme risulta com-plessa e difficile ed habisogno di tempo epresenta l’inevitabilefase del guado.

    Nella scuola sta-tale si sono riversateideologie politiche,rivendicazioni socialie sindacali che nullaavevano ed hanno a che fare con l’istru-zione, l’apprendimento, la conoscenza. Èvero che la scuola non vive in un limbo,per cui viene colpita e attraversata ine-luttabilmente dalle istanze sociali e dalledistorsioni didattiche ma è proprio allorache l’istituzione dovrebbe ripiegarsi suipropri doveri e nelle sue più strette fina-lità: costruire cittadini preparati.

    E non saranno purtroppo cittadini pre-parati quegli scolari del “Decalogo” di Ro-bert Hawkins, ideologo della scuolaprogressista del non studio. I dieci puntipossono essere così sintetizzati: apprendi-mento, autonomo o in gruppi, con mezziinformatici (computer, lavagne multime-diali, cellulari, smartphone), non in classema in un qualsiasi spazio aperto, quindi inogni luogo e in qualsiasi momento, senza

    voti, senza libri, senza “docenti” ma condei semplici “facilitatori” alla navigazioneinternet, ad orari personalizzati, a riunioni

    informatiche di socializzazionetipo Facebook, di comunicazionee quindi di autoapprendimento,non programmate ma di fanta-sia, giocose, intessute e costruitesui videogiochi, massima rivolu-zione epistemologica del Nove-cento. L’essenza di questo tipo di“scuola” deve basarsi sulla cen-tralità del gioco, ma un gioco“serio” condotto su internet,con valutazioni formative auto-matizzate, tali da incrementarela socializzazione, perfino ilsenso civico. Sembra la storia

    del Paese dei Balocchi, di Pinoc-chio e Lucignolo, aggiornata alla telema-tica, ma con lo stesso risultato finale: lacreazione di bei somari.

    Questa superficialità, questa liquida-zione di ogni sforzo, noia, disciplina men-tale, questa esaltazione di una scuola doveè sempre domenica, dove si celebra la festadello spirito creatore in piacevole, giocosalibertà, dove gli insegnanti non sono “mae-stri” ma “facilitatori”, dove si aborrisconodate, successioni cronologiche, periodi sto-rici, dove si condanna una organica culturalibresca e la lezione ex cattedra, dove i si-stemi bibliometrici dei quitz-test o la teoriadegli insiemi, già sperimentati, criticati eabbandonati dai rispettivi paesi di origine(Usa e Francia), ebbene questo modello discuola è severamente condannato da PaolaMastrocola e da Lucio Lombardo Radice i

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  • quali rivendicano il valore dei metodi attivinell’educazione della mente, lo studio-la-voro, la lettura-riflessione, losforzo di comprensione te-nace, l’applicazione disci-plinata, organica, paziente,la faticosa organizzazionedella propria mente e delproprio sapere.

    La scuola di qualità èquella basata sulla centra-lità dei contenuti e sulla fi-gura degli insegnanti e nonsulla tecnologia dei mezzididattici, semplici coadiu-tori.

    A questo proposito ci sorregge l’anticoinsegnamento socratico della trasmissionedelle conoscenze tramite il dialogo direttotra maestro e discepoli. La forza, la fre-schezza, l’immediatezza, la persuasivitàdella parola pronunciata sono irresistibilinella trasmissione di una idea, di una co-noscenza, di una verità. La credibilità di ciòche viene affermato e trasmesso nasce nonsolo dalla limpidezza dell’argomento af-frontato, ma anche dalle conoscenze, dallapersonalità, dal carisma e dalle capacitàdialogiche e didattiche dell’insegnante. Èattraverso il contatto diretto tra esseri vi-venti e non virtuali che si attua il processoformativo dei discenti: conoscenze e co-scienze vengono costruite e formate nelconfronto, nelle spiegazioni, nei distinguo,nelle precisazioni del dialogo: si attua unapartecipazione, una consapevolezza di sof-ferta e felice conquista, una maturazione,una trasformazione dello studente, futuro

    responsabile cittadino. La parola scrittanon consente, se non in una offerta pas-

    siva, per via indiretta e conmaggiore faticosa appli-cazione, un così sicuro ecerto risultato.

    Scuola pubblica, non diStato, laica o religiosa: unoStato laico e democraticodeve concedere la libertàdi poter aprire e frequen-tare scuole di tendenza.Dovrà piuttosto accer-tarsi della preparazionedello studente, ovvero se

    quel tecnico neoformatoconosce o no il mestiere, indipendente-mente dal fatto che a scuola gli sia statofatto leggere Voltaire o il Corano, oppureche porti il chador o rifiuti le trasfusioni disangue. Diritto e dovere dello Stato, espres-sione unitaria della maggioranza dei citta-dini, è valutare con esami e concorsi lapreparazione del corpo insegnante e dei di-plomati senza necessariamente entrare nelmerito dei contenuti, ciò consentirà il fi-nanziamento solo di quegli istituti che ri-spondono ai requisiti da esso stabiliti.Purtroppo la legge n° 62 emanata nell’anno2000 sulla parità scolastica è stata per lopiù disattesa se non addirittura ignorata. Èdovere della comunità dei cittadini di que-sta nazione, espressa nello Stato, che, oltread una scuola istituzionale, permetta edagevoli altre stimolanti forme di istruzione,sempre nella conservazione dei valori uni-versali dell’etica e della morale, nella de-mocratica libertà per ogni cittadino di una

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  • libera scelta. Dobbiamo insomma usciredalla ingessata dicotomia scuola statale-scuola privata, parliamoinvece di scuola pub-blica, non importa sestatale, laica o religiosa,in competizione fra loro,fuori da un integralismoideologico statale, laicoo confessionale, al finedi migliorarne le rispet-tive qualità e rendere li-bere le persone nellaloro scelta.

    Condannabile un in-dirizzo scolastico statali-sta unico, spesso ideologico, politicizzato,secolarizzato, radicalizzato, così come nonsono accettabili integralismi laici o dogma-tismi religiosi. Una scuola pluralista non èsolo statale, laica o religiosa, ma è l’insiemedi tutto questo essendo innegabili questediverse realtà connaturate con la naturaumana e con le trasformazioni globali incorso e quindi insopprimibili: necessitaprenderne coscienza e farle vivere, questerealtà, se non in armonia almeno in unequilibrio etico-culturale ma soprattutto inuna concorrenza selettiva per una liberascelta, nell’intima, onesta convinzione diprodurre cittadini non indottrinati mabravi e preparati.

    Solo quando un Governo, nella consuetaeconomia di mercato, stanzierà fondi oltreche per i propri programmi e per le proprieopere (strutturali, politiche, ideologiche)anche per le opere degli altri, perfino perl’opposizione, allora e solo allora si dimo-

    strerà veramente democratico e liberale,tale da consentire alla totalità dei cittadini,

    pur sempre nella legalità,una pluralità di scelte edi libertà anche oppo-ste alle proprie. Quantevolte abbiamo sentitodire: “Sarò il Presidente(della Repubblica, delSenato, della Camera),oppure sarò il Sindacodi tutti”. Bene, l’istitu-zione scolastica è sicu-ramente una delle sedie dei momenti più ido-nei per dimostrarlo.

    Pluralità di scuole o scuola pluralista?L’equilibrio concorrenziale tra una

    scuola statale, una scuola laica, una scuolacattolica, sul tipo della pragmatica compe-tizione del mondo anglosassone, modella irispettivi eccessi, plasma le coscienze in uncostante divenire soprattutto se orientatealla soddisfazione di un mercato del lavoro.In Europa già da tempo esistono le libera-lizzazioni da noi così fortemente contra-state, anzi gli Stati finanziano le scuolecosiddette private, a garanzia di una libertàdi scelta educazionale.

    Un altro problema dei nostri istitutiscolastici è l’abolizione del valore legale deltitolo di studio, di cui si parla tanto e datempo senza una burocratica ufficiale rea-lizzazione. In realtà il valore legale del ti-tolo di studio viene pragmaticamentedisatteso nel mercato del lavoro. Se il pezzodi carta, il diploma, rende tutti uguali di

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  • fronte alla legge, nella quotidiana realtà,nel mondo del lavoro una selezione di pro-venienza, di origine viene abitualmente ef-fettuata. Ciò porta apensare che sia proprio loStato con il suo apparatoscolastico a non volerel’abolizione del valore le-gale del titolo di studiopoiché questo gli evita unpericoloso confronto sulpiano agonistico con lescuole non statali, ponen-dolo in un rischioso livellodi parità e di concorrenzada cui sembra rifuggire.Solo così, in un quadrorealistico della ricerca delmeglio, possono giustifi-carsi certe libertà di sceltapresso prestigiosi istituti inglesi, francesi,svizzeri, austriaci e italiani (Scolopi, Sale-siani, Montessori, Steiner, LUIS, Castel-lanza, Università Cattolica, IULM, Bocconi,San Raffaele, ecc.) nei quali molti tra i piùaccaniti assertori della sola scuola di Statoiscrivono, paradossalmente ma pragmati-camente, i propri pargoli.

    Una unica scuola statale pluralista, nelcaleidoscopio di culture, pensieri e fun-zioni, presuppone una dosatura, una mi-scelatura, un equilibrio così difficili daamalgamare tanto da rasentare oppure ad-dirittura essere l’utopia. Il principio filoso-fico di Bacone (XV secolo) “Homo hominiLupus” sulla sfiducia e l’egoismo degli uo-mini illumina sulla necessità di una alter-nanza di governo, tra una maggioranza ed

    una opposizione, così da ideologizzare al-ternativamente la scuola di Stato, oppure,meglio, di non avere affatto il tempo per

    alcun indottrinamento.Studi, famiglia, amicizie,

    società, tendenze e personaliesperienze provvederanno acostruire una propria filosofia,un proprio credo; la scuola de-termini cultura, preparazione,capacità, socialità.

    Esiste da tempo una sanitàpubblica e una sanità privata,quest’ultima accuratamentecontrollata, che si alternanonella storia della salute convarie vicende buone e cattive,che tentano una concorrenzae che permettono una libera

    scelta al cittadino. Allora, se unalibera scelta è consentita per la propria sa-lute non si capisce perché la stessa cosanon possa essere liberamente offerta perl’istruzione dei propri figli. Ancora, unoStato, il Governo in carica, per regole digiustizia e di equilibrio provvede economi-camente alla salute di tutti i cittadini, com-presi quelli che formano le opposizioni: sequesta è vera democrazia e libertà per tuttiperché non applicarla alla libera e demo-cratica scelta di una propria cultura?

    Un ultimo appunto: l’importanza, inqualsiasi tipo di scuola e a qualsiasi gradodi apprendimento, dello studio ragionato ecritico della storia delle religioni. Spesso lareligione rappresenta in tutto o in parte laradice culturale, l’evoluzione storica di unPaese: lo studio delle varie religioni, espres-

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  • sione umana, filosofica, teosofica, metafi-sica e di fede dell’uomo,può sicuramente facilitarequella apertura al multi-culturalismo, alla multi-re-ligiosità, alla multi-etnicitàdi cui tanto si va parlandoma che vanno pur sempreviste in un contesto inte-grativo con le genti, leleggi, le regole e le usanzedel Paese ospite. Lo studioantropologico di genti epaesi, che hanno dato vita a pensieri e

    strutture religiose, non solo ne compene-tra le fondamenta ideolo-giche con una maggiorecomprensione, ma ancheallarga la mente ed il sa-pere di chi si proponecon razionalità la ricercaetnologica di lontane ci-viltà: si incrementa cosìil principio della cono-scenza che apre mag-giormente la porta dellatolleranza senza per que-

    sto cadere nella sudditanza.

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  • IIll mmoorrssoo ddeellllaa TTaarraannttaa aa TTaarraannttoo ee ddiinnttoorrnnii

    di CCaarrlloo PPeettrroonneeAvvocato

    This article offers a presentation of a freshly published book entitled Il morso dellaTaranta a Taranto e dintorni (The bite of Taranta in Taranto and neighbourhoods),a work including an anthological collection of essays by historians, journalists,sociologists, doctors, psychologists, and travellers about such a mysteriousphenomenon attested in Puglia and known with the denomination of Tarantismo.What Taranta hides? Hysteria, possession, intoxication, superstition, psychodrama,folklore? How you slide in this mood of pizzica-pizzica and tarantella? TheTarantismo origins from Taranto (so it seems, although the problem is still open)and then it spreads throughout the lands of Salento, where it remained at a farmlevel, with some sporadic event still present. Sometimes someone has called it a“magician and pagan ritual”, which concerns women, only women, who dance anddance to the point of being exhausted in torrid Puglia summer, like foolish dancers ofa Sabbath ... bitten by Taranta, as they say. The article resumes some of the mostsignificant ideas, researches, observations and memories deeply discussed in the book.All this material will be useful for the ones who study the complex history ofTarantismo.

    FFFFra i ricordi della mia giovinezzasono affiorate spesso le letture deIl Mondo, settimanale scomodopubblicato e diretto dal 1949 al 1966 daMario Pannunzio1, sul quale erano com-

    parsi anche alcuni articoli dedicati al ta-rantismo ed agli studi (Sud e magia, Laterra del rimorso) dell’etnologo Ernesto DeMartino2.

    Il tarantismo, contraddistinto da una

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    1 Mario Pannunzio (Lucca, 1910 - Roma, 1968). È stato un giornalista e politico italiano. Futra i fondatori del Partito Liberale Italiano e successivamente del Partito Radicale. Il “Mondo” si di-stinse come una rivista idonea a fungere da centro di aggregazione e di trasmissione delle istanzeintellettuali del periodo. Numero e qualità dei collaboratori e dei temi affrontati lo resero di fattoun soggetto politico informale che dall’esterno delle istituzioni si pose come interlocutore privi-legiato.2 Ernesto De Martino (Napoli, 1908 - Roma, 1965). È stato un antropologo, storico delle re-ligioni. Tra le sue opere più note si ricordano: Naturalismo e storicismo nella etnologia (Bari, 1941), Ilmondo magico (Torino, 1948), Morte e pianto rituale nel mondo antico (Torino, 1958), Sud e magia (Mi-lano, 1959), La terra del rimorso (Milano, 1961).

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  • vasta letteratura che sollecita ancora l’at-tenzione degli studiosi, secondo Ernesto DeMartino, grazie ai dati raccolti durante laricerca sul campo nel-l’estate del 1959, era irri-ducibile, come fenomeno,al disordine psichico emetteva invece in risalto lasua autonomia simbolica, cul-turalmente condizionata, cioèun suo orizzonte mitico-ri-tuale di ripresa e di reintegra-zione rispetto ai momenticritici dell’esistenza, con par-ticolare riferimento alla crisidella pubertà, e al tema del-l’eros precluso ai conflitti adolescenziali, nelquadro del regime di vita cittadino3.

    Insomma, il tarantismo, secondo Erne-sto De Martino, offriva l’occasione per evo-care e configurare, per far defluire e perrisolvere i traumi, le frustrazioni, i conflittiirrisolti nelle singole vicende individuali etutta la varia potenza del negativo che, ri-vissuta nei momenti critici dell’esistenza,veniva simbolicamente riplasmata comemorso di taranta che scatena una crisi dacontrollare ritualmente mediante l’esorci-smo della musica, della danza e dei colori.

    Nel dicembre 2001 proposi agli amicidel Centro Studi e Ricerche “Piero Cala-mandrei” di Taranto4 di ricordare De Mar-

    tino e le sue ricerche, svolteprevalentemente nel Salento.L’incontro sul tema ebbemolti consensi e la partecipa-zione di un folto pubblico, at-tratto dal prestigio deirelatori, dall’originalità deldocumentario che vi si pro-iettava e dalla vivacissimaproposta di canti della tradi-zione popolare5.

    Al momento di racco-gliere in un “quaderno” del

    Centro i testi dei relatori, mi resi conto chevaleva la pena di compiere uno sforzo inpiù per tentare di riportare alle sue radici ilcomplesso fenomeno del tarantismo, nellasua matrice storica e filologica, senza nullatogliere alle ricerche effettuate, in partico-lare, nell’area salentina. Non soltanto in ap-plicazione della massima nomina suntconsequentia rerum, ma anche perché da di-verse parti giungevano richiami significa-tivi, mi chiesi quanta rilevanza avesseavuto il morso della Taranta anche nel ter-ritorio di Taranto.

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    3 De Martino, La terra del rimorso, Milano 1961.4 Il Centro Ricerche e Studi Piero Calamandrei è stato fondato a Taranto nel 1989 ed ha svolto in-tensa attività di diffusione della cultura promuovendo dibattiti, conferenze e pubblicazioni. Ha so-speso le sue iniziative nel 2004. Non ha mai attinto a finanziamenti pubblici.5 Un valido, significativo e costante apporto musicale è stato offerto in molte manifesta-zioni alla presenza di un folto pubblico dalla Associazione “Il Canzoniere Popolare Grottagliese”, co-stituita a Grottaglie nel 1988 sotto la sapiente guida del Maestro Salvatore Abatematteo, direttoredi concerti e rappresentazioni di grande successo.

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  • In effetti Ernesto De Martino, nella suaprefazione a La terra del rimorso, aveva indi-cato tutta la Puglia, e più in generale lecampagne dell’Italia me-ridionale, come areaelettiva del tarantismo,inteso come fenomenostorico religioso natonel Medioevo e pro-trattosi sino al Sette-cento ed oltre, sino aquelli che egli stessodefiniva “relitti” an-cora osservabili nellapenisola salentina.

    Taranto, allora, poteva offrire qualcosadi non minore rilevanza, rispetto ai per-corsi salentini, per la conoscenza del sim-bolismo della Taranta, anche per lapresenza di un male antico che, come scri-veva nel 1897 lo scrittore inglese GeorgeGissing nei suoi appunti di un viaggio Sullariva dello Ionio6, è stato caratterizzato da unaprofonda superstizione popolare, forza ri-tardatrice che non le ha consentito di ade-guarsi, malgrado ogni sforzo, allamodernità ed al progresso.

    Ho iniziato, quindi, una rapida ricercadocumentale ed ho sollecitato interessi ericordi imbattendomi, a volte in modo on-divago, in miti e realtà, storia e folklore, ri-gore scientifico e vivaci canzoni popolari:

    un insieme di sensazioni intricate ed eva-nescenti, una complessa vicenda ed unastoria ingarbugliata nella quale ci si deve

    districare fra filologia,psichiatria, etnolo-gia, musica, costumeed altro ancora.

    Mi son chiesto:cosa cela la Taranta?Isteria, invasatura,intossicazione, su-perstizione morbosa,psicodramma? Più diqualcuno ha ritenuto

    di individuare un rito magico pagano checoinvolge le donne, solamente le donne,che nei mesi della torrida estate puglieseballano e ballano sino a stremarsi, come lefolli danzatrici del sabba … morse dalla Ta-ranta, dicono.

    Ed ancora: questo misterioso fenomenoche ha interessato studiosi, giornalisti, so-ciologi, medici, psicologi e viaggiatori è ori-ginario di Taranto (sembra? senza dubbio?)e di qui si è diffuso verso le terre rimaste aconduzione agricola del Salento ove nesono ancora presenti manifestazioni spo-radiche?

    Non mi sono trovato solo nel risponderea questi interrogativi.

    Il grande poeta tarantino Raffaele Car-rieri7, con l’insostenibile tormento della

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    • 17 •Il morso della Taranta a Taranto e dintorni, C. Petrone

    6 George Robert Gissing (Wakefield, 1857 - Ispoure, 1903). Noto scrittore inglese. Autore dinumerosi saggi fra cui Sulla riva dello Ionio: appunti di un viaggio nell’Italia Meridionale, traduzione diMargherita Guidacci, Bologna, 19577 Raffaele Carrieri (Taranto, 1905 - Pietrasanta, 1984). È stato uno dei maggiori scrittori epoeti italiani. Abbandonò Taranto all’età di quattordici anni, ma conservò un forte legame con lacittà natale.

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  • sua inquietudine, ne Il morso della tarantola,aveva scritto:

    Se volete dissodare irrigare lasciate queste contrade: qui lo scorpione è padrone e la tarantola ruffiana di un’antica follia. Se una donna è morsa prendiamo i tamburi e suoniamo per notti. Siccità, magia e vino pesante nella coppa. Se una donna è morsa balla, deve ballare fino a scacciare il demonio dalla bocca.

    Su di un altro fronte, Saverio Nasole8aveva ritmato freneticamente una Tarandasbruvegnate che pè dispitte m’ha pungiute ejnde ù bbuche s’ha scunnute [...].

    E così di seguito, proseguendo nella ri-cerca e nella lettura, ho subìto la contami-nazione di una Taranta tutta tarantina chenon rivendica in assoluto primogeniturema propone, al di là della immaginazione,la realtà di un mondo i cui nodi forse nonsono ancora tutti risolti e che suscita uncoinvolgimento collettivo, dinamico ed avolte esasperante.

    La musica soccorre a sviscerare, vivere esoffrire le dimensioni irrefrenabili del fe-

    nomeno, in un felice periodo in cui i ballilegati al ritmo della Taranta la fanno an-cora da padroni nell’ambito della musica

    popolare italiana.Esperti di mu-sica etnica in-trecciano le loroproposte con leanalisi storicheed un forte ri-chiamo seman-tico contribuiscea produrre unaspecie di miscelache da diversianni continua ad

    agitare il Sud d’Italia e l’area del Mediter-raneo .

    La terapia liberatoria, che svela me-diante l’opera dei ricercatori radici pro-fonde che si perdono nell’antichità, siarticola e scompone. È così che assume va-lore, con riferimento al tarantismo nellaprovincia di Taranto, anche un’opera nonmolto nota di Emanuele De Giorgio9, dedi-cata fra l’altro proprio a Raffaele Carrieri.Forti toni cromatici conferiscono all’im-magine della danzante movenze sugge-stive, ammiccanti e stimolanti, che larendono protagonista di quel mondo con-tadino fatto di sudditanza, ma anche dirabbia.

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    8 Saverio Nasole (Taranto, 1908 - ivi, 1980). È stato poeta e canzoniere dialettale. Fondò ilGruppo Folkloristico Armonia dei due mari. Scrisse molte canzoni in vernacolo.9 Emanuele De Giorgio (Grottaglie, 1916 - Taranto, 1983). È stato pittore, incisore, scultore,saggista ed uomo di cultura. Gratificato da numerosi riconoscimenti, ha vissuto in modo totale ilsuo rapporto con l’arte. Organizzò a Taranto sei edizioni della “Biennale Internazionale della Grafica”.

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  • Dirà lo speaker nel documentario diGianfranco Mingozzi10, il cui testo fu scrittoda Salvatore Quasimodo:

    È terra di veleni animali evegetali: qui esce nella calura ilragno della follia e dell’assenza,si insinua nel sangue di corpidelicati che conoscono solo illavoro arido della terra distrut-tore della minima pace delgiorno. Qui cresce tra le spighedel grano e le foglie del tabaccola superstizione, il terrore, l’an-sia di una stregoneria possibile,domestica. I geni pagani dellacasa sembrano resistere ad unaprofonda metamorfosi tentatada una civiltà durante mil-lenni11.

    In definitiva, mi sono trovato dinanzi adun mondo veramente grande che, con la ri-cerca di sopravvivenze storiche ed etnolo-giche, allarga l’orizzonte e propone nuovispazi di indagini legate al tarantismo nel-l’area tarantina, come possibile autoco-scienza della nostra civiltà, che approda adun modello di più ampio umanesimo. Sottotale aspetto gli scritti raccolti nella antolo-gia recentemente ridata alle stampe per itipi della Editrice Giuseppe Laterza di Bari,

    non si discosta dall’insegnamento di DeMartino che, volendo tenere uniti Croce e

    Gramsci, proponeva un quadroconcettuale il cui centro erarappresentato dalla indivi-duazione storiografica deifenomeni, caratterizzaticome modelli peculiari,ormai divenuti irripetibili.

    Non nascondo che la rac-colta del materiale ha susci-tato in me una certatensione emotiva, non tantoper la suggestione dell’am-bizioso progetto di appro-fondire le problematicherelative alle radici storichedel tarantismo, quanto per

    lo spessore e l’originalità deisingoli contributi.

    Sebbene tutti legati ad un tema comunee, come tale, sostanzialmente ricorrente eripetitivo, i saggi si sono presentati comeun messaggio-testimonianza di chi ha vo-luto far di tutto per evitare che si cancel-lino valori o anche disvalori un temporadicati nell’area tarantina, vissuti comepercorsi atavici di riscatto e, comunque, dirobusta vitalità, non importa se, spesso,perdente.

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    • 19 •Il morso della Taranta a Taranto e dintorni, C. Petrone

    Si specializzò nell’arte dell’incisione sotto la guida di insigni maestri come Francesco Carnevali,Leonardo Castellani e Luigi Servolini.10 Gianfranco Mingozzi (Molinella, 1932 - Roma, 2009). È stato regista e sceneggiatore, af-fermandosi come uno dei migliori documentaristi italiani. Fu anche assistente alla regia di Fede-rico Fellini in La dolce vita (1960).11 C. Barbati, G. Mingozzi, A. Rossi, Viaggio nei luoghi di Ernesto De Martino a vent’anni da “Sud emagia”, in Profondo Sud, p. 117, Milano, 1978.

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  • A dimostrare tale assunto contribui-scono significativamente gli studi presentinella antologia: anzitutto Antonio Basile,tarantino “doc”, do-cente di Antropologiaculturale presso l’Ac-cademia di Belle Arti diLecce. Basile, con lasua pubblicazione Ta-ranto, taranta, taranti-smo (2000) aveva giàdato avvio ad un inte-ressante processo di“riappropriazione”.Seguono, quindi, AnnaMaria Rivera, anch’ellatarantina, docente diEtnologia e di Antropologia sociale pressol’Università degli Studi di Bari e RobertoCofano che ha effettuato una originale edapprofondita ricerca sui tours dei viaggia-tori stranieri in Italia.

    A questi saggi vanno aggiunti i contri-buti di altri studiosi, impegnati in impor-tanti studi e pubblicazioni diretti allaconservazione della memoria storica: Ro-berto Nistri, storico, già docente di Storiae Filosofia presso il nostro glorioso Liceoclassico Archita, Vincenza Musardo Talò,studiosa attenta del folklore albanese eMarco Leone, docente di Letteratura Ita-liana nell’Università del Salento.

    Integrano la trattazione alcuni testi“storici” sull’argomento. Si parte da Lallatarantata, la novella che Alessandro Cri-scuolo, grande avvocato ed epigrafista ta-rantino, pubblicò nel 1887 nella raccoltaEbali ed ebaliche; seguono i saggi La Taran-tola pugliese di Romildo Gay e del medico

    grottagliese Ignazio Carrieri, che nel 1893pubblicò i risultati dei suoi studi sul feno-meno, intitolandoli Il Tarantolismo pugliese,

    con studi introduttivi trascienza, antropologia eletteratura di RosarioQuaranta, specializzato inBiblioteconomia ed Archi-vistica. Nello stesso annoGiuseppe Gigli, noto scrit-tore manduriano, pub-blicò a Firenze il suoSuperstizioni, pregiudizi etradizioni in Terra d’Otranto,che pure è riportato nelvolume. Segue ancora loscritto che un altro dotto

    manduriano, Michele Greco, dedicò al “ta-rantolismo” nel 1912, e quindi la breve mainteressante trattazione che Anna Cag-giano pubblicò nel 1931 in una raccolta distudi sulle tradizioni popolari italiane.Sono inoltre riprodotti il capitolo dedicatoalla “taranta” da Cosimo Acquaviva nellasua famosa Taranto… tarantina del 1931, ed iltesto pubblicato nel 1935 su Voce del Popoloda Vincenzo Gallo; ed ancora, i testi di Al-berto Mario Cirese (1971), il grande antro-pologo scomparso di recente, di AlfredoMajorano (1976), di Edmondo Perrone(1978) e ancora di Giovanni Acquaviva, co-fondatore e direttore del quotidiano taran-tino Corriere del Giorno per oltre unventennio, scrittore ed autore di tanti testinei quali sono raccolti ricordi e notiziesulla cosiddetta “tarentinità”. Sono stati in-fine ripresi: un suggestivo brano tratto daDomenica in Albis (1980, della serie “Rac-conti pugliesi”) di un altro grottagliese,

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  • Emanuele De Giorgio (noto soprattuttocome pittore e grafico) che, attingendo dairicordi della sua infanzia descrive un colo-rito episodio di ta-rantismo di cui futestimone, ed ilsaggio pubblicatosull’argomentonel 1980 da Rosa-rio Jurlaro su Ras-segna Salentina.

    Ecco, quindi,la Taranta chemorde a Taranto,Manduria, Grotta-glie, Lizzano e nei grumi di comunità con-tadine del tarantino, con un ritualeossessivo che vuole ripudiare l’arretra-tezza, ma che non può fare a meno di regi-strare gli effetti purificatori dimanifestazioni rinnovatesi nei secoli fraesaltazione e paura.

    Quanto alla voce taranta, al diminutivotarantula e all’altro più tardo e popolare di-minutivo tarantella, tutto ciò che si può ra-gionevolmente dire dal punto di vistaetimologico, è la connessione di tarantacon Taranto, se non altro per la comune ra-dice tar-12.

    Il Kircher, rifacendosi alla tradizioneorale, fa derivare tarantula dal fiume Taro

    (Tara), sulle cui sponde non era difficile im-battersi in tarante, il cui morso, era rite-nuto molto più pericoloso di quello di altri

    ragni13.Tara, o Tarante,

    figlio di Nettuno, ful ’ incontrastabi lefondatore di Tarantoche da lui prese ilnome. Secondo Ro-berto Nistri:

    il nome del miticofondatore della città po-

    trebbe essere un idronimo,riflesso dal sanscrito taranta-h = mare, o piùplausibilmente dal greco thàlassa, il che spie-gherebbe le citazioni del mare tanto nel ritualequanto nei testi cantati per la terapia musicale.Si pensi all’immagine tradizionale di Taras ingroppa al delfino: delphìs è apparentato al del-phys, che vuol dire matrice, utero, vulva, un ri-chiamo all’antica Madre mediterranea, al cuiculto è verosimilmente legato quello della ta-rantola14.

    Ma la radice tar-, prosegue Nistri, offrealtre accezioni – scuotere, percuotere - chefanno entrare in scena il tamburo. In areaceltica, il dio Taranis è personificazione delrumore del tuono e così Thor armato dimartello. Curiosa anche in Provenza, la

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    • 21 •Il morso della Taranta a Taranto e dintorni, C. Petrone

    12 De Martino, La terra del rimorso, p. 229, Milano, 196113 Questa tradizione riferita dal Kircher è riportata in non poche opere di studiosi stranieri,quali Justus F.K. Hecker, autore del saggio Die Tanzwuth, eine Volkskrankheit im Mittelalter (1832), tra-dotto in italiano nel 1838, a cura del dott. Valentino Fassetta col titolo Danzimania. Malattia popolarenel Medioevo, riproposto dallo studioso Giorgio Di Lecce.14 Roberto Nistri, Tarentula ai tempi di Internet, in “Galaesus”, Studi e ricerche del Liceo Architadi Taranto, n. 27, Taranto 2003, pp. 238-239.

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  • presenza rumorosa del mostro Tarasco, cheviene domato da Santa Marta con spruzzidi acque lustrali. Va ricor-dato che il sostantivogreco tarachè indica “agi-tazione, perturbamento,sconvolgimento”. È co-munque più intrigante ilriferimento all’altro mi-tico fondatore della cittàdei due mari, lo spartanoFalanto. Il greco phàlanxsignifica esattamenteragno velenoso, taran-tola. Il riferimento mitico riguarda il co-protagonista di un amore incestuoso con lasorella Aracne, per la cui espiazione sa-rebbe stato trasformato in ragno.

    È stato anche studiato il ritmo forte-mente sostenuto di un’antica danza pro-venzale, la farandola, le cui origini magnogreche sono riconosciute da molti stu-diosi15.

    L’associazione Taras-taranta è comun-que ricorrente in tutte le prime documen-tazioni sul fenomeno, con una connessionetra l’altro molto radicata in terra d’Otrantoal punto che ai tempi del Giovine, rilevaAntonio Basile, i brindisini erano soliti

    schernire i tarantini chiamandoli “taran-tati”. Se poi aggiungiamo che il più antico

    simbolo di Taranto è loscorpione (solo alla finedel ‘500 è stata assuntal’effige del fanciullo suldelfino) risulta plausibilerivendicare, se nonl’esclusivismo di una pri-mogenitura, almeno unospazio d’elezione per laritualità magico-reli-giosa della taranta.

    Convinta sostenitricedella connessione tra taranta e Taranto èCarmelina Naselli16, la quale sulle paginedell’Archivio Storico Pugliese così scrive:

    Le voci italiane tarantella e tarantola, en-trambe dialettali, entrambe diminutivi de-rivano da taranta, nome di una varietà diragno dal morso ritenuto velenoso. Ta-ranta, tarantola, tarantella hanno un unicosignificato primitivo17.

    Ripercorrendo la storia dei due diminu-tivi, la Naselli sostiene che “tarantola nac-que probabilmente prima di tarantellaperché già in latino -ulus è suffisso più an-tico e meno popolare di –ellus”18.

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    15 Ibidem. Inoltre, cfr. G.L. Di Mitri, Mitografia, danza e dramma sacramentale alle origini del ta-rantismo, AA.VV., Transe, guarigione, mito, Nardò (Le) 2000, pp. 72-7916 Carmelina Naselli (Catania, 1894 - ivi, 1971). È stata antropologa, critica letteraria e bi-bliotecaria. Docente di lettere, conseguì la libera docenza universitaria ed insegnò Storia delle tra-dizioni popolari e Letteratura Italiana nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania.17 C. Naselli, L’etimologia di tarantella, Bari, 1951, p. 3. Inoltre, cfr. Id., Studi di folklore, Catania,1953, pp. 89 ss.18 Naselli, L’etimologia di tarantella, cit, pp. 6-7.

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  • L’aver trovato che taranta (ragno) è“l’immediato ascendente di tarantella -dice la Naselli - non toglie chel’etimo tradizionale conserviil suo fondamento, che cioèalla fin fine si debba risalirea Taranto”19.

    Mi auguro, quindi, che lericerche a cui ho lavorato,originate da un appassio-nato proposito di conosceremeglio la nostra terra, pos-sano rappresentare una par-ticolare occasione diriflessione e di approfondi-mento degli studi su di unfenomeno, discusso e discu-tibile, che fa comunqueparte della storia delle tradi-zioni popolari del nostro territorio. L’obiet-tivo, peraltro, è esplicito: restituire lagenesi del fenomeno del tarantismo allacittà di Taranto in quanto le sue originisono state per lungo tempo offuscate dal-l’impegno, encomiabile perchè diretto allaconservazione del passato, profuso nel Sa-lento per mantenere vivo il ricordo attra-verso studi ed iniziative folkloristiche che

    hanno finito col rendere attribuibile al ter-ritorio di Brindisi e Lecce la nascita di

    quanto appartiene, invece,anche a Taranto e dintorni.

    Dovremo, comunque,convenire che la scopertae l’approfondimento delletradizioni non costitui-scono soltanto il cultodelle memorie, ma aiu-tano, attraverso dinamichea volte imprevedibili, atracciare sulla tavola dellavita nuovi percorsi di co-noscenza ed a conferire aisimboli del passato ed allesuggestioni del ragno,della musica e della danza,

    il significato profondo edautentico, di miti incancellabili.

    Rilevo, infine, che l’avere allegato allaantologia Il morso della Taranta a Taranto edintorni un CD, rappresenti un importantecontributo sul piano del folklore e dellamusica popolare da parte del Gruppo pu-gliese “I Febi Armonici”, di cui viene pub-blicato in appendice un breve profilo a curadi Sandro Petrone20.

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    • 23 •Il morso della Taranta a Taranto e dintorni, C. Petrone

    19 Ivi, pp. 8-9.20 Giornalista, inviato speciale e conduttore RAI.

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  • Fornitore delGrande Oriente d’italia

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    RRiifflleessssiioonnii cciirrccaa ll’’uullttiimmaa ooppeerraa mmaassssoonniiccaa ddii WWoollffggaanngg AAmmaaddeeuuss MMoozzaarrtt1

    di PPiieerrggaabbrriieellee MMaannccuussoo(Boston University Study Abroad - Padova)

    In November 1791, just few weeks before his death, Mozart completed and conductedhis last Masonic composition, Eine Kleine Freimaurer Kantate, (A Short MasonicCantata, in spite of the title, the longest Masonic composition in his repertoire), whichhe was commissioned for the inagural meeting of the new temple of the “New CrownedHope” lodge. The cantata - for chours, two solo tenors and bass - consists of threemain sections (an Allegro and Andante followed by two recitatives, and a Duet) andformally abides by the criteria of technical simplicity, which characterised traditional18th century Masonic music. Some passages of the cantata very closely resemble thearias of two operas, Così fan tutte and The Magic Flute: what at first seems to bea simple case of self-quotation is on the contrary the part of a carefully plannedcomunicative strategy aiming to translate into music terms the concepts ofbrotherhood and solidarity mentioned in cantata’s libretto and making up thefreemasonic bond.

    Introduzione

    IIIIl 5 dicembre del 1791 si spegnevanella sua umile casa di Vienna il mu-sicista e compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart. Assurto allecronache quale bambino prodigio, pargolovezzeggiato e riverito da tutti i regnanti e

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    1 Il presente articolo rielabora e in parte integra i contenuti di un contributo presentatoalla seconda edizione della Conference on the History of Freemasonry, che ha avuto luogo pressoil George Washington Masonic Memorial ad Alexandria, Virginia, 27-29 maggio 2011[http://ichf2011.org/].

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  • principi dell’ancient regime2, guidato conpolso forte e deciso nel suo iterstudiorum da un uomo lungi-mirante quale fu il padre Leo-pold, Mozart non morì, comeuna pubblicistica tardo otto-centesca ci ha spesso fattocredere, dimenticato e solo. Ladipartita di colui che a dirittodivenne figura paradigmaticadi compositore apollineo, sog-getto materiale e caduco toc-cato dal dono divino di unincommensurabile ed eternogenio musicale, commosse tutta l’ecumene

    musicale europea3. Terminata a soli trenta-cinque anni la sua parabola ter-rena segnata da alterne fortunenella vita e nel lavoro, da un ma-trimonio che fu certo fecondoma la cui cifra principale nonpare sia stata la assoluta e reci-proca fedeltà coniugale, con lasua dipartita Mozart lasciava almondo della Libera Muratorianon solo un importante reperto-rio musicale (invero non così nu-trito come spesso si pensa), masoprattutto un indirizzo estetico

    e un’attenzione alla dimensione psicolo-

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    2 Sull’immagine del piccolo Mozart si veda Italo Moscati, I piccoli Mozart – Wolfi e Nannerl,una storia di bambini prodigio, Lindau, Torino, 2011.3 Sulla morte di Mozart si registra una ridda di ipotesi, alcune delle quali formulate imme-diatamente dopo il decesso. Complice una pubblicistica di primo ottocento di grande successo – traqueste spiccano le Lettres écrites de Vienne en Autriche sur le célèbre compositeur J. Haydn, suivies d’unevie de Mozart, et de considérations sur Métastase et L’état présent de la musique en France et en Italie diStendhal [in italiano si veda idem, Vita di Mozart, prefazione di Enzo Siciliano, Passigli, Firenze, 1982]– la morte di Mozart è stata sovente attribuita a cause interne alla corte viennese (l’invidia di Sa-lieri, il quale peraltro si occuperà dell’educazione musicale dei figli orfani) come anche agli am-bienti massonici. Si veda anche John P. Tartan, “Stendhal and Mozart”, in Music and Letters, 27, n.3,1946, pp. 174-179 e Albert I. Borowitz, “Salieri and the ‘Murder’ of Mozart”, The Musical Quarterly,vol. 59, n. 2 (apr. 1973), pp. 263-284. L’ipotesi (che chi scrive in gran parte non condivide) che Mo-zart sia stato ucciso da fratelli massoni per motivi sentimentali e di controversia economica è stataripresa, sviluppata e sostenuta con grande convinzione dal trapassato Giorgio Taboga in L’assassi-nio di Mozart, Lucca, Akademos, 1997 e poi in Mozart – Una morte violenta, Archè, Milano, 2008. Sul-l’ipotesi della morte per avvelenamento si veda anche Helmut C. Jacobs, “Mozart empoisonné!Extraits de la presse parisienne sur la propagation d’une rumeur au milieu des années 1820”, inRevue de Musicologie, t. 91, n. 2 (2005), pp. 455-468. Sulla morte di e gli ultimi mesi della vita di Mo-zart esiste una generosissima messe di contributi; qui di seguito mi limito a segnalare i più signi-ficativi in italiano e in inglese: Piero Buscaroli, La morte di Mozart, Bur, Milano, 2002; BernhardPaumgartner, Mozart, Torino, Einaudi, 1994, in particolare le pp. 495-506; Maynard Solomon, Mo-zart, Milano, Mondadori, 1996, pp. 443-462; H. C. Robbins Landon, Mozart – The Golden Years, Thamesand Hudsom, New York, 1990, pp. 225-236; idem, 1791 - Mozart’s Last Year, Thames and Hudson, NewYork, 1999, pp. 148-171; Volkmar Braunbehrens, Mozart in Vienna – 1781-1791, Grove Weidenfeld,New York, 1989, pp. 403-428.

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  • gica insita nella partecipa-zione al lavoro muratoriocon cui tutti compositoripiù tardi operanti in ambitolatomistico o su commis-sione delle logge avrebberodovuto confrontarsi. Comegià sottolineato in prece-denti studi, le opere masso-niche mozartiane segnanoun punto di svolta nelmondo della produzionemusicale massonica (nel-l’accezione più specifica di

    produzione destinata ad accom-pagnare i lavori di loggia): il gra-duale abbandono della praticadei contrafacta (ossia l’adatta-mento di melodie popolari otemi musicali di comune domi-nio – e dunque anche non tradi-zionalmente massonici - a testiprettamente massonici qualiinni e preghiere)4 a favore di unaproduzione nuova e originale ca-pace di narrare e insieme esal-tare la dimensione psicologicadel lavoro latomistico5. Paradig-

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    • 27 •Eine Kleine Freimaurer Kantate (Una piccola cantata massonica), P. Mancuso

    4 Un esempio piuttosto significativo di raccolta musicale massonica pre-mozartiana e ba-sata sull’uso dei contrafacta viene dall’esame di La Lire Maçonne – ou recueil de chansons des francs-maçons di Charles Emmanuel de Vignoles, 1766. La quasi totalità dei canti colà raccolti constanodi semplici melodie di cui viene altresì indicata la possibilità di adattamento ad altri testi com-presi nello stesso volume. Su questa raccolta di canti e la sua importanza nello sviluppo dellamusica massonica, si veda Daniele Tonini, “La Lire Maçonne –Alcune considerazioni su Musica eMassoneria nel XVII secolo”, in Hiram – Rivista del Grande Oriente d’Italia, n. 4/2005, pp. 67-78; idem,“La Lire Maçonne –Alcune considerazioni su Musica e Massoneria nel XVII secolo – Seconda parte”,in Hiram – Rivista del Grande Oriente d’Italia, n. 2/2006, pp. 79-98 e idem, “Massoneria e musica nelSettecento: arte, speculazione e organizzazione economico-sociale”, in Hiram – Rivista del GrandeOriente d’Italia, n. 2/2008, pp. 85-96.5 Si veda lo studio di ampio respiro e di grande rigore scientifico nel campo della ricerca mu-sicale massonica di Alberto Basso, L’invenzione della gioia – Musica e massoneria nell’età dei lumi, Gar-zanti, Milano, 1994. Si tratta di un’opera alla quale non si può non far riferimento e nei confrontidella quale qualsivoglia contributo successivo non può che dirsi debitore. Dello stesso autore siveda anche La musica massonica – Rassegna storica con particolare riferimento al secolo XVIII, Quadernidell’Assessorato per la Cultura, 1980, pp. 185-213. Sulla storia della musica massonica, con parti-colare attenzione alla tradizione francese e francofona più in generale, si veda Roger Cotte, La mu-sique maconnique et ses musiciens, Editions du Borrego, Parigi, 1987 e Gerardo Tocchini, I fratelli d’Orfeo– Gluck e il teatro musicale massonico tra Vienna e Parigi, Firenze, Leo S. Olschky, 1998 e idem, “Masso-neria, pubblici spettacoli e mecenatismo musicale nel Settecento”, in La massoneria – La storia, gli uo-mini, le idee, a cura di Zeffiro Ciuffolotti e Sergio Moravia, Mondadori, Milano, 2004, pp. 63-120. Tragli studi più significativi circa la produzione di Mozart si vedano Katharine Thomson, “Mozart andFreemasonry”, in Marxism Today, giugno 1963, pp. 172-179; idem, “Mozart and Freemasonry,” inMusic and Letters, 57, n. 1, 1976, pp. 25-46: idem, The Masonic Thread in Mozart, Lawrence and Wishart,

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  • matica è in tal senso la ben nota Maureri-sche Trauermisk (Marcia funebremassonica, K 477, compostanel 1785) – la cui strumenta-zione e la cui generale tessi-tura orchestrale servonoperfettamente all’uopo di en-fatizzare il sentimento el’aura di una loggia di lutto,così come la di poco prece-dente Die Maurefreude (La gioiamassonica, K 471) il cui tonofiero, in particolare quello deltenore solista e l’impiego diuna tonalità maggiore (mibemol maggiore, espediente questo tanto

    ovvio quanto efficace) non fanno che po-tenziare il messaggio del testo(es. … questa è la delizia degliocchi dei massoni) destinato acelebrare le glorie e i meritidei fratelli (nello specifico diIgnaz von Born insignito deltitolo di “Cavaliere dell’im-pero” per meriti in camposcientifico).

    Dall’inizio del 1791 il cata-logo mozartiano si era accre-sciuto di un numero piuttostonutrito di minuetti, danze econtrodanze (K 599-607; 609-

    611) - composizioni d’occasione certo non

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    Londra, 1997; Paul Nettl, Mozart and Masonry, Dorset Press, New York, 1957, in particolare le pp. 29-41; John Wade, “Wolfgang Amadeus and his contribution to the Craft”, in Freemasonry in Music andLiterature – The Canonbury papers – Transactions of the Fifth International Conference, 1 & 2 November 2003,v. 2, Canonbury Masonic Research Centre, Londra, 2005, pp. 150-157; Philippe A. Autexier, voce“Freemasonry” in The Mozart Compendium – A guide to Mozart’s life and music, edited by H.C. RobbinsLandon, Border Press, 1990, pp. 132-134. Sintetico ma complessivamente soddisfacente è il quadro che Eugenio Lazzari descrive circa l’ap-porto massonico nell’operare musicale mozartiano in L’ideologia massonica nella vita e nella musica diMozart, Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 2007. Da segnalare quale studio specifico circa l’influenzadel pensiero e della tradizione latomistici sull’opera mozartiana è il volume di Lidia Bramani, Mo-zart massone e rivoluzionario, Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2005. Si tratta di uno studio cheverte principalmente su alcune opere italiane (Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte) e Die Zau-berflöte (Il flauto magico), ricchissimo di dettagli e a opere della più disparata natura, un contributosenza dubbio importante ma che, si permetta di osservare, di difficile lettura, con ipotesi di lavoronon sufficientemente argomentate e tutto sommato molto poco convincenti. Da segnalare infineper la sostanziale arbitrarietà nel dimostrare le ipotesi formulate è il volumetto, invero fin troppodiffuso considerata la qualità generale del lavoro, di Jacques Henry, Mozart the Freemason – The Ma-sonic Influence on His Musical Genius, Inner Traditions, Rochester-Vermont, 2006 (traduzione del-l’originale francese Mozart Frère Maçon: La symbolique maçonnique dans l’oeuvre de Mozart, ÉditionsALINÉA. Come già rilevato da Basso, L’invenzione della gioia, pp. 601-602, Henry intravede elementidi supposto massonismo in un numero inusitato di composizioni, tralasciando completamentel’esame delle opere mozartiane prettamente massoniche.

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  • tra le più originali, prodotte da Mozart persoddisfare i desideri della nuova commit-tenza viennese, gli illuminati ma pur sem-pre dispotici imperatoriGiuseppe II e il di lui fra-tello Leopoldo II – maanche di alcune opere (sipensi a Il flauto magico, aLa clemenza di Tito, cosìcome anche il concertoper clarinetto e orche-stra K 622), la cui stra-ziante, meravigliosabellezza - per dirla con leparole di un Jago pasoli-niano - e le cui fantasti-che visioni avrebbero difatto concluso la sta-gione del classicismo inmusica per annunciare ilsorgere della nuova albaromantica6.

    Dopo i successi de Il flauto magico – operache di fatto consacrò e legittimò definiti-vamente il melodramma in lingua tedesca,pur non essendone il prototipo – Wolfgangpoteva godersi, sia pur per un periodotutto sommato breve, i relativi benefici, inprimis quelli economici e professionali,nuove commissioni, poi, non da meno,quelli di natura più psicologica, la consa-pevolezza di non aver smarrito il favore diun pubblico tra le cui fila si inserivano sog-

    getti socialmente ed economicamentesempre più eterogenei. L’ardita stagionedei concerti ad abbonamento che avevano

    concesso a Wolfgangdi intraprendere la ri-schiosa strada del li-bero compositore (delfreelancer, anche in ciòanticipando la figuratipica del composi-tore romantico, liberoda vincoli mecenaticima in balia dei varia-bili marosi dei favoridel pubblico) potevadirsi conclusa. Con lafine del mecenatismoclassico di stampo ri-n a s c i m e n t a l e - b a -rocco e venuto menoanche il ruolo accen-

    tratore ma anche pro-tettivo della corte principesca, ilcompositore tardo-settecentesco e ancorpiù quello romantico avrebbe dovuto mi-surarsi con un soggetto dai contorni inde-finiti e dai gusti cangianti, il pubblico,dominato da un elemento borghese viep-più raffinato, musicalmente attento, permolti aspetti disinvolto. È in tale contestoche Mozart si cimentò, ad esempio, nellamessa di Requiem (K 626) – con cui il contevon Walsegg avrebbe voluto omaggiare la

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    • 29 •Eine Kleine Freimaurer Kantate (Una piccola cantata massonica), P. Mancuso

    6 Per le indicazioni del catalogo mozartiano si fa qui riferimento all’edizione curata daAmedo Poggi e Adgar Vallora, Mozart Signori il catalogo è questo! – Dal K1 al K 626 l’analisi ragionata ditutte le composizioni, Einaudi, Torino, 1991.

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  • memoria della moglie defunta – così comenella composizione di EineKleine Freimaurer Kantate(Una piccola cantata mas-sonica - K 623/623a) pervoce solista e coro, com-missionata dalla loggiaZur neugekrönten Hoff-nung (Per la speranza nuo-vamente incoronata), a cuiWolfgang era affiliato,per la dedicazione di unnuovo tempio masso-nico7.

    Ufficialmente ini-ziato nel 1784 - anno delperentorio e pittorescosaluto d’addio al vassal-laggio umano e intellet-tuale da parte delvescovo-principe Colloredo– ma in contatto con esponenti della Mas-soneria perlomeno da una decina d’anni,Mozart lasciò tracce inequivocabili della

    sua presenza in loggia (il suo nome apparenei registri, nelle minute, come anche, in

    un noto quadro oggi conser-vato presso la Galleria Nazio-nale di Vienna8) come del suosincero attaccamento almondo muratorio. Fu graziealla sua opera di interces-sione se il padre Leopold epoco dopo il “padre” musi-cale Franz Josef Haydn entra-rono in loggia, quest’ultimoinvero frequentatore moltopoco assiduo, “imprigionato”nelle eburnee stanze dellareggia di Eszterháza.

    Sul finire del secolol’apertura di un nuovo tem-pio massonico poteva di di-ritto dirsi un evento

    straordinario. Con il Freimaurer-patent (Decreto massonico) dell’11 dicembredel 1785, Giuseppe II cercava di riordinarel’assetto massonico nazionale, razionaliz-

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    7 Dopo la morte di Mozart, Costanze probabilmente distrusse alcune delle lettere del maritoin cui faceva riferimento alla sua adesione alla Massoneria, a testimonianza del clima di crescentesospetto anti-massonico che era maturato dopo l’editto giuseppino. Nella prima biografia di Mo-zart scritta da Franz Niemetschek, per esempio, si legge: Il suo stato migliorò realmente un poco, e du-rante questo miglioramento fu in grado di comporre una piccola cantata, che una certa società gli avevacommissionato per una festa; testo in Franz Niemetschek e Friedrich von Schlichtegroll, Mozart, a curadi Giorgio Pugliaro, EDT, Torino, p. 46. 8 Si tratta di un celeberrimo – almeno in ambito massonico – dipinto in cui viene rappre-sentato un incontro di loggia. Una attenta e molto dettagliata lettura del quadro è stata offerta daH.C. Robbins Landon in Mozart and the Masons – New Light on the Lodge ‘Crowned Hope’, Thames andHudson, Londra, 1982. Si tratta di un quadro forse di valore artistico non eccelso ma di enorme im-portanza per lo studio della Massoneria austriaca dato che in esso vengono ritratti con inusuale rea-lismo e dovizia di particolari alcuni dei più influenti massoni del tempo.

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  • zare, con scopi chiaramente di controllo, ilnumero delle logge che a tale scopo furonochiuse, accorpate e postesotto il diretto controllodegli organi di polizia.Una riforma perfetta-mente in linea con iprincipi di un dispotismoilluminato, una politicadi apertura nei confrontidelle principali istanzesociali (diritto di cittadi-nanza, affrancamentodalle antiche servitù,forte riduzione dei po-teri particolari non sta-tali - in special modoquello ecclesiastico - edell’aristocrazia) fatta aprezzo di un drastico raf-forzamento del corpo sta-tale e dei suoi organismi di controllopresenti in tutti i gangli del tessuto sociale.L’opera di riordino del mosaico massonicovenne inzialmente approvata, probabil-mente suggerita, dalla componente razio-nale-illuministica (filo-governativa) dellaMassoneria austriaca che in tal modo au-spicava un brusco ridimensionamento delramo mistico-esoterico (in particolare deigruppi ad indirizzo rosacrociano), come al-tresì – una volta poste le logge sotto direttocontrollo-egida del potere politico e dun-que passato il vaglio della legittimità so-ciale – di limitare il sentimentoanti-massonico, crescente soprattutto a se-guito dei fatti di Parigi del 1789. Le aspet-tative della Massoneria razionalistafilo-giuseppina rimasero in gran parte di-

    sattese: se da una parte il riordino vi fu,d’altra parte le misure adottate non fecero

    che crescere il clima di so-spetto e la diffidenzaverso i membri dellafratellanza, al di là delledivisioni e degli indi-rizzi culturali che delresto il mondo profanonon poteva nemmenopercepire. Inutili, delresto, furono le manife-ste prese di posizionedelle logge a favoredella politica giusep-pina, tra cui la condivi-sione di un sentimentoanti-clericale che lostato giuseppino giusti-ficava come parte della

    politica nazionale atta adaffermare i principi di sovranità assoluta,ma che per la Massoneria divenne fonte diulteriore ostacolo e avversione da partedelle gerarchie ecclesiastiche e della basecattolica.

    Immerso nella composizione del Re-quiem (una commissione tutto sommatopiuttosto generosa quella del conte Franzvon Walsegg, musicista e compositore ama-toriale), solo nella sua Vienna (Costanze, inattesa del figlio, si era trasferita a Baden,località termale) e in uno stato di salutesempre più precario, Wolfgang si cimentònella composizione, anch’essa prezzolata,di una cantata da eseguirsi il 18 novembrein occasione della dedicazione di unanuova casa massonica. Non è certo questala sede per disquisire della salute di Wolf-

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    • 31 •Eine Kleine Freimaurer Kantate (Una piccola cantata massonica), P. Mancuso

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  • gang, nè tantomeno dall’annosissima que-stione riguardante le cause della malattia(secondo alcuni un avvelena-mento peraltro sommini-strato da fratelli di loggia!)che in meno di un meseavrebbe condotto Wolf-gang alle soglie dell’Orienteeterno. Ciò che qui con-viene evidenziare è lavolontà di Wolfgang didirigere personalmente laprima esecuzione dellacantata, di presenziare allacerimonia massonica ilgiorno precedente quellodel suo definitivo e irre-versibile ricovero; unacartina di tornaconto nellaquale si può valutare l’attaccamento diWolfgang al mondo della Libera Muratoria.

    Accolta con successo e destinata a di-venire una vera e propria “colonna” delrepertorio musicale massonico, la cantatavenne pubblicata poco dopo la morte diWolfgang per iniziativa e a spese dei fratellidi loggia a favore della vedova e dei duefigli, Franz Xaver e Karl Thomas9.

    La cantata massonica: caratteristiche e peculiaritàdi un genere funzionale

    Come avvenne la com-posizione della cantata ecome si inserisce nellapregressa produzionemassonica di Mozart?Questi, si è già detto, si erada tempo cimentato incomposizioni destinatespecificatamente ai lavoridi loggia – una musica“pratica”, diremmo oggi –o più generalmente in la-vori liberamente ispiratidai valori della Libera Mu-ratoria, in questo caso per

    un pubblico non necessari-amente o solamente massonico (al di là deIl flauto magico, opera grondante riferi-menti al pensiero massonico10 – si pensi aiLieder dell’età giovanile composti su testi dievidente ascendenza massonica, come adesempio O Heiliges Band der Freundschaft [K148] del 1746, oppure al precedente An dieFreude [K 47e] del 1767).

    Se da una parte, come accennato, Mo-

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    9 Benchè dotati di un non comune talento musicale e per quanto tecnicamente all’altezzadi impegnarsi in carriere musicali di primo ordine (in particolare Franz Xaver), i due figli di Mo-zart vissero la gloria e la memoria del padre in termini di un continuo contrasto scaturente dalconfronto, per certi aspetti inevitabile, con le qualità del defunto genitore. Su Franz Xaver si vedaJacques Tournier, L’ultimo dei Mozart –Il figlio di Wolfgang Amadeus. 10 Il flauto magico penso possa esser definito senza ombra di dubbio l’opera di ispirazionemassonica più importante e nota al mondo, quella intorno alla quale si è concentrata gran partedegli studi di musicologia massonica. Tra le innumerevoli pubblicazioni circa l’opera e la sua ese-gesi rimando all’ottimo lavoro di Francesco Attardi, Viaggio intorno al Flauto Magico, Libreria Musi-cale Italiana Editrice, 2006.

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  • zart supera la pratica della contraffazioneconcependo la musica di loggia quale stru-mento di estrinsecazione epotenziamento del mo-mento rituale (bisognosadunque di una originalequiddità espressiva diffi-cilmente rintracciabile incomposizioni destinate adaltri fini), dall’altra eglinon rinuncia ai caratteridella (spesso relativa,come vedremo più avanti)semplicità esecutiva cherende possibile una esecuzione quanto piùcorale possibile, in modo da poter assolverealle necessità della ritualità massonica. Si-milmente si osserva nella scelta degli stru-menti e in particolare di quelli a fiato, qualiil clarinetto, il corno, l’oboe, il corno di bas-setto e il controfagotto (vere e proprie co-lonne d’armonia), in parte dell’organo (ilcosiddetto organo portativo11, ben noto allelogge inglesi che per prime ne fecero uso,uno strumento dal suono docile e rotondo,completamente diverso dall’organo a

    canne di ben maggiori dimensioni e dalsuono imponente, aggressivo, comune-

    mente messo in rela-zione alla chiesa ealla funzione litur-gica12), anche in que-sto senso rimanendofedele ad una prassimusicale inauguratain Francia a partiredalla metà del Sette-cento.

    Ciò che la tradi-zione musicale mas-

    sonica non dispone o che perlomeno neglianni del lavoro mozartiano non è ancorastato codificato o assurto a norma indero-gabile è un simbolismo musicale condiviso.In ambito vocale, ad esempio, laddove laproduzione musicale massonica si era finoa quel tempo espressa in stragrande mag-gioranza per mezzo della coralità maschile,Mozart scompone il coro, lo gerarchizzaponendone al vertice un gruppo di voci so-liste conferendo a ciascuna un ruolo narra-tivo e caratteri psicologici ben specifici: al

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    11 Si faccia riferimento a Zerfliesset heut’, geliebte Bruder, K 483 e al Longlied¸ due Lieder pervoce e organo composti a cavallo tra il 1785 e il 1786 in occasione della inaugurazione di unanuova loggia, la Zur neugekrönnten Hoffnung nata dalla fusione di tre logge viennesi a seguito del-l’editto del 1785. 12 Forse proprio in ragione del legame con gli ambienti ecclesiastici e la celebrazione dei ritireligiosi cristiani, l’organo rimase per lungo tempo fuori o perlomeno fu poco presente nei templimassonici, eccezion fatta per le logge inglesi dove non si registrò un conflitto così netto e frontalecome quello tra la massoneria continentale e la Chiesa cattolica. Sull’uso dell’organo nella musicamassonica si veda Cotte, La musique maçonnique, pp. 90-91 e Basso, La musica massonica, p. 203. Tra ipiù importanti contributi musicali massonici si segnala qui la ben nota Musique religieuse di Jean Si-belius; si veda a tal proposito Patrizio Comparini, “La Musica Rituale Massonica Opus 113 di JeanSibelius. “La Grande Sconosciuta”, in Hiram, 1/2004, pp. 21-43.

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  • tenore quelli dell’eroismo e della fierezza(un compito oseremo dire di vero e proprio“banditore” della volontà edel sentimento massonici,intuitivamente messo inrelazione con la figura delgiovane), al basso quellidella riflessione e dellasaggezza, della modera-tezza, della ponderatezzae del commento critico (ti-pico di un soggetto ma-turo), ad imitazione diquanto in campo operi-stico era già stato codifi-cato perlomeno già dallaprima età barocca (1650-1700).

    Anche le strategie adottate all’internodella tessitura armonica non differisconoda quelle osservate altrove nel campo dellamusica colta ma appaiono nuove e assu-mono una valenza comunicativa tuttanuova quando riversate nel microcosmomusicale massonico: Maurerische Trauermu-sik (Musica funeraria massonica, K 477, del

    1785), probabilmente uno dei brani più toc-canti del repertorio massonico mozartiano,

    è costruito in base a strate-gie semplici, quali la pola-rizzazione funzionale trastrumenti a fiato (a cuiviene dato un ruolo di so-stegno armonico) edarchi (dal suono più va-riabile, capaci di modifi-care l’onda sonora permezzo del vibrato, dive-nendo dunque destina-tari più naturali dellaesposizione tematica edel fraseggio tematico),

    così come l’impiego di ca-denze “imperfette” (picarde, d’inganno,etc…), tutti accorgimenti tecnicamente ba-silari ed elementari ma che nel contestomusicale muratoriale traducono perfetta-mente i concetti di rinascita dopo la mortee dunque il signficato della vicenda hira-mitica e del terzo grado massonico13.

    Se estrapolato dal contesto storico, cul-turale e sociale massonico in cui e per cui

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    13 Le opere di Mozart non destinate alla ritualità di loggia ma in cui egli traduce concetti, sen-timenti e in generale valori a diverso modo attribuibili alle forme per pensiero massonico gli ele-menti tecnici sono estremamente più sofisticati e complessi, non dovendo la composizionerispondere a criteri di intelligibilità e semplicità. Uno degli esempi più noti è il noto quartetto K 465,il cosiddetto “quartetto delle dissonanze”, il cui incipit – una sezione armonicamente molto can-giante e senza una vero e proprio punto di gravità tonale – ma soprattutto il passaggio ad una piùtradizionale parte introduttiva in una chiara e netta tonalità di do maggiore, sono stati, credo a ra-gione, messi in relazioni al concetto di ordo ad chao. Sul quartetto esiste una ricchissima lettera-tura; mi limito qui a segnalare il lavoro di S