Riunificazione tedesca ed unione europea: Un futuro in · PDF filee con le parole di Papa...

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Konrad-Adenauer-Stiftung e.V.

VILLA SALVATI, JESI

WILHELM STAUDACHER

1. luglio 2010

www.kas.de

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R E D E

Riunificazione tedesca ed unione europea: Un futuro in comune.

UNIFICAZIONE TEDESCA, UNIONE EUROPEA E FEDERALISMO: PARALLELI E CRI-

TICITÀ

Gentili Signore e Signori,

ho scelto proprio questo tema poiché è

stato sempre sottolineato, da Konrad

Adenauer ad Helmut Kohl, come l’unione

della Germania e l’unione dell’Europa

dovessero, per così dire, vivere insieme.

“L’unione tedesca e l’Unione europea sono

due facce della stessa medaglia” soleva dire

Helmut Kohl, frase che nel 1989 ha trovato

concreta conferma. La caduta del Muro di

Berlino e la breccia nella Cortina di Ferro

significavano la riunificazione della

Germania e contemporaneamente quella

dell’Europa!

La Fondazione Konrad Adenauer è

una delle grandi Fondazioni politiche della

Germania i cui compiti essenziali sono:

mantenere la democrazia, educare alla

democrazia e promuovere nel mondo la

democrazia.

Con l’esperienza del fallimento

della prima Repubblica (detta anche

Repubblica di Weimar) ed ancor più con

l’esperienza di due dittature - quella

nazionalsocialista, ma anche quella

comunista – organizziamo ogni anno

migliaia di seminari di formazione politica

(nel 2009 oltre 100000 partecipanti hanno

frequentato 2000 manifestazioni della

Fondazione Adenauer) e sosteniamo con

borse di studio e stages di formazione una

elite che è destinata ad assumere posizioni

dirigenziali nello Stato, nella politica e

nell’economia (abbiamo circa 10000 ex-

borsisti in Germania e all’estero, circa 1000

professori nelle Università tedesche). La

Fondazione cura attraverso il proprio Think-

Tank uno scambio scientifico ed informativo

con altri Think-Tank. Il nostro obiettivo è

quello di riconoscere per tempo gli sviluppi

politici ed i sintomi di crisi, per poter

addivenire ad una politica di prevenzione

piuttosto che ad una di riparazione.

Sono convinto che questo possa

costituire una premessa di sopravvivenza

della nostra Democrazia occidentale proprio

in periodi di crescenti intrecci della

globalizzazione.

Naturalmente quanto sopra non è

obiettivo primario della Fondazione in Italia;

infatti qui il nostro piano di lavoro

comprende i seguenti punti:

1. Collegamento e collaborazione con

il Vaticano e con la Chiesa

Universale. Siamo in profonda

intesa con i partiti che ricollegano il

loro agire politico all’immagine

dell’uomo cristiano. Che cosa vi

può essere di più vicino alle

popolazioni del fatto di essere

rappresentati proprio laddove

questa immagine viene

sistematicamente calpestata?

Partecipiamo specialmente al

dialogo sulle religioni e sui valori.

2. Partiamo dalla constatazione che

una Europa dei 27 abbia bisogno di

più che non della sola

collaborazione al livello di Governi,

di Commissione europea e di

Parlamento europeo. Abbiamo

bisogno di maggiore comprensione

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e conoscenza tra i cittadini, di

maggiore intesa, poiché la

condizione più importante per la

riuscita dell’edificio unitario

europeo è la fiducia e la fiducia

cresce sulla base della conoscenza

reciproca e dei valori condivisi.

La Fondazione cerca perciò di

promuovere il dialogo tra le Società civili,

vale a dire un dialogo possibilmente intenso

tra politici, accademici ed intellettuali.

Vorremmo anche dare un contributo

mediante il parlare apertamente delle

piaghe del passato, che provengono dalla

seconda Guerra mondiale e dolgono sino ad

oggi. Discutiamo anche di importanti

conseguimenti (60 anni della Carta

costituzionale italiana e della Legge

fondamentale tedesca), sui compiti di un

moderno Stato di Diritto, sul sistema dei

partiti ecc. Desideriamo utilizzare la

ricorrenza dei 150 anni dello Stato unitario

italiano per fare una comparazione ed

analizzare più da vicino il divenire Stato

della Germania nel 1870 e dell’Italia nel

1861; che conseguenze ne sono risultate

per l’ulteriore sviluppo, ad esempio che

effetti ha avuto il fatto che Bismarck abbia

unificato la Germania attraverso una guerra

con la Francia: “ I tedeschi sono stati fusi

mediante un nastro di acciaio”. Un’altra

specificità dell’unificazione tedesca è

costituita dalla decisione dei Laender di

mettersi insieme, la qual cosa ha posto i

fondamenti del Federalismo come noi

tedeschi oggi lo conosciamo.

Al contrario l’Italia fu unificata

mediante una guerra civile del Nord

(Piemonte-Savoia) contro il Sud, il

Settentrione sottomise il Meridione. In

questo caso le dinastie regnanti ed i

rispettivi domini territoriali riemersero nello

Stato nazionale; anche lo Stato della Chiesa

si risolse nello Stato nazionale.

Unità tedesca - Unità Europea

Ho constatato con grande gioia che

qui in Italia, soprattutto da parte dei

giovani, si è partecipato alle nostre

manifestazioni sulla riunificazione tedesca

con un interesse vivissimo. Ammetto che ci

ha reso orgogliosi!

Per secoli i vicini in Europa hanno

dovuto temere la presenza dell’ingombrante

vicino tedesco. E ci riempie di soddisfazione

la constatazione che la riunificazione

tedesca ha coinciso con la riunificazione

europea. Quei Paesi che prima erano celati

ai nostri occhi dalla Cortina di Ferro ed ai

quali anche noi in parte neanche più

pensavamo sono ora membri dell’Unione

Europea. Anche i più giovani possono da

questo esempio comprendere il valore della

libertà, la felicità di vivere nella libertà e

cosa significhi invece una vita in assenza

della stessa. Possono apprendere che la

libertà può essere persa, se non la si

protegge e se non la si mantiene viva con

l’impegno personale per la cosa comune.

La felicità per la riunificazione

europea rappresenta per noi però anche un

dovere, quello di impegnarci a livello

mondiale per la libertà, per la pace e per i

diritti umani. Di quale potenza siano capaci

le idee di libertà e dei diritti umani lo hanno

mostrato i movimenti per i diritti civili in

Polonia (Solidarnosc e Lech Walesa) e nella

Repubblica ceca (Vaclav Havel). Noi

tedeschi non abbiamo dimenticato il

contributo degli Ungheresi, che per primi

hanno tagliato il filo spinato al confine di

Stato e lasciato che migliaia corressero

verso la libertà. Queste immagini, che

anche i tedeschi ad Est videro in televisione,

rappresentarono l’inizio della fine del regime

comunista della DDR.

Il fatto che noi oggi per questo si

nutra ancora un sentimento di

responsabilità verso tutti i Paesi a noi vicini,

ha a che fare con questo senso di

gratitudine e di giustizia, ma soprattutto è

anche un comandamento di ragione politica.

Vaclav Havel ha detto giustamente “se

l’Occidente, cioè l’Europa dell’Ovest, non

stabilizza l’Oriente, allora l’Oriente

destabilizzerà l’Occidente”.

Per noi tedeschi sono di grande

importanza altre due insegnamenti:

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1. E’ stato lo stesso popolo che ha

provocato la caduta del regime

ingiusto, questo significa che

dobbiamo dare più fiducia alle

persone nei nostri Paesi, con più

sussidiarietà e autonomia nel

risolvere i problemi locali;

2. Inoltre abbiamo imparato come sia

importante guadagnare la fiducia

degli altri e farsi degli amici in giro

per il mondo. Senza George Bush,

senza Gorbaciov, senza gli

americani e senza i nostri vicini

non avremmo raggiunto così presto

il risultato della riunificazione. La

Germania ha avuto la fortuna di

avere, dopo la seconda guerra

mondiale, due uomini di vertice,

due statisti di prestigio, del calibro

di Konrad Adenauer e di Helmut

Kohl.

Alcuni timori che potevano albergare

presso i nostri vicini all’approssimarsi della

riunificazione si sono rivelati infondati;

questo può essere dimostrato oggi con

facilità. Credo che oggi in Europa nessuno

possa provare ancora di tali timori. E si

vede anche dal fatto che non c’è uno Stato

centrale tedesco, ma il potere è

sapientemente distribuito tra Federazione e

Laender. L’ex-Ministro Presidente della

Sassonia Kurt Biedenkopf ha dichiarato che

“il federalismo rende la Germania

compatibile con l’Europa”. Il timore era che

la Germania unita potesse essere di pericolo

per i vicini, Francia e Polonia.

Ma ora vorrei insistere su alcuni

problemi che abbiamo avuto dopo la

riunificazione e che possono essere di

interesse per gli altri Europei:

1. Avevamo sottovalutato quali danni

materiali e spirituali il socialismo

reale avesse lasciato dietro di sé;

ed avevamo sottovalutato e non ci

eravamo accorti che due società

parallele sono sorte con diversi

sistemi valoriali. Questo emerge

oggi non solo in occasione delle

elezioni politiche, ma è chiaro che

gli ex-cittadini della DDR hanno

altri valori primari, per esempio

quello della sicurezza sociale. I loro

fratelli all’Ovest danno più

importanza alle libertà borghesi.

All’Est si vuole più Stato, all’Ovest

esattamente il contrario. Oggi i

ricordi si appannano e non c’è più

un quadro chiaro di quella che era

la vita nella Germania comunista. I

ventenni non hanno alcuna

esperienza del filo spinato, del

confine di morte, della Stasi,

dell’oppressione, del divieto di

viaggiare verso l’Ovest ecc.

Comunque anche negli altri Paesi

dell’Europa orientale la libera

democrazia non è ancora

perfettamente ancorata.

2. Avevamo anche sottovalutato i

costi della riunificazione.

L’estensione reale del degrado

materiale e del ritardo tecnologico

non erano chiari a nessuno.

Neanche al nostro servizio segreto,

tanto per fare un riferimento alla

qualità del suo lavoro;

naturalmente parlo di quello

tedesco solamente! Uno dei

giornalisti tedeschi più noti, Theo

Sommer della Zeit, ancora pochi

giorni prima del crollo del muro

poteva affermare che la DDR fosse

una potenza di livello mondiale,

secondo studi effettuati nella

stessa DDR!! In effetti dal 1991

sono stati trasferiti nei Laender

orientali dalla Repubblica Federale,

a vario titolo, valute per un valore

di oltre 1500 miliardi di Euro,

dunque circa 100 miliardi all’anno.

Questa è una delle ragioni per cui

la Germania oggi non è più, come

forse sarebbe utile, la forte

locomotiva dell’economia europea!

3. Conviviamo oggi in Germania non

solo con due delle più grandi

confessioni cristiane, ma anche con

una quota sempre più importante

di atei ed agnostici. Se vogliamo

parlare di una Europa dei valori

dobbiamo tenere conto di questo.

Inoltre, lo dico qui per inciso,

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abbiamo avviato un dialogo intenso

con l’Europa degli Ortodossi, e con

i vicini Paesi di fede ortodossa.

L’Unione Europea è intessuta di

valori cristiani occidentali, vogliamo

però includere gli ortodossi in

questo dialogo attivo. Dobbiamo

anche poi includere il dialogo con

l’Islam, poiché oggi nei vari Paesi

dell’Unione vivono diversi milioni di

cittadini di fede islamica,

solamente in Germania essi sono

circa 3,5 milioni. Questa cifra

rappresenta il 4,3% della

popolazione, inoltre nell’anno

passato oltre il 9% dei neonati

avevano dei genitori musulmani.

Cari amici, noi alimentiamo questa

discussione in diversi Paesi d’Europa come

fattore di crisi e non poniamo l’accento sulle

chance che tale situazione può dischiudere.

L’Europa dei 27, con circa 500 milioni di

abitanti, è la prima potenza economica del

mondo. Proprio nell’era della globalizzazione

questa forza costituisce anche un

protezione. Senza la UE le tempeste della

globalizzazione avrebbero arrecato danni

maggiori. I problemi con cui oggi ci

confrontiamo hanno molto spesso radici

nelle politiche nazionali e non in quelle

comunitarie. Nulla può creare maggiore

identificazione del lavorare al futuro

comune, al riflettere su come intendiamo

configurare la nostra vita nei prossimi anni.

Penso soprattutto al futuro sociale in Europa

e con le parole di Papa Benedetto XVI:

“L’Europa è ben più di un continente, è una

casa. Essa possiede, in fedeltà alle sue

radici cristiane, una vocazione particolare,

quella di conservare questa visione nelle

sue iniziative in favore del bene collettivo,

dei singoli e dei Paesi”. Questa citazione del

Papa ci dice tutto quello che noi ci

aspettiamo dall’Europa. Non può essere

espresso in modo più chiaro e più bello che

l’Europa non può essere solo quella

dell’unione economica e monetaria, bensì

quella dell’unione dei valori!

Si tratta ora soprattutto delle riforme,

che sono altamente necessarie. Voglio qui

solo citare le più importanti. La crisi attuale

mostra che abbiamo bisogno di una cultura

della stabilità politico-finanziaria. Questa è

una citazione dell’attuale Ministro italiano

delle finanze. E’ soprattutto necessario un

adattamento al cambiamento strutturale

indotto dalla globalizzazione e tale

cambiamento deve passare attraverso il

coordinamento dei singoli adattamenti

nazionali. La spina dorsale della crescita

europea è il mercato interno comune, che

deve ancora essere finito di costruire e

perfezionato. Questo tocca diversi settori, i

servizi, i prodotti finanziari, le

telecomunicazioni e la politica energetica.

Sostanziale per il successo è il mixing tra

sicurezza e libertà. Tutto ciò richiede, oltre a

maggiore flessibilità e mobilità del fattore

produttivo lavoro, anche la modernizzazione

del sistema sociale per potere approntare

una rete di prevenzione valida ad ampio

raggio. Il bisogno di riformare il sistema di

economia di mercato marcia insieme con la

salvaguardia del sistema sociale europeo,

contemplando la costruzione di reti sociali

efficaci che garantiscano l’accettazione di

tali riforme.

Formazione, ricerca ed innovazione

risultano di decisiva importanza per la

competitività europea e per un’economia

dinamica. Se i Paesi europei mettono

insieme queste risorse allora sarà possibile

rimanere a livello di alcuni importanti

mercati competitivi e trasformare l’Europa

in un’area di investimenti tecnologico-

industriali.

Decisiva è l’estensione della società

europea della conoscenza. Solamente se le

risorse intellettuali saranno utilizzate con

efficienza e se si investirà più in formazione

ed istruzione potrà essere mantenuto il

livello attuale di benessere. Un compito

particolarmente centrale è quello di

mantenere un sistema universitario

altamente specializzato e competitivo,

accanto alla creazione di centri di ricerca

europei di eccellenza. Di particolare rilievo

poi risulta la concatenazione degli

investimenti pubblici in formazione e ricerca

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con i trasferimenti privati nei settori delle

tecnologie avanzate.

Attività di ricerca di successo per il

bene dell’umanità devono essere possibili

solo tenendo conto di confini etici

chiaramente posti che fanno riferimento a

valori condivisi. Questi riguardano

naturalmente la protezione dei diritti

personali e della vita umana, la protezione

dei dati personali e della sfera privata ed

anche la protezione dell’ambiente (si pensi

al disastro ecologico nel Golfo del Messico).

Lo scopo è quello di garantire dall’interno la

salvaguardia dei limiti etici ed all’esterno

quello di impegnarsi energicamente per la

loro difesa.

Naturalmente l’Europa deve anche

intendersi su una politica comune estera e

di sicurezza, argomento sul quale non posso

qui intrattenermi.

Signore e Signori, si è parlato talvolta

di una certa estraneazione nei rapporti tra

Italia e Germania; si è detto che a seguito

della riunificazione l’Italia sarebbe caduta in

una sorta di posizione laterale, visto che gli

interessi strategici della Germania si

rivolgono più ad Est che a Sud.

Non voglio negare che dopo la

riunificazione gli interessi di politica estera e

di sicurezza della Germania siano stati

ricalibrati. Tale politica era negli anni della

divisione concentrata sulla riunificazione ed

il contrasto al comunismo. Il nuovo

orientamento di politica estera, più globale,

formula interessi a spettro più largo, ma

prende anche in carico maggiori

responsabilità a livello mondiale.

Il nuovo orientamento non contraddice

il partenariato strategico che è già in

essere. Italia e Germania sono

bilateralmente i principali partner

commerciali. Inoltre il Meridione della

Germania ed il Settentrione dell’Italia sono

le zone più industrializzate d’Europa. Invece

che parlare di larvato distacco o disaffezione

tra i due Paesi, facciamo qualcosa per

contrastarlo.

Diverse centinaia di migliaia di italiani

vivono in Germania, si può fare qualcosa

con questo. Tra alcune settimane apparirà

un libro del Prof. Peter Graf nel quale si

afferma che le scuole europee italo-

tedesche risultano tra quelle di maggior

successo in Germania.

I nostri Paesi sono stati padri fondatori

dell’Europa, facciamo qualcosa con questo,

progettiamo delle iniziative sul come

l’Europa possa essere rafforzata. I nostri

soldati sono operativi su diversi teatri,

Afghanistan o Corno d’Africa, vale a dire che

condividiamo essenziali interessi nell’ambito

della sicurezza.

Non vi sono in Europa altri due Stati

che abbiano in comune problemi simili come

l’Italia e la Germania. Che cosa ci potrebbe

ancor più avvicinare se non l’elaborazione di

piani di sviluppo futuro in comune?

Discutiamo insieme, su chi vorremmo

essere domani e su come vorremmo vivere

questo domani.

Questo è il compito della Fondazione

Adenauer.

Permettetemi di affrontare alcune

questioni:

1. Sia in Germania che in Italia

viviamo il problema demografico,

con delle società che invecchiano e

risultando questo in effetti negativi.

I costi per malattia ed assistenza

cresceranno sempre più.

Contemporaneamente si riduce la

quota della popolazione sotto i 40

anni, cioè di coloro che debbono

provvedere ai mezzi per finanziare

i sempre crescenti costi sociali.

Dobbiamo essere chiari ed onesti

nel riconoscere che l’età

pensionistica debba essere alzata e

contestualmente i livelli

pensionistici debbano essere

mantenuti entro confini stretti.

Possiamo anche scambiare

informazioni su come tali riforme

debbano essere strutturate in

democrazia senza essere per

questo destinati a perdere le

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elezioni successive. Sarà

sufficiente la solidarietà dei giovani

verso i più anziani? La generazione

odierna imparerà a non gravare sul

futuro della generazione

successiva, evitando l’ingrossarsi

dell’indebitamento statale,

particolarmente preoccupante in

Italia? Sarà disponibile per un

patto di solidarietà generazionale?

Ancora più problematico risulta,

con l’attuale configurazione sociale,

che un invecchiamento della

popolazione presenta altre

necessità ed inclina verso

l’immobilismo! E inoltre noi

stessi dobbiamo abbandonare un

cliché delle persone anziane che

abbiamo avuto sino ad ora. Ci sono

grazie a Dio sempre più anziani in

buona salute e desiderosi di essere

ancora attivi nella società. Finora

non si presentavano particolari

occasioni di partecipazione alla vita

sociale per questa fascia

generazionale.

2. In Germania avevamo una

situazione in cui ogni generazione

poteva ragionevolmente pensare di

migliorare le condizioni generali di

vita della generazione precedente.

La felicità personale si alimentava

del miglioramento delle condizioni

materiali di vita. Come possiamo

comprendere che ora questa

aspettativa è mutata e soprattutto

che effetti ha questa constatazione

sulla stabilità della nostra

Democrazia?

3. Un elemento cogente del passato

per la stabilità della Democrazia

nella Repubblica federale è stato

l’aprire a tutti concrete possibilità

di crescita. Questo oggi non è più

scontato! Osserviamo come le

fratture nella società diventino più

estese, come si dice “i ricchi sono

sempre più ricchi ed i poveri

vengono marginalizzati”. Ci sono

uomini che probabilmente non

potranno più trovare un lavoro ed il

ceto medio, vale a dire la colonna

vertebrale della società in Italia e

in Germania, soffre di ansie da

perdita di status. Come potremo

mantenere una società aperta per

tutti?

4. Protezione del clima ed

inquinamento ambientale rendono

chiaro che noi non possiamo più

andare avanti con delle economie

come quelle viste sino ad ora.

Dobbiamo ragionare in termine di

sostenibilità, dove la formula

“maggiore guadagno uguale

maggiore crescita” non è più

valida. Dobbiamo investire in

energie alternative ed abbiamo

bisogno di un cambiamento nello

stile di vita, che riduca e

razionalizzi i consumi. Non

risolveremo neanche il problema

dell’immigrazione illegale se non

andremo ad intervenire insieme in

quei Paesi dove la desertificazione,

la scarsità di acqua e di cibo

inducono a cercare di lasciare la

propria patria.

5. La grandezza determinante per

l’economia e per la competitività è

la Formazione. Le nazioni

industrializzate debbono rendersi

conto che solo con i prodotti più

avanzati potranno essere presenti

nei mercati mondiali. Dunque

occorre la disponibilità di

collaboratori colti, infatti oggi la

ricchezza di un Paese si misura nei

“cervelli”, nell’intelligenza, nella

creatività e nell’aggiornamento

della sua popolazione. Per questo

occorre in maniera più radicale

sostenere gli investimenti pubblici

e privati nei settori della ricerca e

della formazione. Sino a quando

studenti italiani e tedeschi

dovranno recarsi all’estero alla fine

dei loro studi superiori perché vi

trovano migliori opportunità,

saremo sulla strada sbagliata.

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6. Abbiamo bisogno di una intelligente

legge sull’immigrazione, che renda

possibile l’integrazione degli

immigrati onesti nei nostri Paesi.

Per molto tempo non ci siamo resi

conto in Germania che gli

immigrati che vi giungevano non si

sentivano degli ospiti provvisori,

ma intendevano rimanere sul

territorio tedesco. Oggi in

Germania abbiamo circa 6,7 milioni

di stranieri. Dobbiamo

intraprendere uno sforzo per

integrare questi uomini e donne

nella nostra società e prevenire per

il futuro ogni episodio di criminalità

e radicalismo, evitando alti costi

sociali. Sino ad ora abbiamo avuto

la fortuna che una sorta di

integrazione è parzialmente

riuscita. Ma da alcuni anni viene

perseguita più consapevolmente e

con una migliore qualità delle

azioni intraprese. Prima non

c’erano un piano e una strategia e

questo non potevamo più

permettercelo per via dei

mutamenti sociali degli ultimi anni.

Abbiamo bisogno sempre più di

immigrati “intelligenti”; sul

mercato mondiale vi è sempre più

una concorrenza spietata per

accaparrarsi le migliori teste. Nei

nostri due Paesi abbiamo sino ad

ora dormicchiato su questo

problema.

Vedete come Italia e Germania

fronteggino gli stessi problemi e si trovino di

fronte alle stesse sfide. Probabilmente sono

simili anche le tracce di risoluzione dei

problemi comuni. Per questo la Fondazione

Adenauer vorrebbe discutere in Italia anche

un altro tema e cioè: da dove provengono le

forze con le quali possiamo risolvere tutti

questi problemi e garantire all’Europa un

futuro?

Molti dicono che il Cristianesimo (il

fattore “C”) non giochi più alcun ruolo per la

società del futuro. Ci domandiamo però, da

dove, se non dal Cristianesimo, possano

provenire queste forze? E da dove, se non

dallo stesso Cristianesimo, si possano trarre

le forze per una più stretta unificazione

dell’Europa, se non da una rivitalizzazione

del fattore “C”?

Non sono pochi quelli che

asseriscono che il fattore “C” come grande

forza di integrazione, come legante, oggi

non è più disponibile. Noi siamo

dell’opinione opposta; siamo convinti che

proprio per il superamento di molti attuali

problemi il fattore “C” sia indispensabile.

Abbiamo bisogno di esso ad esempio per

rispondere alla domanda “Che cosa ci

unisce? Da dove provengono le risorse

culturali e spirituali sulle quali si sorregge

lo Stato di diritto liberale? Da dove, se non

dal fattore “C”, proviene il mantenimento

della società pluralistica ed il significato

della vita quotidiana?

E’ giusto dire che abbiamo bisogno

della definizione di un nuovo ruolo per la

Chiesa! Papa Benedetto XVI lo indica

chiaramente. Ma anche una ampia e

rinnovata riflessione sulla nostra società

valoriale è, sia in Germania che in Europa,

altamente auspicabile. Jacques Delors ha

detto che l’Europa ha bisogno di un’anima!

Theo Waigel, direi il padre

dell’Euro, ha affermato nel 1996: “Chi

riduce l’Europa al puro fatto economico, non

tocca certo il cuore degli uomini. Essa è più

che un solo luogo di produzione e di

consumo di beni. Essa è sinonimo di uno

stile di vita più umano e più libero”.

E ci trasciniamo queste obbligazioni

anche per il perdente della globalizzazione,

il Terzo Mondo. “Nessuno deve essere

lasciato indietro” vale come dovere

cristiano per le nostre società e per le

nostre politiche sociali. E la frase è valida

anche per la nostra responsabilità globale!

L’Europa nella crisi finanziaria.

Ha avuto il cuore duro e calcolatore

la nostra Cancelliera Angela Merkel?

L’introduzione dell’Euro e la riunificazione

sono stati il “prezzo” che la Germania ha

dovuto pagare perché vi erano timori al

riguardo della forza del Marco tedesco. Ma

da quel momento sono proprio i tedeschi

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che desiderano una valuta europea che sia

altrettanto, se non più forte, del vecchio

Marco.

I tedeschi hanno sperimentato due

volte nella loro storia un annullamento del

patrimonio nazionale. Ciò è rimasto nella

memoria storica del popolo come dramma

collettivo. La stabilità della valuta è per i

tedeschi la assoluta priorità. Per questo la

parte tedesca nell’ introduzione dell’Unione

Monetaria pretese che ogni Paese membro

fosse corresponsabile e dovesse portare il

proprio contributo alla stabilità della nuova

valuta. Fu - lo ricordo - escluso

categoricamente che i debiti potessero

essere assunti dall’Unione Monetaria.

La Germania contribuisce

largamente al bilancio dell’Unione Europea.

Non è indecente che i cittadini tedeschi,

piuttosto delusi da quanto accade in

Eurolandia ed in altri Paesi dell’Unione, si

chiedano perché debbano essere

corresponsabili dell’errata politica finanziaria

e di bilancio di altri!

Sarebbe falso ricondurre le

perplessità della Cancelliera ad una

mancanza di solidarietà per un partner in

difficoltà. Il suo comportamento è ben più

dettato dalla preoccupazione per il

mantenimento della stabilità dell’Euro e per

la consistenza dell’Unione Europea. Angela

Merkel ha preteso un’accurata analisi della

situazione per poter accertare con chiarezza

le responsabilità, la garanzia di una

prestazione straordinaria del Paese in

difficoltà e la rimozione delle cause

dell’indebitamento eccessivo.

La Germania rimane dell’idea di

avere una forte Europa nella

globalizzazione. Anche se emergono delle

difficoltà, ed a maggior ragione di questi

tempi, possiamo avere fiducia che la

Germania porti in avanti i valori europei!

Essa è un Paese che mira alla stabilità con

tenacia, che getta ponti tra visioni a volte

contrastanti per l’Europa, che introduce

dinamismo in situazioni piuttosto immobili.

E Jean Claude Juncker ha detto che Angela

Merkel esprime una circostanza felice per

l’Europa, Europa che è in modo irreversibile

una questione centrale nella strategia

tedesca.

Quello che possiamo apprendere da

questa crisi finanziaria è che l’Unione

Monetaria soffre di un problema strutturale.

Per essa vi è un Governo centrale, la Banca

Europea. Per la Unione economica manca

questo Ente centrale di governo, comunque

lo si voglia chiamare. Tutti gli esperti erano

al corrente del problema al momento della

creazione dell’Euro, ma i Governi nazionali

non hanno voluto cedere ulteriori frammenti

di Sovranità all’Unione.

In verità l’Unione Monetaria

avrebbe richiesto come premessa l’Unione

politica, cioè uno Stato federale.

Nella situazione attuale sono

necessari migliori controlli sul

mantenimento della disciplina di spesa, ma

essi non colpiscono al cuore la malattia del

sistema!!